anziani e ammalati incontrati dalla Pastorale della Salute
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anziani e ammalati incontrati dalla Pastorale della Salute
LA PASTORALE DELLA SALUTE Quando parliamo della Chiesa e della sua vita e attività usiamo spesso un termine: “pastorale”. Con questo vogliamo dire che la Chiesa dovrebbe assomigliare a Gesù, Buon pastore e prendere esempio da lui. Per qualcuno “pastorale” ha anche il significato di “concreto”. La pastorale della Chiesa (tutta la chiesa ma anche poi la singola diocesi o parrocchia) per comodità si distingue nei vari ambiti della vita degli uomini. Per questo c’è la pastorale giovanile e quella degli anziani, quella delle famiglie e quella missionaria, e così via. Tra tutti questi settori c’è anche quello della PASTORALE DELLA SALUTE. Attraverso la Pastorale della salute la Chiesa promuove e difende la vita e la salute, sensibilizza la gente ai problemi e ai bisogni di chi soffre, accompagna donne e uomini nella ricerca di risposte alle grandi domande che nascono dal vivere, dal soffrire e dal morire. Questa pastorale non si rivolge solo ai malati ma anche ai familiari, agli operatori della salute, a chi si prende cura in vario modo della malattia e a tutti coloro che non stanno facendo in quel momento l’esperienza della malattia o non ne sono in qualche modo toccati. La pastorale della salute è una pastorale per tutta la comunità cristiana. La pastorale della salute tocca sia le strutture di cura e di assistenza (ospedali e case di riposo) che il territorio cercando di coinvolgere tutta la comunità in un processo di solidarietà e di accompagnare, oltre agli ammalati, le loro famiglie. Soggetto della pastorale della salute è tutta la Chiesa, malati e sani. Tutti sono insieme oggetto di cura e soggetti attivi, sia pure con modalità diverse a seconda dei tempi e delle situazioni. Qual è il cuore della Pastorale della salute? Il centro propulsore è Gesù stesso, la sua vita, la sua sollecitudine verso gli ammalati nel corpo e nel cuore e il suo mandato: «e li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi» (Lc 9,2). LA CONSULTA PASTORALE DELLA SALUTE Per rendere concreti questi principi la Chiesa opera attraverso una struttura, presente in ogni diocesi: la Consulta per la pastorale della salute. Essa può essere descritta “come la presenza e l'azione della chiesa per recare la luce e la grazia del Signore a coloro che e soffrono e a quanti ne prendono cura”. Nella Consulta sono rappresentate tutte le realtà della diocesi che in vario modo si occupano di lavorare per quegli obiettivi e con quelle modalità di cui abbiamo parlato. Si tratta di realtà tra loro diverse e variamente organizzate ma tutte con un unico scopo: prendersi cura della salute delle persone accompagnando chi è più fragile e diffondendo un pensiero su tutto quanto riguarda la salute animato dallo spirito evangelico. Nella nostra diocesi la consulta vede presenti i referenti di associazioni, gruppi e movimenti di ispirazione cristiana quali : Acos, Oari/Avulss, Associazione Medicina e Persona, Gruppo diocesano di sostegno al disagio psichico, Ospitalità Tridentina, Centro volontari sofferenza, Pastorale Pensionati ed Anziani, Ministri Straordinari della Comunione, rappresentanti dei malati, delle cappellanie ospedaliere e dei religiosi/e operanti in campo sanitario. La consulta opera secondo due piani, quello della riflessione sui problemi e quello degli interventi concreti che scaturiscono proprio da questa riflessione. a) Ambiti, situazioni, esperienze, ove è particolarmente urgente che la fede in Gesù Cristo illumini e faccia crescere in umanità. - Le Comunità parrocchiali non sono sufficientemente sensibilizzate sulla presenza di situazioni di malattia e di disabilità presenti al loro interno. In molte di esse l’attenzione a tale realtà o è assente, o è delegata al sacerdote con la collaborazione di alcuni volontari, senza che le Comunità siano coscientizzate e in qualche modo coinvolte. Ora, se l’annuncio del Vangelo (quali che siano le modalità con le quali è offerto: catechesi, preparazione ai sacramenti, iniziative pastorali di vario genere) è imprescindibile da un’attenzione privilegiata al mondo della sofferenza (cfr. Lc 9,2; 10,9), tutta la pastorale ordinaria delle Comunità parrocchiali dovrà operare quantomeno una verifica e procedere, se necessario, a una salutare correzione di prospettiva. - Tale verifica e revisione spetta anzitutto ai vari Settori o Centri pastorali della Diocesi, ognuno dei quali può trovare proprio in un’apertura al mondo della sofferenza, attuata in forme specifiche e proporzionate al suo ruolo, una provvidenziale provocazione a superare la logica dell’agire a “compartimenti stagni”. - Tra le nuove povertà constatabili anche tra le nostre popolazioni, una tra le più gravi è la situazione di solitudine e di abbandono in cui versano soprattutto gli anziani. Sia a domicilio come anche nelle case di riposo, un servizio religioso “umanizzante” non può essere costituito solo da momenti “rituali” ma anche da una più marcata disponibilità relazionale, specie in termini di ascolto. Ciò provoca le Associazioni ecclesiali più direttamente coinvolte a formare un volontariato più qualificato in tal senso. - In riferimento all’ampio e variegato ambito della sofferenza (dell’handicap, della disabilità in genere) si constata il permanere di limiti comunemente condivisi. In due ambiti in particolare: o quello dell’immaginario collettivo (o dell’opinione pubblica, anche tradizionalmente cristiana) che interpreta l’esperienza del patire secondo criteri di una certa “teodicea” più che con parametri evangelici; o quello del servizio (da parte di operatori sanitari e del volontariato in genere), inteso ancora troppo sovente “a senso unico” (da operatore a destinatario di cure), anziché in termini di reciprocità (che consentano anche a chi è malato o disabile di essere testimone/donatore di valori umani del tutto tipici e perciò preziosi). Su ambedue questi fronti è necessario operare con iniziative di formazione che, col tempo, potranno contribuire a “illuminare cristianamente l’umano” e a far “crescere in umanità” anche chi si trova ad abitare, se pure con motivazioni e modalità differenti, l’ampio ambito della sofferenza e dell’handicap. b) Iniziative già avviate per la cui qualificazione e diffusione si intende operare nel prossimo futuro. - Si vanno proponendo incontri mensili di spiritualità rivolti a tutti gli operatori dell’ambito sanitario, da celebrarsi nelle chiese/cappelle di Ospedali o Case di cura (concretamente: un’ora al mese di adorazione, riflessione, preghiera, che offra un’occasione di verifica alla luce dell’Umanità di Gesù nella sua relazione con i malati; in prossimità del Natale e della Pasqua tale incontro si concretizza in una giornata intera di Ritiro spirituale per questi stessi operatori). Nel prossimo futuro si provvederà a che l’iniziativa (già avviata in Città e per la quale sono stati approntati appositi sussidi), raggiunga le zone periferiche della Diocesi. - Va crescendo l’attenzione per l’emergenza del “disagio psichico”, ben rappresentata anche nella popolazione trentina. A tale riguardo è stata avviata una prima risposta ecclesiale con la formazione di un gruppo di volontariato, qualificato a gestire uno “spazio di ascolto” che per il momento opera in ambito cittadino, ma che si va segnalando e proponendo a tutte le Zone Pastorali al fine di diffonderlo in maniera più capillare. Tutto questo con la disponibilità effettiva ad operare “in rete” con analoghe realtà “laiche” supportate dall’Azienda sanitaria. - In sintonia e continuità con quanto ribadito al Convegno ecclesiale di Verona in speciale riferimento alla “fragilità come risorsa”, la Pastorale giovanile sta promuovendo modalità di contatto tra “mondo dei giovani” e “ambito della sofferenza”. Espressione concreta di ciò è l’iniziativa in atto da qualche anno in un ospedale cittadino, dove un gruppo di studenti universitari, con la guida di un sacerdote, entra regolarmente per visitare e dialogare con i degenti, e quindi riflettere sulle sensazioni e impressioni che ne conseguono. Tutto questo nella consapevolezza che i malati non sono unicamente destinatari di cure e attenzioni più “umanizzanti”, ma anche portatori di un “di più” in grado di “umanizzare” coloro che li accostano. - Uno dei limiti catalogabili tra le “nuove povertà” (e che rivela una scarsità di umanesimo) riguarda la sensibilità culturale odierna in riferimento all’esperienza del “morire”. Constatata la necessità di ricuperare (o promuovere) nelle Comunità una visuale più equilibrata e serena, grazie anche a un annuncio cristiano più fedele al Vangelo, si è dato inizio a un percorso di quattro incontri in cui si presenta e si dibatte l’unico tema partendo dalle diverse angolature: filosofico/culturale, psicologico/relazionale, teologico e anche pratico nel senso come vivere e celebrare questa esperienza del morire nelle modalità del nostro tempo. - L'impegno si sta concretizzando in tanti eventi e iniziative che stiamo sviluppando in questo ultimo periodo: si è ripetuto il ciclo di incontri sul dolore sofferenza e morte, l'attivazione dello spazio di ascolto per il disagio psichico con il secondo corso di formazione, l'attivazione del corso-base per formarsi alla relazione di aiuto, il convegno di gennaio in preparazione della giornata del malato, e il recente contributo al piano della salute provinciale 2015-2025. Per la Consulta Diocesana della Pastorale della Salute Prima Testimonianza Testimonianza di una volontaria Mi è stato chiesto di dire due parole sulla mia esperienza nello stare accanto ai malati ai sofferenti.. pensandoci mi sono data una risposta a mio avviso pertinente... perchè di 'missione' si tratta. Non solo perchè i malati fanno parte della categoria dei più deboli...dei poveri come ci ha detto più volte papa Francesco.. ma perchè per stare accanto ad una persona che soffre bisogna fare un vero e proprio viaggio.. quello di uscire da se stessi : dai propri alibi appunto, le proprie scuse, dai propri problemi che ci appaiono sempre più grossi di quelli dell'Altro per andare incontro all'Altro alle sue esigenze ed ai suoi bisogni, aprendosi ed accogliendo il suo linguaggio...quello che in quel momento è in grado di dare.. Per fare questo bisogna mettere a tacere ogni voce di distrazione dentro di se, mettersi momentaneamente in disparte e mettere al centro il dolore e le parole che il malato ci permette di condividere.. Ho fatto esperienza di questo all'Hospice di Trento dove per lo più sono ricoverate le persone in fase terminale.... cosa fare davanti a tanta sofferenza mi sono chiesta....? Stare! Ho dovuto mettere da parte l'istinto d'onnipotenza e dare spazio solo alla presenza. La presenza è un balsamo fortissimo, dona consolazione e dignità. Si dialoga si certo anche con le parole ma ho ricordi di dialoghi speciali fatti solo di sguardi e di gesti.. Un'altra esperienza la sto facendo con gli anziani, i bellissimi nonni della casa di riposo di Povo.. ed ecco che scatta un'altra domanda... perchè venire qui...? Ho sempre pensato che la malattia più brutta della terra sia la solitudine.... io vorrei qualcuno accanto me in quel momento.. la persona è viva solo nella relazione ed ha sempre qsa da dare e da ricevere in ogni fase della sua vita.. ed ecco che così gli estranei mi si fanno sempre più conoscenti, più famigliari... e che la persona che ti affidano in quel momento diventa il tuo prossimo e la sua sorte comincia a premerti.. Concludo con una piccola preghiera per tutti noi : "Rallenta il mio passo affrettato Signore e rendimi strumento della Tua bontà". (Testimonianza di Samantha) Seconda Testimonianza Alessandro Fedrizzi Alessandro Fedrizzi, medico, amico, ci ha lasciati qualche mese fa alla soglia dei 62 anni, dopo aver lavorato in medicina/reumatologia e aver poi fondato con altri il servizio Cure palliative domiciliari prima a Trento e poi a Rovereto e in tutta la Vallagarina. Una persona, un medico, sempre fedele con coraggio e com-petenza ai valori della vita. Queste le parole che ci ha lasciato nella sua ultima lettere agli amici. L’ULTIMA LETTERA AGLI AMICI “La relazione va oltre il corpo fisico” Cari, davvero cari, amici, nei mesi appena trascorsi ho incontrato e salutato molti di voi. Incontri che hanno dato voce alla mia gratitudine. Ma ho visitato con gli occhi del cuore tutti voi, uno per uno, con lo stesso moto di gratitudine. Mi è chia-ro, ora, come il senso della vita sia un intreccio di relazioni. È l’intensità di queste che alimenta, esprime, dà colore e luce alla vita terrena. Una vita davvero umana sboccia da una relazione e anela alla relazione. Ed io grazie a voi, con ciascuno in modo particolare e diverso, ho fatto un tratto di strada verso la pienezza di questa esperienza. Arriva un mo-mento in cui si può anche immaginare, vedere, sperimentare che il no-stro essere relazione può andare oltre un corpo fisico. Una malattia e una vecchiaia che limitano tante possibilità di vita su un piano possono schiu-dere esperienze di relazione – e perciò di vita – su altri piani, più liberi e liberanti. Quanti hanno camminato con me, si sono chinati su di me, mi si sono seduti accanto nella fatica anche in modo non fisico! Tutti voi mi avete sospinto insieme oltre “l’avere relazioni” verso “l’essere in relazio-ne”. Ora mi ha chiamato colui che è RELAZIONE e sono scivolato dolce-mente, facilmente, dalle vostre braccia alle Sue. Avete seminato molto per me. Tornate pieni di gioia per la messe che ho raccolto. Ancora una volta, oggi, grazie per il dono che volete consegnare alle mie mani perché possa essere fatto fluire verso la Vita che chiama. (dallo scritto di Alessandro Fedrizzi agli amici)