«Da Breda porto Abercrombie in tutta Europa e Medio Oriente»

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«Da Breda porto Abercrombie in tutta Europa e Medio Oriente»
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L’ECO DI BERGAMO
DOMENICA 3 GENNAIO 2016
Le storie
Bergamo senza confini
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza
confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con Brembo S.p.A. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per tre mesi l’edizione digitale
del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
L’iniziativa
«Da Breda porto
Abercrombie
in tutta Europa
e Medio Oriente»
Ippolito Fusco. A 32 anni da Bergamo all’Olanda
è a capo della catena di distribuzione del marchio
di moda americano amato da adolescenti e giovani
ROSSELLA MARTINELLI
Il mondo della moda
propina da decenni storie di top
model scoperte da famosi agenti
mentre camminavano per stra­
da, in spiaggia o in aeroporto. Ma
di un top manager scovato men­
tre passeggiava nei pressi del­
l’università non c’è memoria.
Eppure è andata così per Ippoli­
to Fusco: 32 anni, bergamasco,
risiede a Breda, in Olanda, da due
anni, poiché ricopre il ruolo di
«Director supply chain» (ovvero
è a capo della catena di distribu­
zione per l’Europa e il Medio
Oriente) di «Abercrombie & Fi­
tch», marchio statunitense lea­
der dell’abbigliamento casual e
molto amato dai giovani di tutto
il mondo (presente anche nella
Bergamasca con «Hollister», ap­
partenente allo stesso gruppo).
«Può suonare strano, ma è ini­
ziato tutto per caso, a febbraio
del 2009: avevo appena varcato
il portone della Cattolica, dove
stavo finendo la mia laurea spe­
cialistica in “Management del­
l’impresa”. Mi avvicinò un signo­
re americano e mi raccontò che
a ottobre avrebbe inaugurato il
primo Abercrombie in Italia: il
secondo in Europa, dopo quello
di Londra. Mi chiese se fossi in­
teressato a sostenere un collo­
quio. Io conoscevo il brand per­
ché mio padre faceva spola con
gli Stati Uniti per lavoro e mi
portava spesso regali firmati
A&F».
Del resto la moda è nel dna
della famiglia Fusco considerato
che il capofamiglia, Fabio, è stato
amministratore delegato di
«Calvin Klein Collection» negli
ultimi dieci anni. E fu proprio lui,
nel 2007, a cavallo tra la laurea
triennale e quella specialistica,
a spingere il figlio a fare uno sta­
ge da «Dolce & Gabbana» a Hong
Kong. «Era la mia prima volta
lontano da casa: l’inizio si rivelò
traumatico, ma alla fine non vo­
levo più tornare indietro. Duran­
te quell’esperienza mi appassio­
nai di logistica, distribuzione e
flusso delle merci e decisi di pro­
seguire il mio percorso di studi
in quella direzione, con una tesi
comparativa del modello distri­
n n L’occasione della vita
fuori dall’Università
Cattolica a Milano: ora
pronto a partire per l’Asia»
IPPOLITO FUSCO
DIRECTOR SUPPLY CHAIN EUROPA E MEDIORIENTE
butivo di “Dolce & Gabbana” e
“Calvin Klein”».
Ma torniamo al 2009. E a
quello che avvenne dopo quel­
l’incontro fuori dalla Cattolica.
«Iniziai con un training di tre
mesi a Londra, durante i quali
svolsi qualsiasi mansione: dai
turni notturni in magazzino –
processando, lavando e piegando
la merce – fino alla cassa, di cui
mi sono occupato anche in tempi
più recenti, quando ho contribu­
ito all’apertura di Hollister a
Oriocenter e a Roma. A fine otto­
bre tornai a Milano, dove lavorai
per 13 ore al giorno con venti
manager americani: una pale­
stra, che mi permise di diventare
il riferimento per i 900 dipen­
denti italiani».
L’universo di A&F irrompe
come una ventata di novità nel
mercato. «Ero rapito dal loro
concetto di vendita: negozi cura­
tissimi, caratterizzati dal posi­
zionamento maniacale dei pro­
dotti, musica di sottofondo e
marketing olfattivo. Strategie
per certi versi estreme: su tutte
l’assumere commessi­modelli a
torso nudo. Eppure sono state
proprio queste scelte, che per
tutta la prima decade del 2000
avevano decretato il trionfo del
brand, a determinarne una fles­
sione iniziata nel 2011, ormai
lasciata alle spalle grazie alla no­
mina di due nuovi amministra­
tori delegati nel 2014. Dopo la
loro designazione è mutato
l’aspetto dei punti vendita e sono
migliorate notevolmente la qua­
lità e il taglio dei vestiti. Si è opta­
to per un approccio più “umile”
nei confronti del cliente, sradi­
cando l’idea che soltanto i belli
potessero indossare capi A&F».
E se una coincidenza lo aveva
fatto entrare nell’azienda, è stato
ancora una volta il fato a deter­
minare la sua ascesa nell’organi­
Bergamo senza confini è un progetto de
gramma. «A dicembre del 2010
ero di turno una domenica. Ven­
ne in visita un pezzo grosso di­
rettamente dagli Usa: la sua era
un’incursione quasi in borghese
e aveva bisogno di qualcuno che
gli facesse da Cicerone all’inter­
no dello show room. Gli piacqui
e mi riferì che stavano cercando
una figura che seguisse la distri­
buzione su scala europea». Pochi
mesi dopo, Ippolito si trasferisce
a Como, dove per quasi tre anni
fa il frontaliero, recandosi a
Mendrisio ogni giorno e tornan­
do dalla famiglia, a Bergamo, il
fine settimana. «Una grande oc­
casione per scoprire il dietro le
quinte dei negozi e mettere a
fuoco le logiche di fornitura».
Nel 2013 arriva una nuova
proposta. «Abercrombie stava
spostando il suo magazzino eu­
ropeo a Breda, a Sud dei Paesi
Bassi. Si tratta di un enorme ca­
pannone di 40 mila metri quadri,
da cui ogni anno vengono spedite
30 milioni di unità, tra e­com­
merce, vendita al dettaglio e al­
l’ingrosso. Da quando vivo qui ho
supportato l’apertura di 125
esercizi in tutta Europa e sono
diventato responsabile per il
Medio Oriente: entro l’anno con­
tiamo di totalizzare nove nuovi
punti vendita».
Ma la scalata ai vertici di un
brand che ha fatto dell’informa­
lità la sua cifra stilistica presenta
anche un rovescio della meda­
glia. «A volte mi piacerebbe ve­
stire in giacca e jeans: non mi è
permesso, perché devo essere
ambasciatore del marchio e la
cravatta non rispecchia il nostro
stile. Addirittura la vecchia lea­
dership spingeva perché indos­
sassimo soltanto infradito, per­
ché A&F non produce scarpe: io
mi rifiutavo, non le metto nem­
meno in spiaggia. Però per la visi­
ta dell’amministratore delegato
in collaborazione con
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1. Ippolito Fusco, 32 anni, nel magazzino di Breda di «Abercrombie & Fitch» nei Paesi Bassi: attualmen­
te segue la catena di distribuzione del marchio di moda americano per l’Europa e il Medio Oriente;
2. Con gli amici bergamaschi al Baretto di San Vigilio in Città Alta; 3. Una cena celebrativa con i colleghi
dopo aver consegnato la merce per l’apertura del primo negozio a Dubai: presto Ippolito potrebbe
partire per l’Asia, mercato emergente per il marchio dei giovanissimi
mi dovetti adeguare e presentar­
mi in ufficio in jeans, camicia a
quadretti e ciabatte di gomma».
Nonostante viva nei Paesi
Bassi da due anni, Ippolito am­
mette di essere digiuno di olan­
dese. «Ho persino frequentato
un corso intensivo e pensavo di
essere portato, considerata la so­
miglianza con il tedesco, che è la
lingua di mia madre, Carmen,
austriaca: poi ho iniziato a nota­
re che quando cercavo di intera­
gire in olandese la gente sorride­
va e rispondeva in inglese, quindi
ho lasciato perdere. Ormai parlo
soltanto in inglese – senza per­
dere l’accento bergamasco – dato
che la mia fidanzata, Bruna, è
tornata in Italia per lavoro».
Benché il suo futuro sembri
essere lontano dall’amata Berga­
mo – per il 2017 ipotizza il trasfe­
rimento in Asia, dove Abercrom­
bie punta a espandersi nei pros­
simi anni – il 32enne confida che
non gli dispiacerebbe ricevere
una proposta allettante dall’Ita­
lia, della quale inizia a sentire
nostalgia. «Mi mancano la mia
famiglia, le passeggiate in Città
Alta con il mio cane, le colazioni
della domenica mattina al Bar
della Funicolare e le partite di
calcio con gli amici. Sì, perché è
da quando vivo a Breda che cerco
di mettere su una squadretta,
eppure non trovo nessuno: gli
olandesi giocano soltanto a hoc­
key su prato».
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