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n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 L’ignoranza digitale genera mostri Spy story. La CIA. Lo Stato in pericolo. Un clamore enorme durato due-tre giorni e finito nel nulla. Questa è la veloce parabola parossistica della vicenda Occhionero, i due fratelli beccati a “spammare” malware a indirizzi email eccellenti e non. Una vicenda figlia dell’ignoranza digitale. La totale ignoranza e inesperienza digitale sulla quale contava l’ing. Occhionero per sperare che le proprie prede cadessero nel tranello. Un tranello costituito da bislacchi allegati addirittura “.exe”, eseguibili che scatenano gli alert di qualsiasi client di posta prima che vengano aperti. File dai nomi che puzzano di bruciato da chilometri come “Fwd Re olio di colza aggiornamento prezzo.exe”. Malware, quindi, non nascosti subdolamente in file di testo o PDF, ma proprio eseguibili che – è proprio l’A-B-C - non dovrebbero mai essere lanciati da una mail. Malware quindi poco sofisticati. Il fil rouge che tiene insieme tutta la vicenda, l’ignoranza digitale, mista alla fretta di uscire a tutti costi con le notizie, ha portato fuori strada tutta la stampa, che si è esposta, supportata dalle Agenzie di stampa, a dire che fossero stati violati account rilevanti per la sicurezza nazionale, come quello di Renzi. Addirittura alcuni si sono spinti a definire “spiato” il cellulare personale dell’ex-premier, che notoriamente è un iPhone (e quindi del tutto indenne a questo “tradizionale” virus per Windows). Un po’ di preparazione ed esperienza sui fatti digitali avrebbe non solo consigliato maggiore cautela ma anche permesso facilmente (anche senza la pagina 14 dell’ordinanza) di capire che agli account che contavano erano stati solo tentati degli attacchi (probabilmente finiti addirittura in spam e neppure visti dai diretti interessati). Email di questo tipo arrivano tutti i giorni sulle caselle di tutti, ovviamente autorità comprese. E non per questo la sicurezza nazionale è in discussione. Si dovrebbe parlare, al massimo, di procurato allarme causato da parte di chi ha “drammatizzato” un evento da cronachella corrente della società digitale. La catena dell’ignoranza digitale prosegue sull’onda del clamore mediatico generato dalle battute di stampa, tanto che i vertici della Polizia, incalzati dai media, decidono, a nostro avviso affrettatamente, di rimuovere dall’incarico il comandante della Postale, reo di non aver allertato le cariche istituzionali della vicenda. Vicenda che, a ben vedere, non aveva affatto la dimensione e la rilevanza da consigliare informative particolari alle autorità oggetto degli attacchi. Questo soprattutto perché siamo certi che le stesse caselle implicate, proprio in queste ore stanno ricevendo, da altre fonti neppure note, decine e decine di altre email trabocchetto simili, che regolarmente antivirus e soprattutto funzionalità base dei client di posta aggiornati intercettano e mettono nella cartella “spam” o Junk email”. Il caso Occhionero ha mostrato tutti i limiti non della sicurezza nazionale quanto del legame fragile tra informazione, opinione pubblica e comportamenti privati e istituzionali in un contesto di diffusa ignoranza digitale. È vero, siamo vulnerabili, ma non perché due fratelli romani si sono infiltrati nei gangli dello Stato; piuttosto perché non sappiamo riconoscere le minacce vere da quelle false, non sappiamo dare una dimensione corretta alle “cose della rete”. Il risultato più diretto di tutto ciò è solo aver alzato ulteriormente le barriere emotive ed culturali di chi tende a diffidare degli strumenti digitali. Un pizzico di conoscenza, anche dei fatti “digitali” è invece l’unico strumento di difesa che ci resta contro “post-verità” e “fatti alternativi”. Gianfranco Giardina MAGAZINE Caso Eye Pyramid Occhionero non era un vero hacker 09 L’OLED Philips Strategia Mediaset con l’Ambiligth Premium aperta arriva a febbraio 11 ad altri editori 02 Galaxy S8, escono nuove foto Addio a MWC e tasto home 13 Samsung conferma che l’S8 non verrà mostrato al Mobile World. Intanto nelle prime foto il Galaxy S8 appare privo del tasto Home Ecco come Lufthansa cambierà il modo di volare 06 A Francoforte Lufthansa ha presentato la sua visione del futuro dell’aviazione civile: servizi sempre più smart, sia a terra che in volo Primi scatti con le nuove Fujifilm 28 Presentata la gamma 2017, siamo riusciti a provare qualche scatto con la X-T20 e la X100F 19 Renault Zoe: 400 Km senza ansia La nuova batteria da 41 kWh porta l’autonomia a 400 km e cancella l’ansia di restare a piedi 34 Vodafone TV, acerba ma promette bene 30 Decoder TIMvision Ha buone potenzialità n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE MERCATO Mediaset ha presentato il piano con cui punta a massimizzare gli utili da qui al 2020 Mediaset “apre” Premium a tutti i produttori e annuncia una piattaforma on-demand gratis Nella strategia Mediaset un nuovo ruolo della pay-TV, aperta a editori terzi, Video On Demand gratuito che vedremo a fine 2017 (Infinity Free?) e un approccio più “sostenibile” alla pay TV M di Emanuele VILLA ediaset ha presentato a Londra il piano strategico con cui l’azienda italiana - da mesi al centro dell’attenzione mediatica per il rapporto con Vivendi - fissa le linee guida che dovrebbero portarla, entro il 2020, a un miglioramento dell’EBIT (utile operativo prima delle tasse e oneri finanziari) di 468 milioni di euro. La roadmap, molto precisa e dettagliata, prevede un forte intervento su diversi fronti, da un aumento del market share pubblicitario sul mercato italiano a una revisione dei confini e delle finalità della pay TV. In particolare, quest’ultima dovrebbe contribuire al risultato prefisso con un incremento di 200 mln di euro, mentre la quota di Mediaset nel mercato pubblicitario dovrebbe passare dal 37,4% al 39% per un +90 milioni entro il 2020. Altri risultati positivi si dovrebbero vedere sul fronte delle maggiori efficienze di tipo organizzativo, capaci di generare un incremento EBIT di 123 mln rispetto al 2016. Modello sostenibile con o senza calcio. E apertura di Premium a editori terzi Premium è ovviamente il punto su cui si focalizzano tutte le attenzioni. L’obiettivo di Mediaset è quello della piena sostenibilità della piattaforma pay, con torna al sommario o senza il calcio. Premium, fatti salvi aggiornamenti importanti della questione Vivendi, deve trasformarsi in un’importante voce di utile mantenendo un approccio sostenibile a prescindere da eventuali acquisizioni di diritti sul calcio. Detto in altre parole, Mediaset continuerà a guardare al calcio come un’opportunità ma questo non sarà centrale nelle proprie strategie, che invece considerano fondamentale l’apertura della piattaforma tecnologica Premium a “tutti i produttori di contenuti interessati a un’offerta pay”. Ciò significa che la piattaforma di Premium - unica a pagamento sul digitale terrestre - sarà a disposizione degli editori che vorranno accedervi e portare i propri contenuti a chi è già abbonato (4 mln di Card e 6 mln di dispositivi) e chi lo sarà. Considerando peraltro le limitazioni di banda tipiche del digitale terrestre, non è escluso che un’operazione di questo tipo - qualora di successo - possa portare la piattaforma Premium anche su satellite, tanto più che Mediaset potrebbe tranquillamente usare il medesimo sistema di accesso condizionato sia per il digitale terrestre che per il satellite. Mediaset Infinity gratuito con pubblicità? Nel piano strategico viene menzionato anche un altro progetto molto importante che vedrà la luce entro la fine del 2017. Mediaset è infatti al lavoro su una “nuova piattaforma che fornisca un’esperienza di Advertising Video on Demand comparabile a quella offerta da Infinity nel mercato del Subscription Video on Demand”. Tradotto: se consideriamo Infinity come il Netflix di casa Mediaset, la nuova piattaforma punterà a offrire la medesima esperienza ma sarà gratuita, con modello di business sostenuto dalla pubblicità. Resterà intatta l’esperienza on-demand e multi device tipica di Infinity: nonostante non ci sia menzione diretta ai contenuti disponibili, si potrebbe trattare di un vero e proprio Infinity Free sul modello inaugurato tempo addietro da Spotify, ma magari con contenuti tratti anche dal digitale terrestre e dai canali della piattaforma Premium. Lo scopriremo più avanti nell’anno, ma quello che è certo fin d’ora è l’interesse di Mediaset a spingere sempre più sui contenuti online e/o on-demand. Android TV 7.0 su tutti i TV Sony, ma ci vorrà tempo Gli Android TV Sony (anche i più datati) riceveranno l’update ad Android 7.0 Nougat L’aggiornamento include la gestione HDR HLG e sarà rilasciato nel corso dell’anno, ma ancora non sono note le tempistiche di Roberto PEZZALI I TV Android Sony, dopo aver ricevuto l’aggiornamento ad Android 6.0 verranno progressivamente aggiornati anche a Android 7.0 Nougat. Una scelta da applaudire, anche se non si conoscono le tempistiche: per Android 6.0 ci è voluto un anno, per Android 7.0 probabilmente servirà altrettanto tempo. Le novità introdotte dalla nuova versione, almeno per quanto riguarda la parte “TV”, sono fondamentali: c’è il supporto alle API Vulkan per poter giocare sulla TV a giochi ancora più complessi e pesanti, ma anche una gestione migliorata dell’HDR con supporto a tutti gli standard. Android 7.0 Nougat porta in dote anche la compatibilità con l’HLG, lo standard HDR per le trasmissioni televisive. Un nodo questo ancora tutto da sciogliere però: sulla gamma che ha presentato a Las Vegas Sony aggiungerà l’HLG nella prima metà del 2017 tramite aggiornamento software, mentre sulla gamma 2016 non è dato sapere se questa verrà aggiunta subito (e soprattutto se verrà aggiunta). Restando in tema HDR nessuna novità per il Dolby Vision: solo l’OLED, lo ZD9 e gli XE93 e XE94 del 2017 verranno aggiornati allo standard Dolby, anche se la cosa inizialmente riguarderà solo l’HDMI. Per le app in Dolby Vision, ad esempio Netflix, si dovrà aspettare Nougat. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE MERCATO Le Fiamme Gialle hanno operato perquisizioni e sequestri di alcuni prodotti Samsung Sequestrati smartphone e tablet Samsung Violazione di brevetti. Dubbi sulle modalità Si parla della violazione di un brevetto registrato in Italia. Perché allora un sequestro locale? B I piccoli dispositivi per ordinare i prodotti si trasformano in pulsanti virtuali sull’app e sull’homepage di Amazon. Si attivano automaticamente in base ai nostri acquisti di Roberto PEZZALI en 26 perquisizioni in altrettanti punti vendita, da Media World a Gran Casa: la Guardia di Finanza del Comando provinciale di Vicenza ha sequestrato nei giorni scorsi 21 modelli recenti di smartphone e tablet Samsung seguendo le indicazioni del sostituto procuratore della Repubblica di Vicenza, Hans Roderich Blattner. La decisione è stata presa perché nel corso delle indagini sarebbe stata accertata la violazione di un brevetto europeo registrato e valido sin dal 2002 di proprietà di un’azienda italiana, azienda della quale al momento non si conosce il nome. Il brevetto in questione riguarda il software ed è relativo alla visualizzazione grafica del livello di volume quando vengono collegate cuffie o auricolari: il brevetto prevede che il livello cambi colore con l’aumento dei decibel per indicare la pericolosità all’udito. Secondo chi ha denunciato Samsung, la violazione del brevetto è costata almeno 60 milioni di euro a livello europeo e almeno 10 milioni sul mercato italiano, ed è quindi probabile che prima di ar- di Giulio MINOTTI rivare alla denuncia l’azienda italiana abbia cercato un accordo con Samsung che però non è riuscita a concludere. Secondo alcune fonti locali la finanza avrebbe provveduto a “a sequestrare smartphone e tablet al fine di procedere ad una perizia che consenta di definire con maggiore compiutezza di elementi le diverse varianti di contraffazione a seconda del modello e del tipo di sistema operativo utilizzato”. Una brutta questione, anche se restano molti dubbi: perché montare una ope- razione così “visibile” per prendere 21 prodotti e accertarsi che violino davvero il brevetto? Possibile che Samsung non abbia collaborato fornendo essa stessa i modelli, evitando così i titoli dei giornali e un danno d’immagine? Se il brevetto è registrato in Italia ed è stato realmente violato perché è stata fatta una perquisizione con sequestro solo nel vicentino? Samsung è al corrente della cosa e l’ufficio legale è al lavoro per capire cosa sia realmente successo. MERCATO Lo scandalo che coinvolge i vertici governativi del Paese si allarga a Lee Jae-Yong Samsung: mandato d’arresto per il vice president Lee Jae-Yong, prossimo numero di Samsung, invischiato in una storia di corruzione di Dario RONZONI L o scandalo che sta investendo in questi giorni i più alti vertici governativi della Corea del Sud si allarga all’azienda che più di ogni altra rappresenta il Paese asiatico nel mondo: nelle scorse ore è stato richiesto un mandato d’arresto per il vice presidente di Samsung Lee Jae-Yong, rampollo della famiglia fondatrice e da molti indicato come futuro numero uno dell’azienda. L’accusa è di corruzione nell’ambito dell’inchiesta sullo scandalo che ha coinvolto, tra gli altri, la presidente della repubblica Park Geun-Hye e la sua confidente Choi SoonSil. Il tutto è cominciato giovedì scorso, quando Lee è stato sottoposto a 22 ore torna al sommario Amazon Dash Button diventa virtuale Acquisti più facili e più veloci di interrogatorio, al termine delle quali la sua posizione parrebbe essersi aggravata. L’accusa riguarda l’erogazione di 18 milioni di dollari da parte di Lee a Choi in cambio di appoggi politici per facilitare un’operazione di riassetto strategico dell’azienda, con il coinvolgimento del servizio pensionistico pubblico coreano. Lo scandalo ruota attorno a Choi, 60enne consigliera della presidente, arrestata a novembre con l’accusa di aver costretto importanti gruppi industriali a versare denaro a fondazioni dal dubbio curriculum, liquidità di cui si sarebbe poi impossessata per fini personali. Come prevedibile, il titolo Samsung ha subito un forte contraccolpo sui mercati, con la piazza di Seul a risentirne maggiormente. Solo nei prossimi giorni sarà tuttavia possibile stimare l’effettiva portata dell’evento sugli assetti interni di Samsung. I Dash Button, i piccoli tasti di Amazon per ordinare i prodotti con un semplice click, sono arrivati da qualche mese anche nel nostro Paese. Dispositivi che hanno avuto un grande successo in tutto il mondo. Amazon ha, quindi, deciso di inserirli anche nella sua app e sulla sua homepage. Un sistema di acquisito “one-click” che si attiverà automaticamente in base agli acquisiti più recenti o più frequenti, visualizzando sullo schermo di PC e device mobili la versione virtuale del Dash Button. Un portavoce di Amazon ha dichiarato che i membri Prime saranno anche in grado di creare un pulsante virtuale per decine di milioni di prodotti sfruttando l’apposita voce “Aggiungi ai tuoi Dash Button” presente sulle pagine di tutti gli articoli compatibili con questo sistema di acquisto. Anche questi pulsanti virtuali sono gratuiti (i bottoni Dash fisici costano 4.99 euro, ma il loro costo viene detratto dal primo ordine effettuato) e al momento non sembrano essere ancora disponibili nel nostro Paese. Ma considerando la presenza della controparte fisica, siamo certi che non tarderanno ad arrivare. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE MERCATO In arrivo la legge che regolamenterà la sharing economy connessa al social eating Legge sugli home restaurant, è già bufera Prima del passaggio al Senato si alza l’autorevole voce di Cristiano Rigon, founder di Gnammo di Alvise SALICE L a Camera dei Deputati ha approvato il testo della legge che disciplina l’attività di ristorazione in abitazione privata, oche definisce un perimetro normativo per il fenomeno dell’home restaurant. È stata la crescente diffusione di questo format, consistente nell’organizzazione di cene casalinghe a pagamento prenotabili sul web, ciò che ha spinto Nino Minardo del Nuovo Centrodestra a proporne regolamentazione nell’aula di Montecitorio. Punti salienti del disegno di legge • Obbligo di utilizzare piattaforme digitali per gestire le prenotazioni e i pagamenti dei clienti (non sarà più possibile telefonare direttamente o pagare in contanti). • Massimo di 500 coperti all’anno per proventi complessivi non superiori ai 5.000 euro annui. • Obbligo per le case-ristorante di dotarsi della certificazione d’agibilità (se non presente) e di tutte le caratteristiche igieniche previste per le abitazioni. • Divieto di ospitare un home restaurant e contemporaneamente un B&B (o una casa vacanze) in una stessa abitazione. Ora la legge passerà al vaglio del Senato, ma nel frattempo salgono già rumorose le rimostranze degli addetti ai lavori nel settore: home chef, startupper, imprenditori che investono nelle varie piattaforme web di social eating. Cristiano Rigon, founder di Gnammo, leader del settore in Italia, ha commentato con toni polemici l’approvazione della Camera della legge n. 3258: “Si tratta di una legge fortemente voluta da insistenti attività di lobbying da parte delle associazioni di categoria, che non hanno realmente compreso quanto l’home restaurant sia lontano dall’esperienza del ristorante e sia non avversario ma strumento di sviluppo del settore.” Secondo Rigon, tuttavia, la normativa può avere anche risvolti migliorativi del business: “Da una parte è senza dubbio positivo il fatto che esista una norma che regolamenti le attività di Home Restaurant, in quanto permetterà a tutti gli aspi- ranti cuochi di sperimentare la sharing economy senza paura di andare contro le autorità. Di contro però, sarebbe stato più opportuno, come prima cosa, normare a livello quadro la sharing economy, negli aspetti condivisi da tutte le attività, per poi scendere, se e dove necessario, a specificare i paletti da mettere nei singoli settori”. E’ tuttavia evidente che le forti restrizioni contenute nel testo uscito da Montecitorio minaccino di limitare pesantemente le opportunità di crescita del business Home Restaurant, soprattutto perché “Tale forte limite di “profitto” significa non aver compreso il potenziale della sharing economy, ma tutelare incondizionatamente una categoria a discapito di un’altra, misurandola su piani differenti”. L’auspicio degli addetti al settore home restaurant e social eating è che i lavori parlamentari proseguano in senso distensivo. MERCATO 10.3 miliardi i ricavi generati dai contenuti in streaming (+15% rispetto al 2015) In USA lo streaming supera le vendite di Blu-ray e DVD Vendite e noleggi su disco si fermano a 8 miliardi di dollari, nonostante i nuovi Blu-ray Ultra HD di Alvise SALICE S econdo il report ufficiale del Digital Entertainment Group, nel 2016 le vendite USA di contenuti video in streaming hanno sorpassato quelle su DVD e Blu-ray Disc. I consu- torna al sommario matori statunitensi hanno infatti speso 10.3 miliardi di dollari complessivi in contenuti streaming, suddivisi in 6.2 miliardi in abbonamenti a servizi di content providing tipo Netflix, e altri 4.1 miliardi di dollari su vendite e noleggi in digital delivery (modello iTunes). Pur non includendo i risultati di servizi minori come Amazon Prime Video, il DEG ha registrato per il segmento dello streaming una crescita del 15% rispetto al 2015, che ha fatto di contraltare all’ennesimo calo del giro d’affari mosso dal mercato dei supporti ottici: le vendite di Blu-ray e DVD sono scese del 9.5%, totalizzando nel 2016 5.5 miliardi di dollari, mentre i noleggi addirittura del 17.8%, fermandosi a quota 2.5 miliardi, per un totale di 8 miliardi di dollari ricavati dai dischi video. Oltre il 22% in meno rispetto al flusso finanziario generato dallo streaming: un dato estremamente indicativo del trend ormai irreversibile raggiunto dal mercato, specie se pensiamo che nel 2016 sono stati introdotti i Blu-ray UltraHD, che di certo hanno diversificato il mercato dei supporti fisici, costituendo (almeno per il momento) la soluzione ideale per chi voglia sfruttare appieno le potenzialità di un TV 4K. Continua la rimonta del vinile Un miliardo di dollari nel 2017 Il mercato del vinile porterà nel 2017 un fatturato complessivo mondiale di un miliardo di dollari. Il disco nero continua la rimonta nel residuo spazio dei supporti fisici di Roberto FAGGIANO Ancora previsioni positive per il vinile: secondo gli studi di Deloitte il mercato dei dischi e degli apparecchi per riprodurli dovrebbe raggiungere un fatturato di 1 miliardo di dollari nel 2017. Di questa cifra il 90% arriverà dalla vendita di dischi nuovi e usati mentre il rimanente verrà dalla vendita di nuovi giradischi e accessori. Per il settimo anno consecutivo l’aumento di vendite dei dischi sarà a doppia cifra, con una spesa media di 20 dollari per ogni disco con circa 40 milioni di pezzi venduti. Il vinile dovrebbe generare circa il 18% di fatturato sul mercato musicale dei supporti fisici e un 6% del mercato musicale globale; per alcuni artisti però il vinile potrebbe arrivare fino al 10% del fatturato. Gli appassionati di vinile nel mondo che compreranno almeno un disco nel 2017 dovrebbero essere circa 20 milioni. Lo studio Deloitte riporta anche alcuni numeri sul vinile negli anni 70, quando il disco nero era la sorgente musicale principale: nel 1977 negli Stati Uniti vennero venduti 534 milioni di dischi, seguiti da 164 milioni di audio cassette su nastro. All’epoca i dischi neri rappresentavano il 75% dei ricavi dell’industria discografica, fino a raggiungere il record di oltre un miliardo di dischi venduti nel 1981. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE MERCATO La radio digitale DAB continua la sua espansione per migliorare la copertura sul Nostro territorio e sulla rete stradale Radio digitale DAB nel 2017: 95% delle province coperte Arrivano nuove radio e il servizio di informazioni sul traffico TPEG. Ma la strada per coprire tutto il territorio è ancora lunga L di Roberto FAGGIANO a radio digitale DAB per molti è ancora un oggetto misterioso e i ricevitori per ascoltarla ancora poco diffusi, ma non si può dire che i diversi consorzi di emittenti non si stiano dando molto da fare. Tra la fine dello scorso anno e l’inizio del 2017 le novità sono già state molte e per il seguito dell’anno si annunciano grandi progressi nella copertura e nella funzionalità. Nella cartina qui sotto potete osservare la copertura globale prevista per la primavera di quest’anno. Andiamo ora per ordine illustrando le novità dei consorzi. Eurodab Italia: nuove stazioni e info sul traffico con il TPEG Il consorzio Eurodab Italia negli ultimi mesi del 2016 ha ottimizzato la copertura già esistente, in particolare sui tratti autostradali in Veneto e Friuli della A4, e della A27 mentre ha reso continuo l’ascolto in mobilità lungo la A1. Inoltre accesi nuovi impianti in Valle d’Aosta. Per quanto riguarda il 2017, è prevista la copertura delle aree della Toscana, Piemonte Occidentale e Sardegna. In tema di nuove stazioni nel corso del 2016 è stata inserita Radio Freccia, mentre nei giorni scorsi si è aggiunta al consorzio l’emittente nazionale radio KissKiss. La novità più importante per chi viaggia è invece la diffusione di notizie sul traffico in tempo reale nello standard TPEG (Traffic Protocol Experts Group) in collaborazione con InfoBlu. Al momento i dispositivi già compatibili con questo standard sono alcuni navigatori della Garmin, in grado di ricevere le informazioni tratte dal DAB ed elaborarle sul percorso stradale che si sta seguendo, in modo da evitare lavori stradali e incidenti, ricalcolando un nuovo percorso. DAB Italia: obiettivo 95% delle province italiane Il consorzio DAB Italia può attualmente vantare la migliore copertura del territorio e entro la fine del 2017 punta a coprire il 95% delle province italiane con il suo segnale; in percentuale si arriverà a coprire l’85% della popolazione in mobi- MERCATO Nell’ultimo quarto del 2016 il servizio di streaming supera le più rosee aspettative Netflix: 7 milioni di nuovi abbonati nell’ultimo trimestre Forte crescita fuori dagli Stati Uniti, in arrivo contenuti originali sempre più internazionali? C di Dario RONZONI ifre record per il più popolare servizio di streaming online: nell’ultimo trimestre dell’anno Netflix ha visto crescere la propria base di abbonati di ben 7 milioni di unità. Scorporando i dati, 2 milioni di nuovi utenti provengono dal mercato interno statunitense, mentre gli altri 5 dal resto del mondo. I dati sono impressionanti se messi a confronto con le previsioni stilate nei mesi precedenti da Wall Street, che si fermavano a 1,38 milioni sul mercato domestico e 3,78 worldwide. Il dato più significativo riguarda proprio la crescita al di là dei confini statunitensi, non così scontata considerando l’offerta, specie di contenuti originali, ancora piuttosto concentrata sulle esigenze e i gusti torna al sommario del pubblico medio americano. I vertici di Netflix non a caso sottolineano il successo della prima stagione di 3%, la serie distopica brasiliana che ha ottenuto riscontri di pubblico molto positivi non solo sul fronte latino-americano, ma anche, opportunamente sottotitolata in inglese, su quello statunitense, a dimostrazione di un interesse sempre più trasversale per molti dei nuovi prodotti targati Netflix. L’obiettivo dichiarato è di proporre conte- nuti originali sempre più variegati e aderenti ai gusti dei Paesi raggiunti dal servizio. Va in questa direzione l’introduzione di anime e drama giapponesi, categorie di nicchia con un piccolo ma agguerrito zoccolo duro di fan anche oltre i confini nipponici. lità e il 60% per l’ascolto domestico. Nel corso del 2016 la copertura si è allargata in diverse zone: Bassano del Grappa, miglioramenti nelle province di Vicenza, Padova e Venezia, potenziamento ascolto indoor a Torino, potenziamento copertura della provincia di Varese, Brunico e parte della Valle Aurina in Alto Adige, miglioramenti a Siena con Toscana centrale e Chianti, mentre sulla costiera tirrenica è aumentata la copertura tra San Vincenzo, Follonica e Grosseto; Umbria nella provincia di Perugia e a Spoleto, allargamento nelle Marche con la città di Pesaro e Urbino, Puglia con Foggia, Taranto e Brindisi, Basilicata con Potenza. In Campania potenziamenti con Avellino e sulla direttrice delle autostrade BariNapoli e Napoli-Reggio Calabria, Per il 2017 arriveranno nuove attivazioni, al momento frenate da impicci burocratici: costa adriatica tra Ancona e Pescara, Siracusa, Messina e Palermo, Reggio Calabria. Inoltre verrà ulteriormente migliorata la copertura di altre zone di Piemonte, Lombardia e Veneto. Tra le stazioni radio è arrivata R101 Urban Night. Per chi volesse verificare la copertura del DAB nella propria zona, residenziale e in mobilità, segnaliamo questa cartina, aggiornata e zoomabile con un account Google. MERCATO Radio Kiss Kiss su DAB + Il consorzio EuroDAB accoglie una nuova emittente, si tratta di Radio Kiss Kiss, stazione radio con 2 milioni di fedeli ascoltatori. L’emittente trasmette in standard DAB+ e aumenta il numero di emittenti nazionali già passate al nuovo standard. Intanto nell’isola felice della radio digitale, la provincia di Bolzano, dove la copertura è arrivata ormai al 99,3%, il 31 gennaio 2017 verrà definitivamente abbandonato lo standard DAB per passare al DAB+ da parte di tutte le emittenti. Con l’accensione degli ultimi ripetitori sarà inoltre possibile iniziare a spegnere alcuni trasmettitori FM. Si tratta di impianti secondari che verranno spenti entro la fine del 2017. In Alto Adige e in parte della provincia di Trento è già possibile ascoltare una settantina di emittenti in standard DAB+. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE MERCATO Al primo Digital Aviation Forum d Francoforte, Lufthansa ha presentato la sua visione del futuro dell’aviazione civile Lufthansa mostra il futuro dell’aviazione digitale Innovazione e digitalizzazione sono la chiave per servizi al passeggero sempre più smart e personalizzati, a terra e in volo I di Andrea ZUFFI l settore del trasporto aereo è da sempre tra i più avanzati sotto il profilo dei sistemi informativi a supporto di tutte le procedure, dalla prenotazione all’imbarco, dalla gestione del traffico in pista al controllo durante il volo. Nel tempo l’aviazione si è evoluta sempre più in termini di telecomunicazione, sicurezza e affidabilità grazie a raffinate tecniche di ausilio al pilota per il volo strumentale: è sufficiente un rapido colpo d’occhio alla cabina di pilotaggio di un qualunque aereo di linea per rendersi conto del ruolo predominante dell’elettronica di bordo. Tecnologie molto evolute ma rivolte esclusivamente a piloti, controllori e compagnie aeree. Da quest’anno però Lufthansa ha deciso di cambiare rotta e di uscire allo scoperto radunando in una Francoforte imbiancata dalla neve alcuni tra i più importanti magazine di tecnologia per raccontarsi e illustrare il percorso verso una totale digitalizzazione dei servizi offerti ai passeggeri; con il preciso scopo di trasformare la permanenza nel terminal e sull’aereo in un’esperienza digitale ad altissimo valore aggiunto. Una grande occasione anche per aumentare l’efficienza generale della compagnia anche attraverso il cambiamento del modello di business sempre più guidato da logiche digitali, dall’analisi dei big data e dal “machine learning”. Suggestivo fin dal nome, il primo Digital Aviation Forum si è aperto con il keynote dell’amministratore delegato di Lufthansa Carsten Spohr che annuncia come la compagnia aerea tedesca, dopo aver ottenuto lo scorso anno da parte dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea (AESA) il Supplemental Type Certificate per l’Airbus A320 sia pronta a portare la connessione internet a banda larga su tutti gli aeromobili della propria flotta per le percorrenze di corto e medio raggio. Per i passeggeri questo si traduce nella possibilità, per tutta la durata del volo, di navigare ad alta velocità in internet e soprattutto di potersi godere il meglio dell’intrattenimento multimediale in video streaming utilizzando i dispositivi portatili personali. DDAY.it non poteva mancare sul primo volo inaugurale del 10 gennaio quando, terminate le operazioni di decollo in quel di Francoforte Lufthansa ha mostrato sul proprio “laboratorio volante” le potenzialità della connessione ad alta velocità che diventerà nel corso dell’anno operativa su tutti gli Airbus A320 della flotta Lufthansa e Austrian Airlines e Eurowings. A 4.000 metri di quota abbiamo potuto apprezzare l’ottima qualità dell’immagine e l’eccezionale fluidità video in una speciale videoconferenza di bordo in cui ciascun passeggero ha dapprima assistito sul proprio dispositivo mobile dotato di app FlyNet a un’intervista al comandante (che naturalmente si trovava alla propria postazione nel cockpit) e successivamente vedere e ascoltare una conversazione “real-time” tra una persona sull’aereo e una terra, tramite rimbalzo satellitare del segnale audio/video. Con questa demo sopra le nuvole Lufthansa ha infatti mostrato la validità della tecnologia satellitare sulle rotte europee di corto raggio, implementata grazie alla partnership con Immarsat, leader globale nei sistemi di telecomunicazione satellitare, e Deutsche Telekom in qualità di provider dei servizi internet e di una rete complementare terreste LTE. Sempre restando in aria e sfruttando la poliedrica Lufthansa app, la stessa che integra la verifica degli orari dei volo prenotati, il check-in online e custodisce la carta d’imbarco virtuale, è stato un gioco da ragazzi accedere ad alcuni dati telemetrici dell’aeromobile, tra cui velocità, quota, distanza dalla destinazione e temperatura dell’aria all’esterno. Per i possessori di Apple Watch le stesse informazioni tecniche si potran- Video conferenza in volo a bordo del “Flying Lab”. Le antenne satellitari sugli Airbus A320 Luthansa. Streaming video a 4.000 metri di quota torna al sommario no a breve consultare in modo ancora più semplice e immediato al polso durante la crociera quando cioè il segnale Wi-Fi sarà disponibile in cabina. Come è ragionevole aspettarsi infatti tutta la connettività di bordo è affidata ad una rete Wi-Fi che, connessa con l’infrastruttura del velivolo dà vita a tutti i servizi a valore aggiunto implementati da Lufthansa per i passeggeri. Il nuovo sistema si appoggia su una flotta dedicata di 3 satelliti Immarsat messi in orbita tra il 2013 e il 2015 che da soli riescono a dare copertura all’intera superfici del pianeta e, prima volta per una compagnia europea, utilizzano la moderna banda satellitare Ka (frequenze comprese tra i 27 GHz e i 40 GHz) animando la rete “broadband” ad alta velocità nota commercialmente come Global Xpress for Aviation. Il nuovo servizio internet veloce per i voli europei sarà attivato in via sperimentale e gratuita inizialmente su 10 aerei già entro il primo trimestre di quest’anno. Nel frattempo l’azienda teutonica proseguirà con l‘adeguamento di tutti gli aeromobili che, grazie ai processi elaborati da Lufthansa Technik, sarà veloce e poco invasivo, dato che richiede un periodo di inattività di soli quattro giorni per ciascun aeromobile. L’upgrade hardware consiste principalmente nell’installazione nella parte superiore della fusoliera di una speciale calotta che nasconde il sistema di antenne per il segnale satellitare; l’antenna sarà libera di scorrere lungo un binario per variare il proprio assetto orientandosi sempre verso la massima intensità del segnale proveniente dallo spazio. Questo si traduce in una connessione internet affidabile con un segnale e senza soluzione di continuità in ogni punto della rotta, anche nel caso di un eventuale passaggio a una frequenza differente (hopping). All’interno degli Airbus saranno invece installati i router Wi-Fi necessari a raggiungere i dispositivi personali di segue a pagina 07 n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE TEST L’aviazione digitale secondo Lufthansa segue Da pagina 06 ciascun passeggero che, con una connessione stabile da 15 Mbit/sec potrà guardare film in streaming a 11.000 metri di quota oppure navigare sul web e proseguire con le proprie abitudini digitali online durante tutta la durata del volo. Un gateway SMS a bordo dell’aereo garantirà inoltre l’invio e la ricezione di SMS ma non delle chiamate tradizionali che, assieme ai servizi Voip rimarranno off-limits per evitare di arrecare disturbo agli altri viaggiatori. A regime il servizio sarà commercialmente offerto in tre formule differenti: la sola messaggistica al costo di 3 euro, messaggistica e navigazione a 7 euro che diventano 12 se si include anche lo streaming video. Riconoscimento dei passeggeri: lo smartphone con app EasyAccess dialoga con il tornello via Bluetooth. 2017 anno della digitalizzazione Poichè l’esperienza del viaggio in aereo non è fatta solo dal tempo trascorso in aria ma comincia già quando si scelgono destinazione e orario di partenza e si conclude con il rientro a casa con tutto il bagaglio al seguito. Lufthansa crede nell’importanza di servire al meglio il cliente in ciascuna fase del viaggio e si propone di farlo non solo diffondendo maggiormente le soluzioni tecnologiche già disponibili ma aggiungendo nel corso del 2017 nuovi tasselli ad alto contenuto innovativo. Il punto di partenza per accedere al mondo dei servizi Lufthansa rimane il sito web che con il programma S.M.I.L.E. (Surpass My Individual Lufthansa Experience) sarà in grado di fornire comunicazioni e offerte sempre più a misura di cliente. , L’idea è quella di avvalersi della diffusione dell’app Lufthansa attiva sullo smartphone e di una rete di sensori (beacon Bluetooth) sparsi in punti strategici dell’aeroporto al fine di monitorare e analizzare, nel pieno rispetto della privacy, le abitudini di spostamento e i tempi di permanenza dei passeggeri nelle varie aeree dei terminal. Un aspetto imprescindibile per la serenità di un viaggio è sicuramente quello legato alla sorte del bagaglio imbarcato nella stiva: su questo fronte Lufthansa arriva preparata al 2017 perché può vantare una tecnologia ormai matura di “smart tagging” di ciascuna valigia cui è possibile abbinare il codice del volo e il numero del biglietto (sempre in modo autonomo con l’app) per conoscere la posizione dei propri bagagli in tempo reale per tutta la durata del viaggio. Una nuova generazione di valigie con smart tag incorporato è già disponibile sul mercato e tra quelle mostrateci al Digital Aviation Forum abbiamo potuto ammirare il modello Rimowa Electronic Tag, provvisto anche di un display e-ink integrato che una volta attivato si presenta come una normale etichetta con diciture “per umani” e QR Code. Visto il consumo irrisorio del display l’etichetta rimane visibile per settimane senza quindi il rischio di rimanere senza batteria nel momento in cui invece serve. Tra le altre interessanti novità viste a Francoforte né scegliamo una che rispecchia la dinamicità con cui Lufthansa si prodiga nella ricerca di soluzioni “a prova di futuro”: si tratta di alcune sperimentazioni in corso per trovare il miglior sistema di riconoscimento e autenticazione dei passeggeri al banco del check-in o al gate di imbarco. In lizza per l’adozione finale prevista torna al sommario entro il 2025 ci sono metodi basati sulla scansione dei dati biometrici come impronte digitali, iride e volto. In base a quanto spiegatoci durante il forum e mostratoci in video il riconoscimento facciale sembra essere il più veloce e il meno invasivo perché riesci a identificare i passeggeri senza che questi debbano fermarsi o guardare in un punto preciso. Sul fronte invece del riconoscimento non biometrico abbiamo assistito alla demo di uno speciale tornello con antenna Bluetooth integrata che si apre semplicemente avvicinando lo smartphone su cui è presente EasyAccess, l’app deputata a contenere le credenziali dei cliente. Innovation Hub: a caccia di buone idee La spinta alla digitalizzazione e la ricerca di soluzioni in grado di fare la differenza sul mercato del trasporto aereo sono talmente radicate in Lufthansa che già da alcuni anni esiste un cantiere dedicato a supportare lo sviluppo a 360 di nuove idee. Stiamo parlando dell’Innovation Hub di Berlino, un vero e proprio incubatore che scova e fa crescere start-up e aziende digitali che vogliono creare prodotti innovativi per i viaggiatori di oggi e di domani. Al momento Lufthansa dichiara di avere circa 300 progetti di digitalizzazione che sarebbe impossibile elencare qui e che spaziano dall’Intelligenza Artificiale al machine learning, dai pagamenti da smartphone con le miglia accumulate nel programma fedeltà, fino al training 3D per piloti con visori in realtà virtuale, o ancora il chatbot per Facebook Messenger. Tra i progetti che più ci hanno più colpito meritano particolare attenzione l’Eye Tracking e i sistemi di rerouting della traiettoria di volo basata su varie condizioni tra cui quelle meteo. Il primo consiste nel monitoraggio dello sguardo del pilota o del controllore di terra mentre si trova di fronte ai molti schermi digitali che affollano le plance degli aerei e delle torri di controllo: grazie all’Eye Tracking e a software appositamente sviluppati gli esperti potranno compiere scelte che rendano minimi gli effetti per i passeggeri o semplicemente ottimizzare le attività garantendo risparmi e quindi maggiore competitività alle compagnie del gruppo Lufthansa. Il secondo progetto invece è una sistema di rilevamento che fornisce all’operatore a terra preziose informazioni circa la presenza di turbo- I monitor a supporto del sistema di Eye Tracking. lenze o tempeste sulle rotte degli aerei in volo allo scopo di suggerire al pilota cambi di rotta o di quota. Di grande effetto anche il tema del “machine learning” e dell’intelligenza artificiale proposta all’interno di una semplice ma efficace applicazione per smartphone in grado di riconoscere ii modello e quindi i dati costruttivi di un aeromobile mediante lo scatto di un foto. Un caso reale in via di perfezionamento presso i laboratori di Lufthansa Industry Solutions è invece legato all’utilizzo del “machine learning” per riconoscere e memorizzare pattern ripetitivi, ad esempio nelle fasi di manutenzione dei velivoli con evidenti benefici per gli operatori che potranno contare sul reperimento automatico di schede tecniche durante la fase diagnostica, sul monitoraggio delle operazioni eseguite e su suggerimenti mirati circa la manutenzione preventiva basata sull’esperienza acquisita autonomamente dai sistemi informatici. inTime app: in aeroporto senza stress Un brillante esempio di come l’innovazione possa portare efficienza in tutti i momenti del viaggio è proposto dall’app inTime, sfornata dalla fucina dell’Innovation Lab di Berlino e che nei prossimi mesi sarà rilasciata per qualunque smartphone e sarà a disposizione di qualunque passeggero di tutte le linee aeree. inTime raccoglie in unico punto tutte le informazioni disponibili sugli orari (ed eventuali variazioni) del proprio volo, sul traffico stradale in prossimità dell’aeroporto impostando o variando autonomamente l’orario della sveglia sullo smartphone. segue a pagina 08 n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE MERCATO La Commissione Europea sta preparando un Regolamento per il telemarketing UE: Call center “solo da prefissi riconoscibili” Chiamate finalizzate a un’offerta commerciale con un prefisso riconoscibile dagli utenti di Alvise SALICE asta col telemarketing selvaggio e incontrollato. Il fastidio che lo stalking dei call center provoca ai cittadini di mezza Europa è giunto a un limite e, vista la sostanziale inefficace degli scudi predisposti da molti Stati Membri (Italia in testa), adesso interviene Bruxelles. La Commissione Europea alza la voce con un’idea che sembra il classico uovo di colombo, quello che ti fa domandare perché non ci avesse già pensato prima qualcuna delle nostre Authority: l’UE chiede che tutte le chiamate finalizzate alla formulazione di un’offerta commerciale vengano precedute da un prefisso specifico, sempre uguale, immediatamente riconoscibile dal destinatario. In questo modo, l’utente sarà libero di decidere seduta stante se accettare la telefonata o evitare di rispondere. =ra, se tale espediente nel 2017 appare superfluo per le giovani B e smaliziate generazioni hi-tech, abituate a filtrare le chiamate indesiderate mediante applicazioni come True Caller, è evidente quanto un prefisso immediatamente distinguibile possa aiutare soprattutto gli anziani, e in generale tutte le persone sprovviste dei necessari anticorpi. Il Regolamento cui la Commissione sta lavorando a Bruxelles per ora è delineato solo in forma di bozza, e si propone genericamente di disciplinare meglio la riservatezza nell’era di internet e dei dispositivi mobile. Ma una volta concluso e approvato diverrà vincolante e direttamente applicabile da ogni Stato Membro in tutti i suoi elementi: in soldoni, la normativa contenuta in esso spiegherà effetti obbligatori nei confronti di ogni soggetto, pubblico e privato, senza bisogno che lo Stato in cui detti soggetti agiscono debba prima pubblicare misure interne di recepimento. Ora, in alcuni Stati Membri, la proposta MAGAZINE Estratto dal quotidiano online www.DDAY.it Registrazione Tribunale di Milano n. 416 del 28 settembre 2009 anti-call center che la nuova disciplina dovrebbe contenere si rivelerà quasi superflua: è il caso della Germania, dove i call center possono condurre azioni di telemarketing esclusivamente verso quegli utenti che si sono iscritti ad un apposito elenco, indicando di essere interessati a ricevere chiamate contenenti offerte commerciali. Ma in Italia, dove il famoso Registro Pubblico delle Opposizioni è l’esatto inverso del sistema tedesco, perché annovera un elenco di quegli utenti che non desiderano essere disturbati, l’idea che stanno cucinando a Bruxelles potrebbe finalmente risultare salvifica. direttore responsabile Gianfranco Giardina editing Claudio Stellari Editore Scripta Manent Servizi Editoriali srl via Gallarate, 76 - 20151 Milano P.I. 11967100154 Per informazioni [email protected] Per la pubblicità [email protected] TEST L’aviazione digitale secondo Lufthansa segue Da pagina 07 Una volta in aeroporto inTime sarà inoltre un prezioso supporto per far rispettare la tabella di marcia indicando il tempo libero che sarà possibile spendere in ciascun luogo, dallo shopping al relax prima di partire. E nella malaugurata ipotesi che un imprevisto faccia perdere l’aereo, niente panico: inTime fornirà immediatamente indicazioni per prenotare l’aereo successivo. Si tratta di funzioni parzialmente già disponibili in varie app di terze parti, ma avendola provata in anteprima possiamo affermare che avere questi e altri torna al sommario servizi a portata di mano in un’unica applicazione riduce notevolmente lo stress, specialmente se l’agenda è serrata ma non si vuole rinunciare ad uno snack o all’acquisto di un souvenir. L’emozione del vuoto virtuale con Icaros Volare, giocare e allenare l’equilibrio. Non poteva mancare il momento ludico della giornata, nel quale abbiamo potuto provare l’ebbrezza del volo e sperimentare quanto sviluppato da Lufthansa per esplora- re le potenzialità offerte dalla realtà virtuale. Rimanendo comodamente (si fa per dire) sdraiati su Icaros, un capolavoro di meccanica ed elettronica a metà strada tra la giostra e l’attrezzo ginnico, e indossando un visore VR si possono vivere esperienze molto realistiche e coinvolgenti: basta impugnare saldamente una sorta di manubrio per fluttuare letteralmente nel vuoto controllando direzione e quota di volo semplicemente spostando il baricentro con calibrati movimenti del corpo. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE SOCIAL MEDIA E WEB Un estratto del report di Kaspersky sull’analisi del malware Eye Pyramid delinea bene l’intera questione Caso Eye Pyramid. Giulio Occhionero era solo un programmatore che provava a fare l’hacker Un programma poco sofisticato, un banale file eseguibile con nomi assurdi. Il problema è che c’è chi ci casca ancora di Roberto PEZZALI S ulla vicenda che ha tenuto banco nell’ultimo periiodo sono emersi dettagli davvero assurdi. Da una parte i generalisti, che parlano di complotti, servizi segreti, hacking e rete fitta di investigazione, dall’altra invece i “tecnici”, che iniziano a farsi un’idea, con il passare del tempo, di chi fosse Giulio Occhionero e soprattutto quale sia la portata e la sofisticazione del sistema messo a punto. Un sistema che man mano sembra cadere come un castello di carte, e una ulteriore conferma arriva anche dal report realizzato dai Kaspersky Lab che ha analizzato quello che molti hanno definito malware. (qui l’analisi di un sample dettagliata di Payload Security). Chi lavora nell’ambito della sicurezza informatica, e soprattutto coloro che ogni giorno cercano di far breccia nei sistemi informatici di tutto il mondo, isi è fatto grosse risate leggendo le carte della vicenda: si può definire hacker una persona che per scrivere un malware compra con il suo vero nome la licenza commerciale di una libreria software (Mailbee.NET lib) e che installa un server di sorveglianza negli Stati Uniti presso un provider facilmente rintracciabile? Esistevano librerie simili opensource, per le quali non sarebbe servita una licenza, e oltre a questo si potevano usare server irrintracciabili in posti dove è difficile scavare e risalire ai dati. Ma questa è solo la punta dell’Iceberg: come i Kaspersky Lab fanno notare nel report sul malware il livello di sofisticazione del software è decisamente basso, anche se è abbastanza flessibile per riuscire a carpire dati dal computer su cui è installato. I laboratori di sicurezza dell’azienda russa vanno oltre: hanno scritto una regola specifica per andare a caccia del malwa- torna al sommario re all’interno dei loro report e hanno scoperto circa 42 versioni diverse del malware, e tutte sono un file di tipo Win32 PE file, un eseguibile portable che deve essere lanciato per poter essere attivato. Esatto: non è un PDF o una immagine, non metodi di intrusione tramite form online o altri tipi di attacchi sofisticati, ma un semplice file .exe che la maggior parte dei client di posta si rifiuta pure di scaricare per problemi di sicurezza. Il tipo di email che veniva inviata dai server era il seguente: From: Michelangelo Giorgianni Subject: R: Re: CONVOCAZIONE] Time: 2014/01/28 17:28:56] Attachment: Note.zip//sistemi.pdf (…) .exe I file eseguibili erano mascherati aggiungendo diverse estensioni al file o underscore per far credere che si trattava di zip o di pdf, anche restavano semplici eseguibili. In qualche caso l’eseguibile, per passare l’antivirus dei client di posta, era addirittura inserito in un file zip. Ecco alcuni dei geniali nomi dei file usati per far cadere in trappola chi riceveva la mail: Nuoveassunzioni.7z, Regione.7z, Energy.7z, Pagati.7z, Assunzione.7z, Segnalazioni.doc 7z.exe, Risparmio.7z, Final Eight 2012, Suggerimenti Auricolari.exe, olio di colza aggiornamento prezzo.exe, Approfondimento.7z, Allegato.zip, venti.bmp (…) .exe, Quotidiano.mdb (…) _7z.exe, Notifica operazioni in sospeso.exe. E’ difficile pure chiamarlo malware: da 1.3 MB a 2 MB di eseguibile, praticamente un programma: la dimensione media di un malware è di circa 350 KB, ma in molti casi i virus vengono farciti di dati inutili per confondere gli antivirus. Ci sono trojan come il JSRedir-BV o il Mal/Dloadr-Y che pesano circa 15/30 KB e sono decisamente più sofisticati, soprattutto per infettare computer tramite mail. L’analisi della diffusione, in base ai log delle suite di security installate in tutto il mondo, lascia intendere poi un sistema totalmente casuale centrato sull’Italia: tracce del programma sono arrivate fino in Vietnam, segno che il sistema era totalmente autonomo, prendeva la rubriche e si moltiplicava senza una logica ben precisa. Anche perché, se fosse stato realizzato un sistema più sofisticato con attacchi mirati, nessun hacker sarebbe stato tanto folle da inviare un malware così poco sofisticato al direttore della sicurezza dell’Enav, mossa questa che ha fatto partire le indagini. Nessun filtro neppure su eventuali amministratori di sistema: il malware veniva spedito a tutti, senza neppure controllare che l’oggetto fosse compatibile con l’ambito della ricezione: il malware mascherato da “prezzo dell’olio di colza” poteva finire ad un ecclesiastico come ad un politico o ad un dirigente di una azienda. Sempre Kaspersky fa notare che il malware è stato aggiornato soprattutto negli anni 2014 e 2015: in questi due anni infatti sono state trovate circa 40 differenti versioni, update probabilmente necessari per andare a coprire un maggior numero di sistemi operativi. Resta infine un unico dubbio: siamo sicuri che il malware funzionasse anche su sistemi Windows 7 e Windows 10 con User Account Control attivato? Vicente Diaz, Principal Security Researcher, Global Research and Analysis Team di Kaspersky Lab ci conferma che le analisi sono in corso, ma il malware non scala i privilegi: “Per prima cosa vorrei sottolineare che stiamo ancora analizzando i sample e completando l’analisi tecnica complessiva, quindi le nostre conclusioni potrebbero cambiare. Tuttavia, per quanto ne so, il malware non necessita di privilegi di amministratore e non cerca né scalare i privilegi né di sfruttare alcuna vulnerabilità del sistema operativo. Si limita a rubare i dati a cui ha accesso con gli attuali privilegi e li esfiltra usando diversi metodi, comprese le email”. L’intera questione non va comunque banalizzata: è ormai lampante che più che un hacker Giulio Occhionero fosse solo un bravissimo programmatore .NET, ed è anche inutile scomodare CIA o altre agenzie di sicurezza, perché un vero malware è decisamente più sofisticato. Resta il fatto che c’è ancora chi, con eccessiva facilità, cade in queste trappole: dalla finta mail di PayPal all’allegato che arriva dalla Nigeria ogni giorno le caselle di mail sono invase da messaggi simili a quello che i fratelli Occhionero spedivano. E probabilmente, se si indaga su ogni singola mail di phishing, si trova dietro una organizzazione simile. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE ENTERTAINMENT Alcuni siti avrebbero trovato un trucco per far ospitare i loro contenuti a YouTube I server di YouTube usati gratis per i siti porno Trovato un sistema per sfruttatre l’infrastruttura di Google in modo gratuito e... legale di Franco AQUINI l sistema è semplice quanto ingegnoso. I gestori dei più grandi siti di contenuti pornografici, o comunque pirata, avrebbero trovato un modo per sfruttare una falla di YouTube e farsi ospitare il materiale illegittimo senza pagare nemmeno un centesimo. Com’è possibile? In realtà è molto semplice, i contenuti in questione sarebbero caricati con l’opzione “privato”, quindi non elencati da YouTube. In questo modo i contenuti non vengono sottoposti alla scansione che determina se sono protetti da copyright o meno. Il contenuto però, se viene “embeddato” (cioè racchiuso all’interno di una pagina web qualsiasi) sul sito pirata, è visibile senza alcun problema. In questo modo, i signori in questione sarebbero stati in grado di sfruttare l’infrastruttura server di Google, facendosi ospitare i contenuti illegali in maniera totalmente gratuita e per di più in modo “quasi” legale. Quasi perché si tratta comunque di mate- I LG e Samsung hanno annunciato l’arrivo di un aggiornamento per rendere compatibili i TV nei negozi con le trasmissioni HD Per Samsung l’update è imminente, per LG arriverà nella prima metà del 2017 riale coperto da copyright, che però viene caricato con una modalità che è perfettamente in regola con le normative di YouTube. Almeno secondo le attuali, sperando Big G si possa muovere presto per modificarle e impedire questo uso un tantino illegittimo, soprattutto se a muoversi contro questa pratica è Dreamroom Productions, un gigante dell’industria per adulti che è sempre stata sensibi- le alle tematiche legate alla pirateria. Un altro sistema con cui i proprietari di siti pirata usano Google come provider è Google Drive, ovvero il servizio di storage cloud che permette di caricare nel cloud di Google file di ogni tipo. Basta guardare le immagini per capire come in molti siti si sfrutti questo servizio per aggirare i controlli sui diritti d’autore. Insomma, fatta la regola, trovato l’inganno. ENTERTAINMENT Google lancia Toontastic 3D: basta uno smartphone per creare cartoni animati L’app Toontastic 3D è una bellissima occasione persa Peccato che per l’ennesima volta un prodotto per i bambini non sia localizzato in italiano di Roberto PEZZALI asce per realizzare piccoli cartoni animati, partendo da una serie di scene predefinite e utilizzando personaggi stilizzati, i classici “doodle”, come protagonisti: si chiama Toontastic 3D ed è la nuova app di Google per i bambini. Rilasciata per smartphone e tablet iOS e Android Toontastic 3D è semplice, ben fatta e ben pensata: i più piccoli possono sfruttare i set e i suoni già creati da Google per muovere sullo schermo i personaggi usando solo le dita, aggiungendo eventualmente una narrazione e una musica di sottofondo, questo a seconda del mood della scena. Toontastic semplifica al massimo la creazione dello storyboard: le scene vengono aggiunte automaticamente, i personaggi vanno pre-selezionati e all’interno delle scene sono già presenti gli oggetti animati con i quali i perso- N torna al sommario LG e Samsung annunciano l’aggiornamento all’ HDR HLG per i TV del 2016 naggi possono interagire. Non ci sono ovviamente limiti: i più creativi possono anche disegnare i loro personaggi e gli scenari, opzione questa dedicata però ai più esperti. Come sempre più spesso accade però i progetti dedicati ai più piccoli, soprattutto delle grandi aziende, ven- gono proposti senza essere localizzati in italiano: Toontastic 3D non è difficile da capire e non ha neppure troppe scritte: ci voleva tanto per Google aggiungere una traduzione completa anche nelle altre lingue? Una bella applicazione, ma anche una grande occasione persa. di Roberto PEZZALI Il 2017 dovrebbe essere l’anno delle prime trasmissioni HDR: il condizionale è d’obbligo, anche perché per poter trasmettere in HLG tramite digitale terrestre o satellite si deve utilizzare l’HLG, il sistema pensato da BBC e NHK per usare un solo canale e veicolare sia i contenuti ad alta dinamica sia quelli a dinamica standard. Per ora solo i TV Panasonic sono già pronti a ricevere le trasmissioni HDR HLG, ma a breve il gruppo potrebbe essere ben più folto: Samsung infatti iniziarà a breve la distribuzione di un aggiornamento per tutta la gamma di TV HDR del 2016 e la stessa cosa farà LG, nella prima metà del 2016 e ovviamente per la gamma attuale. I nuovi modelli del 2017, per quasi tutte le aziende, avranno già a bordo HLG oltre al classico e obbligatorio HDR10: sono in assoluto i due standard da tenere in considerazione. Sempre in relazione all’HDR LG sta iniziando la distribuzione dell’aggiornamento pensato per i gamer, quello ovvero dedicato alla riduzione della latenza utilizzando ingressi HDMI e HDR. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE TV E VIDEO Presentato all’IFA di Berlino, arriva sul mercato europeo il primo TV OLED Philips A febbraio in Italia il primo OLED Philips Il TV Philips è il primo OLED con Ambilight e Android TV. Listino alto ma con bundle e offerte di Emanuele VILLA n negozio, LG non è più l’unica ad avere un’offerta di TV OLED: Philips ha ufficializzato il lancio sul mercato europeo (anche italiano) del suo primo TV OLED, lo stesso modello che venne presentato allo scorso IFA di Berlino e catturò l’attenzione degli spettatori. Nei negozi i primi esemplari dell’OLED Philips arriveranno a febbraio. Il modello di cui parliamo è un 55” piatto certificato Ultra HD Premium, appartiene alla Serie 9 ed è (ovviamente) il primo e unico TV OLED dotato di tecnologia Ambilight. Il modello al momento, come dicevamo, è uno solo (55POS901F), con diagonale “standard” di 55’’ su pannello piatto OLED Ultra HD con tecnologia a 10 bit (produzione LG Display) e wide color gamut con copertura del 99% dello spazio colore DCI-P3. Sono attesi per i prossimi mesi altri modelli, anche sul taglio da 65”, a creare un’intera gamma OLED Philips, ma non è ancora chiaro quando questi saranno disponibili. A livello di design, Philips opta per l’approccio Razor Slim sinonimo di spessore minimo e finiture di alto livello, con incastonata una soundbar da 30W di pro- I gettazione Dolby. Per l’elaborazione del segnale, il TV Philips adotta l’engine Perfect Pixel Ultra HD, coadiuvato da diverse tecnologie volte alla riduzione del rumore e miglioramento della naturalezza d’immagine, come Ultra Resolution e il Perfect Natural Motion. Ovviamente supportato l’HDR in versione HDR-10 ma non il Dolby Vision. Per quanto concerne la connettività, il TV OLED Philips dispone di 4 prese HDMI con HDCP 2.2, 3 USB, Wi-Fi e Ethernet, ricevitore DVB-S2 e DVB-T2 con supporto HEVC ed è basato su Android TV in versione Lollipop 5.1 per tutte le funzionalità smart. Il TV Philips non è dunque soltanto il primo OLED con Ambilight ma anche con Android TV, ma qui verrà presto raggiunto dalla nuova proposta Sony dello scorso CES. Philips pone inoltre l’accento sulla funzionalità Google Cast integrata e Mediaset conferma che gli ottavi di Champions League delle squadre italiane saranno un’esclusiva Premium. Per i quarti tutto da decidere Dipende dai risultati sull’impiego di un processore quad core, particolarmente importante per mantenere fluida l’interfaccia e permettere l’impiego di applicazioni “onerose” come i giochi del Play Store. Poi c’è tutto il discorso del prezzo, per il quale siamo in grado - al momento - di fornire solo una stima indicativa: in Germania, Amazon quota il TV a 3.500 euro di listino. Per l’Italia il prezzo finale non è ancora stato stabilito, ma ci aspettiamo un posizionamento a listino assolutamente analogo a quello della Germania, probabilmente 3.499 euro, magari in unione con qualche operazione commerciale di bundle o cash back. ENTERTAINMENT Lo store di TIM ora integra la lettura di ebook e magazine tramite smartphone TIMreading: ebook su web e smartphone Fino al 5 febbraio i clienti con profilo dati potranno sceglire tra alcuni titoli un ebook gratis di Gaetano MERO T IMreading, il portale dedicato all’editoria digitale targato TIM, si rinnova permettendo la lettura di ebook e riviste direttamente sul sito timreading.it tramite smartphone senza dover scaricare l’app. Grazie all’integrazione del webreader i clienti su rete mobile dell’operatore potranno così accedere all’intero catalogo online anche se non hanno registrato un account ed acquistare, tramite credito residuo o con addebito in conto, il titolo preferito. La lettura potrà avvenire immediatamente in streaming e non si correrà il rischio di consumare dati in mobilità. A conclusione dell’acquisto il cliente riceverà un SMS con il link alla propria libreria alla quale potrà accedere in torna al sommario qualsiasi momento per leggere il titolo selezionato ed eventuali altre opere, anche offline, scaricando l’app gratuita disponibile per tablet e smartphone Android e iOS. Fino al 5 febbraio, inoltre, tutti i clienti TIM abbonati e ricaricabili con profilo dati attivo potranno scaricare gratuitamente un ebook a scelta tra tre titoli editi da Rizzoli: Bridget Jones’s Baby - I diari, di Helen Fielding; Pilgrim, di Terry Hayes; Il ciclo dell’eredità, di Christopher Paolini. Il cliente potrà scegliere l’ebook che preferisce sulla pagina del sito TIM dedicata all’iniziativa, raggiungibile al link Juventus e Napoli, ottavi di Champions solo su Premium Ecco i palinsesti tim.it/ebook o cliccando sul link che riceverà via SMS. TIMreading propone un catalogo in continuo aggiornamento di oltre 130mila titoli tra libri e magazine dei principali editori italiani distinti per tematiche, notizie e curiosità. A breve, informa l’operatore, saranno disponibili altri strumenti di pagamento utilizzabili anche da clienti non TIM. di Roberto PEZZALI I tifosi di Juventus e Napoli dovranno essere abbonati a Mediaset Premium per seguire gli ottavi di Champions League delle loro squadre del cuore. Dopo aver tenuto una linea morbida per il girone, Mediaset ha deciso di capitalizzare sull’investimento lasciando in chiaro, su Canale 5, le partite delle squadre straniere. Per la precisione al momento il palinsesto prevede in chiaro le partite del martedì, ovvero PSG – Barcellona il 14 febbraio e Mancester City - Monaco il 21 febbraio. Per il ritorno invece la scelta sarebbe caduta su Arsenal – Bayern Monaco il 7 marzo e Leicester – Siviglia il 14 marzo, ma queste ultime potrebbero variare in base ai risultati dell’andata: Mediaset ovviamente ha tutto il vantaggio a tenere in chiaro la partita calcisticamente più bella. Niente è ancora stato deciso per gli eventuali quarti: ogni decisione verrà presa in base all’eventuale passaggio di turno delle squadre italiane, con la speranza ovviamente che passino entrambe. Nessuna novità neppure sulla eventuale possibilità di trasmissione di un match degli ottavi in 4K: se Mediaset trasmetterà qualcosa in 4K il progetto sarà legato alle fase finali della competizione. Scopri la Carta Fan, la carta fedeltà che ti premia fin da subito e con la quale puoi usufruire di molti vantaggi e sconti! Adesso con l’App Trony, la Carta Fan è digitale! Portala sempre con te per raccogliere punti, ricevere premi e fantastici buoni acquisto. 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A colpire di più però è certamente l’assenza del tasto home fisico, al cui posto compare il logo Samsung. Il tasto home era uno dei tratti distintivi della casa coreana, una delle ultime a conservare ancora il pulsante fisico. Le ipotesi ovviamente sono tutte sul sensore di impronte, che potrebbe trovare posto sul retro o addirittura essere implementato all’interno del display stesso. Caratteristica quest’ultima di cui già si è parlato, ma che ancora nessun produttore ha utilizzato su un dispositivo commerciale. L’altra ipotesi riguarda l’eliminazione dei due modelli standard ed Edge, per dar vita ad un unico Galaxy S8 con bordi curvi. Verificata quindi la preferenza del pubbli- co per le impostazioni “dual edge”, Samsung si sarebbe orientata su quest’ultima versione. Tutte ipotesi sono ovviamente in attesa di una conferma, che arriverà comunque a breve. LG G6 arriverà il 26 febbraio Molto probabile il display 18:9 Del G6 di LG si sa poco ma almeno è certo che la presentazione avverrà il giorno prima dell’inizio del Mobile World Congress di Barcellona Finalmente scopriremo a cosa servirà lo schermo da 18:9 di Franco AQUINI MOBILE Con una conferenza stampa dedicata, Samsung svela le cause del ritiro del Galaxy Note 7 Ecco perché il Galaxy Note 7 prendeva fuoco Cause differenti per il doppio ritiro dal mercato, ma la colpa è sempre delle batterie di Roberto PEZZALI N essun problema software e neppure, come aveva ipotizzato qualcuno, un problema di compressione o di scarsa tolleranza nel progetto: se il Galaxy Note 7 non è più sul mercato è colpa solo ed esclusivamente delle batterie. Con una conferenza stampa dedicata all’argomento Samsung ha spiegato nel dettaglio i risultati a cui sono giunti ben 4 differenti team di lavoro con un numero ingente di risorse: 700 esperti Samsung hanno lavorato ai test con 200.000 smartphone e 30.000 batterie prese a campione, mentre altri smartphone con batterie sono stati inviati ad enti esterni come TUV Rheinland, UL e Exponent. Nel dettaglio i motivi del ritiro sono due e sono distinti, e questo è assolutamente curioso: le cause che hanno portato all’esplosione delle prime batterie, prodotte da Samsung SDI, sono differenti da quelli che invece hanno causato problemi sul secondo lotto, prodotto da Amperex Technology. Il primo ritiro, come mostrano i disegni preparati dall’azienda, è dovuto ad un corto circuito nell’angolo in alto a destra delle batterie, angolo leggermente arro- torna al sommario tondato. In alcuni casi l’elettrodo negativo, troppo lungo, tocca lungo la curva il catodo causando il collasso termico e quindi l’esplosione. Il secondo caso è ancora più interessante, perché mette in luce come l’errore sia dovuto più alla fretta che alla cattiva progettazione della batteria stessa. In alcuni casi la saldatura del catodo (elettrodo positivo) realizzata in modo non perfetto hanno portato ad una deformazione nel punto di saldatura che ha bucato il separatore portando al contatto l’anodo e il catodo. In alcune batterie inoltre, anche questo per la fretta, mancherebbe proprio il separatore, quella piccola membrana permeabile che dovrebbe proprio impedire il contatto tra i due elettrodi e quindi l’esplosione, o, come si chiama in gergo, il Thermal Meltdown. Nonostante il danno economico Samsung può in ogni caso tirare un sospiro di sollievo: con un po’ di attenzione soprattutto nella seconda fase il Galaxy Note 7 sarebbe ancora sul mercato, ma almeno è consapevole che non si è trattato di un problema legato al software o al sistema di gestione della batteria, cosa che avrebbe posto più di un interrogativo con il Galaxy S8 alle porte. Il prossimo top di gamma di LG, il modello G6, verrà ufficialmente presentato il 26 febbraio, un giorno prima dell’apertura del Mobile World Confress di Barcellona. A dirlo è un post sui canali social dalla stessa Casa coreana, che fino ad oggi ha mantenuto il riserbo quasi totale sul futuro del suo smartphone di punta. Sappiamo infatti due cose: la prima è che verrà abbandonato il sistema modulare per l’aggiunta o la sostituzione di moduli come fotocamere di alto livello o speaker audio più potenti. La seconda, riguarda il rapporto di forma del display, un inedito 18:9 protagonista della GIF animata pubblicata sui social. Un formato quindi più lungo dello standard che ha lasciato ipotizzare l’integrazione nello stesso display di una seconda unità dedicata alle notifiche. Questo compito è svolto, sui modelli V10 e V20, da un secondo display stretto e lungo, che in questo caso potrebbe essere ntegrato nel principale, pur mantenendo una funzionalità a sé. Lo slogan, del resto, parla chiaro: See more, Play more. Rimane comunque poco da aspettare per sapere la verità, l’appuntamento è per il 26 febbraio alle ore 12. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE MOBILE HTC ha presentato a sorpresa due smartphone dotati di caratteristiche particolari U Ultra e U Play: HTC prova a voltare pagina Hanno una “superficie liquida in 3D”, display secondario e l’assistente Sense Companion H di Franco AQUINI TC ha svelato a sorpresa due smartphone dall’elevato fattore hi-tech. Stiamo parlando di U Play, smartphone di fascia medio-alta, e di U Ultra, modello di fascia decisamente più elevata e pensato per un pubblico di power user. L’azienda, com’è noto, è reduce da diverse generazioni di smartphone eccezionali sotto il profilo tecnico ma non altrettanto soddisfacenti (per l’azienda) per quanto riguarda i risultati commerciali. A giudicare dalle ultime mosse, HTC si sta muovendo parallelamente sul fronte degli smartphone e della realtà virtuale, e nel primo mercato (sensibilmente più ampio del secondo), l’obiettivo è la ricerca di qualcosa di particolare che la distingua dalla massa. Non per niente i due nuovi nati si contraddistinguono, più che per caratteristiche tecniche mostruosamente potenti, per alcuni aspetti caratteristici come la “superficie liquida sagomata in 3D” con vetro curvo, per HTC Sense Companion, un vero e proprio assistente vocale in grado di riconoscere la propria voce e consigliare di portarsi dietro il caricabatteria se ritiene che esauriremo la carica prima di rientrare a casa o di indossare vestiti caldi se le temperature sono in discesa. Poi, con USonic HTC sostiene di poter adattare l’audio del telefono ad ogni specifico orecchio. Inviando un impulso sonoro, HTC U Ultra HTC U Play sarebbe in grado di analizzare la conformazione interna dell’orecchio e adattare il suono di conseguenza. Tecnicamente, HTC U Ultra è uno smartphone/phablet con display da 5.7 pollici e risoluzione QHD. In più c’è un piccolo display secondario, simile a quanto fatto da LG con la serie V, dedicato a notifiche e app più utilizzate. Nel motore troviamo un SoC quad core Snapdragon 821 con 4GB di Ram e una capacità di archiviazione da 64 o 128GB. Sul fronte fotocamera c’è un sensore da 12MP Ultrapixel 2 f/1.8 con pixel da 1.55 nanometri, autofocus sia laser che con phase detection (PDAF) e stabilizzazione ottica. La fotocamera frontale è invece una 16MP anch’essa con tecnologia Ultrapixel. Molto curato il fronte audio, che può registrare in 3D grazie ai quattro microfoni integrati e la possibilità di registrare e riprodurre audio Hi-res con cancellazione di rumore. La batteria è una 3.000mAh che dovrebbe garantire una giornata molto impegnativa o più di una nel caso di utilizzo moderato. HTC U Play invece è posizionato leggermente più in basso. Tecnicamente ha un display da 5.2 pollici con risoluzione Full HD. A muoverlo c’è un SoC octa-core MediaTek Helio P10 con 3 o 4GB di Ram a seconda che il modello abbia 32 o 64GB di storage. La fotocamera è una 16MP con apertura f/2.0, focale da 28mm, Phase Detection auto focus (PDAF) e stabilizzazione ottica. Stupisce invece la fotocamera frontale, anch’essa una 16MP con modalità Ultrapixel e apertura f/2.0 con focale da 28mm. In questo caso la batteria scende a una più che dignitosa 2500mAh. Entrambi monteranno Android 7 Nougat e arriveranno a metà febbraio, quindi prima del MWC di Barcellona. I prezzi stimati, si aggirano intorno ai 749 euro per U Ultra e 449 euro per U Play. MOBILE A Stanford hanno studiato uno sistema che sopprime il principio d’incendio nell’elettrolita Arrivano le batterie al litio con estintore integrato Il segreto è un composto che viene disciolto nell’elettrolita sopra una certa soglia di calore D di Alvise SALICE opo il caso del Galay Note7, i ricercatori dell’Università di Stanford, si sono subito messi alla ricerca di una soluzione capace di eliminare efficacemente ogni rischio di espolsione delle batterie. E forse l’hanno trovata. Come racconta la pubblicazione Science Advances, gli ingegneri dell’istituto californiano hanno studiato quello che chiamano in gergo “estintore”. Tecnicamente consiste in un ritardante di fiamma a base di TPP, fosfato di trifenile. Inserendo detto composto dentro una capsula di polimero termosensibile che torna al sommario viene posizionata nel liquido elettrolita della batteria, è possibile evitare che quest’ultimo, infiammandosi, inneschi la temuta reazione esplosiva. Quando infatti la temperatura della batteria supera la soglia d’allerta, e il rischio combustione diviene tangibile, il sensore termico della capsula ne induce lo scioglimento, permettendo così al TPP di mescolarsi al liquido elettrolita, estinguendone il principio d’incendio in una frazione di secondo. Il sistema studiato a Stanford sembra attualmente scontarsi con due controindicazioni: da un lato la riduzione della capacità della batteria (dovendo far spazio alle capsule, che verrebbero tuttavia collocate in prossimità dei due elettrodi), dall’altro l’incerta durevolezza del materiale polimerico pensato per le capsule, che pare inadatto ad un utilizzo molto prolungato. Chrome pensa agli audiofili Supporterà i file FLAC Nella prossima versione Chrome integrerà il supporto alla musica in FLAC, un formato compresso senza perdita di qualità molto caro agli audiofili e agli amanti dell’alta fedeltà di Franco AQUINI La release 56 di Google Chrome includerà il supporto nativo ai file in formato FLAC, ovvero al formato di musica loseless (senza perdita di informazioni) diventato ormai celebre tra gli amanti dell’altà fedeltà. Chrome sarà quindi in grado di leggere i file automaticamente, mostrando un player molto basilare con lo stretto necessario delle funzioni. Diversa è invece la situazione per ChromeOS, che da tempo ormai supporta più efficacemente il formato FLAC leggendolo all’interno del player ufficiale con tanto di copertina dell’album e informazioni sulle tracce. A giovare di più da questa novità saranno certamente gli utenti Mac, i quali fino ad oggi dovevano installare per forza un applicazione di terze parti per poter riprodurre i file FLAC. Il sistema operativo MacOS, a differenza di Windows, non supporta nativamente questo codec. La funzione è comunque già utilizzabile per chi ha installato la versione beta di Chrome 56. Cambierà qualcosa per gli utenti? Molto poco, ma è sempre un aggiunta gradita. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE MOBILE Brevettato un concept di telefono con cerniera che si trasforma in tablet, laptop e “tenda” Microsoft brevetta un nuovo smartphone che diventa un tablet: è il Surface Phone? Potrebbe essere un segno di ciò che Microsoft ha in cantiere per l’atteso Surface Phone S di Mirko SPASIANO embra proprio che nei laboratori di Redmond stiano testando uno smartphone pieghevole in grado di trasformarsi in tablet e, a testimonianza di questa indiscrezione, è emerso perfino un brevetto. Infatti, Microsoft si è appena aggiudicata un brevetto che descrive uno smartphone dotato di una particolare cerniera che ne consente la trasformazione in tablet e in altri form factor, come laptop e tenda (un po’ come l’HP Spectre x360 e la gamma di prodotti Yoga di Lenovo). Sebbene Microsoft brevetti centinaia di idee senza che queste arrivino effettivamente sul mercato, in questo caso c’è una singolarità davvero interessante. Il brevetto è registrato a nome di Kabir Siddiqui, a cui fanno capo anche i brevetti di kickstand e angolazione della fotocamera adoperati nei device della linea Surface. È inevitabile, perciò, dedicare un pensiero al tanto chiacchierato Surface Phone, che potrebbe incarnare alla perfezione lo spirito dei prodotti Surface, caratterizzati tutti da form factor atipici. Del resto, anche lo stesso Surface Studio si è “rivelato” al pubblico diversi mesi prima del lancio ufficiale grazie alle immagini dei brevetti trapelati. In questo caso, però, è difficile immaginare che il design definitivo di un eventuale Surface Phone possa essere davvero così somigliante alle immagini proposte nel brevetto. Tuttavia, se si considera che la versione completa di Windows funzionerà anche sui processori ARM e che sono stati fatti numerosi passi avanti nel campo degli schermi flessibili, questo brevetto potrebbe suggerire la direzione che Microsoft intende intraprendere nel campo del mobile, dopo la ritirata in piena regola dello scorso anno. Ecco LG Watch Sport e Style, i primi Android Wear 2.0 LG Watch Sport è un prodotto di fascia alta, LG Watch Style punta invece più sul design È di Mirko SPASIANO torna al sommario Tra le novità il Performance Mode il Multi-Window a 7 finestre e Samsung Pass di Gaetano MERO MOBILE Sarà LG a produrre i primi smartwatch con la nuova versione della piattaforma di Google trapelato finalmente il nome del misterioso partner di Big G per la nuova generazione di smartwatch: LG. La partnership tra Google ed LG non darà i natali a smartwatch con brand Nexus o Pixel, ma a due device che porteranno i nomi scelti dall’azienda coreana: LG Watch Sport e LG Watch Style. L’annuncio ufficiale è previsto per il 9 febbraio, data nella quale verrà lanciata anche la piattaforma Android Wear 2.0. Non ci sono ancora informazioni certe per le tempistiche dell’aggiornamento OTA, ma è ragionevole ritenere che possa cominciare di lì a pochi giorni. Tornando agli smartwatch di LG, Watch Sport è di fascia più alta, almeno per quanto riguarda le specifiche tecniche. Si parla, infatti, di uno schermo OLED da 1.38” con risoluzione 480 x 480 pixel, Samsung aggiorna gli S7 ad Android Nougat 768 MB di RAM e 4 GB di spazio di archiviazione interno: il tutto incastonato in una cassa spessa 14.2 mm e accompagnato da una batteria da 430 mAh. LG Watch Style, invece, punta più sul design, con un display leggermente più piccolo, 1.2”, ed uno spessore ridotto, che si attesta a 10.8 mm. Anche la risoluzione dello schermo, la RAM e la capacità della batteria subiscono inevitabilmente un downgrade, rispettivamente a 360 x 360 pixel, 512 MB e 240 mAh, mentre invece l’unità di archiviazione è dello stesso taglio: 4 GB. Entrambi disporranno di connettività Wi-Fi e Bluetooth, ma lo Sport potrà connettersi anche in 3G e LTE e sarà equipaggiato con antenna GPS e chip NFC (perciò, dovrebbe supportare Adroid Pay). LG Watch Sport e Style saranno resistenti all’acqua ed alla polvere, ri- spettivamente con certificazione IP68 e IP67. L’ultima caratteristica distintiva a favore del Watch Sport è la presenza di un sensore per il rilevamento del battito cardiaco. Non sono invece emerse indiscrezioni sul processore che dovrebbe alimentare i due modelli. Entrambi gli smartwatch di LG dovrebbero supportare Google Assistant, Samsung ha iniziato ufficialmente il rilascio dell’aggiornamento ad Android Nougat 7.0 per i Galaxy S7 e S7 Edge. Il software porta con sé alcune novità ed ottimizzazioni tra cui una maggiore rapidità nelle fasi di download e installazione delle app e degli update di sistema. Il pannello ad accesso rapido ora presenta una grafica più pulita; l’applicazione S Finder è stata migliorata e si possono effettuare ricerche sul proprio smartphone o sul web direttamente dal Quick Panel. Anche le notifiche risultano più chiare ed è stato aggiunto il supporto alla risposta diretta per la messaggistica. Il multi-window è stato perfezionato permettendo un più facile ridimensionamento dello schermo, adesso sarà possibile aggiungere altre 5 app alla schermata così da avere fino a 7 applicazioni aperte in contemporanea. Tra le novità più corpose il Performance Mode in cui è possibile selezionare quattro modalità di funzionamento dello smartphone in base alle esigenze. Infine Samsung ha pensato di espandere l’utilizzo del lettore di impronte introducendo Samsung Pass che permetterà di accedere a determinati siti web e applicazioni senza inserire password. Il Regno Unito è tra i primi Paesi in Europa interessato dall’aggiornamento assieme a USA e Cina, nel resto del mondo, compresa l’Italia, arriverà nei prossimi giorni. Entro giugno sarà ampliata la lista dei dispositivi che riceveranno l’update in cui risultano Galaxy S6, Galaxy S6 Edge e Edge Plus, Galaxy Note 5, Galaxy Tab A, Galaxy Tab S2 LTE, Galaxy A3 e Galaxy A8. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE GAMING Switch proverà a fondere tutte le caratteristiche peculiari delle ultime console Nintendo Tutto sulla console ibrida Nintendo Switch Touch screen, sensori di movimento, giochi di tipo tradizionale ed esperienze più social Sono questi i pilastri su cui si baserà la nuova esperienza videoludica lanciata con Switch di Francesco FIORILLO uovi e interessanti dettagli su Nintendo Switch, la console della casa di Kyoto in grado di garantire sia sessioni ludiche in mobilità, sia nella comodità della propria dimora, sono giunte dall’evento di presentazione svoltosi in quel di Tokyo. Il presidente Tatsumi Kimishima ha annunciato che Switch approderà sugli scaffali dei negozi di tutto il mondo il prossimo 3 marzo 2017, ad un prezzo consigliato di 329,99 euro (299,99 dollari in america) Il n.1 di Nintendo ha poi colto l’occasione per specificare che la console avrà una memoria di archiviazione interna di 32GB (espandibile grazie allo slot per microSDHC e microSDHCX) e potrà avvalersi di un servizio di interazione e gioco online, chat compresa. Tali opzioni potranno essere testate gratuitamente nel periodo di lancio, mentre diventeranno a pagamento nell’autunno 2017. In aggiunta è stato confermato che la console non sarà region lock e che permetterà di giocare a qualsivoglia titolo indipendentemente dalla sua provenienza. Il presidente dell’azienda che ha dato i natali al baffuto idraulico ha poi speso qualche parola sui contenuti presenti nella confezione di Switch. Oltre alla console, la confezione conterrà i controller Joy-Con destro e sinistro, una impugnatura Joy-Con (a cui si collegano i due Joy-Con per formare un controller), un set di laccetti, la base per Nintendo Switch (che ospita la console e si collega al televisore), un cavo HDMI e un blocco alimentatore. Saranno inoltre disponibili due versioni: una con i Joy-Con grigi e una con un Joy-Con blu neon e uno rosso neon. È stata poi confermata la presenza di uno schermo LCD touch screen capacitivo, l’implementazione del modulo WiFi per il collegamento a internet e per la connessione fino a 8 console in N torna al sommario Super Mario Run a marzo su Android Aperte le registrazioni Reduce dall’esperienza nel mondo Apple, il nuovo gioco di Nintendo debutterà sul Play Store tra un paio di mesi Prezzo da definire Già aperte le pre-registrazioni LAN e l’opzione per la cattura di video e screen dei giochi. La batteria ha una durata stimata che oscilla dalle 2,5 alle 6,5 ore a seconda dell’utilizzo e dei giochi (per il nuovo Zelda ad esempio si parla di 3 ore di autonomia), mentre la ricarica avverrà attraverso cavo USB Type-C anche mentre si gioca. I Joy-Con vantano infine un sistema di vibrazione rivoluzionario, “capace di far sentire un cubetto di ghiaccio che sbatte contro un bicchiere” e un sensore, posto nella parte superiore, in grado di leggere gesti delle mani oltre che la prossimità degli oggetti. Qui la curiosità è davvero alle stelle. Passata questa prima parte incentrata sulle specifiche tecniche, ampio spazio è stato dedicato ai giochi in arrivo. 80 sono i titoli in sviluppo, ma ad aprire le danze è stato 1, 2, Switch. Disponibile al lancio della console, il videogame sviluppato da Nintendo proverà a mostrare la potenzialità dei controller Joy-Con. Secondo gli sviluppatori, infatti, il gioco si potrà vivere direttamente anche senza schermo, guardando gli occhi del proprio avversario. Il trailer ha mostrato ad esempio un duello tra cowboy incentrato sull’interazione faccia a faccia, che Nintendo ritiene perfetta soprattutto nel caso in cui si porti la propria console ad una festa, mentre una sorta di battaglia con le spade e un ben più canonico ping-pong virtuale, mostreranno la bontà del sistema di rilevamento dei movimenti insito nei due mini controller. Un altro titolo utilizzabile esclusivamente tramite i due Joy-Con è Arms, un coloratissimo gioco di combattimento in arrivo nel corso della primavera e molto vicino, almeno concettualmente, alle esperienze solitamente accostate all’epoca Wii. Impugnando entrambi i Joy-Con, uno per ogni mano, i giocatori dovranno semplicemente sferrare pugni in direzione dell’avversario, cercando al contempo di schivare gli attacchi nemici inclinando i due controller. Dopo aver mostrato qualche interessante gioco di ruolo di matrice nipponica, come il già attesissimo seguito di Xenoblade, i riflettori si sono accesi sul nuovo capitolo della longeva serie con protagonista l’idraulico in salopette. Super Mario Odyssey, questo il nome scelto per il nuovo gioco di Mario, proporrà il prossimo novembre un mondo aperto caratterizzato da ambientazioni molto diverse fra loro, mentre il baffuto protagonista potrà contare su nuovi poteri e su di un nuovo e misterioso cappello. Nel mese di aprile la serie Mario Kart farà il suo ritorno grazie alla riedizione di Mario Kart 8 (con nuovi personaggi e tre circuiti inediti), mentre nel corso della prossima estate il seguito dell’ottimo Splatoon farà certamente la felicità degli amanti degli sparattutto. Per quel che concerne le terze parti, l’evento ha portato con sé qualche interessante conferma. The Elder Scrolls V: Skyrim giungerà sulla nuova piattaforma di Nintedo, cosi come Steep di Ubisoft e FIFA di EA. L’evento di presentazione di Switch si è concluso con un nuovo trailer di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, l’attesissimo nuovo episodio della celebre serie firmata dalla grande N pronto ad accompagnare la console il prossimo 3 marzo 2017. La console è già disponibile su Amazon.it per il pre-ordine. di Giulio MINOTTI Tramite Twitter, Nintendo ha annunciato che Super Mario Run arriverà sui device Android nel corso del mese di marzo. Il gioco era stato già pubblicato lo scorso dicembre su iOS riscuotendo un ottimo successo iniziale con 40 milioni di download nei primi 4 giorni di disponibilità. All’inizio dell’anno il celebre titolo ha tagliato il traguardo dei 90 milioni di installazioni, ma solo una piccola parte di utenti (si è parlato di cifre intorno al 3%) ha scelto di acquistare la versione completa, venduta ad un prezzo di 9,99 euro sullo Store di Apple. Cifra che potrebbe essere confermata anche per i device Android. Nel Play Store è già disponibile la pagina di preregistrazione che consentirà di ricevere uno notifica quando il titolo sarà disponibile. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE GAMING Mike Ybarra ha svelato le carte: Microsoft non si è dimenticata della console. Game Mode è solo la punta dell’iceberg Per Mike Ybarra, il 2017 sarà monumentale per il gaming Broadcasting, performance, social e competizione saranno il cuore del Creators Update declinato in salsa gaming S di Mirko SPASIANO ubito dopo l’individuazione di tracce della modalità da gioco nell’ultima build di Windows 10 per PC rilasciata agli Insider, Microsoft ha deciso di rendere il tutto ufficiale: Game Mode arriverà su PC e tablet con il Creators Update. Secondo Mike Ybarra (Partner Director of Program Management delle piattaforme Windows e Xbox), però, l’anno corrente sarà monumentale per il gaming su Windows in generale, indipendentemente dalla piattaforma. PC, Xbox, mobile e tutto il mondo Xbox Live vedrà grandi novità con il prossimo major update del sistema operativo di casa Redmond. Microsoft si concentrerà su quattro macro-categorie: streaming, performance, social e competizione. Come era stato annunciato lo scorso ottobre, Beam, il servizio di streaming di proprietà di Microsoft, verrà integrato direttamente sia su Windows 10, che su Xbox One. Si connetterà all’account Xbox Live e semplificherà notevolmente il broadcasting delle sessioni di gaming: su PC avrà dimora nella Game Bar, men- tre su Xbox One nella guida. Iniziare sessioni di broadcasting sarà immediato perché Beam verrà integrato a livello di sistema operativo, venendo meno anche l’esigenza di utilizzare software supplementare. La feature più attesa è senza dubbio il Game Mode, che renderà l’ottimizzazione delle prestazioni del PC per il gaming rapida e indolore. Non sono stati rivelati dettagli specifici sul suo funzionamento, ma, non essendo ancora pienamente operativa, non c’è da sorprendersi più di tanto. Le performance verranno migliorate anche su console, con una home rinnovata e più funzionale. La Guida potrà essere invocata come overlay laterale indipendentemente dall’attività corrente, con un particolare focus sull’intuitività e la rapidità del multitasking (chissà che non arrivi anche il picture-in-picture). Verranno riviste le schermate per il tracciamento degli Obiettivi, le classifiche basate sul Gamerscore, il design di Cortana e perfino i controlli per la riproduzione musicale in background. Si prosegue con l’immancabile trend degli ultimi tempi: l’anima social. Rintracciare i propri contatti social su Xbox Live diventerà ancora più facile, così come il trovare un gruppo per sessioni di gioco multiplayer e partecipare attivamente alle community. Verranno introdotti anche nuovi strumenti di moderazione per i Club creati e verrà aggiornato il Feed delle Attività per incentivare la condivisione di contenuti con i propri contatti. Infine, anche l’Arena di Xbox Live farà enormi passi in avanti, con la possibilità di organizzare tornei con regole perso- nalizzate (e rapida condivisione dei risultati con la community ed i social) e di partecipare a tornei allestiti da organizzatori professionisti come ESL e FACEIT. Insomma, di carne al fuoco ce n’è davvero tanta e, sia che si usi Windows su PC, che su console, il Creators Update sembra non arrivare mai troppo presto. Dopo il periodo buio di Windows 8, che ha portato perfino alla nascita di SteamOS, sembra che Microsoft abbia finalmente riportato entusiasmo nella community dei videogiocatori. SOCIAL MEDIA E WEB Opera ha presentato Neon, un concetto di browser web senza finestre e l’interfaccia a cui siamo abituati Opera rivoluziona la navigazione con il browser Neon Neon offre modo totalmente nuovo di navigare e vivere il web, tante funzioni e nuove modalità di fruire i contenuti di Alessandro CUCCA U n modo totalmente nuovo di navigare e vivere il web: questa è la visione alla base del nuovo concept browser di Opera, Neon. Se lo scorso millennio il web era pieno di pagine, foto e documenti di testo, l’evoluzione tecnologica e della comunicazione ci ha condotto tra filmati, chat, social network, nuove modalità di interazione e contenu- torna al sommario ti 2.0 che necessitano di nuovi strumenti per essere sfruttati al massimo. Questi strumenti sono racchiusi in Neon, il concept Browser che si può provare e scaricare fin da subito, ma che incarna una visione futuristica e innovativa del web. i parte dall’interfaccia di Neon, molto diversa dalla classica “finestra” alla quale siamo abituati; così diversa che in pratica non esiste più. Infatti l’ambiente di navigazione è totalmente trasparente e lascia intravedere il nostro abituale desktop e il suo bel wallpaper. Non esiste più una classica barra del menù e una finestra che racchiude le “tab” (che noi chiamiamo schede) dei vari siti, ma queste adesso hanno una forma cir- colare che ricordano delle bolle che fluttuano sul nostro schermo e vengono organizzate dall’utente a suo piacimento anche se Neon è in grado, volendo, di mettere in risalto quelle più utilizzate facendo scomparire via via quelle con minori visualizzazioni. Come se non bastasse, ad aumentare la gioia per i nostri occhi c’è un sofisticato motore fisico che rende i movimenti e gli spostamenti di tab e ogni elemento molto realistici, regolati da una fisica ben precisa, al punto da farci credere di maneggiare oggetti reali. Poi ci sono delle nuove funzioni specifiche per i vari tipi di contenuto, come ad esempio una molto interessante riguarda i video che possono essere slegati dalla pagina web dove sono caricati, per poter essere così liberamente spostati e ridimensionati. Lo scopo è continuare a visualizzarli separatamen- te mentre si naviga altrove, magari pure in un sito diverso da quello di partenza, senza porre nessun limite alla nostra voglia di navigare liberamente. Per finire, Neon include anche una sorta di media center che permette di catturare in tempo reale degli screenshot delle nostre sessioni, per poi averle a portata di mano ad esempio per dei veloci copia&incolla o altri tipi di pubblicazione: tutto questo senza dover ricorrere a terze applicazioni ma direttamente dentro il nuovo browser. Attualmente non sappiamo se Neon sostituirà a breve lo storico Opera, ma certamente alcune di queste nuove funzioni arriveranno entro la fine dell’anno all’interno dell’attuale browser. Nel frattempo chi lo desidera può scaricare gratuitamente Neon e trovarsi catapultato nel surfing web del nuovo millennio. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE PC L’hub integrato per l’interazione dei contatti preferiti non verrà incluso nel Creators Update L’update per Windows 10 perde MyPeople MyPeople rinviato al prossimo aggiornamento, in compenso arrivano tante nuove funzioni M di Mirko SPASIANO icrosoft ha rilasciato agli Insider la build 15014, appartenente al ramo di sviluppo Creators Update (il prossimo aggiornamento di Windows 10). Spulciando tra le note di rilascio, spicca una cattiva notizia: MyPeople non verrà inclusa nel Creators Update, che era stato uno dei focus del Windows 10 Event tenutosi lo scorso ottobre a San Francisco. In buona sostanza, MyPeople è una sorta di hub che consentirebbe di posizionare i propri contatti preferiti sulla porzione destra della barra degli strumenti. Le piccole thumbnail dei contatti, però, non sarebbero stati dei meri collegamenti alla relativa pagina dell’app Contatti, ma un vero e proprio sistema di comunicazione e condivisione integrato. Trattandosi di un framework completamente aperto, all’interno dell’hub si potrebbero integrare non solo tutte le app proprietarie di Microsoft, come Skype, Xbox e Outlook Mail, ma anche quelle di terze parti, come Messenger, Viber e Telegram. MyPeople consentirebbe, così, di interagire con il contatto desiderato direttamente nella finestra che compare come flyout, senza passare dalle singole app o servizi che si integrano al suo interno. Analogamente, per la condivisione immediata di un file, basterebbe trascinare un documento o un’immagine sulla thumbnail del contatto sulla barra degli strumenti. MyPeople è stato rimandato al successivo major update, per Redstone 3, previsto per il prossimo autunno. Ad indorare la pillola, però, ci sono le numerose novità introdotte con la build 15014. Tra queste si annoverano una sezione per l’acquisto di e-book nel Windows Store e un maggiore grado di personalizzazione dei temi (non c’è più un set limitato di colori, ma un vero e proprio selettore dei colori). Non manca- no le consuete ottimizzazioni alle impostazioni, con particolare attenzione alla sezione del Wi-Fi e una nuova modalità per liberare spazio automaticamente nel proprio PC. Ma forse la più interessante è una collaborazione più stretta con le case costruttrici di PC, che porterà ad integrare direttamente nel sistema operativo la gestione della batteria e delle prestazioni. Infatti, è stato inserito nella finestra che mostra lo stato della batteria uno slider per regolare le performance del PC in modo da privilegiare la massima autonomia o le massime prestazioni. PC Un post pubblicato sul blog tedesco Microsoft elenca tutta una lista di difetti di Windows 7 Windows 7 ha problemi seri, parola di Microsoft Successivamente Microsoft interviene con una dichiarazione che fa luce sull’argomento N di Mirko SPASIANO ei giorni scorsi, Microsoft ha pubblicato, e poi rimosso, un post sulla Newsroom ufficiale tedesca, in cui afferma, senza mezzi termini, che Windows 7 non è adeguato ai tempi che corrono. Alcuni magazine stranieri, come ZDNet e Forbes, sono però riusciti a intercettare il post riprendendone le parole: chi utilizza Windows 7 si esporrebbe a falle di sicurezza, correrebbe il rischio che l’hardware prescelto vada incontro a serie restrizioni e che presto il sistema operativo non sarà più supportato. “Oggi, (Windows 7, ndr) non soddisfa i requisiti della tecnologia moderna, né tantomeno quelli di sicurezza richiesti dai dipartimenti IT”. Queste sono solo alcune delle parole di Markus Nitschke, Head of Windows del distaccamento teutonico di Microsoft, che dipingono un quadro relativamente preoccupante. Nel post, infatti, si faceva riferimento a numerosi difetti di Windows 7, che spaziano da un’architettura di sicurezza datata (che renderebbe torna al sommario utenti e aziende più suscettibili ad attacchi cibernetici) a problemi di affidabilità e compatibilità (driver limitati e nuovi componenti hardware non supportati). Alla fine, poi, viene sottolineato come sia semplice aggiornare a Windows 10. Successivamente, Microsoft è intervenuta con la seguente dichiarazione: “Nel mondo assistiamo ad una crescente proliferazione di minacce informatiche che nascono dal moltiplicarsi degli oggetti connessi. In particolare l’Italia si contraddistingue per percentuali di infezioni IT superiori alla media mondiale (fonte Microsoft Security Intelligence Report 2016) e questo spesso a causa dell’obsolescenza dei sistemi hardware e software che utilizziamo nel nostro Paese. Se ne è discusso alla Conferenza Nazionale sulla Cybersecurity www.itasec17.it a Venezia: è fondamentale affidarsi a sistemi operativi che siano costantemente aggiornati ed in grado di tutelarci da attacchi informatici che stanno diventando sempre più sofisticati e Windows 10 è stato progettato proprio per garantire la massima sicurezza in termini di protezione delle identità digitali, dei sistemi e dei dati. Al contempo Microsoft conferma che tutti gli utenti di PC con Windows 7, il sistema operativo lanciato 8 anni fa e aggiornato alla sua Service Pack 1, continueranno a ricevere gli aggiornamenti di sicurezza per ulteriori 3 anni, ovvero fino al 13 gennaio 2020. Come Microsoft siamo da sempre impegnati nella tutela della sicurezza dei nostri utenti e delle aziende che si affidano alle nostre soluzioni tecnologiche poichè siamo convinti che le persone e le organizzazioni valuteranno di utilizzare solo i servizi di cui si fidano completamente. Ecco perchè siamo così attenti al rispetto della trasparenza, della sicurezza e della privacy nel concepire e sviluppare i nostri servizi secondo un approccio “security by design”. Consumer Reports toglie il veto su MacBook Pro Compratelo pure Su indicazioni del noto magazine Apple ha risolto il bug che ne affliggeva l’autonomia: i nuovi test di Consumer Reports adesso premiano la durata della batteria dei MacBook Pro di Alvise SALICE Dopo aver sonoramente bocciato il nuovo MacBook Pro alla fine dello scorso anno, i tecnici di Consumer Reports hanno scoperto che era un bug di Safari il colpevole dell’autonomia così inaffidabile. Risolto l’inghippo software, Consumer Reports ha ripetuto daccapo tutti i test svolti in autunno, stavolta con esiti incoraggianti che hanno spinto il magazine a modificare il proprio giudizio: l’acquisto dei Macbook Pro viene infatti adesso raccomandato. Lavorando a stretto contatto con gli esperti di Consumer Reports, Apple ha corretto il bug di Safari rilasciando la nuova beta di macOS Sierra 10.12.3, ora nelle mani degli sviluppatori. A quanto pare, l’update risolve il problema che impediva alla batteria di fornire risultati omogenei in caso di disattivazione della cache nel browser. Secondo i test aggiornati, ora l’autonomia che i portatili premium di Cupertino riescono a garantire è grossomodo in linea con quanto ufficialmente dichiarato dall’azienda nelle schede tecniche: il MacBook Pro da 13” senza Touch Bar ha fatto registrare una durata media 18.75 ore, il modello da 15” con touchbar raggiunge le 17.25 ore, quello da 13” le 15.25 ore. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE FOTOGRAFIA Fujifilm ha presentato la sua prima medio formato, prezzo alto ma era prevedibile La GFX 50S arriva a febbraio, costa 7000 € Una fotocamera senza compromessi, con tecnica al top, maneggevole e non ingombrante F di Roberto PEZZALI ujifilm ha presentato la sua prima fotocamera a medio formato, già anticipata a settembre nel corso di Photokina. Un passo importantissimo per l’azienda giapponese, che dopo aver tracciato un nuovo percorso con la serie X ha deciso di saltare il full frame per guardare avanti. Bastano pochi numeri per dare l’idea di cosa voglia dire medio formato: GFX 50S è dotata infatti di un sensore CMOS da 43,8 x 32,9mm con 51,4 Megapixel, un sensore che a conti fatti può vantare un’area fotosensibile grande quasi il doppio (1.7x) rispetto ai sensori full frame. La presenza di un sensore “enorme” lascia pensare anche ad un corpo altrettanto grande, ma Fujifilm è riuscita a tenere le dimensioni relativamente compatte: con un corpo in lega di magnesio, la 50S pesa 1230 grammi con l’obiettivo GF 63mm F2.8 R WR, quindi quanto una full frame e circa il 50% in più rispetto ad una APS-C di fascia medio alta. Esteticamente il primo modello della serie GFX ricorda molto la serie X, ma Fujifilm ha aggiunto alcune innovazioni decisamente importanti. Il mirino elettronico (è una mirrorless) è un OLED da 3,69 milioni di pixel che può essere sganciato e abbinato ad un adattatore snodabile che permette al fotografo di variare inclinazione e angolo, mentre lo schermo da 3,2 pollici e 2,36 milioni di punti è inclinabile in tre direzioni e dotato di touch screen per aiutare la messa a fuoco. La prestigiosa università statunitense pubblica su una piattaforma gratuita l’intero corpus del proprio corso di fotografia di Franco AQUINI GFX richiede ovviamente obiettivi dedicati in grado di risolvere tutte le linee del sensore: le ottiche GF sono state pensate per il nuovo attacco “G Mount” di diametro pari a 65mm, hanno una ghiera per la regolazione del diaframma sul barilotto e ovviamente sono state progettate a prova di polvere e umidità, con una struttura resistente alle basse temperature fino a -10 °C. Tra i primi obiettivi disponibili il GF 63mm F2.8 equivalente ad un 50mm (1.625,00 euro IVA inclusa), lo zoom standard GF 32-64mm F4 R LM WR equivalente ad un 25-50 nel formato 35 mm (2.545,00 euro) e il teleobiettivo medio macro GF120 mm F4 R LM OIS WR Macro (2.955,00 euro) equivalente ad un 95mm. Nonostante sia una fotocamera pensata espressamente per le foto, la GFX 50S dispone anche di un Movie Mode capace di registrare video con risoluzione di 1920x1080 e 36Mbps, con framerate massimo di 30 fps. La GFX 50S costerà 7.155 euro IVA inclusa, un prezzo che molti potranno ritenere elevato per una fotocamera ma che si posiziona bene rispetto alla concorrenza (Hasselblad). FOTOGRAFIA Presentata la X-T20, una mirrorless di fascia media con caratteristiche interessanti Fujifilm X-T20, più Megapixel e “super” autofocus In arrivo a febbraio, l’erede della X-T10 ad un prezzo intorno a 900 dollari (solo corpo) A di Dario RONZONI margine della presentazione della GFX 50S, Fujifilm ha mostrato la nuova X-T20, una fotocamera mirrorless di livello medio con un’interessante serie di novità. Si parte col nuovo sensore X-Trans CMOS III da 24,3 Mpxv privo di filtro passa basso, per proseguire con l’autofocus ora con 91 punti di messa a fuoco, 49 dei quali a rilevamento di fase. Non si discosta dallo stile ormai inconfondibile della serie X-T il mi- torna al sommario Il super corso di fotografia digitale di Harvard è online. È gratis rino elettronico da 2,36 milioni di punti e ingrandimento 0,62x. Qualche millimetro sotto, ecco il display da 3”, inclinabile in tre direzioni e ora dotato di comandi touch. La sensibilità ISO nominale è compresa tra 200 e 12800, con possibilità di estendere il range da 100 a 51200. Sul versante video la piccola Fujifilm offre pieno supporto al formato 4K a 29,97p/25p/23,98p, 100Mbps e registrazione continua fino a circa 10 minuti. La X-T20 sarà disponibile a partire da feb- braio al prezzo indicativo di 900 dollari per il solo corpo, circa 1.000 per il kit con il 16-50mm f/3.5-5.6 e circa 1.200 per il kit con il 18-55mm f/2.8-4. Quotidianamente la rete è sommersa da milioni di fotografie, spesso scattate senza criterio. In un’epoca dominata dall’illusione del “tutti possono fare tutto”, un salutare ritorno ai fondamentali non farebbe certo male. Se si escludono i canali classici dei corsi fotografici “fisici”, sono però relativamente poche le fonti online davvero autorevoli e facilmente accessibili. Fotografi in erba, ora non avete più scuse: l’università di Harvard, una delle istituzioni più prestigiose al mondo, ha reso liberamente consultabile online, sulla piattaforma ALISON, il proprio corso di fotografia digitale. Il corso si compone di dodici moduli, più un tredicesimo per testare le conoscenze al termine del percorso didattico. il corso però risale al 2009, un lasso di tempo troppo ampio per non rendere obsoleti i riferimenti ai software contenuti nelle lezioni. Poco male: le basi teoriche della fotografia restano valide nei secoli dei secoli, e un ripassino ad hoc può fare la differenza anche nel 2017. Harvard è solo l’ultima istituzione in ordine di tempo a diffondere gratuitamente online parti del proprio programma di studi. Già in passato avevano percorso questa strada altre storiche realtà universitarie statunitensi, come Yale, UCLA e Princeton. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE FOTOGRAFIA Abbiamo scattato con la nuova X-T20, una mirrorless pensata per l’amatore che vuole iniziare a fare sul serio Fujifilm X-T20: bella, leggera e scatta molto bene Utilizza lo stesso processore e lo stesso sensore della X-T2 ma è disponibile a un prezzo (circa 900 dollari) dimezzato Q di Roberto PEZZALI uando si ha tra le mani una fotocamera come la nuova medio formato GFX e la piccola ma incredibile X100F è difficile dare un giudizio su quella che sembrerebbe l’ennesima mirrorless di fascia media. Invece X-T20 è tra i tre modelli che abbiamo provato quella che probabilmente ci ha convinto di più. X100F è una macchina particolare, con un suo pubblico, la medio formato GFX 50S è un prodotto dedicato a un segmento professionale dove la camera è solo un anello dell’intero sistema (ne parleremo a breve con alcuni scatti), mentre la X-T20 è una fotocamera per tutti. Tempo addietro Fujifilm lanciò X-T10 per abbassare il prezzo della X-T1, la X-T20 arriva per dimezzare il prezzo di listino della recentissima X-T2 e si porta appresso moltissime novità di quella che è considerata da molti un piccolo gioiellino. Considerando il genitore, X-T20 non poteva certo uscire male, ed effettivamente le prime impressioni che abbiamo avuto sono assolutamente positive. Non è la X-T2, ovvio, ma il corpo è comunque in lega di magnesio nella parte alta con ghiere ed elementi in alluminio. Leggerissima da tenere in mano, con un display orientabile ma solo su due assi, la X-T20 ha una cosa che ci è piaciuta subito, il display touch. Regolabile in diverse modalità, il touch è decisamente reattivo e permette subito di mettere a fuoco una zona semplicemente con il tocco: cosa banale già presente in altre fotocamere, ma se si calcola che la nuova X-T20 ha più di 300 punti di messa a fuoco e permette di scegliere su una griglia di 91, si capisce che il touch è una soluzione pratica e comoda. La presenza del touch fa digerire l’assenza del piccolo joystick per la regolazione dei punti di fuoco: ci è piaciuto tantissimo sulla X100F, manca sulla X-T20, probabilmente per non sbilanciare l’ergonomia di una fotocamera che è comunque piccola e compatta. Rispetto al modello superiore mancano un po’ di cose, dalla velocità di raffica alla sigillatura per gli agenti atmosferici, ma chi guarda alla pura qualità può tranquillamente passare oltre e pensare che alla fine, a metà prezzo, si porta a casa lo stesso sensore, lo stesso processore e la stessa messa a fuoco dei modelli top. Il CMOS è infatti l’X-Trans di terza generazione, 24 Megapixel, assistito dallo stesso X-Processor Pro della X-T2. Un sensore rodato, con una sensibilità nativa di 200 - 12800 iso espandibile a 100 - 51200 iso: scatta foto con uno shutter lag torna al sommario ridottissimo, ma riprende anche video in 4K, funzione questa che tuttavia non abbiamo avuto modo di provare. Più che discreto il mirino OLED, anche se ad essere sinceri dovendo usare il touch to focus abbiamo preferito sfruttare lo schermo per scattare: quest’ultimo è un 3” da 1 Megapixel, e sebbene la risoluzione sia elevata è sempre consigliabile uno zoom al 100% per capire se lo scatto è perfetto oppure c’è un micro-mosso che rischia di essere scoperto solo quando si apre la foto al computer. Fujifilm facilita molto la cosa: basta un doppio tap sullo schermo per avere il dettaglio al 100% nel punto di messa a fuoco. Sotto il profilo dell’usabilità la nuova Fujifilm mantiene la stessa impostazione vincente delle altre fotocamere: non esiste una ghiera dei modi perché l’utente può scegliere se impostare manualmente tempi e diaframmi (dall’obiettivo) oppure andare in automatico, anche se chi sceglie una fotocamera di questo tipo difficilmente userà quest’ultima opzione, scattando sempre nella pratica ma versatile priorità diaframmi. Belli i menu, con quello di scelta veloce impostabile tramite la ghiera che permette di gestire senza entrare nel menu principale tutte le opzioni della fotocamera: la novità nella nuova X-T20 è la modalità di scatto Acros Film Simulation, un bellissimo bianco e nero molto incisivo, quello usato negli scatti in b&w qui sotto. Nel complesso la X-T20 è una bellissima macchina: ha un certo fascino estetico, ma non è solo quello. Perdona moltissimo gli errori, con scatti che anche in situazioni difficili sono davvero godibili, e le modalità di utilizzo incentivano l’uso della modalità manuale assistita, e questo male non fa. C’è il 4K, ma è un plus che forse a molti non interessa, e ci sono tante altre piccole cose come ad esempio il wifi, che è utile ma a nostro avviso non sostituisce ancora la card. Purtroppo, e abbiamo avuto modo di parlarne con uno dei tecnici a margine dell’evento di lancio, nessuno ha ancora le idee chiare su come realizzare un sistema wireless per lo spostamento rapido dei file da una fotocamera ad un computer o a uno smartphone. Possibile che non si riesca a fare in modo che, pochi istanti dopo aver scattato, la foto compaia in una cartella del proprio computer? Per chi ha un PC privo di scheda SD questo sarebbe la soluzione perfetta. Fujifilm ci sta lavorando, ma ancora nella X-T20 si deve usare la classica app con configurazione di un hotspot o con la macchina che funziona come hotspot. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE FOTOGRAFIA Sensore più grande E stesso obiettivo 35mm: la X100 ri rinnova per la quarta volta Fujifilm X100F, le prime impressioni d’uso È facile da utilizzare e la messa a fuoco è più precisa, specie in condizioni di scarsa luminosità Q di Roberto PEZZALI uando si parla di Fujifilm X-Series il primo modello che viene in mente è senza dubbio la X100: ottica fissa 35 mm, un sensore APS-C particolare e un look retrò hanno permesso a Fujifilm di aprire una gamma davvero fortunata e vincente con un modello che qualcuno, sulla carta, aveva addirittura bocciato. La X100 si è dimostrata invece la fotocamera dei desideri per moltissimi fotografi e aspiranti fotografi, tanto che Fujifilm ne ha realizzate addirittura quattro versioni. La X100F che abbiamo avuto tra le mani oggi, F sta per Fourth, è l’ennesima rivisitazione di una fotocamera che resta ancorata alla sua tradizione ma trova sempre un motivo di miglioramento, più di uno in questo caso. Esteticamente la fotocamera mantiene la sua identità, anche se Fujifilm ha aggiunto una ghiera frontale portando il numero totale di ghiere a tre: è piccola la nuova ghiera, ma è decisamente pratica da utilizzare. Restano identici il mirino ibrido, con possibilità di utilizzo ottico o elettronico, e l’obiettivo 23mm F2 (35mm equivalenti) sul quale si possono montare adattatori tele e wide. Per questa edizione sono stati realizzati nuovi adattatori dotati di contatti elettronici: la X100F capisce che adattatore è collegato e si adatta di conseguenza. Sempre in termini di ergonomia cambia anche la ghiera superiore: oltre alla selezione dei tempi è possibile con la stessa ghiera selezionare anche gli ISO, opzione questa comoda ma non un game changer come torna al sommario Leica presenta M10: nuovo sensore e cura dimagrante La nuova digitale della serie M è una telemetro con dimensioni che ricordano quelle delle vecchie Leica a pellicola. Al suo interno una tecnologia di prim’ordinea di Dario RONZONI invece lo è il piccolo joystick inserito sul retro per la gestione de punti di fuoco. L’abbiamo trovata davvero comoda scattando, con il pollice si possono passare velocemente i vari punti di messa a fuoco del sensore, 91 se si usa l’area grande e più di 300 se si usa il posizionamento fine, più preciso ma anche più complesso da gestire se non si prepara prima lo scatto. Sensore e processore sono quelli della X-Pro2, un CMOS X-Trans III da 24 Megapixel abbinato all’X Processor Pro; la messa fuoco è rapidissima, il ritardo sullo scatto inesistente e grazie all’otturatore elettronico è possibile scattare senza emettere suono: il “click” è infatti artificiale, e per uno scatto discreto si può disattivare. Rispetto al modello precedente abbiamo apprezzato una miglior precisione della messa a fuoco soprattutto in condizioni di scarsa luminosità, e forse l’unico rammarico è l’assenza de touch screen presente invece sulle altre due fotocamere che Fujifilm ha presentato ieri (X-T20 e GFX 50S), un plus che soprattutto per la messa a fuoco potrebbe risultare decisamente utile. Nel complesso una notevole evoluzione, e forse per l’evoluzione nel sensore (da 16 a 24 Megapixel) e nella messa a fuoco passare dalla X100T alla X100F ha senso se un utente ha apprezzato e possiede uno dei modelli precedenti. Ecco qualche foto che abbiamo scattato oggi con un modello definitivo della X100F. Come sempre le foto vanno cliccate per poter vedere l’originale. Leica presenta la nuova M10, ultima arrivata nella celebre gamma M, caratterizzata da un inedito sensore e da dimensioni mai così compatte. Con una profondità in corrispondenza della calotta di 33,7 millimetri, la M10 è la Leica digitale più snella di sempre, con misure equivalenti a quelle della M4 analogica. La piccola grande tedesca è una telemetro moderna dotata di un sensore full-frame da 24 Megapixel, sviluppato per questo modello, abbinato a un processore di immagine Maestro II che garantisce una gamma ISO compresa tra 100 e 50000. La raffica può raggiungere i 5 fps fino a 30-40 scatti, dati che fanno della M10 la M digitale più veloce. E a proposito di primati, la nuova Leica è anche la prima della famiglia a supportare la connettività Wi-Fi, in abbinamento con l’app proprietaria Leica M-App, per il momento disponibile solo per iOS (la versione Android dovrebbe uscire nel corso dell’anno). Sul retro della macchina campeggia un display LCD da 3” protetto da Gorilla Glass, mentre il mirino a telemetro è circa il 30% più ampio di quello presente sulle precedenti M digitali, con un fattore di ingrandimento di 0,73x. Disponibile già in questi giorni, la Leica M10 è in vendita al prezzo di 6.625 euro solo corpo. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE AUTOMOTIVE Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo che inserisce l’idrogeno tra i carburanti alternativi L’idrogeno inserito tra i carburanti alternativi in Italia Entro il 2025 l’Italia dovrà dotarsi di un congruo numero di stazioni di rifornimento, sarà ammessa la pressione di rifornimento di 700 bar. Non ci sono quindi più ostacoli all’arrivo della Toyota Mirai anche nel nostro Paese di Massimiliano ZOCCHI l I Decreto Legislativo 16 Dicembre 2016 n.257, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.10 del 13 gennaio scorso, contiene importanti cambiamenti per quanto riguarda i carburanti alternativi. Il Decreto recepisce la direttiva DAFI, la quale richiedeva agli Stati Membri della UE di mettere a punto un quadro strategico Nazionale da passare al vaglio della Commissione Europea per decidere le sorti dei combustibili alternativi anche nel nostro Paese. Il governo Italiano ha inserito nel testo anche l’idrogeno, che in realtà era solo opzionale. Questo significa che ora che è ufficialmente tra i combustibili alternativi e l’Italia dovrà dotarsi (entro il 2025) di un adeguato numero di stazioni di rifornimento. Inol- tre viene modificata anche la norma che limitava l’erogazione di idrogeno a 350 bar, non adatta alle auto moderne con questa tecnologia, elevandolo a 700 bar e diminuendo i tempi di rifornimento. Oltre ai risvolti etici e commerciali sulla questione idrogeno, questa novità significa che potrà arrivare finalmente anche sulle nostre strade la Toyota Mirai, finora bandita proprio per i limiti tecnici delle passate normative. Proprio Toyota è stato uno dei consulenti del governo per rivedere, correggere e aggiungere ciò che limitava certi tipi di utilizzo del carburante alternativo. Non solo idrogeno: la stessa Direttiva impone anche nuove regole per le colonnine dedicate alle auto elettriche. In questo caso entro il 2020 ci dovranno essere un numero sufficiente di punti di ricarica ad accesso pubblico, ed inoltre entro la fine del 2017 i Comuni dovranno adeguare i regolamenti edilizi. Questo perché i nuovi edifici per ottenere il titolo abitativo dovranno prevedere infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici, oltre che nei parcheggi dei centri commerciali superiori a 500 mq, sia nuovi che in ristrutturazione. La battaglia per la mobilità del futuro è appena iniziata. AUTOMOTIVE Nasce Hydrogen Council, un consorzio di compagnie petrolifere e del settore del gas, insieme a grandi nomi dell’auto I big del petrolio e dell’automotive spingono l’idrogeno Un’alleanza per spingere la tecnologia fuel cell come alternativa ai carburanti fossili. Per alcuni è una mossa disperata di Massimiliano ZOCCHI urante il World Economic Forum è stata annunciata la nascita dell’Hydrogen Council, un’alleanza strategica che vede impegnate 13 compagnie internazionali, in parte del settore energetico e petrolifero e in parte nomi storici dell’automotive. Così collaboreranno Air Liquide, Alstom, Anglo American, Engie, Shell, Linde Groupe e Total, con BMW, Hyundai, Daimler, Honda, Kawasaki e Toyota. Lo scopo del consorzio sarà di promuovere ogni azione utile allo sviluppo della tecnologia di propulsione a idrogeno e fuel cell. Per le aziende petrolifere o comunque legate al combustibile fossile, la ragione di tale impegno è facilmente intuibile. Con lo spettro delle automobili elettriche ed ibride sempre più incombente, c’è probabilmente il timore di perdere importanti quote di profitto, ma ancor più che quello, la perdita maggiore sarebbe nelle abitudini dei consumatori. Lentamente si fa strada l’idea che il mezzo di trasporto non è necessariamente legato a vecchie logiche di distribuzione. L’uni- D torna al sommario ca alternativa che potrebbe mantenere uno status quo simile a quello attuale è proprio l’idrogeno. Pur essendo non inquinante (anche se, è giusto ricordarlo, anche il vapore acqueo è considerato un gas serra) ha meccanismi distributivi e di rifornimento molto simili a benzina e altri carburanti fossili. Insomma si punta a mantenere il controllo del mercato, dei prezzi, delle abitudini quotidiane. Nel caso invece delle case costruttrici è difficile dire quale siano i motivi a portare verso questa decisione. Alcuni, come Toyota e Hyundai, hanno da anni progetti a lungo termine per l’idrogeno, anche se ultimamente sembrava scemato l’interesse, con gli sforzi indirizzati più verso la mobilità elettrica. Per altri invece, come BMW e Daimler, potrebbe trattarsi di un tentativo per restare vigili su tutti i fronti, per essere pronti non appena il mercato avrà decretato la tecnologia vincente. I sostenitori delle vetture elettriche come unica (o prevalente) soluzione per il futuro da sempre criticano la scelta dell’idrogeno e delle fuel cell. Le auto a celle a combustibile in realtà hanno un powertrain elettrico, solo con batterie molto più piccole, poiché servono solo come buffer per l’energia prodotta dall’idrogeno. L’idrogeno può essere prodotto da diverse fonti, tra cui la più banale è l’elettrolisi dell’acqua fornendo energia elettrica. Secondo i sostenitori delle auto elettriche pure, è molto più conveniente in termini di efficienza utilizzare direttamente l’energia elettrica per caricare le batterie (processo con efficienza molto buona) piuttosto che sprecarla per produrre idrogeno, con tutte le perdite causate dai vari passaggi, tra cui anche il trasporto (sempre su ruota e inquinando) e lo stoccaggio. Per quanto riguarda invece il motore n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE AUTOMOTIVE Svelata la nuova Mini ibrida ricaricabile, mostrata in anteprima al salone di Bruxelles Arriva a giugno la Mini Plug-i, a 36.000 euro Fino a 40 km in elettrico puro. inizialmente sarà proposta come Cooper SE Countryman ALL4 di Massimiliano ZOCCHI D opo gli annunci ufficiali era ormai attesa, e al Salone di Bruxelles è stata mostrata la versione definitiva della Mini ibrida plug-in, ovvero una vettura con motore a combustibile ma che ha anche batterie discrete che possono essere ricaricate da una presa e alimentano un secondo motore elettrico. La prima Mini con questa tecnologia arriverà nella variante Cooper SE Countryman ALL4 e il prezzo dichiarato (almeno in Belgio) sarà di 36.000 euro, con disponibilità dal prossimo giugno. In Belgio l’imposta sul valore aggiunto è del 21%, quindi anche negli altri paesi il prezzo non dovrebbe discostarsi di molto, e sarebbe circa il 12% più alto della normale Cooper S da 32.250 euro. La batteria al litio sarà da 7.6 kWh, ricaricabile a 3.6 kW di potenza con presa standard Tipo 2, per un massimo di 40 km in elettrico puro. Per quanto riguarda invece il motore endotermico, è stato scelto un 1.5 litri Con un aggiornamento Tesla ha introdotto la modalità Ludicrous+ capace di uno scatto da 0-100 in soli 2,389 secondi La palma della più veloce è sempre sua di Massimiliano ZOCCHI TwinPower Turbo da 134 cv (che in modalità mista si sommeranno agli 87 cv (65 kW) del motore elettrico. Sul fronte dei consumi, secondo il ciclo NEDC si attesta sui 2.1 l/100 km, equivalente a emissioni di CO2 di 49 g per km. Questo ovviamente in condizioni ottimali con batteria carica, mentre il consumo una volta esaurita l’energia elettrica sarà decisamente superiore. AUTOMOTIVE Il CEO di Ford, Mark Fields, sicuro della direzione che prenderà il mercato automotive Mark Fields (Ford): “Le auto elettriche con guida autonoma domineranno, Ford deve trasformarsi” Le case costruttrici non saranno solo produttori ma dovranno anche sapersi reinventare di Massimiliano ZOCCHI M ark Fields, che nel corso di una intervista ha toccato tutti i punti salienti del mercato automotive. Come ormai risaputo, Ford sta investendo circa 4.5 miliardi di dollari per “elettrificare” la sua gamma, e i recenti annunci parlano di ben 13 modelli entro il 2020, compresi F-150, Mustang e un nuovo SUV completamente elettrico. Secondo Fields (e quindi secondo Ford) tra poco più di 10 anni l’offerta di auto elettriche, oppure ibride plug-in, sarà superiore a quella dei motori a combustione e la casa americana vuole arrivare preparata a questo cambiamento. Ma forse la parte più importante delle dichiarazioni riguarda il modello di business dell’azienda, che cambierà radicalmente. Ford resterà sempre un produttore di veicoli in senso stretto, ma ci sarà tutta una nuova serie di scenari da abbraccia- torna al sommario Velocità smodata “plus” per Tesla Da 0 a 100 in 2,38 secondi re e sperimentare. Così ad esempio la tanto voluta guida autonoma, secondo Ford non sarà tanto una feature quanto un servizio. Piuttosto che vendere auto con questa nuova funzionalità, Fields immagina un nuovo servizio di flotte in ride sharing, dove chiunque, specialmente in ambito urbano, potrà sperimentare la guida autonoma, senza necessariamente possedere l’auto. Si ritorna quindi a quello che era lo spirito originario del fondatore Henry Ford, dell’innovazione per tutti e non solo per chi è facoltoso. Un aspetto che Fields vuole analizzare in tutti i settori, trasformando l’azienda anche in fornitore di servizi. Chi avrà una Ford elettrica, dove caricherà? Ci saranno nuove opportunità di business per i modelli di distribuzione dell’energia necessaria ai trasporti? In quest’ottica rientra anche uno dei recenti investimenti, fatti insieme ad altri brand come BMW e VW e Daimler, per un network di ricarica rapida distribuito in tutta Europa. E non ultimo in termini di importanza, c’è un settore completamente inesplorato, o quasi, cioè quello dei servizi onboard. Solo nell’ultimo periodo iniziano a vedersi i primi timidi approcci a questa filosofia con auto personalizzabili, connessione online per fornire ogni tipo di servizio (film, musica, servizi), oltre alle soluzioni di continuità della mobilità una volta parcheggiata la vettura. In questa direzione la nuova nata Ford Smart Mobility LLC studierà tutto ciò che di inesplorato il mercato ha da offrire. Elon Musk lo aveva promesso e così è stato. La Model S P100D, attualmente la più potente e con la batteria più capiente nella line up di Tesla Motors, aveva ancora qualcosa da spremere dal suo powertrain. Dopo l’ultimo aggiornamento che ha introdotto la nuova modalità Ludicrous+, i primi test avevano fermato il cronometro a 2.46 secondi sullo scatto da 0 a 100 km/h. Ma il CEO puntava dritto al dato dichiarato da Faraday Future durante la presentazione sul palco del CES: 2.39 secondi. I ragazzi di Tesla Racing Channel, sono effettivamente riusciti a fare di meglio con 2.389 secondi, precisando che si tratta di una Model S originale, senza nessun tipo di elaborazione. Quindi record della FF91 battuto, seppur di pochissimo, ma quello che colpisce è che è stato possibile tramite un update software, con tutto il peso che può avere una vettura di serie. Già perché l’incredibile velocità raggiunta anche da Faraday Future è stata comunque ottenuta con un prototipo, che potrebbe mantenere la stessa motorizzazione ma praticamente non aveva interni e forse nemmeno la batteria completa. Q3 PLUS DIVERTIMENTO SUPERDIMENSIONATO E VIDEOGIOCHI SENZA LIMITI! BLUETOOTH DIVERTIMENTO WI-FI VIDEOGIOCHI 720p | 500 lumen | batteria integrata | 460 grammi Qumi Q3 Plus è un proiettore tascabile a batterie estremamente luminoso con funzionalità WiFi e Bluetooth. Ti basterà accenderlo e potrai usufruire subito di uno schermo con una diagonale fino a 2,6 m/100 pollici, ovunque tu sia! Con Qumi Q3 Plus puoi visualizzare qualsiasi contenuto del telefonino, del tablet o della consol su uno schermo di grandi dimensioni. Questo proiettore ultra compatto è un'estensione naturale del tablet o del tuo smartphone. Per una migliore qualità acustica puoi collegare attraverso il Bluetooth il proiettore Qumi ad una cassa amplificata oppure con un mouse, per facilitare la navigazione con dispositivi Android. Il WiFi integrato consente di collegare e di proiettare con facilità senza l’uso di fastidiosi cavi di collegamento. Accendilo, duplica lo schermo del telefono e goditi i video o le immagini che desideri condividere con gli amici o i famigliari! www.vivitek.eu Inoltre, grazie alla batteria integrata, per proiettare non dovrai dipendere da 2h alcuna sorgente di energia. 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Come indicato da Renault, la carica ora potrà avvenire in 6 ore se a disposizione ci sono circa 7 kW di potenza. Quindi non il caricatore fast come sulla Zoe (cosa in cui molti speravano) ma comunque un salto in avanti rispetto alla vecchia generazione. Il nuovo Kangoo ZE sarà disponibile per la primavera 2017. In particolare il nuovo furgone elettrico sarà realizzato nella fabbrica di Maubeuge, quindi un prodotto 100% francese. Anche il motore sarà interamente realizzato dall’azienda transalpina, in questo caso nel sito produttivo di Cléon, ed avrà una potenza di 44 kW. OpenAI ha varato una piattaforma che utilizza il celebre gioco di Rockstar per istruire l’intelligenza artificiale sensomotoria La guida autonoma passa anche per le strade di Los Santos? di Dario RONZONI Ma non è tutto, perché la gamma ZE cresce con l’arrivo un po’ a sorpresa anche di Master ZE, sempre un mezzo pensato per il lavoro ma con dimensioni decisamente più generose. Nel momento in cui scriviamo, le caratteristiche di Master ZE non sono ancora del tutto conosciute, se non il range, indicato come di 200 NEDC e presumibilmente con lo stesso tipo di caricatore in corrente alternata. AUTOMOTIVE Per i nuovi clienti Tesla niente più ricariche gratuite a vita alle stazioni Supercharger Tesla Supercharger, rese note le tariffe Prevista una soglia annuale di consumo gratuita dopo la quale scatterà un rimbroso spese Per l’Italia il costo è di 25 cent al kWh, un viaggio da Parigi a Roma a costerà circa 60 euro C di Massimiliano ZOCCHI he la rete di ricarica super veloce Tesla Supercharger non sarebbe stata per sempre gratuita era cosa nota; qualche settimana fa l’azienda ha comunicato la fine delle ricariche gratis a vita, salvo poi prorogare tutto per ulteriori 15 giorni, fino a metà gennaio. I nuovi clienti che acquisteranno una Tesla d’ora in poi avranno 400 kWh di ricarica gratis offerti ogni anno, dopo i quali scatterà il rifornimento a pagamento. Elon Musk ha da subito chiarito che per Tesla la ricarica non sarà mai una voce di profitto, ma i clienti pagheranno solo una partecipazione ai costi sostenuti. Con un comunicato ufficiale sono state rese note le tariffe che entreranno in vigore, e le varie modalità di pagamento. Tesla, sul proprio sito, indica alcuni tragit- torna al sommario Grand Theft Auto: da gioco “scandalo” a palestra per la guida autonoma ti per far capire che spostarsi in elettrico resterà comunque conveniente rispetto al carburante, anche senza ricaricare gratis. Viaggiare da San Diego a Los Angeles costerà circa 15 dollari, oppure un coast to coast americano circa 120 dollari. Parlando del vecchio continente, Tesla offre come esempio la tratta Parigi-Roma, con un costo di 60 euro. In ogni Paese verranno applicate diverse tariffe, a seconda dei costi locali dell’energia elettrica, e delle modalità concesse per erogarla. Sul sito italiano di Tesla è indicata la tariffa di 25 cent al kWh. Negli stati dove è consentito l’energia verrà conteggiata in modo preciso, con i costi direttamente visibili sul display da 17” in plancia. In alcuni paesi non è invece possibile far pagare l’energia al kWh, per cui Tesla adotterà una tariffa a minuti. Questa stes- sa tariffa avrà però due scaglioni, il primo meno caro per cariche con potenze fino a 60 kW di potenza, e il secondo per potenze oltre i 60 kW. Nei casi in cui due auto dividano lo stesso Supercharger avranno sempre addebitata la tariffa 1. I costi saranno consultabili anche online nell’account personale, qualora il cliente abbia già superato la soglia gratuita. Tesla ha colto anche l’occasione per chiarire che i 400 kWh in dote, se non utilizzati, non si sommeranno a quelli del successivo anno, ma saranno persi. Dal 1997, la serie di videogame Grand Theft Auto dispensa a ogni nuova iterazione polemiche a non finire tra benpensanti, genitori preoccupati e improbabili quanto variegati censori. Fa perciò un certo effetto la notizia relativa all’utilizzo di GTA 5 per il training dell’AI applicabile alla guida autonoma. OpenAI, già responsabile di altri progetti tesi allo sviluppo open source di sistemi di apprendimento per intelligenza artificiale, ha infatti dato vita a DeepDrive, un modulo che trasforma GTA 5 in una vera e propria palestra di AI modeling. Stando alle parole del team di sviluppo, l’ultimo lavoro di Rockstar offre un ambiente virtuale dalla complessità unica, ideale banco di prova per un’intelligenza artificiale sensomotoria. Senza contare che un ambiente completamente virtuale semplificherebbe non poco molte procedure di sviluppo, specie in fase embrionale. I dubbi restano, soprattutto pensando alle abitudini dell’automobilista medio di GTA (investimenti a catena, incidenti pazzeschi, esplosioni, furti d’auto), ma DeepDrive dimostra quanto le vie dell’AI siano infinite. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE AUTOMOTIVE A due mesi dal suo arrivo in Italia DriveNow introduce le vetture elettriche DriveNow, arrivano le BMW i3 elettriche I quasi 60.000 iscritti potranno utilizzare anche le nuove BMW i3 con batteria da 300 km Costa 34 centesimi al minuto e l’auto si parcheggia ovunque all’interno di un’area stabilita D di Massimiliano ZOCCHI riveNow è il nuovo car sharing presente a Milano, frutto di una joint venture tra BMW e SIXT SE. Le vetture disponibili sono ovviamente tutte del gruppo tedesco, comprese le Mini, e fin dai primi giorni la promessa è stata quella di portare anche le auto elettriche come già avviene in altre città. Impegno rispettato, dato che ora sono disponibili venti BMW i3. In particolare si tratta delle nuove i3 cioè quelle con batteria da 94Ah, in grado di assicurare fino a 300 km di autonomia. Ma nel caso la carica non fosse sufficiente hanno anche un piccolo motore a benzina in grado di tenere in carica le batterie fino alla prossima colonnina. Una ipotesi questa comunque che non dovrebbe mai verificarsi: il sistema è pensato per non arrivare ad usare mai il range extender. Come per le auto che erano già presenti nel capoluogo, si tratta di un servizio in free floating, ovvero i veicoli sono sparsi per la città in modo più o meno omogeneo, possono essere prenotati in qualsiasi momento, e poi parcheggiati ovunque (all’interno di un perimetro geografico prestabilito), pronti per essere noleggiati da altri clienti. E ovviamente sono quindi inclusi nel prezzo di 34 centesimi al minuto anche i parcheggi su strisce blu e gialle, oltre che l’ingresso in Area C. Le i3 di DriveNow saranno ricaricate presso la rete di colonnine di A2A nel comune di Milano, che vanta 34 punti di ricarica, di cui 12 fast, che possono raggiungere l’80% di ricarica in trenta minuti, grazie allo standard DC Combo CCS. Gli addetti DriveNow si assicureranno che le vetture siano sempre a un livello ottimale di batteria: sotto il 25% non vengono visualizzate all’interno dell’app. Ai clienti che decideranno di mettere in carica una i3 con batteria al di sotto del 25%, DriveNow offrirà un bonus di 20 minuti per la prossima guida. Lasciare l’auto a un punto di ricarica sarà invece obbligatorio con autonomia sotto il 15%. Si tratta al momento come detto di sole 20 auto elettriche, ma si spera che questo non congestioni le colonnine, con auto perennemente in carica, cosa che a volte succede già oggi con sharing concorrenti, impedendo ai privati cittadini con auto elettriche o ibride di accedere alla ricarica pubblica. In ogni caso secondo DriveNow grazie all’autonomia delle i3 e al tipo di guida cittadina è difficile che un’auto debba essere ricaricata ogni giorno. Abbiamo guidato la BMW i3 ed è veramente un’auto bella e particolare: con DriveNow possono provarla tutti. AUTOMOTIVE Sulla nuova Gigafactory di Tesla verrà installato un tetto solare da 70 Megawatt Ecco il più grande tetto solare al mondo, è di Tesla Fornirà l’energia necessaria per produrre ogni anno le batterie di 500.000 Tesla Model 3 T di Alvise SALICE esla ha da poco inaugurato in Nevada la Gigafactory, un maxicomplesso produttivo su cui convergono investimenti per 5 miliardi di dollari. Lo stabilimento verrà alimentato da un tetto solare da 70 megawatt: una capacità energetica 7 volte superiore al più grande impianto fotovoltaico attualmente funzionante sul pianeta. Mission del colosso dell’energia pulita è infatti la messa al bando dei combustibili fossili: pertanto la copertura che verrà installata dovrà essere abbastanza performante da rifornire costantemente l’immensa fabbrica del suo intero fabbisogno energetico. I pannelli fotovoltaici dovrebbero venire forniti da SolarCity, entrata nell’universo Tesla da oramai alcuni mesi e garanzia di qualità; ad immagaz- torna al sommario zinare tutta l’energia in eccesso penseranno gli accumulatori di potenza Tesla Powerpack; il clima straordinariamente secco del Nevada farà il resto. Secondo Tesla, il regime completamente elettrico consentirà alla struttura sia una maggiore efficienza, sia zero emissioni di carbonio, perché lo stesso riscaldamento dell’edificio proverrà dal calore di scarto derivante dal processo di produzione delle batterie da auto. Anche a livello idrico la Gigafactory promette una soluzione altamente sostenibile: un sistema di ricircolo e depurazione a circuito chiuso gestirà i 400.000 litri d’acqua necessari all’attività del complesso, riducendo il consumo d’acqua dolce dell’80% rispetto ai canonici processi di un’azienda automobilistica standard. Quando il tetto solare sarà installato e l’impianto energetico pienamente funzionante, Tesla prevede di sfornare annualmente da Gigafactory di 35 GWh in singole celle e 50 GWh in battery pack: una performance superiore all’intera produzione mondiale di batterie agli ioni di lition nel 2013, e sufficiente a fornire energia a 500.000 vetture Tesla Model 3. Nissan Leaf autonoma a febbraio sulle strade di Londra Imminente il nuovo modello Nissan effettuerà la prima dimostrazione pubblica del sistema di guida autonoma a febbraio, a Londra E promette di svelare la nuova Leaf tra pochissimo di Massimiliano ZOCCHI Nissan spinge in modo deciso sul pedale della mobilità elettrica e della guida autonoma, il prossimo step sarà un test su strada del sistema di guida autonoma del progetto Nissan Intelligent Mobility. La prova avverrà per le strade di Londra nel mese di febbraio, ed in questa occasione esperti del settore, tecnici e membri del governo, potranno salire a bordo di Nissan Leaf e Qashqai, modificate con sensori e software dedicati. La Leaf dovrebbe essere quella intravista alla presentazione al CES di Las Vegas, con un’estetica leggermente rivista rispetto all’auto elettrica che sconosciamo. Per la precisione, sia Leaf che Qashqai, una volta arrivate alla fase di produzione di massa, inizialmente non avranno una guida completamente autonoma, che si stima sarà pronta nel 2020, ma la modalità di guida semi-automatica in autostrada con mantenimento di singola corsia. Paul Willcox, Chairman di Nissan Europe ha dichiarato: “tra poche settimane, vedremo delle Nissan Leaf girare per le strade di Londra, utilizzando il nostro sistema di guida autonoma. Nissan Intelligent Mobility sta accadendo ora, in Inghilterra e nel resto d’Europa” n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE SMARTHOME La versione italiana del termostato smart Nest arriverà il 15 febbraio a 249 euro Il termostato Nest arriva finalmente in Italia E’ già disponibile in preorder su Amazon. È un po’ tardi per l’inverno, ma è già un inizio di Roberto PEZZALI i poteva già comprare in Inghilterra, ma mancava la lingua italiana e non era un prodotto destinato al nostro mercato: ora Nest, il termostato smart più famoso al mondo, arriverà ufficialmente anche in Italia a partire dal 15 di febbraio. A dare la notizia non è Google, che ha comprato Nest nel gennaio del 2014 per 3.2 miliardi di dollari, ma Amazon, che ha già pubblicato le informazioni di prevendita sul suo sito a questo indirizzo. Nest arriverà in Italia nella sua terza versione, quella più recente, e sarà ovviamente localizzato: disponibile in quattro diversi colori l’ultima edizione di Nest ha un display più grande, 53mm al posto di 44mm, una risoluzione migliore (480 x 480 al posto di 320 x 320) ed è pure più sottile. Notevoli le migliorie a livello software: oltre al controllo di una caldaia il nuovo Nest può controllare anche i boiler dell’acqua calda e può anche gestire gruppi S Miglior confort minori consumi e connettività Wi-Fi per un totale controllo dallo smartphone anche quando si è fuori casa di Andrea ZUFFI di utenti grazie agli Account Famiglia. Nest, come tutti i termostati smart, promette di risparmiare circa il 30% sul consumo di gas per il riscaldamento adattandosi ad usi e abitudini di una famiglia e accendendo e spegnendo il modo automatico il riscaldamento grazie ai dati di geolocalizzazione forniti da uno smartphone. Un prodotto sicuramente attesissimo, anche se le alternative sul nostro mer- cato non mancano: Nest si sposa abbastanza bene con le case degli italiani perché è piccolo, di design e adatto a gestire ambienti con poche camere. Il prezzo di listino è fissato a 249 euro, un costo che si ammortizza in un paio di stagioni. Oltre al termostato arrivano anche le videocamere di sicurezza: la Nest Cam Indoor è disponibile su Amazon a 199 euro. SMARTHOME Faber brevetta un sistema di vortici d’aria controllati che agevolano la salita dei fumi La cappa intelligente è italiana: “respira” il vapore La salita dei fumi e del vapore verso la zona di aspirazione evita il fenomeno della condensa di Gaetano MERO aber, azienda italiana nota per la produzione di cappe da cucina, ha brevettato un’esclusiva tecnologia che prende il nome di Steam Off System in grado di eliminare il ristagno del vapore durante la cottura dei cibi. Il sistema rilascia dei veri e propri vortici di aria controllati, in forma elicoidale e a geometria variabile, grazie ai quali controlla la salita dei fumi verso le zone di aspirazione della cappa evitando il fastidioso effetto condensa e gocciolamento sulle superfici dell’ambiente. Una tecnologia efficace a 360°, tanto per modelli di cucina più tradizionali quanto per i moderni piani a induzione dove il fenomeno della condensa risulta essere più presente, a causa del surriscaldamento della piastra stessa. Tramite un funzionamento che ricorda il respiro Steam Off System permette quindi alla cappa non solo di aspirare ma di emettere anche dei getti d’aria che creano una vorticosità ed F torna al sommario Samsung Wind-Free mette fine ai colpi d’aria da condizionatore accelerazione e favoriscono il convogliamento del vapore. Saranno due i primi modelli in commercio dotati di tale tecnologia: Luft e Ilma. Luft è un modello di cappa a parete rivestita interamente in acciaio inox. Dotata di comandi touch e dell’innovativo Steam Off System a 3 velocità di aspirazione include inoltre l’illuminazione a LED garantendo un’ottima distribuzione della luce sul piano cottura. Ilma è invece una cappa ad incasso, rive- stita in acciaio inox, dotata di una comoda aletta in vetro, da alzare o abbassare a seconda dell’esigenza del consumatore, che controlla la direzione dell’aria focalizzandola sul piano cottura. Anche qui troviamo naturalmente la tecnologia Steam Off System, tre velocità di aspirazione e comandi touch. La classe energetica è la A per entrambe ed è infine disponibile un pratico telecomando per la gestione a distanza, particolarmente utile per le persone con ridotta capacità motoria. Samsung lancia un nuovo modello di condizionatore con tecnologia Wind-Free Cooling progettato per mantenere negli ambienti domestici e nei piccoli uffici la temperatura desiderata in modo omogeneo e senza flussi diretti d’aria fredda. Samsung AR9500M Wind-Free garantisce il condizionamento con un sistema a due fasi, abbassando dapprima la temperatura con la modalità Fast Cooling per poi mantenerla costante tramite i 21.000 micro-fori di cui è dotata la struttura. L’assenza di flussi diretti d’aria risulterà particolarmente confortevole in molte situazioni come ad esempio mentre si lavora occupando postazioni fisse per ore, durante il sonno e in ambienti frequentati dai bambini o anziani. La nuova tecnologia garantisce inoltre una sensibile riduzione del carico energetico inferiore del 72% rispetto ai sistemi tradizionali: il risparmio è ottenuto grazie all’impiego di un Digital Inverter 8-Poli dotato di Power Boost Technology. Con Samsung AR9500M Wind-Free la temperatura e le altre impostazioni possono essere controllate anche a distanza utilizzando l’app Samsung Smart Home che consente anche un monitoraggio in tempo reale delle prestazioni e dei consumi. Al momento non sono ancora noti prezzo e disponibilità del prodotto. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE TEST A pochi giorni dal lancio della Vodafone TV siamo entrati in possesso del set top box, scopriamo come funziona e cosa offre Vodafone TV, promettente ma ancora acerba È veloce e impeccabile, mancano (per ora) un bel media player e soprattutto una sezione onDemand più organizzata di Roberto PEZZALI È arrivata come un fulmine a ciel sereno poco prima di Natale e per qualche giorno è stata un oggetto misterioso. Per sciogliere ogni dubbio abbiamo deciso così di comprarla e provarla, con la consapevolezza che ci sono 3 mesi di tempo per recedere dal contratto senza penali nel caso in cui la soluzione non dovesse piacerci. Vodafone ha approcciato la TV in un modo diverso dalla soluzione proposta ad esempio da TIM: se TIM Vision mette in primo piano la sua offerta, Vodafone ha cercato di aggregare le offerte dei migliori provider italiani e non per offrire un pacchetto che potesse essere vantaggioso per l’utente. Per fare da collante tra Now TV di Sky, Netflix, Discovery e Chili, questi i provider scelti, ha creato un set top box che permette in modo semplice e immediato di fruire di questi contenuti su un televisore. L’obiettivo di Vodafone è ovviamente un solo: spingere all’adozione della propria soluzione fibra fornendo insieme all’abbonamento dati anche un pacchetto per sfruttare questi dati nel migliore dei modi, e lo streaming video è sicuramente la soluzione più indicata. Il set top box è semplice e funzionale Per poter fruire dell’offerta Vodafone TV serve il piccolo set top box che Vodafone ha fatto preparare da Sagem con a bordo un sistema operativo basato su Opera. Il set top box, dotato di telecomando e alimentatore esterno, è di semplice fattura ma comunque abbastanza elegante, niente display ma solo un LED nella parte bassa che indica lo stato. Sul retro troviamo la presa classica per l’antenna, una porta di rete tradizionale (ma all’interno c’è anche il Wi-fi), una porta USB 3.0 e le uscite audio e video, un jack per l’AV analogico, una HDMI e l’uscita ottica spdif per l’audio bitstream 5.1. La porta USB 3.0 come vedremo non viene ad oggi utilizzata, in quanto il set top box non ha alcun media player integrato, e questo è il primo limite. Dopo aver acceso e configurato ci troviamo davanti a quello che a nostro avviso è la seconda cosa da sistemare, ovvero la “legnosità” dell’interfaccia: le animazione sono un po’ lente e questo contribuisce a dare una sensazione di appesantimento di tutta la user interface. Vodafone TV sotto il profilo hardware è ancora una sorta di “beta”, e sicuramentela situazione migliorerà con i prossimi aggiornamenti. video lab Tralasciando la sezione “home”, di cui parleremo più avanti, ci soffermiamo brevemente sulle opzioni di configurazioni possibili: il set top box rileva il TV a cui è collegato e offre come possibilità di uscita video 576p, 720p, 1080p e 4K, quest’ultima opzione ovviamente solo con i TV Ultra HD. Il telecomando in dotazione non è retroilluminato, anche se alla fine i tasti da memorizzare sono semplicemente sette, tutti a portata di pollice. video lab Cosa comprende l’offerta Vodafone TV Prima di vedere come funziona Vodafone TV è bene inquadrare l’offerta commerciale, perché è proprio su questa offerta che si regge tutto il gioco. Vodafone TV costa 10 euro ogni 4 settimane, praticamente il costo del solo pacchetto Intrattenimento Now TV (9,9 euro al mese). Abbonandosi è possibile guardare, in streaming, i canali lineari Sky Uno HD, Fox Life HD, Fox Animation HD, MTV HD, Sky Sport 24 HD, Eurosport HD, Eurosport HD2, History Channel HD, Nat Geo Wild HD, Nick Jr, Disney Junior e Disney Channel HD. Nel momento in cui scriviamo non tutti i canali ci risultano in HD, ma Vodafone ci fa sapere che è stato risolto. Oltre a Now TV Vodafone ha inserito 8 film di Chili, di cui due prime visioni, e i canali di Discovery, anche loro in streaming. Come “extra” vengono dati 6 mesi di Netflix in HD, terminati i quali sta all’utente decidere se proseguire o se interrompere la visione. Dura 12 mesi anche l’opzione HD per i canali Sky, da rinnovare al termine dell’anno, altrimenti si torna in SD. Per capire se Vodafone TV conviene basta dire questo: a 10 euro La nostra video prova ogni 4 settimane si porta a casa un mini decoder Sky con accesso al pacchetto base dell’operatore satellitare, il resto può essere considerato di contorno, una sorta di regalo. Chi è interessato al pacchetto base, perché interessato agli show Sky come Masterchef, X-Factor o Hell’s Kitchen potrà trovare Vodafone TV incredibilmente vantaggiosa. Vodafone TV: cosa si può fare e cosa no Una volta accesa la Vodafone TV ci troviamo davanti ad una interfaccia semplice divisa in 4 sezioni, da sinistra a destra. La prima parte è denominata “My TV” ed è la parte costruita su misura per l’utente: qui ci sono le registrazioni fatte e le registrazioni programmate, i film preferiti e quelli noleggiati. La seconda parte è invece la guida TV: l’utente qui troverà mescolati i canali in streaming (Sky, Discovery, De Agostini e Viacom) con i canali del digitale terrestre, questi ultimi ovviamente se ha collegato una antenna e ha fatto una sintonizzazione. La guida non è di semplicissima consultazione ed è un po’ lenta da navigare, ma è indispensabile per attivare alcune funzioni come ad esempio la registrazione dei programmi. Questa funzione è disponibile solo ed esclusivamente per alcuni canali, e qui l’utente meno esperto e che non conosce come funzionano segue a pagina 29 torna al sommario n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE TEST Vodafone TV segue Da pagina 28 i diritti potrebbe essere tratto in inganno chiedendosi perché può registrare solo alcuni canali e non ad esempio Sky Uno o Fox Life: i canali per cui è disponibile la funzione Registra e Registra Serie sono infatti solo Nove, Real Time, DMax, Focus, Giallo, K2, Frisbee e Super! Neppure sui canali dei digitale terrestre, quelli che si ricevono via antenna, è possibile registrare i contenuti perché il set top box è privo di memoria interna: le registrazioni vengono fatte da Vodafone sul cloud.La terza sezione è quella dedicata invece ai contenuti onDemand, una serie di film, documentari e Serie TV che possono essere visti premendo semplicemente “play”. Ad oggi Vodafone dice di avere circa 2000 contenuti, ma la sezione è organizzata in modo un po’ confuso e non è facile capire quanti sono davvero e stimare la qualità del catalogo. Molti sono infatti serie TV e show dei canali Sky e Discovery, altri sono contenuti di Chili e altri ancora provengono da qualche library per la quale Vodafone ha preso i diritti. Tra i contenuti in primo piano Vodafone inserisce quelli che sono gli 8 film al mese di Chili dell’offerta: è bene chiarire che gli 8 film vengono scelti e comprati da Vodafone e non sono film che l’utente può scegliere liberamente dal catalogo Chili. Per una scelta editoriale di Vodafone questi 8 film sono sparsi nella sezione onDemand, e noi non siamo riusciti a capire quali potessero essere così lo abbiamo chiesto a Vodafone: si tratta di Angri Birds e Money Monster. In quest’ottica gli 8 film di Chili inclusi nell’offerta, tra cui 2 prime visioni, perdono così molto valore: un conto è se era l’utente a scegliere dal catalogo 8 film da guardare, un conto è se questi film li sceglie Vodafone e sono magari film già visti. L’offerta onDemand non è tutta in HD: i film di Chili lo sono, gli altri contenuti sono in standard definition. L’ultima sezione è relative alle app, esattamente tre: c’è Netflix, che va configurata con il proprio account torna al sommario (ma ci sono i 6 mesi gratis che si aggiungono eventualmente al proprio abbonamento), c’è Chili, per noleggiare i film e c’è Now TV, al momento disattivata. Now TV verrà infatti attivata nel momento in cui sarà possibile per l’utente acquistare anche altri ticket. Non è possibile ad oggi fruire di Now TV neppure su altri dispositivi: l’account è associato e inserito nella Vodafone TV, pertanto non si possono usare le app per smartphone, smart TV, console o tablet di Now TV. Un motivo, questo, che potrebbe far propendere per il box di Now TV piuttosto che per il set top box di Vodafone. La cosa dovrebbe comunque cambiare in futuro. Prestazioni impeccabili Per quanto riguarda infine le prestazioni siamo rimasti colpiti dalla rapidità di accesso ai canali e dalla qualità dello stream: abbiamo provato in questi giorni con Sky e l’aggancio del canale HD è immediato, così come il cambio canale. La Vodafone TV con una fibra consumer FTTC non ha avuto alcun problema neppure nel corso della serata “clou” di Sky del giovedì sera, con Masterchef in diretta. Non abbiamo avuto né un rallentamento né uno scatto, sembrava di guardare un ottimo HD da satellite. La stessa cosa vale anche per gli altri canali: per velocità e qualità sembra di trovarsi davanti ad un segnale broadcast, quando invece è un segnale broadband. Probabilmente per la Vodafone TV, ma questa è solo una nostra ipotesi, Vodafone sta utilizzando il segnale che Sky invia anche ai set top connessi alla fibra TIM, e questo spiegherebbe la qualità di visione e soprattutto la presenza dell’HD ancora non disponibile su Now TV. Il decoder è l’interfaccia sono acerbi ma si paga per i contenuti Per valutare se la Vodafone TV conviene o meno dipende molto dai propri gusti. Il set top box non ha media player integrato e non ha neppure moltissime funzioni, perché può accedere solo a Netflix, Now TV e Chili, pertanto chi ha un abbonamento a Infinity o vuole vedere Prime Video di Amazon dovrà dotarsi di un altro set top box o usare la Smart TV. Le funzioni PVR sono limitate a pochi canali, e la parte di canali DVB-T, oltre a essere priva di registrazione, non supporta neppure una eventuale CAM per i canali pay di Mediaset Premium. I film di Chili in omaggio, otto, sono mescolati insieme ad altri 2000 contenuti e non possono essere scelti dall’utente, ma vengono già decisi da Vodafone insieme al provider. Si può migliorare, certo, ma alla fine sia il set top box sia i contenuti onDemand sono offerti gratis, perché come abbiamo detto i 10 euro equivalgono praticamente al costo della sola opzione Sky. Se ci mettiamo anche Netflix (60 euro di valore) diventa una cosa da valutare seriamente per chi ha una fibra Vodafone o ha intenzione di farla.I margini di miglioramento sono enormi e Vodafone non nasconde che questa Vodafone TV è ancora un po’ un work in progress: mancano un bel media player come Plex, mancano le app di Mediaset, Rai e La 7 e soprattutto manca una sezione onDemand più organizzata. Come abbiamo ricordato Vodafone TV richiede fibra Vodafone e per tre mesi può essere provata senza penali: perché non farlo, come abbiamo fatto noi? Al massimo si guarda l’intera stagione di Masterchef e poi si restituisce tutto. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE TEST Abbiamo trascorso un po’ di tempo con il decoder TIMvision per testare il servizio di streaming di TIM e il set top box Decoder TIMvision, un giovane con prospettive L‘hardware è solido e il prodotto ben realizzato, il software ha buone potenzialità ma l’esperienza d’uso è migliorabile di Emanuele VILLA bbiamo installato il decoder TIMvision in salotto con l’idea di usarlo per accedere al “suo” servizio di streaming, ma anche per vedere a quali condizioni l’acquisto di un prodotto del genere possa rivelarsi consigliato. Di cosa si tratta è presto detto: un piccolo dispositivo dal design curato e facilmente riconoscibile pensato per dotare il TV di casa di tutti i servizi connessi di ultima generazione. Pensare che il decoder TIMvision sia quindi solo un modo per godere dell’omonima piattaforma di streaming sul TV di casa (un po’ come il Now TV Box di Sky, in pratica) sarebbe limitativo: il decoder TIMvision è, a seconda dell’uso che se ne vuole fare, una porta d’accesso ai servizi di Android TV (quindi notizie, streaming, giochi, audio...), un decoder digitale terrestre di ultima generazione e anche un media player connesso. A Se il TV è datato il decoder TIMvision è perfetto Punto sicuramente a favore del decoder TIMvision è la rapidità di installazione, che da un lato risente dello chassis compatto, dall’altro della semplicità della piattaforma Android TV. In poche parole basta collegare il dispositivo alla rete elettrica, alla LAN (via Ethernet o Wi-Fi fino ad “ac”), HDMI al TV, si esegue una rapida procedura di aggiornamento e configurazione via telecomando e il gioco è fatto. Servizi connessi a parte, il decoder TIMvision è una manna per chi ha un TV un po’ datato: trattandosi di fatto di un decoder digitale terrestre DVB-T2 compatibile HEVC, questo lo rende un compagno perfetto di chi ha un TV non recentissimo e quindi non futureproof. Chi fosse poi vincolato a un TV con un po’ di anni sulle spalle potrebbe volerlo usare fin da subito: stacca l’antenna dal TV e la collega a TIMvision, la procedura di sintonia è rapida ed è anche disponibile una Guida TV dalla grafica piacevole. Manca la funzionalità di registrazione su hard disk esterno, ma per il resto tra telecomando intuitivo (anche se bruttino e di fattura economica) e un’interfaccia di semplice utilizzo, la gestione del set top box è alla portata di tutti. Nota di merito, infine, per il design: sarà la forma particolare o la luce colorata alla base (che identifica gli stati di accensione/stand by), ma il nuovo TIMvision è video lab IL MIGLIORE ALLEATO PER CHI HA UN TV NON RECENTISSIMO DA MIGLIORARE L’ESPERIENZA UTENTE 109,00 € Come anticipato in sede di prova, il decoder TIMvision è il migliore alleato possibile di chi ha un TV un po’ datato: il decoder DVB-T2 integrato mette un freno all’obsolescenza del TV, la versatilità di Android TV permette di accedere a servizi di informazione, streaming e allo stesso TIMvision, la compatibilità con app quali Plex e Kodi e il supporto 4K (anche HEVC) lo rendono un prodotto di ultima generazione. Non tutto è perfetto: manca Netflix (ma dovrebbe arrivare a breve), l’esperienza d’uso è macchinosa per chi è alle prime armi e andrebbe perfezionata e il telecomando non è un granché dal punto di vista stilistico anche se è facile da usare; un peccato, visto che TIM ha puntato forte sullo stile del decoder. Difficile possa far comodo per chi ha un TV di ultima generazione, che ritrova già tutte queste caratteristiche nel proprio dispositivo, ma si tratta pur sempre di un’opzione da non sottovalutare, complice il prezzo contenuto e le modalità di acquisto/noleggio pensate da TIM per i propri clienti, per chi invece ha un TV un po’ datato. 7.6 Qualità 7 Longevità 8 Design curato COSA CI PIACE Decoder DVB-T2/HEVC Versatilità di Android TV Design 9 Semplicità 6 COSA NON CI PIACE un piacere per gli occhi e - soprattutto - si armonizza bene anche in salotti molto curati. Ovviamente chi ha comprato un TV di recente, magari di gamma alta, può anche evitare di leggere; in questo caso, infatti, le probabilità di avere già un TV DVB-T2/HEVC sono alte, la gestione dei canali è più completa in termini di funzionalità, c’è anche il satellite e l’accesso ai giochi e alle piattaforme di streaming (TIMvision incluso) avviene via app integrate o scaricabili dalle varie piattaforme. A tu per tu col decoder TIMvision Supponendo di trovarci nelle condizioni per cui questo set top box sia effettivamente utile, TIMvision ha l’indubbio pregio di offrire la massima versatilità possibile in un ingombro estremamente ridotto. Il dispositivo è pensato per il collegamento a un TV 4K (supporta infatti i 2160p in uscita), ha HDMI 2.0 con HDCP 2.2 e un “core” di tutto rispetto, basato su SoC Marvell BG4CT con 2GB di RAM e 8GB di memoria di storage per le app, il tutto condito con un D-Factor 8 Prezzo 8 Esperienza utente migliorabile Manca Netflix Telecomando bruttino Android TV 5.1.1. La prima riflessione che vogliamo fare riguarda il software, che poi è un aspetto centrale di questo apparecchio poiché si riflette fortemente sull’esperienza d’uso. Una volta compresa perfettamente la logica di funzionamento si va spediti verso la funzione che si vuole, ma chi non mastica molto di tecnologia potrebbe trovarsi - le prime volte - un po’ in imbarazzo. Il perchè è presto detto: TIMvision è formalmente un’app di Android TV, ma in realtà è una piattaforma completa che ha i film in streaming, i canali TV e anche le sue app. Questo significa che nello stesso apparecchio coesistono due piattaforme su due livelli diversi: quella più ampia ed avvolgente, ovvero Android TV, che ha le sue app (tra cui TIMvision), e quella più ristretta e dedicata al mondo dell’home entertainment che è proprio TIMvision, con lo streaming, i canali e via dicendo. Il telecomando - molto facile da usare anche se di fattura economica - riflette questo doppio binario con due tasti dedicati: uno riporta alla home di TIMvision segue a pagina 31 torna al sommario n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE TEST TIMvision segue Da pagina 30 (quello centrale colorato) e uno invece fa comparire quella di Android TV. Dopo un po’ si va in automatico, ma possiamo capire un certo senso di disorientamento da parte di chi, evidentemente alle prime armi, è assalito da interfacce e ambienti diversi e fa fatica a trovare ciò che vuole o a tornarci in un secondo momento. Per il resto, nulla da dire sulla UI di entrambi gli ambienti: molto curata e, soprattutto, facile da usare, con grossi pannelli corrispondenti alle app e sfruttamento razionale (e leggibile) dello spazio disponibile. Dentro TIMvision, cioè l’ambiente di cui sopra, ci sono dunque i canali TV e la piattaforma di streaming i cui titoli vengono divisi in due grandi famiglie: quelli compresi nell’abbonamento mensile (gratis in molti profili tariffari TIM, altrimenti 5 euro/mese compreso decoder) e quelli da acquistare o noleggiare singolarmente. Difficile, se non impossibile, una valutazione oggettiva della qualità del catalogo in abbonamento: mancano sicuramente le grandi esclusive delle piattaforme più blasonate, come Netflix o Sky, ma la profondità di catalogo è comunque apprezzabile (si parla di più di 8.000 titoli) e il rapporto qualità/prezzo ci sembra comunque favorevole, anche perchè i clienti TIM non consumano dati quando accedono ai contenuti della piattaforma da dispositivo mobile via rete cellulare. Molti titoli recenti sono in HD con più lingue, non c’è Ultra HD, l’accesso al contenuto è comunque rapido e la qualità dipende dalla banda disponibile e dalla stabilità del segnale. Manca però un’interfaccia sullo stile di Netflix che ci ricordi in automatico quali titoli abbiamo già iniziato e ci inviti a continuare la visione. C’è comunque la possibilità di inserire i titoli nei preferiti per accedervi rapidamente in un secondo momento, ma quando i titoli sono così tanti, quanto sopra sarebbe un aggiunta importante che ci sentiamo di consigliare a TIM. Per quanto riguarda la qualità non ci possiamo esprimere con assoluta certezza perchè sotto fibra aziendale a 100 Mb/s i risultati sono scontati, ma ci dicono di una qualità video accettabile e senza rallentamenti/buffer improvvisi anche con una ADSL di torna al sommario L’interfaccia standard di TIMvision, in particolare nell’area dei canali TV del digitale terrestre. L’apparecchio è dotato di decoder DVB-T2/HEVC. Questa invece è l’interfaccia di Android TV: da notare come TIMvision e i Canali TV (vedi sopra) siano formalmente due app della piattaforma. livello base (la classica 8 Mbit). Tutto ciò, comunque, è puramente indicativo: va provato di volta in volta nelle circostanze concrete. La versatilità è un punto di forza Ma attendiamo Netflix Fermo restando quanto già visto in ambito di esperienza utente, uno dei punti di forza di questo apparecchio è senza dubbio la versatilità data da Android TV e dal suo store di applicazioni. Ciò significa, riagganciandoci a quanto detto in apertura, che il decoder TIMvision non è semplicemente un modo per vedere i film dell’omonima piattaforma, ma può essere il punto d’accesso a Mediaset Premium, all’app della Serie A TIM con cui vedere le partite di calcio, a Spotify per la musica, a VEVO per i video musicali e via dicendo. Se l’app supporta Google Cast, il decoder funziona anche per la trasmissione su grande schermo dei contenuti cui si accede via smartphone o tablet (per app compatibili, s’intende). Essendo inoltre compatibile 4K, può essere anche un modo ideale per sfruttare il proprio TV Ultra HD andando oltre i confini del TV stesso: banda permettendo, abbiamo visualizzato senza alcun problema diversi video demo 4K di YouTube, rifacendoci letteralmente gli occhi. Un limite, che presumibilmente sparirà a breve (la cosa è già annunciata sul sito di TIM) è l’assenza di Netflix, il che di fatto taglia fuori una delle sorgenti 4K per eccellenza. Nonostante sia stato un punto di forza del precedente decoder, l’app di Netflix non c’è nell’app store di Android TV accessibile dal decoder. Visto che l’app in sé esiste, supponiamo che si tratti semplicemente di un processo di approvazione non ancora completato ma che a breve si sbloccherà. Interessante l’ipotesi di utilizzo del decoder come centro multimediale, cosa resa possibile dal supporto 4K HEVC e da numerose app dedicate nello store di Android TV: solo per fare due nomi segnaliamo Kodi e Plex (client), entrambe scaricabili dallo store. Il decoder TIMvision non è un prodotto pensato per un target di appassionati, coloro che vogliono una compatibilità estesa con tutti i formati possibili e immaginabili, ma nonostante sia un prodotto decisamente mainstream deve comunque permettere la visione dei formati più comuni, compreso quell’HEVC che rappresenta uno dei dati di targa dell’apparecchio. Per la prova abbiamo quindi cercato di simulare l’impiego tipico dell’apparecchio, sottoponendo il Guida TV di TIMvision. Riproduzione contenuto in streaming. Area applicazioni di Android TV. piccolo decoder a un po’ di formati classici tramite chiavetta e riproduzione con Kodi, preventivamente scaricato dallo store. Dobbiamo dire che l’esito, con le premesse di cui sopra, è stato piacevole: abbiamo provato un po’ di materiale demo FullHD in AVC (24fps, 25fps e 29,97 fps), che sono stati ovviamente riprodotti senza esitazioni, per poi spostarci su un più impegnativo Ultra HD con alcuni filmati demo in AVC e HEVC, da un ottimo MP4 AVC 100Mb/s con audio AAC a un MKV HEVC 57,7 Mb/s a 24fps, passando per un altro MKV HEVC 25Mb/s 25fps. In tutti i casi, l’esito sul TV è stato appagante sia in termini di resa che - soprattutto - di fluidità, il che rende l’apparecchio sostanzialmente in linea con le aspettative di base che ci siamo posti. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE TEST Megaboom è un diffusore Bluetooth con autonomia di 20 ore e certificazione IPX7. Ha un prezzo di listino di 299 euro Megaboom in prova: molto mega e poco boom Diffonde il suono a 360° e si controlla con un’applicazione che permette di regolare il suono con un’equalizzatore a 5 bande C di Roberto FAGGIANO on il marchio Ultimate Ears, scelto da Logitech per i suoi migliori prodotti audio, arrivano solo tre diffusori ben differenziati per prezzo e dimensioni ma tutti con la stessa inconfondibile caratteristica estetica: i grandi tasti + e – per il volume che non si possono certo non notare e che semplificano l’uso quotidiano. Il Megaboom è il modello più grande e costoso della gamma UE, pur mantenendo dimensioni portatili anche se non proprio da tasca. Il prezzo di listino è fissato a 299 euro, ma cercando in rete si possono ottenere quotazioni molto più favorevoli, anche un terzo in meno, rivalutando il valore e il rapporto qualità/prezzo del diffusore. Tra le caratteristiche tecniche spicca la certificazione IPX7, il vivavoce e la disponibilità di una applicazione dedicata. Le dimensioni sono ancora contenute, con altezza di circa 22 cm e diametro di circa 9 cm mentre il peso è vicino ai 900 grammi; quindi non proprio tascabile ma comunque ancora facilmente trasportabile in borsa. L’autonomia della batteria è di 20 ore, in dotazione c’è un vistoso adattatore in colore giallo fluo con cavo usb sempre in tinta. L’autonomia è segnalata direttamente sull’app e su dispositivi Apple. Per chi vuole qualche altro dettaglio tecnico diremo che il Megaboom utilizza ben quattro altoparlanti: due larga banda da 5 cm e due radiatori passivi rettangolari da 5 x 10 cm; la pressione sonora è di 90 dB. La finitura esterna è disponibile in quattro colori: rosso come il nostro esemplare, nero, blu o magenta; inoltre periodicamente vengono realizzate finiture speciali. Impermeabilità IPX7, musica con tuffo Come anticipato in apertura il diffusore in prova è certificato IPX7, cioè può resistere all’acqua ed essere perfino immerso fino a 1 metro per non più di 30 minuti. Magari non sarà l’uso più diffuso ma si ha grande sicurezza nell’utilizzo all’aperto e magari ai bordi di una piscina. Per assicurare queste prestazioni il diffusore ha tasti a membrana e prese ben chiudibili: sul lato inferiore infatti l’ingresso per una sorgente ausiliaria e la presa USB per la ricarica sono chiuse da una protezione e ulteriormente sigillate da un nottolino metallico che va avvitato alla base. Per l’utilizzo quotidiano in condizioni normali forse è un po’ scomodo ma per torna al sommario video lab la vera protezione dall’acqua è un metodo molto più sicuro dei soliti tappini in plastica. Abbinamento più facile con l’app Questo diffusore può contare sull’aiuto di un’applicazione dedicata, già non comune nella categoria, che contiene diverse opzioni molto utili.Prima di tutto usando l’app si può usare l’abbinamento automatico NFC, poi si possono combinare diversi diffusori e diversi smartphone per avere l’effetto party, c’è l’opzione DJ per creare una compilation musicale con la musica archiviata sul dispositivo dove è installata l’app, si possono abbinare due diffusori in modalità stereo e sopratutto c’è un utile equalizzatore a cinque bande. Con l’equalizzatore ci sono diverse opzioni: si può impostare una propria curva personalizzata, si possono scegliere diverse opzioni adatte a diversi generi musicali oppure si può lasciare tutto neutro. Le curve preimpostate sono però piuttosto drastiche, molto meglio crearsi una curva di equalizzazione personale che si adatta all’ambiente e alle preferenze di ognuno. Una volta installata, l’app funziona anche senza collegamento alla rete. con spinotto angolato. Per un ascolto collettivo in un grande ambiente invece la diffusione è ottimale in ogni direzione dalla posizione verticale. La prima esperienza sonora con il Megaboom sono i corposi toni musicali di accensione e abbinamento Bluetooth, che già fanno presagite ciò di cui il diffusore è capace in gamma bassa. Iniziamo da alcuni brani in streaming ma siamo un po’ delusi dalla resa sottotono e dalle voci flebili. Poi capiamo qual è il problema: dobbiamo alzare il volume. Una vola raggiunto un livello sonoro più importante, ma non esagerato, le cose vanno molto meglio e ora si possono apprezzare eccellenti doti di dinamica e coinvolgimento. Ottima l’apertura della scena che riesce a costruire un vero effetto stereo come promesso. La gamma bassa è molto profonda ma anche ben frenata, per niente Boom insomma ma in grado di raggiungere prestazioni difficili da ritrovare nella categoria. Si può anche percepire con precisione la differenza qualitativa tra un MP3 molto compresso, i migliori brani da iTunes o un brano in qualità CD. Unico punto relativamente debole ci pare qualche voce femminile, a volte quasi in secondo piano rispetto agli strumenti. Un ascolto molto interessante Un diffusore eccellente se trovate il prezzo giusto Il Megaboom diffonde i suoni a 360° ma in effetti, per essere precisi, non è proprio così visto che una parte della superficie è occupata dai grandi tasti per regolare il volume. Quindi bisogna scegliere una posizione perfettamente frontale se si desidera un ascolto più attento, sfruttando i riflessi delle pareti laterali e posteriore dell’ambiente. Girando invece il diffusore proprio dalla parte opposta dei tasti oppure anche in posizione orizzontale si ottiene comunque un ottimo ascolto. Tra l’altro la posizione orizzontale è l’unica possibile se si vuole ascoltare il Megaboom mentre lo si ricarica, dato che il cavo in ingresso impedisce il posizionamento verticale. Stesso discorsi per l’ascolto da una sorgente ausiliaria, a meno di trovare un cavo molto sottile Dei diffusori Logitech, o Ultimate Ears che dir si voglia, avevamo buoni ricordi e questo Megaboom non fa eccezione, con prestazioni davvero degne di nota per dinamica e coinvolgimento. Fornisce le migliori prestazioni con un livello sonoro vivace ma non diventa mai invadente o fastidioso. Inoltre l’applicazione dedicata ha un equalizzatore a cinque bande che permette di modellarne le prestazioni su misura dei gusti personali. Ottima la finitura e non comune la certificazione IPX7. Unico problema sarebbe il prezzo, ma per fortuna quello reale di vendita può essere molto inferiore e a quel punto il Megaboom può diventare un serissimo concorrente dei pochi altri diffusori di gran marca in questa fascia di prezzo. P5 Wireless. Abbiamo eliminato il cavo ma il suono è rimasto lo stesso. P5 Bluethooth, musica in mobilità senza compromessi con 17 ore di autonomia e ricarica veloce per performance allo stato dell'arte. La solita qualità e cura nei materiali di Bowers & Wilkins adesso senza fili grazie alla nuova P5 S2 Bluetooth. www.audiogamma.it n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE TEST Abbiamo provato in anteprima la Renault Zoe con la nuova batteria da 41 kWh:dichiara fino a 400 km di autonomia Nuova Renault Zoe: addio ansia da autonomia Zoe ZE40 è un’ottima auto per tutti i giorni, ma può anche portarci a spasso durante i weekend in una gita fuori porta R di Massimiliano ZOCCHI enault è stata la prima casa a proporre una gamma completa di veicoli elettrici, denominata Z.E (Zero Emission), e dopo alcuni anni e buone vendite, continua ad investire in questo settore con convinzione. Ne è la dimostrazione l’evento organizzato in Portogallo, nei pressi di Lisbona, per presentare la Zoe nella sua versione aggiornata. Non si tratta di un vero e proprio MY2017, in quanto la vettura è quasi identica alle due precedenti se non per un particolare fondamentale: la batteria. Da poche settimane è ordinabile il modello con 41 kWh di capacità, che secondo la casa può portare a percorrere fino a 400 km, di cui 300 circa sicuri in condizioni di uso normale. Quindi un range ottimale e più che sufficiente per una larghissima fetta di clienti, tanto che Renault ha scelto come slogan ufficiale forget the battery (con tanto di adesivo a coprire l’indicatore sul cruscotto) proprio perché tenere d’occhio l’autonomia residua non è più un problema. La seconda novità, ma questo riguarda più alcuni paesi come l’Italia, è che è stata introdotta anche la possibilità di acquistare l’intero veicolo, comprensivo di batteria, senza meccanismo nel noleggio mensile dell’accumulatore. Questo alza ovviamente il costo iniziale, ma svincola da un canone “a vita” che ha chi sceglie il noleggio. Nel listino aggiornato resta la vecchia variante con solo video 22 kWh per mantenere un prezzo entry level per chi non ha particolari necessità; poi si passa alle ZE40, di cui la più cara è un nuovo allestimento curato in collaborazione con Bose. Il costo della batteria viene valutato in circa 8.000 euro, ed è proprio la differenza del prezzo tra chi sceglie il noleggio batteria e chi decide di acquistarla. Entrambe le soluzioni hanno pregi e difetti. Con batteria noleggiata, in caso di degrado Renault la sostituisce gratuitamente ma non è possibile svincolarsi dal canone mensile. Chi invece possiede anche la batteria, dovrà in futuro farsi carico di eventuali manutenzioni alle celle al litio (salvo garanzia), ma d’altro canto gode di maggiore libertà. Le diciture R90 e Q90 fanno riferimento a due diversi motori disponibili. Uno sguardo nel cuore di Zoe Pagina di riepilogo, la batteria offre una capacità è di 39.9 kWh. Le temperature nelle singole celle, solo una è un poco più fredda. Per convincerci della quantità di km percorribili (non che ce ne fosse bisogno, i dati erano noti) Renault ha preparato dei tragitti preimpostati sul navigatore (il solito TomTom integrato nell’infotainment di bordo) e nascosto con un adesivo la parte del cruscotto LCD indicante il range massimo con carica al 100%. Noi però, equipaggiati di modulo OBD Bluetooth e della relativa app, siamo andati un po’ a spiare i dati della vettura. Nella schermata principale dell’app, in mezzo a moltissimi dati tecnici, sono principalmente due quelli interessanti nell’utilizzo pratico, ovvero i kWh disponibili, che nel nostro caso sono 39.9, e il range totale, che si nota in fondo essere di 299 km. Questo perché Renault ha stimato che in condizioni di guida normali e non particolarmente parsimoniose, è verosimile attendersi 300 km di massima autonomia, contro i 400 avvicinabili in Voltaggi delle celle. In ambito più che altro urbano una batteria sano sono a basse velocità. Da notare più o meno allineati. anche la voce “Real State lab of Charge” che chiarisce il fatto che la batteria non è carica ai suoi limiti, ma il costruttore tiene un leggero margine per evitare stress e degrado prematuro. Il computer di bordo è tarato per offrire un’indicazione di autonomia basata sul nostro stile di guida pregresso. Così se nei km precedenti abbiamo tenuto il piede pesante, prevederà meno km possibili. Al contrario con una guida calma e senza brusche accelerate, l’indicatore ci fa sapere che con quel trend riusciremo a fare molta più strada. Per tanto è un valore da prendere con le pinze, e da usare solo come indicatore di massima. Stessa batteria, doppia capacità Rispetto alla prima generazione, Zoe ha ora un’autonomia praticamente raddoppiata, grazie alla nuova batteria ZE40, che passando da 22 kWh a 41 kWh, è anch’essa praticamente raddoppiata nella capacità. Tuttavia non sono state necessarie modifiche di rilievo al veicolo, perché questo aumento è solo e unicamente frutto del lavoro svolto da LG Chem, che è riuscita nello stesso ingombro del pacco batteria precedente, ad ottenere molta più densità energetica, senza nemmeno gravare sul peso totale (solo 15 kg di differenza). Gli ingegneri coreani sono giunti a questo risultato lavorando oltre che sui materiali e sulla chimica, anche sugli interstizi tra una cella e l’altra, ricavando molto più spazio utile, così da mantenere le dimensioni, e poter alloggiare la nuova ZE40 nello stesso telaio. La batteria è talmente identica cha anche i vecchi clienti potranno beneficiarne (pagando un entry ticket per il cambio) e sostituire le vecchie batterie da 22 kWh, trasformando le vecchie Zoe, in auto più versatili. I dettagli di questa operazione tuttavia non sono ancora completamente delineati. Per tutto il resto le specifiche restano le stesse, compresa la capacità di ricarica di Zoe, che è un po’ il suo cavallo di battaglia. Il caricatore di bordo Chameleon, si chiama così perché in grado di adattarsi a qualsiasi corrente alternata, sia monofase che trifase, da un minimo di 1.8 kW fino a 22 oppure 43 kW, passando per tutti gli step intermedi. Il limite massimo è unicamente in funzione del motore scelto dal cliente in fase di configurazione. Con il motore più nuovo ed segue a pagina 35 torna al sommario n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE TEST Nuova Renault Zoe segue Da pagina 34 efficiente, R90, la carica si ferma a massimo 22 kW di potenza, ma si guadagnano circa 20 km di autonomia, mentre con il “vecchio” Q90 si può arrivare a 43 kW sacrificando 20 km di percorrenza. Al momento in cui scriviamo sono entrambi ordinabili, ma pare che Q90 sia verso il viale del tramonto. La presa resta frontale sotto il logo Renault. Muoversi senza un occhio alla batteria La parte più importante del nostro test era ovviamente quella su strada, che nonostante i percorsi già decisi da Renault, ci ha portato su strade di ogni genere, dall’autostrada, ai tornanti sulla costa, fino ai saliscendi delle colline nell’entroterra. Un tragitto quindi vario, non pensato per impressionare ma per simulare il più possibile le situazioni di utilizzo reale. Diciamo subito che Zoe ha passato l’esame a pieni voti. Si può guidare liberamente senza più tenere lo sguardo all’indicatore dell’autonomia, grazie al fatto che i Km percorribili sono davvero tanti. Non sono 400 come nel ciclo di omologazione europeo, ma la stessa Renault onestamente dichiara che sono circa 300 in ambito di real life. Questo perché, come risaputo, le omologazioni hanno condizioni di guida molto parsimoniose, con strade pianeggianti, e con temperature miti. Tanto per fare un esempio, già solo la temperatura ambientale di 8 gradi che abbiamo avuto durante quasi tutta la prova, è sufficiente per abbassare le prestazioni della batteria. Ma nonostante questa condizione in parte sfavorevole, Zoe ci ha stupito per prestazioni. La guida è sempre quella scattante tipica delle vetture elettriche, con accelerazioni brucianti anche da fermo e un’erogazione fluidissima grazie anche all’assenza del cambio. Ma alla fine della giornata, quello che ci ha lasciato stupiti sono stati la quantità di km percorsi e soprattutto quelli rimanenti. A fronte di un percorso misto di autostrada, urbano e extraurbano, abbiamo macinato circa 140 km, e secondo il nostro stile di guida il computer di bordo ci offriva ancora 170 Km residui, il che porta a un totale di 310 Km, appena sopra il dato della casa madre. E questo nonostante i fari accesi e lo sbrinamento attivo per lunghi tratti. Zoe ha anche un’ottima capacità di rigenerare energia dalle decelerazioni e dalle frenate. Così, una volta pre- Il consumo medio ottenuto di 13 kWh/100 km, ci porta proprio a una media di poco più di 300 km totali, esattamente quello che abbiamo ottenuto. torna al sommario sa la mano con lo stile di guida ci si può cimentare con la cosiddetta guida “one pedal drive”, ovvero dosando solo l’acceleratore, con anche lunghi rilasci e lasciando che sia il motore a frenarci quando possibile. Questa tecnica, oltre ad aumentare l’autonomia totale, contribuisce a mantenere nuovi i freni, consumare meno gli pneumatici, abbassando quindi anche il costo di manutenzione. Il dato di autonomia totale che abbiamo ottenuto, sebbene sia in linea con quanto precisato da Renault, non può certo essere assunto come risultato universale. Il consumo, anche con un powertrain elettrico, dipende da molti fattori, tra cui il peso e, ovviamente, la velocità. Altre Zoe in fase di test che hanno seguito percorsi simili ai nostri, ma ad esempio con più autostrada e a velocità sostenute, hanno ottenuto risultati variabili tra 200 e 280 km totali. In ogni caso un passo in avanti notevole rispetto alla vecchia generazione di auto elettriche. Una versione elegante che mancava Per la nuova Zoe, Renault ha deciso di introdurre anche una top di gamma che prima mancava, forse anche per togliere alla sua piccola elettrica la nomea di utilitaria. Per questo si è avvalsa della collaborazione di Bose, che ne ha curato la parte audio, mentre la casa francese si è focalizzata su alcune migliorie per gli interni. Questa versione premium è proprio quella che abbiamo guidato, così da testare l’impianto Bose e capire un po’ le differenze con gli allestimenti classici. L’intervento di Bose però non si limita ai driver sonori, Dettaglio dell’indicatore al margine del cruscotto LCD. E’ ancora di poco sopra il 50%, quindi forse avremmo potuto anche superare i 310 km totali. ma anche la sorgente cambia leggermente. Anche se è sempre comandata dal sistema R-Link di Renault, la musica prima di arrivare alle nostre orecchie è processata da un equalizzatore, componente assente nella versione base. Abbiamo ovviamente provato a forzare un po’ la riproduzione, giocando anche con le diverse preimpostazioni e con i livelli. La timbrica è più accentuata sui toni alti e medi, ma rimane sempre ben chiara senza distorsioni del suono anche a volumi discreti. Per riempire la gamma bassa è presente anche un subwoofer compatto nel bagagliaio, che fa bene il suo dovere. segue a pagina 36 Interessante anche l’ultimo dato di questa schermata del sistema di bordo, che indica la quantità di energia recuperata in frenata o discesa. n.148 / 17 23 GENNAIO 2017 MAGAZINE TEST Nuova Renault Zoe segue Da pagina 35 Così a prima vista le componenti sembrano le stesse già viste su Nissan Leaf (probabilmente per sfruttare le economie di scala dell’alleanza Renault-Nissan), ma nel caso proprio del subwoofer c’è una piccola controindicazione. Nel bagagliaio della Leaf è alloggiato perfettamente, forse perché studiato appositamente, e si incastra da lato a lato, sembrando un componente originale. Nella Zoe invece le misure del vano di carico cambiano, e il sub appare come un accessorio piazzato in mezzo un po’ a caso, rubando anche un minimo di spazio di carico. Chi vuole ottenere il massimo dal bagagliaio forse farebbe meglio a puntare sugli allestimenti normali. Il resto del sistema di bordo è identico alla vecchia edizione di Zoe, anche se finalmente il display è passato alla tecnologia touch capacitiva, che lo rende molto più reattivo. Il sistema operativo è un semplice fork di Android, che oltre a controllare la riproduzione multimediale, ha alcune app scaricabili dallo store Renault, e la navigazione incorporata. Su questo fronte il sistema è solidissimo grazie alla collaborazione con TomTom, che fornisce un software maturo e infallibile, e integra anche l’indicazione delle colonnine sul tragitto, con la possibilità di aggiungerle se la destinazione diventasse irraggiungibile. Sono presenti poi alcune schermate di controllo delle funzioni di ricarica (molto utile la programmazione oraria), tutti i parametri della batteria e del flusso dell’energia, e anche analisi della qualità dell’aria esterna. Per quanto riguarda l’aspetto prettamente estetico, la Zoe Bose si distingue per alcuni dettagli negli interni per aumentare la percezione di eleganza e rifinitura. La selleria è in pelle scura, con i sedili anteriori che sono anche riscaldabili, e sul divano posteriore anche il posto centrale guadagna il poggiatesta. La pelle è poi ripresa anche in sezioni delle portiere, dove normalmente c’è solo nuda plastica, il che offre anche una sensazione di maggiore insonorizzazione. In generale torna al sommario Con questa schermata possiamo vedere in tempo reale il flusso dell’energia, che in caso di frenata va dal motore alla batteria. Se attivata, la modalità di guida Eco, taglia la potenza del motore e limita la velocità a 96 km/h, aumentando così l’autonomia. poi scompaiono le cromature e le linee azzurre, a vantaggio di colori scuri e marrone metallizzato. Questa colorazione dona a tutto l’abitacolo un tono più serio, si perde però quella peculiarità che è sempre stata un punto forte di Zoe, ovvero la linea futuristica e non convenzionale; quindi non è detto che a tutti possa piacere la versione Bose. Da segnalare anche gli specchietti, che qui sono ripiegabili elettricamente. Un’auto intelligente con tanti potenziali clienti In conclusione possiamo affermare che Zoe non ha deluso le nostre aspettative. Renault si è mostrata fin da subito sicura delle prestazioni della sua compatta elettrica con nuova batteria da 41 kWh, e così è stato. l riproduttore multimediale con Bluetooth riproduce musica da smartphone e gestisce le chiamate in vivavoce. Bisogna rendere atto alla casa francese di aver atteso il momento opportuno e la maturità della tecnologia di LG Chem, per sfornare una vettura che, seppur restando quasi identica a prima, si toglie di dosso l’abito del solo uso urbano e offre finalmente un’auto a batteria in grado di fare tanta strada, adatta a una fetta ampissima di clientela. 400 km per qualcuno potranno sembrare ancora pochi, ma i fattori da considerare sono diversi. Solo una bassa percentuale di popolazione percorre più di 50 km al giorno, e ancora più bassa quella di chi ne percorre più di 100. Così Zoe ZE40 può essere un’ottima auto per tutti i giorni, ma portarci a spasso anche nei weekend fuori porta senza patemi d’animo. In più il caricatore di Zoe, rigorosamente in corrente alternata, trova nella rete di ricarica italiana un prezioso alleato. Quasi tutte le colonnine sparse nel nostro territorio e - tranne rarissime eccezioni - tutte quelle di Enel, sono proprio in corrente alternata a 22 kW e in qualche caso 43 kW. Questo fa sì che Renault Zoe abbia di fatto una rete di ricarica accelerata quasi dedicata, dato che le auto che possono caricare velocemente con questa tecnologia sono pochissime. Zoe così diventa la compatta elettrica più utilizzabile da subito nel nostro Paese, e forse deriva anche da questa constatazione il discreto successo ottenuto anche nella passata versione da 22 kWh. Le auto in diretta concorrenza al momento non possono vantare tanta autonomia, essendo ancora ferme a batterie intorno ai 30 kWh. Solo verso la fine del 2017 arriverà qualche seria pretendente, con la nuova eGolf, e la attesa Ampera-e, che però saranno su una fascia di prezzo più alta. Per cui la scelta di Renault è stata intelligente e potrà garantire a Zoe un buon successo, salutando per sempre l’ansia da autonomia. Questa vettura è a suo modo rivoluzionaria, segnando l’ingresso nella mobilità elettrica 2.0.