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Caltanissetta non è più sola / Meccanica. Dalla ruota al binario
Foto archivio MSA
pi che Calogero Montante nel 1948, subito dopo la
nalista scrittore Gaetano Savatteri scrive: “Nell'infine della sua prigionia in guerra, al ritorno a Serracrocio casuale dei destini, bisogna registrare un indifalco, comprese da subito come gli eventi bellici
contro mancato, eppure fondamentale. Montante è
avessero già cambiato il tessuto sociale e le abitudiin Jugoslavia nel luglio del 1943, quando le Truppe
ni dei consumatori e decise così di sostituire la proanglo-americane sbarcano sulla costa siciliana.
duzione di biciclette con l'attività delle
Non può sapere che in una casa di Serramotociclette.
difalco è rifugiato, con parte della sua faAltro successo che vide questa volta
miglia, un diciassettenne di Porto Empeprotagonisti anche i due figli: Gino e Frandocle. Non può sapere che un giorno di
cesco. Diventarono ben presto, con la loluglio quel ragazzo inforcherà una bici
ro officina specializzata, i concessionari
Montante per andare fino ad Agrigento,
delle più importanti fabbriche di motospinto dal bisogno di sapere che fine abcilette tra cui la Innocenti, la Lambretta,
biano fatto suo padre e la sua casa. Né
la Cimatti, la Parilla, la BM, la Mival. Il
può immaginare che quel ragazzo divenvento del cambiamento era ormai coterà uno scrittore e molti e molti anni dominciato e continuò a cambiare il volto
po, racconterà il suo viaggio nella Sicilia
di questa azienda fino ad approdare al
invasa dai soldati yankee e carri blindamondo degli ammortizzatori, i cui mar- Sopra, uno stemma
ti, in sella a una bici costruita proprio da
chi attuali Gimon e Msa sono di fama in- d’epoca dei cicli
Calò. E se oggi raccontiamo la storia di
ternazionale.
Montante.
Calò come una favola siciliana molto si
Dall'istinto imprenditoriale di Calo- In basso, una foto
deve a una bici che lega la vita di due pergero Montante si arriva fino alla terza ge- d’archivio di Calogero sone che non si sono mai incontrate”.
nerazione a quello attuale di Antonello Montante fondatore
Sempre nello stesso libro, nel racconMontante, impegnato nel mondo della dell’azienda
to scritto da Camilleri leggiamo: “La mia
Confindustria sia a livello regionale che
splendida bicicletta non forò mai nemnazionale. È anche diventato uno dei 25
meno al ritorno. Anni dopo sono venuto
Cavalieri del Lavoro d'Italia insigniti del
a sapere che quella bicicletta veniva protitolo nel 2008.
dotta proprio in un laboratorio artigianaL'attuale ricostruzione realizzata dalle di Serradifalco. Perciò ho ritenuto dala Cicli Montante, si ispira alla bicicletta
re la mia sincera e grata testimonianza su
che ai tempi utilizzò il noto scrittore siciquella preziosa, insostituibile amica che
liano Andrea Camilleri per raggiungere il
è stata, in quei giorni tragici, la bicicletta
padre a Porto Empedocle subito dopo lo
Montante”. Un libro, questo di Savatteri,
sbarco degli Alleati, e battezzata da lui
che vuole essere la biografia di un protastesso “la bici della libertà”.
gonista audace e innovatore dell’induNel suo libro La Volata di Calò il giorstria moderna. Un costruttore di “destiFoto tratte dal libro di Gaetano Savatteri
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Foto tratte dal libro di Gaetano Savatteri
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tà riguarda anche l'alto livello di operatività in terno imprenditoriale”. Oggi la Cicli Montante si occumini di ricerca e sviluppo, contemplati in modo sepa della produzione di nuovi modelli di biciclette tra
rio e ben strutturato nella gestione
cui quelle di lusso, già presenti anche
aziendale. Per esempio possiamo parnelle case di numerose ed importanlare dello spin off creato con il politecti personalità pubbliche. E' un modo
nico di Milano.
per dire agli imprenditori meridionaDal sogno della bici e della sua legli di oggi: “Se ce l'ha fatta Calò, ce la
gerezza in titanio, alla durezza dell'ampotete fare anche voi”.
mortizzatore, la politica adottata è caUn sogno che continua nella mecratterizzata da continui investimenti in
canica. E' l'MSA, Mediterr Shock Abrisorse umane, sviluppo tecnologico,
sorbers Spa, azienda specializzata
marketing ed incremento delle unità
nella progettazione e produzione di
produttive. Ma soprattutto viene creaammortizzatori per veicoli industriata una inversione di tendenza: la proli e ferroviari e che offre lavoro a cen- Sopra, una pubblicità
duzione siciliana va dal Sud verso il
tinaia e centinaia di dipendenti den- d’epoca. In alto a sinistra,
Nord. E questo modifica logiche e camtro i suoi stabilimenti in Sicilia a Ser- la prima donna operaia
bia il costume. Oltre a trasformare l’asradifalco ed in Piemonte ad Asti. L'at- dell’azienda. A destra, foto
setto produttivo.
tenzione dell'MSA verso le sue attivi- della famiglia Montante
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Foto tratte dal libro di Gaetano Savatteri
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Dolci
Il ritorno dei turrunari e della cubaita
U
nendo il verde del pistacchio, il giallo
del miele e il bianco delle mandorle,
offerti naturalmente dalle campagne
nissene e dal lavoro di contadini e raccoglitori, i cosiddetti turrunari del luogo, creano un
dolce artigianale diverso dal torrone, talmente buono che racchiude in sé i profumi e i sapori tipici di
questa terra, mescolati ai colori caldi e vivaci che
caratterizzano la sua personalità dolciaria. Una tradizione che si è rinnovata negli ultimi
anni grazie ad importanti innovazioni
di prodotto e di processo che hanno permesso la creazione
di nuovi torroni prodotti nel centro sto-
rico di Caltanissetta.
Gli Arabi portarono il torrone lungo le coste del
Mediterraneo in particolare in Spagna e in Italia, la
versione spagnola del torrone ha origine nella regione di Alicante e le sue prime attestazioni certe risalgono al XVI secolo. Il torrone a Cremona invece,
pare abbia origini addirittura anteriori, se diamo
credito alla tradizione che dice che il primo torrone sia stato servito il 25 ottobre 1441 al banchetto
che si tenne alle nozze, celebrate a Cremona, fra Francesco
Sforza e Bianca Maria Visconti.
Ma a Caltanissetta il torrone cambia
composizione e nome.
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“La cubaita è semplice e forte, un
dolce da guerrieri, lo devi lasciare ad
ammorbidirsi un pochino tra lingua
e palato, devi quasi persuaderlo con
amorevolezza ad essere mangiato. Ti
invita alla meditazione ruminante.
Rende più dolce e sopportabile l'introspezione che non sempre è un
esercizio piacevole. Alla dolcezza del
miele mischia l'amarostico delle
mandorle tostate e il ricordo del verde attraverso il pistacchio. Diventa
una sorta di filosofia del vivere.” Così ha scritto il sicilianissimo romanziere che va in tutto il mondo con le
sue parole, Andrea Camilleri. E l'Antico Torronificio Nisseno nelle sue
scatole tradizionali conserva il prezioso elogio che lo stesso scrittore ha
voluto scrivergli per l'ancora autentico prodotto di pasticceria siciliana
fedele alle ricette antiche.
Nelle originali scatole di latta,
dolce ricordo di chi sin dal 1870, come geraci, faceva conoscere il torrone nisseno nel mondo, nelle cassette
di legno raffiguranti dipinti che riprendono tonalità ed espressioni tipiche della nostra terra o nelle ceramiche massima espressione artistica
dell'artigianato locale, in ognuna di
queste confezioni avvolti dai colori
caldi del giallo del miele, del verde del
pistacchio e del bianco delle mandorle, i torroni nisseni danno vita ad
un misto di eleganza e semplicità,
Caltanissetta non è più sola / Dolci. Il ritorno dei turrunari della cubaita
fragranza e scioglievolezza.
“Il Dizionario della lingua italiana di Devoto-Oli ci insegna che la parola cubaita discende dall'arabo qubbiat, che significa mandorlato, mentre la parola torrone deriva dallo spagnolo turron dal verbo turrar (arrostire), il quale a sua volta nasce dal latino torrere (tostare). Due voci che hanno due etimi diversi: dunque non sono la stessa cosa, anche se hanno in
comune alcune componenti. Ci tengo a precisarlo, perché assai spesso i
due termini vengono indifferentemente adoperati per designare ora
l'uno ora l'altro. Dunque, la cubaita
ha origini arabe e il torrone origini latine. Io personalmente amo la cubaita, quella fatta dai soli tre componenti originari: mandorle, pistacchi e
miele. E' una affermazione che, ai
giorni nostri, quando tanto si blatera
di scontro di civiltà, di confronto armato tra religioni e culture, e baggianate simili, può essere vista con qualche sospetto. Ma torno a ripeterlo: mi
schiero dalla parte della cubaita.”
Cosi scrive Camilleri e aggiunge:
“Il torrone, che pure è assai pregevole come quello fatto a mano, invece mi
attira assai di meno, ormai non sai più
quali sapori puoi trovarci dentro. La
cubaita è semplice e forte, mentre il
torrone inclina alla raffinatezza languorosa. Amo la cubaita che "ci vuole il martello a romperla", come scri-
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Ho viva ancora la sensazione di quegli anni d'inve Sciascia. A fatica riesci coi denti a staccarne un
fanzia quando m'infilavo la mano in tasca per prenpezzetto. Certo, per i guerrieri d'una volta era più
dere un pezzetto di cubaita, la fodera
facile, dato che usavano farsi limare i
resa tutta appiccicosa dal miele che si
denti per usarli come arma nei corpo
scioglieva e la cubaita che, come una
a corpo.
calamita, si portava appresso attaccaIo, bambino, la scoprii nel cassetti gli altri tesori d'allora, un francobolto del comodino di mia nonna Elvira,
lo, una fava caliata, un centesimo... Si
che aveva la curiosa abitudine di manracconta che i guerrieri arabi se la tegiarsene un pezzetto a letto prima
nevano dentro le bisacce o quello che
d'addormentarsi.
erano durante i loro lunghissimi viag"Che è, nonna?"
gi per terra e per mare: infatti è un dol"Cubaita di Cartanissetta". Fu un
ce che non ha limiti di scadenza. La cuamore fulmineo.
baita ti obbliga a una particolare conE infatti. "Ma tu, figlio mio, mangi
cezione del tempo, ha bisogno dei
pietre?" - mi domandò il dentista
quando mi ci portarono la prima vol- Sopra e nella pagina accan- tempi lunghi del viaggio per mare o
per treno, non si concilia con l'aereo,
ta a dieci anni.
to, pubblicità d’epoca e
"Nonsi, cubaita".
confezioni di torroni di oggi con la fretta.”
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Foto Lillo Micciché
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Moda
La tradizione dei fili di eleganza
L
indotto della moda nissena alimentato da una vaa città delle zolfare apre lo scenario ad una
sta e costante fascia di clienti, dai negozi di stoffe e
tradizione di stoffe e accessori proveniendi accessori, dalle modiste e dalle mercerie. Caltate dalle sartorie, vere fabbriche di elegannissetta era una città elegante. Dai carusi delle miza e raffinata cultura della moda e del coniere, con le mani annerite dallo zolfo, alle mani delstume locale. Il sogno imprenditoriale delle sartole adolescenti di dodici-tredici anni
rie nissene nasce subito dopo la fine
che fiorivano gli orli dei fastosi vestiti
del secondo conflitto mondiale.
di quegli anni. Ad alcune bastava, perUn'atmosfera magica in cui le sisino, soltanto togliere le imbastiture
gnorine indossano i primi vestiti
e consegnare a domicilio gli abiti finiesclusivi, quelli che non possono esti. Qualcuno ha utilizzato il termine
sere portati se non una sola volta. Ci
“luna di miele di trent'anni” per desi trattiene o si balla alla musica di una
scrivere l'esistenza di questa realtà.
piccola orchestra che suona dal vivo,
Purtroppo l'esclusione della città
ci si innamora e ci si sposa. Le sarto- In alto, un abito della sartodi Caltanissetta dagli anni del miracorie, inseguono i sogni e li realizzano ria Ferrara del 1960. Questa
lo economico del '70 e la diffusione
con ago, filo, imbastiture precise e ri- foto e le seguenti sono tratte
del pret à porter, provocarono la chiucami preziosi.
dal libro “Caltanissetta tra
sura di molte sartorie e con esse di inA queste sartorie era collegato un eleganza e moda nel 900”
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tere realtà appartenenti a questa raffinata arte. Le sartorie diedero anche
un contributo culturale e sociale. Furono i luoghi di aggregazione e anche
scuole di formazione professionale,
quasi delle vere e proprie agenzie di
lavoro per il collocamento per molte
giovani donne nissene. La scomparsa dello scintillio degli specchi nelle
sartorie nissene, ha lasciato le tracce
sbiadite di nomi storici
SARTORIA CAPIZZI. Dei veri gioielli gli sfarzosi abiti con gli strass e
che ancora oggi potrebbero trovarsi
dentro gli armadi delle nipoti della signora Giuseppina Capizzi, passionale fondatrice, creatrice e proprietaria
della sartoria che arrivò ad impiegare fino a dieci sarte nel proprio laboratorio. A questa realtà, in modo particolare, si collega la créme della moda nissena di quegli anni con prezzi
per ciascun vestito che spesso superavano la mensilità di un impiegato
pubblico. L'attenzione e la precisione quasi maniacale per il particolare,
l'abilità del ricamo, la grande fantasia nel creare, rendevano i suoi abiti
unici e di grande effetto.
SARTORIA FALCI. Dall'aria del
continente nel 47 arriva la sartoria
Falci la cui proprietaria, Marcella Falci, era originaria del Friuli. Questa
sartoria a differenza delle altre aveva
un a vera e propria forma aziendale,
si pensi che arrivò ad impiegare fino
In alto, abito di matrimonio
del 1967 della sartoria Ferrara
In basso, abito di prima
comunione del 1961
della sartoria Isabella.
Nella pagina accanto,
bolerino da sposa del 1961
della sartoria Falci
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a venti sarte, tutte stipendiate con il rispettivo versamento dei contributi
previdenziali. Una vera e propria modernità imprenditoriale se si considera che in quegli anni, ed in quel contesto in modo particolare, alcune fondamentali leggi del diritto del lavoro
non erano ancora neanche pensate.
Un altro importante aspetto che contraddistingueva questa realtà da tutte
le altre, era l'approvvigionamento
della materia prima e degli accessori
opzionali degli abiti nel mercato torinese. La clientela abbracciava tutto il
bacino provinciale nisseno e quello di
Enna e Agrigento. Una nicchia molto
importante. L'uscita di nuovi modelli
sartoriali era spesso legata a fatti storici e culturali del momento, come il
modello Sbarco sulla luna, un abito
realizzato per la figlia della Falci in occasione dello sbarco dell'uomo sulla
luna. Collegata alla tradizione del made in Italy non resistette all'onda del
pret à porter che travolse questo mondo imprenditoriale.
SARTORIA FERRARA. E' proprio
da questa sartoria che uscivano abiti
che spesso venivano indossati anche
da personaggi femminili televisivi. Ad
esempio, Clementina Ferrara, la fondatrice di questo laboratorio, creò
l'abito di Lore la famosa cantante di
musica leggera che lo indossò nei concerti e nelle registrazioni della Rai. Il
must ed il successo degli abiti di que-
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sta sartoria erano gli sfarzi rappresentati dai ricami
ed i merletti fatti a mano. Un'azienda di famiglia gestita dalla signora e dalle due figlie che purtroppo
non supera il passaggio generazionale e si estingue
negli anni 70.
SARTORIA ISABELLA. La sartoria più antica nata a Caltanissetta, negli anni venti, la signora Isabella Dispensa vestì le donne delle più ricche famiglie
del centro Sicilia. Si dice da fonti dirette che si occupò anche di vestire le mogli della nomenclatura
fascista. Altro particolare di questa sartoria è il servizio altamente specializzato e customizzato erogato alle clienti. Realizzando capi solo su richiesta sicuramente a differenza delle altre sartorie esprimeva meno la creatività personale. La storicità di questo laboratorio sartoriale fa pensare come questa realtà imprenditoriale abbia seguito l'evoluzione della moda e della stessa cultura ad essa riferita: una
vera e propria testimonianza storico imprenditoriale, preziosa e originale.
SARTORIA MARCELLA. Anche questa sartoria,
la cui fondatrice fu Marcella Giuliani, collegò l'attività sartoriale locale con l'indotto della moda delle
altre città come Catania e Palermo per l'approvvigionamento dei tessuti. Proveniente dalla scuola di
formazione di Trieste, laddove fu cresciuta ed istruita, Marcella importò il know how dal nord adattandolo all'imprenditorialità nissena. L'attività cominciata negli anni cinquanta ancora oggi continua ad
esistere a Catania con gli ateliers del figlio.
SARTORIA PIEMONTE. Alto valore aggiunto
quello della sartoria della signora Piemonte che, oltre ad essere una brava sarta, fu una brava insegnante e creò all'interno del suo laboratorio una vera e
propria ècole con decine e decine di ragazze che impararono l'arte del cucito e del ricamo.
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Petrolio
Il grande impianto di Gela
I
l progetto fu di Mattei, ma non furono certo
estranei Marcello Colitti ed Eugenio Cefis, e
molti siciliani che allora contavano e molto. Si
pensò ad un grande polo industriale fra Gela,
Augusta e Siracusa allo scopo di sfruttare il petrolio
greggio che era stato trovato nel ragusano e che non
era molto adatto alla trasformazione in prodotti leggeri a causa della sua elevata viscosità, nonché il gas
naturale che era stato trovato nel territorio di Gagliano Castelferrato. Vennero così costruiti grandi impianti di raffinazione nel polo petrolchimico siracusano ed un grande impianto petrolchimico lungo la
costa di Gela.
Così, il polo siracusano produceva benzina, gasolio e olio combustibile, mentre il polo gelese produceva concimi chimici e polimeri per la produzione
delle materie plastiche.
Il Petrolchimico è un complesso diviso in quattro
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isole, che si affacciano sul mare, sul fiume o sono divise tra di loro da terreni agricoli. Dal 2003 la raffineria di Gela è: Raffineria di Gela Spa. L'Eni di Gela riceve ogni anno oltre 5 milioni di tonnellate di materia prima che viene poi trasformata in prodotti finiti da vendere sul mercato. Le persone che lavorano
alle dipendenze della Polimeri Europa sono circa
300, alle quali si aggiungono circa 3400 operai delle
ditte esterne. E bisogna dire che ultimamente queste sono aumentate. Per mantenere e migliorare la
posizione competitiva sul mercato il petrolchimico
di Gela ha faticato e molto. Prima di tutto per togliersi di dosso la fama, per molti versi autentica, di “cattedrale nel deserto”. E poi visto il forte impatto che
ha avuto da sempre sulla città e sui dintorni è stato
necessario modificarne l'assetto. Il risanamento e la
prevenzione sono stati e saranno i presupposti fondamentali per ipotizzare una nuova fase di sviluppo
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Foto Frank Capra
stravano la raccolta sul mare al largo di Gela del peindustriale. I dirigenti del petrolchimico hanno astrolio attraverso delle specifiche spugne. La posa delsicurato, in modo pressante negli ultimi anni, che sola prima pietra, il 19 giugno 1960, toccò a Mattei. Ma
lo operando nel rispetto del territorio e dei suoi abilo stabilimento entrò in
tanti, potrà essere assicuproduzione nel 1962 e ufrata la presenza della rafficialmente il 10 marzo
fineria. Bisognerà adotta1965 l'allora presidente
re sempre e soltanto le midell'Eni, Marcello Colitti,
gliori tecnologie e tutte le
fece gli onori di casa al
precauzioni possibili per
Presidente Saragat che
rispettare l'ambiente e la
venne a inaugurare uffisalute dei lavoratori. Cosi
cialmente il polo di Gela.
scrivono i dirigenti nel volume, soprattutto fotoOvviamente aleggiava su
grafico, Gela e la sua raffitutti in quella atmosfera lo
spirito di Mattei, come
neria. Si scopre così che il
scrivevano tutti i giornali
petrolio nella zona esistedell'epoca.
va già nel 1500, tanto che Un soldato americano e un contadino nisseno dopo lo
Il primo grande camle stampe dell'epoca mo- sbarco del ‘43 sulle spiagge di Gela
Foto archivio impianto di Gela
bandono ha dato fiducia al sindaco Crocetta sino a
biamento fu quello di vedere i contadini abbandomandarlo a Bruxelles per potere rafforzare il proprio
nare la terra per entrare in fabbrica. Cominciarono
sviluppo.
a costruirsi i quartieri per i lavoratori senza, però, le
Il Petrolchimico è stato fonte di inquistrutture di ricezione e quelle primarie
namento e di benessere. Di vita e di
per accogliere una forte quantità di
morte. Di manifestazioni contro e di
operai con le loro famiglie. Il che portò
manifestazioni a favore fatte da tutte le
al rientro di molti emigrati ma anche alforze politiche.
la creazione di una cittadina senza re“L'oro nero - come scrive il giornaligole. Il piano di miglioramento aziensta Enzo Madonia - non ha portato ocdale è recente, ed ormai è consuetudicupazione e progresso industriale... cone promuovere incontri con le autorità
lori all'imbrunire sembrano raccontare
politiche e istituzionali per verificare lo
la sofferenza di una città che tenta di
stato dell'arte. Il management della rafrialzarsi. Nel profondo Sud, in Sicilia, a
fineria inoltre ha il compito di ricordapochi chilometri dalla valle dei Templi
re il piano per gli investimenti all'ecodi Agrigento e a una manciata di minunomia privata e pubblica. Da Gela è
partita la campagna antipizzo della Enrico Mattei e un funzio- ti dalla città di don Luigi Sturzo, Caltagirone, nelle vicinanze dei mosaici roConfindustria e la città dopo anni di ab- nario dell’Eni
Foto archivio
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tanti. Adesso significa lavoro, soprattutto nell'indotto che ha portato nuove aziende e produzione specifica. Fiore all'occhiello della raffineria è il Centro di Formazione con supporti tecnologici avanzati. Si fanno
corsi per il proprio personale, ma anche nei riguardi dei giovani e degli studenti per preparare professionalmente le risorse future e fare in modo che
i giovani siano arricchiti sui temi più
disparati e soprattutto sugli aspetti
della sicurezza e dell'attenzione verso
l'ambiente.
Tutto questo, insieme alla lotta contro la criminalità che oltre al sindaco
ha visto l'impianto di Gela in prima fila, sta cominciando a cambiare l'atmosfera della città e dei dintorni.
Foto archivio impianto di Gela
Foto archivio impianto di Gela
mani di Piazza Armerina, alti camini e torce sono il
biglietto da visita di Gela, città greca. Sono accesi,
caldi, cangianti i colori di Gela che fanno trasparire dolore e amarezza di una
città. Tramonti straordinari con sfumature d'arancio e rosso incontrano
fumi di una raffineria del petrolio che
ha segnato, nel bene e nel male, il destino di una comunità”. L'oro nero trovato nella Piana di Gela, all'epoca paesino contadino e marinaro, doveva segnare la nascita di una città nuova e
moderna. Un sogno di progresso industriale pensato e voluto a Gela da
Enrico Mattei. Per anni il Petrolchimico ha significato Gela produttiva e Gela brutta, malgrado le meraviglie del
territorio e la cultura di tanti suoi abi-
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