Le implicazioni sul processo del credito

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Le implicazioni sul processo del credito
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Le implicazioni
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Passiamo qui ad analizzare alcuni degli elementi principali della variazione nei rapporti
banca-impresa alla luce di Basilea 2. Per semplificare l’esposizione degli argomenti, a ogni
capoverso vengono sintetizzate una domanda
e una risposta che introducono la spiegazione
del contenuto del capoverso.
Il Credit Risk Management
e la concessione
del credito nelle banche
Cambiano le persone a cui chiedere denaro
all’interno della banca?
Tendenzialmente no. Tuttavia le banche stanno
rivedendo i loro sistemi interni (sia informatici
che organizzativi) per la concessione del credito,
per cui è possibile che ci sia una fase transitoria
in cui le persone con cui sono abituate a trattare non abbiano più tutti gli elementi o le deleghe per poter fornire le risposte attese. Certamente quello che cambia sono i criteri per la valutazione del rischio cliente.
L’introduzione della normativa di Basilea 2 ha
portato le banche italiane a sviluppare nuovi
sistemi di Credit Risk Management (gestione
del rischio di credito) con lo scopo di razionalizzare i processi di affidamento (ovvero le procedure attraverso le quali la banca concede il
credito alla clientela), di pricing (ovvero il sistema di determinazione del prezzo del credito applicato alla clientela) e di monitoraggio
del credito (stato dei rimborsi da parte del
cliente-debitore e variazioni delle sue caratteristiche), fondandoli sul rapporto tra il profilo
di rischio e il rendimento delle posizioni.
In altre parole le principali banche, per poter
arrivare in tempi ragionevoli ad applicare le
nuove norme per la concessione e la gestione di
crediti alla clientela, hanno sviluppato sistemi
interni sia di organizzazione del lavoro, con
l’attribuzione di diverse responsabilità funzionali sul processo di credito, sia a livello informativo. Lo scopo è quello già accennato di arrivare non solo a definire i nuovi criteri di valutazione del merito di credito, ma anche di fare
in modo che questi possano essere applicati in
tempi rapidi all’interno di tutta la banca in maniera coerente e uniforme. Commercialmente
l’impatto di Basilea 2 sarebbe infatti molto negativo se i clienti abituati a interloquire con il
personale dello sportello più vicino si vedessero “rimandare” ad altre sedi, magari lontane,
con tempi di decisione lunghi. I sistemi informatici devono essere in grado di supportare anche il monitoraggio delle condizioni e degli elementi relativi al cliente che possono influenzare (in maniera positiva o negativa) la valutazione del merito di credito. Il sistema bancario
nel suo complesso sta investendo molto in questo nuovo sistema e nella formazione del personale. Tuttavia non è detto che al primo di
gennaio tutte le sedi di tutti gli istituti siano già
pronte a operare con i nuovi criteri.
Con i nuovi sistemi il rischio che deriva dai diversi impieghi viene quantificato in modo più
oggettivo rispetto a quanto è accaduto fino a
oggi, permettendo alle banche di praticare alla clientela prezzi maggiormente diversificati
rispetto a quanto avviene oggi, perché definiti
in funzione dei profili di rischio effettivi delle
singole controparti affidate. Questo processo
permetterà alle banche di rendere maggiormente efficiente l’attività di concessione del
credito (lending), in quanto il rendimento di
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ogni singolo impiego permetterà di remunerare il rischio effettivamente sopportato dalla
banca su quello specifico impiego.
Il nuovo sistema, se correttamente applicato,
dovrebbe ridurre i rischi per le banche, o migliorarne la redditività, a fronte di migliori condizioni per la clientela “virtuosa” e in grado di
dimostrare sulla base di criteri oggettivi di “meritare” migliori condizioni. Evidentemente si verificherà anche un inasprimento delle condizioni per la clientela che “virtuosa” non è. In che
modo? Prima di tutto occorre ribadire alcuni
punti chiave del nuovo sistema di relazioni.
Come cambia la disponibilità
di credito al sistema economico
Le imprese avranno a disposizione meno soldi?
La risposta, a oggi, è no. Il timore di questa
eventualità (credit crunch, diminuzione della disponibilità di capitale per gli impieghi) non sembra assolutamente giustificato sulla base della
nuova regolamentazione di vigilanza. Al contrario, se il nuovo sistema verrà applicato correttamente, le banche dovrebbero essere in grado di
ridurre le riserve rispetto a oggi, liberando fondi
per aumentare gli impieghi. Dunque, a regime,
dovrebbero esserci più soldi a disposizione delle
aziende che ne fanno richiesta.
Al fine di preservare la stabilità del sistema finanziario, il principio base della regolamentazione di vigilanza prevede che per ogni impiego le potenziali perdite debbano poter essere
coperte da un adeguato importo di capitale
della banca erogante (requisito sul capitale di
vigilanza). A livello aggregato, quindi, la capacità di erogazione di ogni singolo istituto di
credito risulta vincolata dal suo livello di patrimonializzazione.
La regolamentazione vigente (Basilea 1) è già
fondata su questo principio, ma oggi prevede
un requisito del capitale regolamentare che
non risulta direttamente correlato all’effettivo
profilo di rischio dei singoli impieghi. L’accan-
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tonamento viene calcolato sulla base di una
percentuale fissa sul valore nominale dell’impiego senza guardare alla sua qualità. Dunque
avranno riserve uguali banche che hanno un
ammontare uguale di impieghi, anche se l’effettiva qualità di questi impieghi (e dunque la
loro redditività) può risultare molto diversa.
Si ha così l’effetto di avere banche che hanno
una buona clientela che risultano sovracapitalizzate rispetto ai reali rischi (e dunque prestano meno soldi di quanto potrebbero, guadagnando meno delle loro effettive possibilità) e banche che hanno una clientela “così
così” che nei fatti sono sottocapitalizzate (prestano più soldi di quanto dovrebbero, con
probabili effetti futuri negativi sul conto economico). Con Basilea 2 invece è prevista l’introduzione della stima dell’effettivo profilo di
rischio delle posizioni che permette di calcolare l’ammontare del capitale di vigilanza sulla base di queste stime. In altre parole la somma che la banca dovrà accantonare a fronte
dell’erogazione di un affidamento varierà in
base alla valutazione della rischiosità dell’affidamento stesso: a fronte di un affidamento
di basso rischio l’accantonamento sarà inferiore a quello di un affidamento di pari importo con un coefficiente di rischio più elevato. In altre parole le banche potranno prestare denaro a fronte di meno riserve a chi probabilmente non darà problemi a restituirlo, liberando fondi per nuove operazioni. Potranno prestare denaro anche a chi potrebbe avere problemi a restituirlo, ma a fronte di riserve più elevate (dunque con meno possibilità
di espandere il numero e gli importi degli impieghi in questa direzione).
In seguito alle verifiche condotte all’interno
delle principali banche nazionali, risulta che
l’attuale regolamentazione impone un capitale di vigilanza conservativo. L’introduzione
dei nuovi criteri patrimoniali e la stima dell’effettiva rischiosità degli impieghi comporterà un risparmio sul capitale e consentirà un
potenziale aumento della capacità di erogare
credito, stimato a livello di sistema nella misura del 10%.
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Come si determina
il rischio di credito
Chi e come decide i rating da assegnare e il
relativo rischio di credito?
Il rating può essere determinato dalla banca, in
base a metodologie che devono essere sottoposte e approvate dalla Banca d’Italia, oppure acquistato presso agenzie esterne autorizzate dalla Banca d’Italia.
La valutazione del rischio di credito può essere effettuata attraverso due approcci:
● Standardized: il calcolo dei requisiti di capitale si fonda sull’utilizzo di rating esterni,
come quelli prodotti dalle agenzie di rating.
In sostanza la banca affida a un ente indipendente esterno la valutazione del suo rischio di credito.
● IRB (Internal Rating Based): il calcolo
dei requisiti di capitale si fonda sull’utilizzo
di stime delle componenti del rischio di credito realizzate internamente alla banca, previa validazione da parte delle autorità di vigilanza nazionali. In sostanza, in Italia, la
banca stabilisce metodi e procedure per determinare il rischio di credito delle posizioni
della clientela, e deve sottoporre per approvazione il sistema dei metodi e delle procedure alla Banca d’Italia.
L’approccio IRB determina i requisiti di capitale sulla base di quattro componenti del rischio di credito:
– PD: probabilità di default, ovvero una
quantificazione del rischio che l’impresa
affidata possa essere insolvente entro un
determinato periodo;
– RR: tasso di recupero in caso di insolvenza, che può variare in funzione delle clausole contrattuali dell’affidamento e delle
eventuali garanzie;
– EAD (ammontare dell’esposizione al momento dell’insolvenza);
– Maturity (durata residua del debito).
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La valutazione
del rating di controparte
Ma in pratica la banca come fa a determinare
il rating da attribuire a un’azienda?
Raccogliendo e valutando una serie di dati relativi a quattro categorie di informazioni: i dati
economico-finanziari dell’azienda (bilanci), i dati andamentali (ovvero come l’azienda si comporta nei confronti delle banche, se è un buon
pagatore, ecc.), i dati di settore e i giudizi qualitativi sulla gestione d’impresa.
Il processo di valutazione del rating di controparte è caratterizzato da tre aspetti:
1. Le diverse tipologie di informazioni analizzate: nella formulazione di un rating vengono
utilizzate diverse fonti disponibili (bilancio,
andamento di settore, ecc..) che contribuiscono a formare una griglia di informazioni.
2. La metodologia utilizzata per aggregare le
diverse informazioni: la formulazione di un
rating comporta la necessità di adottare un
algoritmo per sintetizzare in un singolo giudizio le diverse informazioni individuate al
punto precedente.
3. La forma di definizione del giudizio di sintesi: il giudizio di sintesi ottenuto al punto precedente può essere espresso in varie forme,
quali lettere (AA, B), punteggi (score), probabilità di insolvenza (PD) o aggettivi (merito creditizio buono, da monitorare, critico).
La best practice in Italia prevede l’utilizzo congiunto delle seguenti quattro aree informative, che vengono considerate con pesi diversi da banca a banca:
1. dati economico-finanziari (fonte: bilanci). I
principali sono:
– capacità di autofinanziamento netto,
– valutazione del patrimonio netto e del patrimonio netto tangibile,
– gestione del circolante,
– incidenza e valutazione degli interessi
passivi;
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2. dati andamentali (fonte: statistiche interne
e dati da Centrale Rischi). Questi sono principalmente:
– frequenza ed entità degli sconfinamenti,
– movimentazione dei conti,
– numero controparti bancarie,
– regolarità del portafoglio effetti (natura,
numero degli insoluti, ecc.);
– entità accordato sistema per tipo operazione;
3. dati di settore produttivo (fonte: dati, relazioni e ricerche di istituti di statistica esterni per esempio Istat, Cerved, Prometeia
ecc.). I più importanti sono:
– indici settoriali nazionali e indici settoriali locali,
– posizionamento settoriale nei confronti di
benchmark,
– previsioni sull’andamento del settore;
4. giudizi qualitativi sulla gestione d’impresa,
ovvero informazioni qualitative e gestionali.
Fra queste segnaliamo:
– proprietà, governance e struttura organizzativa,
– partecipazioni, controllo di società terze,
esistenza di “gruppi di fatto”,
– tipo di prodotti, mercati, canali di vendita,
– presenza ed eventuale posizionamento di
marchi, posizione rispetto ai concorrenti,
quote di mercato e variabilità,
– tecnologia, brevetti, capacità produttiva
istallata e grado di utilizzo,
– disponibilità di informazioni infra-periodali (qualità e frequenza),
– disponibilità di piani economico-finanziari/budget.
Per aggregare e sintetizzare le diverse informazioni, le banche utilizzano metodologie piuttosto
complesse che possono attribuire pesi diversi alle
variabili prese in considerazione. Il che spiega anche le possibili differenze di valutazione della
stessa azienda. In generale vengono impiegati
modelli matematico-statistici multivariati che sintetizzano in un unico valore numerico le differenti informazioni sulle controparti. I modelli più utilizzati possono essere classificati in quattro principali categorie: l’analisi discriminante lineare, l’analisi logit/probit, le reti neurali, i sistemi esperti.
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Basilea 2 non impone alle diverse banche dei metodi standard di determinazione del rating. Queste, infatti, potranno definire autonomamente i
propri metodi. Nella formulazione dei rating interni ogni banca sceglierà liberamente le fonti
informative da utilizzare, sintetizzandole con pesi
che potranno differire in modo significativo da
quelli di altre banche. I rating delle diverse banche
potrebbero quindi differire significativamente,
comportando forme di comportamento diverse tra
banca e banca nei confronti della stessa impresa.
La forma di definizione
del giudizio di sintesi
La mia banca mi ha attribuito un rating, ma non
capisco cosa vuol dire, se è buono o cattivo. Non
è possibile tradurlo in termini che mi consentano di capire meglio che cosa mi sta dicendo?
Anche se le banche calcolano il rating con metodologie diverse, il giudizio di sintesi ovvero il merito creditizio deve essere espresso in PD (probabilità di default). Attraverso questo indicatore è
possibile comparare i rating delle varie banche tra
di loro e con quelli delle società di rating (Moody’s,
Standard & Poors, Fitch) e capire meglio la stabilità o volatilità dei giudizi sulla propria azienda.
Basilea 2 ha introdotto una standardizzazione
per quanto riguarda la forma di definizione del
giudizio di sintesi.
La normativa prevede infatti che le banche
esprimano il giudizio sul merito di credito delle controparti in termini di probabilità di default (PD). Come già accennato la definizione
formale di PD è “la probabilità che, in un determinato orizzonte temporale (ad esempio
l’anno), si verifichi l’evento che una controparte non adempia ai propri obblighi contrattuali
(evento di default)”.
Come si è visto, il merito creditizio espresso in
termini di PD può successivamente essere
identificato per mezzo di classi di rating identificate in modo qualitativo (lettere, numeri,...), ma definite in termini di intervalli di PD.
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Per mezzo della metrica fornita dalla PD, ogni
singola classe di rating viene quindi definita in
modo oggettivo, rendendo quindi possibile il
confronto tra i rating formulati dalle diverse
banche e/o dalle diverse agenzie (Moody’s,
Standard & Poor’s, Fitch).
A scopo esemplificativo, si consideri il problema del confronto tra la scala di rating di un’agenzia internazionale Y e le classi di rating
adottate dalla banca X. Considerando la definizione delle classi in termini di PD, la relazione tra le classi è sintetizzata nella tavola 1.3.
Il ruolo dei dati andamentali
Qual è l’elemento che “fa la differenza” nella
valutazione delle singole posizioni di rischio
che le banche attribuiranno a imprese con
caratteristiche simili?
A parità degli altri indicatori, la differenza viene introdotta dai dati andamentali, ovvero dal
profilo di comportamento del cliente rispetto alla banca e al sistema bancario. Si tratta di un
fattore oggi generalmente poco considerato dalle aziende, che invece dovranno modificare i loro comportamenti anche in funzione di questo
fattore.
Le informazioni andamentali utilizzate dalle
banche nei modelli di rating si suddividono in
due macro-tipologie:
● la prima consiste nei dati a livello aggregato, che permettono di descrivere l’esposizione di una controparte nei confronti del sistema bancario nel suo complesso e che possono essere ottenuti da diverse fonti informative, sia pubbliche (Centrale Rischi) che
private, a seconda dell’ammontare degli importi dei finanziamenti;
● la seconda tipologia di informazioni consiste
nei dati interni al singolo istituto sull’andamento del rapporto con l’impresa per ogni
singola forma tecnica d’impiego. I dati andamentali interni permettono di completare
sotto diversi aspetti l’informazione aggregata, sia per il maggior dettaglio informativo
rispetto agli schemi utilizzati per i dati a livello aggregato che per la frequenza (giornaliera anziché mensile).
L’analisi dei dati andamentali, ovvero le informazioni che descrivono lo stato dei rapporti
creditizi (percentuale dell’utilizzato su accordato, scoperti di conto, insoluti, altri indicatori di bontà del rapporto), è il principale strumento di early warning, tradizionalmente utilizzato dalla banca per individuare preventivamente il deterioramento del merito creditizio
Tavola 1.3 – Comparazione fra due diversi sistemi di rating espressi
in intervalli PD
Agenzia di rating Y
Banca X
Confronto
Nome classe
Intervalli PD
Nome classe
Intervalli PD
Classi agenzia Y Classi banca X
AAA
0% - 0,25%
A
0% - 0,5%
AAA, AA
A
AA
0,25% - 0,5%
B
0,5% - 2%
A, BBB
B
A
0,5% - 1%
C
2% - 4%
BB
C
BBB
1% - 2%
D
4% - 8%
B
D, E +
BB
2% - 4%
E+
8% - 10%
CCC
E-
B
4% - 10%
E-
maggiore 10%
CCC
Maggiore 10%
Fonte: Financial Innovations
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dell’azienda nell’ambito del processo di monitoraggio del credito.
In seguito alla prossima introduzione di Basilea 2, già oggi l’analisi andamentale viene utilizzata oltre che per l’early warning anche per
integrare, ai fini dell’elaborazione dei rating
interni, i dati di bilancio, i dati geo-settoriali e
le informazioni qualitative sull’impresa.
Risulta quindi fondamentale che il monitoraggio degli indicatori andamentali cominci a diventare parte integrante della gestione della
tesoreria nelle imprese, in quanto permette di
ottimizzare lo scambio di flussi informativi con
le banche; contribuisce direttamente al presidio del rating aziendale, con possibili significative implicazioni anche sulla disponibilità di
credito e sul prezzo del denaro; consente di individuare le priorità da seguire nel controllo
anticipato della liquidità e dei saldi dei conti.
Le informazioni andamentali costituiscono il
principale elemento del sistema informativo delle banche e tradizionalmente la loro analisi supporta diverse fasi del processo del credito, tra cui:
● l’istruttoria di affidamento,
● il monitoraggio dei rapporti creditizi,
● la revisione dei fidi e delle condizioni.
Nelle fasi di istruttoria e di revisione le informazioni andamentali vengono integrate con
l’analisi di altre fonti informative, come i dati
di bilancio o i piani strategici, che per loro natura sono disponibili a bassa frequenza (il trimestre o più frequentemente l’anno). Nella fase di monitoraggio dei rapporti creditizi, invece, viene principalmente fatto ricorso all’analisi delle informazioni andamentali, in quanto
sono l’unico flusso informativo sulla clientela
disponibile per la banca ad alta frequenza (finanche giornaliera) e in modo continuativo.
La Centrale Rischi
La mia azienda lavora con diverse banche.
Come fa una banca a sapere come mi comporto con le altre? E con che frequenza dispone
di queste informazioni?
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Attraverso la Centrale Rischi. I dati sulla posizione in essere con ciascun cliente vengono trasmessi da ciascuna banca con cadenza mensile
alla Banca d’Italia, e da questa sempre mensilmente vengono restituite alle banche segnalanti
le posizioni aggregate del cliente verso l’intero
sistema bancario italiano.
La Centrale Rischi è un sistema informativo
sull’indebitamento della clientela delle banche e degli intermediari finanziari vigilati
dalla Banca d’Italia. Attraverso il servizio centralizzato dei rischi la Banca d’Italia fornisce
agli intermediari partecipanti un’informativa
utile, anche se non esaustiva, per la valutazione del merito di credito della clientela e,
in generale, per l’analisi e la gestione del rischio di credito.
Gli intermediari partecipanti comunicano
mensilmente alla Banca d’Italia informazioni
sulla loro clientela e ricevono, con la medesima periodicità con cui sono raccolte, informazioni sulla posizione debitoria verso il sistema
creditizio dei nominativi segnalati e dei soggetti a questi collegati. Ricevono, inoltre,
informazioni aggregate riferite a categorie di
clienti. Gli intermediari possono interrogare la
Centrale Rischi per chiedere informazioni su
soggetti che essi non segnalano, a condizione
che le richieste siano avanzate per finalità
connesse con l’assunzione e la gestione del rischio di credito.
Le posizioni individuali di rischio sono rappresentate nella Centrale Rischi sulla base
di un modello articolato in cinque sezioni,
ognuna delle quali viene a sua volta ripartita in categorie di censimento, ovvero raggruppamenti di posizioni di rischio omogenee individuati sulla base delle caratteristiche delle operazioni censite. Nella tavola
1.4 vengono riportate le sezioni e le categorie di censimento della Centrale Rischi, indicando per ognuna di esse le più comuni
forme tecniche di finanziamento che vi sono
attribuite.
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Tavola 1.4 - Sezioni e categorie di censimento della Centrale Rischi
Categorie di censimento
Sezioni
Esempi di forme tecniche
Rischi autoliquidanti
Anticipo per operazioni di factoring, anticipo salvo
buon fine, anticipo su fatture, altri anticipi su effetti e documenti rappresentativi di crediti commerciali, sconto di portafoglio commerciale e finanziario
indiretto, anticipo all’esportazione, prefinanziamenti di mutuo
Rischi a scadenza
Anticipazioni attive, anticipi su crediti futuri connessi con operazioni di factoring, aperture di credito
in c/c dalle quali l’intermediario può recedere prima
della scadenza contrattuale solo per giusta causa,
leasing, mutui, sconto di portafoglio finanziario diretto, prestiti personali, prestiti subordinati, pronti
contro termine e riporti attivi
Rischi a revoca
Aperture di credito in conto corrente concesse per
elasticità di cassa, insoluti
Crediti
per cassa
Finanziamenti a procedura concorsuale
e altri finanziamenti particolari
Sofferenze
Operazioni di natura commerciale
Accettazioni, impegni di pagamento, crediti documentari, avalli, fideiussioni, altre garanzie rilasciate
dagli intermediari
Operazioni di natura finanziaria
Accettazioni, impegni di pagamento, crediti documentari, avalli, fideiussioni, altre garanzie rilasciate
dagli intermediari
Crediti
di firma
Garanzie
ricevute
Garanzie reali, garanzie personali di prima istanza, garanzie personali di seconda istanza
Derivati
finanziari
Swaps, Fras, Opzioni OTC
Operazioni effettuate per conto di terzi
Crediti per cassa: operazioni in pool –
azienda capofila
Crediti per cassa: operazioni in pool –
altra azienda partecipante
Sezione
informativa
Crediti per cassa: operazioni in pool – totale
Crediti acquisiti da clientela diversa
da intermediari – debitori ceduti
Rischi autoliquidanti – crediti scaduti
Sofferenze – crediti passati a perdita
Crediti ceduti a terzi
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Per ogni categoria di censimento, inoltre, le posizioni di rischio sono ulteriormente classificate in funzione di un’ampia serie di qualificatori – le variabili di classificazione – che consentono di fornire una descrizione più completa
delle caratteristiche e della rischiosità delle
operazioni in essere.
In particolare, mediante la variabile di classificazione “stato del rapporto”, la Centrale Rischi
rileva informazioni qualitative sulla situazione
debitoria della clientela nel momento in cui si
verifica un cambiamento di stato (status). In
particolare viene rilevato il passaggio dei crediti a sofferenza, la ristrutturazione del credito, nonché la regolarizzazione di posizioni in
precedenza segnalate a sofferenza od oggetto
di ristrutturazione. Gli intermediari sono tenuti a segnalare queste informazioni alla Centrale Rischi entro i tre giorni lavorativi successivi
a quello in cui i competenti organi aziendali
abbiano accertato lo stato di sofferenza del
cliente, approvato la ristrutturazione del credito ovvero preso atto del venir meno della situazione di patologia.
Infine, lo schema di rappresentazione delle
informazioni della Centrale Rischi prevede diverse tipologie di importi per descrivere le singole operazioni oggetto di censimento. Queste
tipologie vengono denominate classi di dati e
attualmente ne sono previste otto:
1. accordato;
2. accordato operativo;
3. utilizzato;
4. saldo medio;
5. valore garanzia;
6. importo garantito;
7. valore intrinseco;
8. altri importi.
Gli importi da segnalare nelle classi di dati sono espressi in unità di euro. Gli importi denominati in divisa estera sono convertiti in euro
sulla base del tasso di cambio a pronti alla data di riferimento della segnalazione.
La posizione globale di rischio viene determinata per ciascun soggetto sommando le segnalazioni inoltrate a suo nome dagli intermediari.
L’aggregazione viene operata distintamente per
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ognuna delle categorie di censimento, per ciascuna variabile di classificazione e per ogni classe di dati prevista dallo schema segnaletico. Inoltre, per ciascun nominativo segnalato, il flusso di
ritorno contiene ulteriori informazioni ritenute
utili per la valutazione e il controllo della rischiosità della clientela. Queste informazioni riguardano, tra l’altro, l’ammontare degli sconfinamenti e dei margini disponibili calcolati per
ciascuna categoria di censimento e variabile di
classificazione, il numero degli intermediari segnalanti e, in particolare, di quelli che segnalano il soggetto a sofferenza, il numero delle richieste di prima informazione pervenute negli
ultimi sei mesi e motivate dall’avvio di un’istruttoria finalizzata a instaurare un rapporto di natura creditizia. Oltre alla posizione globale di rischio nei confronti di tutti gli intermediari, viene evidenziata, per ciascun soggetto segnalato,
la posizione globale di rischio nei confronti degli
intermediari finanziari e del gruppo creditizio di
appartenenza dell’intermediario segnalante.
Se ho problemi con una banca, prima che
questi abbiano ripercussioni sul mio merito
di credito è necessario che transitino attraverso la Centrale Rischi?
No, ogni banca tiene sotto controllo i clienti
con un monitoraggio continuo dei dati andamentali interni.
I dati andamentali interni permettono di completare sotto diversi aspetti l’informazione fornita dalla Centrale Rischi.
Come già accennato, i dati andamentali presentano un forte potere anticipativo, ovvero la loro
analisi permette di individuare preventivamente l’insorgere del deterioramento del merito creditizio delle controparti affidate. Per questa loro
caratteristica oggi vengono impiegati, parallelamente al loro tradizionale utilizzo nei sistemi di
early warning, anche per l’assegnazione dei rating interni previsti dall’Accordo di Basilea 2.
Tra le diverse fonti informative, i dati andamentali sono gli unici disponibili in modo sistemati-
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co ad alta frequenza e rappresentano quindi
l’informazione necessaria per poter aggiornare i
rating su base continuativa. Da questa considerazione deriva la grande importanza che assumono nel contesto di Basilea 2. Infatti i processi gestionali delle banche saranno fondati sul rating e sul suo costante monitoraggio, e i dati andamentali diverranno ancor più di prima un
elemento fondamentale alla base dei rapporti
banca-impresa, in quanto costituiscono la principale fonte di aggiornamento dei rating stessi.
Innanzitutto, consentono di ottenere un maggior dettaglio informativo rispetto agli schemi
standard della Centrale Rischi, perché contengono sia i dati riferiti ai singoli contratti per
ogni specifica forma tecnica che le informazioni relative al dettaglio della movimentazione
dei singoli conti. Inoltre sono generalmente rilevati con frequenza giornaliera e permettono
quindi di analizzare infra-mensilmente il comportamento delle imprese affidate.
Infine, i dati andamentali interni sono generalmente disponibili per la banca in tempo reale,
mentre i dati aggregati di Centrale Rischi sono
disponibili con un ritardo di oltre un mese, dovendo attendere per i flussi di ritorno le elaborazioni della Banca d’Italia. I dati andamentali
interni permettono quindi un monitoraggio
più tempestivo della clientela.
Per mezzo dei dati interni, quindi, è possibile
costruire una serie di indicatori andamentali
che permettono di discriminare ulteriormente
la dinamica del merito creditizio delle controparti rispetto alle informazioni aggregate di
Centrale Rischi; attraverso questi indicatori risulta infatti possibile cogliere eventuali tendenze e/o comportamenti che a livello di variabili
aggregate non sarebbe possibile individuare.
Le indicazioni derivanti dall’analisi dei dati andamentali interni, comunque, vengono sempre
confrontate e, al limite, corrette con le indicazioni di sistema derivanti dalla Centrale Rischi.
In alcuni casi, infatti, l’interpretazione dei dati
interni potrebbe differenziarsi significativamente da quella dei dati aggregati, in virtù di
comportamenti particolari di un’impresa nei
confronti di una determinata banca.
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Quanto pesa sulla valutazione del rating la
regolarità dei pagamenti che l’azienda ha
effettuato in passato? E il fatto di avere avuto
problemi con una banca peggiora il rating solo
con quella banca o con tutto il sistema?
La regolarità nei pagamenti è uno degli elementi chiave per la determinazione del rating da parte della banca soprattutto per le piccole imprese. Le irregolarità con una singola banca pesano
immediatamente nella valutazione che fa quell’istituto, ma sul medio periodo possono pesare
anche sulle valutazioni delle altre banche.
Le modalità di attribuzione dei rating interni
vengono differenziate per i diversi segmenti di
clientela (privati, small business, piccole e medie imprese), in quanto le tipologie di informazioni disponibili per ognuno di questi segmenti si differenziano in modo significativo.
In particolare, per le controparti dei segmenti
privati e small business le informazioni economico-patrimoniali sono generalmente molto limitate. Per le aziende di piccole dimensioni infatti i dati contabili, derivanti da un sistema di
contabilità semplificata, risultano spesso poco
attendibili. Per tali segmenti, quindi, i dati andamentali risultano le principali fonti informative sul merito creditizio.
Effetti di Basilea 2
sulle condizioni dei finanziamenti
Aumenterà il costo del denaro per le imprese?
Non ci sarà un aumento generalizzato del costo
del denaro. Ma con criteri più rigorosi di analisi
del merito di credito ci sarà più differenza nelle
condizioni applicate ai singoli clienti e allo stesso cliente in tempi diversi.
Per quanto riguarda le condizioni praticate sui
finanziamenti, non è possibile delineare un effetto univoco di Basilea 2 sui prezzi che ver-
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ranno praticati alle imprese. In sostanza non è
preventivabile un generalizzato aumento del
costo del denaro, ma certamente si verificherà
una maggiore differenziazione delle condizioni applicate alle imprese a seconda delle loro
caratteristiche (rating e valutazione del merito
di credito) e della tipologia dell’affidamento
richiesto (tipologia, entità, scopi, durata).
Come è emerso da un’indagine di Unioncamere, realizzata con il modello Riskcalc Italy di
Moody’s KMV, misurando solamente l’impatto
del diverso assorbimento di capitale tra Basilea
1 e Basilea 2, fino alla classe BBB- di Moody’s
con le nuove regole a livello teorico si avrebbe
una riduzione degli spread (è la percentuale
che sommata a tassi di riferimento del mercato interbancario – quale ad esempio l’euribor –
va a determinare il costo del denaro prestato).
Al di sotto di questo livello e fino alla classe BB
la differenza tra Basilea 1 e Basilea 2 dipende
dalla dimensione dell’azienda, mentre da BBe per le classi inferiori dovrebbe comportare
spread più alti per il cliente (v. tavola 1.5).
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Tuttavia, al di là dei principi teorici, il prezzo effettivo degli affidamenti praticato dalle diverse
banche sarà probabilmente differente in base alle caratteristiche specifiche di ogni istituto (per
esempio l’esperienza specifica nel settore di attività dell’azienda, il radicamento nel territorio, la
situazione patrimoniale della banca, le politiche
commerciali, i diversi modelli di rating interni,
ecc.). In questo contesto sarà comunque importante per l’impresa conoscere bene gli elementi
che compongono il suo merito di credito e fino a
che livello di variazione dello spread può realmente arrivare nella negoziazione con la banca.
Le relazioni tra il rating
e le condizioni bancarie
Una volta che la banca le ha assegnato un
rating, l’azienda conosce automaticamente
anche il prezzo dell’affidamento?
Tavola 1.5 - L’impatto di Basilea 2 sul costo del denaro per le PMI
Rating
Basilea I
Basilea II
Fatt < 5 mln
Basilea II
Fatt = 10 mln
Basilea II
Fatt = 25 mln
Basilea II
Fatt = 50 mln
A- e sup
123 bp
41 bp
45 bp
50 bp
57 bp
BBB+
131 bp
53 bp
57 bp
64 bp
72 bp
BBB
142 bp
69 bp
73 bp
81 bp
91 bp
BBB-
161 bp
104 bp
107 bp
119 bp
134 bp
BB+
189 bp
148 bp
155 bp
172 bp
194 bp
BB
237 bp
228 bp
238 bp
264 bp
297 bp
BB-
298 bp
325 bp
349 bp
388 bp
438 bp
B+
384 bp
488 bp
516 bp
576 bp
651 bp
Nota: i valori di spread sono espressi in basic point (bp). 1 bp= 0,01%
Fonte: indagine Unioncamere
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No, per diverse ragioni. Innanzitutto una medesima posizione verso lo stesso cliente da parte di
due banche può avere diversi livelli di correlazione con il rischio dell’intero portafoglio crediti delle due banche e quindi richiedere diversi livelli di
remunerazione. In secondo luogo la determinazione delle condizioni è nell’autonomia decisionale
della banca, che per motivazioni di natura commerciale può temporaneamente praticare anche
condizioni più favorevoli a imprese più rischiose.
È evidente che nel medio termine sarà redditizia
solo la banca che saprà ottenere una adeguata remunerazione del rischio di credito assunto.
L’utilizzo delle componenti del rischio di credito (PD, RR, EAD, Maturity) permette alle banche di stabilire un pricing (costo del denaro)
analitico delle posizioni, permettendo di praticare diverse condizioni alle imprese secondo il
loro effettivo profilo di rischio.
Questo permette di differenziare maggiormente
l’offerta di credito, praticando prezzi più bassi
alle controparti meno rischiose. Senza il rating,
invece, a tutte le controparti vengono applicate
condizioni più uniformi, con la conseguenza che
le imprese più sane si accollano una parte dei
costi di mercato imputabili alle perdite delle imprese peggiori. In altre parole alle imprese migliori, e in grado di dimostrare di esserlo, verranno praticate condizioni più favorevoli. Contemporaneamente il processo di negoziazione si
sposterà su un terreno più quantitativo e oggettivo: non sarà più sufficiente negoziare con la
banca sostenendo che le condizioni “sono troppo care”, ma si dovrà invece sostenere che “sono troppo care in relazione alla classe di rischio
dell’azienda”, oppure dimostrare che “la reale
classe di rischio dell’impresa è diversa da quella
assegnata dalla banca”. È necessario sottolineare, comunque, che le condizioni praticate non
sono una funzione univoca del rating. Anche se
questo assume un’indubbia rilevanza, vengono
considerate anche le altre componenti del rischio di credito, in particolare le garanzie e le
considerazioni di natura commerciale legate allo sviluppo del rapporto con il cliente.
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Inoltre il posizionamento competitivo della
banca, in un ambito geografico o in un segmento di clientela, gioca un ruolo fondamentale nella determinazione del prezzo degli impieghi, specialmente in funzione di un’ottica di
diversificazione di portafoglio.
Per quante imprese migliorerà la situazione e
per quante sarà invece peggiore? Non ci sarà
un peggioramento generalizzato delle condizioni per i piccoli con il prevedibile solito effetto
di migliorare le condizioni di credito solo per la
grande impresa che già oggi gode di rapporti
privilegiati con le banche?
Da una prima indagine effettuata con i metodi di
calcolo di una grande agenzia di rating, risulta
che per le PMI (al di sotto dei 100 addetti) il peggioramento oggettivo delle condizioni bancarie si
verificherà probabilmente per meno del 20% delle aziende. Il che significa che per l’80% ci saranno probabili vantaggi o non ci saranno cambiamenti significativi nelle condizioni di credito.
Come già detto con Basilea 2 non si avrà necessariamente un peggioramento generalizzato
delle condizioni di credito. Tuttavia anche in seno alle stesse banche si comincia a cercare di
valutare quali potrebbero essere gli effetti prevalenti nei confronti della clientela. Abbiamo
già citato la prima indagine svolta da Unioncamere con l’utilizzo della metodologia Riskcalc
di Moody’s KMV. Questa indagine era specificamente rivolta a capire il probabile impatto delle nuove norme sulla piccole e media impresa
ed è stata effettuata su un campione di 7.860
imprese con meno di 100 dipendenti. Dai risultati è emerso che solo il 18,7% delle aziende del
campione potrebbe subire un aumento del costo del credito per compensare il costo più alto
della posizione per la banca. In altre parole su
7.860 imprese interessate dall’indagine risulta
che 6.390 imprese avranno un probabile miglioramento delle condizioni o che queste rimarranno uguali, mentre un peggioramento ci
sarà probabilmente solo per 1.470.
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L’indagine, tuttavia, non ha potuto valutare gli
effetti delle diverse politiche commerciali e
creditizie delle banche: in sostanza si è basata
solo sulla definizione del merito di credito
espresso in variazioni di PD e non sugli altri
elementi che le banche avranno a disposizione
per una valutazione più puntuale delle diverse
posizioni. In ogni modo tale indicazione evidenzia che molto probabilmente l’introduzione
di Basilea 2 dovrebbe avere effetti complessivi
positivi per la maggior parte delle imprese anche di dimensioni medio piccole.
Nuove forme di valutazione
delle garanzie
Le garanzie patrimoniali utilizzate in passato
per ottenere credito hanno ancora valore?
Sì, ma cambiano alcuni criteri per la loro valutazione. La disponibilità di garanzie è un elemento
importante per determinare (e migliorare) il rating.
Basilea 2 prevede che il requisito sul capitale di
vigilanza delle banche venga determinato in
funzione delle stime dell’effettivo profilo di rischio delle posizioni. La presenza di garanzie,
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che riduce il rischio complessivo delle posizioni, permette dunque di ottenere un alleggerimento del requisito di capitale (Credit Risk Mitigation). In sostanza, a parità di valutazione
dell’azienda, di capitale erogato e di condizioni dell’affidamento, alla banca costerà meno
(in termini di assorbimento di capitale) la concessione di un credito in presenza di garanzie.
E dunque l’istituto potrà applicare migliori
condizioni al cliente.
Basilea 2 pone comunque diversi vincoli e requisiti sui beni e le garanzie che possono essere riconosciute dalle banche ai fini della Credit
Risk Mitigation. In particolare, stabilisce che:
● non possono essere prese in considerazione
garanzie collettive;
● è necessaria la rivalutazione periodica dei
beni e delle garanzie a valori di mercato;
● per riconoscere garanzie personali è necessario il rating del garante.
Le banche attualmente stanno ancora valutando i costi e i benefici derivanti dall’aderenza
completa ai requisiti dell’accordo previsti per
la Credit Risk Mitigation. Già da ora si può comunque affermare la nuova normativa comporterà un significativo mutamento nell’utilizzo e negli effetti delle tipologie tradizionali di
garanzia fornite dalle imprese.