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L’USURA NEI DERIVATI OTC
UP-FRONT E VALORE DI CHIUSURA
A cura del dott. Roberto Marcelli
(Presidente ASSO-CTU – Ass. Naz. Consulenti del Tribunale
in materia bancaria e finanziaria)
Roma 15 febbraio 2012
dott. R. Marcelli, Studio: Via Bergamo, 43 - 00198 Roma, Tel. 06.8841269 Fax 06.233221032
sito: www.studiomarcelli.com; e-mail: [email protected]
STESURA PROVVISORIA
Sommario 1. La natura dell’up-front nei derivati. 1.1 Risvolti giuridici. pag. 2. 1.2 Risvolti tecnici.
pag. 9. 1.3 Considerazioni di sintesi. pag. 17. 2. Il fair value e il valore di chiusura del derivato. 2.1 Il
Fair value del derivato. pag. 23. 2.2 Il valore di chiusura del derivato. pag. 29. 3. L’usura nei derivati.
pag. 35. 3.1 I prestiti sintetici. pag. 37. 3.2 Gli Swap di finanziamento. pag. 42. 4. Sintesi e osservazioni
finali. pag. 47.
PREMESSA.
Le nutrite critiche che hanno accompagnato il diffuso e indiscriminato collocamento dei
derivati appaiono spesso intrise di travisamenti e misunderstanding.
E‟ opportuno che la complessità dei concetti matematici che sottendono l‟architettura del
derivato, in particolare la determinazione del valore dello Swap e dell‟up-front, sia
compiutamente resa fruibile al giurista per una corretta valutazione e collocamento
dell‟operazione nel quadro normativo di riferimento.
Nelle contestazioni proliferate nelle aule dei Tribunali è spesso mancata una chiara
distinzione fra commissione e margine di intermediazione, fra fair value, quotazione di mercato
e prezzo di collocamento, trascurando il debito rilievo che assume la copertura del rischio di
controparte.
L‟atipicità del contratto derivato ha prestato il destro alla creatività dell‟ingegneria
finanziaria, producendo strumenti finanziari di matrice anglosassone, „alieni‟ al nostro
ordinamento. Con essi si è talora mirato a realizzare un arbitraggio disciplinare.
Dottrina e giurisprudenza appaiono ancora divise sulla natura dell‟up-front, poco usuale
nel mercato OTC ma ricorrente nei derivati collocati presso imprese ed Enti locali. Una scarsa
considerazione della funzione di finanziamento dell‟up-front e una carente disamina dei costi di
intermediazione, collocamento e „ristrutturazione‟ delle operazioni su derivati appaiono
precludere il dispiego di presidi di trasparenza atti a colmare l‟asimmetria informativa congenita
a tali prodotti finanziari.
1
Rimangono disattesi principi di trasparenza e obblighi di rispetto delle soglie d‟usura,
celati nei travisamenti che accompagnano i giudizi e le valutazioni dei comportamenti, nonché
della natura delle operazioni poste in essere e delle cause implicite ai contratti sottostanti1.
1.
LA NATURA DELL’UP-FRONT
1.1
RISVOLTI GIURIDICI.
NEI DERIVATI.
Gli Swap, pur espressamente previsti dalla legge, rimangono dei contratti atipici, privi di
una loro specifica normativa2. In quanto contratti atipici la loro protezione da parte
dell‟ordinamento è collegata alla meritevolezza e utilità sociale perseguite3.
Come si è mostrato in precedenza, i derivati, in particolare gli Swap, vengono impiegati
con diverse finalità, copertura e gestione del rischio, nonché strettamente speculativa e di
arbitraggio. Le motivazioni sono pertanto variegate: lo schema contrattuale è il medesimo,
l‟intento è posto al di fuori del contratto, nella sfera individuale delle parti.
Nelle diverse finalità perseguite, la causa tipica del contratto viene individuata nel
trasferimento e scambio di rischi e nei correlati flussi finanziari, o meglio nei differenziali che
1
Nel lavoro si prospettano considerazioni tecniche di chi, occupandosi professionalmente di economia
e finanza, si viene a confrontare – nell‟ausilio prestato a giudici e pubblici ministeri – con la struttura
normativa che presiede il settore del credito e l‟attività in strumenti finanziari. Talune posizioni
giurisprudenziali e di dottrina, nonché opinioni diffuse nei mass media, sono apparse confliggere con i
rigorosi principi tecnici che presiedono le problematiche che si incontrano nella complessa materia dei
derivati. Su tali risvolti sono incentrate le riflessioni riportate nel documento.
2
G. De Nova definisce il contratto derivato quell‟elenco riportato nell‟art. 1 del T.U.F. e rileva come
non si abbia un tipo di contratto ma, piuttosto, una categoria di contratti.
3
Non è del tutto scontato che ogni persona giuridica possa validamente stipulare un derivato che non
sia a copertura: “Conviene allora estendere l‟analisi, e chiedersi se tutte le persone giuridiche possono
validamente stipulare qualsiasi contratto derivato nella veste di investitori. Può porsi un problema di
coerenza con l‟oggetto sociale. Non sto inventando un problema: il Tribunale di Bergamo con la
sentenza del 4 maggio 2006 (in Riv. Dott. Commercialisti, 2007, 705, nota Giorgetti) ha dichiarato
invalido un contratto derivato meramente speculativo „a motivo della mancanza di strumentalità
dell‟iniziativa rispetto al perseguimento dell‟oggetto sociale‟. Se si dovesse ritenere che questa
strumentalità sia necessaria, molti contratti derivati che sono stati stipulati sarebbero a rischio perché
(…) in molti casi a contratti derivati con finalità di copertura sono succeduti contratti derivati
meramente speculativi per i quali dubbi circa la inerenza all‟oggetto sociale credo che siano più che
consentiti.” (G. De Nova, I contratti derivati come contratti alieni, Rivista di diritto privato, n. 3
2009).
2
ne derivano4. Con lo scambio e redistribuzione del rischio, immanente nelle mutevoli variabili
finanziarie, si persegue un‟allocazione dello stesso nei soggetti meglio in grado di gestirlo; ciò
permette di conseguire una maggiore efficienza e liquidità del mercato. In questo senso anche
un derivato prettamente speculativo contribuisce al perseguimento della finalità economicosociale, giustificandone il riconoscimento e la protezione da parte dell‟ordinamento giuridico5.
Il collocamento dei derivati OTC presso imprese ed Enti locali si è caratterizzato per la
frequente presenza, all‟inizio e/o nelle successive rimodulazioni (unwinding), di un up-front.
L‟up-front
costituisce
un
importo
certo,
inizialmente
determinato
e
riconosciuto
dall‟intermediario, che può essere inteso come la prima dazione (al tempo t0) della serie di
4
Sulla differenza dei flussi finanziari pone l‟accento la Corte Costituzionale per caratterizzare il
derivato: “Con riferimento alla suindicata articolata tipologia, a soli fini descrittivi e con un
ineliminabile margine di approssimazione dipendente dalla complessità del fenomeno, può ritenersi
che le negoziazioni aventi ad oggetto gli strumenti finanziari derivati si caratterizzano, sul piano
strutturale, per essere connesse ad altre attività finanziarie (quali, ad esempio, titoli, merci, tassi,
indici, altri derivati) dal cui “prezzo” dipende il valore dell‟operazione compiuta. Ferme ovviamente
restando le diversità legate al tipo di operazione prescelto, tali negoziazioni sono volte a creare un
differenziale tra il valore dell‟entità negoziata al momento della stipulazione del relativo contratto e
quello che sarà acquisito ad una determinata scadenza previamente individuata.” (Corte Cost. 18
febbraio 2010 n. 52, Pres. Amirante – Rel. Quaranta).
5
La stipulazione di un contratto derivato speculativo non è in sé illecita ma diviene fonte di
responsabilità risarcitoria solo in presenza di disposizioni limitative. E. Girino (I contratti derivati,
2010, Giuffré) distingue tre diverse casistiche:
“La prima pertiene a limitazioni derivanti dallo statuto che pongano un espresso divieto alla
stipulazione
di
strumenti
derivati
speculativi.
In
tal
caso,
ferma
la
responsabilità
interna
dell‟amministratore che abbia agito in difformità della previsione statutaria, l‟intermediario risulterà
responsabile nel momento in cui abbia omesso di accertare la sussistenza di un rapporto di
correlazione fra il derivato stipulato e la passività sottostante. (…) potrà evocarsi l‟obbligo
dell‟intermediario di astenersi dal compiere o proporre operazioni inadeguate per la clientela
(rammentandosi allo scopo che la „vendita‟ del derivato integra una negoziazione per conto proprio,
pressoché sempre assistita da un servizio di carattere consulenziale che, secondo i principi della
riforma MIFID, rende applicabile il regime di adeguatezza): dove l‟inadeguatezza emergerebbe ex se
dal confronto fra la specifica operazione proposta e l‟altrettanto specifica limitazione statutaria.
La seconda casistica si concreta là dove la limitazione alla stipulazione di derivati ai soli fini di
copertura sia rinvenibile nello stesso tenore delle pattuizioni intercorse fra i contraenti. Il caso tipico
ricorre là dove l‟accordo quadro esplicitamente richiama le esigenze di copertura del cliente ovvero
esprima un non meno esplicito rifiuto all‟esecuzione di derivati con funzione esclusivamente
speculativa.(…)
La terza casistica abbraccia le limitazioni normative, più precisamente i divieti posti, ad esempio, agli
OIC, ai fondi pensione, alle compagnie di assicurazione o agli enti locali.”
3
differenziali periodici risultanti dal derivato. Tuttavia, a differenza dei futuri pagamenti, che
all‟inizio risultano indeterminati nel segno e nell‟importo, l‟up-front è certo e determinato.
Sul piano giuridico, lo scambio dei rischi e dei connessi flussi finanziari, come causa
tipica del contratto di Swap, permane anche in presenza di un up-front che, secondo una parte
della giurisprudenza (Tribunale di Bologna, n. 2078/09, in ilcaso.it), viene a costituire un
pagamento anticipato di flussi; non muta la funzione economico-sociale del contratto, che resta
lo scambio di somme secondo i diversi tassi6.
Secondo altri (Corte d‟Appello di Trento 5/3/09, in ilcaso.it) “il valore dell‟up-front è
tanto più alto quanto più negativo è il valore del contratto per il cliente; l‟up-front costituisce
un pagamento immediato a favore del cliente in ragione dell‟accettazione di un rischio
maggiore perché tale up-front rappresenta il pagamento del costo implicito del contratto”.
Taluni autori concordano nel ritenere che l‟up-front non configura “una forma di
indebitamento puro e semplice, ma appare inserita in una operazione finanziaria ben più
complessa, avente finalità precise, espressamente autorizzate dalla legge. Tale previsione
consente la percezione di importi di up-front, che vengono sostanzialmente a costituire una vera
e propria anticipazione sui futuri flussi di risparmio previsti, e ne è prevista la ovvia
restituzione. Al comune viene restituita una somma anticipatagli inclusa nell‟importo
complessivo che il comune verrà a ricevere durante la durata del contratto a titolo di risparmio
6
“dentro a un contratto caratterizzato funzionalmente dallo scambio a scadenze predeterminate di
somme di denaro calcolate secondo diversi parametri su un capitale di riferimento (capitale che serve
solo a questo, ossia a far nominalmente da riferimento per il calcolo), la variante della clausola up
front – o pagamento anticipato che dir si voglia – sconta ovviamente l‟attualizzazione dei tassi
contrattuali su cui ha scommesso la parte a favore della quale avviene il pagamento anticipato; ma
non muta la funzione economico-giuridica del contratto; essa resta lo scambio delle somme secondo i
diversi tassi che le parti – correndo il rischio della loro differenza – si sono obbligate a scambiarsi. Il
contratto dal punto di vista economico non è destinato funzionalmente a produrre un debito ma, al
contrario, a produrre un guadagno e – nella sua funzione economica – è uno strumento di
investimento di risorse, nel senso che ciascuna parte si obbliga a pagare una somma (il tasso che ha
scommesso sul capitale di riferimento e che verrà a maturazione per tutto il tempo di durata del
contrato) sperando di remunerarla con quanto riceverà dall‟altra. Ovviamente questo contratto può
avere tra i suoi effetti l‟indebitamento per quello dei contraenti che sarà perdente sul tasso
d‟interesse; ma l‟esposizione all‟indebitamento è – si ripete – un mero effetto possibile di questo
contratto (come di tanti altri contratti), non la sua funzione precipua correlativa all‟anticipazione di
denaro da doversi rendere. Qualora vi sia nello Swap la clausola up front, si ha sì anticipazione di
denaro, ma è cosa ben diversa da un mutuo o da una anticipazione di credito, perché l‟up front è solo
la modalità di pagamento (unica soluzione anziché in più) che non muta la causa del contratto”.
(Tribunale di Bologna, n. 2078 del 14 dicembre ‟09)
4
sugli interessi che sarebbero dovuti sul debito originario: si tratta all‟evidenza non già di un
nuovo e diverso indebitamento, ma della percezione anticipata di un importo che competerà
comunque all‟ente” 7.
Il riferimento ai flussi di risparmio previsti appare alquanto labile: in termini monetari vi
possono anche essere differenze positive, ma in termini finanziari, attualizzando gli impegni a
credito e a debito, ai tassi espressi dal mercato, il risparmio è nullo.
Si osserva inoltre che l‟importo dell‟up-front precede la determinazione del tasso a
debito del cliente: in funzione dell‟importo finanziato viene stabilita la maggiorazione del tasso
a carico dell‟operatore. Risulterebbe, per altro verso, una palese forzatura tenere separate le due
gambe dello Swap e considerare l‟up-front l‟anticipo della gamba a credito del cliente8. Non si
può prescindere dalla condizione di netting dei flussi aleatori, il cui saldo può risultare ex post
tanto a credito quanto a debito.
Altri autori ritengono che “(…) il funzionamento pratico del contratto IRS prevede, in
luogo dello scambio dei flussi di interesse, il pagamento del differenziale tra i due flussi di
interesse (netting) calcolati secondo i due tassi di riferimento. Chiarito questo concetto è
evidente che come al momento iniziale di un determinato contratto si possa ipotizzare quale
sarà la situazione di netting in qualunque momento del contratto basandosi sulla proiezione dei
tassi variabili per il periodo che va dalla data di stipulazione del contratto alla fine dello stesso.
Si tratta di calcolare tutti i netting sulla base della curva dei tassi variabili ipotetica,
tecnicamente definita curva Forward, come se quei tassi esposti nella curva dovessero
effettivamente realizzarsi a quelle scadenze, e si calcola per ciascuna scadenza futura verso
quale direzione dovrebbero indirizzarsi i netting. L‟elenco di tutte le scadenze dove è
effettivamente evidenziato un netting a favore dell‟ente locale rappresenta una sorta di rendita
ipotetica che come tale può essere soggetta ad un procedimento di attualizzazione alla data di
stipula del contratto. Semplificando il concetto, è come se una parte di ciascuno degli ipotetici
netting a favore dell‟ente venissero attualizzati per formare una somma che viene liquidata
7
A. Lupi, Il contratto di Swap nella sentenza n. 2376 del 7 agosto 2006 della Sezione regionale
Sicilia, La finanza locale.
8
In questa chiave di lettura il mutuo a tasso variabile potrebbe essere inteso come uno Swap nel
quale tutta la gamba a credito è corrisposta nell‟up-front. In altri termini un mutuo indicizzato
all‟Euribor potrebbe essere rappresentato con una figura particolare di Swap, nella quale una gamba è
data dal pagamento immediato di un up-front, pari al nozionale, e pagamenti nulli successivamente,
mentre l‟altra gamba è data dal flusso di pagamenti, in parte definiti (quota capitale) e in parte
aleatori, parametrati all‟andamento dell‟Euribor.
5
immediatamente e in contanti all‟ente stesso. La banca sarà disposta a liquidare una somma
basata sull‟attualizzazione dei flussi ipotetici solo in cambio di un proporzionale aumento dello
spread da applicare al tasso variabile. Per cui più alto sarà l‟up-front iniziale, più alto sarà il
livello dello spread e quindi del tasso di interesse variabile complessivo che l‟ente locale
pagherà alla scadenza.”9.
E‟ stata criticata la prospettiva avanzata dal Tribunale di Bologna e le altre posizioni sopra
descritte, che sembrano trascurare l‟effettivo contenuto del contratto: la presenza dell‟up-front è
rivolta esclusivamente a disporre/erogare una somma di denaro. “La recente dottrina
specialistica adotta una prospettiva prudente. Essa descrive l‟up-front come “una somma che
dovrebbe esprimere una parte dei flussi positivi che, secondo la previsione dell‟intermediario, il
derivato andrà a generare in futuro a favore del cliente”. In altre parole, l‟up-front sarebbe
nient‟altro che una tecnicalità del derivato, il quale potrebbe tanto contenere condizioni tali da
rendere par, ab origine, lo strumento, quanto condizioni incise dal riconoscimento anticipato di
un up-front. La spiegazione non è soddisfacente, sia perché è descrittiva, sia perché trascura
che alla peculiarità della struttura – quale si manifesta in presenza dell‟up-front, si
accompagna per forza una differenza in termini di interessi perseguiti dalle parti. Se lo
strumento adottato contempla l‟erogazione di un up-front, ciò significa che l‟investitore ha
interesse a disporre di una somma di denaro – tipico il caso dell‟up-front riconosciuto al
Comune in contemporanea alla conclusione del primo contratto derivato – o a rinviare nel
tempo una perdita – tipico il caso dell‟up-front riconosciuto all‟impresa in sede di
rinegoziazione –. In questo secondo caso, in particolare, dire che l‟impresa, in sede di
rinegoziazione, avrebbe potuto concludere un contratto derivato senza l‟erogazione dell‟upfront significherebbe trascurare che l‟accredito dell‟up-front costituisce il motivo unico, per
l‟investitore, della conclusione del nuovo derivato. Mutuando la regola operazionale dalla
collaudata giurisprudenza in materia di lease back, si può dire che l‟up-front è un
finanziamento, perché consente di rinviare la perdita ed è erogato in presenza di “una
situazione di credito e debito” tra l‟intermediario e l‟investitore la quale conduce a concludere
un contratto derivato caratterizzato dalla “sproporzione” delle alee.10.
9
Cfr. M. Trudu, Problematiche connesse all‟uso dei contratti su strumenti finanziari derivati da parte
degli enti locali, Finanza locale, 2008.
10
(D. Maffeis, Contratti derivati Over The Counter, intervento al Convegno „I contratti di finanza
derivata. Problematiche giuridiche e tecniche. Milano 14-15 ottobre 2011).
6
La giurisprudenza più recente, abbandonando una stretta ricostruzione oggettiva della
causa, si è rivolta ad individuare il reale assetto degli interessi che il contratto è diretto a
realizzare: occorre, in altri termini, individuare in concreto i complessivi interessi coinvolti che
possono anche divergere da quelli astrattamente previsti nello schema negoziale impiegato. La
Cassazione n. 10490/06 individua la causa nella “sintesi degli interessi reali che il contratto
stesso è diretto a realizzare (al di là del modello, anche tipico, adoperato). Sintesi (e dunque
ragione concreta) della dinamica contrattuale, si badi, e non anche della volontà delle parti.
Causa, dunque, ancora iscritta nell'orbita della dimensione funzionale dell'atto, ma, questa
volta, funzione individuale del singolo, specifico contratto posto in essere, a prescindere dal
relativo stereotipo astratto, seguendo un iter evolutivo del concetto di funzione economicosociale del negozio che, muovendo dalla cristallizzazione normativa dei vari tipi contrattuali, si
volga alfine a cogliere l'uso che di ciascuno di essi hanno inteso compiere i contraenti
adottando quella determinata, specifica (a suo modo unica) convenzione negoziale” (Cfr. anche
Cass. n. 26958/07 e n. 239441/09)11.
Occorre pertanto analizzare gli interessi reali sottesi alla dinamica contrattuale, non la
volontà, espressa o tacita, delle parti: “per ragione che concretamente giustifica il contratto non
si deve intendere l‟interesse personale di ciascuna delle parti inteso come tale, nell‟ottica
quindi della soddisfazione del bisogno dell‟individuo mutevole da soggetto a soggetto e da caso
a caso, quanto piuttosto l‟interesse sociale che il singolo contratto intende perseguire. Si tratta
pur sempre quindi di un interesse (e di un giudizio sull‟interesse) economico-sociale, perseguito
però non da un tipo contrattuale preconfezionato e cristallizzato una volta per tutte, ma valutato
„nel particolare contesto di circostanze e finalità e interessi in cui quelle parti lo hanno
programmato” (Ungari Transatti, La Cassazione sposa la tesi della causa in concreto del
contratto, in Riv. Notariato, 2007).
11
“La sentenza in commento sembra del resto chiara sul punto ove dice „…seguendo un iter evolutivo
del concetto di funzione economico-sociale del negozio che, muovendo dalla cristallizzazione
normativa dei vari tipi contrattuali, si volga alfine a cogliere l‟uso che di ciascuno di essi hanno inteso
compiere i contraenti adottando quella determinata, specifica (a suo modo unica) convenzione
negoziale‟. (…) La Suprema Corte non vuole cioè ritornare alla concezione soggettiva della causa, ma,
bensì, semplicemente sottolineare l‟interesse sociale che il singolo contratto intende perseguire. (…)
L‟interesse rimane sempre un interesse di tipo economico – sociale, perseguito però non già da un
tipo contrattuale preconfezionato e cristallizzato ma bensì scaturente dalle circostanze, dalle finalità e
dagli interessi delle parti del caso concreto.” (Izzi, La causa del contratto come funzione economicoindividuale, in Giust. Civ. 2007).
7
Si possono in questa prospettiva venire a sfumare e confondere i motivi con la causa, se
non si rimane aderenti all‟architettura del contratto 12. E‟ questa una diversa concezione che si
viene affermando. Su questa linea si è espresso il Tribunale di Bari, facendo espresso
riferimento alla sintesi degli interessi che concretamente il contratto è volto a realizzare. “La
ricorrente fa in modo pertinente riferimento alla nozione di causa concreta, che risponde al
modo in cui ormai la giurisprudenza di legittimità concepisce il requisito causale. Da quando
Cass. 8/5/2006 n. 10490 ha affermato il principio che causa del contratto è la causa concreta,
lo scopo pratico del negozio, la sintesi, cioè, degli interessi che lo stesso è concretamente
diretto a realizzare, quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là
del modello astratto utilizzato, la causa concreta non solo è penetrata nelle pronunce a sezioni
semplici (Cass. 12/11/2009, n. 23941), ma quel che più importa è che si tratta di nozione fatta
propria da rilevanti arresti delle sezioni unite (Cass. 11/11/2008, n. 26972 sul danno non
12
Da parte di taluni si paventa „un eccesso sostanzialistico, che rischia di confondere l‟elemento
soggettivo del negozio con quello oggettivo, invadendo la sfera dei motivi, come noto irrilevanti.‟
“Appare estremamente delicato ricostruire la “causa” del contratto senza travalicare nella sfera dei
motivi, come noto giuridicamente irrilevanti (fatta eccezione per l‟ipotesi del motivo illecito comune a
entrambe le parti, che comporta la nullità del contratto, ex art.1345 c.c.). Di recente, diversi Tribunali
hanno riconosciuto, nell‟ipotesi di contratto quadro privo della esplicitazione di una particolare finalità
perseguita dalle parti, che lo Swap è un contratto tipico, specificatamente disciplinato dal TUF (art.1,
2° comma, d.lgs.58/1998) con una causa (tipica) costituita dallo scambio tra somme di danaro tra le
parti a tassi differenti e sul rischio della loro differenza (Trib. Bologna, 14.12.2009 n.5244, Trib.
Torino, 28 marzo 2011, n.1996/11, Trib. Trani, 3.07.2007), laddove le finalità e gli scopi in concreto
perseguiti dalle parti con la stipulazione di un siffatto contratto non assumono rilievo sotto il profilo
giuridico, in quanto attengono al piano dei motivi e non a quello della causa. Sul punto, è interessante
lo spunto di riflessione offerto dalla sentenza n. 1996 resa in data 28.01-28.03.11 dal Tribunale di
Torino. In particolare, i Giudici Piemontesi hanno evidenziato (i) che “il contratto di Swap, come
specificatamente disciplinato nel settore della intermediazione finanziaria, possiede una sua causa
tipica, costituita dallo scambio tra somme di denaro tra le parti in base a tassi di interessi diversi e sul
rischio della loro differenza (cfr. Trib. Bologna, 14.12.2009, n. 5244), laddove le diverse finalità e gli
scopi in concreto perseguiti dalle parti con la stipulazione di un siffatto contratto non assumono rilievo
sotto il profilo strettamente giuridico, in quanto attinenti al piano di motivi e non a quello della
causa”; (ii) che, come sancito dalla nota pronuncia Cass. Sez. Un. n. 26724/2007, “in difetto di
previsione normativa in tal senso, la violazione di doveri d‟informazione al cliente e di corretta
esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione di
servizi di investimento finanziario non può in nessun caso determinare la nullità del contratto
d‟intermediazione o dei singoli atti negoziali conseguenti a norma dell‟art. 1418, 1° comma, c.c. ” ed,
infine, (iii) che “la normativa in materia di offerta fuori sede non si applica alla materia del
collocamento, in cui si inscrive l‟operazione finanziaria oggetto di causa”. (G. Miccolis, Contratti
derivati contenzioso e strategie difensive, intervento al Convegno „I contratti di finanza derivata.
Problematiche giuridiche e tecniche‟. Milano 14-15 ottobre 2011).
8
patrimoniale e 18/2/10, n. 3947 sulla polizza fideiussoria). Quanto però al primo contratto di
Swap la deviazione dal tipo sociale sul piano della causa concreta viene indebitamente dedotta
dalla violazione delle regole di comportamento, violando il principio, ormai non più solo
dottrinale, ma anche giurisprudenziale (cfr. l‟arresto delle sezioni unite di cui a Cass. 19/12/07,
n. 26724; e già prima Cass. 29/9/05, n. 19024), dell‟indeducibilità delle regole di validità dalle
regole di comportamento. Più seria è la censura quanto ai contratti stipulati successivamente,
caratterizzati dal crescente ammontare delle passività. Si tratta di verificare, sul piano della
causa concreta, se l‟incorporazione nel regolamento della passività pregressa e degli ulteriori
costi renda lo schema negoziale ab origine incapace di realizzare la funzione di copertura del
rischio, da intendersi connaturata al tipo sociale, stante anche quanto osservato dalla Consob
con la comunicazione del 26/2/99 (secondo Trib. Monza 31/8/09 la previsione a carico del
cliente di un tasso fisso in misura crescente, nell‟ambito di una sequenza di contratti, preclude
il raggiungimento dello scopo della copertura del rischio, e determina pertanto la nullità del
contratto per difetto di causa).” 13.
Rimanendo ininfluenti le motivazioni soggettive delle parti, la causa pertanto rimane nel
contratto, nella sua idoneità ad assolvere una specifica funzione.
Nelle operazioni derivate occorre pertanto valutare se l‟assetto del negozio giuridico
posto in essere configura concretamente uno scambio di flussi tra le parti, nella prospettiva
connaturata al genus, o se invece risulti insita una finalità diversa o ulteriore rispetto a quella
tipica del contratto14.
1.2
RISVOLTI TECNICI.
Le puntualizzazioni dianzi riportate consentono di affrontare in un corretto quadro
giuridico la fattispecie dell‟up-front; perplessità insorgono sul suo ruolo in un contratto di Swap.
13
(Ordinanza del Tribunale di Bari 15 luglio 2010, in ilcaso.it).
14
La Corte dei Conti, con riferimento ai contratti Swap sottoscritti dagli enti locali, ha assunto una
netta posizione a sostegno della natura di indebitamento dell‟up-front, presente nei derivati in essere
presso gli Enti locali. (Cfr. intervento della Corte dei Conti, Sezioni riunite, del 18 febbraio ‟09, presso
la 6° Commissione Finanze).
9
Nei frequenti casi di rimodulazioni (unwinding) di Swap, l‟up-front viene non di rado a
costituire l‟elemento fondante l‟operazione stessa15.
Non vi è alcun elemento che connatura l‟up-front allo Swap, risultando la funzione del
primo distinta da quella del secondo. Anzi, la funzione di copertura del rischio, impiegata alla
stregua di un prodotto assicurativo, che sovente accompagna lo Swap, è più consona al
pagamento di un premio che all‟incasso di un up-front. Appare per altro stridente con la natura
tipicamente aleatoria del contratto l‟accostamento di un pagamento certo a pagamenti aleatori.
Non sembra si possa parlare di „anticipo dei flussi futuri‟. Usualmente, più che valutare i
flussi futuri a credito da attualizzare, viene fissato l‟up-front da erogare e si calcola in
corrispondenza lo spread che occorre aggiungere al flusso aleatorio del derivato; la
determinazione dell‟up-front precede quella dei flussi: in questo senso l‟up-front non può essere
inteso come un‟anticipazione dei flussi futuri di pagamento. Ad un dato up-front, fissato
l‟holding period e la cadenza dei flussi, corrisponde un determinato spread sul saldo periodale,
che può rivenire indifferentemente da una maggiorazione del flusso a carico del cliente o da una
riduzione del flusso a carico dell‟intermediario. Onado, in un suo lavoro, riporta: “l‟up-front può
essere visto, per chi lo riceve alla stipula del contratto, come un valore attualizzato dei flussi
maggiori che si pagheranno in futuro rispetto alla controparte” 16; ma che cos‟è questo se non
un finanziamento?
Con riferimento al saldo, l‟erogazione di un up-front, nelle modalità ordinariamente
impiegate dagli intermediari nelle operazioni di Interest Rate Swap, induce una lievitazione del
15
“Non occorre dimostrare la debolezza di quella giurisprudenza degli interessi che tende a
riconoscere che la clausola, i cui effetti sarebbero vietati, tuttavia si sottrarrebbe alla nullità in ragione
del suo c.d. assorbimento funzionale all'interno di una più ampia pattuizione. Questo, infatti, non è il
caso dei contratti derivati rinegoziati, conclusi sulla scorta dell'erogazione dell‟up-front, dato che
l'accredito iniziale e la restituzione di una maggior somma a titolo di restituzione e di interessi non
favoriscono
né
rafforzano, ma semmai limitano o
escludono in radice, quella dipendenza
dall'andamento del sottostante – l‟alea – di cui la funzione del tipo sociale del contratto derivato,
comunque la si declini sul piano dei motivi, è tratto caratterizzante. In chiave di c.d. assorbimento
funzionale, è semmai la causa dei contratti derivati rinegoziati che resta assorbita nella causa del
finanziamento, al pari del contenuto del contratto derivato rinegoziato, le cui formule, invece che
riflettere la dipendenza dal sottostante, sono piegate all'esigenza di assicurare all‟intermediario di
recuperare il finanziamento e di trarne profitto. Un „mutuo fra giocatori‟, non già come un tempo
viziato per l‟estensione ad esso dell‟illiceità del giuoco, bensì, sebbene funzionale ad un gioco lecito,
illecito esso stesso.”. (D. Maffeis, Contratti derivati Over The Counter, intervento al Convegno „I
contratti di finanza derivata. Problematiche giuridiche e tecniche. Milano 14-15 ottobre 2011).
16
M. Onado, Economia e regolamentazione del sistema finanziario, Il Mulino, 2008 Bologna.
10
mark-up, determinando un ricarico uniforme, a debito dell‟operatore, su tutto il flusso periodale.
La curva dei flussi attesi, e quella dei flussi che si determineranno effettivamente, subisce uno
shift costante a favore dell‟intermediario.
Pay-off lato banca
100.000
80.000
60.000
importo
40.000
20.000
-20.000
-40.000
-60.000
-80.000
1 gennaio '03
1 luglio '04
1 gennaio '06
1 luglio '07
1 gennaio '09
1 luglio '10
data
Tasso fisso - Euribor
Tasso fisso - (Euribor + 0,30)
Nessuna condizione contrattuale prevede esplicitamente un obbligo dell‟operatore a
restituire l‟importo relativo all‟up-front, più semplicemente viene „rincarato‟ il saldo dei flussi
per ricomprendere il pagamento, in un piano di rimborso: quest‟ultimo è certo e determinato,
solo la componente pura dello Swap continua a rimanere aleatoria, rendendo incerta la
commistione del flusso risultante dall‟aggregazione di un finanziamento e uno Swap.
Riporta Girino: “L‟erogazione dell‟up-front tuttavia (…) si accompagna ad una modifica
delle condizioni orginarie del contratto in senso peggiorativo‟ per il cliente. Potrebbe con ciò
desumersi che tale peggioramento sia il mezzo „occulto‟ attraverso il quale il finanziamento
viene restituito. Se, nella sostanza, nel nostro rudimentale esempio, l‟andamento prospettico
dell‟Euribor fosse stabile, l‟incremento dello spread (nell‟esempio da 3 a 5 punti) avrebbe lo
scopo di consentire alla banca di recuperare, nel tempo, un „dippiù‟ (rispetto al dovuto sulla
base delle condizioni di partenza), capace di compensare, appunto, il valore dell‟up-front
erogato. Da tale constatazione alla qualificazione dell‟up-front alla stregua di un finanziamento
il passo non è però immediato. Osta infatti un dato innegabile, ossia la circostanza per la quale
l‟andamento dei tassi è un dato che sfugge al controllo delle parti, le quali possono formulare
ragionevoli e ragionate previsioni al riguardo, grazie ad appositi strumenti di misurazione
probabilistica, ma non possono garantirsi un matematico controllo del suddetto andamento.
Tornando all‟esempio, se l‟Euribor crollasse, il maggior spread, applicato – in tesi – a scopo di
recupero, non consentirebbe affatto di centrare l‟obiettivo. Dunque non potrebbe
ragionevolmente concludersi che il predetto meccanismo di (presunto) recupero sia tale da
11
conferire all‟erogazione dell‟up-front natura di sostanziale finanziamento: proprio perché il
relativo „obbligo‟ di rimborso non sarebbe azionabile dalla banca, ma semplicemente di fatto
ottenibile solo nel caso in cui la sua previsione originaria risultasse confermata.” 17.
Nel valutare la natura dell‟up-front occorre distinguere le semplici operazioni di Swap
plain vanilla dalle operazioni più complesse nelle quali intervengono opzioni. In un ordinario
Interest Rate Swap, lo spread sull‟Euribor dell‟esempio riportato da Girino è un valore certo:
non è aleatorio, bensì è un „tasso fisso‟. L‟erogazione dell‟up-front si accompagna sì ad un
peggioramento delle condizioni, ma non aumenta il rischio, nel senso che la volatilità non
cresce: più semplicemente si aggiunge un tasso fisso (+200 punti base) che ha propriamente la
funzione di garantire il recupero del capitale erogato con l‟up-front con i relativi interessi.
Se un pagamento è riferito ad un tasso aleatorio, l‟alea non aumenta se si aggiunge una
costante al tasso. Solo se lo spread, anziché additivo, fosse fissato in proporzione all‟Euribor,
cioè in termini moltiplicativi, l‟alea si estenderebbe anche allo spread. Non risulta, in generale,
corretto sostenere che “l‟up-front costituisce un pagamento immediato a favore del cliente in
ragione dell‟accettazione di un rischio maggiore” (Corte d‟Appello Trento 5/3/09, ilcaso.it): il
rischio non aumenta, aumenta solo il costo18.
Diversa è la situazione nella quale l‟up-front viene conseguito attraverso la costruzione
di operazioni derivate più complesse che ricomprendono, tra l‟altro, la negoziazione di opzioni.
In tali circostanze potrebbe non configurarsi alcun finanziamento: a fronte del premio percepito
(up-front) potrebbe corrispondere la cessione di un‟opzione con conseguente assunzione di
rischio. Le ricorrenti operazioni di Swap con opzioni Collar, poste in essere dagli Enti locali,
presentavano spesso connotazioni miste, riferibili ad entrambe le tipologie menzionate.
Nelle ordinarie operazioni di IRS appare invece di immediata evidenza la natura di
finanziamento dell‟up-front che trova, nella maggiorazione del tasso aleatorio, un rimborso
commisurato al capitale erogato e allo specifico tasso di interesse, implicito nella maggiorazione
17
18
E. Girino, I contratti derivati. pag. 474, Giuffré 2010.
De Nova in un suo lavoro (I contratti derivati come contratti alieni, in rivista di diritto commerciale,
2009) si pone la domanda: “il secondo contratto derivato sconta la circostanza che il primo contratto
derivato si prospetta negativo per il cliente, con un incremento dell‟alea a carico del cliente rispetto al
primo contratto. Sino a che punto ciò può giustificare lo squilibrio tra le parti quanto all‟alea
assunta?”. Anche in tali circostanze è opportuno non confondere l‟alea con una maggiorazione, certa
e definita, del costo, posto a carico dell‟operatore, attraverso uno spread fisso aggiunto al tasso
variabile.
12
stessa e valutato coerente con il merito di credito del cliente. In tali circostanze l‟obbligo
restitutorio risulta commisto al contratto aleatorio, ma non è eventuale o aleatorio: anche con un
Euribor pari a zero (o negativo!) lo spread permarrebbe invariato19.
Sia in sede di unwinding che di prima sottoscrizione, con l‟up-front si configura un
finanziamento dell‟intermediario, al quale corrisponde un rimborso distribuito nel tempo,
usualmente certo e predefinito, ancorché occultato nella commistione con il derivato 20. Poiché il
mark-up adottato dagli intermediari, di norma, è costituito da uno spread additivo, commisurato
al nozionale in essere a ciascuna scadenza del flusso, la restituzione dell‟up-front finanziato
assume la veste di un ammortamento a rata costante. Lo spread aggiunto – commisurato al
nozionale dell‟operazione che, di regola, è un multiplo dell‟up-front – viene a corrispondere alla
rata costante (o proporzionale se il nozionale è decrescente nel tempo) necessaria
all‟ammortamento dell‟up-front finanziato. Concettualmente occorre tenere separate le due
operazioni, l‟una commutativa e l‟altra aleatoria: la parte aleatoria rimane circoscritta allo Swap,
mentre il rimborso assume la natura di una costante che non altera il rischio posto a carico
dell‟operatore.
In termini ex post, a seguito degli effettivi tassi espressi dal mercato il saldo aleatorio
degli impegni a debito e a credito risulterà modificato dell‟esatta misura della maggiorazione
stabilita inizialmente; la rata di ammortamento dell‟up-front potrà al più risultare compensata
dagli importi aleatori che l‟andamento dei tassi di mercato viene a porre a carico
dell‟intermediario nello Swap base al quale è commisto il finanziamento.
Girino afferma che: “Se correttamente si ritiene che l‟up-front sia un‟anticipazione del
valore attualizzato di flussi che, sulla base della ragionevole previsione dell‟andamento futuro
dei tassi, siano destinati ad essere incassati dal cliente, diviene altrettanto corretto concludere
che tale anticipo debba essere recuperato nella complessiva economia del contratto.”; ritiene
tuttavia che “in tale contesto, posto che l‟up-front paga immediatamente ciò che il cliente
dovrebbe incassare in futuro, il recupero del suo ammontare attraverso una variazione delle
19
Da un punto di vista teorico si possono concepire anche derivati con up-front legato ad un piano di
rimborso del tutto aleatorio, ma in tali circostanze, scomponendo l‟operazione nei prodotti elementari
che la compongono, si possono riscontrare opzioni, swap ed un piano ordinario di rimborso.
20
“ (…) a prescindere dal tipo di strumento finanziario sottostante, Swap, opzione, ecc., l‟up-front, in
sé, non ha nulla a che vedere con il perfezionamento di un contratto derivato. Ove fosse presente –
all‟interno di un contratto derivato – dovrà avere una autonoma ragione economico giuridica, ben
esplicitata, per non rischiare la dichiarazione di nullità in un eventuale giudizio per assenza di causa.”
(Lembo, La rinegoziazione dei contratti derivati. Problematiche giuridiche, Il nuovo diritto, 2007).
13
condizioni originarie del derivato deve ritenersi in sé lecito, ma solo nella stretta misura in cui
tale alterazione possa condurre a tale recupero. E la capacità di quella variazione di pervenire
ad un siffatto riequilibrio delle posizioni finanziarie delle parti andrà apprezzata esattamente
con lo stesso criterio (curva dei tassi) e nella stessa prospettiva temporale (arco di ragionevole
visibilità ammesso dalle metodologie più accreditate), attraverso la quale e nella quale si sia
stimato il valore di MtM (nel caso di up-front finalizzato al recupero della perdita) o il valore
del flusso atteso (nel caso di un up-front versato a inizio contratto).”21.
Il fair value del derivato è inizialmente nullo, a meno del margine di intermediazione. In
altri termini, il valore attuale delle due gambe, ottenuto scontando i flussi attesi sulla base dei
tassi ricavati dalla curva degli Swap è lo stesso per la parte a debito e quella a credito.
Per calcolare la correzione che occorre operare per recuperare l‟up-front, tuttavia,
l‟intermediario, nel determinare i maggiori flussi posti a carico del cliente, utilizza un tasso di
sconto più elevato del tasso Swap di un derivato par, commisurandolo al merito di credito del
cliente finanziato: non conseguirebbe altrimenti per l‟importo erogato la debita copertura del
rischio di controparte.
Nell‟operazione fra un intermediario professionale ed un operatore retail, per l‟up-front
– rispetto al fair value (determinato con i zero coupon rate) – si rende necessario considerare
tassi diversi che esprimano lo spread necessario a coprire, oltre agli oneri e spettanze
dell‟intermediario, il rischio di credito. La misura dello spread viene così a dipendere dalla
tipologia dei flussi attesi, dall‟holding period dell‟operazione, oltre che dal merito di credito
dell‟operatore retail. In questo senso risulterà diversa da operatore a operatore, incorporando il
derivato un intuitus personae che, per altro, ne preclude l‟accesso al mercato secondario.
L‟up-front, ragguagliandosi spesso a percentuali modeste del nozionale, ma ad importi
ragguardevoli rispetto al flusso finanziario atteso nella componente pura dello Swap, finisce per
modificare sostanzialmente il flusso a saldo delle due gambe del derivato.
La maggiorazione che l‟intermediario apporta al tasso, nell‟architettura del contratto, non
può essere finanziariamente neutra, cioè equivalente all‟up-front.
Considerando un puro Swap, privo di up-front, per un contratto a cinque anni, di nozionale € 1.000, con un
margine di intermediazione dello 0,20% in ragione d’anno, si avrebbe un tasso fisso del 4,18% (tasso di
mercato 3,98%) a carico del cliente, contro l’Euribor a carico dell’intermediario. Nella tabella si è posto a
21
E. Girino, I contratti derivati. pag. 480, Giuffré 2010.
14
raffronto questo Swap base al 4,18%, con i differenti tassi Swap che rivengono nel caso sia previsto un upfront pari distintamente a € 50, € 100 e € 300, finanziato all’8%.
Swap con up-front
Durata: 5 anni
Swap
Nozionale: € 1.000
Pagamento semestrale
Up-front
€0
€ 50
€ 100
€ 300
Cliente paga
4,18%
5,41%
6,65%
11,58%
Banca paga
Euribor 6M
Mispricing base
(su nozionale)
0,91%
0,91%
0,91%
0,91%
-
0,63%
1,25%
3,76%
0,91%
1,54%
2,17%
4,68%
Mispricing aggiunto
(su nozionale)
Margine di intermediazione
(su nozionale)
Euribor 6M
Misprice base = costo transazione + mark-up
Come si evidenzia, per conseguire una remunerazione dell’8% sul finanziamento implicito nell’up-front necessario
all’intermediario per recuperare
l’importo finanziato
nell’up-front,
oltre
agli
interessi
corrispondenti al merito di credito del cliente - il tasso Swap a carico del cliente subisce significativi
incrementi anche per valori moderati di up-front. La maggiorazione del tasso Swap e l’implicito margine di
intermediazione risulteranno tanto più elevati quanto minore è il merito di credito, più ristretto il periodo del
contratto, più elevata la quota di up-front in rapporto al nozionale.
TASSI FORWARD ATTESI (blu) / TASSI SWAP
per diversi up-front
14,0%
Up-front= 300
12,0%
10,0%
8,0%
Up-front= 100
6,0%
Up-front= 50
Up-front= 0
4,0%
2,0%
0,0%
giu-02
giu-03
giu-04
giu-05
giu-06
Dalla curva dei tassi forward attesi (in blu) si può rilevare che, già con un up-front di € 50, pari al 5% del
nozionale, il tasso Swap (altri colori) a carico del cliente, risultante dalla maggiorazione, conduce ad un
flusso di saldi attesi pressoché costantemente a debito.
Pay off - lato Banca
Semestri
t0
I sem.
II sem.
III sem.
IV sem.
V sem.
VI sem.
VII sem.
VIII sem.
IX sem.
X sem.
Swap con
Up front=50
Pay off atteso
(attualizzato)
0,0
14,6
13,5
12,6
11,0
8,4
5,1
2,7
0,3
-0,8
-2,0
Swap con
Up front=100
Pay off atteso
(attualizzato)
0,0
20,7
19,5
18,5
16,8
14,2
10,7
8,2
5,6
4,4
3,1
Swap con
Up front=300
Pay off atteso
(attualizzato)
0,0
45,1
43,6
42,2
40,1
37,1
33,1
30,1
27,0
25,2
23,2
15
Anche una modesta aliquota di up-front è suscettibile di indurre sostanziali alterazioni
dei flussi aleatori, dovendo l‟intermediario recuperare nel flusso posto a carico della parte, oltre
all‟up-front anticipato e al flusso degli interessi corrispondenti al tasso di attualizzazione, anche
l‟ordinario spread di ricarico, necessario a coprire il connesso rischio di credito: quest‟ultimo
risulta di fatto ripreso, in via anticipata, con una maggiorazione alla stregua del margine di
intermediazione.
Si ricade pertanto ineluttabilmente sempre nella fattispecie di finanziamento, individuata
da Girino: “La perdita implicita all‟alterazione dei tassi va, in altri termini, misurata alla luce
del valore dell‟anticipazione, per cui se essa può ritenersi tale da effettivamente coincidere con
tale valore, il contratto non potrà dirsi perdente in partenza, posto che la perdita è compensata
da un pagamento immediato già eseguito. Oltre siffatto limite, invece, sicuramente si sarà in
presenza di una variazione inaccettabile e tale da incidere sulla stessa causalità del
negozio”.(…) “ anche una minima eccedenza rispetto al versato determinerebbe per ciò solo
un‟alterazione illecita del meccanismo aleatorio e uno stravolgimento stesso della funzione
dello strumento. A quel punto, ma solo a quel punto, diverrà possibile riqualificare l‟up-front
(rectius: la parte di up-front eccedente la quota di flusso anticipata22) quale finanziamento,
atteso che l‟alterazione dell‟alea negoziale non avrà consentito semplicemente il fisiologico
recupero di un differenziale versato in anticipo, bensì l‟addizione di un quid pluris
assolutamente ingiustificato nell‟economia del derivato: con ogni intuibile ricaduta anche sul
piano delle conseguenze che quel quid pluris, ove particolarmente elevato, potrebbe implicare
(vuoi in termini di eccesso di interesse, vuoi, alternativamente o cumulativamente, in termini di
applicazione di una commissione occulta).” 23.
Così come nel margine di intermediazione, la parte prevalente del mark-up, certa e
predeterminata, è assorbita dalla copertura del rischio di credito insito nei flussi aleatori dello
Swap, in presenza di un up-front un ulteriore spread, certo e predeterminato, viene considerato
nel tasso dello Swap (aggiunto alla gamba del cliente o sottratto alla gamba dell‟intermediario),
per la necessaria copertura del maggior rischio assunto.
22
Si ritiene che tutto l‟up-front costituisce il finanziamento, la quota eccedente l‟attualizzazione al
tasso Swap è semplicemente la copertura del rischio di controparte.
23
E. Girino, I contratti derivati, pag. 480, Giuffré, 2010.
16
1.3
CONSIDERAZIONI
DI SINTESI.
Prescindendo dai motivi che guidano le parti, é rilevante individuare la causa che
connota in sé il contratto derivato, per evitare commistioni con figure negoziali che,
configurando una diversa causa, non costituiscono né un derivato, né uno strumento finanziario.
L‟elemento determinante la figura dello Swap è la diversa aspettativa sulla posizione
relativa, non assoluta, dei tassi (o valute); oggetto del contratto è la differenza a termine dei tassi
(o valute): l‟alea che permea il contratto non è propriamente riferita ai distinti tassi (o valute)
che lo compongono, bensì alla loro differenza. Questi aspetti sono del tutto assenti nel
finanziamento. Nel finanziamento si realizza un effettivo scambio della res: un ammontare
iniziale contro ammontari futuri. Il
tempo gioca un ruolo determinante e predefinito
inizialmente, mentre nello Swap il timing assume una funzione accessoria, risultando la
preminenza della causa negoziale assorbita nel differenziale.
Rispetto ai valori attesi, oggettivamente espressi dal mercato nella curva dei rendimenti,
le parti dello Swap presentano una distinta e diversa valutazione soggettiva e, volendo cogliere
lo scostamento dai valori di mercato, entrano nell‟operazione. Ponendosi sul punto di equilibrio,
nel quale il mercato giudica equivalenti il flusso fisso e quello variabile, le parti si accordano
sulla corresponsione a termine del differenziale, spartendosi l‟alea, sulla base di una
suddivisione paritaria espressa dal mercato, ma alla quale attribuiscono ciascuno una diversa ed
antitetica valutazione probabilistica e, di riflesso, economica. “L‟oggetto del derivato è (…) il
differenziale prodotto dalla comparazione fra i due prezzi (alla stipula e alla scadenza). Ciò che
le parti di un contratto derivato „comprano‟ non è il bene, bensì la „differenza di valore‟. In
assenza di questa specifica componente, desumibile dal tenore della stipulazione, il derivato
non è più tale, bensì diviene o meglio rimane un semplice contratto a termine.” (E. Girino, I
contratti derivati, Giuffré, 2010).
L‟elemento determinante il contratto di mutuo o di finanziamento è invece la necessità di
risorse finanziarie. Oggetto del contratto è il finanziamento: il tasso, se fisso o variabile, non è
un aspetto primario, ancorché la sua valutazione sia assunta, congiuntamente ad altri fattori, in
funzione delle aspettative future dei tassi24.
24
“La iniziativa di rinegoziazione, avanzata dalla banca prima della stessa scadenza del contratto o
immediatamente alla scadenza, non viene neanche presentata al cliente come un'iniziativa volta a
regolare le modalità di restituzione alla banca di una somma di danaro maturata a favore di
quest'ultima, e cioè come un‟operazione analoga a quella anche frequente in cui il mutuatario o il
17
Coerentemente con tale prospettazione il valore del derivato, espresso dal mark to
market – pari inizialmente all‟up-front, a meno delle commissioni di intermediazione – è stato
ricompreso nelle segnalazioni della Centrale dei rischi, alla stregua di un ordinario
finanziamento.
Dottrina e giurisprudenza continuano a rimanere ancora incerte e divise sulla natura
dell‟up-front. Da parte di taluni, come menzionato, si sostiene che con l‟up-front la banca non
eroga un finanziamento assistito da un obbligo di rimborso, bensì anticipa i flussi positivi che,
secondo la valutazioni dell‟intermediario, il derivato andrà a generare in futuro a favore del
cliente. Questa posizione rispecchia un sostanziale misleading dell‟architettura che tecnicamente
presiede la determinazione di un Swap con up-front.
Tassi distinti e diversi caratterizzano la valutazione del fair value e quella dell‟up-front.
Nella riconduzione al valore attuale, risulterebbe improprio impiegare uno stesso tasso, tratto
dalla curva zero coupon bond, ordinariamente impiegato sull‟OTC fra intermediari bancari di
primario standing.
Così come avviene nei prestiti reperiti sul mercato, se l‟operatore bancario spunta, ad
esempio, l‟Euribor flat, l‟operatore economico di norma paga uno spread sull‟Euribor. Come
nel titolo obbligazionario, lo spread espresso dal mercato rispecchia, rispetto al titolo free risk, il
rischio di credito ad esso associato, analogamente nel derivato il prezzo espresso
dall‟intermediario per l‟up-front, in termini di mark-up, rispecchia lo spread coerente con il
rischio di controparte.
In altri termini l‟intermediario sconta nel mark-up applicato al cliente la maggiorazione
che pratica nei finanziamenti per spesare il rischio di insolvenza del cliente, secondo la categoria
di merito nella quale è stato classificato. Nella commistione fra componente aleatoria e
componente di rimborso, il rischio rimane invariato, aumenta il costo: ex-post il risultato
aleatorio del puro Swap si somma all‟importo determinato dallo spread corrispondente al markup inizialmente calcolato.
cliente titolare di un'apertura di credito "incagliata" decide di rinegoziare la restituzione della somma
attraverso l'accordo dilatorio o altre forme che consentano più opportune modalità di restituzione. (…)
Va poi ulteriormente rilevato che, a ben vedere, i contratti rimodulati sulla base dell'accredito di upfront da parte della banca, non esprimono neanche la natura di contratto derivato, in quanto la causa
di finanziamento è in essi prevalente, considerato che l'intero contratto è volto alla restituzione alla
banca del finanziamento”. (B. Inzitari, Sanzioni Consob per l‟attività in derivati: organizzazione
procedure e controlli quali parametri nella nuova diligenza professionale e profili di ammissibilità delle
c.d. rimodulazioni, www.ilcaso.it, 2009).
18
Lo schema contrattuale e i termini dello Swap appaiono come „i vestiti dell‟imperatore‟
del noto episodio di Andersen: lo Swap con up-front maschera, con labili infingimenti, un
contratto di finanziamento.
La circostanza che la somma delle due componenti possa risultare nulla o positiva per
l‟operatore economico non modifica il piano di rimborso del finanziamento che rimane certo e
determinato. Separando le due componenti si palesa la natura commutativa e quella aleatoria.
In taluni Swap la presenza di un up-front arriva a determinare una struttura contrattuale
nella quale i flussi di pagamento dell‟intermediario – al netto di quelli posti a carico del cliente –
risultano probabilisticamente assai remoti e/o modesti: in tali circostanze la componente
finanziamento è prevalente e il flusso si configura come il pagamento della rata di rimborso del
finanziamento corretta per il più modesto flusso aleatorio riveniente dalla componente di Swap.
In tali circostanze viene svilita la funzione connaturata al genus del contratto, il quale risulta
deviato a realizzare, attraverso una forma atipica, un finanziamento. “Come una vendita senza
prezzo, o con prezzo simbolico, non è una vendita, in quanto manca un elemento essenziale del
contratto, così lo Swap con una prestazione simbolica non è un Swap, in quanto manca di un
elemento essenziale del contratto e cioè lo scambio di due flussi di pagamento”25.
In altri contratti Swap la presenza dell‟up-front è invece accompagnata da un più
significativo scambio di rischio, con liquidazione di un differenziale aleatorio: le due
componenti, fuse in un unico flusso, determinano movimentazione finanziarie alterne, seppur
prevalentemente a carico del cliente, per la necessaria compensazione dell‟up-front.
La presenza dell‟up-front non trova giustificazione alcuna, né nella costruzione dello
Swap, né in particolari esigenze o opportunità di mercato. Non sussiste alcun collegamento
funzionale dell‟up-front con lo swap, non ravvisandosi alcuna connessione necessaria che ne
giustifichi la presenza26. In queste circostanze è il genus del contratto che ne determina la causa?
Oppure occorre riferirsi al principio di prevalenza ed accertare se la funzione dello scambio
domini o meno la funzione di finanziamento? Oppure ancora coesistono con pari rilievo le due
finalità nel medesimo contratto?
25
Caputo Nassetti, Profili civilistici dei contratti derivati finanziari, Giuffré, 1997.
26
“L‟up-front è assimilabile ad un finanziamento di cassa finalizzato a coprire la minusvalenza che il
cliente non può pagare chiudendo l‟operazione (e non genera ricavi per il cliente)”. (Lembo, La
rinegoziazione dei contratti derivati. Problematiche giuridiche, Il nuovo diritto, 2007).
19
Certo la sottoscrizione di un unico documento negoziale non è necessariamente indice di
una struttura unitaria dell‟elemento causale, dipendendo questo dall‟unicità o pluralità degli
interessi economici perseguiti dalla struttura negoziale27.
La distinzione tra "negozio complesso o misto"28 e "negozio collegato" si fonda sul
diverso grado di compenetrazione tra le pattuizioni contenute e sulla possibile riconduzione o
meno delle diverse unità negoziali sotto un unico profilo causale. Nel primo le disposizioni
convenute sono necessariamente e funzionalmente combinate al perseguimento di uno scopo
pratico unitario, ed è necessario che le diverse figure negoziali perdano la loro individualità,
fondendosi in un‟unica unica. Nel secondo, al contrario, ciascuna entità negoziale, pur essendo
riconducibile ad un "interesse" unitario complessivo, è caratterizzata da un profilo causale
distinto ed autonomo, non determinandosi quel rapporto di connessione inscindibile tra le varie
disposizioni, tipico del negozio complesso. Per cui anche in presenza di un collegamento
negoziale,
ciascun
contratto
collegato
mantiene
la
propria
individualità
giuridica,
caratterizzandosi in funzione della propria causa: una pluralità di negozi distinti legati da un
nesso di reciproca dipendenza29.
27
“Il collegamento negoziale non dà luogo a un nuovo e autonomo contratto, ma è un meccanismo
attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene
realizzato non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i
quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato a un unico regolamento
dei reciproci interessi. Pertanto, il criterio distintivo tra contratto unico e contratto collegato non è
dato da elementi formali, quali l'unità o la pluralità dei documenti contrattuali, o dalla contestualità
delle stipulazioni, bensì dall'elemento sostanziale dell'unicità o pluralità degli interessi perseguiti.
Accertare se vi è un solo contratto o una pluralità di contratti rientra nei compiti esclusivi del giudice
di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione
congrua e immune da vizi logici e giuridici.” (Cassazione Civile Sez. II del 26 marzo 2010 n. 7305).
28
In dottrina si
differenzia il
negozio
complesso
da quello
misto
sulla base
dei
criteri
dell‟assorbimento, per il primo, e della prevalenza, per il secondo: quando nello schema negoziale
una tipologia causale é predominante e le altre hanno carattere meramente accessorio, allora si é in
presenza di un negozio complesso; al contrario, quando le tipologie causali sono autonomamente
riconoscibili pur se con la prevalenza di una di queste, si avrebbe il negozio misto.
29
“Affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la
considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito
dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti
nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un
requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l'effetto tipico
dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la
realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria
autonomia anche dal punto di vista causale.
20
Ulteriore distinzione opera la dottrina con il negozio indiretto, per tale intendendosi
quello mediante il quale le parti utilizzano un paradigma negoziale tipico per conseguire, oltre
agli scopi ad esso direttamente congruenti, ulteriori finalità proprie di altro negozio tipico,
ovvero con la realizzazione di un negozio atipico, inteso come negozio non coincidente nella
sua struttura formale e nella sua identità causale con alcuno dei modelli negoziali contemplati e
disciplinati dal legislatore ma rispondente alla finalità del soddisfacimento di un interesse
meritevole di tutela ai sensi del secondo comma dell'art. 1322 c.c., ovvero, ancora, con la
realizzazione di un negozio complesso, caratterizzato dalla coesistenza in esso di elementi
causali appartenenti tipicamente ad altre figure negoziali.
In ogni caso non sembra si possa prescindere dalla disciplina contrattuale in concreto
posta in essere, cioè l‟effettiva causa intesa come „funzione della realtà negoziale concreta‟,
indipendentemente dall‟istituto contrattuale prescelto30.
Si può giustificare l‟integrazione del regolamento negoziale quando si configura un
negozio di tipo complesso caratterizzato da un‟unicità di causa: l‟up-front non è né strumentale,
né tanto meno funzionale al contratto Swap, dalla cui natura si vorrebbe far discendere
l‟appartenenza al tipo, con la conseguente applicazione della disciplina riferita a quest‟ultimo.
Due cause, pur anche collegate, ma prive di rapporto funzionale o accessorio che connetta
necessariamente l‟una all‟altra, conservano la loro autonomia e appare ineludibile l‟applicazione
delle distinte discipline che le regolano31.
Il collegamento negoziale non dà luogo a un nuovo ed autonomo contratto, ma è un meccanismo
attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene
realizzato non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i
quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento
dei reciproci interessi. Pertanto, in ipotesi siffatte, il collegamento, pur potendo determinare un
vincolo di reciproca dipendenza tra i contratti, non esclude che ciascuno di essi si caratterizzi in
funzione di una propria causa e conservi una distinta individualità giuridica.”. (Tribunale di Rovigo, 25
gennaio - 10 marzo 2011, n. 26).
30
“Per stabilire la disciplina applicabile al contratto di specie, deve individuarsi quale tra i vari
elementi causali prevalga sugli altri (secondo la nota teoria della prevalenza, appunto, o
dell‟assorbimento), fatta salva l‟applicabilità della disciplina prevista per gli altri elementi, in quanto
compatibile; ovvero della disciplina che risulta dalla sintesi di tutti gli elementi (teoria della
combinazione) qualora nessuno di essi possa dirsi prevalere sugli altri.”. (Cass. S.U. n. 26298 e n.
11656/08).
31
Non bisogna trascurare che i contratti Swap sono contratti elaborati sulla base del modello
anglosassone: sono „alieni‟ al diritto italiano. “Trattandosi di contratti alieni, noi dobbiamo evitare di
prendere per buono qualcosa perché non è esattamente identico alla fotografia della fattispecie della
21
Questo aspetto assume un rilievo particolare. Più che il criterio dell‟assorbimento o della
prevalenza, appare rispondente una distinzione e separazione della causa creditizia e di quella
propria dello Swap. A seconda dei concreti assetti contrattuali si potrà individuare quale sia
economicamente la prestazione principale o quella prevalente, ma giuridicamente rispondono a
cause e finalità, di pari rilievo, distinte e separate.
Si può concepire una serie di contratti che, senza soluzione di continuità, descrivono una
gradazione da 100 a 1 della natura di finanziamento in termini complementari di puro Swap,
partendo da un finanziamento nel quale, in corrispondenza all‟up-front erogato, sono previsti
pagamenti unidirezionali, determinati o variabili, sino ad un classico Swap plain vanilla par,
senza up-front e con flussi differenziali aleatori, in corrispondenza del valore assunto dal tasso
variabile rispetto ad un tasso fisso prestabilito.
Se, in assenza di una individuazione circostanziata e definita dell‟oggetto del derivato, si
lasciano liberi i confini di espansione del tipo, si rischia di attrarre nella normativa del TUF
operazioni e prodotti propri di altre discipline: i CDS sono stati sottratti alla normativa
assicurativa, con i risvolti a cui veniamo assistendo in questi ultimi anni.
L‟intermediario valuta il rischio di credito insito nel contratto di Swap, in termini di
spread, alla stregua di un ordinario finanziamento. Poiché è possibile tecnicamente distinguere,
per ogni operazione di Swap, l‟elemento di finanziamento in esso implicito, sul quale
l‟intermediario commisura la copertura del rischio di credito, soprattutto in presenza di un upfront, un pregnante elemento di trasparenza potrebbe essere conseguito esplicitando il tasso
corrispondente che viene caricato al cliente per l‟up-front, così da renderlo più facilmente
confrontabile con l‟analogo rischio di credito caricato sul tasso degli ordinari finanziamenti.
E’ del tutto equivalente, ad esempio, da un punto di vista finanziario, con un tasso Swap del 4,18% su cinque
anni, convenire un Swap al 7,23% con up-front di € 100, oppure contrarre un finanziamento quinquennale di €
100 al 17% ed un puro Swap al tasso di mercato del 4,18%.
norma imperativa che vieta. Perché, se noi facessi questo, potremmo lasciarci sfuggire dei casi in cui
noi dovremmo invece ritenere la norma imperativa applicabile. Dunque la norma imperativa a
fattispecie specifica e analitica non è probabilmente lo strumento idoneo per svolgere questo tipo di
controllo. Ecco allora che a me vien fatto di pensare – come ho già scritto – che lo strumento di
controllo idoneo sia un vecchio strumento, che abbiamo quasi abbandonato: la norma materiale, che
non si preoccupa dello strumento giuridico ma del risultato.” (De Nova, Il contratto. Dal contratto
atipico al contratto alieno., CEDAM, 2011).
22
Swap
Scomposizione Swap
durata 5 anni
Nozionale € 1.000
durata 5 anni
Up-front: € 100
pagamento
semestrale
Cliente paga
4,18%
Cliente paga
7,23%
Banca paga
tasso Euribor 6M
Swap
Nozionale € 1.000
Margine di intermediazione
0,91%
Mispricing base
(su nozionale)
Mispricing aggiunto
(su nozionale)
Margine di intermediazione
(su nozionale)
tasso Euribor 6M
durata 5 anni
Finanziamento
Swap
(su nozionale)
Banca paga
0,91%
3,91%
Finanziamento di € 100
pagamento
semestrale
rata costante pari a € 15,24
(tasso: 17%)
4,82%
Attualmente, con una soglia d’usura del 16,89% per i ‘finanziamenti alle imprese e alle famiglie’, le condizioni
prospettate nello Swap sopra riportato configurerebbero l’usura.
Appare funzionale e corretto considerare lo Swap con up-front la risultante della
combinazione di un finanziamento e di un Swap par, tenendo distinta e separata la natura
commutativa da quella aleatoria del contratto. Ne consegue di riflesso che non si può
prescindere dagli inderogabili principi che presiedono la formazione del contratto, la necessaria
trasparenza delle condizioni di finanziamento e il debito rispetto delle soglie d‟usura.
Finanziariamente potrà risultare complesso ma, in generale, è sempre possibile operare la
scissione della componente aleatoria da quella commutativa, determinando il flusso
corrispondente all‟up-front e, distintamente, quello aleatorio connesso allo Swap par. Se non si
coglie questa distinzione, si viene a rimettere ad aspetti formali la determinazione di uno iato tra
la normativa del credito e la normativa dei servizi finanziari, con potenziali zone di elusione nei
grigi tratti di confine.
2. .
IL FAIR VALUE E IL VALORE DI CHIUSURA DEL DERIVATO.
2.1
IL FAIR VALUE DEL DERIVATO.
Del fair value sussistono varie definizioni, a seconda del contesto nel quale viene
impiegato32: ai fini contabili, ad esempio, criteri prudenziali impongono una valutazione diversa
32
“Fair value is the price at wich the property would change hands between a willing buyer and a
willing seller, neither being under any compulsing to buy and sell and both having reasonable
knoledge of relevant facts” (J. Bogdansky, Federal Tax Valuation, Boston, Warren, Gorharm and
Lamont, 1996).
23
da quella perseguita in una transazione di mercato. In quest‟ultima il fair value costituisce il
valore teorico di riferimento del derivato. Se il derivato presenta frequenti transazioni, il fair
value di mercato – altrimenti detto mark to market (prezzo segnato dal mercato) – è riferito al
mid-price, dato dal valore intermedio fra la più alta proposta d‟acquisto (bid - denaro) e la più
bassa proposta di vendita (ask - lettera).
Ciascun intermediario elabora, sulla base di un proprio processo di valutazione delle
informazioni disponibili ed un proprio modello matematico, una stima del valore del derivato:
questo valore teorico base, privo di aggiustamenti, costituisce la propria valutazione del fair
value. Tale valore viene assunto a benchmark di riferimento per determinare, congiuntamente
alla valutazione dei costi di intermediazione, la copertura dei rischi di controparte e la strategia
di gestione del portafoglio, il bid e l‟ask proposti dall‟intermediario. Ciò fa sì che vi saranno
tante valutazioni del fair value ed altrettante market quotation quanti sono gli intermediari
presenti sul mercato. La contemporanea presenza sul mercato di un numero ragguardevole di
intermediari sulla stessa tipologia di derivato lo rende più liquido e, di riflesso, risulta più
significativo il prezzo espresso dal mercato. La domanda e offerta determineranno il prezzo che
il mercato ritiene „fair‟.
La migliore lettera e il miglior denaro esprimeranno, nel valore intermedio, il fair value
„marcato‟ dal mercato, ma tutte le transazioni avverranno al prezzo bid o ask, nessuna al prezzo
del fair value di mercato: tanto più efficiente è il mercato, tanto più accostati saranno il bid e
l‟ask e le transazioni che intervengono risulteranno prossime al valore par espresso dal fair
value.
Il bid-ask spread rappresenta la remunerazione dei market maker per il servizio di
liquidità offerto agli operatori del mercato e la relativa ampiezza è funzione inversa del volume
I principi contabili (IAS 32, par. 11 e IAS 39, par. 9), stabiliti in sede UE, definiscono il fair value
(valore equo) come “il corrispettivo al quale un‟attività potrebbe essere scambiata, o una passività
estinta, tra parti consapevoli e indipendenti”.
L‟art. 2427 – bis c.c., nel recepire il concetto di fair value, prevede che:
“Il fair value è determinato con riferimento:
a) al valore di mercato, per gli strumenti finanziari per i quali è possibile individuare facilmente un
mercato attivo; qualora il mercato non sia facilmente individuabile per uno strumento, ma possa
essere individuato per i suoi componenti o per uno strumento analogo, il valore di mercato può essere
derivato da quello dei componenti o dello strumento analogo;
b) al valore che risulta da modelli e tecniche di valutazione generalmente accettati, per gli strumenti
per i quali non sia possibile individuare facilmente un mercato attivo; tali modelli e tecniche di
valutazione devono assicurare una ragionevole approssimazione al valore di mercato.”.
24
e della frequenza delle transazioni. Esprime in tal modo, oltre ai costi industriali di struttura, il
rischio di liquidità connaturato al derivato.
Prossima al fair value ma distinta da questa é pertanto la quotazione di mercato (market
quotation), il prezzo al quale l‟intermediario è disposto ad „entrare‟ in un derivato con una
determinata controparte.
Se il mercato del derivato è poco liquido e scarsamente attivo, per la determinazione del
fair value si fa riferimento a modelli matematici di stima (mark to model), che tuttavia
ricomprendono spesso ipotesi di costruzione non scevre da valutazioni soggettive 33. La
dispersione delle distinte valutazioni del fair value amplia lo spread bid–ask, inducendo un
maggior scostamento del prezzo praticato dall‟intermediario da una valutazione fair di mercato.
Per i derivati standardizzati – quali future ed alcuni tipi di opzioni – quotati in mercati
regolamentati, sufficientemente liquidi e trasparenti, la determinazione del fair value non
presenta particolari problemi, risultando univocamente e formalmente fissata dal mercato.
Anche per gli Swap plain vanilla, caratterizzati esclusivamente da durata e ammontare
nozionale, ancorché trattati bilateralmente sull‟OTC, intervengono frequenti transazioni e i
prezzi godono di una relativa trasparenza. La competitività di un mercato non dipende
necessariamente dall‟ufficialità e centralità delle transazioni, bensì dallo spessore delle
transazioni che intervengono, dalle informazioni disponibili, oltre che dalle tipologie degli
strumenti finanziari trattati. Per gli Swap plain vanilla, anche se trattati bilateralmente, le
33
“Determination of the mid-market price involves calculating three interrelated yield curves.
The first yield curve is the par curve, which is the set of fixed rates currently quoted for par Swaps of
various maturities. The par yield curve for interest rate Swaps is also called the mid-market Swap
curve because, in practice, it is derived by averaging the bid and offer rates for each quoted maturity.
A market participant considering entering into an interest rate Swap would consult the par Swap
curve to determine the fixed rates currently being quoted for various maturities.
The second yield curve is known as the zero coupon curve or spot curve, and is related through
arbitrage to the par yield curve. The zero coupon yield curve is a set of rates paid on instruments that
accumulate interest until maturity, with no intermediate cash fl ows. For interest rate Swaps, zero
coupon rates have traditionally been used to discount expected cash flows.
The third yield curve is the forward curve, and is derived from the zero coupon yield curve. The
forward yield curve consists of the future values of zero coupon rates that are implied by current zero
coupon rates. For interest rate Swaps, forward rates are used as proxies to estimate expected
floating rate cash flows for future dates.
This calculation is based on the unbiased expectations hypothesis, an economic theory that asserts
that forward prices are unbiased predictors of future spot prices.”. (The Value of a New Swap, D.
Mengle, ISDA Research Notes, 2010 n. 3).
25
informazioni circolano copiosamente, gli operatori di mercato risultano apprezzabilmente
numerosi e gli spread bid-ask risultano assai ristretti, 1-2 punti base, segno evidente di un‟ampia
liquidità e di margini di profitto ristretti.
Per i derivati più complessi, in assenza di una standardizzazione e di un mercato attivo, si
riduce la liquidità del prodotto34, gli spread si allargano, e la trasparenza del prezzo si riduce: in
tali circostanze la determinazione del fair value è frequentemente affidata a modelli di
valutazione. Le market quotation tendono a differenziarsi maggiormente, oltre che per i rischi di
mercato e di liquidità, anche in funzione delle più complesse stime parametriche dei modelli di
calcolo impiegati, che rendono più labile la determinazione del fair value35.
Il processo descritto caratterizza più in generale la formazione del prezzo su ogni
strumento finanziario: anche sui titoli azionari od obbligazionari quotati sui mercati
regolamentati, in un determinato momento, vi sarà un prezzo di acquisto (bid), un prezzo di
vendita (ask) e un connesso fair value di mercato. Come menzionato, più numerosi sono i
partecipanti e frequenti le transazioni, tanto più i bid-ask risulteranno accostati l‟uno all‟altro e
più significativo risulterà il fair value espresso dal mercato.
Nessun partecipante al mercato riceve un prezzo dello strumento finanziario par: sul
mercato non vi sono free lunch, ad un prezzo corrispondente al fair value non ha luogo nessuna
transazione. L‟operatore economico che accede al mercato non riceve il fair value del titolo, ma
bensì il miglior bid od ask, gravato del costo di intermediazione.
Se quest‟ultimo ad esempio è pari allo 0,3% ed il mercato per un determinato BTP
esprime il miglior prezzo bid-ask a 98,08 – 98,10, l‟operatore economico potrà acquistare il
titolo a 98,40; se subito dopo lo vende ricaverà 97,78, con una remissione di 0,62 pari alla
differenza fra il bid e l‟ask (0,02) e alla doppia commissione (0,60) per il servizio prestato
dall‟intermediario.
Nei mercati a pronti, regolamentati e liquidi, i valori bid/ask sono assai accostati e
vengono facilmente assimilati al mark to market, quando invece quest‟ultimo, a rigori, è
34
La mancanza o lo scarso rilievo delle proposte bid–ask su un determinato prodotto finanziario, ne
rende difficile la pronta liquidazione, riflettendosi in un allargamento dello spread ed in una minore
attendibilità dei prezzi scambiati.
35
Il contratto predisposto dall‟ISDA (International Swap and Derivative Association), per i casi di
risoluzione anticipata, non fa riferimento ad alcuna metodologia specifica, bensì indica principi
generali di equità e correttezza e prevede, per la determinazione del mark to market, la valutazione
di almeno quattro diversi operatori, per poi ricavarne un valore medio.
26
espresso dal mid-price e viene, di regola, rilevato a fine seduta su una media dei valori
scambiati, sia sul bid che sull‟ask.
A differenza degli ordinari strumenti finanziari trattati sui mercati ufficiali, nei quali il
regolamento risulta pressoché immediato (tre giorni), per i derivati OTC, negoziati
bilateralmente, l‟impegno di credito/debito risulta protratto nel tempo, con un apprezzabile
rilievo del rischio di controparte, che si riflette sia nel divario fra bid e ask sia nello spread che
separa il prezzo praticato dal fair value.
Si osserva che il fair value di un swap, determinato sul mid-price espresso dal mercato
OTC, è ricavato da proposte bid-ask riferite ad operatori di elevato standing di credito, per i
quali il rischio di credito è considerato modesto. Le market quotation proposte sull‟OTC non
incorporano il diverso rischio di credito che nelle operazioni con la clientela retail viene caricato
sul mark–up: questo, congiuntamente ai costi di intermediazione, costituisce il margine
percepito dall‟intermediario.
I modelli di valutazione del fair value impiegano curve dei tassi prossime al free risk,
generalmente riferiti ad un operatore con rating pari a AA. Un operatore con un rating migliore
potrà spuntare una market quotation più favorevole, un operatore con rating BB verrà caricato,
nella market quotation, di una maggiorazione corrispondente allo spread di rischio di credito
che separa il rating AA dal rating BB.
Fra controparti professionali, il rischio di controparte viene significativamente mitigato
attraverso castelletti di affidamento e collaterali a garanzia36 che consentono di mantenere assai
moderato lo spread bid-ask. Al contrario, nelle transazioni fra intermediario e operatore
economico il rischio di controparte si riverbera in una maggiorazione del margine di
intermediazione, tanto più ampia quanto minore è il merito di credito dell‟operatore economico
e più esteso il periodo interessato dai flussi finanziari. In altri termini, presentando il cliente
retail un merito di credito inferiore agli operatori professionali, altresì in assenza di
collateralizzazione a garanzia, la curva dei rendimenti da impiegare per i fattori di
attualizzazione dei flussi futuri a debito non potrà essere quella prossima al free risk (AA)
36
Gli accordi collaterali prevedono depositi, titoli di Stato o primarie obbligazioni, a garanzia del buon
fine dell‟operazione, separando il rischio dell‟investimento dal rischio di controparte e rendendo esiguo
o modesto quest‟ultimo. Inoltre, fra gli operatori specializzati del mercato OTC intervengono accordi
di netting sul complessivo portafoglio di derivati scambiati fra le parti: l‟inadempimento di un
contratto trascina l‟inadempimento di tutti i contratti conclusi con la stessa controparte. In tal modo
le esposizioni si compensano e il rischio di credito si riduce apprezzabilmente.
27
ordinariamente impiegata per la determinazione del fair value, ma dovrà corrispondere a quella
coerente con il merito di credito del cliente ratail: lo spread aggiunto alla curva free risk non
costituisce un profitto per l‟intermediario, bensì rappresenta la copertura dei costi di insolvenza
che statisticamente si presentano nell‟attività di negoziazione degli Swap.
L‟alea di controparte afferente uno Swap ha natura diversa da quella che si configura
nell‟ordinario finanziamento, in quanto il rischio per l‟intermediario insorge solo nei momenti
futuri – tecnicamente „stati del mondo‟ – nei quali il derivato è per esso positivo. Alla stipula,
presentando solitamente il derivato un fair value nullo, il rischio per l‟intermediario è dato dal
presumibile valore positivo che lo Swap può presentare in futuro. Lo Swap in taluni „stati del
mondo‟ si presenterà per l‟intermediario come una passività, in altri come un‟attività: solo in
questi ultimi si concretizza un rischio di credito.
Questo problema non si pone per i derivati standardizzati, trattati in mercati regolamentati
in contropartita con un operatore centrale che funge da garante dell‟operazione, in quanto il
rischio di credito è costantemente presidiato da un sistema di margini, tempo per tempo
commisurato al rischio assunto dall‟operatore centrale.
E‟ fisiologico pertanto che il valore del derivato, se espresso al netto del margine di
intermediazione, risulti non par. L‟indicazione del valore par del derivato, riportata
nell‟Allegato 3 al Regolamento Consob n. 11522/98, par. 4, parte B, deve essere riferita al
prezzo,
distinto
dalle
commissioni
e/o
dal
margine
di
intermediazione
percepito
dall‟intermediario37. La circostanza che tale margine non sia stato in passato separatamente
espresso ha alimentato comportamenti opportunistici di taluni intermediari, ingenerando tuttavia
37
Al momento della stipula il valore del derivato deve essere par. L‟Allegato 3 al Regolamento Consob
n. 11522/98, al paragrafo 4 della parte B, intitolato “Operazioni su strumenti derivati eseguite fuori
dai mercati organizzati. Gli Swaps”, precisa che “alla stipula del contratto, il valore di un swap è
sempre nullo”, la somma algebrica attualizzata dei flussi positivi e negativi e del valore delle opzioni
scambiate deve essere pari a zero. Ove invece gli Swap fossero ab origine contratti „non par‟, ossia
laddove presentassero “al momento di stipula un valore di mercato negativo per una delle due
controparti, poiché uno dei due flussi di pagamento non riflette il livello dei tassi di mercato”,
l‟equilibrio finanziario delle condizioni di partenza sarebbe ristabilito “attraverso il pagamento di una
somma di denaro” da parte del contraente
avvantaggiato” al contraente “svantaggiato” e “tale
pagamento, che dovrebbe essere pari al valore di mercato negativo del contratto, prende il nome di
up front.” (Audizione Dott. Massimo Tezzon, Direttore Generale Consob, avanti alla VI Commissione
“Finanze” della Camera dei Deputati del 30/10/2007).
28
confusioni ed interpretazioni distorte, fondate sull‟assunto che il prezzo spettante all‟operatore
economico fosse espresso dal fair value38.
Il prezzo par, corrispondente al fair value, è il valore teorico che, attualizzando i flussi
finanziari e ricomprendendo l‟eventuale up-front, deve risultare nullo all‟inizio dell‟operazione,
e che, al contrario, durante la vita del derivato viene „marcato dal mercato‟ e/o, in assenza di
transazione, viene „marcato dal modello‟. Partendo dal fair value, assunto come benchmark di
riferimento, l‟intermediario costruisce la market quotation specifica dell‟operatore retail
caricando il margine di intermediazione, costituito principalmente dalla copertura del rischio di
credito, risultando gli oneri di intermediazione, i costi strutturali ed organizzativi, nonché il
profitto dell‟operazione, proporzionalmente di entità assai inferiore.
2.2
IL VALORE DI CHIUSURA DEL DERIVATO.
I contratti-quadro relativi ai derivati predisposti dagli intermediari prevedono di norma, in
caso di risoluzione anticipata, che l‟intermediario determini il valore di chiusura sulla base del
fair value dello Swap. La circostanza che la determinazione del valore di chiusura
dell‟operazione sia rimessa all‟intermediario non solleverebbe particolari problemi se
risultassero chiare, univoche e note le modalità di individuazione del fair value e del valore di
chiusura39.
38
“If the actual price of a transaction were set so net present value was zero, the dealer would not
cover its costs of transacting and of serving more generally as a market maker, nor would it be
compensated for the credit risk it takes in a bilateral transaction. It is therefore necessary to adjust
the mid-market price to cover various costs and risk of transacting as well as provide a return to the
dealer that makes a market; this is true not only of derivatives but of market making for all financial
instruments”. (The Value of a New Swap, D. Mengle, ISDA Research Notes).
In parallelo l‟ABI ha avuto modo di osservare:“E‟ principio base che l‟operatività dell‟intermediario non
possa prescindere dall‟esistenza di un margine che deve coprire i costi e remunerare i rischi assunti
(margine di remunerazione della banca). La remunerazione non dà luogo a commissioni occulte ma a
margini, così come avviene in generale per tutte le operazioni relative al debito. Il margine
d‟intermediazione è un elemento necessario dei derivati ed è una componente del prezzo concordato,
così come per i mutui e le obbligazioni. Si traduce parzialmente in profitto per l‟intermediario
finanziario dopo recuperati i costi e sostenuto il rischio di credito fino a scadenza senza il verificarsi di
eventi sfavorevoli”.
39
“… non è un fenomeno espressamente riconosciuto dal codice civile perché, se ci pensiamo un
attimo, il nostro codice civile conosce sì la possibilità che un terzo completi il contratto che le parti
hanno lasciato con una lacuna genetica. Ma, appunto, si deve trattare di una lacuna genetica, e la
determinazione è affidata ad un terzo. La nostra giurisprudenza è però liberale, ed ammette che la
29
La terminologia impiegata nei contratti-quadro riporta espressioni del tipo: “Alla Banca
viene demandato l‟espletamento delle rilevazioni e dei conteggi richiesti dal contratto; le
rilevazioni ed i conteggi, effettuati dalla Banca in buona fede, valgono come determinazione
definitiva degli importi dovuti e fanno piena prova a tutti gli effetti, salvo il caso di errore.”.
Da un lato il contratto-quadro non fornisce alcun elemento sulle modalità di calcolo da
impiegare, dall‟altro l‟intermediario, anche se richiesto, adduce motivi di riservatezza che
impedirebbero di rivelare gli algoritmi proprietari di calcolo: i modelli di pricing, acquistati e/o
sviluppati dagli uffici preposti alla gestione del rischio finanziario, assumono una valenza
strategica di competitività dell‟intermediario sul mercato, alla stregua di proprietà intellettuali, e
risultano di fatto secretati40.
In tali circostanze, la determinazione del valore di chiusura (mark to market), in assenza di
una quotazione ufficiale, presenta scarsi margini di trasparenza. Per i contratti Swap scambiati
determinazione sia operata, in corso di rapporto, da una delle parti, ma lo ammette purché la
determinazione del contraente sia una determinazione non arbitraria, non discrezionale, sia,
soprattutto, una determinazione controllabile dall‟altro contraente (Cass.. 8 novembre 1997, n.
11003, in Giust. Civ., 1998, I, 2889; Cass. 18 gennaio 1979, n. 367, in Giust. Civ., 1979,I, 832). (…)
Finchè la banca determina il differenziale a scadenza periodica accerta qualcosa di esistente, esistente
in base a certi calcoli, a certi parametri previsti in contratto. Dunque il controllo sarà una verifica che
l‟accertamento dell‟esistente sia stato corretto. Sin qui la preoccupazione può dirsi limitata. Ma
quando passiamo al mark ti market, qui non c‟è più l‟accertamento di qualcosa di esistente. Qui la
banca formula una ipotesi di saldo debito/credito come se, in quel momento, si chiudesse un
rapporto, cioè c‟è una stima e una attività previsionale, tanto che la comunicazione del mark to
market è accompagnata da tutti i possibili disclaimer. Qui il controllo è del tutto aleatorio. (G. De
Nova, Il Contratto. Dal contratto atipico al contratto alieno”., CEDAM,2011).
“A meno che le parti non si siano rimesse all'arbitrio di un terzo (art. 1349 c.c.), il requisito della
determinatezza o determinabilità dell'oggetto della obbligazione esprime, infatti, una fondamentale
esigenza di concretezza dell'atto contrattuale, ed, in altri termini, una esigenza che le parti siano in
grado di sapere quale è l'impegno che assumono o quali sono i criteri per la sua concreta
individuazione, che viene pregiudicato dalla possibilità che la misura della prestazione sia
discrezionalmente determinata, sia pure in presenza di precise condizioni legittimanti, da una soltanto
delle parti (in termini sent. 12.4.2002 n. 5281; sent 28.1.1975 n. 339).” (Cassazione 29 febbraio
2008, n. 5513).
40
Nella sentenza del Tribunale di Milano n. 5443/11, avente ad oggetto derivati si richiama un passo
della memoria del CT della banca, nella quale, a proposito del mark to market, si dichiara: “i modelli
di pricing degli intermediari non possono essere completamente „aperti‟ poiché costituiscono un
importantissimo elemento nella definizione della capacità competitiva di un intermediario (…). Poiché
la funzione di produzione degli intermediari finanziari si sostanzia in opportuni modelli di gestione ed
elaborazione di informazioni (nelle diverse declinazioni), gli algoritmi proprietari di pricing ne
costituiscono una parte imprescindibile”.
30
sull‟OTC, soprattutto quando non assumono la forma plain vanilla, non esiste un definito prezzo
di mercato: per contratti tailor-made, combinazioni „sartoriali‟ su misura, frequentemente
articolate in composizioni di Swap ed opzioni, il prezzo complessivo è la risultante di
valutazioni distinte, caratterizzate ciascuna da proprie peculiarità e modalità di determinazione.
Mutuando nel contratto condizioni e modalità che, elaborate sulla base del diritto
americano e/o inglese, stridono con il diritto italiano, si viene a determinare una significativa
criticità41: il carattere di indeterminatezza del valore di chiusura del derivato viene a costituire,
in base al combinato disposto ex artt. 1346 e 1418 cod. civ., motivo di nullità42. E‟ palese che i
criteri di valutazione debbano essere esplicitati preventivamente nel documento contrattuale non
già rimessi ad una stima soggettiva della controparte che beneficia della prestazione. Né è
possibile fare riferimento a prassi internazionali di valutazione generalmente riconosciute, in
quanto per espressa previsione dell‟art. 23, comma 2 del T.U.F. “E‟ nulla ogni pattuizione di
41
Più in generale il Master Agreement (Accordo quadro) e le connesse „Schedule‟ e „Confirmations‟,
predisposti dall‟ISDA, presentano vari profili che confliggono con l‟ordinamento giuridico nazionale: se
pedissequamente adottati, pongono non trascurabili rischi giuridici.
42
“Il requisito della determinatezza o della determinabilità dell'oggetto dell'obbligazione esprime la
fondamentale esigenza di concretezza dell'atto contrattuale, avendo le parti la necessità di sapere
l'impegno assunto ovvero i criteri per la sua concreta determinazione, il che può essere pregiudicato
dalla possibilità che la misura della prestazione sia discrezionalmente determinata, sia pure in
presenza di precise condizioni legittimanti, da una soltanto delle parti.” (Cassazione 29/2/08 n.
5513)).
“In quella clausola sta scritto, infatti, che il mark-to-market qualcuno, come è ovvio, lo determina e
questo qualcuno, di solito, è l‟intermediario. Il che non è ancora scandaloso: vi è chi ritiene che
questa sia una clausola per ciò solo nulla, ma non è vero. Il nostro ordinamento – ci sono fior di
sentenze della Cassazione che lo confermano – ammette la determinabilità dell‟oggetto o di parte
dell‟oggetto del contratto – tale è il mark-to-market – ad opera di una sola delle parti: quindi non c‟è
nulla di scandaloso in tutto questo. Il problema è che questa determinazione, proprio in quanto
rimessa ad una sola delle parti, deve obbedire a dei criteri obiettivi, a dei criteri certi, come la stessa
Cassazione che ho appena richiamato chiaramente insegna. Il problema è che, se loro leggono l‟ISDA
o un consimile contratto, troveranno una pletora di menzioni alla fairness, reasonability, equità,
correttezza, ragionevolezza e via discorrendo ma nessun criterio specifico, nessun criterio preciso per
determinare il valore del mark-to-market. Una clausola di questo tipo – è un aspetto di cui finora la
giurisprudenza si è quasi disinteressata, ma perché, a monte, se ne sono per lo più disinteressate le
difese di chi ha agito in giudizio – involge uno spettro di forte criticità, in quanto, se la clausola è
nulla, gli addebiti che vengono fatti a tale titolo comportano una conseguenza ovvia, cioè il fatto di
non essere dovuti.” (Emilio Girino, Le radici negoziali dello strumento finanziario derivato: per una
rilettura della disciplina in chiave contrattualistica. Profili di criticità e orizzonti di superamento,
Seminario su „Imprese e risparmiatori dinnanzi al sistema bancario‟, Torino, 11-18-24 Febbraio 2011;
Cfr. anche G. De Nova, I contratti derivati come contratti alieni, in Riv. Dir. Priv., 2009).
31
rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a
suo carico. In tali casi nulla è dovuto.”.
A tale elemento di indeterminatezza si unisce la scarsa trasparenza del margine di
intermediazione.
Per
le
operazioni
derivate,
quando
effettuate
per
conto
proprio
dall‟intermediario, l‟art. 32 del precedente Regolamento Consob n.11522/98 non poneva alcun
obbligo di esplicitare a parte il margine di intermediazione43.
Questo ha costituito una „smagliatura‟ della specifica norma regolamentare, che è stata
più recentemente rimossa. Tuttavia considerata la complessità dei derivati collocati, una parte
della dottrina ritiene che principi di trasparenza e diligenza, previsti dall‟art. 21 del TUF e
dall‟art. 26 del Regolamento, imponessero comunque all‟intermediario le opportune
precisazioni, tanto più in presenza di un operatore non qualificato44.
43
Il menzionato articolo distingueva, al 5° e 6° comma, l‟operatività in conto proprio da quella per
conto terzi, prevedendo:
“ 5. Nella prestazione del servizio di negoziazione per conto proprio gli intermediari autorizzati
comunicano all‟investitore, all‟atto della ricezione dell‟ordine, il prezzo al quale sono disposti a
comprare o a vendere gli strumenti finanziari ed eseguono la negoziazione contestualmente
all‟assenso dell‟investitore: sul prezzo pattuito non possono applicare alcuna commissione.
6. Nella prestazione del servizio di negoziazione per conto terzi, ferma restando l‟applicazione delle
commissioni e spese, il prezzo praticato all‟investitore è esclusivamente quello ricevuto o pagato
dall‟intermediario.”
44
Si è reso talora necessario determinare ex post il margine di intermediazione per valutarne la
congruità. L‟operazione, effettuata a distanza di tempo, per i derivati più complessi, presenta margini
non trascurabili di approssimazione. Occorre procedere ad una stima del fair value (mark to market),
espresso dal mercato all‟atto del contratto (o della sua rimodulazione) e confrontarlo con il prezzo
praticato dall‟intermediario.
In assenza di quotazioni ufficiali, questa valutazione presenta limiti e criticità che rendono la
ricostruzione del fair value e, di riflesso il confronto, soggetto a livelli di approssimazione, tanto più
“grossolani” quanto più complessa è l‟operazione derivata, più lunga la scadenza, più ampia la
volatilità del derivato.
Gli elementi che possono interferire sono plurimi e di rilievo non trascurabile:
1) la valutazione ex post del fair value si basa sui dati disponibili, riferiti spesso a fine giornata in
quanto, decorsi 140 gg. dall‟operazione, non sono più disponibili su Bloomberg i dati riferiti all‟intraday. Poiché l‟operazione effettiva è stata perfezionata nel corso della giornata, si viene a determinare
una discrasia fra i parametri di riferimento utilizzati al momento dell‟operazione e quelli impiegati per
la stima: per operazioni su orizzonti temporali ampi e/o in presenza di volatilità elevata, lo scarto può
assumere una dimensione non trascurabile;
2) i parametri impiegati nelle valutazioni ex post sono desunti da provider esterni (Bloomberg,
Reuter, ecc.), mentre quelli utilizzati a suo tempo dal mercato sono ricavati direttamente dall‟attività
di market maker e costituiscono la risultante dei modelli di pricing, degli equilibri di portafoglio e delle
32
Nella querelle, che ha accompagnato nel corso di questi anni le numerose contestazioni si
è lamentata spesso la presenza, successivamente alla sottoscrizione, di mark to market negativi
per l‟operatore economico.
Se l‟operazione di Swap, all‟atto della sottoscrizione risulta par – a meno di un valore
fair del margine di intermediazione – è plausibile che nell‟holding period del contratto, il valore
dello Swap possa assumere valori (mark to market) sia positivi che negativi: anzi questa è
l‟alternanza implicita nel valore par originario, espressione delle aspettative del mercato. La
circostanza che in un particolare momento il mark to market sia negativo non implica
necessariamente che la scelta operata originariamente fosse sbagliata 45. Come detto, il contratto
politiche di gestione delle posizioni in essere in quel momento sul mercato; se i parametri indicati dal
provider sono, ad esempio, riferiti a “offerte” o, distintamente “richieste”, e non a prezzi
effettivamente praticati, il valore indicato può risultare assai più labile e meno significativo;
3) le diverse tecniche di “completamento”, interpolazione ed estrapolazione, che si rendono talvolta
necessarie per sopperire a carenze informative e scarsa liquidità, nella determinazione dei parametri
che
presiedono
all‟incertezza del
derivato
costituiscono
ulteriori
motivi di
approssimazione:
scostamenti anche modesti nelle ipotesi del modello impiegato possono indurre differenze anche
significative nel valore ricavato dal modello;
Tutte queste circostanze, congiuntamente considerate, possono interferire apprezzabilmente nel
confronto fra il valore del fair value calcolato ex-post e l‟effettivo benchmark di mercato presente al
momento dell‟operazione. Ogni valore di stima assume significato nell‟ambito dell‟intervallo di
affidabilità ad esso relativo.
45
In talune circostanze si è adottato un provvedimento di sequestro per equivalente (art. 640 quater
e art. 322 ter c.p.), procedendo alla confisca di beni equivalenti al profitto illecito conseguito, sulla
valutazione di un danno accertato sul mark to market di un derivato in essere. Così che le risultanze
di un modello probabilistico di stima dei futuri tassi, anziché essere intese come un sintomo, sono
state identificate con il danno stesso. Sul tema è tuttavia intervenuta recentemente la Cassazione
(21/12/11, n. 47421) che ha puntualmente stabilito: “Trattandosi nella specie di contratti aleatori ed
avendo la contestazione evocato la categoria della cosiddetta truffa contrattuale, occorre qui ribadire
che poiché la truffa è reato istantaneo che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della
condotta tipica da parte dell‟autore abbia fatto seguito la deminiutio patrimonii del soggetto passivo,
nell‟ipotesi di truffa contrattuale il reato si consuma non già quando il soggetto passivo assume, per
effetto di artifici o raggiri, l‟obbligazione della datio di un bene economico, ma nel momento in cui si
realizza l‟effettivo conseguimento del bene da parte dell‟agente e la definitiva perdita dello stesso da
parte del raggirato.” (…) “A proposito del mark to market (…) il relativo dato non esprime affatto un
valore concreto ed attuale, ma esclusivamente una proiezione finanziaria basata sul valore teorico di
mercato in caso di risoluzione anticipata. Il valore del mark to market, infatti, è influenzato da una
serie di fattori ed è quindi sistematicamente aggiustato in funzione dell‟andamento dei mercati
finanziari, dovendosi poi attrarre nell‟ambito dei relativi parametri di determinazione anche l‟up-front
erogato e l‟utile per la banca. Dunque, per poter stabilire se quel dato rappresenti o meno un
vantaggio o un danno per l‟Ente contraente, occorre procedere ad una disamina a posteriori, allorché,
cioè, il contratto abbia raggiunto la sua normale scadenza, visto che, tra l‟altro, prima di tale evento
33
Swap è più assimilabile ad un impiego a lungo termine che ad un impiego a breve termine,
risultando più sensibile ai tassi a medio-lungo termine che al tasso a breve e di riflesso solo al
termine dell‟holding period si possono tirare i conti dell‟operazione. Come per un titolo
azionario o obbligazionario a lungo termine, le fluttuazioni che fisiologicamente possono
intervenire nel periodo non sono necessariamente antesignane dell‟esito finale46.
D‟altra parte, come sottolineato in precedenza, la natura della copertura offerta dallo
Swap si configura diversamente da quella prestata dall‟opzione. In quest‟ultima viene
corrisposto un premio definito nell‟immediato in cambio della copertura del rischio di
un‟eventualità avversa che può intervenire nel futuro cambio, tasso o prezzo. Diversamente
nello Swap non si paga alcun premio iniziale e il rischio dell‟eventualità avversa viene
concambiato con i benefici dell‟eventualità favorevole. Se con un finanziamento a tasso
variabile si entra in uno Swap che converte il tasso variabile con il fisso, la copertura del rischio
sono previsti meccanismi di aggiustamento destinati proprio ad operare un bilanciamento fra le
posizioni dei contraenti, e non cadere entro meccanismi o clausole vessatorie.”.
46
La magistratura contabile ha in più occasioni precisato che il mark to market “non è indicativo di un
vero e proprio valore del contratto, ma del valore atteso in base all‟evoluzione del mercato che tiene
conto della particolare struttura di ciascun contratto, valutata in relazione all‟evoluzione del mercato
finanziario dei tassi di interesse. Non rappresenta, quindi, un valore assoluto, ma una valutazione che
muta ad ogni variazione, anche giornaliera, del mercato e che viene calcolato in base alle attese
sull‟evoluzione dei tassi di interesse in relazione alla struttura contrattuale” (Corte dei Conti, Sezioni
Riunite in sede di controllo, Indagine conoscitiva sull‟utilizzo e la diffusione degli strumenti di finanza
derivata, 18 febbraio 2009; Sezione controllo Regione Lombardia, 5 giugno 2008, n. 118).
“Il cosiddetto Mark to Market (MTM), o altrimenti detto Fair Value, invece, non può essere considerato
l‟oggetto del contratto. Si tratta di un valore che viene dato in un certo momento della sua vita ad un
derivato, la cui stima involge notevoli aspetti previsionali, e che di per sé non comporta alcuna
giuridica conseguenza sulla posizione delle parti, non si traduce cioè in una perdita monetaria o in un
obbligo di pagamento. Si tratta di una sorta di rating evoluto, ed infatti l‟iniziale funzione era solo
quella di consentire il monitoraggio dell‟andamento del derivato, agganciandosi all‟ipotesi della
istantanea
chiusura
del
rapporto.
Pertanto
un
valore
di
MTM
negativo
non
si
trasforma
necessariamente in un esborso monetario a carico del debitore, a meno che non decida di avvalersi
della facoltà di estinzione anticipata del contratto in un dato momento. In tal caso, se negativo, il
MTM si trasforma in un obbligo di pagamento immediato, ovvero in alternativa la sua negatività si
trasfonde nel contratto rinegoziato. Ne deriva che, al più, il MTM potrebbe essere ritenuto l‟oggetto di
un patto accessorio al contratto su derivati; ad esempio un patto con cui le parti convengono
espressamente di operare la suddetta stima, cioè la finzione di scadenza anticipata con frequenza
giornaliera e quindi di accantonare i relativi margini a reciproca garanzia, come se realmente il
contratto dovesse essere eseguito, così creando una sorta di deposito cauzionale. Ovvero un patto
volto a disciplinare le modalità di recesso anticipato dal contratto di durata.”. (Tribunale Milano, 19
aprile 2011, n. 5443).
34
dell‟eventualità di un rialzo dei tassi trova il suo corrispettivo nella cessione dei benefici che
derivano al finanziamento stesso nel caso di flessione dei tassi. Lo Swap di copertura va
considerato congiuntamente al finanziamento. Quando si è entrati nello Swap si sono ceduti i
benefici di una flessione dei tassi in cambio della stabilità e certezza del tasso fisso: al mark to
market negativo del derivato, conseguente ad una discesa dei tassi, corrisponde una parallela
economia dei costi del finanziamento, che lascia inalterata la posizione a saldo complessiva
dell‟operazione.
Più in generale, la valutazione della decisione adottata inizialmente non può essere expost riferita al derivato, scorporato dai riflessi sull‟attività coperta, sia essa un finanziamento, un
impegno in valuta o un prezzo di una merce. Con lo stesso principio anche il premio contro
l‟incendio costituisce ex-post una perdita nel caso in cui l‟evento avverso non si verifichi.
3.
L’USURA NEI DERIVATI.
Il derivato, riconosciuto dalla legge come strumento finanziario, viene in parte sottratto
alla disciplina dei contratti. Non si pone per il derivato un rischio di eccessiva onerosità in
quanto questa è immanente allo strumento finanziario, sottraendolo al rimedio previsto dall‟art.
1467 c.c.47. Essendo l‟alea un elemento qualificante la causa del derivato, risulterebbe stridente
ogni forma di limitazione dei risvolti economici che possano derivare dallo scambio del rischio:
se oggetto del contratto è la variabilità stessa dei tassi, il differenziale che ne scaturisce nel
tempo non può certo essere soggetto ai limiti e presidi posti a tutela della generalità dei contratti.
Diversamente si configurano le circostanze se l‟onerosità è riconducibile ad una
componente prettamente contrattuale che, modificando la distribuzione dei benefici rivenienti
dall‟alea contrattuale, nulla ha a che fare con l‟aleatorietà dello strumento finanziario.
Frequentemente il collocamento dei derivati interviene in circostanze caratterizzate da
una significativa asimmetria informativa. Lo squilibrio informativo fra l‟intermediario e
l‟operatore economico attiene non solo alla conoscenza del prodotto e dei parametri finanziari in
esso contenuti, ma si estende all‟andamento dei mercati e al connesso rischio implicito nel
47
“Sotto questo profilo il derivato è „più‟ strumento finanziario che non contratto, e così come
nessuno potrebbe finanche immaginare di porsi il problema dell‟applicabilità o meno dell‟art. 1467 c.c.
al rialzo di prezzo di un‟obbligazione, del pari nessuno potrà porsi analogo interrogativo là dove,
anziché del rialzo del prezzo del titolo, si discuta del rialzo (delle prestazioni contrattuali, cioè) del
prezzo di un derivato.” (E. Girino, I contratti derivati, Giuffré, 2010).
35
derivato. Il pregnante conflitto di interesse e i pervasivi obblighi di diligenza, informazione,
trasparenza e adeguatezza, previsti dall‟art. 21 del T.U.F., inducono a ritenere che anche una
condotta solo omissiva può celare il proposito di cogliere un indebito profitto dall‟errore di
valutazione dell‟operatore48.
Nel derivato si può ravvisare il reato di truffa ogni qual volta, non fornendo una chiara
rappresentazione del rischio, si mira a trarre vantaggio dall‟inesperienza e ignoranza del cliente.
“Integra il reato di truffa contrattuale la condotta del funzionario di banca il quale,
minimizzando i rischi e non rivelando con completezza tutti gli elementi dell'operazione
finanziaria proposta al cliente (nella specie: vendita di prodotti finanziari atipici, cosiddetti
"swaps"), consapevolmente tragga vantaggio per conto dell'istituto di credito, ai fini della
vendita medesima, dall'inesperienza e dalla ignoranza in materia del compratore.” 49.
Il dolo proprio del reato di truffa non è solo quello diretto ma anche quello eventuale:
così che gli elementi costitutivi del reato, ancorché solo possibili, in assenza di una consapevole
assunzione di rischio da parte dell‟operatore economico per fatti omissivi dell‟intermediario,
possono configurare un comportamento ingannevole50.
Le plurime posizioni di consulente, intermediario e controparte diretta, conferiscono ai
comportamenti una rilevanza peculiare, che deve trovare un debito riscontro nello stesso
prodotto proposto all‟operatore economico. “E‟ necessario che il meccanismo aleatorio sia
equilibrato e razionale e quindi che l‟assunzione del rischio sia a fronte di possibilità lucrative
che derivano oggettivamente dal rischio, senza alcuna sperequazione. Una sperequazione fra
48
“I casi che si presentano sono caratterizzati da mancata organizzazione della banca volta a
prevenire situazioni di conflitto di interessi, di speculazione, di invasione di strumenti di tecnologia
finanziaria ad altissima complessità ed altissimo rischio, comunque di cattivo funzionamento del
mercato finanziario. In questo quadro, si può ipotizzare che si applichi la disciplina di cui all‟art. 2050
c.c., perché, qui, è la natura dell‟attività – in ragione della pericolosità dello strumento finanziario –
che comporta l‟esposizione al pericolo in occasione del contratto. Così l‟investitore non è onerato della
prova del nesso causale, perché è invece l‟intermediario a dover fornire la prova di avere adottato
tutte le misure idonee ad evitare il danno, e così – in un‟ottica non solo di colpa professionale, bensì
di diligenza professionale nell‟oggettiva organizzazione dell‟attività d‟impresa – di avere non soltanto
rispettato ogni disposizione legislativa e regolamentare, bensì anche di avere posto in essere ogni
possibile „cura o misura atta ad impedire l‟evento dannoso‟, anche considerato che l‟organizzazione è
il primo dovere dell‟intermediario finanziario”. (D. Maffeis, Contratti derivati, Banca Borsa e Titoli di
credito, n. 5/11).
49
Cassazione Pen., 15 ottobre 2009, n. 43347.
50
Cfr. Cassazione Pen. Sez. VI, 7 novembre 1991, n. 470.
36
rischi e vantaggi attesi, anche al di sotto del limite di cui alla normativa civilistica sulla
rescissione per lesione, si rivela del tutto incompatibile con la natura degli strumenti derivati,
dove il meccanismo della speculazione deve essere legato al funzionamento del mercato, il
quale deve a propria volta rivelarsi neutro, al fine di non creare fattori distorsivi: una
differenza di lucri e vantaggi è incompatibile con la causa speculativa, che presuppone
l‟oggettività dei rischi, e quindi che i vantaggi vadano in capo a chi ha corso i relativi rischi.”
51
.
Se si pone poi un finanziamento all‟interno di un derivato, si viene ad accumunare e
confondere il rischio scambiato fra le parti al piano di rientro del finanziamento stesso e, se non
si operasse un distinguo delle due componenti – quella commutativa e quella aleatoria,
riconducendo ciascuna alla propria disciplina – si determinerebbe un varco per un‟agevole
elusione di norme contrattuali, della disciplina del T.U.B. e dei limiti previsti dall‟art. 644 c.p..
Si è assistito frequentemente ad operazioni che realizzano combinazioni e commistioni
di finalità proprie dell‟operazione derivata con finalità di finanziamento. Nel cogliere, oltre la
forma, l‟elemento sostanziale e causale dell‟operazione, non sembra possano essere trascurati i
principi di trasparenza e ancor più le soglie di usura che presidiano l‟erogazione del credito.
Plurime sono le circostanze nelle quali, pur in presenza di un‟operazione in strumenti
finanziari, la disciplina del T.U.B. e dei contratti finanziari è chiamata in causa.
3.1
I PRESTITI SINTETICI.
Per i finanziamenti a tasso fisso, frequentemente per l‟intermediario risulta più agevole e
coerente con gli equilibri delle risorse disponibili reperire i fondi sul mercato Euribor,
convertire, attraverso un Swap, il tasso da variabile a fisso ed erogare il finanziamento risultante.
Altre volte viene direttamente erogato al cliente il finanziamento a tasso variabile e
contestualmente viene posto in essere con lo stesso uno Swap con nozionale corrispondente al
finanziamento, per modificare il tasso, da variabile a fisso. Lo Swap posto in essere risulta di
norma non par, per la presenza dei margini di intermediazione.
51
F. Bochicchio, Gli strumenti derivati: i controlli sulle patologie del capitalismo finanziario, Contratti
e impresa, 2009 n.2.
37
Si può definire sintetico il finanziamento risultante dalla combinazione delle due
operazioni contraddistinte da un elemento negoziale (mutuo) e uno strumento finanziario
(Swap).
E‟ indubbio che in questo secondo caso le due contestuali operazioni risultano collegate,
rivolte congiuntamente a conseguire un finanziamento a tasso fisso52. Il raggiungimento dello
52
“Il collegamento negoziale non dà luogo a un nuovo e autonomo contratto, ma è un meccanismo
attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene
realizzato non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i
quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato a un unico regolamento
dei reciproci interessi. Pertanto, il criterio distintivo tra contratto unico e contratto collegato non è
dato da elementi formali, quali l'unità o la pluralità dei documenti contrattuali, o dalla contestualità
delle stipulazioni, bensì dall'elemento sostanziale dell'unicità o pluralità degli interessi perseguiti.
Accertare se vi è un solo contratto o una pluralità di contratti rientra nei compiti esclusivi del giudice
di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione
congrua e immune da vizi logici e giuridici.” (Cassazione Civile Sez. II del 26 marzo 2010 n. 7305).
“Perché possa configurarsi un collegamento di negozi in senso tecnico, che impone la considerazione
unitaria della fattispecie, anche ai fini della nullità dell'intero procedimento negoziale per illiceità del
motivo o della causa, ai sensi degli artt. 1344 e 1345 c.c., è necessario che ricorra sia il requisito
oggettivo, costituito dal nesso teleologico fra i negozi, che il requisito soggettivo, costituito dal
comune intento pratico delle parti, pur se non manifestato in forma espressa, potendo risultare anche
tacitamente, di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche
il collegamento ed il coordinamento di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, non essendo
sufficiente che quel fine sia perseguito da una sola delle parti all'insaputa e senza la partecipazione
dell'altra (Cass. 18/04/1984, n. 2544). Infatti le parti, nell'esercizio della loro autonomia contrattuale,
possono dar vita, con uno o più atti, a diversi e distinti contratti che, pur conservando l'individualità
propria di ciascun tipo negoziale e pur rimanendo sottoposti alla relativa disciplina, vengono tuttavia
collegati tra loro, in funzione del risultato concreto unitariamente perseguito, con rapporto di
reciproca dipendenza, in modo che le vicende dell'uno si ripercuotono sull'altro o sugli altri,
condizionandone non solo l'esecuzione ma anche la validità. Il detto collegamento tra negozi è
configurabile anche quando siano stipulati tra soggetti diversi, pur essi risultino concepiti e voluti
come funzionalmente connessi ed interdipendenti, al fine di un completo e complessivo regolamento
di interessi (Cass. 30/10/1991 n. 11638)”.(Cass. Sez. III, 21 luglio 2004, n. 13580).
“Ricorre l'ipotesi del collegamento negoziale qualora appaia la volontà delle parti di porre in essere
due o più negozi che si coordinino per l'adempimento di un'unica funzione; in particolare, il
collegamento può essere sia genetico, ove uno dei due negozi trovi la sua causa in un rapporto
scaturito dall'altro, sia funzionale, nel caso in cui le parti abbiano voluto collegare i due negozi sotto il
profilo del nesso teleologico; tutte le volte in cui sia ricostruibile la volontà delle parti di collegare tra
loro i negozi, dal nesso di interdipendenza deriva che le vicende dell'uno si ripercuotono su quelle
dell'altro, condizionandone la validità e l'efficacia e che la loro combinazione produce effetti giuridici
ulteriori, rispetto a quelli che verrebbero prodotti autonomamente da ciascuno di essi.” (Cass. 16
maggio 2003, n. 7640).
38
scopo viene perseguito attraverso la combinazione di negozi tra loro collegati, singolarmente
preordinati dalla legge al perseguimento di fini diversi.
In tali circostanze, una volta definita l‟effettiva volontà delle parti appare consequenziale
estendere al negozio indiretto la disciplina del negozio tipico indirettamente realizzato: “Nel
caso di negozio indiretto, che ricorre quando le parti utilizzano una fattispecie negoziale tipica,
e la pongano effettivamente in essere, ma per conseguire, oltre agli scopi ad essa propri, anche
ulteriori scopi propri di un diverso negozio tipico, trovano applicazione le norme del negozio
impiegato, per quanto riguarda struttura, forma ed elementi costitutivi, mentre le norme di quel
diverso negozio sono operanti nella parte in cui si limitano a regolarne il risultato,
indipendentemente dallo strumento adoperato per il suo raggiungimento” (Cass. 21 dicembre
1984, n. 6650, in Foro.it. Mass. 1984).
Nell‟esempio qui di seguito rappresentato si riporta un‟equivalenza finanziaria del tipo
sopra descritto:
Finanziamento al tasso Euribor + 1,30%
+
Swap Euribor contro fisso al 4,19%
=
Finanziamento a tasso fisso al 5,49%
Un finanziamento al tasso variabile (Euribor) + 1,30%, combinato con uno Swap
variabile (Euribor) contro fisso al 4,19%, è del tutto equivalente ad un finanziamento al tasso
fisso del 5,49%.
durata 15 anni
Finanziamento di € 1.000
FINANZIAMENTO ORDINARIO
pagamento annuale
rata variabile, tasso di interesse:
Euribor 6 M + 1,30%
Nozionale da € 1.000, a
scendere secondo piano
ammortamento
durata 15 anni
Cliente paga
4,19%
Banca paga
Euribor 6M
Finanziamento
ordinario
Swap
Finanziamento
ordinario
FINANZIAMENTO SINTETICO
Finanziamento di € 1.000
durata 15 anni
pagamento annuale
rata costante, tasso di interesse: 5,49%
Si può realizzare l‟operazione anche nel senso inverso dei tassi. Il cliente, in una visione
più ampia di copertura, che ricomprenda sia Asset che Liability, riscontrando che gli introiti
delle proprie attività sono positivamente correlati al tasso di inflazione e/o ai tassi monetari, può
39
ritenere più conveniente contrarre un finanziamento, o emettere un‟obbligazione a tasso fisso e
contestualmente effettuare uno Swap di conversione in tasso variabile, allineando in tal modo i
futuri esborsi ai futuri incassi.
Finanziamento a tasso fisso al 5,49%
+
Swap tasso fisso al 4,19% contro Euribor
=
Finanziamento al tasso Euribor + 1,30%
Un finanziamento al tasso fisso del 5,49%, combinato con un Swap fisso al 4,19% contro
variabile (Euribor), è del tutto equivalente ad un finanziamento al tasso variabile (Euribor)
maggiorato dell‟1,30%.
Finanziamento
ordinario
FINANZIAMENTO SINTETICO
durata 15 anni
Finanziamento di € 1.000
FINANZIAMENTO ORDINARIO
Swap
rata costante, tasso di interesse: 5,49%
Nozionale da € 1.000, a
scendere secondo piano
ammortamento
durata 15 anni
Cliente paga
Euribor 6 M
Banca paga
4,19%
Finanziamento
ordinario
pagamento annuale
Finanziamento di € 1.000
durata 15 anni
pagamento annuale
rata variabile, tasso di interesse:
Euribor 6 M + 1,30%
Negli esempi sopra riportati, la combinazione dello Swap e del finanziamento risulta
preordinata e coordinata a realizzare la tipologia del diverso finanziamento che si intende
conseguire.
Nelle circostanze indicate non appare dubitabile che le operazioni poste in essere
debbano contestualmente rispettare sia il T.U.B. D. Lgs 385/93 che il T.U.F. D. Lgs 58/98: in
particolare si rende applicabile al finanziamento sintetico il disposto dell‟art. 1284 c.c., ultimo
comma (pattuizione scritta degli interessi ultralegali), e le soglie d‟usura disposte dalla legge n.
108/96.
Se le due operazioni – finanziamento e Swap – sono concomitanti, o comunque sussiste
un‟esplicita finalità a conseguire la risultante dell‟effetto congiunto, appare coerente con
l‟applicazione dell‟art. 644 c.p., per la verifica dell‟usura, valutare interessi, commissioni e
spese, congiuntamente considerati nelle due operazioni effettuate, sommando sia gli oneri
previsti nel contratto di finanziamento, sia i margini impliciti compresi nell‟operazione di Swap.
40
E‟ il finanziamento risultante che va raffrontato alla soglia d‟usura prevista dai decreti
ministeriali. Ciò risulterebbe coerente con quanto espresso recentemente dalla Cassazione:
“affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la
considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia un requisito oggettivo,
costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci
delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed
unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere
non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento
tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che
assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale” (Cass., 17 maggio 2010 n.
11974, Cfr. anche Cass. Sez. II, 28 giugno 2001, n. 8844; Cass. 11 giugno 2001, n. 7852; Cass.
27 gennaio 1997, n. 827).
Sarebbe altrimenti facilmente eludibile il disposto dell‟art. 644 c.p.. Qualsiasi
finanziamento o mutuo può essere replicato, ponendo nello stesso una quota della prestazioni
entro la soglia e relegando in un separato Swap non par la componente ulteriore debordante la
soglia53.
Se si considera l‟attuale soglia d‟usura prevista per i finanziamenti alle imprese e alle
famiglie, pari al 16,89%, volendo eludere la soglia e praticare un tasso fisso del 17%, sarebbe
sufficiente concedere il finanziamento al tasso fisso del 15,50% e contestualmente effettuare
uno Swap per cedere il fisso contro il variabile54.
53
La Banca d‟Italia – nelle risposte ai quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi
globali ai sensi della legge sull‟usura – ha precisato che, nel caso in cui il cliente mutuatario abbia
sottoscritto uno strumento finanziario derivato al fine di coprirsi dalle eventuali oscillazioni che il tasso
di interesse contemplato dal contratto di finanziamento potrebbe subire nel corso del rapporto (ad es.
interest rate Swap che colleghi un finanziamento di tasso variabile a un tasso fisso predeterminato),
non è corretto considerare ai fini della segnalazione il tasso di interesse risultante a seguito del
contratto derivato. Va considerato, al contrario, in ogni caso il tasso del mutuo al momento
dell‟apertura del rapporto di finanziamento.
Si ritiene tuttavia che i criteri di determinazione del TEGM, che perseguono la rilevazione di un tasso
medio di mercato, seppur accostati ai principi posti dall‟art. 644 c.p., non debbano necessariamente
coincidere con il disposto normativo: esempio palese è la mora che, esclusa dal calcolo del TEGM, è
invece ricompresa nel limite dell‟art. 644 c.p.
54
Circostanze analoghe si realizzano con un finanziamento al tasso Euribor con uno spread del 10,7%
ed uno swap che modifichi il tasso variabile nel fisso al 6%.
41
3.2
durata 15 anni
Finanziamento di € 1.000
FINANZIAMENTO ORDINARIO
pagamento annuale
rata costante,
interesse al 16,5%
tasso di
Nozionale da € 1.000, a
scendere secondo piano
ammortamento
durata 15 anni
Cliente paga
Euribor 6 M
Banca paga
1,5%
Finanziamento
ordinario
Swap
Finanziamento
ordinario
FINANZIAMENTO SINTETICO
Finanziamento di € 1.000
durata 15 anni
pagamento annuale
rata variabile, tasso di interesse:
Euribor 6 M + 15% = 17%
GLI SWAP DI FINANZIAMENTO.
Gli esempi sopra illustrati riportano semplici abbinamenti di finanziamenti a Swap
espressi nella forma elementare plain vanilla, volti a modificare e capovolgere la tipologia del
tasso. Conservando la forma classica di Swap plain vanilla, l‟introduzione dell‟up-front può
essere sospinta sino a sostituire completamente il finanziamento realizzato attraverso il mutuo.
Si riscontrano operazioni su derivati che prevedono un cospicuo up-front, non
presentano una funzione di copertura e, con una veste più o meno speculativa, sottendono una
più assorbente finalità di finanziamento.
Frequentemente, al termine di una serie di derivati nei quali attraverso unwinding si sono
trascinate le perdite, l‟ultimo contratto è costituito da uno Swap mirato esclusivamente al rientro
graduale dell‟up-front riconosciuto a copertura completa di quanto precedentemente cumulato
con perdite e margini impliciti nel prezzo55. In tali circostanze l‟operazione di Swap viene a
55
durata 15 anni
Finanziamento di € 1.000
FINANZIAMENTO ORDINARIO
pagamento annuale
rata variabile, tasso di interesse:
Euribor 6 M + 10,7%= 12,7
Nozionale da € 1.000, a
scendere secondo piano
ammortamento
durata 15 anni
Cliente paga
6,0%
Banca paga
Euribor 6M
Finanziamento
ordinario
Swap
Finanziamento
ordinario
FINANZIAMENTO SINTETICO
Finanziamento di € 1.000
durata 15 anni
pagamento annuale
rata costante,
tasso di
interesse: 17,0%
“… non di rado accade che contratti derivati gravati da oneri divenuti insopportabili per il cliente
siano “rinegoziati” mediante corresponsione a titolo di up front da parte della Banca al cliente di
importo pari al mark to market di chiusura del contratto che si intende rimodulare. Il “nuovo”
contratto, ovviamente strutturato dall‟intermediario in maniera tale da perseguire l‟obiettivo di
(quantomeno) recuperare con una certa remunerazione l‟importo erogato a titolo di up front, nasce
pertanto fatalmente “sbilanciato” a favore del contraente bancario, aggravando, anziché risolvendo, i
problemi del cliente. Orbene, in simili situazioni ci pare davvero difficile escludere la natura di
42
configurare un derivato „zoppo‟, in quanto sottende un flusso unidirezionale, dal cliente alla
banca, distribuito su un ampio arco di tempo, disposto su un percorso più o meno aleatorio,
volto al recupero graduale dell‟up-front finanziato, oltre che degli interessi maturati sullo stesso.
In altri casi, i più ricorrenti, le due funzioni, quella di copertura o speculativa e quella di
finanziamento, risultano combinate56. Nei flussi di scambio concordati in contratto risultano
confusi quelli rivenienti più propriamente dallo Swap da quelli rivolti invece al rimborso del
finanziamento.
L‟operazione derivata risulta tuttavia tecnicamente scindibile in due distinte operazioni:
i) la prima, volta a gestire il rischio finanziario – tasso, cambio od altro – a copertura e/o
speculativa;
ii) la seconda, volta, invece, al ripianamento del finanziamento predefinito, ottenuto con l‟upfront.
Un esempio limite di facile comprensione, di usura implicita in uno Swap con up-front,
può essere d‟ausilio.
finanziamento dell‟up front riconosciuto al cliente, né rileverebbe, al riguardo, eccepire il carattere
eventuale della prestazione restitutoria del cliente (in qualche modo connessa alle assunzioni
previsionali supposte dall‟IRS rinegoziato), visto e considerato che la natura di finanziamento
dell‟erogazione di somme appare compatibile con il carattere incerto della restituzione (cfr., ad es., la
fattispecie del mutuo sub condicione, su cui Cass. civ. sez. I n° 13168/2005). Si noti che la più
attenta giurisprudenza di merito è ben consapevole del problema: una recente sentenza del Tribunale
di Torino ha infatti constatato come i contratti IRS oggetto di successive rinegoziazioni “veniva(no)
costruit(i) affinché la banca potesse recuperare la perdita del contratto (precedente) non addebitata
alla chiusura anticipata dello stesso” (Trib. Torino 18/09/2007). Ma vi è di più. Se l‟up front (o
quantomeno l‟up front riconosciuto in sede di rimodulazione) può essere considerato come un
finanziamento, la prestazione restituitoria non potrà che avvenire nel rispetto della disciplina dei tassi
soglia (rilevati trimestralmente dalla Banca d‟Italia), fissata dalla Legge n° 108/1996, pena la
possibile configurabilità del delitto di usura previsto dall‟art. 644 c.p. a carico dell‟intermediario
finanziario. Del resto la più recente giurisprudenza bancaria (formatasi in particolare con riferimento
alle controverse “commissioni di massimo scoperto” collegate ai contratti di conto corrente) si è
mostrata propensa, proprio ai fini del computo del tasso soglia, alla valutazione di ogni forma di
remunerazione delle prestazioni di denaro e non si vede come analoghe valutazioni non debbano
riguardare (forse, a maggior ragione) gli up front erogati all‟atto della rimodulazione di un IRS.” (F.
Benassi, Note critiche a Tribunale Bologna, 14/12/09 ilcaso.it).
56
La Corte dei Conti, con riferimento ai contratti Swap sottoscritti dagli enti locali, ha assunto una
netta posizione a sostegno della natura di indebitamento dell‟up-front, presente nei derivati in essere
presso gli Enti locali. (Cfr. intervento della Corte dei Conti, Sezioni riunite, del 18 febbraio ‟09, presso
la 6° Commissione Finanze).
43
E‟ del tutto equivalente, da un punto di vista finanziario, con un tasso Swap di mercato
del 4,18% (3,98% + 0,20% di margine di intermediazione) su cinque anni, convenire – su un
nozionale di € 1.000 – uno Swap ad un tasso più alto, 7,23%, a fronte di un up-front di € 100,
oppure contrarre un finanziamento quinquennale di € 100 al 17% ed un puro Swap al tasso di
mercato del 4,18%. D‟altra parte il rischio di credito assunto dalla banca è il medesimo.
Swap
Scomposizione Swap
durata 5 anni
Nozionale € 1.000
durata 5 anni
Up-front: € 100
pagamento
semestrale
Cliente paga
4,18%
Cliente paga
7,23%
Banca paga
tasso Euribor 6M
Swap
Nozionale € 1.000
0,91%
(su nozionale)
Banca paga
Mispricing base
(su nozionale)
Mispricing aggiunto
(su nozionale)
Margine di intermediazione
(su nozionale)
tasso Euribor 6M
0,91%
3,91%
durata 5 anni
Finanziamento
Swap
Margine di intermediazione
Finanziamento di € 100
pagamento
semestrale
rata costante pari a € 15,24
(tasso: 17%)
4,82%
Con una soglia d‟usura pari al 16,89% (gennaio/marzo 2012), lo Swap con up-front
sopra riportato configurerebbe un finanziamento usurario.
Nel puro Swap, il margine di intermediazione, corrispondente alla differenza fra
l‟effettivo prezzo dello Swap (3,98%) e il prezzo praticato al cliente (4,18%), ammonta, in
termini attuali all‟atto del contratto, a € 9,1, pari ad un mispricing dello 0,91% del nozionale; in
altri termini questo è il differenziale (up-front) rispetto ad un contratto par, trattenuto
dall‟intermediario per il servizio prestato.
Nell‟operazione di Swap con up-front intervengono due distinte finalità, una volta a
realizzare un finanziamento a tasso fisso, l‟altra volta a conseguire un effettivo scambio di alea
sui tassi di interesse. Si è reso necessario elevare il tasso a carico del cliente di 305 punti base
per conseguire un flusso semestrale aggiuntivo (certo) di € 15,24, corrispondente alla rata
costante semestrale del finanziamento. La maggiorazione del tasso del contratto Swap
corrisponde all‟aggiunta di un mispricing del 3,91% del nozionale (€ 39,1); in altri termini,
rispetto al un contratto par, si realizza un misprincing di € 148,2: € 100 vanno a costituire l‟upfront riconosciuto al cliente, € 9,1 rappresentano il costo dell‟intermediazione e € 39,1 sono
l‟ulteriore margine trattenuto dall‟intermediario per la remunerazione del capitale erogato, la
copertura del rischio di credito e il servizio prestato.
44
Se si determinano, per lo Swap con up-front e per le distinte operazioni che lo
compongono, il mark to market e il pay-off attesi per il periodo di riferimento, emerge
chiaramente il rapporto di prevalenza che assume la componente finanziamento nei flussi futuri
attesi dall‟operazione.
Pay off e Mark to Market (lato Banca)
t0
I sem.
II sem.
Mark to market
9,1
0,6
-7,1
-14,1
-19,7
-23,0
-22,9
-20,3
-15,0
Pay off atteso
(attualizzato)
0,0
8,5
7,5
6,6
5,1
2,7
-0,5
-2,8
Mark to market
139,1
125,6
112,0
98,3
84,6
70,9
57,2
Pay off atteso
(attualizzato)
0,0
15,1
14,9
14,7
14,4
14,2
Mark to market
148,2
126,2
104,9
84,2
64,9
Pay off atteso
(attualizzato)
0,0
23,6
22,4
21,3
19,5
Semestri
Swap Base
Finanziamento
Swap con Up
front = 100
III sem. IV sem.
V sem.
VI sem. VII sem. VIII sem. IX sem.
X sem.
Totale
-8,4
0,0
-
-5,0
-6,0
-7,0
9,1
43,3
29,2
14,8
0,0
13,9
13,6
13,2
12,8
12,5
47,9
34,3
23,0
14,2
6,5
0,0
16,9
13,3
10,8
8,2
6,9
5,4
139,1
148,2
La scomposizione, sia del mark to market che del pay off, espressi in termini attuali,
mostra la significativa prevalenza del finanziamento sullo scambio delle alee sui tassi: per
entrambe i parametri il primo assume un peso pressoché doppio del secondo, determinando un
flusso unidirezionale a carico del cliente.
L‟equa distribuzione dell‟alea trova evidenza nello Swap base dove, ad un prima periodo
nel quale la banca usufruisce di un flusso positivo, segue un secondo periodo nel quale
riconosce pagamenti alla controparte: l‟equilibrio del derivato risulta compromesso dall‟iniziale
riconoscimento finanziario dell‟up-front, che modifica sostanzialmente i rapporti economici del
contratto, introducendo un importo costante a debito dell‟operatore57. La componente certa,
determinata dal piano di rimborso del finanziamento, domina la componente aleatoria e la
somma risultante dalle due componenti, pur caratterizzata da una misurata aleatorietà, rimane
ampiamente positiva per l‟intermediario nei flussi attesi.
Un tasso distinto da quello impiegato per la determinazione del fair value caratterizza
l‟up-front, dovendo l‟intermediario coprire il rischio di credito. Lo spread aggiunto al tasso del
Swap base, per recuperare capitale ed interessi relativi all‟up-front, viene a costituire una
costante, certa e predeterminata: induce una lievitazione del costo, ma l‟alea del contratto
(volatilità) rimane invariata.
57
“appare infatti innegabile che la stipula di un contratto derivato senza apparente beneficio (anche
solo potenziale) di una delle parti – e questo anche in un‟ottica di mera speculazione – desta sospetto
relativamente alle reali motivazioni delle parti.” (S. Davini e T. Romolotti, Operatività in strumenti
finanziari derivati e profili di rischio ex d.lgs. 231/2001: casi e problemi, La Responsabilità
amministrativa delle società e degli enti, 2007 n. 3).
45
La scomposizione (unbundling) operata negli esempi semplificati sopra riportati è
estendibile ad ogni Swap che presenti un up-front.
In un finanziamento classico risulta agevole verificare se il costo del credito erogato
rispetta i limiti previsti dall‟art. 644 c.c.. Quando invece il finanziamento viene realizzato in
combinazione con forme di copertura o speculative, con modalità più sofisticate, realizzate
attraverso l‟impiego di IRS ed opzioni, la verifica del rispetto della soglia d‟usura diviene più
complessa, dovendo preliminarmente procedere a scomporre e separare le due componenti58.
Quale che sia la complessità del derivato posto in essere, è possibile determinare lo zero
coupon equivalente, il cui tasso esprime il costo implicito del finanziamento sottostante. Per le
tipologie più elementari di Swap collocati in questi anni presso imprese ed Enti locali, si può
distinguere lo Swap dal finanziamento dell‟up-front curando le seguenti operazioni:
1) attraverso un processo iterativo, determinare, con l‟impiego della curva zero rate Swap, lo
spread che, sottratto al tasso posto a carico del cliente, rende il contratto Swap par, privo di upfront;
2) con lo spread così determinato, calcolato sul nozionale, costruire il piano di ammortamento,
con rata costante di ammortamento del finanziamento costituito dall‟up-front, esteso sull‟arco di
tempo dello Swap59;
3) sul piano di ammortamento così determinato, calcolare il tasso di interesse corrispondente al
finanziamento dell‟up-front.
Con la procedura sopra indicata si consegue una corretta ed oggettiva distinzione della
componente commutativa e di quella aleatoria del derivato e la verifica del rispetto delle soglie
d‟usura risulta concretamente praticabile.
58
Soprattutto se il finanziamento non si esaurisce esclusivamente nell‟up–front regolato inizialmente.
“Di regola – riferisce la Consob il 30 ottobre ‟07 in Commissione Parlamentare – i contratti
prevedevano un periodo iniziale (solitamente della durata di un anno) in cui l‟impresa riceveva
pagamenti dall‟intermediario, ma successivamente, per effetto dei complessi ulteriori derivati
incorporati nel contratto base, vi era una elevata probabilità di dover corrispondere differenziali
crescenti a vantaggio dell‟intermediario”.
59
Per i Swap più complessi che ricomprendono anche opzioni, il metodo sopra indicato può essere
integrato con la metodologia indicata da G. Baroni G. Olivieri nel documento: “Derivati e Usura:
l‟utilizzo delle opzioni nelle costruzioni di negozi in frode alla legge” (Luiss – Guido Carli, 2009).
46
4. SINTESI E OSSERVAZIONI FINALI.
Da più parti in passato si è frequentemente sottolineato l‟apprezzabile contributo che i
derivati inducono nel funzionamento dei mercati. Diffusi approfondimenti teorici hanno
mostrato che i derivati, anche quando siano impiegati con finalità speculative o di arbitraggio,
contribuiscono ad elevare l‟efficienza del mercato creando collegamenti fra il mercato a pronti e
quello a termine, accrescendo la significatività dei prezzi e la liquidità del mercato e
consentendo una migliore gestione del rischio, con significativi effetti di stabilità dei mercati e
dei prezzi.
Non è mancata tuttavia la puntuale e circostanziata denuncia dei rischi impliciti in tali
prodotti, in presenza di deviazioni, modalità e dimensioni che assumono forme di patologia.
A differenza degli ordinari strumenti finanziari, azioni e obbligazioni, con il contratto
derivato si genera un nuovo strumento finanziario, autonomo ed indipendente dall‟attività
sottostante: seppur riferito ad un particolare sottostante, il derivato conserva una sua autonomia,
accostandosi in questo al titolo di credito che si viene a discostare dal rapporto che lo ha
originato. La proliferazione incontrollata di tali strumenti, oltre la dimensione fisiologica
correlata al mercato sottostante, non realizza più una redistribuzione e compensazione dei rischi,
ma diviene creazione di rischio e di potenziali squilibri60.
60
La proliferazione dei CDS, strumenti finanziari costituenti coperture assicurative, divenuti
indipendenti dalla presenza o meno del rapporto creditizio sottostante, ha assunto una dimensione
multipla del sottostante stesso, travalicando la funzione assicurativa propria alla natura del contratto:
come assicurare contro l‟incendio la casa che non si possiede. Dai dati dell‟istituzione americana The
Depository Trust & Clearing Corporation emerge, ad esempio, che a fronte di un debito della Telecom
Italia di 44 mil.di al settembre ‟09, i CDS emessi risultavano pari a 70,4 mil.di; la Carrefour, per 12
mil.di di debito, aveva 29 mil.di di CDS in circolazione.
L‟operazione su CDS assume così frequentemente le fattezze di una speculazione „nuda‟, priva del
nesso teleologico di copertura assicurativa, una mera speculazione, nella quale il rischio non lo si
copre, lo si crea. Accanto al rischio, contrattualmente assicurato con il CDS, è ricompreso nel premio
corrisposto il rischio di controparte. Essendo ristretta la compagine degli intermediari operanti su
questo comparto, risultano, di riflesso, più fitti i rapporti di interconnessione creditizia: un default di
rilievo, anche poco superiore al marginale, potrebbe più facilmente indurre effetti „domino‟ che
amplificano l‟instabilità dal singolo intermediario all‟intero sistema.
47
La dimensione assunta dai derivati nel portafoglio degli intermediari finanziari, nei
principali mercati mondiali, ha assunto valori inimmaginabili sino a poco tempo fa, multipli del
Prodotto Interno del Paese61.
I rischi di destabilizzazione risultano particolarmente marcati per i mercati OTC, nei
quali gli strumenti derivati trattati risultano meno standardizzati, meno liquidi e privi di un
sistema di monitoraggio, controllo e presidio del rischio di controparte.
La crisi finanziaria mondiale a cui abbiamo assistito a partire dal 2008 e che ha
coinvolto primari intermediari finanziari, investitori istituzionali e privati risparmiatori di tutto il
mondo, si è alimentata e sviluppata soprattutto per il tramite di strumenti finanziari derivati, in
particolare CDS e Swap.
Lo Swap ha in sé un effetto leva teoricamente illimitato: la circostanza che le
condizioni vengono determinate per un iniziale valore prossimo a zero consente di assumere
rilevanti posizioni „lunghe‟ o „corte‟, sino al limite di credito disponibile: in assenza di una
solida collateralizzazione i rischi di insolvenza si innalzano, con un perverso effetto domino, di
rapida trasmissione a tutto il mercato.
L‟accesso al mercato dei derivati da parte delle imprese nasce dall‟esigenza di
immunizzare il risultato economico da fattori di rischio finanziario e valutario, estranei al
precipuo core business dell‟impresa stessa. La copertura è per lo più conseguita con l‟acquisto
di un‟opzione o un semplice Swap plain vanilla.
Solo imprese di dimensione più grandi e/o maggiormente coinvolte nel mercato
internazionale, costituiti i necessari presidi di professionalità, vengono a ricomprendere
gradualmente nel risk management, oltre alle variabili industriali e di mercato, anche quelle
finanziarie e valutarie, nell‟obiettivo di una più efficiente e aggressiva presenza sul mercato.
L‟impiego in derivati consente di non subire passivamente i rischi di mercato: all‟immobilismo
dell‟esposizione si sostituisce una gestione attiva, più accostata ad una visione speculativa che
modifica, in funzione delle aspettative, l‟equilibrio dei flussi a scadenza, in una sorta di
arbitraggio nel tempo: in una qualificata strategia di medio-lungo termine, costituisce una forma
più evoluta di crescita nella stabilità. Disponendo della peculiari professionalità necessarie a
61
Le rilevazioni statistiche si riferiscono spesso al valore nozionale del sottostante, mentre il rischio
effettivamente assunto dagli operatori in derivati è solo una frazione, per altro modesta del nozionale.
Tuttavia gli importi trattati sono di dimensione tale da destare preoccupazioni, ragguagliandosi a vari
multipli (10 volte) del Prodotto Interno Lordo dei principali Paesi interessati.
48
colmare le asimmetrie informative, tale forma di gestione può cogliere sinergie fra Asset e
Liability e liberare gradi di efficienza, travalicando lo iato che tradizionalmente separa il mondo
finanziario dal mondo reale.
Il concetto stesso di speculazione va spogliato del pregiudizio che spesso l‟accompagna,
operando un debito distinguo fra l‟attività finanziario-speculativa volta a perseguire, in un
quadro prospettico più ampio, un‟equilibrata combinazione dei costi e ricavi che accompagnano
l‟attività imprenditoriale, dall‟attività finanziario-speculativa tout court, avulsa da un coerente
quadro strategico dell‟impresa. Uno stesso Swap da un‟accorta scelta di gestione degli equilibri
finanziario-economici dell‟impresa può passare, attraverso tutti i gradi intermedi, ad
un‟operazione assimilabile ad una mera scommessa. Solo l‟expertice, l‟organizzazione e le
scelte strategiche ne qualificano la natura, la funzione, l‟efficacia. Risulta fuorviante ricercare
nello contratto stesso le finalità speculative o di copertura: come un tassello, è l‟armonia o
disarmonia che il derivato induce nel generale quadro finanziario dell‟operatore a qualificare la
natura speculativa o di copertura.
L‟innovazione finanziaria e la duttilità dei prodotti derivati hanno consentito agli
intermediari finanziari di offrire alle imprese le più sofisticate combinazioni di Swap, opzioni e
forward.
Nello scorso decennio si è assistito – ad opera di taluni primari intermediari –ad un
diffuso collocamento di derivati OTC, al di fuori dell‟ambito degli operatori specializzati, che
ha interessato numerose imprese ed Enti locali, oltre che privati risparmiatori.
Sostanziali ambiti di conflitto di interesse e marcate asimmetrie informative hanno
consentito a taluni primari intermediari finanziari di cogliere „smagliature‟ normative e carenti
presidi di trasparenza per adottare comportamenti opportunistici, con riflessi di significativo
pregiudizio economico sulla diffusa schiera di imprese ed Enti locali, i più dei quali risultavano
neofiti del mercato dei prodotti derivati.
Con improprie metodologie commerciali sono stati collocati Swap frequentemente
combinati in strutture complesse e con opzioni esotiche, connotate da accentuati aspetti aleatori,
con scarsa rispondenza alle esigenze finanziarie di copertura e/o gestione del rischio degli
operatori retail interessati.
Agli intermediari bancari – organizzati per i derivati, in una netta demarcazione fra centri
di creazione dei prodotti finanziari e reti di collocamento – è mancato un corretto accostamento
dei servizi prestati alle esigenze dell‟impresa. Agenzie e dipendenze periferiche degli
49
intermediari bancari, incentrate sui livelli commissionali e produttivi, scarsamente formate alle
logiche di gestione dei rischi finanziari, hanno collocato su ampia scala Swap di sofisticata
struttura. Questi prodotti finanziari, avulsi da ogni strategia di risk management, si sono risolti
in strumenti di mera speculazione, spesso connotati da esasperati effetti leva, dei cui risvolti
economici risultavano di fatto ignari sia gli imprenditori acquirenti, sia gli stessi funzionari
proponenti.
I comportamenti opportunistici, adottati da taluni primari intermediari, hanno provocato
uno stato di generale pregiudizio, con diffuse contestazioni dalle quali tuttavia trapelano
fraintendimenti e misunderstanding che trascurano basilari concetti di equilibrio finanziario, di
costo del credito, di corretta valutazione del servizio.
Ferme rimanendo le irregolarità e inefficienze del servizio – accertate e denunciate dagli
Organi di Vigilanza – appare opportuno distinguere la crusca dalla farina per non incorrere in
incongruenze e passaggi logici che non reggono il vaglio di una corretta analisi economicofinanziaria.
Più volte nelle operazioni su derivati OTC, poste in essere con imprenditori ed Enti
locali, si è riscontrata un‟elevata discrepanza nel fair value dello Swap e/o nel valore dell‟upfront riconosciuto dall‟intermediario: con improprie argomentazioni logico-finanziarie, il
divario rilevato è stato ritenuto iniquo ed illegittimo.
Rilevando sull‟OTC un costo dell‟intermediazione nell‟ordine dello 0,01% - 0,02%,
l‟accertamento di „commissioni occulte‟ o „margini impliciti nel prezzo‟ che, anche per semplici
operazioni di Swap plain vanilla, si attestavano in valori talvolta superiore allo 0,20% annuo sul
nozionale, hanno ingenerato una indifferenziata proliferazione di contestazioni, intrise di
esuberante indignazione per le modalità occulte di imputare oneri e spese assai discosti
dall‟effettivo costo del servizio. A ciò ha contribuito la fuorviante presunzione – alimentata da
un‟infelice definizione a suo tempo fornita dalla Consob – che il prezzo spettante all‟operatore
retail fosse costituito dal fair value.
Nessun operatore riceve, anche per ordinari strumenti finanziari del mercato ufficiale, un
prezzo par, inteso come fair value, dove con questo termine si vuol intendere il mid-price o il
valore risultante dall‟applicazione dei modelli matematici usualmente impiegati dagli operatori
di mercato. Per giunta, nei derivati OTC – a differenza degli strumenti finanziari per i quali il
regolamento risulta pressoché immediato, o implicito nel sistema di marginatura – l‟impegno
bilaterale di credito/debito si protrae nel tempo. Ciò comporta per l‟intermediario un rischio di
50
controparte che, in assenza delle forme di collateralizzazione in uso fra operatori professionali,
si riflette sul prezzo determinando un significativo scostamento dal fair value, commisurato al
merito di credito, alla dimensione e durata dell‟esposizione finanziaria dell‟intermediario, che si
aggiunge agli ordinari costi di transazione. Il divario arriva ad ampliarsi significativamente in
presenza di un up-front.
Nei derivati OTC conclusi fra l‟intermediario e l‟operatore economico ogni forma di
squilibrio temporale dei flussi finanziari attesi, dedotti inizialmente dalla curva dei rendimenti,
viene a costituire un‟esposizione
al rischio di credito, che, alla stregua di ogni altro
finanziamento, deve trovare idonea copertura nei tassi impliciti impiegati per la determinazione
del prezzo applicato al derivato.
Il mark up applicato dall‟intermediario, implicito nel mark to market iniziale, non
costituisce un mero profitto, risultando in buona parte assorbito dalla copertura dei costi di
insolvenza che statisticamente si presentano nell‟attività di negoziazione degli Swap.
Il prezzo par, corrispondente al Fair value, è solo un valore teorico, un benchmark di
riferimento al quale l‟intermediario aggiunge – alla stregua di un‟ordinaria operazione – i costi
del servizio, costituiti principalmente dalla copertura del rischio di credito, risultando gli oneri
di intermediazione, i costi strutturali ed organizzativi, nonché la remunerazione del capitale di
vigilanza impiegato, proporzionalmente di entità assai inferiori.
La scarsa trasparenza e l‟asimmetria informativa hanno permesso talora di esasperare,
oltre ogni misura coerente con il servizio prestato, il margine di intermediazione implicito nella
market quotation praticata all‟operatore retail. Non si possono tuttavia disconoscere i costi
impliciti nell‟operazione, un‟adeguata copertura del rischio di credito, oltre alla necessaria
remunerazione del capitale di vigilanza impegnato. La market quotation risulta di riflesso
discosta dal fair value ed il divario si amplia apprezzabilmente in presenza di un up-front.
L‟incongruenza, che ha reso oltremodo esosi i derivati collocati presso imprese ed Enti
locali, è rinvenibile soprattutto nei termini e modalità di ristrutturazione o rimodulazione
(unwinding) dei derivati stessi.
Le diffuse e ripetute ristrutturazioni, intervenute per lo più nell‟opacità e
inconsapevolezza della spirale ascendente di indebitamento, sono state spesso sospinte
oltremisura, sino al limite estremo di fido ed oltre. Nelle rimodulazioni dei derivati, i contratti
non prevedono lo scomputo nel nuovo derivato di quanto interamente pagato per la copertura
del rischio di credito nel precedente contratto. Come in un contratto di assicurazione
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quinquennale a premio unico, chiuso anticipatamente e ripagato interamente in un nuovo e
diverso contratto, la precedente copertura del rischio di credito viene a costituire per
l‟intermediario un sostanziale „free lunch‟; una successione di rimodulazioni viene in tal modo a
ricreare un fenomeno del tutto analogo all‟active trading, dove i costi vengono reiterati e
cumulati assumendo un‟incidenza anomala e sproporzionata, stravolgendo l‟equilibrio del
contratto.
Se poi il derivato é accompagnato da un up-front, aumenta significativamente la misura
del rischio di credito, che amplifica il mark-up a copertura e con esso i „free lunch‟ che
rimangono acquisiti all‟intermediario, nel meccanismo di reiterazione. E‟ quello che è avvenuto,
nello scorso decennio, nelle ripetute rimodulazioni degli Swap collocati presso imprese ed Enti
locali.
Il derivato rimane un negozio atipico, privo di una specifica disciplina. Nella categoria
dei derivati si è venuta ricomprendendo un‟ampia schiera di prodotti finanziari dalle multiformi
strutture e funzionalità. Assai labili sono gli elementi che li accumunano: sul piano economico,
li unisce il riferimento all‟andamento di un‟attività sottostante, sul piano giuridico li unisce
esclusivamente l‟elencazione che degli stessi viene riportata all‟art. 1 del T.U.F..
Dall‟atipicità del negozio, in assenza di un argine definitorio, è venuto proliferando un
variegato coacervo di contratti per lo più ripresi dall‟esperienza anglosassone, aperti alla
creatività dell‟ingegneria finanziaria nostrana, che si è adoperata per piegarne l‟impiego alle
esigenze dell‟intermediario realizzando palesi arbitraggi disciplinari: sono risultati disattesi
significativi presidi di trasparenza e tutela del credito.
Se con i CDS – la più recente creazione del mercato internazionale – si è trasposta sul
piano finanziario una tipica protezione regolata ed ispirata ai principi assicurativi, non sembra
sussistere limitazione alcuna a riportare nell‟ambito del T.U.F., attraverso il veicolo di strumenti
finanziari, contratti tipicamente soggetti ad una diversa disciplina.
Con taluni derivati, in particolare con gli Swap, si pone in essere un negozio „ab intuitus
personae‟ che ne impedisce, di regola, il trasferimento, così che anche il relativo mercato risulta
atipico. Il derivato viene a costituire un prodotto finanziario privo di mercato secondario:
sull‟OTC si creano derivati, al più si chiudono con lo stesso operatore, ma non si trasferiscono.
Con lo Swap, il negozio giuridico che lo costituisce appare sottratto agli ordinari canoni
che regolano i rapporti contrattuali, risultando assorbito nell‟ambito della disciplina dei prodotti
finanziari. Questo aspetto, coniugato con l‟atipicità del negozio, ha favorito un‟ampia libertà in
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ambiti costruttivi senza limiti, offrendo il destro a forzature per attrarre nella disciplina del
T.U.F. istituti e rapporti negoziali altrimenti disciplinati.
Non si pongono per il derivato taluni limiti e presidi posti a tutela della generalità dei
contratti. Una flessione del mark to market, alla stregua di un comune titolo obbligazionario o
azionario, non pone un problema di rispetto dell‟art. 1467c.c.: l‟alea connaturata allo strumento
finanziario rende immanente il rischio di eccessiva onerosità che può conseguire nel tempo.
Tuttavia diversamente si configurano le circostanze quando la flessione del mark to
market non è ascrivibile al mercato, ma è implicita nelle condizioni dell‟operazione in derivati,
atte a ricomprendere un diverso equilibrio dei benefici, ancorché aleatori, per accumunare
all‟elemento di scambio, il rientro e la remunerazione di un finanziamento contrattualmente
preordinato. L‟inserimento di componenti avulse dall‟aleatorietà propria al derivato induce una
commistione nella quale si annida un arbitraggio normativo, ove non si colgano e separino, oltre
la forma, i distinti elementi sostanziali e causali dell‟operazione.
Proprio trascendendo la forma impiegata e cogliendo l‟elemento essenziale del contratto,
il valore del derivato è stato ricompreso nelle segnalazioni della Centrale dei rischi, nella misura
corrispondente, inizialmente e successivamente, al mark to market dell‟operazione.
Non è „alieno‟ al nostro ordinamento l‟impiego del negozio indiretto “che ricorre
quando le parti utilizzano una fattispecie negoziale atipica, e la pongono effettivamente in
essere, ma per conseguire, oltre agli scopi ad essa propri, anche ulteriori scopi propri di un
diverso negozio tipico”. E‟ singolare, invece, che si voglia intendere l‟up-front come
l‟anticipazione dei futuri flussi finanziari attesi, senza coglierne la consecutio causalis: senza
uno spread incrementativo dei flussi attesi dall‟intermediario – che copra, al tempo stesso,
l‟importo e i relativi interessi commisurati al merito di credito della controparte – non vi sarebbe
equilibrio finanziario che giustifichi l‟up-front. La componente aleatoria, connaturata al genus
del contratto, non viene sostanzialmente alterata, bensì viene più semplicemente affiancata da un
diverso negozio giuridico. Aumenta il costo – certo e predeterminato nello spread aggiunto al
tasso – mentre l‟alea del contratto rimane immutata. Spesso si confonde il rischio con il costo:
coniugando uno Swap con un finanziamento, il rischio non aumenta, ad aumentare è il costo.
Con l‟„accomodante‟ lettura dell‟up-front riferita all‟anticipo dei flussi, divengono
facilmente eludibili i presidi di tutela e trasparenza previsti dal T.U.B., D. Lgs 385/93, il
disposto dell‟art. 1284 c.c., le soglie d‟usura poste dalla legge 108/96. Qualsiasi finanziamento o
mutuo usurario può agevolmente essere replicato, ponendo nello stesso una quota della
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prestazione entro la soglia e relegando in un separato Swap non par la componente ulteriore
debordante la soglia.
I derivati, nel collocamento curato presso le imprese e gli Enti locali, sono spesso
risultati connotati dalla presenza dell‟up-front, una peculiarità inusuale nelle operazioni
ordinariamente poste in essere sull‟OTC fra operatori professionali. Così come inusuali risultano
taluni contratti Swap che, agendo sui parametri di riferimento, ne modificano l‟alea creando una
distribuzione dei flussi attesi sbilanciati, in un senso nel periodo iniziale e nel senso opposto nel
periodo a seguire.
L‟atipicità dei derivati offre ampi spazi di costruzione del rapporto negoziale costituente
il prodotto finanziario, ma la causa che esaustivamente qualifica il derivato rimane l‟alea che si
esprime finanziariamente nei differenziali assunti dai parametri di riferimento; qualunque altro
aspetto non strettamente funzionale è estraneo al derivato e risponde ad altre e diverse cause.
Risultando gli aspetti sopra menzionati non funzionali all‟operazione, appare evidente
che il negozio sottostante esprima una causa che non trova piena giustificazione nel genus del
derivato, ma sottende un‟ulteriore causa riconducibile al negozio di finanziamento, che si
accumuna al derivato, ora prevalentemente, ora marginalmente.
Il fenomeno degli Swap si è prodotto ed amplificato nel corso di più anni, ad opera di
taluni importanti player del mercato dei derivati: indagini prima campionarie poi estese alla
generalità del mercato dei derivati, hanno evidenziato significativi aspetti di criticità e patologia,
ancor prima che divenissero palesi le ripercussioni sui bilanci delle imprese e degli Enti locali.
L‟impiego distorto dell‟autocertificazione di operatore qualificato è la sintomatica
manifestazione di una cultura ancora radicata e diffusa che abusa del ruolo speciale riservato
all‟operatore bancario, a danno dei valori costituzionalmente protetti: l‟esigenza e l‟interesse del
cliente, sia esso risparmiatore od operatore economico, sono risultate significativamente
condizionate e talora asservite all‟interesse dell‟intermediario.
Come in altre recenti vicende che hanno interessato i rapporti fra Banca e clientela,
l‟impiego distorto delle prerogative speciali riservate all‟intermediario bancario non ha
riguardato casi singoli e sporadici, bensì ha assunto connotazioni generalizzate. Troppo spesso i
comportamenti dell‟operatore bancario occupano e impegnano la Magistratura, chiamata – non
per singoli accadimenti ma per fatti generalizzati – a surrogare e colmare carenze istituzionali.
Il tradizionale rapporto di fiducia, che per decenni ha caratterizzato i rapporti fra
operatore/risparmiatore e banchiere, soffre un momento storico di profonda crisi: il peculiare
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interesse pubblico ricoperto dall‟intermediario bancario, nel collegamento fra risparmio e
sviluppo, ne giustifica un‟accurata protezione e tutela, ma rende aberranti comportamenti che
ostacolano e travisano la funzione a cui è preposto l‟intermediario stesso.
dott. Roberto Marcelli
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