Ottobre-Novembre 2009

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Ottobre-Novembre 2009
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Trofarello (TO)
Tutti i diritti riservati
Registrazione Tribunale di Torino
N. 5083 del 26/11/1997
Anno 12 - N. 3
Ottobre - Novembre 2009
Bimestrale di informazione dell’Azienda Sanitaria “Torino Nord”
Diffusione: 3000 copie - Distribuzione gratuita
Concorso Nazionale Federsanità ANCI 2008 promosso dalla Federazione del Piemonte
“BUONE PRATICHE PER LA SALUTE”: ALL’ASL TO 2 PRIMO PREMIO E MENZIONE
La Presidente Centillo: “I premi assegnati danno impulso e sviluppo a progetti di riferimento per cittadini”.
Vince il PRIMO PREMIO di seimila euro il progetto:
L’interculturalita’ in sanita’ e …informazione
Riceve la MENZIONE con targa il progetto:
La prevenzione delle aggressioni agli Operatori Sanitari
Progetto interaziendale tra Asl To1, To2, To3, To5 e Azienda ospedaliera Regina
Margherita S. Anna, Presidio Gradenigo e Cipes Piemonte, volto al miglioramento
dell’accoglienza alla persona straniera che afferisce ai servizi sanitari
In una dimensione della sanità sempre più multiculturale; in cui la cultura della
salute si manifesta in molte forme, dove più culture coesistono, un aspetto veramente importante riguarda non tanto l’accettare in modo più o meno positivo questa
coesistenza, quanto il far entrare in relazione e confrontare le diverse culture.
Perché tale modello venga efficacemente messo in atto è necessario andare oltre il
principio della tolleranza. Questa dimensione diventa possibile solo laddove si fa
strada la coscienza del limite di ciascuna cultura ed emerge la necessità di uscire da
uno stato di autodifesa per assumere un atteggiamento di apertura positiva.
In questa ottica ha lavorato il gruppo HPH “Umanizzazione dei servizi sanitari”,
coordinato dalla Dott.ssa Giuseppina Viola, responsabile Qualità Relazionale e
Umanizzazione dei Servizi Sanitari dell’ASL TO 2.
Sono stati pensati e realizzati, dal 2004 al 2008, dei percorsi formativi per operatori sanitari. Le iniziative formative hanno coinvolto circa 500 dipendenti delle Asl e
Aso regionali partecipanti al progetto. Nel corso del 2008 il gruppo ha lavorato su un
progetto formativo molto articolato dal titolo “L’interculturalità in sanità e… informazione”. Sono state svolte presso il Centro Interculturale di Torino 5 sessioni di
corso tra novembre 2007 e marzo 2008 che hanno coinvolto 100 operatori di vari servizi: del front-office, del dipartimento materno- infantile e del dipartimento UrgenzaEmergenza delle aziende sanitarie piemontesi partecipanti al progetto, settori in cui si
registrano notevoli criticità dovute anche al grande afflusso di utenza straniera.
Questi percorsi formativi si riproponevano di lavorare sulle stesura di sceneggiature funzionali alla realizzazione di spot di comunicazione sociale, della durata di
circa un minuto, capaci di raggiungere i cittadini stranieri presenti sul nostro territorio sul tema dell’accesso ai servizi sanitari con messaggi semplici ed incisivi, partendo dal racconto delle difficoltà incontrate in ambito lavorativo nella relazione
con l’utenza straniera all’analisi della percezione dello straniero e all’individuazione di messaggi da trasmettere. Un aspetto interessante in questo percorso è stato il
coinvolgimento dei mediatori culturali, con i quali si è lavorato per far emergere la
percezione che lo “straniero” ha di “noi”.
Ciò ha permesso agli operatori di confrontarsi con la paura dello “sconosciuto”, presente anche nel vissuto dei mediatori, timore che nasce automaticamente ogni volta
che ci si trova ad affrontare persone e/o situazioni nuove. La presenza dei mediatori è stata inoltre determinante nella valutazione dell’efficacia potenziale, presso
l’utenza straniera, del messaggio che gli operatori sceglievano di trasmettere.
Contemporaneamente si è lavorato con gli operatori sulla comunicazione multimediale proponendo materiale audiovisivo (film documentari, reportage, fiction,
videoclip, spot di comunicazione
sociale), sul quale gli operatori
hanno svolto riflessioni sulle peculiarità e l’efficacia della comunicazione mediata, soffermandosi in
particolare sul racconto e sulla trasmissione delle emozioni e sulla
comunicazione non verbale.
Un’emozione può essere veicolata,
oltre che dalle parole, da immagini
e da suoni non appartenenti al linguaggio verbale.
Questo lavoro formativo ha portato alla stesura di quattro sceneggiature dalle quali si sono realizzate delle clips informative da distribuire presso i punti informativi
delle strutture sanitarie, gli Uffici
informazione delle Circoscrizioni
e degli enti istituzionali, le associazioni che operano con cittadini
stranieri.
Progetto sperimentato presso l’Ospedale Maria Vittoria grazie alla collaborazione
dei servizi che si occupano di benessere organizzativo e di rischio clinico.
Il fenomeno della violenza nei luoghi di lavoro, e le relative conseguenze sulla salute di chi ne è vittima, sta assumendo proporzioni considerevoli in molti settori lavorativi, tra cui quello sanitario. In quest’ambito, alcune cause sono da considerarsi
“intrinseche” al contesto lavorativo stesso: l’utenza con cui gli operatori sanitari si
relazionano quotidianamente è spesso portatrice di gravi disagi; la malattia e il
dolore generano rabbia, impotenza e frustrazione e possono rendere le relazioni tra
utenti e lavoratori tese e conflittuali.
Il progetto, avviato all’inizio del 2008, è partito da un’idea fondamentale: chi si
sente sicuro e protetto sul luogo di lavoro, lavora meglio e assicura un servizio
migliore all’utenza.
L’obiettivo che ci si è posti è stato perciò quello di contenere il fenomeno della violenza agendo su tre versanti: la prevenzione, attraverso l’analisi organizzativa e
strutturale delle aree più a rischio, rendendo sistematica la segnalazione di tutti gli
episodi; la valutazione e il contenimento del disagio psico-sociale degli operatori
coinvolti in aggressioni con conseguenze fisiche; il supporto legale in caso di querele di parte.
Come punto di partenza è stata predisposta una scheda di segnalazione per contestualizzare il fenomeno, mappando le aree più a rischio. Nel momento in cui si è verificato un atto di aggressione fisica, parte la seconda tappa del percorso. Questa è articolata in due fasi: una tecnico-organizzativa, caratterizzata da un sopralluogo negli
ambienti di lavoro per valutare eventuali fattori ambientali che potrebbero favorire la
violenza e per formulare proposte migliorative; un’altra, a carattere più squisitamente clinico, sui lavoratori coinvolti ai quali viene offerto un intervento di supporto nel
corso del quale sono indagati gli aspetti relativi all’impatto che l’evento ha avuto sulla
salute del dipendente, sulla sfera personale e sulla motivazione al lavoro.
L’obiettivo è quello di intercettare tempestivamente situazioni di disagio lavorativo conseguenti all’evento, prima che possano avere effetti sulla sfera psico-sociale
del lavoratore.
Nella terza tappa del percorso vengono coinvolti i servizi legali aziendali; è stato
infatti possibile ottenere un’estensione della copertura assicurativa per le spese
legali sostenute dai dipendenti che decidono di sporgere querela di parte contro gli
aggressori.
Positivo il bilancio di Teresa Emanuele e Anna Brunetti, i medici della direzione del
Maria Vittoria responsabili del progetto: “Il percorso affrontato si è rivelato un utile
strumento di lavoro e le misure adottate hanno ridotto il numero di aggressioni fisiche nell’ultimo trimestre, aumentando il livello di sicurezza percepito dai lavoratori e, di conseguenza, anche la qualità delle prestazioni erogate agli utenti”.
Avviso
L’Ufficio Relazioni con il Pubblico
dell’ASL TO2 – Area Ovest
dal 1° ottobre è trasferito nella
nuova sede di corso Svizzera 165,
2° piano (di fronte all’Ospedale
Amedeo di Savoia).
Invariati gli orari di
apertura al pubblico.
Nuovo numero telefonico:
011.4395815
Fax: 011.4395845
Cerimonia di consegna del primo premio
ASL TO2 informa
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STRATEGIE DI INTERVENTO NON FARMACOLOGICO PER LA POPOLAZIONE
PER IL CONTROLLO DELLA DIFFUSIONE DELL’INFLUENZA A (H1N1)v
INDICAZIONI A LIVELLO DI POPOLAZIONE
La trasmissione interumana del virus dell’influenza si verifica generalmente per via aerea attraverso le gocce di
secrezioni respiratorie emesse con la tosse, lo starnuto o mentre si parla.
Con la tosse e lo starnuto le goccioline possono arrivare anche ad un metro di distanza dalla persona che le ha emesse, mentre parlando raggiungono una distanza di 15-20 cm. La trasmissione può essere anche indiretta, toccando
superfici (maniglie, rubinetti, corrimani, piani di lavoro, telefoni) e oggetti d’uso personale (biancheria, fazzoletti)
contaminati da secrezioni respiratorie di persone infette e poi portando agli occhi, al naso e alla bocca le mani non
lavate.
Per questo le principali regole di comportamento raccomandate per tutta la popolazione, sono:
• lavare frequentemente le mani con acqua e sapone (in assenza di acqua è possibile usare
soluzioni detergenti a base di alcool o salviette disinfettanti);
• coprire bocca e naso con un fazzoletto di carta quando si starnutisce o tossisce, buttare il
fazzoletto nella spazzatura e lavarsi le mani;
• evitare di portare le mani non pulite a contatto con occhi, naso o bocca;
• non stare vicino a chi ha i sintomi.
Non c’è evidenza che indossare mascherine facciali al di fuori di contesti in cui ci si trova a stretto contatto con
persone malate (in ospedale o a domicilio) sia una misura efficace di protezione per ridurre la trasmissione di virus
influenzali, sia stagionale che pandemica. Tuttavia, se si sceglie di utilizzarle, l’uso di tali mascherine non può causare problemi né incrementare il rischio di infezione, a patto che siano utilizzate correttamente e che, una volta
usate, siano smaltite nella spazzatura e che ci si lavi le mani dopo tale operazione.
Nell’attuale situazione epidemiologica non si ravvisa la necessità di raccomandare restrizioni alle normali attività
quotidiane o alle occasioni di contatto sociale. Per le persone che hanno particolari condizioni di rischio può essere opportuno evitare luoghi affollati o manifestazioni di massa per ridurre il rischio di infezione da virus influenzale, così come da altri virus a trasmissione respiratoria.
5 COSE DA NON FARE
• lasciarsi condizionare dalla paura: è un’influenza come le altre
• andare al lavoro o in luoghi affollati se si hanno dei sintomi (compreso lo studio del proprio
medico): si possono far ammalare altre persone
• portare i bambini malati a scuola: si possono far ammalare altri bambini
• chiamare il 118, recarsi al pronto soccorso o in ospedale quando i sintomi non sono gravi:
se i servizi ospedalieri si intasano lavoreranno peggio quando ce ne sarà più bisogno
• andare in pronto soccorso o in ospedale solo per fare il tampone: sapere che tipo di influenza si
ha non serve per scegliere la terapia né per decidere un eventuale ricovero.
INDICAZIONI SPECIFICHE PER CHI E’ MALATO
Le persone che sviluppano i sintomi di una malattia influenzale (febbre uguale o superiore a 38°C accompagnata da almeno un sintomo respiratorio quale tosse, mal di gola, raffreddore...) devono astenersi dall’andare al lavoro o a scuola e rimanere a casa per almeno 7 giorni dall’inizio dei sintomi o fino a 24 ore dopo la scomparsa della febbre (senza
antifebbrili).
Questa misura è importante ed efficace per evitare la diffusione dell’infezione. Occorre però ricordare che avere febbre più sintomi respiratori non equivale immediatamente ad
avere l’influenza (compresa quella “suina”), a maggior ragione in questo momento in cui la circolazione virale è modesta, e che il decorso della malattia ha caratteristiche simili a quello di una influenza causata dai ceppi ricorrenti stagionalmente. Perciò bisogna evitare di allarmarsi e comportarsi come sempre: chiamare il medico curante, se lo si ritiene opportuno in base ai sintomi, NON andare in Pronto Soccorso se le condizioni di salute non sono tali da richiedere un intervento sanitario in emergenza: sovraccaricare i servizi sanitari per situazioni poco rilevanti significa ridurre la loro capacità di risposta per i casi importanti e accedere ad ambulatori affollati con i sintomi in atto significa diffondere il virus ad altri.
Se la sintomatologia è tale da richiedere il parere di un medico, si chiamerà il medico curante (o il medico di continuità assistenziale). Il medico valuterà le terapie richieste dalle
condizioni di salute del paziente o se sussistono le condizioni per ulteriori accertamenti o per il ricovero (cfr. le Linee Guida SNLG “La gestione della Sindrome Influenzale”
del maggio 2008); valuterà inoltre la presenza di conviventi che rientrano nelle categorie a rischio di complicanze e istruirà il paziente ed i suoi familiari sul comportamento da
tenere. I malati NON devono andare in Ospedale per effettuare il tampone: la diagnosi virologica non è necessaria né per impostare la terapia né per indirizzare la richiesta di
esami o consulenze specialistiche. La diagnosi virologica serve a fini epidemiologici per monitorare l’andamento della malattia e si effettua solo secondo le indicazioni fomite
a livello regionale. L’esecuzione del tampone in Pronto Soccorso è inutile ai fini del trattamento e delle decisioni successive e ingenera nell’utenza false attese.
Le persone malate devono prestare particolare attenzione ad osservare le misure igieniche e di barriera:
• Lavare spesso le mani con acqua calda e sapone o con detergenti a base di alcol e soprattutto dopo avere tossito e starnutito e avere soffiato il naso. Ricordare che in caso di:
- Lavaggio con acqua e sapone
_ Usare acqua calda
– Strofinare le mani insaponate per 15-20 secondi
- Detersione con detergenti a base di alcol
_ Non aggiungere acqua
_ Strofinare il prodotto sulle mani fino che queste non ritornano asciutte;
• Coprire bocca e naso con un fazzoletto di carta quando si starnutisce o tossisce, buttare il fazzoletto nella spazzatura e lavarsi le mani.
• Indossare una mascherina chirurgica, se disponibile e tollerata, quando si condividono spazi comuni con altri componenti della famiglia per ridurre le possibilità di
diffusione dei virus: ciò è particolarmente importante in caso di presenza di familiari a maggior rischio di forme gravi e complicate di influenza.
Per quanto riguarda l’ambiente domestico è opportuno, se possibile, che la persona malata abbia una camera da letto separata dagli altri componenti la famiglia ed in particolar
modo da quelli a maggior rischio di forme gravi complicate di influenza e dalle donne incinte. Aerare regolarmente le stanze di soggiorno, pulire regolarmente le superfici (specialmente comodini, lavandini e sanitari, piani di lavoro e maniglie, telefoni e telecomandi, giocattoli dei bambini, etc...) con un detergente/disinfettante.
Ogni componente della famiglia dovrà lavare spesso le mani con acqua e sapone o detergenti a base di alcol; fare particolare attenzione ai bambini ed aiutarli a tenere pulite le
mani, fare attenzione a non toccare con le mani il contenuto dei cestini della spazzatura quando si svuotano; non condividere con il malato stoviglie, tovaglioli e asciugamani.
Le persone appartenenti a gruppi a maggior rischio di forme gravi e complicate di influenza dovrebbero cercare di astenersi da contatti ravvicinati (meno di 1,5 metri) con familiari ammalati di influenza: se il contatto ravvicinato non è evitabile può essere utile far indossare al malato o indossare una mascherina chirurgica (le mascherine dotate di dispositivi filtranti sono più efficaci, ma scomode da indossare per tempi prolungati e quindi poco adatte in ambiente domestico). I neonati ed i lattanti non dovrebbero essere accuditi da familiari ammalati.
CORTOCIRCUITO TRA GENI E AMBIENTE
PRODUCE “MALATTIE DEL BENESSERE”
L’attuale epidemia di malattie cosiddette “del benessere”, come obesità, ipertensione, diabete, con tutte le conseguenze cardiovascolari e renali, deriverebbe dalla rottura di un equilibrio che la selezione naturale aveva creato tra geni, alimentazione e stile di vita.
Un vero e proprio cortocircuito tra i nostri geni e l’ambiente, la cui evoluzione non è andata di pari passo.
“La nostra genetica si è evoluta in tempi lunghissimi: in epoche precedenti alla nostra, l’uomo compiva un’intensa attività fisica, con spostamenti dell’ordine di oltre venti chilometri al
giorno, e aveva un’alimentazione molto diversa da quella attuale, soprattutto per quanto
riguarda l’apporto di zucchero e sale. L’attuale grande disponibilità di cibi dolci, grassi e
salati e lo stile di vita sedentario sono in conflitto con la “programmazione” genetica che
abbiamo ereditato dai nostri progenitori” – spiega il Dr. Roberto Boero, Nefrologo presso
l’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino e Coordinatore della Sezione regionale della SIIA.
Sono stati infatti proprio gli specialisti della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa
(SIIA) di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, riuniti nel nome di Charles Darwin, nel bicentenario della nascita del celebre naturalista, ad esaminare i rapporti tra genetica, stili di vita
ed alimentazione e ad approfondire la suggestiva teoria del conflitto geni/ambiente, che ha
illustrissimi sostenitori a livello mondiale ed è suffragata da dati biochimici, sperimentali ed
epidemiologici.
Gli aspetti evoluzionistici del rischio cardiovascolare sono stati temi centrali del congresso
“Darwin e l’Ipertensione Arteriosa”, presieduto dal Dr. Robero Boero, apertosi con la lettura del Prof. Camillo Vellano, docente di Anatomia Comparata presso l’Ateneo torinese e
Accademico delle Scienze, sul tema: “Prima e dopo Darwin: cosa è successo a Torino e in
Italia?” Torino infatti ha avuto un ruolo di primo piano nella diffusione del darwinismo in
Italia.
Nella sessione pomeridiana sono stati illustrati gli studi clinici organizzati dalla Società
dell’Ipertensione; tra questi lo studio sul consumo di sale negli ipertesi italiani, che fa parte
del programma ministeriale “Guadagnare Salute”, promosso dal Ministero della Salute con
l’obiettivo di ridurre progressivamente il consumo di sale nella popolazione italiana.
Il convegno si è concluso con una sessione pratica dedicata alla discussione di casi clinici di
particolare interesse per i loro aspetti diagnostici e terapeutici.
ASL TO2 informa
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Al Maria Vittoria sofisticato intervento oculistico
su una bimba nata dopo appena 23 settimane
Un intervento altamente specialistico per Retinopatia del pretermine (ROP), reso eccezionale dalla estrema prematurità
della paziente, è stato realizzato dall’équipe del dott. Giovanni Anselmetti, primario dell’Oculistica dell’Ospedale Maria
Vittoria e direttore del Centro di riferimento regionale per la ROP. L’intervento, riuscito, è stato effettuato con il laser in
anestesia locale mediante l’instillazione di gocce.
La piccola era colpita da ROP III stadio con componente plus in una zona molto posteriore di entrambi gli occhi: in pratica, uno degli stadi più avanzati e gravi di questa malattia che colpisce i nati pretermine e la cui gravità è direttamente
proporzionale al grado di prematurità. Nei pretermine i vasi della retina non sono completamente sviluppati al momento
della nascita e spesso, nelle prime settimane di vita, si sviluppano in modo anomalo formando un tessuto cicatriziale che
porta al distacco della retina e che, se non si interviene tempestivamente, conduce alla cecità.
La paziente proveniva da Sassari dove è nata il 9 luglio scorso dopo appena 23 settimane di gestazione (vengono considerati pretermine i bambini che nascono prima del completamento della 37a settimana di gravidanza). Unica sopravissuta di una gravidanza gemellare, pesava alla nascita soltanto 370 grammi (oggi ne pesa 1100). Giunta all’aeroporto di
Caselle con un aereo dell’Aeronautica Militare e prelevata con un’ambulanza attrezzata per il trasporto di neonati, è stata
ricoverata nella Terapia intensiva neonatale del Maria Vittoria, diretta dalla dott.ssa Giovanna Guala.
Un primo trattamento di urgenza è stato effettuato dall’équipe del dott. Ansemetti per evitare un aggravamento della ROP.
Quindi la piccola è stata sottoposta ad una indagine approfondita mediante fluorangiografia e infine è stata sottoposta a
La Ret Cam utilizzata per l’intervento
trattamento con il laser.
“Si tratta di un vero e proprio caso al limite di sopravvivenza - spiega il
Struttura di Dietetica e Nutrizione Clinica
dott. Anselmetti - perché i problemi oculari si accompagnavano nella
paziente a problemi cardiorespiratori”.
San Giovanni Bosco Asl To 2
Il Centro ROP del Maria Vittoria opera dal 1984 e vanta una casistica di
oltre 300 casi operati, il 15 per cento su prematuri provenienti da fuori
Dal primo maggio è incominciata l’attività della Struttura Dipartimentale di Dietetica e Nutrizione Clinica presso
regione e anche dell’estero. “Da 3 anni e mezzo disponiamo di attrezzatul’Ospedale San Giovanni Bosco.
re di avanguardia che ci permettono di effettuare la fluorangiografia, un
Tale struttura nasce da un progetto regionale condiviso tra ASL TO 2 e ASO San Giovanni Battista, unendo le profesesame che viene fatto in pochissimi centri in Italia (oltre a Torino, al sionalità e le esperienze della Struttura Dipartimentale di Dietetica e Nutrizione Clinica dell’Ospedale San Giovanni
Niguarda di Milano e al Gemelli di Roma) e che permette una diagnosi Antica Sede e del Servizio di Dietetica dell’Ospedale San Giovanni Bosco.
precisa con conseguente ottimizzazione del trattamento laser e migliora- L’organico comprende 2 medici, Andrea Pezzana (responsabile del servizio) e Michela Zanardi (referente per le attività
mento della prognosi”.
di Nutrizione Artificiale Domiciliare) ed 8 dietisti: Dorina Possamai (coordinatore), Marisa Sillano (coordinatore),
“La Retinopatia del pretermine è una patologia in forte aumento – prose- Cristina Borgio, Elisabetta Girotto,Vincenza Morelli,Elena Patrito, Maria Novella Petrachi ed Eliana Quirico.
gue il dott. Anselmetti - Nell’arco degli ultimi cinque anni si può parlare La struttura espleta le funzioni essenziali previste dal Manuale di Accreditamento professionale delle Strutture di
di un incremento del 100 per cento di casi. Infatti, se i progressi della neo- Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI - Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica), Società Scientifica
natologia hanno permesso la sopravvivenza di bimbi sempre più prematu- Nazionale di riferimento del settore) e dai Requisiti Ulteriori delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica, elaborati
ri, questo si accompagna a problemi come la retinopatia”.
dal Gruppo di Lavoro delle UO di Dietetica e Nutrizione Clinica della Regione Piemonte costituito ad hoc
Un altro intervento inconsueto per l’équipe di Oculistica
Estratto verme dall’occhio di paziente colpita da loiasi
Intervento inconsueto per gli oculisti del Maria Vittoria che, attraverso un taglietto nella congiuntiva, sono riusciti ad estrarre un verme
parassita lungo 4,5 cm dall’occhio di una ragazza di 22 anni, a Torino
da un anno ma originaria dello Zimbawe. La ragazza era affetta da
loiasi, una infestazione parassitaria provocata da un verme detto Loa
loa, endemico dell’Africa equatoriale e trasmesso all’uomo da una
mosca.
La paziente è approdata al Pronto Soccorso del Maria Vittoria per un
fastidio che da tempo avvertiva agli occhi. Una visita degli oculisti del
reparto diretto dal dott. Giovanni Anselmetti ed un esame del sangue
effettuato all’Amedeo di Savoia hanno confermato la presenza di questo parassita.
In anestesia locale è stato praticato un taglio nella congiuntiva da cui è
stato estratto l’ospite indesiderato che, immediatamente inserito in una
provetta, è stato inviato agli infettivologi dell’Amedeo di Savoia per stabilire una terapia mirata per debellare la loiasi. “La difficoltà – spiega il
dott. Anselmetti che insieme al dott. Mario Ravot ha effettuato l’intervento - sta nel riuscire a localizzare il parassita e agire al momento giusto per estrarlo quando si presenta in superficie. Senza contare il rischio
che il parassita, in rarissimi casi, possa coinvolgere cervello o cuore”.
“La loiasi è una infestazione parassitaria portata dalla mosca
Chrysops, tipica dell’Africa equatoriale occidentale – spiega il dott.
Pietro Caramello, infettivologo dell’Amedeo di Savoia ed esperto in
malattie tropicali - La mosca punge l’uomo e inietta piccole larve che
si sviluppano e invadono l’organismo vivendo e proliferando nel
derma. La malattia provoca prurito, transitori gonfiori ed edemi di 510 centimetri di diametro, localizzati per lo più su braccia e mani.
Dalla puntura infettante passano circa 6 mesi prima che il parassita
raggiunga lo stadio adulto e si manifestino i primi sintomi; la malattia, se non è diagnosticata e curata, può durare 15-20 anni.
Generalmente colpisce chi vive a lungo in regioni endemiche, molto
raramente i turisti di passaggio”.
dall’Assessorato alla Sanità, nel maggio 1999, operando a livello ospedaliero, organizzativo e di reparto, e a livello ospedaliero territoriale in continuità assistenziale:
Livello ospedaliero:
- Referente organizzativo per l’Ente per le attività di Dietetica e Nutrizione Artificiale:
- supporto alle strutture preposte (Economato e Direzione Sanitaria) per la ristorazione ospedaliera: stesura e revisione del
Dietetico ospedaliero, predisposizione e controllo di diete speciali,
- linee guida per nutrizione artificiale (enterale; parenterale): gestione clinica; prodotti, attrezzature, presidi.
- stesura in condivisione e promozione di linee guida per lo screening e la prevenzione della malnutrizione causata
dalla malattia
-A livello di reparto:
- consulenza e presa in carico dei degenti affetti da malnutrizione o a rischio di svilupparla durante degenza: nutrizione per
via orale artificiale (enterale o parenterale) secondo situazione clinica, in collaborazione con la Struttura di Farmacia
- consulenza o presa in carico per degenti affetti da patologie sensibili alla dieta: nutrizione per via orale o artificiale
(via venosa parenterale o tramite sondini o PEG per via enterale)
Livello ospedaliero e territoriale in continuità assistenziale:
-Nutrizione artificiale domiciliare:
Nutrizione enterale domiciliare: valutazione, avvio del trattamento, training del paziente e/o del caregiver, monitoraggio, diagnosi e trattamento complicanze, coordinamento operativo con Medici di Medicina Generale e servizi infermieristici territoriali
Nutrizione parenterale domiciliare per pazienti oncologici non in fase terapeutica attiva: valutazione, avvio, monitoraggio; gestione clinica in collaborazione con Medico di Famiglia, Oncologo, Medico Palliativista, servizi infermieristici territoriali
ambulatori specialistici dedicati a patologie specifiche: malnutrizione per difetto in oncologia, nefrologia, geriatria,
insufficienza d’organo, disfagia, postumi di patologie gravi e di interventi di resezione apparato digerente
ambulatori specialistici dedicati a pazienti utilizzatori di supplementi calorici orali
ambulatori specialistici dedicati a pazienti operate per Carcinoma mammario mirati alla prevenzione secondaria e
al controllo dei dismetabolismi associati.
referenza organizzativa per soggetti residenti in RSA o in ADI, presa in carico dedicata di pazienti in RSA o ADI in
NED o NPD oncologica
Sedi, orari e modalità di accesso
Le prestazioni ambulatoriali per le patologie sopra elencate vengono prenotate previo contatto telefonico con la
Struttura di Dietetica al numero 011.2402355, in orario 9-15 (segreteria telefonica) e le visite avvengono nelle sedi di:
Poliambulatorio Ospedale San Giovanni Bosco
il lunedì e giovedì dalle ore 13.30 alle ore 16
Ambulatorio territoriale di Via Anglesio 29
il martedì e mercoledì dalle ore 9.00 alle ore 13.00
“Ecco come deve funzionare il Pronto Soccorso”
Il Pronto Soccorso di Sassari adotterà il modello del San Giovanni Bosco
In relazione agli scambi culturali in materia di organizzazione dei DEA. nazionali, il Direttore DEA di Sassari, Dr. Nicola D’Ovidio, ha recentemente visitato il Pronto Soccorso del San
Giovanni Bosco, diretto dal Dr. Antonio Sechi, per poter raccogliere elementi organizzativi virtuosi da trasmettere al Pronto Soccorso di Sassari.
Il Direttore Dr. D’Ovidio è stato ospite per due giorni presso il DEA.dell’ospedale della Asl To 2 ed ha potuto prendere atto di tutti gli aspetti organizzativi presenti nella Struttura.
Sono stati confrontati i dati (estratti con un sistema omogeneo di raccolta dati indicato dalla S.I.M.E.U.) dei due DEA (entrambi di II° livello), evidenziando che anche a Sassari esiste
la S.C. di Medicina e Chirurgia di Accettazione e d’Urgenza (MeCAU) gestita dal Medico “unico” dell’emergenzaurgenza. La Struttura è anche sede di tirocinio per i neospecializzandi di MeCAU, è dotata di Ambulatori, OBI,
Degenza Breve (con 22 letti).
Alla luce delle indicazioni emerse dalla visita alla nostra Struttura e dalla comparazione dei dati (in particolar modo
dall’evidente appropriatezza dei ricoveri attuata dal Pronto Soccorso del san Giovanni Bosco), il Dr. D’Ovidio, su
indicazione del Direttore Generale dall’ASL di Sassari (che comprende l’Ospedale Santissima Annunziata), hanno
successivamente invitato il Direttore del Dea del San Giovanni Bosco, Dr. Antonio Sechi, presso l’ospedale di Sassari
per presentare agli operatori e agli Organi di Stampa locali il modello organizzativo del DEA torinese e per cercare
di individuare alcuni correttivi urgenti da adottare per iniziare a migliorare le criticità del Pronto Soccorso sassarese.
Gli organi d’informazione hanno sottolineato l’avvio della collaborazione con i responsabili del Dea piemontese
come migliore possibilità per trasformare il servizio dell’ospedale civile di Sassari ( “La Nuova Sardegna” del
30/06/2009).
I responsabili del DEA sassarese continueranno a tenersi in continuo contatto con il San Giovanni Bosco per essere
assistiti nella trasformazione del pronto soccorso in dipartimento e avere un modello di eccellenza cui ispirarsi .
Alcuni suggerimenti dettati dal Dr. Sechi durante la visita al DEA di Sassari sono stati messi rapidamente in atto ed
hanno già modificato in modo positivo l’organizzazione, istituendo anche a Sassari i percorsi differenziati in base ai
codici di gravità dei pazienti e inserendo il medico di medicina generale – guardia medica per gestire i codici a basso
impatto e ridurre i tempi di attesa per pazienti.
4
ASL TO2 informa
Vent’anni di lotta all’alcol in Piemonte
Gli esperti: prioritario sensibilizzare i giovani
Maschio, italiano, ultraquarantenne. Senza fissa dimora o libero professionista: nessuno è esente dal rischio-alcol. E’ questo l’alcolista-tipo dei giorni nostri.
Un fenomeno in crescita esponenziale anche tra i giovani, presi all’amo dai “soft drink” ed alla mercé di molti mancati controlli nei locali.
Il punto del problema si è fatto, con i massimi esperti, in occasione del ventennale piemontese e il decennale valdostano della SIA (Società Italiana di Alcologia), organizzato da SIA,
Regione Piemonte e ASL TO2.
Alla ASL TO 2 un programma di screening
“Secondo stime recenti, l’abuso cronico di alcol rappresenta un problema sociale ed una patologia frequente nei Paesi occidentali: l’8-10% della popolazione europea e statunitense presenta, infatti, probleper la prevenzione dei tumori ORL alcol correlati
matiche di abuso o di dipendenza da bevande alcoliche -spiega la psichiatra Paola Damiano, Presidente
SIA sezione Piemonte e Valle d’Aosta e Responsabile di uno dei due Servizi di Alcologia della ASL TO In occasione del convegno “I nuovi orizzonti dell’alcologia: prevenzione, innova2 - Nel nostro Paese l’uso inadeguato di bevande alcoliche rappresenta un problema rilevante per la salu- zione, politiche organizzative” organizzato dalla Società Italiana di Alcologia,
te pubblica, considerando che più di 4 milioni di individui abusano di alcolici e che almeno 1,5 milioni di Sezione Piemonte e Valle d’Aosta, è stato presentato un programma innovativo
essi risulta essere alcol-dipendente”.
attivato quattro anni fa presso l’ASL TO2.
“Esiste una stretta relazione tra assunzione di alcol in elevata quantità e rischio di insorgenza di nume- Il Servizio di Alcologia di piazza Montale 10 del Dipartimento delle Dipendenze
rose patologie, quali neoplasie maligne (cavo orale, faringe, laringe, esofago, fegato), pancreatite croni- 1 (responsabile il dott. Bruno Sciutteri) e il reparto di Otorinolaringoiatria (ORL)
ca, ipertensione arteriosa, malattia coronarica, malattie cerebro-vascolari, cirrosi epatica, traumatismi e dell’Ospedale Maria Vittoria di Torino, diretto dalla dott.ssa Maria Enrica
avvelenamenti -precisa la Dottoressa Damiano- inoltre gli alcolisti presentano un rischio di incorrere in Amasio, collaborano infatti ad un programma di prevenzione secondaria finalizinfortuni sul lavoro 5 volte superiore alla media (circa il 10% degli incidenti sul lavoro è riconducibile zato alla formulazione di una diagnosi precoce della patologia tumorale ORL.
all’uso di alcol) ed una percentuale di assenteismo 3 volte superiore alla media. L’abuso alcolico si cor- Da tempo il consumo cronico di alcol è stato associato a vari tipi di tumore e raprela alla disoccupazione, all’invalidità ed al pensionamento precoce, soprattutto nei maschi. Un abuso presenta un importante fattore di rischio per l’insorgenza di cancro del tratto supealcolico è documentabile nel 50% degli omicidi e nel 25% dei suicidi. In Italia la mortalità per incidenti riore delle vie aeree e digestive, con particolare riguardo a cavità orale, faringe,
stradali è pari a circa 8.000 decessi all’anno, dei quali circa la metà è attribuibile all’uso di alcol”.
laringe ed esofago. Il rischio sembra essere direttamente proporzionale alla quanUn quadro allarmante, che orienta da anni le scelte politiche e operative, dalla Legge Quadro 125/01, l’isti- tità di alcol assunto. Le sedi più a rischio sono quelle a maggior contatto durante
tuzione dei Dipartimenti per le Dipendenze Patologiche, alle ultime disposizioni di legge su alcol e lavo- la deglutizione: in Italia l’89% dei carcinomi ipofaringei interessa alcolisti di
ro e alcol e guida, che sono solo una parte delle sollecitazioni che negli anni si sono susseguite, ponendo vario grado, soprattutto se fumatori. E’ dimostrata un’interazione moltiplicativa
operatori e responsabili delle scelte organizzative di fronte a importanti cambiamenti.
tra fumo ed alcool che porta i soggetti che fumano e bevono a rischi altissimi.
La ASL TO 2, all’interno dei due Dipartimenti di Patologia delle Dipendenze, offre due Servizi di Il riconoscimento di tale patologia, che spesso inizialmente non dà alcun sintomo,
Alcologia, in Via Artisti 24 e in Piazza Montale 10, che si occupano di prevenzione, diagnosi, cura e ria- è in genere tardivo, con gravi ripercussioni sia sulle aspettative sia sulla qualità di
bilitazione dei pazienti affetti da Disturbo da Dipendenza da Alcol e Patologie Alcol-Correlate (P.A.C.) vita del paziente. Nei casi avanzati, infatti, il trattamento di questa patologia è di
nonché di sostegno e orientamento delle famiglie dei pazienti portatori del problema.
natura chirurgica ed è di tipo demolitivo, talora con gravi ripercussioni sulla funLa metodologia di trattamento è multimodale, cioè con l’intervento di diverse figure professionali a secon- zione vocale.
da delle esigenze del paziente.
Inoltre si tratta di pazienti che, sebbene motivati dalla gravità della malattia, spesAd oggi i pazienti in carico alla ASL TO 2 sono 538: di cui 139 femmine e 399 maschi.
so vivono una situazione di marginalità socio-economica-relazionale che può
Il range di età maggiormente rappresentato è 40-49 anni per entrambi i generi. Il 7% + circa è rappresen- esporre al rischio di ricaduta, con gravi ripercussioni sulla situazione clinica.
tato da cittadini stranieri, prevalentemente maschi e provenienti dall’area geografica dell’Est europeo.
L’innovazione del progetto avviato all’ASL TO 2 consiste proprio nella sinergia
Nell’universo femminile il problema ha caratteristiche di fenomeno “sommerso”, con vissuti di colpa, ver- tra i due servizi: l’uno inviante, il Servizio di Alcologia, che ha in cura i pazienti
gogna e stigmatizzazione, che inducono ad uno stile del bere solitario, minimizzato o “normalizzato” dalle affetti da problematiche alcol correlate; l’altro, il reparto ORL, che svolge le indadonne, frequentemente reattivo a sintomi d’ansia e depressione, dove l’approfondimento clinico riesce gini diagnostiche per il riconoscimento precoce della malattia. Il programma prespesso ad identificare eventi traumatici quali abusi e maltrattamenti, risalenti talora all’infanzia, tanto da vede anche indagini di ordine molecolare volte a chiarire aspetti carcinogenetici.
far sospettare l’insorgenza di Disturbo Post-Traumatico da Stress, in genere nel quadro clinico delle Ad oggi sono stati 87 gli invii al programma di prevenzione secondaria e 7 i casi
pazienti più giovani e portatrici di psicopatologia più grave e destrutturante. Frequente è anche il riscon- in cui è stata riscontrata una patologia tumorale ORL. Quella ORL è, comunque,
tro di Abuso di Alcol insorto in correlazione con la maternità e con un quadro clinico depressivo.
la patologia tumorale riscontrata con più frequenza nei pazienti in cura presso il
La prevenzione dell’uso rischioso dell’alcol è una delle attività dei Servizi di Alcologia e la popolazione Servizio di Alcologia di piazza Montale.
giovanile costituisce il target principale, raggiunto direttamente nella scuola e in varie realtà di aggregazione giovanile (esempio i gruppi scout del territorio).
Negli anni scolastici 2007-08 e 2008-09 nel distretto delle Circoscrizioni 6 e7 della Città di Torino gli operatori della ASL TO 2 hanno raggiunto 317 studenti della scuola media superiore per un totale di 22 classi, sviluppando soprattutto il tema dell’alcol alla guida, con il supporto di materiali didattici interattivi e mass-mediatici che consentono un coinvolgimento
più attivo dei giovani. Le variazioni nello stile del bere fra i giovani e tra i giovanissimi aprono nuove frontiere di interesse, richiedendo strategie innovative per poter incidere significativamente su questa particolare fascia di popolazione.
Comunità Althaea in festa … guardando le stelle
Una serata a tema, aperta a tutte le comunità dell’area comunitaria dei due dipartimenti di salute mentale dell’ASL TO 2 e alla
popolazione del quartiere, ha festeggiato l’arrivo dell’estate presso la Comunità Althaea di corso Venezia 57, diretta, con tutta
l’area comunitaria del DSM, dalla psichiatra Marina Razetto. Tema prescelto: l’ astronomia, tema dell’anno 2009.
Ogni gruppo comunitario ha partecipato con un lavoro sull’argomento a un gara a premi che si è svolta all’inizio dell’incontro.
I lavori, i più disparati, dai teli dipinti raffiguranti i pianeti, al cartellone rappresentante un marziano e un astronauta con cui fare le
foto, dal robot fatto con le grucce, a poesie, disegni, torte e un buffet a tema –vincitore del primo premio- sono stati valutati da una
giuria composta dal dr. Claudio Mellana, la dott.ssa Maria Pia Brunato, il dr. Carmine Munizza, due astrofisici del Parco
Astronomico di Pino Torinese, e due soci delle Associazioni di familiari.
La serate, presentata dal Direttore del DSM ASL TO 2, dr. Elvezio Pirfo con la Signora Fabiani dell’ Associazione Girasole,
ha offerto anche la proiezione di
un video sul Planetario e un
L’ASL TO2 apre alla prevenzione dell’Osteoporosi
intrattenimento musicale.
24 Ottobre 2009 Giornata di prevenzione/screening per l’osteoporosi
Gli ambulatori di malattie del metabolismo osseo dell’Ospedale San Giovanni Bosco e
dell’Ospedale Maria Vittoria, in azione congiunta e sotto l’egida del GISMO (Gruppo Italiano di
Studio delle Malattie del Metabolismo Osseo) hanno organizzato, in data 24 ottobre 2009 dalle ore
9.00 alle ore 14.00, presso i Poliambulatori dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino, una giornata di screening/prevenzione dell’osteoporosi rivolta alle donne in menopausa e agli uomini oltre
i 50 anni con fattori di rischio, con esecuzione gratuita di una valutazione dei fattori di rischio per
l’osteoporosi mediante appositi questionari e una misurazione ultrasonometrica su calcagno,
anch’essa a titolo gratuito.
L’osteoporosi è una patologia che colpisce più di 200 milioni di donne in tutto il mondo e si stima
interessi un terzo delle donne di età dai 60 ai 70 anni e due terzi delle donne di età pari o superiore agli 80 anni.
Circa 400.000 donne dell’Unione Europea subiscono ogni anno fratture dell’anca correlate
all’osteoporosi, e si presume che questo numero possa raggiungere il milione di donne per anno
entro il 2050. La mortalità annua per le fratture femorali nei Paesi occidentali è stimata essere del
5% in fase acuta e del 15-25% entro l’anno successivo all’evento, superando così quella del tumore gastrico e pancreatico. Inoltre, per la donna, il rischio di sviluppare nel corso della vita una frattura femorale si valuta essere maggiore del rischio complessivo di tumore mammario, endometriale ed ovarico e, per l’uomo, maggiore del rischio di tumore della prostata.
La diffusione dell’osteoporosi, è stata documentata in Italia dallo studio epidemiologico ESOPO
(Epidemiological Study On the Prevalence of Osteoporosis) con il quale sono stati raccolti dati clinici di circa 16.000 soggetti, evidenziando come l’osteoporosi sia una patologia sotto-diagnosticata e sotto-trattata. Una recente revisione dei dati raccolti ha permesso di evidenziare che nelle
donne la prevalenza dell’osteoporosi è circa del 18.5% e del 44.7% quella dell’osteopenia, mentre la prevalenza negli uomini è rispettivamente del 10% e del 36%. La prevalenza di osteoporosi
e osteopenia è più alta nelle donne rispetto agli uomini e in entrambi i sessi la percentuale di osteoporosi aumenta significativamente con l’età, raggiungendo valori del 42% nelle donne e del 13%
negli uomini in soggetti tra i 70 e i 79 anni.
L’osteoporosi è quasi sempre asintomatica, pertanto assumono l’importanza di programmi di educazione della popolazione, di screening e di prevenzione.
Il 29 ottobre per la Giornata nazionale di lotta alla sordità dell’Airs
Esami gratuiti al Maria Vittoria e al S. Giovanni Bosco
Anche l’ASL TO2 ha partecipato il 29 ottobre alla Giornata nazionale per la lotta alla sordità organizzata dall’Airs (Associazione italiana per la ricerca sulla sordità): i reparti di Otorinolaringoiatria
degli ospedali Maria Vittoria e San Giovanni Bosco, diretti rispettivamente dalla dott.ssa Enrica
Amasio e dal dott. Fabio Beatrice, hanno messo a disposizione strutture di diagnosi, personale medico e sanitario per un esame gratuito dell’udito.
In Italia sono 8 milioni le persone che hanno problemi di udito e di comunicazione. La Giornata organizzata dall’Airs si propone di sensibilizzare l’opinione pubblica sui gravi problemi medici e sociali
connessi con la sordità promuovendo l’informazione, la prevenzione e la ricerca scientifica.
INCONTRI DI INFORMAZIONE SULLA MALATTIA DI ALZHEIMER
Ogni lunedì di novembre all’ASLTO 2
Il Centro Diurno “Aurora” della ASL TO 2, in via Schio 1, promuove un ciclo di incontri formativi sulla malattia di Alzheimer, aperto a tutti gli interessati.
Gli incontri si terranno al Centro Aurora ogni lunedì pomeriggio del mese di novembre dalle ore 14,30 alle 16,00 in Via Schio 1.
Calendario incontri a ingresso libero:
Lunedì 2 novembre 2009:
a cura del Dott. Marco Casti (geriatra responsabile Centro diurno Aurora)
Aspetti medici, farmacologici e problemi comportamentali della malattia di Alzheimer
Lunedì 9 novembre 2009:
a cura dell’ Assistente Sociale Asl to2
Gli aspetti socio-assistenziali (aiuti domiciliari, invalidità civile, legge 104)
Lunedì 16 novembre 2009:
a cura del Personale del Centro Diurno (Educatore, Infermiera, OSS)
Consigli per trasformare l’ansia in attività utili
Lunedì 23 novembre 2009:
a cura del Fisioterapista Cooperativa Animazione Valdocco
Muoversi insieme
Lunedì 30 novembre 2009:
a cura della Dott.ssa Claudia Chiavarino (psicologa Centro Diurno Aurora)
La gestione dello stress e altre problematiche
Per informazioni 011. 285946
Il Centro Psicogeriatrico della ASL TO 2 è attivo dal 1994 nella Geriatria Territoriale ed è
nato come primo centro in Italia pubblico e gratuito per pazienti con demenza.
Svolge attività di diagnosi, cura, riabilitazione e anche di supporto alle famiglie, attraverso un’equipe specializzata.
Con il Dr. Marco Casti (Responsabile del Centro) operano psicologi, infermieri, educatori e assistenti. Le attività, rivolte a pazienti della ASL TO 2, si svolgono dal lunedì al venerdì dalle 8.00
alle 16.30, con visite mediche e psicologiche programmate, laboratori specifici di cucina, cucito,
ginnastica dolce, canto e ballo, per stimolare le potenzialità residue.
Attualmente sono in carico al Centro Aurora 31 pazienti, con un media di 20 presenze ogni giorno.