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Il femminismo nell’arte contemporanea - Blog retrò
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31 maggio , 2013
Il femminismo nell’
nell’arte contemporanea
S
i intitola Autoritratti. Iscrizioni del femminile nell’arte italiana contemporanea ed è la nuova mostra temporanea creata e curata da MAMbo,
MAMbo il Museo d’Arte
Moderna di Bologna, le cui attività sono coordinate e promosse da uno staff di (quasi) sole donne.
«In un Paese che spesso parla di “condizione femminile”, ma che rimuove la questione “femminista” – scrivono nel catalogo di presentazione i due uomini al vertice,
il Presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi e il Direttore Gianfranco Maraniello – un museo come MAMbo non può che trovare coerenza nell’esporsi alla critica di
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31/05/2013
Il femminismo nell’arte contemporanea - Blog retrò
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genere, a una solleticazione identitaria che si origina dal proprio interno per destituire il derridiano fallo-logo-centrico protagonismo dell’individuo a favore dell’esposizione
collettiva di un sapere e di un fare che nell’ultimo anno si sono estesi – attraverso incontri, manifestazioni e la presente mostra – ad artiste, pensatrici, critiche e storiche
dell’arte.»
Il progetto nasce da un’esigenza interna, e duplice, del museo: attuare una “revisione critica”
delle opere esposte, evidenziando la connessione fra arte e politica,
politica e testimoniare la crescita
del numero di artiste cui – dal dopoguerra agli anni ’80 del secolo scorso, e dai ’90 ad oggi – è
stata riconosciuta dignità museale (cifra lievitata dal 6% del primo periodo al 50% dell’ultimo).
Non una mappatura dell’arte nostrana “in rosa”, dunque, nè uno sterile discorso “di genere”, e
neppure una celebrazione del genio delle donne, ma una finestra su un preciso momento
storico, quello del femminismo in Italia,
Italia che ha avuto fra le sue fondatrici proprio un’artista e
una critica d’arte – Carla Accardi e Carla Lonzi – fra le più apprezzate degli anni Sessanta.
Concettuali o concrete, speculative o ultrafisiche, questa collettiva accorpa le opere, le
ricerche, i contributi – in una parola: gli “autoritratti
autoritratti”
autoritratti – di donne anagraficamente e
artisticamente distanti (la più giovane ha ventuno anni, la più anziana ha scollinato
l’ottantina), che al femminismo si sono accostate in tempi e termini differenti, avviando e
avvitando un dibattito trasversale, inedito, sul tema dell’arte nel cosmo femminile.
Con efficaci spunti di riflessione – alcuni dei quali di sapore retrò – di cui vi offro, didascalico,
un assaggio:
TAUMASCOPI (2013), di Anna
Rossi, sono gli strumenti
consegnati al visitatore
all’ingresso del museo (mica in
omaggio!, beninteso), da
mettere al collo per modificare
il proprio sguardo, per chi
voglia, nel corso della visita.
EXTRAPAGINA (1983), di
Grazia Varisco, è la
raffigurazione ingigantita di
quella pagina schiacciata,
stropicciata, spesso
rintracciabile nei libri; pagina
tipograficamente priva di
nome, ma che – esistendo –
dovrebbe possederne uno,
come qualsiasi altra cosa
sfuggente al nostro controllo;
pagina che, così definita, è resa
degna, descritta.
DEA MADRE (2013), di Mili
Romano, è un distributore
automatico di palline in
plastica, una macchina pop in
cui chiudere qualcosa di
proprio – un messaggio, un
ritaglio, una fotografia, una
caramella –, qualcosa che
rappresenti il visitatore, un
piccolo parzialissimo
autoritratto. Da scambiare,
imprevedibilmente, con chi lo ha preceduto e chi lo succederà.
DANIELA COMANI’
COMANI’S TOP 100 FILMS (2012), di Daniela Comani, è un’istallazione dai toni ironici, in cui
l’artista cambia “genere”, femminilizzandone il titolo, ai film cult: ecco a voi, pubblico e critica, i vari Todo su
mi padre, Queen Kong, Pretty Men, Monsieur Bovary, My Fair Boy, The Blues Sisters, Rocco e le sue sorelle,
Lady of the ring.
DIALOGO TONDO (2010), di Claudia Losi, ovvero una serie di otto sedie da osteria in legno sabbiato, unite a
cerchio come a rievocare il mondo delle nonne, nella civiltà contadina, da cui le fondamenta del dialogo fra
donne.
MEDUSE (2013), di Enrica Borghi, è un’opera plastica fatta di bottiglie fuse, fluttuanti, una sorta di recycle art
con un doppio valore simbolico (da un lato “il mare che bagna l’arte”; dall’altro la donna malvagia,
stereotipata, serpeggiante).
(DI)SEGNARE IL TEMPO (2006), di Chiara Camoni con Ines Bassanetti, è un’installazione ipnotica a quattro
mani, quelle di nonna e nipote: quest’ultima dipinge un cielo monocromo, color grigiofumo, castigandolo in a
una cornice, mentre l’ava fa un tappeto di stelle stilizzate, lasciate correre per terra, ai piedi del quadro.
STAI (2013), di Letizia Renzini, è un dittico fotografico in cui madre e figlia si fotografano l’un l’altra,
ciascuna nel proprio spazio – il salotto blasonato della prima, lo studio “ikeizzato” della seconda –, poi scambiandosi di divano (e dimensione).
20.12.53 / 10.08.04 (2004-2013), di Moira Ricci, è una serie di fotomontaggi che inseriscono la figlia nel passato della madre, in quel “tempo mancato” in cui la primogenita,
per linearità cronologica, non ha potuto essere.
Sabato 1 giugno, a Bologna, tutti i
musei saranno visitabili
gratuitamente
(per approfondire, click qui):
qui):
approfittatene!
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Foto copertina: Por Um Fio (1976), Anna Maria Maiolino.
di Luca Fiorini CATEGORIE:Senza categoria, Shopping & Events | TAGS:autoritratti, Autoritratti. Iscrizioni del femminile nell'arte italiana contemporanea, blog retrò, Bologna,
Gianfranco Maraniello, Lorenzo Sassoli de Bianchi, MAMbo, Museo dell'Arte Moderna di Bologna, Vanity Fair
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