Gli assegni non possono essere compilati con la matita

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Gli assegni non possono essere compilati con la matita
Data
Ente giudicante
Numero
18/03/2009
CASSAZIONE CIVILE, SEZIONE QUINTA
6524
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22773/2003 proposto da:
MINISTERO DELL'ECONOMIA E FINANZE;
RICORRENTI
contro
GIALLO SAS, P.P.;
INTIMATI
sul ricorso 25847/2003 proposto da:
GIALLO SAS, in persona del liquidatore P.P.;
CONTRORICORRENTE E RICORRENTE INCIDENTALE
contro
MINISTERO DELL'ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE;
INTIMATI
avverso la sentenza n. 447/2002 della CORTE D'APPELLO di TRENTO, depositata il
05/10/2002;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Ritenuta l'emissione in violazione dell'imposta di bollo di un assegno (firmato da P.P. -legale
rappresentante della GIALLO SAS - e recante la data di compilazione apposta a matita)
rinvenuto nel corso di verifica della G.d.F., presso uno studio notarile, veniva irrogata, nei
confronti della società e del P., la pena pecuniaria prevista dal D.P.R. n.642 del 1972, art.25.
Il predetti ricorrevano in sede amministrativa ed in seguito adivano il Tribunale di Trento
opponendosi al decreto del Ministro delle Finanze di rigetto del suddetto ricorso ed agli atti
presupposti. Il Tribunale adito dichiarava "disapplicabili, in quanto illegittimi" il decreto del
Ministero delle Finanze, la presupposta ordinanza dell'Intendenza di Finanza nonchè la
conseguente ingiunzione dell'Ufficio del Registro di Bolzano e tale decisione veniva impugnata
dal Ministero delle Finanze dinanzi alla Corte d'appello di Trento, che rigettava l'impugnazione.
In particolare, con riguardo alle indicazioni che devono essere riportate nel titolo perchè lo stesso
abbia valore di assegno bancario, i giudici d'appello rilevavano che non è previsto alcun
particolare mezzo grafico, potendo perciò tali indicazioni essere scritte a macchina, a stampa, da
una o più persone, a mano, e, in tale ultimo caso, a penna o a matita.
Secondo i giudici d'appello doveva pertanto escludersi che potesse ritenersi privo di data un
assegno recante la data scritta in maniera chiara ed inequivoca, ancorchè da soggetto diverso dal
compilatore delle altre parti dell'assegno e a matita, non rilevando in senso contrario la
possibilità di modifica della data scritta a matita, sia perchè tale possibilità esiste anche per
quella scritta a penna sia perchè la legge consente in ogni caso la presentazione immediata per il
pagamento a vista dell'assegno, una volta che questo sia uscito dalla sfera giuridica
dell'emittente.
Esclusa quindi l'incompletezza dell'assegno in questione (e la sua equiparabilità, perciò solo, alla
cambiale) i giudici della Corte ritenevano superflua una indagine sulla (peraltro indimostrabile)
funzione che in concreto le parti avevano inteso attribuire all'assegno medesimo.
Avverso questa sentenza ricorrono per cassazione il Ministero dell'Economia e delle Finanze e
l'Agenzia delle Entrate; resistono con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale
condizionato, la GIALLO SAS e P.P..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve innanzitutto essere disposta la riunione dei due ricorsi ex art.335 cpc, siccome proposti
avverso la medesima sentenza.
Con riguardo all'ammissibilità (messa in discussione dai controricorrenti) del ricorso proposto
dall'Agenzia, è sufficiente rilevare che, a seguito dell'istituzione dell'Agenzia delle Entrate,
divenuta operativa dal 1^ gennaio 2001, si è verificata una successione a titolo particolare della
stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all'adempimento dell'obbligazione tributaria,
per effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione "ad causam" e "ad processum" nei
procedimenti introdotti successivamente alla predetta data spetti esclusivamente all'Agenzia,
mentre i procedimenti introdotti anteriormente al 1 gennaio 2001, a norma dell'art.111 cpc,
continuano tra le parti originarie, ma il successore può intervenire o essere chiamato nel
processo, anche senza l'estromissione del dante causa.
Occorre inoltre rilevare, con particolare riguardo ai giudizi di cassazione, nei quali la
legittimazione era riconosciuta esclusivamente al Ministero delle Finanze, ai sensi del R.D. 30
ottobre 1933, n. 1611, art.11, che la nuova realtà ordinamentale, caratterizzata dal conferimento
della capacità di stare in giudizio agli uffici periferici dell'Agenzia, in via concorrente ed
alternativa rispetto al direttore, consente invece di ritenere che la notifica della sentenza di
merito, ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione, e quella del ricorso
possano essere effettuate, alternativamente, presso la sede centrale dell'Agenzia o presso i suoi
uffici periferici, in tal senso orientando l'interpretazione sia il principio di effettività della tutela
giurisdizionale, che impone di ridurre al massimo le ipotesi d'inammissibilità, sia il carattere
impugnatorio del processo tributario, che attribuisce la qualità di parte necessaria all'organo che
ha emesso l'atto o il provvedimento impugnato (v. tra numerose altre SU nn. 3116 e 3118 del
2006).
Quanto alla dedotta inammissibilità del ricorso principale per novità delle questioni, è appena il
caso di evidenziare che nel giudizio di cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove
questioni giuridiche soltanto ove le stesse presuppongano indagini ed accertamenti di fatto non
compiuti dal giudice del merito, (v. tra le altre Cass. n. 5620 del 2006), dovendo escludersi che
sia configurabile come "questione nuova", perciò tale inammissibile, la diversa qualificazione
giuridica dei fatti controversi già acquisiti nel giudizio di merito, ovvero la richiesta di
applicazione di norme giuridiche diverse da quelle invocate nel merito oppure una diversa lettura
delle medesime norme giuridiche, sempre che, come nella specie, ciò non comporti la necessità
di ulteriori accertamenti in fatto.
Con un unico, articolato motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1736 del
1933, art.1, dell'art.25 e in particolare della Tariffa PI punto 15 D.P.R. n.642 del 1972, nonchè
degli artt.2727 e 2729 cc e dei principi generali in materia di assegno, forma degli atti, imposta
di bollo, nonchè vizi di motivazione, i ricorrenti principali rilevano che, come dedotto nei
precedenti gradi di giudizio e risultante dal p.v.c. della G.d.F., l'assegno sarebbe stato emesso
(con la sottoscrizione e la consegna ad un terzo - il notaio-) privo di data e (non rilevando quanto
poi compiuto dal terzo) tale fatto sarebbe sufficiente per ritenere che fu emesso senza
l'osservanza dei prescritti requisiti.
In ogni caso, secondo i ricorrenti, la forma scritta non potrebbe essere integrata da una
scritturazione a matita, che è mezzo anomalo ed inaffidabile, posto che tale scritturazione, per la
possibilità di cancellazione senza il minimo sforzo e senza lasciare traccia, non sarebbe idonea a
svolgere in modo sia pur minimamente serio" la sua funzione di stabilire il termine ultimo entro
il quale l'assegno può essere presentato all'incasso.
Aggiungono i ricorrenti che erroneamente i giudici d'appello avrebbero ritenuto che la funzione
di garanzia assunta nella specie dall'assegno non potesse essere dimostrata, ben potendo
presumersi un accordo di tutti i soggetti coinvolti per una cancellazione o modificazione della
data apposta a matita (su di un assegno compilato in ogni sua altra parte ad inchiostro), anche
considerato che l'assegno fu emesso in occasione della conclusione di un preliminare di vendita
in base al quale la GIALLO SAS si riservava di pagare alla società venditrice la somma recata
dall'assegno ove la stessa avesse completato alcuni lavori sull'immobile e consentito
all'intavolazione dell'atto.
Le censure esposte sono solo in parte fondate.
In particolare, deve ritenersi inammissibile la censura intesa a collocare (diversamente da quanto
affermato in sentenza) il momento di emissione dell'assegno anteriormente all'apposizione della
data.
In proposito, giova innanzitutto evidenziare che, se è vero che si ha emissione dell'assegno
quando esso esce dalla sfera giuridica del traente (senza che peraltro - a differenza di quanto
sostenuto nel controricorso - sia necessaria anche la consegna a colui che nell'assegno risulta
indicato come beneficiario), è anche vero che, potendo l'assegno non essere compilato
interamente dalla medesima persona, solo con una indagine in fatto da effettuarsi caso per caso è
possibile accertare se l'assegno compilato solo in parte sia uscito dalla sfera giuridica del traente
con la consegna ad un terzo (il quale vi abbia poi apposto di sua iniziativa le parti mancanti),
oppure se l'assegno compilato solo in parte, senza uscire dalla sfera giuridica del traente, sia stato
da questo consegnato ad un terzo perchè lo stesso, prima dell'emissione, provvedesse, in accordo
col traente, a completarne il procedimento di compilazione.
Tanto premesso, nella sentenza impugnata si afferma che l'assegno fu emesso completo in ogni
sua parte, benchè la data fosse stata apposta dal notaio - ossia un soggetto diverso da quello che
aveva scritto l'assegno in ogni altra parte - e con un differente strumento grafico, e, a fronte di
tale accertamento compiuto dai giudici d'appello, i ricorrenti prospettano una diversa
ricostruzione dei fatti, affermando che l'assegno fu emesso privo di data e consegnato al notaio, il
quale, successivamente all'emissione (quindi di propria iniziativa e non all'interno di un
medesimo procedimento di compilazione "a due mani" dell'assegno), vi appose la data a matita.
In tali termini, i ricorrenti principali si limitano a contrapporre a quella espressa dal giudice di
merito una propria interpretazione dei fatti di causa, senza peraltro evidenziare eventuali errori
logici nel ragionamento del suddetto giudice ovvero fatti decisivi risultanti dagli atti e trascurati
nella decisione.
Deve invece ritenersi fondata l'ulteriore censura esposta nel motivo in esame, secondo la quale la
data apposta a matita all'assegno deve ritenersi, per l'inaffidabilità dello strumento grafico
utilizzato, tamquam non esset.
In proposito, è innanzitutto da evidenziare che, quando per la validità o la prova di un atto è
prevista dal legislatore la forma scritta senza richiedere espressamente uno specifico mezzo di
scrittura, non esistono vincoli in ordine alla scelta dello strumento scrittorio.
Tale libertà tuttavia non è assoluta, ma incontra un preciso limite nella stessa funzione che la
forma prescritta svolge in relazione alle caratteristiche precipue del tipo di atto così come
emergenti dalla relativa disciplina giuridica: le parti sono infatti libere di utilizzare tutti gli
strumenti idonei alla scrittura, anche quelli neppure ipotizzabili dal legislatore storico, sempre
che i suddetti mezzi non mettano a rischio la funzione che la legge assegna alla forma prevista
con specifico riguardo alla complessiva regolamentazione dell'atto che deve essere posto in
essere, atteso che, diversamente opinando, verrebbe meno anche la stessa ragion d'essere della
previsione.
Pur senza una esplicita teorizzazione in tal senso, la giurisprudenza di questo giudice di
legittimità ha già fatto applicazione del suesposto principio, ad esempio in relazione alla
specifica disciplina dettata per le scritture contabili, affermando che configura irregolarità nella
tenuta delle suddette scritture, tale da giustificare, ai sensi del D.P.R. n.600 del 1973, art.39, il
ricorso all'accertamento induttivo, l'avvenuta scritturazione dei dati con il mezzo della matita,
posto che l'art.2219 cc, pur non disponendo l'uso di uno specifico mezzo grafico, prevede che
tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un'ordinata contabilità, senza spazi in
bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine, significativamente aggiungendo il divieto di
abrasioni e indicando particolari modalità per la cancellazione, e che con tale disciplina il
legislatore ha inteso, per un verso, assicurare stabilità alle risultanze delle scritture e, per altro
verso, permettere di ricostruire l'effettivo andamento della gestione, evitando manipolazioni non
percepibili o non agevolmente percepibili senza l'adozione di particolari tecniche d'indagine (v.
Cass. n.2396 del 1998).
Procedendo pertanto ad esaminare la disciplina dettata per i titoli di credito (e la funzione che, in
relazione ad essa, assolve la previsione della forma scritta), occorre innanzitutto considerare:
che il titolo incorpora il diritto, il quale pertanto non può essere esercitato senza il possesso del
documento v recante la scrittura;
che la cd. letteralità del titolo comporta che quantità, qualità e modalità del diritto siano
determinate dal tenore letterale del titolo stesso, ossia da quanto risulta scritto sul relativo
documento cartaceo;
che il trasferimento del documento de quo comporta l'attribuzione del diritto alla prestazione; che
il suddetto documento recante la scrittura è pertanto destinato alla circolazione, con la connessa
ipotizzabilità di un deterioramento del cartaceo e/o delle scritture su di esso riportate, oppure del
pervenimento nelle mani di soggetti (eventualmente neppure noti al traente) che potrebbero
essere tentati da vantaggiose alterazioni, soprattutto se assai agevoli;
che l'astrattezza comporta la necessità di garantire la buona fede dei soggetti cui il titolo perviene
e comunque l'affidabilità del ricorso ad esso come mezzo di pagamento.
I tratti salienti della disciplina dei titoli di credito, come sopra sinteticamente evidenziati,
inducono ad escludere che, in relazione ad essi, la funzione assegnata dal legislatore alla forma
prescritta possa ritenersi salvaguardata da quegli strumenti scrittori (conosciuti o ancora ignoti)
che non siano in grado di assicurare una sufficiente "stabilità", anche nel tempo, al testo scritto,
ossia quei mezzi di scrittura che siano in tutto o in parte alterabili e/o cancellabili facilmente, o
addirittura involontariamente (si pensi ad uno scritto a matita tenuto lungamente in tasca o tra le
mani), senza lasciare di ciò tracce evidenti.
Deve pertanto considerarsi come non apposta la data scritta a matita su di un assegno bancario,
essendo tale modalità di scrittura caratterizzata da precarietà, modificabilità ed alterabilità, in
quanto agevolmente (e perfino casualmente) cancellabile senza tracce evidenti. E' infine da
aggiungere che la possibilità (certo con maggiore difficoltà e visibilità) di alterazione anche degli
scritti a penna, nonchè l'ipotizzabilità di tecniche moderne idonee a più sofisticate forme di
manipolazione, non costituiscono di per sè valido motivo per giustificare l'impiego di un mezzo
grafico che permette la forma più semplice e immediata di alterazione e difetta in radice di
qualsiasi connotato di stabilità, rendendo possibile in ogni momento non solo la rimozione,
sostituzione o modificazione di quanto riportato sul titolo (e determinante l'ambito del diritto,
che solo attraverso il titolo può essere esercitato), ma anche la casuale cancellazione determinata
proprio dalla circolazione cui il titolo recante la scritturazione è destinato.
Con l'unico motivo del ricorso incidentale condizionato, la GIALLO SAS e P.P., deducendo
violazione di legge, affermano che la sanzione irrogata nella specie sarebbe errata perchè
l'emissione di assegno privo di data deve essere assoggettata alla sanzione prevista per tutti gli
atti, documenti e registri non in regola col bollo e non a quella prevista specificamente per le
cambiali. Il ricorso in esame è inammissibile, in quanto la censura non colpisce una
corrispondente statuizione (in ipotesi erronea o non adeguatamente motivata) della sentenza
impugnata: i giudici d'appello non si sono pronunziati sulla questione e non vi è pertanto spazio
per una pronuncia nel merito da parte di questo giudice di legittimità, dovendo provvedere in
proposito (ove ricorrano le condizioni di legge) il giudice del rinvio.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso principale deve essere accolto e quello incidentale deve
essere dichiarato inammissibile.
La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata con rinvio ad altro giudice che deciderà la
controversia facendo applicazione del seguente principio di diritto: "Quando per la validità o la
prova di un atto è richiesta dal legislatore la forma scritta senza indicare uno specifico mezzo di
scrittura, non esistono vincoli in ordine alla scelta di tale mezzo; tuttavìa tale libertà non è
assoluta ma incontra un preciso limite nella stessa funzione che la forma prescritta svolge in
relazione alle caratteristiche precipue del tipo di atto così come emergenti dalla relativa
disciplina giuridica.
Con riguardo ai titoli di credito, considerate le caratteristiche dei medesimi (in particolare la
circostanza dell'incorporazione del diritto impossibilità di esercizio dello stesso senza il possesso
del documento cartaceo recante la scrittura, nonchè la letteralità, l'astrattezza e la destinazione
alla circolazione) è da escludere che possa garantire la funzione assegnata dal legislatore alla
forma scritta l'uso di strumenti scrittori (conosciuti o ancora ignoti) non idonei ad assicurare una
sufficiente "stabilità" al testo scritto, ossia di tutti quei mezzi di scritturai in tutto o in parte
alterabili e/o cancellabili con facilità, anche involontariamente, senza lasciare di ciò segni
evidenti, con la conseguenza che deve ritenersi non apposta la data ti scritta a matita su di un
assegno bancario.
Il giudice di rinvio provvederà inoltre anche a liquidare le spese del presente giudizio di
legittimità.
PQM
Riunisce i ricorsi, accoglie il principale e dichiara inammissibile l'incidentale. Cassa la sentenza
impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia anche per le spese a diversa sezione della Corte
d'Appello di Trento.