SBF – C B -T Bibbia e Vita consacrata a 40 anni dal Concilio

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SBF – C B -T Bibbia e Vita consacrata a 40 anni dal Concilio
Maria e la vita consacrata (VC) sono termini correlativi, in rapporto di causa ed effetto perché Maria è
confondatrice e madre dei consacrati, e in rapporto di modello e modellati perché Maria è la consacrata per
eccellenza e, quindi, la consacrata esemplare, normativa per tutti.
Lʼeunochìa “per il regno dei cieli” — cioè il celibato maschile e la verginità femminile — è un valore,
un “carisma (dono divino)” proprio dellʼèra cristiana, un carisma non per “tutti” ma per “coloro ai quali è
concesso” (Mt 19,11s; 1Cor 7,7ss; cf. LG 42). Questo sublime ideale di vita, intuito già nel mondo precristiano,
diventa palpitante realtà “nella pienezza dei tempi” (Ef 1,10), nellʼèra di Cristo-Chiesa; e lo vediamo incarnato
e vissuto esemplarmente già nei nostri modelli supremi, Gesù e Maria, lui il nuovo Adamo e lei la nuova Eva,
rispettivamente lʼuomo perfetto e insuperabile e la donna perfetta e insuperabile. Più precisamente, Gesù è
lʼicona perfetta della VC al maschile, Maria lo è al femminile (cf. M. Badalamenti, Vocati allʼamore, Palermo
1999, 5ss).
Si tratta — giova ricordarlo — di un ideale di vita oggettivamente superiore a quello comune o matrimoniale,
in quanto comporta e realizza una maggiore conformità ai modelli Gesù e Maria e, quindi, un livello superiore
di amore sponsale e paterno/materno. In altre parole, la VC segna la perfetta cristificazione e marianizzazione:
il consacrato (fedele, sʼintende) e la consacrata (fedele) sono rispettivamente un “alter Christus” e unʼ“altera
Maria” qualificati; di conseguenza vivono e testimoniano un più, non un meno, di sponsalità e di paternità/
maternità. Il vero celibato (quello cristico) non è scapolismo più o meno egoistico, e la vera verginità (quella
mariana) non è zitellismo più o meno acido. “La verginità, la castità (perfetta) — precisa il B. Charles de
Foucauld (✝1916) — non sono (…) lo stato di unʼanima che non è sposata; è al contrario lo stato di unʼanima
sposata a uno sposo diletto, allo Sposo perfetto, perfettamente bello, perfettamente santo, perfettamente
amabile…” (Scritti spirituali 9/1, Città Nuova 1974, 161).
Eʼ quanto la Chiesa insegna da sempre partendo dal dato biblico-tradizionale (Pio XII, Sacra virginitas
23ss; Concilio Vat. II, LG 42ss; PC 1.12.25; Giovanni Paolo II, MD 11; VC 32). Ed è quanto i Santi Padri hanno
esplicitato così bene nel primo millennio cristiano (Th. Camelot, Virgines Christi, Paris 1944). Ricordiamo
specialmente S. Efrem Siro (✝373) in Medio Oriente, S. Atanasio (✝373) in Africa orientale, S. Ambrogio
(✝397) e S. Girolamo (✝419/20) in Europa, S. Agostino (✝430) in Africa occidentale. Notiamo che questi Padri
sono anche Dottori della Chiesa e rappresentano, per giunta, i tre versanti principali della Cristianità antica:
Medio Oriente (Asia), Africa, Europa.
Fermiamo lʼattenzione su Maria quale confondatrice e madre, mediatrice e modello di VC. Eʼ stata lei
la prima a ricevere il carisma verginale, a viverlo esemplarmente e a mediarlo a tutti (uomini e donne) con
generosità materna, come insegnano la mistica e la (buona) teologia sulla base della Rivelazione e con lʼavallo
del Magistero infallibile della Chiesa (Giovanni Paolo II, Catechesi 15.3.1995; 29.3.1993: “La Beata Vergine
Maria e la vita consacrata”).
Qui ci limitiamo alla testimonianza dei Santi Padri, di questi degni successori degli Apostoli nella guida
pastorale della Chiesa di Dio (DV 8s; cf. L. Cignelli, in Parole di Vita 5/1982, 61-66), ma senza rinunciare a
testimonianze posteriori quando sono particolarmente illuminanti.
1. Maria confondatrice e madre della VC
Lo è in quanto nuova Eva al fianco di Gesù nuovo Adamo. Maria — lo sappiamo — è figura tutta relativa
e complementare rispetto a lui (MC 25), come Eva lo è rispetto al primo Adamo (Gen 2,18ss). Lʼessere umano
è composito e bipolare (Gen 1,27). Se Gesù è “lʼuomo nuovo” e “perfetto” (Ef 4,24.13; cf. LG 40; GS 22),
Maria è la donna nuova e perfetta (Lc 1,28.42; Gv 2,4; 19,26; cf. MC 57; LG 55ss; MD 20). E se “chiunque
segue Cristo, lʼuomo perfetto, si fa lui pure più uomo” (GS 41), ugualmente chiunque segue Maria, la donna
perfetta, si fa lei pure più donna (L. C., “La Chiesa, lʼumanità più vera”, Jerusalem 2006).
Eʼ quanto vediamo realizzato esemplarmente, lungo i secoli, nei Santi e nelle Sante, rispettivamente
cristofanie e mariofanie qualificate, cioè immagini viventi e luminose dei Modelli supremi. Pensiamo per es. a
Francesco e Chiara dʼAssisi, lui “altro Cristo” e lei “altra Maria” per eccellenza (Fonti Francescane 3153).
Maria è il complemento femminile di Gesù anche nel realizzare la VC, il loro capolavoro sul piano eticospirituale (VC 29ss). E quale primizia e iniziatrice dello stato verginale, è ovviamente la “madre” delle donne
consacrate, come la chiama già S. Girolamo (Adv. Iov. 1,31) e come viene confermato dalle sante vergini
(canonizzate o no) di ogni tempo e luogo. Citiamo qualche testimonianza più recente (sec. XX): “Mamma
cara, io voglio essere donna come te…” (mistica italiana). “Maria, madre mia, chi mi guarda ti veda!” (mistica
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MARIA E LA VITA CONSACRATA NEI PADRI DELLA CHIESA (L. Cignelli)
Maria e la vita consacrata nei Padri della Chiesa
(L. Cignelli)
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spagnola). “Non sono più io che vivo, ma vive in me Maria mia madre” (mistica francese).
I Padri legano lʼorigine della VC, direttamente o indirettamente, al mistero dellʼIncarnazione, cioè alla
nascita umana del Signore da Maria, la prima vergine volontaria e perpetua (Lc 1,34; cf. L. C., in Liber
Annuus 22 (1972) 163-203), e alla conseguente comunione di vita tra Gesù e Maria, la cosiddetta “comunione
cristico-mariana”, unico ideale di vita per i cristiani in genere e per i consacrati in specie. I Modelli supremi
cʼinsegnano, in definitiva, ad essere veri uomini e vere donne e a convivere secondo Dio, quindi alla perfezione,
come ama rilevare S. Agostino (De vera relig. 16,32; De agone Chr. 22s,24s; De s. virg. 4s,4s; 27,27; Serm.
184,2; 289,2).
– Orìgene, sommo esegeta e mistico (✝253/54), ha esplicitato per primo, in Oriente, questo dato biblicotradizionale. Scrive: “…come Gesù è stato la primizia della purezza e della castità degli uomini, così Maria lo
è stata delle donne. Non sarebbe infatti conveniente attribuire ad altra che a lei la primizia della verginità” (In
Matth. com. 10,17; cf. S. Cirillo di Gerusalemme, Cat. 12,33s).
Più ampia e articolata la testimonianza di S. Alessandro (✝328), citata e fatta propria da S. Atanasio, il
quale così la trasmette alle vergini consacrate del suo tempo: “Lui (Dio Figlio) è il vostro fratello, Lui è il
vostro fidanzato, Lui è il vostro vicino”; ed è tutto questo grazie appunto al mistero dellʼIncarnazione: “Se il
Verbo non si fosse fatto carne, come si potrebbe ora unirvi e congiungervi a lui? Ma quando il Signore si rivestì
del corpo umano, il corpo divenne capace di ricevere il Verbo: ecco perché voi, adesso, siete divenute vergini
e fidanzate del Cristo” (Ep. ad virgines: CSCO 151,74-76). Si noti il carattere sponsale della consacrazione al
Dio-Uomo: la vergine consacrata è una supersposa! (Camelot, op. cit., 52ss).
Più tardi, in Oriente, S. Massimo il Confessore (✝662) colloca a Cana il primo dilatarsi della VC, lʼinizio
del monastero doppio, di quello maschile sotto la guida di Gesù e di quello femminile sotto la guida di Maria.
Scrive: a Cana, dopo il miracolo operato da Gesù, “lo sposo lasciò quelle nozze e quella casa, e seguì e servì
lʼospite straordinario, il re Signore pieno di grazia, lo sposo delle anime sante e immacolate; così pure la sposa
si pose al servizio della santissima Madre del Signore, perché il miracolo compiuto dal Signore non cambiò
soltanto lʼacqua in vino, ma anche il matrimonio in verginità” (Vita di Maria 68; cf. 69ss). Non sappiamo
quanto questo dato sia storico, ma è certamente importante per lʼidea di fondo: il legame della VC con i
modelli supremi Gesù e Maria.
– Nel mondo orientale-semitico, abbiamo la testimonianza di S. Efrem Siro, sommo mistico e teologo del
sec. IV. Per lui, Gesù e Maria sono lʼumanità nuova e definitiva, perfetta e insuperabile (Carm. Nis. 27,8), e
segnano lʼinizio di un nuovo modo di vivere il rapporto uomo-donna, la “comunione cristico-mariana” appunto.
Essa si prolunga storicamente nel monachesimo maschile e femminile, a partire dal collegio apostolico, più
precisamente da S. Giovanni, lʼapostolo vergine e secondogenito della Madonna (De Nat. 12; De virg. 25).
Questa geniale esplicitazione di S. Efrem sarà spesso ripresa e attualizzata lungo i secoli, anche da uno dei
migliori teologi degli ultimi tempi, Hans Urs von Balthasar (H.U. von Balthasar, Premio Intern. Paolo VI,
Brescia 1984, 28).
Per ciò che riguarda Maria in particolare, S. Efrem vede in lei la primizia e lʼesemplare della verginità
consacrata, intesa come servizio sponsale e materno al mistero dellʼIncarnazione (De Nat. 12,2ss; De virg.
25,10s). Un altro Padre siro, Isacco dʼAntiochia (sec. V), chiama le vergini di professione “figlie” di Maria e
dice che “devono imitare questa loro Madre” (BKV2 6,227).
– In Occidente, il nostro tema è attestato specialmente da S. Ambrogio di Milano, grande cantore di Maria
e della VC, lodato per questo da S. Girolamo (Ep. 22,22) e S. Agostino (De doctr. Chr. 4,21,48).
Anche per S. Ambrogio, come per S. Atanasio, lʼIncarnazione redentrice e perfettiva segna lʼorigine della
VC. Scrive fra lʼaltro: “…in verità, fu dopo la venuta del Signore in questo corpo, senza alcuna macchia di
impura contaminazione, che si sviluppò nei corpi umani un modo celeste di vivere che si è (già) diffuso in
tutto il mondo” (De virginibus I,13; cf. I,21; De virginitate 17,105ss). Altrettanto insegna il suo più grande
discepolo, S. Agostino (Serm. 51,26; 184,2; 188,4; 192,3s; In Ps. 127,8), per il quale Maria fu la prima donna
a fare il “voto” di verginità (De s. virg. 4,4; Serm. 291,5s; cf. L. C., in Liber Annuus 22 (1972) 2001), cosicché
“da lei ebbe inizio la dignità delle vergini — coepit dignitas virginum” (In Io. tr. 10,2; cf. Serm. 51,26;
191,3).
S. Girolamo è ancora più esplicito nel presentare Maria quale confondatrice della VC. Così scrive sulla
scia di Origene: “Cristo è vergine; la Madre del nostro Vergine è vergine perpetua: madre e vergine (…). Cristo
vergine e Maria vergine hanno inaugurato e consacrato lo stato verginale per ambedue i sessi” (Ep. 49,21; cf.
22,18.21.38; 65,10). Concetto ripreso, nel Medioevo, da S. Bonaventura (In IV Sent., d.30, a.1, p.2 concl.).
Una verità capitale, questa, fatta propria dal Magistero della Chiesa (LG 46; VC 23.28.34) e da tenere
sempre presente dagli interessati, pena la decadenza inesorabile della VC. Non si dà consacrazione fedele e
Maria e la vita consacrata nei Padri della Chiesa
(Lino Cignelli)
2. Maria mediatrice di VC
Lo è nel senso che tutti i consacrati, uomini e donne, ricevono “questo speciale dono” di Dio (LG 43)
tramite lei, Maria, che già S. Massimo il Confessore chiama “la mediatrice di tutti i beni” (Vita di Maria 68);
e Giovanni Paolo II, la “madre di tutte le vocazioni” (Messaggio 19.10.1987).
Da parte dei Padri abbiamo al riguardo due testimonianze particolarmente esplicite: S. Ambrogio e S.
Girolamo.
S. Ambrogio ne parla a proposito del rapporto Maria-Giovanni Battista. La Madonna, “esempio” e “maestra
di verginità” (De inst. virg. 6,44s), è la nuova Eva che “ci ha dato lʼincentivo alla verginità” (5,33), e ce lʼha
mediata incominciando appunto dal Battista. Notiamo il passaggio dal singolare al plurale, dal Battista a noi.
Ambrogio così commenta Luca 1,39ss:
“Tanta fu la grazia di lei (Maria) che non solo conservava in sé la grazia della verginità, ma conferiva lo
straordinario pregio dellʼintegrità anche a quelli che andava a visitare. Visitò Giovanni Battista, che sussultò
nellʼutero della madre prima di nascere. Alla voce di Maria il bambino esultò (Lc 1,44) ossequiente prima di
essere partorito. E non a caso restò integro nel corpo colui che la Madre del Signore aveva educato per tre
mesi (Lc 1,56) con lʼolio, per così dire, della sua presenza e con lʼunguento della propria integrità” (De inst.
virg. 7,50).
S. Girolamo ne parla, invece, a proposito del rapporto Maria-Giuseppe. Così scrive contro lʼeretico
Elvidio, che negava la perpetua verginità della Madonna: “Tu dici che Maria non rimase vergine; quanto a
me, sostengo per giunta che anche Giuseppe fu vergine per opera di Maria (per Mariam), cosicché da nozze
verginali nacque un figlio vergine” (Adv. Helv. 19; cf. L. C., in Colleg. pro fidelitate 3/1998, 31).
Le due testimonianze riportate non potrebbero essere più chiare. Ognuno dà ciò che ha ed è: Maria è
vergine e dona verginità, candore di anima e di corpo; più precisamente, partecipa agli altri il bene che ha
ricevuto per prima, “la grazia della verginità”, “la propria integrità” (L. C., “Il rapporto Maria-Giovanni
Battista nellʼesegesi patristica”, in Domini vestigia sequi, Ed. Porziuncola 2003, 61s).
Ne deriva, da parte dei consacrati, il dovere della gratitudine e della preghiera. Si deve a Maria gratitudine
per quanto ci ha mediato con generosità materna. E bisogna pregarla per ottenere la fedeltà al carisma o per
ricuperare quanto, più o meno colpevolmente, si è perduto.
La storia della spiritualità cristiana abbonda di esempi al riguardo. Un inno medievale, accolto nella
Liturgia delle Ore, contiene la nota invocazione mariana: “…mites fac et castos — facci miti e casti!”. Nei
tempi moderni gli esempi non sono meno abbondanti. Ne ricordiamo tre: S. Antonio M. Claret (✝1870; cf.
Autobiografia 96-98), S. Gemma Galgani (✝1903) e S. M. Faustina Kowalska (✝1938).
S. Gemma così prega durante unʼestasi: “Mamma, Mamma mia, fammi buona; Mamma, Mamma mia,
fammi casta. Eʼ questa la cosa che tanto desidero, di cui ho tanto bisogno…” (Estasi 140). Eʼ risaputo: più si è
buoni e quindi anche casti, meno ci si crede tali e più si prega e si è cauti; invece, meno si è buoni e casti, più
ci si crede tali e meno si prega e si è cauti…
S. Faustina racconta nel suo Diario: Gesù “mi disse: «Ti concedo eterno amore, affinché la tua purezza
sia intatta e a conferma che non andrai mai soggetta a tentazioni impure». Gesù si slacciò la cintura dʼoro che
aveva e con quella cinse i miei fianchi. Da quel momento non ho più provato alcun turbamento contrario alla
virtù, né nel cuore né nella mente. Compresi in seguito che questa è una delle più grandi grazie che mi aveva
ottenuto la Santissima Vergine Maria, dato che per questa grazia lʼavevo pregata per molti anni. Da allora
è aumentata la mia devozione per la Madre di Dio. Eʼ lei che mi ha insegnato ad amare interiormente Dio e
come adempiere in tutto la Sua santa volontà” (Ed. Vaticana 1996, 23s; cf. 378; S. Teresina, MA 158; Lett.
83/105).
3. Maria modello-maestra di VC
Eʼ la logica conseguenza di quanto detto finora. Come Gesù, anche Maria è prima modello e poi maestra,
cioè prima fa e poi insegna (Gv 13,4ss; At 1,1). Di qui appunto lʼefficacia, la forza convincente e trainante del
suo magistero.
Maria è modello-maestra per la Chiesa in genere e per la donna in specie. La cosa va da sé: cʼè
anche la solidarietà del sesso, come apprendiamo dalla storia e dallʼesperienza quotidiana. Ricordiamo il
detto sapienziale: “Quale la madre, tale le figlia” (Ez 16,44). Effettivamente ogni vera madre è modellomaestra di tutta la famiglia e in particolare delle figlie. Da notare che pure Gesù, come uomo, è cresciuto
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felice senza un riferimento continuo e amoroso a Gesù e Maria, i modelli supremi e insuperabili. Una verginità
vissuta senza Maria non può essere che utopistica o sfasata, e così un celibato vissuto senza Gesù.
Maria e la vita consacrata nei Padri della Chiesa
(Lino Cignelli)
“Maria, colei che generò Dio, rimase sempre vergine (per essere il modello per) chiunque sarebbe venuta dopo di lei.
Se dunque cʼè qualcuna che desidera restare vergine e fidanzata del Cristo, le è possibile considerare la vita di Maria e
imitarla; e la regola del fermo proposito di lei le sarà sufficiente per organizzare la propria verginità. Ebbene, che la vita
di Maria, la Madre di Dio, sia per voi tutte, come fosse dipinta, lʼimmagine alla quale ciascuna conformerà la propria
verginità.
“Maria, dunque, era una vergine pura, perché aveva uno stato dʼanimo equilibrato e si arricchiva doppiamente. Amava,
infatti, le buone opere compiendo alla perfezione i suoi doveri e avendo pensieri retti sulla fede e sulla purezza. Non
desiderava di essere vista dagli uomini, ma pregava Dio di essere il suo esaminatore. Non aveva nessuna fretta di uscire di
casa e non conosceva affatto i locali pubblici, ma restava assiduamente in casa, vivendo ritirata, simile a unʼape.
“Il superfluo del lavoro delle sue mani lo distribuiva generosamente ai bisognosi. Non si preoccupava di guardare
(fuori) dalla finestra ma nelle Scritture. Pregava Dio da sola a solo, preoccupandosi di due cose: non permettere a pensieri
cattivi di insediarsi nel suo cuore e non essere curiosa (…). Non lasciava scoperta nessuna parte (delicata) del suo corpo.
Dominava la collera e calmava lʼimpeto dei sentimenti. Le sue parole erano riservate, e la voce regolata; non gridava e
stava attenta nel suo cuore a non dir male e perfino a non ascoltare volontariamente dir male. Non si affannava in cuor suo
né invidiava nella sua anima. Non era spavalda ma umilissima; non aveva malignità di sorta nel cuore (…).
“Ogni giorno andava avanti e faceva progressi. Quando al mattino si alzava, si dava da fare perché le sue opere fossero
sempre migliori di quelle già da lei compiute; dimenticava le sue offerte ed elemosine già fatte con premura e, ricordandosi
piuttosto del Signore, si sforzava di farne altre ancora; e distoglieva il cuore dalle opere di questo secolo. Non aveva affatto
paura della morte, ma piuttosto si affliggeva e sospirava (la sua venuta...).
“Le brame dellʼappetito non la vincevano (…), perché essa non mangiava né beveva per questo, ma per non far
morire il corpo prima del tempo. Neppure dormiva oltre misura, ma solo perché si riposasse il corpo; e vegliava poi per le
faccende e per le Scritture. Il digiuno era per lei un diletto, come per altri il mangiare bene. Al posto dei pani visibili, ella
immagazzinava parole di verità; al posto del vino, aveva gli insegnamenti del Salvatore (…).
“Non andava di qua e di là, tolte le visite al tempio; non trascurava infatti questo dovere. Vi andava in compagnia dei
suoi genitori, camminava come si deve ed era dignitosa nel contegno e vigilante negli sguardi (…); quando pregava, i suoi
genitori e le donne della sua compagnia erano stupiti, perché non sentivano la sua voce, ma dal movimento delle labbra, che
le vedevano muovere continuamente, constatavano che si trattava del moto di intimi pensieri santi. A questo spettacolo, i
suoi genitori ringraziavano Dio non solo dʼaver dato loro una figlia, ma anche di aver concesso loro un tale bene. Essa poi
conosceva il suo dovere: in primo luogo pregava Dio, in secondo luogo era sottomessa ai genitori (…).
“Ecco lʼimmagine della verginità! Tale appunto fu Maria. Che colei che desidera essere vergine ne prenda atto! Eʼ a
causa infatti di questa sua condotta che il Verbo la scelse per prendere da lei la carne e farsi uomo per noi” (CSCO 151,
59-62).
La testimonianza di S. Ambrogio è posteriore e dipende certamente da S. Atanasio, ma non è meno bella
e convincente. Il contesto storico-spirituale è identico a quello della sua fonte: dare alle donne consacrate
il modello valido e sicuro di riferimento, la Vergine Maria. E questo in un momento storico in cui era forte
lʼopposizione alla VC da parte di non pochi libertini sia laici che chierici, come apprendiamo dallo stesso
Ambrogio (De virginibus I,58s.66s; De virginitate 3,13; 5,24ss; De inst. virg. 17,107).
“Per voi dunque (donne consacrate) la verginità, come fosse raffigurata in una immagine, sia la vita di Maria da cui
rifulge, come riflesso da uno specchio, il modello (species) della castità e la forma della virtù. Di qui traete gli esempi
di vita, nei quali gli insegnamenti della probità, che vi sono espressi come in un modello, mostrano che cosa dovete
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— meravigliosamente bene! — alla scuola di sua Madre (Lc 2,51s; 4,16). Ne ha avuto bisogno lui, il DioUomo, e dallʼinizio alla fine della vita terrena! (Lc 1-2; Gv 19,25): possiamo non averne bisogno noi?… Gesù
poi è rimasto così contento del metodo pedagogico di Maria che, lasciando questo mondo, lʼha donata come
“madre” a noi e così ci ha messi tutti alla scuola di lei, la più grande educatrice e artista della storia (Gv 19,26s;
At 1,14; cf. L. C., La grazia dei Luoghi Santi, Jerusalem 2005, 21s. 96s).
Che la Madonna sia modello-maestra per tutti nella Chiesa è lʼinsegnamento comune dei Padri, in
particolare di S. Ambrogio (In Luc. Exp. 2,26: cit. in MC 21) e S. Agostino (Serm. 191,4). A sua volta,
lʼesemplarità mariana fonda, e postula, lʼimitazione da parte nostra (LG 53.60ss). Nella Vita di Maria, scritta
da S. Massimo il Confessore, leggiamo che, sia prima che “dopo lʼAscensione, la Santa Madre di Cristo era
modello per gli uomini e per le donne, e guida ad ogni buona azione, con la grazia e lʼaiuto di suo Figlio, il Re
della gloria” (n. 94); ed era “modello” anche e soprattutto di VC (nn. 68ss).
Ma, ovviamente, la “Vergine delle vergini - Virgo virginum” è modello-maestra anzitutto per le donne
consacrate, per la Chiesa femminile qualificata. Un motivo, questo pure, tanto caro ai nostri Padri, in particolare
a S. Atanasio di Alessandria (Egitto) e a S. Ambrogio di Milano, due Dottori e pastori esemplari dellʼantichità
cristiana (L. C., Maria nuova Eva nella Chiesa patristica, Assisi 1966, 189-91).
Nella famosa Lettera alle vergini (consacrate), S. Atanasio così presenta loro lʼesempio normativo della
Madonna:
Maria e la vita consacrata nei Padri della Chiesa
(Lino Cignelli)
Più tardi S. Agostino dirà alle donne consacrate col suo realismo: “Colei (…), della quale seguite le orme,
dopo aver concepito senza concorso dʼuomo, partorendo rimase vergine. Imitatela quanto potete…” (Serm.
191,4).
Le testimonianze citate, continuamente riecheggiate lungo i secoli, sono più che chiare, molto più chiare
di tanti scritti posteriori sullʼargomento, dove non di rado i modelli Gesù e Maria o sono appena menzionati
o del tutto assenti. Tutto sommato poi, i Santi Padri conoscevano la Madonna, la sua figura etico-spirituale,
meglio di noi. Perché? Lʼamavano di più, penso. Più si ama, più si conosce, ci avverte S. Agostino (In Io. tr.
96,4).
Conclusione
“La storia è maestra di vita” (Cicerone; cf. Sir 44ss; Eb 11s), ma purtroppo con pochi discepoli. Maria
— “la donna della Bibbia” (MD 5) — è una parola di Dio per la nostra vita, quindi una parola “vera”,
intramontabile, immensa (Sal 119,43.89s.96). E normativa, interpellante (Sal 119,4; Gc 1,22ss).
Ne segue che Maria non ha fatto il suo tempo, checché ne dica qualche gruppuscolo femminista…
inqualificabile (col benestare di qualche teologuzzo). Come Gesù nuovo Adamo, anche Maria nuova Eva è
“eternamente giovane” (Conc. Vat. II), è “la più giovane delle contemporanee” (J. Daniélou). Del resto, la
risurrezione, che lei già gode, è “giovinezza” perenne e perfetta al dire di S. Agostino (De civ. Dei 22,15ss).
E ricordiamo il grido trionfale di S. Ireneo (sec. II): il Cristo Dio-Uomo “ha portato ogni novità portando sé
stesso!” (Adv. haer. 4,34,1), somma e fonte vivente di tutti i valori, di tutte le realtà messianiche (Col 2,3.9;
3,11), compreso il suo complemento femminile: Maria nuova Eva.
Maria ci è sempre utile e necessaria per vivere bene la nostra vocazione cristiana e consacrata. Eʼ più che
valida — sia detto con buona pace di certi teologuzzi — è più che valida la parola profetica di Paolo VI: “Se
vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani” (Omelia 24.4.1970). Eco autorevole di quanto aveva
scritto una profetessa ancora vivente, Chiara Lubich: “Noi siamo veri cristiani, come Cristo ci vuole, se siamo
mariani” (Meditazioni, Città Nuova 1964, 121).
Richiamo la nostra attenzione su tre punti, che sono altrettante urgenze dellʼora presente.
1) Attenzione allʼantimarianismo! Specialmente le signore donne stiano attente a non farsi rivali di Maria,
la “benedetta fra le donne” (Lc 1,42), cedendo al complesso della “prima donna” come certe femministe
(ne ho incontrate anchʼio…). Lʼantimarianismo è roba diabolica (Gen 3,15; Ap 12,3ss), e serpeggia perfino
in area cattolica e tra i consacrati. Capita dʼincontrare anche qualche sedicente cattolico/a che si difende da
Maria anziché caderle fra le braccia come “il primogenito” Gesù (Lc 2,7), il secondogenito Giovanni (Gv
19,27) e tutti i Santi e le Sante del cielo e della terra. Riferisco alcune frasi, più o meno blasfeme, sentite qua
e là: “Che cʼentra la Madonna con la Messa?” (un consacrato sacerdote). “Che cʼentra la Madonna con me?”
(consacrata infedele). “Noi sappiamo e possiamo più di lei (Maria) perché veniamo dopo…” (femministe
“sessantottine”).
Come Gesù, anche Maria ha due popoli: amici e nemici, estimatori e denigratori, devoti e indevoti (Lc
2,34s; 19,32ss). Perfino tra le figlie e i figli prediletti! Noi vogliamo essere tra i suoi devoti, come Elisabetta
e famiglia (Lc 1,42ss), come il discepolo amato e la Chiesa nascente del Cenacolo (Gv 19,26s; At 1,14),
come tutti i Santi e le Sante (S. Bonaventura). Anzi, come Gesù stesso, “il suo figlio primogenito”, cresciuto
docilmente alla scuola di lei, come abbiamo ricordato (Lc 2,7.51s; 3,23; 4,16; 18,20). E anche per questo Lui
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correggere, che cosa evitare, che cosa conservare.
“Il primo stimolo allʼapprendimento è costituito dalla nobiltà del maestro. Che cosa cʼè di più nobile della Madre
di Dio? Che cosa più splendido di lei che fu scelta dallo stesso Splendore, che cosa più casto (quid castius) di lei che ha
generato un corpo senza contaminare il proprio? E che dirò delle altre sue virtù? Era vergine non solo nel corpo ma anche
nella mente, lei che non adulterava le proprie sincere aspirazioni con alcun raggiro ingannevole: umile nei sentimenti,
posata nelle parole, prudente nel coraggio, parca nel parlare, molto zelante nella lettura; (…) assidua nel lavoro (…).
“Ecco lʼimmagine della verginità! Maria infatti fu tale che la vita di lei sola è insegnamento per tutte. Se dunque lʼautore
(auctor) non dispiace, approviamone lʼopera, in modo che, ogni donna che desidera avere per sé il premio che Maria
ottenne, ne imiti lʼesempio. Quanti modelli di virtù brillano in una sola vergine! La riservatezza del pudore, lʼemblema
della fede, lʼossequio della devozione; vergine dentro casa, compagna per il servizio, madre al tempio.
“Oh, a quante vergini andrà incontro costei, quante abbracciandole trarrà al Signore dicendo: «Questa ha custodito con
immacolato pudore il letto di mio Figlio, i talami nuziali» (…).
“Dunque la santa Maria sia lʼesemplare su cui modellare la vostra condotta di vita (…).
“Qualcuno dirà: «Perché hai portato lʼesempio di Maria, come se si potesse trovare chi sia capace di imitare la Madre
del Signore?»(…)”. Segue lʼesempio di una santa vergine e martire del passato a conferma della possibilità di imitare
Maria (De virginibus II, 6s.15s.19.21).
Maria e la vita consacrata nei Padri della Chiesa
(Lino Cignelli)
“Prega il misericordioso Signore che, nella persona dellʼAbbadessa, ti affidi alla custodia della purissima Madre sua,
la Vergine Maria, per riceverti alla fine dalle mani di lei: — O Diletto dei miei desideri, o Gesù a me supremamente caro,
ora consegnami e raccomandami alla Madre tua, la rosa virginale e sovrana, perché per amor tuo sia in perpetuo la guida
e la custode della mia verginità. Consegnami a quelle mani delicate che nutrirono e allevarono te, Figlio di Dio Padre,
perché difendano e confermino il mio voto di castità, conducendomi senza macchia per la via della purezza verginale. A
quella rosa purissima parla di me così:
— Prendi questa figliola sotto la tua cura materna; io te la raccomando con tutta la forza della mia divina carità. Vedi,
o Madre, di riconsegnarmela immacolata e formata secondo il mio cuore! — Così sia!” (Gli esercizi III, Ed. Cantagalli
1956, 62).
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è “il più bello tra i figli dellʼuomo” (Sal 45,3), “riconoscibile fra mille e mille” (Ct 5,10). “Dalla bella il bello”
per eccellenza (un Padre)…
2) Urge un maggiore riferimento a Maria. Girando un poʼ per il mondo, mi sono accorto che perfino a
molte donne impegnate (anche consacrate) manca un riferimento esistenziale alla Madonna, come a molti
uomini (anche consacrati e sacerdoti) manca il riferimento esistenziale a Gesù. Di qui appunto la miseria e lo
squallore etico-spirituale di tanta presenza cristiana nel mondo, perfino tra i consacrati e le consacrate.
Occorre, oggi, un Cristianesimo meno nozionistico e più esistenziale e, quindi, più testimoniante (L.C., in
LA 32 (1982) 155ss). “Il Cristianesimo è una persona”, si dice spesso. Eʼ la verità (Gv 15,5; 1 Cor 12,12; Gal
3,28). Anche la VC non è, in definitiva, una cosa ma una persona o, più specificamente, una coppia personale:
Gesù e Maria, i modelli supremi (cf. V Prefazio della Madonna). Senza una reale comunione dʼamore con loro
non possiamo onorare e goderci lʼeccellenza della nostra VC, ma saremo o dediti alla “doppia vita” o, per lo
meno, miserabili nostalgici delle “cipolle dʼEgitto”; e non faremo né segno né storia di salvezza, condurremo
una vita senza Fiat e senza Magnificat (le due cose vanno sempre assieme).
Senza riferimento a Maria, suo modello specifico, la donna consacrata è una pecora smarrita che va
errando fuori dallʼovile (Lc 15,4ss); e finirà male se, figlia prodiga e fuggitiva, non si decide a tornare a casa
quanto prima (Lc 15,18ss). “Il diavolo, come leone ruggente, va in giro cercando chi divorare” (1Pt 5,8) e,
naturalmente, preferisce carne pregiata, “vergine” (2Cor 11,2s)…
Il riferimento a Maria è necessario anche per lʼuomo consacrato, altrimenti deve accontentarsi di Eva,
della miserabile Eva, essere decaduto e deludente, tuttʼaltro che dea o paradiso di delizie! (Gen 3,6ss; Ct 4s;
Sir 25,15ss). Senza Maria il celibato è triste e sterile, come lo è la verginità senza Gesù…
3) Urge una maggiore sequela-imitazione di Maria. Il riferimento ai Modelli, ben praticato, diventa
sequela-imitazione conformante e scongiura così il pericolo di essere squallidi mestieranti della VC.
Lʼunione fa la conformità, nel male e — ancora più — nel bene. La VC autentica non è da inventare più o
meno capricciosamente, ma da scoprire e vivere sempre più fedelmente alla scuola dei Modelli supremi e
irrinunciabili e dei loro migliori testimoni, i Santi e le Sante (PC 1s.25).
Nessuno/a potrà mai dispensarsi o essere dispensato/a dalla sequela-imitazione di Gesù e Maria, e del vero
Gesù e della vera Maria, che sono unicamente quelli della Scrittura e della Chiesa (Mt 11,29s; Lc 11,28; 14,27;
Gv 13,12ss; 1Cor 11,1). “Non paragonarti agli altri, ma a Me” (Gesù a Pascal, Pens. 555). “O imitazione o
dannazione eterna!” (Dio Padre a una mistica francescana, cit. in Forma Sororum 23, 1986, 317). Eco fedele
della voce-tuono venuta “dal cielo” sul monte Tabor: “Questi è il mio Figlio prediletto; ascoltatelo!” (Mc 9,7;
Gv 12,28s).
Riassumendo: la VC vale e rende a misura che i modelli Gesù e Maria vengono seguiti e imitati con
gioiosa fedeltà, a qualunque costo. Il che poi viene mirabilmente facilitato dal prendere Maria “con sé”, come
“madre”, sullʼesempio del discepolo amato e fedele (Gv 19,27). Alla scuola di lei si cresce alla perfezione: “in
sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,52).
Chiudiamo con una pagina di S. Gertrude vergine, donna-leader del suo tempo (✝1302). Eʼ una
testimonianza che sintetizza felicemente quanto detto fin qui e che, per giunta, contiene un esempio stupendo
di “affidamento” filiale a Maria la Madre: