Cassaintegrato alla Legler ora è sarto di lusso a Notre Dame

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Cassaintegrato alla Legler ora è sarto di lusso a Notre Dame
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L’ECO DI BERGAMO
DOMENICA 12 APRILE 2015
Le storie
Bergamo senza confini
L’iniziativa
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza
confini» promosso da «L’Eco di Bergamo». Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la
propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
Cassaintegrato
allaLegler
oraèsartodilusso
aNotreDame
DI FABIANA TINAGLIA
Daniele Taglietti, 35 anni, è quasi papà e vive a Parigi dove ha un atelier di moda
Chimico nella nota azienda tessile bergamasca, si è dovuto reinventare un lavoro
«La cassa integrazione è stata la mia fortuna: mi sono rimesso a studiare»
Si è iscritto alla Scuola di alta sartoria di Milano e ha inseguito il suo sogno
«Aprire un salone di linee da uomo tutto mio». L’occasione d’oro lungo la Senna
Prima il contratto per la linea Luxury di Cerruti 1881 poi la prima passerella
«Un capo in voile, popeline leggerissimo del Cotonificio Albini fatto a mano»
Daniele Taglietti, 35 anni, sarto a Parigi prima per la linea Luxury di Cerruti 1881 e ora con un suo atelier
o hanno sempre chia­
mato «Taglio», princi­
palmente per via del
suo cognome. Daniele
Taglietti non poteva
avere un nome più azzeccato,
lui che nella vita taglia e cuce
e lo fa con grande passione tan­
to che l’antico mestiere del sar­
to lo ha portato nella città eu­
ropea della moda per eccellen­
za: Parigi. A lui viene da sorri­
dere nel raccontare la sua av­
ventura, un misto di casualità,
o «forse destino» commenta,
e appassionata testardaggine.
Proprio com’è lui.
Da Torre Boldone, dalla Legler
e da un marchio tutto suo –
«Taglio sartoriale» appunto –
al sogno della vita: a 35 anni fa
il sarto modellista per una casa
di moda come quella di Cerruti
1881, acquisita da un grosso
gruppo cinese che ha avviato da
sei stagioni una linea Luxury
per uomo. «Io che sapevo solo
l’italiano (e il bergamasco), ma
soprattutto che fatico a impa­
rare le lingue straniere, ora mi
sono pure innamorato di una
francese» scherza Daniele che,
insieme a Claire, diventerà ge­
nitore il prossimo settembre.
«Un parigino doc – scherza –?
Credo imparerà prima il berga­
masco, anche se Claire, come
tutti i francesi, è molto esigen­
te e vuole da me una parlata
perfetta… Missione impossibi­
le».
L
Le estati al parco Loreto
Scherza sempre «Taglio», con
il suo modo di fare amichevole,
il tono gioviale, l’entusiasmo
che lo contraddistingue fin da
quando a Bergamo gestiva l’As­
sociazione culturale «Gatto­
Quadrato». Tutti quelli della
sua generazione in città lo co­
noscono, per le sue creazioni
La scheda
Daniele Taglietti
SARTO, 35 ANNI
Nato a:
Bergamo
Vive a:
Parigi
Parigi forever per:
Il BikePolo e ovviamente
Claire
re folle per la stoffa». Fin da
bambino del resto: «Mia mam­
ma faceva la sarta e io ho impa­
rato da lei: mi cuciva i vestiti
per il Big Jim e, me lo ricordo
ancora, a 13 anni ho cominciato
a usare da solo la macchina da
cucire e a fare di testa mia.
Altro che soldatini e costruzio­
ni, io volevo costruire vestiti».
Poi c’è la Legler: «Otto anni tra
le tinture: quell’esperienza mi
ha insegnato un mestiere in­
credibile». Ma arriva la cassa
integrazione: «Avevo il diplo­
ma di chimico, e ho deciso di
rimettermi a studiare, di fare
quello che ho sempre sognato,
ma non m’interessavano le
scuole di moda: mi sono sem­
pre sentito un artigiano creati­
vo».
L’occasione di una vita: Parigi
Cosa mi è stato utile
dell’essere bergamasco a
Parigi?
«L’essere semplice, pratico
e vero»
sartoriali, la sua vitalità e il suo
amore sfrenato per Bergamo:
«È la città che meglio mi sta
cucita addosso – dice –, ma de­
vo ammettere che anche Parigi
ha un bel taglio». E anche se il
tempo passa e non è più il ra­
gazzetto che organizzava le
manifestazioni culturali del
parco Loreto d’estate, «sono
quello di sempre, con un baga­
glio alle spalle di chilometri di
filo cucito».
Perde il lavoro alla Legler
Tutto però parte con un falli­
mento: «Lavoravo per la Legler
e quando ha chiuso ho dovuto
decidere cosa fare della mia
vita. Amavo quell’azienda, che
mi ha dato tantissimo: grande
esperienza sui tessuti, un amo­
Nel settembre del 2008 Danie­
le si iscrive quindi alla Scuola
di Alta sartoria maschile di Mi­
lano: «Studiavo e lavoravo per
farmi le ossa da Caraceni, ma
anche da Enrico Livio Colombo
in via Senato – racconta –. Poi
iniziai a cucire anche i miei
primi abiti sartoriali con l’eti­
chetta “Taglio sartoriale”: capi
su misura, con una mia visione,
un taglio originale, ma anche
l’abito classico da uomo tutto
fatto a mano e personalizzato
sul cliente – spiega –. A Berga­
mo ho vestito parecchi giovani,
amici e amici di amici». Un lun­
go elenco: «Cucivo anche quat­
tro abiti sartoriali al mese, e
questo mestiere mi ha messo
una gran voglia di specializzar­
mi sempre di più: da qui mi
sono rimesso a studiare come
modellista all’Istituto Carlo
Secoli». E aggiunge: «In fondo
qual è il vero respiro della mo­
da? La sartoria».
Esperienze che lo hanno porta­
L’impegno
a Bergamo
per le attività
al parco Loreto
L’amore con Claire
e l’attesa
per il loro primo
figlio a settembre
Appassionato
di BikePolo
si allena
a Les Invalides
to a pensare a un progetto tutto
suo: «Aprire un atelier. L’avrei
chiamato “Taglio sartoriale”,
ma arriva una proposta che non
mi lascia neppure il tempo di
pensarci: il mio docente di Mi­
lano, Giovanni Pandini, mi pro­
pone nel 2012 di seguirlo a Pa­
rigi: era stato chiamato da Cer­
ruti 1881 per avviare da zero
l’atelier per la prima linea Lu­
xury. Ho fatto la valigia in un
attimo, con dentro un bel voca­
bolario di francese». Difficile
ambientarsi? «Ho fatto come
da mia abitudine: ho cercato
altri bergamaschi. Credo molto
nel gruppo, nella mia terra e nel
senso di comunità che ci appar­
tiene: da qui, tramite una rete
di bergamaschi nella capitale,
ho trovato pure casa». Uno stu­
dio di 16 metri quadrati vicino
Notre Dame: «Non potevo
chiedere di più: mi mancava la
preparazione da modellista, la
tecnica industriale, e con que­
sta esperienza ho spiccato il
volo come sarto atelierista».
E aggiunge: «Parlando italiano,
fortunatamente, dato che in
sartoria resta la prima lingua»
ride Daniele, con una sua giac­
ca che nel 2013 sfila per la pri­
ma volta in passerella: «Emo­
zione incredibile e il sogno che
si realizza: un capo in voile,
popeline leggerissimo del Co­
tonificio Albini, di Albino. Un
capo tutto fatto a mano». Ma il
sogno non è solo lavorativo:
«Parigi mi piace viverla, è entu­
siasmante: la giro in bicicletta,
studio francese seguendo i cor­
si organizzati dal Comune, e ho
da subito creato una rete di
amicizie, molte made in Berga­
mo». Con una curiosità che fa
sorridere: «Quando ero a casa
ero appassionato di BikePolo,
sport poco conosciuto e decisa­
mente di nicchia in Italia, ma
a Parigi ci sono i campioni del
mondo di questa disciplina,
che ora sono miei amici – e ride
ancora –. Capita di giocare in­
sieme anche se sono sempre
molto cauto: ho paura di farmi
male alle mani e per un sarto
sarebbe un disastro». E allora
meglio godersi una passeggiata
lungo la Senna: «E girare, gira­
re come una trottola: ovunque
io vada resto a bocca aperta
dalla meraviglia».
L’amore con Claire
Come una meraviglia è stato
l’incontro con Claire: «C’è lo
zampino bergamasco anche
qui: lei, francese di Grenoble e
da dieci anni a Parigi, conosce­
va una mia amica bergamasca,
Adriana, che lavorava nel nego­
zio di Daniela Gregis, stilista di
Città Alta, a Parigi». È lei che
fa da gancio, fino a uno scambio
di auguri via Facebook: «Claire
mi aveva chiesto l’amicizia sul
social network e il 1° luglio
2013 mi inviò un messaggio in
francese per augurarmi buon
compleanno. Le risposi con un
francese scritto sgrammatica­
to e abbiamo così scoperto di
essere nati lo stesso giorno».
Immancabile il primo appun­
tamento con pic­nic sulla Sen­
na: «È stato amore a prima vi­
sta e a settembre arriva il no­
stro bimbo o bimba, chi lo sa».
L’abitino per il primo bimbo
Un abitino su misura di certo
non mancherà: «Anche Claire
lavora nella moda, e ora io non
credo potrei più abbandonare
questa città: a Parigi mettersi
in gioco dà dei risultati; credere
in un progetto, investire su se
stessi, permette di raggiungere
il successo. Qui le idee vengono
premiate e non sono conside­
rate folli o astruse: sono un’op­
portunità». E allora il rimpian­
to c’è: «Perché Bergamo po­
trebbe essere più frizzante, al­
ternativa, potrebbe e dovrebbe
osare di più. Per mettersi in
gioco».
Come ha fatto lui, del resto, con
le sue mani, quel taglio sarto­
riale che gli resta in testa come
nome di un progetto che non
vuole mettere in un cassetto:
«Magari apro qui a Parigi un
mio piccolo atelier – e saluta
via Skype, pronto per una mat­
tinata di BikePolo a Les Invali­
des –. Però lo dico, sul serio:
Bergamo, nel cuore, resta il mio
miglior vestito». n
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