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Il viaggio di Nefeli verso il Mar dei Caraibi Reportage parte terza: 2013, La traversata… 3360 NM 17 ottobre – 1 novembre Las Palmas: La soglia del Nuovo Mondo Grande, brutto, scomodo, ma splendidamente servito, così si potrebbe definire il porto turistico di Las Palmas. Attorno ad esso, ruotano numerose imprese grandi e piccole, che della nautica da diporto vivono: lavorano sempre (anche la domenica, se necessario), sono reperibili, puntuali a venire se chiamate! Non siamo ancora attraccati al nostro ormeggio, che già un ometto si presenta sfoderando credenziali “Amel”. In men che non si dica, ci organizza gli appuntamenti con i tecnici e gli artigiani di cui abbiamo bisogno per rimettere in piena forma Nefeli. In breve, ed a costi ragionevoli (mentre Fernando si assentava per il solito viaggio di lavoro), lo scalino danneggiato a poppa è stato rifatto perfettamente dal sorridente Manolo e dai suoi operai; Mario, ha riparato definitivamente l’alternatore e fatto il tagliando a motore, generatore ecc.; Michel (l’omino Amel, un francese trapiantato alle Canarie) ha controllato l’elettronica ed il pilota automatico (con i risultati che vedremo in seguito) … 2 novembre - 9 novembre Las Palmas: Conto alla rovescia Dopo il week-end di Halloween, è iniziata una settimana intensa di briefings, incontri e seminari, seguiti da cene in cui discutere, con gli organizzatori ARC e gli altri equipaggi, di strategie di navigazione e scambiare esperienze e consigli. Jeff “the rigger”, qui su incarico della società assicuratrice inglese Admiral, sponsor dell’ARC, per un compenso quasi simbolico, ci ha verificato tutta l’attrezzatura, e, salito in cima agli alberi, ha ispezionato accuratamente il rigging e ci ha dato alcuni saggi consigli, di cui abbiamo fatto tesoro. Quando abbiamo chiesto, a livello di chiacchiera amichevole, se la sua tariffa era diversa tra sloop e ketch ha commentato: “Dovrebbe, ma non sono qui per salassarvi!” Provviste ne abbiamo fatte poche: l’anno scorso, a Trieste, avevamo immagazzinato una notevole quantità di scatolame e cibi a lunghissima conservazione, a Villasimius (maghi del sottovuoto) avevamo acquistato carne in abbondanza (subito congelata), formaggi, salumi, olio, vino, ecc. Integrata la cambusa con sfiziosità ispaniche e canarie, abbiamo comprato solo frutta e verdura per una settimana: a Capo Verde prenderemo il resto. 10 novembre Las Palmas: Il grande giorno Chi non è stato alla partenza dell’ARC non può capire. Da bravi triestini siamo sempre stati impressionati dalla Barcolana, con le sue duemila e più barche. L’ARC, con le sue circa 250 barche, o l’ARC+, sono un’altra cosa, una cosa completamente diversa: non sono una regata, sono definite rally, ma non sono neanche quello, o almeno, non sono solo quello; sono un sogno che si avvera, è davvero la “Partenza per il Nuovo Mondo”, un simbolo dell’avventura pura verso l’ignoto. Da qui Colombo è partito per le Indie ed ogni anno, sia nel quadro dell’ARC, sia indipendentemente o con altre organizzazioni, da qui salpano le barche che vogliono attraversare l’Atlantico. Quasi una celebrazione di quel viaggio del 1492. Già di prima mattina, migliaia di persone sciamano verso il porto, per prendere posto a terra o su altre barche ed assistere alla partenza, mentre, al suono della banda cittadina che allegramente percorre i moli suonando canzoni di tutte le bandiere, gli equipaggi ammainano il Gran Pavese, strofinano per l’ennesima volta il ponte con acqua dolce e corrono a comprare l’ultima baguette appena sfornata. Suonando il corno da nebbia, una alla volta, le barche lasciano l’ormeggio e si avviano verso la linea di partenza. Con solo quarantacinque partecipanti, il traffico portuale non è stato sospeso per l’ARC+: con il mare grosso bisogna fare attenzione non solo agli altri velieri, ma anche alle navi, ai motoscafi ed alle barchette, cui nulla importa del rally… Volutamente siamo rimasti indietro e, come annunciato, partiamo per ultimi. 10 novembre In navigazione: Strategie Per sfuggire alle forti accelerazioni di vento, create a Sud Est di Gran Canaria dall’orografia dell’isola, subito ci allontaniamo di alcune miglia dalla costa: con una mano di terzaroli procediamo spediti e, dopo qualche ora, siamo già risaliti in ventisettesima posizione. Nefeli va alla grande: il vento per lei è perfetto e le onde formate non la disturbano. Siamo elettrizzati: finalmente, e davvero, siamo in viaggio verso i Caraibi! Dopo il tramonto festeggiamo con un bel piatto di orecchiette al sugo ma senza brindisi: meglio evitare l’alcool quando si vuole restare vigili! Dopo cena il primo turno di guardia tocca a Fernando. Circa un’ora più tardi però gioia ed entusiasmo subiscono un fiero colpo: il pilota automatico non funziona più, vento e mare stanno montando ed a Mindelo mancano almeno cinque giorni e cinque notti… 10 novembre – 12 novembre In navigazione: Il ritorno Il vento sta rinforzando, le onde sono sempre più alte e disordinate: timonare risulta difficile e impegnativo. Con il cuore pesante, ci mettiamo alla cappa, cercando di dormire qualche ora, in attesa della luce del giorno, per poi cominciare la lunga e faticosa risalita verso Las Palmas. Il mattino seguente la situazione meteo non era mutata: a motore, contro vento e contro mare, non facevamo più di un nodo e mezzo (durante la notte abbiamo scarrocciato verso sud-sudest a circa tre nodi)! Siamo costretti a ridurre i turni a due ore solamente: dopo la prima ora eravamo già sfiancati. Il tragitto, compiuto in sole nove ore viaggiando verso Sud, risalendo a Nord ne richiederà trentasei, e solo perché, rinunciando alla rotta più breve, abbiamo sfruttato il ridosso di Gran Canaria. Ci hanno detto che avremmo potuto continuare, ed è vero: il vento e la corrente marina ci avrebbero sicuramente aiutato, ma l’incertezza di trovare un tecnico e dei ricambi a Mindelo, considerata la sicurezza di trovare assistenza tecnica competente ed a costi ragionevoli a Las Palmas, ha giocato la carta vincente a favore del ritorno (ed il pensiero di almeno 120 ore senza poter lasciare il timone per un solo istante ha giocato la sua parte). 12 novembre – 24 novembre Las Palmas: Efficienza e competenza Con il telefono satellitare chiamiamo, prima l’ARC per avvisare del guasto e chiedere consigli su dove atterrare, poi Carlos, il concessionario della Jeanneau, che aveva fatto un ottimo lavoro per alcuni piccoli interventi, e che sapevamo essere competente anche per il pilota automatico (del francese Michel non vogliamo sentire più nemmeno l’odore, vista la qualità del servizio reso). Al nostro arrivo, Carlos, efficiente e gentile, è lì ad aspettarci, e ci dice che, pur impegnatissimo con i clienti Jeanneau che si stanno preparando per l’ARC, troverà lo stesso il tempo per darci una mano (e lo ha fatto, lavorando fino a tarda sera)! Si è presto capito che l’ARC+ era finito per noi: il motore del pilota automatico andava sostituito e, anche con un ordine “urgente”, non lo avremmo ricevuto in meno di quattro giorni. Riparare, correre verso Capo Verde, passare il traguardo e riprendere il viaggio? Saremmo comunque stati distaccati. Tagliando Capo Verde, si poteva guadagnare qualcosa, ma sarebbe stato in ogni caso un tour de force. L’organizzazione si è dimostrata disponibilissima: ci hanno detto molto chiaramente che qualsiasi cosa andasse bene per noi, era accettabile per loro. Abbiamo quindi deciso di ritirarci da ARC+ e chiesto di essere reinseriti (nostra iscrizione originale) nell’ARC classico con partenza il 24 di novembre. Così, con il numero 251, siamo ritornati all”ARC (percorso senza soste da Las Palmas a Rodney Bay). La sarabanda è ricominciata: briefings, seminari, incontri, feste e, in finale, provviste di cibi deperibili, per tre/quattro settimane, stavolta. 24 novembre – 6 dicembre Las Palmas – Mindelo: Scelte sbagliate Soffiando nel nostro bel corno di ottone, ci stacchiamo per tempo dal molo. Stavolta il porto è interdetto alla navigazione, le barche sono tante e scaglionate per classe di appartenenza: prima quelle che partecipano alla traversata competitiva (Racing), a seguire i multiscafi e poi le restanti (Cruising). Sotto e sopra di noi abbiamo mare tranquillo ed un sole radioso. Appena attraversata la linea di partenza, però, iniziano i groppi, non terribili per ora, tuttavia fastidiosi. Le previsioni sono di forte instabilità e vento sostenuto sulla rotta Nord, vento leggero e portante sulla rotta Sud. Durante l’ultimo incontro il meteorologo aveva caldeggiato la rotta più “calma”: “Navigare verso Sud fino a quando il burro si scioglie, poi puntare ad Ovest” era l’indicazione degli antichi navigatori a chi chiedeva la rotta da seguire per raggiungere le “Indie”. Nel breve tratto percorso durante l’ARC+, con un vento simile, avevamo tenuto una buona andatura, così, sbagliando, abbiamo seguito il consiglio del meteorologo. Purtroppo però, il 26 novembre, la rotta Sud si è rivelata fin troppo calma: il vento è sparito completamente! Confidando nell’esattezza delle previsioni, ammainate le vele, abbiamo deciso di attendere il giorno sperando in un ritorno del vento. Il ventisette mattina, un Beneteau 46 (con a bordo una coppia di viennesi, con tre bambini e la madre di lei) ci ha contattati per radio. Le barche vicine, acceso il motore, si erano dileguate nella notte, la nostra era l’unica imbarcazione rimasta nel loro raggio di ricezione di radio e AIS: un’avaria al boma (per altro egregiamente, anche se provvisoriamente, rimediata) e la sparizione repentina di tutti, li avevano gettati in un fortissimo stato di ansia. Fraintendendo la filosofia dell’ARC, si erano immaginati una sorta di allegro convoglio veleggiante, se non a vista, almeno a portata di radio: l’errore aveva minato una gran parte delle loro sicurezze. Volutamente lo definiscono “rally” e non “regata”, tuttavia, pur non palesemente incoraggiata, la forte competizione che c`è tra molti partecipanti è ben accetta: all’arrivo, anche se festeggiano calorosamente tutti, premiano i primi… Un saluto, due chiacchiere e via, man mano le altre barche li avevano lasciati indietro e si erano ritrovati soli, con il boma rabberciato, tre bimbi e tremila miglia di oceano davanti a loro. Era per noi arrivato il momento di mettere in pratica quanto abbiamo sempre dichiarato: per noi l’ARC significa solo un modo più sicuro per attraversare l’Atlantico: li abbiamo raggiunti, rassicurati per il solo fatto di essere lì e ci siamo offerti di proseguire il viaggio insieme. La cosa giusta da fare, e che stavamo per fare quando ci hanno chiamati, sarebbe stata: puntare subito verso Ovest (a motore) per andare a prendere la rotta Nord che ci avrebbe portati velocemente, con vento forte, ma sostenibilissimo, verso i Caraibi. I nostri “compagni di viaggio” non se la sentono: vorrebbero continuare verso Sud, alla ricerca del fantomatico vento “leggero”. Noi, impegnatici a non abbandonarli, a malincuore, li assecondiamo. Da quel momento, abbiamo subito un’altalena di vento, leggero dalle direzioni più diverse (ma sempre “sbagliate”) alternato con l’immancabile bonaccia, che, con uno smodato uso del motore, ha alleggerito il nostro serbatoio di carburante e quasi vuotato il loro. Come altri hanno fatto (mai tanto gasolio è stato consumato come in quest’edizione dell’ARC) abbiamo proseguito fino a Mindelo per un veloce rifornimento, arrivando all’alba. L’ARC non prevedeva la sosta a Mindelo: evidentemente era destino che dovessimo passare da Capo Verde, nonostante tutto! 6 dicembre 22 dicembre Mindelo - Rodney Bai: Alisei dispettosi Partiti da Capo Verde il vento si fa vedere nuovamente anche se a sprazzi. Ogni volta che soffia un poco di vento però, anche terzarolati, lasciamo indietro il Beneteau, e così, per non perderli, inventiamo un nuovo gioco: “riduci, riduci, riduci e vai più piano che puoi, a dispetto del vento che vorrebbe farti volare”. In seguito, per questo atto di superbia, Eolo ci ha severamente puniti. Qualche giorno dopo aver lasciato Capo Verde, i nostri amici, (ormai tranquillizzati) decidono di tentare la sorte, da soli, sulla rotta Sud, sperando di poter usare il parasail, da cui si aspettano grandi cose. Noi, il vento soffiava inesorabilmente da Est, li salutiamo ed iniziamo una lunga serie di bordi. Contando sul fatto che in quel periodo l’Aliseo avrebbe dovuto spirare da Nord-Est o EstNord-Est, avevamo pianificato di non adoperare il sistema Amel che tangona il genova da un lato ed il balooner (un genova molto leggero e “grasso”) dall’altro. Per questo assetto, utilizzabile solamente con vento in poppa sotto i 15 nodi, pensiamo sia prudente essere in tre: in due, con il mare grosso, in caso di un improvviso rinforzo del vento, è quasi impossibile ammainare velocemente senza correre qualche rischio. Ed ecco, puntuale, la Vendetta degli Dei prima annunciata. Quest’anno si è verificata una bizzarra situazione meteo, mai capitata prima, in ventotto anni di ARC, dicono. Alte e basse pressioni anomale, hanno instaurato vaste aree di bonaccia e/o di venti forti lungo tutta la rotta e “spinto” gli Alisei verso Est. Risultato: tra i 25 ed i 30 nodi di vento da Est con groppi continui fino ad oltre 50kn; anche cambiando idea, avremmo utilizzato ben poco il balooner. Groppi continui ci piombano addosso, per ore, uno dopo l’altro; quando arrivano di notte senza pioggia, il radar non li segnala e, con il cielo buio e coperto, ci colgono all’improvviso. Sapremo poi che uno di questo groppi, a più di 50 nodi ha inferto seri danni ad alcune barche, anche disalberandone una. Ogni giorno riceviamo via e-mail il bollettino meteo specifico per la nostra area di navigazione, ma è di poco aiuto, se non per confermare che queste condizioni si manterranno sino all’arrivo. Anche i files grib, scaricati via internet, non ci danno speranze: il tempo è questo e resterà questo fino a St. Lucia. Per le guardie notturne ci cauteliamo con due o tre mani di terzaroli, di giorno, potendo osservare il cielo e le nubi in arrivo, siamo più tranquilli e possiamo spingere un poco di più. In tutta la traversata, salvo i nostri amici viennesi, abbiamo “incontrato” sul radar e per radio forse tre altre barche, di cui una sola ci è passata veramente vicina: un “delivery” che, con oltre 30 nodi di vento e con equipaggio ridotto, navigava a vele spiegate …. In totale abbiamo avuto dieci giorni di bonaccia, cinque giorni di vento forza tre-quattro, sette di vento forza sei e tre di forza sette, onde (spesso incrociate) di oltre cinque-sei metri e groppi a iosa. Il risultato di una media aritmetica conferma il dato che in questa stagione l’Aliseo soffia tra i quindici ed i venti nodi, ma questo è solo un’altra prova di quanto possano essere ingannevoli le statistiche! Nefeli, imperturbabile, scivola come un cigno in un laghetto, sale su onde alte quattro, cinque metri, lasciandosi trasportare e cullare per qualche minuto, poi scende dolcemente, e, con un’elegante piroetta, si incanala tra gruppi di onde più piccole, pronta a cavalcarne una grande non appena si presenti: durante tutto il viaggio, non ha mai dato l’impressione di soffrire per il mare grosso o il vento forte. Nell’avvicinamento alle Canarie, avevamo testato le varie possibilità di durata e rotazione dei turni di guardia. Durante la traversata, pur mantenendo gli orologi sull’ora di Greenwich (che scandiva la ricezione delle informazioni meteo e le comunicazioni con l’ARC), abbiamo impostata la nostra routine seguendo l’avvicendarsi del buio e della luce. Abbiamo cenato sempre dopo il tramonto e subito dopo cominciava il primo turno di guardia. In questo modo non abbiamo avvertito il cambio dei fusi orari. I turni nelle ore di buio sono stati di quattro ore, con il chiaro, più flessibili. Senza una regola precisa, il primo turno tocca a chi è “meno stanco” o ha dormito di più nelle ore precedenti. Un avvicendamento rigido, ad ore fisse, quando si è in due, è poco funzionale: le quattro ore di riposo (che sono già poche) a volte vengono interrotte per un’emergenza e poi, appena ripreso sonno, si viene richiamati per iniziare il proprio turno: si rischia di non dormire quasi mai… Quello che può apparire un sistema disordinato, alla fine si è rivelato l’unico modo possibile per “tirare avanti” riuscendo a dormire non meno di sette ore (quattro + tre) nell’arco delle ventiquattro. Arrivando finalmente a Saint Lucia, troviamo sul molo, ad accoglierci festosi, i nostri amici austriaci (avevano navigato con il vento in poppa ed il genova tangonato, guadagnando su di noi). Ci aspettavano, con gli occhi luccicanti e sventolando palloncini colorati, decorati dai bambini, con la scritta “Nefeli”. È un momento toccante, e tanto calore ci commuove e ripaga. A causa delle scelte sbagliate ed emotive (queste ultime le rifaremmo sempre) il viaggio si è allungato di non meno di cinque o sei giorni: questo ci ha stancati moltissimo ed alla fine non vedevamo l’ora di arrivare. L’esperienza vissuta è tuttavia qualcosa che rifaremmo, pur con qualche aggiustamento. Non abbiamo mai avuto dei ripensamenti e ci riteniamo dei privilegiati per aver potuto assistere, partecipando come insignificanti comparse, allo spettacolo sontuoso che offrono mare e cielo in continuo caotico movimento: sempre diverso ed affascinante. Da casa a qui ci abbiamo messo 453 giorni, però ne è valsa la pena!