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n.148 / 17
23 GENNAIO 2017
L’ignoranza digitale
genera mostri
Spy story. La CIA. Lo Stato in pericolo. Un clamore enorme durato due-tre giorni e finito nel
nulla. Questa è la veloce parabola parossistica
della vicenda Occhionero, i due fratelli beccati
a “spammare” malware a indirizzi email eccellenti e non. Una vicenda figlia dell’ignoranza
digitale. La totale ignoranza e inesperienza
digitale sulla quale contava l’ing. Occhionero
per sperare che le proprie prede cadessero
nel tranello. Un tranello costituito da bislacchi
allegati addirittura “.exe”, eseguibili che
scatenano gli alert di qualsiasi client di posta
prima che vengano aperti. File dai nomi che
puzzano di bruciato da chilometri come “Fwd
Re olio di colza aggiornamento prezzo.exe”.
Malware, quindi, non nascosti subdolamente
in file di testo o PDF, ma proprio eseguibili
che – è proprio l’A-B-C - non dovrebbero mai
essere lanciati da una mail. Malware quindi
poco sofisticati.
Il fil rouge che tiene insieme tutta la vicenda,
l’ignoranza digitale, mista alla fretta di uscire a
tutti costi con le notizie, ha portato fuori strada
tutta la stampa, che si è esposta, supportata
dalle Agenzie di stampa, a dire che fossero
stati violati account rilevanti per la sicurezza
nazionale, come quello di Renzi. Addirittura alcuni si sono spinti a definire “spiato” il cellulare
personale dell’ex-premier, che notoriamente è
un iPhone (e quindi del tutto indenne a questo
“tradizionale” virus per Windows). Un po’ di
preparazione ed esperienza sui fatti digitali
avrebbe non solo consigliato maggiore cautela
ma anche permesso facilmente (anche senza
la pagina 14 dell’ordinanza) di capire che agli
account che contavano erano stati solo tentati
degli attacchi (probabilmente finiti addirittura
in spam e neppure visti dai diretti interessati).
Email di questo tipo arrivano tutti i giorni sulle
caselle di tutti, ovviamente autorità comprese.
E non per questo la sicurezza nazionale è in
discussione. Si dovrebbe parlare, al massimo,
di procurato allarme causato da parte di chi
ha “drammatizzato” un evento da cronachella
corrente della società digitale.
La catena dell’ignoranza digitale prosegue
sull’onda del clamore mediatico generato
dalle battute di stampa, tanto che i vertici della
Polizia, incalzati dai media, decidono, a nostro
avviso affrettatamente, di rimuovere dall’incarico il comandante della Postale, reo di non aver
allertato le cariche istituzionali della vicenda.
Vicenda che, a ben vedere, non aveva affatto
la dimensione e la rilevanza da consigliare
informative particolari alle autorità oggetto degli attacchi. Questo soprattutto perché siamo
certi che le stesse caselle implicate, proprio
in queste ore stanno ricevendo, da altre fonti
neppure note, decine e decine di altre email
trabocchetto simili, che regolarmente antivirus
e soprattutto funzionalità base dei client di
posta aggiornati intercettano e mettono nella
cartella “spam” o Junk email”.
Il caso Occhionero ha mostrato tutti i limiti non
della sicurezza nazionale quanto del legame
fragile tra informazione, opinione pubblica
e comportamenti privati e istituzionali in un
contesto di diffusa ignoranza digitale. È vero,
siamo vulnerabili, ma non perché due fratelli
romani si sono infiltrati nei gangli dello Stato;
piuttosto perché non sappiamo riconoscere le
minacce vere da quelle false, non sappiamo
dare una dimensione corretta alle “cose della
rete”. Il risultato più diretto di tutto ciò è solo
aver alzato ulteriormente le barriere emotive
ed culturali di chi tende a diffidare degli strumenti digitali. Un pizzico di conoscenza, anche
dei fatti “digitali” è invece l’unico strumento di
difesa che ci resta contro “post-verità” e “fatti
alternativi”.
Gianfranco Giardina
MAGAZINE
Caso Eye Pyramid
Occhionero non era
un vero hacker 09
L’OLED Philips
Strategia Mediaset
con l’Ambiligth
Premium aperta
arriva a febbraio 11 ad altri editori 02
Galaxy S8, escono nuove foto
Addio a MWC e tasto home
13
Samsung conferma che l’S8 non verrà
mostrato al Mobile World. Intanto nelle prime
foto il Galaxy S8 appare privo del tasto Home
Ecco come Lufthansa
cambierà il modo di volare
06
A Francoforte Lufthansa ha presentato la sua
visione del futuro dell’aviazione civile: servizi
sempre più smart, sia a terra che in volo
Primi scatti con le nuove Fujifilm
28
Presentata la gamma 2017, siamo riusciti a
provare qualche scatto con la X-T20 e la X100F
19
Renault Zoe: 400 Km senza ansia
La nuova batteria da 41 kWh porta l’autonomia
a 400 km e cancella l’ansia di restare a piedi
34
Vodafone TV, acerba
ma promette bene
30
Decoder TIMvision
Ha buone potenzialità
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
MERCATO Mediaset ha presentato il piano con cui punta a massimizzare gli utili da qui al 2020
Mediaset “apre” Premium a tutti i produttori
e annuncia una piattaforma on-demand gratis
Nella strategia Mediaset un nuovo ruolo della pay-TV, aperta a editori terzi, Video On Demand
gratuito che vedremo a fine 2017 (Infinity Free?) e un approccio più “sostenibile” alla pay TV
M
di Emanuele VILLA
ediaset ha presentato a Londra il
piano strategico con cui l’azienda italiana - da mesi al centro
dell’attenzione mediatica per il rapporto con Vivendi - fissa le linee guida che
dovrebbero portarla, entro il 2020, a un
miglioramento dell’EBIT (utile operativo
prima delle tasse e oneri finanziari) di
468 milioni di euro.
La roadmap, molto precisa e dettagliata,
prevede un forte intervento su diversi
fronti, da un aumento del market share
pubblicitario sul mercato italiano a una
revisione dei confini e delle finalità della
pay TV. In particolare, quest’ultima dovrebbe contribuire al risultato prefisso
con un incremento di 200 mln di euro,
mentre la quota di Mediaset nel mercato pubblicitario dovrebbe passare dal
37,4% al 39% per un +90 milioni entro
il 2020. Altri risultati positivi si dovrebbero vedere sul fronte delle maggiori
efficienze di tipo organizzativo, capaci
di generare un incremento EBIT di 123
mln rispetto al 2016.
Modello sostenibile con
o senza calcio. E apertura
di Premium a editori terzi

Premium è ovviamente il punto su cui si
focalizzano tutte le attenzioni. L’obiettivo di Mediaset è quello della piena
sostenibilità della piattaforma pay, con
torna al sommario
o senza il calcio. Premium, fatti salvi
aggiornamenti importanti della questione Vivendi, deve trasformarsi in un’importante voce di utile mantenendo un
approccio sostenibile a prescindere
da eventuali acquisizioni di diritti sul
calcio.
Detto in altre parole, Mediaset continuerà a guardare al calcio come un’opportunità ma questo non sarà centrale
nelle proprie strategie, che invece
considerano fondamentale l’apertura
della piattaforma tecnologica Premium
a “tutti i produttori di contenuti interessati a un’offerta pay”.
Ciò significa che la piattaforma di Premium - unica a pagamento sul digitale
terrestre - sarà a disposizione degli editori che vorranno accedervi e portare i
propri contenuti a chi è già abbonato
(4 mln di Card e 6 mln di dispositivi) e
chi lo sarà. Considerando peraltro le
limitazioni di banda tipiche del digitale
terrestre, non è escluso che un’operazione di questo tipo - qualora di successo - possa portare la piattaforma Premium anche su satellite, tanto più che
Mediaset potrebbe tranquillamente
usare il medesimo sistema di accesso
condizionato sia per il digitale terrestre
che per il satellite.
Mediaset Infinity gratuito
con pubblicità?
Nel piano strategico viene menzionato
anche un altro progetto molto importante che vedrà la luce entro la fine
del 2017. Mediaset è infatti al lavoro su
una “nuova piattaforma che fornisca
un’esperienza di Advertising Video on
Demand comparabile a quella offerta
da Infinity nel mercato del Subscription
Video on Demand”. Tradotto: se consideriamo Infinity come il Netflix di casa
Mediaset, la nuova piattaforma punterà
a offrire la medesima esperienza ma
sarà gratuita, con modello di business
sostenuto dalla pubblicità.
Resterà intatta l’esperienza on-demand
e multi device tipica di Infinity: nonostante non ci sia menzione diretta ai
contenuti disponibili, si potrebbe trattare di un vero e proprio Infinity Free sul
modello inaugurato tempo addietro da
Spotify, ma magari con contenuti tratti
anche dal digitale terrestre e dai canali
della piattaforma Premium. Lo scopriremo più avanti nell’anno, ma quello che
è certo fin d’ora è l’interesse di Mediaset a spingere sempre più sui contenuti
online e/o on-demand.
Android TV 7.0
su tutti i TV
Sony, ma ci
vorrà tempo
Gli Android TV Sony
(anche i più datati)
riceveranno l’update
ad Android 7.0 Nougat
L’aggiornamento
include la gestione
HDR HLG e sarà
rilasciato nel corso
dell’anno, ma ancora
non sono note
le tempistiche
di Roberto PEZZALI
I TV Android Sony, dopo aver
ricevuto l’aggiornamento ad
Android 6.0 verranno progressivamente aggiornati anche a
Android 7.0 Nougat. Una scelta
da applaudire, anche se non si
conoscono le tempistiche: per
Android 6.0 ci è voluto un anno,
per Android 7.0 probabilmente servirà altrettanto tempo. Le
novità introdotte dalla nuova
versione, almeno per quanto riguarda la parte “TV”, sono fondamentali: c’è il supporto alle
API Vulkan per poter giocare sulla TV a giochi ancora più complessi e pesanti, ma anche una
gestione migliorata dell’HDR
con supporto a tutti gli standard.
Android 7.0 Nougat porta in dote
anche la compatibilità con l’HLG,
lo standard HDR per le trasmissioni televisive. Un nodo questo
ancora tutto da sciogliere però:
sulla gamma che ha presentato
a Las Vegas Sony aggiungerà
l’HLG nella prima metà del 2017
tramite aggiornamento software,
mentre sulla gamma 2016 non
è dato sapere se questa verrà
aggiunta subito (e soprattutto
se verrà aggiunta). Restando in
tema HDR nessuna novità per il
Dolby Vision: solo l’OLED, lo ZD9
e gli XE93 e XE94 del 2017 verranno aggiornati allo standard
Dolby, anche se la cosa inizialmente riguarderà solo l’HDMI.
Per le app in Dolby Vision, ad
esempio Netflix, si dovrà aspettare Nougat.
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
MERCATO Le Fiamme Gialle hanno operato perquisizioni e sequestri di alcuni prodotti Samsung
Sequestrati smartphone e tablet Samsung
Violazione di brevetti. Dubbi sulle modalità
Si parla della violazione di un brevetto registrato in Italia. Perché allora un sequestro locale?
B
I piccoli dispositivi
per ordinare i prodotti
si trasformano
in pulsanti virtuali
sull’app e sull’homepage
di Amazon. Si attivano
automaticamente in base
ai nostri acquisti
di Roberto PEZZALI
en 26 perquisizioni in altrettanti
punti vendita, da Media World a
Gran Casa: la Guardia di Finanza
del Comando provinciale di Vicenza ha
sequestrato nei giorni scorsi 21 modelli
recenti di smartphone e tablet Samsung
seguendo le indicazioni del sostituto
procuratore della Repubblica di Vicenza,
Hans Roderich Blattner.
La decisione è stata presa perché nel
corso delle indagini sarebbe stata accertata la violazione di un brevetto europeo registrato e valido sin dal 2002 di
proprietà di un’azienda italiana, azienda
della quale al momento non si conosce
il nome. Il brevetto in questione riguarda il software ed è relativo alla visualizzazione grafica del livello di volume
quando vengono collegate cuffie o auricolari: il brevetto prevede che il livello
cambi colore con l’aumento dei decibel
per indicare la pericolosità all’udito. Secondo chi ha denunciato Samsung, la
violazione del brevetto è costata almeno 60 milioni di euro a livello europeo e
almeno 10 milioni sul mercato italiano,
ed è quindi probabile che prima di ar-
di Giulio MINOTTI
rivare alla denuncia l’azienda italiana
abbia cercato un accordo con Samsung
che però non è riuscita a concludere.
Secondo alcune fonti locali la finanza
avrebbe provveduto a “a sequestrare
smartphone e tablet al fine di procedere ad una perizia che consenta di
definire con maggiore compiutezza di
elementi le diverse varianti di contraffazione a seconda del modello e del tipo
di sistema operativo utilizzato”.
Una brutta questione, anche se restano
molti dubbi: perché montare una ope-
razione così “visibile” per prendere 21
prodotti e accertarsi che violino davvero il brevetto? Possibile che Samsung
non abbia collaborato fornendo essa
stessa i modelli, evitando così i titoli dei
giornali e un danno d’immagine? Se il
brevetto è registrato in Italia ed è stato
realmente violato perché è stata fatta
una perquisizione con sequestro solo
nel vicentino?
Samsung è al corrente della cosa e l’ufficio legale è al lavoro per capire cosa
sia realmente successo.
MERCATO Lo scandalo che coinvolge i vertici governativi del Paese si allarga a Lee Jae-Yong
Samsung: mandato d’arresto per il vice president
Lee Jae-Yong, prossimo numero di Samsung, invischiato in una storia di corruzione
di Dario RONZONI
L

o scandalo che sta investendo in
questi giorni i più alti vertici governativi della Corea del Sud si allarga
all’azienda che più di ogni altra rappresenta il Paese asiatico nel mondo: nelle
scorse ore è stato richiesto un mandato
d’arresto per il vice presidente di Samsung Lee Jae-Yong, rampollo della famiglia fondatrice e da molti indicato come
futuro numero uno dell’azienda. L’accusa
è di corruzione nell’ambito dell’inchiesta
sullo scandalo che ha coinvolto, tra gli
altri, la presidente della repubblica Park
Geun-Hye e la sua confidente Choi SoonSil. Il tutto è cominciato giovedì scorso,
quando Lee è stato sottoposto a 22 ore
torna al sommario
Amazon
Dash Button
diventa virtuale
Acquisti più facili
e più veloci
di interrogatorio, al termine
delle quali la sua posizione
parrebbe essersi aggravata.
L’accusa riguarda l’erogazione
di 18 milioni di dollari da parte di Lee a Choi in cambio di
appoggi politici per facilitare
un’operazione di riassetto
strategico dell’azienda, con
il coinvolgimento del servizio
pensionistico pubblico coreano. Lo scandalo ruota attorno a Choi,
60enne consigliera della presidente, arrestata a novembre con l’accusa di aver
costretto importanti gruppi industriali a
versare denaro a fondazioni dal dubbio
curriculum, liquidità di cui si sarebbe poi
impossessata per fini personali.
Come prevedibile, il titolo Samsung ha
subito un forte contraccolpo sui mercati, con la piazza di Seul a risentirne
maggiormente. Solo nei prossimi giorni
sarà tuttavia possibile stimare l’effettiva
portata dell’evento sugli assetti interni di
Samsung.
I Dash Button, i piccoli tasti
di Amazon per ordinare i prodotti con un semplice click, sono
arrivati da qualche mese anche
nel nostro Paese. Dispositivi che
hanno avuto un grande successo
in tutto il mondo.
Amazon ha, quindi, deciso di inserirli anche nella sua app e sulla
sua homepage. Un sistema di acquisito “one-click” che si attiverà
automaticamente in base agli acquisiti più recenti o più frequenti,
visualizzando sullo schermo di
PC e device mobili la versione
virtuale del Dash Button.
Un portavoce di Amazon ha dichiarato che i membri Prime saranno anche in grado di creare
un pulsante virtuale per decine
di milioni di prodotti sfruttando
l’apposita voce “Aggiungi ai tuoi
Dash Button” presente sulle pagine di tutti gli articoli compatibili
con questo sistema di acquisto.
Anche questi pulsanti virtuali
sono gratuiti (i bottoni Dash fisici costano 4.99 euro, ma il loro
costo viene detratto dal primo
ordine effettuato) e al momento
non sembrano essere ancora
disponibili nel nostro Paese. Ma
considerando la presenza della
controparte fisica, siamo certi
che non tarderanno ad arrivare.
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
MERCATO In arrivo la legge che regolamenterà la sharing economy connessa al social eating
Legge sugli home restaurant, è già bufera
Prima del passaggio al Senato si alza l’autorevole voce di Cristiano Rigon, founder di Gnammo
di Alvise SALICE
L
a Camera dei Deputati ha approvato il testo della legge che disciplina
l’attività di ristorazione in abitazione privata, oche definisce un perimetro
normativo per il fenomeno dell’home
restaurant. È stata la crescente diffusione di questo format, consistente nell’organizzazione di cene casalinghe a
pagamento prenotabili sul web, ciò che
ha spinto Nino Minardo del Nuovo Centrodestra a proporne regolamentazione
nell’aula di Montecitorio.
Punti salienti del disegno di legge
• Obbligo di utilizzare piattaforme digitali per gestire le prenotazioni e i pagamenti dei clienti (non sarà più possibile telefonare direttamente o pagare in
contanti).
• Massimo di 500 coperti all’anno per
proventi complessivi non superiori ai
5.000 euro annui.
• Obbligo per le case-ristorante di dotarsi della certificazione d’agibilità (se
non presente) e di tutte le caratteristiche
igieniche previste per le abitazioni.
• Divieto di ospitare un home restaurant
e contemporaneamente un B&B (o una
casa vacanze) in una stessa abitazione.
Ora la legge passerà al vaglio del Senato,
ma nel frattempo salgono già rumorose le
rimostranze degli addetti ai lavori nel settore: home chef, startupper, imprenditori
che investono nelle varie piattaforme web
di social eating. Cristiano Rigon, founder
di Gnammo, leader del settore in Italia, ha
commentato con toni polemici l’approvazione della Camera della legge n. 3258:
“Si tratta di una legge fortemente voluta
da insistenti attività di lobbying da parte
delle associazioni di categoria, che non
hanno realmente compreso quanto l’home restaurant sia lontano dall’esperienza del ristorante e sia non avversario ma
strumento di sviluppo del settore.”
Secondo Rigon, tuttavia, la normativa
può avere anche risvolti migliorativi del
business: “Da una parte è senza dubbio
positivo il fatto che esista una norma che
regolamenti le attività di Home Restaurant, in quanto permetterà a tutti gli aspi-
ranti cuochi di sperimentare la sharing
economy senza paura di andare contro
le autorità. Di contro però, sarebbe stato
più opportuno, come prima cosa, normare a livello quadro la sharing economy,
negli aspetti condivisi da tutte le attività,
per poi scendere, se e dove necessario,
a specificare i paletti da mettere nei singoli settori”. E’ tuttavia evidente che le
forti restrizioni contenute nel testo uscito
da Montecitorio minaccino di limitare pesantemente le opportunità di crescita del
business Home Restaurant, soprattutto
perché “Tale forte limite di “profitto” significa non aver compreso il potenziale della
sharing economy, ma tutelare incondizionatamente una categoria a discapito di
un’altra, misurandola su piani differenti”.
L’auspicio degli addetti al settore home
restaurant e social eating è che i lavori
parlamentari proseguano in senso distensivo.
MERCATO 10.3 miliardi i ricavi generati dai contenuti in streaming (+15% rispetto al 2015)
In USA lo streaming supera le vendite di Blu-ray e DVD
Vendite e noleggi su disco si fermano a 8 miliardi di dollari, nonostante i nuovi Blu-ray Ultra HD
di Alvise SALICE
S

econdo il report ufficiale del
Digital Entertainment Group, nel
2016 le vendite USA di contenuti
video in streaming hanno sorpassato
quelle su DVD e Blu-ray Disc. I consu-
torna al sommario
matori statunitensi hanno infatti speso
10.3 miliardi di dollari complessivi in
contenuti streaming, suddivisi in 6.2
miliardi in abbonamenti a servizi di
content providing tipo Netflix, e altri 4.1
miliardi di dollari su vendite e noleggi in digital delivery (modello iTunes).
Pur non includendo i
risultati di servizi minori come Amazon
Prime Video, il DEG
ha registrato per
il segmento dello
streaming una crescita del 15% rispetto
al 2015, che ha fatto
di contraltare all’ennesimo calo del giro
d’affari mosso dal mercato dei supporti
ottici: le vendite di Blu-ray e DVD sono
scese del 9.5%, totalizzando nel 2016
5.5 miliardi di dollari, mentre i noleggi addirittura del 17.8%, fermandosi a
quota 2.5 miliardi, per un totale di 8 miliardi di dollari ricavati dai dischi video.
Oltre il 22% in meno rispetto al flusso
finanziario generato dallo streaming:
un dato estremamente indicativo del
trend ormai irreversibile raggiunto dal
mercato, specie se pensiamo che nel
2016 sono stati introdotti i Blu-ray UltraHD, che di certo hanno diversificato
il mercato dei supporti fisici, costituendo (almeno per il momento) la soluzione ideale per chi voglia sfruttare appieno le potenzialità di un TV 4K.
Continua
la rimonta
del vinile
Un miliardo
di dollari nel 2017
Il mercato del vinile
porterà nel 2017
un fatturato complessivo
mondiale di un miliardo
di dollari. Il disco nero
continua la rimonta
nel residuo spazio
dei supporti fisici
di Roberto FAGGIANO
Ancora previsioni positive per il
vinile: secondo gli studi di Deloitte
il mercato dei dischi e degli apparecchi per riprodurli dovrebbe raggiungere un fatturato di 1 miliardo
di dollari nel 2017. Di questa cifra il
90% arriverà dalla vendita di dischi
nuovi e usati mentre il rimanente
verrà dalla vendita di nuovi giradischi e accessori. Per il settimo anno
consecutivo l’aumento di vendite
dei dischi sarà a doppia cifra, con
una spesa media di 20 dollari per
ogni disco con circa 40 milioni di
pezzi venduti. Il vinile dovrebbe
generare circa il 18% di fatturato
sul mercato musicale dei supporti
fisici e un 6% del mercato musicale globale; per alcuni artisti però il
vinile potrebbe arrivare fino al 10%
del fatturato. Gli appassionati di
vinile nel mondo che compreranno almeno un disco nel 2017 dovrebbero essere circa 20 milioni.
Lo studio Deloitte riporta anche
alcuni numeri sul vinile negli anni
70, quando il disco nero era la sorgente musicale principale: nel 1977
negli Stati Uniti vennero venduti
534 milioni di dischi, seguiti da 164
milioni di audio cassette su nastro.
All’epoca i dischi neri rappresentavano il 75% dei ricavi dell’industria
discografica, fino a raggiungere il
record di oltre un miliardo di dischi
venduti nel 1981.
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
MERCATO La radio digitale DAB continua la sua espansione per migliorare la copertura sul Nostro territorio e sulla rete stradale
Radio digitale DAB nel 2017: 95% delle province coperte
Arrivano nuove radio e il servizio di informazioni sul traffico TPEG. Ma la strada per coprire tutto il territorio è ancora lunga
L
di Roberto FAGGIANO
a radio digitale DAB per molti è
ancora un oggetto misterioso e i ricevitori per ascoltarla ancora poco
diffusi, ma non si può dire che i diversi
consorzi di emittenti non si stiano dando molto da fare. Tra la fine dello scorso
anno e l’inizio del 2017 le novità sono
già state molte e per il seguito dell’anno si annunciano grandi progressi nella
copertura e nella funzionalità. Nella cartina qui sotto potete osservare la copertura globale prevista per la primavera di
quest’anno.
Andiamo ora per ordine illustrando le
novità dei consorzi.
Eurodab Italia: nuove stazioni
e info sul traffico con il TPEG
Il consorzio Eurodab Italia negli ultimi
mesi del 2016 ha ottimizzato la copertura
già esistente, in particolare sui tratti autostradali in Veneto e Friuli della A4, e della
A27 mentre ha reso continuo l’ascolto in
mobilità lungo la A1. Inoltre accesi nuovi
impianti in Valle d’Aosta. Per quanto riguarda il 2017, è prevista la copertura delle aree della Toscana, Piemonte Occidentale e Sardegna. In tema di nuove stazioni
nel corso del 2016 è stata inserita Radio
Freccia, mentre nei giorni scorsi si è aggiunta al consorzio l’emittente nazionale
radio KissKiss. La novità più importante
per chi viaggia è invece la diffusione di
notizie sul traffico in tempo reale nello
standard TPEG (Traffic Protocol Experts
Group) in collaborazione con InfoBlu. Al
momento i dispositivi già compatibili con
questo standard sono alcuni navigatori
della Garmin, in grado di ricevere le informazioni tratte dal DAB ed elaborarle sul
percorso stradale che si sta seguendo, in
modo da evitare lavori stradali e incidenti,
ricalcolando un nuovo percorso.
DAB Italia: obiettivo 95%
delle province italiane
Il consorzio DAB Italia può attualmente
vantare la migliore copertura del territorio e entro la fine del 2017 punta a coprire il 95% delle province italiane con il
suo segnale; in percentuale si arriverà a
coprire l’85% della popolazione in mobi-
MERCATO Nell’ultimo quarto del 2016 il servizio di streaming supera le più rosee aspettative
Netflix: 7 milioni di nuovi abbonati nell’ultimo trimestre
Forte crescita fuori dagli Stati Uniti, in arrivo contenuti originali sempre più internazionali?
C
di Dario RONZONI

ifre record per il più popolare servizio di streaming online: nell’ultimo
trimestre dell’anno Netflix ha visto
crescere la propria base di abbonati di
ben 7 milioni di unità. Scorporando i dati,
2 milioni di nuovi utenti provengono dal
mercato interno statunitense, mentre gli
altri 5 dal resto del mondo. I dati sono
impressionanti se messi a confronto con
le previsioni stilate nei mesi precedenti da
Wall Street, che si fermavano a 1,38 milioni
sul mercato domestico e 3,78 worldwide.
Il dato più significativo riguarda proprio
la crescita al di là dei confini statunitensi,
non così scontata considerando l’offerta,
specie di contenuti originali, ancora piuttosto concentrata sulle esigenze e i gusti
torna al sommario
del pubblico medio americano.
I vertici di Netflix non a caso
sottolineano il
successo della
prima stagione
di 3%, la serie
distopica brasiliana che ha
ottenuto riscontri di pubblico molto positivi non solo sul
fronte latino-americano, ma anche, opportunamente sottotitolata in inglese, su
quello statunitense, a dimostrazione di un
interesse sempre più trasversale per molti dei nuovi prodotti targati Netflix.
L’obiettivo dichiarato è di proporre conte-
nuti originali sempre più variegati e aderenti ai gusti dei Paesi raggiunti dal servizio. Va in questa direzione l’introduzione
di anime e drama giapponesi, categorie
di nicchia con un piccolo ma agguerrito
zoccolo duro di fan anche oltre i confini
nipponici.
lità e il 60% per l’ascolto domestico. Nel
corso del 2016 la copertura si è allargata
in diverse zone: Bassano del Grappa,
miglioramenti nelle province di Vicenza,
Padova e Venezia, potenziamento ascolto indoor a Torino, potenziamento copertura della provincia di Varese, Brunico e
parte della Valle Aurina in Alto Adige,
miglioramenti a Siena con Toscana centrale e Chianti, mentre sulla costiera tirrenica è aumentata la copertura tra San
Vincenzo, Follonica e Grosseto; Umbria
nella provincia di Perugia e a Spoleto,
allargamento nelle Marche con la città di
Pesaro e Urbino, Puglia con Foggia, Taranto e Brindisi, Basilicata con Potenza.
In Campania potenziamenti con Avellino
e sulla direttrice delle autostrade BariNapoli e Napoli-Reggio Calabria, Per il
2017 arriveranno nuove attivazioni, al
momento frenate da impicci burocratici:
costa adriatica tra Ancona e Pescara, Siracusa, Messina e Palermo, Reggio Calabria. Inoltre verrà ulteriormente migliorata la copertura di altre zone di Piemonte,
Lombardia e Veneto. Tra le stazioni radio
è arrivata R101 Urban Night.
Per chi volesse verificare la copertura
del DAB nella propria zona, residenziale
e in mobilità, segnaliamo questa cartina, aggiornata e zoomabile con un account Google.
MERCATO
Radio Kiss
Kiss su DAB +
Il consorzio EuroDAB accoglie una
nuova emittente, si tratta di Radio
Kiss Kiss, stazione radio con 2 milioni
di fedeli ascoltatori. L’emittente
trasmette in standard DAB+ e aumenta
il numero di emittenti nazionali già
passate al nuovo standard. Intanto
nell’isola felice della radio digitale,
la provincia di Bolzano, dove la
copertura è arrivata ormai al 99,3%, il
31 gennaio 2017 verrà definitivamente
abbandonato lo standard DAB per
passare al DAB+ da parte di tutte le
emittenti. Con l’accensione degli
ultimi ripetitori sarà inoltre possibile
iniziare a spegnere alcuni trasmettitori
FM. Si tratta di impianti secondari che
verranno spenti entro la fine del 2017.
In Alto Adige e in parte della provincia
di Trento è già possibile ascoltare una
settantina di emittenti in standard
DAB+.
n.148 / 17
23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
MERCATO Al primo Digital Aviation Forum d Francoforte, Lufthansa ha presentato la sua visione del futuro dell’aviazione civile
Lufthansa mostra il futuro dell’aviazione digitale
Innovazione e digitalizzazione sono la chiave per servizi al passeggero sempre più smart e personalizzati, a terra e in volo
I
di Andrea ZUFFI
l settore del trasporto aereo è da sempre tra i più
avanzati sotto il profilo dei sistemi informativi a
supporto di tutte le procedure, dalla prenotazione
all’imbarco, dalla gestione del traffico in pista al controllo durante il volo. Nel tempo l’aviazione si è evoluta
sempre più in termini di telecomunicazione, sicurezza
e affidabilità grazie a raffinate tecniche di ausilio al pilota per il volo strumentale: è sufficiente un rapido colpo
d’occhio alla cabina di pilotaggio di un qualunque aereo di linea per rendersi conto del ruolo predominante
dell’elettronica di bordo. Tecnologie molto evolute ma
rivolte esclusivamente a piloti, controllori e compagnie aeree. Da quest’anno però Lufthansa ha deciso
di cambiare rotta e di uscire allo scoperto radunando
in una Francoforte imbiancata dalla neve alcuni tra i
più importanti magazine di tecnologia per raccontarsi
e illustrare il percorso verso una totale digitalizzazione
dei servizi offerti ai passeggeri; con il preciso scopo di
trasformare la permanenza nel terminal e sull’aereo in
un’esperienza digitale ad altissimo valore aggiunto.
Una grande occasione anche per aumentare l’efficienza generale della compagnia anche attraverso il cambiamento del modello di business sempre più guidato
da logiche digitali, dall’analisi dei big data e dal “machine learning”.
Suggestivo fin dal nome, il primo Digital Aviation Forum si è aperto con il keynote dell’amministratore delegato di Lufthansa Carsten Spohr che annuncia come la
compagnia aerea tedesca, dopo aver ottenuto lo scorso anno da parte dell’Agenzia europea per la sicurezza
aerea (AESA) il Supplemental Type Certificate per l’Airbus A320 sia pronta a portare la connessione internet
a banda larga su tutti gli aeromobili della propria flotta
per le percorrenze di corto e medio raggio. Per i passeggeri questo si traduce nella possibilità, per tutta la
durata del volo, di navigare ad alta velocità in internet
e soprattutto di potersi godere il meglio dell’intrattenimento multimediale in video streaming utilizzando i
dispositivi portatili personali.
DDAY.it non poteva mancare sul primo volo inaugurale del 10 gennaio quando, terminate le operazioni di
decollo in quel di Francoforte Lufthansa ha mostrato
sul proprio “laboratorio volante” le potenzialità della
connessione ad alta velocità che diventerà nel corso
dell’anno operativa su tutti gli Airbus A320 della flotta
Lufthansa e Austrian Airlines e Eurowings. A 4.000 metri di quota abbiamo potuto apprezzare l’ottima qualità
dell’immagine e l’eccezionale fluidità video in una speciale videoconferenza di bordo in cui ciascun passeggero ha dapprima assistito sul proprio dispositivo mobile dotato di app FlyNet a un’intervista al comandante
(che naturalmente si trovava alla propria postazione
nel cockpit) e successivamente vedere e ascoltare una
conversazione “real-time” tra una persona sull’aereo e
una terra, tramite rimbalzo satellitare del segnale audio/video. Con questa demo sopra le nuvole Lufthansa
ha infatti mostrato la validità della tecnologia satellitare
sulle rotte europee di corto raggio, implementata grazie alla partnership con Immarsat, leader globale nei
sistemi di telecomunicazione satellitare, e Deutsche
Telekom in qualità di provider dei servizi internet e di
una rete complementare terreste LTE.
Sempre restando in aria e sfruttando la poliedrica
Lufthansa app, la stessa che integra la verifica degli
orari dei volo prenotati, il check-in online e custodisce
la carta d’imbarco virtuale, è stato un gioco da ragazzi accedere ad alcuni dati telemetrici dell’aeromobile,
tra cui velocità, quota, distanza dalla destinazione e
temperatura dell’aria all’esterno. Per i possessori di
Apple Watch le stesse informazioni tecniche si potran-
Video conferenza in volo a bordo del “Flying Lab”.
Le antenne satellitari sugli Airbus A320 Luthansa.

Streaming video a 4.000 metri di quota
torna al sommario
no a breve consultare in modo ancora più semplice e
immediato al polso durante la crociera quando cioè il
segnale Wi-Fi sarà disponibile in cabina.
Come è ragionevole aspettarsi infatti tutta la connettività di bordo è affidata ad una rete Wi-Fi che, connessa
con l’infrastruttura del velivolo dà vita a tutti i servizi a
valore aggiunto implementati da Lufthansa per i passeggeri. Il nuovo sistema si appoggia su una flotta dedicata di 3 satelliti Immarsat messi in orbita tra il 2013 e
il 2015 che da soli riescono a dare copertura all’intera
superfici del pianeta e, prima volta per una compagnia
europea, utilizzano la moderna banda satellitare Ka
(frequenze comprese tra i 27 GHz e i 40 GHz) animando la rete “broadband” ad alta velocità nota commercialmente come Global Xpress for Aviation.
Il nuovo servizio internet veloce per i voli europei sarà
attivato in via sperimentale e gratuita inizialmente su
10 aerei già entro il primo trimestre di quest’anno. Nel
frattempo l’azienda teutonica proseguirà con l‘adeguamento di tutti gli aeromobili che, grazie ai processi elaborati da Lufthansa Technik, sarà veloce e poco
invasivo, dato che richiede un periodo di inattività di
soli quattro giorni per ciascun aeromobile. L’upgrade
hardware consiste principalmente nell’installazione
nella parte superiore della fusoliera di una speciale calotta che nasconde il sistema di antenne per il segnale
satellitare; l’antenna sarà libera di scorrere lungo un
binario per variare il proprio assetto orientandosi sempre verso la massima intensità del segnale proveniente dallo spazio. Questo si traduce in una connessione
internet affidabile con un segnale e senza soluzione
di continuità in ogni punto della rotta, anche nel caso
di un eventuale passaggio a una frequenza differente
(hopping).
All’interno degli Airbus saranno invece installati i router
Wi-Fi necessari a raggiungere i dispositivi personali di
segue a pagina 07 
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MAGAZINE
TEST
L’aviazione digitale secondo Lufthansa
segue Da pagina 06 
ciascun passeggero che, con una connessione stabile da 15 Mbit/sec potrà guardare film in streaming a
11.000 metri di quota oppure navigare sul web e proseguire con le proprie abitudini digitali online durante tutta la durata del volo. Un gateway SMS a bordo
dell’aereo garantirà inoltre l’invio e la ricezione di SMS
ma non delle chiamate tradizionali che, assieme ai servizi Voip rimarranno off-limits per evitare di arrecare
disturbo agli altri viaggiatori. A regime il servizio sarà
commercialmente offerto in tre formule differenti: la
sola messaggistica al costo di 3 euro, messaggistica
e navigazione a 7 euro che diventano 12 se si include
anche lo streaming video.
Riconoscimento dei passeggeri: lo smartphone con app EasyAccess dialoga con il tornello via Bluetooth.
2017 anno della digitalizzazione

Poichè l’esperienza del viaggio in aereo non è fatta
solo dal tempo trascorso in aria ma comincia già quando si scelgono destinazione e orario di partenza e si
conclude con il rientro a casa con tutto il bagaglio al
seguito. Lufthansa crede nell’importanza di servire al
meglio il cliente in ciascuna fase del viaggio e si propone di farlo non solo diffondendo maggiormente le
soluzioni tecnologiche già disponibili ma aggiungendo nel corso del 2017 nuovi tasselli ad alto contenuto
innovativo. Il punto di partenza per accedere al mondo dei servizi Lufthansa rimane il sito web che con il
programma S.M.I.L.E. (Surpass My Individual Lufthansa
Experience) sarà in grado di fornire comunicazioni e offerte sempre più a misura di cliente. , L’idea è quella di
avvalersi della diffusione dell’app Lufthansa attiva sullo
smartphone e di una rete di sensori (beacon Bluetooth)
sparsi in punti strategici dell’aeroporto al fine di monitorare e analizzare, nel pieno rispetto della privacy, le
abitudini di spostamento e i tempi di permanenza dei
passeggeri nelle varie aeree dei terminal.
Un aspetto imprescindibile per la serenità di un viaggio è sicuramente quello legato alla sorte del bagaglio
imbarcato nella stiva: su questo fronte Lufthansa arriva
preparata al 2017 perché può vantare una tecnologia
ormai matura di “smart tagging” di ciascuna valigia cui
è possibile abbinare il codice del volo e il numero del
biglietto (sempre in modo autonomo con l’app) per conoscere la posizione dei propri bagagli in tempo reale
per tutta la durata del viaggio. Una nuova generazione
di valigie con smart tag incorporato è già disponibile
sul mercato e tra quelle mostrateci al Digital Aviation
Forum abbiamo potuto ammirare il modello Rimowa
Electronic Tag, provvisto anche di un display e-ink integrato che una volta attivato si presenta come una
normale etichetta con diciture “per umani” e QR Code.
Visto il consumo irrisorio del display l’etichetta rimane
visibile per settimane senza quindi il rischio di rimanere
senza batteria nel momento in cui invece serve.
Tra le altre interessanti novità viste a Francoforte né
scegliamo una che rispecchia la dinamicità con cui
Lufthansa si prodiga nella ricerca di soluzioni “a prova
di futuro”: si tratta di alcune sperimentazioni in corso
per trovare il miglior sistema di riconoscimento e autenticazione dei passeggeri al banco del check-in o al
gate di imbarco. In lizza per l’adozione finale prevista
torna al sommario
entro il 2025 ci sono metodi basati sulla scansione dei
dati biometrici come impronte digitali, iride e volto. In
base a quanto spiegatoci durante il forum e mostratoci in video il riconoscimento facciale sembra essere il
più veloce e il meno invasivo perché riesci a identificare i passeggeri senza che questi debbano fermarsi
o guardare in un punto preciso. Sul fronte invece del
riconoscimento non biometrico abbiamo assistito alla
demo di uno speciale tornello con antenna Bluetooth
integrata che si apre semplicemente avvicinando lo
smartphone su cui è presente EasyAccess, l’app deputata a contenere le credenziali dei cliente.
Innovation Hub: a caccia di buone idee
La spinta alla digitalizzazione e la ricerca di soluzioni
in grado di fare la differenza sul mercato del trasporto
aereo sono talmente radicate in Lufthansa che già da
alcuni anni esiste un cantiere dedicato a supportare
lo sviluppo a 360 di nuove idee. Stiamo parlando
dell’Innovation Hub di Berlino, un vero e proprio incubatore che scova e fa crescere start-up e aziende
digitali che vogliono creare prodotti innovativi per i
viaggiatori di oggi e di domani. Al momento Lufthansa
dichiara di avere circa 300 progetti di digitalizzazione
che sarebbe impossibile elencare qui e che spaziano dall’Intelligenza Artificiale al machine learning, dai
pagamenti da smartphone con le miglia accumulate
nel programma fedeltà, fino al training 3D per piloti
con visori in realtà virtuale, o ancora il chatbot per
Facebook Messenger.
Tra i progetti che più ci hanno più colpito meritano
particolare attenzione l’Eye Tracking e i sistemi di rerouting della traiettoria di volo basata su varie condizioni tra cui quelle meteo. Il primo consiste nel monitoraggio dello sguardo del pilota o del controllore di
terra mentre si trova di fronte ai molti schermi digitali
che affollano le plance degli aerei e delle torri di controllo: grazie all’Eye Tracking e a software appositamente sviluppati gli esperti potranno compiere scelte
che rendano minimi gli effetti per i passeggeri o semplicemente ottimizzare le attività garantendo risparmi
e quindi maggiore competitività alle compagnie del
gruppo Lufthansa. Il secondo progetto invece è una
sistema di rilevamento che fornisce all’operatore a
terra preziose informazioni circa la presenza di turbo-
I monitor a supporto del sistema di Eye Tracking.
lenze o tempeste sulle rotte degli aerei in volo allo
scopo di suggerire al pilota cambi di rotta o di quota.
Di grande effetto anche il tema del “machine learning”
e dell’intelligenza artificiale proposta all’interno di una
semplice ma efficace applicazione per smartphone in
grado di riconoscere ii modello e quindi i dati costruttivi di un aeromobile mediante lo scatto di un foto. Un
caso reale in via di perfezionamento presso i laboratori di Lufthansa Industry Solutions è invece legato
all’utilizzo del “machine learning” per riconoscere e
memorizzare pattern ripetitivi, ad esempio nelle fasi di
manutenzione dei velivoli con evidenti benefici per gli
operatori che potranno contare sul reperimento automatico di schede tecniche durante la fase diagnostica, sul monitoraggio delle operazioni eseguite e su
suggerimenti mirati circa la manutenzione preventiva
basata sull’esperienza acquisita autonomamente dai
sistemi informatici.
inTime app: in aeroporto senza stress
Un brillante esempio di come l’innovazione possa portare efficienza in tutti i momenti del viaggio è
proposto dall’app inTime, sfornata dalla fucina dell’Innovation Lab di Berlino e che nei prossimi mesi sarà
rilasciata per qualunque smartphone e sarà a disposizione di qualunque passeggero di tutte le linee aeree.
inTime raccoglie in unico punto tutte le informazioni
disponibili sugli orari (ed eventuali variazioni) del proprio volo, sul traffico stradale in prossimità dell’aeroporto impostando o variando autonomamente l’orario
della sveglia sullo smartphone.
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MERCATO La Commissione Europea sta preparando un Regolamento per il telemarketing
UE: Call center “solo da prefissi riconoscibili”
Chiamate finalizzate a un’offerta commerciale con un prefisso riconoscibile dagli utenti
di Alvise SALICE
asta col telemarketing selvaggio
e incontrollato. Il fastidio che lo
stalking dei call center provoca ai
cittadini di mezza Europa è giunto a un
limite e, vista la sostanziale inefficace
degli scudi predisposti da molti Stati
Membri (Italia in testa), adesso interviene Bruxelles.
La Commissione Europea alza la voce
con un’idea che sembra il classico uovo
di colombo, quello che ti fa domandare perché non ci avesse già pensato
prima qualcuna delle nostre Authority:
l’UE chiede che tutte le chiamate finalizzate alla formulazione di un’offerta
commerciale vengano precedute da
un prefisso specifico, sempre uguale, immediatamente riconoscibile dal
destinatario. In questo modo, l’utente
sarà libero di decidere seduta stante
se accettare la telefonata o evitare di
rispondere. =ra, se tale espediente nel
2017 appare superfluo per le giovani
B
e smaliziate generazioni hi-tech, abituate a filtrare le chiamate indesiderate mediante applicazioni come True
Caller, è evidente quanto un prefisso
immediatamente distinguibile possa
aiutare soprattutto gli anziani, e in generale tutte le persone sprovviste dei
necessari anticorpi. Il Regolamento cui
la Commissione sta lavorando a Bruxelles per ora è delineato solo in forma di
bozza, e si propone genericamente di
disciplinare meglio la riservatezza nell’era di internet e dei dispositivi mobile.
Ma una volta concluso e approvato diverrà vincolante e direttamente applicabile da ogni Stato Membro in tutti i
suoi elementi: in soldoni, la normativa
contenuta in esso spiegherà effetti obbligatori nei confronti di ogni soggetto,
pubblico e privato, senza bisogno che
lo Stato in cui detti soggetti agiscono
debba prima pubblicare misure interne
di recepimento.
Ora, in alcuni Stati Membri, la proposta
MAGAZINE
Estratto dal quotidiano online
www.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milano
n. 416 del 28 settembre 2009
anti-call center che la nuova disciplina
dovrebbe contenere si rivelerà quasi superflua: è il caso della Germania,
dove i call center possono condurre
azioni di telemarketing esclusivamente
verso quegli utenti che si sono iscritti
ad un apposito elenco, indicando di
essere interessati a ricevere chiamate
contenenti offerte commerciali.
Ma in Italia, dove il famoso Registro
Pubblico delle Opposizioni è l’esatto
inverso del sistema tedesco, perché
annovera un elenco di quegli utenti
che non desiderano essere disturbati,
l’idea che stanno cucinando a Bruxelles
potrebbe finalmente risultare salvifica.
direttore responsabile
Gianfranco Giardina
editing
Claudio Stellari
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via Gallarate, 76 - 20151 Milano
P.I. 11967100154
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L’aviazione digitale secondo Lufthansa
segue Da pagina 07 

Una volta in aeroporto inTime sarà inoltre un prezioso
supporto per far rispettare la tabella di marcia indicando il tempo libero che sarà possibile spendere in
ciascun luogo, dallo shopping al relax prima di partire.
E nella malaugurata ipotesi che un imprevisto faccia
perdere l’aereo, niente panico: inTime fornirà immediatamente indicazioni per prenotare l’aereo successivo. Si tratta di funzioni parzialmente già disponibili
in varie app di terze parti, ma avendola provata in anteprima possiamo affermare che avere questi e altri
torna al sommario
servizi a portata di mano in un’unica applicazione riduce notevolmente lo stress, specialmente se l’agenda è serrata ma non si vuole rinunciare ad uno snack
o all’acquisto di un souvenir.
L’emozione del vuoto virtuale con Icaros
Volare, giocare e allenare l’equilibrio. Non poteva
mancare il momento ludico della giornata, nel quale
abbiamo potuto provare l’ebbrezza del volo e sperimentare quanto sviluppato da Lufthansa per esplora-
re le potenzialità offerte dalla realtà virtuale. Rimanendo comodamente (si fa per dire) sdraiati su Icaros,
un capolavoro di meccanica ed elettronica a metà
strada tra la giostra e l’attrezzo ginnico, e indossando
un visore VR si possono vivere esperienze molto realistiche e coinvolgenti: basta impugnare saldamente
una sorta di manubrio per fluttuare letteralmente nel
vuoto controllando direzione e quota di volo semplicemente spostando il baricentro con calibrati movimenti del corpo.
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SOCIAL MEDIA E WEB Un estratto del report di Kaspersky sull’analisi del malware Eye Pyramid delinea bene l’intera questione
Caso Eye Pyramid. Giulio Occhionero era solo
un programmatore che provava a fare l’hacker
Un programma poco sofisticato, un banale file eseguibile con nomi assurdi. Il problema è che c’è chi ci casca ancora
di Roberto PEZZALI
S

ulla vicenda che ha tenuto banco nell’ultimo periiodo sono emersi dettagli davvero assurdi. Da
una parte i generalisti, che parlano di complotti,
servizi segreti, hacking e rete fitta di investigazione,
dall’altra invece i “tecnici”, che iniziano a farsi un’idea,
con il passare del tempo, di chi fosse Giulio Occhionero e soprattutto quale sia la portata e la sofisticazione
del sistema messo a punto.
Un sistema che man mano sembra cadere come un
castello di carte, e una ulteriore conferma arriva anche
dal report realizzato dai Kaspersky Lab che ha analizzato quello che molti hanno definito malware. (qui l’analisi di un sample dettagliata di Payload Security).
Chi lavora nell’ambito della sicurezza informatica, e soprattutto coloro che ogni giorno cercano di far breccia
nei sistemi informatici di tutto il mondo, isi è fatto grosse risate leggendo le carte della vicenda: si può definire hacker una persona che per scrivere un malware
compra con il suo vero nome la licenza commerciale
di una libreria software (Mailbee.NET lib) e che installa un server di sorveglianza negli Stati Uniti presso un
provider facilmente rintracciabile? Esistevano librerie
simili opensource, per le quali non sarebbe servita una
licenza, e oltre a questo si potevano usare server irrintracciabili in posti dove è difficile scavare e risalire
ai dati. Ma questa è solo la punta dell’Iceberg: come
i Kaspersky Lab fanno notare nel report sul malware
il livello di sofisticazione del software è decisamente
basso, anche se è abbastanza flessibile per riuscire a
carpire dati dal computer su cui è installato. I laboratori
di sicurezza dell’azienda russa vanno oltre: hanno scritto una regola specifica per andare a caccia del malwa-
torna al sommario
re all’interno dei loro report e hanno scoperto circa 42
versioni diverse del malware, e tutte sono un file di tipo
Win32 PE file, un eseguibile portable che deve essere
lanciato per poter essere attivato. Esatto: non è un PDF
o una immagine, non metodi di intrusione tramite form
online o altri tipi di attacchi sofisticati, ma un semplice
file .exe che la maggior parte dei client di posta si rifiuta
pure di scaricare per problemi di sicurezza. Il tipo di
email che veniva inviata dai server era il seguente:
From: Michelangelo Giorgianni
Subject: R: Re: CONVOCAZIONE]
Time: 2014/01/28 17:28:56]
Attachment: Note.zip//sistemi.pdf (…) .exe
I file eseguibili erano mascherati aggiungendo diverse
estensioni al file o underscore per far credere che si
trattava di zip o di pdf, anche restavano semplici eseguibili. In qualche caso l’eseguibile, per passare l’antivirus dei client di posta, era addirittura inserito in un
file zip. Ecco alcuni dei geniali nomi dei file usati per far
cadere in trappola chi riceveva la mail:
Nuoveassunzioni.7z, Regione.7z, Energy.7z, Pagati.7z,
Assunzione.7z, Segnalazioni.doc 7z.exe, Risparmio.7z,
Final Eight 2012, Suggerimenti Auricolari.exe, olio di colza aggiornamento prezzo.exe, Approfondimento.7z,
Allegato.zip, venti.bmp (…) .exe, Quotidiano.mdb (…)
_7z.exe, Notifica operazioni in sospeso.exe.
E’ difficile pure chiamarlo malware: da 1.3 MB a 2 MB di
eseguibile, praticamente un programma: la dimensione media di un malware è di circa 350 KB, ma in molti
casi i virus vengono farciti di dati inutili per confondere gli antivirus. Ci sono trojan come il JSRedir-BV o il
Mal/Dloadr-Y che pesano circa 15/30 KB e sono decisamente più sofisticati, soprattutto per infettare computer
tramite mail.
L’analisi della diffusione, in base ai log delle suite di security installate in tutto il mondo, lascia intendere poi
un sistema totalmente casuale centrato sull’Italia: tracce del programma sono arrivate fino in Vietnam, segno
che il sistema era totalmente autonomo, prendeva la
rubriche e si moltiplicava senza una logica ben precisa.
Anche perché, se fosse stato realizzato un sistema più
sofisticato con attacchi mirati, nessun hacker sarebbe
stato tanto folle da inviare un malware così poco sofisticato al direttore della sicurezza dell’Enav, mossa questa
che ha fatto partire le indagini. Nessun filtro neppure
su eventuali amministratori di sistema: il malware veniva
spedito a tutti, senza neppure controllare che l’oggetto
fosse compatibile con l’ambito della ricezione: il malware mascherato da “prezzo dell’olio di colza” poteva finire
ad un ecclesiastico come ad un politico o ad un dirigente di una azienda. Sempre Kaspersky fa notare che il
malware è stato aggiornato soprattutto negli anni 2014
e 2015: in questi due anni infatti sono state trovate circa
40 differenti versioni, update probabilmente necessari per andare a coprire un maggior numero di sistemi
operativi. Resta infine un unico dubbio: siamo sicuri che
il malware funzionasse anche su sistemi Windows 7 e
Windows 10 con User Account Control attivato? Vicente
Diaz, Principal Security Researcher, Global Research
and Analysis Team di Kaspersky Lab ci conferma che le
analisi sono in corso, ma il malware non scala i privilegi:
“Per prima cosa vorrei sottolineare che stiamo ancora
analizzando i sample e completando l’analisi tecnica
complessiva, quindi le nostre conclusioni potrebbero
cambiare. Tuttavia, per quanto ne so, il malware non
necessita di privilegi di amministratore e non cerca né
scalare i privilegi né di sfruttare alcuna vulnerabilità del
sistema operativo. Si limita a rubare i dati a cui ha accesso con gli attuali privilegi e li esfiltra usando diversi
metodi, comprese le email”.
L’intera questione non va comunque banalizzata: è ormai lampante che più che un hacker Giulio Occhionero
fosse solo un bravissimo programmatore .NET, ed è anche inutile scomodare CIA o altre agenzie di sicurezza,
perché un vero malware è decisamente più sofisticato.
Resta il fatto che c’è ancora chi, con eccessiva facilità,
cade in queste trappole: dalla finta mail di PayPal all’allegato che arriva dalla Nigeria ogni giorno le caselle di
mail sono invase da messaggi simili a quello che i fratelli
Occhionero spedivano. E probabilmente, se si indaga
su ogni singola mail di phishing, si trova dietro una organizzazione simile.
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MAGAZINE
ENTERTAINMENT Alcuni siti avrebbero trovato un trucco per far ospitare i loro contenuti a YouTube
I server di YouTube usati gratis per i siti porno
Trovato un sistema per sfruttatre l’infrastruttura di Google in modo gratuito e... legale
di Franco AQUINI
l sistema è semplice quanto ingegnoso. I gestori dei più grandi siti di
contenuti pornografici, o comunque
pirata, avrebbero trovato un modo per
sfruttare una falla di YouTube e farsi
ospitare il materiale illegittimo senza
pagare nemmeno un centesimo.
Com’è possibile? In realtà è molto
semplice, i contenuti in questione sarebbero caricati con l’opzione “privato”, quindi non elencati da YouTube. In
questo modo i contenuti non vengono
sottoposti alla scansione che determina se sono protetti da copyright o
meno. Il contenuto però, se viene “embeddato” (cioè racchiuso all’interno di
una pagina web qualsiasi) sul sito pirata, è visibile senza alcun problema.
In questo modo, i signori in questione sarebbero stati in grado di sfruttare l’infrastruttura server di Google,
facendosi ospitare i contenuti illegali
in maniera totalmente gratuita e per
di più in modo “quasi” legale. Quasi
perché si tratta comunque di mate-
I
LG e Samsung hanno
annunciato l’arrivo
di un aggiornamento
per rendere compatibili
i TV nei negozi
con le trasmissioni HD
Per Samsung l’update
è imminente, per LG
arriverà nella prima
metà del 2017
riale coperto da copyright, che però
viene caricato con una modalità che
è perfettamente in regola con le normative di YouTube. Almeno secondo
le attuali, sperando Big G si possa
muovere presto per modificarle e
impedire questo uso un tantino illegittimo, soprattutto se a muoversi
contro questa pratica è Dreamroom
Productions, un gigante dell’industria
per adulti che è sempre stata sensibi-
le alle tematiche legate alla pirateria.
Un altro sistema con cui i proprietari di
siti pirata usano Google come provider è Google Drive, ovvero il servizio
di storage cloud che permette di caricare nel cloud di Google file di ogni
tipo. Basta guardare le immagini per
capire come in molti siti si sfrutti questo servizio per aggirare i controlli sui
diritti d’autore. Insomma, fatta la regola, trovato l’inganno.
ENTERTAINMENT Google lancia Toontastic 3D: basta uno smartphone per creare cartoni animati
L’app Toontastic 3D è una bellissima occasione persa
Peccato che per l’ennesima volta un prodotto per i bambini non sia localizzato in italiano
di Roberto PEZZALI
asce per realizzare piccoli cartoni animati, partendo da una
serie di scene predefinite e utilizzando personaggi stilizzati, i classici
“doodle”, come protagonisti: si chiama Toontastic 3D ed è la nuova app
di Google per i bambini. Rilasciata per
smartphone e tablet iOS e Android
Toontastic 3D è semplice, ben fatta
e ben pensata: i più piccoli possono
sfruttare i set e i suoni già creati da
Google per muovere sullo schermo
i personaggi usando solo le dita, aggiungendo eventualmente una narrazione e una musica di sottofondo, questo a seconda del mood della scena.
Toontastic semplifica al massimo la
creazione dello storyboard: le scene
vengono aggiunte automaticamente, i
personaggi vanno pre-selezionati e all’interno delle scene sono già presenti
gli oggetti animati con i quali i perso-

N
torna al sommario
LG e Samsung
annunciano
l’aggiornamento
all’ HDR HLG
per i TV del 2016
naggi possono interagire. Non ci sono
ovviamente limiti: i più creativi possono anche disegnare i loro personaggi
e gli scenari, opzione questa dedicata
però ai più esperti.
Come sempre più spesso accade
però i progetti dedicati ai più piccoli,
soprattutto delle grandi aziende, ven-
gono proposti senza essere localizzati
in italiano: Toontastic 3D non è difficile da capire e non ha neppure troppe
scritte: ci voleva tanto per Google
aggiungere una traduzione completa
anche nelle altre lingue? Una bella
applicazione, ma anche una grande
occasione persa.
di Roberto PEZZALI
Il 2017 dovrebbe essere l’anno
delle prime trasmissioni HDR: il
condizionale è d’obbligo, anche
perché per poter trasmettere in
HLG tramite digitale terrestre o
satellite si deve utilizzare l’HLG, il
sistema pensato da BBC e NHK
per usare un solo canale e veicolare sia i contenuti ad alta dinamica sia quelli a dinamica standard.
Per ora solo i TV Panasonic sono
già pronti a ricevere le trasmissioni HDR HLG, ma a breve il gruppo
potrebbe essere ben più folto:
Samsung infatti iniziarà a breve la
distribuzione di un aggiornamento per tutta la gamma di TV HDR
del 2016 e la stessa cosa farà LG,
nella prima metà del 2016 e ovviamente per la gamma attuale.
I nuovi modelli del 2017, per quasi tutte le aziende, avranno già a
bordo HLG oltre al classico e obbligatorio HDR10: sono in assoluto i due standard da tenere in
considerazione. Sempre in relazione all’HDR LG sta iniziando la
distribuzione dell’aggiornamento
pensato per i gamer, quello ovvero dedicato alla riduzione della
latenza utilizzando ingressi HDMI
e HDR.
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MAGAZINE
TV E VIDEO Presentato all’IFA di Berlino, arriva sul mercato europeo il primo TV OLED Philips
A febbraio in Italia il primo OLED Philips
Il TV Philips è il primo OLED con Ambilight e Android TV. Listino alto ma con bundle e offerte
di Emanuele VILLA
n negozio, LG non è più l’unica ad avere un’offerta di TV OLED: Philips ha ufficializzato il lancio sul mercato europeo
(anche italiano) del suo primo TV OLED,
lo stesso modello che venne presentato
allo scorso IFA di Berlino e catturò l’attenzione degli spettatori. Nei negozi i primi
esemplari dell’OLED Philips arriveranno a
febbraio. Il modello di cui parliamo è un
55” piatto certificato Ultra HD Premium,
appartiene alla Serie 9 ed è (ovviamente)
il primo e unico TV OLED dotato di tecnologia Ambilight. Il modello al momento,
come dicevamo, è uno solo (55POS901F),
con diagonale “standard” di 55’’ su pannello piatto OLED Ultra HD con tecnologia a 10 bit (produzione LG Display) e
wide color gamut con copertura del 99%
dello spazio colore DCI-P3. Sono attesi
per i prossimi mesi altri modelli, anche sul
taglio da 65”, a creare un’intera gamma
OLED Philips, ma non è ancora chiaro
quando questi saranno disponibili.
A livello di design, Philips opta per l’approccio Razor Slim sinonimo di spessore
minimo e finiture di alto livello, con incastonata una soundbar da 30W di pro-
I
gettazione Dolby.
Per l’elaborazione
del segnale, il TV
Philips adotta l’engine Perfect Pixel
Ultra HD, coadiuvato da diverse
tecnologie volte
alla riduzione del
rumore e miglioramento
della
naturalezza d’immagine, come Ultra Resolution e il Perfect Natural Motion.
Ovviamente supportato l’HDR in versione
HDR-10 ma non il Dolby Vision.
Per quanto concerne la connettività, il TV
OLED Philips dispone di 4 prese HDMI
con HDCP 2.2, 3 USB, Wi-Fi e Ethernet, ricevitore DVB-S2 e DVB-T2 con supporto
HEVC ed è basato su Android TV in versione Lollipop 5.1 per tutte le funzionalità
smart. Il TV Philips non è dunque soltanto
il primo OLED con Ambilight ma anche
con Android TV, ma qui verrà presto raggiunto dalla nuova proposta Sony dello
scorso CES. Philips pone inoltre l’accento
sulla funzionalità Google Cast integrata e
Mediaset conferma
che gli ottavi
di Champions League
delle squadre italiane
saranno un’esclusiva
Premium. Per i quarti
tutto da decidere
Dipende dai risultati
sull’impiego di un processore quad core,
particolarmente importante per mantenere fluida l’interfaccia e permettere l’impiego di applicazioni “onerose” come i giochi del Play Store. Poi c’è tutto il discorso
del prezzo, per il quale siamo in grado - al
momento - di fornire solo una stima indicativa: in Germania, Amazon quota il TV a
3.500 euro di listino. Per l’Italia il prezzo
finale non è ancora stato stabilito, ma ci
aspettiamo un posizionamento a listino
assolutamente analogo a quello della
Germania, probabilmente 3.499 euro,
magari in unione con qualche operazione
commerciale di bundle o cash back.
ENTERTAINMENT Lo store di TIM ora integra la lettura di ebook e magazine tramite smartphone
TIMreading: ebook su web e smartphone
Fino al 5 febbraio i clienti con profilo dati potranno sceglire tra alcuni titoli un ebook gratis
di Gaetano MERO
T

IMreading, il portale dedicato all’editoria digitale targato TIM, si
rinnova permettendo la lettura di
ebook e riviste direttamente sul sito
timreading.it tramite smartphone senza dover scaricare l’app. Grazie all’integrazione del webreader i clienti su
rete mobile dell’operatore potranno
così accedere all’intero catalogo online anche se non hanno registrato un
account ed acquistare, tramite credito
residuo o con addebito in conto, il titolo preferito. La lettura potrà avvenire
immediatamente in streaming e non si
correrà il rischio di consumare dati in
mobilità.
A conclusione dell’acquisto il cliente
riceverà un SMS con il link alla propria
libreria alla quale potrà accedere in
torna al sommario
qualsiasi momento
per leggere il titolo selezionato ed
eventuali altre opere, anche offline,
scaricando
l’app
gratuita disponibile
per tablet e smartphone Android e
iOS. Fino al 5 febbraio, inoltre, tutti
i clienti TIM abbonati e ricaricabili con profilo dati attivo potranno scaricare gratuitamente
un ebook a scelta tra tre titoli editi da
Rizzoli: Bridget Jones’s Baby - I diari, di
Helen Fielding; Pilgrim, di Terry Hayes;
Il ciclo dell’eredità, di Christopher Paolini. Il cliente potrà scegliere l’ebook che
preferisce sulla pagina del sito TIM dedicata all’iniziativa, raggiungibile al link
Juventus
e Napoli, ottavi
di Champions
solo su Premium
Ecco i palinsesti
tim.it/ebook o cliccando sul link che
riceverà via SMS. TIMreading propone
un catalogo in continuo aggiornamento
di oltre 130mila titoli tra libri e magazine
dei principali editori italiani distinti per
tematiche, notizie e curiosità. A breve,
informa l’operatore, saranno disponibili
altri strumenti di pagamento utilizzabili
anche da clienti non TIM.
di Roberto PEZZALI
I tifosi di Juventus e Napoli dovranno essere abbonati a Mediaset Premium per seguire gli ottavi
di Champions League delle loro
squadre del cuore. Dopo aver tenuto una linea morbida per il girone, Mediaset ha deciso di capitalizzare sull’investimento lasciando in
chiaro, su Canale 5, le partite delle
squadre straniere. Per la precisione
al momento il palinsesto prevede
in chiaro le partite del martedì, ovvero PSG – Barcellona il 14 febbraio
e Mancester City - Monaco il
21 febbraio. Per il ritorno invece
la scelta sarebbe caduta su Arsenal – Bayern Monaco il 7 marzo e
Leicester – Siviglia il 14 marzo, ma
queste ultime potrebbero variare
in base ai risultati dell’andata: Mediaset ovviamente ha tutto il vantaggio a tenere in chiaro la partita
calcisticamente più bella. Niente è
ancora stato deciso per gli eventuali quarti: ogni decisione verrà
presa in base all’eventuale passaggio di turno delle squadre italiane,
con la speranza ovviamente che
passino entrambe. Nessuna novità
neppure sulla eventuale possibilità
di trasmissione di un match degli
ottavi in 4K: se Mediaset trasmetterà qualcosa in 4K il progetto sarà
legato alle fase finali della competizione.
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di molti vantaggi e sconti! Adesso con l’App Trony, la Carta Fan è digitale! Portala
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
MOBILE Cominciano ad arrivare le prime immagini “rubate” del prossimo Samsung Galaxy S8
Samsung Galaxy S8, sparisce il tasto home?
Nelle foto appare un modello simile al Galaxy S7 Edge. Colpisce l’assenza del tasto Home
P
di Franco AQUINI
er vedere il Galaxy S8, il prossimo
flagship Samsung, occorrerà aspettare il mese di aprile. La presentazione ufficiale, infatti, non avverrà al
prossimo Mobile World Congress, come
Samsung stessa ci ha confermato. Nel
frattempo, però, iniziano a trapelare in
rete le prime immagini rubate, in questo
caso pubblicate dal produttore cinese di
accessori gizchina.com. Le immagini mostrano uno smartphone con bordi curvi e
cornici praticamente inesistenti, una versione quindi molto simile esteticamente
all’S7 Edge e al Galaxy Note 7. A colpire
di più però è certamente l’assenza del
tasto home fisico, al cui posto compare
il logo Samsung. Il tasto home era uno
dei tratti distintivi
della casa coreana,
una delle ultime a
conservare ancora
il pulsante fisico. Le
ipotesi ovviamente
sono tutte sul sensore di impronte,
che potrebbe trovare posto sul retro o
addirittura essere implementato all’interno del display stesso. Caratteristica quest’ultima di cui già si è parlato, ma che
ancora nessun produttore ha utilizzato
su un dispositivo commerciale. L’altra
ipotesi riguarda l’eliminazione dei due
modelli standard ed Edge, per dar vita
ad un unico Galaxy S8 con bordi curvi.
Verificata quindi la preferenza del pubbli-
co per le impostazioni
“dual edge”, Samsung
si sarebbe orientata
su quest’ultima versione. Tutte ipotesi sono
ovviamente in attesa
di una conferma, che
arriverà comunque a
breve.
LG G6 arriverà
il 26 febbraio
Molto probabile
il display 18:9
Del G6 di LG si sa poco
ma almeno è certo
che la presentazione
avverrà il giorno prima
dell’inizio del Mobile
World Congress
di Barcellona
Finalmente scopriremo
a cosa servirà
lo schermo da 18:9
di Franco AQUINI
MOBILE Con una conferenza stampa dedicata, Samsung svela le cause del ritiro del Galaxy Note 7
Ecco perché il Galaxy Note 7 prendeva fuoco
Cause differenti per il doppio ritiro dal mercato, ma la colpa è sempre delle batterie
di Roberto PEZZALI
N

essun problema software e neppure, come aveva ipotizzato
qualcuno, un problema di compressione o di scarsa tolleranza nel
progetto: se il Galaxy Note 7 non è più
sul mercato è colpa solo ed esclusivamente delle batterie. Con una conferenza stampa dedicata all’argomento
Samsung ha spiegato nel dettaglio i
risultati a cui sono giunti ben 4 differenti
team di lavoro con un numero ingente
di risorse: 700 esperti Samsung hanno
lavorato ai test con 200.000 smartphone e 30.000 batterie prese a campione,
mentre altri smartphone con batterie
sono stati inviati ad enti esterni come
TUV Rheinland, UL e Exponent.
Nel dettaglio i motivi del ritiro sono due
e sono distinti, e questo è assolutamente curioso: le cause che hanno portato
all’esplosione delle prime batterie, prodotte da Samsung SDI, sono differenti
da quelli che invece hanno causato
problemi sul secondo lotto, prodotto da
Amperex Technology.
Il primo ritiro, come mostrano i disegni
preparati dall’azienda, è dovuto ad un
corto circuito nell’angolo in alto a destra
delle batterie, angolo leggermente arro-
torna al sommario
tondato. In alcuni casi l’elettrodo negativo, troppo lungo, tocca lungo la curva
il catodo causando il collasso termico e
quindi l’esplosione.
Il secondo caso è ancora più interessante, perché mette in luce come l’errore
sia dovuto più alla fretta che alla cattiva
progettazione della batteria stessa. In
alcuni casi la saldatura del catodo (elettrodo positivo) realizzata in modo non
perfetto hanno portato ad una deformazione nel punto di saldatura che ha
bucato il separatore portando al contatto l’anodo e il catodo. In alcune batterie
inoltre, anche questo per la fretta, mancherebbe proprio il separatore, quella
piccola membrana permeabile che
dovrebbe proprio impedire il contatto
tra i due elettrodi e quindi l’esplosione,
o, come si chiama in gergo, il Thermal
Meltdown.
Nonostante il danno economico Samsung può in ogni caso tirare un sospiro di sollievo: con un po’ di attenzione
soprattutto nella seconda fase il Galaxy
Note 7 sarebbe ancora sul mercato, ma
almeno è consapevole che non si è trattato di un problema legato al software
o al sistema di gestione della batteria,
cosa che avrebbe posto più di un interrogativo con il Galaxy S8 alle porte.
Il prossimo top di gamma di LG, il
modello G6, verrà ufficialmente
presentato il 26 febbraio, un giorno prima dell’apertura del Mobile
World Confress di Barcellona. A
dirlo è un post sui canali social dalla stessa Casa coreana, che fino ad
oggi ha mantenuto il riserbo quasi
totale sul futuro del suo smartphone di punta.
Sappiamo infatti due cose: la prima
è che verrà abbandonato il sistema
modulare per l’aggiunta o la sostituzione di moduli come fotocamere di alto livello o speaker audio più
potenti.
La seconda, riguarda il rapporto di
forma del display, un inedito 18:9
protagonista della GIF animata
pubblicata sui social. Un formato
quindi più lungo dello standard che
ha lasciato ipotizzare l’integrazione
nello stesso display di una seconda
unità dedicata alle notifiche. Questo
compito è svolto, sui modelli V10 e
V20, da un secondo display stretto
e lungo, che in questo caso potrebbe essere ntegrato nel principale,
pur mantenendo una funzionalità a
sé. Lo slogan, del resto, parla chiaro: See more, Play more. Rimane
comunque poco da aspettare per
sapere la verità, l’appuntamento è
per il 26 febbraio alle ore 12.
n.148 / 17
23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
MOBILE HTC ha presentato a sorpresa due smartphone dotati di caratteristiche particolari
U Ultra e U Play: HTC prova a voltare pagina
Hanno una “superficie liquida in 3D”, display secondario e l’assistente Sense Companion
H
di Franco AQUINI
TC ha svelato a sorpresa due smartphone dall’elevato fattore hi-tech.
Stiamo parlando di U Play, smartphone di fascia medio-alta, e di U Ultra,
modello di fascia decisamente più elevata e pensato per un pubblico di power
user. L’azienda, com’è noto, è reduce da
diverse generazioni di smartphone eccezionali sotto il profilo tecnico ma non
altrettanto soddisfacenti (per l’azienda)
per quanto riguarda i risultati commerciali. A giudicare dalle ultime mosse, HTC si
sta muovendo parallelamente sul fronte
degli smartphone e della realtà virtuale, e
nel primo mercato (sensibilmente più ampio del secondo), l’obiettivo è la ricerca
di qualcosa di particolare che la distingua
dalla massa.
Non per niente i due nuovi nati si contraddistinguono, più che per caratteristiche
tecniche mostruosamente potenti, per
alcuni aspetti caratteristici come la “superficie liquida sagomata in 3D” con vetro curvo, per HTC Sense Companion, un
vero e proprio assistente vocale in grado
di riconoscere la propria voce e consigliare di portarsi dietro il caricabatteria se
ritiene che esauriremo la carica prima di
rientrare a casa o di indossare vestiti caldi se le temperature sono in discesa. Poi,
con USonic HTC sostiene di poter adattare l’audio del telefono ad ogni specifico
orecchio. Inviando un impulso sonoro,
HTC U Ultra
HTC U Play
sarebbe in grado di analizzare la conformazione interna dell’orecchio e adattare
il suono di conseguenza. Tecnicamente,
HTC U Ultra è uno smartphone/phablet
con display da 5.7 pollici e risoluzione
QHD. In più c’è un piccolo display secondario, simile a quanto fatto da LG con la
serie V, dedicato a notifiche e app più utilizzate. Nel motore troviamo un SoC quad
core Snapdragon 821 con 4GB di Ram
e una capacità di archiviazione da 64 o
128GB. Sul fronte fotocamera c’è un sensore da 12MP Ultrapixel 2 f/1.8 con pixel
da 1.55 nanometri, autofocus sia laser
che con phase detection (PDAF) e stabilizzazione ottica. La fotocamera frontale
è invece una 16MP anch’essa con tecnologia Ultrapixel. Molto curato il fronte
audio, che può registrare in 3D grazie ai
quattro microfoni integrati e la possibilità
di registrare e riprodurre audio Hi-res con
cancellazione di rumore. La batteria è una
3.000mAh che dovrebbe garantire una
giornata molto impegnativa o più di una
nel caso di utilizzo moderato. HTC U Play
invece è posizionato leggermente più in
basso. Tecnicamente ha un display da 5.2
pollici con risoluzione Full HD. A muoverlo c’è un SoC octa-core MediaTek Helio
P10 con 3 o 4GB di Ram a seconda che
il modello abbia 32 o 64GB di storage.
La fotocamera è una 16MP con apertura
f/2.0, focale da 28mm, Phase Detection
auto focus (PDAF) e stabilizzazione ottica. Stupisce invece la fotocamera frontale, anch’essa una 16MP con modalità
Ultrapixel e apertura f/2.0 con focale da
28mm. In questo caso la batteria scende
a una più che dignitosa 2500mAh.
Entrambi monteranno Android 7 Nougat e
arriveranno a metà febbraio, quindi prima
del MWC di Barcellona. I prezzi stimati, si
aggirano intorno ai 749 euro per U Ultra e
449 euro per U Play.
MOBILE A Stanford hanno studiato uno sistema che sopprime il principio d’incendio nell’elettrolita
Arrivano le batterie al litio con estintore integrato
Il segreto è un composto che viene disciolto nell’elettrolita sopra una certa soglia di calore
D
di Alvise SALICE

opo il caso del Galay Note7, i ricercatori dell’Università di Stanford,
si sono subito messi alla ricerca
di una soluzione capace di eliminare efficacemente ogni rischio di espolsione
delle batterie. E forse l’hanno trovata.
Come racconta la pubblicazione Science Advances, gli ingegneri dell’istituto
californiano hanno studiato quello che
chiamano in gergo “estintore”. Tecnicamente consiste in un ritardante di fiamma a base di TPP, fosfato di trifenile.
Inserendo detto composto dentro una
capsula di polimero termosensibile che
torna al sommario
viene posizionata nel liquido elettrolita
della batteria, è possibile evitare che
quest’ultimo, infiammandosi, inneschi la
temuta reazione esplosiva. Quando infatti la temperatura della batteria supera
la soglia d’allerta, e il rischio combustione diviene tangibile, il sensore termico
della capsula ne induce lo scioglimento,
permettendo così al TPP di mescolarsi
al liquido elettrolita, estinguendone il
principio d’incendio in una frazione di
secondo.
Il sistema studiato a Stanford sembra
attualmente scontarsi con due controindicazioni: da un lato la riduzione
della capacità della batteria (dovendo
far spazio alle capsule, che verrebbero
tuttavia collocate in prossimità dei due
elettrodi), dall’altro l’incerta durevolezza
del materiale polimerico pensato per le
capsule, che pare inadatto ad un utilizzo molto prolungato.
Chrome pensa
agli audiofili
Supporterà
i file FLAC
Nella prossima versione
Chrome integrerà
il supporto alla musica
in FLAC, un formato
compresso senza
perdita di qualità molto
caro agli audiofili e agli
amanti dell’alta fedeltà
di Franco AQUINI
La release 56 di Google
Chrome includerà il supporto
nativo ai file in formato FLAC,
ovvero al formato di musica loseless (senza perdita di informazioni) diventato ormai celebre
tra gli amanti dell’altà fedeltà.
Chrome sarà quindi in grado di
leggere i file automaticamente,
mostrando un player molto basilare con lo stretto necessario
delle funzioni.
Diversa è invece la situazione
per ChromeOS, che da tempo
ormai supporta più efficacemente il formato FLAC leggendolo
all’interno del player ufficiale
con tanto di copertina dell’album e informazioni sulle tracce.
A giovare di più da questa novità saranno certamente gli utenti
Mac, i quali fino ad oggi dovevano installare per forza un applicazione di terze parti per poter
riprodurre i file FLAC. Il sistema
operativo MacOS, a differenza di Windows, non supporta
nativamente questo codec. La
funzione è comunque già utilizzabile per chi ha installato la
versione beta di Chrome 56.
Cambierà qualcosa per gli utenti? Molto poco, ma è sempre un
aggiunta gradita.
n.148 / 17
23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
MOBILE Brevettato un concept di telefono con cerniera che si trasforma in tablet, laptop e “tenda”
Microsoft brevetta un nuovo smartphone
che diventa un tablet: è il Surface Phone?
Potrebbe essere un segno di ciò che Microsoft ha in cantiere per l’atteso Surface Phone
S
di Mirko SPASIANO
embra proprio che nei laboratori
di Redmond stiano testando uno
smartphone pieghevole in grado
di trasformarsi in tablet e, a testimonianza di questa indiscrezione, è emerso
perfino un brevetto. Infatti, Microsoft si
è appena aggiudicata un brevetto che
descrive uno smartphone dotato di una
particolare cerniera che ne consente la
trasformazione in tablet e in altri form
factor, come laptop e tenda (un po’ come
l’HP Spectre x360 e la gamma di prodotti
Yoga di Lenovo). Sebbene Microsoft brevetti centinaia di idee senza che queste
arrivino effettivamente sul mercato, in
questo caso c’è una singolarità davvero
interessante. Il brevetto è registrato a
nome di Kabir Siddiqui, a cui fanno capo
anche i brevetti di kickstand e angolazione della fotocamera adoperati nei device
della linea Surface. È inevitabile, perciò,
dedicare un pensiero al tanto chiacchierato Surface Phone, che potrebbe incarnare alla perfezione lo spirito dei prodotti
Surface, caratterizzati tutti da form factor
atipici.
Del resto, anche lo stesso Surface Studio
si è “rivelato” al pubblico diversi mesi prima del lancio ufficiale grazie alle immagini dei brevetti trapelati. In questo caso,
però, è difficile immaginare che il design
definitivo di un eventuale Surface Phone
possa essere davvero così somigliante
alle immagini proposte nel brevetto.
Tuttavia, se si considera che la versione
completa di Windows funzionerà anche
sui processori ARM e che sono stati
fatti numerosi
passi avanti
nel
campo
degli schermi
flessibili, questo brevetto
potrebbe
suggerire la
direzione che
Microsoft intende intraprendere nel campo del mobile, dopo la ritirata in piena regola dello
scorso anno.
Ecco LG Watch Sport e Style, i primi Android Wear 2.0
LG Watch Sport è un prodotto di fascia alta, LG Watch Style punta invece più sul design
È
di Mirko SPASIANO

torna al sommario
Tra le novità
il Performance Mode
il Multi-Window
a 7 finestre
e Samsung Pass
di Gaetano MERO
MOBILE Sarà LG a produrre i primi smartwatch con la nuova versione della piattaforma di Google
trapelato finalmente il nome del misterioso partner di Big G per la nuova generazione di smartwatch: LG.
La partnership tra Google ed LG non darà
i natali a smartwatch con brand Nexus o
Pixel, ma a due device che porteranno i
nomi scelti dall’azienda coreana: LG Watch Sport e LG Watch Style. L’annuncio
ufficiale è previsto per il 9 febbraio, data
nella quale verrà lanciata anche la piattaforma Android Wear 2.0. Non ci sono
ancora informazioni certe per le tempistiche dell’aggiornamento OTA, ma è ragionevole ritenere che possa cominciare
di lì a pochi giorni.
Tornando agli smartwatch di LG, Watch
Sport è di fascia più alta, almeno per
quanto riguarda le specifiche tecniche.
Si parla, infatti, di uno schermo OLED
da 1.38” con risoluzione 480 x 480 pixel,
Samsung
aggiorna gli S7
ad Android
Nougat
768 MB di RAM e 4 GB di spazio di archiviazione interno: il tutto incastonato in
una cassa spessa 14.2 mm e accompagnato da una batteria da 430 mAh.
LG Watch Style, invece, punta più sul
design, con un display leggermente
più piccolo, 1.2”, ed uno spessore ridotto, che si attesta a 10.8 mm. Anche la
risoluzione dello schermo, la RAM e la
capacità della batteria subiscono inevitabilmente un downgrade, rispettivamente
a 360 x 360 pixel, 512 MB e 240 mAh,
mentre invece l’unità di archiviazione è
dello stesso taglio: 4 GB.
Entrambi disporranno di connettività
Wi-Fi e Bluetooth, ma lo Sport potrà connettersi anche in 3G e LTE e sarà equipaggiato con antenna GPS e chip NFC
(perciò, dovrebbe supportare Adroid
Pay). LG Watch Sport e Style saranno
resistenti all’acqua ed alla polvere, ri-
spettivamente con certificazione IP68
e IP67. L’ultima caratteristica distintiva a
favore del Watch Sport è la presenza di
un sensore per il rilevamento del battito
cardiaco. Non sono invece emerse indiscrezioni sul processore che dovrebbe
alimentare i due modelli.
Entrambi gli smartwatch di LG dovrebbero supportare Google Assistant,
Samsung ha iniziato ufficialmente
il rilascio dell’aggiornamento ad
Android Nougat 7.0 per i Galaxy
S7 e S7 Edge. Il software porta con
sé alcune novità ed ottimizzazioni
tra cui una maggiore rapidità nelle fasi di download e installazione
delle app e degli update di sistema. Il pannello ad accesso rapido
ora presenta una grafica più pulita; l’applicazione S Finder è stata
migliorata e si possono effettuare
ricerche sul proprio smartphone
o sul web direttamente dal Quick
Panel. Anche le notifiche risultano
più chiare ed è stato aggiunto il
supporto alla risposta diretta per
la messaggistica.
Il multi-window è stato perfezionato permettendo un più facile ridimensionamento dello schermo,
adesso sarà possibile aggiungere
altre 5 app alla schermata così da
avere fino a 7 applicazioni aperte
in contemporanea. Tra le novità
più corpose il Performance Mode
in cui è possibile selezionare
quattro modalità di funzionamento dello smartphone in base alle
esigenze. Infine Samsung ha pensato di espandere l’utilizzo del
lettore di impronte introducendo
Samsung Pass che permetterà di
accedere a determinati siti web e
applicazioni senza inserire password.
Il Regno Unito è tra i primi Paesi
in Europa interessato dall’aggiornamento assieme a USA e Cina,
nel resto del mondo, compresa
l’Italia, arriverà nei prossimi giorni.
Entro giugno sarà ampliata la lista
dei dispositivi che riceveranno
l’update in cui risultano Galaxy
S6, Galaxy S6 Edge e Edge Plus,
Galaxy Note 5, Galaxy Tab A,
Galaxy Tab S2 LTE, Galaxy A3 e
Galaxy A8.
n.148 / 17
23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
GAMING Switch proverà a fondere tutte le caratteristiche peculiari delle ultime console Nintendo
Tutto sulla console ibrida Nintendo Switch
Touch screen, sensori di movimento, giochi di tipo tradizionale ed esperienze più social
Sono questi i pilastri su cui si baserà la nuova esperienza videoludica lanciata con Switch
di Francesco FIORILLO
uovi e interessanti dettagli su Nintendo Switch, la console della casa
di Kyoto in grado di garantire sia
sessioni ludiche in mobilità, sia nella comodità della propria dimora, sono giunte dall’evento di presentazione svoltosi
in quel di Tokyo. Il presidente Tatsumi
Kimishima ha annunciato che Switch
approderà sugli scaffali dei negozi di
tutto il mondo il prossimo 3 marzo 2017,
ad un prezzo consigliato di 329,99 euro
(299,99 dollari in america)
Il n.1 di Nintendo ha poi colto l’occasione per specificare che la console avrà
una memoria di archiviazione interna di
32GB (espandibile grazie allo slot per
microSDHC e microSDHCX) e potrà
avvalersi di un servizio di interazione e
gioco online, chat compresa. Tali opzioni
potranno essere testate gratuitamente
nel periodo di lancio, mentre diventeranno a pagamento nell’autunno 2017. In aggiunta è stato confermato che la console
non sarà region lock e che permetterà di
giocare a qualsivoglia titolo indipendentemente dalla sua provenienza.
Il presidente dell’azienda che ha dato i
natali al baffuto idraulico ha poi speso
qualche parola sui contenuti presenti
nella confezione di Switch. Oltre alla
console, la confezione conterrà i controller Joy-Con destro e sinistro, una impugnatura Joy-Con (a cui si collegano i
due Joy-Con per formare un controller),
un set di laccetti, la base per Nintendo
Switch (che ospita la console e si collega
al televisore), un cavo HDMI e un blocco
alimentatore. Saranno inoltre disponibili
due versioni: una con i Joy-Con grigi e
una con un Joy-Con blu neon e uno rosso neon. È stata poi confermata la presenza di uno schermo LCD touch screen
capacitivo, l’implementazione del modulo WiFi per il collegamento a internet e
per la connessione fino a 8 console in

N
torna al sommario
Super Mario Run
a marzo
su Android
Aperte
le registrazioni
Reduce dall’esperienza
nel mondo Apple,
il nuovo gioco
di Nintendo debutterà
sul Play Store
tra un paio di mesi
Prezzo da definire
Già aperte
le pre-registrazioni
LAN e l’opzione per la cattura di video e
screen dei giochi. La batteria ha una durata stimata che oscilla dalle 2,5 alle 6,5
ore a seconda dell’utilizzo e dei giochi
(per il nuovo Zelda ad esempio si parla
di 3 ore di autonomia), mentre la ricarica
avverrà attraverso cavo USB Type-C anche mentre si gioca. I Joy-Con vantano
infine un sistema di vibrazione rivoluzionario, “capace di far sentire un cubetto di
ghiaccio che sbatte contro un bicchiere”
e un sensore, posto nella parte superiore, in grado di leggere gesti delle mani
oltre che la prossimità degli oggetti. Qui
la curiosità è davvero alle stelle.
Passata questa prima parte incentrata
sulle specifiche tecniche, ampio spazio è
stato dedicato ai giochi in arrivo. 80 sono
i titoli in sviluppo, ma ad aprire le danze è
stato 1, 2, Switch.
Disponibile al lancio della console, il videogame sviluppato da Nintendo proverà a mostrare la potenzialità dei controller
Joy-Con. Secondo gli sviluppatori, infatti,
il gioco si potrà vivere direttamente anche senza schermo, guardando gli occhi
del proprio avversario. Il trailer ha mostrato ad esempio un duello tra cowboy incentrato sull’interazione faccia a
faccia, che Nintendo ritiene perfetta soprattutto nel caso in cui si porti la propria
console ad una festa, mentre una sorta
di battaglia con le spade e un
ben più canonico ping-pong
virtuale, mostreranno la bontà del sistema di rilevamento
dei movimenti insito nei due
mini controller.
Un altro titolo utilizzabile
esclusivamente tramite i due
Joy-Con è Arms, un coloratissimo gioco di combattimento in arrivo nel corso
della primavera e molto vicino, almeno
concettualmente, alle esperienze solitamente accostate all’epoca Wii.
Impugnando entrambi i Joy-Con, uno per
ogni mano, i giocatori dovranno semplicemente sferrare pugni in direzione dell’avversario, cercando al contempo di
schivare gli attacchi nemici inclinando i
due controller.
Dopo aver mostrato qualche interessante gioco di ruolo di matrice nipponica, come il già attesissimo seguito di
Xenoblade, i riflettori si sono accesi sul
nuovo capitolo della longeva serie con
protagonista l’idraulico in salopette. Super Mario Odyssey, questo il nome scelto per il nuovo gioco di Mario, proporrà
il prossimo novembre un mondo aperto
caratterizzato da ambientazioni molto diverse fra loro, mentre il baffuto protagonista potrà contare su nuovi poteri e su
di un nuovo e misterioso cappello.
Nel mese di aprile la serie Mario Kart
farà il suo ritorno grazie alla riedizione
di Mario Kart 8 (con nuovi personaggi e
tre circuiti inediti), mentre nel corso della prossima estate il seguito dell’ottimo
Splatoon farà certamente la felicità degli
amanti degli sparattutto.
Per quel che concerne le terze parti,
l’evento ha portato con sé qualche interessante conferma. The Elder Scrolls V:
Skyrim giungerà sulla nuova piattaforma
di Nintedo, cosi come Steep di Ubisoft e
FIFA di EA.
L’evento di presentazione di Switch si
è concluso con un nuovo trailer di The
Legend of Zelda: Breath of the Wild, l’attesissimo nuovo episodio della celebre
serie firmata dalla grande N pronto ad
accompagnare la console il prossimo 3
marzo 2017. La console è già disponibile su Amazon.it per il pre-ordine.
di Giulio MINOTTI
Tramite Twitter, Nintendo ha annunciato che Super Mario Run
arriverà sui device Android nel
corso del mese di marzo. Il gioco
era stato già pubblicato lo scorso dicembre su iOS riscuotendo
un ottimo successo iniziale con
40 milioni di download nei primi
4 giorni di disponibilità.
All’inizio dell’anno il celebre titolo ha tagliato il traguardo dei 90
milioni di installazioni, ma solo
una piccola parte di utenti (si
è parlato di cifre intorno al 3%)
ha scelto di acquistare la versione completa, venduta ad un
prezzo di 9,99 euro sullo Store
di Apple. Cifra che potrebbe essere confermata anche per i device Android. Nel Play Store è
già disponibile la pagina di preregistrazione che consentirà di
ricevere uno notifica quando il
titolo sarà disponibile.
n.148 / 17
23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
GAMING Mike Ybarra ha svelato le carte: Microsoft non si è dimenticata della console. Game Mode è solo la punta dell’iceberg
Per Mike Ybarra, il 2017 sarà monumentale per il gaming
Broadcasting, performance, social e competizione saranno il cuore del Creators Update declinato in salsa gaming
S
di Mirko SPASIANO
ubito dopo l’individuazione di tracce della modalità da gioco nell’ultima build di Windows 10 per PC
rilasciata agli Insider, Microsoft ha deciso
di rendere il tutto ufficiale: Game Mode
arriverà su PC e tablet con il Creators
Update. Secondo Mike Ybarra (Partner
Director of Program Management delle piattaforme Windows e Xbox), però,
l’anno corrente sarà monumentale per
il gaming su Windows in generale, indipendentemente dalla piattaforma.
PC, Xbox, mobile e tutto il mondo Xbox
Live vedrà grandi novità con il prossimo
major update del sistema operativo di
casa Redmond. Microsoft si concentrerà
su quattro macro-categorie: streaming,
performance, social e competizione.
Come era stato annunciato lo scorso
ottobre, Beam, il servizio di streaming
di proprietà di Microsoft, verrà integrato direttamente sia su Windows 10, che
su Xbox One. Si connetterà all’account
Xbox Live e semplificherà notevolmente
il broadcasting delle sessioni di gaming:
su PC avrà dimora nella Game Bar, men-
tre su Xbox One nella guida. Iniziare
sessioni di broadcasting sarà immediato
perché Beam verrà integrato a livello di
sistema operativo, venendo meno anche
l’esigenza di utilizzare software supplementare.
La feature più attesa è senza dubbio il
Game Mode, che renderà l’ottimizzazione delle prestazioni del PC per il gaming
rapida e indolore. Non sono stati rivelati
dettagli specifici sul suo funzionamento,
ma, non essendo ancora pienamente
operativa, non c’è da sorprendersi più di
tanto. Le performance verranno migliorate anche su console, con una home rinnovata e più funzionale. La Guida potrà
essere invocata come overlay laterale
indipendentemente dall’attività corrente,
con un particolare focus sull’intuitività e
la rapidità del multitasking (chissà che
non arrivi anche il picture-in-picture).
Verranno riviste le schermate per il tracciamento degli Obiettivi, le classifiche
basate sul Gamerscore, il design di Cortana e perfino i controlli per la riproduzione musicale in background.
Si prosegue con l’immancabile trend
degli ultimi tempi: l’anima social. Rintracciare i propri contatti social su Xbox Live
diventerà ancora più facile, così come il
trovare un gruppo per sessioni di gioco
multiplayer e partecipare attivamente
alle community. Verranno introdotti anche nuovi strumenti di moderazione per
i Club creati e verrà aggiornato il Feed
delle Attività per incentivare la condivisione di contenuti con i propri contatti.
Infine, anche l’Arena di Xbox Live farà
enormi passi in avanti, con la possibilità
di organizzare tornei con regole perso-
nalizzate (e rapida condivisione dei risultati con la community ed i social) e di partecipare a tornei allestiti da organizzatori
professionisti come ESL e FACEIT.
Insomma, di carne al fuoco ce n’è davvero tanta e, sia che si usi Windows su PC,
che su console, il Creators Update sembra non arrivare mai troppo presto. Dopo
il periodo buio di Windows 8, che ha
portato perfino alla nascita di SteamOS,
sembra che Microsoft abbia finalmente
riportato entusiasmo nella community
dei videogiocatori.
SOCIAL MEDIA E WEB Opera ha presentato Neon, un concetto di browser web senza finestre e l’interfaccia a cui siamo abituati
Opera rivoluziona la navigazione con il browser Neon
Neon offre modo totalmente nuovo di navigare e vivere il web, tante funzioni e nuove modalità di fruire i contenuti
di Alessandro CUCCA
U

n modo totalmente nuovo di navigare e vivere il web: questa è la visione alla base del nuovo concept
browser di Opera, Neon. Se lo scorso
millennio il web era pieno di pagine,
foto e documenti di testo, l’evoluzione
tecnologica e della comunicazione ci ha
condotto tra filmati, chat, social network,
nuove modalità di interazione e contenu-
torna al sommario
ti 2.0 che necessitano di nuovi strumenti per essere sfruttati al massimo. Questi
strumenti sono racchiusi in Neon, il concept Browser che si può provare e scaricare fin da subito, ma che incarna una
visione futuristica e innovativa del web.
i parte dall’interfaccia di Neon, molto diversa dalla classica “finestra” alla quale
siamo abituati; così diversa che in pratica non esiste più. Infatti l’ambiente di
navigazione è totalmente trasparente
e lascia intravedere il
nostro abituale desktop e il suo bel wallpaper. Non esiste più
una classica barra del
menù e una finestra
che racchiude le “tab”
(che noi chiamiamo
schede) dei vari siti,
ma queste adesso
hanno una forma cir-
colare che ricordano delle bolle che
fluttuano sul nostro schermo e vengono
organizzate dall’utente a suo piacimento anche se Neon è in grado, volendo,
di mettere in risalto quelle più utilizzate
facendo scomparire via via quelle con
minori visualizzazioni. Come se non bastasse, ad aumentare la gioia per i nostri occhi c’è un sofisticato motore fisico
che rende i movimenti e gli spostamenti
di tab e ogni elemento molto realistici,
regolati da una fisica ben precisa, al
punto da farci credere di maneggiare
oggetti reali.
Poi ci sono delle nuove funzioni specifiche per i vari tipi di contenuto, come
ad esempio una molto interessante
riguarda i video che possono essere
slegati dalla pagina web dove sono caricati, per poter essere così liberamente
spostati e ridimensionati. Lo scopo è
continuare a visualizzarli separatamen-
te mentre si naviga altrove, magari pure
in un sito diverso da quello di partenza,
senza porre nessun limite alla nostra
voglia di navigare liberamente.
Per finire, Neon include anche una sorta
di media center che permette di catturare in tempo reale degli screenshot delle
nostre sessioni, per poi averle a portata di mano ad esempio per dei veloci
copia&incolla o altri tipi di pubblicazione: tutto questo senza dover ricorrere a
terze applicazioni ma direttamente dentro il nuovo browser. Attualmente non
sappiamo se Neon sostituirà a breve lo
storico Opera, ma certamente alcune
di queste nuove funzioni arriveranno
entro la fine dell’anno all’interno dell’attuale browser.
Nel frattempo chi lo desidera può scaricare gratuitamente Neon e trovarsi
catapultato nel surfing web del nuovo
millennio.
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
PC L’hub integrato per l’interazione dei contatti preferiti non verrà incluso nel Creators Update
L’update per Windows 10 perde MyPeople
MyPeople rinviato al prossimo aggiornamento, in compenso arrivano tante nuove funzioni
M
di Mirko SPASIANO
icrosoft ha rilasciato agli Insider
la build 15014, appartenente al
ramo di sviluppo Creators Update (il prossimo aggiornamento di Windows 10). Spulciando tra le note di rilascio, spicca una cattiva notizia: MyPeople
non verrà inclusa nel Creators Update,
che era stato uno dei focus del Windows
10 Event tenutosi lo scorso ottobre a San
Francisco. In buona sostanza, MyPeople
è una sorta di hub che consentirebbe
di posizionare i propri contatti preferiti
sulla porzione destra della barra degli
strumenti. Le piccole thumbnail dei contatti, però, non sarebbero stati dei meri
collegamenti alla relativa pagina dell’app
Contatti, ma un vero e proprio sistema di
comunicazione e condivisione integrato.
Trattandosi di un framework completamente aperto, all’interno dell’hub si potrebbero integrare non solo tutte le app
proprietarie di Microsoft, come Skype,
Xbox e Outlook Mail, ma anche quelle di
terze parti, come Messenger, Viber e Telegram. MyPeople consentirebbe, così,
di interagire con il contatto desiderato
direttamente nella finestra che compare
come flyout, senza passare dalle singole
app o servizi che si integrano al suo interno. Analogamente, per la condivisione
immediata di un file, basterebbe trascinare un documento o un’immagine sulla
thumbnail del contatto sulla barra degli
strumenti. MyPeople è stato rimandato al
successivo major update, per Redstone
3, previsto per il prossimo autunno.
Ad indorare la pillola, però, ci sono le
numerose novità introdotte con la build 15014. Tra queste si annoverano una
sezione per l’acquisto di e-book nel
Windows Store e un maggiore grado di
personalizzazione dei temi (non c’è più
un set limitato di colori, ma un vero e
proprio selettore dei colori). Non manca-
no le consuete ottimizzazioni alle impostazioni, con particolare attenzione alla
sezione del Wi-Fi e una nuova modalità
per liberare spazio automaticamente nel
proprio PC.
Ma forse la più interessante è una collaborazione più stretta con le case costruttrici di PC, che porterà ad integrare
direttamente nel sistema operativo la
gestione della batteria e delle prestazioni. Infatti, è stato inserito nella finestra
che mostra lo stato della batteria uno slider per regolare le performance del PC
in modo da privilegiare la massima autonomia o le massime prestazioni.
PC Un post pubblicato sul blog tedesco Microsoft elenca tutta una lista di difetti di Windows 7
Windows 7 ha problemi seri, parola di Microsoft
Successivamente Microsoft interviene con una dichiarazione che fa luce sull’argomento
N
di Mirko SPASIANO

ei giorni scorsi, Microsoft ha pubblicato, e poi rimosso, un post
sulla Newsroom ufficiale tedesca, in cui afferma, senza mezzi termini,
che Windows 7 non è adeguato ai tempi
che corrono. Alcuni magazine stranieri,
come ZDNet e Forbes, sono però riusciti a intercettare il post riprendendone le parole: chi utilizza Windows 7 si
esporrebbe a falle di sicurezza, correrebbe il rischio che l’hardware prescelto
vada incontro a serie restrizioni e che
presto il sistema operativo non sarà più
supportato.
“Oggi, (Windows 7, ndr) non soddisfa i
requisiti della tecnologia moderna, né
tantomeno quelli di sicurezza richiesti
dai dipartimenti IT”.
Queste sono solo alcune delle parole di
Markus Nitschke, Head of Windows del
distaccamento teutonico di Microsoft,
che dipingono un quadro relativamente
preoccupante. Nel post, infatti, si faceva
riferimento a numerosi difetti di Windows 7, che spaziano da un’architettura di sicurezza datata (che renderebbe
torna al sommario
utenti e aziende più suscettibili ad attacchi cibernetici) a problemi di affidabilità e compatibilità (driver limitati e nuovi
componenti hardware non supportati).
Alla fine, poi, viene sottolineato come
sia semplice aggiornare a Windows 10.
Successivamente, Microsoft è intervenuta con la seguente dichiarazione:
“Nel mondo assistiamo ad una crescente proliferazione di minacce informatiche che nascono dal moltiplicarsi degli
oggetti connessi. In particolare l’Italia si
contraddistingue per percentuali di infezioni IT superiori alla media mondiale
(fonte Microsoft Security Intelligence
Report 2016) e questo spesso a causa
dell’obsolescenza dei sistemi hardware
e software che utilizziamo nel nostro
Paese. Se ne è discusso alla Conferenza Nazionale sulla Cybersecurity
www.itasec17.it a Venezia: è fondamentale affidarsi a sistemi operativi
che siano costantemente aggiornati ed
in grado di tutelarci da attacchi informatici che stanno diventando sempre
più sofisticati e Windows 10 è stato progettato proprio per garantire la massima sicurezza in termini di protezione
delle identità digitali, dei sistemi e dei
dati. Al contempo Microsoft conferma
che tutti gli utenti di PC con Windows 7,
il sistema operativo lanciato 8 anni fa
e aggiornato alla sua Service Pack 1,
continueranno a ricevere gli aggiornamenti di sicurezza per ulteriori 3 anni,
ovvero fino al 13 gennaio 2020. Come
Microsoft siamo da sempre impegnati
nella tutela della sicurezza dei nostri
utenti e delle aziende che si affidano
alle nostre soluzioni tecnologiche poichè siamo convinti che le persone e le
organizzazioni valuteranno di utilizzare
solo i servizi di cui si fidano completamente. Ecco perchè siamo così attenti
al rispetto della trasparenza, della sicurezza e della privacy nel concepire
e sviluppare i nostri servizi secondo un
approccio “security by design”.
Consumer
Reports
toglie il veto
su MacBook Pro
Compratelo pure
Su indicazioni
del noto magazine
Apple ha risolto il bug
che ne affliggeva
l’autonomia: i nuovi test
di Consumer Reports
adesso premiano
la durata della batteria
dei MacBook Pro
di Alvise SALICE
Dopo aver sonoramente bocciato il
nuovo MacBook Pro alla fine dello
scorso anno, i tecnici di Consumer
Reports hanno scoperto che era
un bug di Safari il colpevole dell’autonomia così inaffidabile. Risolto l’inghippo software, Consumer
Reports ha ripetuto daccapo tutti
i test svolti in autunno, stavolta
con esiti incoraggianti che hanno
spinto il magazine a modificare
il proprio giudizio: l’acquisto dei
Macbook Pro viene infatti adesso
raccomandato. Lavorando a stretto
contatto con gli esperti di Consumer Reports, Apple ha corretto il
bug di Safari rilasciando la nuova
beta di macOS Sierra 10.12.3, ora
nelle mani degli sviluppatori. A
quanto pare, l’update risolve il problema che impediva alla batteria di
fornire risultati omogenei in caso
di disattivazione della cache nel
browser. Secondo i test aggiornati,
ora l’autonomia che i portatili premium di Cupertino riescono a garantire è grossomodo in linea con
quanto ufficialmente dichiarato
dall’azienda nelle schede tecniche:
il MacBook Pro da 13” senza Touch
Bar ha fatto registrare una durata
media 18.75 ore, il modello da 15”
con touchbar raggiunge le 17.25
ore, quello da 13” le 15.25 ore.
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
FOTOGRAFIA Fujifilm ha presentato la sua prima medio formato, prezzo alto ma era prevedibile
La GFX 50S arriva a febbraio, costa 7000 €
Una fotocamera senza compromessi, con tecnica al top, maneggevole e non ingombrante
F
di Roberto PEZZALI
ujifilm ha presentato la sua prima
fotocamera a medio formato, già
anticipata a settembre nel corso di
Photokina. Un passo importantissimo
per l’azienda giapponese, che dopo aver
tracciato un nuovo percorso con la serie
X ha deciso di saltare il full frame per
guardare avanti.
Bastano pochi numeri per dare l’idea
di cosa voglia dire medio formato: GFX
50S è dotata infatti di un sensore CMOS
da 43,8 x 32,9mm con 51,4 Megapixel,
un sensore che a conti fatti può vantare un’area fotosensibile grande quasi il
doppio (1.7x) rispetto ai sensori full frame.
La presenza di un sensore “enorme”
lascia pensare anche ad un corpo altrettanto grande, ma Fujifilm è riuscita a
tenere le dimensioni relativamente compatte: con un corpo in lega di magnesio,
la 50S pesa 1230 grammi con l’obiettivo
GF 63mm F2.8 R WR, quindi quanto una
full frame e circa il 50% in più rispetto ad
una APS-C di fascia medio alta. Esteticamente il primo modello della serie GFX
ricorda molto la serie X, ma Fujifilm ha
aggiunto alcune innovazioni decisamente importanti. Il mirino elettronico (è una
mirrorless) è un OLED da 3,69 milioni di
pixel che può essere sganciato e abbinato ad un adattatore snodabile che permette al fotografo di variare inclinazione
e angolo, mentre lo schermo da 3,2 pollici e 2,36 milioni di punti è inclinabile in
tre direzioni e dotato di touch screen per
aiutare la messa a fuoco.
La prestigiosa università
statunitense pubblica
su una piattaforma
gratuita l’intero corpus
del proprio corso
di fotografia
di Franco AQUINI
GFX richiede ovviamente obiettivi dedicati in grado di risolvere tutte le linee del
sensore: le ottiche GF sono state pensate per il nuovo attacco “G Mount” di
diametro pari a 65mm, hanno una ghiera
per la regolazione del diaframma sul barilotto e ovviamente sono state progettate a prova di polvere e umidità, con
una struttura resistente alle basse temperature fino a -10 °C. Tra i primi obiettivi
disponibili il GF 63mm F2.8 equivalente
ad un 50mm (1.625,00 euro IVA inclusa),
lo zoom standard GF 32-64mm F4 R LM
WR equivalente ad un 25-50 nel formato
35 mm (2.545,00 euro) e il teleobiettivo
medio macro GF120 mm F4 R LM OIS
WR Macro (2.955,00 euro) equivalente
ad un 95mm.
Nonostante sia una fotocamera pensata
espressamente per le foto, la GFX 50S
dispone anche di un Movie Mode capace di registrare video con risoluzione
di 1920x1080 e 36Mbps, con framerate
massimo di 30 fps. La GFX 50S costerà 7.155 euro IVA inclusa, un prezzo che
molti potranno ritenere elevato per una
fotocamera ma che si posiziona bene rispetto alla concorrenza (Hasselblad).
FOTOGRAFIA Presentata la X-T20, una mirrorless di fascia media con caratteristiche interessanti
Fujifilm X-T20, più Megapixel e “super” autofocus
In arrivo a febbraio, l’erede della X-T10 ad un prezzo intorno a 900 dollari (solo corpo)
A
di Dario RONZONI

margine della presentazione della
GFX 50S, Fujifilm ha mostrato la
nuova X-T20, una fotocamera mirrorless di livello medio con un’interessante serie di novità. Si parte col nuovo
sensore X-Trans CMOS III da 24,3 Mpxv
privo di filtro passa basso, per proseguire con l’autofocus ora con 91 punti
di messa a fuoco, 49 dei quali a rilevamento di fase. Non si discosta dallo stile
ormai inconfondibile della serie X-T il mi-
torna al sommario
Il super corso
di fotografia
digitale
di Harvard
è online. È gratis
rino elettronico da 2,36 milioni di punti e
ingrandimento 0,62x. Qualche millimetro
sotto, ecco il display da 3”, inclinabile in
tre direzioni e ora dotato di comandi touch. La sensibilità ISO nominale è compresa tra 200 e 12800, con possibilità di
estendere il range da 100 a 51200.
Sul versante video la piccola Fujifilm
offre pieno supporto al formato 4K a
29,97p/25p/23,98p, 100Mbps e registrazione continua fino a circa 10 minuti. La
X-T20 sarà disponibile a partire da feb-
braio al prezzo indicativo di 900 dollari
per il solo corpo, circa 1.000 per il kit con
il 16-50mm f/3.5-5.6 e circa 1.200 per il
kit con il 18-55mm f/2.8-4.
Quotidianamente la rete è sommersa da milioni di fotografie, spesso
scattate senza criterio. In un’epoca
dominata dall’illusione del “tutti
possono fare tutto”, un salutare ritorno ai fondamentali non farebbe
certo male. Se si escludono i canali
classici dei corsi fotografici “fisici”,
sono però relativamente poche
le fonti online davvero autorevoli
e facilmente accessibili. Fotografi
in erba, ora non avete più scuse:
l’università di Harvard, una delle
istituzioni più prestigiose al mondo,
ha reso liberamente consultabile
online, sulla piattaforma ALISON, il
proprio corso di fotografia digitale.
Il corso si compone di dodici moduli, più un tredicesimo per testare
le conoscenze al termine del percorso didattico. il corso però risale
al 2009, un lasso di tempo troppo
ampio per non rendere obsoleti
i riferimenti ai software contenuti
nelle lezioni. Poco male: le basi
teoriche della fotografia restano
valide nei secoli dei secoli, e un
ripassino ad hoc può fare la differenza anche nel 2017.
Harvard è solo l’ultima istituzione
in ordine di tempo a diffondere
gratuitamente online parti del proprio programma di studi. Già in
passato avevano percorso questa
strada altre storiche realtà universitarie statunitensi, come Yale, UCLA
e Princeton.
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
FOTOGRAFIA Abbiamo scattato con la nuova X-T20, una mirrorless pensata per l’amatore che vuole iniziare a fare sul serio
Fujifilm X-T20: bella, leggera e scatta molto bene
Utilizza lo stesso processore e lo stesso sensore della X-T2 ma è disponibile a un prezzo (circa 900 dollari) dimezzato
Q
di Roberto PEZZALI

uando si ha tra le mani una fotocamera come la
nuova medio formato GFX e la piccola ma incredibile X100F è difficile dare un giudizio su quella
che sembrerebbe l’ennesima mirrorless di fascia media.
Invece X-T20 è tra i tre modelli che abbiamo provato
quella che probabilmente ci ha convinto di più.
X100F è una macchina particolare, con un suo pubblico, la medio formato GFX 50S è un prodotto dedicato
a un segmento professionale dove la camera è solo un
anello dell’intero sistema (ne parleremo a breve con alcuni scatti), mentre la X-T20 è una fotocamera per tutti.
Tempo addietro Fujifilm lanciò X-T10 per abbassare il
prezzo della X-T1, la X-T20 arriva per dimezzare il prezzo di listino della recentissima X-T2 e si porta appresso
moltissime novità di quella che è considerata da molti
un piccolo gioiellino. Considerando il genitore, X-T20
non poteva certo uscire male, ed effettivamente le prime impressioni che abbiamo avuto sono assolutamente
positive. Non è la X-T2, ovvio, ma il corpo è comunque
in lega di magnesio nella parte alta con ghiere ed elementi in alluminio. Leggerissima da tenere in mano, con
un display orientabile ma solo su due assi, la X-T20 ha
una cosa che ci è piaciuta subito, il display touch. Regolabile in diverse modalità, il touch è decisamente reattivo
e permette subito di mettere a fuoco una zona semplicemente con il tocco: cosa banale già presente in altre
fotocamere, ma se si calcola che la nuova X-T20 ha più
di 300 punti di messa a fuoco e permette di scegliere su
una griglia di 91, si capisce che il touch è una soluzione
pratica e comoda. La presenza del touch fa digerire l’assenza del piccolo joystick per la regolazione dei punti di
fuoco: ci è piaciuto tantissimo sulla X100F, manca sulla
X-T20, probabilmente per non sbilanciare l’ergonomia
di una fotocamera che è comunque piccola e compatta.
Rispetto al modello superiore mancano un po’ di cose,
dalla velocità di raffica alla sigillatura per gli agenti atmosferici, ma chi guarda alla pura qualità può tranquillamente passare oltre e pensare che alla fine, a metà prezzo,
si porta a casa lo stesso sensore, lo stesso processore e
la stessa messa a fuoco dei modelli top. Il CMOS è infatti
l’X-Trans di terza generazione, 24 Megapixel, assistito
dallo stesso X-Processor Pro della X-T2. Un sensore rodato, con una sensibilità nativa di 200 - 12800 iso espandibile a 100 - 51200 iso: scatta foto con uno shutter lag
torna al sommario
ridottissimo, ma riprende anche video in 4K, funzione
questa che tuttavia non abbiamo avuto modo di provare. Più che discreto il mirino OLED, anche se ad essere
sinceri dovendo usare il touch to focus abbiamo preferito sfruttare lo schermo per scattare: quest’ultimo è un
3” da 1 Megapixel, e sebbene la risoluzione sia elevata è
sempre consigliabile uno zoom al 100% per capire se lo
scatto è perfetto oppure c’è un micro-mosso che rischia
di essere scoperto solo quando si apre la foto al computer. Fujifilm facilita molto la cosa: basta un doppio tap
sullo schermo per avere il dettaglio al 100% nel punto
di messa a fuoco. Sotto il profilo dell’usabilità la nuova
Fujifilm mantiene la stessa impostazione vincente delle
altre fotocamere: non esiste una ghiera dei modi perché
l’utente può scegliere se impostare manualmente tempi
e diaframmi (dall’obiettivo) oppure andare in automatico,
anche se chi sceglie una fotocamera di questo tipo difficilmente userà quest’ultima opzione, scattando sempre
nella pratica ma versatile priorità diaframmi. Belli i menu,
con quello di scelta veloce impostabile tramite la ghiera
che permette di gestire senza entrare nel menu principale tutte le opzioni della fotocamera: la novità nella
nuova X-T20 è la modalità di scatto Acros Film Simulation, un bellissimo bianco e nero molto incisivo, quello
usato negli scatti in b&w qui sotto.
Nel complesso la X-T20 è una bellissima macchina: ha un
certo fascino estetico, ma non è solo quello. Perdona moltissimo gli errori, con scatti che anche in situazioni difficili
sono davvero godibili, e le modalità di utilizzo incentivano
l’uso della modalità manuale assistita, e questo male non
fa. C’è il 4K, ma è un plus che forse a molti non interessa,
e ci sono tante altre piccole cose come ad esempio il wifi, che è utile ma a nostro avviso non sostituisce ancora la
card. Purtroppo, e abbiamo avuto modo di parlarne con
uno dei tecnici a margine dell’evento di lancio, nessuno
ha ancora le idee chiare su come realizzare un sistema
wireless per lo spostamento rapido dei file da una fotocamera ad un computer o a uno smartphone. Possibile
che non si riesca a fare in modo che, pochi istanti dopo
aver scattato, la foto compaia in una cartella del proprio
computer? Per chi ha un PC privo di scheda SD questo
sarebbe la soluzione perfetta. Fujifilm ci sta lavorando,
ma ancora nella X-T20 si deve usare la classica app con
configurazione di un hotspot o con la macchina che funziona come hotspot.
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
FOTOGRAFIA Sensore più grande E stesso obiettivo 35mm: la X100 ri rinnova per la quarta volta
Fujifilm X100F, le prime impressioni d’uso
È facile da utilizzare e la messa a fuoco è più precisa, specie in condizioni di scarsa luminosità
Q
di Roberto PEZZALI

uando si parla di Fujifilm X-Series il primo modello che viene
in mente è senza dubbio la X100:
ottica fissa 35 mm, un sensore APS-C
particolare e un look retrò hanno permesso a Fujifilm di aprire una gamma
davvero fortunata e vincente con un
modello che qualcuno, sulla carta,
aveva addirittura bocciato. La X100 si
è dimostrata invece la fotocamera dei
desideri per moltissimi fotografi e aspiranti fotografi, tanto che Fujifilm ne ha
realizzate addirittura quattro versioni.
La X100F che abbiamo avuto tra le mani
oggi, F sta per Fourth, è l’ennesima rivisitazione di una fotocamera che resta
ancorata alla sua tradizione ma trova
sempre un motivo di miglioramento, più
di uno in questo caso. Esteticamente la
fotocamera mantiene la sua identità,
anche se Fujifilm ha aggiunto una ghiera frontale portando il numero totale di
ghiere a tre: è piccola la nuova ghiera,
ma è decisamente pratica da utilizzare.
Restano identici il mirino ibrido, con possibilità di utilizzo ottico o elettronico, e
l’obiettivo 23mm F2 (35mm equivalenti)
sul quale si possono montare adattatori
tele e wide. Per questa edizione sono
stati realizzati nuovi adattatori dotati
di contatti elettronici: la X100F capisce
che adattatore è collegato e si adatta
di conseguenza. Sempre in termini di
ergonomia cambia anche la ghiera superiore: oltre alla selezione dei tempi è
possibile con la stessa ghiera selezionare anche gli ISO, opzione questa comoda ma non un game changer come
torna al sommario
Leica presenta
M10: nuovo
sensore e cura
dimagrante
La nuova digitale della
serie M è una telemetro
con dimensioni
che ricordano quelle
delle vecchie Leica
a pellicola. Al suo
interno una tecnologia
di prim’ordinea
di Dario RONZONI
invece lo è il piccolo joystick inserito
sul retro per la gestione de punti di
fuoco. L’abbiamo trovata davvero comoda scattando, con il pollice si possono passare velocemente i vari punti
di messa a fuoco del sensore, 91 se si
usa l’area grande e più di 300 se si usa
il posizionamento fine, più preciso ma
anche più complesso da gestire se non
si prepara prima lo scatto. Sensore e
processore sono quelli della X-Pro2,
un CMOS X-Trans III da 24 Megapixel
abbinato all’X Processor Pro; la messa
fuoco è rapidissima, il ritardo sullo scatto inesistente e grazie all’otturatore
elettronico è possibile scattare senza
emettere suono: il “click” è infatti artificiale, e per uno scatto discreto si può
disattivare.
Rispetto al modello precedente abbiamo apprezzato una miglior precisione della messa a fuoco soprattutto in
condizioni di scarsa luminosità, e forse
l’unico rammarico è l’assenza de touch
screen presente invece sulle altre due
fotocamere che Fujifilm ha presentato
ieri (X-T20 e GFX 50S), un plus che soprattutto per la messa a fuoco potrebbe risultare decisamente utile.
Nel complesso una notevole evoluzione, e forse per l’evoluzione nel sensore
(da 16 a 24 Megapixel) e nella messa a
fuoco passare dalla X100T alla X100F
ha senso se un utente ha apprezzato
e possiede uno dei modelli precedenti.
Ecco qualche foto che abbiamo scattato oggi con un modello definitivo della X100F. Come sempre le foto vanno
cliccate per poter vedere l’originale.
Leica presenta la nuova M10, ultima arrivata nella celebre gamma
M, caratterizzata da un inedito
sensore e da dimensioni mai così
compatte. Con una profondità in
corrispondenza della calotta di
33,7 millimetri, la M10 è la Leica digitale più snella di sempre, con misure equivalenti a quelle della M4
analogica. La piccola grande tedesca è una telemetro moderna dotata di un sensore full-frame da 24
Megapixel, sviluppato per questo
modello, abbinato a un processore
di immagine Maestro II che garantisce una gamma ISO compresa tra
100 e 50000.
La raffica può raggiungere i 5 fps
fino a 30-40 scatti, dati che fanno
della M10 la M digitale più veloce. E
a proposito di primati, la nuova Leica è anche la prima della famiglia a
supportare la connettività Wi-Fi, in
abbinamento con l’app proprietaria Leica M-App, per il momento disponibile solo per iOS (la versione
Android dovrebbe uscire nel corso
dell’anno). Sul retro della macchina campeggia un display LCD da
3” protetto da Gorilla Glass, mentre il mirino a telemetro è circa il
30% più ampio di quello presente
sulle precedenti M digitali, con un
fattore di ingrandimento di 0,73x.
Disponibile già in questi giorni, la
Leica M10 è in vendita al prezzo di
6.625 euro solo corpo.
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
AUTOMOTIVE Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo che inserisce l’idrogeno tra i carburanti alternativi
L’idrogeno inserito tra i carburanti alternativi in Italia
Entro il 2025 l’Italia dovrà dotarsi di un congruo numero di stazioni di rifornimento, sarà ammessa la pressione
di rifornimento di 700 bar. Non ci sono quindi più ostacoli all’arrivo della Toyota Mirai anche nel nostro Paese
di Massimiliano ZOCCHI
l
I Decreto Legislativo 16 Dicembre
2016 n.257, pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale n.10 del 13 gennaio scorso,
contiene importanti cambiamenti per
quanto riguarda i carburanti alternativi.
Il Decreto recepisce la direttiva DAFI, la
quale richiedeva agli Stati Membri della
UE di mettere a punto un quadro strategico Nazionale da passare al vaglio della
Commissione Europea per decidere le
sorti dei combustibili alternativi anche
nel nostro Paese. Il governo Italiano ha
inserito nel testo anche l’idrogeno, che
in realtà era solo opzionale. Questo significa che ora che è ufficialmente tra
i combustibili alternativi e l’Italia dovrà
dotarsi (entro il 2025) di un adeguato
numero di stazioni di rifornimento. Inol-
tre viene modificata anche la norma che
limitava l’erogazione di idrogeno a 350
bar, non adatta alle auto moderne con
questa tecnologia, elevandolo a 700 bar
e diminuendo i tempi di rifornimento.
Oltre ai risvolti etici e commerciali sulla
questione idrogeno, questa novità significa che potrà arrivare finalmente anche
sulle nostre strade la Toyota Mirai, finora
bandita proprio per i limiti tecnici delle
passate normative. Proprio Toyota è stato uno dei consulenti del governo per
rivedere, correggere e aggiungere ciò
che limitava certi tipi di utilizzo del carburante alternativo.
Non solo idrogeno: la stessa Direttiva
impone anche nuove regole per le colonnine dedicate alle auto elettriche. In
questo caso entro il 2020 ci dovranno
essere un numero sufficiente di punti di
ricarica ad accesso pubblico, ed inoltre
entro la fine del 2017 i Comuni dovranno
adeguare i regolamenti edilizi. Questo
perché i nuovi edifici per ottenere il titolo
abitativo dovranno prevedere infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici, oltre
che nei parcheggi dei centri commerciali
superiori a 500 mq, sia nuovi che in ristrutturazione. La battaglia per la mobilità del futuro è appena iniziata.
AUTOMOTIVE Nasce Hydrogen Council, un consorzio di compagnie petrolifere e del settore del gas, insieme a grandi nomi dell’auto
I big del petrolio e dell’automotive spingono l’idrogeno
Un’alleanza per spingere la tecnologia fuel cell come alternativa ai carburanti fossili. Per alcuni è una mossa disperata
di Massimiliano ZOCCHI
urante il World Economic Forum
è stata annunciata la nascita dell’Hydrogen Council, un’alleanza
strategica che vede impegnate 13 compagnie internazionali, in parte del settore energetico e petrolifero e in parte
nomi storici dell’automotive.
Così collaboreranno Air Liquide, Alstom,
Anglo American, Engie, Shell, Linde Groupe e Total, con BMW, Hyundai, Daimler,
Honda, Kawasaki e Toyota. Lo scopo del
consorzio sarà di promuovere ogni azione utile allo sviluppo della tecnologia di
propulsione a idrogeno e fuel cell. Per
le aziende petrolifere o comunque legate al combustibile fossile, la ragione di
tale impegno è facilmente intuibile. Con
lo spettro delle automobili elettriche
ed ibride sempre più incombente, c’è
probabilmente il timore di perdere importanti quote di profitto, ma ancor più
che quello, la perdita maggiore sarebbe
nelle abitudini dei consumatori. Lentamente si fa strada l’idea che il mezzo di
trasporto non è necessariamente legato
a vecchie logiche di distribuzione. L’uni-

D
torna al sommario
ca alternativa che potrebbe mantenere
uno status quo simile a quello attuale è
proprio l’idrogeno. Pur essendo non inquinante (anche se, è giusto ricordarlo,
anche il vapore acqueo è considerato
un gas serra) ha meccanismi distributivi
e di rifornimento molto simili a benzina e
altri carburanti fossili. Insomma si punta
a mantenere il controllo del mercato, dei
prezzi, delle abitudini quotidiane.
Nel caso invece delle case costruttrici è
difficile dire quale siano i motivi a portare verso questa decisione. Alcuni, come
Toyota e Hyundai, hanno da anni progetti a lungo termine per l’idrogeno, anche
se ultimamente sembrava scemato l’interesse, con gli sforzi indirizzati più verso la mobilità elettrica. Per altri invece,
come BMW e Daimler, potrebbe trattarsi
di un tentativo per restare vigili su tutti
i fronti, per essere pronti non appena
il mercato avrà decretato la tecnologia
vincente.
I sostenitori delle vetture elettriche come
unica (o prevalente) soluzione per il futuro da sempre criticano la scelta dell’idrogeno e delle fuel cell. Le auto a celle a
combustibile in realtà hanno un powertrain elettrico, solo con batterie molto
più piccole, poiché servono solo come
buffer per l’energia prodotta dall’idrogeno. L’idrogeno può essere prodotto
da diverse fonti, tra cui la più banale è
l’elettrolisi dell’acqua fornendo energia
elettrica. Secondo i sostenitori delle
auto elettriche pure, è molto più conveniente in termini di efficienza utilizzare
direttamente l’energia elettrica per caricare le batterie (processo con efficienza
molto buona) piuttosto che sprecarla per
produrre idrogeno, con tutte le perdite
causate dai vari passaggi, tra cui anche
il trasporto (sempre su ruota e inquinando) e lo stoccaggio. Per quanto riguarda
invece il motore
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
AUTOMOTIVE Svelata la nuova Mini ibrida ricaricabile, mostrata in anteprima al salone di Bruxelles
Arriva a giugno la Mini Plug-i, a 36.000 euro
Fino a 40 km in elettrico puro. inizialmente sarà proposta come Cooper SE Countryman ALL4
di Massimiliano ZOCCHI
D
opo gli annunci ufficiali era ormai
attesa, e al Salone di Bruxelles è
stata mostrata la versione definitiva
della Mini ibrida plug-in, ovvero una vettura con motore a combustibile ma che
ha anche batterie discrete che possono
essere ricaricate da una presa e alimentano un secondo motore elettrico. La prima
Mini con questa tecnologia arriverà nella
variante Cooper SE Countryman ALL4
e il prezzo dichiarato (almeno in Belgio)
sarà di 36.000 euro, con disponibilità dal
prossimo giugno. In Belgio l’imposta sul
valore aggiunto è del 21%, quindi anche
negli altri paesi il prezzo non dovrebbe
discostarsi di molto, e sarebbe circa il
12% più alto della normale Cooper S da
32.250 euro. La batteria al litio sarà da 7.6
kWh, ricaricabile a 3.6 kW di potenza con
presa standard Tipo 2, per un massimo di
40 km in elettrico puro.
Per quanto riguarda invece il motore
endotermico, è stato scelto un 1.5 litri
Con un aggiornamento
Tesla ha introdotto
la modalità Ludicrous+
capace di uno scatto
da 0-100 in soli
2,389 secondi
La palma della più
veloce è sempre sua
di Massimiliano ZOCCHI
TwinPower Turbo da 134 cv (che in modalità mista si sommeranno agli 87 cv (65
kW) del motore elettrico. Sul fronte dei
consumi, secondo il ciclo NEDC si attesta
sui 2.1 l/100 km, equivalente a emissioni
di CO2 di 49 g per km. Questo ovviamente in condizioni ottimali con batteria
carica, mentre il consumo una volta esaurita l’energia elettrica sarà decisamente
superiore.
AUTOMOTIVE Il CEO di Ford, Mark Fields, sicuro della direzione che prenderà il mercato automotive
Mark Fields (Ford): “Le auto elettriche con guida
autonoma domineranno, Ford deve trasformarsi”
Le case costruttrici non saranno solo produttori ma dovranno anche sapersi reinventare
di Massimiliano ZOCCHI
M

ark Fields, che nel corso di una
intervista ha toccato tutti i punti
salienti del mercato automotive.
Come ormai risaputo, Ford sta investendo circa 4.5 miliardi di dollari per “elettrificare” la sua gamma, e i recenti annunci
parlano di ben 13 modelli entro il 2020,
compresi F-150, Mustang e un nuovo
SUV completamente elettrico.
Secondo Fields (e quindi secondo Ford)
tra poco più di 10 anni l’offerta di auto
elettriche, oppure ibride plug-in, sarà
superiore a quella dei motori a combustione e la casa americana vuole arrivare
preparata a questo cambiamento. Ma
forse la parte più importante delle dichiarazioni riguarda il modello di business
dell’azienda, che cambierà radicalmente. Ford resterà sempre un produttore di
veicoli in senso stretto, ma ci sarà tutta
una nuova serie di scenari da abbraccia-
torna al sommario
Velocità smodata
“plus” per Tesla
Da 0 a 100
in 2,38 secondi
re e sperimentare. Così ad esempio la
tanto voluta guida autonoma, secondo
Ford non sarà tanto una feature quanto
un servizio. Piuttosto che vendere auto
con questa nuova funzionalità, Fields immagina un nuovo servizio di flotte in ride
sharing, dove chiunque, specialmente
in ambito urbano, potrà sperimentare la
guida autonoma, senza necessariamente possedere l’auto.
Si ritorna quindi a quello che era lo spirito originario del fondatore Henry Ford,
dell’innovazione per tutti e non solo per
chi è facoltoso. Un aspetto che Fields
vuole analizzare in tutti i settori, trasformando l’azienda anche in fornitore di
servizi. Chi avrà una Ford elettrica, dove
caricherà? Ci saranno nuove opportunità
di business per i modelli di distribuzione
dell’energia necessaria ai trasporti? In
quest’ottica rientra anche uno dei recenti investimenti, fatti insieme ad altri
brand come BMW e VW e Daimler, per
un network di ricarica rapida distribuito
in tutta Europa.
E non ultimo in termini di importanza, c’è
un settore completamente inesplorato,
o quasi, cioè quello dei servizi onboard.
Solo nell’ultimo periodo iniziano a vedersi i primi timidi approcci a questa filosofia
con auto personalizzabili, connessione
online per fornire ogni tipo di servizio
(film, musica, servizi), oltre alle soluzioni
di continuità della mobilità una volta parcheggiata la vettura. In questa direzione
la nuova nata Ford Smart Mobility LLC
studierà tutto ciò che di inesplorato il
mercato ha da offrire.
Elon Musk lo aveva promesso e
così è stato. La Model S P100D,
attualmente la più potente e con
la batteria più capiente nella line
up di Tesla Motors, aveva ancora
qualcosa da spremere dal suo
powertrain. Dopo l’ultimo aggiornamento che ha introdotto
la nuova modalità Ludicrous+,
i primi test avevano fermato il
cronometro a 2.46 secondi sullo
scatto da 0 a 100 km/h. Ma il CEO
puntava dritto al dato dichiarato da Faraday Future durante la
presentazione sul palco del CES:
2.39 secondi. I ragazzi di Tesla
Racing Channel, sono effettivamente riusciti a fare di meglio con
2.389 secondi, precisando che si
tratta di una Model S originale,
senza nessun tipo di elaborazione. Quindi record della FF91 battuto, seppur di pochissimo, ma
quello che colpisce è che è stato
possibile tramite un update software, con tutto il peso che può
avere una vettura di serie.
Già perché l’incredibile velocità raggiunta anche da Faraday
Future è stata comunque ottenuta con un prototipo, che potrebbe mantenere la stessa motorizzazione ma praticamente non
aveva interni e forse nemmeno la
batteria completa.
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
AUTOMOTIVE Dal Salone di Bruxelles arrivano le prime immagini del Kangoo ZE 100% elettrico
In arrivo i Renault Kangoo ZE e Master ZE
Il Kangoo ZE ha un’autonomia di 270 Km, un caricatore più potente e un nuovo motore
E, a sorpresa, alla famiglia elettrica di Renault si aggiunge anche il furgone Master ZE
R
di Massimiliano ZOCCHI
enault, dopo il lancio della nuova
Zoe al salone di Bruxelles presenta il nuovo Kangoo ZE. lI popolare
mezzo da lavoro, già presente in gamma in versione elettrica, guadagna una
nuova batteria da 33 kWh, il che porta
la sua autonomia a 270 km nel ciclo
NEDC, quindi circa 200 in condizioni di
uso normale. Come indicato da Renault,
la carica ora potrà avvenire in 6 ore se
a disposizione ci sono circa 7 kW di potenza. Quindi non il caricatore fast come
sulla Zoe (cosa in cui molti speravano)
ma comunque un salto in avanti rispetto alla vecchia generazione. Il nuovo
Kangoo ZE sarà disponibile per la primavera 2017. In particolare il nuovo furgone
elettrico sarà realizzato nella fabbrica di
Maubeuge, quindi un prodotto 100%
francese. Anche il motore sarà interamente realizzato dall’azienda transalpina, in questo caso nel sito produttivo di
Cléon, ed avrà una potenza di 44 kW.
OpenAI ha varato
una piattaforma
che utilizza il celebre
gioco di Rockstar
per istruire l’intelligenza
artificiale sensomotoria
La guida autonoma
passa anche per
le strade di Los Santos?
di Dario RONZONI
Ma non è tutto, perché la gamma ZE
cresce con l’arrivo un po’ a sorpresa
anche di Master ZE, sempre un mezzo
pensato per il lavoro ma con dimensioni decisamente più generose. Nel momento in cui scriviamo, le caratteristiche
di Master ZE non sono ancora del tutto
conosciute, se non il range, indicato
come di 200 NEDC e presumibilmente
con lo stesso tipo di caricatore in corrente alternata.
AUTOMOTIVE Per i nuovi clienti Tesla niente più ricariche gratuite a vita alle stazioni Supercharger
Tesla
Supercharger,
rese
note
le
tariffe
Prevista una soglia annuale di consumo gratuita dopo la quale scatterà un rimbroso spese
Per l’Italia il costo è di 25 cent al kWh, un viaggio da Parigi a Roma a costerà circa 60 euro
C
di Massimiliano ZOCCHI

he la rete di ricarica super veloce
Tesla Supercharger non sarebbe
stata per sempre gratuita era cosa
nota; qualche settimana fa l’azienda ha
comunicato la fine delle ricariche gratis a
vita, salvo poi prorogare tutto per ulteriori 15 giorni, fino a metà gennaio.
I nuovi clienti che acquisteranno una
Tesla d’ora in poi avranno 400 kWh di ricarica gratis offerti ogni anno, dopo i quali scatterà il rifornimento a pagamento.
Elon Musk ha da subito chiarito che per
Tesla la ricarica non sarà mai una voce di
profitto, ma i clienti pagheranno solo una
partecipazione ai costi sostenuti. Con
un comunicato ufficiale sono state rese
note le tariffe che entreranno in vigore, e
le varie modalità di pagamento.
Tesla, sul proprio sito, indica alcuni tragit-
torna al sommario
Grand Theft
Auto: da gioco
“scandalo”
a palestra per la
guida autonoma
ti per far capire che spostarsi in elettrico
resterà comunque conveniente rispetto
al carburante, anche senza ricaricare
gratis. Viaggiare da San Diego a Los
Angeles costerà circa 15 dollari, oppure un coast to coast americano circa
120 dollari. Parlando del vecchio continente, Tesla offre come esempio la tratta
Parigi-Roma, con un costo di 60 euro.
In ogni Paese verranno applicate diverse tariffe, a seconda dei costi locali
dell’energia elettrica, e delle modalità
concesse per erogarla. Sul sito italiano
di Tesla è indicata la tariffa di 25 cent
al kWh. Negli stati dove è consentito
l’energia verrà conteggiata in modo preciso, con i costi direttamente visibili sul
display da 17” in plancia.
In alcuni paesi non è invece possibile far
pagare l’energia al kWh, per cui Tesla
adotterà una tariffa a minuti. Questa stes-
sa tariffa avrà però due scaglioni, il primo
meno caro per cariche con potenze fino
a 60 kW di potenza, e il secondo per potenze oltre i 60 kW. Nei casi in cui due
auto dividano lo stesso Supercharger
avranno sempre addebitata la tariffa 1.
I costi saranno consultabili anche online
nell’account personale, qualora il cliente abbia già superato la soglia gratuita.
Tesla ha colto anche l’occasione per
chiarire che i 400 kWh in dote, se non
utilizzati, non si sommeranno a quelli del
successivo anno, ma saranno persi.
Dal 1997, la serie di videogame
Grand Theft Auto dispensa a ogni
nuova iterazione polemiche a non
finire tra benpensanti, genitori
preoccupati e improbabili quanto variegati censori. Fa perciò
un certo effetto la notizia relativa
all’utilizzo di GTA 5 per il training
dell’AI applicabile alla guida autonoma. OpenAI, già responsabile
di altri progetti tesi allo sviluppo
open source di sistemi di apprendimento per intelligenza artificiale, ha infatti dato vita a DeepDrive,
un modulo che trasforma GTA 5
in una vera e propria palestra di
AI modeling. Stando alle parole del team di sviluppo, l’ultimo
lavoro di Rockstar offre un ambiente virtuale dalla complessità
unica, ideale banco di prova per
un’intelligenza artificiale sensomotoria. Senza contare che un
ambiente completamente virtuale
semplificherebbe non poco molte
procedure di sviluppo, specie in
fase embrionale. I dubbi restano,
soprattutto pensando alle abitudini dell’automobilista medio di GTA
(investimenti a catena, incidenti
pazzeschi, esplosioni, furti d’auto),
ma DeepDrive dimostra quanto le
vie dell’AI siano infinite.
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
AUTOMOTIVE A due mesi dal suo arrivo in Italia DriveNow introduce le vetture elettriche
DriveNow, arrivano le BMW i3 elettriche
I quasi 60.000 iscritti potranno utilizzare anche le nuove BMW i3 con batteria da 300 km
Costa 34 centesimi al minuto e l’auto si parcheggia ovunque all’interno di un’area stabilita
D
di Massimiliano ZOCCHI
riveNow è il nuovo car sharing
presente a Milano, frutto di una
joint venture tra BMW e SIXT SE.
Le vetture disponibili sono ovviamente
tutte del gruppo tedesco, comprese le
Mini, e fin dai primi giorni la promessa
è stata quella di portare anche le auto
elettriche come già avviene in altre città.
Impegno rispettato, dato che ora sono
disponibili venti BMW i3. In particolare
si tratta delle nuove i3 cioè quelle con
batteria da 94Ah, in grado di assicurare
fino a 300 km di autonomia. Ma nel caso
la carica non fosse sufficiente hanno anche un piccolo motore a benzina in grado di tenere in carica le batterie fino alla
prossima colonnina. Una ipotesi questa
comunque che non dovrebbe mai verificarsi: il sistema è pensato per non arrivare ad usare mai il range extender.
Come per le auto che erano già presenti nel capoluogo, si tratta di un servizio
in free floating, ovvero i veicoli sono
sparsi per la città in modo più o meno
omogeneo, possono essere prenotati in
qualsiasi momento, e poi parcheggiati
ovunque (all’interno di un perimetro
geografico
prestabilito),
pronti
per
essere noleggiati da
altri clienti. E
ovviamente
sono quindi
inclusi
nel
prezzo di 34
centesimi al
minuto anche
i parcheggi
su strisce blu e gialle, oltre che l’ingresso in Area C. Le i3 di DriveNow saranno
ricaricate presso la rete di colonnine di
A2A nel comune di Milano, che vanta
34 punti di ricarica, di cui 12 fast, che
possono raggiungere l’80% di ricarica
in trenta minuti, grazie allo standard DC
Combo CCS. Gli addetti DriveNow si assicureranno che le vetture siano sempre
a un livello ottimale di batteria: sotto il
25% non vengono visualizzate all’interno dell’app. Ai clienti che decideranno
di mettere in carica una i3 con batteria
al di sotto del 25%, DriveNow offrirà un
bonus di 20 minuti per la prossima guida. Lasciare l’auto a un punto di ricarica
sarà invece obbligatorio con autonomia
sotto il 15%. Si tratta al momento come
detto di sole 20 auto elettriche, ma si
spera che questo non congestioni le colonnine, con auto perennemente in carica, cosa che a volte succede già oggi
con sharing concorrenti, impedendo
ai privati cittadini con auto elettriche o
ibride di accedere alla ricarica pubblica.
In ogni caso secondo DriveNow grazie
all’autonomia delle i3 e al tipo di guida
cittadina è difficile che un’auto debba
essere ricaricata ogni giorno.
Abbiamo guidato la BMW i3 ed è veramente un’auto bella e particolare: con
DriveNow possono provarla tutti.
AUTOMOTIVE Sulla nuova Gigafactory di Tesla verrà installato un tetto solare da 70 Megawatt
Ecco il più grande tetto solare al mondo, è di Tesla
Fornirà l’energia necessaria per produrre ogni anno le batterie di 500.000 Tesla Model 3
T
di Alvise SALICE

esla ha da poco inaugurato in Nevada la Gigafactory, un maxicomplesso
produttivo su cui convergono investimenti per 5 miliardi di dollari. Lo stabilimento verrà alimentato da un tetto solare
da 70 megawatt: una capacità energetica
7 volte superiore al più grande impianto
fotovoltaico attualmente funzionante sul
pianeta. Mission del colosso dell’energia
pulita è infatti la messa al bando dei combustibili fossili: pertanto la copertura che
verrà installata dovrà essere abbastanza
performante da rifornire costantemente
l’immensa fabbrica del suo intero fabbisogno energetico. I pannelli fotovoltaici
dovrebbero venire forniti da SolarCity, entrata nell’universo Tesla da oramai alcuni
mesi e garanzia di qualità; ad immagaz-
torna al sommario
zinare tutta l’energia in eccesso penseranno gli accumulatori di potenza Tesla
Powerpack; il clima straordinariamente
secco del Nevada farà il resto.
Secondo Tesla, il regime completamente
elettrico consentirà alla struttura sia una
maggiore efficienza, sia zero emissioni di
carbonio, perché lo stesso riscaldamento
dell’edificio proverrà dal calore di scarto
derivante dal processo di produzione delle batterie da auto.
Anche a livello idrico la Gigafactory promette una soluzione altamente sostenibile: un sistema di ricircolo e depurazione
a circuito chiuso gestirà i 400.000 litri
d’acqua necessari all’attività del complesso, riducendo il consumo d’acqua dolce
dell’80% rispetto ai canonici processi
di un’azienda automobilistica standard.
Quando il tetto solare sarà installato e
l’impianto energetico pienamente funzionante, Tesla prevede di sfornare annualmente da Gigafactory di 35 GWh in
singole celle e 50 GWh in battery pack:
una performance superiore all’intera produzione mondiale di batterie agli ioni di
lition nel 2013, e sufficiente a fornire energia a 500.000 vetture Tesla Model 3.
Nissan Leaf
autonoma
a febbraio sulle
strade di Londra
Imminente
il nuovo modello
Nissan effettuerà
la prima dimostrazione
pubblica del sistema
di guida autonoma
a febbraio, a Londra
E promette di svelare
la nuova Leaf tra
pochissimo
di Massimiliano ZOCCHI
Nissan spinge in modo deciso sul
pedale della mobilità elettrica e
della guida autonoma, il prossimo
step sarà un test su strada del sistema di guida autonoma del progetto Nissan Intelligent Mobility.
La prova avverrà per le strade di
Londra nel mese di febbraio, ed
in questa occasione esperti del
settore, tecnici e membri del governo, potranno salire a bordo di
Nissan Leaf e Qashqai, modificate
con sensori e software dedicati. La
Leaf dovrebbe essere quella intravista alla presentazione al CES
di Las Vegas, con un’estetica leggermente rivista rispetto all’auto
elettrica che sconosciamo. Per la
precisione, sia Leaf che Qashqai,
una volta arrivate alla fase di produzione di massa, inizialmente non
avranno una guida completamente
autonoma, che si stima sarà pronta
nel 2020, ma la modalità di guida
semi-automatica in autostrada con
mantenimento di singola corsia.
Paul Willcox, Chairman di Nissan
Europe ha dichiarato: “tra poche
settimane, vedremo delle Nissan
Leaf girare per le strade di Londra,
utilizzando il nostro sistema di guida autonoma. Nissan Intelligent
Mobility sta accadendo ora, in Inghilterra e nel resto d’Europa”
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
SMARTHOME La versione italiana del termostato smart Nest arriverà il 15 febbraio a 249 euro
Il termostato Nest arriva finalmente in Italia
E’ già disponibile in preorder su Amazon. È un po’ tardi per l’inverno, ma è già un inizio
di Roberto PEZZALI
i poteva già comprare in Inghilterra, ma mancava la lingua italiana
e non era un prodotto destinato al
nostro mercato: ora Nest, il termostato
smart più famoso al mondo, arriverà ufficialmente anche in Italia a partire dal
15 di febbraio. A dare la notizia non è
Google, che ha comprato Nest nel gennaio del 2014 per 3.2 miliardi di dollari,
ma Amazon, che ha già pubblicato le
informazioni di prevendita sul suo sito
a questo indirizzo.
Nest arriverà in Italia nella sua terza
versione, quella più recente, e sarà
ovviamente localizzato: disponibile in
quattro diversi colori l’ultima edizione di Nest ha un display più grande,
53mm al posto di 44mm, una risoluzione migliore (480 x 480 al posto di 320
x 320) ed è pure più sottile. Notevoli
le migliorie a livello software: oltre al
controllo di una caldaia il nuovo Nest
può controllare anche i boiler dell’acqua calda e può anche gestire gruppi
S
Miglior confort
minori consumi
e connettività Wi-Fi
per un totale controllo
dallo smartphone anche
quando si è fuori casa
di Andrea ZUFFI
di utenti grazie agli Account Famiglia.
Nest, come tutti i termostati smart, promette di risparmiare circa il 30% sul
consumo di gas per il riscaldamento
adattandosi ad usi e abitudini di una
famiglia e accendendo e spegnendo il
modo automatico il riscaldamento grazie ai dati di geolocalizzazione forniti
da uno smartphone.
Un prodotto sicuramente attesissimo,
anche se le alternative sul nostro mer-
cato non mancano: Nest si sposa abbastanza bene con le case degli italiani
perché è piccolo, di design e adatto a
gestire ambienti con poche camere. Il
prezzo di listino è fissato a 249 euro,
un costo che si ammortizza in un paio
di stagioni.
Oltre al termostato arrivano anche le
videocamere di sicurezza: la Nest Cam
Indoor è disponibile su Amazon a
199 euro.
SMARTHOME Faber brevetta un sistema di vortici d’aria controllati che agevolano la salita dei fumi
La cappa intelligente è italiana: “respira” il vapore
La salita dei fumi e del vapore verso la zona di aspirazione evita il fenomeno della condensa
di Gaetano MERO
aber, azienda italiana nota per la
produzione di cappe da cucina, ha
brevettato un’esclusiva tecnologia
che prende il nome di Steam Off System
in grado di eliminare il ristagno del vapore durante la cottura dei cibi. Il sistema
rilascia dei veri e propri vortici di aria controllati, in forma elicoidale e a geometria
variabile, grazie ai quali controlla la salita dei fumi verso le zone di aspirazione
della cappa evitando il fastidioso effetto
condensa e gocciolamento sulle superfici dell’ambiente.
Una tecnologia efficace a 360°, tanto per
modelli di cucina più tradizionali quanto
per i moderni piani a induzione dove il
fenomeno della condensa risulta essere
più presente, a causa del surriscaldamento della piastra stessa. Tramite un funzionamento che ricorda il respiro Steam Off
System permette quindi alla cappa non
solo di aspirare ma di emettere anche dei
getti d’aria che creano una vorticosità ed

F
torna al sommario
Samsung
Wind-Free
mette fine
ai colpi d’aria
da condizionatore
accelerazione e favoriscono il convogliamento del vapore.
Saranno due i primi modelli in commercio
dotati di tale tecnologia: Luft e Ilma. Luft
è un modello di cappa a parete rivestita
interamente in acciaio inox. Dotata di comandi touch e dell’innovativo Steam Off
System a 3 velocità di aspirazione include inoltre l’illuminazione a LED garantendo un’ottima distribuzione della luce sul
piano cottura.
Ilma è invece una cappa ad incasso, rive-
stita in acciaio inox, dotata di una comoda aletta in vetro, da alzare o abbassare a
seconda dell’esigenza del consumatore,
che controlla la direzione dell’aria focalizzandola sul piano cottura. Anche qui troviamo naturalmente la tecnologia Steam
Off System, tre velocità di aspirazione e
comandi touch. La classe energetica è la
A per entrambe ed è infine disponibile
un pratico telecomando per la gestione a
distanza, particolarmente utile per le persone con ridotta capacità motoria.
Samsung lancia un nuovo modello
di condizionatore con tecnologia
Wind-Free Cooling progettato per
mantenere negli ambienti domestici e nei piccoli uffici la temperatura
desiderata in modo omogeneo e
senza flussi diretti d’aria fredda.
Samsung AR9500M Wind-Free
garantisce il condizionamento
con un sistema a due fasi, abbassando dapprima la temperatura
con la modalità Fast Cooling per
poi mantenerla costante tramite i
21.000 micro-fori di cui è dotata la
struttura. L’assenza di flussi diretti d’aria risulterà particolarmente
confortevole in molte situazioni
come ad esempio mentre si lavora occupando postazioni fisse per
ore, durante il sonno e in ambienti
frequentati dai bambini o anziani.
La nuova tecnologia garantisce
inoltre una sensibile riduzione del
carico energetico inferiore del
72% rispetto ai sistemi tradizionali: il risparmio è ottenuto grazie
all’impiego di un Digital Inverter
8-Poli dotato di Power Boost Technology. Con Samsung AR9500M
Wind-Free la temperatura e le altre impostazioni possono essere
controllate anche a distanza utilizzando l’app Samsung Smart Home
che consente anche un monitoraggio in tempo reale delle prestazioni e dei consumi. Al momento non
sono ancora noti prezzo e disponibilità del prodotto.
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
TEST A pochi giorni dal lancio della Vodafone TV siamo entrati in possesso del set top box, scopriamo come funziona e cosa offre
Vodafone TV, promettente ma ancora acerba
È veloce e impeccabile, mancano (per ora) un bel media player e soprattutto una sezione onDemand più organizzata
di Roberto PEZZALI
È
arrivata come un fulmine a ciel sereno poco prima di Natale e per qualche giorno è stata un
oggetto misterioso. Per sciogliere ogni dubbio
abbiamo deciso così di comprarla e provarla, con
la consapevolezza che ci sono 3 mesi di tempo per
recedere dal contratto senza penali nel caso in cui
la soluzione non dovesse piacerci. Vodafone ha approcciato la TV in un modo diverso dalla soluzione
proposta ad esempio da TIM: se TIM Vision mette
in primo piano la sua offerta, Vodafone ha cercato
di aggregare le offerte dei migliori provider italiani e
non per offrire un pacchetto che potesse essere vantaggioso per l’utente. Per fare da collante tra Now
TV di Sky, Netflix, Discovery e Chili, questi i provider scelti, ha creato un set top box che permette in
modo semplice e immediato di fruire di questi contenuti su un televisore. L’obiettivo di Vodafone è ovviamente un solo: spingere all’adozione della propria
soluzione fibra fornendo insieme all’abbonamento
dati anche un pacchetto per sfruttare questi dati nel
migliore dei modi, e lo streaming video è sicuramente la soluzione più indicata.
Il set top box è semplice e funzionale
Per poter fruire dell’offerta Vodafone TV serve il piccolo set top box che Vodafone ha fatto preparare da
Sagem con a bordo un sistema operativo basato su
Opera. Il set top box, dotato di telecomando e alimentatore esterno, è di semplice fattura ma comunque abbastanza elegante, niente display ma solo un
LED nella parte bassa che indica lo stato. Sul retro
troviamo la presa classica per l’antenna, una porta
di rete tradizionale (ma all’interno c’è anche il Wi-fi),
una porta USB 3.0 e le uscite audio e video, un jack
per l’AV analogico, una HDMI e l’uscita ottica spdif
per l’audio bitstream 5.1. La porta USB 3.0 come vedremo non viene ad oggi utilizzata, in quanto il set
top box non ha alcun media player integrato, e questo è il primo limite. Dopo aver acceso e configurato
ci troviamo davanti a quello che a nostro avviso è
la seconda cosa da sistemare, ovvero la “legnosità”
dell’interfaccia: le animazione sono un po’ lente e
questo contribuisce a dare una sensazione di appesantimento di tutta la user interface. Vodafone TV
sotto il profilo hardware è ancora una sorta di “beta”,
e sicuramentela situazione migliorerà con i prossimi
aggiornamenti.
video
lab
Tralasciando la sezione “home”, di cui parleremo più
avanti, ci soffermiamo brevemente sulle opzioni di
configurazioni possibili: il set top box rileva il TV a
cui è collegato e offre come possibilità di uscita video 576p, 720p, 1080p e 4K, quest’ultima opzione
ovviamente solo con i TV Ultra HD.
Il telecomando in dotazione non è retroilluminato,
anche se alla fine i tasti da memorizzare sono semplicemente sette, tutti a portata di pollice.
video
lab
Cosa comprende l’offerta
Vodafone TV
Prima di vedere come funziona Vodafone TV è bene
inquadrare l’offerta commerciale, perché è proprio
su questa offerta che si regge tutto il gioco. Vodafone TV costa 10 euro ogni 4 settimane, praticamente
il costo del solo pacchetto Intrattenimento Now TV
(9,9 euro al mese). Abbonandosi è possibile guardare, in streaming, i canali lineari Sky Uno HD, Fox Life
HD, Fox Animation HD, MTV HD, Sky Sport 24 HD,
Eurosport HD, Eurosport HD2, History Channel HD,
Nat Geo Wild HD, Nick Jr, Disney Junior e Disney
Channel HD. Nel momento in cui scriviamo non tutti
i canali ci risultano in HD, ma Vodafone ci fa sapere che è stato risolto. Oltre a Now TV Vodafone ha
inserito 8 film di Chili, di cui due prime visioni, e i
canali di Discovery, anche loro in streaming. Come
“extra” vengono dati 6 mesi di Netflix in HD, terminati i quali sta all’utente decidere se proseguire o
se interrompere la visione. Dura 12 mesi anche l’opzione HD per i canali Sky, da rinnovare al termine
dell’anno, altrimenti si torna in SD. Per capire se
Vodafone TV conviene basta dire questo: a 10 euro
La nostra video prova
ogni 4 settimane si porta a casa un mini decoder Sky
con accesso al pacchetto base dell’operatore satellitare, il resto può essere considerato di contorno, una
sorta di regalo. Chi è interessato al pacchetto base,
perché interessato agli show Sky come Masterchef,
X-Factor o Hell’s Kitchen potrà trovare Vodafone TV
incredibilmente vantaggiosa.
Vodafone TV: cosa si può fare e cosa no
Una volta accesa la Vodafone TV ci troviamo davanti
ad una interfaccia semplice divisa in 4 sezioni, da sinistra a destra. La prima parte è denominata “My TV”
ed è la parte costruita su misura per l’utente: qui ci
sono le registrazioni fatte e le registrazioni programmate, i film preferiti e quelli noleggiati.
La seconda parte è invece la guida TV: l’utente qui
troverà mescolati i canali in streaming (Sky, Discovery, De Agostini e Viacom) con i canali del digitale
terrestre, questi ultimi ovviamente se ha collegato
una antenna e ha fatto una sintonizzazione. La guida non è di semplicissima consultazione ed è un po’
lenta da navigare, ma è indispensabile per attivare
alcune funzioni come ad esempio la registrazione
dei programmi. Questa funzione è disponibile solo
ed esclusivamente per alcuni canali, e qui l’utente
meno esperto e che non conosce come funzionano
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MAGAZINE
TEST
Vodafone TV
segue Da pagina 28 
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i diritti potrebbe essere tratto in inganno chiedendosi perché può registrare solo alcuni canali e non
ad esempio Sky Uno o Fox Life: i canali per cui è disponibile la funzione Registra e Registra Serie sono
infatti solo Nove, Real Time, DMax, Focus, Giallo, K2,
Frisbee e Super!
Neppure sui canali dei digitale terrestre, quelli che
si ricevono via antenna, è possibile registrare i contenuti perché il set top box è privo di memoria interna: le registrazioni vengono fatte da Vodafone sul
cloud.La terza sezione è quella dedicata invece ai
contenuti onDemand, una serie di film, documentari
e Serie TV che possono essere visti premendo semplicemente “play”. Ad oggi Vodafone dice di avere
circa 2000 contenuti, ma la sezione è organizzata
in modo un po’ confuso e non è facile capire quanti
sono davvero e stimare la qualità del catalogo. Molti
sono infatti serie TV e show dei canali Sky e Discovery, altri sono contenuti di Chili e altri ancora provengono da qualche library per la quale Vodafone
ha preso i diritti.
Tra i contenuti in primo piano Vodafone inserisce
quelli che sono gli 8 film al mese di Chili dell’offerta: è bene chiarire che gli 8 film vengono scelti e
comprati da Vodafone e non sono film che l’utente
può scegliere liberamente dal catalogo Chili. Per
una scelta editoriale di Vodafone questi 8 film sono
sparsi nella sezione onDemand, e noi non siamo riusciti a capire quali potessero essere così lo abbiamo
chiesto a Vodafone: si tratta di Angri Birds e Money
Monster. In quest’ottica gli 8 film di Chili inclusi nell’offerta, tra cui 2 prime visioni, perdono così molto
valore: un conto è se era l’utente a scegliere dal catalogo 8 film da guardare, un conto è se questi film li
sceglie Vodafone e sono magari film già visti. L’offerta onDemand non è tutta in HD: i film di Chili lo sono,
gli altri contenuti sono in standard definition.
L’ultima sezione è relative alle app, esattamente tre:
c’è Netflix, che va configurata con il proprio account
torna al sommario
(ma ci sono i 6 mesi gratis che si aggiungono eventualmente al proprio abbonamento), c’è Chili, per noleggiare i film e c’è Now TV, al momento disattivata.
Now TV verrà infatti attivata nel momento in cui sarà
possibile per l’utente acquistare anche altri ticket.
Non è possibile ad oggi fruire di Now TV neppure su
altri dispositivi: l’account è associato e inserito nella
Vodafone TV, pertanto non si possono usare le app
per smartphone, smart TV, console o tablet di Now
TV. Un motivo, questo, che potrebbe far propendere
per il box di Now TV piuttosto che per il set top box
di Vodafone. La cosa dovrebbe comunque cambiare
in futuro.
Prestazioni impeccabili
Per quanto riguarda infine le prestazioni siamo rimasti
colpiti dalla rapidità di accesso ai canali e dalla qualità
dello stream: abbiamo provato in questi giorni con Sky
e l’aggancio del canale HD è immediato, così come il
cambio canale. La Vodafone TV con una fibra consumer FTTC non ha avuto alcun problema neppure nel
corso della serata “clou” di Sky del giovedì sera, con
Masterchef in diretta. Non abbiamo avuto né un rallentamento né uno scatto, sembrava di guardare un
ottimo HD da satellite. La stessa cosa vale anche per
gli altri canali: per velocità e qualità sembra di trovarsi
davanti ad un segnale broadcast, quando invece è un
segnale broadband. Probabilmente per la Vodafone
TV, ma questa è solo una nostra ipotesi, Vodafone sta
utilizzando il segnale che Sky invia anche ai set top
connessi alla fibra TIM, e questo spiegherebbe la qualità di visione e soprattutto la presenza dell’HD ancora
non disponibile su Now TV.
Il decoder è l’interfaccia sono acerbi
ma si paga per i contenuti
Per valutare se la Vodafone TV conviene o meno dipende molto dai propri gusti. Il set top box non ha
media player integrato e non ha neppure moltissime funzioni, perché può accedere solo a Netflix,
Now TV e Chili, pertanto chi ha un abbonamento a
Infinity o vuole vedere Prime Video di Amazon dovrà
dotarsi di un altro set top box o usare la Smart TV. Le
funzioni PVR sono limitate a pochi canali, e la parte
di canali DVB-T, oltre a essere priva di registrazione, non supporta neppure una eventuale CAM per
i canali pay di Mediaset Premium. I film di Chili in
omaggio, otto, sono mescolati insieme ad altri 2000
contenuti e non possono essere scelti dall’utente,
ma vengono già decisi da Vodafone insieme al provider. Si può migliorare, certo, ma alla fine sia il set
top box sia i contenuti onDemand sono offerti gratis,
perché come abbiamo detto i 10 euro equivalgono
praticamente al costo della sola opzione Sky. Se ci
mettiamo anche Netflix (60 euro di valore) diventa
una cosa da valutare seriamente per chi ha una fibra Vodafone o ha intenzione di farla.I margini di miglioramento sono enormi e Vodafone non nasconde
che questa Vodafone TV è ancora un po’ un work in
progress: mancano un bel media player come Plex,
mancano le app di Mediaset, Rai e La 7 e soprattutto manca una sezione onDemand più organizzata.
Come abbiamo ricordato Vodafone TV richiede fibra
Vodafone e per tre mesi può essere provata senza
penali: perché non farlo, come abbiamo fatto noi? Al
massimo si guarda l’intera stagione di Masterchef e
poi si restituisce tutto.
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
TEST Abbiamo trascorso un po’ di tempo con il decoder TIMvision per testare il servizio di streaming di TIM e il set top box
Decoder TIMvision, un giovane con prospettive
L‘hardware è solido e il prodotto ben realizzato, il software ha buone potenzialità ma l’esperienza d’uso è migliorabile
di Emanuele VILLA
bbiamo installato il decoder TIMvision in salotto con l’idea di usarlo per accedere al “suo”
servizio di streaming, ma anche per vedere a
quali condizioni l’acquisto di un prodotto del genere
possa rivelarsi consigliato. Di cosa si tratta è presto detto: un piccolo dispositivo dal design curato
e facilmente riconoscibile pensato per dotare il TV
di casa di tutti i servizi connessi di ultima generazione. Pensare che il decoder TIMvision sia quindi
solo un modo per godere dell’omonima piattaforma
di streaming sul TV di casa (un po’ come il Now TV
Box di Sky, in pratica) sarebbe limitativo: il decoder
TIMvision è, a seconda dell’uso che se ne vuole fare,
una porta d’accesso ai servizi di Android TV (quindi
notizie, streaming, giochi, audio...), un decoder digitale terrestre di ultima generazione e anche un media player connesso.
A
Se il TV è datato
il decoder TIMvision è perfetto
Punto sicuramente a favore del decoder TIMvision è
la rapidità di installazione, che da un lato risente dello
chassis compatto, dall’altro della semplicità della piattaforma Android TV. In poche parole basta collegare il
dispositivo alla rete elettrica, alla LAN (via Ethernet o
Wi-Fi fino ad “ac”), HDMI al TV, si esegue una rapida
procedura di aggiornamento e configurazione via telecomando e il gioco è fatto.
Servizi connessi a parte, il decoder TIMvision è una
manna per chi ha un TV un po’ datato: trattandosi di
fatto di un decoder digitale terrestre DVB-T2 compatibile HEVC, questo lo rende un compagno perfetto
di chi ha un TV non recentissimo e quindi non futureproof. Chi fosse poi vincolato a un TV con un po’ di
anni sulle spalle potrebbe volerlo usare fin da subito:
stacca l’antenna dal TV e la collega a TIMvision, la
procedura di sintonia è rapida ed è anche disponibile
una Guida TV dalla grafica piacevole. Manca la funzionalità di registrazione su hard disk esterno, ma per il
resto tra telecomando intuitivo (anche se bruttino e di
fattura economica) e un’interfaccia di semplice utilizzo, la gestione del set top box è alla portata di tutti.
Nota di merito, infine, per il design: sarà la forma particolare o la luce colorata alla base (che identifica gli
stati di accensione/stand by), ma il nuovo TIMvision è
video
lab
IL MIGLIORE ALLEATO PER CHI HA UN TV NON RECENTISSIMO
DA MIGLIORARE L’ESPERIENZA UTENTE
109,00 €
Come anticipato in sede di prova, il decoder TIMvision è il migliore alleato possibile di chi ha un TV un po’ datato: il decoder DVB-T2 integrato
mette un freno all’obsolescenza del TV, la versatilità di Android TV permette di accedere a servizi di informazione, streaming e allo stesso
TIMvision, la compatibilità con app quali Plex e Kodi e il supporto 4K (anche HEVC) lo rendono un prodotto di ultima generazione. Non tutto è
perfetto: manca Netflix (ma dovrebbe arrivare a breve), l’esperienza d’uso è macchinosa per chi è alle prime armi e andrebbe perfezionata e il
telecomando non è un granché dal punto di vista stilistico anche se è facile da usare; un peccato, visto che TIM ha puntato forte sullo stile del
decoder. Difficile possa far comodo per chi ha un TV di ultima generazione, che ritrova già tutte queste caratteristiche nel proprio dispositivo,
ma si tratta pur sempre di un’opzione da non sottovalutare, complice il prezzo contenuto e le modalità di acquisto/noleggio pensate da TIM
per i propri clienti, per chi invece ha un TV un po’ datato.
7.6
Qualità
7
Longevità
8
Design curato
COSA CI PIACE Decoder DVB-T2/HEVC
Versatilità di Android TV
Design
9
Semplicità
6
COSA NON CI PIACE
un piacere per gli occhi e - soprattutto - si armonizza
bene anche in salotti molto curati.
Ovviamente chi ha comprato un TV di recente, magari di gamma alta, può anche evitare di leggere; in
questo caso, infatti, le probabilità di avere già un TV
DVB-T2/HEVC sono alte, la gestione dei canali è più
completa in termini di funzionalità, c’è anche il satellite e l’accesso ai giochi e alle piattaforme di streaming
(TIMvision incluso) avviene via app integrate o scaricabili dalle varie piattaforme.
A tu per tu col decoder TIMvision
Supponendo di trovarci nelle condizioni per cui questo set top box sia effettivamente utile, TIMvision
ha l’indubbio pregio di offrire la massima versatilità
possibile in un ingombro estremamente ridotto. Il dispositivo è pensato per il collegamento a un TV 4K
(supporta infatti i 2160p in uscita), ha HDMI 2.0 con
HDCP 2.2 e un “core” di tutto rispetto, basato su
SoC Marvell BG4CT con 2GB di RAM e 8GB di memoria di storage per le app, il tutto condito con un
D-Factor
8
Prezzo
8
Esperienza utente migliorabile
Manca Netflix
Telecomando bruttino
Android TV 5.1.1. La prima riflessione che vogliamo
fare riguarda il software, che poi è un aspetto centrale di questo apparecchio poiché si riflette fortemente
sull’esperienza d’uso. Una volta compresa perfettamente la logica di funzionamento si va spediti verso
la funzione che si vuole, ma chi non mastica molto
di tecnologia potrebbe trovarsi - le prime volte - un
po’ in imbarazzo. Il perchè è presto detto: TIMvision è
formalmente un’app di Android TV, ma in realtà è una
piattaforma completa che ha i film in streaming, i canali TV e anche le sue app. Questo significa che nello
stesso apparecchio coesistono due piattaforme su
due livelli diversi: quella più ampia ed avvolgente, ovvero Android TV, che ha le sue app (tra cui TIMvision),
e quella più ristretta e dedicata al mondo dell’home
entertainment che è proprio TIMvision, con lo streaming, i canali e via dicendo.
Il telecomando - molto facile da usare anche se di
fattura economica - riflette questo doppio binario con
due tasti dedicati: uno riporta alla home di TIMvision
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TEST
TIMvision
segue Da pagina 30 
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(quello centrale colorato) e uno invece fa comparire
quella di Android TV. Dopo un po’ si va in automatico, ma possiamo capire un certo senso di disorientamento da parte di chi, evidentemente alle prime
armi, è assalito da interfacce e ambienti diversi e fa
fatica a trovare ciò che vuole o a tornarci in un secondo momento. Per il resto, nulla da dire sulla UI
di entrambi gli ambienti: molto curata e, soprattutto,
facile da usare, con grossi pannelli corrispondenti
alle app e sfruttamento razionale (e leggibile) dello
spazio disponibile.
Dentro TIMvision, cioè l’ambiente di cui sopra, ci
sono dunque i canali TV e la piattaforma di streaming i cui titoli vengono divisi in due grandi famiglie:
quelli compresi nell’abbonamento mensile (gratis in
molti profili tariffari TIM, altrimenti 5 euro/mese compreso decoder) e quelli da acquistare o noleggiare
singolarmente. Difficile, se non impossibile, una valutazione oggettiva della qualità del catalogo in abbonamento: mancano sicuramente le grandi esclusive
delle piattaforme più blasonate, come Netflix o Sky,
ma la profondità di catalogo è comunque apprezzabile (si parla di più di 8.000 titoli) e il rapporto qualità/prezzo ci sembra comunque favorevole, anche
perchè i clienti TIM non consumano dati quando accedono ai contenuti della piattaforma da dispositivo
mobile via rete cellulare.
Molti titoli recenti sono in HD con più lingue, non c’è
Ultra HD, l’accesso al contenuto è comunque rapido
e la qualità dipende dalla banda disponibile e dalla
stabilità del segnale. Manca però un’interfaccia sullo
stile di Netflix che ci ricordi in automatico quali titoli
abbiamo già iniziato e ci inviti a continuare la visione. C’è comunque la possibilità di inserire i titoli nei
preferiti per accedervi rapidamente in un secondo
momento, ma quando i titoli sono così tanti, quanto
sopra sarebbe un aggiunta importante che ci sentiamo di consigliare a TIM.
Per quanto riguarda la qualità non ci possiamo
esprimere con assoluta certezza perchè sotto fibra
aziendale a 100 Mb/s i risultati sono scontati, ma ci
dicono di una qualità video accettabile e senza rallentamenti/buffer improvvisi anche con una ADSL di
torna al sommario
L’interfaccia standard di TIMvision, in particolare
nell’area dei canali TV del digitale terrestre. L’apparecchio è dotato di decoder DVB-T2/HEVC.
Questa invece è l’interfaccia di Android TV: da
notare come TIMvision e i Canali TV (vedi sopra)
siano formalmente due app della piattaforma.
livello base (la classica 8 Mbit). Tutto ciò, comunque,
è puramente indicativo: va provato di volta in volta
nelle circostanze concrete.
La versatilità è un punto di forza
Ma attendiamo Netflix
Fermo restando quanto già visto in ambito di esperienza utente, uno dei punti di forza di questo
apparecchio è senza dubbio la versatilità data da
Android TV e dal suo store di applicazioni. Ciò significa, riagganciandoci a quanto detto in apertura,
che il decoder TIMvision non è semplicemente un
modo per vedere i film dell’omonima piattaforma,
ma può essere il punto d’accesso a Mediaset Premium, all’app della Serie A TIM con cui vedere le
partite di calcio, a Spotify per la musica, a VEVO
per i video musicali e via dicendo. Se l’app supporta Google Cast, il decoder funziona anche per la
trasmissione su grande schermo dei contenuti cui
si accede via smartphone o tablet (per app compatibili, s’intende). Essendo inoltre compatibile 4K,
può essere anche un modo ideale per sfruttare il
proprio TV Ultra HD andando oltre i confini del TV
stesso: banda permettendo, abbiamo visualizzato
senza alcun problema diversi video demo 4K di
YouTube, rifacendoci letteralmente gli occhi.
Un limite, che presumibilmente sparirà a breve (la
cosa è già annunciata sul sito di TIM) è l’assenza di
Netflix, il che di fatto taglia fuori una delle sorgenti
4K per eccellenza. Nonostante sia stato un punto
di forza del precedente decoder, l’app di Netflix
non c’è nell’app store di Android TV accessibile dal
decoder. Visto che l’app in sé esiste, supponiamo
che si tratti semplicemente di un processo di approvazione non ancora completato ma che a breve
si sbloccherà.
Interessante l’ipotesi di utilizzo del decoder come
centro multimediale, cosa resa possibile dal supporto 4K HEVC e da numerose app dedicate nello
store di Android TV: solo per fare due nomi segnaliamo Kodi e Plex (client), entrambe scaricabili
dallo store. Il decoder TIMvision non è un prodotto
pensato per un target di appassionati, coloro che
vogliono una compatibilità estesa con tutti i formati
possibili e immaginabili, ma nonostante sia un prodotto decisamente mainstream deve comunque
permettere la visione dei formati più comuni, compreso quell’HEVC che rappresenta uno dei dati di
targa dell’apparecchio.
Per la prova abbiamo quindi cercato di simulare
l’impiego tipico dell’apparecchio, sottoponendo il
Guida TV di TIMvision.
Riproduzione contenuto in streaming.
Area applicazioni di Android TV.
piccolo decoder a un po’ di formati classici tramite
chiavetta e riproduzione con Kodi, preventivamente
scaricato dallo store. Dobbiamo dire che l’esito, con
le premesse di cui sopra, è stato piacevole: abbiamo provato un po’ di materiale demo FullHD in AVC
(24fps, 25fps e 29,97 fps), che sono stati ovviamente riprodotti senza esitazioni, per poi spostarci su
un più impegnativo Ultra HD con alcuni filmati demo
in AVC e HEVC, da un ottimo MP4 AVC 100Mb/s
con audio AAC a un MKV HEVC 57,7 Mb/s a 24fps,
passando per un altro MKV HEVC 25Mb/s 25fps.
In tutti i casi, l’esito sul TV è stato appagante sia in
termini di resa che - soprattutto - di fluidità, il che
rende l’apparecchio sostanzialmente in linea con le
aspettative di base che ci siamo posti.
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23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
TEST Megaboom è un diffusore Bluetooth con autonomia di 20 ore e certificazione IPX7. Ha un prezzo di listino di 299 euro
Megaboom in prova: molto mega e poco boom
Diffonde il suono a 360° e si controlla con un’applicazione che permette di regolare il suono con un’equalizzatore a 5 bande
C
di Roberto FAGGIANO
on il marchio Ultimate Ears, scelto da Logitech
per i suoi migliori prodotti audio, arrivano solo
tre diffusori ben differenziati per prezzo e dimensioni ma tutti con la stessa inconfondibile caratteristica
estetica: i grandi tasti + e – per il volume che non si possono certo non notare e che semplificano l’uso quotidiano. Il Megaboom è il modello più grande e costoso
della gamma UE, pur mantenendo dimensioni portatili
anche se non proprio da tasca. Il prezzo di listino è fissato a 299 euro, ma cercando in rete si possono ottenere quotazioni molto più favorevoli, anche un terzo in
meno, rivalutando il valore e il rapporto qualità/prezzo
del diffusore. Tra le caratteristiche tecniche spicca la
certificazione IPX7, il vivavoce e la disponibilità di una
applicazione dedicata.
Le dimensioni sono ancora contenute, con altezza di
circa 22 cm e diametro di circa 9 cm mentre il peso è
vicino ai 900 grammi; quindi non proprio tascabile ma
comunque ancora facilmente trasportabile in borsa.
L’autonomia della batteria è di 20 ore, in dotazione c’è
un vistoso adattatore in colore giallo fluo con cavo usb
sempre in tinta. L’autonomia è segnalata direttamente
sull’app e su dispositivi Apple. Per chi vuole qualche
altro dettaglio tecnico diremo che il Megaboom utilizza
ben quattro altoparlanti: due larga banda da 5 cm e
due radiatori passivi rettangolari da 5 x 10 cm; la pressione sonora è di 90 dB. La finitura esterna è disponibile in quattro colori: rosso come il nostro esemplare,
nero, blu o magenta; inoltre periodicamente vengono
realizzate finiture speciali.
Impermeabilità IPX7, musica con tuffo

Come anticipato in apertura il diffusore in prova è certificato IPX7, cioè può resistere all’acqua ed essere
perfino immerso fino a 1 metro per non più di 30 minuti. Magari non sarà l’uso più diffuso ma si ha grande
sicurezza nell’utilizzo all’aperto e magari ai bordi di una
piscina. Per assicurare queste prestazioni il diffusore
ha tasti a membrana e prese ben chiudibili: sul lato inferiore infatti l’ingresso per una sorgente ausiliaria e la
presa USB per la ricarica sono chiuse da una protezione e ulteriormente sigillate da un nottolino metallico che va avvitato alla base. Per l’utilizzo quotidiano
in condizioni normali forse è un po’ scomodo ma per
torna al sommario
video
lab
la vera protezione dall’acqua è un metodo molto più
sicuro dei soliti tappini in plastica.
Abbinamento più facile con l’app
Questo diffusore può contare sull’aiuto di un’applicazione dedicata, già non comune nella categoria, che
contiene diverse opzioni molto utili.Prima di tutto usando l’app si può usare l’abbinamento automatico NFC,
poi si possono combinare diversi diffusori e diversi
smartphone per avere l’effetto party, c’è l’opzione DJ
per creare una compilation musicale con la musica archiviata sul dispositivo dove è installata l’app, si possono abbinare due diffusori in modalità stereo e sopratutto c’è un utile equalizzatore a cinque bande.
Con l’equalizzatore ci sono diverse opzioni: si può impostare una propria curva personalizzata, si possono
scegliere diverse opzioni adatte a diversi generi musicali oppure si può lasciare tutto neutro. Le curve preimpostate sono però piuttosto drastiche, molto meglio
crearsi una curva di equalizzazione personale che si
adatta all’ambiente e alle preferenze di ognuno. Una
volta installata, l’app funziona anche senza collegamento alla rete.
con spinotto angolato. Per un ascolto collettivo in un
grande ambiente invece la diffusione è ottimale in ogni
direzione dalla posizione verticale. La prima esperienza sonora con il Megaboom sono i corposi toni musicali
di accensione e abbinamento Bluetooth, che già fanno
presagite ciò di cui il diffusore è capace in gamma bassa. Iniziamo da alcuni brani in streaming ma siamo un
po’ delusi dalla resa sottotono e dalle voci flebili. Poi
capiamo qual è il problema: dobbiamo alzare il volume.
Una vola raggiunto un livello sonoro più importante,
ma non esagerato, le cose vanno molto meglio e ora si
possono apprezzare eccellenti doti di dinamica e coinvolgimento. Ottima l’apertura della scena che riesce
a costruire un vero effetto stereo come promesso. La
gamma bassa è molto profonda ma anche ben frenata,
per niente Boom insomma ma in grado di raggiungere
prestazioni difficili da ritrovare nella categoria. Si può
anche percepire con precisione la differenza qualitativa tra un MP3 molto compresso, i migliori brani da
iTunes o un brano in qualità CD. Unico punto relativamente debole ci pare qualche voce femminile, a volte
quasi in secondo piano rispetto agli strumenti.
Un ascolto molto interessante
Un diffusore eccellente
se trovate il prezzo giusto
Il Megaboom diffonde i suoni a 360° ma in effetti, per
essere precisi, non è proprio così visto che una parte
della superficie è occupata dai grandi tasti per regolare il volume. Quindi bisogna scegliere una posizione
perfettamente frontale se si desidera un ascolto più
attento, sfruttando i riflessi delle pareti laterali e posteriore dell’ambiente. Girando invece il diffusore proprio
dalla parte opposta dei tasti oppure anche in posizione
orizzontale si ottiene comunque un ottimo ascolto. Tra
l’altro la posizione orizzontale è l’unica possibile se si
vuole ascoltare il Megaboom mentre lo si ricarica, dato
che il cavo in ingresso impedisce il posizionamento
verticale. Stesso discorsi per l’ascolto da una sorgente ausiliaria, a meno di trovare un cavo molto sottile
Dei diffusori Logitech, o Ultimate Ears che dir si voglia,
avevamo buoni ricordi e questo Megaboom non fa
eccezione, con prestazioni davvero degne di nota per
dinamica e coinvolgimento.
Fornisce le migliori prestazioni con un livello sonoro vivace ma non diventa mai invadente o fastidioso. Inoltre
l’applicazione dedicata ha un equalizzatore a cinque
bande che permette di modellarne le prestazioni su
misura dei gusti personali. Ottima la finitura e non comune la certificazione IPX7. Unico problema sarebbe
il prezzo, ma per fortuna quello reale di vendita può
essere molto inferiore e a quel punto il Megaboom può
diventare un serissimo concorrente dei pochi altri diffusori di gran marca in questa fascia di prezzo.
P5 Wireless.
Abbiamo eliminato
il cavo ma il suono
è rimasto lo stesso.
P5 Bluethooth, musica in mobilità
senza compromessi con 17 ore di
autonomia e ricarica veloce per
performance allo stato dell'arte. La
solita qualità e cura nei materiali di
Bowers & Wilkins adesso senza fili
grazie alla nuova P5 S2 Bluetooth.
www.audiogamma.it
n.148 / 17
23 GENNAIO 2017
MAGAZINE
TEST Abbiamo provato in anteprima la Renault Zoe con la nuova batteria da 41 kWh:dichiara fino a 400 km di autonomia
Nuova Renault Zoe: addio ansia da autonomia
Zoe ZE40 è un’ottima auto per tutti i giorni, ma può anche portarci a spasso durante i weekend in una gita fuori porta
R
di Massimiliano ZOCCHI
enault è stata la prima casa a proporre una gamma completa di veicoli elettrici, denominata Z.E
(Zero Emission), e dopo alcuni anni e buone vendite, continua ad investire in questo settore con convinzione. Ne è la dimostrazione l’evento organizzato in
Portogallo, nei pressi di Lisbona, per presentare la Zoe
nella sua versione aggiornata. Non si tratta di un vero
e proprio MY2017, in quanto la vettura è quasi identica
alle due precedenti se non per un particolare fondamentale: la batteria. Da poche settimane è ordinabile il
modello con 41 kWh di capacità, che secondo la casa
può portare a percorrere fino a 400 km, di cui 300 circa
sicuri in condizioni di uso normale.
Quindi un range ottimale e più che sufficiente per una
larghissima fetta di clienti, tanto che Renault ha scelto come slogan ufficiale forget the battery (con tanto
di adesivo a coprire l’indicatore sul cruscotto) proprio
perché tenere d’occhio l’autonomia residua non è più
un problema. La seconda novità, ma questo riguarda
più alcuni paesi come l’Italia, è che è stata introdotta
anche la possibilità di acquistare l’intero veicolo, comprensivo di batteria, senza meccanismo nel noleggio
mensile dell’accumulatore. Questo alza ovviamente il
costo iniziale, ma svincola da un canone “a vita” che ha
chi sceglie il noleggio.
Nel listino aggiornato resta la vecchia variante con solo
video
22 kWh per mantenere un prezzo entry level per chi
non ha particolari necessità; poi si passa alle ZE40, di
cui la più cara è un nuovo allestimento curato in collaborazione con Bose. Il costo della batteria viene valutato in circa 8.000 euro, ed è proprio la differenza del
prezzo tra chi sceglie il noleggio batteria e chi decide di
acquistarla. Entrambe le soluzioni hanno pregi e difetti.
Con batteria noleggiata, in caso di degrado Renault la
sostituisce gratuitamente ma non è possibile svincolarsi dal canone mensile. Chi invece possiede anche
la batteria, dovrà in futuro farsi carico di eventuali manutenzioni alle celle al litio (salvo garanzia), ma d’altro
canto gode di maggiore libertà. Le diciture R90 e Q90
fanno riferimento a due diversi motori disponibili.
Uno sguardo nel cuore di Zoe
Pagina di riepilogo, la
batteria offre una capacità è di 39.9 kWh.
Le temperature nelle
singole celle, solo una è
un poco più fredda.
Per convincerci della quantità di km percorribili (non
che ce ne fosse bisogno, i dati erano noti) Renault ha
preparato dei tragitti preimpostati sul navigatore (il
solito TomTom integrato nell’infotainment di bordo) e
nascosto con un adesivo la parte del cruscotto LCD indicante il range massimo con carica al 100%. Noi però,
equipaggiati di modulo OBD Bluetooth e della relativa
app, siamo andati un po’ a spiare i dati della vettura.
Nella schermata principale
dell’app, in mezzo a moltissimi dati tecnici, sono principalmente due quelli interessanti nell’utilizzo pratico,
ovvero i kWh disponibili,
che nel nostro caso sono
39.9, e il range totale, che si
nota in fondo essere di 299
km. Questo perché Renault
ha stimato che in condizioni
di guida normali e non particolarmente parsimoniose,
è verosimile attendersi 300
km di massima autonomia,
contro i 400 avvicinabili in
Voltaggi delle celle. In
ambito più che altro urbano
una batteria sano sono
a basse velocità. Da notare
più o meno allineati.
anche la voce “Real State
lab
of Charge” che chiarisce il fatto che la batteria non è
carica ai suoi limiti, ma il costruttore tiene un leggero
margine per evitare stress e degrado prematuro.
Il computer di bordo è tarato per offrire un’indicazione
di autonomia basata sul nostro stile di guida pregresso. Così se nei km precedenti abbiamo tenuto il piede
pesante, prevederà meno km possibili. Al contrario con
una guida calma e senza brusche accelerate, l’indicatore ci fa sapere che con quel trend riusciremo a fare
molta più strada. Per tanto è un valore da prendere con
le pinze, e da usare solo come indicatore di massima.
Stessa batteria, doppia capacità
Rispetto alla prima generazione, Zoe ha ora un’autonomia praticamente raddoppiata, grazie alla nuova
batteria ZE40, che passando da 22 kWh a 41 kWh, è
anch’essa praticamente raddoppiata nella capacità.
Tuttavia non sono state necessarie modifiche di rilievo
al veicolo, perché questo aumento è solo e unicamente frutto del lavoro svolto da LG Chem, che è riuscita
nello stesso ingombro del pacco batteria precedente,
ad ottenere molta più densità energetica, senza nemmeno gravare sul peso totale (solo 15 kg di differenza).
Gli ingegneri coreani sono giunti a questo risultato lavorando oltre che sui materiali e sulla chimica, anche
sugli interstizi tra una cella e l’altra, ricavando molto più
spazio utile, così da mantenere le dimensioni, e poter
alloggiare la nuova ZE40 nello stesso telaio. La batteria
è talmente identica cha anche i vecchi clienti potranno
beneficiarne (pagando un entry ticket per il cambio) e
sostituire le vecchie batterie da 22 kWh, trasformando
le vecchie Zoe, in auto più versatili. I dettagli di questa
operazione tuttavia non sono ancora completamente delineati. Per tutto il resto le specifiche restano le
stesse, compresa la capacità di ricarica di Zoe, che è
un po’ il suo cavallo di battaglia. Il caricatore di bordo
Chameleon, si chiama così perché in grado di adattarsi
a qualsiasi corrente alternata, sia monofase che trifase,
da un minimo di 1.8 kW fino a 22 oppure 43 kW, passando per tutti gli step intermedi. Il limite massimo è
unicamente in funzione del motore scelto dal cliente
in fase di configurazione. Con il motore più nuovo ed
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TEST
Nuova Renault Zoe
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efficiente, R90, la carica si ferma a massimo 22 kW di
potenza, ma si guadagnano circa 20 km di autonomia,
mentre con il “vecchio” Q90 si può arrivare a 43 kW
sacrificando 20 km di percorrenza. Al momento in cui
scriviamo sono entrambi ordinabili, ma pare che Q90
sia verso il viale del tramonto. La presa resta frontale
sotto il logo Renault.
Muoversi senza un occhio alla batteria
La parte più importante del nostro test era ovviamente
quella su strada, che nonostante i percorsi già decisi
da Renault, ci ha portato su strade di ogni genere, dall’autostrada, ai tornanti sulla costa, fino ai saliscendi
delle colline nell’entroterra. Un tragitto quindi vario,
non pensato per impressionare ma per simulare il più
possibile le situazioni di utilizzo reale.
Diciamo subito che Zoe ha passato l’esame a pieni
voti. Si può guidare liberamente senza più tenere lo
sguardo all’indicatore dell’autonomia, grazie al fatto
che i Km percorribili sono davvero tanti. Non sono 400
come nel ciclo di omologazione europeo, ma la stessa
Renault onestamente dichiara che sono circa 300 in
ambito di real life. Questo perché, come risaputo, le
omologazioni hanno condizioni di guida molto parsimoniose, con strade pianeggianti, e con temperature
miti. Tanto per fare un esempio, già solo la temperatura
ambientale di 8 gradi che abbiamo avuto durante quasi
tutta la prova, è sufficiente per abbassare le prestazioni
della batteria.
Ma nonostante questa condizione in parte sfavorevole,
Zoe ci ha stupito per prestazioni. La guida è sempre
quella scattante tipica delle vetture elettriche, con accelerazioni brucianti anche da fermo e un’erogazione
fluidissima grazie anche all’assenza del cambio. Ma
alla fine della giornata, quello che ci ha lasciato stupiti
sono stati la quantità di km percorsi e soprattutto quelli
rimanenti. A fronte di un percorso misto di autostrada,
urbano e extraurbano, abbiamo macinato circa 140 km,
e secondo il nostro stile di guida il computer di bordo
ci offriva ancora 170 Km residui, il che porta a un totale
di 310 Km, appena sopra il dato della casa madre. E
questo nonostante i fari accesi e lo sbrinamento attivo
per lunghi tratti.
Zoe ha anche un’ottima capacità di rigenerare energia
dalle decelerazioni e dalle frenate. Così, una volta pre-
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Il consumo medio ottenuto di 13 kWh/100 km, ci
porta proprio a una media di poco più di 300 km
totali, esattamente quello che abbiamo ottenuto.
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sa la mano con lo stile di guida ci si può cimentare con
la cosiddetta guida “one pedal drive”, ovvero dosando
solo l’acceleratore, con anche lunghi rilasci e lasciando
che sia il motore a frenarci quando possibile. Questa
tecnica, oltre ad aumentare l’autonomia totale, contribuisce a mantenere nuovi i freni, consumare meno gli
pneumatici, abbassando quindi anche il costo di manutenzione. Il dato di autonomia totale che abbiamo
ottenuto, sebbene sia in linea con quanto precisato da
Renault, non può certo essere assunto come risultato
universale. Il consumo, anche con un powertrain elettrico, dipende da molti fattori, tra cui il peso e, ovviamente, la velocità. Altre Zoe in fase di test che hanno
seguito percorsi simili ai nostri, ma ad esempio con più
autostrada e a velocità sostenute, hanno ottenuto risultati variabili tra 200 e 280 km totali. In ogni caso un
passo in avanti notevole rispetto alla vecchia generazione di auto elettriche.
Una versione elegante che mancava
Per la nuova Zoe, Renault ha deciso di introdurre anche una top di gamma che prima mancava, forse anche per togliere alla sua piccola elettrica la nomea di
utilitaria. Per questo si è avvalsa della collaborazione
di Bose, che ne ha curato la parte audio, mentre la
casa francese si è focalizzata su alcune migliorie per
gli interni. Questa versione premium è proprio quella
che abbiamo guidato, così da testare l’impianto Bose e
capire un po’ le differenze con gli allestimenti classici.
L’intervento di Bose però non si limita ai driver sonori,
Dettaglio dell’indicatore al margine del cruscotto
LCD. E’ ancora di poco sopra il 50%, quindi forse
avremmo potuto anche superare i 310 km totali.
ma anche la sorgente cambia leggermente. Anche se
è sempre comandata dal sistema R-Link di Renault, la
musica prima di arrivare alle nostre orecchie è processata da un equalizzatore, componente assente nella
versione base.
Abbiamo ovviamente provato a forzare un po’ la riproduzione, giocando anche con le diverse preimpostazioni e con i livelli. La timbrica è più accentuata sui
toni alti e medi, ma rimane sempre ben chiara senza
distorsioni del suono anche a volumi discreti. Per riempire la gamma bassa è presente anche un subwoofer
compatto nel bagagliaio, che fa bene il suo dovere.
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Interessante anche l’ultimo dato di questa schermata del sistema di bordo, che indica la quantità
di energia recuperata in frenata o discesa.
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Così a prima vista le componenti sembrano le stesse
già viste su Nissan Leaf (probabilmente per sfruttare
le economie di scala dell’alleanza Renault-Nissan), ma
nel caso proprio del subwoofer c’è una piccola controindicazione. Nel bagagliaio della Leaf è alloggiato
perfettamente, forse perché studiato appositamente,
e si incastra da lato a lato, sembrando un componente
originale. Nella Zoe invece le misure del vano di carico
cambiano, e il sub appare come un accessorio piazzato in mezzo un po’ a caso, rubando anche un minimo
di spazio di carico. Chi vuole ottenere il massimo dal
bagagliaio forse farebbe meglio a puntare sugli allestimenti normali.
Il resto del sistema di bordo è identico alla vecchia
edizione di Zoe, anche se finalmente il display è passato alla tecnologia touch capacitiva, che lo rende
molto più reattivo. Il sistema operativo è un semplice
fork di Android, che oltre a controllare la riproduzione
multimediale, ha alcune app scaricabili dallo store Renault, e la navigazione incorporata. Su questo fronte
il sistema è solidissimo grazie alla collaborazione con
TomTom, che fornisce un software maturo e infallibile,
e integra anche l’indicazione delle colonnine sul tragitto, con la possibilità di aggiungerle se la destinazione
diventasse irraggiungibile. Sono presenti poi alcune
schermate di controllo delle funzioni di ricarica (molto
utile la programmazione oraria), tutti i parametri della
batteria e del flusso dell’energia, e anche analisi della
qualità dell’aria esterna.
Per quanto riguarda l’aspetto prettamente estetico, la
Zoe Bose si distingue per alcuni dettagli negli interni
per aumentare la percezione di eleganza e rifinitura.
La selleria è in pelle scura, con i sedili anteriori che
sono anche riscaldabili, e sul divano posteriore anche
il posto centrale guadagna il poggiatesta. La pelle è
poi ripresa anche in sezioni delle portiere, dove normalmente c’è solo nuda plastica, il che offre anche una
sensazione di maggiore insonorizzazione. In generale
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Con questa schermata possiamo
vedere in tempo reale il flusso
dell’energia, che in caso di frenata va dal motore alla batteria.
Se attivata, la modalità di guida
Eco, taglia la potenza del motore
e limita la velocità a 96 km/h,
aumentando così l’autonomia.
poi scompaiono le cromature e le linee azzurre, a vantaggio di colori scuri e marrone metallizzato. Questa
colorazione dona a tutto l’abitacolo un tono più serio,
si perde però quella peculiarità che è sempre stata
un punto forte di Zoe, ovvero la linea futuristica e non
convenzionale; quindi non è detto che a tutti possa
piacere la versione Bose. Da segnalare anche gli
specchietti, che qui sono ripiegabili elettricamente.
Un’auto intelligente
con tanti potenziali clienti
In conclusione possiamo affermare che Zoe non ha
deluso le nostre aspettative. Renault si è mostrata fin
da subito sicura delle prestazioni della sua compatta
elettrica con nuova batteria da 41 kWh, e così è stato.
l riproduttore multimediale con
Bluetooth riproduce musica da
smartphone e gestisce le chiamate in vivavoce.
Bisogna rendere atto alla casa francese di aver atteso
il momento opportuno e la maturità della tecnologia di
LG Chem, per sfornare una vettura che, seppur restando quasi identica a prima, si toglie di dosso l’abito del
solo uso urbano e offre finalmente un’auto a batteria
in grado di fare tanta strada, adatta a una fetta ampissima di clientela.
400 km per qualcuno potranno sembrare ancora pochi, ma i fattori da considerare sono diversi. Solo una
bassa percentuale di popolazione percorre più di 50
km al giorno, e ancora più bassa quella di chi ne percorre più di 100. Così Zoe ZE40 può essere un’ottima
auto per tutti i giorni, ma portarci a spasso anche nei
weekend fuori porta senza patemi d’animo.
In più il caricatore di Zoe, rigorosamente in corrente
alternata, trova nella rete di ricarica italiana un prezioso alleato. Quasi tutte le colonnine sparse nel nostro
territorio e - tranne rarissime eccezioni - tutte quelle
di Enel, sono proprio in corrente alternata a 22 kW e
in qualche caso 43 kW. Questo fa sì che Renault Zoe
abbia di fatto una rete di ricarica accelerata quasi dedicata, dato che le auto che possono caricare velocemente con questa tecnologia sono pochissime.
Zoe così diventa la compatta elettrica più utilizzabile
da subito nel nostro Paese, e forse deriva anche da
questa constatazione il discreto successo ottenuto
anche nella passata versione da 22 kWh. Le auto in
diretta concorrenza al momento non possono vantare tanta autonomia, essendo ancora ferme a batterie
intorno ai 30 kWh. Solo verso la fine del 2017 arriverà qualche seria pretendente, con la nuova eGolf, e
la attesa Ampera-e, che però saranno su una fascia
di prezzo più alta. Per cui la scelta di Renault è stata
intelligente e potrà garantire a Zoe un buon successo,
salutando per sempre l’ansia da autonomia. Questa
vettura è a suo modo rivoluzionaria, segnando l’ingresso nella mobilità elettrica 2.0.