Biancaneve non abita più qui. I prenuptial
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Biancaneve non abita più qui. I prenuptial
To leave poor me thou hast the strength of laws, Since why to love I can allege no cause.” (Shakespeare, Sonnet 49) Per lasciar me miserabile tu hai la forza delle leggi mentre io d'esser amato non posso vantar diritti. Biancaneve non abita più qui. I prenuptial agreements sbarcano in Italia? Un matrimonio pattuito come un business provoca inevitabili vertigini. E non siamo ipocriti. A noi donne piacerebbe. “Si fa, ma non si dice”, cantava un’antica canzone di Milly nel dopoguerra. Famoso fu l’accordo prematrimoniale fra Jackie Kennedy e Aristotele Onassis che avrebbe dovuto provvedere in contanti “immediatamente" e "senza condono" a versare una cifra pari a circa 40 miliardi, per pronunciare il fatidico si con la vedova d’America. La consorte di John Kennedy contraendo nuove nozze, avrebbe perso i benefici derivanti dalla rendita Kennedy nonché il suo appannaggio di vedova presidenziale. Ma in cambio avrebbe avuto un tetto per le spese voluttuarie, un tot per gli abbandoni, una trattenuta per le emicranie, svariati miliardi di risarcimento in caso di divorzio o morte, tre miliardi all'anno come argent de poche e altre "stranezze" da scatenare fantasie scandalizzate. Il documento conteneva una clausola su cui tanto si è ricamato, fatta mettere dalla sposa: spettava a lei e soltanto a lei stabilire la frequenza dei congiungimenti carnali con il consorte. "Ti è venuta a costare più di una petroliera", fece notare a Onassis un suo collaboratore. Ma Onassis disse si alla fine. Disse sì a tutto, perché si era aggiudicato la donna più ambita del pianeta, la vedova d' America. E Jackie venne in breve declassata da vedova nazionale a grande mondana. Tutto ha un prezzo e se l’accordo c’è ed è conveniente, non si può stare chinati a piangere su un a tomba per tutta la vita. E sempre per mettere il naso in casa Kennedy, famoso anche il contratto prematrimoniale tra John F. Kennedy Jr. e Carolyn Bessette che prevedeva il pagamento di una certa somma di denaro una tantum alla moglie in caso di divorzio, somma il cui ammontare era collegato alla durata del matrimonio: « depends on how long the couple stays married. How hefty? Well, she gets a $ 1- million settlement for up to three years of wedlock, $ 2 million for more than three years or $ 3 million for more than ten ». Così va il mondo. Ma cosa sono i prenuptial agreement, i c.d. patti prematrimoniali? Negli Stati Uniti - La diffusione dei contratti prematrimoniali in USA si lega all’introduzione del divorzio senza colpa (c.d. no fault divorce). In passato, i giudici americani li osteggiavano, eccependo la loro attitudine a pregiudicare la serietà del consenso matrimoniale. In California 1, all’abolizione nel 1969 del principio della colpa nel divorzio , fa eco, sette dopo, il leading case « In Re marriage of Dawley », in cui la Corte Suprema dello stato nega la contrarietà al «public policy favouring and protecting marriage » di un accordo preventivo che limitava nel tempo le support obligations a carico dell’ex marito. Ciò avviene, significativamente, nello stesso anno (1976) in cui la medesima corte sancisce la validità dei cohabitation contracts nel celeberrimo caso Marvin v. Marvin 46. In quello stesso 1976 (un anno che, come si è appena visto, sembra segnare negli States una tappa importante nell’evoluzione della giurisprudenza familiare) la Corte Suprema del Connecticut afferma la validità di un antenuptial agreement che, in caso di divorzio, escludeva il diritto di alimony della moglie, citando, da un lato, « the relatively equal status of men and women under the law » e, dall’altro, « the recently developing concepts of divorce — the no-fault’ divorce ». Nei siti dedicati all’argomento è ricorrente, ad esempio, l’avvertimento secondo cui “marriage is not just an emotional and physical union; it is also a financial union. A prenup and the discussion that go with it can help ensure the financial well-being of the marriage”.2 Negli Stati Uniti, che sono da considerarsi il paese pioniere nel riconoscimento della rilevanza giuridica dei prenuptial agreements, attualmente la disciplina di tali accordi è diversa nei vari Stati della Federazione, mancando una specifica legislazione a livello federale. In realtà negli ultimi decenni sono stati portati avanti progetti di uniformazione della disciplina della materia, che si sono concretizzati nell’”Uniform Premarital Agreement Act” (UPAA) del 1983 e nei “Principles of the Law of Family Dissolution” redatti dall’American Law Institute nel 2002. Questi due documenti racchiudono principi e regole destinati ad accomunare le legislazioni dei vari Stati della Federazione, ma quest’obiettivo è oggi solo in parte raggiunto visto che solo in 26 hanno adottato l’UPAA. La section 3 (a) stabilisce quale sia il contenuto del premarital agreement, includendovi atti dispositivi patrimoniali in caso di separazione e scioglimento del matrimonio nonché la modifica o eliminazione del mantenimento. Ciò, fra altre voci che incidono anche sul versante successorio. Un premarital agreement è ineseguibile (section 6), se: non sia stata fornita un’informazione giusta e ragionevole circa l’assetto patrimoniale delle parti; non vi sia una clausola che modifichi o elimini il mantenimento del coniuge se tale modifica o eliminazione porti una delle pari a dipendere dalla pubblica assistenza; se l’accordo sia iniquo al momento della stipula. Nelle legislazioni statali troviamo requisiti aggiuntivi; nel Connecticut, ad esempio, si è disposto che il premarital agreement sia ineseguibile anche nel caso che una delle parti dimostri che non le sia stata fornita adeguata assistenza legale (such party was not afforded a reasonable opportunity to consult with independent counsel). 1 notoriamente, lo stato più liberal dell’unione: nel senso che durante l’ultimo quarto del secolo la Corte Suprema del Golden State si è rivelata come quella più all’avanguardia degli U.S.A 2 Cfr. il sito www.bankrate.com/brm/green/special/prenup5.asp Nell’ambito del diritto statunitense poi, una prima importante distinzione deve essere operata tra i community of property states e gli equitable distribution states. Nel caso in cui si viva in uno dei community property states (California, Arizona, Idaho, Louisiana, Nevada, New Mexico, Texas, Washington), in assenza di un accordo che disponga diversamente, la legge prevede che i beni accumulati durante il matrimonio e caduti in comunione vengano divisi in parti uguali; negli equitable distribution states, invece, le corti dividono il patrimonio con un ampio margine di discrezionalità, sulla base di una serie di criteri tra cui figurano la capacità di reddito, il contributo dato alla formazione del patrimonio comune e di ciascuno, l’età, la salute, la durata del matrimonio. In Inghilterra- Una situazione radicalmente diversa in tema di prenuptial agreements si riscontra nell’ordinamento inglese, il quale nega valore vincolante a tale tipo di accordi. In materia di diritto di famiglia, l’ordinamento inglese ha un atteggiamento statalista, secondo il quale alla giurisdizione nazionale spetta la competenza esclusiva a decidere in merito alle questioni di maggiore rilievo, incluse quelle attinenti i rapporti patrimoniali tra coniugi. La resistenza dell’ ordinamento inglese rispetto al dispiegamento dell’efficacia delle intese in vista del divorzio si spiega anche con l’assenza in esso di regole sull’attribuzione della proprietà in costanza di matrimonio analoghe a quelle che in altri paesi prescrivono il regime della comunione dei beni, con la conseguenza che al matrimonio si applicano le comuni regole sulla proprietà dei beni, che prevedono la titolarità esclusiva dell’intestatario. All’assenza di norme che prestabiliscano il regime della comunione, si aggiungono i vasti poteri attribuiti al giudice in sede di definizione dei rapporti patrimoniali tra coniugi sia in caso di nullità del matrimonio che in caso di divorzio, nonché in caso di rottura di una “civil partnership”3. In virtù dei poteri riconosciutigli, ad esempio, il giudice inglese può disporre di trasferire la proprietà di determinati beni da un coniuge ad un altro o imporre la vendita di altri ed indicare a quale dei due coniugi debba andare il ricavato: nell’esercitare i propri poteri il giudice deve solo tenere conto di alcune circostanze come l’interesse del minore o la condizione economica e le abitudini di vita di entrambi i coniugi, nonché il tenore di vita goduto prima della rottura del matrimonio. A partire dal caso Hyman vs Hyman, la giurisprudenza inglese ha sempre negato valore vincolante ai prenuptial agreements, eccetto che in un caso, nel caso Ella vs Ella che ebbe un certo eco a livello politico e dottrinale. In Ella vs Ella per la prima volta un tribunale inglese ha dato corso ad un accordo prematrimoniale relativamente alla questione della scelta della giurisdizione competente: le parti in causa avevano doppia cittadinanza, inglese ed israeliana, ed avevano convenuto che in caso di divorzio a doversi esprimere sarebbe stato il giudice israeliano. Dopo che la moglie aveva adito il Tribunale di Londra, il marito eccepì l’esistenza della predetta clausola del prenuptial agreement e chiedeva, ottenendo ragione, che il giudizio fosse devoluto alla competenza esclusiva del giudice israeliano. Il caso Ella v Ella si segnala dunque per essere il primo che vede il riconoscimento del valore per il L’atto che prevede l’attribuzione di ampi poteri decisori in capo ai giudici in materia di separazione, divorzio e annullamento del matrimonio è il Matrimonial Causes Act, varato dal Parlamento nel 1973 3 sistema inglese di un prenuptial agreement, ma anche perché questo riconoscimento è operato indipendentemente dalla circostanza che una delle parti non avesse avuto la possibilità di consultare un legale, che in altri ordinamenti di common law costituisce invece un requisito di validità dell’agreement. In Spagna - In Spagna4, il codice civile catalano dispone, all’art. 15: “En los capítulos matrimoniales puede determinarse el régimen económico matrimonial, convenir heredamientos, realizar donaciones y establecer las estipulaciones y pactos lícitos que se consideren convenientes, incluso en previsión de una ruptura matrimonial” (Nelle capitolazioni patrimoniali si può stabilire il regime economico matrimoniale, convenire eredità, fare donazioni e stabilire le stipule e patti leciti che si reputino convenienti, anche in previsione di una rottura del matrimonio). Ed in Italia? L’incremento delle crisi coniugali s’accompagna, oltre che al decremento dei matrimoni, ad un aumento nel nostro Paese, delle unioni di fatto, e, più in generale, delle « nuove famiglie », e di quelle che vanno sotto il nome di « famiglie ricostituite » (o step families). Tutto questo comporta il nascere di nuove esigenze, di nuovi problemi da risolvere, di nuovi istituti da elaborare per garantire una regolamentazione adeguata dei differenti rapporti che si creano e delle conseguenze che questo può avere sulle così dette parti deboli: il partner, la partner, i figli e i creditori. Già nel 1967, vigente il regime di indissolubilità del vincolo matrimoniale, quella autorevole dottrina che solo dieci anni prima aveva definito la famiglia come « un’isola che il mare del diritto può lambire, ma lambire soltanto » 5, valutando un accordo diretto alla predeterminazione delle conseguenze patrimoniali dell’annullamento del matrimonio, individuava nel principio della autonomia contrattuale (art. 1322 c.c.) il fondamento di una pattuizione economica, rilevando come in questo caso sia « palese l’interesse tipico del regolamento di rapporti, se pure non si abbia una disposizione esplicita del codice che preveda tale regolamento, essendo quasi impensabile che al termine della convivenza non ci siano ragioni di dare ed avere, pretese reciproche » 6. Neanche due lustri più tardi una delle più celebri monografie in materia di contratto afferma che «necessità pratiche e progresso civile esigono che, de iure condendo, e, per quanto possibile, de iure interpretando, si rivalutino questi patti regolatori di rapporti di famiglia, o associativi, e così via», aggiungendo che «guardando lontano, si potrebbero immaginare scelte pattizie della regola sulla dissoluzione del matrimonio, sul governo della famiglia, sul cognome dei coniugi». Nel nostro tessuto sociale, l’interesse verso il fenomeno dei prenuptial agreements si innesta nel più ampio dibattito circa l’opportunità di valorizzare, in seguito alle recenti riforme che hanno 4 Cfr. M. PAZ GARCIA RUBIO, Acuerdos prematrimoniales. De nuevo la libertad y sus límites en el derecho de familia, Jornadas de Dret Català a Tossa (2004) 5 6 JEMOLO, La famiglia e il diritto, riportato in AA.VV., « Verso la terra dei figli », Milano, 1994, p. 69 JEMOLO, Convenzioni in vista di annullamento di matrimonio, in Rivista di diritto civile, 1967, II, p. 530 investito il diritto di famiglia, l’autonomia privata nei rapporti tra coniugi con particolare riferimento alla definizione dei riflessi patrimoniali della crisi coniugale. Ammettere che gli sposi possano stipulare “convenzioni di natura patrimoniale prima della celebrazione del matrimonio, ai sensi dell’articolo 1322”, infatti, significherebbe riconoscere la possibilità ai coniugi di optare per alternative ulteriori rispetto a quelle attualmente previste ed in particolare di adottare modelli di regime patrimoniale a compartecipazione differita propri di esperienze giuridiche straniere , oppure di dare vita a regimi patrimoniali atipici, o, ancora, di risolvere la questione della esclusione del co-acquisto . Lo scopo degli accordi prematrimoniali è quello di ammettere, prima del matrimonio, la stipula di convenzioni volte a regolare, ora per allora, le eventuali reciproche concessioni 7 che i coniugi si dovranno fare una volta venuta meno l’unione matrimoniale: gli effetti di tali pattuizioni sono sospensivamente condizionati allo scioglimento del vincolo matrimoniale. La finalità dello strumento, infatti, è quella di attutire le possibili conseguenze patologiche che si possono verificare a seguito dello scioglimento di un unione che, col tempo, si è dimostrata sbagliata, intendendosi così l’accordo prematrimoniale come patto solutorio di un’unione ormai giunta al termine. Comunque sia, qualsiasi ragionamento sul problema della validità dei patti in vista del divorzio non può prescindere da un punto di partenza, ossia che gli effetti del divorzio sono comunque, effetti del matrimonio e gli effetti del matrimonio sono regolati dall'art. 160 c.c., che impedisce ai coniugi di derogare ai diritti e ai doveri che derivano dal matrimonio. Ergo, i coniugi non possono validamente stipulare un patto che abbia ad oggetto la sussistenza e la misura di un futuro assegno divorzile .8 La giurisprudenza di legittimità ha sempre sostenuto la nullità degli accordi con cui i coniugi, al momento della separazione, determinano gli effetti economici del futuro divorzio 9. In Italia, un importante precedente, è dato dalla Cass. 3 maggio 1984, n. 268210, la quale ha ritenuto che “l'accordo, rivolto a regolamentare, in previsione di futuro divorzio, i rapporti patrimoniali fra coniugi, che sia stato stipulato fra cittadini stranieri (nella specie, statunitensi) sposati all'estero e residenti in Italia, e che risulti valido secondo la legge nazionale dei medesimi (applicabile ai sensi degli artt. 19 e 20 delle disposizioni sulla legge in generale), è operante in Italia, senza necessità di omologazione o recepimento delle sue clausole in un provvedimento giurisdizionale, tenuto conto che l'ordine pubblico, posto dall'art. 31 delle citate disposizioni come limite all'efficacia delle convenzioni fra stranieri, riguarda l'ordine pubblico cosiddetto internazionale, e che in tale nozione non può essere incluso il principio 7 Gli accordi prematrimoniali possono riguardare non solo gli aspetti patrimoniali, bensì anche aspetti personali (familiari, qualora durante l’unione vengano alla luce dei figli), se e nei limiti in cui non ostacolino l’esercizio delle libertà fondamentali dell’individuo. A tal proposito la pattuizione avente ad oggetto l’esercizio di un simile diritto potrebbe essere formulata ricorrendo allo strumento della c.d. “condizione premiale”. 8 A questa conclusione giungeva TRABUCCHI, Assegno di divorzio: attribuzione giudiziale e disponibilità degli interessati, in Giur. it., 1981, I, 1, 1153 9 Cass. 28 gennaio 2008 n. 1758, in Giust. civ. Mass., 2008, 1, 97; Cass. 5 marzo 2006 n. 5302, in Giust. civ. Mass., 2006; Cass. 12 febbraio 2003 n. 2076, in FD, 2003, 344; Cass. 18 febbraio 2000 n. 1810, in Corr. giur., 2000, 1021; Cass. 20 marzo 1998 n. 2955, in Foro it., 1999, I, 1306 e in Contratti, 1998, 472, con nota di Bonilini, Gli accordi in vista del divorzio 10 Dir. Fam., 1984, p. 521, Riv. Dir. Int. Priv. e Proc., 1985, p. 579 dell'ordinamento italiano, circa l'invalidità di un accordo di tipo preventivo fra i coniugi sui rapporti patrimoniali successivi al divorzio, il quale attiene all'ordine pubblico interno e trova conseguente applicazione solo per il matrimonio celebrato secondo l'ordinamento italiano e fra cittadini italiani”11. La giurisprudenza di merito si è sempre adeguata all'insegnamento restrittivo della Cassazione 12. I punti più controversi sia in giurisprudenza che in dottrina sono: l’autonomia delle parti private, l’indisponibilità dell’assegno di divorzio la contrarietà all’art. 9 della l. n. 898 del 1970, la natura imperativa dell’art. 160 c.c. lo status coniugale, la limitazione del comportamento processuale delle parti, la rinunzia ai diritti futuri. Questi punti affrontati per gli accordi di divorzio, per sostenere le tesi possibiliste e proibizioniste, sono gli stessi che si pongono per i patti prematrimoniali, visto che questi ultimi spesso si riducono ad avere lo stesso oggetto degli accordi di divorzio. Questo deciso atteggiamento di chiusura è stato attenuato in alcune ipotesi ritenendo valido, ad esempio, l’accordo con cui si garantiva al coniuge debole la corresponsione di un assegno periodico in vista della dichiarazione di nullità del matrimonio 13 e quello in forza del quale, in vista di una pronuncia di divorzio, si prevedeva in favore del coniuge debole il diritto ad una rendita vitalizia 14. In dottrina un autorevole voce come quella di Rescigno , si è mostrata favorevole ai patti 15 prematrimoniali affermando addirittura che i negozi atipici sono ammissibili anche nell’area degli interessi non patrimoniali, riferendosi anche ai patti che accompagnano separazione e divorzio, quali negozi autonomi o incorporati nell’accordo che viene omologato dal tribunale in sede di separazione consensuale. I patti relativi all’educazione dei figli, o alle modalità di visita o di soggiorno col genitore che non li ha in affidamento, o all’uso del nome maritale, a titolo esemplificativo, secondo l’autore possono essere stipulati anche all’inizio del matrimonio e durante la piena persistenza del vincolo. L’autore ritiene poi legittima la stipula di accordi prematrimoniali che, come tali, siano quindi anteriori al matrimonio, prevedendo la possibilità di rinegoziarli qualora appaiano inattuali al momento dello scioglimento del matrimonio, magari perché intervenuto dopo molti anni dalla redazione degli accordi in commento Recentemente il Tribunale di Torino ha levato una voce a favore di una dimensione pratica dei problemi. Sulla base di una motivazione articolata ed approfondita, il Tribunale di Torino16 ha 11 Al riguardo, cfr. G. OBERTO, “Prenuptial agreements in contemplation of divorce”,e disponibilità in via preventiva dei diritti connessi alla crisi coniugale. Riv. Dir. Civ., 1999, II, p. 171. 12 Per tutte: Trib. Arezzo 28 giugno 2011, in Notariato, 2011, 508; Trib. Varese 29 marzo 2010, in FD, 2011, 295, con nota di Patania, e in FD, 2011, 919, con nota di Torre; Trib. Bologna 10 aprile 2006, in Fam., pers. e succ., 2006, 563; Trib. Milano 29 marzo 1997, in Gius, 1997, 1535. 13 Cass. 13 gennaio 1993, n. 348, in I contratti, 1993, 137, con nota di Moretti, Accordi “ora per allora” e nullità del matrimonio 14 Cass. 14 giugno 2000, n. 8109, in Familia, 2001, 1, II, 245, con nota di Ferrando, Crisi coniugale e accordi intesi a definire gli aspetti economici 15 Rescigno, Manuale di diritto privato italiano, Napoli, 1975, 274 16 Tribunale di Torino, sez. VII, ord. 20 aprile 2012 - Pres. Est. Tamagnone in FD, 2012, 803, con nota di Oberto stabilito che “l’accordo concluso sui profili patrimoniali tra i coniugi in sede di separazione legale ed in vista del divorzio non contrasta né con l’ordine pubblico, né con l’art. 160 c.c. Nella specie le parti, pochi mesi prima della pronuncia di separazione «a conclusioni congiunte», avevano convenuto che l’erogazione dell’importo a titolo di assegno di mantenimento a carico del marito sarebbe venuta a cessare all’atto dell’inizio della causa per la pronunzia della cessazione degli effetti civili del matrimonio, con impegno della moglie a «nulla pretender[e] [dal marito], né a titolo di una tantum né di mantenimento». In sede di udienza presidenziale di divorzio la suddetta intesa è stata ritenuta valida e vincolante, con conseguente rigetto della domanda della moglie volta ad ottenere un assegno. Insomma, una ventata di aria fresca… Le proposte di legge Nel nostro ordinamento, i nubendi - che con la scelta del regime patrimoniale decidono riguardo le regole per l’attribuzione dei beni in costanza di matrimonio, la loro amministrazione e la loro divisione al momento della formalizzazione della crisi - non sono obbligati a seguire una procedura volta a garantire il conseguimento di una effettiva consapevolezza circa le implicazioni giuridiche delle scelte operate e la corretta formazione del consenso prestato. E’ chiara la necessità di responsabilizzare i nubendi attraverso incontri informativi prematrimoniali nei quali essi vengano resi edotti riguardo alle implicazioni personali e patrimoniali del matrimonio. Attualmente nel nostro ordinamento i coniugi possono regolamentare convenzionalmente il loro regime patrimoniale ai sensi dell’art. 162 c.c. anteriormente al matrimonio, al momento della celebrazione dello stesso ed anche durante la vita matrimoniale, scegliendo, per esempio, tra comunione legale o separazione dei beni. La proposta di introdurre gli accordi prematrimoniali intende ampliare il contenuto delle convenzioni di cui all’art. 162 c.c. riconoscendo ai coniugi la possibilità di disciplinare, in qualsiasi momento, anche prima di contrarre il matrimonio, i loro rapporti patrimoniali anche e specialmente nell’ottica di un’eventuale separazione personale o di un eventuale divorzio . L’interesse della dottrina verso i prenuptial agreements ha trovato attuazione pratica, nel 2003, nella presentazione della Proposta di legge n. 4563. La relazione che accompagna la proposta evidenzia l’assenza nel nostro ordinamento di strumenti che consentano ai futuri sposi di “regolamentare ex ante, e in modo vincolante per il futuro, alcune condizioni nell’ipotesi della fine del matrimonio”, la necessità di “percorrere direzioni che si ispirano a consolidate esperienze normative di alcuni Paesi Oltre Oceano” e le ricadute positive che l’adozione di tale istituto avrebbe ai fini della “riduzione dei tempi dei procedimenti di separazione e di divorzio” permettendo di “giungere ad una soluzione più serena e veloce della controversia” con evidenti vantaggi ai fini della “tutela del superiore interesse dei figli (…) che possono trovarsi coinvolti” nella crisi coniugale. Come si evince dalla stessa proposta sebbene il patto prematrimoniale dovrebbe riguardare la sfera personale e patrimoniale sia nella fase fisiologica che patologica del rapporto, gli accordi che vengono stipulati riguardano soprattutto gli effetti patrimoniali della crisi. La sfera personale difficilmente potrà essere resa oggetto d’accordo senza ledere i principi costituzionali che tutelano la libertà e la dignità della persona o il superiore interesse dei figli, i quali ricevono una tutela rinforzata, per il resto la legge riconosce alla coppia di concordare l’indirizzo della vita familiare, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Successivamente è stata presentata la proposta di legge n. 2669 in materia di accordi prematrimoniali (e matrimoniali) in vista della separazione o del divorzio (Camera, XVII legislatura) presentata il 15 ottobre 2014 dai deputati Alessia Morani (PD) e Luca D’Alessandro (FI); dal 22 maggio 2015 all’esame in sede referente della II Commissione Giustizia che prevede delle modifiche ad alcuni articoli del codice civile ed in particolare è previsto l’inserimento di un art. 162 –bis. 17 Conclusioni La redazione di un contratto prematrimoniale, per avere serie prospettive di successo, dovrebbe rispettate una serie di condizioni: - la controparte deve sempre essere rappresentata da un legale, altrimenti il giudice potrebbe sospettare che sia stata imposto con la forza la firma del patto; - le clausole strane devono essere bandite e considerate invalide, come ad esempio la previsione di penalità economiche se la consorte dovesse ingrassare o mettere gli occhiali; 17 Art. 2. 1. Dopo l’articolo 162 del codice civile è inserito il seguente: «Art. 162-bis. – (Accordi prematrimoniali). – I futuri coniugi, prima di contrarre matrimonio, possono stipulare, con la forma prevista dall’articolo 162, ovvero mediante convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, accordi prematrimoniali volti a disciplinare i rapporti dipendenti dall’eventuale separazione personale e dall’eventuale scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Gli accordi prematrimoniali riguardanti i figli minori o economicamente non autosufficienti devono essere autorizzati dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. Qualora il procuratore della Repubblica ritenga che l’accordo non risponda all’interesse dei figli, ne indica i motivi e invita le parti a un’eventuale riformulazione. Qualora non ritenga autorizzabile neppure la versione eventualmente riformulata, nega definitivamente l’autorizzazione. Negli accordi prematrimoniali un coniuge può attribuire all’altro una somma di denaro periodica o una somma di denaro una tantum ovvero un diritto reale su uno o più immobili, anche con il vincolo di destinare, ai sensi dell’articolo 2645-ter, i proventi al mantenimento dell’altro coniuge o al mantenimento dei figli fino al raggiungimento dell’autosufficienza economica degli stessi. In ogni caso ciascun coniuge non può attribuire all’altro più di metà del proprio patrimonio. Gli accordi prematrimoniali possono anche contenere la rinuncia del futuro coniuge al mantenimento da parte dell’altro, fatto salvo il diritto agli alimenti ai sensi degli articoli 433 e seguenti. Tramite gli accordi prematrimoniali un coniuge può anche trasferire all’altro coniuge o a un terzo beni o diritti destinati al mantenimento, alla cura o al sostegno di figli disabili per la durata della loro vita o fino a quando permane lo stato di bisogno, la menomazione o la disabilità. Le parti possono stabilire un criterio di adeguamento automatico del valore delle attribuzioni patrimoniali predisposte con gli accordi prematrimoniali. Con gli accordi prematrimoniali, in deroga al divieto dei patti successori e alle norme in materia di riserva del coniuge legittimario, possono essere previste anche norme per la successione di uno o di entrambi i coniugi, fatti salvi i diritti degli altri legittimari. - le parti devono essere sincere sulla loro posizione economico-patrimoniale, dato che ogni omissione potrebbe far invalidare i patti; - i patti vanno stilati con abbondante anticipo rispetto alla data del matrimonio, altrimenti si darebbe l'impressione di aver "strappato" l'accordo "sul filo di lana"; - i patti sottoscritti vanno adeguati periodicamente, in modo da consentirne un'agevole applicazione in caso di rottura; - un eventuale impegno da parte del coniuge debole a non pretendere nulla in caso di rottura, potrebbe essere ritenuto troppo penalizzante dal giudice; - per essere sicuri della validità e dell’attualità dell’accordo, al momento dell’applicazione, sarebbe preferibile un accordo di tipo giuridico più che economico, esempio calcolando l’importo del futuro mantenimento in termini di percentuale rispetto al reddito che percepirà il soggetto tenuto a versarlo. Certamente un istituto ben strutturato, equilibrato, non frutto di compromessi politici, pensato e ripensato, forte perchè corretto dagli errori riscontrati nei paesi in cui è stato introdotto, e sopra ogni caso dove per la stipula della accordo dovrebbe essere prevista l’obbligatorietà di una assistenza professionale competente e la sottoposizione di questo alla omologazione preventiva, potrebbe essere cosa più opportuna di un vuoto normativo. In una prospettiva de jure condendo sarebbe bene prendere a modello l’insegnamento degli americani: “marriage is a serious business, and it is important that people who plan to marry have a clear idea of the rights and the responsibilities they are taking on”… Bibliografia KATZ, Family Law in America, Oxford, New York, 2003. G. OBERTO, “Prenuptial agreements in contemplation of divorce” e disponibilità in via preventiva dei diritti connessi alla crisi coniugale, in Riv.dir. civ., 1999. M.D. PANFORTI, Gli accordi paramatrimoniali fra autonomia dispositiva e disuguaglianza sostanziale. Riflessioni sul Family Law Amendment Act australiano, in Familia, 2002 F. PATTI, Accordi patrimoniali tra coniugi connessi alla crisi del matrimonio. Autonomia negoziale e ruolo del notaio, in Vita not. n. 3 2004 A. PAZZAGLIA, Riflessioni sugli accordi economici preventivi di divorzio, in Vita not. n. 2, 2001 p. 1031 P. RESCIGNO, Il diritto di famiglia a un ventennio dalla riforma, in Riv. Dir. Civ., I, 1998, p. 113 D.G. RUGGERO, Gli accordi prematrimoniali, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 2005 F. RUSCELLO, Accordi sulla crisi della famiglia e autonomia coniugale, Cedam , Padova 2006