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GREENPEACE
CONTROLLA I
CAPI DI ABBIGLIAMENTO
DI 14 BRAND FAMOSI
“DIRTY LAUNDRY 2”
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nel mondo della sicurezza.
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Settembre 2011
14 BRAND FAMOSI
Composti pericolosi per la salute e l’ambiente usati nella produzione degli abiti
sportivi di brand internazionali. Questi i risultati delle analisi commissionate da
Greenpeace e pubblicate nel rapporto PANNI SPORCHI 2: dagli scarichi tossici ai
prodotti in vendita.
Le analisi sono state effettuate ad
ampio raggio, su 78 differenti articoli
di
scarpe
ed
abbigliamento,
provenienti da 18 differenti Paesi di
tutto il mondo, tra cui anche l’Italia,
appartenenti a 14 tra le più note
marche di abbigliamento, senza che
si avessero grandi differenze nei
risultati ottenuti circa l’analisi dei
nonilfenoli etossilati (NPE), sostanze
sintetiche impiegati come surfactanti
nell’industria tessile.
Uno studio trasversale che ha
interessato prodotti provenienti da
paesi dell’Asia, del Sud America, così
come dell’Europa, costituiti da fibre
sintetiche e naturali.
Il dito di Greenpeace è puntato proprio su queste sostanze perché tali composti, una
volta rilasciati nell’ambiente si trasformano in una sostanza ben più pericolosa, il
nonilfenolo (NP). Tale sostanza non si degrada facilmente e, oltre all’inquinamento di
tipo ambientale, il rischio maggiore e rappresentato dal bioaccumulo. Il suo accumulo
attraverso la catena alimentare è molto pericoloso se considera che, anche a bassi
livelli di concentrazione, può causare alterazioni al sistema ormonale umano.
IISG - ICQ
via Europa 28, 22060
Cabiate (CO) - Italia
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ICQ dichiara che i contenuti del presente documento rappresentano la nostra migliore interpretazione dal punto di vista tecnico di leggi, circolari, Direttive. Il nostro parere in questo contesto non ha valore di tipo legale. Le immagini utilizzate hanno solo scopo illustrativo. Materiale non
divulgabile: le informazioni contenute nella presente comunicazione sono destinate esclusivamente alle persone o alla Società cui è stato effettuato l'invio da parte di ICQ. Please consider the environment before printing
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controlla i capi di abbigliamento di
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411 Caredean Drive, Suite E - Horsham, PA 19044 USA
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E’ il caso dell’Europa dove l’entrata in vigore di diverse Direttive, a partire dal 2001,
hanno posto le basi per adottare misure in grado di prevenire le emissioni di
nonilfenolo nei corpi idrici, fino all’avvento del Regolamento REACH (registrazione,
valutazione e autorizzazione dei composti chimici) che ha dettato norme ancora più
stringenti sull’uso di molte sostanze chimiche.
Numericamente il rapporto rivela che i nonilfenoli etossilati sono stati trovati nei
due terzi dei prodotti analizzati (52 articoli su 78 acquistati) a una concentrazione
superiore al limite di rilevamento dello strumento di laboratorio che è pari a 1
milligrammo di NPE su 1 chilogrammo di materiale testato (mg/kg). Il valore più alto, e
pari a 1100 mg/kg, è stato trovato nel tessuto di pantaloni acquistati in Giappone.
I risultati della ricerca indicano chiaramente che il nonilfenolo etossilato è stato usato
in qualche stadio del processo produttivo degli abiti appartenenti alle grandi brand
sottoposte ad analisi.
Questo dato è stato confermato non solo per gli abiti made in Cina ma anche per
quelli fabbricati in altri Paesi in via di sviluppo come Bangladesh, Cambogia o
Turchia, a dimostrazione che si tratta di un problema globale e non solo cinese.
Il fatto di non aver trovato nei restanti 26 campioni un limite rilevabile di nonilfenolo
etossilato non è però indice di un processo produttivo pulito, perché gli abiti sul
mercato potrebbero aver subito dei lavaggi prima di essere distribuiti per la vendita,
dice il rapporto.
Il lavaggio di questi tessuti, che può avvenire in diversi punti della catena di
approvvigionamento o comunque dopo il loro acquisto, comporta inevitabilmente il
rilascio nell’ambiente di queste sostanze.
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Il problema, come cita il rapporto di Greenpeace, è che “il mercato internazionale
di capi d’abbigliamento permette che tracce di sostanze pericolose vengano
ritrovate nei prodotti di consumo venduti nei Paesi importatori, dove spesso
questi stessi composti sono stati vietati”.
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“I risultati delle nostre ricerche sono solo la punta di un iceberg. Siamo di fronte a un
problema ben più vasto - sostiene Vittoria Polidori responsabile della campagna
inquinamento di Greenpeace - che riguarda l’uso di composti pericolosi
nell’industria tessile e che comporta la loro dispersione nelle acque di tutto il
mondo. I grandi brand dell’abbigliamento sportivo sono responsabili di questi
scarichi pericolosi e la gente ha il diritto di sapere quali sostanze sono presenti nei
vestiti che indossa e quali effetti causano una volta rilasciati nell’ambiente”.
Le conclusioni di Greenpeace sono chiare:
“L’inquinamento tossico è un problema che deve essere gestito a livello globale.
Questi grandi brand sportivi hanno una responsabilità speciale: fare in modo che le
loro politiche ambientali siano in linea con i valori che il loro marchio rappresenta. Il
problema associato all’uso di sostanze pericolose nell’industria tessile non potrà
essere risolto se non si agirà tutti - produttori e fornitori - nella stessa direzione. Si
dovrà lavorare verso un cambiamento di sistema che richiede una stessa visione,
impegno e voglia di migliorare l’attuale approccio alla gestione delle sostanze
chimiche. Ogni produttore e fornitore ha la responsabilità di sapere se e in che punto
della catena sia stata usata una sostanza pericolosa con l’obiettivo ultimo di
eliminarla”.
La ricerca in oggetto fa seguito a una precedente pubblicazione di Greenpeace, PANNI SPORCHI, che
denunciava il problema dell’inquinamento dei fiumi cinesi causato dagli scarichi tossici dell’industria tessile.
Il limite ricercato da Greenpeace è 1 mg/kg in contrapposizione al limite pari a 1000
mg/kg, previsto dall’Allegato XVII del REACH per l’uso di questa sostanza.
ICQ si è attivato per mettere a punto un metodo di prova per
riscontrare il nonilfenolo etossilato nei vostri prodotti anche a tale
limite.
Contattateci per ulteriori informazioni
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Importante sottolineare però che lo studio rivela anche che “i livelli di nonilfenolo
etossilato trovati nei campioni non risultano particolarmente elevati e non
costituiscono una fonte diretta di rischio per la salute di chi indossa gli abiti.”
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