La mia America - Rotary Club Arezzo Est

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La mia America - Rotary Club Arezzo Est
Marco Ungarelli *
La mia America
Vorrei anzitutto spiegarvi l’evento che è all’origine del mio viaggio in California effettuato lo scorso mese di agosto, che mi ha fatto venire in mente questa serata. Dovete sapere che lo scorso primo
agosto è stato l’anniversario delle nozze d’oro fra me e Franca. Non riuscendo a capacitarmi su come Franca mi avesse potuto sopportare, curare, sostenere e volermi bene per mezzo secolo, ho pensato di dover organizzare un evento particolare, indimenticabile, un viaggio di nozze 50 anni dopo e
ho pensato al mio paese preferito, l’America e in particolare la California, dove Franca era stata una
sola volta nella sua vita, solamente per un paio di giorni, fra l’altro soggiornando nell’al-bergo dove
fu girato il film ‘Beverly Hills Cop’ con Eddy Murphy. Durante la nostra visita mi è stata di prezioso aiuto la mia consuocera Glen (che vedrete in un paio di immagini), che è nata, ha studiato e vive
a Los Angeles.
Cominciamo da molto lontano, dalla mia infanzia. L’attaccamento ed il rispetto per gli americani è
cominciato quando ero bambino. Senza scendere nei particolari vi dico semplicemente che, appena
finita la guerra, loro hanno letteralmente salvato la vita di mio padre.
Un altro fattore molto importante e che ha indubbiamente influenzato la mia simpatia per l’America
è il fatto che una parte della mia famiglia (nipotini, nuora, suocera) è americana.
Faccio ora un salto in avanti di 18 anni con
l’immagine della partenza per il mio primo
soggiorno negli Stati Uniti, in procinto di imbarcarmi su un vecchio aereo della Pan American, con alcuni miei colleghi di lavoro (anche se stenterete a riconoscermi, io sono quello al centro!).
Era il 1963, con destinazione la vecchia America dell’Illinois e del West Virginia. Esperienza indimenticabile; ho trovato tanta amicizia, ospitalità, semplicità, disponibilità, collaborazione.
Quest’altra immagine risale a circa 15 anni dopo la precedente. Io ero ormai già abbastanza
avanti nella mia carriera professionale e, come
vedete, mi trovo in compagnia di un certo Henry Kissinger, Segretario di Stato degli Stati
Uniti, all’epoca forse l’uomo più potente del
mondo. Pensate che dopo pochi minuti di conversazione, Kissinger aveva già cominciato a
chiamarmi Marco, chiaro segnale che potevo
chiamarlo Henry.
Discutemmo un po’, con grande semplicità ed apertura da parte sua, della situazione politica in Italia, dell’affermarsi del centro sinistra e, parole sue, dell’errore fatto dagli Stati Uniti ad appoggiare
tale orientamento nell’illusione che questo avrebbe posto un argine alla crescita del P.C.I.
E ora facciamo un salto di qualche decennio sino ai giorni nostri e atterriamo insieme a Franca
all’aeroporto di Los Angeles dove era ad attenderci la Glen. Al ritiro bagagli ho incontrato il grande
ex campione di motociclismo Max Biaggi con la sua famiglia. L’ho salutato con cordialità, ma lui è
stato piuttosto freddino, in totale contrasto con l’esempio che vi ho fatto prima, ma va a sapere i
motivi, non necessariamente di “puzza sotto il naso”.
La nostra prima visita è stata a una delle vie del lusso più famose del mondo, Rodeo Drive, dove si
susseguono decine e decine di boutique dei marchi più prestigiosi della moda e quel che mi ha fatto
più piacere e riempito di orgoglio è che in larga maggioranza sono italiani.
Los Angeles è sull’Oceano Pacifico, le sue spiagge sono state rese famose dal cinema; fra le più celebri, Malibu e Laguna Beach. L’immagine più piacevole e nota di Malibu è quella con la foto di
una bella bagnina tipo ‘Baywatch’ con bikini rosso, per il resto non ha nulla di particolare, salvo alcune dimore di vari attori di Hollywood. Laguna beach è molto più bella e spettacolare, le onde
dell’oceano sono possenti anche in una gior-nata di grande calma, uno dei posti ideali per gli amanti
del surf. Le case a picco sulla scogliera sono stupende e fra i proprietari c’è anche un certo Bill Gates. Bisogna fare molta attenzione agli orari delle maree perché il livello dell’acqua sale di un buon
metro e la corrente può trascinarti via.
Entriamo nel cuore del quartiere di
Hollywood, dove vi sono alcuni locali caratteristici e la famosa ‘Walk
of Fame’: nelle immagini le mani e
la firma di due miti del cinema,
Gregory Peck e John Travolta.
Proseguiamo ora verso la celeberrima Beverly Hills, dove sono insediate le dimore di grandi attori,
come Michael Jackson, Tom Cruise, John Wayne ed altri.
Ovviamente non abbiamo perso l’occasione di visitare uno degli studios più importanti, la Warner
Bros.. Nelle immagini gli esterni di alcune case d’epoca totalmente artefatte: esiste solo la facciata
in carton gesso, dietro… niente!
Come non sfruttare poi l’occasione per sederci, con Franca e Glen, al “Bar dei Cow boys” dove sono stati girati innumerevoli western! Purtroppo non avevo ne’ pistola ne’ Stetson in testa… ma vicino a me c’era Calamity Jane…
Successivamente visita d’obbligo al museo Paul Getty, ove sono riprodotti alcuni ambienti, ville
romane e anfiteatro ove periodicamente vengono recitate tragedie greche.
Non poteva mancare la partecipazione a una importante, spettacolare partita di baseball nel famoso
stadio dei ‘Los Angeles Dodgers’ (primi in classifica nella serie A). Abbiamo assistito all’intero incontro fra i Dodgers e gli Atlanta Braves, vinto dai Dodgers anche grazie a due home runs del grande Matthew Ryan “Matt” Kemp.
Toccante l’inizio al suono di The Star-Spangled Banner ("La bandiera adorna di stelle"), l’inno
americano, cantato da tutti in piedi e con la mano sul cuore (come da radicata consuetudine) e la
dedica del match a Vin Scully, un mito dei radiocronisti, equivalente dei nostri Nicolò Carosio o
Nando Martellini, che celebrava i suoi 65 anni di attività. In ricordo dell’evento è stato donato un
microfono d’epoca a tutti gli spettatori che custodirò gelosamente.
La visita successiva è stata alla Reagan Library, museo/mausoleo
ove è seppellito Ronald Reagan, uno dei più grandi presidenti degli Stati Uniti. Abbiamo visitato il suo Air Force One, la limousine e l’elicottero presidenziale e tante immagini della vita di Reagan, dalla sua attività giovanile come attore, del periodo in cui fu
governatore della California, dei suoi incontri con Gorbaciov e la
visita alla muraglia cinese. Reagan vinse la guerra fredda, e sconfisse il comunismo puntando sulla tecnologia (scudo spaziale),
abbatté il muro di Berlino (“Mr. Gorbaciov, tear down that wall”),
abbassò le tasse (flat tax) che permise di pari passo di far crescere
il gettito fiscale dei ricchi, aumentò l’occupazione, diminuì la burocrazia, ridusse il potere dei sindacati (controllori di volo).
Tutto ciò è illustrato, spiegato e documentato dagli scritti di Walter Prescott (premio Nobel in economia) e di Arthur Lasser (consigliere economico di Reagan). Basterebbe copiare e usciremmo dai
nostri guai italiani.
Ed eccoci alla visita allo Science Center. La
maggiore attrazione di questo Centro/Museo è
la Space shuttle (navetta spaziale) Endeavour. Il
nome della navetta deriva dall’omonimo, famoso vascello del mitico Capitano Cook, celebre
esploratore inglese. Per me è motivo di nostalgia in quanto, a suo tempo, appartenevo a una
società (TRW) che costruì il motore del
razzo Apollo che portò i primi astronauti sulla Luna ed ebbi
anche la fortuna di conoscerne uno, Glen Scott, nel corso di
una convention della mia società. Nel Centro sono ripresi
vari moduli, satelliti e apparecchiature scientifiche portati in
orbita dall’Endeavour, un Lockeed SR-71, l’aereo spia più
famoso e veloce del mondo, nonché un vecchio monoplano
della prima guerra mondiale. Quanto progresso in meno di
un secolo! C’è un significativo dettaglio che mi ha colpito
particolarmente: lo Space Center fa parte di un polo museale
ove è stato creato anche un centro archeologico dedicato a
Pompei. Nello stesso sito c’è lo stadio olimpico ove si svolsero le olimpiadi del 1984, al quale è stato dato il nome di
Colosseo.
Ecco dunque gli americani fare pubblicità e promozione ai nostri capolavori più di quanto ne facciamo noi…
Concludo la carrellata con un paio di immagini della piacevole casa di due nostri amici, con piscina
e laghetto con i pesci rossi. La cosa più sorprendente è stata quando ci hanno candidamente raccontato che quando escono lasciano sempre la porta di casa aperta, tanto sono sicuri di non ricevere visite spiacevoli.
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Vorrei ora terminare questa rapida panoramica esternandovi alcune veloci osservazioni e considerazioni sullo stile di vita americano:
- i musei americani sono tenuti in un modo impeccabile e offrono una grande varietà di servizi. Sono sempre aperti, inclusi i week end. Sarebbe folle sia pure ipotizzare che nel pieno
della stagione turistica un celebre museo è chiuso per assemblea sindacale, rimandando
quindi a casa migliaia di turisti scornati, con conseguenti disastrosi effetti promozionali. Il
Metropolitan Museum a New York stacca più biglietti di tutti i musei italiani sommati insieme ed è gestito da una fondazione. Noi invece riusciamo a far scappare dalla Scala di Milano e poi dal Teatro dell’Opera di Roma uno dei più grandi e famosi direttori d’orchestra
del mondo, perché pretendeva troppo dai suoi orchestrali stremati…
- Los Angeles è una città che conta 12 milioni di abitanti. In due settimane l’abbiamo girata in
lungo e in largo e non mi è capitato di vedere un sacchetto di spazzatura per terra. La raccolta dei rifiuti è gestita da società private che devono rigorosamente seguire regole e capitolati
prescritti dal Comune, i cui ispettori compiono visite frequenti e oculate, infliggendo sanzioni ove necessita, senza possibilità di ricorso ad un TAR (che fra l’altro non esiste).
- Rispetto all’Italia la burocrazia è a livelli minimi. In meno di un mese si ha l’autorizzazione
ad aprire un’attività commerciale. La stragrande maggioranza dei cittadini si compila da sola
la dichiarazione dei redditi facendo a meno di una marea di commercialisti o di CAF (i centri di assistenza finanziaria, gestiti dai sindacati, a pagamento e che godono in aggiunta di
notevoli sussidi governativi).
- L’iscrizione alle Camere di Commercio è puramente facoltativa. Non esiste l’obbligo
d’iscri-zione (e di pagamento quote) per attività commerciali o di consulenza. Le Camere di
Commercio sono associazioni volontarie ove i soci (essenzialmente imprenditori) hanno lo
scopo di promuovere le attività, i prodotti e le esportazioni della regione ove operano. Le
nomine sono elettive (da parte dei soci), ovviamente senza la minima ingerenza politica.
- È per loro inconcepibile la nostra proliferazione di aziende municipalizzate (ne abbiamo circa 14.000 con dirigenza tutta politicizzata), i circa 7.000 enti inutili, lo spropositato numero
di guardie forestali (superiore a quello di Stati Uniti e Canada uniti insieme), lo staff esorbitante di certe regioni, il tutto mirato a creare serbatoi di voti e corruzione.
- Le autostrade sono a dodici corsie (6+6) e non si paga alcun pedaggio.
- Il prezzo della benzina è meno della metà rispetto al nostro, anche per merito della nuova
tecnologia del fracking che ha contribuito a ridurre sostanzialmente il costo del carburante e
la dipendenza degli USA dall’estero.
- Il costo di case, cibo, vestiti sono paragonabili al nostro.
- Stipendi e salari sono superiori ai nostri e le tasse nettamente più basse (a causa del costo di
stato e politica nettamente inferiore al nostro).
- La disoccupazione è al 6% contro 14% da noi. Ancora più abissale il distacco se si paragonano i tassi di occupazione.
- La giustizia è enormemente più rapida e basata su una netta separazione delle carriere (P.M.
e Difesa sono sullo stesso livello). È assolutamente protetto il diritto di proprietà. Quanto
succede in Italia con la vergognosa occupazione abusiva d’immobili e la restituzione al legittimo proprietario dopo un paio d’anni di ricorsi, da quelle parti è inconcepibile. Se dovesse mai avvenire, basta chiamare la polizia e dopo un’ora gli occupanti sono fuori e probabilmente in galera.
- Il loro livello di istruzione superiore è nettamente più elevato. Non esiste università italiana
fra le prime 100 nel mondo, mentre li prosperano Harvard, MIT, Berkeley, Stanford, Caltech, Yale, etc, con numerose borse di studio per i meno abbienti. Questi istituti sono gestiti
da fondazioni i cui soci fondatori sono spesso aziende private e benefattori. I presidi scelgo-
no i docenti in base a criteri di meritocrazia. Non esiste un ministero della pubblica istruzione che decide rettori e, spesso, docenti. Poiché non esiste un valore legale del titolo di studio, l’accesso alle migliori università avviene attraverso un rigoroso test di ammissione gestito solo ed esclusivamente dall’università stessa.
- Esiste una cultura e una struttura molto favorevoli all’imprenditorialità. Se da noi fossero
nati Steve Jobs (Apple), Bill Gates (Microsoft), Larry Page (Google) e avessero iniziato la
loro attività in un garage come, in effetti, hanno fatto, dopo 24 ore avrebbero ricevuto la visita di grigi burocrati della Asl che li avrebbe costretti a chiudere. Ricordate il nome di Larry
Page! Vedrete cosa sarà capace di realizzare nei prossimi anni, a beneficio di tutta l’umanità. Idem c.s. per i pionieri della tecnologia del fracking, George Mitchell e Harold Hamm,
che senza un dollaro di finanziamento pubblico, hanno rivoluzionato l’industria energetica.
- I valori fondanti della loro civiltà sono:
Liberty - In God we trust - E pluribus Unum.
(Libertà – Crediamo in Dio – Da molti, uno) 1
CONCLUSIONE
La seguente riflessione conclusiva mi è purtroppo sfuggita ed è quindi rimasta inespressa alla fine
della mia relazione sul “La mia America” a causa della perdita di tempo e della confusione causatami dal guasto al proiettore. Avrei davvero tenuto a precisare che sono molto nazionalista e
l’attaccamento alla mia Patria e alle mie radici è totale. Il mio impietoso paragone fra Stati Uniti e
Italia della struttura politica e istituzionale, della situazione economica, dell’arretratezza ideologica
di certi centri di potere, ha sì lo scopo di darvi una visione non convenzionale dei nostri fardelli culturali ma, cosa ancor più importante, spero serva da stimolo per chiedere una rapida attuazione di
quei cambiamenti indispensabili per uscire dalla nostra grave crisi (parola che, guarda caso, significa “cambiamento”) e migliorare quindi la qualità della nostra vita.
So perfettamente, ad esempio, che in Italia si trova circa l’80% dei tesori artistici presenti nel mondo. Ma il modo in cui gestiamo questa inarrivabile bellezza è deplorevole. Non voglio assolutamente che la nostra civiltà, faro ineguagliabile per millenni per il resto del mondo, entri in una fase di
decadenza, come è purtroppo già successo per altre grandi civiltà.
Spero di aver dato un piccolo contributo per stimolare un’inversione di tendenza assolutamente alla
nostra portata. Sì, possiamo farlo, “yes we can”. Basta solo la volontà civile e politica di farlo, altrimenti rassegniamoci ad un inesorabile e triste declino.
Relazione tenuta il 22 gennaio 2015
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Past President 2008-‘09
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I tre motti sono riportati su tutte le monete. Il secondo su ogni banconota. Il terzo sullo stemma nazionale.