Corridoio Bodiversità - Parco Gola del Tinazzo

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Corridoio Bodiversità - Parco Gola del Tinazzo
PROGETTO TRA LAGO E LAGO
Un collegamento ambientale tra le aree a alta naturalità della comunità Montana dei Laghi Bergamaschi
BIODIVERSITA’ TRA LAGO E LAGO
Scoprire la biodiversità nell’Alto Sebino
Il coordinamento del proge o educa vo e della dispensa “Biodiversità tra lago e lago” e la raccolta dei da è stato curato da Davide Colosio di Legambiente Lombardia.
I contenu dida ci sono sta reda da Federico Paladini e Aldo Avogadri.
Il proge o educa vo sul tema della Biodiversità è rivolto alle scuole elementari e medie del territorio dell’Alto Sebino e cos tuisce parte dell’azione 4 Educare alla Fruizione Sostenibile del Proge o TRA LAGO E LAGO di Legambiente Lombardia e Comunità Montana dei Laghi Bergamaschi cofinanziata da Fondazione Cariplo. Questo proge o educa vo è stato pensato a supporto del sen ero di collegamento delle 3 aree di pregio naturalis co dell’area dell’Alto Sebino: il Parco della Gola del Tinazzo, la riserva naturale della Valle del Freddo e Plis del lago di En-­‐
dine-Gaiano denominato Sen ero Tra Lago e Lago.
La dispensa “Biodiversità tra Lago e Lago” è stata realizzata con il contributo di: Comune di Lovere
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INDICE
La Biodiversità 4
Cos’è la Biodiversità? 4
Perché la biodiversità è importante? 4
La biodiversità è in pericolo? 5
Cosa possiamo fare? 7
La natura tra lago e lago 11
La gola del Tinazzo 13
Aspe naturalis ci 13
Aspe storici 18
La cava del ceppo di Poltragno e di Greno 20
Il maglio di Poltragno 21
Le doline di Cerete di Castro 22
Esmate e le morene glaciali 23
La rocca di Castro, San Lorenzo e San Defendente 24
La riserva naturale della Valle del Freddo 25
La storia: dalla scoperta del bio po all’is tuzione della riserva 25
La flora della Valle del Freddo 27
Le specie d’alta montagna, preziosità del bio po 27
Il percorso naturalis co di visita della riserva 28 Il lago di Gaiano 29
La vegetazione perilacustre 29
Ecologia e biologia del lago di Gaiano 32 Allega ed esercizi 34
Bibliografia 39
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LA BIODIVERSITA’
Cos’è la biodiversità?
Che cosa hanno in comune un ba erio, un fungo, una quer-­‐
cia, una medusa, un uomo, un ragno e un brontosauro? Tu sono (o sono sta ) esseri viven , cos tui da una o più cellule, all'interno delle quali si trova una curiosa molecola dalla bellissima forma a doppia elica: il DNA. Che cosa ha di tanto speciale questa molecola? Il DNA è importan ssimo perchè in esso sono contenute tu e le informazioni neces-­‐
sarie per “costruire” un essere vivente a par re da alcune sostanze de e “organiche”.
Non esistono, a parte i gemelli omozigo (quelli iden ci), due esseri al mondo che abbiano lo stesso DNA e quindi questa molecola è alla base di tu e le piccole differenze che ci rendono unici. Osserva le orecchie dei tuoi compagni di classe: forse non lo hai mai notato, ma non ne esistono al mondo due uguali, per forma o dimensioni. Alcune sono grosse, altre piccole, alcune sporgen , altre più a accate alla testa; alcune hanno il lobo carnoso, mentre in altre addiri ura è quasi assente. Infine ce ne sono alcune quasi a punta, come quelle degli elfi.
Se, come vedi, anche un solo piccolo de aglio di una perso-­‐
na, può avere tante forme diverse, pensa a quanta diversità c'è nell'intero insieme degli esseri viven .... in una sola paro-­‐
la “BIODIVERSITÀ”. Esistono diverse forme di biodiversità. La più conosciuta è sicuramente quella tra le specie viven , ma altre anto im-­‐
portante è quella tra gli ecosistemi, che sono l'insieme cos -­‐
tuito dagli esseri viven , dal loro ambiente e da tu e le rela-­‐
zioni che ci sono tra essi (chi mangia chi, chi aiuta chi, chi ha bisogno di chi). Esempi di ecosistema sono un bosco, un deserto o una barriera corallina.
Perché la biodiversità è importante?
Pensiamo a due differen ecosistemi: una moderna col -­‐
vazione intensiva di frumento ed una foresta tropicale, la cosidde a giungla. Nel campo col vato a frumento, le presenze considerate “nocive” dall'uomo, quali inse ed erbe “infestan ”, sono tenute so o controllo tramite pes cidi e diserban , tanto che l'unica specie vivente presente è il frumento. In una foresta tropicale in buona salute, invece, ci sono talmente tante specie che a volte si fa fa ca a trovare due esemplari di uno stesso po di pianta. Ebbene, immaginiamo che i due ambien venga-­‐
no entrambi seriamente danneggia da una catastrofe, come un incendio o una alluvione. Tornando 5 anni dopo il cataclisma, quale tra i due ambien si sarà ripreso me-­‐
glio? Sicuramente la col vazione intensiva di frumento non ha alcuna possibilità di tornare da sola come era prima del disastro, mentre saremmo sorpresi da come la foresta tropicale abbia già cominciato ad assumere un aspe o naturale simile all'”originale”. Questo esempio spiega l'importante conce o di RESILIENZA di un am-­‐
biente, ossia la sua capacità di tornare "a posto" dopo avere subito uno stress. 4
Non dimen chiamo inoltre che la straordinaria ricchezza della natura è alla base di numerose a vità umane quali per esem-­‐
pio l’agricoltura, la cosme ca, la farmaceu ca, l’industria della carta. Magari in qualche parte del mondo c'è qualche pianta da cui si potranno rica-­‐
vare i farmaci per curare qual-­‐
che mala a di cui oggi non esiste il rimedio: pensa che perdita sarebbe se questa pian-­‐
ta si es nguesse per colpa dell'uomo ancora prima di esse-­‐
re studiata. Eppure questo po-­‐
trebbe accadere perchè in effe la biodiversità di questo pianeta oggi è gravemente minacciata.
La presenza di una ricca varietà di specie in un ambiente ne aumenta la sua resilienza.
La biodiversità è in pericolo?
Un curioso esempio di come la perdita di un solo compo-­‐
nente sia dannosa per l'intero ecosistema in cui esso vive è la scomparsa del dodo. Questo strano uccello, non volato-­‐
re, fu trovato dagli Europei nell'isola di Mauri us, nell'O-­‐
ceano Pacifico nel XVI secolo, e si es nse poco dopo, nel XVII secolo, a causa della distruzione dell'habitat e della caccia spietata. Nella stessa isola si trova tu ora una pian-­‐
ta, chiamata col nome francese di Tambalococque, di cui però sono presen solo pochi esemplari, e tu con un'età s mata di circa 300 anni o più. Per quale mo vo non esistono piante di Tambalococque con un'età più recente?
La spiegazione è semplice e curiosa; il dodo si nutriva dei semi di questa pianta, e solamente il passaggio a raverso il suo intes no era in grado di farli germogliare una volta a terra, perciò dopo la scomparsa del dodo nessun seme è più riuscito a diventare una pianta adulta.
Questa relazione così stre a tra due esseri viven , che si chiama simbiosi, è solo una tra la tante relazioni che si pos-­‐
sono instaurare in un ecosistema (come predazione, com-­‐
pe zione, parassi smo e cooperazione), e ci rivela che i des ni di tu gli esseri viven , uomo compreso, sono stre amente lega e che la perdita di una specie può es-­‐
sere dannosa anche per le altre e addiri ura per l'intero ecosistema.
Basandosi anche su queste osservazioni, nel 1979 lo scien-­‐
ziato ed ambientalista inglese James Lovelock ha elabora-­‐
to l'ipotesi Gaia, teoria che considera il nostro pianeta come un unico gigantesco essere vivente (Gaia è appunto “il pianeta che vive”) di cui gli esseri che lo abitano cos -­‐
tuiscono gli organi, gli appara ed i sistemi. zione a causa dell'uomo. In Europa, secondo l'IUCN una specie di mammiferi su 6 è minacciata di es nzione e più di una su qua ro presenta una popolazione in declino. Inoltre circa un quinto dei re li e un quarto degli anfibi europei è minacciato di es nzione. Purtroppo però da quando su Gaia è comparso l'uomo le cose sono cambiate e la scomparsa del dodo non è un evento isolato: molte specie si sono es nte in passato e molte altre si es ngueranno in futuro. È nell'ordine naturale delle cose che alcune specie di esse-­‐
ri viven , non più in grado di adeguarsi ai cambiamen intercorsi nel proprio ambiente, declinino di numero fino ad es nguersi del tu o. Questo è successo per esempio a tu i dinosauri, alle trilobi , agli enormi anfibi del Carbo-­‐
nifero.
Altre specie, come il dodo, invece si sono es nte per cau-­‐
sa dell'uomo; ricordiamo tra queste il Tilacino, la Ri na di Steller, l'Alca Impenne e l'Uro.
Al giorno d'oggi mol ssime specie sono a rischio di es n-­‐
Un disegno dell’ipotesi Gaia.
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Alcune disegni e fotografie di animali es n a causa dell’uomo: (dall’alto) la Ri na di Steller, l’Uro, il Talacino, l’Alca Impenne. A sinistra l’albero di Tambalocoque e Dodo.
In tu o il mondo ci sono molte specie di animali che sono ormai rarissimi: casi famosi sono l'Orango, il Rinoceronte di Giava, l'Ara di Spix (un pappagallo), la Tigre e il Gorilla di montagna, mentre addiri ura molte specie di piante e di inse rischiano di scomparire prima ancora di essere sco-­‐
per . Ma quali sono nel de aglio le cause di queste es nzioni? Per capirlo meglio analizziamo la situazione di una specie “nostrana” che purtroppo si trova in pericolo di es nzione: il gambero di fiume. Questo crostaceo era un tempo fre-­‐
quente in numerosi corsi d'acqua mentre adesso è diventa-­‐
to molto difficile da trovare, tanto che uno scienziato ingle-­‐
se ha s mato che entro trent'anni questa specie sarà completamente es nta. Ovviamente la speranza è che questo studioso si sbagli, ma è molto interessante andare a vedere la storia del declino delle popolazioni di questo gambero perchè ci aiuta a comprendere quali sono le insi-­‐
die che minacciano, in misura diversa, tu e le specie di esseri viven . In par colare i fa ori che hanno portato i gamberi di fiu-­‐
me così vicino all'es nzione sono:
1. la distruzione dell'ambiente: sempre più spesso i fiu-­‐
mi sono sta imbriglia , re fica , cemen fica e sono 6
Alcune fotografie e disegni dei principali animali del mondo in via di es nzione a causa della distruzio-­‐
ne del loro ambiente, dell’inquinamento e della caccia: (in senso orario) l’Ara di Spix, la gre, il Gorilla di mon-­‐
tagna, il Rinoceronte di Giava e la Lince. In centro il Gambero di fiume, specie a rischio es nzione, fotografa-­‐
to nel Parco della Gola del Tinazzo.
così scomparsi mol degli anfra e delle cavità in cui i gamberi sono soli rifugiarsi durante il giorno;
2. l'inquinamento organico, determinato dagli scarichi delle nostre case, che determina un abbassamento della concentrazione di ossigeno nell'acqua, e quello inorganico che causa intossicazioni;
Ecco, ques qua ro fa ori, insieme ai cambiamen cli-­‐
ma ci e per alcune specie addiri ura la persecuzione da parte dell'uomo, sono quelli che in tu o il mondo provo-­‐
cano la scomparsa di sempre più specie animali e vegetali e sono quelli che vanno comba u per fare in modo che la grande biodiversità del nostro pianeta non sia inesora-­‐
bilmente compromessa.
3. la raccolta degli individui per scopi alimentari, avvenu-­‐
ta sopra u o in passato;
4. l'introduzione di specie aliene, in par colare di gambe-­‐
ri di provenienza americana che, oltre a competere con il gambero di fiume per le risorse, hanno introdo o una terri-­‐
bile mala a, la peste dei gamberi, che ha decimato le po-­‐
polazioni.
Cosa possiamo fare?
Se l'uomo può provocare ques “disastri”, può anche porvi rimedio. Interven a favore della biodiversità sono sta fa in tu o il mondo e anche nel nostro territorio: sono state is tuite delle aree prote e come il PLIS dell'Alto Sebi-­‐
no, Riserva Naturale Valle del Freddo, Parco della Gola del Tinazzo, e sono state posizionate ai bordi di alcune strade alcune barriere per evitare l'es nzione delle popolazioni di rospo, che migrano dai boschi ai laghi d'Iseo e d'Endine per riprodursi.
A livello nazionale, famoso è il proge o di introduzione dell'orso Bruno nelle Alpi da dove era quasi del tu o es n-­‐
to (negli anni '90 del secolo scorso in Tren no ne rimane-­‐
vano soltanto due o tre esemplari). Nel parco regionale dell'Adamello – Brenta sono sta rilascia 10 esemplari, provenien dalla Slovenia, a par re dal 1996. L'inizia va ha avuto successo ed oggi si s ma che la popolazione sia di circa una tren na di individui.
I 4 fa ori che per mol versi me ono in pericolo l’esistenza dei Gamberi di fiume e di molte altre specie: (in senso orario) un gambe-­‐
ro della Luisiana, specie aliena e portatrice di mala e per l’Habitat dei laghi italiani, inquinamento delle acque, la distruzione del territorio. Tra le cause c’è da considerare anche l’uso alimentare (in alto).
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Gli interven a favore della biodiversità messi in campo dalle is tuzioni e organizzazioni, dal livello internazionale, fino al livello locale si possono raggruppare in quanto fami-­‐
glie di intervento:
1. Salvaguardia degli Habitat e delle specie più importan e in par colar modo di quelle specie a rischio di es n-­‐
zione;
Sui sen eri di monta-­‐
gna è importante non lasciare immondizia che deturpa il paesag-­‐
gio e può essere peri-­‐
coloso per gli animali che possono rimanere intrappola o soffo-­‐
ca . Il termine Deval-­‐
lare indica il portare con se a valle l’im-­‐
mondizia. Puliamo il Mondo è la campa-­‐
gna di Legambiente che ogni anno ripuli-­‐
sce un luogo naturale dai rifiu .
2. Reintroduzione di alcune specie es nte o in pericolo di es nzione;
3. Riduzione dell’impa o delle specie eso che o aliene invasive;
4. Mi gazione degli effe del cambiamento clima co con misure che vanno a diminuirne o eliminarne le cause, e sensibilizzazione verso comportamen di vita sostenibili.
Questo è quello che hanno fa o le is tuzioni nazionali e locali, ma noi, singoli individui, c'è qualcosa che possiamo fare per proteggere la biodiversità del territorio in cui vi-­‐
viamo?
Si, c'è molto che possiamo fare, sia quando andiamo a fare una passeggiata in mezzo alla natura, sia quando s amo a casa, oppure ci prendiamo cura del nostro giardino. Quando andiamo a camminare nelle aree naturali dobbia-­‐
mo stare a en che i nostri comportamen non siano di disturbo agli esseri che le abitano. Ecco cosa è bene tenere presente:
 uscire dai sen eri può allarmare gli animali che possono purtroppo abbandonare le tane, magari abbandonan-­‐
do i cuccioli, che senza la mamma non hanno nessuna probabilità di sopravvivere; non dimen chiamoci inol-­‐
tre che allontanarsi da un sen ero può anche essere molto pericoloso;
 raccogliere piante, fiori o funghi prote , toglie loro la possibilità di vivere e riprodursi e priva le persone che seguono di poter godere dello spe acolo che ques offrono;
 abbandonare rifiu , accendere fuochi, calpestare fiori o inse oppure rovinare le tane sono comportamen da evitare.
Anche il nostro comportamento a casa può avere un im-­‐
pa o sulla biodiversità: per esempio quando si usa (o peggio, si spreca) l'ele ricità, si deve ricordare che essa viene spesso prodo a da fon inquinan come carbone e petrolio, che contribuiscono ad alterare il clima e quindi 8
interferire indire amente con la vita di piante ed animali; l'u lizzo oltre il necessario di detersivi, profumi, saponi produce sostanze tossiche e non biodegradabili, che river-­‐
sate nell'ambiente danneggiano gli ecosistemi, in par co-­‐
lar modo quelli acqua ci. Inoltre anche il circondarsi di cianfrusaglie inu li o superflue, che per essere prodo e hanno bisogno di fabbriche inquinan , di consumo di pre-­‐
ziose risorse, e una volta bu ate sono fonte di rifiu , sono comportamen che hanno un impa o significa vo sull’am-­‐
biente. Perché non proviamo a ridurre questo impa o sul pianeta, consumando di meno e riu lizzando il più possibile ciò che fino a ieri veniva bu ato nei rifiu ? Forse non ci si pensa, ma la biodiversità e la salute del nostro pianeta ci guada-­‐
gnerebbe mol ssimo. Par colari di un giardino delle farfalle fa o in casa. In alto una mangiatoia per uccellini realizzata con materiale riciclato.
Se invece abbiamo la fortuna di avere un giardino abbiamo la possibilità di farne una vera e propria riserva naturale in miniatura. Ecco alcuni interessan spun :
Il giardino delle farfalle: realizzare un giardino per le farfal-­‐
le significa predisporre un' oasi dove ques bellissimi inse possono nutrirsi, riprodursi e sostare durante i loro sposta-­‐
men . È u le realizzare questo genere di interven perché le farfalle, al giorno d'oggi, sono diminuite rispe o ad un tempo a causa della distruzione delle siepi che separavano un campo dall'altro, e dell'uso di inse cidi e di diserban nell'agricoltura. Se si vuole realizzare un giardino che sia accogliente per ques animali bisogna conoscere la loro vita e tenerne conto. Le farfalle vivono una “doppia vita”, come bruco e come inse o adulto. I bruchi sono sempre sele vi rispe o alle piante di cui si nutrono, nel senso che ogni specie si nutre di poche (o addiri ura una sola) specie vegetali, ignorando le altre. Poiché spesso le migliori pian-­‐
te in grado di ospitare e nutrire i bruchi sono quelle pi-­‐
che della nostra flora è meglio puntare su queste specie piu osto che su specie eso che. Altre ancora, grandi pro-­‐
du rici di ne are, sono invece in grado di a rare gli in-­‐
se adul : una su tu e la famosa Buddleja, de a anche “albero delle farfalle”, anche se in realtà è un arbusto. In assenza di altri spazi un piccolo giardino delle farfalle può essere realizzato anche sul balcone di casa u lizzando dei vasi.
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La mangiatoia per gli uccelli: durante i mesi invernali i pic-­‐
coli uccelli che ci hanno allietato con i loro can durante la bella stagione sono in grande difficoltà e mol di loro non ce la fanno a sopravvivere: il vero “assassino” non è però il freddo, ma la fame. Infa quando fa molto freddo gli uc-­‐
cellini spendono parecchia energia per riscaldare i loro piccoli corpi e durante la no e possono perdere parecchio peso, che andrebbe recuperato durante il giorno. Persino un uccellino in buona salute, durante il periodo freddo, quando le provviste di cibo in natura sono più scarse, può morire in poche ore se non trova da mangiare. Ecco allora che ques simpa ci animale possono essere aiuta in-­‐
stallando una mangiatoia che, realizzata in legno o, con un po' di fantasia, u lizzando materiali di riciclo, può essere appesa ad un ramo o impiantata in cima ad un palo, facen-­‐
do a enzione che non sia raggiungibile dai ga ! Nella mangiatoia potremo me ere alcuni dei nostri scar di cuci-­‐
na (evitando cibi piccan o troppo sala ), fru a secca e i semi che si trovano in commercio per gli uccelli da gabbia. Dopo pochi giorni, una volta scoperta la mangiatoia, gli uccellini cominceranno a frequentarla. A enzione però, la mangiatoia per gli uccelli non è una cosa da prendere alla leggera: se iniziate a sostentare una piccola popolazione di animali non dovrete sme ere fino alla fine dell'inverno, perché quando gli uccelli cominciano a fare affidamento sulle vostre provviste, se queste vengono a mancare, po-­‐
trebbero morire. (Allegato 1: modelli di mangiatoia per uccelli)
Nidi o tane ar ficiali: molte specie di uccelli e di pipistrelli sono solite nidificare e riprodursi all'interno di cavità che trovano in vecchi alberi e nei muri. Però, in molte zone al giorno d'oggi rischiano di scomparire perchè i vecchi alberi sono sta tu taglia mentre i buchi nei muri vengono il più delle volte tappa . Per cui un modo per favorire la pre-­‐
senza di queste specie nel nostro territorio e quello di posi-­‐
zionare dei nidi ar ficiali sugli alberi o sui muri. Ne esistono diversi modelli a seconda della specie animale che si vuole favorire e possono essere acquistate oppure costruite con legno senza troppa difficoltà. Oltre ad uccelli e pipistrelli,ci sono altri animali che possono essere ospita in nidi ar ficiali, come per esempio i ricci o i bombi. (Allegato 2: casse a-nido per cince)
Lo stagno per gli anfibi: in giardino può essere realizzata una piccola raccolta d'acqua, u lizzando teli di plas ca, pvc o uno strato di argilla per impermeabilizzare il terreno. Non solo aiuteremo gli anfibi, animali molto sensibili all'inquina-­‐
mento ambientale, ma a reremo anche tu a una serie di interessan inse acqua ci, come il di sco o la libellula. Inoltre l'acqua sarà una risorsa importante per tu gli ani-­‐
mali della zona.
Gli interven che possiamo effe uare per tutelare la biodi-­‐
versità sono mol , senza dimen care che oltre che per gli animali il giardino, trasformato in una “oasi”, diventerà anche un luogo piacevole per le persone dove rilassarsi, giocare, stare all'aria aperta e imparare a conoscere la na-­‐
tura senza dover fare mol chilometri e ore in automobile per raggiungerla.
A sinistra una pica case a per gli uccelli, presente all’interno del Parco della Gola del Tinazzo. In centro una fase di realizzazione di uno stagno per piccoli anfibi mentre a destra una casa per gli inse realizzata con materiale di recupero.
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LA NATURA TRA LAGO E LAGO
Valori naturalis ci tra il Sebino e il lago di Endine
LA NATURA TRA LAGO E LAGO
In questo documento si vuole considerare il proge o “Da Lago a Lago” come il contenitore di ambien naturalis ca-­‐
mente significa vi, concatena tra di loro e ricchi di par co-­‐
larità, che si trovano nello spazio geografico limitato e com-­‐
preso tra il Lago d’Iseo e il Lago di Endine. La descrizione di tali par colarità, nelle quali vengono privilegia gli aspe naturalis ci, rappresenta un invito per compiere concreta-­‐
mente il percorso tra i due maggiori ecosistemi lacustri. Affinché questo muoversi sul territorio rappresen una esperienza forma va, sopra u o in ambito scolas co, viene fornita una documentazione essenziale che può essere d’aiuto ai docen e a tu coloro che desiderano considera-­‐
re i nostri luoghi fru o di un dinamico incontro tra natura e cultura. Il contenuto di questa dispensa deriva da docu-­‐
men pubblica , in parte riporta integralmente (quelli dei quali sono autore) e in parte riassun ; gli autori sono indi-­‐
ca all’inizio dei tre principali capitoli. Ancorato a tre poli principali di interesse, il percorso inizia col Parco della Gola del Tinazzo, che è un patrimonio natu-­‐
rale di interesse geomorfologico con interessan risvol storici, tocca la Riserva Naturale regionale della Valle del Freddo, unica per il singolare fenomeno geobotanico che racchiude rappresentato della presenza di specie d’alta montagna a quote collinari e termina nello splendido Lago di Gaiano, ecosistema di elevata naturalità e sugges one paesaggis ca.
All’interno di ques pun di riferimento vengono propos due i nerari lungo i quali si è guida a cogliere alcuni ele-­‐
men di maggior valore naturalis co a raverso spun di osservazione sul paesaggio. Nel primo i nerario, di minor durata, si propone che dopo la visita al Parco della Gola del Tinazzo ed eventualmente anche all’an co maglio di Poltragno, ci si trasferisca con un mezzo di trasporto alla Riserva Naturale della Valle del Freddo e al vicino Lago di Gaiano; il secondo i nerario richiede più tempo a disposi-­‐
zione e allenamento perché si tra a di una escursione di alcune ore durante la quale si ha modo di ammirare splendidi scorci panoramici sul Sebino e sulla Valcamoni-­‐
ca e cogliere ulteriori osservazioni naturalis che.
L’immagine mostra, assieme ai principali riferimen geografici del territorio, i tre pun di inte-­‐
resse compresi tra “Lago e La-­‐
go”. Il Parco della Gola del Tinaz-­‐
zo, d’importanza geomorfologi-­‐
ca; La Riserva Naturale Regionale della Valle del Freddo, un biotopo singolare con flora d’alta monta-­‐
gna; il Lago di Gaiano, un ecosi-­‐
stema di elevata naturalità e bellezza. 12
Queste foto in bianco e nero del tra o a vo della forra rendono tu a la sugges one del luogo scolpito dall’incessante millenario scorrere delle acque del Borlezza.
Il suo bacino idrografico di 150 chilometri quadra raccoglie acque meteoriche che in gran parte transitano in questa stre a gola col loro carico di sabbia e di ghiaia des nato a depositarsi sui fondali del Sebino. LA GOLA DEL TINAZZO
tra geologia e storia
Aldo Avogadri e A lio Gualeni (parte storica), 2012; tra o dall’”Annuario” della Sezione di Lovere del Club Alpino Italiano
Aspe naturalis ci
Le acque del Tinazzo partono da lontano, dalle par della Presolana e dopo una ricorsa di 25 chilometri finiscono nel Sebino, a Castro. Occorrono tu avia un paio di precisazioni. La prima è che il luogo geografico d’origine non è propria-­‐
mente la Presolana, che per noi Bergamaschi è un riferimen-­‐
to nobilitante, ma un impluvio che inizia a Colle Vareno e che, dirigendosi verso occidente, prende inizialmente il no-­‐
me di “valle di Pora” intagliando un canyon - denominato Stringiù del Pura - che in qualche modo an cipa la più spe acolare forra del Tinazzo. La seconda singolarità è che un corso d’acqua, tu o sommato abbastanza breve, prenda ben sei differen nomi lungo la sua discesa verso il lago: Valle di Pora, Valle di Tede, Torrente Gera, Torrente Valleg-­‐
gia, Torrente Borlezza, che è il tra o di maggiore lunghezza e, da ul mo, Tinazzo.
Sul bacino idrografico del torrente Borlezza, ampio quasi 150 chilometri quadra , cadono in un anno - a seconda dei se ori - dai 1200 ai 1700 mm di pioggia che in parte evapo-­‐
ra, in parte sparisce nei percorsi so erranei offer dalla na-­‐
tura calcarea dei rilievi ed il resto scorre verso il Sebino pas-­‐
sando a raverso l’angusta stre oia del Tinazzo, in località Poltragno.
Abitua ad osservare le acque del Borlezza che scorrono tranquille e facilmente guadabili in tu o il suo alveo siamo porta a credere che da tempo immemorabile il torrente 13
abbia con nuato a scavare il suo le o pressappoco col ritmo lento e progressivo che vediamo. Qualche volte si gonfia da far paura, ma poi ridiventa il tranquillo torrente di sempre, disposto fin dal secolo scorso, anche ad offrire le sue acque a numerose captazioni per scopi idroele rici.
E’ la geologia che ci consente di guardare oltre l’evidenza a uale, non tanto verso il futuro, sebbene in quella direzio-­‐
ne possa fornire qualche spunto all’immaginazione, ma ver-­‐
so il passato interpretando i numerosi indizi che - per chi sa leggere nel libro delle rocce e delle forme del territorio – possono introdurci in scenari remo che una progressiva evoluzione fisica e biologica hanno trasformato nel paesag-­‐
gio della nostra quo dianità. Per forma men s il geologo è portato a fissare, come punto di partenza di ogni considerazione, la fase forma va, nel nostro caso “marina”, delle rocce - avvenuta a orno ai 200 milioni di anni or sono – seguita dalla fase deforma va rap-­‐
presentata dagli sconvolgimen orogene ci (più semplice-­‐
mente, responsabili della formazione della nostre monta-­‐
gne) che in 100 milioni di anni, tra la fine dell’Era Secondaria e l’Era Terziaria, con quelle rocce hanno costruito l’edificio alpino. Ci acconten amo di ques scarni accenni perché addentrarci in scenari dove l’arco alpino era ancora in for-­‐
mazione espone al rischio di perdere di vista l’andamento stesso della Val Borlezza, forse nemmeno delineata come la s amo osservando ora. Risaliamo di molto nella scala del tempo geologico e posizionandoci sul finire dell’Era Terziaria fermiamoci al fotogramma datato “Miocene”, circa 5 milioni di anni or sono. Ci sono studi in corso e pareri controversi sul fa o che le acque raccolte nel bacino del Borlezza, a ra-­‐
verso il Tinazzo, confluissero o meno nell’Oglio. Allora l’Oglio scorreva in un alveo posto cen naia di metri so o il le o a uale tanto che, con un po’ d’immaginazione, avremmo potuto vedere i luoghi dove sarebbero sorte Lovere e Castro a mezza costa sulle pendici del monte Cala e del monte Cle-­‐
mo, pressappoco come è adesso il paese di Bossico rispe o Il delta che si protende nel lago non è più percorso dalle acque del torrente Borlezza che lo hanno formato negli ul mi 10 millen-­‐
ni. Nel 1916, a raver-­‐
so lo scavo di una galleria, il corso d’ac-­‐
qua è stato deviato a sud di Castro (freccia) facendo diventare “fossile” il delta sul quale sorge lo stabili-­‐
mento siderurgico.
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all’abitato di Sovere. Il Sebino a quel tempo non c’era anco-­‐
ra, il suo posto era occupato da una vallata incassata tra le nostre montagne che, viste dal le o di quel remoto fiume, dovevano apparire molto più elevate. Il Tinazzo tributava le sue acque a questa valle a raversando a Poltragno un bur-­‐
rone simile a quello a uale, ma più ampio e sicuramente più profondo. L’an co burrone si è formato grazie a un fenome-­‐
no transitorio che per un lungo lasso di tempo ha però viva-­‐
cizzato la capacità erosiva dei fiumi alpini con abbassamento del loro alveo, tra ques l’Oglio e il Borlezza. Questo accad-­‐
de sul finire del Miocene con l’evaporazione e col conse-­‐
guente abbassamento per cen naia di metri della acque del Mediterraneo non più alimentate, a raverso lo di Gibilterra, dagli appor idrici dell’Atlan co. Nel Pliocene, con la riaper-­‐
tura dello stre o di Gibilterra le acque marine tornarono al loro livello originario giungendo a bagnare il piede della ca-­‐
tena alpina addentrandosi nelle maggiori vallate delle nostre montagne. A quel tempo, con l’ingresso delle acque marine che occupavano il golfo padano, al posto del Sebino esisteva un lungo e sinuoso fiordo che si spingeva almeno fino al Mon colo di Darfo. Questa nuova situazione, determinata dall’innalzamento delle acque, ha inver to la modalità d’a-­‐
zione dei nostri corsi d’acqua che da “erosiva” delle rocce del le o si è tramutata in “deposizionale” colmando le de-­‐
pressioni e alzando progressivamente la quota degli alvei. Se potessimo raggiungere con una trivellazione i sedimen profondi del lago d’Iseo certamente incontreremmo ques remo sedimen alluvionali sovrappos ad ancora più an -­‐
chi deposi marini pliocenici. Quando 2 milioni di anni fa cominciarono a calcare il suolo del Pianeta i nostri progenitori, evento tanto importante da denominare l’Era Quaternaria anche come “Antropozoica”, il clima ebbe dramma che oscillazioni che - a livello anche planetario - si sono concre zzate in lunghi periodi di gelo (le “fasi glaciali”) intervalla con altre anto lunghi periodi di aridità e calura (le “fasi interglaciali”). L’ul mo grande fred-­‐
prima
Vista dall’alto del tra o a vo della forra. Il le o appare asciu o nei mo-­‐
men di magra del torrente, ma l’ac-­‐
qua scorre in profondità e trova uscite alterna ve verso il lago a raverso fessure te oniche che a raversano in diverse direzione ma lassa rocciosa della Formazione di Castro. Nella galleria che imme e nel Bogn di Castro è presente una cospicua sorgente di acque provenien dal Bor-­‐
lezza. Le due foto a sinistra mostrano l’improv-­‐
vida quanto inu le re ficazione della forra a Poltragno nel tra o scoperto distruggendo le tortuosità rocciose pi-­‐
che dell’erosione lineare su roccia tena-­‐
ce, fru o di un lavorio millenario delle acque del Borlezza che qui prendono nome Tinazzo.
dopo
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do è cessato “solamente” 10 - 12 mila anni or sono, un ine-­‐
zia nella scala del “tempo geologico”, inaugurando una più contenuta capricciosità dei nostri climi senza però cadere negli eccessi che hanno dovuto sopportare i nostri progeni-­‐
tori.
Alimentato dalle acque di fusione durante le “fasi glaciali” e dalle precipitazioni negli “interglaciali”, il Tinazzo con nuava a scorrere verso il lago facendosi strada a raverso una nuo-­‐
va soglia rocciosa, quella che ora vediamo profondamente incisa, ricreatasi durante il Quaternario in sos tuzione della precedente per cementazione di detri frana dai rilievi vicini e mescola a cio oli, ghiaie e sabbie di sbarramento glaciale. Tra Pianico, Sellere e Sovere, a mo vo di questo nuovo sbarramento tu o da incidere, ha potuto formarsi a orno a 800 mila anni or sono un bacino lacustre dalla vita effimera e di enorme interesse paleontologico per i res vegetali rinvenu nei suoi sedimen annuali (le “varve”) e per il ritrovamento di uno scheletro completo di cervo rive-­‐
latosi appartenente ad una specie ora es nta. L’ininterro o lavorìo della acque del Tinazzo ha progressiva-­‐
mente intagliato ver calmente la soglia rocciosa di Poltra-­‐
gno conformandola in forra e facendole assumere le tortuo-­‐
sità della forma a uale, con pare irregolari ora agge an , ora rientran , che portano il segno di un millenario scorrere di acque fragorosamente rimbalzan tra le pare ed in rapi-­‐
da corsa verso il delta.
ressante storia dalle origini all’es nzione. Ora, sebbene i fenomeni geologici di modellamento a vo del torrente con nuino nelle vicinanze la loro incessante azione, una parte della forra del Tinazzo è diventata silente, fossile e visitabile. La deviazione nel 1916 in galleria del corso del Tinazzo ha portato le sue acque a sfociare nelle vicinanze dell’Orrido di Castro. In conseguenza di ciò anche il delta originario, non più alimentato dai detri , ha cessato di avanzare ulteriormente nel lago. La perdita della sugges -­‐
va visione di acque corren in uscita dalla forra, esperienza goduta dal sacerdote geologo Alessio Amighe che lasciò scri e espressioni di grande ammirazione per il luogo, è in parte bilanciata dalla possibilità di effe uare in ogni mo-­‐
aldo
Galleria della deviazione
Oltre la gola, cessava l’irruenza dell’acqua e la ritrovata cal-­‐
ma favoriva il deposito di sedimen alluvionali sul delta sebi-­‐
no del Borlezza sempre più proteso verso il largo.
A giudicare dalle dimensioni del delta, occupato adesso qua-­‐
si per intero dallo stabilimento siderurgico, è facile constata-­‐
re l’enorme quan tà di detri che l’acqua ha trasportato a raverso la gola del Tinazzo modellandone forma e, più a monte, inducendo il Borlezza a incidere il suo le o nell’enor-­‐
me pila di sedimen dell’an co lago di Pianico-Sellere che ha potuto ora consen re di leggervi per intero la sua inte-­‐
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mento la visita a questo monumento naturale e di aver scongiurato il rischio di rovinose esondazioni che per secoli hanno funestato il paese di Castro, come il le ore avrà modo di conoscere nel successivo capitolo.
La fotografia aerea mostra in azzurro il corso del Tinazzo e la sua deviazione ar ficiale verso il Sebino. La linea a tra indica i tra della forra coper nel 1816 da ardi pon per consen re il percorso stradale dire o da Poltragno a Lovere e rinunciare alla salita verso il Colle di S. Maurizio., presso i Fra , e quindi alla discesa verso il paese secondo l’an co percorso romano e medie-­‐
vale della Via Valleriana.
Ponte della tramvia a Poltra-­‐
gno, distru o negli anni ‘30 del secolo scorso La roccia del luogo è cos tuita da calcare dolomi co e breccio-­‐
so della Formazione di Castro.
L’ambiente umido del bosco nei pressi della forra del Tinaz-­‐
zo ha favorito lo svilppo rigo-­‐
glioso di una felce come la lingua cervina (Phylli s scolo-­‐
pendrium) che si è spinta fino all’ingresso della forra. Questa roccia ha reagito agli sforzi te onici fra urando-­‐
si; col movimento dei blocchi si sono aperte delle cavità ver cali dalle pare comba-­‐
cian .
So o, il capelvenere (Asplenium capillus-veneris) una felce che cresce sulle pa-­‐
re traver nose e bagnate.
Nei pra aridi del Parco, domi-­‐
na dal forasacco e dalla sesleria, le orchidee spontanee sono un corredo floris co che li impreziosisce. A par re dall’alto in senso orario: la Platanthera bifolia, la Gymnadenia odora ssima e l’Anacamp s pyramidalis.
Umile e bellissima sulla parete in ombra dell’in-­‐
gresso della forra , ecco la campanula d’Insubria (Campanula ela noides), un prezioso endemita che è abbondantemente presen-­‐
te su tu e le pare di Dolomia Principale e della Formazione di Castro.
Simile per aspe o ad una forra, ma non per origine, la Buca dei Ladri (vedi l’im-­‐
magine a sinistra) si apre sulla strada medievale che colle-­‐
ga Castro con Poltra-­‐
gno. 17
Aspe storici
Nel percorso che dalla pianura lombarda porta alla Val Ca-­‐
monica lungo Val Cavallina, il corso terminale del fiume Bor-­‐
lezza e la sua forra (il Tinazzo) cos tuiscono un forte ostaco-­‐
lo naturale, un vero taglio nel territorio. Le pare della forra però, poco dopo il suo inizio, si toccano fino a cos tuire un ponte naturale chiamato nei documen an chi pons terra-­‐
neus o Ponteragno (da cui il nome di Poltragno dato alla località). Su questo stre o passaggio naturale, oggi rido o a modesto tra uro, passava l’an ca via vallis che nell’an chi-­‐
tà cos tuiva uno dei più importan transi per i paesi di area germanica a raverso il passo del Tonale. Su questo ponte passarono numerosi eserci , tra cui quelli di parecchi Imperatori dire all’incoronazione papale o alle guerre di mantenimento del loro dominio. Sicuramente vi transitaro-­‐
no Federico Barbarossa nel 1166, Ludovico il Bavaro nel 1327, Carlo IV nel 1355, Massimiliano d’ Asburgo nel 1516.
A sud del ponte naturale la profonda forra del Tinazzo ed a nord il le o paludoso e le ripide rive del Borlezza impediva-­‐
no l’a raversamento del corso d’acqua, per cui l’ angusto passaggio poteva essere bloccato con grande facilità. L’alter-­‐
na va di transito poteva essere verso sud la risalita al colle di S. Lorenzo e poi la discesa verso il largo estuario dove il fiume poteva facilmente essere guadato, oppure verso nord la risalita fin verso Sovere per cercare di a raversarlo dove le rive erano meno ripide ed il fondo meno paludoso. Su questo Vallo naturale il controllo militare romano si arroccò per quasi un secolo, presidiando il passaggio e creando una linea difensiva che impedisse alle bellicose popolazioni ca-­‐
mune di uscire dalla loro valle per compiere scorrerie verso la pianura. Le for ficazioni medievali del colle di S. Lorenzo a Castro e della Madonna della torre a Sovere sorsero proba-­‐
bilmente su due originari for lizi romani che avevano il com-­‐
pito di sorvegliare ed impedire l’ aggiramento della forra.
Solo so o Augusto, i Romani decisero di soggiogare defini -­‐
vamente le valli alpine e nel 15 a.C. la val Camonica fu so omessa. La forra non perse comunque la sua funzione di forte elemento di delimitazione territoriale e in epoca imperiale romana fu il confine tra la tribù Voturia e la Qui-­‐
rina; divise poi i Duca longobardi ed infine le Contee ve-­‐
scovili di Bergamo e Brescia, per cui ancora oggi è confine tra le due diocesi, oltre che tra i comuni di Lovere e Castro.
Alla presenza di questa an ca delimitazione territoriale devono la loro nascita nell’ XI secolo il porto for ficato di Castro e la cosidde a strada della “Corna” , scavata con grande impegno tecnico nella roccia sulla sommità della forra e munita di opere di difesa.
La funzione del paese e della strada era strategicamente molto importante : dovevano perme ere di collegare via lago, senza mai sconfinare nel territorio “ bresciano” di Lovere, le valli bergamasche che erano importan pro-­‐
du rici di ferro, ma dipendevano dalla pianura e dalla ci à per il ve ovagliamento. L’acqua del Tinazzo forniva anche l’energia necessaria per lavorare il ferro delle valli e sul suo corso sia a monte che a valle della forra sorsero mulini e fucine.
Ma la forra rappresentò nei secoli anche una permanente minaccia di devastazione.
Nel caso di for nubifragi l’acqua trascinava grandi quan -­‐
tà di detri vegetali che impuntandosi nello stre o ingres-­‐
so della forra creavano una diga di tronchi che alzava an-­‐
che di una decina di metri il livello del retrostante torren-­‐
te. Quando la diga cedeva l’effe o era devastante: un mu-­‐
ro d’acqua entrava con un assordante rombo nella forra e si scaricava a lago lambendo il paese di Castro. Una delle più disastrose alluvioni fu sicuramente quella avvenuta poco prima del 1535, anno in cui erano ancora descri i lavori in corso per la riparazione dei gravi danni subi dal paese. A questa distruzione faceva probabilmente riferi-­‐
mento il le erato bergamasco Achille Mozzi che nel 1590 18
La strada medievale intagliata nella viva roccia sopra la forra mo-­‐
stra i solchi di rotolamento delle ruote dei cariaggi guidandole in sicurezza , come binari, lungo lo spostamento sul pericoloso precipi-­‐
zio della forra so ostante.
scriveva “Vicus Oliviferi Castri Memorabilis olim, Corruit, immensae turbine raptus aquae” (Il villaggio di Castro, ricco di ulivi ed un tempo degno di memoria, rovinò travolto da un immenso vor ce d’ acqua). Ma quella citata dal Mozzi potrebbe anche essere un’altra alluvione avvenuta poco prima del 1590, poiché con un tempo di ritorno di circa mez-­‐
zo secolo, altre alluvioni sono ricordate nel 1692, nel 1737, nel 1784, nel 1820, 1882, 1905. Probabilmente dopo l’allu-­‐
vione di fine ’ 500 fu costruito il possente muro d’argine verso Castro, già rilevato nelle carte del 1626, ed ancora oggi visibile. L’alluvione del 1784 danneggiò gravemente il primo esempio di trasformazione in senso industriale dell’e-­‐
conomia che da secoli sfru ava ar gianalmente l’acqua del-­‐
la forra. Venne infa raso al suolo il forno fusorio che Ludo-­‐
vico Capoferri di Castro (1752 -­‐ 1830), aveva costruito all’u-­‐
scita della forra. Di fronte al forno del Capoferri, in territorio loverese più prote o dalle alluvioni, sorgevano già gli an chi mulini della Misericordia, su cui venne impiantata una fab-­‐
brica di falci ricordata a par re dal 1742 e statalizzata in epoca napoleonica. Partendo da queste basi, Giovanni An-­‐
drea Gregorini di Vezza d’Oglio (1819-1878) costruì sulle medesime aree nel 1855 il primo nucleo dell’a uale Stabili-­‐
mento sidermeccanico. Nel 1810 fu appaltata dal governo napoleonico la strada Poltragno-Lovere, che coprendo parte della forra del Tinazzo, doveva collegarsi con la strada rivie-­‐
rasca appena completata. Il mo vo dei lavori era indubbia-­‐
mente collegato ad esigenze militari, essendo di massima importanza nel corso delle guerre napoleoniche il facile col-­‐
legamento tra la pianura lombarda ed i confini del Tirolo. La guerra, che riprese proprio nel 1810, costrinse però ad inter-­‐
rompere i lavori, che solo nel 1816 vennero ripresi dal nuovo governo austriaco e termina con l’ardita costruzione del ponte sul Tinazzo. L’opera, ciclopica per quei tempi, destò enorme stupore tra la popolazione. Don Alessio Amighe nell’opuscolo “La gola del Tinazzo“ edito nel 1897 dice che la gola “in chiunque la visita per la prima volta non può non lasciare un’impressione incancellabile di orridezza, di racca-­‐
priccio e di ardimento per quegli ingegnieri, che verso l’anno 1816 si peritarono di coprire quel baratro spaventoso con una strada”. L’impa o di questo lavoro sull’urbanis ca loverese fu enorme: il principale asse viario ci adino, quello che da secoli a raversava il centro storico, fu abbandonato e la Piaz-­‐
za del Porto divenne il centro del paese. Con i lavori la forra perse buona parte del suo cielo aperto, ma ben peggiore sarebbe stata la devastazione del secolo successivo. Infa i successori di Giovanni Andrea Gregorini, desiderando am-­‐
pliare l’area industriale e porre gli impian al sicuro dalle distruzioni, o ennero nel 1916 l’autorizzazione a deviare il corso del Borlezza, costruendo una diga nella forra del Tinaz-­‐
zo e scavando un canale ar ficiale che sfocia a lago poco pri-­‐
ma del Bogn di Castro. Questa diga divise in due la forra, mantenendone a va una parte e rendendo “fossile” , ma facilmente visitabile l’altra.
Due vecchie immagini dello stabilimento siderurgico agli inizi dello scorso secolo. In quella inferiore il corso del Tinazzo sul delta prima della deviazione ar ficiale del suo corso nel 1916.
A destra , a monte dell’opificio, la parete chiara è il fronte di cava per i materiali usa nelle costruzioni e che incombe peri-­‐
colosamente sull’accesso pedonale alla forra fossile.
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Sopra. Stru ura ad arco in pietra che copre la forra a Poltragno (1816) so o l’a uale rotonda.
LA CAVA DEL CEPPO DI POLTRAGNO E DI GRENO
La cava di Poltragno e quella sulle pendici a lago in località Gré (o Greno) di Castro sfru ano il medesimo po di roccia, una compa a breccia dolomi ca conosciuta come “ceppo”. Questo conglomerato si è formato per cementazione del detrito (a spigoli vivi perchè detrito di falda) derivante dal progressivo sgretolamento di un rilievo montuoso ora scom-­‐
parso posto nelle vicinanze dell’a uale Monte Clemo. Con l’altopiano di Esmate il monte Clemo mostra nelle sue forme smussate il lavoro di piallatura glaciale pleistocenica. Osser-­‐
vando le pare ver cali della cava tagliate di ne o e disposte ortogonalmente rispe o alle rive del lago si notano con chia-­‐
rezza i le di deposizione del detrito inclina , l’alternanza di elemen grossolani ed altri di materiali più minu . Ciò che si osserva a esta le consecu ve fasi di franamento dalla pendi-­‐
ce montuosa durante le quali al detrito grossolano, sceso tumultuosamente e rapidamente, segue nel tempo – anche di anni – la deposizione della copertura più fine. I deposi glaciali cementa sono sovrappos alla roccia compa a della Formazione di Castro che sopra la parete ver cale, tagliata ar ficialmente, appare piallata dallo scorrimento glaciale
Il fronte della cava in località Gré (Greno), sviluppata ora nella montagna. I le detri ci cementa (foto a destra) sono inclina verso il lago e crea dai consecu vi franamen e distacchi dai fianchi di una montagna che si ergeva in corrispondenza dell’altopiano di Cerre-­‐
te di Esmate.
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Anche la parete della cava di Poltragno mostra l’andamento inclina-­‐
to dei le detri ci cementa forma si al piede delle pendici di una montagna - ora scomparsa - posta sull’altopiano di Cerrete.
IL MAGLIO DI POLTRAGNO
Sono le acque del Rio Oneto, affluente del torrente Borlez-­‐
za che vi confluisce poco prima di Poltragno, e delle sor-­‐
gen che lo alimentano a fornire l’energia necessaria al funzionamento dei magli, ancora a vi, di Poltragno. Il luo-­‐
go conserva tu a la sugges one di rumori e a rezzature proprie di una a vità metallurgica che con pochi cambia-­‐
men con nua a svolgersi nella medesima officina a par -­‐
re probabilmente dal ‘500. Sul masso di un maglio è però incisa la data certa della sua costruzione: 1764.
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LE DOLINE DEL CERRETE DI CASTRO
La roccia, smussata dagli scorrimen glaciali dei lobi che si staccavano dalla grande lingua camuna per dirigersi in Val Borlezza e verso la Val Cavallina, è stata con nuamente sog-­‐
ge a ad un più lento ma ugualmente efficace processo di erosione che ha ulteriormente addolcito le forme e creato una serie di depressioni, le doline, nelle quali l’acqua non ha altra via di dispersione che quella delle fra ure e delle cavità della roccia. Al di so o, anche se per ora umanamente inac-­‐
cessibile, si estende sicuramente un re colo di gallerie sca-­‐
vate dall’acque che riaffiorano più in basso come sorgen . Le venute d’acqua presso il Bogn di Castro sono un classico esempio di questo fenomeno.
La località presenta un ulteriore mo vo di interesse naturali-­‐
s co rappresentato dai castagne da fru o con alberi di notevoli dimensioni che punteggiano le praterie purtroppo in stato di abbandono; queste, non più concimate e sfalciate sono in fase di inaridimento e di inarbus mento che porterà alla riaffermazione del bosco. Lo scorrimento glaciale su questa superficie ha smussato le asperità rocciose e si è alter-­‐
nato al lavorio di dissoluzione carsica avve-­‐
nuto negli interglaciali e perdurante anche oggi.
L’acqua interce ata dalle doline si disperde nel terreno e entra a far parte del re colo frea co della montagna per poi uscire da sorgen , come questa a sinistra che sgorga nella galleria di Castro e si ge a liberamente nel lago.
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ESMATE E LE MORENE GLACIALI
Tra il Monte Boario e il M. Clemo la sella di Solto Collina ha permesso il distacco dalla imponente lingua glaciale camuna di un lobo dire o verso la Valle Cavallina che andava ad unirsi con quello che superava la soglia di Poltragno incre-­‐
mentandone la massa dei ghiacci. Il monte Clemo, ancora oggi dalla forma arrotondata per la piallatura subita dalle imponen glaciazioni, nella glaciazione più recente doveva apparire come uno spuntone roccioso circondato dai ghiac-­‐
ci (nunatakker). I deposi detri ci lascia dagli scorrimen glaciali sono riconoscibili nei ripiani e in colline moreniche allungate osservabili nei dintorni di Esmate.
Le frecce indicano l’andamento dei flussi glaciali pleistocenici: dalla lingua camuna che scorreva lungo la conca sebina si staccavano i lobi dire in Val Borlezza e in Val Cavallina. In alto a sin. nella carta geologica, rilievo mo-­‐
renico allungato del cimitero di Solto; in alto a destra, a S. Defendente, il masso erra co glaciale di scisto dell’alta Val Camonica; sopra a destra, il profilo ad “U” molto svasato della sella di Solto Collina a raverso il quale passa-­‐
va un lobo glaciale dire o in Val Cavallina, responsabile dello scavo dei laghi di Gaiano e di Endine.
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LA ROCCA DI CASTRO, SAN LORENZO E SAN DEFENDENTE
Il Parco della Gola del Tinazzo ha nelle vicinanze alcuni luo-­‐
ghi paesaggis camente e storicamente significa vi come il crinale roccioso sul quale sono presen i res di un for lizio medievale del 1150, probabilmente precedu da una posta-­‐
zione di vede a molto più an ca, e da una sugges va chie-­‐
se a romanica a aula unica e abside con monofore dedicata a San Lorenzo, databile anch’essa al XI° secolo. .
San Defendente di Esmate, posto in una posizione dalla qua-­‐
le si gode un panorama sul lago e verso la Val Camonica di grande respiro, è posto all’estremità di un crinale dolomi co il cui natura rocciosa (dolomia norica) si ritrova dall’altra parte del lago a cos tuire il M. Trentapassi. S. Defendente, santuario seicentesco di Esmate, posto in posizione panoramica è visibile da mol luoghi del lago. La chiesa di S. Lorenzo presso la rocca di Castro è coeva alla costruzione del for lizio ( sec. XI° sec.).
A sinistra. Il crinale del santuario di San Defendente , sullo sfondo il M. Guglielmo
Un sen ero panoramico a mezza costa sul lago collega Cerrete di Castro con Solto Collina e S. Defendente.
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Base di una torre come tes monianze dell’an co for lizio me-­‐
dievale del XI° secolo.
LA RISERVA NATURALE DELLA VALLE DEL FREDDO
Aldo Avogadri, 2012; tra o e riassunto da “La valle del Freddo Ri-­‐
serva Naturale della Regione Lombardia” edito dalla Comunità Montana dei laghi Bergamaschi.
Il sistema delle aree prote e della Lombardia annovera 2 Parchi Naturali Statali, 18 Parchi Naturali Regionali, 25 Mo-­‐
numen naturali e 57 Riserve Naturali tra le quali il biotopo della Valle del Freddo che è l’unico nel suo genere per la pologia dei fenomeni presen . L’importanza e la singolarità del biotopo è quella di conservare numerose specie vegetali d’alta montagna ed un a quota di soli 350 m sul livello del mare. La Riserva fa parte del territorio comunale di Solto Collina ed occupa 70 e ari situa alla base del versante nord-occidentale del monte Na. Essa è scavata all’interno di una importante formazione di età triassica: il Calcare di Zorzino che prende il nome della omonima località del Sebino dove si presenta in stra ver -­‐
cali nel celebre Orrido. Questa roccia carbona ca si è forma-­‐
ta circa 190 milioni di anni or sono sul fondo di piccoli bacini scava nella superficie di una vasta pia aforma marina che sta all’origine della Dolomia Principale, affiorante sul M. Clemo nei pressi della Valle del Freddo. .
Nella nostra Era, la Valle del Freddo ed il territorio circostan-­‐
te sono sta modella dallo scorrimento di un ramo secon-­‐
dario della lingua glaciale camuno-sebina dire o in Val Ca-­‐
vallina. Da questo deriva l’arrotondamento dei dossi della Riserva e la diffusa presenza di massi erra ci. Le falde detri-­‐
che del monte Na, in parte colonizzate e stabilizzate dalla vegetazione, rivestono anch’esse par colare importanza perché al loro interno si generano le corren di aria fredda es va che consente alle specie microterme della Riserva di perpetuare la loro presenza. La storia: dalla scoperta del biotopo all’is tuzione della Riserva
Nel 1939 un botanico dile ante, il signor Guido Isnenghi, comunicò al dire ore del Museo Civico di Storia Naturale di Bergamo, di aver scoperto "un’interessante isola floris ca " situata in un'area molto ristre a, poco sopra il lago di Gaia-­‐
no, della Val Cavallina. Di passaggio a Piangaiano, Isnenghi La Valle del Freddo occupa le pendici nord-occidentali del M.Na, separato dal M.Clemo da una incisione di faglia, la Valle dei Cani. Al piede detri co del M. Na una ruga rocciosa mo-­‐
dellata dallo scorrimento glaciale ha creato le depressioni dove vive la flora microtermica.
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Calcare di Zorzino
Dolomia Principale
A fianco. Sul lago, nel Bogn di Zorzino si fronteg-­‐
giano due rocce coetanee ma dall’aspe o e dalla natura molto differen . La Valle del Freddo, che è poco distante, è completa-­‐
mente cos tuita da Calca-­‐
re di Zorzino, nero e ben stra ficato a bancate però inclinate rispe o al Bogn dove gli stra sono spe a-­‐
colarmente ver cali. So o. Le due immagini riguardano le cave che sca-­‐
vavano la roccia e sportava-­‐
no il detrito delle pendici del Monte Na minacciando di distruggere il fenomeno che assicurava la vita della pre-­‐
ziosa flora della Riserva.
aveva osservato che sul cappello di un cacciatore locale sta-­‐
va fissata una stella alpina colta in una valle a nei dintorni del lago. Venuto a conoscenza della scoperta, l’illustre bota-­‐
nico Luigi Fenaroli visitò più volte la località anche in compa-­‐
gnia di studiosi stranieri e di studen universitari e, nel 1962, all’VIII° Convegno del Gruppo Italiano di Biogeografia presentò uno studio sistema co sulla flora della Valle del Freddo dal tolo: "Una stazione di piante microtermiche in Val Cavallina (Prealpi bergamasche)". In virtù di questa segnalazione, nel 1964 la vegetazione della Valle del Freddo, venne tutelata con decreto prefe zio. Ciononostante negli anni ‘70 iniziò l'a vità estra va di ben due cave a grave svantaggio sia per l’integrità della valle sia la conservazione dei suoi fenomeni. Le tre immagini sovrapposte tes moniano l’azione glaciale sul territorio, riguardando anche la Valle del Freddo. Le prime due so olineano l’azio-­‐
ne erosiva che ha smussato ogni rilievo so oposto allo scorrere dei ghiacci. La terza mostra un masso erra co ab-­‐
bandonato su un ripiano della Riserva al ri ro dell’ul ma glaciazione
Fu solo nel 1976 che la Giunta Regionale della Lombardia ordinò l'immediata cessazione dei lavori nelle cave. Da allo-­‐
ra, tu avia, una serie di azioni vandaliche infierirono ripetu-­‐
tamente sulla zona. L'inserimento della Valle del Freddo nell'elenco dei biotopi e geotopi della Lombardia la pose, in seguito, defini vamente al sicuro da compromissioni deri-­‐
van da una diversa des nazione del territorio che non fos-­‐
se quella della Riserva Naturale” con la finalità di conservare il par colare fenomeno microclima co della valle nei suoi 26
aspe geologici, geomorfologici, botanici e zoologici e di disciplinare e controllare la fruizione del territorio ai fini scien fici e dida co-ricrea vi. l’arabella stellata, il camedrio alpino, la candida pinguico-­‐
la alpina e la sassifraga di Host che cos tuisce il popola-­‐
mento più abbondante e facilmente riconoscibile dell’inte-­‐
ra zona microtermica. A maggiore distanza, accanto a spe-­‐
cie del detrito come la silene sassifraga, la valeriana trifo-­‐
gliata, l’asplenio verde e la stella alpina, troviamo la sesleria ed il carice del Monte Baldo.
Iberidella alpina
Per l’importanza ambientale dei suoi habitat, la Riserva della Valle del Freddo, è ora anche compresa tra i Si di Interesse Comunitario (SIC) Natura 2000.
Dove il microclima assume temperature progressivamente meno fredde, crescono altresì l’eufrasia di Salisburgo, l’ormino dei Pirenei , il ceras o sudalpino, il salice s pola-­‐
to e il rododendro peloso; specie di prateria umida - quali la parnassia e la tofieldia - sfru ano invece la condensazio-­‐
ne sul suolo freddo dell’umidità atmosferica. Nell’area della flora microtermica, quasi a richiamare aspe della pologia forestale alpina, allignano pini mughi, larici e abe rossi.
La flora della Valle del Freddo
Nella Valle del Freddo sono state sinora rinvenute 315 spe-­‐
cie vegetali di cui 24 sono cara eris che della fascia monta-­‐
na, subalpina e alpina, specie in grado di sopravvivere ad una quota di soli 350 m. e presen presso i mea di alitazio-­‐
ne di aria fredda. Di notevole interesse, ma non considera-­‐
in questo ar colo, sono anche le specie delle praterie ari-­‐
de, dei macere e dei boschi ossia dei pi di vegetazione che fanno da cornice alla esigua flora microtermica. All’origine di tale ricchezza floris ca e vegetazionale c’è la presenza nella Riserva di differen condizioni ecologiche che consen-­‐
tono una diversificazione delle comunità vegetali.
Arabe a minore
Apparecchiature per la misurazione e la regi-­‐
strazione delle temperature dell’aria all’uscita delle bocche di alitazione. So o. Il sito Internet consente di seguire a distanza e in tempo reale il fenomeno termico.
I detri di falda, ad esempio, ospitano alcuni endemi insu-­‐
brici come l’Euphorbia variabilis e la Festuca spectabilis ssp spectabilis e le praterie xerotermofile che accolgono nume-­‐
rose en tà macrotermiche sia mediterranee sia steppiche, mentre sugli affioramen rupicoli merita a enzione la Te-­‐
lekia speciosissima, un altro endemita insubrico. Le specie d’alta montagna, preziosità del biotopo
Nella zona di alitazione dell’aria fredda, la più delicata e im-­‐
portante della Riserva, si concentra un ristre o numero di specie che sulle nostre montagne, come già ricordato, sono osservabili a quote decisamente superiori rispe o alla Valle del Freddo. Le specie che vivono vicinissime al flusso dell’a-­‐
ria gelida sono l’iberidella alpina, la coclearia delle rupi, Bocche di alitazione di aria gelida
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Sassifraga di Host
Il percorso naturalis co di visita della Riserva La visita della Riserva della Valle del Freddo cos tuisce un’e-­‐
sperienza naturalis ca di notevole interesse. Il percorso va effe uato con la dovuta calma disponendo del tempo neces-­‐
sario per leggere il contenuto dei dieci pannelli che si incon-­‐
trano lungo il sen ero e per visitare inoltre il Centro Visita-­‐
tori. Naturalmente, è consigliabile effe uare la visita du-­‐
rante la stagione primaverile in quanto si possono osservare la maggior parte delle fioriture dei boschi e delle praterie comprese le preziosità botaniche della Riserva. Per entrare nel “cuore” della Valle del Freddo è necessario essere ac-­‐
compagna in quanto esiste il divieto al libero accesso. Nella stagione delle fioriture l’Ente gestore me e a disposizione alcune guide naturalis che che faranno conoscere le specie floris che più importan e cureranno che il biotopo sia pre-­‐
servato dai danni di un incauto calpes o. Sul resto del terri-­‐
torio prote o la mobilità è libera, purché ciò avvenga lungo i sen eri segna e nell’osservanza delle normali norme di comportamento rispe ose dell’ambiente. Il Giardino Botanico consente di conoscere tu e le specie micro-­‐
termiche della Riserva che altrimen non si potrebbero osservare dal vivo in quanto il calpes o presso le bocche di alitazione di aria fredda è vietato per la fragilità del fenomeno floris co.
E’ consigliabile far precedere alla visita della Riserva quella del Centro Visitatori dove si può ave-­‐
re una’ introduzione ai valori ambientali del biotopo e procura-­‐
re della documentazione per ricordare l’esperienza.
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IL LAGO DI GAIANO
La vegetazione perilacustre
(tra o da A. Avogadri, 2007 - La vegetazione perilacustre - in “Val Borlezza, un viaggio dalle genesi del territorio ai primi insediamen dell’uomo” )
Espressione geografica unica in tu o il bacino della Val Bor-­‐
lezza, questo lago è collocato nell'ampia insellatura modella-­‐
ta dal flusso glaciale che segna l'imperce bile confine col bacino della Val Cavallina. È probabile che fosse originaria-­‐
mente unito col Lago di Endine, da cui è stato separato nel Tardoglaciale-Olocene dall'accumulo di deposi alluvionali di due valle e laterali di Palate e Peser che hanno decretato l'a uale confinamento del lago e il deflusso delle sue acque verso la Val Borlezza. aldo
Il lago è alimentato prevalentemente da acque di falda e di ruscellamento provenien da un bacino di circa 7 km2 . Il bacino ha dimensioni e profondità limitate: 9 ha i superfi-­‐
cie, 1400 m di perimetro, 3,5 m di profondità massima e 1,5 m di profondità media. Per le sue cara eris che morfologi-­‐
che il lago presenta dinamiche stagionali e biocenosi piche di uno stagno.
Anche se la sua superficie è modesta e la profondità delle sue acque scarsa, il Lago di Gaiano ha il pregio di essere un biotopo di eccezionale valore ambientale. Per la sua colloca-­‐
zione geografica, sufficientemente defilata dal disturbo del traffico stradale della Strada Statale n. 42, il territorio del lago appare armoniosamente connesso col resto del paesag-­‐
gio plasmato dalle a vità umane che fa da cornice allo spec-­‐
chio d'acqua. La gradevolezza del luogo favorisce l'abituale frequentazione per scopi ricrea vi e spor vi lega alla pe-­‐
sca. L'aspe o biologico maggiormente significa vo del Lago di Gaiano è cos tuito dalla serie pressoché con nua di co-­‐
munità vegetali piche di ambien palustri distribuite in fasce riconoscibili dove, in sintonia con il normale processo evolu vo di invecchiamento e colmamento, si assiste a una 29
zonazione di comunità vegetali sempre più evolute e affran-­‐
cate dal conta o dire o con l'acqua a mano a mano che dal centro del lago si procede verso la terraferma.
Anche se limitata, il Lago di Gaiano presenta una zona limne-­‐
ca priva di vegetazione contornata da ben più ampia zona litorale, con acque progressivamente più basse, sviluppata prevalentemente in direzione delle rive nord-occidentali e meridionali. Considerando le fasce di vegetazione che si sus-­‐
seguono in maniera centrifuga a par re dal centro del lago si incontra inizialmente la fascia a vegetazione laminare natan-­‐
te rela va a specie idrofite radicate sul fondo fangoso. Vi fanno parte, inconfondibili per forma e colore del fiore, la candida ninfea (Nymphaea alba L.) e il giallo nannufaro [Nuphar luteum (L.) S. et S], accompagna dal millefoglie d'acqua comune (Myriophyllum spicatum L.) e dalla coda di cavallo acqua ca (Hippuris vulgaris L.). Segue il giuncheto palustre dominato, appunto, dal giunco [Schoenoplectus lacustris (L.) Palla] che cos tuisce la prima fascia della vege-­‐
tazione ripariale nella quale possono inserirsi anche specie della vegetazione laminare più esterna a seconda della pro-­‐
fondità delle acque e della morfologia del fondo. A ridosso del giuncheto si estende la comunità vegetale più diffusa del bacino, il canneto palustre [Phragmites australis (Cav.) Trin.]. La sua capacità di produrre biomassa e quindi materia organica des nata a trasformarsi in torba la rende uno dei fa ori più incisivi nei processi di superficializzazione delle acque e di colmamento del lago. Il dominio della cannuccia di palude lascia comunque qualche varco all'ingresso, nella densa compagine del canneto, di piante come l'equiseto palustre (Equisetum palustre L.) e la scutellaria palustre (Scutellaria galericulata L.). Da questa vegetazione monoto-­‐
na dipende, tu avia, la vita di numerosi invertebra e piccoli uccelli che rivestono un ruolo significa vo nel complesso di relazioni ecologiche tra gli animali e le piante che vivono nelle diverse fasce di vegetazione. La fascia esterna del can-­‐
neto è dominata dalla carice spondicola (Carex elata Ali.) Nannufaro
Ninfea
Coda di cavallo acqua ca
Le immagini sono una piccola rassegna della diversità floris ca del lago di Gaiano e rappre-­‐
sentano le specie più appariscen disseminate in una vegetazione più uniforme e monotona di carici e canne che, però, cos tuiscono la biomassa vegetale maggiore.
Macchia d’oro comune
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Giaggiolo acqua co
Salcerella
che cos tuisce la comunità di elofite del magnocariceto che occupa i terreni umidi e saltuariamente inonda . Questo carice si mostra in cespi inconfondibili, compa e separa tra loro da depressioni nelle quali trovano posto il caglio di palude (Galium palustre L.), la macchia d'oro comune (Lisimachia vulgaris L.), la salcerella (Lythrum salìcaria L.) e la cinquefoglia comune (Poten lla reptans L.). Dove il suolo, anche se umido per la superficialità della falda, è affrancato dal domino dell'acqua le comunità vegetali sono riferibili al "pra umidi", maggiormente diffusi sulle rive se entrionali e sud-occidentali del lago. In questa vegetazione si fa maggior-­‐
mente sen re l'influenza esercitata dall'uomo a raverso lo sfalcio che ha favorito un incremento della biodiversità ve-­‐
getale propria dei pra polifi con la presenza, accanto a specie diffuse nel magnocariceto (cinquefoglia comune, macchia d'oro comune, salcerella), di gramigna liscia (Molinia arundinacea (L. Moench.), della fienarola palustre (Poa palustris L.) e dell'equiseto palustre (Equisetum palu-­‐
stre L.). Nelle acque che lentamente si incanalano verso il deflusso nel Rio Oneto è presente, assieme alle più comuni erbe grasse (Veronica beccabunga L. e Veronica anagallisaqua ca L.), l'erba sega comune (Lycopus europaeus L.), il cinquenervi d'acqua (Alisma plantago-aqua ca L.) e la rara e vulnerabile ippuride o coda di cavallo acqua ca (Hippuris vulgaris L.) inclusa nella Lista Rossa delle Piante d'Italia minacciate. Boschi e arbuste igrofili, in prevalenza cos tui da salici arborei e arbus vi (Salix alba L., Salix cinerea L. e Salix eleagnos Scop.) e ontani neri [Alnus glu -­‐
nosa (L.) Gaertner] occupano in maniera discon nua i din-­‐
torni del lago, con diffusione invasiva dell'eso co acero americano (Acer negundo L.).
aldo
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Ecologia e biologia del lago di Gaiano (tra o da L. Garibaldi e B. Leoni, M. Valle, 2007 - Aspe naturalis -­‐
ci del Lago di Gaiano - in “Val Borlezza, un viaggio dalle genesi del territorio ai primi insediamen dell’uomo”)
Dopo aver descri o la distribuzione delle fasce vegetazionali che circondano il lago, osservabili anche dalle sue rive o me-­‐
glio dall’alto, accenniamo ora alla sua ecologia. Ogni lago è un ecosistema complesso che me e in relazione ed in equili-­‐
brio i fa ori fisici e chimici (cosidde fa ori “abio ci” com-­‐
prenden la roccia del fondo, i cara eri dell’acqua e il clima) con quelli biologici (fa ori “bio ci” rappresenta di vegetali e animali che vivono nell’acqua e sulle sue rive) e fa ori intermedi tra i due (fa ori “merobio ci”) rappresenta da fanghiglie di fondo ricche di sostanza organica ed humus derivan dal metabolismo e dalla decomposizione di tan organismi mor .
Per l’esigua profondità del lago la luce consente che la foto-­‐
sintesi avvenga in tu a la massa d’acqua e il vento, grazie al rimescolamento operato, assicura una sufficiente ossigena-­‐
zione per la vita delle biocenosi nelle zone più profonde. La temperatura dell’acqua, che risente notevolmente delle variazioni meteoclima che, oscilla tra 0°C in inverno e 27-30 °C in estate. Lo sbalzo termico stagionale e di breve periodo ha selezionato nella biocenosi organismi in grado di soppor-­‐
tare brusche oscillazioni di temperatura con ada amen che consentono di sopravvivere alla copertura di ghiaccio invernale.
All’inizio degli anni novanta le acque del lago avevano con-­‐
centrazioni di fosforo totale pari a 10 µg/l cara erizzando un ambiente moderatamente produ vo (oligo-mesotrofo). Ques sali sono responsabili negli ambien acqua ci della produzione di sostanza organica vegetale influenzando tu a la rete trofica che si sviluppa nell’ecosistema. A ualmente nell’acqua le concentrazioni di fosforo e degli altri ioni è aumentata probabilmente per il progressivo interramento del bacino lacustre e l’apporto di sostanze inquinan per dilavamento dei terreni circostan . La comunità fitoplanctonica è ricca di Cianoba eri so-­‐
pra u o nei mesi es vi. La Merismopedia tenuissima, pica di acque poco profonde, cara erizza l’intera comuni-­‐
tà es va mentre la diatomea Cyclotella comensis domina nei mesi primaverili e autunnali quando le acque sono me-­‐
no calde e più ricche di silice. All’ inizio della primavera è inoltre abbondante Dynobrion sociale, una microscopica alga coloniale fotosinte zzante munita di flagelli che sfru a la sostanza organica presente in acqua.
Dynobrion sociale
La composizione della comunità zooplanctonica risente notevolmente della presenza delle piante acqua che e di elevate concentrazioni di sostanza organica disciolta in acqua. Nel lago prevalgono le specie che si nutrono pre-­‐
valentemente di ba eri mentre il fitoplancton è cibo per Cladoceri appartenen alla famiglia dei Chydoridae o al genere Bosmina e Simocephalus e numerose specie di Ro feri, quali Keratella e Brachionus.
Molto ricca e diversificata è la fauna che vive a conta o con il substrato (macrobentos) e comprende molluschi gasteropodi che raschiano la superficie dei cio oli e dei vegetali per nutrirsi di quella pa na composta da Diato-­‐
mee Pennales, da Cianoba eri e da ba eri non fotosinte-­‐
Merismopedia tenuissima
Diatomea , ord. Pennales
Cladocero, fam. Chydoridee
Cyclotella comensis
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zzan . Nel canneto e lungo le rive vivono anche larve e adul di Coleo eri Di scidi e Elmin di, larve di Inse Odo-­‐
na , Emi eri, Efemero eri e Trico eri.
Su quest’ul ma categoria di organismi, che conta nel nostro Paese quasi 400 specie, si hanno conoscenze maggiori gra-­‐
zie agli studi di Marco Valle. Ques inse sono no come “portasassi” per la loro curiosa cara eris ca di rives re il corpo larvale di un aggregato di sassolini, inoltre sono ap-­‐
prezza dai pescatori quali o me esche per la pesca dei salmonidi. Per gli studi faunis ci ed ecologici i Trico eri co-­‐
s tuiscono un valido strumento di indagine sia per la ric-­‐
chezza di specie che per la diversificazione delle loro esigen-­‐
ze di vita. Sul vicino lago di Endine sono state campionate 37 specie e si presume che il dato possa valere anche per il La-­‐
go di Gaiano. Specie classica che vive in ambiente di acque sorgive è P locolepus granulatus, di colore scuro e con aper
-­‐tura alare di pochi millimetri. Le acque ruscellan ospitano spe-­‐cie come Rhyacophila vulgaris e specie appartenen ai generi Wormaldia e Philopotamus che hanno larve prive di fodero e con cara ere predatorio verso altri invertebra acqua ci.
Sono tu avia le acque ferme che offrono la maggior ricchez-­‐
za di forme specializzate, anzitu o 8 specie appartenen alla famiglia degli Hydrop lidi, ossia Trico eri dalle dimen-­‐
sioni molto rido e, tra queste la più comune è Oxyethira flavicornis, con i foderi larvali lunghi al massimo 4 mm, tra-­‐
sparen , di colore giallastro e interamente cos tui da fila-­‐
men sericei. La larva si rinviene so o i sassi o tra la vegeta-­‐
zione acqua ca della quale si nutre. Cara eris ci di acque lente o ferme sono anche i Leptoceridi, dis nguibili per le lunghissime antenne, che volano in gruppi molto numerosi sulle sponde del lago. La specie più frequente è Mystacides azurea, dal colore blu con tonalità metalliche che presenta palpi con a pubescenza. Degna di nota è la rarissima Phryganea na ereri, una dei Trico eri di maggiori dimen-­‐
sioni della fauna italiana, con una apertura alare di circa 6 cm. Phryganea na ereri (Trico eri)
(foto M. Valle)
Oxyethira flavicornis
(Trico eri)
Di sco sp. (Di scidi)
Libellula sp. (Odona )
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APPANDICE ED ESERCIZI
Allegato 1 : da Tony Soper – La gabbia senza sbarre
Allegato 1 : da Tony Soper – La gabbia senza sbarre
Modelli di mangiatoia per uccelli
Modelli di cese a-nido per Cince
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APPANDICE ED ESERCIZI
Allega +2 35
APPANDICE ED ESERCIZI
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BIBLIOGRAFIA
Libri e publicazioni
Si Internet
Catherin Stern, 2010 - La biodiversità a piccoli passi
www.micromegamondo.com/mul media/
cdf_materiale_per_insegnan /pdf/1_1_ita.pdf
Tony Soper, 1990 - La gabbia senza sbarre . Come diventare amici degli uccelli selva ci
ebookbrowse.com/il-giardino-delle-farfalle-pdf-d327197805
Giovanni Giovine, Andrea Corbe a, 2003 - SOS Bufo bufo. Il sal-­‐
vataggio degli anfibi in val Cavallina
Link u li
Paul Wright, 1993 - Gli uccelli: piccola guida di sperimantazione ambientale
Francesco Petre , 2012 - Bioquiz. La biodiversità alla portata di tu www.legambiente.it
Colin West, 2000 - La giungla della nonna
www.cmlaghi.bg.it
Aldo Avogadri, 2011 - LA VALLE DEL FREDDO Riserva Naturale della Regione Lombardia – Com. Mont. dei Laghi Bergamaschi
www.parks.it/riserva.valle.del.freddo
AA. VV. , 2007 - VAL BORLEZZA Un viaggio dalla genesi del terri-­‐
torio ai primi insediamen dell’uomo -, di Aldo Avogadri i capito-­‐
li “La Valle del Freddo” e la Vegetazione peri lacustre in “Aspe Naturalis ci del Lago di Gaiano”, CNR e Moma Comunicazione
www.landstewardship.eu
Don Alessio Amighe ,1897 - La gola del Tinazzo – Lovere - Geo-­‐
logia e paesaggio
it.wikipedia.org/wiki/Parco_della_Gola_del_Tinazzo
lombardia.legambiente.it/contenu /proge -e-azioni/land-life
www.custodiadelterritorio.it
www.fondazionecariplo.it
www.retenatura.it/oasi.asp%3Fid=19.html
www.legambientealtosebino.org/dblog
www.facebook.com/legambiente.altosebino
www.facebook.com/legambiente.onlus
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Proge o TRA LAGO E LAGO
Un collegamento ambientale tra le aree ad alta naturalità della Comunità Montana dei laghi Bergamaschi
Partenr del proge o:
Il proge o intende intervenire nel territo-­‐
rio dell’Alto Sebino, in specifico nelle tre aree di alto interesse naturalis co del PLIS del Lago d’Endine, del SIC Riserva naturale Valle del Freddo e del Parco della Gola del Tinazzo, in procinto di essere inserito nel PLIS dell’Alto Sebino.
Ci proponiamo di consolidare e rafforzare dal punto di vista della biodiversità queste aree a raverso interven di miglioramen-­‐
to naturalis e a vità di fruizione sos-­‐
tenibile. Le azioni di cara ere forestale naturalis co che si svolgeranno sulle tre aree saranno affiancate da una risposta al bisogno di fruizione, con la realizzazione di un sen ero naturalis co che collegherà tra Lago e Lago le tre eccellenze ambientali creando una visione d’insieme percepita dalle comunità locali e dai fruitori.
Con il contributo di:
Comune di Lovere
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