Hedvig Sulyok “NON C`È NEL DIZIONARIO...” Pensieri a margine di
Transcript
Hedvig Sulyok “NON C`È NEL DIZIONARIO...” Pensieri a margine di
Hedvig Sulyok “NON C’È NEL DIZIONARIO...” Pensieri a margine di un corso facoltativo 1.1 Sono certa che molti colleghi docenti, se non proprio tutti, hanno già sentito pronunciare l’affermazione giustificatoria, contenuta nel titolo, nel momento in cui gli studenti non adoperano l’adeguato equivalente durante la traduzione dalla lingua madre alla lingua obiettivo o viceversa; i docenti, invece, rimuginano sul motivo per cui lo studente che traduce non sia disturbato dal fatto di usare una costruzione strana (eventualmente inesistente) o estranea alla data lingua dal punto di vista sia grammaticale, sia semantico. La risposta corretta ad un quesito tutt’altro che semplice potrebbe essere ricercata in molteplici branche scientifiche (psicolinguistica, teoria e tecnica traduttologiche, ecc.); tuttavia, in questo breve contributo voglio affrontare un altro aspetto del problema, vale a dire la causa della mancanza di sufficienti conoscenze lessicografiche e la possibile modalità di supplire ad essa. 1.2 A detta degli insegnanti che lavorano con il I o II anno delle scuole elementari, è molto difficile far apprendere la scrittura, la lettura, come anche il calcolo matematico a quegli alunni che non hanno frequentato l’asilo o che l’hanno frequentato per un periodo troppo breve. Per loro è più difficile la coordinazione dei movimenti necessari a maneggiare la matita (Lengyel, 1999:181), la formazione del concetto numerico, riconoscere e/o nominare i colori, il loro patrimonio lessicale, inoltre, può risultare più scarso rispetto a quei compagni che hanno già frequentato l’asilo per due o tre anni. La mancanza, al momento opportuno, di certe basi in seguito comporta svantaggi difficilmente recuperabili, così accade spesso che anche bambini mentalmente non ritardati necessitino del supporto di un insegnante di sostegno. Più avanti nel ciclo degli studi (anche alle superiori) possiamo assistere a situazioni in cui gli alunni non comprendono ciò che leggono, dunque presentano problemi di comprensione e di analisi del testo. Gli insegnanti di lingua straniera (ma non solo loro) ad ogni livello (alle superiori come anche all’Università) sono sempre più costretti a rilevare come gli studenti abbiano difficoltà non solo nella lingua obiettivo (inglese, francese, tedesco, italiano, ecc.). Il problema maggiore, infatti, è che una parte di studenti possiede nella lingua madre un lessico attivo modesto rispetto alle aspettative, inoltre, risultano insufficienti anche le loro conoscenze grammaticali dell’ungherese. Questo problema fa sì che durante l’insegnamento una grossa porzione di tempo debba (o dovrebbe) essere dedicata al chiarimento dei concetti fissati in maniera lacunosa (se non del tutto assenti) e al loro studio: solo in seguito si possono approfondire le tematiche in riferimento alla lingua straniera. Non sembri, dunque, strano o superfluo questo paragone, ma simili lacune vanno affrontate anche nel campo della conoscenza e dell’uso del dizionario. 1.3 Già il Nemzeti Alaptanterv (in seguito NAT, cioè Programma di Studio Nazionale), nella variante del 1995, conteneva quei requisiti secondo cui un alunno del primo ciclo di studi dovrebbe sapere usare autonomamente i dizionari enciclopedici per ragazzi, come anche il dizionario di ortografia. Tra i requisiti in riferimento alla comprensione e produzione testuale troviamo menzionate anche certe conoscenze lessicografiche. Come esito delle conoscenze linguistiche generali e grammaticali il NAT prescrive la capacità di orientarsi nell’uso dei dizionari monolingui più importanti e la dimestichezza nell’uso dei dizionari. La variante del NAT del 2003 (oggi in vigore) supera di molto, nelle sue prospettive, la precedente; il nuovo NAT stabilisce i requisiti per i dodici anni di istruzione pubblica. Sottolinea la necessità di un’integrazione delle materie tradizionali, l’importanza dell’interdisciplinarità, lo sviluppo delle abilità e capacità conoscitive. Perciò non tratta distintamente la questione della trasmissione delle conoscenze lessicografiche, ma ne parla integrandole al materiale di diversi campi della civiltà (cioè all’interno dei capitoli: Informatica, L’Uomo e la sua società, L’Uomo nella natura, La terra e l’ambiente, Le arti, La Gestione della vita) e, in base all’età, prescrive per tutti i dodici anni la conoscenza pratica di dizionari, dizionari enciclopedici, enciclopedie (Fóris, 2004: 67,68,70 et passim). Fóris richiama anche l’attenzione al fatto che, sebbene la conoscenza e l’uso dei dizionari cartacei ed elettronici facciano ugualmente la loro parte nel vecchio e nuovo NAT, nel sistema dei requisiti sono presenti solo in riferimento a materie quali l’insegnamento della lingua madre, dell’informatica e della comunicazione, mentre risultano assenti all’interno dei requisiti riguardanti le lingue straniere. A tal proposito, l’autrice (ibidem) avanza la seguente proposta: bisognerebbe inserire nel sistema dei requisiti della disciplina informatica l’uso dei dizionari elettronici, e nell’insegnamento della lingua ungherese e straniera i fondamenti dell’uso del dizionario. Nella forma attuale la conoscenza e l’uso dei dizionari tra i requisiti d’uscita risultano essere solo una possibilità eventuale, casuale, mentre una delle più importanti possibilità di acquistare informazioni dai data-base è quella di orientarsi nei dizionari. Sarebbe dunque auspicabile che la conoscenza dell’utilizzo dei dizionari permeasse l’intero percorso d’insegnamento – allo stesso modo previsto dal NAT per quanto riguarda l’insegnamento della lingua materna. La maggior parte degli studenti, per il momento, tratta i dizionari come inventari; semplificando un po’ il problema: associa all’esponente di sinistra quello della colonna di destra. 2.1 Da quanto detto risulta che, a livello di requisiti e aspettative, anche nel ciclo primario degli studi sono presenti le pratiche mirate all’apprendimento delle conoscenze lessicografiche di base. Affinché ciò non rimanga lettera morta, sarebbe necessaria una formazione rivolta a docenti, dove lo studente (futuro insegnante), all’interno di un corso autonomo e disciplinato, possa affrontare le tematiche lessicografiche. Le conoscenze concernenti tale tematica – in modo integrato – finora sono già state presenti a livello universitario: nel caso degli studenti di lingue straniere sono infatti inimmaginabili la letteratura, la traduzione, le esercitazioni di lingua, la storia della civiltà, ecc., senza l’uso di un dizionario monolingue o bilingue; mentre, per quanto riguarda la linguistica alcune lezioni, in riferimento alla lessicologia, possono essere dedicate alla conoscenza teorica e pratica dei dizionari. Laddove la lessicologia figura come corso autonomo, la situazione è migliore, infatti questa disciplina – in modo sia implicito che esplicito – offre moltissime nozioni indispensabili nella conoscenza di un dizionario (Fábián 2003). Nel mondo odierno, così velocizzato, anche all’interno della lessicografia sono comparsi dei contenuti cognitivi che allo stesso tempo possono risultare di competenza di altre discipline (informatica, biblioteconomia, linguistica, ecc.); d’altro canto la stessa lessicografia „si è fatta adulta”, fino a divenire disciplina autonoma e matura, in cerca di un proprio posto tra le materie universitarie. 2.2 Questa esigenza è stata riconosciuta da quelle istituzioni, quei dipartimenti e docenti che negli ultimi anni, con sempre maggiore intraprendenza, hanno avviato corsi tesi a fornire agli studenti nozioni lessicografiche. Questi corsi vanno in prevalenza ad ampliare la lista di materie facoltative, inoltre, dal punto di vista contenutistico e tematico si prefiggono finalità diversificate; tutto ciò dipende dal monte ore a disposizione, dalla preparazione degli studenti, dalle infrastrutture, come anche da innumerevoli altri fattori. Senza alcuna pretesa di completezza fornisco un elenco: ci sono corsi facoltativi di lessicografia presso la Scuola di Dottorato in Linguistica e presso il Dipartimento di Linguistica dell’Università di Pécs; simili corsi sono offerti dal Dipartimento di Linguistica Applicata dell’Università di Debrecen. L’insegnamento della lessicografia è presente al Dipartimento di Italianistica dell’ELTE, all’Istituto di Germanistica dell’Università di Veszprém, al Dipartimento di Tedesco e di Francese dell’Università di Szeged. Presso il nostro dipartimento ho avviato nell’anno accademico 2002/03 un corso dal titolo Nozioni di lessicografia. Il corso è facoltativo, consta di due ore di lezione alla settimana per un semestre (per un totale di 2 crediti). Essendo ampia l’offerta di corsi facoltativi ed essendo diminuito il numero di studenti iscritti, è risultato positivo il fatto di aver avviato due gruppi (uno per i quadriennalisti e uno per i triennalisti, entrambi composti da 10 persone circa. Da allora è terminata la formazione triennale, per cui, essendo diminuito il numero di studenti non pare opportuno indire il corso ogni semestre). Sono partita dalla constatazione di cui ho parlato nella parte introduttiva: la maggioranza degli studenti presenta, infatti, lacune nella conoscenza dell’uso del dizionario, evidente nel momento in cui sfogliano il dizionario e, non trovando immediatamente il corrispettivo nella lingua obiettivo del termine nella lingua di partenza, forniscono la pronta risposta „non c’è nel dizionario”. (Il più delle volte non pensa che se per esempio il dizionario bilingue piccolo o medio, a causa del senso esteso del termine, non ha potuto fornire informazioni sufficienti, allora è opportuno cercare l’equivalente nel dizionario accademico, nel dizionario tecnico o nel dizionario enciclopedico monolingue; dunque, è possibile che la ricerca non sia stata effettuata sul dizionario più appropriato.) Con tali limiti di tempo e tali conoscenze di partenza, non ci potevamo naturalmente prefiggere lo scopo di formare dei lessicografi, piuttosto l’obiettivo era quello di far acquisire agli studenti una conoscenza pratica, dietro cui ci fossero anche delle nozioni teoriche. La tematica abbozzata forniva solo una cornice dei compiti da effettuare, vale a dire che diveniva chiaro sempre durante ogni corso quale materiale potesse venire impadronito al dato livello di competenza; cercavo inoltre di occuparmi a parte degli studenti capaci di un percorso autodidattico e maggiormente preparati. Il corso – a grandi linee – abbraccia i seguenti temi: – La nozione e l’oggetto della lessicografia. Il dizionario come strumento della conoscenza e dell’apprendimento linguistico. Prospettiva storica (Antichità-Medioevo: glosse, nomenclature). – Le prime nomenclature italiano-ungheresi. – La civiltà dei dizionari nell’Umanesimo e nel Rinascimento italiano e i riferimenti ungheresi (il Calepino e il vocabolario di Veranzio); la comparsa del tipo moderno di dizionario: il Vocabolario degli Accademici della Crusca. – Il mutamento del concetto di dizionario fino ai giorni nostri; edizioni odierne di dizionari in Italia. – I grandi vocabolari italiano-ungheresi, ungherese-italiani: struttura, analisi, utilizzo. – Dizionari monolingui (Zingarelli, Garzanti, Devoto-Oli, DISC, ecc.). – DELI, DEI, Dizionario di Linguistica a cura di Dubois et al.. – Dizionari delle reggenze (verbali, aggettivali), dizionari dei sinonimi e contrari. – Il dizionario delle Locuzioni italiano-ungheresi; vocabolari tecnici, settoriali e loro uso. – Quali tipi di dizionari usare nel I e II ciclo scolastico? – Dal dizionario tradizionale ai moderni trasmettitori di dati, dizionari su CD-ROM. Sebbene la quantità di ore a disposizione sia esigua (2 ore per 12 settimane circa) e il tema, essendo vasto e particolareggiato, richieda un numero maggiore di ore, penso che durante i corsi passati siamo riusciti ad avvicinarci maggiormente alla cultura dei dizionari, sia in riferimento all’Italia, sia in generale, diventando pertanto più competenti in materia. L’analisi storica ha suscitato parecchio interesse (Sulyok 2004), il materiale di alcune glosse talvolta ha provocato anche ilarità. Abbiamo preso sotto mano i dizionari – eccetto quelli rari – esaminando la loro struttura (mega-, macro-, microstruttura) e, nel frattempo, chiarendo una serie di concetti lessicografici, tra cui, ad esempio, le denominazioni di dizionario, lessico e nomenclatura. Pur essendo poco affascinante, riteniamo sia molto importante la lettura della Prefazione di un dizionario, qui, infatti, si trovano le indicazioni sulla finalità, sul numero delle voci, ecc.. Anche se può risultare noioso, ma non è assolutamente una perdita di tempo l’attività di spulciare tra le sigle e abbreviazioni. Al fine di utilizzare in seguito il dizionario in modo più serio e competente è utile sfogliare ripetutamente il cosiddetto outside matter, appartenente alla megastruttura: in questa parte esterna al dizionario possono essere rintracciati dati che ci forniscono informazioni utili su diverse cose (avvertenze per la consultazione, tavole di nomenclature, guida grafica alla consultazione, simboli fonetici, ecc.). Così, durante l’uso, si arriva gradualmente a comprendere che le voci ben strutturate e ordinate contengono in breve moltissimi tipi di informazioni, indicazioni grammaticali e semantiche, accenni stilistici, ecc., e, se non in modo esplicito, bensí implicitamente, nondimeno dentro al dizionario c’è quello che cercavamo. La condizione necessaria all’assolvimento del corso – oltre alla partecipazione attiva alle lezioni e alla stesura di compiti in riferimento a competenze pratiche e teoriche – era la presentazione analitica di un dizionario (scelta fatta dallo studente, concordata con la docente o da quest’ultima consigliata), eventualmente l’analisi comparativa di due dizionari dalle finalità simili, come anche la raccolta delle tipologie di dizionari reperibili su un dato tema. Così facendo – come da proverbio – abbiamo pigliato due piccioni con una fava. Infatti, non solo vengono prese in considerazione opere riguardanti la tematica, ma è possibile entrare in contatto con vari tipi di dizionari, con autori dalle diverse concezioni; inoltre, organizzare il lavoro effettuato autonomamente (o dietro alcune indicazioni da parte del docente) costringe lo studente a svolgere un lavoro attivo di analisi e di conoscenza approfondita, e tali conoscenze, frutto di uno scavo autonomo, si sedimentano in lui profondamente. 3.1 Nel campo della lessicografia – come in ogni branca scientifica che si sviluppa in maniera molto veloce – sono possibili diverse modalità di avvicinamento e analisi; dunque, nel momento in cui si avvia un corso – dipendendo dalle finalità – è possibile la compilazione di molteplici tematiche. Laddove le infrastrutture e la preparazione del docente lo consentano è possibile istruire i partecipanti all’uso dei dizionari on-line e su CD-ROM (Risulta necessario che si formi una filologia dell’era elettronica – scrive Szépe, 2001:89). Quello studente che durante il suo percorso di studi ha in qualche modo ricevuto un insegnamento lessicografico, in seguito, in qualità di insegnante, rivolgerà maggiore attenzione affinché i suoi allievi sviluppino l’abilità e la capacità di usare il dizionario. È quasi improbabile che vengano istituite ore di lessicografia alla scuola media e superiore (risulta persino poco generale anche alle Università), tuttavia è difficile inserire all’interno della cornice finita delle lezioni l’insieme di nozioni sempre crescente. Da ciò risulta che la parte non codificabile e classificabile di conoscenze deve venir appresa da alunni e studenti tramite un continuo lavoro autonomo. Il consolidamento della capacità d’uso del dizionario è, naturalmente, ipotizzabile in misura maggiore durante le lezioni di lingua, sia essa straniera o lingua materna, ma l’utilizzo del dizionario enciclopedico, dell’enciclopedia e del vocabolario tecnico può avvenire nel contesto didattico di quasi tutte le discipline e in questi casi l’orientamento degli studenti spetta all’insegnante della materia specifica (Fóris, 2002/a: 73-74). Vale a dire: l’insegnamento delle nozioni legate al dizionario e al suo utilizzo non sono compito esclusivo dell’insegnante di lingua, bensí anche i docenti di altre materie hanno modo e possibilità di occuparsene. Il dizionario (enciclopedia, enciclopedico, cartaceo o elettronico) oggigiorno risulta essere uno strumento di lavoro indispensabile. Poiché un buon lavoro può essere svolto solo con buoni strumenti di lavoro, bisogna che nella formazione pedagogica vengano inserite anche le necessarie istruzioni d’uso. Un dizionario ben scritto, redatto, conforme alle esigenze del tempo, è stato sempre un articolo caro, e lo è ancor oggi. Forse può sembrare insolito, ma a fine corso ci soffermiamo ancora su quante cose devono essere prese in considerazione al momento dell’acquisto di un dizionario. Se sappiamo già di quale tipo di dizionario necessitiamo, vale la pena ad es. informarsi: – su quante voci contiene la pubblicazione; – su quanto è approfondita l’articolazione semantica delle voci, la chiarezza e la sfumatura delle accezioni; – se è facilmente maneggiabile, cioè se il dizionario permette un orientamento preciso e veloce; – se il materiale contenuto è affidabile e aggiornato. (Sul tema vedi anche Pusztai, 1997: 11). Qualora possibile, confrontiamo il dizionario scelto con gli eventuali precedenti o con i simili nelle altre lingue. Accanto alla modernità dei termini è molto importante anche la modernità delle informazioni grammaticali, ad es. il sistema coerente di marcatura delle reggenze (Bodnár 2004, Fábián 2004). Colui che conosce il metalinguaggio dei dizionari, che è capace di orientarsi tra abbreviazioni e simboli, può decodificare maggiori informazioni rispetto ad un fruitore inesperto. È inoltre importante acquistare dizionari pubblicati da case editrici affidabili e dotate di esperienza. Dagli anni del cambio di sistema politico, infatti, ci imbattiamo sempre più spesso in dizionari che nell’aspetto (rilegatura, colori, struttura) e nel titolo imitano le nuove pubblicazioni di valore delle grandi case editrici; tuttavia, all’interno si rivelano varianti, un po’ritoccate, di lavori risalenti a decine d’anni fa e oggigiorno superati. Essendo a basso costo allettano l’acquirente meno esperto. 3.2 Sintesi. Nei primi due cicli d’insegnamento lo sviluppo dell’abilità d’uso del dizionario è compito degli insegnanti (a questo livello possiamo contare solo su una limitata autodidassi). Oltre ai requisiti di carattere oggettivo (biblioteca ben rifornita, dotazione di computer) si rendono necessarie delle risorse umane adeguatamente preparate, quindi per sviluppare l’abilità e capacità summenzionate bisogna preparare i futuri insegnanti e, per far ciò è necessario che a livello universitario ci sia un cambio di prospettiva. Sebbene venga riconosciuta l’esigenza dell’insegnamento delle conoscenze lessicografiche a livello universitario, esso rimane ancora qualcosa di estemporaneo. Illustrando la questione da più punti di vista, possiamo riconoscere che queste competenze non sono esclusivamente in relazione all’insegnamento della lingua straniera; anche in altri campi della cultura c’è bisogno di esse, dappertutto dove possiamo estrapolare informazioni da data-base strutturati. L’insegnamento delle nozioni lessicografiche all’interno di un corso strutturato è ipotizzabile all’interno dei dipartimenti di linguistica applicata, informatica, biblioteconomia e lingua e letteratura, ma, naturalmente, ogni dipartimento di lingua straniera è competente a tal proposito. Per i laureati, come anche per gli insegnanti di lingua viene, anche in riferimento all’uso dei dizionari elettronici organizzato un corso di perfezionamento (cfr. Fóris, 2002/b: 69). Chiunque si occupi di lavoro creativo sa che non esiste un’opera perfetta, così non potrà mai esistere un dizionario completo o finito. Dezső Kosztolányi – poeta e traduttore – nei suoi innumerevoli saggi, articoli e metafore ha disseminato riflessioni sulla lingua e sul dizionario come mezzo e tema del suo lavoro. Egli scrive che il dizionario è solamente una conchiglia, con cui poter attingere al mare, la lingua è, invece, il mare stesso (Kosztolányi, 1999: 146). Non possiamo possedere il mare nella sua interezza, ma possiamo attingervi goccia a goccia, e in ogni goccia c’è il mare. Bibliografia 1. Bodnár Ildikó (2004): Szótárak a 21. század küszöbén. In: Tóth Szergej–Földes Csaba–Fóris Ágota (a cura di): Lexikológiai és lexikográfiai látkép: Problémák, paradigmák, perspektívák. Generalia, Szeged, pp. 7-11. (In seguito Tóth–Földes–Fóris) 2. Fábián, Zsuzsanna (2003): Esercizi e manuale di lessicologia italiana. Pázmány Péter Katolikus Egyetem Bölcsészettudományi Kar, Piliscsaba. 3. Fábián Zsuzsanna (2004): A vonzatok ábrázolása az olasz-magyar nagyszótárakban. In: Tóth– Földes–Fóris, pp. 12-21. 4. Fóris Ágota (2000): Kezdeti lépések a lexikográfia-oktatásban. Iskolakultúra 2000/2, Pécs, pp. 83-88. 5. Fóris Ágota (2002/a): Szótár és oktatás. Iskolakultúra-könyvek 14. Pécs. 6. Fóris Ágota (2002/b): Modern lexikográfiai módszerek oktatása. Modern Nyelvoktatás 2002/23, Budapest, pp. 61-73. 7. Fóris Ágota (2004): Lexikográfia a Nemzeti Alaptantervben. Iskolakultúra 2004/5, Pécs, pp. 62-72. 8. Kosztolányi Dezső (1999): Szótárat lapozgatok…, Kagyló és tenger. In: Nyelv és lélek. Osiris, Budapest, p. 82, p. 146. 9. Lengyel Zsolt (1999): Az írás. Kezdet–folyamat–végpont. (Az írástanulás pszicholingvisztikai alapjai), Corvina, Budapest. 10. Pusztai Ferenc (1997): A lexikográfia helye és helyzete. Magyar Nyelv 1997/1, Budapest, pp. 7-14. 11. Sulyok Hedvig (2004): Utak a szótárhoz, utak a Verancsics-szótárhoz (és tovább). In: Tóth– Földes–Fóris, pp. 175-182. 12. Szépe György (2001): Az internet-korszak nyelveszéte. In: Szépe (a cura di): Nyelvpolitika: múlt és jövő. Iskolakultúra-könyvek 7. Pécs, pp. 85-99.