Richard S. Schwartz, Michael Mauger, David J

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Richard S. Schwartz, Michael Mauger, David J
L’INFORMATORE
ENDODONTICO
Estratto dal Vol. 3 n° 2, 2000
Mineral Trioxide Aggregate:
un nuovo materiale per l’Endodonzia
RICHARD S. SCHWARTZ, DDS
MICHAEL MAUGER, DMD
DAVID J. CLEMENT, DDS
WILLIAM A. WALKER III, DDS, MS
IL TRIDENTE
EDIZIONI ODONTOIATRICHE
Mineral Trioxide
Aggregate:
un nuovo materiale per l’Endodonzia
Richard S. Schwartz, DDS
Michael Mauger, DMD
David J. Clement, DDS
William A. Walker III, DDS, MS
Il Mineral Trioxide Aggregate o MTA è
un nuovo materiale sviluppato per l’endodonzia, che sembra rappresentare un
significativo miglioramento rispetto agli
altri materiali da utilizzare per interventi a contatto con l’osso.
Si tratta del primo materiale restaurativo che consente la ricrescita costante
del cemento radicolare e che può facilitare la rigenerazione del legamento
parodontale.
Gli Autori presentano cinque casi nei
quali l’MTA è stato usato per risolvere
problemi clinici. Questi comprendono la
frattura orizzontale di radice, l’apecificazione, la riparazione di perforazioni e la
riparazione di riassorbimenti. In ciascun
caso l’MTA ha consentito la guarigione
ossea e l’eliminazione di sintomi clinici.
Materiali come il cemento a base di ossido di zinco-eugenolo e le resine composite sono stati usati in passato per riparare difetti di radici, ma il loro uso ha portato alla formazione di tessuto connettivo fibroso adiacente all’osso. Dal momento che l’MTA consente la crescita
del cemento radicolare e del legamento
parodontale, esso può essere considerato
il materiale ideale per alcuni interventi
endodontici.
Il Mineral Trioxide Aggregate o MTA è
un nuovo materiale biocompatibile, con
numerose interessanti applicazioni cliniche in Endodonzia. Per numerosi anni è
stato usato da endodontisti su animali
da esperimento con notevole successo e
alcuni di questi casi si sono mostrati veramente impressionanti. L’MTA è stato
approvato nel 1998 negli Stati Uniti
dalla Food and Drug Administration e
da allora se ne fa un larghissimo uso. Il
materiale sembra rappresentare un notevole miglioramento rispetto agli altri
materiali utilizzati per le stesse procedure endodontiche che coinvolgono la ripaPag. - 18
razione dei difetti radicolari e la guarigione dell’osso.
Fin dalla sua prima descrizione nella letteratura odontoiatrica da Lee e coll.1 nel
1993, l’MTA è stato usato sia con applicazioni chirurgiche che non chirurgiche,
comprendenti le otturazioni retrograde,2-5
gli incappucciamenti diretti,6-8 la riparazione di perforazioni a livello radicolare1
o a livello delle biforcazioni9,10 e l’apecificazione.11,12 E’ anche particolarmente
utile per risolvere i problemi che si manifestano in caso di perforazioni o stripping e riassorbimenti interni con perforazione. In questi casi sono stati usati in
passato altri materiali: amalgama, materiali per restauri temporanei (Cavit,
ESPE International), resine composite,
cementi vetroionomerici, ossido di
zinco-eugenolo (ZOE) rinforzato con
polimeri (Intermediate Restorative Material o IRM – Dentsply Int., L.D.
Caulk Div.), cementi per altri usi come
il SuperEBA (Harry J. Bosworth Co.),
guttaperca e ossido di zinco-eugenolo,
ma in tutti i casi questi materiali utilizzati hanno dato risultati non prevedibili. 13 L’MTA può essere il materiale
ideale da usarsi a contatto con l’osso, in
quanto è l’unico materiale che costantemente consente su di esso la ricrescita
del cemento e la formazione di osso e
può facilitare la rigenerazione del legamento parodontale.4,5,9,12
In questo articolo, dopo una revisione
dell’attuale letteratura odontoiatrica sull’MTA, si discutono le sue proprietà fisiche e chimiche e le sue caratteristiche
cliniche. Vengono quindi presentati cinque casi clinici per dimostrare alcune
delle sue indicazioni e modalità d’uso.
Composizione e proprietà fisiche
L’MTA è rappresentato da una polvere
costituita da piccole particelle idrofile
di silicato tricalcico, alluminato trical-
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cico, ossido tricalcico e ossido di silicio.
Contiene anche piccole quantità di altri
ossidi minerali che modificano le sue
proprietà fisiche e chimiche. L’idratazione della polvere risulta in un gel colloidale che solidifica approssimativamente
in tre ore. E’ stata aggiunta la polvere
di ossido di bismuto, per rendere questo
aggregato anche radiopaco. La microanalisi dell’MTA ha dimostrato che il
calcio e il fosforo sono i principali ioni
presenti.14
L’MTA, una volta indurito, ha un pH di
12,5, simile a quello dell’idrossido di
calcio Ca(OH)2.14 Questo può spiegare
alcune proprietà antimicrobiche dell’aggregato.15 Il materiale ha una bassa
solubilità14 ed una radiopacità leggermente maggiore rispetto a quella della
dentina. 16 Dal momento che ha una
bassa resistenza alla compressione,14 non
deve essere utilizzato in aree funzionali.
Studi in vitro sull’infiltrazione
La micro infiltrazione è considerata un
fattore importante nel determinare il
successo o il fallimento delle otturazioni
retrograde e nel caso di riparazioni delle
perforazioni.
Torabinejad e coll.17 hanno dimostrato
l’assenza di qualsiasi fessura marginale
nelle otturazioni retrograde eseguite con
MTA, mentre hanno trovato fessure dai
3,8 ai 14,9 micron nelle otturazioni retrograde eseguite con amalgama, Super
EBA e IRM.
In un altro studio, Torabinejad e coll.18
hanno trovato che l’MTA si lascia infiltrare significativamente meno rispetto
all’amalgama e al Super EBA (P<0,001)
quando è posizionato in una preparazione di cavità retrograda profonda tre millimetri.
Simili risultati sono stati riportati da
Fisher e coll..19 In uno studio di Torabinejad e coll.20 sull’effetto del sangue sul-
l’otturazione retrograda, l’MTA ha dimostrato ancora una volta di lasciarsi
infiltrare meno rispetto all’amalgama,
all’IRM e al Super EBA (P<0,05).
L’IRM e il Super EBA in particolare non
sigillavano bene in presenza di contaminazione con sangue.
Bates e coll.21 utilizzando un sistema di
infiltrazione di un fluido per testare le
capacità sigillanti dell’MTA, del Super
EBA e dell’amalgama, hanno trovato
che l’MTA, quando viene utilizzato
come materiale per otturazione retrograda, è superiore all’amalgama (P<0,05) e
paragonabile al Super EBA nel prevenire
la microinfiltrazione. Wu e coll.22 hanno
trovato che il sigillo creato con l’MTA
nelle otturazioni retrograde rimane inalterato per almeno un anno. Torabinejad
e coll.23 hanno valutato la microinfiltrazione coronale da parte di batteri in canali di denti monoradicolati che avevano
un’otturazione retrograda di 3 mm eseguita sia in MTA che in amalgama, in
Super EBA o in IRM. Questi autori
hanno trovato che l’MTA si lasciava
infiltrare significativamente meno rispetto agli altri materiali (P<0,05). Gli
autori non hanno visto alcuna infiltrazione in nessun dente otturato con MTA
al termine del loro studio (90 giorni),
mentre gli altri materiali cominciavano
a lasciarsi infiltrare dopo un intervallo
compreso tra 15 e 34 giorni.
Uno studio simile condotto da Adamo e
coll.24 ha dimostrato che non esiste differenza nella penetrazione batterica in
otturazioni eseguite in MTA, Super
EBA, amalgama dopo mordenzatura di
dentina e composito. In un test sulla
microinfiltrazione coronale con endotossine, Tang e coll.25 hanno dimostrato che
l’MTA era superiore all’amalgama e
all’IRM.
In uno studio di Nakata e coll.26 i ricercatori hanno trovato che l’MTA era
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PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Richard Schwartz ha esercitato l’attività come dentista generico per diciannove anni. Si è quindi specializzato all’Università di San Antonio, Texas, e
oggi nella stessa città ha il suo studio privato. Ha insegnato per otto anni alla corso di
Laurea dell’Università di San Antonio. Ha al suo attivo più di cento pubblicazioni ed è il
primo autore di un testo di Operative Dentistry.
superiore all’amalgama (P<0,0005) nel
prevenire l’infiltrazione del Fusobacterium Nucleatum attraverso le riparazioni delle biforcazioni. Lee e coll. 1
hanno riportato che in una perforazione
radicolare laterale l’MTA si lasciava
infiltrare specificatamente meno rispetto
all’IRM o all’amalgama (P<0,05).
Questo studio ha anche dimostrato che
l’estrusione di materiale al di là della
perforazione era un problema sicuramente minore quando il materiale era
MTA rispetto al caso in cui questo era
IRM o amalgama.
Biocompatibilità
Torabinejad e coll. hanno eseguito una
serie di studi sulla biocompatibilità
dell’MTA. Kettering e Torabinejad 27
hanno dimostrato che questo materiale
non ha azione mutagena e Torabinejad e
coll.28 hanno trovato che questo è meno
citotossico rispetto al Super EBA e all’IRM. In studi condotti su animali da
esperimento, l’MTA si è dimostrato
l’unico materiale studiato che consentiva
la crescita su di esso del cemento.4,5 Si è
visto essere biocompatibile quando veniva impiantato nel porcellino d’India,2,3 29
nei cani4 e nelle scimmie5 ed era più biocompatibile dell’amalgama, del Super
EBA o dell’IRM.
Studi in vitro su osteoblasti umani hanno dimostrato che l’MTA stimolava la
liberazione di citochine30 e la produzione
di interleuchine.31
Questi studi suggeriscono che l’MTA
non è semplicemente un materiale inerte, ma che può promuovere attivamente
la formazione di tessuto duro.
Proprietà antimicrobiche
Torabinejad e coll. 15 hanno testato
l’MTA, l’amalgama, l’ossido di zincoeugenolo e il Super EBA a contatto di 9
batteri anaerobi facoltativi e 7 anaerobi
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obbligati. Si è visto che l’MTA possiede
un’azione antibatterica su 5 dei nove
batteri facoltativi e non ha alcun effetto
su alcuno degli anaerobi obbligati. Gli
altri materiali hanno effetti simili.
I ricercatori hanno concluso che nessuno
di questi materiali testati aveva tutti gli
effetti antibatterici desiderati, quando
utilizzati come materiale per otturazione
retrograda.
Studi in vivo
Le ricerche del gruppo di Torabinejad15
hanno paragonato le risposte avute da
esperimenti sulle scimmie (Pitt Ford e
coll.6) e cani (Abedi e coll.7) in caso di
incappucciamento diretto eseguito con
MTA o con idrossido di calcio, e hanno
trovato minore infiammazione e miglior
formazione del ponte dentinale se veniva
utilizzato l’MTA. Uno studio di Myers e
coll.8 ha valutato l’MTA e l’idrossido di
calcio come materiali per incappucciamento diretto nei cani e ha trovato che
non c’era differenza statisticamente significativa (P<0,05) tra i due materiali
per quanto riguardava le condizioni
della polpa o la formazione del ponte
dentinale.
Pitt Ford e coll.9 hanno riparato perforazioni intenzionali di biforcazioni in premolari inferiori di cani sia immediatamente che 4 mesi dopo che la perforazione era stata eseguita, e l’hanno riparata sia con MTA che con amalgama. Gli
autori hanno concluso che l’MTA è più
idoneo per riparare le perforazioni delle
biforcazioni rispetto all’amalgama, specialmente se la riparazione viene fatta
immediatamente. In due pazienti Arens
e Torabinejad10 hanno dimostrato la riparazione ossea delle perforazioni delle
biforcazioni riparate con MTA.
Shabahang e coll.11 hanno paragonato
l’MTA, la proteina 1 osteogenica e l’idrossido di calcio in caso di apecifica-
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zione nei cani. Hanno dimostrato che
l’MTA induce la formazione di tessuto
duro più spesso rispetto a quello che
facevano altri materiali testati e hanno
concluso che l’MTA era idoneo per
essere utilizzato come barriera apicale
in caso di apecificazione in radici immature.
Casi clinici
Caso 1. Il paziente di 24 anni presentava
mobilità a livello dell’incisivo centrale
superiore dopo un trauma subito in
bocca 10 giorni prima. A parte la mobilità, il paziente non lamentava nessun
altro sintomo. L’esame clinico rivelò che
entrambi gli incisivi centrali superiori
presentavano una mobilità di classe 3.
La gengiva appariva piuttosto infiammata, ma la profondità del sondaggio
era meno di 3 mm. Gli incisivi centrali
non mostravano alcuna risposta al test
del freddo, mentre gli altri incisivi rispondevano normalmente. I due incisivi
erano inoltre leggermente sensibili alla
percussione. Una radiografia endorale
mostrava la presenza di fratture orizzontali in entrambe le radici dei due incisivi
(Fig. 1). Venne quindi fatta una prima
diagnosi di necrosi pulpare in entrambi
i denti.
I denti vennero quindi stabilizzati con
una legatura rigida fatta da un filo metallico e resina composita e quindi furono isolati con la diga di gomma. Senza
ricorre all’uso dell’anestesia, venne quindi fatta una cavità d’accesso e vennero
eseguite le pulpectomie fino alla rima di
frattura. Le polpe nei segmenti coronali
erano entrambe necrotiche. Dal momento che il tessuto pulpare apicale alla
rima di frattura rispondeva ad un leggero sondaggio eseguito con una lima e dal
momento che queste porzioni di polpa,
di solito, rimangono vitali in caso di
frattura orizzontale,32 venne deciso di
non trattarle. Venne quindi messo nei
frammenti coronali delle radici dell’idrossido di calcio (Pulpdent Paste,
Pulpdent Corp.).
Il paziente è rimasto asintomatico per le
successive sei settimane, dopodiché è
stato rivisto per la rimozione della legatura. Non lamentava alcun sintomo e
nessun cambiamento nel sondaggio e
nelle risposte ai test clinici. I denti non
erano più sensibili alla percussione. Non
c’era alcuna fistola o segno di patologia
clinica o radiografica. Venne quindi
rimosso l’idrossido di calcio dai canali, e
dopo che questi furono asciugati, venne
posizionato l’MTA come barriera in corrispondenza della rima di frattura. Sono
stati quindi otturati i canali con guttaperca e tolta la legatura (Fig. 2).
Il decorso postoperatorio del paziente è
stato asintomatico. Alla visita di controllo a distanza di sei mesi, i due incisivi centrali erano asintomatici e rispondevano normalmente alla percussione,
alla palpazione, alla pressione, ma rimanevano leggermente mobili.
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Figura 1
Frattura orizzontale delle radici di
entrambi gli incisivi centrali superiori.
Figura 2
Dopo stabilizzazione per 6 settimane
con legatura rigida, sono state posizionate le barriere apicali costituite di
MTA e sono state completate le terapie canalari con guttaperca e cemento. E’ stata quindi rimossa la legatura.
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un nuovo materiale per l’Endodonzia
Caso 2. Un paziente di 29 anni venne
inviato alla nostra osservazione dal dentista generico, che aveva notato, dalla
radiografia, un riassorbimento a carico
dell’incisivo centrale superiore di destra
(Fig. 3). Il paziente riferiva di essere
stato vittima di un’aggressione 18 mesi
prima e in seguito a ciò aveva riportato
la sublussazione di alcuni incisivi. Il
paziente era completamente asintomatico e non lamentava alcun disturbo.
Aveva anche grossi restauri e carie in
molti dei suoi denti e una gengivite
generalizzata. L’incisivo centrale superiore di destra non rispondeva al test del
caldo, mentre gli altri denti della stessa
zona rispondevano normalmente. Non
c’era sondaggio più profondo di 4 mm e
non era possibile sondare il difetto da
riassorbimento attraverso il solco gengivale. Infine, non era presente alcuna
fistola. Venne fatta diagnosi di necrosi
pulpare con riassorbimento radicolare
probabilmente di origine esterna.
Venne quindi somministrata anestesia,
posizionata la diga di gomma ed esegui-
ta la cavità d’accesso sulla superficie linguale del dente che non rispondeva ai
test di vitalità. Fu poi controllata la lunghezza di lavoro e fatta una pulpectomia. Apparve subito evidente che il riassorbimento aveva provocato una comunicazione tra il tessuto pulpare e l’adiacente osso, in quanto non era possibile
asciugare il canale. Venne allora posizionato dell’idrossido di calcio.
All’appuntamento successivo, due settimane dopo, il paziente non aveva sintomi e nessun disturbo. Venne quindi
rimosso l’idrossido di calcio, irrigato il
canale con ipoclorito di sodio e quindi si
cercò di asciugare il canale. Con l’aiuto
del microscopio operatorio, venne quindi ispezionato all’interno del dente il
difetto da riassorbimento. Questo difetto comprendeva sia l’aspetto distale che
linguale della radice ed era pieno di tessuto di granulazione. Si decise quindi di
posizionare nuovamente dell’idrossido di
calcio all’interno del canale.
Il paziente tornò ad intervalli di un mese per i successivi tre mesi. Ad ogni ap-
Figura 3
Il paziente mostra un grosso difetto
da riassorbimento nella radice del suo
incisivo centrale superiore di destra.
E’ stata eseguita un pulpectomia ed
una progressiva detersione del tessuto di granulazione, con irrigazioni
mensili di ipoclorito di sodio e
numerose medicazioni con
idrossido di calcio.
Figura 4
Dopo 3 mesi la detersione del difetto
era completa. E’ stato rimosso l’idrossido di calcio, asciugato il canale e il
difetto da riassorbimento è stato riparato dall’interno con il posizionamento di MTA. E’ stato quindi introdotto
un perno che si estendeva apicalmente rispetto al difetto e il dente è stato
restaurato con resina composita in
attesa del posizionamento di una
corona protesica.
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4
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puntamento, si eseguiva una radiografia
endorale, si irrigava il canale con ipoclorito di sodio, si asciugava e si riposizionava l’idrossido di calcio, dopodiché si
eseguiva una nuova radiografia postoperatoria. Le varie radiografie mostravano
che l’idrossido di calcio riempiva sempre
di più la lesione da riassorbimento dopo
ogni appuntamento, indicando che stava
via via avvenendo la rimozione del tessuto di granulazione dall’interno del
difetto. Dopo il terzo appuntamento a
distanza di un altro mese, la radiografia
mostrava che l’idrossido di calcio era
arrivato a riempire tutto quanto il difetto e si era esteso fino a contatto con
l’osso.
Il paziente tornò un mese dopo per la
riparazione del difetto da riassorbimento. Durante questo periodo, il paziente
era rimasto asintomatico ed esente da
segni clinici o da infezione. Anche la
profondità del sondaggio non era cambiata. I denti adiacenti rispondevano
normalmente ai test di vitalità. Venne
quindi rimosso l’idrossido di calcio con
l’aiuto delle lime, venne irrigato il canale con ipoclorito di sodio e quindi asciugato.
La porzione di canale apicale al difetto
da riassorbimento venne otturata con
guttaperca e cemento. Con l’aiuto del
microscopio venne quindi rimosso
attentamente l’idrossido di calcio dal
difetto da riassorbimento con un piccolo
escavatore. Venne quindi introdotto
all’interno del difetto dell’MTA di consistenza densa. I residui di idrossido di
calcio presenti nell’osso e nelle altre porzioni al di fuori del difetto impedirono
l’estrusione dell’MTA al di fuori della
radice. Vennero quindi posizionati diversi coni di carta bagnati all’interno del
canale (l’umidità è necessaria affinché
l’MTA possa indurire) e venne quindi
posizionata un’otturazione provvisoria
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per sigillare la cavità d’accesso. Al successivo appuntamento, con l’aiuto di
una sonda ci si poté accertare che l’MTA
era ben indurito. Venne quindi preparato lo spazio per accogliere un perno, che
si estendeva alcuni millimetri apicalmente al difetto. Fu poi cementato il
perno e il dente fu restaurato con composito, che servisse come restauro provvisorio e come ricostruzione per la futura corona (Fig. 4).
Il dente è rimasto asintomatico durante
tutto il trattamento e lo era ancora al
controllo a distanza di 6 mesi.
Caso 3. Un paziente di 27 anni venne
inviato alla nostra osservazione per la
valutazione del primo molare inferiore
di sinistra (Fig. 5). Mentre eseguiva la
terapia canalare, il dentista che inviava il
paziente aveva posizionato per errore del
Dycal (Dentsply, L.D. Caulk) nei canali
radicolari, dopo che la sua assistente
l’aveva scambiato per errore con il Sealapex (Dentsply, L.D. Caulk), un cemento
endodontico la cui confezione è molto
simile a quella del Dycal. Dopo che il
dentista aveva otturato il canale distale
Figura 5
Il paziente è stato inviato con una
perforazione a livello della biforcazione, dopo un incidente procedurale
avvenuto durante la terapia canalare.
5
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un nuovo materiale per l’Endodonzia
Figura 6
Il dente era asintomatico e il
parodonto sano alla visita di
controllo dopo 6 mesi,
nonostante l’estrusione
dell’MTA all’interno della
biforcazione.
6
con guttaperca, il Dycal si era nel frattempo indurito nei canali mesiali. Nel
tentativo di rimuovere il Dycal dal canale mesiolinguale, aveva eseguito una perforazione a livello della biforcazione.
Al momento della visita, il paziente lamentava sensibilità e dolore alla pressione ed un leggero dolore spontaneo.
L’esame clinico rivelava la mancanza di
tasche e un sondaggio non superiore a 3
mm. Non era possibile sondare all’interno della biforcazione attraverso il
solco. Il primo molare appariva dolente
alla pressione e alla percussione. I denti
adiacenti rispondevano normalmente al
test della masticazione, al test della percussione e al test del freddo. Radiograficamente si notava la perdita di osso
nella zona della biforcazione e una rarefazione nelle zone periapicali del primo
molare. Era quindi necessario eseguire
un ritrattamento nel dente che presentava una periodontite periradicolare
acuta e cronica.
Dopo somministrazione di anestesia, il
dente venne isolato con la diga di gomma, furono quindi rimossi i materiali da
otturazione da tutti e tre i canali e fu
possibile evidenziare la perforazione con
l’aiuto del microscopio operatorio. I
canali distale e mesiovestibolare vennero
otturati in maniera routinaria con guttaperca e cemento. Venne quindi otturato
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il canale mesiolinguale apicalmente alla
biforcazione e la porzione coronale dello
stesso canale fino all’orifizio fu otturata
con MTA.
Non venne usata alcuna matrice interna
e parte dell’MTA estruse all’interno della biforcazione.
Entro pochi giorni il dente tornò ad
essere asintomatico. Al controllo eseguito dopo 3 settimane il dente si mostrava
esente da dolore spontaneo e rispondeva
normalmente ai test della percussione,
palpazione e masticazione. Venne quindi
fatta una ricostruzione in amalgama.
Al controllo eseguito dopo 6 mesi il
dente era sempre asintomatico e non
c’era alcun sondaggio maggiore di 3
mm. Non c’erano segni o sintomi di
patologia e la radiotrasparenza della
biforcazione visibile prima appariva
completamente risolta (Fig. 6).
Caso 4. Un paziente di 72 anni, con una
corona provvisoria sul primo molare
inferiore di destra, lamentava dolore alla
masticazione e dolore spontaneo intermittente. Un mese prima, durante la
terapia canalare, era stata eseguita una
perforazione da stripping a livello del
canale mesiovestibolare. A quel tempo
era presente una compromissione della
biforcazione di 1ª classe sull’aspetto
vestibolare del dente, che mostrava un
sondaggio profondo 4 mm.
Radiograficamente non era evidente
alcuna perdita ossea a livello della biforcazione. Il dentista aveva deciso di completare la terapia endodontica e di richiamare il paziente a distanza di un
mese per rivalutare la situazione.
Alla visita di controllo dopo un mese, le
condizioni del dente erano peggiorate.
La radiografia mostrava una notevole
radiotrasparenza a livello della biforcazione e il sondaggio era diventato di 8
mm (Fig. 7). Il dente era sensibile alla
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percussione e alla masticazione ed il
paziente lamentava anche un certo dolore spontaneo.
Fu fatta diagnosi di perforazione eseguita durante la precedente terapia canalare
e di periodontite periradicolare acuta.
Venne quindi somministrata anestesia,
posizionata la diga di gomma e rimossa
la guttaperca dal canale mesiovestibolare
fino a un punto apicale rispetto alla
perforazione. Venne quindi visualizzata
la perforazione e otturata la porzione
coronale ad essa con MTA, allo scopo di
sigillare la perforazione stessa. Durante
la fase di otturazione venne accidentalmente spinta una combinazione di guttaperca, cemento e MTA nella biforcazione, per cui fu necessario sollevare un
lembo e rimuovere il materiale in eccesso dalla biforcazione.
Con l’aiuto del microscopio operatorio e
dei microspecchietti fu visualizzata la
perforazione attraverso la biforcazione
sull’aspetto distolinguale della radice
mesiovestibolare.
Venne quindi rifinita la superficie fino
ad avere una parete completamente
liscia (Fig. 8). Venne quindi riposizionato il lembo nella sua sede originale e
messa la sutura.
Il paziente fu rivisto dopo due giorni per
la rimozione della sutura. Alla visita di
controllo dopo due settimane la gengiva
appariva guarita. Il dente rimaneva leggermente sensibile alla percussione e alla
masticazione, ma il paziente non accusava alcun dolore spontaneo. Non fu eseguito alcun sondaggio.
Al controllo dopo 6 mesi il paziente era
completamente asintomatico, non c’era
dolore spontaneo e il dente rispondeva
normalmente alla pressione e alla percussione. Si poteva notare anche l’evidenza radiografica della neoformazione
ossea nella biforcazione e la profondità
del sondaggio della biforcazione nella
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Figura 7
Nel corso della terapia canalare è
stato eseguito uno stripping a livello
della radice mesiovestibolare. Un
mese dopo era evidente una notevole
perdita ossea nella biforcazione e la
profondità del sondaggio era aumentata da 4 a 8 mm.
Figura 8
Guttaperca, cemento ed MTA erano
stati involontariamente spinti all’interno della biforcazione durante le
manovre di riparazione interna della
perforazione. E’ stato quindi ribaltato
un lembo vestibolare e il materiale in
eccesso è stato rimosso dalla biforcazione. L’MTA è stato quindi rifinito e
lisciato fino a livello della superficie
esterna della radice.
Figura 9
Al controllo dopo 6 mesi si nota l’evidenza radiografica del riempimento
del difetto della biforcazione con
osso. Il sondaggio è tornato alla
profondità di 4 mm e il paziente è
completamente asintomatico.
zona vestibolare era di nuovo di 4 mm
(Fig. 9).
Il paziente riferiva che il dente era rimasto leggermente sintomatico per un
periodo di tempo dopo la chirurgia, ma
che era poi rimasto asintomatico per i
mesi successivi.
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un nuovo materiale per l’Endodonzia
Figura 10
La radiografia mostra un cono di guttaperca all’interno del tragitto fistoloso. Si noti l’apice immaturo, che testimonia l’arresto di sviluppo del dente
ad un’età approssimativa di sette anni.
Figura 11
Una barriera artificiale di MTA è stata
posizionata all’interno del canale, che
è stato successivamente otturato. Alla
visita di controllo dopo 20 mesi
l’architettura ossea periapicale si
mostrava intatta ed era visibile lo spazio del legamento parodontale.
Caso 5. Una paziente di 29 anni era stata
inviata alla nostra osservazione per una
valutazione endodontica a livello di un
dente frontale discolorato che era notevolmente peggiorato negli ultimi tempi.
La paziente non riferiva alcuna storia di
dolore o gonfiore correlata con quel dente. L’esame clinico indicava che l’incisivo
centrale superiore di destra aveva una
colorazione grigio scura. L’aspetto parodontale era normale, anche se la mucosa
sopra la radice appariva di colore cianotico. Il dente non rispondeva ai test termici ed era presente una fistola sulla
mucosa distale al dente (Fig. 10). La
radiografia mostrava un apice immaturo,
con pareti dentinali sottili. La paziente
venne informata circa la presenza di
un’infezione cronica associata ad una
polpa non più vitale, la necessità di ottenere una chiusura apicale per poter eseguire l’otturazione del canale e raggiungere un sigillo apicale e quindi la necessità di sbiancare e restaurare il dente.
Le opzioni proposte alla paziente per la
terapia dell’apice radicolare immaturo
11
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comprendevano la chirurgia periapicale
col posizionamento di una otturazione
retrograda, la terapia classica di apecificazione con numerose medicazioni con
idrossido di calcio per indurre la formazione di una barriera apicale osteodentinale oppure il posizionamento di una
barriera apicale artificiale.
Al primo appuntamento, dopo aver posizionato la diga, venne fatta la cavità
d’accesso, stabilita la lunghezza di lavoro e deterso il canale radicolare dai residui pulpari necrotici e irrigato con ipoclorito di sodio. Venne quindi medicato
il dente con idrossido di calcio e messa
un’otturazione provvisoria.
Dopo 3 settimane la fistola era ancora
aperta, ma da essa non usciva alcun essudato. Fu notato un miglioramento nel
colore della corona e nell’aspetto della
mucosa vestibolare alla radice del dente
in questione. Fu riposizionato l’idrossido
di calcio e sigillata la cavità d’accesso
provvisoriamente con IRM.
Al terzo appuntamento, due settimane
dopo, la fistola si era chiusa, la mucosa
vestibolare appariva normale e il dente
parodontalmente intatto e asintomatico.
Anziché continuare con la terapia di
apecificazione per un periodo indeterminato, si decise di posizionare una barriera apicale di MTA e completare successivamente la terapia canalare.
Fu ripulito il canale radicolare dall’idrossido di calcio, irrigato e asciugato.
Venne quindi miscelato l’MTA con soluzione fisiologica che fu poi posizionato
all’interno del canale. Utilizzando l’estremità posteriore dei coni di carta,
l’MTA venne gentilmente condensato
all’interno del canale fino ad avere un
minimo spessore di 2 mm. Il canale
venne quindi riempito con idrossido di
calcio e la cavità d’accesso chiusa con un
cemento provvisorio per consentire all’MTA di indurirsi nelle ore successive.
L’Informatore
Endodontico
Vol. 3, Nr. 2
Il giorno dopo, con l’utilizzo di una
sonda, ci si poté accertare che la barriera
di MTA era indurita.
Il canale radicolare venne quindi otturato con un cemento a base di ossido di
zinco-eugenolo e con la condensazione
verticale della guttaperca termoplastica.
Il mese successivo venne eseguito uno
sbiancamento interno con la tecnica
dello sbiancamento ambulante. La cavità
d’accesso fu quindi sigillata con resina
composita.
Ai controlli dopo 9 e 20 mesi (Fig. 11)
il dente appariva asintomatico e radiograficamente era presente una normale
architettura ossea periapicale.
Discussione
L’MTA si presenta come una polvere di
colore grigio. La casa fabbricante raccomanda di mescolarlo con acqua sterile
fino ad ottenere un impasto denso, granuloso. Alcuni clinici riportano di avere
avuto successo mescolando l’MTA con
anestesia o con altri liquidi sterili, ma
gli effetti che altri liquidi possono avere
sulle proprietà fisiche, chimiche e biologiche dell’MTA sono sconosciuti. Una
volta mescolato, può essere portato in
sede con un piccolo portatore di amalgama o con la siringa di Messing, o può
essere posizionato con una piccola spatolina a mano.
Se nella zona in cui viene posizionato o
nel difetto da riassorbimento è presente
dell’umidità, l’MTA diventa troppo fluido e quindi difficile da condensare. Dopo
che è stato posizionato, l’eccesso di umidità deve essere rimosso con l’utilizzo di
coni di carta asciutti o palline di cotone.
L’MTA viene spesso semplicemente appoggiato e premuto nella sede desiderata
e non veramente condensato. Nel preparare la zona in cui alloggiare l’MTA, il
clinico deve seguire alcune direttive.
Tutta l’irrigazione deve essere eseguita
prima di posizionare l’MTA; ogni irrigazione eseguita dopo il suo posizionamento provocherà una significativa rimozione del materiale.
La zona in cui verrà posizionato l’MTA
non deve essere perfettamente asciutta,
ma deve comunque essere rimossa la
maggior parte dei fluidi.
Una volta posizionato l’MTA all’interno
del dente, si deve poi appoggiarci sopra
una pallina di cotone bagnata o un cono
di carta bagnato, in quanto la presenta
di umidità è di importanza essenziale
per favorire l’indurimento del materiale.
Si chiude quindi provvisoriamente la
cavità d’accesso. L’MTA richiede diverse
ore per indurire completamente. La
maggior parte delle riparazioni interne
eseguite con MTA richiedono una seconda visita per completare la terapia canalare o il restauro. Qualche volta si può
condensare la guttaperca immediatamente se è presente un’appropriata
forma di resistenza e se il materiale può
trovare umidità al di fuori della radice,
come nel caso mostrato in Figura 1.
Oltre che in Endodonzia, l’MTA ha anche applicazioni in Parodontologia. Una
domanda interessante è, per esempio,
chiedersi se l’MTA può essere utilizzato
durante interventi di innesto osseo.
Per esempio: se una perforazione ha causato un difetto parodontale intraosseo,
forse la perforazione potrebbe essere
riparata con MTA e poi potrebbe essere
eseguito un innesto osseo per trattare il
difetto parodontale. Su questo argomento sono necessari ulteriori studi.
L’MTA appare essere vantaggioso per
riparare perforazioni e riassorbimenti. E’
preferibile la deposizione di cemento e
l’instaurarsi di un legamento parodontale rispetto alla formazione di tessuto
fibroso, cosa che avviene con l’utilizzo di
altri materiali.
Il cemento può formare un sigillo bioloPag. - 27
2000
Mineral Trioxide Aggregate:
un nuovo materiale per l’Endodonzia
gico che è simile a quello di una normale superficie radicolare. Esiste un solo
caso, descritto in letteratura, di formazione di cemento avvenuta al di sopra di
un altro materiale.33
Le procedure descritte in questo articolo
spesso richiedono una speciale strumentazione e la migliorata visibilità fornita
dal microscopio operatorio. Queste tecniche suggerite, ovviamente, non sono
prive di difficoltà. Alcune di queste procedure possono non essere alla portata di
ogni dentista, e in questi casi potrebbe
essere corretto inviare il paziente allo
specialista.
c’è bisogno di ulteriori studi, condotti
da ricercatori indipendenti. In più, non
esiste alcuna pubblicazione su studi condotti con MTA su esseri umani.
I bellissimi e impressionanti risultati
che si ottengono negli animali da esperimento non sempre si trasformano in
altrettanto impressionanti risultati negli
esseri umani, per cui c’è bisogno di
studi clinici controllati sull’uomo.
Alcuni dei casi presentati in quest’articolo hanno i controlli a meno di un
anno. Il successo di un nuovo materiale,
invece, è meglio se viene giudicato con
controlli a lungo termine.
Conclusioni
L’MTA è un materiale promettente, basato su numerosissime ricerche.
A tutt’oggi, comunque, la maggior parte dei lavori sono stati eseguiti da Torabinejad e coll., i quali erano in qualche
maniera coinvolti nello sviluppo del
materiale. Le loro ricerche sono molto
complete e degne di tutto rispetto, ma
Traduzione dell’articolo originale
Schwartz S. Richard, Mauger Michael,
Clement J. David, Walker III A. William:
Mineral Trioxide Aggregate: a new material
for endodontics.
Journal American Dental Association, Vol.
30, Pages 967-975, July 1999.
Reprinted by permission of “A Division of
ADA Business Enterprises, Inc.”
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