Scarica l`allegato - Comune di Attigliano

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ATTIGLIANO NELLA
STORIA D’ITALIA
1861/2011
Sul filo della memoria, di testimonianze
e documenti nel 150° anniversario dell’Unità
4
“A te papà
... Quand’ero piccola credevo che tu fossi l’uomo più bello,
a ciò si è poi aggiunto il tuo ruolo di guida …
mi hai insegnato l’onestà, il perdono e l’umiltà..
sei stato e sempre sarai l’unico faro
e porto sicuro della mia vita in tempesta …”
1960: noi lungo Via Regina Margherita
(oggi Viale Risorgimento)
5
6
SOMMARIO
CAP.
SUB.
1
2
3
3.1
4
4.1
4.2
4.3
4.4
4.5
5
5.1
5.2
5.3
5.4
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8
8.1
8.2
8.3
9
9.1
9.2
9.3
9.4
10
Prefazione
Presentazione dell’opera
Premessa
Attigliano – La storia
Storia di Attigliano dalle origini al 1860
Osservazioni geologiche sull’area
di Attigliano
Ubicazione e assetto geomorfologico
Assetto geomorfologico del territorio
comunale di Attigliano
Assetto geolitologico
Assetto idrogeologico
Vulnerabilità degli acquiferi
Le vie di comunicazione:
Il Tevere in un lontano e recente passato;
L’altra grande via di comunicazione:
la ferrovia;
Come si arrivò alla costruzione
della ferrovia
All’Autostrada A1
L’affrancazione degli usi civici
L’elettricità ad Attigliano
Il Fascismo e la guerra
Qualche cenno storico
L’autarchia e il razionamento
dei consumi
Gli anni bui della guerra
Personaggi illustri
Mons. Vincenzo Loiali Vescovo
di Amelia
Don Luigi Loiali
Avv. Angelo Alcini
Dr. Angelo Rossini
Trasferimento centro storico
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p. 72
p. 73
p. 95
p. 101
p. 123
p. 127
p. 127
p. 154
p. 155
p. 185
p. 185
p. 201
p. 214
p. 217
p. 219
10.1
10.2
10.3
10.4
10.5
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11.2
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13.2
13.3
13.4
13.5
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13.7
13.8
13.9
13.10
13.11
13.12
13.13
Il Castello e il Palazzo Baronale
Il Palazzo della Comunità
Il Portale
La vecchia Chiesa e il Campanile
Il Municipio
L’Asilo Infantile “Rosa Farinelli“
Monumenti di rilievo
La nuova Chiesa
Lo Sviluppo Industriale
Testimonianze
A. Romoli “la forza liberante della
consapevolezza, per un paese migliore“;
D. Di Maulo “le amministrazioni
di sinistra e il sostegno dei partiti
di riferimento (PSI e PCI)“;
G. Germani “ la crisi delle
amministrazioni di sinistra e
l’avvento del centro sinistra“;
D. Nicchi “continua l’esperienza
del centro destra“;
V. Pica “il sindacato, l’esperienza
della Betavit e qualche nota
sul partito repubblicano“;
C. Burgio “un sindacato nazionale
ad Attigliano (l’ANQuAP/CIDA)“;
R. Carducci “una banca ad Attigliano
(la Cassa di Risparmio di Orvieto)“;
M. Iacarelli “le scuole“
( la materna delle suore
la scuola elementare
la scuola media unica
l’arrivo della direzione didattica
l’istituto comprensivo);
D. Bacci “Associazione Pro Loco“
Consiglio Direttivo “AVIS“
L. Minel “Storia dell’Associazione
del Volontariato Madre Teresa
di Calcutta“
A. Bacci “la Schola Cantorum“;
8
p. 222
p. 238
p. 239
p. 241
p. 268
p. 270
p. 275
p. 276
p. 279
p. 297
p. 297
p. 306
p. 312
p. 320
p. 336
p. 346
p. 353
p. 356
p. 359
p. 361
p. 364
p. 366
13.14
13.15
13.16
13.17
13.18
13.19
G. Romualdi
“Associazione Carabinieri“
A.Brozzetti “Associazione
Nazionale Combattenti e Reduci
sezione di Attigliano“;
L. Pica “una ONLUS di solidarietà
locale e internazionale“;
A. Mioni
“Lo sport, il calcio e non solo“;
S. Americo
“Il medico condotto, l’ostetrica e la farmacia“;
Parco Attigliano.
Conclusione
p. 368
p. 371
p. 374
p. 379
p. 383
p. 385
p. 386
9
10
PREFAZIONE
Proprio nell’anno in cui si celebrano i 150 anni dell’Unità d’Italia,
occasione migliore non si poteva offrire alla realizzazione della presente
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In effetti, luoghi, aspetti territoriali, volti, eventi storici, momenti di
vita pubblica o personale, sia festosi che drammatici, sia solenni che
quotidiani, costituiscono l’oggetto della narrazione e delle immagini
che compongono questo volume, teso a cogliere, in retrospettiva, lungo
l’arco di oltre due millenni, la realtà umana e territoriale della comunità
attiglianese.
È perciò un volume prezioso nella sua singolarità: specchio magico
del passato, in cui ogni cittadino del Comune di Attigliano può trovare
luoghi e volti a lui cari, dimensioni di vita e spezzoni di conoscenza di
cui appropriarsi per arricchire cuore e mente. E, del resto, in un’epoca
caratterizzata dal fatto che il “presente” tende a fagocitare ogni altra dimensione spaziale e temporale, sono proprio pubblicazioni come questa
che, ripercorrendo la storia millenaria di una comunità, assumono una
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legame tra presente e passato, costituisce un solido ponte di passaggio
verso il futuro.
Un libro dunque fruibile veramente da tutti, ma che soprattutto, ogni
cittadino di Attigliano deve sentire “suo” e accogliere con entusiasmo
nella propria casa.
Ho parlato di “impegno di lavoro richiesto”, quindi, a questo punto,
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%lontà, la tenacia e le capacità davvero sorprendenti, dimostrate nel portare a termine questa opera di non facile costruzione. Lei stessa non vuole
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attraverso un linguaggio chiaro, semplice, che ti “cattura” stanno proprio
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dal punto di vista di ottenere un effetto qualsiasi di sorpresa; quindi un
mix di spontaneità, leggerezza, espressività, padronanza della scrittura,
qualità rare in un’opera prima.
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Dunque, laura, credo possa entrare a far parte del “club degli scrittori”
con pieno merito e a lei rivolgo un grande plauso al quale, sono sicuro,
vorranno unirsi tutti, e ripeto tutti, i cittadini di Attigliano.
Marcello Lazzeri
del Comune di Altopascio ed esperto DeA
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1. PRESENTAZIONE DELL’OPERA
Ho accolto con entusiasmo la proposta di promuovere una pub='
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consentirne la sua tutela ed una conseguente maggiore valorizzazione.
L’ho immaginato un lavoro interessante realizzato sommando insieme
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sore, che ha portato ad analizzare la funzione storica, ad approfondire
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grandi epoche del passato, a studiare le grandi famiglie che si sono alternate nella conquista della proprietà del feudo e non ultimo a leggere gli
eventi drammatici, lieti, curiosi, misteriosi che si sono svolti in questo
territorio. Era un giorno del mese di febbraio 2011, quando l’amico nonché Presidente dell’ANQUAP Giorgio Germani mi telefonò dicendomi
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elaborare un ricordo storico del nostro paese proprio in occasione dei festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia….può essere interessante…
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prima un po’ in sottotono poi la ricerca e la conoscenza di tante storie e
personaggi che hanno animato il nostro piccolo paese, mi ha conquistata
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una scrittrice…” come simpaticamente qualche mia amica dà un po’ di
tempo mi chiama…..ma semplicemente una persona che ha riportato a
luce ed assemblato fatti ed eventi che forse sarebbero stati dimenticati
o quantomeno non valorizzati giustamente…..e tutto ciò proprio con lo
spirito campanilistico di chi sente la sua storia radicata in questo territorio…..forse siamo in un momento di cambiamento epocale…perché
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realtà territoriali, di unire la gestione di tanti servizi pubblici e non…..”
ma…pur essendo cittadini del mondo…” rimaniamo pur sempre persone
legate alle nostre radici e al rispetto di chi, pietra dopo pietra, ha costruito
il nostro piccolo borgo chiamato “Attigliano”…
Questa iniziale piccola comunità composta da famiglie di con
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K%tario di lotte tra impero e papato, di passaggi di eserciti, di conquiste da
parte di singoli “signorotti”: tutte vicende rivolte all’affermazione del
“potere” che da sempre ha caratterizzato la storia di una civiltà.
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! proprietà terriere, fulcri fondamentali di insediamenti, infeudazioni, acquisizioni, conquiste armate, controlli giurisdizionali la cui conoscenza
approfondita può condurci a una rilettura e a una visione cosmopolita
degli avvenimenti storici che hanno visto protagonista questo piccolo territorio, conteso da tutti.
Nell’Umbria medioevale invalse la moda di costruire castelli
aventi prettamente una funzione difensiva e la conoscenza di tali manu
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strumento fondamentale per l’approfondimento di un’epoca che portò
all’unità di una nazione.
Accanto alle diverse e variegate vicende storiche locali – militari, amministrative, dinastiche o sentimentali – che ho cercato quanto
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epocali e nella vita quotidiana che li caratterizzava, la quale, pur con
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wgali, drammatiche lotte per la proprietà, faide familiari, abbandono del
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Francobollo che rappresenta il 150° Anniversario dell’unità d’italia
Su tutto aleggia sempre il che ebbe un ruolo preponderante nelle vicende dell’Umbria dall’arrivo del cardinale Egidio Al='!'
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del territorio per mezzo delle diverse famiglie feudatarie o dei cardinali
legati o dei commissari apostolici. Le gesta di valorosi feudatari rivivono
accanto a personaggi senza scrupoli, assetati di potere, che arrivano ai
14
Francobolli commemorativi
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tore o del papa, ricorrendo talvolta allo sterminio di tutto un ramo della
famiglia.
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un valido ausilio a coloro che si interessano di , ai giovani
studenti, , alle amministrazioni e a riportando alla luce della cono
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auguro soprattutto che i giovani studenti, oggi proiettati verso un futuro
troppo spesso “virtuale”, sappiano cogliere l’essenza del passato e i valori che lo hanno permeato, positivi o negativi; sappiano essi approfondire,
riscoprire, metabolizzare, ciò che gli viene trasmesso e, aiutandosi con la
moderna tecnologica, progettare e costruirsi un percorso culturale fuori
dai classici “canovacci” scolastici.
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2. PREMESSA
In occasione dei festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia
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la
storia italiana, sui simboli del nostro Stato, dei nostri territori, sul senso della nostra storia di unità, di fratellanza e
solidarietà che hanno caratterizzato la nostra tradizione e l’identità nazionale.
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Governo, abbiano contribuito fattivamente all’Unità d’Italia.
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$"servare, con diligenza e cura, informazioni esclusive e preziose riguar$
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~vato e interpretato i cambiamenti del popolo italiano durante tutti questi
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zione dei registri dello stato civile, delle biblioteche, dei musei e di tutti
quei luoghi in cui viene conservata la storia dei cittadini, l’identità di un
popolo, il patrimonio storico e documentario nazionale.
150 anni li ha anche il prossimo Censimento generale della popolazione che ha avuto appunto inizio nello scorso mese di ottobre.
Non dimentichiamo che già nel 1861, il primo censimento nazionale della popolazione fu indetto per poter conteggiare le persone che
vivevano sul territorio, per vedere come erano distribuite e che lavoro facevano. Da quel giorno, salvo periodi particolari (uniche eccezioni 1891,
1936 e 1941) ogni dieci anni la nostra Italia e i suoi cambiamenti.
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stevano ma soltanto nelle città importanti degli stati nazionali. Soltanto
nel Regno d’Italia l’Anagrafe fu istituita con un regio decreto e venne
resa obbligatoria per tutti. Difatti il primo provvedimento unitario per
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il registro della popolazione, in ogni Comune del Regno, sulla base del
censimento precedentemente avvenuto.
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$si immediatamente alle prescrizioni del decreto e osservando le norme
sull’aggiornamento di tali registri. Per tale ragione, in occasione del 2°
Censimento, dieci anni dopo, si istituì un vero e proprio Registro di popolazione, che andava compilato e corretto secondo i risultati censuari
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Questo avvenne con la legge relativa al 2° Censimento nel 1871
(L. 297 del 20 giugno 1871) ma la concezione del’epoca vedeva l’Anagrafe ancora come un supporto giuridico al censimento generale della
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loro piena autonomia amministrativa sono di istituzione recente (1929)
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zioni militari, liste per pagare i tributi ecc.) si confondono di fatto con i
censimenti.
Addirittura nell’antico Egitto i censimenti avevano dato vita ad
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miche e militari così pure in e a Roma dove gli elenchi dei censiti con diritti civili e politici servivano da liste elettorali, da ruoli per la
riscossione dei tributi e da liste militari.
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ma anche di tutti gli altri servizi pubblici fondati sul rapporto persona/
territorio.
La leva militare obbligatoria (detta coscrizione obbligatoria
militare) fu una delle prime misure adottate dal neonato Regno d’Italia
nel 1860. La leva fu resa obbligatoria in tutte le Regioni italiane e contribuì non poco, alla formazione di una identità unitaria italiana. L’obbligatorietà esisteva già presso i popoli dell’antichità, ma la coscrizione
obbligatoria nel senso moderno risale alla rivoluzione francese, essendo
legata all’affermazione del principio di uguaglianza e alla necessità di un
Invece la funzione importante dello comincia a delinearsi soltanto dopo la riforma seguita al Concilio di Trento (1545-1563)
quando il Rituale Romano impone ai di tenere i registri dello stato civile. All’epoca erano cinque: per i battezzati, i cresimati, i matrimoni, i defunti e lo stato civile delle anime (trascrizioni di gruppi familiari e
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Quindi la funzione di depositari, conservatori e gestori di tale documentazione faceva capo ai parroci a cui era data la facoltà di rilasciare,
su richiesta, estratti che avevano la valenza giuridica di veri e propri atti
pubblici.
Anteriormente all’istituzione dei registri di stato civile, negli uf*
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dei loro rapporti di parentela delle famiglie.
Con il Codice napoleonico e con un Regio decreto del 9 ottobre
1808 si ordinò la formazione di registri che le amministrazioni municipali dovevano detenere per registrare le nascite e le adozioni, i matrimoni
e le morti. I Parroci continuavano a compilare i registri soltanto a dimostrazione della somministrazione dei relativi sacramenti.
18
Sulla base delle norme del , pubblicato con R.D.
25 giugno 1865, n. 2358 e al successivo R.D. 15 novembre 1865 n. 2602,
attuativo per l’ordinamento dello stato civile, furono compilati e tenuti
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! $ $ di cittadinanza, di nascita, di matrimonio e di morte. I registri venivano formati in doppio originale e depositati annualmente, una copia nella
cancelleria del tribunale, mentre l’altra era conservata presso l’archivio
comunale.
Oggi la maggior parte degli archivi dei Comuni sono stati informatizzati e implementati con atti pregressi a partire da una certa data. Il
progetto di automazione degli archivi di stato civile prevede la graduale
soppressione dei registri cartacei, attualmente conservati, sempre in duplice copia presso il Comune e la Prefettura, e oltre a ridurre il volume
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l’autenticità e la storicità dei contenuti degli archivi, garantire la riservatezza delle informazioni registrate e la conservazione nel tempo degli atti
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Confesso che ancora oggi, dopo oltre trent’anni di servizio,
quando sfoglio le pagine di un registro dello stato civile del 1866, con
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inchiostro, quando tocco con mano il frutto dell’umile ma nobile lavoro
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che ogni volta provo un forte senso di ammirazione e rispetto nel sen
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Vorrei cominciare questo percorso a ritroso nella memoria del
nostro piccolo territorio, riportando il discorso che venne pronunciato nel
Consiglio Comunale del 27.3.1961 in occasione della Commemorazione del primo centenario dell’Unità d’Italia.
Era allora Sindaco il quale, in maniera analitica e altamente culturale, espose, il percorso compiuto, dai padri
fondatori dell’unità nazionale:
“ Signori Consiglieri,
a Torino, il 26 febbraio 1861 il Senato, il 14 marzo la Camera, approvando il disegno di legge che conferiva a Vittorio Emanuele II il titolo di
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! a quasi tutte le sue regioni, in luogo dei vecchi regimi assolutistici, il
sistema costituzionale e parlamentare dello stato piemontese: in tal modo
l’Unità diveniva realmente il presupposto per il risorgimento politico
della nazione.
Prima di tutto, quindi, il 1861 fu l’anno dell’Unità. Studiare ora,
a cento anni di distanza, il sorgere e il diffondersi della coscienza uni! $ %% %# ' generazioni che resero possibile il nostro risorgimento.
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fonde con l’origine stessa della nostra storia. Dal sorgere della nuova
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% cato l’Italia con tutto quel paese che “Apennin parte e il mar circonda e
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invocato la liberazione della penisola, il concetto di un’Italia, di un unico
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erede della civiltà unitaria dell’antica Roma e oggi sede della civiltà di
Roma cristiana, non venne mai meno nei secoli, in una aspettazione di
risorgimenti morali e politici che traevano ispirazione ora dalla “profezia
del veltro” di Dante, ora dall’impaziente e sofferta chiusa del “Principe”
del Macchiavelli. Ma solo la nuova cultura del 18° secolo e le vicende
politiche e militari connesse con la rivoluzione francese e con la venuta
in Italia delle armate di Napoleone, con l’insorgere e l’espandersi delle
esperienze democratiche nelle varie regioni d’Italia tra il 1796 e il 1848,
fecero di queste attese vaghe e messianiche, di quello che era stato un sogno di poeti e di letterati o aspirazioni di pensatori solitari, una coscienza
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esigenza profonda di un nuovo vivere civile.
Le repubbliche italiane dell’età napoleonica, la Cisalpina e la Cispadana, poi l’Italiana (che l’una e l’altra comprese), la Veneta, la Ligure,
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Jtria, un esercito, una bandiera, dopo secoli di divisioni e di umiliazioni.
Tra il 1796 e il 1814 caddero barriere secolari, e patrioti e giovani delle diverse regioni italiane da secoli divise, iniziarono insieme
le stesse prime esperienze politiche nelle assemblee rappresentative, nei
nuovi circoli, nei giornali, come nel “Giornale italiano” fondate a Milano
dallo studioso e patriota napoletano Vincenzo Cuoco con la collaborazione di Ugo Foscolo. Composte da uomini entusiasti, dopo secoli di eserciti
mercenari e senza ideali, sorsero, di nome e di fatto, armate italiane, con
divise proprie, gradi propri, e proprie gerarchie.
Nel breve volgere di pochi anni , insomma, gli italiani conob=
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Napoleone, con il ritorno nei vari stati della Penisola degli austriaci o dei
regimi assolutistici, all’epoca della restaurazione, tra il 1814 e il 1815,
comuni furono le delusioni, i martiri e le vie dell’esilio.
Anche territorialmente l’Italia napoleonica conobbe un sicuro
avviamento all’Unità; essa, infatti, apogeo dell’impero, nel 1810, era stata organizzata, in un superamento di molte antiche divisioni, in soli tre
organismi politici: l’Italia tirrenica, il regno italico e il regno di Napoli;
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amaramente una nazione “in pillole”, l’aspirazione all’Unità non era un
fatto nuovo e si fondeva con le aspirazioni non meno nuove e profonde
della libertà e dell’indipendenza.
Libertà, Indipendenza, Unità: tre principi che animarono tutto i
20
nostro movimento nazionale: Libertà contro gli assolutismi, in nome dei
regimi costituzionali o rappresentativi; Indipendenza dalle dominazioni
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si sentissero fratelli e cittadini della medesima terra, non vi sarebbe stata
la possibilità di resurrezioni politica, di conquista ad un tempo della libertà e della indipendenza.
….omissis….
Il Risorgimento non si esaurì unicamente in un movimento politico, poiché fu, innanzi tutto, aspirazione di un popolo, rappresentò una
cultura, fu sentito e cantato da poeti e musicisti, sofferto da letterati e da
uomini di scienza: insomma fu tutta una civiltà della quale la politica
costituì l’aspetto esecutivo, lo strumento d’attuazione, come strumenti
furono le campagne militari, le imprese, le cospirazioni.
Il Risorgimento fu una civiltà: esso va quindi visto nella sua lunga e vasta genesi culturale e spirituale, in tutta la sua varietà di motivi…..
Omissis..
Il 1861 presentava una grande realtà: per andare da Torino a
†$!  > }! =$% + frontiere o mostrare passaporti. Se a questa unità territoriale si aggiunge,
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degli Italiani mostrava attraverso i , ben si può comprendere
come l’unità fosse ormai un fatto compiuto, veramente compiuto nei pri$
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altre parole, la proclamazione di essa fu una conseguenza degli eventi e
non atto che volesse di per se stesso imporre una nuova realtà.
L’Unità d’Italia, logica conclusione di tutto il Risorgimento, fu
sancita da una serie di avvenimenti fra il gennaio e marzo 1861: il 20
gennaio Vittorio Emanuele II° nominava 67 nuovi Senatori, scelti fra gli
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arrendeva alle truppe piemontesi la roccaforte di Gaeta, ultima resistenza
dei Borboni, ponendo termine alle operazioni militari nel Meridione, che
erano iniziate nel maggio dell’anno precedente con lo sbarco garibaldino
di Marsala; il 26 dello stesso mese di febbraio il senato di torino approvava un disegno di legge che prevedeva il conferimento del titolo di re
d’Italia e Vittorio Emanuele II°, in luogo del vecchio titolo di re di Sardegna; il 14 marzo lo stesso disegno di legge era approvato anche dalla
Camera, divenendo così esecutivo. Pochi giorni dopo il Cavour rassegnava le dimissioni sue e del Governo per mettere il re e il Parlamento in
condizioni di formare un nuovo ministero secondo le esigenze del nuovo
stato unitario: nacque così il primo Governo d’Italia. Esso si presentò
alla camera il 23 marzo, riunendo, sotto la direzione del Cavour, uomini
rappresentanti tutta la Penisola: Marco Minghetti di Bologna all’Interno;
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Pubblica Istruzione; Vincenzo Niutta calabrese, Ministro senza portafo21
glio; Ubaldino Peruzzi toscano, ai Lavori Pubblici; Giuseppe Natoli, siciliano, all’Agricoltura e Manfredo Fanti emiliano, alla Guerra.
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il grande onore e la singolare avventura di rappresentare territorialmente e spiritualmente (per la prima volta nella storia), l’Unità della Patria
italiana. Il 25 e il 27 marzo, cento anni fa di oggi, e il 5 aprile, il Cavour,
pronunciò alla camera i discorsi per e per la questione
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facili da risolvere per coloro che, alla morte del grande ministro, li accettarono in eredità.
Il 1861 fu l’anno dell’unità, ma non per questo fu l’anno conclusivo del Risorgimento: molti gravi problemi dovevano ancora essere risolti, come la delicata questione del volontarismo garibaldino, della
sistemazione giuridica e della valutazione morale degli ex appartenenti
alle brigate dei Mille, come il problema del Veneto con Venezia e del
Lazio con Roma, regioni che non facevano ancora parte dello Stato uni*
%
+
dilagare del brigantaggio, l’inserimento del nuovo stato nella vita politica
internazionale con il conseguente riconoscimento di esso da parte delle
potenze straniere, ed altri problemi. Nell’orgoglio legittimo di quanto
avevano compiuto, gli uomini del ’61 sentivano le gravi responsabilità di
ciò che ancora avevano da risolvere o da compiere. Si sa del resto come
la generazione del Risorgimento e quella immediatamente successiva ve
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etnica, linguistica della penisola, il compimento della storia nazionale
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! Trento e Trieste.
Signori Consiglieri, Cittadini,
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e le commemorazioni pubblicistiche del centenario della proclamazione
del regno d’Italia. Ma la ricorrenza sarà veramente cara e sinceramente
sentita nei cuori di tutti? E’ doloroso dubitarne, ma anche, purtroppo,
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'tro preminente. Ci sono infatti parecchi che non possono dimenticare la
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"# entro il quadro di un mondo nuovo, , a dimensione ormai planetaria; che la ritengono anzi
pericolosa, come infetta di quel ventennale nazionalismo che tanto ci
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+ _ ! dei nostri martiri, caduti nelle prigioni o sotto il piombo dei plotoni di
esecuzione, nella prima guerra per l’indipendenza e della prima guerra
mondiale; memori degli orrori di una qualsiasi lotta fratricida, promettia
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dovere, alla commemorazione centenaria del giorno in cui i nostri padri
ci conquistarono, con atto solenne, il titolo di popolo libero e indipenden
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VIVA L’ITALIA“.
A questo punto il Consigliere Tobia Comunardo, chiesta ed ottenuta la parola volle aggiungere quanto segue:
“ “ Consapevoli della fondamentale importanza degli avvenimenti che
un secolo fa portarono all’unità e all’indipendenza della Patria, sentiamo
di dover evitare ogni impostazione puramente “celebrativa” e compiere
invece un necessario, doveroso anche se modesto sforzo di approfondimento dei motivi ideali e politici che furono a base del grande moto
risorgimentale che tanto peso hanno poi avuto in cento anni di storia
nazionale.
Vogliamo innanzi tutto rendere l’omaggio commosso e riconoscente a tutti i protagonisti dell’opera unitaria che dopo tanti secoli di
aspirazioni, di attese, di lotte sfortunate riuscirono ad unire le “membra
sparse” della patria nostra, liberando l’Italia dalla dominazione dell’Impero Austriaco, dai re, dai principi e dai poteri ad esso asserviti. Il nostro omaggio va ai grandi protagonisti del risorgimento, alle forze che
pur nella diversità di ideali e di programmi sperarono con grande fede e
ardimento per compiere l’unità della patria, a Cavour e al partito moderato, al Mazzini e al suo , alle
e , a Garibaldi e alla gloriosa schiera
dei “Mille” che con la sua eroica impresa dette un impulso nuovo, risolutore al corso degli avvenimenti, superando le secche in cui la sola
iniziativa diplomatica aveva costretto l’azione risorgimentale ai gruppi di
intellettuali e di studenti, di artigiani e a quelle masse popolari che resero
possibile la cospirazione, i moti rivoluzionari, le guerre di indipendenza,
l’impresa garibaldina dei “Mille”.
Ma la nostra fedeltà alla verità storica e le nostre responsabilità
nel momento presente ci impediscono di “celebrare” la conclusione del
Risorgimento e il compimento dell’unità italiana " come se le vicende che oggi ricordiamo non
fossero altro che una tranquilla, facile e fatale conclusione e non invece
!
!
E’ invece questa realtà drammatica che deve essere in noi presente, a cento anni di distanza, per comprendere tutto il senso di un secolo di storia nazionale e per trarre dagli avvenimenti risorgimentali gli
insegnamenti e nuovo slancio a proseguire un’opera che non deve essere
soltanto “celebrata” ma compresa e sopra tutto continuata.
Nei contrasti tra monarchici e repubblicani, tra moderati e democratici, tra una concezione che riponeva l’iniziativa sugli accordi internazionali e la diplomazia e un’altra che la basava invece sull’azione
rivoluzionaria, tra la concezione ", tra i
gruppi di borghesia piemontese e gli interessi di altre regioni, delle masse
contadine della Sicilia e del Mezzogiorno che univano alle rivendica23
zioni politiche quelle sociali della rottura del latifondo, della terra e del
progresso, in tutti questi contrasti reali e profondi, che sgorgavano dalla
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tica di una lotta che univa agli ideali di unità e indipendenza quelli del
progresso economico e sociale, quella di una nuova ascesa civile dell’Italia.
L’unità della Patria fu allora, cento anni fa, conseguita nel confronto e anche nello scontro delle diverse concezioni e dei diversi interessi, ma molti problemi già allora maturi rimanevano sul tappeto conse$$
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e sollecita soluzione.
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questa consegna storica e di questo contrasto che ha permeato di se tutti
gli avvenimenti dai primi decenni di vita unitaria a quelli del nostro secolo, delle due guerre mondiali e degli avvenimenti di radicale trasformazione della struttura economica e politica del mondo che ne sono seguiti.
Noi che abbiamo dei fenomeni del mondo e della società una
concezione dialettica non possiamo e non dobbiamo meravigliarci dei
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alte. Vogliamo invece comprendere la lezione del Risorgimento, l’importanza dell’iniziativa unitaria pur nelle diversità delle posizioni ideali
e programmatiche, vogliamo raccogliere eredità positiva degli avvenimenti di cento anni fa, il patrimonio di democrazia, di libertà, di unità
e di indipendenza patrimonio al quale si ispirò l’azione delle forze che
dettero vita dopo un ventennio di involuzione reazionario fascista, al secondo risorgimento che spinse queste forze pur così diverse per ideali ed
interessi ad operare per salvare l’indipendenza già compromessa, l’unità
ormai liquidata, la libertà e la democrazia calpestate. Ma noi non voglia$
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stanziale unità della patria e degli italiani. Il Risorgimento si celebra conŠ|*
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riforme economiche e politiche che furono poste cento anni fa e che la
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mente attuate superando tutti gli squilibri della nostra società nazionale,
facendo “uguali” gli italiani nel soddisfacimento di tutti i loro bisogni ed
interessi materiali e spirituali, attuando accanto alle riforme economiche
quella sostanziale riforma politica dell’ordinamento regionale che, nella
difesa dell’unità della patria, assicuri l’indispensabile decentramento e
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%le partecipazione delle popolazioni alla vita dello stato democratico.
Mentre si celebra il Centenario della nascita del parlamento italiano e delle assemblee elettive non possiamo non ricordare la necessità
di vigilare contro tutti i pericoli e le minacce alla democrazia e alle sue
24
istituzioni che provengono da quelle forze economiche che fecero distruggere la libertà, sciogliere le assemblee elettive e ridurre il Parlamento ad un bivacco di manipoli.
Ma le istituzioni democratiche si difendono prima di tutto facendole funzionare liberamente, facendo loro assolvere pienamente i loro
compiti in modo che ci sia sempre colleganza tra le istituzioni e le masse
popolari, rispondenza tra gli interessi e le aspirazioni di queste e la vita,
il funzionamento di quelle.
Le istituzioni democratiche si difendono dando piena attuazione
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# mente costituzionale soltanto se tutti gli ordinamenti che lo compongono
saranno attuati e pienamente funzionanti.
Per questo dobbiamo ricordare al governo gli inadempimenti costituzionali che sono di per se stessi una minaccia e un indebolimento
delle istituzioni e la necessità dell’attuazione dell’ordinamento regionale,
elemento importante di una struttura democratica e decentrata dello Stato
unitario. Nello stesso tempo, in questa occasione, non possiamo non ricordare, noi umbri, ad un anno di distanza da quell’atto del Parlamento
nazionale che riconosceva le # mia e la , giusti interventi centrali che le carenze
strutturali lamentate sono anch’esse una consegna e una eredità storica,
reclamano pertanto un impegno per liquidarle continuando il moto risorgimentale di libertà e di progresso, unendo tutte le forze che credono alla Costituzione repubblicana per far si che i diritti dell’Umbria, i
riconosciuti impegni governativi siano attuati e sia portata avanti nello
spirito di unità, di concordia nazionale, di libertà e di democrazia l’opera
rinnovatrice del primo e del secondo Risorgimento della Patria nostra.“
Entrambi i discorsi vennero applauditi unanimamente.
25
Cena amministrazione Margheriti: Di spalle Domenico Antimi (detto
Mimmo), il sindaco Rinaldo Margheriti (Nando), Iro Vecchi,
Enrico Saldari, Vanni, Lorenzo Fraticelli, Costante Saldari
26
3. ATTIGLIANO
LA STORIA PRIMA DELL’UNITA’ NAZIONALE
(e un po’ oltre)
“la forza del ricordo storico rappresenta il grado di civiltà
di un popolo”
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“….L’Italia centrale, ove se ne eccettui Roma con le immediate
vicinanze, presenta per secoli uno stato di incertezza, ondeggiamento,
confusione nei rapporti politici e territoriali, che non ha l’eguale nelle
altre parti d’Italia. Si discute da secoli se questa e quella provincia fosse
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che quando l’oscurità si dirada, noi vediamo chiaramente tentativi papali
e imperiali di recuperare questo o quel territorio….”
L’acuta analisi del Salvatorelli@
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cisa e si addice particolarmente all’Umbria dove, a parte i documentati
Perugia, Todi, Orvieto e della stessa Amelia, le scorrerie, le
invasioni, le cessioni a questo o quel primate di castelli, di piccoli centri
con annesso territorio e relative gabelle, erano consuetudini di scambi o
prezzo per servizi dati e ricevuti. Tutto questo ha determinato non poca
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luoghi e di popolazioni considerati spesso solamente pura merce di scambio.
Attigliano non sfugge a questo destino e la sua storia, spesso, compare
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trascurare, considerando che esso si presenta quale naturale via di comunicazione tra Toscana, Umbria e Lazio e, in tal senso, non può neanche
ignorarsi come esso abbia costituito un’importante arteria per l’espansione della stessa potenza di Roma.
Fiume Tevere
La vicina Sutri, il nome del lago Vadimone, i nomi del console e
censore Decio Mure, del console Fabio Rulliano che, per primo, osò varcare il gruppo dei monti Cimini, del console Fabio Massimo, ricorrono
nelle vicende che videro Roma combattere e abbattere la confederazione
etrusca. Tito Livio colloca la foresta cimina a teatro di cruenti scontri e
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quella attuale, si opponeva ai Romani….La lunga guerra contro Sutri si
svolse in quei luoghi e, anche se il territorio di Sutri ci spinge a considerarlo come gravitante piuttosto verso la vicina Viterbo, lo stesso Livio
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di Perugia. Siamo nel V secolo A.C. e la considerazione che la Via Fla
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all’epoca la maggiore, se non l’unica, via di transito.
Ben sessantamila furono i combattenti che all’epoca si scontrarono in quei luoghi e se anche i romani erano famosi per la daga, spada
corta a due tagli, e per le lunghe marce, non si può pensare che il Tevere sia rimasto estraneo al cospicuo spostamento non tanto delle truppe
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primitive popolazioni, come attestano i ritrovamenti in località Marziano
Jana, dove sono state rinvenute tombe a camera e cripte.
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La daga è una spada corta a lama larga e diritta che soprattutto nel
XIX secolo armava numerosi corpi armati, come le guardie civiche.
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% borgo e castello di Attigliano e, proprio per questo motivo, l’entrata al
borgo avveniva tramite un ponte levatoio. D’altronde lo stesso nome di
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ad origine romaniche, e può trovare riferimento nella presenza di numerosi alberi di tiglio (ad tilium) sulle rive dello stesso Tevere.
Immagine della torre est del centro storico con una delle tante
3.1 STORIA DI ATTIGLIANO DALLE ORIGINI AL 1860
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fondato, esisteva un tempo un boschetto di tigli. La popolazione residente nella vallata cercava refrigerio, nei giorni di calura, all’ombra di
29
questi alberi e, spostandosi, diceva “ad tilium”: da qui sembra che derivi
il nome Attigliano.
Nelle zone interne, specie in località “Malvicino”, resti di alcune tombe
scavate nel tufo e vasellame, dimostrano la permanenza nei luoghi di
genti etrusche.
Notevoli testimonianze si hanno di resti di epoca romana, come
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sorse probabilmente, oltre che per motivi di collegamento con Roma,
soprattutto per rinforzare militarmente, sorvegliare e difendere la navigazione sul Tevere delle genti etrusche, vinte dopo i fatti d’arme del lago
Vadimone nel 283 A.C., analogamente ad altri centri costeggianti il Tevere, come Orte e Bassano in Teverina. Il centro crebbe e prosperò in età
imperiale.
Alcune testimonianze, come resti di mura, ricollegabili al porto,
e impianti idrici in piombo, di chiaro stampo romano, sono visibili nella
zona. Un ossario ed alcune tombe aventi copertura a tegole romane sono
rintracciabili a circa 40 centimetri di profondità sulle alture di questa
località; come i ritrovamenti di iscrizioni e monete di epoca augustea,
sicuramente inserite nelle cavità orali dei morti al momento della sepoltura quale obolo da pagare a Caronte, il mitico traghettatore delle anime
secondo la religione pagana dell’epoca.
La storia del centro si interrompe improvvisamente: malaria crisi
economica ed invasioni barbariche, mali tipici del basso impero, ne de
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Si può cominciare a ricostruire la storia quando, nel 993 d.C., il
Conte Offredo, venuto dalla Germania a seguito dell’imperatore Ottone
III, fondò il paese di Alviano e dette origine alla famiglia degli Alviano. I
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calità attualmente chiamata “porto vecchio”, nelle vicinanze dell’attuale
cimitero.
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perati per la costruzione del Duomo di Orvieto (1290-1500), provenendo
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nel 1130, nel feudo di Attigliano, era conte Bonconte di Alviano.
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re tra Orvieto, Todi ed Amelia. Proprio Todi si assicurò il possesso del castello di Attigliano insieme con quelli di Guardea e di Alviano quando il
26 marzo 1232 l’allora conte del feudo, Rainaldo di Uffreduccio di Bonconte di Alviano, fece atto di sottomissione, forse forzosa, nelle mani del
vicario del podestà di Todi, cedendo tutti i propri beni e territori, salvo
poche riserve feudali: “ Damus et concedimus omnia nostra que habemus
a Monte picascis et a Monte crucis usque ad Tiberim….Castrum Alviani,
Castrum Porciani, Castrum Attigliani…”
30
La posizione strategica del castello di Attigliano era molto im
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posto sul margine di un’ansa su un’alta terrazza sovrastante il corso del
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! †K 1239, colpì di scomunica la città di Todi e impose a tutti i castelli della
Valle Teverina di staccarsi immediatamente dal dominio di quella città.
Via Roma con sullo sfondo il “Portale” ed il “Palazzone”
La famiglia degli Alviano si guadagnò di nuovo la riconoscenza
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Santa Sede e Federico II tanto che egli, il 4 dicembre del 1248, concesse
agli Alviano, in remunerazione dei servizi resi e delle perdite subite, il
castello della vicina Giove.
Le date e gli avvenimenti si susseguono con spietata e celere
sequenza tanto che seguire i passaggi di proprietà del feudo di Attiglia@
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travagliata nel continuo succedersi delle lotte tra comune e comune, tra
casato e casato, nel quadro della grande rivalità tra Chiesa e Impero.
31
Il 30 novembre del 1298 scosse di terremoto si propagarono in
tutta l’Umbria, danneggiando gravemente Spoleto, Rieti, Città della Pieve, con gran numero di vittime, ed anche Attigliano ne fu investito. Secondo le cronache dell’epoca, la durata del fenomeno sismico si sarebbe
protratta per ben sei mesi.
Perseverava in questo periodo il susseguirsi di compravendite,
cessioni, riconquiste di Attigliano con conseguente passaggio di signorie.
Alle alterne vicende subentrò un periodo di pesante depressione. Nel
1333 la Valle Teverina subì gravi inondazioni e, nel maggio del 1348, la
peste nera invase l’Italia con la conseguente distruzione di un terzo della
popolazione. Naturalmente, le gravi calamità ebbero dolorose ripercus"
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terremoto che, tra il 9 e il 10 settembre, sconvolse la zona.
La triste carestia che seguì fu aggravata da pesanti tributi richiesti da Roma e dai vari capitani di ventura per il mantenimento delle loro
milizie. Le condizioni igieniche già pesanti nel Medioevo contribuirono
al diffondersi delle malattie.
Nel 1360 Attigliano fu devastata dalle truppe venturiere dei Cappelletti (chiamati così per la foggia del loro cappello), prima che, cacciati
da queste parti, passarono nel reatino.
Nel 1364 metà del castello di Attigliano fu ceduto a Tommaso di Ugolino
di Alviano.
Nel 1378 i feroci bretoni, popolo della Francia nord-occidentale,
assoldati e portati in Italia dall’antipapa Clemente VII, e guidati da un
parente dei conti di Baschi, trapiantato in Francia, devastarono Attigliano. Molte altre compagnie sia locali sia formate da residui di milizie
mercenarie, scorrazzavano allora per l’Umbria. Seguirono saccheggi,
distruzioni, devastazioni di raccolti, razzie di bestiame alle quali le popolazioni terrorizzate non opponevano valida resistenza e, a salvaguardia
delle quali, trovavano rifugio nelle rocche, nei castelli e nelle città murate. I paesi venivano a trovarsi sottoposti, anche nel breve arco di giorni, a
padroni e signori diversi. Il 1384 trovò la Valle Teverina ancora una volta
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con Lugnano, dopo molte e pressanti petizioni a papa Eugenio IV, che
allora risiedeva ad Orvieto, furono risolte nel 1446.
Il 4 novembre del 1448, ancora una volta, un grande terremoto
colpì Arezzo, Roma e le città umbre; ne seguì la peste con strage tra la
popolazione. Il sisma toccò, sia pure in modo marginale, Attigliano e
dintorni.
Fino al 1464 la famiglia degli Alviano si adoperò per conquistare con guerre e scorrerie i territori e i castelli vicini. Quando Paolo II
impose una tregua, Francesco di Alviano non la rispettò: infatti durante
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sia gli amerini non tollerarono l’affronto. Stefano Guarnieris di Osimo,
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entrò in Alviano consegnandolo alla Santa sede, riconquistò Guardea e
occupò Attigliano, dopo tre giorni d’assedio.
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% + loro territorio e Francesco fu rinchiuso in Castel sant’Angelo insieme ai
fratelli e, solo nel 1471, alla morte di Paolo II, gli Alviano furono liberati
e ritornarono in possesso dei loro beni. In quel periodo Attigliano si eres.
Nel 1470 e nel 1476 una serie di calamità tornarono a colpire la
zona: nella Valle Teverina, rimasta allagata, un clima insalubre sfociò
nella pestilenza.
Alla morte di Francesco di Alviano, nel 1478, gli succedette il
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= % $ condottiero nella guerra che Sisto IV e il Re di Napoli mossero contro
Firenze. Prese parte anche alla guerra ad Otranto contro i Turchi e nel
1482 contro Ferrara e Venezia. Nelle sue lunghe assenze, lo sostituiva
nel governo dei suoi feudi e possedimenti il fratello Bernardino I il quale
resse con mano di ferro le signorie. Nel gennaio del 1484 si riacuivano le
contese tra Todi ed Amelia e, in quell’occasione, Bartolomeo d’Alviano
occupò Todi e ne divenne governatore.
Dieci anni dopo, alla calata di Carlo VIII di Francia, gli amerini
reclutarono il colonnello De Bertanie, luogotenente del re e con il suo
aiuto attaccarono i due castelli di Attigliano e Guardea che, poco difesi,
si arresero subito e quindi furono incamerati nella comunità di Amelia.
Fino al 1500 Attigliano, insieme ai paesi vicini, come Lugnano, Mugna!%!
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Bartolomeo D’Alviano
33
Molti castelli, durante quelle guerre, furono occupati e rovinati, e
le campagne devastate con grave depressione a danno della popolazione.
Nel 1505 Bartolomeo di Alviano si allontanò dall’Umbria per Venezia
dove, con le sue imprese, assicurò la sua fama alla storia. Morì il 7 ottobre 1515.
Il Ricotti, riassumendo quanto storici e contemporanei riferiscono su Bartolomeo d’Alviano, così ne scrive: “ Era egli di piccola statura,
di stentata favella e ignobile aspetto, insomma da parere quasi generato
per dispregio dell’umana schiatta, se i neri e vivissimi occhi non avessero
svelata in lui quell’anima potentissima, secondo la quale soleva abbrac
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'$prenderlo, senza riguardo seguitarlo, con furia pari all’audacia perseguir
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terribili intenti ritornare sul nemico, offenderlo sempre, ad ogni colpo
serbare l’animo invitto, anzi cescerlo sulla sventura, anzi moltiplicarlo”.
L’anno dopo la morte di Bartolomeo, nel 1516 la moglie Pantasilea Baglioni decise di tornare in Umbria per riprendersi le terre e i
castelli del marito, ma la prolungata assenza di Bartolomeo dai luoghi di
famiglia aveva indotto i parenti a considerarsene quali esclusivi padroni.
Da ciò i contrasti tra la vedova di Bartolomeo e Corrado d’Alviano detto
Consolo, nipote di Bartolomeo, cui si deve la costruzione del palazzo baronale e della chiesa della Madonna del Porto. Egli, poco dopo la morte
di Bartolomeo, il 22 novembre 1515, chiese al Comune di Amelia venti
fanti per difendere Attigliano; il 28 gennaio 1516 promise ad Amelia addirittura metà dei suoi beni, se fosse morto senza eredi. Intervenne poi
nella contesa anche Giampaolo Baglioni, fratello della vedova di Barto
!
%&Jredimere la vertenza: il 10 giugno 1516, Matteo Canzio comunicò di aver preso possesso
di Attigliano in nome del Papa, e di aver consigliato lo stesso Consolo
d’Alviano di andare a piedi da Sua santità a chiederne la restituzione.
Il consiglio, però, non fu seguito e il Papa scrisse una lettera di
fuoco ingiungendo al commissario di espellere Consolo e i suoi famigliari da Attigliano entro due ore; se non veniva ubbidito doveva mettere il
paese a ferro e fuoco e privare il reo di ogni diritto nella Teverina.
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per convincere Consolo a cedere, e di inviare, intanto, presso Attigliano,
cinquanta guastatori, con gli attrezzi, e anche alcuni quintali di pane e
qualche somma di vino per i suoi soldati. Dalle armi, però, si passò presto al compromesso nell’ottobre del 1516, con l’intervento del Comune
di Amelia, tra Franciotto e Roberto Orsini. Consolo rimase, infatti, ad
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Alla morte di Livio d’Alviano e di Consolo, ultimi eredi maschi
dei signori dello Stato d’Alviano, però, il Papa che, da tempo, aveva in
animo di creare un ampio Stato feudale , già l’8
ottobre 1537 intimò a Pantasilea Baglioni, vedova di Bartolomeo, e alle
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pando il motivo che la linea maschile dei feudatari era ormai estinta; ma
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reputavano essere i loro diritti. Il 31 ottobre, intanto, con la Bolla “Vices
licet immeriti” nacque il Ducato di Castro.
Da questo momento, e per circa quattro anni, fu un susseguirsi di
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Alviani” a diventare parte integrante del Ducato di Castro.
Il 25 febbraio 1538 Ippolita Pianciani, una delle coeredi degli Alviano, nipote di Consolo d’Alviano, vendette a Pierluigi, tramite il procuratore Andrea Gentiletti la sua parte di eredità e i diritti che vantava su
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vendita di questa parte dello stato d’Alviano avvenne il 23 marzo 1539.
Passò circa un anno e Pierluigi Farnese fu pronto a conclude
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Consolo cedette a Giovan Nicola Angeloni, procuratore di Pierluigi, tutti
i diritti che gli venivano dall’eredità del padre, compresi il castello di
Attigliano e di Guardea; Guido ebbe 1.000 scudi e una casa, ma solo alla
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l’agosto e il settembre del 1539, Pierluigi portò a termine la trattativa con
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e Antonello Zampeschi. Le manovre iniziarono il 26 agosto quanto la
Camera Apostolica cedette a Paolo Savelli, per la somma di 8.000 scudi,
i paesi di Roncofreddo e Montiliano, in Romagna. Già il giorno dopo,
però, il Savelli cedette i due borghi a Pierluigi, che subito intavolò la
trattativa con Antonello Zampeschi, per scambiarli con i diritti ereditari
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Nonostante le controversie ancora in piedi tra i vari eredi, espres
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Alviani ed unirlo al contiguo Ducato di Castro; così nel 1540 riprese le
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Pierluigi. Manca, invece, ogni accenno alla vendita dell’ultimo quarto di
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Pietro Paolo Monaldeschi della Cervara: questa parte, forse, non venne
mai acquistata. Il 19 agosto 1545 Paolo III, con una apposita “Bolla”,
assegnò anche il ducato ereditario di Parma e Piacenza sempre al proprio
primogenito Pierluigi. Questi, marito della duchessa Girolama Orsini di
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ducato, lasciò a sua volta il Ducato di Castro e alcuni possedimenti nella
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Nel 1545 troviamo, infatti, Ottavio, signore di Attigliano che,
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Dopo appena due anni, il 10 settembre 1547, arrivò da Piacenza
la tragica notizia dell’uccisione di Pierluigi e il tenace Ottavio riuscì a
35
salvare a stento il ducato e la potenza del casato.
Il 23 giugno 1551 il Papa Giulio III, in contrasto con Ottavio,
dichiarò decaduto il Duca Orazio, suo fratello che, nel frattempo aveva
preso possesso dei feudi nella Teverina. Il 9 settembre 1553 giulio III
incamerò ancora una volta i beni che i Farnese possedevano nello Stato Ecclesiastico: tra questi espressamente nominati Alviano, Attigliano e
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Monaldeschi, marito di Porzia d’Alviano. Il 20 aprile 1570, comunque,
Ottavio Farnese cedette a Gian Rinaldo Monaldeschi i feudi di Alviano e
di Attigliano per 50.000 scudi.
Da un atto del 10 luglio 1570 risulta che i signori di Attigliano
erano, in quel momento, i fratelli Fantino, Bartolomeo e Settimio Petrignani; le uniche soluzioni possibili potrebbero essere o quella di una
proprietà solo parziale, oppure ipotizzare un’altra vendita, a pochi mesi
dalla precedente, da Monaldeschi ai Petrignani: manca, però, qualsiasi
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di nuovo nei possedimenti della Camera Apostolica e, verso il 1630, fu
da questa venduto ancora ad un Monaldeschi: Paolo. Alla morte di Paolo,
il 25 febbraio 1644, Urbano VIII fece alienare tutti i beni a lui spettanti,
compreso il feudo di Attigliano, al marchese Marcello Raimondi di Genova per 230.000 scudi: egli, dopo sette anni, lo vendette per 265.000
scudi a Donna Olimpia Pamphili, principessa di San Martino del Cimino
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Antica immagine di Attigliano che ritroviamo in un affresco fatto in una
chiesa del Comune di San Martino Al Cimino. Il feudo di Attigliano
fu acquistato per 265.000 scudi, intorno al 1650, da donna Olimpia
Pamphili, all’epoca Principessa di San Martino al Cimino e cognata
dell’allora Papa Innocenzo X, la quale volle appunto ornare la chiesa
con tutti le immagini dei feudi da Lei posseduti, tra cui appunto quello
di Attigliano. Ben si evidenziano le mura di cinta ed castello (il palazzone). Non è invece facile capire cosa fosse il palazzo fuori le mura.
37
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di cento anni, Attigliano trovò un periodo di relativa tranquillità quando
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All’arrivo dei '*+,/, qui e nei castelli vicini, fu organizzata
una debole resistenza che fu facilmente travolta e sulla piazza fu innalzato l’albero della libertà.
Con decreto napoleonico del 17 giugno 1809, l’Umbria venne
unita all’impero francese col nome di “Dipartimento del trasimeno”.
Solo nel */*0, con lo storico Congresso di Vienna, l’Umbria tornò a far
parte dello (nale. Nel 1831 Attigliano fu occupato e presidiato da soldatesche della
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!to le armi. Nel */58 Attigliano fu acquistato dal :@
questo periodo l’affermazione nel contesto sociale di famiglie che hanno
tramandato i cognomi: Torinti, , Popoli, Gaudenzi, ; e
Lojali: da quest’ultimo casato proviene ;#$<, nato ad Atti$!
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poi sacerdote e ultimo vescovo della ( (di lui si parlerà
ampiamente in un capitolo successivo). Nel settembre 1860 l’Umbria fu
occupata dalle truppe sardo-piemontesi di re Vittorio Emanuele II e, con
plebiscito del 9 novembre, fu annessa al Regno d’Italia. Il 17 dicembre
del 1860 venne emanato da Napoli un decreto di annessione dell’Umbria,
con capoluogo Perugia; solo il =*,>+, nella regione umbra
fu )( . Con l’annessione dell’Umbria al Regno d’Italia,
nel */=0, ebbero inizio le (# rette da un
!, prima di nomina regia poi, dal */,=, scelto per elezione popolare diretta. Il Comune di Attigliano si scelse un emblema, un suo gonfalone in pesante velluto, diviso in bande, una bianca ed una verde con al
centro uno scudo sormontato da una corona baronale rappresentante tre
$
k$!$$"
su una distesa d’acqua.
Stemma del Comune di Attigliano
38
Nell’anno 1870 ci fu una disastrosa inondazione per lo straripamento
del tevere. La stessa Roma, non ancora difesa da argini, fu sommersa
in molti punti anche da tre metri di acqua limacciosa; ad Attigliano il

%
'
+
Vezza, abbandonando il suo che da secoli si era formato sotto quella ripa cui si
affaccia il paese, lasciando pozzanghere e un acquitrino cui fu dato il
nome di Vorgone, ma i proprietari agricoli attiglianesi ampliarono le loro
%=
†'
giudiziarie che si protrassero per mezzo secolo.
Nel 1902 furono trasferiti dalla sede
##, vicino all’orologio, %&,
ora Piazza Umberto I°.
Nel 1920 il Municipio con le scuole furono trasferiti dalla
sede in Piazza della Rocca, vicino all’orologio,
39
Poco dopo, nell’anno 1904, fu restaurata ed ingrandita la chiesa
parrocchiale che, */,+, di Attigliano già volevano
fuori delle mura castellane, come risulta da una lettera al Principe Borghese, ancora proprietario del magazzino in Piazza castello, attualmente
Piazza V. Emanuele II°, sede del Municipio, perché cedesse quell’immobile per trasformarlo in chiesa parrocchiale, risparmiando così alcune
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piente via della Stazione, ora Via Roma.
stemma famiglia Borghese
40
interno Chiesa San Lorenzo
Anno 1904 - progetto di ampliamento e restauro
alla chiesa urbana di Attigliano
41
Anno 1904 – ampliamento della zona absidale e innalzamento della
navata centrale (sopra) prospetto e particolari costruttivi (sotto)
42
1904 – progetto del nuovo campanile
43
Bimbi Gaudenzi
LINGUA E CULTURA
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circonvicini, essa si estrinseca in una forma non somigliante ad alcun’altra. Anche gli abiti delle donne, che attraverso la “cultura del focolare“,
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'
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cessità, differiscono alquanto, e nella lineare semplicità fanno trasparire
quel sentimento tipico di una „nobiltà terriera e contadina“ che rese le
genti della città dei Tigli operose forti e tenaci, orgogliose della propria
tradizione. La società di Attigliano fu quella tipica di una comunità medievale che fece di una allargata sua tipica territorialità incontaminata,
! @ %
%'
% >
$ % + quindici diverse qualità con particolari propri e spiccate contraddistinte
caratteristiche, elaborate attraverso specie di piante di uva uniche, tutte
derivate dalle antiche viti Italiche ed anche in questo caso, alcune selezionate che dettero origine a nuove specie, non esistenti in altri luoghi.
44
4. OSSERVAZIONI GEOLOGICHE
SULL’AREA DI ATTIGLIANO
(Storia evolutiva)
Grazie a dati geologici e paleontologici possiamo ricostruire la
storia evolutiva dell’ambiente attuale attraverso milioni e addirittura miliardi di anni.
E’ proprio a 4,5 miliardi di anni che risale l’origine della terra,
in seguito alla condensazione di materiale primordiale della nube solare
e all’aggregazione di frammenti di altra materia planetaria attratta dalla
forza di gravità che aumentava man mano che il corpo incrementava le
proprie dimensioni.
La terra inizia ad assumere la sua forma caratteristica di “geoide”
a a differenziare la sua struttura interna che può essere distinta in nucleo,
mantello e crosta. Dobbiamo immaginare che 300 milioni di anni fa le
terre erano riunite in un unico supercontinente, la Pangea, e le acque in
un unico oceano, la Pantalassa. Successivamente grazie ai fenomeni di
smembramento le terre si sono suddivise nei vari continenti raggiungen$'
''
'
"
!
quella Europea e quella Africana, circa 220 milioni di anni fa, osserviamo una profonda frattura che origina un bacino oceanico, orientato estovest, chiamato Tetide.
Pangea
Nell’attuale zona umbra si instaura prima un ambiente di mare
caldo poco profondo e di piattaforma carbonatica, in seguito, grazie alla
tettonica distensiva, si ha un approfondimento del bacino marino che
45
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Miocene (15 milioni di anni fa). Questo contesto apparentemente indi=@%
!==
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del livello marino, sprofondamenti ed innalzamenti dei fondali, differenziazioni nel chimismo delle acque, variazioni climatiche e l’intervento di
tanti altri fattori che hanno prodotto la sedimentazione caratteristica della
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antiorario del blocco Sardo-Corso e della penisola italiana che inizia 25
milioni di anni fa in Liguria per poi spostarsi progressivamente in To
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sto momento che emergono, tra gli altri sistemi montuosi, la catena dei
Monti Martani e la Dorsale Amerina che condizioneranno nella nostra
area la sedimentazione degli ultimi 5 milioni di anni. Non si sono ancora
instaurate le attuali condizioni ambientali, si ha una nuova ingressione
marina (5 milioni di anni) questa volta, però, ostacolata e delimitata ad
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lacustre che può essere considerato il ramo sud-occidentale del Lago tiberino. Dopo una fase di regressione del Pleicestone inferiore-medio si
ha una nuova fase marina che porterà questa volta al contatto tra le acque
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riscontrata osservando la fauna rinvenuta nei pressi di San Pellegrino tra
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Successivi fenomeni di innalzamento tettonico di tutta l’area
creano una regressione marina che porta allo svuotamento del lago. In
seguito gli stessi eventi creano piccoli bacini lacustri in prossimità delle
dorsali carbonati che con risalita di acque ricche di Sali che permettono
la precipitazione primaria della CaCO generando i depositi di travertino su cui poggia anche l’abitato di Attigliano.
4.1 UBICAZIONE E ASSETTO GEOMORFOLOGICO
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) che
lo attraversa da Nord a sud!
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zona in esame il Lago di Alviano.
La presenza del Tevere condiziona in modo diffuso l’intera
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['+%cina al Tevere). Spostandoci verso Est notiamo, invece, una differenza
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del Tevere, con pendenze medie del territorio comprese tra il 35% ed il
50%.
46
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buona parte del territorio, ha dato origine ad una vasta che forma una larga fascia ad andamento Nord Sud lungo il lato Ovest
del territorio di Alviano e Lugnano e che può essere valutata nell’insieme
in circa 14 Km. In realtà l’area soggetta al potenziale modellamento ca"%@
+%
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ad ogni evento meteorico, che genera l’arretramento dei cigli di versante,
con la conseguente aggiunta continua di area.
? $$ "%! Comuni di Lugnano e Attigliano a causa della presenza della copertura
di natura sabbiosa e sabbioso-conglomeratica.
I processi erosivi sulla copertura sabbioso-conglomeratica, strati
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$!"!!$
morfologia del tutto differente come si può osservare nelle zone restanti
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pendenze attenuate (in media del 20%) del territorio, caratterizzato sem
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Tevere.
4.2 ASSETTO GEOMORFOLOGICO DEL TERRITORIO
COMUNALE DI ATTIGLIANO
Come già asserito in precedenza, il territorio comunale di Attiglia@
''
+
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intorno al 10%) rispetto agli altri territori comunali del comprensorio e
quindi presenta una situazione di maggiore stabilità generale; inoltre, non
sono stati rilevati corpi di frana su tutto il territorio comunale.
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generale del comprensorio, bensì Nord-Est / Sud-Ovest.
Tra i fossi minori ricordiamo:
Fosso Rio secco;
Fosso di Valle Caldari;
Fosso di Attigliano.
In corrispondenza dei suddetti fossi, non sono state rilevate particolari situazioni a rischio.
4.3 ASSETTO GEOLITOLOGICO
Da un punto di vista geolitologico, per un buon inquadramento
dei territori comunali in esame, bisogna innanzitutto dare una visione
globale della storia geologica che ha interessato l’area; per fare ciò bisogna considerare la storia geologica di una fascia che abbraccia quasi tutta
47
l’Italia Centrale.
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noto in letteratura come “Linea Ancona-Anzio”. Un’analisi di quest’area
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ambientale nel trias. In particolare si nota la presenza di facies evaporitiche, con una marcata evidenza di gessi nelle aree occidentali e nettamente dolomitiche nelle aree orientali.
L’ambiente era quindi caratterizzato da una vasta piattaforma lagunare, tidalica evaporitica di tipo bahamiano estesa a tutta l’area.
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sedimentario, prevalentemente marino, che ha interessato un vasto areale, indicato in letteratura come “Ciclo Sedimentario Neoautoctono”. In
particolare, nelle varie ere che hanno interessato il suddetto Ciclo sedimentario si possono rinvenire i seguenti ambienti deposizionali:
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ridionale, Lazio e Umbria si osserva una situazione di emersione generalizzata, mentre nella fascia tirrenica si osserva ancora la presenza di
bacini evaporitici. I sedimenti marini depositati vengono quasi del tutto
smantellati dall’azione erosiva.
Miocene sup.-Pliocene inf.: si osserva un’ampia trasgressione
dove il mare rioccupa gran parte dell’area. Le aree emerse sono delle
dorsali (Castell’Azzara-Monte Razzano e Monti d’Amelia) e qualche rilievo isolato (M. Soratte e M. Cetona). Il mare occupa una vasta area
probabilmente un graben in subsidenza detto “Bacino del Tevere” che in
questo periodo si collega al bacino “Radicofani-Siena” e con quello della
“Val di Chiana”. I depositi marini relativi a questa fase di trasgressione
marina si appoggiano quasi del tutto sul substrato preneoautoctono.Questi sono rappresentati da litofacies costituite da argille grigio-azzurre, che
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Pliocene Medio-Inferiore: si osserva una differenziazione tra l’area ad
occidente del Bacino del Tevere e l’area dei Monti di Amelia. Sul lato
occidentale infatti si osserva una maggiore tendenza al sollevamento ed
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una forte regressione che porta all’emersione di tutta la fascia compresa
tra gli attuali laghi vulcanici e l’attuale costa tirrenica. Sul lato orientale
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litofacies sono caratterizzate da un passaggio in continuità di sedimentazione delle argille azzurre a depositi argilloso-limosi e argilloso-sabbiosi.
Pliocene Medio-Superiore: nella fascia occidentale del bacino del Tevere e per buona parte della centrale si osservano depositi in facies prima
argillosa poi conglomeratica che fanno supporre una fase regressiva del
48
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+
antichi del pliocene medio. Ciò può essere messo in relazione ad uno
spostamento dell’asse del Bacino del Tevere verso est a causa di movimenti dovuti alla tettonica rigida distensiva che ha determinato un generale sollevamento della fascia occidentale e un modesto sprofondamento
di quella orientale (dorsale dei Monti di Amelia). La fase di sollevamento comunque perdura per tutto il pliocene Medio e l’inizio del Pliocene
superiore portando all’emersione di tutta l’area. Le litofacies passano a
sedimenti sabbiosi e conglomeratici con faune di ambienti salmastro e
lacustre (lago tiberino – Valle del Nera – lago di Civita Castellana).
In quest’area i depositi sedimentari marini appoggiano direttamente sul substrato in facies Umbra.
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=ibili al triassico superiore.
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#ranti nell’area in esame:
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dell’area in esame. Si tratta di calcari microcristallini di colore principal
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sfumature rosate. Si presenta sia in banchi costituiti da detriti cementati
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compaiono inclusi di selce biancastra spesso sparsi nel calcare in schegge
a spigoli vivi delle dimensioni di qualche centimetro, raramente sotto
forma di noduli.
Formazione della Corniola: si tratta di calcari di colore nocciola
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rinvengono intercalati sia come noduli che in straterelli delle selci bianche o grigiastre.
Formazione del rosso Ammonitico: se ne rinviene un piccolo af
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@ piccolo spessore di marne verdi e rosse intercalati a straterelli di selce
variamente colorata.
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del territorio studiato. Si tratta di argille sabbiose con presenza di molluschi e di abbondante microfauna. Spesso sono presenti intercalazioni di
sabbie e ghiaie.
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dentemente descritte. Sono formati da elementi etero metrici delle formazioni della seria umbra; generalmente si presentano con scarsa matrice
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$
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49
con spessore di circa 1 mt. ben cementati (lungo la SP Attiglianese).
Sabbie gialle e argille sabbiose: si tratta di sabbie gialle e argille
sabbiose con intercalazioni di argille grigie. Si presentano sciolte e talvolta cementate con l’aspetto di crostoni spessi qualche decimetro; vi si
rinvengono anche modesti orizzonti di conglomerati.
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variabile da qualche decimetro a vari metri. Nell’area sono visibili sia
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i quattro livelli che vengono distinti nella zona del Viterbese-Ternano. Si
tratta prevalentemente di depositi di origine idrotermale, ma si rinven$"
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Tevere.
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sia di depositi attribuibili ad antichi terrazzi del Tevere che depositi allu%
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e argille.
Detrito di falda: si tratta di ghiaie costituite da clasti a spigoli vivi, pos
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Si osservano anche brecce cementate per processi diagenetici di incerta
estensione areale.
4.4 ASSETTO IDROGEOLOGICO
Dal punto di vista idrogeologico si possono distinguere differenti
tipologie di acquiferi. Una prima tipologia si ritrova nella fascia interessata dall’attraversamento del Fiume Tevere; si tratta di un acquifero a
permeabilità primaria costituito prevalentemente dai depositi alluvionali
recenti del Tevere che si interfacciano con i depositi sabbiosi e conglomeratici che caratterizzano la fascia centrale del territorio analizzato.
Questa tipologia di acquifero ha una buona permeabilità e capacità di
immagazzinamento, contenendo spesso falde di notevole importanza.
Nel complesso sabbioso e sabbioso-conglomeratico, i numerosi
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ciale che mostra una certa continuità con quello osservato nelle alluvioni.
Tuttavia, si nota una diminuizione di gradiente idraulico nella fascia di
contatto con i terreni alluvionali a causa delle variazioni di permeabilità
che possono dare vita localmente a fenomeni di risorgenze si nota anche
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$$
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infatti, le isopieze stesse mostrano l’evidenza di un drenaggio ipogeo che
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!*
dell’Impruneta, Rio Secco e Fosso di Valle Caldari.
Un’ultima tipologia di acquifero presente nella zona sono i cosiddetti acquiferi sui depositi “travertinosi” che però dal punto di vista
idrogeologico non hanno grossa rilevanza, in quanto si tratta nella mag50
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tamento.
4.5 VULNERABILITA’ DEGLI ACQUIFERI
Per quanto riguarda il rischio di vulnerabilità degli acquiferi, bi$
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particolari fattori di inquinamento sul territorio a monte del centro abitato quali ad esempio attività industriali. Unica possibile fonte di rischio
d’inquinamento può provenire da attività agronomiche che prevedano
l’utilizzo di prodotti chimici e da forti prelievi che mettano in crisi le
risorse rinnovabili degli acquiferi.
Per la fascia che concerne la piana alluvionale, la vulnerabilità
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depositi alluvionali. In relazione a ciò va sottolineato che comunque un
eventuale inquinamento di questo genere non interesserebbe l’area del
centro abitato trovandosi quest’ultima, in relazione alla direzione delle
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Per quanto sopra illustrato la maggior parte del territorio comu
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dove sono, quindi presenti gli acquiferi costituiti dai sedimenti alluvio
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51
52
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5.1 IL TEVERE IN UN LONTANO E RECENTE PASSATO
E’ storia consolidata che il destino di una città, di un paese, di un
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questo subite per opera della natura e dell’uomo, nonché nelle modalità
di utilizzo delle sue risorse naturali ed ambientali.
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la vicenda di Enea, riconosciuto iniziatore della stirpe di un popolo nel
racconto di Virgilio, dallo stesso dio del Tevere, che appare all’eroe troiano “cinto di un lino e d’un velo verde e di fronde ombrose coperto il
crine”.
Lo studio delle vestigia del passato evidenzia i diversi fattori ge$ =
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idraulico era particolarmente torrentizio ed irregolare, causa di frequenti
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reso possibile in passato lo scambio di merci tra i popoli.
Sul nostro territorio la pianura del Tevere ha permesso un’agricoltura redditizia. Per anni ed anni sono passati mezzi agricoli trainati da
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=cia e una zappa e dovevano accettare condizioni meno favorevoli per la
conduzione del fondo. Il contadino doveva provvedere al mantenimento
degli animali: operazione faticosa perché bisognava procurare le stoppie,
la paglia, le foglie del mais, la “fronne” (fogliame di sfrondatura delle
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ai contadini sia il raccolto dell’uva, sia quello delle foglie per i foraggio
per gli animali, sia un certo quantitativo di legna per il fuoco.
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+le abbeverare gli animali per l’abbondanza eccezionale di acqua (anche
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53
Contadino che porta al lavoro un paio di buoi.
Non si conosce bene l’etimologia del termine Scappia, accertato
nell’800 e peraltro diffuso in tutto il percorso del Tevere. Forse stà per
K@%}
K"
==
per “scaglie o schegge di pietra”. Una “Carta del Tevere” redatta dal Ministero dei Lavori pubblici del Regno d’Italia (direzione generale delle
opere idrauliche del 20 dicembre 1883, conservata all’Archivio di Stato
di Terni) già riporta, il toponimo Scappia.
Per secoli famiglie nobili dei paesi della Teverina hanno messo
a disposizione dei contadini la pianura fertile per poi ricavarne una parte
del raccolto. Spesso i grandi proprietari, in verità, cercavano di limitare i
diritti dei contadini – vassalli (inerenti lo jus legnandi, lo jus pascendi…).
Risultano molte vertenze negli archivi storici su queste questioni
La valle del Tevere bene si presta ad essere percorsa da vie di
comunicazione sia nel senso nord-sud (collegamenti tra l’attuale Toscana
e Roma), sia nel senso est-ovest (dalle montagne dell’Umbria alle pianure del viterbese vicine al mar Tirreno. In una pur sintetica trattazione
come questa, non si potrà comunque non ricordare che in certe epoche
(dal V-VI secolo al medioevo, in particolare, nelle epoche con economia
"
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centri abitati ha costituito un serio problema per pericolo di invasioni,
saccheggi, razzie di bestiame e dei prodotti del suolo. Ulteriori ed analoghi problemi hanno avuto i centri vicini al Tevere, navigabile o comunque circondato da pianure che potevano essere percorse velocemente.
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Saraceni sbarcarono ad Ostia e presto arrivarono a Roma, risalendo poi il
54
corso del Tevere. Invece, in altre epoche storiche (come l’epoca romana)
le vie d’acqua o di terra offrivano grandi vantaggi, soprattutto alle aziende agricole, perché permettevano un rapido ed economico trasporto delle
*
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singolare umanità, tra cui spiccavano i “”, ossia i proprietari
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”, che trasportavano in barca o con il traghetto persone e merci. Considerando che sul
Tevere, a parte quelli di Todi e Orte (ponte Rio), non sembra siano stati
disponibili altri ponti, era necessario il ricorso alle barche per guadare il
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(1907), di Alviano Scalo e di Attigliano (*,05).
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l’una appartenente al Comune di Attigliano (sponda sud) e l’altra al Comune di Bomarzo (sponda nord). Inoltre l’antica strada che scendeva
$$ ! “! :” probabilmente dai tempi nei quali questa barca
funzionava regolarmente.
Le vie d’acqua offrivano grandi vantaggi, soprattutto alle aziende
agricole, perché permettevano un rapido ed economico trasporto delle
!
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rappresentavano una singolare umanità, tra cui appunti i “barcaroli”, che trasportavano in barca persone e merci. L’immagine ritrae
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i territori dei comuni di Attigliano e Bomarzo.
55
Via della Barca
Il barcarolo
56
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dall’analisi di alcuni documenti: innanzitutto una mappa datata 30 set
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na, nella quale sono ben indicate le barche che potevano servire, in quel
tempo, per attraversare il Tevere. Sono indicate (da sud, nell’ordine) le
barche di Orte, di Attigliano, di Lugnano (per collegare quel centro con
Sipicciano e Vitorchiano), di Alviano e una presso la Madonna del Porto,
che collegava i paesi di Guardea, Poggio, Tenaglie e Montecchio con
Castiglione ed Orvieto.
Nei registri del Comune di Attigliano ritroviamo un provvedimento per la barca fatto con atto di C.C. n. 377 del 29 agosto 1918 nel
quale il presidente Sig. Gaudenzi Andrea, espone che a causa della morte del barcarolo Fraticelli Luigi e del deperimento della barca, il servizio
di passaggio del Tevere si era dovuto interrompere e che non era possibile riattivarlo se non si provvedeva a riparare prima la barca. Continuava
dicendo che il mantenimento della stessa per antica consuetudine sarebbe
spettato all’amministrazione Borghese la quale però, per bocca del suo
†'!%
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+
non avendo ormai nessun interesse a sopportare detta spesa. Pertanto si
propose di riparare momentaneamente la barca stante l’urgenza e la necessità di riattivare il servizio.
Il Comune di Attigliano si affaccia sulla valle del Tevere nel tratto che oggi divide l’Umbria dal Lazio e che in passato ha diviso popoli,
regioni e culture diverse: ha diviso gli etruschi dagli umbri; dal 27 A.C.,
nella ripartizione augustea, la Regio Sexta (Regione Sesta) dalla Septima
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Quali sono i segni e le testimonianze di questo passato di zona
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litici non sempre sono stati percepiti dalle popolazioni come limitazioni effettiva, soprattutto quando i controlli sono stati blandi o facilmente
eludibili: la popolazione ha sempre transitato da una sponda all’altra del
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religiose….
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solo i potenti o i grandi proprietari terrieri, visto che il Tevere ha cambia
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temente con meno rapidità (o per niente).
Riguardo a ciò ritroviamo un provvedimento per il cimitero fatto
con atto consiliare in data 12 settembre 1914, nel quale il Sindaco, Sig.
Gaudenzi Andrea%'
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nacciava di asportare il Cimitero in quanto distava dal muro di cinta solo
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ponte della ferrovia Attigliano-Viterbo, scorrazzava da una parte all’al57
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opera, provocando pertanto il deviamento del suo corso naturale. Quando
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no avrebbe mai potuto prevedere che, per continua corrusione, si fosse
talmente avvicinato. Bastava pensare che nella località dove era stato
costruito il cimitero, c’era una chiesa la cui costruzione risale certamente
da oltre un millennio prova evidente che quella zona non era mai stata
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Tevere, in quanto proprietà demaniale e quindi dello Stato.
Famiglia Andrea Gaudenzi
58
Gaudenzi Andrea e famiglia
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/
la moglie, due sorelle, Giuseppe Gaudenzi.
59
Famiglia Gaudenzi Pietro: comunione Sig.ra Rosanna
(dietro il nonno Gaudenzi Andrea).
60
Nel gennaio del 1928 fu approvato assieme al comune di Bomarzo, il progetto per la costruzione di un ponte su chiatte in ferro (Brevetto
Sitac), che avrebbe permesso il collegamento di Bomarzo alla stazione ferroviaria Bomarzo-Attigliano, per una spesa complessiva pari a £.
464.000. Fin dal mese di ottobre del 1926 i due comuni avevano iniziato
la costruzione di una strada rotabile per il congiungimento di detti paesi,
"
&
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vere che ne interrompeva la continuità. Pertanto la costruzione del ponte
sul Tevere si doveva considerare come il proseguimento indispensabile
della strada suddetta, senza del quale questa non poteva avere alcuna
utilità. Tale allacciamento avrebbe costituito una nuova via di comunicazione tra il Lazio e l’Umbria, utile per lo sviluppo dei rapporti commer
€
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verso un’unica direzione in un rinnovarsi del sempre uguale, molte vite
hanno subito un tragico destino, un’incantesimo che ha intrappolato chi
@ " =$ *
} %
% dimostrare di essere grandi, di essere pronti, desiderosi di crescere o di
dimostrare qualcosa compiendo la traversata, e così molti morivano, trascinati dalla corrente.
J
JJ
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sodi di cui abbiamo testimonianza in atti e documenti scritti e in ricordi
di persone che ancora lo raccontano: dalla delibera consiliare n. 35 del
7.8.1937 avente per oggetto:”Proposta di ricompensa al valore civile alla
memoria del Parroco don Giuseppe Peroni”: era il 29 giugno 1937, verso
le ore 18,00, il parroco don Giuseppe Peroni di anni 56, si trovava assieme ad alcuni giovanetti a fare, come di consuetudine, specie nei giorni
%!
$$
'

%
località denominata “ La Barca “ distante circa un chilometro e mezzo
dal centro abitato.
61
Don Marino Peroni con i suoi ragazzi
62
Ivi giunti, i giovanetti, dopo essersi tolte le scarpe, incominciarono a giocare rincorrendosi sulla sabbia, e man mano andavano spostandosi, sempre seguiti dal parroco, per circa 250 metri sino a raggiungere
$%
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tutt’ora in corso di esecuzione, ove si fermarono.
Qualcuno dei ragazzi chiese al parroco l’autorizzazione di potere
entrare in acqua per bagnarsi, autorizzazione che il parroco non volle
concedere perché a conoscenza delle insidie della corrente del Tevere,
per le quali aveva in precedenza avuto degli avvertimenti da parte del
barcarolo Cozzi Eusebio fu Filippo, che prestava servizio in quella loca#!
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i bambini si soffermarono in detta località trastullandosi vicino alla pas
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la sponda opposta, ritornando subito alla sponda sinistra ove sostavano i
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fatto, il ragazzo Nevi Sante di Artemio di anni nove fu visto da diversi
compagni trascinare dalla corrente, senza che riuscisse ad emettere un
grido. Giova tener presente a questo punto che nel luogo dove il bambino
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diciotto metri l’acqua raggiunge l’altezza di centimetri venti, per altri
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assai impetuosa.
Accortosi immediatamente il parroco dell’accaduto, toltosi il
cappello ed il soprabito e gridando ai ragazzi di mettersi in salvo, entrò
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%%rente trascinarsi il bambino Nevi. Stava quasi per raggiungerlo, quando
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sa, il Parroco, allora, spinto dall’idea di fare del tutto perché il bambino
venisse tratto in salvo non curante del pericolo cui esponeva la propria
esistenza, pur essendo completamente inesperto nel nuoto, si avventurò
anche lui nei gorghi della corrente e venne travolto, sino a scomparire del
tutto alla vista dei bambini, che atterriti assistevano alla sciagura.
Richiamato dalle grida di detti ragazzi, accorreva sollecitamente
il barcarolo suindicato e stando su una barca a remi si diede a scandaglia
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cale che indossava e dopo molti sforzi riusciva a trarlo alla riva dove gli
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Due giorni dopo alla distanza di circa un chilometro da dove era
stato estratto il parroco, veniva rintracciato il corpo del bambino...
63
Sante Nevi di Artemio morì il 29 giugno 1937,
travolto dalla torrente del Tevere insieme al parroco don Giuseppe
Peroni di anni 56, che invano aveva cercato di salvarlo.
Sante Nevi, Getulia e Antonio
64
Premesso quanto sopra e considerato che dall’esame circostanziato degli avvenimenti che hanno determinato la sciagura, viene sempre
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ispirandosi ai principi di Santa Religione che professava e serviva con
vero spirito di apostolo, con sprezzo di pericolo e spirito di abnegazione,
immolava la propria esistenza per cercare di trarre in salvo un bambino
che aveva trattenuto presso di sé, per esplicare le sue mansioni di educatore;
Ritenuto che l’eroico comportamento del Parroco merita di essere premiato con la concessione di una ricompensa al valore civile alla
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momento intendimento dell’intera cittadinanza, fu deliberato di proporre
a S.E. il Prefetto della Provincia la concessione di una ricompensa al
valore civile alla memoria di questo Parroco don Giuseppe Peroni “.
Il Rev. Don Giuseppe Marino Peroni era stato nominato nuovo
parroco della nostra parrocchia solo pochi mesi prima (marzo 1937), e
nello stesso periodo era stato incluso nel Comitato dell’asilo infantile in
sostituzione del precedente economo spirituale don Abaco Carloni.
A questo commovente episodio se ne aggiunsero poi altri quali:
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amici andò un pomeriggio a rinfrescarsi sulle sponde del Tevere, poi sollecitato dagli amici si tuffò e rimase travolto dalla corrente.
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così recita: “ Sobrio, umano, leale, schietto, avversi a lui gli eventi per
cui felicità non rise al viver suo da crudele acerba inesorabile indegna
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Era domenica e il suddetto si trovava presso la famiglia dei suoceri in
zona Ramici e nel pomeriggio con il suocero ed il cognato…erano andati a pescare…poi ad un tratto il povero Pierino si trovò in un gorgo
della corrente dal quale non fu capace ad uscire…vani furono i tentativi
dei familiari di salvarlo dalla corrente….seguì una notte infernale con
pioggia, tuoni, lampi, poi furono riprese le ricerche ma solo dopo due
giorni fu ritrovato il corpo e ricomposto presso la stazione ferroviaria di
Attigliano a cura del Sig. Olivieri Angelo. Il funerale fu accompagnato
dalla locale banda musicale. L’Anselmi lasciava la moglie con una bambina di circa due mesi.
65
Pierino Anselmi con la moglie Giorgina De Zaanet (Ginetta)
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“….avversi a lui gli eventi per cui felicità non rise al viver
suo da crudele acerba inesorabile indegna morte
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Anselmi Pierino
66
Pierino Anselmi: 11.4.1943
periodo licenza militare – così scriveva: “beata borghesia”
Poggiani Rotaldo (uno dei fratelli di Angela Poggiani). Era il 20.8.1943,
aveva solo 11 anni. I genitori erano in campagna e lui per aiutare la fa$&
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guazzo. Purtroppo, anche quel giorno, la corrente decise di fare un’altra
vittima.
Rotaldo Poggiani (il fratello più grande di Angela Poggiani)
….aveva solo 11 anni e per aiutare i genitori, rimase anche lui
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67
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Il Comune di Attigliano, infatti, lambito dal Tevere, era disseminato di acquitrini, alcuni profondi persino 15 metri.
Nei lunghi riposi del Tevere, tali acquitrini erano la causa dell’infezione malarica, perché l’acqua stagnante s’imputridiva a tal punto da
formare il vivaio delle zanzare. Per ovviare a tale malanno occorreva un
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di contro avrebbe sommerso i fertili terreni seminativi.
Come avvenne con la piena del 2 novembre 1928 che sommerse
i terreni per oltre 6 Km. di lunghezza e per la piena del 3 gennaio 1929
che per 4 Km. di larghezza, distrusse tutti i seminati dal ponte di ferro di
Sipicciano a quello di Bassano in Teverina.
La malaria non colpiva solamente la popolazione di Attigliano.
Vi erano anche le popolazione agricole dei territori dei Comuni di Giove,
Bomarzo, Lugnano e Sipicciano.
Occorreva dunque pensare a mezzi idonei al risanamento di tale
piaga, sia con lo stimolare i proprietari dei terreni, in essa compreso, a
fare piantagioni, argini ed altre opere atte alla bisogna, sia soprattutto
mediante l’intervento del Governo Nazionale, che solo poteva con opportuni provvedimenti allontanare dalle popolazioni dedite all’agricoltura il pericolo della malaria e contemporaneamente quello delle inondazioni, risparmiando all’economia nazionale, ingenti quantità di prodotti
agricoli.
Fu così che agli inizi del 1930 il Podestà Curti Amedeo fece
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presso il Governo delle impellenti necessità di addivenire al risanamento
del terreno paludoso del nostro Comune.
68
Tra le varie iniziative adottate dal governo fascista ricordiamo che,
con due disposizioni di legge emanate tra il febbraio ed il settembre
1926, nei piccoli Comuni il Sindaco ed il Consiglio Comunale elettivi
furono sostituiti dai podestà e dalla consulta di nomina governativa:
Ecco, pertanto, succedere nel 1929, al Sindaco, Gioacchino Gaudenzi,
in qualità appunto di podestà, il Cav. Amedeo Curti il quale rimase
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Amedeo Curti più volte rinunciò al suo rimborso spese a favore dell’esecuzione di lavori per i paese come ad esempio la costruzione della
tettoia del pubblico lavatoio.
A seguito di ciò il 27 marzo 1930 l’Ing. Capo del genio Civile di
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di visitare la zona del territorio di Attigliano prossima al Tevere e poterono constatare lo stato del territorio disseminato di gomiti malarici; in quel
periodo il Genio Civile stava eseguendo altri lavori di difesa in località
Marziano, per impedire al Tevere, in caso di alluvione, di precipitarsi
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pertanto potuta tornare un immenso stagno, anziché una fonte di benessere per la popolazione agricola. Il progetto, pur approvato, non poteva
però essere eseguito per mancanza di fondi. E così si fece nuovamente
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stero dei Lavori Pubblici, l’impellente necessità di mettere a disposizione
del genio, i fondi necessari per il proseguimento dei suddetti lavori, che
69
avevano il duplice scopo di salvare dall’allagamento vaste zone di terreni coltivati e di far scomparire in esse i gomiti di infezione malarica.
Appello nuovamente riproposto l’11 luglio 1930,(ottavo anno dell’era
fascista), sempre dal Podestà Curti Amedeo, il quale, riteneva che “...
con celerità fascista..” bisognava portare a compimento i lavori di arginamento della debole ed indifesa sponda sinistra del Tevere, in contrada
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vano disseminato distruzione e miseria, devastando chilometri di terreno
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lavoro delle forti popolazioni agricole; inutile a suo giudizio costruire
una diga, che nel caso di straripamento, sarebbe stata senz’altro travolta.
Bisognava pertanto proseguire con il progetto iniziale, che prevedeva la
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Alviano, Sipicciano, Bomarzo, Mugnano, Orte e sulla sinistra i Comuni
di Baschi, Civitella dei Pazzi, Tenaglie, Montecchio, Guardea, Alviano,
Lugnano, Attigliano, Giove, Penna in Teverina, Orte, le quali avrebbero
messo in comunicazione tra loro e con gli scali ferroviari della linea orteChiusi, soprattutto per i trasporto delle derrate, numerosi ed importanti
centri agricoli della media valle di Tevere, allo stato sfornite di idonee vie
di comunicazione. Si cominciò anche a far strada l’idea della costruzione
di un ponte di ferro che avrebbe collegato queste due arterie, offrendo
una migliore comunicazione tra le due provincie di Terni e Viterbo.
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…….. nella memoria di Ottorino Giuliani ….
“ …. Come di consuetudine, alle ore 4,20 ,gli operai addetti al
1° turno delle varie attività erano alla stazione ferroviaria ad attendere il
treno che li avrebbe portati a Roma, Orte, Nera Montoro, Narni, Terni,
etc…..
Il Capo Stazione avvertì che il treno, quel treno, non sarebbe
arrivato perché c’erano state cadute di linee elettriche e frane causate dal
maltempo che da alcuni giorni incombeva nel centro Italia.
Il Tevere era esondato come non mai, e aveva allagato tutta la valle.
Il lavoro, all’epoca, era però “cosa sacra” ed andava onorato.
Essendo Brenno l’unico a possedere un’ automobile, una FIAT-600, Oreste, Antonio e Cesiro, suoi colleghi di lavoro nello stabilimento della
“TERNI” di Nera Montoro, gli chiesero un passaggio e partirono.
Le due strade per Nera Montoro via Amelia erano interrotte da
frane, rimaneva soltanto quella che passava per Bomarzo-Orte.
La mattina del 19-Settembre Attigliano si svegliò con la notizia
che uno dei ponti della strada per Bomarzo, quello sul rio Vorgone era
70
crollato. In effetti la spinta e la furia delle acque avevano fatto franare
il terrapieno immediatamente a valle della struttura in cemento armato
del ponte. Si era creata quindi una frattura della strada larga tre o quattro
metri, dove le acque vi si tuffavano e scorrevano vorticose.
Intanto i treni avevano ripreso a funzionare e quando ritornarono i lavoratori del turno di giornata portarono la notizia che Brenno, Oreste,
Antonio e Cesiro non si erano presentati al lavoro.
Le preoccupazioni, che già esistevano per il ritardo del ritorno,
aumentarono.
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Intanto scese la notte, la prima notte di angoscia.
Tra le acque vorticose che scorrevano in quella maledetta voragine, si erano notate delle bolle oleose, quindi, un tremendo sospetto
fece chiamare i pompieri-sommozzatori che il 20-Settembre intervennero prontamente. Quel sospetto divenne realtà; i pompieri recuperarono
l’autovettura FIAT-600.
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tanto due corpi quello di Antonio e quello di Cesiro.
Aveva cessato di piovere e le acque alluvionali si erano in parte
ritirate.
Paolo, compare di Brenno, uomo coraggioso, andò oltre la maledetta voragine allo scopo di ricercare gli altri due amici. Verso sera li
trovò, erano riversi nel fango a circa duecento metri dal luogo dell’incidente.
Il 21 Settembre dopo la ricomposizione dei corpi, fu allestita la
camera ardente nella sala consigliare del Comune.
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persone provenienti anche dai paesi vicini.
Presenza maggiore di persone ci fu il 22 Settembre, giorno del
funerale, a cui partecipò gran parte delle maestranze e della classe dirigenziale dello stabilimento della “Terni”.
Concludendo:
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Ottorino di 11 anni.
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Rovildo di 19 anni, Silvia e Silvera di 15 anni, Giuseppe di 11 anni.
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Giuseppina di 8 anni ….. “
71
5.2 L’ALTRA GRANDE VIA DI COMUNICAZIONE:
LA FERROVIA
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%rie italiane e, prima della costruzione della Direttissima (acronimo DD),
era parte integrante dell’asse ferroviario fondamentale nord-sud, per distinguerla da quest’ultima le FS hanno adottato la dicitura Linea lenta
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per gli Intercity in servizio tra Firenze e Roma e dalla maggioranza di
treni merci. Alcune categorie di treni passeggeri vi vengono instradati
per servire alcune stazioni minori non servite dalla direttissima o allo
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di intasamento. Le origini progettuali della linea risalgono ai primordi
dello sviluppo ferroviario in Italia, a molti anni prima che fosse procla {# ?! & @ =
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per certi versi irrazionale se visto con la logica odierna; risulta infatti
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costituito dall’Appennino a nord di Firenze e la mancanza di comunica'
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fattibile sia il collegamento ferroviario con Roma che il proseguimento
verso nord. Le comunicazioni ferroviarie dell’epoca infatti erano concepite secondo la direttrice, frontiera francese-stato Sabaudo-Piacenza-Bologna-Ancona diramandosi qui verso Roma e verso il Porto di Brindisi.
Lo stesso stato napoletano tendeva a progettare collegamenti ferroviari
trasversali ovest-est diretti verso Termoli, Foggia o Brindisi. Il progetto
della tratta Foligno-Orte-Roma, comune alle attuali ferrovie per Ancona
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La ferrovia che attraversa il nostro territorio, ormai senza destare
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La gente del posto ha forse dimenticato le questioni politiche
“internazionali “ che hanno ritardato la sua costruzione e hanno determinato il suo percorso. Forse non ha ancora dimenticato il fascino dello
sbuffare maestoso delle macchine a vapore, l’incredibile maggiore faci#[
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a pochi decenni or sono) con la quale il nuovo mezzo permette di andare
a Roma o a Firenze; la possibilità di trovare un lavoro stabile nel grande
Ente.
Il fatto che nella Valle Tiberina sia stata inserita la linea ferroviaria ha permesso non solo agli abitanti del posto di ammirare i nuovi tre!
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veloci e confortevoli; ha soprattutto permesso di mitigare l’isolamento
culturale ed economico dei paesi ed alle merci di viaggiare per mercati
lontani.
72
5.3 COME SI ARRIVO’ ALLA COSTRUZIONE
DELLA FERROVIA
Mentre Attigliano passò allo stato Piemontese nel 1860, come
l’attuale territorio umbro, tutto il nord del Lazio, l’attuale provincia di
Viterbo – passò al regno d’Italia solo dopo la breccia di Porta Pia (20 set
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– erano in quegli anni in guerra aperta. E’ questo il principale motivo per
i quale la ferrovia Orte-Orvieto venne costruita solo dopo il 1870. La Società delle Strade Ferrate Romane si era presa l’impegno di prolungare la
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glielo aveva impedito. E’ pure vero che la stessa società si era presa poi
l’impegno di collegare Orvieto con Orte entro il 1869. Ma siccome anche in questo caso le sovvenzioni governative intervenivano solo a linea
ultimata, la società fu in grado di terminare il 18 luglio 1870 solo i tratto
Orvieto-Baschi senza riuscire a proseguire.
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so Orte perché il progetto prevedeva, in quel tratto, l’entrata nel territorio
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clima politico per simili iniziative. E’ solo allora, mancando pochi mesi
alla breccia di Porta Pia, che si pensò bene di far passare la linea ferroviaria esclusivamente nel territorio del Regno d’Italia (quindi, costruendo il
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e facendo passare la linea nei Comuni già l”liberati” di Orvieto, Montecchio, Guardea, Alviano, Lugnano, Attigliano, Giove…). Effettivamente
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Orte, evitando di costruire i due ponti di ferro (Renaro e di Giove) oltre
che le lunghe gallerie di Ramici.
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Alviano, Castiglione in Teverina.
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Orte-Orvieto e fu congiunta Firenze con Roma su un percorso più
breve e più agevole: le stazioni erano quelle di Bassano in Teverina,
Attigliano, Alviano, Castiglione in Teverina.
76
Famiglia Vannicelli
77
Per l’economia della zona ha avuto un certo peso
anche la successiva entrata in funzione della Attigliano-viterbo Porta
Fiorentina (16 agosto 188) e della Viterbo
Porta Romana-Roma(1894).
Fu fatta una festa di inaugurazione per tale nuova linea (Attiglia^‚
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del Lazio; pensata per collegare Viterbo con Roma attraverso la valle del
Tevere, si affermo come collegamento locale a seguito dell’apertura della
linea Roma-Capranica-Viterbo che la relegò tra le linee complementa
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(anni 80) e poi in seguito con l’istituzione di relazioni dirette Viterbo
Porta Fiorentina – Roma Termini via Attigliano.
Nel giugno 1913 iniziò una lunga trattativa con le ferrovie per
ripristinare la linea Attigliano-Viterbo che, a seguito dell’attuazione
dell’orario estivo, i treni che prima muovevano dalla stazione ferroviaria
di Attigliano, ora muovevano da Orte; così in arrivo, anziché sostare in
Attigliano, proseguivano per Orte, con grave danno al paese sia morale
che materiale; seguirono molti altri atti con i quali si interessava la Ca
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nare il servizio dei treni Attigliano-Viterbo
Nel 1889 il percorso Roma-Firenze si riduce a circa 5 o 6 ore.
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Già si sperimentano i primi treni internazionali.
Nel 1905 si costituiscono le Ferrovie dello Stato.
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@ Napoli a Bologna. Il primo treno elettrico (locomotore “428”) da Roma
a Firenze parte la mattina del 6 ottobre 1935 dalla stazione Termini.
Un ricordo particolare nell’ottobre del 1921 per il passaggio
spettacolare del treno speciale diretto a Roma, proveniente da Aquileja
con la salma del milite ignoto.
Nel 1935 furono approvati i lavori di sistemazione del Viale
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†\! $ bilmente alla storia perché ricordava l’ascesa della rivoluzione fascista
con la marcia su Roma, e si trovava all’inizio del paese, all’imbocco del
piazzale della stazione ferroviaria.
Sempre nel 1935, e precisamente il 12 maggio, in occasione del
passaggio del treno reale, successe un episodio, che portò alla proposta
di ricompensa al valore. Quel giorno prestavano servizio lungo la linea
ferroviaria Roma-Firenze in Comune di Attigliano, Carabinieri Reali e
militari di truppe di fanteria.
La pattuglia composta dal della stazione di Amelia e dal soldato Preti Davide del 52° Rgt. Fanteria, di Spoleto, si trovava verso le 14,15 del suddetto giorno nei pressi del
sottovia al Km. 98,420, quando dovette arrestarsi per sopraggiungere del
direttissimo 32 proveniente da Roma e che viaggiava sul binario centrale.
Mentre i militari seguivano con lo sguardo il convoglio che li sorpassava,
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quale essi avrebbero dovuto ancora procedere sbucava ad una distanza di
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chio certo Castellani Carlo di anni 83.
Costui s’accingeva a traversare i tre binari di cui era composta la
rete ferroviaria di quella zona, per recarsi presso la propria abitazione sita
al di là della scarpata a circa 100 metri. Il carabiniere a distanza gli impose subito di fermarsi, ma il vecchio, che era sordo, non udì l’intimazione.
I militari, intanto, avvistarono alla distanza di poche centinaia di metri il
rapido 23 proveniente da Firenze e che viaggiava sul terzo binario verso
il quale incautamente si avviava il vecchio. La pattuglia non era rimasta
inerte in direzione diagonale si accostava al vecchio e poteva essere ad
una decina di passi da lui.
Il Carabiniere Passilongo che precedeva il soldato Preti, intuito
in un baleno il pericolo che correva il contadino si slanciò generosamente
verso il medesimo, lo raggiunse a circa 30 cm. dalle rotaie che il vecchio
s’accingeva a scavalcare, riuscì ad afferrarlo per un braccio ed a trarlo
indietro di quasi due passi con gesto energico proprio nel momento in cui
il rapido 23, che era a solo tre o quattro metri di distanza, li sorpassava ad
una velocità di circa 70 Km. Orari.
Il soldato Preti, notato il gesto coraggioso del militare dell’Arma,
79
si slanciò anch’egli nella stessa direzione, allo scopo di portar soccorso
e per sostenere il militare ed il vecchio che erano in procinto di cadere
indietro per il terreno scosceso ed ineguale per lo spostamento d’aria dei
convogli e per la brusca azione del carabiniere.
La notizia si propagò subito per il paese e per altrove e tutti
ebbero parole di lode e di plauso per i militari che con il loro gesto salvarono da morte sicura il povero vecchio Castellani. Per cui fu proposta
una ricompensa al valore civile al Carabiniere Passilongo Giovanni ed un
encomio solenne al soldato Preti Davide.
Il 1 novembre 1937 imponente manifestazione per il passaggio
] Adolf Hitler che si recava a Roma.
80
81
1 novembre 1937 – imponente manifestazione per il passaggio del treno del Fuher Adolf Hitler che si recava a Roma
a trovare il duce Benito Mussolini
82
Il 25 febbraio 1939, il podestà Maggiore Tega Quinto, ritenne
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abitato venisse intitolata al nome di S.E. Guglielmo Marconi per onorare
la memoria dell’illustre scomparso, vanto e gloria dell’Italia Fascista.
Col. Quinto Tega in Libia
E così, visto che il piazzale esterno della stazione ferroviaria, che
era stato sistemato a cura e spese dell’Amministrazione delle Ferrovie
dello Stato, era ancora sprovvisto di denominazione, deliberò di intitolare
tale piazzale al nome di S.E. Guglielmo Marconi. Con i bombardamen ‡^‡ % @ $$
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sia degli alleati, sia dei tedeschi che organizzano squadre di riparazio
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ferroviario di Orte. Gli alleati fanno uso di ricognitori (che mitragliano,
lanciano spezzoni e talora sganciano bombe), bombardieri, bimotori e
quadrimotori, caccia bombardieri. E’ di questo periodo il bombardamen
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macchinista. Gli alleati volevano distruggere un treno tedesco pieno di
tritolo che era stato nascosto sotto le gallerie. Ci riuscirono successivamente nel territorio del Comune di Bassano in Teverina dove fu fatto saltare. Le salme furono portate alla Chiesina del cimitero e il funerale delle
povere vittime fu accompagnato dalla locale banda musicale. Il 9 giugno
1944 gli alleati entrano a Viterbo; la notte tra il 9 e il 10 a Orte, sotto il
fuoco delle cannonate tedesche; il 13 entrano ad Amelia, Bagnoregio e
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partigiani “Antonio Gramsci” il 14 gli alleati entrano in Orvieto. Al termine della guerra le ferrovie italiane sono in ginocchio. E’ gravissima la
penuria di ferro, di carrozze, di energia elettrica, di impianti, di uomini.
E così molti uomini trovano lavoro nella ricostruzione.
83
Roma - Stazione San Lorenzo dopo i bombardamenti
Bisognava ricostruire.
Anni ’60 – piazzale della stazione – Angelo Elia,
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titolare del forno al ponte della ferrovia
84
Operai al lavoro lungo la ferrovia (Lellio Margheriti).
Lavori in corso lungo i binari della stazione ferroviaria.
85
Operai al lavoro sull’impianto elettrico della
ferrovia (Lellio Margheriti).
86
Piazzale esterno della stazione ferroviaria
(oggi P.zza Marconi) in epoca più recente
Immagine dei binari della stazione ferroviaria in epoca recente
87
Anno 1953 – Fine di Via Roma con lo sfondo del piazzale
della stazione – nella foto Rosita Arnissi
Bimbi che passaggiano lungo la stazione ferroviaria.
88
Rosita di fronte alla stazione con la vespa.
Ninetta sul piazzale della stazione.
89
Anno 1936 Via Roma con sfondo palazzo stazione
in primo piano Lidia Gaudenzi
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Lavori di costruzione del ponte di ferro sulla ferrovia
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Altri provvedimenti per le vie di comunicazione furono:
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%ciali, avendo tutte le caratteristiche necessarie ( piano stradale, impor'
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Q*,05 fu inaugurata l’apertura della provinciale Bomarzo-Viterbo che ha assicurato il primo collegamento interregionale; nel 1964 la
“"” autostradale sulla A1 che ha collegato Attigliano
con il circuito di comunicazione della rete autostradale nazionale.
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5.4 ALL’AUTOSTRADA A1
L’Autostrada A1 Milano-Napoli, anche chiamata Autostrada del
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cipale della rete autostradale italiana, collega Milano a Napoli passando
per Bologna, Firenze e Roma per una lunghezza complessiva di 761,3
Km. Fu inaugurata il 4 ottobre 1964, sotto la Presidenza del Consiglio
dell’On. Aldo Moro. E’ interamente gestita da Autostrade per l’Italia.
Il tratto Firenze-Roma scorre marginalmente in Umbria dove ci sono sole
tre uscite: Fabro-Orvieto e Attigliano. Pochi chilometri dopo entra in territorio laziale ad Orte, dove si innesta con la superstrada Terni/Viterbo e
con l’E45, che consente di raggiungere Perugia e la Romagna ( Forlì e
Ravenna ) attraversando parte della Toscana e delle Marche.
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gono riportate, rievocano nella memoria un’età pionieristica che ha visto
Autostrade protagonista di un’avventura che avrebbe contribuito a cambiare il paese. Sono immagini che offrono la testimonianza preziosa di
un’Italia ancora povera e saldamente ancorata alla terra,, che rapidamen
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delle soluzioni tecnico-costruttive adottate, espressione della rinnovata
vitalità italiana degli anni cinquanta, che permise al paese di risollevarsi
in pochi anni dalla guerra e di ricostruire la propria economia.
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Dell’autostrada del Sole da Milano a Piacenza; 1960, apertura del tratto
appenninico Bologna-Firenze; 1962, completamento della Roma-Napoli; 1964, completamento di tutta l’Autosole.
L’uscita di Attigliano fu un grande traguardo di sviluppo sociale a favo
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'zazione di massa. Questo traguardo venne raggiunto grazie all’impegno
e alla direzione del Sindaco dell’epoca Rinaldo Margheriti, in ciò sostenuto dall’On. Filippo Micheli – deputato di Terni.
Tra gli atti d’archivio del Comune ritroviamo una delibera di C.C. del
13.3.1965, con la quale si approvò la convenzione tra il nostro Comune
e la “AUTOSTRADE” Concessioni e costruzioni Autostrade S.p.A. con
sede in Roma per la costruzione e l’esercizio dell’autostrada Milano-Napoli, per l’allacciamento idrico dell’area di servizio “Giove” , mediante
allacciamento alla rete idrica comunale per un periodo di concessione
che non doveva superare i trent’anni. Il 12 luglio dello stesso anno sempre il C.C. approvò un’ulteriore convenzione laddove la Soc. Autostrade
avrebbe provveduto a propria cura e spese, alla ricostruzione del lavatoio
di proprietà del Comune in corrispondenza della progressiva autostradale
Km. 30+177 (in sinistra), in sostituzione di quello preesistente alla stessa
progressiva, interessato dai lavori di costruzione del tronco autostradale
Incisa Valdarno-Magliano Sabina.
95
Il progetto esecutivo del tronco Incisa Valdarno-Magliano Sabina, dove
era prevista anche l’uscita di Attigliano, fu approvato con decreto del
Ministro dei LL.PP. n. 145 del 27.1.1961.
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in un’immagine del 1976
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Autostrada A1: il caratteristico centro umbro
di Baschi in un immagine del 1964
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1° casello ad Attigliano
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Il Papa paolo Vi per la prima volta sull’autostrada
Articolo del giornale “Vita Italiana” sull’Autostrada del Sole
98
Manifesto della società autostrade
99
100
6. L’AFFRANCAZIONE DEGLI USI CIVICI
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$ % ! + mente, delle terre, avvenuta tra il 1888 ed il 1906. Per usi civici si intendono tutte quelle prestazioni personali ed in natura che i contadini,
in cambio dell’uso del suolo, dovevano ai proprietari del territorio. Essi
hanno origine remota e cominciano ad essere documentati nel Medioevo.
La concessione di beni fondiari, che in principio ebbe come scopo il servizio personale della milizia, la difesa e la pace del villaggio,
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“censuale” da alcuni studiosi.
Però accadeva che, se la tutela signorile era auspicata nel momento del pericolo, tornata la sicurezza diventava insopportabile quando
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a stabilire arbitrariamente quali rendite e prestazioni gli erano dovute.
Per contenere le non insolite ribellioni, comparvero “consuetudini, franchigie e libertà” e, in seguito, le transazioni allo scopo di “regolamenta
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Un tentativo di riforma agraria, nell’ultimo periodo dell’età moderna, fu portato avanti, in Italia, dai giacobini che intendevano espropriare i grandi proprietari e dare la terra ai contadini. La legge agraria
fu concepita in due modi: o intesa a dividere la terra e creare piccole
e democratiche proprietà contadine, oppure rendere collettivi i possedimenti in modo da creare un regime “comunista”. Ma il concretizzare il
malessere dei coloni fallì perché il clero, ben radicato nelle campagne,
andava sobillando i contadini contro la rivoluzione.
La dicotomia tra la popolazione povera ed un ceto di grandi
proprietari che non si occupavano attivamente delle terre, limitandosi
a percepire le rendite del lavoro contadino, continuò ad essere diffusa
ovunque.
Ma oramai con la Rivoluzione “i principi di imprescrittibilità e
inalienabilità dei diritti dell’uomo”, erano entrati nella coscienza universale e quando il governo dei papi fu restaurato, un’importanza particolare
rivestì la svolta legislativa di Pio VII.
Rientrato in possesso dei territori di Ferrara, Romagna, Marche,
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ammirabile” del 6 luglio 1816, seguito da altri due documenti della me
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oltre.
Il primo documento porta questo titolo “riforma della pubblica
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termine non vi ricorre, ma nella sostanza le relazioni tra proprietari e di
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chiaramente dei rivolgimenti avviati nell’89; vi si sente il profumo della
dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Nell’art. 183 i rapporti tra gli aristocratici-proprietari e i popola^j=k?
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aboliti tutti i diritti tendenti ad obbligare i vassalli alla prestazione di qualunque servizio personale; tutti quelli di successione ereditaria riservata
ai medesimi baroni sotto qualunque denominazione; tutte le esenzioni
del pagamento dei dati comunicativi dovuti ai medesimi baroni, e dà loro
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de forni, macelli, ed altri simili proventi, ad eccezione del caso in cui le
comunità si prevalgono della facoltà a loro accordata di rinnovare la privativa per un anno, nel qual caso sarà in facoltà dei baroni, ai quali appar
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ovunque tali gravezze si trovino stabilite, e qualunque ne sia il titolo, e
l’osservanza, senza che si possa dai baroni pretendere alcun compenso
per tali abolizioni”.
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W@bilito “Sono parimenti soppresse ed abolite le riserve di caccia e di pesca
nei fondi non propri, che non hanno recinti” tra le privative soppresse si
ricordano quelle delle cave e delle miniere nei terreni non propri. L’art.
185 dispone quanto segue: “ i diritti di pescare e di fare legna, di esigere risposta sui terreni esistenti nel territorio, come pure le privative di
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*#=ronale, saranno come proprietà private ed allodiali conservate ai baroni,
secondo le disposizioni di ragione”.
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fettuare gli estimi dei terreni per la confezione dei nuovi catasti nello
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$ ‡ precedente, nel quale si disponeva di “ridurre le imposizioni fondiarie
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soffra maggior peso dell’altro.
Il terzo motu proprio, datato 3 agosto 1822, presenta le “Nuove
leggi da osservare per l’amministrazione ed il governo del Lago Trasi102
meno”. Si stabiliscono le nuove norme per i Tribunali, la giurisdizione,
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E’ particolarmente interessante la cura che viene dedicata alle
questioni della pesca e del collegamento fra le zone rivierasche
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concepirsi, restò di fatto il possesso dei fondi nei concessionari ed il diritto alle prestazioni in denaro o in natura nei concedenti, secondo le disposizioni degli artt. 183 e 185 del moto proprio. In pratica, poco cambiava,
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Nel 1899, in piena epoca repressiva, ci furono le elezioni amministrative ad Amelia, Alviano e Attigliano e quelle per il rinnovo dei Consiglieri provinciali. Ad Alviano venne concordata una lista tra “ gli onesti
del paese” e i socialisti, che vi inserirono Valli e :. Il programma
concordato si poneva come obiettivo centrale quello di liberare il paese
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%droneggiato nel paese”.
Ad Alviano, così come ad Amelia,
Le colonne ad Amelia
103
Amelia
vinse la lista concordata con i socialisti, mentre ad Attigliano risultò
maggioritaria la lista del Sindaco #;# che fu proclamato
eletto con 13 voti su 14 votanti (delibera C.C. del 27.7.1899). Lo stesso
]$'& $ } mise che avrebbe curato sempre per quanto poteva fare, il benessere del
paese…”.
104
Giuseppe Gaudenzi e Angela Poppi
Nei primi due paesi, inoltre, il Consiglio Comunale votò un ordine del giorno, proposto dai socialisti Baleani per Amelia e :
Alviano, in cui si invitava il governo ad intraprendere solleciti provvedimenti per l’amnistia ai condannati politici in seguito ai fatti del maggio
1898.
Sempre nel 1899 si tenne a Terni, il IV congresso socialista umbro, momento importantissimo per l’evoluzione del partito nel periodo
successivo. Uno dei punti centrali che il congresso affrontò per la prima
volta, in maniera organica, fu il problema del mondo contadino, nel quale
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'cialiste.
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Questa esigenza si concretò, da lì a qualche anno, nella pubblicazione del “Seme”, un quindicinale atto a diffondere propaganda tra le
classi rurali.
La linea socialista, che emerse dal congresso, si riconosceva
dunque nel riformismo legalitario, proprio della classe dirigente del partito. Per la realizzazione di un mondo socialista la via era quella delle
rivendicazioni a livello economico e così cominciarono le prime lotte
mezzadrili .
Il nodo cruciale rimaneva quello degli usi civici, che coinvolgeva la maggior parte dei territori della zona. Dopo i ripetuti tentativi del
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n. 5.489, sull’affrancazione di terre soggette agli sui civici. Il progetto
prevedeva, nel giro di pochi anni, l’abolizione di tutti gli usi civici di
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!segnandoli alla parte che ne avesse vantato il possesso, salvo compenso
agli utenti.
La legge aveva incontrato seri ostacoli, in sede di discussione
parlamentare, perché, mentre il ceto agrario settentrionale propendeva
per una legge drastica e sollecita, furono i Torlonia, i Tittoni, gli Zucconi che, in nome della nobiltà romana ed umbra, preferivano perpetuare
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possesso esaustivo e duraturo. Nel 1884 Cencelli si era già espresso in
questo modo: “ La proposta di legge, in qualche articolo, parla di proprietari, di particolari che avrebbero il diritto di affrancare, e quindi parrebbe
che, sempre e in ogni caso, la facoltà di affrancare dovesse essere riservata a vantaggio esclusivo del proprietario, ora non mi sembra giusto che
una quantità così grande di interessi, come sono quelli delle popolazioni
rurali che godono di diritti d’uso, abbiano ad essere così largamente sa=
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nell’esercizio di quegli usi civici, il fondamento della propria sussistenza
e, se questo fondamento venisse loro ad un tratto a mancare, sarebbero
da temere gravi e persistenti disordini. In effetti, la legge era dalla parte
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Tale legge, benché dettata dalla convinzione moderna di un rinnovamento agricolo, fu, in realtà, una legge classista, una trappola per
il ceto contadino, mai fonte di miglioramento fondiario e culturale. Fa%%!@!
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Nel 1892 ben poche liquidazioni erano state attuate in tutte le provin
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vennero affrancati 175 ha. di terreno. Ben poca cosa rispetto alle prospettive indicate dalla legge. Negli anni successivi, però, le liquidazioni
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della popolazione: in Umbria su 153.751 ha. liquidati, solamente 40.369
vennero assegnati ai contadini. Esse, perciò condannarono intere popolazioni di villaggi, dove il tradizionale equilibrio dell’azienda contadina
106
si era disgregato con il divieto del taglio dei boschi e del dissodamento
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notava quasi mai un miglioramento delle colture.
Sul nostro territorio abbiamo alcune testimonianze a proposito:
il 17.12.1893 il C.C. con atto n. 33 deliberò “provvedimenti riguardanti
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%+ K ? Presidente Gaudenzi Vincenzo comunicava che il Sig. FANTONI Avv.
Felice era venuto ad intelligenza con la Cancelleria della Giunta degli
Arbitri con sede in Terni, per l’affrancazione dei terreni soggetti a pascolo, di tutti i proprietari del Comune, per mezzo di un perito nominato dal
Comune stesso che doveva redigere le relative perizie proprietario per
proprietario; in detto lavoro erano compresi anche i terreni del Principe
Borghese.
Successivamente il 26.2.1899 il Consiglio Comunale dà lettura di una
lettera del Duca Dr. Francesco Borghese, chiedente l’affrancazione della
Bandita dal pascolo e legnatico; tale richiesta venne approvata all’unanimità.
la delibera di C.C. n. 33 del 24.9.1899 avente per oggetto “Affrancazione
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“Il Presidente stesso quindi porta a conoscenza dei Sig. Congregati che
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do l’affrancazione o meglio la commutazione in canone perpetuo della
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dicendo che con il 1 ottobre si deve riscuotere la somma rata di canone il
cui Ruolo fu già spedito all’Esattore che lo manderà in esazione nell’ottobre stesso in coincidenza con la rata dell’imposta erariale provinciale
e comunale. Fa presente che qualcuno valendosi del disposto della legge
24 gennaio 1864 n. 1636 affrancherà il canone e che per gli altri si imprimerà legale ipoteca come ordinava la sentenza stessa nei sei mesi dalla
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che si ricaveranno dall’affrancazione dei canoni. Dopo breve discussione il Consigliere Sig. Bassetta Riziere, presenta il seguente ordine del
giorno:
Il Consiglio Comunale, inteso quanto esposto dal Presidente; letto il disposto della sentenza in materia,
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cizio come vi andò sempre il ricavo della tassa pascolo.
Che il capitale che si andrà a riscuotere da coloro che vorranno avvalersi
della facoltà di affrancare il canone appena riscosso dal Sindaco che procederà ai contratti sia versato alla cassa postale il cui libretto sia inviato
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del debito pubblico nominativo intestati al Municipio di Attigliano.
107
Il frutto annuale di dette cartelle andrà come i canoni nel bilancio di ogni
anno.
I contratti saranno rogati dal Segretario Comunale e il Sindaco o chi per
esso stipulerà in conto e nell’interesse del Comune.
Messo ai voti l’ordine del giorno Bassetta si riscontra approvato
all’unanimità come da costatazione fatta dal Sig. Presidente e da tre nominativi”.
e la delibera di C.C. n. 64 del 15.7.1900 avente per oggetto:
“Domanda Gaudenzi Vincenzo, Giuseppe, Andrea e Porcacchia Vincen'
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la Presidenza all’amico Assessore Anziano essendo egli uno di quelli che
a ciò avviene. Il Consiglio Comunale…lette le richieste di Gaudenzi Vincenzo, Giuseppe ed Andrea e di Porcacchia Vincenzo, tendenti a conver
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Visto l’ultimo comma dell’art. 6 della legge 24 giugno 1888, n. 5489 e la
legge n. 1636, con voti unanimi legalmente espressi, accoglie le predette
istanze mandando che vengano redatti i regolari contratti non appena la
presente avrà sortito la superiore approvazione”.
Ed ancora la delibera di C.C. n. 218 del 30.11.1902 avente per oggetto: “
Affrancazione da parte di Sua Eccellenza il Principe Borghese dalla ser%+
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netto da tasse e imposte andando essi a carico del principe Borghese e di
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pozzolana in Voc. Bandita.
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! mancanza dell’Università Agraria, addivenisse alla divisione agli aventi
diritto delle terre del Principe Borghese sulle quali veniva esercitato l’uso civico di semina, proposta che fu accolta stabilendo che il Comune
avrebbe provveduto alla divisione di dette terre col nuovo anno agrario
1913-1914 a condizione che le spese che si sarebbero andati a sostenere
dovevano essere rimborsate da coloro che acquistavano a scopo di lavoro
le dette terre e che la divisione sarebbe stata fatta con gli stessi criteri
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! scopo del legislatore. Se essi furono buoni in quanto liberarono dagli usi
civici i fondi già ridotti a miglior coltura, riuscirono disastrosi sui terreni
seminativi di poca produzione. Poiché mentre gli utenti prima potevano
curarne la coltivazione, i proprietari che dovevano provvedervi con coloni mezzadri, non ne ritraggono quell’utile e quella produzione sperati.
Le prime reazioni contadine si espressero a livello giuridico,
spesso sostenute dai Comuni, che si ponevano come i rappresentanti degli interessi degli utenti. Lotte che si trascinavano, spesso, per lunghi
anni, talvolta concludendosi a vantaggio della collettività (tipico esempio
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le forze antipadronali.
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non era ancora protetta dall’ente comunale, non riuscì ad essere incisiva:
il distacco dal ceto cittadino, la dispersione nelle campagne, la mancanza
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ci fu un’invasione, avvenuta nel 1893 ad Amelia , per impedire che il proprietario terriero Barcherini si impossessasse di un territorio di proprietà
comunale. Solo a cominciare dal 1901, nel Lazio, all’improvvisazione
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%ne sistematica dei fondi: le lotte assunsero, così, un carattere organico e
prolungato.
Nel 1905 aderivano alla Federazione del Lazio e della Sabina le
leghe di 73 paesi del Lazio e dell’Umbria: tra cui quelle di Attigliano,
Alviano, Lugnano in Teverina, Giove, Guardea.
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della Teverina, di Castel Viscardo e della sabina, la Prefettura di Perugia
aveva diramato una circolare per favorire l’applicazione dell’art. 9 della
legge del 1891, poiché, come sostenne il prefetto di Perugia nella citata
relazione, “le leggi penali raramente si prestano a frenare, o dominare, le
agitazioni del genere, perché gli interessati coloni sono ben addestrati da
legali a non fornire appiglio ad estremi di reato nella loro azione servendosi a preferenza delle donne e dei ragazzi”.
Nel marzo un diffuso stato di agitazione vi fu ad Attigliano,
dove i contadini avevano minacciato l’invasione delle terre del principe
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% $ $% anarchico Saverio Maria Merlino. Solamente la deliberazione del Consi$|
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bamento di possesso pubblico e la successiva, con cui esso si impegnava
a rimboschire il terreno sul quale si era proceduto al taglio, scongiurarono l’invasione. Trattative amichevoli furono, allora, avviate dalla legge
con la casa Borghese: i coloni ottennero il riconoscimento del diritto di
legnatico sul bosco “la Bandita”, mentre non fu loro concesso il diritto di
semina “alla quarta” sulle rimanenti terre del feudo.
Nella causa intrapresa per il riconoscimento del secondo diritto,
il Comune di Attigliano e i contadini furono difesi dall’avvocato Tito Oro
Nobili, e, nel periodo che intercorse per la risoluzione della vertenza, la
lega ottenne il diritto alla distribuzione delle terre, le quali terre, prima,
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sposta “alla quarta”.
Il 1908 fu un anno di dispiegamento di grandi energie per tutto
il movimento dei lavoratori della terra del Lazio e della sabina, perché in
Parlamento si stava discutendo la nuova legge 8 marzo n. 76. Di nuovo
il movimento e i socialisti si ritrovarono uniti ad imprimere alla legge
109
una logica rispondente alle aspettative contadine. Questo movimento,
rigoglioso nel Lazio, dove le Leghe e le Università agrarie promossero
invasioni e assemblee, fu assente nelle nostre zone.
E questa gestione privatistica dei pubblici poteri venne messa in
luce, proprio durante il 1909, da un fatto drammatico, cruento, accaduto
ad Attigliano, che, nella sua gravità, richiamò l’attenzione della stampa
regionale e nazionale.
Ad Attigliano, infatti, il **,8, due assessori comunali,
Visoni e Neri, tra l’altro rispettivamente presidente e vicepresidente del
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Creta. Quest’ultimo stava
eseguendo un taglio sul bosco “Bandita”, sul quale, circa tre anni prima,
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volte, gli aveva intimato di desistere: poi, viste inutili altre proteste, il 31
gennaio un gruppo di venti contadini si era recato sul luogo per rinnovare
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#!rio aveva ucciso i due assessori, mentre gli altri contadini , intervenuti a
loro difesa, gli recisero la mano destra.
Il fatto, il “fattaccio” di Attigliano, come venne chiamato, spaventò le autorità, che inviarono sul posto i carabinieri di Amelia, Giove,
Narni e Lugnano, soldati e funzionari di Terni, mentre vennero sequestrati i registri della lega e arrestati alcuni contadini. La situazione si appesantì ulteriormente, dopo la decisione della Giunta d’Arbitri di Terni di
assegnare 150 rubbie di terreno agli abitanti di Attigliano, mentre queste
erano state seminate dagli abitanti di Civitella d’Agliano.
L’”Avanti!” riportò il fatto con queste parole:
“La tragedia di Attigliano ci suggerisce alcune considerazioni di ordine
generale. La narrazione dei fatti attesta come i leghisti fossero assistiti
dalle maggiori ragioni nel reclamare il proprio diritto e ciò che era stato
loro esplicitamente riconosciuto e come intendessero far valere le proprie
ragioni con l’appello delle autorità. Ma codesti rappresentanti non dovevano trovarsi sul campo della disputa? Essi mentre sono sempre pronti
ad accorrere e ad agitarsi come energumeni quando si tratti di qualche
innocua manifestazione e conferenza, nicchiano invece su questioni così
gravi come sono quelle per gli usi civici che schierano misere e affamate
popolazioni di contadini contro i baroni della terra e i loro dipendenti in
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Si genera così la convinzione nelle popolazioni di una forza pubblica
al servizio del proprietario il quale d’altra parte preferisce armare i suoi
dipendenti piuttosto che ricorrere all’autorità giudiziaria”,.
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cio” di Attigliano ricordava quel giorno di sangue:
“El pòro C., che era el guardiano delle terre del principe, ha sparato a
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portava el fucile e cominciò a sparà: qualche contadino l’ha ammazzato.
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stata la causa. El pòro mi padre l’hanno messo dentro, ma el giorno della
causa l’hanno scarcerato. Erano tutti del paese quelli che volevano la
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Quell’episodio lo ricordava anche Venturino D. sempre di Attigliano: “me lo ricordo che ero ragazzetto, che P. aveva tirato da C. e
C. era rimasto senza un braccio e portava un braccio offeso. El poro mì
padre me raccontava che j’avevano portato via la pòra mì sorella Nina
e mì fratello Checco, che ancora campa. Je l’avevano portati via pe fa
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Cavalleria, che l’aveva fatta venì la contessa. Mì padre cò l’occupazio
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quelle terre”.
Altro ricordo:
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Mì padre ce portò pure me. Anche le femmine c’annavano. Ce portavano
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e so entrati dentro. Dopo da lì ce portarono su a la Bandita. Annassimo
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che m’ha lasciato nonno mio….” E ciattaccavamo a quelle pianticelle de
quercia…..”.
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prepotenze dei proprietari. Tuttavia, non stimolò iniziative di lungo respiro, né la ricerca di maggiore unità sul piano organizzativo. Anzi, superato quell’anno, le leghe, sorte nel periodo precedente, cominciarono
a sciogliersi.
Nel 1909 si sciolsero quelle di Giove, Porchiano, Alviano, Macchie e Guardea, nel 1910 quella tra gli operai e gli agricoltori di Lugnano
in Teverina, nel 1912 quella dei contadini di Lugnano.
111
Anno 1911 : locandina della guerra Italo-Turca
Il 22 settembre 1934, preso atto, che ormai il diritto civico di pascolo riservato su un appezzamento di terra di proprietà borghese situato
in località Poggi e denominato Valle Parete e Valle Corona, costituito nel
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periodi dell’anno, mentre in detti terreni numero 28 utenti per comples%Z
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prodotto, fu deliberato di concedere agli attuali detentori dei terreni, l’uso
di dette terre, mediante corrispettivo annuo di lire quindici ad ettaro.
Una delle ultime testimonianze di tale problema lo ritroviamo in
un ordine del giorno del C.C. del 6 agosto 1948, precisamente l’atto n. 24
avente per oggetto “Usi civici – transazione”, che testualmente riporto:
“ L’anno millenovecentoquarantotto addì sei del mese di agosto in Atti$
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@|$|munale previo invito diramato a domicilio. Sono intervenuti i Sigg.ri
Saldari geom. Enrico Sindaco; Margheriti Ins. Rinaldo; Fraticelli Egildo;
Bellini Luigi; Riccioni Augusto; Bacci Ferdinando; Bacci Marsilio; Vecchi Iro; Bonelli Orlando; Porcacchia Giona. Sono assenti i Sigg.ri Vagata
Amabilio, Bassetta Rodolfo, Neri Romolo, Mecarelli Romolo, e Bacci
Attilio.
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validità delle deliberazioni, assume la presidenza e dichiara aperta la seduta, alla quale assiste il Segretario Comunale Carlo Spampinato, incaricato della redazione del processo verbale.
112
IL CONSIGLIO
Premesso che con sentenza del 24 ottobre 1944 il Commissario Aggiunto
per la liquidazione degli usi civici di Roma, riconoscendo a favore del
Comune di Attigliano e sulle terre di proprietà già Borghese ora Congedo: l’uso civico di pascolo annuale gratuito per ogni sorta di bestia sulle
terre in Agro di Attigliano in contrada “I poggi” Voc.li “Valle Parete e
Valle Corona”.
L’uso civico di legnare sul bosco “Bandita” in agro di Attigliano, limitatamente alla legna morta o caduta per qualsiasi ragione, nonché alle
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dichiarandoli inesistenti, i pretesi usi civici di semina sulle terre ai Voc.li
“Moretta, Orso, linara e Borhe” e quelli di tagliar travi e di cavar sassi o
pozzolana alla “Bandita” e nominava il perito giudiziario per la liquidazione degli usi civici riconosciuti;
Che l’amministrazione dell’epoca interpose appello contro la predetta
sentenza non riconoscendola conforme ai bisogni della cittadinanza.
Che con delibera del 4.7.1946 veniva nominato patrocinatore del
Comune nell’appello di cui sopra, l’Avv. Paolo Boitani da Roma con
studio in Via del Tritone 142;
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l’ipotesi di un miglioramento dei nostri diritti in sede di appello, per cui
ha costantemente consigliato una transazione della vertenza;
Che questa Amministrazione, preoccupata dell’esito del giudizio
di 2° grado, nel marzo 1947 accettava in linea di massima una soluzione
conciliativa della vertenza e lanciava ai cittadini il seguente appello:
Cittadini,
L’annosa ed importante vertenza Usi Civici da noi vantati sui beni del
defunto Principe Borghese, pare che si avvii alla soluzione avendo ritenuto opportuno e conveniente essere disposti ad una transazione, salvo
ad approvare il relativo schema. Perché però la nostra richiesta possa trovare migliore accoglimento in sede conciliativa che in sede giudiziaria,
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tazione di quella di cui allo stato disponiamo; stante la lungaggine della
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* giuridici atti a provare la fondatezza dei nostri diritti.
Pertanto si invita chiunque sia in possesso di atti, documenti, scritti o
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Cittadini,
gli usi civici sono di tutti, concorriamo tutti secondo le nostre possibilità,
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Che a tale appello rispose solo l’avvocato Porcacchia difensore del Co113
mune nel giudizio di I° grado, denunziando l’esistenza presso il suo studio di numero tre documenti riconosciuti dal legale avv. Boitani di nessuna importanza giusta l’allegata lettera del 6.5.1947;
Che a seguito del risultato negativo dell’appello l’idea di una transazio
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comunali;
Che conseguentemente con delibera n. 42 del 28.8.1947 regolarmente
divenuta esecutiva questo Comune migliorando la precedente proposta
dell’Amministrazione Congedo, controponeva la transazione nei seguenti termini:
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pari a circa 3/7 di tutto il bosco denominato Bandita;
cessione al Comune in proprietà di metà di tutti i pascoli denominati
Poggi estesi complessivamente ettari quarantatre circa;
delimitazione lapidaria da effettuarsi per metà a carico del Comune e per
metà a carico dell’amministrazione Congedo;
spese della transazione a carico delle parti in proporzione al valore dei
beni incorporati;
rinunzia da parte del Comune a qualunque diritto di uso civico reale e
presunto sulle proprietà dell’Amministrazione Congedo;
subordinazione della transazione a referendum popolare.
Che la Giunta, in esecuzione del mandato ricevuto dal Consiglio
con l’ultima deliberazione avanti citata, nello stabilire con la delibera n.
3 del 12.9.1947 divenuta esecutiva ai sensi di legge le norme del referendum subordinava la stipulazione della transazione all’esito favorevole
del referendum in considerazione al fatto che lo schema di transazione
mentre migliorava indubbiamente le sorti del giudizio di 2° grado delle terre dei Voc. Vorghe, Linara, Moretta e Orso che essi conducevano
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Giunta che lasciava inalterato il conteso diritto di uso civico di semina su
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situazione basandosi sul non riconosciuto diritto di semina.
Preso atto del verbale del 1.3.1948, che proclamava l’esito del referendum non favorevole per i seguenti risultati:
Votanti
!_
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non favorevoli
favorevoli
TOTALE
520
5
40
262
213
520
Premesso ancora che ultimamente l’Amministrazione Congedo
per essa il Colonnello Congedo rendendosi parte diligente della situazione degli interessi e dando accoglimento alle necessità prospettate da que114
sta Amministrazione all’epoca del referendum, con atti notarili in corso
di perfezionamento, addiveniva alla vendita delle terre Linara, Moretta e
Orso ai mezzadri praticando un prezzo di cessione veramente vantaggioso ai coloni e sistemando così la pace sociale delle campagne con vero
compiacimento degli interessati, dell’Amministrazione comunale e della
cittadinanza tutta;
Che il Sig. NEVI Nevino fu Angelo, che nel frattempo ha requisito le terre già Borghese ora Congedo site ai Voc.li Vorghe cui si estende
il preteso diritto di semina delle terre Linara, Orso e Moretta, negli ultimi
di febbraio ed in occasione di una pubblica convocazione dei cittadini
ebbe a dichiarare pubblicamente ed alla presenza anche del Sindaco e
della Giunta “che non avrebbe mai allontanato i mezzadri dalle terre ac*
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e ripartizione” per cui si ha ragione di ritenere che anche i contadini di
quelle terre, peraltro pochi di numero, abbiano una garanzia morale di
poter continuare a godere delle terre da parecchi decenni lavorate.
Che successivamente il Colonnello Congedo, in considerazione
dell’avvenuta cessione delle terre Linara e Moretta, si dichiarava disposto a riprendere in esame la possibilità di una nuova transazione;
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sazione che si riporta nella parte deliberativa della presente;
Rilevato che in atto sussistono, maggiormente per l’approssimarsi del giudizio di 2° grado, le ragioni e l’interesse a transigere che
consigliavano da tempo una soluzione amichevole;
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alizzare in complessivi ettari 54 (cinquantaquattro) e che prima ammontavano a 51 (cinquantuno) quanto per l’aumento della quota del bosco ad
ettari 40 (quaranta) che costituiscono un buon patrimonio per il bisogno
dei cittadini.
Atteso che la sistemazione dei mezzadri dalle terre ai vocaboli
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altro referendum;
Atteso, inoltre, che i possessori dei “Poggi” i quali da molto tempo hanno trasformato i pascoli in terreni coltivati, non risulta possano
essere danneggiati nei loro eventuali diritti acquisiti, in quanto questi
non sono pregiudicati alla transazione, ed avendo, in proposito l’Amministrazione Congedo manifestato la volontà di vendere quelle terre agli
occupanti;
Tenuto conto che in base alla legislazione vigente in materia, la
liquidazione degli usi civici avviene in misura variante da un minimo di
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mentre con la transazione convenuta si vengono ad avere 4/7 del bosco
Bandita ed 1/3 dei Poggi:
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cupati e trasformati da terzi, mentre l’uso civico di legname alla Bandita
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ad azioni abusive e ad infrazioni alla legge forestale;
Ravvisata per questi motivi l’assoluta necessità e convenienza di
addivenire alla transazione;
Con voti 9 favorevoli ed 1 contrario,
DELIBERA
chiedere alla G.P.A. l’autorizzazione a poter transigere nella vertenza in corso con l’amministrazione Congedo, nei seguenti termini:
rinunzia da parte del Comune dell’atto di appello in corso, contro la sentenza del Commissario degli Usi Civici di Roma in data 24.10.1944 ed a
qualsiasi diritto civico non accertato nella sentenza che rimane ferma in
ogni sua parte.
Cessione al Comune da parte dell’Amministrazione Congedo ed a liquidazione degli usi civici accertati o pretesi sul bosco denominato “Bandita” ed a piena tacitazione dei medesimi, di una quota di quaranta ettari
del bosco stesso, allo stato di fatto e di diritto in cui si trova, da staccarsi
in eguale porzione dalle tre quote degli eredi Congedo in modo però che
il complesso ceduto al comune risulti accorporato ed ubicato nella parte
centrale del bosco. Cessione al Comune da parte dell’Amministrazione
Congedo ed a liquidazione degli usi civici accertati o pretesi sulla proprietà denominata “I Poggi” e ad estinzione dei medesimi, di un terzo dei
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“Valle Parete” e “Valle Corona” in modo che ciascuno dei tre eredi Congedo ceda una parte eguale della sua proprietà.
Operazioni di divisione e di concreta determinazione delle singole quote,
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delle parti in pari misura.
Impegno da parte del Comune di rimborsare l’Amministrazione Congedo delle aliquote delle Imposte e dazi gravanti sulle porzioni di beni incorporati, dall’epoca di entrata in possesso a quella delle relative volture.
La misura dei tributi sarà accertata dal perito di cui alla lettera precedente, in sede delle operazioni di divisione e terminazione.
Imputare la spesa della transazione di che trattasi all’Art. 36 del Bilancio
1948 la cui disponibilità in £. 39.500 viene impinguata di £. 60.500 da
stornarsi dall’art. 61 che ha disponibilità £. 185.000.
Dare mandato alla Giunta di provvedere alla nomina del perito e del notaio per il relativo atto; al Sindaco quello di mettere in esecuzione il presente deliberato.
Letto, confermato e sottoscritto.
Il 1° Consigliere
F.to BELLINI Luigi
Il Sindaco
Il Segretario
F.to SALDARI Enrico F.to C. SPAMPINATO
116
Momento della trebbiatura: covone sopra un rudimentale apetto
Famiglia Pica al casale dei Pica sulla strada che porta a Porchiano.
117
Rappresentazione lavori femminili.
118
Nonna Beatrice e nonno Domenico (o meglio i bisnonni) – storia di
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tanta tanta onestà….per anni il “Casale dei Pica” dove loro vivevano
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passava per la strada bianca Attigliano-Porchiano….il casale, infatti,
si ergeva, (e tutt’ora stà anche se ristrutturato e di altra proprietà) in
uno dei colli più panoramici di quella zona…..
Momenti della trebbiatura famiglia Quinto Maccaglia
119
Momenti della trebbiatura famiglia Quinto Maccaglia
120
Famiglia Pica
121
Foto di gruppo F.lli Pica
Immagine della trebbiatura
122
7. L’ELETTRICITA’ AD ATTIGLIANO
Pochi anni dopo l’affrancazione delle terre, Attigliano fece un
altro grande balzo in avanti nel progresso della propria condizione materiale e umana con l’impianto nel Comune dell’energia elettrica.
Il 3 novembre 1909 il Consiglio Comunale con atto n. 17 dispose
quanto segue:
“ Il Presidente (Gaudenzi Ubaldo) espone ai radunati la necessità dell’impianto della luce elettrica anche per ragioni d’igiene. Spiega l’utilità da
essa e la convenienza sotto ogni rapporto. Pertanto il Consiglio dispose
di dare mandato alla giunta di farsi consegnare un preventivo di spesa
sulla base di £. 1.200 dalla ditta Serranti e Vannazzi in Fabriano e di poi
riferire al Consiglio per le sue ulteriori deliberazioni, e che alla illuminazione pubblica venga compresa quella gratuita per le scuole e per gli
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@ vie e delle piazze del paese (nelle case ognuno provvedeva da sé), veniva
praticata con l’installazione di lampioni alimentati da combustibili che
ogni sera un “lampionario” incaricato dal Comune accendeva e spegneva
al mattino.
Un mestiere antico, oggi
scomparso.
Un omino che al tramonto, con
la scala sulle spalla, saliva su
tutti i lampioni della città, apriva
lo sportellino, accendeva,
chiudeva e scendeva.
Nei registri comunali abbiamo trovato testimonianza di questo
mestiere ora scomparso. Ad esempio la delibera consiliare n. 299 del 26
marzo 1916 ha per oggetto “ licenziamento per soppressione di posto del
lampionario Neri Giosafat” e così testualemente recita:
“il Presidente (Gaudenzi Andrea) espone che col principio del mese di
maggio prossimo s’inizierà da parte della “Società Elettrica “ il servizio
d’illuminazione nel nostro Comune a lei già da tempo concesso. Per questo fatto l’opera dell’attuale lampionario Neri Giosafat si rende inutile;
egli tuttavia essendo in servizio già da oltre dieci anni ha, per l’art. 8
123
del regolamento sui salariati del Comune 21 aprile 1907…, acquistato
la stabilità e non potrebbe essere licenziato se non per i motivi e con
le modalità stabilite dall’Art. 7 del regolamento succitato…..Tuttavia il
Neri dichiara di rinunziare a qualsiasi diritto gli potrebbe competere e a
qualsiasi azione utile potrebbe derivargli da tale irregolare licenziamento
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sistema della pubblica illuminazione di sostituire il gas cetilene al petrolio, motivando tale scelta anche per il fatto della presenza della stazione
ferroviaria, che comportava un notevole movimento di forestieri.
Pertanto quello del lampionario era un lavoro avviato sul viale del tramonto, in quanto in seguito alla scoperta dell’elettricità con le sue pos=
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zione pubblica e privata (chissà quale stupore avrà suscitato nella gente
abituata alle candele e ai lumi ad olio vedersi inondare le stanze di luce
solo premendo un piccolo tasto!), ed i comuni si stavano adoperando per
dotare il proprio territorio di energia elettrica.
Così anche Attigliano il 26 novembre 1913 con atto consiliare
n. 175 approvò in ogni sua parte senza alcuna eccezione o riserva, il Capitolato per l’impianto della luce elettrica su tutto il territorio comunale,
così come presentato dalla Società illuminazione elettrica con sede in
Roma. Il Presidente (Loiali Adilberto) rese noto al Consiglio “…che
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Società illuminazione elettrica anonima con sede in Roma allo scopo di
addivenire all’impianto della luce elettrica da servire per l’illuminazione
pubblica e con l’eventuale cessione da parte della società a quei privati
che ne facessero richiesta. La detta società ha fatto gli opportuni studi ed
ha presentato il capitolato spiegandolo articolo per articolo e rispondendo a tutte le obiezioni sollevate da ogni consigliere”.
La notizia, di per sé, può non sembrare tanto sconvolgente solo
se non si considerano gli effetti che l’arrivo dell’elettricità ha causato
nella vita di tutti noi.
Prima che tutto ciò avvenisse la società italiana, prevalentemente
contadina, viveva chiusa in se stessa all’interno del villaggio; l’illuminazione nelle case era prodotta da candele o da lumi a olio, non esistevano tutte quelle macchine che ora ci consentono di svolgere il lavoro in
pochissimo tempo, l’informazione da luogo a luogo richiedeva tempi
estenuanti.
Per comprendere appieno l’importanza che ha e che ha avuto
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re sul fatto che oggi il mondo vive sommerso dall’elettricità, la quale, per
il solo fatto di essere presente nel mondo, ha sovvertito tutti i comportamenti umani che esistevano prima del suo avvento. Solo per esserci la
luce e la corrente elettrica, anche se nessuna parola appare dinanzi all’uo!
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divide la storia dell’umanità in due grandi epoche: 1) quella del visivo o della scrittura, che indica con il nome di “Galassia Gutemberg”,
dal nome dell’inventore dei caratteri mobili della stampa, perché prima
dell’avvento dell’elettricità il mondo era dominato dall’informazione
scritta o stampata; 2) quella dell’auditivo o della parola pronunciata che
indica come “Galassia Marconi”, in quanto lo scienziato italiano applicò
l’elettricità all’informazione e diede vita alla trasmissione del pensiero
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soprattutto dell’udito e dall’apprendimento per immersione e per coinvolgimento non solo delle informazioni, ma anche nelle ideologie e nelle
scelte socio-culturali e politiche che le informazioni mettono in essere
e dinamismo…” Con l’elettricità siamo istantaneamente in apporto con
tutto quel che avviene in ogni parte del mondo, che diventa un villaggio
globale grazie ai satelliti che costantemente inviano messaggi da una parte all’altra del pianeta.
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la convenienza per l’amministrazione comunale d’impiantare nel capo$
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governative. Fino ad allora si era usufruito del telegrafo della stazione
ferroviaria, ma i tempi di attesa erano molto lunghi, ci volevano giorni
per dare o ricevere un telegramma da Terni, inoltre Attigliano essendo
così vicino a centri importanti quali Viterbo,Orvieto, Roma, era uno dei
pochi paesi che non poteva avere il bollettino di guerra appunto perché
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capoluogo tale nuovo servizio. Poco dopo venne deliberato anche l’allaccio dell’impianto telefonico.
Altro passo avanti sulla modernizzazione dei servizi, fu fatto nel
1936, quando i rappresentanti dei Comuni dell’Amerino interessati alla
soluzione del problema dell’approvvigionamento idrico delle rispettive
popolazioni, stabilirono, in una riunione tenutasi il giorno 15 settembre
presso la Prefettura di Terni, la costituzione di un Consorzio tra i Comuni
di Amelia, Baschi, Guardea, Lugnano, Alviano ed Attigliano, allo scopo
di intraprendere con unicità d’intenti e di indirizzo, l’esame e lo studio
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improrogabile problema allo scopo di inviarlo rapidamente alla soluzio
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Nel 1937, considerato che il Comune era sprovvisto di un locale
adatto per la mattazione degli animali destinati al consumo, si rendeva
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costumanze di macellare lungo le vie e piazze del centro abitato, acqui
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individuò così un locale ed un terreno atti allo scopo siti in Voc. “La Fontana” distante circa 500 metri dal centro abitato e di proprietà dell’Avv.
Nicola Fantoni, il quale si dimostrò ben lieto di concedere a titolo gra125
tuito parte di questo terreno ad uso esclusivo della costruzione della camera di mattazione. E così con atto consiliare n. 38 in data 28.8.1937 fu
chiesto a S.E. il Prefetto della Provincia, l’autorizzazione per accettare
in donazione a titolo gratuito dall’Avv. Fantoni Nicola, tale terreno, per
destinarlo alla costruzione della suddetta camera di mattazione.
126
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la fortuna del fascismo, movimento fondato nel marzo 1919 da Benito
Mussolini.
Entrato in crisi il movimento operaio in seguito all’insuccesso
dell’occupazione delle fabbriche e all’arrivo in Italia della crisi economica con la conseguente disoccupazione, i fascisti, appoggiati dalla borghesia, si presentarono come i difensori dell’ordine sociale e dello stato
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lo stato di tutti i cittadini, o quanto meno di tutti i cittadini abbienti, ma
lo stato di una fazione che intendeva togliere ogni diritto agli avversari:
“disfattisti”, socialisti, comunisti e poi anche democratici e liberali.
Aderirono al fascismo persone di diversa estrazione sociale, studenti e giovani della borghesia, operai, contadini e disoccupati. Ma il
ruolo decisivo per la sua affermazione lo svolsero “quei funzionari dello
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$ ' senza le cui coperture le imprese dei fascisti sarebbero alla lunga diventate impossibili.
Nelle province dell’Italia centro-settentrionale i fascisti si organizzarono in squadre d’azione e, al comando di capi locali sorti spontaneamente, distrussero con la violenza le leghe dei sindacati e le organizzazioni politiche dei socialisti e dei cattolici, uccidendo, bastonando e
incendiando.
Nel novembre del 1921 si costituirono in partito con l’intento di
conquistare il potere. Conducendo abilmente la politica dell’instabilità
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!_presse al partito carattere di partito dell’ordine, raccogliendo il consenso
dei benpensanti e dell’alta borghesia, cercando il favore del Vaticano.
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29.1.1922, sotto il re d’Italia Vittorio Emanuele III°, fu fatta la comme'
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la Sua benemerenza specialmente durante la guerra per l’opera svolta in
prò degli orfani, dei prigionieri, dei minorati da essa ecc., evidenziando,
altresì, come fosse pura menzogna l’asserzione che il defunto papa aves
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mai, era come un faro luminoso al quale convergevano gli sguardi di tutte
le altre nazioni, invidiandocelo. Furono, così, inviate le condoglianze al
Collegio dei Cardinali.
127
In questo momento di cambiamenti epocali anche nel nostro piccolo centro si stavano prendendo delle decisioni che avrebbero lasciato
il segno negli anni a venire…il 15 giugno 1922, il Consiglio Comunale
presieduto dal Sindaco Neri Filippo, approvò il progetto di ampliamento
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Il vecchio maniero feudale al quale si addossavano un mucchio non grande di misere casette, chiuso nella cerchia delle turrite mura castellane, già
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avevano trovato disagevole abitare in quelle anguste casupole senz’aria
e senza luce e già erano usciti fuori dalla cinta costruendosi case all’aria
e al sole sui terreni di loro proprietà, adibidendo, invece, a magazzini,
grotte e cantine le vecchie abitazioni site entro il recinto feudale;
in tal modo cominciava a sorgere la nuova Attigliano che tendeva av volgersi verso la vicinissima stazione ferroviaria dove già si era costituito
un bel nucleo di fabbricati. Tale progetto, però, da qualche anno si era arrestato perché, esaurite le aree di proprietà feudale circostanti al castello,
non era stato possibile ottenere da parte dei proprietari la cessione di quei
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Per tale motivo si utilizzarono tutti gli spazi (relitti stradali) appartenenti
al Comune o al Principe, e fu anche provveduto alla costruzione della
via d’accesso alla stazione lungo una morra soggetta già alla corrosione
del Tevere. Tale nuova via doveva essere il principio di una nuova arteria
dando modo a chi ne aveva desiderio, di costruire case lungo di essa. Via
che venne intitolata con atto consiliare n. 24 in data 14 settembre 1931,
in omaggio alla Capitale d’Italia: “Via Roma”, l’allora via della Stazione
che andava dal centro storico alla stazione ferroviaria, per una lunghezza
di circa 500 metri.
128
Anno 1938 manifestazione davanti alle scuole elementari in occasione
dell’anniversario della marcia su Roma. E’ presente il podestà
Sig. Quinto Tega, i componenti della banda musicale,
esponenti del partito fascista più Cittadini
Anno 1938 – cerimonia commemorativa marcia su Roma taglio del
nastro (sullo sfondo Via Roma e palazzo comuanle)
129
Inizio di Via Roma
con la casa di zia
Betta e la sede
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Immagine molto antica dell’ingresso del centro storico
presa dall’archivio storico di Foligno – sullo sfondo vediamo
chiaramente la torre dell’orologio, la chiesa ed il palazzone
130
Il 30 giugno 1934, fu data una nuova denominazione anche alla
via interna dell’abitato denominata “Via del Borgo”, la quale era stata soggetta a lavori di sistemazione, dandogli un’intitolazione dedicata
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Pertanto, oltre allo stato di necessità, il Comune era spinto a tale
provvedimento da considerazioni estetiche, igieniche, economiche e sociali. Era ovvio, che fatto il piano d’ampliamento, ogni cittadino doveva
sottostare ad esso e al Regolamento edilizio sia per ciò che riguardava
l’ubicazione come pure il disegno della casa. Ognuno poteva acquistare
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eliminando così parecchi mali di carattere sociale ed anche morale che
travagliavano l’elemento operaio e delle piccole industrie. Sarebbe sparito il fenomeno del sovraffollamento (dal censimento risultava che la
maggior parte delle famiglie abitava in uno o due vani), sarebbe, altresì,
sparito l’astio del popolo contro chi ha tanta terra, nonché il pericolo
della promiscuità dei sessi nella stessa camera e tante malattie derivanti
dal contagio inevitabile in simili casi. La locale stazione ferroviaria, di
grande importanza per trovarsi sulla linea Roma-Firenze e nel punto della deviazione per Viterbo, era lo scalo naturale di molti paesi quali Giove,
Penna, Lugnano, Porchiano, Mugnano, Bomarzo: ad essa convergevano
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tutte queste condizioni favorevoli, non si erano mai sviluppati sul luogo
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riluttanza da parte dei proprietari a concedere aree fabbricabili. Nel paese
esisteva anche il deposito del personale viaggiante e delle macchine per
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cienza di abitazioni.
Il progetto di ampliamento del paese doveva essere realizzato
nel tempo massimo di anni venticinque, e doveva essere fatto a lotti iniziandolo in quelle parti del paese dove già esistevano le strade come ad
esempio nei pressi della Stazione e sul Viale Regina Margherita (oggi
Viale Risorgimento).
Altro punto importantissimo all’ordine del giorno dello stesso
Consiglio Comunale fu approvazione del contributo per la spesa di com'
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in una precedente seduta indetta dal Principe don Giulio Borghese, era
stato costituito un Comitato permanente per raccogliere i fondi necessari
alla compilazione del progetto per il ponte sul Tevere. L’Ing. Gramignani
del Genio Civile di Perugia, calcolò in £. 40.000 la spesa relativa alla
compilazione del progetto e in circa due milioni quella per la sua esecuzione, sottolineando che quest’ultima doveva essere sostenuta dallo
Stato, riguardando essa un’opera di interesse generale della Nazione.
Considerato, però, che il Governo non si sarebbe mosso senza lo sprone
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la compilazione del progetto da presentare al Governo. Le due Provincie
(Umbria e Lazio) avrebbero ripartito la spesa insieme ad una ventina di
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avrebbe contribuito con una somma iscritta nel bilancio preventivo pari a
£. 1.000.
Fu, altresì, proposta l’istituzione di un asilo infantile che avesse
tolto dalla strada e dalla piazza i bambini non soggetti per l’età all’obbligo scolastico e quelli che, pur ottemperando ad esso, rimanevano senza
custodia e vigilanza per il resto della giornata. A tal proposito si comunicava che era stata espressa l’idea, da parte di alcuni cittadini volontari di
istituire l’asilo ad opera del patronato scolastico, ed il Comune avrebbe
dovuto partecipare alla spesa, certo non indifferente, necessaria per il
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e dedito al lavoro, erano così evidenti da non abbisognare di singolari
illustrazioni. Tale proposta fu approvata all’unanimità dei presenti. Nel
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ex novo da adibire ad asilo infantile si propose di cedere il fabbricato di
cinque vani ove precedentemente nel 1904 venivano tenute le scuole e
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Maria del Belgio Principessa di Piemonte” in omaggio alle nozze che sarebbero state celebrate in Roma il giorno 8 gennaio 1930 tra Sua Altezza
Reale il Principe Ereditario e la Principessa Maria dell’eroico Belgio.
Solo nel 1938 verrà inaugurato lo stabile sede del nuovo asilo
Infantile “Rosa Farinelli”, gestito da Suore catechiste.
132
133
Anno 1938: inaugurazione Asilo Infantile
Da sinistra: Danilo Bassetta, il Sorveglliante, Dino Nevi, Nevino Nevi, Eugenio Santarelli,
Ing. Farinelli Figlio della defunta madre Rosa, il Podestà Quinto Tega, Creta il Sor Momo e don Bruno
Asilo infantile “Rosa Farinelli” anno 1940
all’epoca era gestito dalle Suore del Preziosissimo Sangue.
Sulle scale il Vescovo V. Loiali e don Bruno Medori
Foto di gruppo bambini dell’asilo, suore del preziosismo sangue, il
vescovo V. loiali e don Bruno Medori
134
Sempre nel 1922, precisamente il ventuno del mese di marzo,
la Giunta con i poteri del Consiglio richiese all’autorità superiore l’impianto nel Comune di una Caserma dei Carabinieri per gravi motivazioni di sicurezza. Si sottolineava che dipendendo dalla Stazione di Giove,
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a prendere con sollecitudine quei provvedimenti atti a scoprirne ed arrestarne gli autori. Prova ne era l’ultimo fatto avvenuto il 30 gennaio
nel quale rimase ucciso in una rissa il !), assessore
comunale. Ove ci fosse stata la benemerita arma quasi certamente non si
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potersi allontanare con il treno senza fastidio di sorta. A ciò si aggiungeva
che con la presenza della stazione ferroviaria, non passava giorno in cui
non avveniva qualche incidente con presenza di gente di malaffare e furti
ferroviari; inoltre erano all’ordine del giorno furti compiuti di generi e
specialmente di bestiame, furti che i proprietari rinunciavano a denunciare, tanta la certezza che non sarebbero arrivati a nessuna scoperta mentre
sarebbero sicuramente andati incontro a maggiori rappresaglie da parte
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sciva impossibile all’amministrazione esercitare il potere d’ordinanza ad
essa conferito dalle leggi in materia di igiene, di polizia, di sanità pub=!'
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l’autorità comunale non aveva i mezzi atti a farne osservare le disposizioni.
Il 24 ottobre 1922 alcune migliaia di camicie nere si riunirono a
Napoli dove Mussolini arringò: “ O ci daranno il governo, o lo prenderemo calando su Roma; ormai si tratta di giorni, forse di ore. Il 27 ottobre
un comunicato della direzione fascista annunciava che le camicie nere
stavano “disperatamente” marciando su Roma ed il 28 ottobre, in realtà
senza avere incontrato ostacoli apprezzabili, i fascisti entrarono nella capitale, ottenendo così Mussolini, il 31 ottobre, l’incarico di Presidente del
Consiglio da parte del re Vittorio Emanuele III°.
Due anni dopo, il 30 ottobre del 1924, il Sindaco Gaudenzi Gioacchino, dispose di commemorare la marcia su Roma e la formazione del
nuovo Governo apponendo nell’aula consiliare una lapide che ricordasse
lo storico evento ed inviando al Duce Mussolini un telegramma di plauso
e di ammirazione per l’opera svolta sino ad allora a prò della Patria.
135
Famiglia Gaudenzi: Giuseppe, Girolamo e Gioacchino
Dopo la presa del potere da parte di Mussolini, gli storici concordano nel ritenere che la fascistizzazione del Paese iniziò in seguito ad un
discorso che egli fece alla camera il 3 gennaio 1925, con il quale “cominciò a concepire il fascismo come un regime che doveva essere totalitario,
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'tive adottate dal governo fascista ricordiamo che, con due disposizioni di
legge emanate tra il febbraio ed il settembre 1926, nei piccoli Comuni il
Sindaco ed il Consiglio Comunale elettivi furono sostituiti dai podestà
e dalla . Ecco, pertanto, succedere nel
1929 al Sindaco, Gaudenzi Gioacchino, in qualità di podestà, il Cav. Cur
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2.2.1934 venne nominato Commissario prefettizio prima, podestà poi,
il Cap. Tega Quinto, sostituito poi l’8.9.1939 dal Sig. Bernardini Rutilio nominato con decreto di S.E. il Prefetto di Terni in data 7.9.1939.vIl
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dell’esecuzione di lavori per il paese come ad esempio la costruzione
della tettoia del pubblico lavatoio.
Del Colonnello Tega,
Col. Tega Quinto in Libia
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sulla propria lapide, un pensiero scritto da un suo compagno di prigionia
che così dice: “ io conobbi un padre che aveva i capelli bianchi l’anima
gentile e bella…conobbi un gran soldato che sui campi di battaglia nulla
chiedeva e tutto donava, nel gran silenzio della sua fede. Un soldato di
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buono come la carità:….or procedeva tracciandomi il cammino. Or mi
seguiva per ricalcarlo in silenzio…si chiamava ricordo…Quinto Tega…
se lo incontrerete amatelo, abbraciatelo per me”.
Podestà Amedeo Curti
137
Anno 1938 – cerimonia commemorativa marcia su Roma
Anno 1938 – cerimonia di assegnazione di una medaglia
di fronte al comune con l’intervento del Podestà
e di altre autorità civili e militari
138
Una testimonianza del periodo dei podestà lo ritroviamo in un invito fatto
al Sig. Gaudenzi Gioacchino,
Girolamo Gaudenzi, Gioacchino, Emilia con la mamma
da parte del Comune di Assisi, per l’ammissione al ricevimento che
avrebbe avuto luogo alle ore 9 di domenica 12 settembre 1926 nel Palazzo del Comune in onore di Sua Maestà il Re d’Italia, ed indirizzato
chiaramente al “Podestà di Attigliano”.
139
Invito ricevuto dal Podestà per partecipare al ricevimento
presso il Comune di Assisi in onore di
Sua Maestà il re d’Italia
Il 3 aprile 1926 fu istituita l’Opera Nazionale Balilla (O.N.B.)
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scuola e si sovrapponeva ad essa con intenti esclusivi di propaganda e
di formazione politica”. Nella seduta consiliare dell’11 novembre 1929,
presieduta dal Podestà Sig. Curti Amedeo, fu letta la lettera con cui la
Presidenza del Comitato Provinciale dell’Opera Nazionale Balilla richie
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contributo per un sempre maggior sviluppo ed incremento della benemerita Istituzione nonché l’invito del Prefetto ad aderire all’opera suddetta
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tigliano fu iscritto quale socio temporaneo dell’Opera Nazionale Balilla
obbligandosi a versare la somma di £. 120 annue per un periodo di cinque
anni a decorrere dal 1930. Il 3 marzo 1934, il Podestà Cap. Tega Quinto,
deliberò di contribuire all’acquisto di alcuni moschetti per l’istruzione
dei Balilla, ad integrazione della raccolta di fondi che già era partita su
iniziativa del Presidente del Comitato dell’O.N.B.
140
1° classe elementare anno 1933.
il 3 aprile 1926 fu istituita l’opera nazionale Balilla (O.N.B.) allo scopo di
monopolizzare l’educazione della gioventù in senso fascista e militarista.
L’O.N:B., trasformata poi in gioventù Italiana del Littorio, in un certo qual
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""neva ad essa con intenti esclusivi di propaganda e di formazione politica”…
anche nella nostra scuola i ragazzi portavano il beretto e il fazzoletto al collo perché il comune di Attigliano era stato iscritto quale socio temporaneo
dell’opera Nazionale Balilla, obbligandosi a versare la somma di £. 120 annue per un periodo di cinque anni a decorrere dal 1930. Nel 1934, il Podestà
Cap. Tega Quinto, deliberò di contribuire all’acquisto dialcuni moschetti per
l’istruzione dei Balilla, ad integrazione della raccolta di fondi che già era
partita su iniziativa del Comitato dell’O.N.B.
141
Classe con i balilla
142
Furono istituiti premi di nuzialità e natalità, ed anche nel nostro
piccolo borgo, venivano corrisposti tali premi nella misura di 100 lire
per ciascuna coppia che si sposava, come ad esempio il 4.12.1937 furono corrisposti alle seguenti coppie: Giuliani Gino e Pavoni Genoveffa,
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150 lire per ogni bambino nato.
Il tema della sicurezza pubblica, era molto sentito e già in questo
periodo (anno 1933) si fecero le prime pressioni presso S.E. il Prefetto
perché si facesse interprete presso le autorità di P.S. della impellente necessità di addivenire alla istituzione di una caserma dei R.R. Carabinieri
nel Comune di Attigliano, a tutela soprattutto del transito dei treni spe!€
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del fabbricato di proprietà Borghese sito in Piazza Vittorio Emanuele, al
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spondente alle esigenze ed anche per dare la possibilità di adibire alcuni
di detti locali a consultorio, ambulatorio, maternità e infanzia ed altro
per conto del Comune. Poi nel 1937 furono ceduti in uso, per la durata
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reno del fabbricato Borghese, sito in P.zza V. Emanuele, con ingresso
dalla piazza stessa, con la condizione che lo stesso Fascio si impegnava
a restaurarli a sue spese per adibirli a “Casa del Fascio” ed a sede delle organizzazioni del Regime. Solo anni dopo, precisamente nel 1948,
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tale immobile, anche in considerazione del fatto che era all’esame del
Provveditorato delle OO.PP. di Perugia, un progetto per la sistemazione
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Ex Palazzo Borghese veniva utilizzato come rimessa per i cavalli.
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Parte laterale dell’ex palazzo borghese.
A quest’epoca risalgono diverse iniziative:
la cerimonia per l’anniversario della marcia su Roma (1938);
Anno 1938 – cerimonia commemorativa marcia su Roma.
144
Anno 1938 – cerimonia commemorativa marcia su Roma taglio
del nastro (sullo sfondo Via Roma e palazzo comuanle)
la festa dell’uva (1937);
Festa dell’uva
145
Anno 1937: festa dell’uva durante il periodo fascista (la bambina piccola è Marilena Nevi poi da destra
Gaetana Lucci, Maria Letizia Tega, Alfonsina Bacci, Maria Ricci, Marcella Grilli, Agatina)
146
Festa dell’uva
147
altra cerimonia per assegnazione di una medaglia al valore (1938);
Anno 1938 – cerimonia di assegnazione di una medaglia
di fronte al comune con l’intervento del Podestà
e di altre autorità civili e militari
la campagna antitubercolare (1937);
Anno 1937 – campagna antitubercolare – in primo piano
Gaetano Lucci che porge da mangiare ad un ospite
148
la lotteria per la musica (1935-1936);
Anni 1935/1936. Lotteria per la musica
processione del venerdì santo (1938);
festa di San Lorenzo Martire (1938);
Anno 1938 festa patronale in piazza
149
Processione di San Lorenzo
150
Processione venerdì Santo
Anno 1938: la processione di San Lorenzo rientra in Chiesa
151
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conosciuti ricorda che il primo da sinistra era Dario il marito di Giulivetta, vicino Bassetta Tullio, l’ultimo da destra Duilio Moretti, vicino Ivo
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Bonelli…gli altri spero che qualcuno vedendo la foto possa dire “questo
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Anno 1938 la banda musicale ( Dario baffone - Roberto Neri in fondo a destra Duilio Moretti e Ivo Bassetta) 280: anno 1938 festa patronale in piazza
152
Banda mascherata durante il periodo di carnevale.
Fu anche deliberato di sostituire la vecchia porta della chiesa del
cimitero che si trovava in uno stato indecoroso per il luogo sacro, con
una nuova porta di castagno, incaricando il falegname Moretti Duilio
della suddetta fornitura, per una spesa di 400 lire nonché di provvedere ai
lavori di ampliamento del cimitero stesso, nominando una commissione
che aveva il compito di raccogliere i fondi per sostenere tale spese. In
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Mesculucci. L’ultimo progetto di ampliamento risaliva al 1928.
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Foto con la scritta “Viva il Duce”
A partire dal 1931 il fascismo andò assumendo i caratteri compiuti di un regime di massa che intendeva inquadrare l’intero popolo nelle sue organizzazioni. Si arrivò anche in Italia allo stato totalitario, pur
con i limiti della presenza del re e del papa.
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ripreso. La causa principale di questa decadenza va attribuita ai gravi errori di politica estera, soprattutto al fatto che Mussolini volle allearsi con
la Germania di Hitler. Un’altra causa del declino fu il nuovo indirizzo che
Mussolini dette alla politica italiana; enunciato nel marzo 1936 fu chia"!
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da quella estera. Con l’autarchia si intendeva imporre un piano regolatore
inteso a frenare i consumi, potenziare l’industria, principalmente quella
bellica, rendere l’Italia indipendente per ciò che concerneva le materie
prime e le derrate alimentari.
Il 6 maggio 1940 fu promulgata una legge, la n. 577, sul razionamento dei consumi delle famiglie italiane. In un secondo tempo il Ministro per le corporazioni “di concerto col Ministro per l’agricoltura e per
le foreste e col Ministro per l’interno” in data 12 settembre 1940 emanò
un decreto, composto di 19 articoli, nei quali si ordinava il razionamento
dei generi alimentari, mediante ##, che
154
era personale e non cedibile.
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suscitò malcontento tra la gente che, adottando ogni sotterfugio, riusciva
ad eludere i controlli e a sottrarre parte dei raccolti da destinare all’ammasso.
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Gruppo di ragazze da sinistra: Maria Ricel, Lidia e Elide
Gaudenzi, Giulia Creta
Dopo che l’Italia, il 10 giugno 1940 dichiarò guerra, la situazione della popolazione andò peggiorando sia per ciò che riguardava l’economia sia per ciò che riguardava la sicurezza degli uomini e delle cose. I
generi di prima necessità cominciavano a scarseggiare e il popolo aveva
riluttanza a consegnare il grano e gli altri prodotti della terra frutto del
duro lavoro dei contadini che costituivano la stragrande maggioranza dei
lavoratori di questa zona.
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paese, si arrangiava come meglio poteva, frequente era infatti la pratica
della borsa nera, di cui le autorità erano a conoscenza e che tentavano di
stroncare con ogni mezzo.
Il Questore di Terni, il 14 novembre del ’43, inviò ai podestà
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Fascio Repubblicano, una lettera di questo tenore: “Poiché ai controlli
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mio intendimento procedere con la massima energia per stroncare la borsa nera che sottrae generi assegnati per legge al razionamento rivedendoli
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ti autorità. Tale stato di cose…provoca uno squilibrio tra i salari e gli
stipendi da un parte ed il fabbisogno della popolazione dall’altra, con
conseguente grave turbamento della tranquillità dei lavoratori. E’ necessario quindi un intervento energico per la normalizzazione dei prezzi ed
un’oculata vigilanza per il loro mantenimento…procedendo contempo
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sibilmente anche contro coloro i quali, preposti alla tutela degli interessi
dei lavoratori, mostrassero assenteismo incompatibile con le attuali contingenze”. La situazione si aggravò ulteriormente quando nel ’44, poco
prima della disfatta dei nazifascisti, cominciarono a circolare voci sulla
incerta destinazione dei soldati italiani. Dalla Prefettura di Terni arrivò
al Comune di Attigliano, una circolare datata 18 aprile 1944, dello Stato
Maggiore dell’esercito, con la quale si esortava l’autorità locale “ a svolgere intensa opera di propaganda per la popolazione di codesto Comune,
atta a neutralizzare le voci tendenziose e disfattiste”. Ecco qualche stralcio: “L’iniziato avviamento di reparti italiani per la Germania ha fornito,
come d’altronde era facile prevedere, alla propaganda sovversiva tra la
popolazione ed i richiamati, voci che tendono a presentare l’anzidetto
trasferimento come una specie di “larvato internamento” che potrebbe
magari essere seguito in futuro dall’invio di reparti italiani sul fronte russo, ma, comunque, durerebbe parecchi mesi, togliendo così all’Italia in
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A tali “voci” bisogna opporre una decisa e convinta contropro$"
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Divisioni, dopo essere state armate e dopo un periodo di addestramento
della durata di alcune settimane, rientreranno in Italia per essere impiegate sul fronte operativo. Nulla fa ritenere a questo stato Maggiore che gli
accordi raggiunti non saranno osservati. Si ha anzi la piena certezza che
una volta ultimato il periodo di addestramento, le nostre Divisioni pren
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sul fronte italiano.
L’insana propaganda sovversiva che in alcune Provincie ha pro% %
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altera volutamente e in mala fede fatti e avvenimenti, creando quell’at
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tanta ardua la nostra opera di ricostituzione.
E’ dovere di tutti i Comuni periferici stroncare queste forme di
propaganda…E’ ovvio che nell’attuale situazione ogni uomo di buona
fede deve comprendere che il Comando tedesco potrebbe attuare ben altri
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nessun esercito impiega su un fronte operativo unità il cui rendimento,
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italiana deve comprendere che solo collaborando….”
Intanto cominciarono i bombardamenti, ancora vivi nei ricordi di
quanti vissero quei tragici momenti………
Frattanto la direzione Generale per i servizi di protezione Antiaerea del Ministero dell’Interno diffondeva opuscoli per allertare la popolazione sui pericoli di nuove armi di offesa che potevano essere lanciate
dagli aerei e cu come proteggersi da esse.
I bombardamenti causarono ingenti danni alle proprietà, particolarmente a quelle situate lungo la ferrovia, al ponte di ferro sul Tevere,
per cui al capo della provincia cominciarono ad arrivare richieste di
risarcimento dei danni subiti.
Giulio Maccaglia (nonno di Patrizia Maccaglia)
Quanti uomini di Attigliano partirono per il fronte? Noi, per ora,
== % ! che morirono combattendo per la patria:
Bacci Argentino nato in Attigliano il 28 aprile 1923 da Cioverchia Liade
e Bacci Guerrino. Giovane di grande temperamento, di carattere gioviale,
altruista ed estroverso, era animato da forte senso del dovere ed amore
per la patria già in guerra, e ad appena 18 anni chiese ed ottenne di essere
arruolato in marina. Imbarcato sul cacciatorpediniere “Alvise da Mosto”
157
perse la vita nell’affondamento della sua nave la sera del 1 dicembre
1941, nel canale di Sicilia.
La stessa sorte toccò al suo grande amico Porcacchia Ottorino,
nato ad Attigliano il 17 settembre 1911 e arruolato anch’egli in marina
raggiungendo il grado di maresciallo maggiore. Ottorino lasciava a casa
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L’affondamento della nave su cui erano arruolati Argentino ed
Ottorino fu uno dei tanti episodi gloriosi della nostra marina: il “Da Mosto” faceva la scorta ad una petroliera che doveva rifornire le nostre truppe in Africa settentrionale.
Fu attaccato da un’intera squadra navale inglese composta da
una decina di navi ed aerosiluranti. Nonostante la spaventosa differenza
di potenza, il Comandante e l’equipaggio del “Da Mosto”, non esitarono
ad avventarsi sul nemico per arrestarne la marcia e salvare il prezioso carico della nave cisterna. Dopo un furioso combattimento di oltre un’ora,
la nostra nave riuscì ad abbattere un aereo nemico e a danneggiare gra%
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a poppa da un’intera salva di cannoni che ne decretò il suo estremo e
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me a gran parte del suo equipaggio, e con i nostri Argentino e Ottorino,
una nave inglese, sbalordita da tanto eroismo, si avvicinò per offrire aiuto
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Il Comandante e la nave furono insigniti di Medaglia d’oro al Valore
Militare
Antimi Persilio nato ad Attigliano il 9 giugno 1920 da Giovannino e Peppina Antimi. Si arruolò giovanissimo nella Marina Militare di
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Belella Attilio nacque a Celleno il 18.12.1919 parti militare di leva di
stanza a Livorno presso l’81° Reggimento di Fanteria. Dopo varie vicisj=J
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in questo luogo nel 1944 per un tragico equivoco.
Fu ucciso per errore dai partigiani, in quanto indossava una camicia nera che doveva in realtà servire solo ad evitare la deportazione in
Germania.
Guerra Augusto. Studiava da seminarista. A 18 anni si arruolò in
polizia a Viterbo per non essere deportato in Germania. Morì il 17.1.1944
durante un bombardamento mentre cercava di raggiungere un rifugio.
Creta Marino nato ad Attigliano il 7 luglio 1915, era sergente
maggiore motorista dell’aeronautica. Fu mandato in missione in Africa
dove partecipò a diverse e tragiche battaglie, al termine di una di queste,
ottenne una licenza premio per ritornare a casa in Italia. Egli accettò ben
volentieri, però scelse la nave al posto dell’aereo, poiché volare, secondo
lui, in quel momento, poteva essere molto pericoloso. Ma il destino, pur158
troppo, lo aveva ormai segnato.
La nave su cui si era imbarcato per tornare, fu attaccata e affondata, così morì il 15 gennaio 1941 a soli 26 anni di età.
Tomassi Riccardo nato ad Attigliano nel 1920 da Ernesta Lattanzi e Dalmazio.
Fu soldato scelto nella 7^ compagnia sussistenza a Firenze. Da
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Bassetta Ivo nato ad Attigliano il 9 luglio 1921 da Tullio e Filomena
Bellini.
Arruolato anch’egli molto giovane, morì in un campo di concentramento in Germania il 20 gennaio 1945. La sua salma fu poi sepolta
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andati a rendergli omaggio. Qualche anno fa, su richiesta della famiglia e
prima della morte della madre, i resti del povero Ivo sono stati riportati in
Italia e con tutti gli onori che competono ad un caduto, sono stati tumulati
nella tomba di famiglia nel nostro cimitero.
Ai caduti in guerra si aggiungono caduti civili:
Cosimi Domenico. Era il 7 giugno 1944, egli se ne stava in casa, al sicuro con la famiglia mentre l’esercito tedesco si ritirava al nord a causa
dell’avanzata degli alleati. Verso le tre del pomeriggio si presentava nella
sua casa un solo soldato delle S.S. che con le armi in pugno incominciò
a chiedere cibo e vino. Dopo essersi rifocillato, il soldato si avvicinò a
Domenico, lo afferrò per un braccio e gli sparò all’improvviso e senza
alcun motivo al torace, sotto gli occhi della moglie Gelsomina.
Subito la moglie e d il fratello misero Domenico, gravemente
ferito, su un carro trainato da buoi e poiché in paese non c’era il dottore,
partirono per Amelia. Viaggiarono per tutta la notte e solo a Foce trova "
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dissanguato, dopo un’agonia di 14 ore, alle cinque del mattino dell’8
giugno all’età di 43 anni.
159
Cosimi Domenico. Era il 7 giugno
1954, egli se ne stava in casa, al
sicuro con la famiglia mentre
l’esercito tedesco si ritirava al
nord a causa dell’avanzata degli
alleati….quando si presentò un
soldato delle S.S. che con armi in
pugno cominciò a chidere cibo e
vino. Dopo essersi rifocillato, il
soldato si avvicino a Domenico, lo
afferrò per un braccio e gli sparò
all’improvviso e senza alcun
motivo al torace…. Morì
dissanguato dopo un’agonia di 14
ore, alle cinque del mattino dell’8
giugno all’età di 43 anni.
Antimi Benvenuto nato ad Attigliano nel 1898. Fu ucciso il 5 novembre
1943 da alcuni soldati tedeschi in ritirata, nei pressi della stazione ferroviaria. Stava attraversando la ferrovia per andare verso la Madonna delle
Grazie, dopo essere andato a lavorare alla scappia. Gli fu intimato di
fermarsi ma non ubbidì all’ordine e fu colpito a morte. Lasciò la moglie
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eretto in loro memoria posto in Piazza Umberto I° con la seguente dedica:
“A chi nell’adempimento del dovere a difesa dello Stato cadde abbattuto
ma non vinto”.
Particolare del Monumento ai
Caduti in Piazza Umberto
(in primo piano Peppino
Frollano con in braccio
la sorellina Lorena)
160
Nel 1943, invece, durante il bombardamento di un carro merci
tedesco pieno di tritolo presso la stazione ferroviaria, da parte degli alle!
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carretto nella chiesina del cimitero.
Schegge dei bombardamenti danneggiarono seriamente anche
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Cessato il regime furono disposte l’abolizione degli ordini ca%
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Vittorio Emanuele III° di Savoia; dalla Prefettura di Terni, su richiesta
del Comando Militare alleato, arrivò al Sindaco di Attigliano un’ordinanza, datata 1 luglio 1944, con la quale era fatto obbligo a tutti i cittadini,
partigiani compresi, di consegnare le armi e le munizioni detenute abu%
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za. Inoltre dovevano essere consegnati al comando dei carabinieri tutti
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superato lo stato di emergenza, la vita della popolazione riprendesse al
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legalità e che fosse pienamente riaffermato il principio dell’autorità.
Nell’agosto del 1944! #! %
come Sindaco il Sig. Neri Carlo, il quale fu sostituito il f8#*,5=
con il Geom. Saldari Enrico.
Fu l’inizio di una nuova era e di nuovi ambiziosi progetti. Biso$%
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e serenità.
Fu costruito il moderno acquedotto comunale urbano, che fu il
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nistrazione Comunale realizzata. Il 31.12.1950, in seduta consiliare, fu
riconosciuta l’idoneità dell’apposizione di una lapide, in marmo bianco,
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scritta in lettere scolpite:
COMUNE DI ATTIGLIANO
L’AMMINISTRAZIONE DEMOCRATICA COMUNALE
IN RISPOSTA ALLA FIDUCIA DEL LIBERO MANDATO
PER LA PRIMA VOLTA NELL’AURORA NASCENTE
DI UN ORDINE NUOVO
AFFIDATO ALLA SERENA AUDACIA GIOVANILE
TENACEMENTE SUPERATE DIFFICOLTA’ D’OGNI GENERE
UNICAMENTE ISPIRATA AL CIVICO BENESSERE
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REALIZZAVA IL MODERNO ACQUEDOTTO
A memoria e sprone
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Lavori di costruzione del
moderno acquedotto
comunale urbano,
che fu il sogno di tutti i
cittadini e una delle
più grandi aspirazioni
dell’amministrazione
Comunale realizzata il
31.12.1950.
Ancora lavori acquedotto.
L’allora Sindaco
e Geom. Enrico Saldari
sovraintende i lavori
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1950: cerimonia inaugurazione acquedotto
era Sindaco il geom. Saldari Enrico
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Il Sindaco Enrico Saldari legge il discorso di inaugurazione
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autorità civili, religiose e tutta la popolazione del Comune
Inizio lavori di costruzione nuovo acquedotto
Ultimazione lavori
ultimazione nuovo
acquedotto
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Scavo per lavori
acquedotto.
Per ulteriori concordi
realizzazioni
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Resoconto dell’amministrazione comunale di Attigliano dall’aprile
del 1946 al maggio 1952
167
168
169
170
171
172
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174
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Margheriti Rinaldi, in concomitanza con gli adempimenti ecogra % ?Π|
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! no attribuite a vie anonime del paese le seguenti denominazioni:
Via A. Manzoni alla via anonima dell’asilo infantile
Viale C. Battisti al Viale anonimo per Giove
Viale G. Mazzini al Viale omonimo per Lugnano in Teverina
Via Trieste alla via anonima retrostante la Via Roma
Largo G. Verdi al largo anonimo che congiunge Via Roma con Via Monserrato;
Via C. Colombo alla via del paese già conosciuta sotto la denominazione
di “Vocabolo Gelsetti”, che congiungeva Viale Regina Margherita (oggi
Viale Risorgimento) con il Voc. Campaola.
Il 27 marzo 1961 furono intitolate due nuove vie: Via C. Cavour e Via G.
Matteotti e fu richiesta l’autorizzazione per mutare la denominazione di
Viale Regina Margherita in Viale Risorgimento e Via della Barca in Via
Giuseppe Garibaldi.
Bruno e Rosita a spasso su Viale Regina Margherita
oggi Viale Risorgimento (anno 1957)
180
Anni 1960 – strada di Lugnano
Maccaglia Genziana e Buratta Valentina
Viale Regina Margherita (oggi Viale Risorgimento) anni 1960
181
Viale Mazzini in tempi più recenti
Ancora immagine di Viale Regina Margherita
(oggi V.le Risorgimento)
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Iride Gaudenzi in Via del Tevere
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9. PERSONAGGI ILLUSTRI
Il 20 febbraio 1921 il Sindaco Neri Filippo, in seduta consiliare,
propose la commemorazione del defunto Capitano Loiali Guglielmo, accennando con brevi e indovinate parole alla vita dell’illustre concittadino,
morto in Torino per lo scoppio di una bomba nel mentre faceva istruzione
alle reclute. Fece risaltare di lui il carattere buono, franco e leale che lo
rendeva intrepido soldato e amico carissimo. Ricordava la serenità con la
quale, dopo qualche breve riposo, tornava al fronte e l’amore alla divisa
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nò arruolandosi volontario per la seconda volta. Egli aveva organizzato e
fondato nel breve tempo rimasto in paese la Cooperativa ex-Combattenti
alla quale aveva dato e si disponeva a dare ancora qualche parte della sua
operosità. Nelle ultime elezioni fu lui che caldeggiò l’unione dei combattenti con i contadini e che condusse vittoriosamente alle urne gli uni e gli
altri pur senza alcun interesse personale non essendo egli compreso nella
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capitano Adilberto e a tutta la famiglia.
9.1 MONS. VINCENZO LOIALI VESCOVO DI AMELIA
(Un Vescovo vicino ai suoi preti)
Vincenzo Lojali nacque ad Attigliano il 1 settembre 1894, allora
fondo dei Principi Borghese, sotto la Diocesi di Amelia, da Anselmo e
Maria Costantini di agiata condizione economica. “Un giorno di sabato –
annota nel suo diario – quindi sotto la protezione di Maria”.
Il santo ambiente familiare e le attenzioni paterne ed aducative
dell’arciprete don Colombano Mescolucci, contribuirono al sorgere della
vocazione sacerdotale.
185
Primo piano di Vincenzo Loiali in un ricordo che lasciò
all’amico Pietro Gaudenzi e famiglia
186
Gaudenzi Pietro in viaggio di nozze
Matrimonio di Pietro Gaudenzi (dietro gli sposi il Sig. Andrea Gaudenzi
nonno di Rosanna Gaudenzi e padre di Pietro.
187
Foto tratta dai ricordi della famiglia di Rosanna
Gaudenzi
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to” del secolo. Eroe al fronte, uomo del sacco in diocesi: in questa formu&
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+ Ricevette la cartolina di precettazione militare nel luglio del 1914: si trovava da due anni ad Arezzo, per prepararsi alla licenza liceale, che conseguì poi nel 1918, durante una vacanza dal fronte. La sua prima caserma
fu a Firenze, dove frequento l’oratorio dei Filippini; qui un certo padre
Carlo faceva la chioccia con i seminaristi mobilitati. Pochi mesi dopo era
caporale, il 29 novembre 1915 sottotenente, il 29 settembre 1916 aiutante
maggiore in seconda, il 23 gennaio 1917 tenente, il 6 giugno 1918 capitano; con questo grado si congedò dopo cinque anni e 23 giorni.
Il futuro Vescovo Vincenzo Loiali
Ebbe il primo encomio solenne il 18 luglio 1916 e la prima medaglia d’argento nella conquista del Monte Seluggio, presso Gorizia, la
seconda a Vertojba, la terza, di bronzo, alla Bainsizza. Visse sempre in
prima linea, sempre in trincea. Il 29 luglio 1916 fu ferito alla testa: un impercettibile spostamento e ci sarebbe rimasto secco; il 26 agosto 1917 fu
ferito al femore e fu obbligato a lunghe degenze. Per tutta la vita trascinò
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bile, anche sul ghiaccio delle strade di Amelia e dei paesi collinosi della
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se perché, sotto i mantellone militare tinto in nero, portato per tutta la
vita, trasportava pacchi di derrate, abiti, libri, che distribuiva nelle case
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e claudicanza gli attiravano simpatie struggenti: gli stessi comunisti, in
una velina degli anni 50, mentre dicevano ogni male dei vescovi umbri,
a proposito di mons. Lojali scattavano in piedi: “sempre simpatico e popolare, con le sue medaglie e la sua gamba ferita”.
Per comprendere il suo messaggio episcopale troviamo la chiave d’interpretazione proprio in alcuni episodi militari. Nella vigilia del
Natale 1916, in trincea si stava peggio che nelle altre serate: stanchezza
mortale, noia, piedi nel fango, gelo per tutta la vita, pericolo di essere
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centinaio di metri. Come dimenticare che era la notte santa, che i cari lontani sostavano dinanzi al presepio o, in chiesa, alla messa di mezzanotte?
Il seminarista-soldato ebbe un lampo di genio: a voce alta lanciò nella notte la prima invocazione dell’antifona liturgica, nella speranza che qualcuno dalla parte opposta ci cascasse: “Hodie Christus natus
est!” seguì una pausa lunga una eternità. Silenzio assoluto. L’antifona
fu ripetuta alzando al massimo la voce. Ancora silenzio. Poi una voce
baritonale, dal tipico accento tedesco, rispose “Hodie Salvator apparuit”.
Al dialogo “liturgico” seguì spontaneo il canto natalizio dei due opposti
schieramenti: Tu endi dalle stelle e Stille Nacht, Heilege Nacht. Quella
notte divenne di colpo “tregua di Dio”, mitragliatrici e fucili tacquero, e
il pensiero delle famiglie lontane si unì alla preghiera per la pace.
L’altro episodio risale al 31 dicembre 1918. Era comandante di
tradotta. Quando la mezzanotte stava per scoccare, il capitano Lojali pen&
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Madonna. Quando mancavano pochi secondi alla mezzanotte intonò con
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cette dell’orologio si avviarono per il primo minuto dell’anno nuovo, recitò ad alta voce la seconda parte: “Santa Maria”. In seguito, ricordando
quell’episodio, soggiungerà “Sono delicatezze che fanno sorridere, ma
sono queste delicatezze che hanno salvato la mia vocazione sacerdotale”.
Rientrato ad Attigliano dopo il congedo, la crisi che si era fatta
strada negli ultimi mesi di naja si accentuò. Di colpo si trova come in
un tunnel buio. Si domandava: sacerdote, missionario, oppure laico impegnato come Ozanam e Contardo Ferrini? Per tutto il corso della vita
militare aveva scritto quasi quotidianamente a mons. Berti, vescovo di
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giorno discutevano sulla vocazione di San Lorenzo Giustiniani, anch’egli indeciso tra chiostro e matrimonio. Finché si decise. Mons. Berti gli
disse: “Tu devi fare lo stesso!”. Provvidenzialmente in quel momento un
gruppo di sacerdoti irruppe nello studio per salutare il vescovo: effusioni
calorose e rumorose. Quella comunione esplosiva di gioia fu risolutiva.
Ruppe gli indugi. Entrò nel seminario Pio inglobato in quello Romano,
190
seguì un curriculum di studi splendidissimo, con una preferenza per gli
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tiche lingue orientali, meritando il plauso del noto Prof. Mons. Giuseppe
Sacco. Si laureò in teologia con il massimo dei voti. Rientrato in Amelia,
fece il “rettore-mamma” del Seminario, in cui insegnava, puliva i corridoi ed i servizi. Quando mons. Boccoleri, allora Amministratore Apostolico di Amelia, gli recò la nomina episcopale, stava ramazzando i corridoi
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Consacrazione episcopale Mons. Vincenzo Loiali
I poveri conoscevano alla perfezione gli appuntamenti delle sue
entrate: congrue, mensa episcopale, emolumenti per le medaglie al valore, carità dei suoi fedeli. Si trovavano puntualissimi: così la sua cassaforte era sempre vuota. In una nota di diario scrive: “Sono un vero
vescovo umbro, al verde, coma la mia Regione”. Oppure: “Sono passato
dal grigioverde al verde smeraldo”. La croce pettorale e la catenina erano
di umile metallo; quella d’ora donata dai suoi familiari la mise in un cassetto e non la tirò mai fuori. Nel testamento dispose che tornasse ai suoi
parenti, che gliel’avevano donata.
Quando era costretto a muoversi per i vari impegni pastorali, al
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privo di denaro. A Penna in Teverina, durante la processione di San Valentino, l’occhio attento del calzolaio Egidio Porcacchia scopre che il vescovo ha le scarpe talmente sfondate da “mostrare il rosso del pedalino”.
L’umile artigiano si commuove e dona al presule un paio di scarpe nuove
su misura.
Un altro “incidente” caritativo gli occorse in Francia. Alla stazione di Lourdes il treno speciale del pellegrinaggio umbro lo lasciò a terra;
egli prese la corsa seguente per raggiungerlo a Tolosa, ma quando passò
il controllore egli confessò di non avere il biglietto e di non essere in
191
grado di pagarlo, perché anche durante il pellegrinaggio i poveri, a volte
poco discreti, gli avevano vuotato le tasche. Gli allibiti viaggiatori fecero
una colletta per quel vescovo che realizzava nei fatti ciò che in Francia
veniva predicato a parole. La Chiesa povera, la chiesa dei poveri.
Amava stare accanto ai suoi sacerdoti. Li visitava spesso, rimanendo con loro in fraterno colloquio. Fece una sola visita pastorale, nel
1941, qualche anno dopo la sua consacrazione episcopale. Gli fecero
notare che bisognava farla ogni cinque anni. Rispose: “Vi vedo tutte le
settimane: di voi so tutto, come pure della vita delle vostre comunità; a
che serve una visita formale?”. La diocesi di Amelia era unita a quella di
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ventimila abitanti. Si viveva come attorno a un focolare. Quando qualcuno dei suoi preti incappava in guai, si mobilitava. Lo sperimentò bene il
dinamico parroco di Attigliano, Mons. Bruno Medori. Reagendo in maniera piuttosto forte ad un ballo organizzato dal Fascio locale, ebbe a dire
nell’omelia domenicale, con chiaro riferimento al Duce: “ Quest’uomo
prima o poi porterà l’Italia alla rovina “. Come si può ben immaginare,
quella frase venne subito strumentalizzata dai gerarchi locali che aveva+%
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Mons. Lojali fu fermissimo nella difesa del suo sacerdote al quale doveva semmai essere imputata solo l’inesperienza e l’imprudenza. Poiché le
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discussione dicendo: “ Sono pronto per protesta a riconsegnare le medaglie al valore conquistate sui campi di battaglia”.
Un altro episodio, simile al precedente per tanti lati, accadde nel
1944 in pieno periodo repubblichino. Era stato ucciso in un’imboscata un
giovane agente, autista del federale prof. Coppo. Ci furono subito le rap
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il carcere per i sacerdoti locali. Anche in quella circostanza i vescovo insorse, dicendo semplicemente: “Rispondo io di questi giovani sacerdoti.
Prima di arrestarli, dovrete arrestare me”.
Una pagina del tutto speciale deve essere scritta a proposito dei
rapporti con le religiose. E’ un segno dei tempi che premono: le operaie
della vigna sono chiamate a grandi cose. A queste operaie il vescovo
Lojali dedicava tempi incredibilmente lunghi. Alle Benedettine di San
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perché potessero recitare con cosciente impegno il breviario. Recava loro
ogni ben di Dio, sovvenendo a tutte le necessità. Le suore del Cottolengo
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seminario e a una scuola elementare in campagna, a S. Maria, alle porte
della città. Tra loro due amicizie angeliche: suor Anna Giustina Cavallucci, chiamata “la Perla”, e suor Raffaella Porchia, chiamata “il Giglio”.
192
Gli fecero notare che con le suore perdeva troppo tempo; rispose che a
torto i sacerdoti le trascuravano. In un corso di Esercizi confessava di
avere avuto la rivelazione che esse sono le madri dei sacerdoti e con la
loro vita riparano errori e tradimenti.
Conosceva i casi pietosi della diocesi. Quando meno lo si aspettava, bussava alla porta dei poveri recando doni e danaro.
Innamorato della sua diocesi e della cattedrale, che considerava
la sua sposa, vi recitava abitualmente il breviario in piedi, come fa un
militare degno di questo nome. Dopo il bombardamento del 25 gennaio, tutti abbandonarono la città, rifugiandosi nella campagna circostante;
egli volle rimanere accanto alla sua cattedrale. “una sentinella”, disse,
“non abbandona il suo posto di guardia”. Visse felice tra poveri e malati,
ma si trovò a suo agio con la sua accattivante semplicità, anche con i gra
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Emanuele, notando sul suo petto le decorazioni al valore, si alzò di scatto
andandogli incontro per stringergli calorosamente le mani e per ringraziarlo a nome della patria. Così a Papa Giovanni che lo invitava, per
la conoscenza delle lingue orientali, a occupare posti di prestigio nella
Chiesa, disse che era lieto di continuare ad essere vescovo di una piccola
diocesi.
Comunione Gaudenzi Rosanna con il Vescovo Loiali
e don Bruno Medori
193
Nella vita di ogni uomo giunge sempre il momento del Getsemani e
della solitudine. Gli ultimi tempi Mons. Loiali li visse appunto così,
benché non gli mancassero le visite dei sacerdoti e dei fedeli a lui più
familiari. Anche in quelle circostanze non smentì il suo
francescanesimo: mentre se ne stava immobile, seduto nelle fredde
stanze dell’episcopio, avvolto da coperte, non si rassegnò mai al lusso
di una stufetta elettrica, offerta dagli infermieri amerini. Quando i
suoi visitatori, particolarmente del clero, tutti raggelati, gliela
accendevano, egli lasciava fare; ma se per caso in seguito ripassavano
da lui la ritrovavano spenta.
La sua morte avvenne per infarto nella notte tra il 13 e il 14 mar'‡XX!$
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Il corteo passa per la piazza con le autorità civili, militari e religiose: vediamo il Sindaco Dario Di Maulo e
il vice sindaco Piero Casavecchia.
Altro momento del funerale con il corteo dei bambini
195
I religiosi
La bara portata a spalla con a
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196
Funerale
Funerale
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Funerale
funerale vediamo don Bruno con i paramenti sacri degni
di tale funerale seguito da don Luigi con Mecarelli Barlam
Romolo che porta un cuscino di medaglie….che appartenevano al defunto vescovo e conquistate sui campi di battaglia
198
Voglio riportare alcuni dei tanti ricordi personali fatti da persone che lo
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un Pastore, un Testimone”:
Rosina MEDORI:
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gentile, spirante sempre grande serenità e dolcezza. Ogni volta che veniva a trovarci era per noi una festa. Facilmente si entusiasmava, semplice
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prannaturale; le sue parole erano sempre ricche di fede e di conforto. Nel
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vissuti da mio fratello non gli fece mancare mai il suo incoraggiamento
e il consiglio.
Avv. Angelo ALCINI:
“…in famiglia veniva si e no due volte all’anno. Ci si trovava contento,
era allegro e mi dava l’impressione di rilassarsi dagli impegni che dovevano certamente gravare su di lui. Nei riguardi dei propri familiari, prima
del consilio vaticano dava l’impressione di essere assai distaccato, ma
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questa era la sua visuale: servire la Chiesa, non servirsi della Chiesa.
Sembrava distaccarsi dalla problematica umana, ma in realtà era per lui
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prannaturale illuminava tutto e gli suggeriva le proposte migliori. Era
vivo in lui il convincimento che tutto comunque si svolgesse nel disegno
di un amore provvidenziale e che quindi andava accettato come espressione della volontà di Dio.
Nel campo delle iniziative di apostolato laicale, amava esortare, incoraggiare, ma mai imponeva di autorità cercando l’adesione libera e responsabile di tutti. Non l’obbedienza ma la convinzione. Era un atteggiamento
non comune tra i presuli di allora, ma quanto mai vicino all’insegnamento del Vaticano II nei riguardi del pastore.
Nelle varie vicende della mia vita così complessa nell’alternarsi di mo
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stimonianza di fede orante che era come una costante della sua giornata.
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conforto nella preghiera ed ho avuto quasi la percezione sensibile di una
mano che dall’alto si protendeva verso di me per trami fuori dal pericolo
incombente.
Mi sembra di scorgere in Mons. Lojali alcuni lineamenti spirituali di San
Francesco chiamato ad operare il bene in una società che certamente non
poteva dirsi cristiana. Si sentiva impegnato ad operare il bene, a dare
testimonianza dell’amore di Cristo verso i fratelli bisognosi di aiuto e di
conforto, senza lasciarsi condizionare da atteggiamenti che del resto non
pensava neanche lontanamente di giudicare…”.
199
Danilo BASSETTA:
“…a giudicare mio zio sotto l’aspetto puramente umano devo dire che mi
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le preoccupazioni terrene che tutti quanti noi abbiamo non sembravamo
toccarlo. Sembrava a me un uomo astratto dalle realtà della vita, ma queste relatà diventavano a mio giudizio assai concrete quando egli veniva
a contatto dei problemi della gente comune, perché proprio questo era il
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stesso”.
Viveva o mi sembrava che vivesse, nella luce di una straordinaria provvidenza di Dio. Un ricordo ormai lontano. Lo incontrai una sera alla stazione Termini di Roma; vedendomi mi salutò con particolare effusione tanto
che rimasi sorpreso perché non abituale al suo comportamento piuttosto
riservato. Dopo i primi saluti mi disse che non aveva acquistato il biglietto e mi pregava di procurarglielo, cosa che io feci subito; mi accorsi
però che tale richiesta era sta motivata dal fatto che non aveva denaro.
Probabilmente, come altre volte attendeva l’intervento della Provvidenza
ed in quel caso la Provvidenza fui proprio io..”.
200
9.2 DON LUIGI LOIALI
(Una vita alla scuola di Maria e di Padre Pio)
Famiglia Loiali: la mamma Assunta con quattro dei cinque
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Dal libro: Che pace Signore!
Nel piccolo borgo di Attigliano vivevano due sposi, Tito Marcello Loiali ed Assunta Rossini, commercianti di professione. Nel 1921,
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primogenito, ebbe il nome di Armanda. Per ironia della sorte fu colpita
da una grave malattia e anche lei morì a soli nove anni. L’amore dei due
sposi fu forte, capace di superare le sofferenze e le grandi prove che la
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$ ! furono esauditi, perché il progetto di Dio era diverso. Concepirono altri
cinque maschi: Luigi, Fernando, Sandro, Silvero e Norberto.
Famiglia don Luigi
Tutti nacquero e crebbero ad Attigliano. Mai mancò, in questa
famiglia così numerosa, l’insegnamento di una vita cristiana e di preghiera. Luigi nacque il 12 ottobre del 1925, diventando così il primogenito vivente. Dal 1931 al 1936 frequentò la scuola elementare. Fanciullo intel$
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che prevaleva in lui era la carità. Quando cominciò a sentire dentro di sé
la vocazione al sacerdozio decise di farne partecipi i genitori: un giorno,
tornando a casa, li prese in disparte dicendo “mamma, papà, voglio farmi
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gliò di iscriversi alla scuola di Viterbo per conseguire il titolo di perito
agrimensore. Luigi fece capire ai suoi che la sua vocazione era diversa e
così lo lasciarono libero di scegliere, anche se questo avrebbe comporta202
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dello zio, Monsignor Vincenzo Lojali. Grazie a lui, Luigi fu incoraggiato
e sostenuto ad entrare in seminario all’età di soli dodici anni. Nel 1937
Luigi entrò nel seminario di Amelia di cui era rettore proprio suo zio.
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derivavano dalla loro osservanza, ma con tanta buona volontà cercava di
raggiungere gli obiettivi di una seria formazione sacerdotale e di una vita
santa. Dovette sfuggire a tante occasioni di peccato e tentazioni che la
vita, alla sua tenera età gli poneva dinanzi.
Don Luigi Loiali e Riccioni Orlindo
Ad Attigliano, il 10 luglio 1949, Luigi Loiali viene ordinato sacerdote dal Vescovo Vincenzo Lojali. Fu festa grande per tutto il paese,
abitato da circa trecento persone. Commozione immensa per i genitori,
in particolare per papà Tito Marcello, che all’inizio si era opposto a que%'
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chiamò il cuoco di un ristorante, insieme a cinque camerieri per servire a
tavola, e furono invitati tutti gli abitanti del paese. La gioia e l’emozione
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le persone di Attigliano e dintorni che lo amavano e stimavano.
Così Luigi Loiali divenne don Luigi, pronto a svolgere i compiti
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momento tanto intenso da non poterne descrivere la grandezza, la sua
comunione con Dio fece sobbalzare di gioia il suo cuore senza esserne
capace di poterlo fermare.
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don Luigi con Carlo Azelio Ciampi
Foto di don Luigi
205
Don Luigi con Padre Pio da Pietralcina
206
207
Foto di don Luigi
208
Foto di don Luigi
Don Luigi con Don Gelmini
Don Luigi con Monsignor Vincenzo Lojali
209
Il primo incarico per don Luigi fu quello di assistente spirituale
dei giovani dell’Azione cattolica del seminario di Amelia. Poi, dopo tre
anni, fu chiamato dal Vescovo che gli consegnò una lettera appena giunta
dal Seminario regionale di Assisi: si richiedeva l’aiuto di un sacerdote
che svolgesse l’incarico di vice rettore per centocinquanta seminaristi.
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ricordò al suo superiore che era appena uscito da quel seminario. Appoggiandogli la mano sulla spalla, il Vescovo lo rassicurò dicendo che quella
forte esperienza avrebbe giovato alla sua crescita spirituale e a quella dei
futuri preti. Don luigi insegnò musica e con la sua semplicità e saggezza, trasmise tanta serenità ai suoi seminaristi, i quali compresero che al
vice rettore stava davvero a cuore la loro formazione. Insieme crearono
una vera famiglia. Si era fermato nel seminario di Assisi per tre anni e
qualche mese, lasciando una profondissima impronta nei giovani che si
stavano formando al sacerdozio. Il suo amato vescovo lo invitò a riprendere la missione di padre spirituale dei giovani dell’Azione cattolica. Un
sabato sera, mentre rientrava da un campeggio con i ragazzi, bucò una
ruota della sua lambretta. Girò in lungo e in largo per trovare una buon
anima che gli riparasse il danno, ma non ci fu niente da fare. Decise così
di arrangiarsi da solo con un pezzo di gomma. Rientrò ad Amelia solo a
sera avanzata e il Vescovo lo rimproverò severamente per questo ritardo.
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stato nominato “parroco a Lugnano in Teverina”.
Anche in questa occasione volle ubbidire, a differenza di altri
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L’indomani si diresse, con la sua lambretta, a Lugnano dove fece esperienza di un “fattaccio”, come era solito dire: la ruota della lambretta che
lui stesso aveva aggiustato lo mandò fuori strada…. Fortuna volle che le
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nella chiesa romanica di S. Maria Assunta. La prima sera celebrò la santa
messa e dall’alto dell’altare ebbe un senso di timore: in quell’occasione
non riuscì a pronunciare una parola. Ben presto conobbe tutti i parrocchiani, le loro vicende personali e quelle famigliari. La sua delicatezza e
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in qualche occasione usciva fuori un temperamento deciso e severo. E’
vero, il don non sopportava le cose fatte male: per questo, talvolta, interveniva con molta determinazione.
Seppe comunque amare con generosità e farsi amare. Conquistò
tanti cuori con la sua gradita simpatia e realizzò numerosi progetti con
i ragazzi, “una famiglia vera e propria” – diceva – e aiutò tante persone
che non avevano la possibilità di mantenersi economicamente.
Non mancò il sostegno verso le attività di recupero e di acco$
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%|nità Incontro di don Pierino Gelmini, in particolare presso il centro di
Molino Silla, ad Amelia. Nei suoi progetti parrocchiali collaborò a stretto
braccio con un confratello, don Mario santini, parroco di Porchiano, un
210
paesino che dista pochi chilometri da Lugnano. Nel 1987, proprio nella
parrocchia di Porchiano, formò una corale in onore di Santa Cristina, da
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$cio Seminario Regionale di Assisi e anche pianista compositore di brani
classici e religiosi. Una delle sue maggiori doti era quella di saper cogliere la bellezza poetica di ogni cosa che incappasse nel suo sguardo. Alcuni
anni dopo i componenti della banda musicale di Lugnano gli chiesero di
dirigere la loro ultracentenaria istituzione. Con il beneplacito del vescovo
iniziò la formazione di oltre centocinquanta allievi, portando la Banda ad
un buon livello artistico.
Innamorato delle “sue” chiese, ebbe per loro una cura sempre
attenta, come gioielli preziosi da custodire e difendere, promosse opere
di restauro e rinnovamento all’interno e all’esterno delle varie strutture
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momento. Rimase parroco di Lugnano per ben trentasei anni.
Don Luigi sposa Bruno e Rosita…nella chiesa della
Quercia di Viterbo….era il 15.6.1957
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15.6.1957 matrimonio Bruno e Rosita
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Alla morte di Vincenzo Lojali, nel 1966, l’amministrazione apo
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Giovan Battista Dal Prà.
Anche il suo successore, Santo Quadri, dal 1973 fu Vescovo di
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al 1983, quando Franco Gualdrini venne ordinato vescovo di Terni, Nar
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nell’unica diocesi di Terni-Narni-amelia.
La dipartita di Mons. Lojali, lasciò in Luigi e in tutta la diocesi
un incolmabile vuoto. Con l’unione delle tre diocesi e con l’entrata del
successore Franco Gualdrini la situazione per don Luigi mutò ulteriormente. Il nuovo superiore gli comunicò che, a causa della scomparsa di
don Remigio Sensini, parroco della cattedrale di Amelia, sarebbe stato
trasferito da Lugnano in Teverina ad Amelia per divenire parroco della
Chiesa di Sant’Agostino, canonico sagrista del Capitolo della cattedrale,
cappellano di Sua santità. Possiamo ben immaginare quanto grande fu
la sua preoccupazione per essere sradicato da una realtà che conosceva
da trentasei anni ad una completamente nuova. In obbedienza, si separò
dal vecchio per accogliere il nuovo, lasciando però il cuore a Lugnano.
La sua sofferenza fu immensa da non poter essere misurata. Con la sua
umiltà seppe nascondere questo grande dolore che gli trapassava l’anima.
Luigi nella sua missione sacerdotale fu totalmente dedito alla
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lungo e in largo, ovunque si trovasse. Era necessario annunciare il Vangelo, gettare le reti per essere pescatori di uomini e autentici testimoni
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ni provenienti soprattutto dal clero intransigente; la frase “fare del bene”
e la parola “amore” spesso risultavano solo parole vuote, e lui grazie alla
preghiera e ad un’intima esperienza di Dio, si accorgeva che una certa
mentalità egoista dominava anche in quegli ambienti in cui la carità cristiana avrebbe dovuto imperare.
Raccontava il don che spesso si parlava di spirito missionario,
di ambiente familiare, di corpo mistico… per rimarcare l’interdipendenza e la comunanza di interessi, ma nell’atto pratico e nell’immediatezza
dell’agire, tutto si riduceva ad un languido, pio desiderio. Questo appariva
ai suoi occhi come il risultato di una fede fragile, di una certa incoerenza
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gloria e ci si scontrava per delle sciocchezze. Si dava vita a movimenti
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Solo buone parole a profusione, diceva don Luigi, ma niente di concreto.
Si parlava di carità e intanto si pensava a costruire palazzi; i poveri continuavano a soffrire nei tuguri e i “buoni” discutevano di impianti di riscaldamento! Molti non avevano il cibo necessario per sopravvivere e gli
“Alter Christus” andavano alla ricerca di leccornie, specialità, scemenze.
Questo diabolico modo di fare ci renderà schiavi – diceva don
213
Luigi – ci farà perire in una coscienza tormentata da mancanze di carità
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sanno tutti, ma pochi la vivono”. Dobbiamo amarci come fratelli? “Si, e
allora perché metti in banca i soldi, mentre tuo fratello non ha nemmeno
i mezzi per curarsi la salute? Don Luigi lo dimostrava con tante opere di
carità, che hanno rivelato concretezza e coerenza al vangelo. Impegnava
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soldi, e tutto questo a gloria di Dio. Per i senza tetto si rivolgeva talvolta
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risposta; se questa era negativa, tornava a casa stanco, ma il suo cuore
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fece mai mancare la preghiera e il sostegno ai malati; anche le anime che
erano lontane da Dio, grazie all’opera spirituale di don Luigi e attratte
dalla sua umile persona, ricevevano speranza e conforto.
Don Luigi lasciò da pellegrino questa terra per salire verso la
luce e riposare nella pace eterna di Dio, il 1 ottobre 2008, alle sei del
mattino.
“Dopo la morte vi sarà il giudizio particolare, e poi ancora il giudizio
universale. Per avere una buona sentenza, dobbiamo prima giudicarci
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ci avverte in quale condizione si trova la nostra anima; e quasi sempre
nel modo in cui siamo giudicati dalla coscienza, lo saremo da Dio dopo
la morte. Non bisogna rimanere legati ai giudizi degli altri perché sono
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9.3 Avv. ANGELO ALCINI
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professionali, istituzionali e politiche ha dato lustro alle sue origini attiglianesi.
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professionista e politico di indiscusso valore ed esempio.
Nei tanti incarichi ricoperti come uomo pubblico ( Consigliere
Comunale ad Attigliano, Consigliere Provinciale di Terni eletto nel Collegio di Penna in Teverina, Dirigente Provinciale, Regionale e Nazionale
della Democrazia Cristina, Presidente dell’Ospedale di Amelia, della Camera di Commercia di Terni e della Terni Industrie Chimiche del gruppo
ENI, Consigliere di Amministrazione dell’Università per Stranieri di Perugia, dell’AGIP e dell’Alitalia ) e come professionista ( Avvocato prima
e Notaio poi ) ha portato il segno distintivo del garbo, dello stile e della
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piano civile, sociale, economico e culturale.
Aveva un’ambizione legittima e motivata, quella di diventare
Parlamentare della Repubblica: ruolo che avrebbe sicuramente esercitato
con indubbia competenza. Purtroppo non ci riuscì per una circostanza
avversa e una competizione interna al Partito che privilegiò altre scelte.
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degli anni sessanta quando poteva essere candidato al Senato della Repubblica nel Collegio di Orvieto. Cosa che non avvenne perché gli mancavano pochi mesi al compimento dei quaranta anni di età. Al suo posto
venne candidato il Prof. Romolo Tiberi di Orvieto che venne eletto Senatore anche in tornate successive.
Contribuì in modo determinante nella fase iniziale dell’esperienza regionalista ( avviatasi nel 1970 ) ad eleggere nel Consiglio Regionale
prima il Prof. Romano Serrano di Amelia e poi l’Avv. Guglielmo Canali
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&stituzione dell’Azienda Turistica dell’Amerino ). Questi risultati elettorali e politici erano il frutto di un legame intenso con il territorio di tutta la
Provincia di Terni e vale la pena richiamare alla comune memoria alcune
personalità di un certo rilievo che a lui facevano riferimento: gli orvietani
Carletti, Manciati e Nunzi, gli ex Sindaci Muzzi di Alviano, Bergamini
di Guardea, Nardi di Lugnano in Teverina e Rocchi di Montecastrilli,
nonché il Cav. Pellegrini di Porchiano, Valeriani di Penna in Teverina,
Porcacchia di Giove ( che furono ottimi funzionari della Camera di Commercio. Alberto Porcacchia ricopri anche la carica di Segretario Generale) e lo “ storico “ leader della DC giovese Vallerignani Scipione.
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Perugia Giorgio Spitella, con il quale collaborò anche nella prestigiosa
Università per Stranieri di Perugia stessa. Un rapporto complesso – seppur di reciproca stima – lo ebbe con l’On. Filippo Micheli ( Deputato
ternano dalla Costituente al 1994 ) stante un diverso modo di concepire
l’azione politica dentro e fuori la DC. Nonostante la complessità di questo rapporto ricevetti nel 1977 da Alcini un bonario ma severo rimprovero, poiché in un pubblico incontro a Terni criticai aspramente ( e forse
eccessivamente ) l’On. Micheli ( lui presente ), generando anche un
qualche trambusto.
I suoi interessi spaziavano sapientemente sul terreno economico
e le periodiche relazioni quale Presidente della Camere di Commercio di
Terni fornivano analisi e spunti importanti per l’economia ternana e regionale. Su questo versante contribuì anche alla realizzazione della prima
zona industriale di Attigliano quella dove sono sorte le fabbriche della
SIDERUMBRA prima e della BETAVIT poi. L’attenzione alle tematiche
generali dell’economia lo vedevano ad un tempo impegnato anche sulle
questioni concrete del lavoro e dell’occupazione. Non ha mai lesinato un
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indipendentemente dall’appartenenza politica.
Due episodi avvenuti nel 1984 ( che mi videro personalmente
215
presente ) danno la misura dello spessore politico di Angelo Alcini e della
sua capacità di relazioni anche ad alto livello nazionale.
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nella sua abitazione privata a Roma in un attico presso Fontana di Trevi. Eravamo in preparazione del Congresso Nazionale della DC che mi
vedeva delegato per la componente Alcini e il confronto servì per fare il
punto della situazione interna al Partito e per affrontare alcune problematiche economiche inerenti la Provincia di Terni, legate alla presenza
sul territorio delle “ partecipazioni statali “ ( ENI ed IRI ). Bisaglia ( che
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prestigiosi del partito e in quel tempo ricopriva l’incarico di Capogruppo
al Senato. Ci comunicò, nella circostanza, la decisione di appoggiare l’elezione dell’On. Ciriaco De Mita alla Segreteria del Partito e si impegnò
ad affrontare alcune delle questioni presentate sull’economia ternana. Ricordo che praticamente non facemmo anticamera e venimmo introdotti
nello studio del Sen. Bisaglia, da un “ cameriere in livrea “, prima di Gaetano Stammati Ragioniere Generale dello Stato che ricoprì poi il ruolo
di Ministro delle Finanze.
Il secondo avvenne ad Amelia in una bella serata di giugno,
quando Alcini ( Segretario Regionale del Partito ) accompagnò e presentò il Presidente Andreotti ( il divo Giulio ) per il comizio di chiusura
della campagna elettorale delle europee ( pochi giorni prima colto da
un ictus durante un comizio a Padova moriva il Segretario del PCI On.
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). Andreotti veniva da un impegnativo giro elettorale tra la Toscana e
l’Umbria e Alcini lo convinse a passare per Amelia perché in quel mese
si celebravano nella piccola città antica le elezioni amministrative anti
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era stracolma), ebbe il piacere di ascoltare un politico di rilievo nazionale
ed internazionale che veramente ha fatto una parte della storia d’Italia.
Per la DC amerina e i suoi alleati le elezioni amministrative andarono
bene e il socialista Romagnoli (ex Pretore) venne eletto Sindaco della
città.
Ho il rammarico di averlo frequentato poco negli ultimi anni
della sua vita, ma nei rari momenti di incontro e di confronto (l’ultimo
nell’estate del 2010 a casa sua insieme ad Enrico Fraticelli ho riconosciuto intatta la lucidità e l’intelligenza, unite all’amarezza per i tempi tristi e desolanti che viviamo soprattutto sul piano dei valori e di un degrado
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Avv. Angelo Alcini all’epoca Presidente della
Camera di Commercio di Terni
9.4 Dr. ANGELO ROSSINI
Angelo Rossini nasce ad Attigliano il 28 settembre 1926 e si lau
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nenza in collegio per gli studi lo porta ad opporsi tenacemente a qualsiasi
imposizione ed a rifuggire a ogni tipo di condizionamento. Il fascismo,
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la medaglia d’oro al valor militare, tramutata poi in medaglia d’argento,
poiché non fedele a casa Savoia; un altro suo zio Carlo Ernesto Neri per
*= '' @ Attigliano dagli Alleati, carica da cui si ben presto si dimise in quanto
nominato assessore all’edilizia del comune di Viterbo dove esercitava la
professione di geometra - e i soprusi del regime subiti dalla sua famiglia,
anche se limitati data la codardia dei gerarchi locali e la fermezza di suo
nonno Giacomo Neri e di un suo prozio Giovanni Neri - accentuano questo suo carattere e lo portano a svolgere una intensa attività politica.
Tale impegno, in particolare nell’ambito dell’allora partito repubblicano, raggiunse il culmine con l’attività di promozione della Repubblica nel referendum del 1946. In quegli anni la profonda amicizia
che lo legava a Randolfo Pacciardi, vice presidente del Consiglio e poi
ministro della difesa, lo portò a frequentare assiduamente l’ambiente politico nazionale.
Il forte legame che lo teneva vicino alla sua famiglia e ad Attigliano lo indusse a rinunciare alla carriera universitaria offertagli dal
prof. Franco D’Ermo, che divenne poi direttore delle cliniche oculistiche
di Sassari, Bari, Padova e Roma Tor Vergata. L’attività professionale,
dopo un breve periodo ad Amelia e Narni, l’ha esercitata prevalente217
mente ad Orvieto dove ben presto diviene responsabile del servizio oculistico dell’ospedale Santa Maria della Stella. In questo ambito promuove
un’ampia attività di diagnostica precoce di difetti della vista dei giovani
frequentanti le scuole primarie del comprensorio orvietano. Negli anni
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$'' ortottica della stessa struttura ospedaliera. Ricopre per un lungo periodo
la carica di vice presidente della Cassa di Risparmio di Orvieto, sempre
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di reperimento dei fondi per differenti esigenze tra cui la costruenda
nuova chiesa parrocchiale. Ambito per il quale, già molti anni prima suo
padre Francesco Rossini, capo stazione di Attigliano, si era prodigato per
far rimanere nella chiesa locale la scultura marmorea del Cristo con la
croce, che ancora oggi orna la nuova chiesa parrocchiale. Parallelamente
all’attività professionale riorganizza e conduce prima insieme ad uno zio
Pietro Neri, chimico farmacista, l’azienda agricola di famiglia già attiva
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porta a realizzare la migliore stalla di vacche da latte dell’Umbria “Allevamento Tenacia”. Negli anni prosegue il progetto di miglioramento
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colturali delle differenti produzioni. Sempre attento alle possibilità di
introduzione di nuove colture e tecniche di coltivazioni intraprende la
coltivazione del frumento da riproduzione, delle fragole sotto tunnel, dei
peperoni in pieno campo, e degli olivi allevati a monocono. Nel 1984
fonda l’Azienda Agricola Tenacia sas di cui diviene il socio accomandatario. L’azienda cresce rapidamente con la realizzazione di nuove strutture tra cui il centro di stoccaggio dei cereali, l’essiccatore, la selezione di
cereali e legumi ed il frantoio oleario. Lavoratore instancabile, si concedeva come unico svago la caccia; memorabili le cacciate con i suoi amici
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a fondare un allevamento “del Pruno” iscritto all’ENCI e a portare un
suo cane Assur alla carica di campione internazionale.
Dr. Angelo Rossini
218
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%mente compreso nell’elenco degli abitati da trasferire, ai sensi della legge
9 luglio 1908 n. 445, dal D.P.R. n. 609 del 4 giugno 1970. Attigliano fu
infatti inserito nell’elenco degli abitati da trasferire con D.P.R. 9 marzo
1962, n. 213 e il susseguente D.P.R. n. 609 ridimensionò l’area da tra
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stato abbastanza travagliato e ricco di relazioni, sia geologiche che ingegneristiche, sulla stabilità edilizia o meno del nucleo da trasferire e sulla
esistenza o meno di fenomeni franosi in atto o latenti.
Comunque sinteticamente, dagli studi effettuati, il rilievo su cui
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Livello di materiale argilloso-tufaceo dello spessore di circa due metri;
banco travertinoso dello spessore di circa cinque metri; sabbie quarzoso-feldspastiche a matrice argilloso dello spessore di circa sei metri inglobanti lenti argillose; livello conglomeratico a matrice sabbiosa dello
spessore di circa otto metri; livello di sabbie quarzoso micacee.
All’epoca, parliamo del periodo che va dal 1960 al 1974, furono effettuate cinque relazioni geologiche sulle condizioni di stabilità
edilizia dei fabbricati del vecchio centro abitato e le conclusioni tratte
dopo tali studi, dal Dipartimento per l’Assetto del territorio della Regione dell’Umbria ( le Regioni vengono istituite nel 1970 e le competenze
vennero quasi subito loro trasferite dallo Stato ), furono le seguenti:
Centro storico nel periodo del trasferimento
219
I fabbricati del vecchio centro di Attigliano, a giudicare dal pun % '! @ "
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discussione; si può escludere in maniera categorica che il paese entro la
vecchia cinta delle mura castellane nelle condizioni attuali possa essere
minacciato da un’unica grande frana tale da coinvolgere tutto il blocco.
Le lesioni alle costruzioni del vecchio centro abitato non sono connesse a
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fondazioni dal fatto che molte di esse sono fondate non direttamente sul
banco di travertino ma sul materiale argilloso-tufaceo sovrastante, che
non regge carichi elevati.
Particolare di un portone del centro storico
Un certo pericolo di distacchi e crolli di lieve entità si può ravvi
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tità, e per il momento non vi sono fessurazioni o indizi tali che facciano
supporre un crollo a breve scadenza. Il pendio sottostante il banco traver@*%*
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dei materiali, ben protetto dalla vegetazione; solo in corrispondenza della
220
zona tra Piazza Teverina e Via Castellana la mancanza della vegetazione,
la presenza di stalle che disperdono in giro liquidi e uno scarico libero
che apporta acqua favoriscono l’imbibizione del terreno e quindi creano
uno stato di potenziale instabilità.
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seggrettamento con aumento dell’aggetto del bancone, seguito da feno
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Per cui, pur avendo abbondantemente dimostrato che il centro storico di
Attigliano non corre attualmente gravi pericoli, pure si sottolinea il fatto
che per arrivare ad una rivitalizzazione del centro con completo ripristino
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sario prima provvedere ad alcune opere basilari senza le quali l’eventuale
ristrutturazione del centro storico potrebbe portare dalla attuale sicurezza
ad uno stato di pericolosità…..”;
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all’interno, e questo poteva essere in parte ricollegato all’erosione del
versante. In generale tuttavia la fatiscenza dei muri non era da imputare
a nessun fenomeno franoso particolare, ma piuttosto a mancanza di adeguate fondazioni, inadeguatezze costruttive unitamente alla presenza di
grotte e cantine, scavate sotto le fondazioni, che provocavano crolli e
contribuivano all’aggravamento delle già precarie condizioni di stabilità
edilizia.
Per cui, fu stabilito, dal punto di vista strettamente geologico, di operare un ridimensionamento dell’area da trasferire, purché fosse mantenuta
relativamente al versante nord-ovest ed ovest una fascia di rispetto mai
inferiore ai 15 (quindici) metri. Tale versante avrebbe dovuto essere op
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niva abitualmente. Inoltre, doveva essere sgomberato da stalle, pollai e
ogni altro tipo di costruzione, successivamente rimboschito e sottoposto,
compresa la fascia di rispetto a vincolo idrogeologico. Dovevano, altresì,
essere eseguite opere di canalizzazione e allontanamento delle acque su
221
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Il castello di Attigliano ci offriva, con la sua cinta muraria che
racchiudeva le antiche case, la Chiesa ed il Palazzo baronale, un bell’e
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Ricostruzione prospetto castello
Dell’antico nucleo attualmente si conserva la cinta muraria esterna con
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levatoio sul profondo fossato riempito dallo scolo delle acque discendenti al Tevere.
222
All’interno della cinta, presso la porta, sorgeva l’alta torre
pentagonale poi incorporata nel palazzo baronale, che originariamente
terminava con una terrazza merlata dove potevano essere collocate le
macchine belliche che da quell’altezza dominavano la porta e le mura,
riuscendo a controllare un buon tratto del terreno pianeggiante esteso ol
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*di all’epoca di Bartolomeo d’Alviano. La conformazione architettonica
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torre pentagonale, prima isolata entro il recinto rettangolare.
223
Piante prospetti e sezioni dell’ex Palazzo Borghese
in Piazza della Rocca
224
Degli inizi del Cinquecento, al tempo di Consolo d’Alviano, era
lo scalone e le porte degli ambienti aperti sul pianerottolo del primo piano, che sulla mostra riportavano il nome Consulus Liviani, e le stanze
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tempo dei Farnese, erano l’ambiente sul portone del palazzo ed il salone
a volte, addossato al lato sud della torre. In occasione dell’acquisto di
Olimpia Pamphili, negli anni 1654-1655, viene compilata una descrizione generale dei castelli, illustrata con vedute e con tavole relative alle
piante e ai prospetti dei palazzi baronali, utilissime per conoscere la con$'
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Centro storico
ultimo vicolo visto dalla ripa prima della demolizione
Il palazzo raggiungeva quattro piani d’altezza fuori terra: al
piano terra, accessibile anche dalla strada, erano dislocate le cantine, le
dispense, la stalla e la cisterna. Al primo piano si accedeva dall’esterno attraverso la cordonata che conduceva alla porta principale e, ancora
attraverso un andito lungo e stretto, si saliva al cortile; in questo piano
gli ambienti erano di servizio per il palazzo mentre una scala secondaria
conduceva a quelli sottostanti già ricordati. La scala principale conduceva alle stanze del piano nobile; nell’ultimo piano trovano posto le stanze
della famiglia e i ripostigli.
L’aspetto esterno del palazzo era caratterizzato dalla scarpa che
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facciate, tranne che in corrispondenza delle due porte di accesso. Per
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di conservazione (1736, visita di Carlo Giuseppe Bonifazi).
225
Nevicata del 1956. Grande pupazzo di neve in piazza
con lo sfondo del bellissimo palazzone
Piazza V. Emanuele II - Veduta imponente del Palazzone
226
Stazione ferroviaria anno 1910. Il 10 marzo 1874 è
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fu congiunta Firenze con Roma su un percorso più breve e più
agevole: le stazioni erano quelle di Bassano in Teverina, Attigliano,
Alviano, Castiglione in Teverina.
Purtroppo, però, il vecchio centro abitato era costantemente minacciato di crollare per effetto di frane e smottamenti. Già nel 1960 il
Sindaco del Comune di Attigliano incaricava il tecnico Geom. Saldari
Enrico di redigere una planimetria della zona soggetta a franamento, con
l’indicazione di tutti i fabbricati danneggiati e una breve relazione dalla
quale si potesse desumere la natura, l’andamento, l’intensità del movimento franoso.
Lo stesso constatò che il movimento franoso interessava quasi
totalmente il lato del paese prospiciente alla valle con inizio da Via Roma
e terminando poco oltre Via Castellana. La natura di tale movimento si
doveva senz’altro attribuire all’ingente quantità di pioggia che era caduta
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terreno principalmente argilloso-breccioso, e anche se frequenti erano le
masse rocciose, queste avevano perso la loro coesione a causa del rammollirsi e dello spappolarsi delle argille.
Pertanto in alcuni tratti si erano avuti degli scoscendimenti. In
via Roma la strada dal lato della scarpata per un tratto di circa trenta
metri, aveva subito un abbassamento del 20 + 25 centimetri e risultavano
227
abbastanza evidenti sull’asfalto i segni causati dal movimento.
Molti erano i fabbricati che avevano subito lesioni principalmente di scorrimento a causa appunto dello smottamento del terreno di
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dovuto ricorrere al puntellamento delle strutture pericolanti, al drenaggio
del suolo e quindi all’applicazione di catene e al rifacimento delle lesioni
con malta di cemento.
Era anche da tener presente il fatto che, nella zona interessata,
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proprietà del Sig. Giuliani Galerio……
Al Palazzo Baronale, invece, erano state applicate delle biffe;
dalla rottura delle quali si era potuto constatare la continuazione del movimento di cedimento che pur non essendo di grande entità era tuttavia
da non sottovalutare.
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emanato un apposito provvedimento a carico dello Stato, perché il centro storico, delimitato dalle mura castellane che lo circondavano, venisse
trasferito.
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di massi, minacciando di imminente pericolo di crollo n. 9 abitazioni.
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va effettuato un apposito sopralluogo, fu ordinato alle famiglie abitanti le
suddette case pericolanti di effettuare l’immediato sgombero. Comunque
il movimento franoso e crolli per vetustà, minacciavano tutto il vecchio
Attigliano, circoscritto nelle mura Castellane, tanto che fu chiesto il trasferimento parziale del paese, il cui piano risultava essere in atto all’esame del Consiglio Superiore dei LL.PP. Si segnalava, altresì, il caso
riguardante il vecchio Palazzo già di proprietà dei principi Borghese (il
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dai tecnici del Genio Civile e dato che la mole del fabbricato, avente i
muri perimetrali dello spessore di circa mt. 1,50 e un’altezza di 15 metri,
non permetteva il puntellamento e la demolizione, anche parziale, per l’enormità della spesa occorrente, che i proprietari in seguito ad ordinanza
del comune, fecero conoscere di non poter sostenere. Né tantomeno detta
spesa poteva essere anticipata dal Comune per le sue precarie condizioni
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Pertanto il Sindaco chiedeva che venissero adottati con urgenza
i seguenti provvedimenti:
Costruzione di almeno trenta alloggi in cui sistemare le famiglie in atto
sinistrate e quelle che ancora abitavano in case che potevano da un momento all’altro essere dichiarate pericolanti. Per tali costruzioni si potevano invocare le leggi per le case malsane, per i senza tetto e per l’INACASA;
demolizione, a spesa dello Stato, della parete pericolante del vecchio pa''‚ŒŒ?‚_$$
sollecita approvazione del piano di trasferimento parziale dell’abitato, in
228
modo che i lavori inerenti, potessero aver luogo con la prossima primavera.
Sottolineava, altresì, di essere stato nell’impossibilità di provvedere alla demolizione della parte pericolante del vecchio fabbricato in
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poteva essere eseguito solo dai Vigili del Fuoco o da ditte che avevano
particolari attrezzature tecniche.
Il 27 marzo 1962 il Ministero dei Lavori pubblici informava che
con Decreto del Presidente della repubblica in data 9 marzo 1962, era
stata disposta l’inclusione dell’abitato di Attigliano fra quelli da trasferire
parzialmente a cura e spese dello Stato.
E così cominciò la tanto discussa storia di demolizione del vecchio borgo.
Innanzitutto si adottarono tutti i provvedimenti atti a stralciare dal progetto del piano di trasferimento una parte di Via Roma e Piazza V. Emanuele II°, con l’appoggio del parere del Genio Civile di Terni. C’era poi
il problema della inoperosità della legge n. 445/1908 relativamente alla
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di quelli da demolire. Esisteva il disagio in cui si trovavano molte famiglie che avevano già dovuto abbandonare le proprie abitazioni e si
doveva valutare lo stato d’animo di tutte le altre famiglie che vivevano
nell’incertezza di dover abbandonare o meno in futuro le proprie abitazioni. Bisognava realizzare nuovi alloggi in sostituzione di tutte le case
malsane esistenti nel centro abitato; sistemare, poi, sentiti i proprietari
interessati, quelle case che rappresentavano un pericolo per la pubblica
incolumità ed in particolare il Palazzo ex Borghese le cui lesioni, dovute
ad una pessima manutenzione dopo l’abbandono da parte degli abitanti,
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gennaio 1964 quando venne messo un avviso alla popolazione che diceva:
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stato dichiarato pericolante da parte del Genio Civile di Terni, e quanto
prima verrà demolito.
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cautela nella circolazione nelle adiacenze del detto fabbricato”.
Furono, pertanto, redatti gli atti conseguenti. E qui vorrei un attimo fermarmi per una mia personale considerazione, in quanto ogni qualvolta
sento fare degli apprezzamenti positivi per ricordare la perseveranza
nella realizzazione di grandi progetti nati e cresciuti appunto da tale situazione, mi viene chiaramente spontaneo pensare a quante persone, vi
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soccombendo senza diritto di replica, a delle decisioni dettate da interessi
diversi piuttosto che a reali situazioni di disagio. Dovunque i centri storici sono stati tutelati, preservati, ristrutturati, rivalorizzati e rivitalizzati,
laddove se ne ravvisava la necessità, ma mai demoliti. Per esperienza
229
personale posso testimoniare l’angoscia e il dolore che provocò, il provvedimento con cui fu revocata l’autorizzazione commerciale di macelleria esercitata dal Sig. Arnissi Arnaldo nei locali siti al piano terreno
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 dell’ordinanza senza che l’interessato avesse provveduto, si sarebbe dato
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maginare cosa si possa provare a trovarsi all’improvviso, privo di ciò che
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alla tua famiglia e soprattutto vedendo crollare come un castello di sabbia
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dalla perdita del valore materiale che era in quei locali, si sommava la
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ribellarsi, e lì non si può far altro che rassegnarsi, ma qui furono solo ed
esclusivamente scelte dettate da altri interessi che solo gli uomini sanno
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Inoltre, per il suddetto e gli altri condomini e proprietari che vivevano in
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Ulderico, Santarelli Giovanni, coniugi Listanti Ferrero e Tomassi Cesira,
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== parola di proprietà dei coniugi Listanti e Congedo Luigi), al danno si
aggiunse la beffa, perché con ordinanza in data 6 marzo 1967 fu anche
ordinato loro di demolire immediatamente a proprie spese il Palazzo – ex
Borghese – sito in Piazza della Rocca e la torre ad esso contigue, costituenti grave pericolo per la pubblica incolumità.
Dopo tante rimostranze, nel 1967 con atto di C.C. n. 39 si ritenne necessario e doveroso rinunciare all’azione di rivalsa della spesa di
demolizione in questione, pari a lire 6.250.000, verso gli ex proprietari
del palazzo, tutti lavoratori con modeste possibilità economiche, tanto
che ad alcuni di essi erano stati concessi sussidi continuativi da parte
dell’E.C.A. ( Ente Comunale Assistenza ) per contributo nel pagamento
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pericolante in parola.
Fu, pertanto, redatto un atto con il quale gli ex comproprietari dello stabile già denominato “Palazzo ex Borghese”, cedevano al Comune la proprietà ed ogni altro diritto sull’area ora adibita a pubblica piazza sita
appunto in Piazza della Rocca su cui insisteva lo stabile predetto, come
contropartita alla rinuncia all’azione di rivalsa della spesa di £. 6.250.000
sostenuta dal Comune per la demolizione in parola.
I lavori di demolizione dell’ex Palazzo Borghese, furono appaltati mediante licitazione privata, alla ditta Geom. Ottaviani Luigi con
un ribasso d’asta del 10,18% che, prima di dar corso agli stessi, doveva
attenersi ad alcune prescrizioni quali:
provvedere alla chiusura con muratura di mattoni e malta cementizia del230
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provvedere al puntellamento delle aperture interne sia al primo che al
secondo piano lasciando solo la possibilità di passaggio per gli addetti
ai lavori;
sbarrare con opportuna staccionata Via della Svolta,
Centro storico – Via della Svolta
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Via della Svolta
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P.zza della Rocca dopo la demolizione del palazzone
232
lasciando libero solo un passaggio pedonale;
apporre i prescritti segnali indicatori di pericolo.
E così cominciò a crollare il primo pezzo di storia del nostro
antico borgo.
Successivamente, dopo molti rilievi, sopralluoghi, relazioni geologiche, da ultima quella del dr. Endro Martini, con delibera consiliare n.
56 del 27.12.1979 il C.C. approvò tenendo conto delle norme contenute
nella L.R. n. 65 del 5.12.1978 ( una legge pensata e approvata quasi a
misura del Consiglio Comunale di Attigliano ), un progetto per il trasferimento e la sistemazione di parte del centro storico, distinta in precise
fasi d’attuazione che prevedevano:
1- demolizione di Via del Forno, Via castellana e della canonica; sistemazione della relativa area di risulta;
2- opere tecnologiche nella zona del centro storico non soggetta a trasferimento ed espropriazione dell’area da sottoporre al vincolo;
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Via XXIV Maggio
4- Acquisizione area per il trasferimento e l’urbanizzazione;
5- contributi sulla ricostruzione.
233
Il Presidente della Giunta Regionale approvò tale progetto di trasferimento e di sistemazione di parte del centro storico e così sistemati
gli atti formali ed in presenza quindi dei progetti, dello strumento urbanistico, del riferimento normativo, si diede corso all’esecuzione delle fasi
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ziati dalla Regione dell’Umbria.
Centro storico
centro storico durante i
lavori di trasferimento
demoliti
234
Via del Forno prima della
ristrutturazione
Angolo di Via della Svolta
Parte anteriore del Palazzone lungo vis del Borgo
(oggi via XXIV Maggio)
235
Per semplice curiosità vorrei riportare una parte dell’ultima relazione geologica redatta dal geologo Dr. Endro Martini sull’abitato di Attigliano,
che meglio ci illustra la situazione geologica del nostro borgo:
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un debole rilievo collinare terrazzato, alla quota s.l.m. di circa 95 m. Il
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preso nell’elenco degli abitati da trasferire, ai sensi della legge 9 luglio
1908, n. 445, dal D.P.R. n. 609 del 4 giugno 1970. Attigliano fu infatti
inserito nell’elenco degli abitati da trasferire con D.P.R. 9 marzo n. 213
e il susseguente D.P.R. n. 609 ridimensionò l’area da trasferire. L’iter
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travagliato e ricco di relazioni, sia geologiche che ingegneristiche, sulla
stabilità edilizia o meno del nucleo da trasferire e sulla esistenza o meno
di fenomeni franosi in atto o latenti.
Si può comunque trarre, alla luce dei sopralluoghi eseguiti e tenendo presenti le osservazioni e le conclusioni esposte in molte relazioni
geologiche precedenti, quanto segue:
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noso di rilevante entità. Soltanto il versante Nord-ovest ed ovest della
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dalla dispersione incontrollata delle acque sia chiare che nere, dal taglio
incontrollato della vegetazione, con conseguenti e localizzati fenomeni
di smottamento e successivo scalzamento del banco travertinoso.
Lo stato di stabilità edilizia delle costruzioni all’interno del nucleo abitato, sembra alla data odierna particolarmente precario e perico&*
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ovest ed ovest sono senz’altro maggiormente lesionati rispetto a quelli
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a nessun fenomeno franoso particolare, ma piuttosto a mancanza di adeguate fondazioni, inadeguatezze costruttive unitamente alla presenza di
grotte e cantine, scavate sotto le fondazioni, che hanno provocato crolli
e contribuito all’aggravamento delle già precarie condizioni di stabilità
edilizia.
Per quanto sopra esposto, si esprime il parere che possa essere
emesso un provvedimento di ulteriore riduzione della zona da trasferire.
E tale trasferimento dovrà essere eseguito ai sensi della legge regionale 5
dicembre 1978, n. 65 “.
L’11.3.1967 con atto consiliare n. 12, il Sindaco (Di Maulo Dario), riferì che durante l’esecuzione dei lavori di demolizione parziale
dell’ex Palazzo Borghese, il direttore dei lavori, Ing. Fausto Felicioni,
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medesimo palazzo che doveva essere consolidata e ritenne urgente ed
inderogabile provvedere alla completa demolizione dello stabile per la
salvaguardia della pubblica incolumità. Dopo diversi incontri con fun236
zionari del Genio Civile di Terni, fu redatta una perizia generale di variante al progetto per la demolizione e ricostruzione parziale del palazzo
in questione. Si aprì una discussione dove il Consigliere Romoli ricordava che a suo tempo il C.C. aveva deliberato all’unanimità un ordine
del giorno che costituiva un impegno a chiedere la revisione del piano
di trasferimento del paese con lo scopo di salvaguardare gli interessi di
quei proprietari che dovevano essere costretti ad abbandonare delle case
ancora in buono stato. Manifestava, pertanto, la sua perplessità ed indecisione in merito alla perizia di variante per i seguenti motivi:
era stato approvato il progetto di demolizione parziale per salvare una
parte del Palazzo ex Borghese;
Seguendo tale linea di condotta il C.C. avrebbe dovuto fare il maggiore
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stato possibile consolidare;
Invece di demolire interamente il palazzo in parola, si potevano salvare
i piani terreni, e trovare un espediente per non far gravare le spese dei
lavori occorrenti sui proprietari.
La proposta fu messa a votazione ma non fu approvata. Pertanto in quella
stessa seduta la perizia generale di variante al progetto per la demolizione e ricostruzione parziale dell’ex palazzo Borghese, così come redatta
dall’Ing. Fausto Felicioni, fu approvata e fu contratto un mutuo suppleti%›ZW‡€
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ziamento di tale opera aggiuntiva.
Nella seduta Consiliare del 21.9.1985 il Sindaco Gagliarducci Lorenzo,
dopo aver ampiamente illustrato un quadro generale dei lavori già effettuati, in base ad un analitica ricostruzione dei fatti svolta dal Consigliere
Germani Giorgio, sottolineava che il lavoro svolto non era stato certamente poco così come tale era quello ancora da fare e precisava che gli
ostacoli da superare non erano sicuramente irrilevanti. Alla mole quantitativa si aggiungevano le complessità procedurali, i vincoli legislativi, le
lentezze burocratiche ed in primo luogo la necessità di realizzare interventi ed opere che da un lato fossero rimaste coerenti con le derivazioni
storiche del paese e dall’altro realizzassero una ricostruzione adeguata
alle esigenze della vita moderna in termini sia urbanistici che abitativi.
Faceva presente che la decisione di giungere ad una variante progettuale
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di politica amministrativa ben precisa tendente ad inquadrare il problema
nella sua interezza e globalità ed a mantenere, nel limite del possibile, le
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ria. L’opera di demolizione avrebbe dovuto non interessare la chiesa ed il
campanile, perché come dopo ricordato dal Consigliere di Maulo Dario,
a ciò si era opposta la Sovrintendenza per i beni ambientali della Regione
Umbria; ciò però era pregiudizievole ad ogni progetto di sistemazione
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Di fronte al palazzo baronale si collocava il palazzo della Comunità di Attigliano occupato al primo piano dalla sala del Consiglio;
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! % mento di quattro cellule distinte delle quali si conserva il duplice accesso,
l’uno dalla Piazza della Rocca e l’altro dal Vicolo Grande (oggi Via della
Svolta). La scala esterna, che conduceva alla sala consiliare, e la torre
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gli esempi dell’area umbra.
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presieduto d’allora Sindaco Gaudenzi Vincenzo, commemorò, vivamente commosso, la morte di Sua Maestà il re Umberto I°, pronunciando
parole di sdegno verso l’assassinio, riconoscendo che giammai il popolo
italiano avrebbe dimenticato il suo Re buono; fu fatta quindi lettura del
Manifesto con il quale si annunciava ai cittadini la morte dell’amato sovrano e del telegramma di condoglianze spedito il 30 luglio per il tramite
di S.E. il Ministro della Reale Casa a Sua Maestà la Regina Margherita
alle SS.MM. il re e la regina ed ai principi reali. Si propose quindi il lutto
per un mese tenendo continuamente al palazzo comunale la bandiera a
mezz’asta e di mandare a Roma una rappresentanza per i solenni funerali.
Non dimentichiamo poi che già nel 1878, precisamente il 14
gennaio, si erano riuniti nella sala comunale il Sindaco Gaudenzi Girolamo e gli Assessori Lorenzo Ferrari e Nicola Lazzari per farsi interpreti
dei sentimenti dell’intera popolazione di Attigliano per far rappresentare
il Comune agli onori funebri che dal mondo intero si sarebbero resi in
Roma il 17 del mese corrente alla salma dell’amatissimo Primo Re d’Italia Vittorio Emanuele.
Nel 1902 il Municipio con le scuole furono trasferiti da tale sede
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ora Piazza Umberto I.
La descrizione della visita del 1765 del Mons. Filippo Molajoni dà ampio spazio ai gravi problemi creatisi nel paese a seguito del continuo
cambiamento del corso del Tevere: i tratti del vecchio letto che restano
così disponibili sono motivo di contesa tra le famiglie nobili cui appar
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inondazioni e corrosioni del Tevere alternativamente causa sul territorio:
si realizzano via via serie di palizzate e tratti di muraglioni per arginare il
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a risolvere il problema nella sua globalità ma fornirà soluzioni parziali
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Il portale
“Il portale, la cui costruzione ebbe inizio e fu ultimata nell’anno
1204, mantiene intatta la sua semplice bellezza. Per capire la sua funzio
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secolo la difforme e contraddittoria condotta della IV^ Crociata, spinse
i partecipanti a scegliere diverse strade alternative. All’assedio di Zara
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sulla decisione l’”interdetto” del Legato papale inviato di Innocenzo III°.
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opposizione alcuni Crociati abbandonarono la spedizione e fecero ritorno
alle loro case. Tra quelli che delusi dagli eventi preferirono l’obbedienza
all’ordine del papa, un gruppo migrò nella penisola in cerca di un sito che
li potesse opportunatamente ospitare. Dopo varie peripezie e non poche
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vallata del Tevere, la difesa naturale fu giudicata ottimale. Ad ovest e a
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lente protezione da attacchi da parte di eventuali nemici. Rimaneva la
necessità della difesa dei lati Est e Nord-est. Fu scavato un fossato ben
munito che però non funzionò mai. L’ingresso perciò fu difeso anche da
un ponte levatoio oltre che da un fossato. Furono innalzate varie mura
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visibile la casa del guardiano della porta. A ridosso della cinta muraria e
sul dirupo ad Ovest, furono costruite le prime abitazioni di quell’insediamento urbano, oggi noto come “Attigliano vecchia”. Vi erano molte zone
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cinta muraria era quasi totalmente scomparso ed aveva lasciato il posto
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no scavate varie grotte che si inoltravano nella terra attraverso cunicoli di
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%'ne termica del vino che dopo la fermentazione veniva riposto in piccole
botti di legno ed alloggiato in nicchie scavate nella terra. La notizia sicu
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tanto di cinta muraria che si estendeva nei lati a sud e ad est, un guardiano
ed un servizio di sentinella al “Portale” garantiva la sicurezza dell’entra?J
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neva l’abitudine di chiuderlo dal tramonto all’alba. Dal 1204, anno della
fondazione, altri Crociati e pellegrini di ritorno dalla terra santa si stabilirono all’interno delle “Mura castellane”, così chiamate perché ricordavano a chi veniva da Bomarzo o da Giove o dalla vallata del Tevere, gli
antichi castelli dei Crociati sorti in Palestina, quelli non voluti dai signori
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dei pellegrini. Nel 1208 Attigliano aveva assunto una connotazione di
cittadina rurale a statuto “Comunale-feudale” particolare per la politica
e gli eventi del Medioevo e del Rinascimento. Il 10 agosto di quell’anno
sette cavalieri anziani della città dei Tigli (Attigliano) si recarono a Roma
per ottener eil riconoscimento legale del possesso feudale, fu così che SS
il papa innocenzo III° aderì alla richiesta con la Bolla “Concessio Urbis
Tilianorum ad Militibus Crucesignati”. La Bolla Papale che riportava i
nomi dei cavalieri che ressero in una forma di “Municipalità-feudale”,
fu gelosamente custodita. Purtroppo di questa storia non rimane che la
tradizione orale essendo tutto andato distrutto, con altri documenti, in un
incendio nel 1348, al tempo della terribile moria che devastò il territorio:
“la peste nera”. Non si trova altresì riscontro negli archivi dello stato
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alcuna copia. Attigliano impersonò sempre il motivo trainante di una
“comunalità” indipendente e libera, che rappresentò, anche tra le aspre
critiche delle comunità vicine, la cultura di libertà, di civiltà e di sprone
per le genti. Il “Comune di Attigliano”, pertanto, rappresentò sempre in
ogni momento lo sprone emergente di una diversità rispetto agli inse240
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agli uomini che parteciparono all’epoca delle “Crociate” e se pur andati
irrimediabilmente perduti gli antichi dovumenti, rimane la testimonianza
dello “jus sanguinis” che questo consesso di “uomini-cavalieri liberi”,
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“l’orgoglio della stirpe”, attraverso l’indelebile segno della “cavalleria”
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Scorci del centro storico compresi interni della Chiesa demolita
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La relazione della visita del Molajoni menzionava anche la chiesa parrocchiale di San Lorenzo, con l’annessa casa del parroco, notando
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dei primissimi anni dell’ottocento viene descritta la chiesa a semplice
schema basilicale, con tre navate, piuttosto piccola e coperta a tetto.
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urgenti e si fanno ripetute richieste al principe Pamphili e al Vescovo di
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necessario: con una lettera del 24 dicembre dello stesso anno il mastro
Vincenzo Sensini descrive i lavori eseguiti al pavimento e con la successiva missiva del marzo 1804 riferisce al principe che dopo i lavori al tetto
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i soli pezzi rotti. Nonostante questi interventi lo stato di conservazione
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' Novecento la chiesa viene chiusa nuovamente al culto.
Tra il 1902 e il 1904 la comunità di Attigliano decise il restauro e
l’ampliamento della chiesa parrocchiale, che già dal 1897 i capofamiglia
di Attigliano volevano fuori dalle mura castellane, come risulta da una
lettera al Principe Borghese ancora proprietario del magazzino in Piazza
Castello (attualmente Piazza V. Emanuele sede del Municipio), perché
cedesse quell’immobile per trasformarlo in chiesa parrocchiale, risparj
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vantaggio della incipiente Via della Stazione ora Via Roma.
A tal proposito fu anche deliberato di cedere gratuitamente il
vano ad uso stalla sito in Via del Campanile del valore di circa lire cento,
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della Chiesa parrocchiale.
I fondi vennero reperiti anche attraverso la vendita di immobili
appartenenti alla stessa chiesa parrocchiale. I lavori prevedevano il pro$
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concluso da un abside semicircolare. Oltre ad aumentare lo spazio fruibile interno, l’intervento va a risanare la zona della chiesa rivolta verso
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prevedeva, infatti, l’innalzamento della navata centrale rispetto a quelle
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a capanna passa a quello a salienti, con l’apertura di due porte con timpano triangolare in corrispondenza delle navate minori. L’illuminazione
interna era garantita da un oculo centrale e da due piccole monofore poste in asse con le aperture laterali.
Nel progetto del 1902 il nuovo campanile risultava addossato al
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occupava in parte il vano della sacrestia; come si evidenzia invece nei
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che nel Catasto gregoriano (1819) compare già come diroccata.
A questo punto vorrei riportare un ricordo scritto da Margheriti
Pierpaolo a proposito del campanile, che meglio ci rende l’idea della vita
vissuta in tale centro storico:
“Diritto vicino alla Chiesa, con un occhio al paese ed uno alla valle, il
Campanile bianco e con qualche crepa, si veste di nuovo e canta per le
feste religiose e la domenica per la Messa.
Scale curve e scricchiolanti sui pianerottoli di legno con le assi sconnesse che fanno cadere granelli di polvere e qualche sassolino quando suona la corda della campana. Solo Don Bruno ed i più spericolati salgono
quasi di corsa. Io, in cima, mi siedevo perché tremava tutto e la campa
faceva cadere calcinacci.
Ma questo era ordinaria amministrazione; invece per le grandi feste si
presentavano i “grandi campanari”, veri artisti che ricavavano vere
melodie e ritmi da grande occasione suonando direttamente attaccati a
“corto” alla corda del campanone su in cima e con in mano i batocchio
della campanella. Il più forte che mi ricordo era Ezio ormai anziano ma
sapeva ricavare una musica melodiosa e ritmica che riempiva di festa il
paese e di orgoglio i passi della processione …. ed incalzava al massimo
al rientro specialmente per S. Lorenzo, quando si abbassava il baldacchino del santo per rientrare a Messa dalla porta principale.
A questo punto mi sembra estremamente doveroso ricordare la
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trattata in una recente pubblicazione di Angela Bacci. Ciò non toglie che
in un contesto storico come questo che stiamo raccontando non possiamo
non ricordare l’uomo, il religioso, l’amico che ha accompagnato nel loro
cammino, tre generazioni di attiglianesi. Parroco del paese dal 1937 al
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a riuscire quando vuole, di chi non ha avuto paura nemmeno quando il
federale del fascio, intollerante del suo parlare secondo il si si , no no del
Vangelo, lo fece comparire davanti al segretario di Stato. Card. Eugenio
Pacelli, pochi mesi prima che fosse eletto papa.
Risultato di quella denuncia e del colloquio fu che Pacelli lo
avrebbe voluto in Vaticano, se quel giovane prete, caparbio anche nell’amore al suo piccolo gregge, non gli avesse preferito l’umile servizio pastorale in mezzo ai suoi contadini di Attigliano. E qui appunto rimase per
ben 62 anni….un personaggio che ha fatto molto parlare di sé, amato,
contestato, stimato, criticato, una vita trascorsa in un’altalena costante
di condivisione e non….che comunque fa parte totalmente dell’essere
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uomo oltre che sacerdote, di fronte a una mia forte perplessità, non mi
elencò tutti i dogmi sacri ma disse semplicemente “…fai quello che ti
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senti di fare…o meglio ciò che dice la tua coscienza…..” Parole queste
che mi sono rimaste impresse perché denotano, in un uomo come lui,
ancorato alla tradizione, la voglia di recepire i cambiamenti e le inno%'
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nasce appunto il bello del suo spirito…..quello di adeguarsi ai tempi e di
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peccato scagli la prima pietra…..”
Don Bruno con Papa Giovanni Paolo II
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Chiesa di San Lorenzo Martire….un amore questo, nato nel suo giovane
cuore, poco dopo essere stato ordinato sacerdote in questa parrocchia…
..e credo non ancora morto nel suo spirito, che comunque aleggia all’interno di questa grande opera d’arte…..curata con attenzione nei minimi
particolari sacri ed architettonici….un pastore che voleva offrire un nuovo rifugio caldo ed accogliente alle sue pecorelle….smarrite e non….
in un pensiero “ un sacerdote del secolo scorso ma un uomo dei nostri
giorni “…sicuramente questo sarebbe stato se ancora oggi avesse avuto
la possibilità di fare o di dire…
244
245
Anno 1938 la banda musicale ( Dario baffone – Roberto Neri in fondo a destra Duilio Moretti e Ivo Bassetta)
280: anno 1938 festa patronale in piazza
Processione San Lorenzo
Processione che esce dal paese con la banda locale
246
Processione che esce dal paese con la banda del paese
Processione in Piazza Umberto I° quando ancora
non c’era traccia di giardini o aiuole
247
“Il Campanile scandiva anche, più modestamente, le ore più
importanti della vita quotidiana…quando le tabacchine riuscivano dal
paese al suono della Sirena di Mezzogiorno… o l’ora delle funzioni più
sommessamente perché il sole ormai tramontava dietro santa Lucia.
Il Campanaro di “professione” era Artemio… lo si poteva incontrare
sotto il ponte della porta, venendo dall’aver suonate le campane per dare
il buongiorno a tutti, tamburellando, a tratti, il bastone addosso alle pietre del portale, distrattamente, come immerso in suoi profondi pensieri “.
Nevi Artemio: “Campanaro di professione”: lo si poteva
incontrare sotto il ponte della porta, venendo dall’aver suonate le
campane per dare il buongiorno a tutti, tamburellando, a tratti,
il bastone addosso alle pietre del portale, distrattamente,
come immerso in suoi profondi pensieri
I negozi di quegli anni erano: Regina, Sor Checco, Lojali, “avevano di tutto” ma vendevano soltanto sale, tabacchi, vernici, alici; c’erano tre rivenditori di vino. Lojali, sor Checco e Paoluccio dove gli uomini andavano a giocare a carte e a morra.
Questo vecchio borgo ci riporta alle parole che lo scrittore Giorgio
Bassani utilizzò nello scrivere “Il giardino dei Finzi Contini”, laddove
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per farci capire quanto rispetto dobbiamo a ciò che è stata la nostra
storia e soprattutto ai personaggi che l’hanno animata. Spesso bisogna
immergersi nel passato per inventare il futuro.
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"mo immaginare quando affacciandosi dalla “Ripa”,
248
Negozio alimentari di Loiali Norberto (nella foto insieme a Peppino
(Giuseppe) Frollano)
Centro storico: la Ripa e ultimo vicolo (Via Castellana)
con la foto di Argia
249
nella leggera foschia della mattina, si vedeva qualche cacciatore attra
dall’autostrada e dalla ferrovia…dall’ultimo vicolo veniva stancamente
con la giacca su una spalla ed il cappello alzato sugli occhi furbi ed
!"ti e la voce sorniona e squillante; Pippo il Cavaliere era sceso da poco
dalle scale della sua casa all’angolo della Chiesa sulla Piazzetta e stava
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sotto il muretto della Ripa, mandava i suoi rami oltre il parapetto. Si vedevano da quella parte due silos bianchi con il tetto di metallo luccicante, quasi unico segno di cambiamento civile in una realtà che raccontava
monotona e serena la sua storia millenaria con i ciottoli dei vicoli sotto
le scarpe pesante degli uomini e le calosce delle donne vestite di nero.
Osteria di Tullio
250
Piazza Teverina ormai cadente
La storia, la vita, i vicoli del vecchio borgo, quel bellissimo “Palazzone” dovrebbero essere l’orgoglio di ciò che è stato il nostro borgo:
c’era solo lui: il “Paese Vecchio” che pulsava come un cuore innamorato di vita; il resto, fuori le mura, era come un biscione sonnolento: Via
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C’era casa di Betta con la targhetta “Via Roma”
251
inizio di Via Roma con la casa di zia Betta e
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e la Posta, il negozio del Sor Lorenzo e tutte le casse che si interrompevano ai “Gelsi” con la “Morra” che dava sulle “Scappie” della valle. Poi
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La strada che andava alla Stazione era bianca e piena di buche, con molti
sassi che servivano a Dino Nevi, con le scarpe sempre lucide, il frustino
e il cane lupo al guinzaglio, ad evitare le pozzanghere.
Dietro il palazzo Comunale che, con la casa di Betta, la casa di Rossini,
la Banca dove ora sta la barberia di “Budda”,
252
Piazza e nuovo palazzo comunale
le scuole ed i giardinetti con le case del “Prato”, formavano le due piazze,
….dietro, la curva che indirizzava ai Gelsi era delimitata da una parte
dalla barberia di Bruno Pica
Interno barberia di Bruno
253
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secondo come girava il sole, servivano per stare seduti a leggere il giornale e fare le solite discussioni.
Dalla parte della barberia si vedeva spesso il sor Paris giocare a dama
+%+"'/%<mo ), quando raramente veniva da Roma per stare qualche giorno in
paese.
Dal piazzale della stazione si dipartivano due strade polverose, con siepi
di spine e more e qualche rara casa, e portavano l’una alla Madonna
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Mioni che spesso si vedeva giocare a “ruzzolone” con i suoi aiutanti
nelle giornate di sole.
La domenica, uscendo dal Cinema, verso il tramonto, venendo verso il
paese si vedeva il cielo rosso dietro al Portale, al Palazzone ed al Campanile, che faceva da sfondo al rientro degli uomini e delle donne dalla
campagna: le “scappie”, e gli orti della vallata, ed a quell’ora ogni
giorno si sentiva il grido del pavone del Ponte.
Qualche cocomero d’inverno, i meloni verdi, nei secchi di latta coperti
con una balla, insieme alle ravanelle, e sopra, la bottiglia del vino vuota
con qualche uovo;…si posava la bicicletta, si “cacciava” il vino, e la
e vino leggero.
+che, qualche cartina fumata con il trinciato e poi a letto rientrando nel
borgo buio ai rintocchi del campanile.
+ " +#"#"
che si rincorrevano e scomparivano nelle buchette quadrate delle porte
delle cantine.
All’alba con il cielo ancora grigio e fresco, ci si risvegliava ai rumori
dei vasi di ferro smaltati e scrostati che si andavano a buttare, insieme
alla cenere, giù alla ripa; i saluti erano alti anche alla mattina e, tra lo
stridore dei chiavistelli, ricominciava un’altra giornata, Via della Svolta,
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Plebiscito…pigramente, facevano riapparire gli uomini in calzoni neri
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screpolate per l’usura, e donne con le brocche in testa; con i piccioni
del Palazzone che, a piccoli voli, gorgogliando con le gole argentine
e profonde si muovevano pigri, infastiditi dal giorno che ricominciava.
Peppe e Primo si salutavano andando tutt’e due in piazza, l’uno in pensione e l’altro seduto ad aggiustare scarpe dietro un sinale di cuoio pieno di pece e sopra un banchettino da calzolaio, quando non suonava la
chitarra.
254
Egeo apriva i negozio di caccia e pesca e calzoleria dopo aver bevuto
una lunga sorsata alla fontanella ed il primo cliente era Romolo con “il
fucile da una lira ed il cane da un milione”; solo polvere e piombo perché le cartucce si facevano da soli in casa.
Centro storico: negozio di barbiere di Listanti Ferrero
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mezzogiorno.
La macchina dell’Invernizzi targata Milano davanti all’unico negozio:
una macelleria…, è una festa c’è il neon e il travertino, e per il cristo Morto la saracinesca a scacchi abbassata, con la luce accesa e gli
agnelli con l’alloro: era la macelleria di Arnaldo dove la sera, dopo le
funzioni, qualche rara fettina, andava tra la carta paglia con le solite
discussioni perché si “pesava anche la carta”.
255
Negozio di macelleria di Arnaldo nel vederdì santo
dell’anno 1939 – davanti una tavola imbandita con
tre capretti a tavola (segno della Pasqua)
Arnaldo Arnissi in moto
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>**@squino, sull’angolo, i gerani di Rosa, sulla “spaziolo” delle scale, sulle
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delle alici e pentole vecchie, salutavano, rossi fuoco insieme ai garofani,
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verso il Palazzone.
Davanti alla chiesa i bambini giocavano a campana…con il prete che
svolazzando rientrava dopo le funzioni….pensieroso….non parlava ai
ragazzini come quelli moderni….”
Una delle tante gite che organizzava don Bruno…purtroppo la
maggior parte delle persone lì presenti non ci sono più…
257
Altra gita di don Bruno …distinguiamo la maestra Morganti,
Giulivetta, don Luigi, Peppino, Zia Betta, Vittoria,
258
Questa era la vita nel centro storico.
Molti anni dopo, una volta che la Chiesa
Portale centrale e laterali della vecchia chiesa murati
prima della demolizione
259
Stemma all’interno della Chiesa
ed il campanile furono completamente demoliti (anno 1990), il parroco
don Bruno Medori, scrisse una lettera al Sindaco nella quale dichiarava
che il terreno della vecchia Chiesa di san Lorenzo Martire e casa cano!
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Interno della Chiesa
San Lorenzo Martire
prima della demolizione
Interno Chiesa
260
Le tre navate della vecchia chiesa
Sottolineava che quel terreno non era a disposizione del Comune
e qualsiasi intervento comunale doveva essere concordato con il Parroco,
che ne era il rappresentante legale.
Egli avrebbe voluto, in accordo con l’amministrazione, ristrutturare quel terreno nei modi migliori, lasciandovi le memorie migliori.
La demolizione della Chiesa e del Campanile furono oggetto di
grande polemica e contestazioni da parte di quasi l’intera popolazione.
Il 19.4.1984 con atto di C.C. n. 24 furono discusse due petizioni,
la prima presentata da oltre 200 cittadini avente il seguente contenuto:
“in relazione ai lavori di demolizione di parte del centro storico cittadino,
i sottoscritti chiedono che venga riesaminata la questione della demolizione della vecchia chiesa parrocchiale anche alla luce dei pareri a suo
tempo espressi dal Dipartimento per le Belle Arti circa il particolare valore artistico di alcune parti della chiesa stessa.
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Regione dell’Umbria nell’emettere ordinanza di demolizione degli edi
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ex Chiesa, nella quale veniva richiesta, tra altre cose, l’eventuale destinazione d’uso e sistemazione della vecchia chiesa parrocchiale.
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Nella chiesa di San Lorenzo Martire foto di gruppo matrimonio
Lellio e Sonia…ai lati Pica Carlo (Carlino) titolare del distributore
carburanti del Piazzale della stazione e a destra Pica Ugo
262
Matrimonio Lellio e Sonia
(a destra il Sindaco Margheriti Rinaldo)
Foto di gruppo matrimonio Lellio e Sonia…ai lati Pica
Carlo (Carlino) titolare del distributore carburanti del
Piazzale della stazione e a destra Pica Ugo
263
Il Sindaco Presidente, Sig. Gagliarducci Lorenzo, pur convenendo che il problema sottoposto investiva tutti i cittadini di Attigliano sia
dal punto di vista affettivo che dei ricordi, non nascondeva il pensiero
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tale opinione ritenne opportuno richiamare all’attenzione dei consiglieri
la cronistoria di tutta l’intera vicenda leggendo la seguente relazione:
“Con D.P.R. n. 213 del 9.3.1962 il centro storico del Comune di Attigliano veniva inserito fra gli abitati soggetti a trasferimento per minaccia di
frane, limitatamente alla zona delimitata dal rio Secco, Via case sparse
e Piazza del Popolo. A seguito di ulteriori accertamenti geologici, con
successivo D.P.R. n. 609 del 4.6.1970, la zona da trasferire veniva ridotta
al “perimetro compreso tra rio Secco e le Mura Castellane”. Con delibera
consiliare n. 39 del 3.7.1974 il Comune di Attigliano, preso atto delle
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Colacicchi, direttore dell’istituto di Geologia dell’università di Perugia e
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di Perugia (conclusioni secondo le quali era da escludere in maniera categorica che il paese dentro la vecchia cinta delle Mura Castellane, nelle
condizioni attuali, possa essere minacciato da un’unica grande frana tale
da coinvolgere tutto il blocco e che le lesioni alle costruzioni del vecchio
centro abitato non sono connesse a movimenti del banco travertinoso, ma
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due relazioni agli organi regionali – cui era nel frattempo passata la competenza in materia -, chiedendo la revoca del provvedimento di trasferimento del vecchio centro storico nonché contributi per il risanamento dei
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Su tali richieste non si pronunciava l’amministrazione regionale; solo nel
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'rio, il geologo Endro Martini del Dipartimento per l’Assetto del Territo!%
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'ne geomorfologica abbia subito variazioni e di conseguenza se la stabilità
dell’abitato risultino ulteriormente compromesse”. Il tecnico incaricato,
nella propria relazione, pur prendendo atto di un peggioramento della
situazione (dovuto anche allo stato di abbandono dell’abitato), affermava
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franoso di rilevante entità, soltanto il versante nord-ovest ed ovest del@$$
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che “…dal punto di vista strettamente geologico si può quindi operare
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$ relativamente al versante nord-ovest ed ovest una fascia di rispetto mai
inferiore ai 15 metri.
Il Consiglio Comunale di Attigliano con atto n. 56 del 27.12.1979, recepiva le conclusioni della relazione summenzionata e stabiliva di approvare il progetto di trasferimento di parte del centro storico nei limiti indi
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la conseguente variante di adeguamento al programma di fabbricazione,
ai sensi della L.R. n. 65 del 5.12.1978 (la legge nel frattempo intervenuta
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mento o trasferimento di abitati colpiti da movimenti franosi o dissesti
idrogeologici).
Il presidente della G.R., quindi con proprio decreto n. 797 del
3.10.1980, approvava il progetto di trasferimento e di sistemazione del
centro storico, così come adottato dal C.C. di Attigliano con la decisione
consiliare sopra menzionata.
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Chiesa; a tal uopo si sono chiesti dei chiarimenti agli organi regionali e si
sono fatte delle riunioni con gli interventi dell’Assessore regionale Menichetti, di funzionari regionali, amministratori del Comune di Attigliano,
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da parte dell’amministrazione comunale la possibilità di qualche deroga
per quanto riguarda la demolizione della Chiesa. Riscontrate le varie posizioni e relazioni tecniche sembrava che nulla si potesse fare.
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la demolizione della Chiesa, sembra che nulla si possa fare: infatti tutto
ciò che si trova ad una distanza inferiore ai 15 metri deve essere demolito…”.
Seguirono altri interventi, pareri, atti consiliari, proposte alterna%
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@]$$dare la nostra antica chiesa con le testimonianze che sono state di nuovo
collocate nell’area in oggetto: la sua impronta , le colonne, prive però
delle cariatidi , la zona dell’abside… ma certamente nessuno ci restituirà
quell’originale che era una piccola bomboniera all’interno di un cesto di
antichità.
265
266
Scorci del centro storico ristrutturati
267
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Jcipi Borghese e come stalla per i loro cavalli. Il comune dato l’aumento
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con i Principi Borghese, poi comprò il magazzino, dopo lunghe trattative,
dal colonnello Vittorio Congedo che lo aveva avuto dai Principi Borghese in cambio delle sue prestazioni di professionista nell’anno 1946/1947
per la somma di £. 20.000.
Parte posteriore ex palazzo borghese sotto la neve
Le prime spese eseguite dal Comune su questo grande magazzino sono state il tetto ed uno svicolo nella parte posteriore della costruzione che serviva per far salire gli asini con il carico al piano superiore.
Per un certo periodo, verso il 1904, il primo piano dell’attuale palazzo
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mento della popolazione, la vecchia Chiesa parrocchiale che si trovava
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? $ ! '' centro del secondo piano, e sul davanti del palazzo, sono state costruite
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Nel periodo di carnevale era anche utilizzato per le feste da ballo.
268
Festa di carnevale sotto il Comune: era il primo dopoguerra e i
ragazzi di allora si divertivano ad organizzare feste da ballo sotto i
locali dell’attuale sede comunale: tra i tanti vediamo:
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Bruno Pica, Lina Savelli, Dante Santarelli,
Deo Antimi - In piedi dietro Mario Salcioni, Oscar Bonelli, Bianca
Salcioni, con la bottiglia in mano Evaristo Visciola,
Mirco Congedo ed altri....
La grande stanza del primo piano era stata divisa in atrio, sala
consiliare e due stanze laterali. Nell’anno 1984 sono stati iniziati dei re
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"tenuto che le vecchie mura perimetrali erano state costruite senza tenere
conto di alcuni principi oggi ritenuti basilari per la solidità e la sicurezza
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cando di rispettare per quanto possibili, l’immagine del palazzo Comunale ottenuta dopo il restauro. Prima del restauro nel palazzo c’erano le
residenze del Segretario Comunale, della farmacista e dell’ostetrica.
269
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Scuola dell’infanzia con suor Gilda e la superiore
Anno 1939 : Rosita all’asilo
270
Suor Gilda con Lorena Frollano
Nel lontano 1961 nel paese erano venute a mancare le suore che gestivano l’asilo parrocchiale “Rosa Farinelli”, suore legate all’ordine del
Preziosissimo Sangue. Queste suore, dette Preziosine, erano nate come
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Preziosissimo sangue, venne canonicamente eretto in congregazione di
diritto diocesano il 17 maggio 1876 dall’arcivescovo di Milano Luigi Na'|=
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Le Preziosine da sempre si sono dedicate ad attività in campo educativo
e assistenziale e così fecero nella nostra piccola comunità. Ma nel 1961,
essendo venuta a mancare la loro presenza, S.E. il Vescovo di Amelia,
Mons. Vincenzo Loiali e il rev.do parroco don Bruno Medori, avendo
conosciuto l’istituto delle Suore Catechiste del Sacro Cuore, chiesero alla
Rev.ma Madre generale pro-tempore Madre Teresa Vasciaveo di avere in
dono in Attigliano la presenza delle suore catechiste.
La rev.ma Madre generale d’accordo con il Consiglio generalizio
271
non tardò a dare la sua risposta positiva sia al vescovo che al parroco, i
quali ringraziarono molto la Madre per aver accettato l’offerta di gestire
la scuola materna e costituire una comunità nel nostro paese.
Il 23 marzo 1961 le Suore arrivarono in Attigliano e furono accolte con stima e venerazione dallo stesso vescovo, mons. Loiali, dal
parroco don Bruno Medori e da tutto il popolo. In quel giorno fu invitato ad accogliere le suore anche il generoso donatore dell’asilo, il quale
gradì la presenza delle suore e fu oltremodo contento soprattutto perché
esse erano religiose dedite all’insegnamento della dottrina cristiana per
l’istruzione popolare.
Durante gli anni della loro permanenza qui in Attigliano, varie
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la Congregazione delle Suore catechiste del Sacro Cuore diventava proprietaria dell’intero fabbricato con annesso giardino, sito appunto in Attigliano Via A. Manzoni n. 3.
Da allora sono trascorsi cinquant’anni e nel cuore di tutte le Suore che hanno trascorso breve o lungo tempo nella nostra casa in Attigliano, resta la gioia di aver seminato soprattutto nel cuore di tanti bambini
(ora giovani e adulti) il seme della parola di Dio attraverso la catechesi
e di avere svolto con impegno e competenza la loro opera educativa.
Ancora oggi le suore si prodigano tanto per dare ai piccoli nella scuola
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ZZ salita agli onori degli altari il 17 ottobre 2010 alla presenza di Sua Santità
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Quest’anno sarà per la prima volta sperimentata anche la sessione primavera.
272
273
Foto di gruppo Prima Comunione
Foto di gruppo ragazzi anni ’70 da sinistra: Roberto Piersanti,
Piero Bacci, Gianni Arconi, Mario Fanano, Samaro Pica, Franco
Fanano, Piero Brugiotti, Maria Grazia Casavecchia, Daniela
Margheriti, Dindina (Maria Aurelia Gialletti), Piero Bacci
Bar Margheriti con il distributore della Fina
274
11. MONUMENTI DI RILIEVO
11.1 LA FONTANA DEI DELFINI
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sullo sfondo il Palazzone
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determinano la formazione della piazza principale appena fuori la porta
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ritorio. Al centro di questa piazza, modellata da tale Rampetti di Amelia,
nel 1885 viene posata la fontana pubblica con il duplice scopo di favorire
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lo spazio antistante; i materiali usati per questa opera provengono dalla vecchia cava di Sant’Eugenia. Precedentemente le fontane pubbliche
erano due, una posta immediatamente sotto le mura del castello dalla
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proprio questa sorgente che fornisce l’acqua alla nuova fontana.
11.2 LA NUOVA CHIESA
Nuova Chiesa Parrocchiale di San Lorenzo Martire
inaugurata il 1 luglio 1983
La nuova Chiesa di San Lorenzo Martire
276
La nuova Chiesa parrocchiale anch’essa dedicata a San Lorenzo Martire,
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!ziata dallo Stato in base alla legge 445 del 1908 – trasferimento abitati – e
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e aperta al Culto il 3 luglio 1983. Snella e imponente nella sua struttura
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veri, le grandi vetrate multicolori a “Dalles” che illustrano le verità della
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“Via Crucis” disegnata dal pittore Sassu.
Merita un cenno particolare la monumentale porta in bronzo che ha per
tema centrale la luce irradiata da un’ostia verso la quale convergono due
angeli da direzione opposta, seguendo quindi all’inverso la proiezione
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stante in cui la mano del fedele si congiunge con quella del messaggero celeste. Questa e la statua della Madonna sono opere della scultrice
Nadia Rognoni , docente in tecniche della fonderia all’Accademia delle
Belle arti di Brera a Milano, l’artista che ha saputo interpretare le idee di
don Bruno “fondendo” arte e spiritualità in un’armonia unica, così come
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Bosco” benedetta da Sua Ecc. il vescovo Gualdrini della diocesi di TerniNarni-Amelia.
277
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12. LO SVILUPPO INDUSTRIALE
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appena la guerra
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Lavorazione del tabacco all’interno dello stabilimento
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Attigliano la costruzione dello stabilimento per la lavorazione industriale
del tabacco, opera che verrà poi ultimata negli anni seguenti. Lo stabilimento, unica realtà industriale per una vasta zona, darà lavoro a centinaia
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operaie attraverserà il portone d’ingresso dello stabilimento e ne uscirà il
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in Attigliano la costruzione dello stabilimento per la lavorazione
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di operai ed operaie attraversava il portone d’ingresso dello
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del lavoro quotidiano….
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15.000 q.li di tabacco secco.
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e Piero che contribuirono in maniera notevole all’espansione della ditta,
acquisirono prodotti provenienti sia dalla Campania (Var Burley) che dal
veneto (Var Virginia Bright) che portarono la produzione di tabacco da
lavorare a circa 30.000 q.li, con grande soddisfazione sia della proprietà
che delle maestranze.
Tutti impararono a conoscere le varietà di tabacco Virginia Bright, bur
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massima serenità e nello spirito del comune impegno: in tani anni, mai
uno sciopero. Questo grazie soprattutto alla professionalità, all’umanità
ed alla guida sicura del dr. Mioni Vitaliano, qualità che glii furono riconosciute dalle Autorità civili e religiose, oltre che dalle stesse maestranze
che parteciparono negli anni alla vita dell’Azienda. Ricordiamo le rituali
visite pastorali del vescovo di Amelia. Mons. V: Loiali, che per la Santa
Pasqua venne a celebrare la santa messa e a benedire il personale nei
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di Amelia Mons. V. Loiali, che per la Santa pasqua veniva a celebrare
la santa messa e a benedire il personale nei locali dello stabilimento.
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riferia del paese, con le sue strutture ormai in disuso, vuoto ed inutile,
ma ancora amato da qualche vecchio operaio ed operaia che si trovano a
passarci davanti e ricordano il bel tempo che fu.
Per quanto riguarda le attività estrattive , si tratta prevalentemente di cave di pianura per l’estrazione di ghiaia e sabbia che interessano
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al centro abitato di Attigliano, fatta eccezione per una cava di prestito
ubicata ad Est del centro abitato stesso. Le ghiaie e le sabbie che vengono estratte nelle zone di fondovalle, sono considerate le uniche attività
estrattive economicamente redditizie presenti sul territorio. I materiali
coltivati nel territorio comunale di Attigliano, vengono estratti con scavi
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mento della risorsa dal punto di vista idropotabile, in quanto questo tipo
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toso vista la notevole differenza di quota con l’abitato, sito a monte delle
aree estrattive ed essendo concentrate in una zona prettamente pianeg$
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reputa che la vulnerabilità dei siti estrattivi sia fortemente condizionata
dalle modalità di estrazione, in merito alle quali si rende necessaria una
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nenti ambientali.
La ditta storica che per prima si evidenziò sul nostro territorio
per l’estrazione di sabbia e ghiaia e successivamente per la produzione
del calcestruzzo fu quella dei F.lli Fanano Angelo, Pio e Luigi, posta
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ha contribuito non di poco a migliorare le condizioni di vita dell’uomo:
la costruzione di strade, scuole, ospedali, musei nascono grazie alla cre%#
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pensato. Esso trae origine dalla pietra e dal fuoco, nasce da materie prime
naturali quali il calcare e l’argilla con l’aggiunta di sabbia. Le materie
prime, ossia il calcare, l’argilla e la sabbia, vengono estratte da giaci
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caso della società “Calcestruzzi Fanano” di Fanano Lorenzo, Franco &
C., che esercita tale attività in località Scappie. Nell’anno 1967 i fratelli
Fanano cominciarono la lavorazione del calcestruzzo, un conglomerato
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e ghiaia) e con l’aggiunta secondo le necessità, di additivi e/o aggiunte
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$merato sia fresco che indurito.
Tale attività nasce nel lontano 1943 quando il giovane Luigi Fanano venne per la prima volta ad Attigliano. Aveva solo 17 anni e con lui aveva
portato cinque muli che furono le prime “macchine da lavoro” che diedero poi impulso all’attività sopra descritta. Finita la guerra, Luigi fu
283
raggiunto dall’intera famiglia, originaria di Soriano nel Cimino: il papà
Antonio,
Capostipite famiglia Fanano: Antonio Fanano noto imprenditore
boschivo proveniente da Soriano nel Cimino con i nipoti: da sinistra
Franco, Lorenzo, Mario e Sergio. I suoi primi mezzi di lavoro furono
i muli, utilizzati appunto per il trasporto del legname.
noto imprenditore boschivo, la mamma Maria, i fratelli Angelo e Pio. Il
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primo momento i muli furono utilizzati per il trasporto del legname, poi,
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F.lli Fanano – da sinistra Pio, Luigi, Alberto e Angelo
284
con molto intuito, reperirono due residuati bellici, due camion americani un G.M.C. con cui cominciò a lavorare Luigi e un Bussingher con
cui lavorava Pio. Chiaramente i muli vennero ben presto sostituitI da
tali macchine, in particolare il G.M.C. di Luigi dotato di un meccanismo
con una lunga fune d’acciaio, chiamato argano o vericello, che una volta
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ribaltabile, per cui tutto ciò che veniva caricato legname, ghiaia, grano ed
altro, doveva chiaramente essere scaricato a mano.
285
Finita la guerra i F.lli Fanano con molto intuito, reperirono due
residuati bellici, due camion americani un G.M.C. con cui cominciò a
lavorare Luigi ed un Bussingher con cui lavorava Pio. Chiaramente
i muli vennero ben presto sostituiti da tali macchine, in particolare
il G.M.C. di Luigi dotato doi un meccanismo con una lunga fune
d’acciaio, chiamato argano o vericello che una volta azionato poteva
tirare a sé anche grandi pesi, cosicchè il taglio ed il trasporto del
legname poteva essere fatto sicuramente con meno
fatica e più velocemente.
La fatica era tanta ma la soddisfazione del lavoro compensava,
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duzione e commercializzazione del carbone. Tale prodotto, derivato dalla
disidratazione tramite il fuoco di legname di quercia e leccio, veniva poi
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provincie di Livorno e Lucca.
Cessata l’attività boschiva, nei primi anni cinquanta, i F.lli Fanano costituirono una propria impresa, staccandosi da quella originaria paterna, per
l’estrazione della pietra dalla cava situata in località Sant’Eugenia. Con
tale pietra frantumata furono realizzate le pavimentazioni di alcune strade del paese, prima fra tutte Viale Risorgimento (all’epoca Via Regina
Margherita).
286
Cava di travertino quando all’inizio veniva estratto a mano.
Cessata l’attività boschiva, nei primi anni cinquanta, i F.lli Fanano
costituirono una propria impresa, staccandosi da quella originaria
paterna, per l’estrazione della pietra dalla cava situata in località
sant’Eugenia. Con tale pietra frantumata furono realizzate le
pavimentazioni di alcune strade del paese, prima fra tutte Viale
risorgimento (all’epoca Via Regina Margherita).
Esaurita anche la cava della pietra, i tre fratelli si misero di nuovo in giuoco con un altro tipo di lavoro, che rispecchiava chiaramente
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cestruzzo. Il primo piccolo impianto fu posizionato nei pressi dell’attuale
svincolo autostradale, scelta determinata proprio dai lavori dell’Autostrada del Sole A1, che fece ancora una volta intuire alla ditta, il vantaggio
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’60, quando l’impianto fu dovuto smontare per far posto all’ultimazione
dei lavori del casello autostradale.
287
Il paese si specchia sulle rive del Tevere che scorre lento
dietro alla cava di calcestruzzo dei F.lli Fanano.
Nella foto: la nuova generazione
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terminati che mai, trovarono un altro sito per continuare l’attività, che
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la produzione degli inerti. Nel frattempo, oltre a posizionare il nuovo im%$$K$K!
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cominciarono ad acquistare nuovi mezzi per aumentare la produzione ma
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meccanici, cominciò a lavorare con il nuovo escavatore, acquistato nel
1969, e la pala meccanica. Nel frattempo si avvicinava un altro importante evento per lo sviluppo socio economico della valle del Tevere: la
realizzazione della Direttissima Roma-Firenze. Ed ancora una volta, per
rimanere al passo dei tempi e per essere competitivi con le nuove realtà
che si andavano a creare, nel 1967 costruirono il primo impianto per la
produzione del calcestruzzo…la scelta fu giusta e qualche anno dopo
ordinarono un nuovo impianto , quattro autobetoniere e due autocarri
tutti indistintamente nuovi (inizi anni ’70). E così l’attività andò avanti,
producendo nel tempo, risultati sia economici che morali, stante la correttezza personale, la competenza professionale, e l’onestà dei titolari.
Nel 1991, precisamente l’11 di agosto, Luigi, dopo una malattia che lo
288
logorava da oltre un anno, all’età di 65 anni, cessava di vivere. Uno dei
pilastri della ditta se ne era andato.
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(detto Francescone)….
altro personaggio caratteristico del paese.
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K “Calcestruzzi Fanano” cercando quindi di mantenere quell’identità che
da sempre era stata simbolo di serietà e correttezza, valori questi trasmessi alle nuove generazioni che con orgoglio presero in mano la gestione
dell’attività dei padri, nella consapevolezza della forte eredità di fatiche
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rispetto del passato e con impegno per il futuro.
Nuovo impianto dei F.lli Fanano “il lavaggio” o “draga” per la
produzione di inerti per il calcestruzzo
289
$ || * @ % rilascio della proroga nonché l’ampliamento della cava di cui trattasi, stipulando convenzioni attinenti alle previsioni del Piano di Fabbricazione
in merito al piano cave.
Successivamente, nell’ambito del piano di coltivazione cave, furono stipulate altre convenzioni tra il comune di Attigliano ed altre ditte
per la coltivazione di cave di sabbia e ghiaia in località Scappia, una con
la ditta “Inerti Viterbo”, “Inerti Bomarzo”, con la società “G.I.T.”, con
la clausola che le suddette società si impegnavano, alla scadenza della
convenzione, ad eseguire la realizzazione a loro cura e spese delle opere
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livellato il volume di terreno vegetale preventivamente asportato così da
ristabilire le originarie quote con l’originario terreno, rimosse le recinzioni, i materiali lavorati e qualsiasi altro tipo di materiale o manufatto
installato su tali aree, in maniera tale che i terreni fossero riportati all’originario uso agricolo.
Oggi, nell’antica cava di pietra prima citata, opera la ditta P.G.M.
di Gianmario Proietti & C. s.n.c. appunto per l’estrazione e la lavorazione di marmi.
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“L’oro bianco di Roma”. Infatti il travertino romano ha avuto una grande
importanza nel corso della storia quale elemento basilare per ogni tipo
di costruzione, costituendo sempre un riferimento durante l’evoluzione
sociale e tecnologica dell’uomo, che contemporaneamente sviluppava il
suo habitat: dalla singola abitazione allo sviluppo delle città, dall’arredo
urbano all’opera monumentale. Le sue tonalità e le diverse lavorazioni lo
rendono un materiale versatile e affascinante.
Lavorazione del travertino “l’oro bianco di Roma”, presso la cava
sita in località Sant’Eugenia di cui oggi è titolare
la ditta P.G.M. di Gianmario Proietti & C. s.n.c.
290
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ma per precipitazione del carbonato di calcio in prossimità di sorgenti,
cascate o bacini lacustri. Durante la precipitazione del carbonato, nel sedimento rimangono inglobati resti vegetali (per es. foglie o ramoscelli)
e animali (per es. frammenti di piccole ossa). La successiva decomposizione e dissoluzione dei resti organici conferisce al travertino l’aspetto
poroso e spugnoso. Il colore va dal bianco al giallo, grigiastro e talvolta
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@ roccia particolarmente soggetta alla gelivazione (fenomeno di frammentazione di una roccia a seguito della prolungata alternanza del gelo e del
disgelo).
Il titolare della ditta P.G.M. ha spiegato che sono necessarie al
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rimuovere uno strato piuttosto sottile di terra (50/60 cm. E poi una specie
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una formazione calcarea che negli strati superiori si rimuove facilmente
con metodi tradizionali di sbancamento, ma per il livello inferiore e per
uno spessore che varia dai 2 ai 5 metri, deve essere frantumato da attrezzature speciali e poi rimosso normalmente. Dato il valore di un deposito
di travertino, questa enorme massa di materiale deve essere rimosso dal
luogo di estrazione, col conseguente problema di trovare dei luoghi dove
depositarla, luoghi che devono essere piuttosto lontani dal bacino estrat%J
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risponde ad estrarre un “tassello” e dal buco può iniziare la vera fase
estrattiva. Questa operazione estremamente delicata viene portata avanti
con una serie di leggeri tagli inclinati intersecati tra loro (circa 100) per
facilitare l’estrazione del tassello.
Lavorazione del travertino “l’oro bianco di Roma”, presso la cava
sita in località Sant’Eugenia di cui oggi è titolare
la ditta P.G.M. di Gianmario Proietti & C. s.n.c.
291
La vera fase produttiva dell’estrazione, dopo la fase di apertura,
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tensione che trasporta lungo il suo corso la sabbia silicica, permettendo
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diamantata che oltre ad avere una capacità di taglia notevolmente maggiore, ha permesso di eliminare l’uso della sabbia, che dopo il suo deposito alla base dello scavo rendeva necessarie costose operazioni di pulizia,
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pale meccaniche, mucchi di breccia vengono disposti sotto la bancata per
evitare un impatto troppo violento della bancata col terreno sottostante.
Contemporaneamente, con un martello pneumatico, viene realizzato un
alloggiamento per i martinetti idraulici sulla parte superiore della bancata, i quali, con una serie di spinte, fanno staccare la bancata spostandone
il baricentro e provocandone la caduta. A questo punto i blocchi vengono
sezionati e selezionati per colore e caratteristiche, vengono poi caricati
per mezzo di potenti ruspe adattate ad enormi muletti su autocarri che li
trasporteranno in segheria, dove verranno squadrati perfettamente.
Lavorazione del travertino “l’oro bianco di Roma”, presso la cava
sita in località Sant’Eugenia di cui oggi è titolare
la ditta P.G.M. di Gianmario Proietti & C. s.n.c.
292
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vimentazione dell’area adiacente la nuova scuola elementare e farà bella
mostra di sé in Piazza Umberto I°, una volta che saranno realizzati i la%
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Nel 1966 la Camera di Commercio di Terni ( Presieduta dall’Avv.
Angelo Alcini ), stabilì di concedere al nostro Comune un contributo straordinario di £. 5.100.000, allo scopo di facilitare la creazione e lo sviluppo di una Zona industriale in Attigliano e favorire, quindi, l’insediamento
di nuove attività produttive. Nel frattempo la ditta BIANCHI Alberto di
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* circa ha. 1.40.00 al Voc. Madonna delle Grazie e di aver intenzione di
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$!striale per la laminazione a caldo del ferro tondo e del ferro piatto. Tra i
lavori che la predetta ditta avrebbe dovuto eseguire a proprie spese, per la
costruzione ed il funzionamento dell’impianto c’erano: la costruzione di
un largo piazzale, l’allargamento di strade comunali, l’ampliamento delle
reti idrica e di distribuzione dell’energia elettrica, l’impianto di una linea
telefonica.
Il Consiglio Comunale, pertanto, concesse con atto consiliare n.
11 in data 8.1.1966, al Sig. Bianchi Alberto, il contributo straordinario
di £. 5.100.000 avuto dalla C.C.I.A.A. di Terni, nelle spese previste in
£. 120.000.000, per la costruzione di un impianto industriale per la laminazione a caldo del ferro, nella consapevolezza che tale felice iniziativa
avrebbe portato presto alla nascita di una media industria, che sarebbe
servita da polo attorno al quale sarebbero potute sorgere altre piccole industrie, nel quadro del programma che la Camera di Commercio di Terni,
stava portando a termine.
Il 20 marzo 1990 il C.C. presieduto dal Sindaco Gagliarducci
Lorenzo approvò la convenzione tra la Regione dell’Umbria rappresentata dal Presidente Francesco Mandarini e la S.p.A. Camuzzi-Gazometri
con sede in Milano, per la realizzazione di una rete di metanizzazione
nei Comuni di Baschi, Montecchio, Guardea, Alviano, Lugnano in Teverina, Penna in Teverina, Giove, Attigliano. Tale atto segnò un ulteriore
passo nel processo di riequilibrio e nella realizzazione di iniziative di
sviluppo socio-economico del nostro territorio.
Nella stessa seduta consiliare ci fu un importante incontro-colloquio con S.E. Mons. Franco Gualdrini (Vescovo di Terni, Narni, Amelia),
relativamente agli ambiti di comune impegno sociale delle autorità civili
e religiose. In tale circostanza il Vescovo sottolineò che tanti anni fa i
Vescovi andavano ai C.C., ma in un’altra veste, ai tempi dello Stato Pon J
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qualche decennio fa la sua presenza non sarebbe stata gradita. Questo
invito dimostrava pertanto un cambiamento dei tempi in quanto nella
società attuale veniva riconosciuto il valore della Chiesa. Segue in lungo
discorso dove viene evidenziato che ente locale e chiesa non sono due
enti contrapposti, ma la chiesa dovrebbe porsi dall’interno come anima293
trice.
L’annuncio della chiesa dovrebbe dare un contributo per la società e per la storia. Siamo tutti impegnati per difendere l’uomo ed i suoi
>@!"
@#
!polo che non intenda l’uomo come dignità di persona, siamo accomunati dalla difesa dei diritti umani; l’uomo infatti deve essere al centro di
tutto, mai mezzo per raggiungere alcuni traguardi, ma sempre lo scopo.
Il Vescovo come portatore del messaggio della fede, dice che vorrebbe
dare un contributo perché l’uomo come dignità sia sempre conosciuto ed
apprezzato, partendo dalla considerazione dell’uomo nella sua interezza,
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*$$@*
+
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attenzione….nella varietà degli ambiti in cui l’uomo può sviluppare le
'+
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'!"
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liberamente eletto rappresenta le aspirazioni di tutti. Sono superati i tempi in cui si pensava che venisse prima lo Stato e poi i cittadini, grazie a
Dio.
Lo stato e le istituzioni non sono mai al primo posto, ma sono
al servizio dell’uomo e della società. Non esistono né una società meta‰$!
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Vescovo richiama l’attenzione degli amministratori sulla circostanza che
le istituzioni e la politica si pongono sempre al servizio degli altri….per
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l’uomo e la donna, liberi di scegliere tra il bene e il male. Si sa come
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=blica amministrazione dovrebbero indicare i criteri per la crescita di ogni
uomo e di ogni donna…..” Seguirono altri interventi dei capigruppo con
la conclusione dell’Assessore Germani il quale rifacendosi a quanto
detto dal Vescovo sulla circostanza dei tempi che cambiano, sulla rivalutazione del ruolo della politica e sul riconoscimento del valore della
chiesa, concluse che collaborando senz’altro si può fare qualcosa per il
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radiso terrestre, ma per realizzarlo non bastano le buone intenzioni..nel
momento avverte l’esigenza di recuperare appieno nei rapporti politici
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tristi vicende del recente passato…”.
294
Sonia Pica con amiche
Festa dell’unità: Ugo Pica balla con Maccaglia Turindo
295
Festa dell’unità: Ugo Pica balla con Maccaglia Turindo
296
*f)?!)JQ(QW?_
13.1 AGOSTINO ROMOLI
“La forza liberante della consapevolezza, per un paese migliore”
Pranzo al Ristorante la Gabelletta con l’Amministrazione
Gagliarducci (In primo piano Franco Di Agabito
(alzapalette, Agostino Romoli, Lorenzo Gagliarducci)
Vista la cortese richiesta, non ho potuto sottrarmi dallo scrivere
questa nota, per la lodevole iniziativa di ricordare le vicende del nostro
Paese nella storia dell’Unità d’Italia.
Per un Paese quasi “senza storia”, il rischio di cadere nella banalità e
* + ='
@ vorrei aggiungermi al coro di una rievocazione un po’ di maniera ed un
po’ velleitaria che potrebbe uscirne.
Tuttavia non ho potuto sottrarmi all’invito, ed ho preparato queste poche righe, senza remore o condizionamenti.
Amo molto la preghiera di San Tommaso Moro soprattutto nella parte
in cui recita:”Dammi una mente sana che sappia penetrare la verità con
chiarezza e alla vista del peccato non si sgomenti,ma cerchi una via per
correggerlo.”
Se solo il Signore mi avesse esaudito per un 10%, quello che
scriverò potrà essere utile in futuro a chi si adopererà, come ci siamo adoperati noi negli ultimi cinquant’anni, perché nel paese cresca soprattutto
%
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#+
giocare un ruolo di traino almeno nei confronti del “comprensorio”.
Nella nostra esperienza abbiamo avuto la fortuna di vivere tutto il dibatti-
297
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della riforma dell’ordinamento delle autonomie locali che necessariamente ci ha formati in una nostra visione generale sulla forma di Stato.
Questi temi rappresentano ancora oggi la frontiera decisiva sulla quale
siamo esposti per cogliere in tutta la profonda connessione i problemi
della convivenza civile,del fondamento democratico di questa convivenza e del rapporto tra la nostra società nazionale e tutte le altre istituzioni
elettive.
Come le ultime elezioni amministrative hanno dimostrato,ciò
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locali.
Infatti l’ormai speriamo prossimo trasferimento alle Regioni ed agli enti
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autonomie locali su un piano di statualità del tutto nuovo,esalta la funzione dei consigli eletti che hanno saputo amministrare con saggezza ed
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tive.
Una politica che abbia nella riforma dello Stato in senso au! * $$ % %
consigliare le implicazioni che questa riforma racchiude sia nel modo
di ricomporre a sintesi politica gli interessi espressi da una società pluralistica ,che nel modo di promuovere la formazione e lo sviluppo di
una dirigenza politica delle amministrazioni locali,chiamate appunto ad
assolvere un ruolo decisivo nel rinnovamento del nostro Stato.
Tu mi chiedi di ricordare il ruolo delle “amministrazioni democratiche” nella storia di Attigliano e logica vorrebbe che io,che in qualche
misura sono stato uno dei protagonisti di quel periodo,ti rispondessi che
tutto andò bene.
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i possibili mutamenti in atto e quanto essi erano destinati ad incidere
profondamente sul futuro di una comunità che,seppur piccola,poteva
indirizzare il proprio destino verso risultati eccellenti anziché verso un
appiattimento vuoto all’andazzo delle cose.
Basta rileggersi i programmi delle elezioni succedutesi almeno
dal 1964 ad oggi,per rendersi conto che ,sia pure a fronte della individuazione dei problemi incombenti per il nostro territorio,pochi o nessun
contributo originale sia intervenuto per indirizzare lo sviluppo in maniera
autonoma e lungimirante e che prescindesse da una prevaricatrice volontà centralista che ha subordinato le responsabilità degli amministratori
locali alle decisioni, prima del Governo centrale,poi dei livelli burocratici intermedi di Regione e Provincia in una accettazione acritica devastante.
In questo quadro,tutte le opportunità possibili,sono passate senza
298
inventiva e senza qualità non apportando che pochi vantaggi e molti danni.
All’opportunità di una stazione dell’autostrada, conquistata
con caparbietà dall’ultima amministrazione democristiana, non abbiamo saputo rispondere che con una programmazione del territorio ed
urbanistica,disastrosa.
Infatti, tra tolleranze ed adattamenti essa ha ridotto il Paese in uno stato
impietoso.
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senza peraltro alcuna idea di un recupero funzionale alla comunità.
I nuovi quartieri sono sorti con uno spontaneismo assurdo, scollegati uno
dall’altro(basta vedere gli incroci delle strade o le tipologie promiscue
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privati.
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# @ % ' continuità logica che ne mantenesse i valori portanti.
Le poche strutture per il tempo libero sono state disseminate in maniera
dissennata e senza la benché minima idea di servizio e quindi abbandonate.
Così,la piscina ha intaccato la privacy delle abitazioni circostanti
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in uno spazio periferico e distante dal centro abitato.
La sorte dei giardini antistanti la vecchia scuola elementare ha seguito e
segue i livelli culturali di chi di volta in volta li ridisegna.
I servizi scolastici solo adesso saranno riuniti come avrebbero
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mancata la visione globale del futuro,lasciando prevalere tutta la vischiosità portataci dal passato che non ha consentito di cogliere,con precisione
ed immediatezza,il senso della novità alla quale venivamo chiamati.
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dalle cose quello spirito di unione che solo avrebbe potuto indirizzare al
meglio le sorti del nostro paese.
Ecco perché io sostengo che solo oggi,ancora una volta, Attigliano ha l’occasione per mettere concretamente alla prova la sua visione
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'erenza col disegno costituzionale o altre amenità del genere, ma avendo
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ve funzioni attribuite agli Enti locali,pone agli Amministratori.
Il confronto sui problemi delle singole comunità locali
infatti,deve si essere inquadrato nella nuova realtà dei poteri attribuiti
ma,all’atto della programmazione, della organizzazione e della gestione
dei nuovi compiti degli Enti locali stessi,dovrà prevalere la pratica e la
concreta gestione dei poteri stessi che andrà confrontata con lo sviluppo
299
autoprogrammato e con il pluralismo degli interessi umani della collet%#!%%
"@"strare.
Ecco perché sostenevo all’inizio che il nuovo ordinamento delle
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valenza politica generale ,le proiezioni degli enti locali stessi nella società.
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soprattutto per quanto riguarda i valori che verranno immessi in concreto
nel funzionamento del nuovo stato delle economie per cui, sbagliare an%!
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Parlo di esigenze che sono già nel dibattito del nostro territorio ma che
non hanno per il momento lasciato nessun segno.
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ri quale deve essere la dimensione dell’ambito territoriale in cui si realiz'
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attraverso i quali lo sviluppo stesso potrà ripartire e consolidarsi nelle
nostre zone.
Se parliamo del territorio Amerino dobbiamo aver presente una struttura
sociale fatta di paesi piccoli e medi,distribuiti su territori che possiamo
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attrazione predominante.
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E’ chiaro che in questa situazione si pone il problema ,per le nostre
zone,di costruirsi una nuova identità legata a nuovi fattori di sviluppo ,
assolutamente libera dai condizionamenti tradizionali.
Attigliano, Giove, Penna, Alviano, Lugnano, Guardea, Montec"!
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(con il nuovo aeroporto) come nuova sponda privilegiata su cui costruire
una integrazione di fatto che può giovare a tutti.
La realizzazione del raccordo tra Attigliano e la superstrada Orte
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†'@+pera che può aspettare né un interesse esclusivo dei comuni di Attigliano
e di Bomarzo e tantomeno del Ternano.
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$$lizzati dal solo raccordo via Orte.
Come si vede. la globalizzazione in atto può scompaginare
anche le istituzioni ma non può non tener conto dei valori identitari di
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+ *+%!
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Solo la giusta scelta dei valori che vinceranno, potrà consentirci di trasformare la nostra debolezza in forza.
I punti focali su cui l’attuale giovane amministrazione dovrebbe spen300
dere tutta se stessa anche con il pungolo della minoranza, sono in senso
strategico almeno due: - spingere sul raccordo trasversale prima ricordato
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potenziando i servizi di trasporto per e dalla Capitale via ferrovia,in parallelo con quelli autostradali.
Sono questi i due punti focali che avranno un ruolo fondamentale per lo
sviluppo sia del nostro territorio che di quello dell’intero Amerino.
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connessione decisiva tra interveti pubblici e sviluppo economico.
In fase preparatoria occorre portare al limite massimo la integrazione
di risorse tra i Comuni interessati per rendere seri e credibili i bilanci e
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infrastrutture soprattutto viarie.
L’obbiettivo dovrà essere quello di renderci territorio appetibile
per nuovi insediamenti produttivi a misura delle nostre vocazioni.
A questo proposito non dobbiamo mai dimenticare che ambienti
favorevoli all’insediamento di imprese innovative possono essere delibe
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Gli aspetti appena accennati sono solo la precondizione necessaria per
poter immaginare un futuro migliore ma altri problemi devono essere risolti se vogliamo aspirare legittimamente ad attuare per Attigliano quella
sussidiarietà che tutti ormai invochiamo per essere veramente arbitri del
nostro futuro.
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identità.
Un paese pulito,con un forte senso comunitario rispetto per
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interna semplice ed agevole,ad una difesa ad oltranza della tranquillità di
vita,alla non accettazione,neanche a posteriori della devastazione del ter%
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cato dalla edilizia commerciale ed anonima dei nuovi palazzinari,sono
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$dare, porci all’attenzione di chi come noi,volesse trasformare le nostre
debolezze in forze.
Per l’attuazione di un tale progetto occorre creare una identità culturale che può anche irradiarsi da un singolo centro verso gli altri e che
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E’ evidente che tutto questo presuppone il ritorno forte ad un principio
abbandonato prematuramente ma che sarà la chiave di volta delle nostre
società in futuro:la partecipazione popolare.
Solo le comunità che avranno la forza di costruirsi un progetto credibile e
301
di chiamare attorno a questo tutte le intelligenze disponibili,saprà condizionare il proprio futuro senza soggiacere agli effetti della globalizzazio
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Il traguardo imprescindibile nel prossimo futuro dovrà essere non altro che quello della qualità della vita nelle nostre zone e per Attiglia !"
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*tà nell’accoglienza,qualità del possibile sviluppo economico,qualità
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%nitaria.
Per cominciare ad ottenere risultati su questo versante occorre
prima di tutto riattivare una vera partecipazione che non sia solo formale
ma che miri a che gli stessi cittadini assumano in proprio la responsabilità della creazione dei presupposti perché il sistema di qualità prevalga
nel territorio comunale e poter in seguito rivendicare tutta la capacità di
autonomia nella gestione dei fenomeni che ci riguardano.
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aspetta se vogliamo affrontare i nodi cruciali del nostro futuro e non vi
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ancora che politico.
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con il soffocare l’autentica democrazia locale, seppellita sotto quell’in
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stinazione dei fondi che questa amministrazione sta investendo nel nuovo
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al recupero di opere inutili già costruite in passato e di cui oggi bisogna
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L’investimento assolutamente lodevole per la nuova scuola elementare ha dovuto necessariamente ripensare il campo da tennis mentre
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del recupero ad altri usi dell’immobile e dell’area della ex piscina.
Sono fondi consistenti per una comunità come Attigliano che vanno non
solo spesi bene ma che devono ricordarci gli errori del passato in cui non
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+
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# $ visione politica troppo manichea e ritornare a vivere il territorio come
patrimonio comune e non come arena in cui sfogare i nostri peggiori
istinti, uno in odio all’altro.
Abbiamo una amministrazione comunale giovane e di persone
oneste che va aiutata a ricollocare il paese nella giusta dimensione che gli
spetta, ma abbiamo anche (o avevamo?)una amministrazione provinciale
che sui problemi del nostro territorio ha idee giuste che vanno non solo
sostenute ma sviluppate secondo il nostro angolo di visuale.
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302
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fonda e tutela di interessi di parte come se 60 anni di negazione di certi
valori individualisti e di affermazione solo formale di solidarietà avessero fatto crescere proprio i principi che a parole si negavano.
Gli occupati non hanno lo stesso sentire dei disoccupati, gli impiegati non amano gli operai, i pensionati temono i non pensionati, i residenti autoctoni temono gli immigrati, i musulmani difendono il loro
folle primato religioso, forse solo i cattolici, con le loro organizzazioni di
volontariato,riescono ancora a testimoniare valori universali che rischia
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La crisi mondiale, una crisi di inusitata violenza, ci ha colti affannati in questi pensieri di divisione ed ancora non ci permette di reagire
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vigliacco e virulento alle nostre illusioni.
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pensieri di chi nella propria comunità tende ad una fuga da se stesso e
dalle cose.
E’ il comune per primo che deve farsi carico del valore essenzia
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di preordinare ogni intervento a creare le condizioni perché ciò avvenga.
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%re alla convinzione che le due scelte strategiche sopra ricordate possono essere veramente funzionali al nostro sviluppo dovremmo da subito
muoverci verso una struttura sovra comunale aggregante che raccolga ed
interpreti le ipotesi possibili.
Nel nostro territorio esistono al momento poche vocazioni natu
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dotti che vanno sostenute ed alle quali va ridata una prospettiva proprio
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Viterbo con il suo aeroporto funzionante.
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anche dalle nostre zone con dimensioni che possono aprire una vetrina
,anche internazionale, per esse.
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turato come punto di partenza di grandi crociere che deve suscitare da subito la nostra attenzione per far si che,anche i nostri destini,si aggancino
in qualche modo a quel grande progetto.
Il nostro territorio ha un patrimonio invidiabile di importanti colture e lavorazioni (pane,pasta,olio,vino ecc.) mentre il tessuto produttivo
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*
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303
di unità produttive di minima e media dimensione.
E’ inutile ad esempio che un volenteroso e bravo pastaio tenti
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dagli Enti Locali ad accedere a mercati nazionali quali quelli ricordati.
Un sindaco o una struttura che avessero predisposto tutte le pre-condizioni di sviluppo e trasporto sopra ricordate e non passasse la sua giornata ad
inseguire le prospettive di mercato offerte dalle opportunità appena dette,
non orienterebbe bene la sua attività.
E’ altrettanto evidente che sarebbe pressoché inutile aver fatto
scelte solo strutturali per organizzare e razionalizzare la scuola pubblica
se non si cominciasse a ragionare sul come integrare questa scuola con il
mondo del lavoro possibile.
Se ipotizziamo ad esempio, uno sviluppo consistente nel settore
agricolo di eccellenza o agroalimentare, non possiamo ignorarne le esigenze e continuare a sfornare dalla scuola solo avvocati o commercialisti.
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@cum” che prevede intuizione e scelta, l’una e l’altra realizzate insieme
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che per una giusta lettura della realtà territoriale.
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sero di percorrere insieme questa strada, dovrebbero mettere in campo
uno sforzo continuo di dialogo e di reciproca comprensione sia tra poteri
pubblici che tra questi e tutti i soggetti portatori di bisogni
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a quella democrazia compiuta cui ,da tempo, tutti diciamo di tendere.
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=# sviluppo venga assunta,nella misura massima possibile dagli stessi ope
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del Sindaco anche nel fondamentale settore del lavoro, utilizzando gli
strumenti propri della politica relativamente all’orientamento dell’assetto territoriale.
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cato insieme due grandi settori diabolicamente contrapposti: quelli che si
sono appropriati del progresso quantitativo, spesso di rapina o di rendita
senza lavoro e quelli che hanno inseguito il lavoro senza averlo,perdendo
così anche la prospettiva della qualità della loro vita.
Questi ultimi soggetti, che nella società sono solo numeri, nel
territorio comunale hanno un nome ed un cognome e vanno supportati
come individui.
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'%ro pari alle aspettative o al titolo di studio posseduto ma di offrire almeno
un lavoro qualsiasi.
Anni di distacco dei moduli educativi dal sistema produttivo,
hanno fatto slittare il baricentro sociale dalla produzione al consumo
304
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Ed allora mi domando come faccia oggi un giovane o espulso
da un ciclo produttivo o addirittura che non ha trovato mai un lavoro, a
riappropriarsi e vivere la centralità del lavoro stesso se non con rabbia,
odio e aggregazione in gruppi violenti!
Si può oggi rispondere a chi non ha lavoro che deve sussurrare e
non gridare?
Anche nelle nostre zone, come in altre del paese,la dedizione
all’alcool dilaga e fonda la sua presa sul niente che hanno i nostri giovani
e noi dobbiamo farci carico di riempire questo “niente” di cose concrete
che diano una prospettiva e la possibilità di crearla con le proprie mani a
tutti i giovani che la vogliano.
Questa non vuole essere una predica morale ma solo la reazione
di un cittadino comune che vede progredire una costante perdita di valori
che può essere impedita o invertita solo con il coinvolgimento alla creazione del proprio futuro con scelte politiche adeguate.
Spesso invece reagiamo a questo degrado valoriale o con un totale lassismo o con un inutile rigore.
Amare il paese, come molti fanno,presuppone quindi una scelta
di campo che i nostri amministratori,credo, sapranno e potranno fare,
rimanendo così nel ricordo e nella storia di questo paese per avergli garantito uno sviluppo armonioso,giusto ed a dimensione d’uomo.
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canti del nostro territorio,inventarsi strumenti per superare la frammentarietà di un sistema produttivo estremamente gracile, immaginare un Ente
che aiuti a comunicare all’esterno prossimo (Roma,Civitavecchia,Viterbo)
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le sue eccellenze agroalimentari ed artigianali.
Tutto deve essere poi inquadrato in una rigorosa difesa della ori$#=
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sul piano esterno,già posseduta ed apprezzata.
305
13.2 DARIO DI MAULO
“Le amministrazioni di sinistra e il sostegno dei partiti
di riferimento (PSI e PCI)”
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Anno 1964, mese di novembre, la lista di sinistra, quella degli
asini, i ragli dei quali non giungono al cielo, hanno vinto le elezioni. Da
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Attigliano. Alla soddisfazione della vittoria ottenuta e ai festeggiamenti
per la vittoria, dopo l’insediamento, metà dicembre, si scopre l’arcano
di cui si parlava, ma che nessuno sapeva, noi compresi, del decreto del
1962, relativo al trasferimento del centro abitato perché soggetto a frana
di scalzamento. Leggendo la legge sulla quale si articolava vennero i
brividi. I proprietari già sgombrati, dovevano provvedere a proprie spese
alla demolizione dei fabbricati, senza sussidi e senza indennizzi.
Dopo il giuramento del Sindaco, nella prima riunione della giunta si deliberò di chiedere la revisione del trasferimento, disponendo una
nuova perizia geologica. Gli amministratori, social comunisti, chiamarono la loro gestione popolare, umana, vicina ai cittadini per risolvere
i problemi di Attigliano che erano enormi. Dal bilancio ereditato, con
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aumentarono e le disponibilità economiche erano al lumicino. Ci si rim=&
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Attigliano aveva bisogno di tutto.
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dell’operatore;
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306
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E con la spada di Damocle del centro abitato da abbandonare e demo
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$$! un senso e un indirizzo politico e amministrativo con unità d’intenti nel
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che ha consentito di realizzare ed andare oltre il programma previsto.
Il Ministero dei lavori pubblici accordò la riduzione del trasferimento escludendo Via Roma. L’avvento della regione anno 1970, cambiò
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di una legge regionale che per il trasferimento dei centri abitati prevedeva indennizzi, per chi non voleva usufruire del trattamento di un contri=Zž
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dallo strumento urbanistico, urbanizzate e concesse gratuitamente. Negli
anni della incubazione della legge regionale ’85, il Comune di Attigliano
ha ottenuto:
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popolari (Via Cavour numero tre fabbricati, Via S. Allende, Via della
Croce) attraverso il piano PEEP, ha contribuito alla formazione di due
cooperative in Viale Battisti
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pubblici. La determinazione di tali aree ha imposto scelte, nel contesto
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== š cheggi – viabilità e stabilire le zone di espansione reperibili al limite del
centro abitato (Zona C) destinate a lottizzazione per un armonico sviluppo urbanistico.
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u anche impostato lo studio di un progetto relativo alla rete fo$!
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’70, la rete fognaria era ultimata e si procedeva alla costruzione dei depuratori. Tornando ai primi mesi successivi all’insediamento si provvide
alla revisione delle tasse di famiglia , con apposita commissione creata
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"‰!"
+rono il loro tributo.
Dopo cinque abbondanti anni, la presentazione alle elezioni del
1970, le prime regionali, il riconoscimento fu accordato da un risultato lusinghiero, molto superiore a quello del 1964. Notevole il voto trasversale sulle preferenze accordate al Sindaco. Tale successo fu deter!
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dell’amministrazione comunale nei problemi della collettività era palese
e corrisposta. Con la regione fu possibile intraprendere iniziative su tutti
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'menti per potenziare l’acquedotto (costruzione serbatoio), per le strade
di campagna, per la costruzione di fognature, per l’ampliamento del cimitero, per la viabilità interna per l’allargamento delle carreggiate, per la
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l’ampliamento delle scuole elementari, costruzione palestra e campo da
307
tennis. Fu iniziato il trasporto dalla campagna degli scolari con un pioneristico scuolabus.
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tavit).
In bilancio per la prima volta furono previsti sussidi alla scuola
materna e alla società sportiva. Si provvide all’ampliamento della pianta
organica e per la prima volta il Comune metteva a disposizione un giorno
$
*
Saturato il centro abitato si rese necessario intervenire sulla zona C con
lottizzazioni convenzionate. Cosa che avvenne con la creazione di una
lottizzazione convenzionata, vera oasi di tranquillità con verde, parcheggi e una viabilità con un solo accesso, con una zona di rispetto di dieci
metri dalla provinciale, oggi deturpata da passi carrabili ed ampliamenti
|
@
porti con la minoranza. Le battaglie ci sono state, specialmente i primi
anni, scemate, quasi sparite negli anni 1977/1980. La richiesta di partecipazione, l’istituzione di commissioni aperte alla minoranza e di assem=
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sta molto importante. Nelle tre competizioni elettorali, le liste proposte
erano composite, rappresentative nella scelta dei consiglieri, fortemente
rappresentative di realtà locali.
Furono amministrazioni popolari di persone semplici ed autentiche, presenti sempre nelle gioie e nei dispiaceri, nelle feste e non. La istituzione di commissioni, le assemblee popolari, le riunioni di caseggiato,
promosse dai partiti, con la presenza di amministratori, veicolavano i
progetti in atto e futuri fra amministratori e amministrati. Queste furono
le commissioni istituite, oltre a quelle previste per legge:
Commissione per la revisione tributi;
commissione per il trasferimento del centro storico;
Commissione per concessione contributi assistenziali (E.C.A.);
Commissione per la stabilità del Palazzone. Le riunioni furono tenute in
Prefettura alla presenza del Prefetto e dell’ing. Capo del Genio Civile;
Commissione per assegnazione Case popolari;
Commissione per regolamentare i rapporti con la scuola materna;
Commissione per la realizzazione del piano commerciale;
Consulta dello Sport per la scelta degli interventi, delle aree e per la progettazione degli impianti sportivi.
Si precisa che alcune commissioni erano presiedute da rappresentanti
della minoranza o da cittadini.
Fine anno 1979 e inizi 1980. Erano stati approvati dal Consiglio comunale due grandi interventi:
^$
'
- progetto, da realizzarsi in tre fasi, del trasferimento del centro abitato in
base alla legge regionale, per interventi nei centri storici da consolidare.
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308
il costo del progetto originario. Il secondo fu completamento ignorato,
tanto che nell’agosto, dopo quasi vent’anni, si fecero sgombrare alcuni
cittadini e fu eretto un muro per garantire l’incolumità, ma poi per la
vendemmia furono date le chiavi del cancello per accedere alle cantine.
Si chiude con l’amaro in bocca per tre accadimenti, il primo lo spiego
perché l’ho vissuto e sofferto, gli altri ci sarà chi dovrà pensarci.
Demolizione del “Palazzone”
Il fabbricato disabitato per l’ordinanza di sgombero, perché pericolante e il conseguente abbandono forzato degli abitanti, costituiva, a
detta dei tecnici del Genio Civile, pericolo per la pubblica incolumità; si
trovava sulla strada percorsa dai fedeli per recarsi alle funzioni religiose.
Di fronte ad un ultimatum del Genio Civile si istituì, d’accordo
con il Prefetto una commissione che doveva valutare e decidere. In una
riunione convocata dal Prefetto, alla quale il Sindaco partecipò insieme
=*
'
!
lazione tecnica sulla stabilità del fabbricato e in mancanza della garanzia
dell’incolumità pubblica, dopo ampia discussione, essendo anche impossibile la ristrutturazione o il consolidamento, si decise per la demolizione
e si stabilì che il Genio Civile doveva redarre il progetto di demolizione
=
%
"
'
a carico dello Stato, e non dei proprietari, come prevedeva la legge sul
trasferimento. Nel contempo partì la richiesta della costruzione da parte
dell’I.E.R.P. di un primo lotto di case popolari da destinare agli sgombrati (alloggi costruiti in Via Cavour). Nelle more dell’approvazione del
$
'
'
'
! Sindaco in prima persona, si assunse la responsabilità di garantire l’incolumità pubblica e i passanti che si recavano alle funzioni religiose.
Demolizione della vecchia Chiesa:
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‡‡WZ[$$\@=tuta perché la vecchia Chiesa fosse fra i fabbricati da salvaguardare e da
escludere, anche come bene culturale, da tramandare ai posteri, all’interno del centro abitato. La demolizione della Chiesa, con un progetto
%
‡‡!
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'
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Regione, Provveditorato delle Belle arti e geologo avevano assunto era
quello che la chiesa non fosse de demolita perché lontana dal costone e
che pertanto doveva essere demolita soltanto la canonica, prevedendo altresì il consolidamento se fosse stato necessario del muro della canonica
in comune con quello della Chiesa.
E’ sconcertante il fatto che l’amministrazione che ha demolito la vecchia
Chiesa, abbia nel suo seno gli stessi o i discepoli di quelli che avversarono la costruzione della nuova Chiesa per la quale esposero denuncia
contro ignoti il giorno della posa della prima pietra, e di chiedere in Con$|
%!"
solidali e partecipi delle eventuali conseguenze della sospensione.
309
Per la costruzione della nuova Chiesa i meriti sono, anche e soprattutto,
di un sindaco e di amministratori social comunisti.
La piscina.
Non si spiega perché chi l’ha inaugurata nel luglio 1980, in tre anni ap"
!$
!
ha iniziato l’affossamento e con il passare del tempo la demolizione. Con
lo spazio a disposizione, anziché ampliare le pertinenze della vasca, si
realizzò una monumentale recinzione, riducendo gli spazi a disposizione
degli utenti. Spesero un centinaio di milioni e la piscina non solo non fu
!
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forse sta pagando ancora il mutuo stipulato per la costruzione.
Le amministrazioni comunali dal 1980 dovrebbero, gradualmente a scalare, rispondere di quanto accaduto e sta accadendo. Una falsa
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'
?@$glioso dei suoi quasi 16 anni di amministrazione, portati avanti con impegno, con disinteresse, sempre con soluzione unanimi di giunta e di consiglio comunale. Felicissimo di aver lavorato per il bene della collettività.
Orgoglioso dei rapporti avuti con i funzionari e i dipendenti comunali,
con le autorità, con i cittadini tutti. E’ stata un’esperienza meravigliosa
"
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%ta anche le critiche possono servire a fare comodo e ripensare. Non può
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"*
@
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essersi candidato, non rispettare le istituzioni e chi le rappresenta. La dirittura morale e la responsabilità di rispettare un giuramento, fatto per tre
volte, ti danno la soddisfazione di aver fatto non qualcosa di eccezionale,
ma semplicemente il tuo dovere.
310
K]
K
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311
13.3 GIORGIO GERMANI
“La crisi delle amministrazioni di sinistra
e l’avvento del centro sinistra“
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non può che essere parziale e probabilmente “faziosa“, anche se il tempo
trascorso (oltre un quarto di secolo) stempera le emozioni e fa rivivere
quegli accadimenti con il giusto distacco (o almeno così dovrebbe essere).
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@%%
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‡W
partire dagli anni precedenti, immergersi nel clima culturale e politico di
quell’epoca ( la rimpianta prima Repubblica ) e inserire vicende politiche
=+%*
Dopo le amministrazioni Di Maulo - succedutesi ininterrottamente dal 1964 al 1980 con risultati anche positivi che sarebbe ingiusto
negare – il PSI di Attigliano conferma l’alleanza con il PCI ma deci
=
"
%#%
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Di Maulo ma $#, che nella consiliatura 1975/1980
aveva ricoperto il ruolo di Assessore maturando esperienze politiche e
amministrative.
Questa decisione genera malumori all’interno del PSI ( Di Maulo la subisce e di fatto non l’accetta ) e nei rapporti con il PCI che per
%[*\@
}
nonostante la quantità dei suoi consensi elettorali sia superiore a quella
del PSI. Ciò emerge anche durante la campagna elettorale e nella seduta
di insediamento della consiliatura 1980/1985, dove il clima nei rapporti
politici e personali tra socialisti e comunisti si presenta palpabilmente
teso. Pur rispettando i patti sottoscritti in sede politica anche a livello di
Federazioni provinciali, nella seduta di insediamento il Gruppo Consigliare comunista tesse gli elogi dell’ex Sindaco Di Maulo e non applaude
all’elezione di Gagliarducci e nemmeno gli rivolge l’augurio di buon lavoro. Al neo Sindaco non viene rivolto dagli alleati neanche un semplice
gesto di cortesia, che invece arriva puntuale da Agostino Romoli nella
sua veste di capogruppo della DC ( il partito di maggioranza relativa ad
$\"
'#
$$'
e si prepara a un nuovo ruolo di interlocuzione politica e amministrativa.
Gli anni della consiliatura 1980/1985 sono caratterizzati dalle vicende di
attuazione della Legge Regionale n. 65 del 1978 che superando la legislazione nazionale del 1908 ( quella conseguente al tragico terremoto di
Messina e Reggio Calabria ) consentirà di avviare a soluzione l’ultrade, di cui di questo testo parla
diffusamente e con dovizia di particolari in apposito capitolo.
#
$$'["
%$"
rapporti con la Regione ) non costituiscono una condizione ottimale per
312
procedere speditamente nell’attuazione delle diverse fasi di parziale ab'
##"h##?!+
delle operazioni di attuazione delle citate fasi viene realizzata nel corso
‡WY‡‡Z! %
"
#
frapposte dalla Regione ( in particolare dagli Assessori di appartenenza
comunista ) e contribuito ad una parziale della Legge Regio =0k*,+/ con l’apporto del ( $# (allora
Ordinario di diritto amministrativo e Pro-Rettore dell’Università di Perugia).
È di quegli anni anche la decisione di ##;?' con vicissitudini e controversie amministrative e giudiziali davanti al TAR nella realizzazione dell’opera; un intervento complesso che alla conclusione dei
lavori costerà al bilancio comunale diverse centinaia di milioni di lire (la
'
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suoi organi di governo: Sindaco, Giunta e Consiglio si sposta nei locali
di proprietà della parrocchia in Via Manzoni: una sistemazione di risulta
non certo ideale. I lavori di ristrutturazione della sede comunale termi
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istituzionale all’inizio della primavera del 1986, con ! ma con una # - quella tra PSI e
DC – uscita vincente dalle elezioni amministrative del maggio 1985. Di
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dell’alleanza PCI/PSI, con la costituzione di @#na [€!‚
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fatti interni comunali ma anche di nazionale,
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*bri diversi il rapporto tra democristiani e socialisti. Sempre a proposito
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tario comunale (il Dr. Montana), della Levatrice () e
della Farmacista ( la Dr.ssa Matranga ). Per un breve periodo al piano
terra fu anche abitazione di una coppia di sposi che faceva un certo effet
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grosso e con i baffoni Dario, piccola e minuta ma molto energica Giuliva.
Dalla loro cucina spesso si sprigionavano i forti profumi di una sana cu
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%$
Non sono indifferenti alle vicende che stiamo trattando le circostanze che portarono nel*,/fJ:w alla Presidenza del
313
Consiglio dei Ministri ( il primo socialista a Palazzo Chigi ) e il @ ( ex Pretore passato al PSI ) !
di Amelia, con l’appoggio determinante della DC amerina, provinciale
$
>@"
*
$$
|bra nella vesta di Segretario Regionale vi sia l’attiglianese Avv. Angelo
(, che diede un contributo decisivo ai nuovi rapporti con il PSI.
Non vi erano certo le condizioni per ribaltare l’intero quadro politico
provinciale e regionale, che rimase fortemente ancorato all’alleanza di
sinistra, ma nell’(kQ queste condizioni si realizzarono e
l’alleanza DC/PSI coinvolse anche i Comuni di Attigliano e Lugnano
in Teverina (diventa Sindaco di Lugnano nel 1985 il DC Dr. Aldo Di
Benedetto, di professione Segretario Comunale), che si aggiunsero ad
un rapporto ormai ultradecennale già positivamente sperimentato nel Comune di Giove (Sindaco stimato il DC Dr. Ettore Gillio - alto dirigente
delle Acciaierie di Terni).
In quegli anni mutano anche le alleanze nel comprensorio AmeY>
=
'
|%
al socialista ( già vice sindaco socialista di Giove )
la presidenza nei settori del territorio e dei beni artistici e culturali e al
Sen. Ilo Mariotti ( già segretario provinciale della DC ternana ) la presidenza della ASL. In questi ambiti mi viene assegnato l’onore e l’onere
di DC all’Associazione dei Comuni: un compito delicato di
cerniera tra l’Assemblea espressione dei Comuni e gli organi di governo
e di gestione nei vari settori, nonché di raccordo con i singoli Comuni e
le forze politiche costituite in gruppi consigliari nell’ambito dell’Associazione medesima.
Ritornando alle vicende attiglianesi si deve ricordare che nella consiliatura 1980/1985 si realizzò un importante intervento di edili# di una ventina di alloggi collocati in località
Campaola (tra l’attuale Piazza della Repubblica e Via Salvatore Allende).
Gli alloggi vennero materialmente consegnati agli aventi titolo all’inizio
della consiliatura 1985/1990, con grande soddisfazione degli interessati.
La rottura dell’alleanza frontista ( PSI/PCI ) si realizzò verso
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$#
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"
personali all’indirizzo del Sindaco Gagliarducci ed anche per le mosse “
furbesche “ e tatticamente intelligenti della DC attiglianese guidata all’epoca da personalità di grande rilievo politico, professionale e culturale
come ('''?#;](e
immodestamente anche dal sottoscritto, reduce da un interessante esperienza al Comune di Amelia nel 1983/1984 ). Fu la scelta di aprire un
confronto diretto tra DC e PCI, in quegli anni cosa inusuale, che determinò nei socialisti la decisione di aprire un confronto serio e leale con la DC
attiglianese; confronto che in precedenza non era stato possibile. Che il
Di Maulo non avesse accettato l’estromissione dalla candidatura a Sinda
‡WZ@%'"
'%
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$$314
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movimento sociale italiano, indipendentemente dalla circostanza citata,
sono da citare per passione politica e coerenza ideologica i 'Q
e i Santarelli.
La lista DC/PSI vince le elezioni della primavera 1985 con un risultato
risicato, poiché la candidatura di Di Maulo determinò una rilevante diaspora nell’elettorato socialista.
>
%
!%%
$
Via Manzoni inizia l’esperienza amministrativa del Centro Sinistra, con
una compagine fortemente rinnovata e giovane che vede confermata la
guida di $#*
stiani Germani ( vice Sindaco ), ; ; ( assessori ) e del
socialista Bassetta ( assessore ). In casa socialista un ruolo determinante
lo giocarono nel passaggio al centro sinistra due personalità di rilievo che
merita ricordare: (
Accanto agli impegni e alle realizzazioni concernenti il centro storico,
$$$
'
!ministrazione dell’epoca procede alla #
' a numerose opere pubbliche tra le quali vale la pena citare il
##'"' (con
la sistemazione delle vecchie strade e l’apertura di nuove) illuminazione (rinnovo di quella esistente e nuove installazioni).
Un’attenzione particolare viene riservata al con l’avvio di nuove lottizzazioni '
! zione dei nelle zone B e la stesura del piano di
nella parte non interessata alla demolizione.
In tema di recupero il primo buon esempio viene dato dall’Amministrazione civica che , già
sede municipale.
La minoranza capeggiata dal Di Maulo regge a fatica il confronto con una maggioranza coesa e determinata e tra il 1986 e il 1987 si
dimette in blocco. Il Consiglio Comunale si determina a deliberare la
surroga dei dimissionari tra i primi dei non eletti della lista medesima per
non restare senza minoranza. Una surroga complessa perché non espressamente prevista dalla legge, che destò perplessità nella Terni, ma poggiando il suo presupposto su una pronuncia del Consiglio
di Stato venne approvata dal CO.RE.CO. ( il Comitato Regionale di Controllo ) che all’ora esaminava gli atti consiliari e di giunta ed era diretto
dal Dr. Benito Montana attiglianese di adozione, siciliano di origini, che
ricoprì per lunghi anni il ruolo di Segretario comunale ( prima con il Sindaco Margheriti poi con il Sindaco Di Maulo ).
La consiliatura 1985/1990 ( ed anche le seguente ) venne %stata“ da una “brutta“ vicenda giudiziaria che vide coinvolti il Sindaco
Gagliarducci, il Vice Sindaco Germani, gli Assessori Vecchi e Bassetta
ed i vigili urbani Filice e Piersanti, unitamente a imprese, progettisti,
315
direttori dei lavori e committenti di alcune opere edilizie private per irregolarità inesistenti e, comunque, mai provate. All’esito del processo
š"
'
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!
tecnici e committenti vengono assolti, mentre per gli amministratori la
vicenda si chiude con l’assoluzione per alcuni capi d’imputazione ( due
su tre ) e per intervenuta prescrizione il 4 dicembre 2001 ( dopo quindici
anni ) sulla sola accusa che era rimasta in piedi ( quella legata a quanto
sarebbe avvenuto nel rapporto tra Amministratori e Vigili Urbani ).
In quella triste vicenda – che nasce da ignobili scritti anonimi
artatamente ispirati e indirizzati al Pretore di Amelia Dr. Maurizio San – gli amministratori democristiani e socialisti #, seguendo le regole del diritto
anche quando l’atteggiamento dell’inquirente si presentava particolarmente aggressivo e parziale mettendo a dura prova la professionalità dei
%%!*
'
Avv. Gennaro
di Perugia e l’((:
di Terni. Nella vicenda,
che fece scalpore su tutto il territorio regionale con un dibattimento in
Pretura che durò ben tre giorni nel dicembre del 1987, si registrò anche
l’emissione di un provvedimento cautelare di restrizione della libertà
personale che portò agli arresti domiciliari per reticenza dell’incolpevole
$[_€\
Voglio concludere questa parte riferita alla consiliatura
1985/1990 con $#, che da Assessore prima e Sindaco poi ( per 15 anni dal 1975 al 1990 ) ha contributo
positivamente al funzionamento dell’amministrazione del Comune di Attigliano. Cinque anni di lavoro quotidiano passati insieme me ne hanno
fatto apprezzare la bontà umana, la serietà e correttezza politica. Sapeva
lavorare collegialmente e rispettava l’autonomia e il lavoro del Vice Sin
$
$"
$
!
$%
Alla vigilia delle elezioni comunali del 1990 democristiani e socialisti
confermano l’alleanza e insieme riescono a realizzare le condizioni per
un allargamento della stessa al partito repubblicano; un partito che dai
primi anni ottanta si era ben inserito in Attigliano grazie ad ancoraggi
storici ( Rossini e Lucci ) ma soprattutto all’intelligente lavoro sindacale
di Pica Vittorio e alle adesioni ottenute all’interno delle maestranze della
Betavit.
L’alleanza DC/PSI/PRI, che porterà ad una chiara vittoria elettorale nel maggio del 1990, venne caratterizzata dalla circostanza che per
la prima volta dopo oltre vent’anni !x
, anche se l’accordo politico contemplava la %% a metà del mandato con un socialista; cosa allora
possibile poiché l’elezione del Sindaco avveniva in Consiglio Comunale
e non con scelta diretta degli elettori.
Alla seduta di insediamento del giugno 1990 io vengo eletto
Sindaco e la compagine di giunta vede presenti: ( 316
socialista come Vice Sindaco, ] ? democristiano, Poeta
Valdimiro socialista e ; repubblicano come Assessori. La
“compagine“ avversaria era guidata da @ – persona#
=#"
š$Lelio e appartenente a quel “ ramo “ dei Margheriti che ad Attigliano scelsero e
rappresentarono un pezzo importante della storia comunista, unitamente
ai ';'##'
[‡Z
‡\@
$zione di due importanti leggi nazionali:
X*5>/*,,8 sul nuovo ordinamento degli enti locali;
X>5*/*,,8sul procedimento e la trasparenza amministrativa.
Nel 1991 viene approvato il primo Statuto del Comune di Attigliano e nello stesso anno anche i Regolamenti di contabilità e quello
>
$$
Y‡Z!
chiarezza la distinzione tra # ( Sindaco,
Giunta e Consiglio ) e (il Segretario
Comunale e gli impiegati in posizione apicale). Per ogni servizio viene
individuato un “ preposto “ con autonomia e responsabilità diretta sui
%%
"
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$`
antesignana di quanto accadrà negli anni successivi in tutte le Amministrazioni Pubbliche (vedi D. Lgs. 29/1993 ed oggi D. Lgs. 165/2001).
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‡‡
#
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$
%' }
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determinerà il collocamento a riposo ( in pensione ) del vigile Piersanti
e del Ragioniere Pinzaglia. La gravità della malattia contratta dal pianto Ildo Pinzaglia lo porterà al decesso non molto tempo dopo l’uscita dal servizio attivo.
Sul versante dei gli anni della sindacatura Germani ( 1990/1993 ) sono caratterizzati dalla prosecuzione degli interventi già programmati ed avviati, da alcune opere nelle
( Poggi e Casali ) e dall’
di Sant’Eugenia
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+
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anni ( realizzata dalla società Camuzzi Gazzometri di Milano ) per Atti$
|###'
$'
'
$
L’inaugurazione dell’impianto ( con simbolica e apprezzata manifestazione pubblica ) avvenne in Piazza Vittorio Emanuele II in una
bella serata dell’ottobre 1992, alla presenza dell’Assessore allo Sviluppo Economico della Regione Umbria Piermatti. Da quel momento non
x ma l’arrivo diretto nelle case, nelle aziende e
$
!
In quegli anni ( 1990/1993 ) Attigliano vive un’intensa stagione
di relazioni politiche e istituzionali che portarono a due eventi di grande
rilievo:
317
- il primo nell’autunno del 1991 con un apprezzato e innovativo ' che vide la presenza di numerosi
Sindaci della zona e quella degli J( ( PSI ) e
]( DC );
- il secondo nel giugno del 1992 con una manifestazione sulla legalità e
all’indomani della tragica morte del ], di
sua moglie e della ( la terribile strage di Capaci – tra Punta Raisi e
Palermo – del 23 maggio 1992 ). A questa manifestazione parteciparono
magistrati della Corte d’Appello, il Presidente della Giunta Regionale,
il Presidente del Consiglio Regionale, rappresentanti della Prefettura e
delle forze dell’ordine.
‚
‡‡
, preannuncio alle forze politiche che sostengono l’Amministrazione ( DC,
PSI, PRI ) la volontà di rassegnare le dimissioni con l’inizio del 1993,
così consentendo l’elezione a Sindaco di Asciutti Raimondo.
Da quel momento per ragioni che tuttora mi risultano prensibili e che comunque non sono mai state spiegate sul piano della
logica politica, ##
dalla maggioranza.
Per evitare il rischio di uno scioglimento anticipato del Consiglio Comunale, con conseguente nomina del Commissario Prefettizio,
si ricercarono e raggiunsero le condizioni per un rapporto DC, PRI e
minoranza dell’epoca, che portò =*,,f#!?] Ciò che avvenne dopo non mi vede
+$
"
!"
"‰
del 1993 ( dopo la negativa sentenza del Tribunale di Terni sulla vicenda
giudiziaria in precedenza ricordata ) decido di dimettermi anche da Consigliere Comunale.
Desidero concludere questa testimonianza con un sincero rin# che mi hanno offerto
la possibilità di una straordinaria esperienza umana, istituzionale e politica.
Posso sostenere con cognizione di causa che il ruolo di Amministratore
@
+
$%
"%
frire un contributo concreto al territorio e alla comunità dove vive. Sono
consapevole di non aver fatto tutto quanto era necessario né tutto bene
ma certo l’impegno e la dedizione non sono mancati.
Voglio ringraziare tutti coloro che mi sono stati %pagni d’avventura“ ( in verità anche di qualche non irrilevante disavventura ) e in particolare (('?!'
'('?#;?
]Su tutti – non me ne vogliano gli altri – ( anche
per le tante esperienze comuni vissute nella DC ternana, umbra e nazionale.
Alcuni di loro ( Alcini, i Saldari, Iro Vecchi e Margheriti ) non
+
"#
318
Tra i maestri mi sento di annoverare Don Bruno Medori con il
quale ho avuto rapporti impegnativi e complessi (non sempre idilliaci) da
chierichetto, alunno, seminarista, parrocchiano, politico e amministratore. Ricordo un episodio emblematico: dopo la pubblicazione di un mio
articolo sulla ;(, concernente l’argomento sempre spinoso
del centro storico, mi fece chiamare dal ; di allora (Mons. Santo
Quadri) poiché non gli era piaciuto ciò che avevo scritto. Il colloquio
‚
%
!
==
che.
Voglio ringraziare, inoltre, la @# ( il mio
partito, un grande partito di popolo e di vera partecipazione di cui si avverte la mancanza ) e uomini politici di Governo e di partito del valore
di ''e Spitella con i quali ho avuto una qualche
consuetudine di rapporti politici e amministrativi e che a volte sono stati
"
''$@lista mi piace ricordare la presenza e le relazioni con l’J'il
Sen. Maravalle e con il Dr. Fatale, nella sua veste di Segretario della
Federazione Provinciale prima e di Assessore Regionale poi.
In quegli anni – presumibilmente tra il 1988 e il 1989 – venne ad
$[
%"
$
&vegno politico della DC presso l’Hotel Umbria ) l’J'
"
+$%
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
€
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%
periodo anche Presidente del Consiglio dei Ministri. Un piemontese umile, schivo e rigoroso morto precocemente per un male incurabile.
Mettere a confronto le personalità politiche citate ( nazionali e
locali ) con i mediocri ( e a volte indecorosi ) politicanti del tempo triste
"
%%@
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k!$#
altro senso delle istituzioni, a partire dallo Stato. Se, per dirla con il Vico,
@
(De
Gasperi, Fanfani, Moro, Andreotti, Nenni, Pertini, De Martino, Togliatti,
Terracini, Parri, La Malfa, Saragat, Einaudi e Malagodi). Come si vede
anche ( ha in qualche misura incrociato la
grande storia dell’Italia.
319
13.4 Daniele NICCHI
“ Il centro destra al governo della civica amministrazione “
Sbardella Gaetano e Nicchi Daniele in occasione
della consegna dei premi per i migliori
laureati e diplomati dell’anno 2009
Ebbe tutto inizio nel lontano 1993 quando sullo scenario politico
si fece avanti un partito nuovo: Alleanza Nazionale erede del partito sto
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}
?!+$
risposte alla volontà delle persone che volevano vivere un cambiamento
politico-amministrativo a seguito dei fatti di Tangentopoli.
Ad Attigliano alle elezioni politiche venivano espressi un gran
numero di consensi a favore del partito di riferimento della destra, ma
voti che puntualmente non trovavano una collocazione nelle tornate amministrative. Gli elettori della destra, come il sottoscritto, erano abituati,
ed un po’ forse anche rassegnati, a non avere ruolo nell’amministrazione
del nostro paese.
Orbene queste poche righe di premesse, indicano un cambiamento che portò, grazie anche alla costituzione del Circolo di Forza Italia, alla presentazione di una lista civica nel 1995 in contrapposizione
all’amministrazione uscente con a capo il Sindaco Enrico Fraticelli.
Probabilmente la nostra incapacità dovuta alla mancanza di
esperienza, e quindi di accurate conoscenze delle manovre elettorali, e
$
!&!
%
centro destra nella stessa tornata elettorale per le elezioni regionali erano
nettamente superiori.
320
Ma queste elezioni segnarono comunque un punto di svolta nello scenario politico-amministrativo del nostro paese; si erano avvicinate
alla politica persone nuove, giovani che non erano discendenza di scuole politiche, ma che avevano la volontà di fare qualcosa di positivo per
amore del proprio paese, la crescita fondamentale di un personaggio che
segnerà la storia del nostro paese, Gaetano Sbardella, affacciatosi alla
politica cittadina nel 1995 con una lista dove aveva il ruolo di “secondo”, ma a seguito di “assestamenti” avvenuti nell’opposizione, divenne
invece il leader dell’opposizione alla maggioranza di centro sinistra, con
una attività costante e pressante tra il 1995 e il 1997 che portò a mettere a
nudo le contrapposizioni interne di una coalizione di maggioranza molto
%
$
+
!$
contrapposizioni tra i due blocchi che si erano costituiti: ex Democristiani e Rifondazione Comunista da una parte, e Socialisti ed ex Comunisti
! <$ consiglieri comunali –tra i quali molti di maggioranza- e si arrivò al
commissariamento del comune di Attigliano.
Per la tornata elettorale del novembre 1997 ci presentammo con
una lista alla cui testa, come candidato sindaco, fu posto colui che aveva
condotto un lavoro preciso e puntuale di opposizione, dimostrando al
j#
%%!+
legato alla tutela degli interessi di appartenenti ai partiti di maggioranza,
ma al contrario un governo fatto di scelte pensate, con l’obiettivo di far
"
%
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urbana.
La mia presenza all’interno di quella lista fu decisa negli ultimi
giorni della sua formazione, in quanto il mio ruolo politico di presidente
dell’allora circolo di Alleanza Nazionale non aveva fatto pensare ad una
partecipazione diretta in qualità di amministratore, ma accettai a seguito
"%#„
}=
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un eventuale ruolo importante di assessore.
La composizione di tre liste con le evidenti fratture rimaste insanate tra i due schieramenti che portarono al commissariamento del comune, la voglia di cambiamento di un crescente numero di elettori, il
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% "
% "
%
'
! tutto il resto. La lista di Gaetano Sbardella vinse quella tornata elettorale
con una percentuale che non arrivava al 50% dei consensi. Ricordo che
il lavoro di quei primi mesi fu veramente duro e concitato, nessuno di
noi conosceva la macchina amministrativa, avevamo però una grande
volontà di cambiamento, di dare risposte e di mantenere le promesse fatte
nella nostra campagna elettorale. Fummo tra i primi comuni in Italia ad
avvalersi della legge sulla scelta del Segretario Comunale indicato ora
'
}!*$
Nella battaglia per avere ragione su delle tariffe di smaltimento
*
!"
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321
vittoria al TAR contro un colosso come la SAO di Orvieto, Il comune di
Attigliano salì alla ribalta dello scenario politico come un’amministrazione non legata ai soliti schemi politici vigenti in questa regione e provincia, ma sempre pronta a dar battaglia per vedere affermati i principi
di buona amministrazione con chiari interventi sempre tesi al massimo
'#!
#
Ereditammo un centro storico fatiscente con gravi problemi di
incolumità pubblica e purtroppo senza un progetto concreto per la sua
*'
|
==%
per risolvere l’annoso problema, pur non avendo inizialmente compreso
*
?'
*
prietari di immobili del “paese vecchio” e con una società immobiliare
che aveva acquistato diversi stabili all’interno dello stesso centro storico. Ognuno di noi, con diverse motivazioni, avevamo lo stesso obiettivo
e il primo grande risultato conseguito era avere tutti la consapevolezza
#%
*'
=$+J*
come individuare questo percorso comune, la regione Umbria pubblicò
=%
=
%K"
'%ritariamente “i centri storici in particolari situazioni di degrado” come
recitava l’art. 1. La chiamerei la classica fortuna del principiante e, pur
acerbi in amministrazione, ci lanciammo in questa avventura con un pro$
*'
"
%
%
%
==
privati. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, un centro storico fruibile
anche per attività di promozione turistica, ricreativa e con manifestazioni
culturali anche di altissimo livello. Le famiglie sono tornate ad abitare
serenamente il paese vecchio ed anche alcune persone non di Attigliano
sono rimaste piacevolmente colpite dal nostro centro ed hanno acquistato
=
%=
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settimana.
$
*
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@*
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dotato il nostro paese del Piano Regolatore Generale, strumento di pro$'
=
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!
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'zazione di piazza Vittorio Emanuele II sono solo alcuni degli interventi
+ % "
" * '
attiglianese. Se ne potrebbero aggiungere molti altri ma questi sono sicu
+$%
Con le elezioni amministrative del 2007 si aprì l’amministrazione del
successore del sindaco Sbardella in modo del tutto naturale. Chi scrive
*
$"
*
$K *
co che aveva segnato una svolta epocale nella nostra piccola comunità, la naturalità della scelta e la sua condivisione quasi totale fra tutti i
sostenitori di quella componente politica, non diminuiva il peso di una
#j
!'
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teriormente questa responsabilità. Il timore iniziale si esaurì ben presto
322
nella consapevolezza che quegli insegnamenti che avevo recepito in quei
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a creare una amministrazione fotocopia ma a trovare un percorso per la
gestione del comune e del paese confacente al nostro modo di pensare e
di agire, sempre impegnati a dare risposte concrete a tutti i nostri concittadini, senza distinzioni, seguitando nel lavoro oculato di gestione e
sempre attenti al maggior risultato e al minor costo possibile. Sono state
operate da subito scelte per ottimizzare il lavoro dei dipendenti comunali,
peraltro motivandoli, nella consapevolezza che anche nella pubblica am'
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per quello che si riceve.
La ventata di aria fresca, che la nostra visione della politica per Attigliano
aveva '''!@$$%%
ca, e naturalmente ci ha portato a attuare con slancio quelle opere che
da lustri aspettavano una soluzione: mi preme ricordare la sistemazione
completa della pavimentazione del cimitero. Era da sempre che si avvertiva questa necessità, visti gli innumerevoli disagi che il terreno imbrecciato recava alla popolazione, e sembrava che nulla avrebbe mai potuto
cambiare le cose, ma la nostra determinazione e concretezza ha risolto il
problema una volta per tutte.
In una comunità, però, non ci sono solo opere da realizzare, ci sono anche delle esigenze sociali da assecondare, e così ci siamo preoccupati di
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un programma dell’ASL per inserire dei ragazzi, con inconvenienti di invalidità, in attività a loro adeguate ed utili alla comunità, e le cose stanno
funzionando, con reciproca soddisfazione.
Ci siamo premurati di dare in dono all’associazione volontariato una vettura da adibire a servizio di trasporto per persone che hanno necessità di
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nelle nostre possibilità.
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il nostro paese abbia mai visto, poiché tra interventi pubblici e privati
movimenterà circa cinque milioni di euro. Parliamo di una serie di opere articolate su diversi obiettivi tra i quali: il completo rifacimento di
piazza Umberto I° con ampliamento e abbellimento con arredi urbani e
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spazi sicuri per bambini ed anziani; la costruzione di una sala polivalente
nell’area dell’ex piscina per dotare la comunità di uno spazio coperto
ed attrezzato per manifestazioni di ogni tipo e per disporre di locali ed
attrezzature per il tempo libero. Intorno alla sala sarà particolarmente
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nuova illuminazione, nuovi giardini e nuovi parcheggi, completerà il
panorama un nuovo e moderno campo da calcetto ed un altro polifunzionale.
A coronamento di tutto sono particolarmente lieto di annunciare una piacevole ed interessante novità per Attigliano: sarà costruita una pista ciclabile che disegnerà quasi un anello intorno a queste nuove realizzazioni.
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Credo che per tutti gli attiglianesi sia di grande soddisfazione l’aver recuperato alla disponibilità e al godimento collettivo uno spazio pubblico
che in troppi si erano rassegnati ad abbandonare al degrado e all’ingiuria
del tempo.
E’ stato facile scaricare tutto, ma non potete immaginare quanto impegno,
quanta determinazione, quante ore ho passato a discutere per conciliare
posizioni lontanissime, quanti momenti di sconforto e quanto scetticismo
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e la visione di come sarebbe potuto diventare il mio paese con il centro
storico recuperato alla vita, hanno avuto il sopravvento.
326
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328
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331
332
333
Centro storico ristrutturato
334
Piazza V. Emanuele II dopo la pavimentazione
335
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“Il sindacato, l’esperienza della Betavit e qualche
nota sul partito repubblicano“
La costruzione della grande opera pubblica dell’Autostrada del
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Sud del paese. Lungo il suo percorso, tra gli anni Sessanta e gli anni
settanta cominciarono a breve a sorgere dei punti di ristoro (Autogrill) in
cui si specchiava tutta l’Italia del boom economico: la motorizzazione di
massa e i nuovi consumi. Tale attività era gestita prevalentemente dalle
aziende alimentari Motta, Alemagna e Pavesi.
Io in quel periodo ero responsabile dell’attività amministrativa
che si svolgeva presso il punto vendita Alemagna sito a pochi chilometri dall’ingresso autostradale di Attigliano, nel territorio del Comune di
Giove. Poi a causa di un’ingiusta accusa, passai mesi molti duri, dove il
mio unico pensiero era quello di dimostrare la mia onestà personale nei
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riserva, emise la sentenza ordinando alla S.p.A. Alemagna di “….. reintegrare immediatamente nel posto di lavoro il dipendente Pica Vittorio
e di corrispondere a costui la retribuzione di sua competenza dalla data
di sospensione del lavoro a quello della reintegrazione…”. Tale provvedimento fu la prima causa che un dipendente vinceva nei confronti del
colosso Alemagna e per me fu fonte di forte orgoglio.
336
Sentenza della Pretura di Amelia
337
Da allora capii che dovevo fare qualcosa per difendere gli interessi di tutti i lavoratori che per qualsiasi motivo subivano ingiustizie e
soprusi da parte dei datori di lavoro.
Così entrai a lavorare alla Montedison, un’azienda italiana specializzata nel campo della produzione del polipropilene nel polo chimico di Terni e lì divenni coordinatore del sindacato della UIL. La mia
ideologia sindacale, rispondeva infatti all’idealità da sempre espressa
dalla UIL ed ereditata dai padri fondatori del sindacalismo confederale
italiano, presente nel suo dna laico, riformista, socialista, che faceva si
di essere un’organizzazione costantemente volta verso il nuovo, verso
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lavoro che era l’unica vera ricchezza del Paese. Il lungo percorso di tale
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valori della solidarietà, dell’eguaglianza, della libertà individuale e collettiva. Sandro Pertini amava ripetere “gli anziani ricordino e i giovani
sappiano”. La UIL nel fare proprio questo insegnamento del Presidente
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ca di ciascuno, questa frase, voleva tramandare, in modo particolare ai
giovani la nostra storia in modo non solo di tenerla viva e presente, ma
anche capace di stimolarne la ricerca, l’approfondimento, la maggiore
conoscenza e farne oggetto d’ulteriore socializzazione.
Con questi principi morali che alimentavano il mio modo d’agire, ac*
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pava circa 8.000 operai) e le maestranze, fungendo quindi da ago della
bilancia tra le rivendicazioni degli uni e gli interessi delle altre, perché
ho sempre pensato che in ogni situazione ci debba essere un giusto equilibrio, in quanto non sempre le forti rivendicazioni portano a qualcosa di
veramente costruttivo.
In qualità di Segretario Confederale partecipavo a seminari e convegni
dove non mancavo occasione di affermare i diritti dei lavoratori, compre*
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338
Congresso a Grado
X° Congresso nazionale della UILCID a TERNI PRESSO
L’Hotel Valentino. Era presente il Segretario Generale
della UIL Fabio Vallorini
339
Venni anche distaccato per circa quattro anni come Segretario
di categoria nel territorio del Comune di Orvieto. Quando la Montedison indirizzò la propria politica di investimenti sull’uso delle macchine,
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disoccupazione aumentava e conseguentemente il ruolo del sindacato
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@ con Giorgio Benvenuto,
Pica Vittorio e Giorgio Benvenuto all’epoca
Segretario generale della U.I.L.
all’epoca Segretario generale della UIL, oggi deputato del Partito Democratico. Insieme, credo, abbiamo svolto un buon ruolo e scritto una storia
importante in quel periodo di cambiamenti sociali.
Mentre ero impegnato in tale attività sindacale nell’area ternana, ad Attigliano stavano nascendo nuove realtà produttive, e qui impiegai tutta l’e
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sviluppo economico e l’occupazione, cercando soprattutto di far nascere
una coscienza sindacale tra i lavoratori. Le industrie di cui parlo erano:
La Siderumbra, un’industria siderurgica per la produzione del tondo per
cemento armato, tutt’ora in attività, grazie all’impegno e alla grande ca#
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340
mica riesce ancora a garantire il lavoro a molti operai del nostro paese;
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stante l’amichevole rapporto instaurato con il suo titolare Sig. Bruno Pro %# $ %
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industria per la produzione di lavelli e piatti doccia in Fire Clay (prodotti
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forte indotto esterno e chiaramente dando impulso ad un forte sviluppo
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far perdere nell’imprenditore l’interesse a continuare e credere nel futuro
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chiusa a causa della scarsa produttività. Anche tutte le altre sue aziende
vennero cedute, smantellando così un’impero aziendale che era arrivato
a dare globalmente lavoro a circa 2000 operai. Al di là del mio ruolo di
sindacalista, in quel momento prevalse in me l’aspetto umano di tutta
la situazione e capii le ragioni di un uomo ormai distrutto dal dolore e
dall’incapacità di riuscire a dare un senso alla vita. E mi arresi di fronte
alla decisione della chiusura di una fabbrica così importante, cercando
però, nei limiti delle mie possibilità, di trovare alternative per molti dei
lavoratori rimasti senza lavoro.
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terassi tradizionali e a molle. Alcuni anni dopo la sede dell’attività venne
trasferita nell’area narnese. L’Azzurra, altra industria per la produzione
di articoli sanitari, che purtroppo chiuse poco dopo l’apertura per inca#$
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in sede locale aveva il Dr. Angelo Rossini, come suo massimo esponente. Ricordo bene che la sede del partito fu inaugurata personalmente
dall’On. Giorgio La Malfa. Entrai poi , in rappresentanza appunto del
P.R.I. a far parte del Consiglio Comunale, dove a breve occupai il ruolo
di Vice Sindaco nell’amministrazione presieduta dal Sindaco Germani
con una coalizione di maggioranza costituita dal P.S.I. dal P.R.I e dalla
D.C. In quella legislatura molti furono i progetti realizzati (la metanizza'
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del centro storico oggi adibiti a case popolari, intitolazione di vie e piazze
quali Via Carlo Alberto Dalla Chiesa e Piazza della Repubblica (per la cui
inaugurazione intervenne l’On. Luisa La Malfa), e non da ultimo, molto
ma molto impegno nel sociale per cercare di alleviare i disagi e le problematiche dei meno abbienti. Riuscimmo anche ad istituire ed attivare il
servizio CUP che per anni ha costituito un punto di riferimento per tutti
i cittadini che invece di spostarsi per una semplice prenotazione sanitaria,
avevano il servizio sul posto. Oggi anche la locale farmacia Lupattelli si
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risultato derivante dal grosso impegno del partito repubblicano teso a voler gestire la cosa pubblica con la massima trasparenza, moralità e precisione contabile, risultato chiaramente supportato dai rappresentanti degli
altri partiti della coalizione. A tal proposito ricordo che in quel periodo
Sindaco ed Assessori, rinunciarono volontariamente ai propri compensi
per destinarli ad opere per la collettività….
Avevo un sogno nel cassetto: quello di realizzare un centro sportivo un po’ fuori del paese…l’idea era quella di creare tali strutture su
aree dismesse dalle attività estrattive (G.I.T. – Inerti Viterbo), che una
volta cessata l’attività estrattiva avrebbero risistemato l’area coinvolta
destinandola appunto alla realizzazione di tali impianti sportivi. Mi ero
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c’ero quasi riuscito….ci furono diverse riunioni tra i proprietari del terreno, i titolari delle cave e l’Amministrazione Comunale….ma la scadenza
della legislatura ed il suo ricambio non permise di portare a termine tale
idea….Sempre nell’ottica dello sviluppo ricreativo del paese avevo anche pensato di attrezzare l’area sita in fondo a Viale Risorgimento, per
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gioco, le attività sportive ed il tempo libero….Anche qui presi contatti
con il proprietario di tale area certo sig. Fantoni e furono anche redatti i
possibili progetti . ma come per l’altra idea anche questa non fu presa in
considerazione dall’ amministrazione che ci seguì. Sempre nel campo
dell’attività sociale fui uno dei promotori perla costituzione dell’attuale
Pro- loco, di cui il primo Presidente fu il Sig. Maurizio Ottaviani.
Qui, vorrei un attimo anche soffermare il ricordo sulla costituzione e
il buon funzionamento del primo circolo ricreativo e culturale ENAL.,
fortemente voluto da mio fratello Bruno, che ne assunse la carica di Presidente per molti anni, tra il 1970 e il 1980.
Bruno Pica all’epoca Presidente del Circolo Enal poi Endas
342
Egli si adoperò per promuovere tutte quelle iniziative o “servizi”
nel campo della cultura, dello sport, del turismo, dello spettacolo, dello
svago, del riposo, creando quindi una prima formula di aggregazione di
persone che in seguito, appunto, si sarebbe trasformata in associazione
pro-loco. In quel periodo si organizzavano feste da ballo, si proiettavano
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tivano. Il tutto era poi supportato da una buona gestione di somministrazione di alimenti e bevande che veniva esercitata nei locali dell’ex bar
di Nando, in Via Garibaldi. In seguito, con altra grande soddisfazione,
costitui l’Associazione del volontariato “Madre Teresa di Calcutta”, di
cui occupai il posto di Presidente per circa dieci anni, durante i quali mi
adoperai per l’acquisto di numero due autoambulanze (la prima usata, la
seconda nuova) cercando risorse presso le piccole e medie aziende presenti sul territorio nonché con la collaborazione di tutta la popolazione
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civile e culturale. Non da ultimo a livello sportivo agonistico fui uno dei
soci fondatori nonché allenatore della squadra sportiva “Grifo attigliano”
nel lontano 1965 e successivamente della “Volley Tiber” una squadra di
pallavolo femminile che trovava il suo sponsor nella Cassa di Risparmio
di Orvieto.
343
344
Squadra Volley Tiber femminile
345
13.6 CARMELO BURGIO
“Un sindacato nazionale ad Attigliano ( l’ANQuAP/CIDA )“
E fu così che il 6 luglio 2011 in piazza Vittorio Emanuele II
si festeggiò il decennale della fondazione ed i cinque anni dell’inaugurazione della Sede Nazionale dell’ ANQuAP (Associazione Nazionale
Quadri delle Amministrazioni Pubbliche) in Attigliano.
Che un Sindacato possa eleggere domicilio ed avere sede in un piccolo
paese dell’Umbria potrebbe far pensare ad un sindacato di poca rilevanza nel panorama sindacale italiano e nel contempo non essere si$%
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(Direttori dei Servizi Generali ed Amministrativi) delle Scuole d’Italia e
la presenza della sua struttura organizzativa nazionale ha notevolmente
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alla sua valorizzazione , avendo portato ogni anno centinaia di visitatori
dal momento che qui si svolgono le riunioni di delegati regionali e provinciali di tutta Italia.
Ma perché proprio Attigliano ?
Negli anni 80, in ogni provincia d’Italia, in modo spontaneo nascono le associazioni professionali dei “Coordinatori Amministrativi”
(ex segretari scolastici) con lo scopo dell’autoaggiornamento e del supporto professionale reciproco in un momento particolare di cambiamento
della scuola italiana. Queste singole associazioni danno vita nel 1988
alla FNACA (Federazione Nazionale Coordinatori Amministrativi) con
sede legale in Roma) .
La FNACA si dota per statuto di organi direttivi nazionali (Pre
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congresso nazionale del 1992 che un giovane belloccio ammalia la platea dei delegati con il suo eloquio , con il suo parlar forbito, con la sua
visione di sistema tanto da far diventare il suo sogno (un’associazione
professionale che interloquisca con il ministero) , il sogno di tutti.
Ammalia a tal punto che viene eletto Vice Presidente .
Da questo momento in poi le riunioni degli organi statutari
dell’associazione cominciano a tenersi in un agriturismo denominato
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dell’uscita autostradale di Attigliano. La scelta di effettuare le riunioni
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delle spese per i partecipanti in quanto come associazione professionale
l’adesione era volontaria ed il contributo economico dei singoli lo era
altrettanto. La crescita in termini numerici degli associati, l’espansione
sul territorio nazionale, l’allargamento della base dei delegati per le riunioni degli organi statutari obbligano l’associazione a dover utilizzare
altre strutture alberghiere del territorio quali l’ ”Hotel Umbria” e” l’Hotel
Roscio” .
346
Cresce l’associazione e cresce anche l’apprezzamento per la capacità di elaborazione di idee e proposte e quindi anche il peso di quel
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1994 la Presidenza Nazionale.
L’azione formativa sviluppata nei confronti del personale della
scuola, l’interlocuzione con l’Amministrazione Centrale , la bontà delle
idee elaborate e quindi proposte, sia nei convegni organizzati che nelle
sedi opportune (Ministero della Pubblica Istruzione), trovano realizzazione nell’anno 2000 allorquando, con l’avvento dell’autonomia scolastica, gli “ex Segretari Scolastici” divenuti “Coordinatori Amministrativi
“ assumono il ruolo di “ Direttori dei servizi Generali ed Amministrativi”.
E’ l’apoteosi ! il sogno che diventa realtà .
Il riconoscimento professionale del lavoro di una categoria di impiegati
pubblici che ogni giorno supportano i Dirigenti scolastici nel far naviga
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“direttivi”. La FNACA (Federazione Nazionale Coordinatori Amministrativi) cambia nome e si trasforma in FNADA (Federazione Nazionale
Direttori Amministrativi).
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rinnovo contrattuale (CCNL 15/03/01) viene sottoscritto un accordo che
determina un DANNO ed una BEFFA per la neonata categoria. In sintesi , l’anzianità di servizio maturata al 31 agosto del 2000 dal personale
transitato dal ruolo di coordinatore amministrativo a quello di Direttore
S.G.A., non viene in toto riconosciuto ma temporizzato.
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Costituire una nuova Associazione che accanto al carattere professionale assumesse anche quello della valenza sindacale . Sogno che diventa
realtà il 6 luglio 2001 data in cui viene sottoscritto l’Atto Costitutivo e lo
Statuto presso il notaio Dr. Romano in Roma.
Nasce l’ANQuAP. L’Associazione Nazionale Quadri Amministrazioni
Pubbliche. In via transitoria ed in attesa del congresso ”il sognatore”
viene designato Presidente.
Nel luglio 2001 L’ANQuAP entra a far parte della FP/CIDA (Federazione dei Sindacati della Funzione Pubblica aderenti alla Confederazione
Italiana Dirigenti ed Alte Professionalità).
Questo nuovo soggetto ha la possibilità di riscuotere le deleghe sindacali
rilasciate in suo favore e la condivisione delle problematiche alla base
della sua fondazione nonché gli obiettivi che si pone riscuotono un grande apprezzamento tra gli addetti ai lavori tale da determinare un boom
delle iscrizioni. Il primo congresso si svolge a Battipaglia dal 29 al 31
maggio 2003 e come logica impone chi ha creato l’organizzazione viene
confermato Presidente. Intanto la vita associativa continua svolgersi nei
locali delle strutture alberghiere sopra citate ma la crescita dell’associa347
zione, la necessità di tutelare una categoria, la necessità di interloquire
con gli iscritti, la necessità di essere facilmente reperibili , la necessità di
produrre per gli iscritti, impone una scelta ben precisa: Una sede.
Si pensa di trovare dei locali in Roma ma , per una neonata associazione,
i costi sono insostenibili. Si conviene che, stante la felice collocazione
logistica (da una parte l’Autostrada dall’altra le Ferrovie dello Stato)
che consente facilmente sia l’arrivo per i membri degli organi statutari
che il collegamento con Roma per l’espletamento delle funzioni sindacali , una sede in Attigliano sarebbe la soluzione possibile. La ricerca ha
un esito positivo allorquando si viene a sapere che l’istituto bancario
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disponibili rispondono alle esigenze. La trattativa si conclude con l’ac* =
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necessario provvedere alla ristrutturazione dei locali che da uso abitativo
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lavori di ristrutturazione.
Intanto, dal 25 al 27 maggio 2006 si celebra il secondo congresso nazionale dell’ ANQuAP ed ancora una volta il “sognatore” viene eletto
Presidente.
Il 6 Luglio 2006 , in coincidenza con i cinque anni dalla Fondazione
dell’ANQuAP , terminati i lavori di ristrutturazione ed allo scopo attrezzata, viene inaugurata la sede dell’ANQuAP.
Oltre ad essere un valore patrimoniale la sede costituisce sul piano logistico ed organizzativo un supporto essenziale per tutte le attività , per le
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assunzione. Ovviamente cittadini Attiglianesi.
Le attività dell’ANQuAP, che tra l’altro ha inglobato la FNADA rendendola ramo formativo dell’Organizzazione Sindacale, spaziano da quelli
tipici delle organizzazioni sindacali a quelle editoriali fornendo strumenti
di lavoro e di approfondimento per il personale della scuola ed il riconoscimento della bontà di queste azioni sta sia nel numero degli iscritti che
nel ruolo che l’organizzazione ha rivestito in seno alla FP/CIDA.
E siamo al Maggio 2009. Si celebra, dal 21 al 23 maggio il terzo congresso nazionale dell’ANQuAP. Il “sognatore” che realizza i sogni viene
riconfermato alla Presidenza e continua a sognare e far sognare.
Verso il sognatore ha debito di riconoscenza e motivo di orgoglio chi
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per il lustro che ne ha dato. Un nome lo ha e risponde a Giorgio Germani.
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Sede nazionale Anquap
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Cena in P.zza V. Emanuele II° in occasione del
decennale dell’ANQUAP
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13.7 ANNA LAURA ANTIMI
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ovvero le persone che, nel corso del tempo, vi hanno svolto la propria
attività lavorativa, mettendo a disposizione degli utenti la propria professionalità, acquisita prima di tutto “sul campo” (e ciò vale soprattutto nella fase pionieristica del servizio) ma anche attraverso la partecipazione a
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attraverso la quale le Poste Italiane si sono attrezzate per corrispondere
all’evoluzione dei tempi e alla conseguente richiesta di maggiori servizi
da parte dell’utenza).
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ha comportato il ricorso alla 2menoria storica” costituita dai ricordi personali, e in questo contesto la prima immagine che si affaccia alla mente
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lazzo del Municipio.
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re dalla strada e accedere alla sala per il pubblico, un bancone in legno
con i vetri a mezza altezza (ma vetri normali, non il bunker a prova di
proiettile che i tempi hanno tristemente reso necessario…), e dietro al
bancone, Elisabetta e Marietta Porcacchia…
Foto di gruppo dove si evidenzia la Sig.na Betta
(Elisabetta Porcacchia) e la sorella Maria detta Marietta
351
Persone indelebili nella memoria, che ancora si ricordano con
l’affetto che viene dalla nostalgia del tempo perduto.
Traccia tangibile di questa presenza passata: la buca per le lettere: feritoia nel marmo bianco del muro, che, dopo il trasferimento
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K[mente: Viale risorgimento), con un salto temporale a cavallo tra gli anni
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Basta con il vecchio sistema della doppia marca da incollare col pennello
sul bollettino da pagare ed il righello o le forbici per tagliarne le due parti: ora, la macchina ingoiava il rettangolo, un ronzio e lo risputava fuori
già tagliato di netto.
E ancora una volta, sovviene la memoria: il bonario rimbrotto
di Ugo ( con la sorella Maria Rossini, tra coloro che “sono” la Posta , ad
Attigliano) quando chi scrive, neo-quattordicenne presentatosi a pagare
il bollo del motorino, aveva presentato un bollettino senza avere staccato
la parte eccedente: “Giovanotto, così si incastra la macchina!”.
Il resto di questa brevissima panoramica porta necessariamente
ai giorni nostri, con la nuova, bella e comoda sede di Via Pertini, caratterizzata da maggiori spazi per gli operatori e da un particolare attenzione
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calmente un cambio di prospettiva nel rapporto con il pubblico).
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il ritiro di contanti in ogni momento, servizi evoluti come la vendita di
libri, articoli di cancelleria, articoli elettronici, ecc…: tutti elementi che,
unitamente alla preparazione e il continuo aggiornamento professionale
del personale, le Poste Italiane hanno privilegiato per poter rispondere
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fornitore di un pur essenziale servizio, ma anche soggetto economico
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Una banca ad Attigliano: la Cassa di Risparmio di Orvieto
Ad Attigliano l’unico punto per depositare i risparmi era costitu{J
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|€mio di Orvieto, banca locale fondata nel 1852, nel piano di espansione
degli sportelli, aveva manifestato interesse per aprire un’agenzia presso
il Comune di Attigliano. In quel momento il regime bancario era molto
regolamentato e l’apertura di uno sportello bancario necessitava di autorizzazione della Banca d’Italia.
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$!@ti due anni anche perché alla piazza di Attigliano era interessata anche
un’altra banca di interesse nazionale.
In un primo momento la Banca d’Italia sembrava essere propensa ad autorizzare questo Istituto di Credito Nazionale, poi dopo un’intensa attività epistolare della cassa di Risparmio di Orvieto volta a dimostrare l’importanza dello sviluppo della zona ad opera di una banca locale
territorialmente vicina, in un primo momento sospese l’istruttoria per
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Risparmio di Orvieto l’autorizzazione ad aprire lo sportello, con decreto
dell’allora Governatore della Banca d’Italia Dr. Menichella.
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come si legge dalle comunicazioni pubbliche indirizzate ai cittadini era
“provvisoriamente funzionante nei pressi dello Scalo ferroviario, sulla
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dell’apertura dello sportello bancario. Nel documento istruttorio interno
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citando imprese agricole come Gaudenzi, Congedo (già Borghese), Nevi
Nevino. Parla anche come promettente attività, sempre legata all’agricoltura, quella della lavorazione del tabacco della ditta Mioni-Viglino
da poco insediatasi. L’unica traccia di attività artigianali era quella delle
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santini. Una delle motivazioni di possibile sviluppo del paese era legata
allo scalo ferroviario ed alla ventilata ipotesi di costruzione del ponte sul
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bese.
Dopo poco tempo la sede della banca fu spostata in Via Monser!!
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Il 30.12.1963 la sede della banca, sempre dopo autorizzazione
della Banca d’Italia, fu spostata in Piazza V. Emanuele II° n. 6/a, nei
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Nei documenti istruttori inviati alla banca d’Italia a corredo della
353
richiesta di spostamento dello sportello si legge che la richiesta di trasferimento era dovuta allo sviluppo dell’attività bancaria, conseguente l’intensa attività legata ai lavori dell’autostrada del sole e dai collegamenti
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Tevere era stato infatti nel frattempo, costruito). Tale circostanza rendeva
necessario che i locali bancari fossero idonei. La soluzione trovata era
quella di, citiamo testualmente: “ locali che sono costituiti da due vani
e dagli accessori per i servizi igienici ed il riscaldamento a termosifone
(quest’ultimi mancano nella attuale sede)”.
Il trasferimento della sede del 1963 ha comportato che, per la prima volta, fosse impiegata una persona a tempo pieno per svolgere attività
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locale che, per la prima volta, era di proprietà della banca. Quest’ultimo
trasferimento non ha necessitato di autorizzazione ma di semplice comunicazione alla Banca d’Italia, in quanto la normativa, nel frattempo,
aveva molto liberalizzato l’apertura degli sportelli.
Ai giorni nostri l’agenzia di Attigliano della Cassa di Risparmio
di orvieto ha un organico di cinque persone, cui si aggiungono due persone dello sportello di Giove, funzionalmente dipendente da quello di Attigliano, e svolge un importante attività di erogazione del credito e di cura
degli investimenti ed ha funzioni di tesoriere del Comune di Attigliano.
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una banca locale vicina alle esigenze della popolazione e delle imprese.
Il documento che di seguito viene integralmente riportato, pubblicizzava l’apertura della banca:
Cassa di Risparmio di Orvieto
354
355
13.9 MARISA IACARELLI e AUGUSTA ERCOLANI
“Le scuole ( la materna delle suore - la scuola elementare
la scuola media unica l’arrivo della
direzione didattica l’istituto comprensivo)”
Nel comune di Attigliano le istituzioni scolastiche sono presenti
con tre ordini di scuole: materna, elementare e media.
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’30. La costruzione dell’immobile venne commissionata dall’Ing. Farinelli in memoria della defunta madre Rosa e donata alla Parrocchia di
Attigliano perché accogliesse i fanciulli della comunità. Per molti anni
l’asilo venne gestito dalle suore del Preziosissimo Sangue che amorevolmente si dedicarono all’educazione dei fanciulli e all’opera di catechesi
Quando, negli anni ’60, le suore del Preziosissimo Sangue lasciarono il
paese vennero sostituite dalle Suore Catechiste del Sacro Cuore, grazie
all’interessamento del Rev. Parroco don Bruno Medori e di Sua Eccellenza il Vescovo di Amelia Monsignor Vincenzo Lojali. Da allora sono
passati 50 anni e ancora oggi, le suore del Sacro Cuore, continuano a
svolgere la loro opera di educazione e catechesi con impegno, pazienza
e competenza a favore dei bambini della nostra comunità. Oggi la scuola
materna conta 53 iscritti che vengono seguiti da quattro suore nelle attività educative-ricreative che svolgono durante la giornata. Fra le varie
attività particolarmente interessanti sono quelle organizzate in verticale
con la prima classe della scuola elementare che permettono ai bambini
della materna un primo approccio con la scuola di grado superiore che si
troveranno da lì a poco a frequentare.
Scuola Elementare:
Anno 1937: altra inaugurazione della scuola elementare (anni 1930)
con la banda musicale
356
Anno 1954: inaugurazione Scuola Elementare “E. de Amicis”
in P.zza Umberto I° alla presenza del Sindaco
Rinaldo Margheriti e del ministro Ermini.
In primo piano due ragazzi che recitano:
Maurizio Ottaviani e Maria Pia Onofri
I primi dati relativi alla scuola elementare risalgono al 1913‡!j
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2010/2011. A settembre del 2011 si sono trasferiti nel nuovo e “ridente”
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Nei primi anni erano in funzione due pluriclassi (I-III e II-IV), gli iscritti
erano un centinaio, ma quelli che frequentavano erano solo la metà, molti
dei quali abbandonavamo la scuola all’arrivo della primavera, quando
fervevano i lavori nei campi e anche i bambini erano chiamati a dare
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ite le classi uniche dalla I alla V, nelle quali, per molti anni, prestarono
servizio i maestri Borgioni, Dini, Bassetta, Saldari, Margheriti, che sono
rimasti nella memoria storica del nostro paese.
In quell’anno la scuola elementare entrò a far parte del Circolo didattico di Amelia (precedentemente aveva fatto parte dei Circoli di
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istituito il Circolo Didattico di Attigliano con sede in Via Monserrato
357
presso i nuovi locali della scuola media che, in precedenza, occupava
quelli dell’ex cinema in Via Manzoni.
Scuola Media:
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conquista sociale perché ha permesso a tutti i ragazzi di poter continuare
gli studi. Prima di allora molti si fermavano alla licenza elementare per
ovviare al disagio di dover affrontare il viaggio per raggiungere Amelia,
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che frequentare la scuola media era un vero e proprio lusso perché, in
mancanza di mezzi di comunicazione, bisognava stabilirsi sul posto in
un collegio o in pensione presso qualche famiglia, cosa che, allora, si
potevano permettere in pochi.
Nell’anno scolastico 1997/98 scuola elementare e scuola media entrarono a far parte dell’istituto Comprensivo di Attigliano, insieme ai plessi di
Giove e Penna, ai quali ultimamente si sono aggiunti i plessi di Alviano
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quota attuale di 530 alunni. Nell’anno 1998 ne assumeva la Presidenza la
D.ssa Nadia Caroli che ha saputo assolvere al meglio il non facile compito di conciliare esigenze diverse, di superare divari, di applicare le nuove
normative che, in pochi anni, hanno rivoluzionato il sistema scolastico,
con l’istituzione dei vari consiglio (di classe, di interclasse, di istituto)
con le classi aperte, i lavori di gruppo, la divisione delle competenze, le
attività laboratoriali, i progetti ecc….
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formativa, resa possibile anche dall’attuazione del tempo prolungato che
permette di effettuare 30 ore settimanali di lezione, distribuite su 5 giorni
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attenta alle esigenze degli alunni e al problema dell’accoglienza dei molti
bambini extracomunitari che, in questi ultimi anni, sono venuti ad accrescere la popolazione scolastica, stimolante grazie alle molte proposte di
attività extracurricolari che suscitano l’interesse degli alunni e permettono ad ognuno di essere, a suo modo, protagonista del fare e dell’apprendere.
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358
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“Associazione Pro Loco”
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dai Sig. : Bellini Sergio, Cianfruglia Ivano, Fraticelli Enrico, Gagliarducci Lorenzo, Germani Giorgio, Germani Romolo,Margheriti Lellio, Neri
Giuseppe,Ottaviani Maurizio, Pacciani Moreno, Purgatori Gianni,Vacata
Giuseppe, Margheriti Rinaldo, Romoli Agostino.
Lo spirito che animò la fondazione della Pro-Loco era quello di rendere il
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ma anche di semplice carattere ludico-ricreativo sempre fonte di aggregazione e socializzazione.
Nel corso degli anni molte persone di buona volontà si sono succedute
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circa un’anno si insediò alla guida dell’associazione Pica Lorella, la
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diamo in modo particolare la “Sagra della Ranocchia” .
Successivamente , nel febbraio 2008 il direttivo della Pro Loco con
Sbardella Gaetano Presidente, pose in essere, una serie di iniziative di
carattere sociale e culturale che ancora oggi si celebrano:
la festa del tesseramento; la festa della mamma durante la quale viene
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raona”, fulcro dell’attività dalla quale si traggono le risorse economiche
e che per tre giorni impegna moltissimo tutto il personale della pro-loco
e numerosi volontari;la festa Solidale per Attigliano realizzata in collaborazione con le altre associazioni; Il pranzo di Natale con la consegna
delle borse di studio agli studenti meritevoli in collaborazione con l’Amministrazione comunale; per ultimo e non per importanza le luminarie
natalizie di particolare pregio ed uniche nel suo genere realizzate sotto la
guida di Luigi Basili e frutto delle sue doti tecniche/artistiche.
Si caratterizza inoltre per essere un’associazione sempre a disposizione
delle altre realtà presenti nel paese.
@ } % $ consiglieri,tra questi una citazione particolare per l’ormai “storico” cassiere Margheriti Bruno , e Maccaglia Felicino per tutti Romano, cuoco
da sempre della Pro-Loco .
359
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Santori Alvaro
Presidente
Fazio Michele
Segretario
Russo Raffaele
Consigliere
Basili Luigi
Consigliere
Cannone Berto
Consigliere
Perla Gianni
Consigliere
Vacata Gabriele
Consigliere
Purgatori Alessio Consigliere
Bacci Danilo
Vicepresidente
Margheriti Bruno
Cassiere
Maccaglia Felicino
Consigliere
Lazzari Giuseppe
Consigliere
Cosimi Loriana
Consigliere
Sciamannini Maurizio Consigliere
Lattanzi Paola
Consigliere
Ruzzi Mariano
Consigliere
Sagra della Faraona
360
13.11 Consiglio Direttivo AVIS
“Storia dell’ AVIS di Attigliano”
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1929 a Milano, con lo scopo di promuovere e diffondere la donazione vo
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e che risulta oltremodo attuale: non tutti infatti sanno che l’Italia vive una
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nella medicina moderna. Volendo monetizzare questo fenomeno, possiamo affermare che lo stato italiano spende annualmente oltre 300 milioni
di euro in importazione di sangue, una cifra decisamente ragguardevole
che potrebbe essere ridotta solo con l’aumento dei donatori.
Il sangue, infatti, non si può riprodurre in laboratorio e solo alzando il
numero dei donatori volontari questa cifra può essere abbassata: questo
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nazionale, che recano il logo AVIS hanno sempre e solo questo obiettivo:
incentivare e promuovere la donazione di sangue.
Un obiettivo che, dal lontano 1981, persegue con grande determinazione,
e con buoni risultati, anche la nostra AVIS comunale: non bisogna infatti dimenticare che, all’interno dell’emergenza sangue a livello nazionale, si inserisce un’emergenza locale, in quanto la nostra stessa Regione,
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necessario alle proprie attività sanitarie. Consci di questa situazione vera
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VIS di Amelia come “gruppo organizzato”, un nucleo che, quattro anni
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Attigliano. I soci fondatori della neonata associazione erano: Lulla Giuseppe, Polzonetti Giuseppino, Mechelli Zeno, Muzi Giuseppe, Sciarrini
Augusto e Poletti Silvano. I primi tre della lista furono anche i primi tre
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matura scomparsa, gli fu dedicata la sezione attiglianese che ancora oggi
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1993, quando passò il testimone a Mechelli Zeno il quale restò in carica
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Nel frattempo, sotto la vigorosa azione di questi pionieri, l’AVIS di Atti$
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diamante tra le sezioni umbre, costantemente ai primi posti (nel 2009 prima in assoluto) nel rapporto tra abitanti e donazioni tra le consorelle della
regione. Bisogna peraltro sottolineare che, anche se la nascita dell’As'
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L’AVIS di Attigliano nel corso degli anni ha saputo diventare un vero e
361
proprio punto di riferimento nella popolazione la quale, d’altro canto, ha
sempre risposto con calore e collaborazione alle varie iniziative proposte
nel tempo per promuovere la donazione, si pensi che su una popolazione
che, solo negli ultimi anni, complice una corposa immigrazione, ha raggiunto le 2000 unità, i donatori erano già 140 nel 1995, saliti a 175 cinque
anni dopo, cresciuti ulteriormente a 227 nel 2007 e a 251 nel 2010, il che
porta intorno alle 270 il numero di donazioni annue fornite dal nostro paese: un numero davvero lusinghiero! Per raggiungere tali traguardi l’impegno di tutti i consiglieri che hanno fatto parte dell’AVIS in questi 30
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classico appuntamento della primavera attiglianese, un’iniziativa seguita
con grande simpatia e partecipazione da tutta la popolazione che si strin$
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Nel 2006, in occasione del 25° anniversario, il Consiglio presieduto dal
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i donatori dell’AVIS e l’intera comunità locale: con un grande sforzo di
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re un “monumento al donatore”, statua che campeggia tuttora in Largo
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nel paese.
Avis di Attigliano
362
363
13.12 LUIGINA MINEL
“ Storia dell’Associazione di Volontariato”
L’Associazione viene costituita il 20 giugno 1993 da un gruppo
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idonei ad assolvere compiti di civile concorso nei confronti di chiunque
ne abbia bisogno, adoperandosi per contribuire allo sviluppo delle tematiche e delle attività sociali, assistenziali e umanitarie, prestando anche
opera in caso di pubblica calamità, per promuovere iniziative di valorizzazione, per un corretto godimento del pubblico patrimonio, nonché
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# y disposto di cui alla legge-quadro sul volontariato 11 agosto 1991, n. 266
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stata acquistata usata ma dopo alcuni anni con l’aiuto della popolazione attiglianese, dell’amministrazione comunale, della Fondazione della
Cassa di Risparmio di Orvieto, della Siderumbra e di altre società site nel
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liaria per poter accompagnare due giorni alla settimana le persone sole
ed anziane presso i presidi ospedalieri per prelievi del sangue. Purtroppo
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viaggi mentre per i primi 8 mesi del 2011 i viaggi già effettuati sono 120.
Da gennaio 2010 l’Associazione è stata dotata da parte del Comune di
un’auto ausiliaria per poter accompagnare due giorni alla settimana
le persone sole ed anziane presso i presidi ospedalieri per prelievi di
sangue. Qui vediamo la cerimonia inaugurale
364
Foto di gruppo volontari (Associazione Madre Teresa di Calcutta)
365
13.13 ANGELA BACCI
“ Schola Cantorum Don Bruno Medori”
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Nel lontano 1971, all’età di quattordici anni, conobbi mio marito
Raffaele, che aveva solo sedici anni, ma già dirigeva il coro parrocchiale
di Sipicciano; insieme decidemmo di costituirne uno anche nella parrocchia di Attigliano, accolti con entusiasmo dalla compianta Suor Eustella,
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Meno convinto era il nostro parroco Don Bruno, che in un primo momento dimostrò scetticismo nei confronti di questo nuovo organico, ma,
già dalla prima esibizione canora nella vecchia chiesa del centro storico,
cominciò lentamente a cambiare idea. Certo lo scontro generazionale era
forte, il cambiamento faceva paura ed abbiamo dovuto combattere una
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Don Bruno, divenuto poi il nostro principale sostenitore. Oggi infatti ci
chiamiamo “Schola Cantorum Don Bruno Medori” in memoria di questo
nostro grande ed indimenticabile amico, morto il 16 marzo 1999, che ci
ha ricordati, con immenso affetto e tenerezza, anche nel suo testamento
spirituale. Nei primi anni della nostra attività animavamo solo le liturgie, ma poi nel 1988 eseguimmo il nostro primo concerto polifonico e
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Giovanni Rotondo, nelle cattedrali di Monza, Terni, Orvieto, Narni, Genova, Napoli, Brescia e anche a San Marco a Venezia. Da ricordare, nel
settembre 2000, la Santa Messa nel Duomo di Torino in occasione dell’ostensione della Sacra Sindone e la Messa Cantata in diretta su Radio Ma
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Musicale di Orvieto che, sotto la direzione del maestro Nello Catarcia, ha
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‚K‚%di, l’opera inedita del compositore Pedota “Il Trionfo della Fede” e la
partecipazione all’opera “Cavalleria Rusticana” messa in scena al teatro
Mancinelli di Orvieto. Il coro ha collaborato per ben dieci anni con la
“Lega del Filo d’Oro” per la quale ha eseguito, nella chiesa di Santa Maria dei Miracoli a Roma, il tradizionale concerto di Natale il cui ricavato
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gia, nella giornata del 21 novembre, per animare nell’antica chiesa di
San Pietro la solenne celebrazione in onore della Virgo Fidelis, patrona
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importante del nostro comprensorio; questo ha permesso, sotto la ma366
gistrale direzione del maestro Gabriele Catalucci, attuale direttore del
Conservatorio Briccialdi di Terni, di eseguire, nel duomo di Amelia, nel
2009 il “Requiem” di Mozart e nel 2010 la Messa di Carraro, per coro e
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nostra nazione esibendosi in Austria, Spagna, Ungheria, Cecoslovacchia,
Germania, Medugorje, Lourdes e quest’anno ha avuto l’onore di cantare
in Polonia, nelle città tanto care a Giovanni Paolo II: Wadowice, Cracovia e Czestochowa.
Ormai ho perso il conto di tutti i concerti che abbiamo eseguito e di tutte
le Sante Messe che abbiamo animato nel corso di questi quaranta anni,
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volte abbiamo gioito, a volte abbiamo pianto, ma sempre portando con il
nostro canto un messaggio di speranza legato in modo inscindibile alla
liturgia, all’impegno nella fede e al servizio alla nostra chiesa cattolica.
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Š"blemi lavorativi e familiari, ma sempre trovano una buona ragione per
venire alle prove che si svolgono in media due volte alla settimana, per
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uscire di casa la sera, lasciare i propri affetti, il proprio relax, le proprie
abitudini, ma quando si incontra il gruppo posso garantirvi che il clima
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rinuncia ed emotività, ma sempre producono, dopo averle vissute, un
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mia mente quando assisto alle esibizioni di gruppi corali composti da
persone anziane:
“Spero tanto di poter essere, un giorno, anch’io come loro! Voglio invecchiare insieme al mio coro!”
Schola Cantorum “don Bruno Medori”
367
13.14 GIOVANNI ROMUALDI
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L’associazione Nazionale Carabinieri, eretta in ente morale con
regio decreto 16 febbraio 1928, n. 461, quando ancora si chiamava “Federazione Nazionale del Carabiniere Reale”, ha sede centrale in Roma.
La sezione di Attigliano nacque cinquant’anni fa, il 4.12.1961
per volontà di appartenti all’arma, residenti nel nostro Comune; ne assunse la Presidenza il Sig. Bellini Luigi,che aveva come segretario il Sig.
Santori Francesco. Poi c’erano gli altri componenti: Bacci Nazzareno,
Romoli Bruno, Mugnaini Camillo, Ottaviani Pasquale, Perla Antonio,
Antimi Guido, Brachelente ASgostino, Antimi Ottorino, Cosimi Agostino, Cosimi Pietrino, Nevi Matteo, Pettinelli Luigi, Tomassi, Remo, Santini Francesco. L’8.3.1981, alla morte del Sig. Bellini, divenni e lo sono
ancora oggi, presidente della locale Sezione.
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! propone i seguenti scopi:
promuovere e cementare i vincoli di cameratismo e di solidarietà fra i militari in congedo e quelli in servizio dell’arma, e fra essi e gli appartenenti
alle altre Forze armate ed alle rispettive Associazioni;
tener vivo fra i soci il sentimento di devozione alla Patria, lo spirito di
corpo, il culto delle gloriose tradizioni dell’arma e la memoria dei suoi
eroici caduti;
realizzare, nei limiti delle possibilità, l’assistenza morale, culturale, creativa, ricreativa ed economica a favore degli iscritti e delle loro famiglie;
promuovere e partecipare – anche costituendo appositi nuclei – ad atti%#‚
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e culturali.
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Carabinieri la Vergine Santissima con il nome VIRGO FIDELIS. Il 21
novembre, infatti, giorno della presentazione di Maria al Tempio, l’arma:
celebra la propria Patrona;
rievoca la battaglia di Culqualber;
ricorda i propri orfani.
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$sa, che si conclude con un pranzo sociale insieme alle altre associazioni
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da devolvere all’O.N.A.O.M.A.C. (Opera Nazionale di Assistenza per gli
Orfani dei Militari dell’Arma dei Carabinieri), perché da sempre l’Arma mira a trasfondere in ogni Carabiniere numerosi e basilari valori: tra
questi spiccano l’umanità e la solidarietà, che si concretizzano, appunto,
attraverso la vicinanza alle famiglie dei colleghi che ci hanno lasciato,
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viene celebrata in tutte le caserme in concomitanza con la Virgo Fidelis.
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Un ulteriore aiuto economico fu dato diversi anni fa, in seguito all’improvvisa morte di un nostro socio, che lasciava appunto moglie e due
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La nostra sezione ha collaborato con l’amministrazione Comunale in diverse occasioni: nel 1991 per organizzare la cerimonia di intitolazione della Via al Gen. Carlo Alberto dalla Chiesa. Per l’occasione ci
fu la partecipazione della Fanfara dei Carabinieri di Firenze. Poi dopo la
tragedia dei caduti di Nassiriya nel novembre 2003, fu posto un cippo in
ricordo dei 19 caduti in quell’efferato attentato. Non da ultimo ricordiamo la bellissima cerimonia organizzata dal comitato festeggiamenti San
Lorenzo Martire 2009, quando appunto fu organizzata una giornata “alla
memoria” dei caduti di Nassiriya con la partecipazione della fanfara della
Legione Allievi Carabinieri, manifestazione che sicuramente ha toccato i
cuori di tutti i presenti.
Mi fa piacere concludere questa mia breve testimonianza con la
preghiera del Carabiniere, che racchiude con il motto “nei secoli fedele”,
inciso a caratteri indelebili sullo stemma araldico, tutta la storia dell’Arma dei Carabinieri, istituita il 13 luglio 1814 da Vittorio Emanuele I° di
Savoia, re di Sardegna e Piemonte:
“ Dolcissima e gloriosissima Madre di dio e nostra,
noi carabinieri d’Italia
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Con il titolo di Virgo Fidelis,
E fanne vigore e luce per la Patria nostra.
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E da un capo all’altro d’Italia
Suscita in ognuno di noi
L’entusiasmo di testimoniare,
con la fedeltà sino alla morte,
l’amore a Dio e ai fratelli italiani.
AMEN “
369
Associazione carabinieri in occasione
della festa della “Virgo Fidelis”
370
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“L’associazione Nazionale Combattenti e Reduci
sezione di Attigliano”
L’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci , Sezione di Attigliano, nasce in memoria e a ricordo dei caduti negli ultimi due grandi
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sociali, appunto per la riorganizzazione della sezione. All’epoca la sezione aveva 92 iscritti in regola con il tesseramento. Fu nominato Presidente
il Sig. Mecarelli Barlam Romolo. Molti furono i provvedimenti presi da
allora: decorare il monumento ai caduti con l’acquisto di un aquila in
bronzo, iscrizione dei caduti in guerra sul monumento in Piazza Umberto
I°, varie deposizioni d corone di alloro, in occasione di manifestazioni
civili e religiose. Nel 1969 vengono nuovamente rinnovate le cariche
sociali. Mecarelli rimane Presidente, vice Presidente Margheriti Rinaldo, Cassiere Santori Francesco,Segretario Romualdi Giovan Battista…
Furono così consegnate a 10 combattenti della guerra 1915/18, meda$
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!to addetto a provvedere ai festeggiamenti in onore della Madonna delle
Grazie, organizzazione gite sociali, fu fatta una cerimonia inaugurale del
quadro posto sopra il portale della Chiesa della Madonna delle Grazie
(13.9.1970); fu costruito un muretto protettivo dell’area circostante la
chiesa e piantati dei pinetti argentati, tipo siepe, lungo tutto il suddetto
muretto. Dopo la morte del presidente Barlam Mecarelli Romolo, fu eletto il Sig. Margheriti Rinaldo che lasciò quasi invariate le precedenti cariche sociali. Il 3 maggio 1976 furono completati i lavori di recinzione del
Monumento dei caduti. Si continuavano ad organizzare gite sociali con
partecipazione di simpatizzanti e familiari (Padova, Redipuglia, Trieste,
il sagrario di Asiago, di Bassano del Grappa, luoghi purtroppo legati alla
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Pompei, reggia di Caserta). Alla morte di Nando la Presidenza della sezione fu data al Sig. Brozzetti Carlo che la curò con serietà ed impegno
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Aldo, che già da tempo espletava molti incarichi all’interno della sezione, a nome e conto dello zio molto anziano, che per molti problemi di
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l’impegno necessari per tale funzione. Pertanto, bisogna riconoscere il
merito a tutti coloro che negli anni hanno voluto tenere vivo il ricordo dei
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generazioni il valore ereditato dal passato.
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Associazione Combattenti e Reduci
372
ssociazione Combattenti e Reduci
373
13.16 Lorella PICA
“Una ONLUS di solidarietà locale e internazionale”
Associazione Sulla Strada
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}{ }€ @ ZZZ Attigliano, per il forte legame del suo fondatore Carlo Sansonetti con
l’America Latina, la sua bellezza, i suoi grandi dolori e le sue mille contraddizioni .
La spinta propulsiva dei progetti dell’associazione SULLA STRADA,
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in particolare dalle parole: “Lasciate che i bambini vengano a me e non
glielo impedite!”.
Ci sentiamo chiamati a servire i bambini in situazioni di sofferenza e di
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sostegno e speranza per un futuro degno di essere vissuto.
374
Associazione Sulla Strada
Primi passi…
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realizzare il primo progetto: una scuola per contrastare il lavoro minorile.
Veniamo condotti in un piccolo villaggio maya alla periferia della Capitale, Guatemala City, un villaggio che mancava dell’essenziale per vivere: l’acqua, la luce, la scuola. Qui l’associazione muove i primi passi
cercando di raggruppare la popolazione locale intorno al progetto di una
piccola scuola, che potesse costituire l’alternativa al lavoro dei bambini
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Fin dall’inizio l’Associazione ha ritenuto di dover camminare “passo
dopo passo” con la popolazione locale, senza l’intento di realizzare velocemente progetti “calati dall’alto” ma, al contrario, progetti che avessero
l’obiettivo di costruire un percorso comune con i nativi del posto e che po
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Il progetto prende forma a poco a poco, in rispettoso ascolto delle proposte di iniziative della popolazione. I bambini che frequentano la scuola
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Oggi, a dieci anni di distanza, la scuola ha nove aule che accolgono le
classi che vanno dall’asilo alla sesta elementare e dalla prima alla terza media. I ragazzi che terminano il ciclo della scuola media inferiore
vengono aiutati e supportati per continuare gli studi alle scuole medie
superiori. In totale sono 300 i bambini che, ogni giorno, frequentano le
scuole elementari, l’asilo e le scuole medie all’interno del villaggio La
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sorta una mensa (gestita a turno dalle mamme dei bambini) e un ambulatorio pediatrico. Il meccanismo che permette ai bambini di frequentare la
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tramite l’adozione a distanza dell’intero villaggio, garantisce alla famiglia il corrispettivo della paga che i bambini ricevono lavorando 12 ore al
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Bambini schiavi, che sono stati liberati.
Associazione Sulla Strada
Grandi passi!
Nel 2003 un medico romano decide di partire con l’Associazione SULLA STRADA come volontario. Resta colpito dalle gravi condizioni di
salute in cui versano i bambini: le vie respiratorie intasate dalla polvere
da sparo, le infezioni dovute alla carenza di igiene; un tasso di mortalità
infantile e materna elevato, gravi condizioni di denutrizione dei bambini.
Il medico decide così di tornare nel 2005 portando con sé una equipe di
sei professionisti, tra medici e infermieri per effettuare piccole operazio
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locali, nel municipio vicino di San Raymundo, che gestisce un piccolo
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cause di morte tra i bambini al di sotto dei cinque anni sono le infezioni
respiratorie e la diarrea… Sono talmente tante le donne, gli uomini e i
bambini che si recano all’ospedale che il medico italiano decide di orga''
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l’anno tra medici, chirurghi, anestesisti, infermieri e personale di supporto per garantire il funzionamento dell’ospedale Llano de La Virgen. Il
nostro gruppo di volontari si alterna con quello di altre associazioni, del
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corpi di adulti e bambini bruciati dagli incidenti del lavoro con la polvere
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inaugurato il Poliambulatorio Medico “Ya tin tò” che in lingua kaqchiquel (la lingua maya di questa zona del Guatemala: infatti le lingue maya
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una struttura medica, gestita dall’Associazione Sulla Strada, che assiste
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la scuola, anche questo progetto seguirà il percorso per essere del tutto
autosostenibile e autogestito da personale guatemalteco.
La missione a “casa nostra”
CASA FAMIGLIA IL TIGLIO
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Sono i bambini che per situazioni diverse hanno bisogno di essere accolti da strutture adeguate, con personale professionalizzato e soprattutto
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inadempienza dei comuni che dovrebbero invece farsi interamente carico
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proprio quello di Attigliano.
MANO TESA
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di “fermata” di molti amici immigrati che cercano una condizione di vita
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laboratorio/doposcuola per bambini, creato e gestito dall’Associazione
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re l’integrazione sociale e culturale tra i bambini di diverse nazionalità,
colmando le lacune linguistiche e sviluppando le potenzialità e gli orizzonti culturali dei bambini. Tra le attività del doposcuola, oltre allo studio e ai compiti: laboratorio teatrale, laboratorio di disegno, laboratorio
di riciclo, corso di educazione sessuale e un giornalino completamente
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famiglie ed aperto a tutti coloro che vogliono studiare e passare insieme
il pomeriggio, con tutte le differenze...ma senza discriminazioni!
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Alicia” per l’accoglienza dei bambini vittime di violenza sessuale, in
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La casa sarà realizzata adiacente alla scuole e all’ambulatorio pediatrico
dove i bambini potranno mangiare, studiare ed essere costantemente mo
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Ci sentiamo pronti per affrontare questo nuovo progetto, avendo accumulato, in dieci anni di attività costante in questa area del paese, l’espe
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accogliere i bisogni della popolazione. La casa si chiamerà Maria Alicia
in memoria di una giovane donna che viveva nel villaggio, oggi scomparsa, che anni fa ha aperto le porte della sua casa per accogliere tre
fratellini vittime di violenza e abbandonati da tutti. Maria Alicia era stata
ospitata da una famiglia ad Attigliano per alcuni mesi quando venne in
Italia per ragioni sanitarie, e sperimentò l’accoglienza gioiosa e piena di
attenzioni da parte di moltissime famiglie del paese. Quando ci salutò
disse: “Sono stata benissimo qui ad Attigliano, e non so come ringraziare
i tanti, tantissimi, che mi hanno dato accoglienza e le cose migliori che
avevano. Ma ora sento un grande bisogno e sono felice di tornare dalla
mia gente, dalla gente povera come me”.
Associazione Sulla Strada
378
13.17 ANTONIO MIONI
“Lo sport, il calcio e non solo”
“L’Amore per una squadra non conosce tempo,
ti accompagna una vita intera….”
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lo sport e lo praticavo e purtroppo mi resi subito conto che nel paese dove
ero approdato, purtroppo, di tutto ciò non c’era nulla. Continuai così a
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di questa situazione e con molto spirito di iniziativa, che ancora alimenta
i miei progetti, creai insieme a Pica Vittorio, Santarelli Giovanni, Chieruzzi Italo e Succi Rizzieri “l’associazione sportiva Attigliano” diretta
principalmente ai giovani adolescenti. Dopo circa due anni decisi di fare
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$ria Umbra (campionato federale)….radunai tutti i ragazzi dai 18 anni in
poi che avevano buone doti per giocare, rimisi io stesso gli scarpini…e
scendemmo in campo… e per anni abbiamo giocato in questa categoria…
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Con l’istituzione nel 1991 del campionato “Eccellenza” coma massima
categoria regionale, con il termine di Promozione si prese ad indicare
come oggigiorno il settimo livello della piramide calcistica italiana anche
se, a maggior ragione, l’attuale competizione non può essere considerata
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Lega nazionale Dilettanti tramite i Comitati regionali. In Umbria ci sono
2 gironi da 16 squadre.
La società “GRIFO ATTIGLIANO” nacque nel 1968, parallela
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dopo anno ed ogni stagione la squadra ha ottenuto buoni risultati…l’ultima promozione l’abbiamo ottenuta circa cinque anni fa….ed ancora oggi
giochiamo in questo campionato.
Come il capitano di una nave, non ho mai lasciato la mia squa!"@"'"
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$ta come Presidente, consigliere, amico…anche contro chiacchere un po’
malevole che sostenevano che una volta che avessi smesso di giocare
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che accarezzo da parecchi anni e non ho perso la speranza di concretizza
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comune….dobbiamo adeguarci ai tempi…le spese di gestione sono sem
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@‚?}_`€?>TIGLIANO”, la nuova società calcistica nata dalla fusione tra Amerina
e Grifo Attigliano, che per il momento mi sembra proprio un’amalgama
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' |@ sguardo attento dell’allenatore della prima squadra Marco Moretti, e a
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#va dell’ambiente.
Voglio ricordare che da circa quattro anni, sul nostro territorio,
facciamo anche attività nel settore giovanile per coinvolgere i ragazzi
dai dieci anni in poi…ritengo che sia basilare educare e trasmettere alle
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lutare sia per la mente che per il corpo e soprattutto da un valore aggiunto
alla vita di ognuno di noi.
A ciò penso sia opportuno aggiungere notizie relative dell’impianto spor%%$
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Ricordo quando insieme all’allora Sindaco “Nando Margheriti” facem"
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'zato il campo di calcio. Ottenuto ciò, io e Nando, insieme, prendemmo le
misure e squadrammo il campo per renderlo funzionale. Ricordo i disagi
per fare la recinzione quando portavo i materiali occorrenti tutti dentro
una piccola cinquecento….cose che solo appunto una grande passione
ti fa fare… Nel tempo, poi, molti altri lavori sono stati realizzati dalle
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recinzione, spogliatoi, gratinate, illuminazione, impianto di irrigazione
automatico, ora si parla della copertura delle gratinate con installazione
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sistematicamente curato dalla società sportiva…
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allenamento..che si sta trasformando in un campo in erba.
Bene, credo non sia facile condensare anni di attività sportiva
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l’essere riuscito a trasmettere l’entusiasmo che ha animato e stimolato la
mia vita accanto alla mia squadra del cuore.
380
Campionato regionale – promozione anno 1968/69
Da sinistra in piedi: Allenatore Pica Vittorio; Mioni Piero; Santarelli
Ivo; Chieruzzi Umbro; Mioni Antonio; Faveri Flaviano; Piersanti
Roberto; Piergentili; In ginocchio; Sanchini Edmondo; Scialdone
Enrico; Bertolini Vincenzo; Comodini Bruno; Baglivo Massimiliano;
Bonelli Franco.
Partite tra dilettanti, in piedi: Lellio Margheriti, Giuseppe Nevi, Gaetano Sbardella, Gino Antimi, Vittorio Pica.
In ginocchio: Enrico Fraticelli, Dario Di Maulo.
Allenatore: Virgilio Chieruzzi
381
Partite tra dilettanti
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“Il medico condotto, l’ostetrica e la farmacia”
Sono in questo paese da ben trentotto anni.
Le mio origini sono lontane…infatti sono nato a Joppolo Giancaxio
un piccolo comune della provincia di Agrigento, in Sicilia il 6.5.1945,
dove ho trascorso, insieme alla mia famiglia composta dai miei genitori
a da altri cinque fratelli, la prima infanzia. Li ho frequentato le scuole
elementari poi la famiglia decise di mandarmi a Terni, presso uno zio pa
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mi iscrissi alla Facoltà di Medicina e Chirurgia, dove il 25 luglio 1972,
con ben due sessioni di anticipo, rispetto al tempo previsto, conseguii la
laurea in Medicina e Chirurgia con 110 e lode.
Il 10 ottobre 1973, presi servizio, per esercitare la professione medica,
in Attigliano, dove tutt’ora vivo con la mia famiglia composta da mia
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All’inizio era posto dove adesso ci sono i locali della farmacia… e lì
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che tra l’altro aveva ancora nel cuore il suo storico dottor Giuseppe Sini.
Cercai di metterci dentro tutte le mie forze…svolgendo contemporane
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Lei mi supportava su tutto ciò che riguardava le vaccinazioni per i bambini ed i ragazzi…non nascondo che non sempre i rapporti erano buoni…
stante la mia voglia di vedere le cose fatte bene e l’impossibilità della
suddetta di poter seguire tale logica, stante le sue precarie condizioni di
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facemmo nascere un bambino… Comunque tra alti e bassi il servizio veniva garantito….la farmacia comunale invece, di cui era titolare la D.ssa
Matranga Maria Letizia, funzionava alla perfezione e con lei mantenevo
ottimi rapporti...
Ho sempre pensato ad una curiosa coincidenza: ho festeggiato il mio
25° anno di attività professionale quando don Bruno festeggiava il 50°
anniversario di attività sacerdotale.
Credo di aver svolto sempre con grande impegno la mia professione
medica, avendo grande cura dei problemi di ogni persona e soprattutto ho
dedicato molta attenzione alla popolazione anziana, cercando di essere,
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non solo per i problemi di salute….
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pomeriggio, io sono lì a ricevere pazienti di ogni età cercando di essere,
nei limiti delle mie possibilità, un buon medico…ma soprattutto come
ho detto prima…un buon amico
Dott. Salvatore Americo
384
13.19 PARCO ATTIGLIANO
Con l’obiettivo di costruire il “Parco Regionale Europeo”,
l’Associazione Pangea per una Nazione Umana Universale O.N.L.U.S.,
grazie alle donazioni di fondi da parte di singoli e gruppi di persone, ha
acquistato un terreno di 8000 mq. nel comune di Attigliano. Il progetto
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isferica dedicata alal meditazione), un portale, un monolite con la data
della fondazione, una stele incisa co i nomi di coloro che hanno collabo!
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genza tra gli esseri umani. Il 13 gennaio 2007 ha avuto
luogo l’atto di fondazione del Parco Attigliano, sede della Sala Europea
del Messaggio di Silo. Silo era lo pseudomino di Mario Luis Rodriguez
Cobos, nato nel 1938 nei dintori della città di Mendoza in Argentina.
Il Monolite, costruito completamente in acciaio inossidabile, segnalerà
nel tempo l’inizio della costruzione del Parco e nello spazio un punto di
emanazione di una nuova civiltà. La stele, di forma trapezoidale eretta
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sono quelli di tutte le persone che hanno contribuito alla costruzione del
complesso. Il suo nome ricorda le steli mesopotamiche, egizie, sumeriche e maya che sono testimonianza degli eventi accaduti durante la loro
costruzione. La fonte d’acqua si ispira alle forme pure dello yonilingam
della tradizione shivaita dell’India meridionale, e rappresenta il ristoro
che ogni pellegrino trova al termine della sua ricerca. La sala semisferica, priva di qualsiasi icona, simbolo o immagine,con la sua forma antica
ed universale, favorisce il
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sione e allo scambio di esperienze. E’ ispirato a forme shinto.
385
CONCLUSIONE
Al termine di questa ricerca storica di Attigliano nella storia d’Italia, mi sembra doveroso formulare alcune considerazioni conclusive,
nonché tracciare un breve quadro di “Attigliano oggi”.
Vicende politiche discontinue hanno inseguito una società che
andava via via mutando nella sua composizione. Dal monopolio di ceti
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=ghesi dediti ad attività produttive progressivamente evolutesi verso l’industrializzazione, il formarsi di una classa operaia che con i conseguenti
fenomeni di urbanizzazione ha trasformato i tradizionali cardini della
cultura contadina, il nascere di una estesa classe media e l’affermarsi di
principi democratici in un contrasto di equilibri interclassisti connotati da
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Si tratta di aspetti sociali che hanno trasformato il paese. Un paese con vastissime sacche di analfabetismo che ben sono state supportate
da un obbligo all’istruzione per tutti senza distinzione di ceti, situazioni
personali, razza, lingua e religione.
Centocinquant’anni sembrano essere tanti ma, a parte che non lo
sono in assoluto per i tempi della storia, non si può trascurare il travaglio
politico, sociale e istituzionale che li ha connotati.
386
Siamo passati da uno Stato monarchico, nato su aggregazione di
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=le ad una Costituzione rigida, abbiamo attraversato due rovinose guerre
mondiali ed un periodo di dittatura che ha cercato di piegare qualsiasi
iniziativa alle esigenze del regime, abbiamo avuto momenti oscuri di terrorismo politico ecc…Ora stiamo attraversando una fase di riequilibrio
istituzionale che rivisita i rapporti fra lo Stato e gli altri soggetti pubblici
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to “federalismo.
Gli ultimi venti anni, a cavallo tra il secondo ed il terzo mil
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tecnologica e della globalizzazione dell’economia, trasportando la soluzione dei problemi del paese in una dimensione nuova che travalica
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diversi anni, un paese con una forte immigrazione interna stante la presenza di importanti vie di comunicazione, ma soprattutto straniera, nello
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del pianeta. E’ certo che le principali cause di questo fenomeno siano
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fame intere popolazioni soprattutto del Sud del mondo. Vecchi e consolidati equilibri politici determinatisi con la conclusione della seconda
guerra mondiale si sono irrimediabilmente guastati anche a seguito della
“caduta del muro di Berlino”.
I forti movimenti migratori da Sud e da est hanno così interessato, in modo particolare, i paesi dell’Europa occidentale e, tra questi l’I!"
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stesso, punto di approdo ed anche punto di passaggio verso gli altri paesi
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%mente aumentando sino a toccare un tasso percentuale che supera am
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quindi, quello di dare priorità ad interventi nel campo dell’informazione
sulle normative vigenti e soprattutto di cercare tutte le possibilità che la
legge offre in materia di istruzione, formazione, assistenza sanitaria, alloggio, condizione dei minori e dei soggetti svantaggiati. In sintesi la po*
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ingresso dello straniero nel nostro Paese e al suo pieno inserimento nella
vita sociale. La prova di tale rapporto sta nella costituzione recente dell’
“A.A.A.” (Associazione Africani Attigliano) che tende appunto a creare
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ulteriori momenti di rapporto, di aggregazione e di contatto tra le diverse
nazionalità presenti sul nostro territorio e la nostra comunità.
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cani & Europei di tutti i ceti sociali, con un solo obiettivo “dare un sorriso
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+ciente ad accogliere l’attuale popolazione che si aggira intorno ai 2000
abitanti….il paese ormai sviluppatosi fuori dalle mura ha tutte le caratteristiche di un moderno centro della bassa valle del Tevere….con
ottime linee di comunicazione, buone strutture ricettive alberghiere e di
ristorazione, piccoli centri commerciali, negozi di vendita al minuto che
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tutta la loro forza cercano di resistere ad un sistema economico che le sta
facendo capitolare….
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della società. Noi, pertanto, dovremmo essere capaci di affrontarli con
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passato, trasformando appunto l’esperienza storica in un faro per i comportamenti del presente.
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ricerca sulla storia del nostro paese. Ricordare il passato per capire il
presente e trarne indicazioni per il futuro.
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Pranzo di Natale 8 dicembre 2009
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DEI PODESTA’ E DEI SINDACI DELLA REPUBBLICA
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NERI Sante
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NEVI Sante
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LOIALI Adilberto
dal 1910
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NERI Filippo
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Dal 1929 il fascismo istituisce i podestà
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L’8.9.1939 viene nominato con decreto, Commissario prefettizio
BERNARDINI Rutilio
poi NERI Carlo
poi il 13.10.1945 viene nominato con decreto in data 12.10.1945 n. 6670,
Commissario prefettizio BARLAM MECARELLI Romolo
che poi sarà Sindaco
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il Dr. Castrese DE ROSA
dal 28 novembre 1997 al 2007 viene eletto
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390
PER LA RICCA DOCUMENTAZIONE
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l’Amministrazione comunale nella persona del Sindaco Daniele Nicchi;
tutte le Associazioni che con la loro opera animano la solidarietà, la
partecipazione e l’integrazione sociale, mettendosi al servizio di chiun#&|[?G@[==Gbinieri, Combattenti e Reduci, Schola Cantorum;
il sindacato ANQuAP (Associazione Nazionale Quadri delle Ammini@"'@
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[cini, Loiali, Bassetta Evelina, Rossini A., Mioni, Pier Paolo Margheriti,
Lellio Margheriti, Saldari, Pica, Cosimi, Di Maulo, Sante Nevi, Antonio Nevi, Santino Cianchi, Patrizia Maccaglia, Angela Maria Poggiani,
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1700” della D.ssa Roberta Proietti;
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D. Margheriti e C. Pernazza;
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“Attigliano….un paese, una storia” redatto nell’anno 1991 dall’associazione Pro Loco;
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scuola di Maria e di Padre Pio;
Angela Bacci: “don Bruno Medori nel cuore di Attigliano”;
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Proprietà letteraria riservata a Intermedia Edizioni
Orvieto (Tr) 0763.344247
Finito di stampare a Novembre 2011 presso la Digital Point
Ponte Felcino (Pg)
Copyright © 2011 INTERMEDIA Edizioni
Via Arno, 86 - 05018 Orvieto (Tr)
www.intermediaedizioni
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