26 febbraio 2014 - Legambiente Verona
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26 febbraio 2014 - Legambiente Verona
26 FEBBRAIO 2014 «Le mani sulla città» Promessi nuovi documenti scottanti VERONA — Documenti inediti che riguardano l'assessore comunale allo Sport Marco Giorlo, le confidenze di un pentito della 'ndrangheta su Verona, l'accordo tra Agsm e Bpp per i distributori di benzina «low-cost». Li ha promessi il giornalista Paolo Tessadri, che interverrà al convegno organizzato per domani sera dal Partito democratico dalle 20.30 in poi al centro civico Nicola Tommasoli, in via Perini 7 (a Borgo Venezia). Tessadri collabora con il Fatto quotidiano, per cui ha scritto nei mesi scorsi alcuni articoli sull'amministrazione di Verona, ed in particolare su casi di presunte infiltrazioni malavitose. I nuovi fronti su cui promette rivelazioni paiono sovrapporsi a quelli su cui sta indagando la troupe di Report, che ha intervistato lo stesso Giorlo e anche il pentito della 'ndrangheta. Il Pd dice di aver invitato il giornalista a scatola chiusa, senza sapere cosa esattamente verrà a dire. Assieme a Tessadri, al convegno intitolato «Le mani sulla città» è invitato l'avvocato Luca Tirapelle, presidente del centro di azione giuridica di Legambiente. L'incontro - spiegano gli organizzatori, il consigliere comunale Michele Bertucco e il consigliere regionale Franco Bonfante - «sarà l'occasione per fare il punto della situazione sulle vicende giudiziarie e politiche che stanno sconvolgendo la città e sgretolando il sistema di potere che ruota attorno alla figura di Tosi». (a.c.) «Commissione o Tosi vada a casa» Dopo la bufera, il Pd si ricompatta D'Arienzo e Fasoli critici per le parole del deputato Dal Moro Il segretario: «Se non verremo ascoltati, il sindaco deve lasciare» VERONA — Il Partito democratico di Verona è in subbuglio sul tema della richiesta di dimissioni indirizzata al sindaco Flavio Tosi dopo l'arresto del suo ex vicesindaco, Vito Giacino. A sparigliare le carte è stato il deputato Gianni Dal Moro che, pur tra diverse sottolineature (il sindaco deve «garantire trasparenza», «non minimizzare», concedere la «commissione d'inchiesta» in Comune), ha spiegato che a suo avviso Tosi, al momento, non deve dimettersi. Una posizione che si richiama esplicitamente a quella di un altro deputato Pd, Diego Zardini, ma che pare andare oltre, ad esempio invitando a non speculare sui guai dell'amministrazione perché un clima di veleni e vendette potrebbe rafforzare «il blocco di questa città che dura già da troppo tempo». Molti leggono le dichiarazioni di Dal Moro sui giornali e s'infuriano. Come il deputato Vincenzo D'Arienzo: «Leggo che il Pd veronese chiede a Tosi di non dimettersi - scrive su Facebook - I fallimenti, Parentopoli, le indagini e gli arresti sono sotto gli occhi di tutti. Ma ancora di più pesa l'immobilismo della sua Amministrazione. Non giustizialismo, ma fallimento del suo governo incapace di riprendere con danni incalcolabili su Verona. Il Pd non ne chiede le dimissioni...». Critico con Dal Moro anche il consigliere regionale Roberto Fasoli: «La gravità dei fatti è tale per cui una ripartenza dell'amministrazione non può prescindere da un'assunzione di responsabilità del sindaco: fossi stato in lui, avrei messo le mie dimissioni a disposizione del consiglio, avrei concesso a un autorevole esponente dell'opposizione la guida di una commissione d'inchiesta e solo dopo, se nulla fosse emerso, avrei eventualmente accetato di ritirarle». Michele Bertucco, capogruppo del Pd in Comune che ormai da giorni chiede le dimissioni del sindaco, parla di «sfumature» diverse, ma assicura che il partito è unito: «Noi abbiamo chiesto la commissione d'inchiesta, prevista dal regolamento del consiglio comunale, e che non può certo essere sostituita dall'incarico affidato dal sindaco al professor Sala per una rivisitazione delle delibere oggetto delle indagini. La maggioranza non voterà la commissione, a quel punto Tosi non avrà altra strada se non dimettersi». Eppure la confusione resta. Un altro consigliere del Pd, Damiano Fermo, attacca le dichiarazioni di Zardini e Dal Moro che «non tengono conto che il blocco del sistema veronese è essenzialmente dovuto al fatto che la città è gestita da un sistema familistico avanzato». Arriva, alla fine della giornata, il comunicato dei segretari provinciale e cittadino, Alessio Albertini e Orietta Salemi, a cercare di chiudere il caso. Un assist a Dal Moro («per primo ha chiesto l'istituzione della commissione d'indagine dopo l'avviso di garanzia a Giacino») unito all'assicurazione che «con una posizione condivisa da tutte le principali figure del partito intervenute in questi giorni, il nostro obiettivo è quello di voltare pagina il prima possibile». Insomma, Tosi «accetti con responsabilità politica la commissione d'indagine», perché - se così non sarà - «sarà tutta la città, e il Pd insieme ad essa, a pretendere le dimissioni del sindaco». Alessio Corazza POLITICA ROVENTE. Fanno discutere le dichiarazioni del deputato Dal Moro che smorza le critiche all'amministrazione L'assedio a Tosi continua Dimissioni, il Pd si spacca Enrico Giardini Mentre il sindaco si scatena contro Report, l'opposizione attacca con un'assemblea domani sera sui temi più caldi: il caso Giacino, l'urbanistica, le ombre sugli appalti mercoledì 26 febbraio 2014 CRONACA, pagina 8 Tosi ha contrattaccato, con la querela al giornalista di Report Sigfrido Ranucci che sta svolgendo un'inchiesta sull'Amministrazione comunale. Ma resta sotto assedio. Report, la trasmissione Rai diretta da Milena Gabanelli, stando a quanto detto dagli autori stessi, non si fermerà. Tutto questo dopo una settimana dall'arresto dell'ex vicesindaco Vito Giacino e della moglie Alessandra Lodi in un'inchiesta per concussione e nuova corruzione. Un altro, potenziale colpo, arriva al primo cittadino dal Partito democratico che domani, alle 20.30, al Centro Tommasoli, in via Perini 7, in Borgo Venezia, ha organizzato una serata dal titolo «Le mani sulla città». Il cui obiettivo è «fare il punto della situazione sulle vicende giudiziarie e politiche che stanno sconvolgendo la città e sgretolando il sistema di potere che ruota attorno alla figura del sindaco Flavio Tosi», come dicono presentando l'incontro il consigliere regionale Franco Bonfante, i consiglieri comunali Michele Bertucco e Orietta Salemi, anche segretario cittadino. COME DICONO i tre, «parleremo dalla parentopoli veronese, della cementificazione incontrollata e della vicenda Giacino, dell'ombra delle infiltrazioni della criminalità organizzata di stampo mafioso sul sistema degli appalti pubblici». Tutte questioni, aggiungono, «sulle quali il Pd è sempre intervenuto puntualmente denunciando pubblicamente ciò che non andava e presentando le proprie osservazioni nelle sedi opportune». Gli esponenti del Pd citano quindi «le interpellanze sulla Parentopoli veronese da parte dello stesso Bonfante, vicepresidente del Consiglio regionale, con il collega Roberto Fasoli, «che di fatto diedero il via ad accertamenti ancora in corso sulle aziende pubbliche cittadine». O gli esposti di Bertucco, «riguardanti il presunto sistema corruttivo riferibile all'ex vicesindaco Vito Giacino e l'inserimento della criminalità organizzata nella realizzazione delle opere pubbliche del Comune». Nel tentativo di fare «piena luce su quanto di inquietante sta accadendo nella nostra città» il Pd coinvolge il giornalista del Fatto quotidiano Paolo Tessadri, che nel corso della serata, annuncia il Pd, «presenterà documenti inediti sull'assessore Giorlo, le confidenze di un pentito e il caso della Bussinello Petroli». Seguirà l'intervento di Luca Tirapelle, presidente del Centro di azione giuridica di Legambiente Veneto. Il PD SI SPACCA PERÒ sulla richiesta di dimissioni del sindaco, dopo la dichiarazione del deputato del Pd Gianni Dal Moro secondo cui — ha detto, manifestandosi d'accordo con il deputato scaligero Diego Zardini — «che non si debbano chiedere le immediate dimissioni del sindaco, ma che il sindaco debba però garantire il massimo della trasparenza e della discontinuità». Ciò spiazza il resto del partito, che con la Salemi e il segretario provinciale Alessio Albertini ha precisato: «Il Pd apra la commissione d'indagine sulle aziende pubbliche e sull'urbanistica, o se ne vada». Non valuta positivamente, il Pd, dice Bertucco, che il sindaco abbia affidato a un consulente esterno, l'avvocato Giovanni Sala, l'incarico di verificare la legittimità degli atti amministrativi riguardanti gli interventi urbanistici al centro delle inchieste. I grillini vanno oltre: «Sistema da rifondare Si cambi subito il Pat» VERONA — Dopo le dichiarazioni del deputato del Partito democratico Gianni Dal Moro, per cui in sostanza Tosi non deve dimettersi per il caso dell'arresto del suo ex vice Vito Giacino, il Movimento 5 Stelle di Verona prende posizione. «Sta emergendo quanto andiamo dicendo da tempo - esordisce il capogruppo in consiglio comunale, Luca Mantovani - il sistema basato sui partiti mira a conservare se stesso. Vediamo Dal Moro che si schiera con Tosi, mentre i consiglieri del Pd ne chiedono le dimissioni. A nostro parere non si deve dimettere solo il sindaco, si deve dimettere tutto il sistema, che va sostituito con un altro veramente democratico, basato sul merito, sulle competenze, su degli obiettivi pluriennali». Prova a esemplificare la cosa con un esempio il consigliere comunale Gianni Benciolini: «Appena insediati, ci è stata offerta la possibilità di inserire alcuni nostri rappresentanti nei consigli di amministrazione delle partecipate - spiega - noi abbiamo rifiutato, non siamo voluti entrare nel sistema, a differenza del Pd. Ora assistiamo a una Parentopoli che sta facendo crollare il sistema dello spoil system del sindaco di turno, amministratori nominati solo per il consenso elettorale salvo poi mandarli via quando diventano scomodi, come il caso dell'ex presidente dell'Agec Michele Croce». Il Movimento 5 Stelle ha firmato la proposta del Pd di istituire una commissione d'indagine sulle delibere urbanistiche del Comune, ma va oltre. «Il Pat e il Piano degli interventi, varati da Giacino, si basano su dati irrealistici, come l'aumento della popolazione a Verona e la maggiore richiesta di superfici commerciali - continua Benciolini - noi chiediamo una rivisitazione tecnica dei due documenti di programmazione, perché tengano conto della realtà». Ma, come prima cosa, Tosi deve lasciare: «Tutte le sue energie sono impegnate per tappare le tante falle dell'amministrazione - dice l'altro consigliere comunale, Riccardo Saurini - deve dimettersi il prima possibile». A.C. «Controlli su tutti gli atti. Sindaco e Giunta a casa» mercoledì 26 febbraio 2014 CRONACA, pagina 8 Controlli su tutte le delibere urbanistiche portate a termine dall'ex vicesindaco e assessore Vito Giacino. E, senza se e senza ma, «dimissioni immediate del sindaco Flavio Tosi». Non usa mezze misure il Movimento 5 Stelle, che con i suoi consiglieri comunali Luca Mantovani, Gianni Benciolini e Riccardo Saurini, ribadisce la sua battaglia dopo i casi giudiziari di questi giorni. «Alcuni membri del Pd come i deputati Zardini e Dal Moro sono contrari alle dimissioni del sindaco Tosi e si schierano con lui», dice Mantovani, «che a sua volta ha strizzato l'occhio a Renzi, facendo un passo indietro e auspicando continuità. Quanto successo in questi giorni a Verona evidenzia chiaramente il sistema di controllo del potere a discapito degli interessi della collettività che i partiti di destra e di sinistra hanno instaurato in questo Paese, ridotto ai minimi termini». Benciolini stigmatizza poi il fatto che «il Pd, per esempio nel caso dell'Agec dove aveva un consigliere di amministrazione, non ha mai riferito di quanto stava succedendo dentro quell'azienda e anche nelle altre. Noi chiediamo anche», dice il M5S anche con il consigliere della quarta circoscrizione (Santa Lucia, Golosine) Alessandro Gennari, «di rivisitare tutti i progetti già approvati con il Piano degli interventi. È quanto chiederemo con una mozione in tutti i Consigli delle otto circoscrizioni».E.G. STRATEGIE. Secondo il vicecapogruppo della Lista Tosi «molti consiglieri chiedono un forte cambiamento» L'idea del rimpasto ridà fiato ai tosiani Ciro Maschio: «Accolgo positivamente l'apertura del sindaco». La sorella Barbara: «Momento duro» mercoledì 26 febbraio 2014 CRONACA, pagina 8 L'apertura del sindaco Flavio Tosi a un possibile rimpasto di giunta (L'Arena di ieri) ridà fiato alla sua squadra di consiglieri di maggioranza. In particolare quelli della Lista Tosi (16) che in buona parte avevano espresso questo indirizzo. Questa indicazione gli è arrivata anche da alcuni dei suoi referenti principali. «Accolgo positivamente le dichiarazioni del sindaco», dice Ciro Maschio, vicecapogruppo della Lista Tosi. «Sono in molti i consiglieri a chiedere un colpo d'ala, un segnale forte di cambiamento e ci confronteremo presto con il sindaco per capire in quali tempi, modi e misure compirà o meno certe scelte». Le ipotesi sono molteplici. O azzerare la giunta attuale, modificarla in parte, facendo intervenire persone di alto profilo, tratte dal mondo delle professioni. Tosi ha detto di non escludere l'ipotesi di un rimpasto dando quindi un segnale leggermente diverso rispetto alle settimana precedenti. Sua sorella Barbara, capogruppo della Lega Nord in Consiglio (4 consiglieri) difende comunque il lavoro dell'Amministrazione: «Politicamente ha raggiunto risultati positivi. Gli assessori lavorano bene, le delibere arrivano, anche in Consiglio. Il Comune non è affatto ingessato e io non vedo una situazione di difficoltà. Se dopo il sindaco ritiene di allargare o modificare la squadra, sarà una decisione sua». Ma che pensa la sorella del sindaco del momento difficile del fratello? «Vedremo a che cosa porteranno le indagini», dice. «Certo, non fa piacere, perché si dà da fare moltissimo e i risultati si vedono, anzitutto sul fronte del turismo e dell'economia della nostra città, che sono cresciuti». E oggi Lega e Lista Tosi hanno in programma un incontro con Tosi per un rilancio dell'azione politica-amministrativa. E.G. Oggi il verdetto del gip sulle richieste della difesa VERONA — Il provvedimento sarà notificato solo oggi ma, a meno di sorprese dell'ultim'ora, il gip Taramelli respingerà le richieste di modifica delle misure di custodia cautelare presentate dai difensori dell'ex vicesindaco Vito Giacino e della moglie Alessandra Lodi al termine dei rispettivi interrogatori di garanzia. Arrestati lunedì scorso con l'accusa di corruzione e corruzione per aver intascato più di 600mila euro di mazzette da un imprenditore edile, i due rimangono rispettivamente in carcere e ai domiciliari. Intanto la difesa ha già presentato ricorso al Tribunale del Riesame di Venezia contro l'ordinanza del gip che ha portato all'arresto. Nel corso degli interrogatori i coniugi hanno negato qualsiasi addebito, fornendo una corposa documentazione per giustificare lo stile di vita elevatissimo in cui hanno vissuto negli ultimi anni, compreso l'attico «da sogno» in Borgo Trento. IL FRONTE GIUDIZIARIO. I legali hanno presentato due procedimenti distinti per ottenere la modifica della misura Giacino e la moglie chiedono la revoca degli arresti Fabiana Marcolini Una richiesta depositata al gip Taramelli che deve decidere e una al Tribunale del Riesame di Venezia per l'udienza mercoledì 26 febbraio 2014 CRONACA, pagina 9 Due procedimenti distinti ma finalizzati ad ottenere la modifica o la revoca della misura. Così i legali di Vito Giacino e della moglie Alessandra Lodi (l'avvocato Filippo Vicentini affiancato, per la sola Lodi, dal collega Apollinare Nicodemo) all'indomani dell'interrogatorio di garanzia hanno depositato al giudice per le indagini preliminari Guido Taramelli una richiesta in tal senso. Il magistrato che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare che ha aperto le porte del carcere di Montorio all'ex vicesindaco e disposto gli arresti domiciliari per la moglie, non ha ancora deciso. Ieri invece è stato depositato il ricorso al Tribunale del Riesame a Venezia che avrà venti giorni di tempo per fissare l'udienza. L'avvocato Lodi, mercoledì scorso, si è avvalsa della facoltà di non rispondere e ha affidato ad una memoria scritta la propria versione alternativa alle accuse di concussione e corruzione (le stesse mosse al marito) basate sulla natura delle consulenze che in pochi anni hanno fatto lievitare la sua dichiarazione dei redditi. Per il pm Beatrice Zanotti quelle parcelle non solo si riferivano a consulenze da lei materialmente non formate (ma stilate da altri professionisti con i quali la Lodi aveva rapporti di lavoro e non sempre pagate) ma altro non erano che un modo per occultare compensi finalizzati a garantire la «benevolenza» dell'allora vicesindaco. In quella memoria l'indagata ricostruisce l'iter - e fornisce la giustificazione - per le sette fatture saldate dall'imprenditore edile Alessandro Leardini ed emesse tra il 25 novembre 2010 e l'11 marzo 2013. Fatture che, come ha ampiamente descritto Leardini (anch'egli indagato per corruzione, Avanzi e Pezzotti i suoi legali), in realtà altro non erano che mazzette. Invero l'imprenditore aveva i propri avvocati e quindi quei 178mila euro pagati in tre anni all'avvocato Lodi non rientravano nella normale gestione dei suoi affari. Differente il quadro accusatorio a carico dell'ex politico che, dopo la perquisizione di fine ottobre e la notifica dell'avviso di garanzia per corruzione, si dimise a metà novembre. Differente e particolarmente pesante perchè, stando alle indagini condotte dalla sezione di pg della Polizia, avrebbe chiesto conitnuamente denaro all'imprenditore. Un «sistema» che, oltre agli incarichi alla moglie, prevedeva il versamento di una somma per metro cubo edificabile, somma che variava a seconda della zona e della tipologia delle lottizzazioni di Leardini ma che comunque portò l'imprenditore a versare 450mila euro in contanti: 110mila nel 2008 «quale retribuzione per la mediazione per la compravendita di un terreno a Porto San Pancrazio» e 300mila in varie tranche nel corso del 2010 per «l'interessamento per l'approvazione della “variante contro locazione” all'area Peep di san Michele». Leardini tardò a versare l'ultima rata da 50mila euro, il suo progetto era in fase di approvazione, aveva ricevuto rassicurazioni dagli uffici che non vi sarebbero state difficoltà ma venne rigettato. «Giacino si era dimostrato più arrogante e gli aveva ricordato che bisognava essere puntuali negli impegni presi», scrive il gip. Infine la maxi richiesta: un milione e 270mila euro a fronte dell'interessamento per rendere edificabili tutti i lotti di proprietà di Leardini a Quinzano, Montorio, Fenilon-Santa Lucia e Porto San Pancrazio. Da 40 a 10 euro l'importo chiesto a metro cubo e Leardini versò solo 100mila euro in contanti. Ma nel corso dell'interrogatorio di giovedì, in carcere, durato tre ore, l'ex braccio destro del sindaco ha negato tutto, punto per punto. LAZISE. Dopo l'attacco del sindaco Sebastiano al predecessore che diede incarichi alla professionista per 68mila euro Consulenze all'avvocato Lodi «Con lei, vinti tutti i ricorsi» Camilla Ferro Franceschini a Sebastiano: «Io ho sempre lavorato in trasparenza, guardi piuttosto ai problemi che ha e vediamo chi sceglierà per difendere il Comune» mercoledì 26 febbraio 2014 PROVINCIA, pagina 28 È un duello che non risparmia colpi a nessuno quello tra il sindaco Sebastiano e il suo predecessore Franceschini sul caso Lodi. Lei, moglie dell'ex vicesindaco di Verona Vito Giacino, entrambi arrestati lunedì scorso con l'accusa di concussione e nuova corruzione (lui detenuto in carcere a Montorio, lei agli arresti domiciliari nel mega attico cittadino), è un avvocato. Un avvocato a cui la giunta Franceschini tra il 2010 e il 2013 ha assegnato incarichi professionali per 68mila euro. Eccolo lì il motivo scatenante della «bagarre politica» scoppiata in riva al lago. Quello che la Procura ha definito un «sistema» architettato dai coniugi Giacino per farsi pagare tangenti camuffate da parcelle da parte del costruttore edile Leardini, «getta ombre», ha dichiarato Sebastiano «anche sulla scelta del mio predecessore di affidare la difesa del Comune in delicati ricorsi al Tar o al Consiglio di Stato ad una neo-avvocato sprovvista della esperienza richiesta per essere il legale di fiducia di un ente pubblico». Secondo Sebastiano quelli dati alla Lodi sono «tanti soldi e tanto lavoro, ben 27 incarichi, su questioni amministrative non semplici: era obbligo», sostiene il primo cittadino, «affidare la difesa del Comune a professionisti con comprovata esperienza processuale invece ho il dubbio che Franceschini abbia incaricato la Lodi solo per garantirsi un ritorno d'immagine e di benevolenza da parte dell'entourage di Giacino e Tosi. E questo», tuona, «non è corretto, anzi, non è morale». Franceschini risponde all'attacco attaccando. «Innanzittutto quando ero sindaco, con la mia giunta, ci siamo rivolti a diversi professionisti, non solo all'avvocato Lodi». E continua: «Secondo: che Lodi si domiciliasse da altri colleghi per svolgere il suo lavoro, questo non lo ritengo un crimine: portava i risultati, di cause ne abbiamo perse poche, anzi, le abbiamo vinte quasi tutte, quindi è questo che deve interessare non certo con quale squadra abbiamo giocato». E va avanti: «Terzo: se dai diversi processi il Comune è uscito vincitore, significa che la scelta del professionista era giusta, significa che l'avvocato Lodi era competente in materia al di là della giovane età e la poca esperienza additate da Sebastiano come elementi negativi che dovevano spingere a scegliere i migliori professionisti sulla piazza, non "riserve" di fama sconosciuta». L'elenco di Franceschini va oltre: «Mi dispiace che il sindaco faccia questi attacchi alla mia amministrazione additando chissà quali piani e dietrologie. Non c'è nulla di sporco, non mi sarei mai prestato a favorire nessuno, ho sempre lavorato con correttezza nell'interesse del bene pubblico. Come giunta abbiamo operato in piena trasparenza, tutte le operazioni, le delibere, ogni atto uscito dalla nostra gestione era sotto agli occhi di tutti». E continua: «Tornando agli incarichi affidati all'avvocato Lodi, ribadisco che li ha vinti quasi tutti mentre, fossi in Sebastiano, starei attento a qualche operazione poco gradita dai cittadini». È sibillino, l'ex sindaco, ma a insistere dice chiaramente che «Sebastiano, invece che stare a guardare cosa ho fatto io facendo sterile polemica politica, dovrebbe pensare agli atti della sua amministrazione e al malcontento che qualcuno lamenta: si concentri a dare risposte ai problemi dei cittadini invece che continuare a spostare l'attenzione su chi ha governato prima di lui». E porta alla luce l'esistenza di «diversi ricorsi da parte di cittadini, addirittura alcuni con richiesta di risarcimento danni, contro alcuni provvedimenti dell'amministrazione: vediamo ora di quali avvocati si servirà, se saranno più o meno bravi di quelli scelti sotto il mio mandato e se sapranno, come i miei, vincere i processi». Poi, l'analisi più intima: «Ho fatto il sindaco per 10 anni cercando sempre di fare bene il lavoro per il quale la gente mi aveva votato e non mi sono mai perso in chiacchiere criticando chi aveva guidato il paese prima di me. Quelli di Sebastiano sono attacchi strumentali che respingo ribadendo, un'altra volta, che non ho mai subito pressioni da nessuno agendo sempre in massima libertà». Ci sono anche San Martino e Lavagno mercoledì 26 febbraio 2014 PROVINCIA, pagina 28 Oltre a Lazise, anche i Comuni di Lavagno e di San Martino Buon Albergo sono citati nell'inchiesta per corruzione e abuso d'ufficio a carico dei coniugi Giacino. Dagli atti della Procura emerge che le consulenze dell'avvocato Lodi sarebbero arrivate nell'est veronese grazie all'interessamento del marito. Dall'ordinanza emerge che la Lodi emise fattura per 21.222 euro per la transazione Winsemann a Lavagno mentre per un'assistenza stragiudiziale a San Martino Buon Albergo fu pagata 17.685 euro. A Lazise la «parcella» più consistente: 65mila euro per aver seguito un Peep mai fatto: lì i coniugi Giacino erano i legali della venditrice dell'area. A S.Martino Buon Albergo e Vago, la figura della Lodi entra in campo non come avvocato di fiducia delle 2 amministrazioni ma come legale di privati in trattativa con il Comune. Tengono a precisarlo, i sindaci Albi e Avesani, che non hanno «mai avuto a che fare con la professionista». Albi: «Non le ho mai affidato alcuna consulenza, può essere piuttosto che sia entrata in gioco nelle trattative tra Winsermann che ha molte proprietà in paese e Leardini che in passato qui ha realizzato varie lottizazioni». Lo stesso Avesani: «Anni fa lei aveva assistito un privato per una lottizzazione a Marcellise. Chi era il privato? La Curia di Verona». C.F. CONSIGLIO PROVINCIALE. Comunicazione del capogruppo del Pd Lorenzo Dalai. Sul sito dell'azienda manca il curriculum vitae E finisce nel mirino anche la nomina all'Aptv Dell'amministratore unico si parla nel video tra alcuni leghisti e Report. Venturi: «Tutto ok, spetta alla Lega» mercoledì 26 febbraio 2014 CRONACA, pagina 9 Uno dei primi effetti del colloquio di oltre un'ora e mezza tra alcuni leghisti vicini al sindaco e l'inviato di Report Sigfrido Ranucci riguardante il presunto «sistema Tosi» (il filmato è ora al centro di querele per diffamazione e interrogazioni alla commissione di Vigilanza Rai) si è avuto ieri in Consiglio Provinciale. Sotto i riflettori è finito infatti il caso Aptv-Patrizia Dusi: sul tema infatti ha svolto una comunicazioneinterpellanza il capogruppo del Pd Lorenzo Dalai. Patrizia Dusi, leghista, è stata nominata amministratore unico di Aptv dal presidente della Provincia Giovanni Miozzi nel maggio scorso. Il decreto di nomina si trova sul sito di Aptv sotto la voce «trasparenza». Peccato però che quando si cerca di aprire il curriculum vitae della signora Dusi si apra di nuovo il decreto di nomina: del curriculum non v'è traccia. Non si riesce a sapere quindi che cosa abbia fatto prima e in base a quali competenze sia stata nominata amministratore unico di un'azienda pubblica. Sicuramente si tratta di un errore informatico e del solito bug di sistema, però nel colloquio videoregistrato di Report si afferma che la nomina dell'esponente leghista sia avvenuta soprattutto perché vicina all'entourage del sindaco Tosi. Una versione che viene respinta da Fabio Venturi, vice presidente della Provincia (Lega Nord), che spiega: «Il sito sarà aggiornato, in ogni caso non è previsto alcun requisito particolare per quell'incarico. È stato aperto un bando pubblico regolare e tra le candidature è arrivata anche quella della Dusi e la Lega, cui spettava la scelta di quella nomina, ha indicato il suo nome al presidente Miozzi che l'ha poi ufficialmente nominata». Venturi si dice meravigliato dell'attenzione sull'amministratore unico di Aptv (finito nel colloquio tra leghisti e Ranucci di Report) e ricorda che «la Dusi è stata la prima dei non eletti alle elezioni comunali per la Lega Nord». Aptv, con sede in lungadige Galtarossa è uno di quegli enti già definiti «inutili» dalla Provincia dopo la fusione con Amt, ma dismetterlo costerebbe, in tasse, più che tenerlo. IL PROGETTO. Annunci anticipati, ritrovamenti di reperti e incrocio coi lavori sui bastioni hanno fatto slittare i programmi. E Veronetta aspetta Passalacqua, il parco è in ritardo Ilaria Noro Il primo nucleo dell'area verde collegata all'ex caserma avrebbe dovuto essere pronto già nel 2012. Ma non lo sarà prima del 2015 mercoledì 26 febbraio 2014 CRONACA, pagina 10 Sarebbe dovuto già essere una verde realtà entro l'autunno di due anni fa. Invece, il parco Primavera, una porzione di 20mila metri quadrati a ridosso di Porta Vescovo e di via Torbido nella più ampia area della Passalacqua, è ancora solo un bel progetto. Al posto di erba, alberi e panchine ci sono terra e terriccio, cumuli di materiale, vegetazione incolta che cresce in ciuffi disordinati sui terrapieni del bastione delle Maddalene, recentemente ricostruiti. E il panorama non è destinato a cambiare nemmeno nei prossimi mesi. Il mini-parco, che secondo il cronoprogramma snocciolato a più riprese durante i sopralluoghi in cantiere organizzati dall'amministrazione sembrava essere in dirittura d'arrivo dall'autunno del 2012, non sarà ultimato prima dell'anno prossimo. Sono questi i nuovi realistici tempi che Ati, Associazione temporanea d'impresa di cui capofila è Sarmar, si pone per il progetto. La prima volta che viene annunciata l'imminente conclusione di questa piccola fetta di parco, poco meno di 20mila metri rispetto ai 180mila complessivi, è fine aprile 2012. In quell'occasione, l'amministrazione assicura che entro sei mesi il miniparco sarà a disposizione dei cittadini. E lo presenta come una sorta di risarcimento danni per i disagi che i residenti di Veronetta e in particolare della parte di quartiere che si affaccia sul cantiere nelle ex caserme Santa Marta e Passalaqua, hanno sopportato e sopporteranno a causa dei lavori. I mesi passano, il verde è ancora utopia. Ma è un altro sopralluogo a innescare di nuovo il conto alla rovescia per il taglio del nastro del giardino di Veronetta. Siamo in piena estate e la promessa, questa volta, è per la primavera dell'anno successivo. Che però passa in sordina, così come l'estate. E in agosto 2013, l'ennesimo annuncio: «Mini-parco pronto entro l'anno». Anche il 2013 è però passato e il 2014 ha già salutato il primo mese e si appresta a congedare anche il secondo, senza nessuna buona nuova per Veronetta e il suo parco Primavera. Ancora ai blocchi di partenza. I ritardi sono dovuti, oltre probabilmente a qualche annuncio un po' troppo ottimista, principalmente a due fattori. In primis il ritrovamento durante i primi lavori di un grande deposito di affusti: un rettangolo in ciottolato in cui venivano tenuti i sostegni in legno dei cannoni d'epoca austriaca. «Questo ha determinato la sospensione dei lavori in attesa del parere della Soprintendenza», spiega l'Ati. Una volta eseguiti studi e rilievi, la Soprintendenza ha dato il permesso di ricoprire lo scavo e procedere con i lavori. Ma a bloccare nuovamente il progetto è stato... un altro progetto: il recupero dei bastioni delle Maddalene. «I due cantieri Parco Primavera e Bastione delle Maddalene - sono localizzati in modo tale che sia necessario e opportuno il completamento del recupero del Bastione prima di terminare il Parco. Se accadesse il contrario, la successiva opera di recupero del Bastione rovinerebbe quanto di buono fatto sul Parco stesso», specifica l'Ati. I lavori sul Bastione - finanziati con un contributo regionale di 1 milione 500mila euro - devono sostanzialmente ancora iniziare, tranne una zona già ponteggiata. E saranno al via la prossima primavera. A seguire, inizieranno i lavori per questi 20mila metri di parco. Che non sarà completato prima dell'estate del 2015. Vale a dire quando, secondo i primi programmi, si sarebbe dovuto tagliare il nastro dell'intero parco Passalacqua. SAN PIETRO IN CARIANO. Approvato a maggioranza, fra le polemiche, l'accordo di programma per la maxi lottizzazione Via libera al piano ex Lonardi Giancarla Gallo La riqualificazione prevede 135mila metri cubi di nuova edilizia: al voto assenti i quattro dissidenti L'opposizione attacca e Lonardi parla di minacce mercoledì 26 febbraio 2014 PROVINCIA, pagina 22 Via libera all'accordo di programma per la riqualificazione dell'area ex Lonardi. Ma per la giunta Maestrelli non è stata una passeggiata. Un mare di polemiche ha contrassegnato il Consiglio comunale: striscioni e cartelli per una Valpolicella «vivibile» erano stati collocati davanti al municipio dal gruppo Mamme della Valpolicella, ma c'erano anche cittadini in attesa della revoca della delibera consiliare 64 sull'accordo, chiesta dai consiglieri di minoranza dell'«Unione» Mario Lonardi, Michele Giacopuzzi e Stefano Marchesini. Grande attesa anche per il voto contrario dei quattro consiglieri che si sono staccati dalla maggioranza: Marco Bogoni, Giacomo Ferrari, Zeno Pescarin e Andrea Baietta, però, a sorpresa non si sono presentati in Consiglio. L'assessore esterno, Alberto Postal, incaricato di redigere l'accordo con la ditta Cameri per 135mila metri cubi di edilizia residenziale, pari a 600 900 nuovi abitanti, ha letto integralmente il documento, sottolineando che «è stato stipulato tra Regione, Comune e ditta, mentre è stata tolta la Provincia, che non si è mai presentata negli ultimi incontri di conferenza di servizi». Di fatto l'amministrazione Lega-Pdl ha ribadito di credere nell'accordo, di essere convinta della validità dell'operazione, che prevede la realizzazione della bretellina viaria presente già nel Piano territoriale provinciale. Oltre al sindaco Gabriele Maestrelli, hanno votato a favore Claudio Benetti, Stiliano Galvanini, Cesare Zardini, Alberto Conati, Iseo Murari, Gerardo Zantedeschi, Giancarlo Signorini e Dario Venturini; contrari Alessandro Sterza (staccatosi dalla maggioranza mesi fa), Domenico Zantedeschi e Carlo Battistella (lista civica), Mario Lonardi, Stefano Marchesini e Michele Giacopuzzi dell'Unione. Mario Lonardi ha letto il documento inviato dall'avvocato della ditta proprietaria dell'area ai consiglieri, nel quale si minaccia apertamente ogni singolo amministratore circa il risarcimento di ipotetici danni in caso di mancata approvazione dell'accordo di programma. Numerose le contestazioni delle minoranze. Sterza ha lamentato che «la popolazione non è stata coinvolta con incontri pubblici nella valutazione dell'operazione». Zantedeschi ha suggerito che «si poteva fare un concorso di idee per utilizzare meglio l'area senza costruire nuove case». Battistella ha detto che si tratta di «una scelta deleteria sia dal punto di vista ambientale che economico, per la viabilità e il traffico, di enorme gravità e l'amministrazione è responsabile di questo scempio, che ha i crismi dell'illegittimità». Gli esponenti dell'Unione hanno ricordato di aver «continuato in tutte le sedi a chiedere la revoca della delibera» e si sono poi chiesti: «Qual'è l'interesse regionale? I 7 milioni 100 mila euro non saranno sufficienti per eseguire la strada: pagheranno i cittadini con le tasse?». Di scempio ambientale parlano i rappresentanti di Fratelli d'Italia della Valpolicella e dell'Udc per quella che è indubbiamente la delibera più importante firmata dall'amministrazione, a due mesi dalla fine del mandato. «Perchè questa urgenza?», si chiedono. Non da meno Elisa Nalin, presidente del gruppo Mamme della Valpolicella: «Lo schema di accordo, che rispetto alla versione già approvata dal Consiglio precedente non prevede la sottoscrizione della Provincia, stravolge completamente la logica e gli elementi giuridici su cui è stato possibile fare la variante urbanistica, prendendo come pretesto l'interesse sovracomunale. Infatti l'accordo di programma si basava sulla valenza provinciale che avrebbe assunto la bretella, il cui costo si sarebbe riversato sul privato come partita di scambio per la possibilità di edificare nell'area ex Lonardi. «Ora, se la Provincia non sottoscrive l'accordo, la nuova strada prevista nell'accordo costituirà solo una variante della viabilità comunale e pertanto non ci saranno più i presupposti per la legittimità dell'accordo. E la Regione si presta a reggere il gioco! Sono curiosa di sapere cosa ne pensa la Procura». Contratto maestre «Denunciamo il Comune» VERONA — (d.o.) Ad un mese dalla diffida, la querela. A portare in tribunale il Comune di Verona i sindacati del mondo della scuola, Cgil-Flc, Cisl, Snals - Confsal e Uil scuola. La vicenda è quella che dal 2010 oppone le maestre d'asilo a Palazzo Barbieri, a seguito della modifica del contratto di lavoro. Le sigle denunciano come risulti a tutt’oggi inapplicata la sentenza del 2011 (passata in giudicato a fine 2013) che taccia l'amministrazione di «comportamento antisindacale». La tesi dei sindacati è che il Comune avrebbe dovuto riattivare il contratto precedente, analogo a quello nazionale per la scuola. «Nonostante i molti appelli e, in ultimo, la diffida - lamentano i sindacalisti - il Comune non si è nemmeno degnato di risponderci. La querela verrà portata avanti sia in sede amministrativa che penale, in quanto si prefigurano delle responsabilità per i dirigenti che non hanno dato seguito alla sentenza». Sono gli stessi sindacati, inoltre, a sottolineare come invece l'ultima sentenza, quella relativa ai ricorsi individuali delle maestre, datata lo scorso gennaio sia stata applicata. «Un paradosso, dal momento che l'amministrazione ha annunciato di ricorrere - è il commento delle sigle -. Stupisce il fatto che, nella determina del Comune con cui vengono cambiati gli orari di lavoro alle 54 maestre che hanno vinto il ricorso, si sostiene che i vincoli di spesa non riguardano servizi fungibili ed essenziali. Se questo ragionamento fosse stato applicato tout court alle scuole dell'infanzia non saremmo qui a parlare di querele». LA VERTENZA SCUOLA. Nonostante l'amministrazione abbia dato esecuzione alla sentenza del 9 gennaio, non si ferma la battaglia sui contratti Caso maestre, adesso i sindacati querelano il Comune «Accolto il ricorso di 54 insegnanti, a tutte le altre non è stata modificata la posizione contrattuale» mercoledì 26 febbraio 2014 CRONACA, pagina 10 La diffida non sortisce effetto, e ora scatta la querela. I sindacati della scuola non mollano e portano avanti, compatti, la battaglia per il ripristino dei contratti scuola delle maestre delle materne, modificati unilateralmente dal Comune nel 2010 in contratti enti locali. A nulla è servito che l'amministrazione abbia dato esecuzione all'ultima sentenza, del 9 gennaio, con cui il Tribunale ha accolto il ricorso di un gruppo di 54 insegnanti, dichiarando illegittime le decisioni della Giunta. «È una sentenza che riguarda solo un'esigua parte delle maestre, mentre il Comune continua a non applicare i precedenti esiti emersi in sede di giudizio, a oggi immodificabili», dicono i rappresentanti di Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e Snals Confsal. «La sentenza del 2013 passata in giudicato è persino più forte giuridicamente di quella dello scorso gennaio, a cui il Comune ha già annunciato che farà ricorso», dice Alberto Forti della Snals Consfsal. Oltretutto, per le sigle sindacali, l'aver ripristinato il vecchio contratto solo a 54 maestre, con la conseguente modifica dell'orario di lavoro, ha creato un clima ancora più teso nell'ambiente di lavoro. «Il trascinamento dell'iter giudiziario reca disagi sia all'utenza che ai lavoratori», dice Alfonso Arena della Uil, che lancia un appello a Palazzo Barbieri perché convochi al più presto i sindacati e inizi le trattative. «Il Comune deve applicare completamente le sentenze», gli fa eco Alessio Rebonato dalla Cisl. «Visto che alla diffida di fine gennaio non è seguita neanche una risposta, ora procediamo con una denuncia, che sarà seguita da una causa di ottemperanza al Tar». Per Rebonato, poi, l'amministrazione si trincera dietro i vincoli di spesa ma, precisa, «la Corte dei Conti ammette la deroga dei suddetti vincoli in caso di servizi che comprendano diritti intangibili quali appunto l'istruzione pubblica». Intanto, le oltre 140 maestre che ancora non hanno fatto ricorso attendono la pubblicazione delle motivazioni dell'ultima sentenza, entro i 60 giorni previsti, per poi dare il via anche ai loro singoli ricorsi. È proprio sulla differenza contrattuale delle docenti che l'assessore al personale Enrico Toffali si difende: «Aspettiamo la querela per verificare di cosa si tratti, ma faccio presente che la sentenza fa stato solo fra le parti, quindi fra Comune e le 54 maestre, e non si può estenderne gli effetti anche alle docenti che hanno contratti diversi».C.BAZZ. Così le partecipate affossano il consorzio della Bassa Il giudice decide sul crac. Il Pd: nuovo spreco VERONA — Un buco di 1,5 milioni di euro e un finale ancora da scrivere, ma di certo non sarà un lieto fine: il Consorzio di Sviluppo del Basso Veronese (emanazione della Provincia) è in crisi e non vede la luce in fondo al tunnel. Ad affossare l'ente sono in particolare una serie di partecipazioni, in particolare quella alla società Servizi Territoriali, partecipata anche e dalle due comunità montane del Baldo e della Lessinia (tutti detengono il 33 per cento), che avrebbe dovuto fornire quei servizi informatici (e non solo) che i piccoli comuni non possono sviluppare in casa. Solo che poi è arrivato un altro ente pubblico, il consorzio Bim Adige (finanziato dalla Regione), a offrire quegli stessi servizi ai comuni, ma praticamente gratis. Così, senza più clienti, Servizi Territoriali ha imboccato rapidamente la via del dissesto: il giudice ha respinto l'istanza di concordato preventivo, rimane solo da stabilire se ci sarà un fallimento o se i soci (pubblici) saranno chiamati a ripianare i debiti. Tutto questo ha raccontato il presidente del Consorzio per il Basso Veronese, Gastone Vinerbini, in una sua recente audizione in Provincia. Una bella grana per il Consorzio, che pure avrebbe, teoricamente, un patrimonio di due milioni di euro, dato però dal possesso di un terreno in una zona industriale a Menà di Castagnaro che non è mai decollata. Secondo i consiglieri provinciali del Pd, Lorenzo Dalai e Franca Rizzi, si tratta dell'«ennesimo esempio di cattiva amministrazione del denaro pubblico». Il consorzio del Basso Veronese registra una sostanziale sfiducia da parte di diversi sindaci della Bassa, mentre il presidente della Provincia Giovanni Miozzi ha promesso «provvedimenti correttivi». Ma il Pd insiste nel chiedere che la Provincia «metta fine a questa emorragia di denaro pubblico, senza alcun aggravio di spesa, provvedendo ad attuare tutte le azioni atte a chiudere, con liquidazioni o cessioni o altre misure amministrative, questa situazione e a verificare tutte le responsabilità personali che possano emergere, nella cattiva amministrazione sia dell'ente che delle sue partecipate». Vinerbini ha spiegato che il consorzio paga per «scelte del passato». Presenterà nelle prossime settimane il suo ultimo bilancio, da dimissionario. Il cda non percepisce indennità, i dipendenti passati da cinque a tre part-time, il direttore ha ridotto lo stipendio a 50mila euro (contro i 114mila del predecessore). Ma non è bastato. A.C. TRASPORTO PUBBLICO. Disco verde dal Cda dell'Amt al piano urbanistico, in variante. Ora andrà in Giunta, poi al ministero Filobus, via libera al progetto Modifiche a tracciato e mezzi Enrico Giardini Cambiano le linee a Verona sud C'è il parcheggio a San Michele Quattro le porte anziché tre La spesa è di 11 milioni in più mercoledì 26 febbraio 2014 CRONACA, pagina 11 Cambi della viabilità nella zona del casello di Verona sud e anche vicino alla fiera. Adeguamento degli arredi delle fermate al centro storico. Quattro porte, sui mezzi, anziché le tre previste in precedenza. Sono soltanto alcune delle modifiche al progetto definitivo del filobus — due linee: San Michele-Stadio, Borgo Roma-Ca' di Cozzi — approvate ieri sera dal Consiglio di amministrazione dell'Amt (l'azienda stazione appaltante della filovia) presieduto da Germano Zanella, in adeguamento alle prescrizioni della Conferenza dei servizi. La variante prevede dunque anzitutto una riorganizzazione del deposito dei mezzi del filobus con la viabilità collegata al parcheggio scambiatore della Genovesa, vicino al casello autostradale di Verona sud. Altro adeguamento in viale della Nazioni, in base alle prescrizioni della società autostrade, con la garanzia della terza corsia dal casello al Largo Perlar (vicino al Bauli) e con la variazione del tracciato da viale della Nazioni: arrivato a Largo Perlar non proseguirà fino alla Fiera, ma andrà a destra in viale del Commercio e quindi in viale dell'Industria per poi sbucare davanti alla Fiera ma passando dentro l'area del Prusst. Altre modifiche in piazzale XXV Aprile, davanti alla Stazione di Porta Nuova, prendendo atto delle richieste di Atv e di Grandi Stazioni (non palazzina per negozi, ma spazi per parcheggio di autobus). Altri adeguamenti per il sottopasso di via Città di Nimes, in accordo con il Consorzio Camuzzoni e per gli arredi delle fermate nelle zone del centro vicine ai monumenti in cui verranno usati materiali conformi al contesto. Al capolinea di San Michele, come spiega il direttore di Amt, Carlo Alberto Voi, il progetto prevede il parcheggio scambiatore integrato con una costruzione prevista dal Piano interventi. A Ca' di Cozzi recepite le modifiche tenendo conto del progetto del parcheggio scambiatore del passante nord. Queste modifiche comportano 11 milioni in più di spesa rispetto ai 103 iniziali (60% il contributo pubblico), coperti dai ribassi d'asta di 22 milioni. Ora la Giunta comunale dovrà prendere atto del progetto e del piano economico, da inviare al ministero. Quattro solo le osservazioni al Piano degli espropri. «Prolungamento fino a Parona. E là ripristinare la stazione ferroviaria» mercoledì 26 febbraio 2014 CRONACA, pagina 11 Il filobus sino ai confini con la Valpolicella resta un punto fermo. Il consiglio della seconda circoscrizione ha chiesto all'unanimità di «prevedere nel progetto del filobus il prolungamento fino a nord di Parona». La volontà è di servire con il nuovo mezzo di trasporto pubblico di massa non solo l'utenza del quartiere, ma anche quella proveniente dall'intera Valpolicella. Così facendo, «si alleggerisce pure il traffico che grava sul centro storico della frazione». Il parlamentino di via Villa propone come soluzione per uno studio di fattibilità al Comune «l'individuazione di un'area da adibire a zona per la manovra del mezzo, a capolinea e a parcheggio». Strutture che dovranno essere «funzionali all'opera» e pertanto il consiglio propone di considerare il sito che da studi effettuati tra i Comuni di Verona e Negrar con la Provincia «si trova a ridosso del confine degli stessi Comuni e vicino alla SP4», cioè la futura «bretellina» di collegamento che sarà realizzata con il traforo delle Torricelle. Il consiglio circoscrizionale ritiene «strategica» la posizione di quest'area in quanto «è in grado di favorire sia un'interconnessione tra le linee di trasporto pubblico extraurbano provenienti dalla Valpolicella e quella urbana del filobus, sia un interscambio tra i mezzi privato e pubblico». A questo si aggiunge la proposta di un altro collegamento tra mezzi di trasporto ritenuto «strategico»: il ripristino della stazione ferroviaria di Parona. Soluzione ritenuta «importante» per completare il futuro sistema di trasporto di massa. Ernesto Paiola, vicepresidente, ha detto che «si tratta di esprimere una forte volontà politica, lasciando all'amministrazione centrale il compito di definire il luogo più adatto per il capolinea e per il parcheggio». Sul progetto della linea 2A del filobus che attraversa il territorio della seconda circoscrizione transitando da Ca' di Cozzi, via Mameli, piazzale Stefani, via XXIV Maggio, piazza Vittorio Veneto, via IV Novembre e piazzale Cadorna sono stati avanzati alcuni dubbi e proposte alcune soluzioni. Paola Bressan ha rilevato l'importanza di «estendere la linea elettrica oltre l'attuale prevista da progetto, che termina con piazzale Stefani». Giancarlo Favalli ha detto che «dovrebbe essere rivisto seriamente il tipo di propulsore al fine di sostituire l'attuale a diesel con un altro meno inquinante per non peggiorare l'inquinamento dell'aria, visto che l'attuale veicolo avrà un consumo medio di carburante pari a 46 litri/100 km, cioè una percorrenza media di 2,17 Km/litro con un rilascio nell'aria di oltre 1 kg di CO2 ogni km».M.CERP. «Verona Sud l'aria sporca è pericolosa» mercoledì 26 febbraio 2014 CRONACA, pagina 10 Polveri sottili e accessi ospedalieri aumentano di pari passo. A rivelarlo sono i dati raccolti nel dipartimento di emergenza dell'ospedale di Borgo Trento tra il 2008 e il 2010 e pubblicati in una tesi di laurea del 2011 del medico Davide Cigolini. Una prova statistica, e poco rassicurante, della relazione tra inquinamento e alcune patologie, che è stata presentata lunedì sera, e non a caso, nella sala consiliare del parlamentino di Verona Sud. Gli organizzatori dell'incontro sono infatti gli esponenti del Movimento 5 Stelle che, sia in circoscrizione che in Comune, hanno più volte fatto presente la gravità della situazione dell'aria a sud della città. «Borgo Roma potrebbe essere definito il quartiere più inquinato d'Italia, dato che Verona è la seconda città più irrespirabile dopo Torino», dice il consigliere comunale del M5S Riccardo Saurini, conscio di tirare la corda, ma nemmeno più di tanto. «Eppure nell'immaginario collettivo la strada più inquinata è corso Milano». Una congettura, quest'ultima, smentita anche dal recente report dell'Arpav che mette in luce come, a Ca' di David, l'aria sia molto peggiore di quella di Cason e Borgo Milano, dove sono installate le centraline fisse. I dati pubblicati da Cigolini, stanno facendo il giro di congressi mondiali, e mettono in luce un'evidente relazione tra gli accessi in ospedale per bronchite riacutizzata e problemi cardiovascolari, e l'aumento delle polveri sottili.C.BAZZ. Idea al Saval: «cedere» a Borgo Nuovo il nuovo supermercato mercoledì 26 febbraio 2014 CRONACA, pagina 10 Al Saval gli occhi restano puntati sull'area incolta di circa 10mila metri quadrati tra le vie Emo e Da Mosto. L'altra sera, nel salone di via Marin Faliero, i residenti del quartiere hanno partecipato numerosi all'assemblea pubblica organizzata dal Pd, ma aperta anche alle altre forze politiche. Il Pd cerca una scappatoia all'ennesima superficie commerciale che il proprietario del terreno, l'impresa edile Generalbau, ha in programma di costruire, avendo ottenuto il consenso della terza circoscrizione. Buona parte degli abitanti non vede di buon occhio il progetto: il quartiere sovrabbonda di supermercati e negozi, mentre scarseggia spazi verdi e di incontro. Il capogruppo del Pd in Consiglio comunale, Michele Bertucco, e quello in circoscrizione, Federico Benini, hanno quindi annunciato la loro prossima mossa: tentare di traghettare il progetto della Generalbau nella terza commissione consiliare (infrastrutture) di Palazzo Barbieri, invece di lasciarlo valutare direttamente alla giunta. In questo modo, facendo leva sulle 400 firme raccolte nel rione contro la nuova superficie commerciale, forse ci sarebbero margini per lo spostamento dell'operazione in un luogo più idoneo. «Vorremmo che il Comune prendesse in considerazione la possibilità di una permuta», ha spiegato Benini. «Poco distante dall'area del futuro intervento c'è Borgo Nuovo, che ha molti residenti ma pochi servizi, e dove un supermercato di quartiere verrebbe accolto favorevolmente. La sfida è cercare una soluzione che accontenti tutti, abitanti e privato, poiché a quest'ultimo non si può negare in toto il diritto a costruire». Attualmente, il progetto prevede la costruzione di una superficie commerciale di circa 2mila metri quadrati, con un parcheggio interrato di 150 posti, più altri 48 stalli di superficie. In cambio l'impresa edile s'impegna a costruire, nella porzione di terreno rivolta a est, un giardino pubblico e un sagrato più grande per la chiesa di Santa Maria Regina. Arriverà anche un chiosco per un'edicola. All'incontro sono intervenuti alcuni esponenti della maggioranza in terza circoscrizione: Vito Comencini (Lega) e Giorgio Storati (Lista Tosi), presidenti rispettivamente della commissione urbanistica e della commissione edilizia privata. Secondo Comencini, «è già un grande risultato aver ottenuto, negli anni passati, di eliminare il progetto della quarta torre. Ma quest'ultimo piano urbanistico, che crea un giardino pubblico dove oggi c'è solo degrado, ci sembra un ottimo compromesso. Non è detto, tra l'altro, che il privato proprietario voglia realizzare un supermercato. Potrebbe trattarsi di un'altra tipologia commerciale».L.CO. Ztl chiusa nelle ore serali: un altro nulla di fatto Stop al traffico solo d'estate Corsi: «A piedi nei weekend nell'area dello shopping» VERONA — Una riunione lunghissima. Ma con ben pochi risultati concreti. E la famosa «intesa» sulla chiusura serale al traffico della Ztl (anche nella finestra dalle 20 alle 22, oggi aperta) resta di là da venire. Ieri pomeriggio, a Palazzo Barbieri, sono tornati ad incontrarsi i componenti della Commissione per il Centro Storico, con tutti (o quasi) i rappresentanti degli interessi in gioco. Che sono molti e diversificati. C'era il Comitato dei residenti «VeroCentro» di Michele Abrescia, e c'era il presidente di Confcommercio, Paolo Arena, notoriamente su posizioni opposte l'uno dall'altro. C'erano i vertici della Polizia Municipale (col comandante Luigi Altamura), quelli di Confesercenti (Tonini) di Confartigianato e degli albergatori (Gianni Zenatello), ciascuno con le proprie idee in materia, così come le proprie idee hanno riproposto i big della Circoscrizione Centro (Drudi e Cartolari), e i dirigenti dei settori comunali coinvolti (ingegner Michele Fasoli e architetto Bruno Pezzuto). Un mix difficile da governare e da indirizzare, come già s'era visto ampiamente nelle scorse settimane. E quell'intesa sulle «chiusure delle finestre serali» di cui si favoleggia da tempo, è rimasta la favola bella che ieri c'illuse e che oggi s'illude. Anche se l'assessore alla Mobilità e al Commercio, Enrico Corsi, ha fatto i salti mortali per riuscirci. E alla fine, lo stesso Corsi ha poi dovuto impegnare molte energie per cercar di comunicare che la riunione era andata bene, anzi benissimo. «Abbiano trovato l'accordo all'unanimità su questioni importanti - ha infatti detto Corsi - come le chiusure al traffico di corso Sant'Anastasia e corso Portoni Borsari nel periodo estivo, nonché sulla conferma della pedonalizzazione, nei fine settimana, del cosiddetto "quadrilatero dello shopping", da Sant'Eufemia a Sant'Anastasia e dall'Arena a via Stella». Tutte cose già note, come ammette lo stesso Corsi: «Sì, tutte decisioni confermate, ma perché si basano su esperienze già vissute con risultati positivi». E le tanto attese chiusure serali? «Beh, su questo - si stringe nelle spalle sorridendo l'assessore - sappiamo benissimo che si sono opinioni diverse tra chi rappresenta i residenti e chi rappresenta diverse attività economiche. Da tutti però - aggiunge l'assessore - è stata condivisa l'idea che qualsiasi decisione che verrà presa dovrà derivare da dati oggettivi. Già in questo incontro abbiamo cominciato ad analizzare i dati di entrata e di uscita dal centro, tenendo conto che con il sistema Rfid controlleremo non solo gli accessi ma anche le uscite dal centro. Prossimamente valuteremo anche altri dati, dopo di che verrà presa una decisione che io spero sarà condivisa da tutti. Se non sarà così, decideremo a maggioranza se chiudere o non chiudere o fare nuovi interventi utili per garantire ai residenti maggiore tranquillità e maggiore possibilità di trovare un posto auto, senza danneggiare le attività economiche che lavorano e danno posti di lavoro, magari anche agli stessi residenti». Quanto alle sorti della commissione di lavoro (nata come temporanea e che avrebbe dovuto concludere i suoi lavori in tempi brevi), Corsi cerca di guardare avanti: «Una volta che avremo superato l'ostacolo finestre-sì o finestre-no, non ci fermeremo - promette infatti l'assessore - perchè è importante mantenere attivo questo tavolo che mette insieme le associazioni, i comitati, le categorie e i tecnici: il modo più giusto, secondo me, per affrontare i problemi di una zona nevralgica come il centro storico, un tessuto delicato e particolare quanto pochi altri». Lillo Aldegheri BORGO TRENTO. Sono iniziati i lavori propedeutici all'abbattimento definitivo del vecchio edificio per le neo mamme Ex Maternità, partono le demolizioni Lorenza Costantino Problemi per la viabilità interna all'ospedale: è agibile solo l'ingresso di piazzale Stefani mercoledì 26 febbraio 2014 CRONACA, pagina 11 La vecchia Maternità di Borgo Trento è davvero al capolinea. Finora, nel grande cantiere, si sono svolti i lavori propedeutici sulle aree esterne. Ma all'inizio di questa settimana, ecco abbattersi le prime picconate sull'edificio dove, negli ultimi quarant'anni, sono venuti al mondo moltissimi veronesi. Per cominciare, giù balconi e altre strutture sporgenti esterne. Ma è solo il principio. Infatti, la vera e propria demolizione, secondo il programma dei lavori, sarà avviata lunedì 3 marzo. Nei prossimi mesi la Maternità, inaugurata alla presenza dell'allora presidente del Consiglio Aldo Moro, sarà completamente rasa al suolo. E al suo posto, nel giro di due o tre anni, stando alle previsioni, sorgerà l'innovativo Ospedale della donna e del bambino, contiguo al Polo chirurgico Confortini. Da cinque mesi, ormai, i reparti attinenti alla ginecologia, al parto e alla pediatria sono stati trasferiti in blocco nei padiglioni 12 e 13 dell'ospedale Maggiore: là dove, un tempo, erano operative le chirurgie. I due settori, prima di accogliere partorienti e neonati, sono stati oggetto di una profonda ristrutturazione. Resteranno dimora di queste attività fino a quando la struttura nuova sarà pronta; quindi avverrà il secondo e definitivo trasloco. Il grande intervento scombussola necessariamente la routine dell'ospedale, soprattutto sul piano viabilistico. Il cantiere taglia in due la cittadella della sanità, separando il Geriatrico dagli altri edifici. In questo modo non è facile, per gli utenti, raccapezzarsi su quale ingresso sia meglio imboccare per raggiungere la propria meta. Dalla direzione dell'Azienda ospedaliera giunge notizia che, a cominciare da oggi, non sarà più possibile arrivare in macchina al Polo Confortini attraverso il varco di lungadige Attiraglio (quello del Pronto soccorso), né dal cancello di via Mameli (quello del Geriatrico). Motivo, i lavori di sistemazione della superificie che in questo momento stanno riguardando il parcheggio P3, adiacente al Pronto Soccorso. Di conseguenza, ci si potrà avvicinare al Polo Confortini solo tramite l'ingresso principale in piazzale Stefani che, per rispondere alle esigenze, resterà aperto ininterrottamente. Le disposizioni comunque riguardano solo le auto, mentre ai pedoni è concesso il passaggio da un'area all'altra dell'ospedale. TRAGEDIA SFIORATA. L'incidente lunedì alle medie Meneghetti in borgo Roma. Ora si valuterà il motivo della rottura Finestra si stacca dagli infissi, due studenti feriti a scuola Giampaolo Chavan Colpiti alla testa e alla spalla, sono stati poi gli stessi alunni ad adagiarla sul banco. Il preside: «Aula ora inagibile» mercoledì 26 febbraio 2014 CRONACA, pagina 13 La finestra si è staccata inspiegabilmente dagli infissi e ha colpito due ragazzini seduti al banco: uno è stato ferito alla testa mentre l'altro alla schiena. Uno dei due ieri pomeriggio è tornato al pronto soccorso dell'ospedale di borgo Roma perchè lamentava ancora un forte dolore proprio dove era stato colpito più di ventiquattro ore prima. Si sono vissuti attimi di panico lunedì mattina alla scuola Meneghetti in via Giuliari in borgo Roma nella classe 2. C a causa della rottura della finestra. Proprio quando il neo premier Matteo Renzi ha annunciato la volontà d'indirizzare il lavoro del suo governo al miglioramento dell'edilizia scolastica nel Paese, in due giorni a Verona, scoppia l'allarme per le strutture dei nostri istituti. Venerdì alla scuola materna di Lugagnano di Sona, si era staccato un pezzo d'intonaco dal soffitto e due bimbe di tre anni erano state colpite anche se non in modo grave. Trascorrono solo due giorni e il copione si ripete questa volta nella scuola media Meneghetti in via Giuliari in borgo Roma. Siamo al cambio dell'ultima ora di lunedì e, secondo la versione del preside Domenico Bongiovanni, uno degli alunni apre la finestra. La manovra, però, si rivela pericolosa perchè la finestra si stacca inspiegabilmente da uno degli infissi. La vetrata resta per alcuni attimi in bilico. Il ragazzino reagisce prontamente e, secondo il racconto del preside, insieme al compagno di classe feritosi come lui, riesce a staccare la vetrata, lunga circa due metri e alta un metro e mezzo, anche dagli altri infissi nonostante il peso. Evita così che la finestra cada sul pavimento, restando intatta. I due riescono, racconta ancora il preside, poi ad adagiarla sul banco dopo aver riportato la ferita sulla testa e alla spalla sinistra. Una volta diffusasi la notizia della vetrata caduta, in classe si sono precipitati subito il vice preside e altri insegnanti che hanno soccorso i due tredicenni. «Non mi spiego come possa essere successo questo incidente», commentava il preside a più di ventiquattro ore dai fatti, «la scuola Meneghetti non ha mai avuto problemi alle sue strutture». Ora bisognerà capire come può essere avvenuto il distacco delle vetrata dagli infissi. Chi era presente in aula, però, offre una versione diversa rispetto a quella fornita dal preside. La finestra si è staccata ed è piombata direttamente sul banco tanto che è stato seriamente lesionato a causa del violento impatto con la vetrata. La caduta della vetrata ha interessato anche i due ragazzini che sono stati feriti a causa dell'impatto con la finestra. La classe dell'istituto Meneghetti dove è avvenuto l'incidente ora è inagibile ma, precisa il preside, «le lezioni continuano in un'altra aula e siamo in attesa della riparazione della finestra». Si sono vissuti, comunque, momenti di panico quando la finestra è rimasta seppur per pochi attimi attaccata solo ad alcuni degli infissi ma «le conseguenze per i ragazzini non sono state gravi tanto che ieri erano già tornati a scuola», afferma ancora Bongiovanni. Uno dei due tredicenni ieri alle 20 si trovava ancora al pronto soccorso di borgo Roma in attesa di ulteriori accertamenti sulla lesione alla spalla. Amianto e morti in fabbrica in sette davanti al giudice Via al processo a giugno, dopo due archiviazioni VERONA — Morti d'amianto: il processo si farà. Dopo due richieste di archiviazione, l'indagine sui decessi degli operai delle Officine Ferroviarie Veronesi e della Fonderia Galtarossa, stroncati da carcinomi polmonari e mesoteliomi pleurici, approderà in un'aula di tribunale. Sarà il giudice Livia Magri (prima udienza il 10 giugno) a dover stabilire le responsabilità per le morti di sette dipendenti (impiegati nelle due aziende tra il 1952 e il 2001) stroncati dal cancro tra il 2002 e il 2012. Per quelle morti (gli attuali vertici delle aziende non sono in alcun modo coinvolti) il procuratore aggiunto Angela Barbaglio aveva iscritto inizialmente nel registro degli indagati nove persone. Ma al termine dell'udienza preliminare, ieri mattina, il gup Laura Donati ne ha rinviate a giudizio sette con l'accusa di omicidio colposo. Si tratta dei componenti del consiglio d'amministrazione delle due aziende all'epoca dei fatti, Zeno Colò Peretti (79 anni), Maria Gini (67), Renato Bighelli (69); degli allora direttori tecnici Alberto Azzini (66) e Giulio Claudio Mazzini (80) e dei medici Nadia Gabardi (76) e Osvaldo Zecchinato (75). Archiviata la posizione di uno dei membri del cda e sentenza di non luogo a procedere per un'altra consigliera, ora gravemente malata e risultata non in grado di stare a giudizio dopo la perizia disposta dal gup. I sette dovranno rispondere delle morti di cinque operai, mentre il solo Peretti Colò è imputato per i decessi di tutti e sette gli ex dipendenti. Nel capo d'imputazione viene rimarcato il fatto che «non vennero adottati adeguati mezzi di protezione dall'esposizione all'amianto, largamente impiegato dalle aziende amministrate nell'attività di costruzione, riparazione, demolizione e bonifica delle carrozze ferroviarie e la cui cancerogenicità era conclamata fino dagli anni '70». L'accusa puntualizza inoltre che l'amianto avrebbe potuto essere sostituito con sostanze non nocive quali lana di roccia o fibre di vetro e che i lavoratori avrebbero dovuto essere maggiormente informati dei gravi rischi derivanti dall'esposizione all'amianto. Ma l'accusa, oltre all'omicidio colposo, ha rilevato anche particolari profili di responsabilità in base al ruolo rivestito dai singoli imputati all'epoca dei fatti. Così ai membri del cda si contesta la violazione delle norme che imponevano loro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica degli operai. Ai direttori tecnici di non aver adottato mezzi efficaci per eliminare o ridurre le polveri nocive e infine ai due medici di non aver segnalato la necessità di «adeguati mezzi di protezione dall'esposizione all'amianto». I parenti delle vittime hanno deciso di costituirsi parte civile al processo. E accanto a loro, il 10 giugno, ci saranno anche i sindacati Ust Cisl, Cgil e Fim-Cisl e Legambiente Verona. Enrico Presazzi VALPANTENA. Acque Veronesi si chiama fuori «Via Pantheon? La competenza è solo del Comune» «La strada si allaga per colpa della sorgente e non della rete» mercoledì 26 febbraio 2014 CRONACA, pagina 14 Mentre via Pantheon, a Santa Maria in Stelle, in Valpantena, continua ad essere allagata anche quando non piove, come denunciato dai residenti, tramite il nostro giornale, da Acque Veronesi fanno sapere di non avere competenza ad intervenire, anche se la causa del perenne acquitrino è un tombino fognario da cui fuoriesce copiosamente acqua anche nelle belle giornate di sole. Perché la gestione dei tombini sarebbe dell'azienda, ma il liquido invece no. «In riferimento al caso del tombino di via Pantheon che ha provocato un ingente fuoriuscita di acqua, e alle segnalazioni del consigliere di circoscrizione Roberto Fenzi e del presidente Dino Andreoli», si legge nel comunicato dell'azienda, «Acque Veronesi precisa che gli interventi straordinari alla rete della via in oggetto, trattandosi di una rete destinata alla raccolta delle acque meteoriche, sono a carico del Comune. L'acqua che fuoriesce dal tombino di Via Pantheon proviene infatti dalla sorgente Pantheon, non utilizzata per usi potabili. Viene convogliata in una rete per acque meteoriche che dovrebbe drenarle e disperderle nel suolo attraverso dei pozzi perdenti. Pozzi e relative condotte di collegamento, pur non presentando danni strutturali, non riescono più a smaltire le acque, in quanto necessitano di importanti lavori, già previsti nel piano triennale del Comune. Nei giorni scorsi, su sollecitazione del settore Ambiente del Comune, la società aveva provveduto a informare gli uffici comunali, dando comunque la massima disponibilità a realizzare eventuali interventi su incarico del Comune». Chiarita la distinzione dei compiti, ai residenti della zona non resta che attendere che i lavori abbiano inizio, per poter attraversare in sicurezza la strada. E lo spreco di acqua continua. E.INN. PESCHIERA. I beni demaniali del territorio sono stati venduti per decreto al Fondo di investimenti per la valorizzazione La Cassa Depositi e Prestiti compra caserme e padiglione Katia Ferraro La cifra dovrebbe essere di otto milioni ma manca il dato preciso Al Comune garanzie sull'utilizzo e oltre un milione di incasso mercoledì 26 febbraio 2014 PROVINCIA, pagina 29 Non era un refuso quello contenuto nel decreto con cui il ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef) autorizzava la vendita dei beni demaniali di Peschiera: in quel documento del 20 dicembre scorso era scritto che la procedura doveva essere ultimata entro il 31 dicembre 2013 (e non 2014, come si poteva credere data la vicinanza delle date) e così è stato: tre giorni prima, il 28 dicembre, la proprietà del Padiglione grandi ufficiali, delle caserme La Rocca e XXX Maggio è passata infatti dal demanio dello Stato al Fondo di investimenti per la valorizzazione (Fiv) della Cassa depositi e prestiti. La cifra riportata negli atti è da capogiro: 320 milioni di euro, ma in un inciso è scritto che si tratta di un prezzo «in blocco riferito anche ad altri immobili». Forse si tratta di tutti i 41 immobili che il Mef aveva inserito nel decreto, collocati per la maggior parte nelle grandi città (Roma, Firenze, Bologna, Venezia, Genova, Milano). Lo conferma il sindaco Umberto Chincarini, ricordando che il valore catastale dei tre beni è di otto milioni di euro e di aver per questo chiesto a quanto ammonta la cifra per Peschiera, anche perché stando al protocollo d'intesa siglato nel 2010 con l'Agenzia del demanio e il Mef, al Comune dovrebbe spettare una percentuale sulla loro vendita. L'intera procedura è aperta da allora, dalla firma di quel protocollo in cui si parlava indistintamente di vendita o concessione. In questi anni sono stati diversi i cambi di rotta: se l'originaria ipotesi di vendita era stata esclusa dal ministero dei Beni e delle Attività culturali (Mibac) in virtù del vincolo «di interesse particolarmente importante» sancito nel 2001 per tutta la fortezza di Peschiera - prevedendo la sola concessione pluriennale - negli ultimi mesi non solo c'è stata una forte accelerazione del processo, ma sono anche state rimescolate le carte in tavola fino all'epilogo di questi giorni. Chissà se quei 320 milioni sono stati davvero sborsati, essendo la Cassa depositi e prestiti una società per azioni a controllo pubblico di cui è lo stesso ministero dell'Economia a detenere l'80 per cento, mentre poco più del 18 per cento appartiene a fondazioni di origine bancaria. Ora, pare di capire, sarà compito del Fiv predisporre i bandi per la successiva vendita a soggetti privati, in quanto il suo scopo - si legge sul sito - è «ottimizzare e favorire i processi di dismissione di patrimoni immobiliari degli enti pubblici facilitando l'incontro tra venditore pubblico e il potenziale acquirente privato». Chincarini ne prende atto ma non sembra sorpreso: «Lo Stato aveva bisogno di fare cassa e così ha fatto, anche se sembra più un'operazione finanziaria fatta per far quadrare il bilancio». Nonostante le numerose critiche ricevute su questo tema, sottolinea un merito: l'aver predisposto, a differenza degli altri Comuni, un protocollo d'intesa. «Anche a loro è arrivata la copia dell'atto d'acquisto, ma non hanno voce in capitolo. Noi invece abbiamo diritto a una percentuale sulla valorizzazione, che c'era stata riconosciuta nella misura del 15 per cento». Finora però nulla è arrivato nelle casse del Comune. Continua Chincarini: «Ho chiamato l'Agenzia del demanio ricordando quanto previsto nell'accordo. In un'email il direttore generale Stefano Scalera dice che ci è stato riconosciuto l'importo di 1 milione e 359 mila euro, pari al 15 per cento del ricavato dal trasferimento degli immobili, e che per le caserme sono garantite le destinazioni d'uso e le modalità di fruizione pubblica previste nel programma di valorizzazione approvato». Tale cifra andrà verificata quando verrà accertato l'importo con cui sono stati alienati i tre beni. A pochi mesi dalle elezioni amministrative - che, annuncia, non lo vedranno in campo - Chincarini commenta il suo operato alla luce di questi fatti: «Lascio comunque un Comune molto ricco». Per Peschiera l'iter di valorizzazione sembra essere concluso: secondo il primo cittadino è da valutare anche la convenienza del ricorso al Tar contro i provvedimenti con cui sempre a dicembre il Mibac aveva autorizzato la vendita dei beni (passo necessario al ministero dell'Economia per emanare poi il suo decreto, ndr). Ricorso che nell'ultimo consiglio comunale sia maggioranza che opposizione avevano però ritenuto essere un atto da compiere. Ma l'opposizione chiede chiarezza e punta tutto sul ricorso ai giudici mercoledì 26 febbraio 2014 PROVINCIA, pagina 29 Anche se la notizia della vendita dei beni demaniali era arrivata in Comune il 5 febbraio, in queste due settimane i consiglieri di minoranza non sono stati informati e così, interpellati sulla questione, esprimono la loro sorpresa. «Mi fa piacere essere informato dalla stampa e non dal sindaco», esordisce Flavio Amicabile. «L'aspettativa era quella del ricorso al Tar e spero che questa via sia portata avanti, anzi ora c'è un motivo in più». Auspica la convocazione urgente del consiglio comunale e puntualizza: «Per quanto ne so è come averli venduti a un privato, visto che la Cassa depositi e prestiti gestisce i soldi dei risparmiatori delle Poste». All'oscuro di tutto anche Bruno Dalla Pellegrina, che lamenta di essersi recato in questi giorni in Comune ma di non essere stato avvisato. «Per certi versi l'accelerazione può essere positiva, dipende dai termini», dice. «Il rammarico più grande è la Rocca: gli ultimi accordi parlano di mantenerne pubblico il 34 per cento, ma non era ancora stata stabilita quale parte e dubito che potremo avere voce in capitolo. Lo stesso vale per mura e bastioni». Mura e bastioni che insieme al compendio della Rocca sono anch'essi oggetto di compravendita nell'atto del 28 dicembre. Anche se, come riferito dal sindaco, il direttore generale dell'Agenzia del demanio ha fornito rassicurazioni precisando che «sono mantenute le destinazioni d'uso e le modalità di fruizione pubblica previste nel programma di valorizzazione». Ancora più duro Giacomo Tomezzoli, che parla a nome del Pd locale: «Apprendiamo con stupore quello che appare come un ulteriore atto di un'operazione condotta alle spalle dei cittadini. Si stanno concretizzando le più infauste previsioni e per questo siamo critici anche sull'operato dell'amministrazione. Valeva la pena sottoscrivere il protocollo d'intesa senza ascoltare chi si preoccupava del bene comune?». Anche da parte del Pd la richiesta di procedere al Tar. L'ex vicesindaco Maria Orietta Gaiulli, ora all'opposizione, non commenta volendo approfondire cosa comporta questo passaggio e critica il silenzio dell'amministrazione. «Resta in dubbio cosa rimane pubblico», commenta Daniele Reversi, che fa parte della commissione sui beni demaniali. «Il ricorso al Tar va fatto per bloccare i decreti del ministero dei Beni culturali che hanno dato il via libera alla vendita e mettere in discussione le ultime disposizioni sull'accesso alla Rocca e pertinenze esterne, limitato a tre giorni alla settimana». Per il ricorso i tempi stringono: la scadenza è per presentarlo è per i primi giorni di marzo. K.F.