Luoghi ritrovati. La "Collezione I di disegni e mappe" dell`Archivio di
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Luoghi ritrovati. La "Collezione I di disegni e mappe" dell`Archivio di
sovraccoperta_ok.qxp_sovraccoperta 567x240 03/12/14 10:18 Pagina 1 STRUMENTI CC LUOGHI RITROVATI LA COLLEZIONE I DI DISEGNI E MAPPE DELL’ARCHIVIO DI STATO DI ROMA (SECOLI XVI-XIX) MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI ROMA 2014 LUOGHI RITROVATI LA COLLEZIONE I DI DISEGNI E MAPPE DELL’ARCHIVIO DI STATO DI ROMA (SECOLI XVI - XIX) Inventario a cura di DANIELA SINISI PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO CC STRUMENTI CC LUOGHI RITROVATI STRUMENTI LA COLLEZIONE I DI DISEGNI E MAPPE DELL’ARCHIVIO DI STATO DI ROMA (SECOLI XVI-XIX) ISBN 978-88-7125-341-1 copertina_interna.qxp_Layout 1 03/12/14 08:52 Pagina 1 Luoghi ritrovati La Collezione I di disegni e mappe dell’Archivio di Stato di Roma (secoli XVI - XIX) Inventario a cura di DANIELA SINISI ROMA 2014 MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI 2014 0.prime pagine.qxp_Layout 1 05/12/14 09:46 Pagina I A Paolo, Francesca e Laura 0.prime pagine.qxp_Layout 1 05/12/14 09:46 Pagina II 0.prime pagine.qxp_Layout 1 05/12/14 09:46 Pagina III PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO STRUMENTI CC Luoghi ritrovati La Collezione I di disegni e mappe dell’Archivio di Stato di Roma (secoli XVI - XIX) Inventario a cura di DANIELA SINISI MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI 2014 0.prime pagine.qxp_Layout 1 05/12/14 09:46 Pagina IV DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI Servizio III - Studi e ricerca Direttore generale per gli archivi: Rossana Rummo Direttore del Servizio III: Mauro Tosti Croce Cura redazionale: Serena Dainotto © 2014 Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo Direzione generale per gli archivi ISBN 978-88-7125-341-1 Vendita: Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - Libreria dello Stato Piazza Verdi 10, 00198 Roma - [email protected] Stampa: Mura S.r.l. via Palestro 34 - 00185 Roma 0.prime pagine.qxp_Layout 1 05/12/14 09:46 Pagina V S OM MAR I O PRESENTAZIONI Mauro Tosti Croce VII Eugenio Lo Sardo IX SAGGI DANIELA SINISI, Per una storia della Collezione di disegni e mappe ORIETTA VERDI, Restauro, conservazione, riproduzione digitale, delle piante e dei disegni PAOLO BUONORA, Fiumi di carta SUSANNA PASSIGLI - ADRIANO RUGGERI, Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano conservate nella Collezione di disegni e mappe LUIGIA ATTILIA, I disegni di archeologia nella Collezione di disegni e mappe: documenti per la tutela e la conservazione delle “antichità e belle arti” MARIA GRAZIA BRANCHETTI, Stampe artistiche e cartografia della Collezione I di disegni e mappe 3 31 39 55 137 159 BIBLIOGRAFIA a cura di SERENA DAINOTTO 179 INDICI a cura di SERENA DAINOTTO Indice dei nomi di persona e degli enti Indice dei luoghi 203 213 In allegato: DVD contenente l’Inventario in formato Access e gli Indici dei nomi di persona e dei luoghi 0.prime pagine.qxp_Layout 1 05/12/14 09:46 Pagina VI VI Credits Abbreviazioni e Indici dei nomi e dei luoghi: Serena Dainotto DVD - Progetto informatico: Salvatore Miele Inventario: Daniela Sinisi Elaborazione schede per l’inventario: Rachele Brumat, Margherita Desideri, Valentina D’Innocenzi, Daniela Martino, Monica Meccoli, Giovanna Montani, Francesco Russo, Luca Saletti Elaborazione schede per il restauro: Maria Cristina Dioguardi con la collaborazione di Luca Saletti e Francesco Russo Indici: Valentina D’Innocenzi e Monica Meccoli (nomi di persona); Rachele Brumat (nomi di luogo). Riproduzioni digitali: Rachele Brumat e Luisa Salvatori con la collaborazione di Paola Ferraris e Roberto Leggio Apparati iconografici: Rachele Brumat Si ringraziano il personale dell’Archivio di Stato di Roma, che ha partecipato con impegno alle varie fasi del lavoro: Simonetta Ceglie, Stefania Cristiani, Maria Cristina Dioguardi, Maria Pia Fossi, Maria Idria Gurgo, Antonella Parisi, Vincenza Pizziconi, Luisa Salvatori; ed inoltre Annapia Bidolli, Patrizia Ferrara, Luigi Londei, Maria Grazia Pastura, Mauro Tosti Croce, per aver sostenuto la realizzazione del progetto; un ringraziamento particolare a Maria Grazia Branchetti, Serena Dainotto, Luisa Falchi, Marina Morena, Gemma Pusceddu, Carlo M. Travaglini, Orietta Verdi, per il loro fattivo contributo di idee e di “opere”; infine un grazie di cuore a Salvatore Miele per la pazienza, l’intelligenza e la professionalità con cui ha elaborato il programma per la schedatura e l’indicizzazione delle 3750 unità che compongono la Collezione I di disegni e mappe. 0.prime pagine.qxp_Layout 1 05/12/14 09:46 Pagina VII Nell’ambito delle collane editoriali della Direzione generale per gli archivi già da tempo occupano un posto significativo i volumi dedicati alla descrizione delle fonti cartografiche presenti in molti Archivi di Stato. Tra i titoli pubblicati si possono almeno citare: La Toscana dei Lorena nelle mappe dell’Archivio di Stato di Praga. Memorie ed immagini di un granducato. Catalogo e mostra documentaria, Firenze 31 maggio - 31 luglio 1991, Roma 1991; I disegni degli ingegneri della Camera di Soprintendenza comunitativa di Pisa, a cura di C. Caciagli e R. Castiglia. Roma 2001 (Strumenti CLI); In presentia mei notarii. Piante e disegni nei protocolli dei notai capitolini, 1605-1875. Repertorio, a cura di O. Verdi, Roma 2009 (Strumenti CLXXXVII); Carte di terra per una Repubblica di mare. Saggi introduttivi all’inventario on line dei fondi cartografici, a cura di P. Caroli e S. Gardini, Roma 2012 (Strumenti CXCIII). Tali volumi, soprattutto i più recenti, costituiscono il coronamento di campagne di digitalizzazione intraprese per tempo dagli Archivi di Stato in questo specifico settore. Non a caso alcune pubblicazioni, come peraltro quella che qui si presenta, recano un cd contenente la banca dati realizzata e che documenta con esaustività il fondo conservato. Come già era stato sottolineato più di 30 anni fa a proposito di una mostra dedicata a «Le mappe e i disegni dell’Archivio Gonzaga di Mantova» e ribadito più di recente da Costantino Caciagli nel volume I disegni degli ingegneri della Camera di Soprintendenza comunitativa di Pisa, è opinione diffusa che l’iconografia non consenta di per sé un’analisi esauriente dei fatti storici che divengono comprensibili solo nel rapporto con la documentazione tradizionale. Il documento cartografico non è dunque pienamente leggibile se non nel suo nesso con le altre carte alle quali è unito tramite il vincolo archivistico. Ciò impone di evitare, come a volte si è verificato in passato, che la documentazione cartografica venga ad essere artificiosamente estratta dal suo contesto archivistico e analizzata in sé e per sé. Non si deve dunque considerarla come una galleria di belle immagini da godere da un punto di vista puramente estetico, perché comprendere un territorio significa soprattutto ricostruire il processo che ha portato a darne una rappresentazione grafica. Ugualmente importante è il modo in cui è stato rappresentato sulla 0.prime pagine.qxp_Layout 1 05/12/14 09:46 Pagina VIII VIII Mauro Tosti Croce carta quel determinato territorio: «nell’interpretazione delle motivazioni che hanno spinto l’estensore della mappa antica a dare risalto a certi dati, omettendone altri, nella comparazione delle ottiche attraverso le quali un territorio o un oggetto è stato disegnato (…) si è in grado di capire il significato delle alterazioni (…) di interpretare anche figurativamente le stratificazioni del mondo reale, di percepirne (…) il ritmo degli incrementi e delle rielaborazioni» (R. Navarrini, Le mappe e i disegni dell’Archivio Gonzaga di Mantova. Mostra cartografica a cura dell’Archivio di Stato di Mantova, in «Rassegna degli Archivi di Stato, XLI, 1981, pp. 142-144). L’interesse della Direzione generale per questa documentazione emerge anche dal fatto che nel 2011 è stato creato un Portale dei territori che nasce come area tematica del Sistema Archivistico Nazionale (SAN) e con l’intento di creare un canale di accesso unificato alla documentazione catastale e cartografica, presente sul web. Finora infatti gli Archivi di Stato impiegavano applicativi di volta in volta diversi che hanno impedito all’utente di effettuare un’interrogazione trasversale in grado di mettere in contatto dati cartografici e catastali provenienti da più Istituti archivistici. Il Portale consente invece di accedere via web, contemporaneamente, alla documentazione catastale e cartografica conservata negli Archivi di Stato di Genova, La Spezia, Milano, Trieste e Venezia, a cui si aggiungeranno in prospettiva, anche altri istituti in modo da creare una rete a livello nazionale che possa consentire a un utente, anche da remoto, di consultare e visualizzare attraverso un unico canale di accesso il grande patrimonio cartografico posseduto dai nostri Istituti. Nel licenziare il volume vorrei esprimere il mio più sincero ringraziamento a Daniela Sinisi che, pur essendo ormai in quiescenza, ha voluto condurre in porto questo monumentale lavoro che consente di accedere a un fondo cartografico tra i più ricchi, rimasto finora privo di strumento di corredo. MAURO TOSTI CROCE Direttore del Servizio Studi e Ricerche Direzione generale per gli archivi 0.prime pagine.qxp_Layout 1 05/12/14 09:46 Pagina IX Sono immagini che emergono dal lavoro, a volta ingenue, a volta di altissimo livello, unite in una raccolta senza un filo conduttore, solo per evitare i furti e le dispersioni, dovuti all’attrazione sconsiderata per l’icona, quel suo suscitare l’inconscio desiderio di possedere un feticcio (i colori!), al di là e al di sopra del valore venale dell’oggetto. È un fascino che va oltre la mercificazione ed assume presso chi ne è schiavo e a spese di chi deve conservare, un senso quasi magico, in cui si invertono realtà e significante. Vi cogliamo attimi della vita quotidiana delle campagne romane, con i pastori vicini alle loro lestre, il colore giallo delle messi, il sonno che coglie nei caldi giorni della mietitura. Chi ha disegnato una mappa con confini e strade non ha resistito alla tentazione di riportare un frammento della vita osservata. Una nota iconografica utile a far capire il destino di quel luogo nella sua dimensione agricola o pastorale. Altre volte il cartiglio solenne e i simboli delle professioni (architettiagrimensori-ingegneri) introducono il binomio scienza e potere. L’autorità ha chiesto all’esperto una perizia precisa e inoppugnabile. È un atto giuridico, valido a tutti gli effetti con la sua dichiarata veridicità, corroborata da sigilli e sottoscrizioni. Le “acque” sono le protagoniste più frequenti di questi disegni. È un elemento difficile da contenere, pericoloso e mortale da un lato, benefico e fertile dall’altro. Tormenta gli uomini, li spinge a combattere e li costringe a contenerla nei mesi piovosi e a desiderarla nell’arsure delle lunghe estati. Gli alvei si spostano, I fiumi esondano, i declivi franano, gli acquitrini e i canali vanno ripuliti e curati con un costante intenso lavorio per rifare ponti, viadotti, strappare la vegetazione molesta, evitare i ristagni dove alligna la malaria (di cui al tempo non si conoscevano le cause). Il Tevere è il centro di tutte le attenzioni con i suoi porti cittadini di Ripa e di Ripetta, il suo corso tormentoso e le sue piene distruttive. Ma le acque sono anche quelle del mare, spazi infiniti per il commercio, ed acqua salsa da cui trarre il prezioso sale, così raro in tante regioni del globo. Ancona e Civitavecchia. Due ottimi porti, bisognosi però di costanti lavori e di fortificazioni imponenti per gli attacchi che vengono dal mare, non solo quelli dei Barbareschi ma anche quelli degli eretici, Olandesi ed Inglesi. A partire dalla seconda metà del Seicento saranno queste potenze marinare le vere padrone del Mediterraneo. Decideranno 0.prime pagine.qxp_Layout 1 05/12/14 09:46 Pagina X X Eugenio Lo Sardo come e quando e con chi si commercia, forniranno le mense cattoliche dei cibi necessari alla lunga quaresima ed esporteranno quei pochi prodotti, come l’allume, indispensabili alle industrie dei paesi europei. Non solo i nemici ma anche le epidemie giungono con le navi e le merci. Ed ecco la risposta: i lazzaretti. Edifici complessi, moderni, isolati con cura, e diretti da organismi ad hoc deputati, gli Uffici di Sanità marittima, uno dei primi interventi statali per la cura della salute pubblica. Infine, in questo rapidissimo excursus le proprietà, i beni. Le ville, i casali, le tenute, i palazzi in un’epoca pre-catastale (o ai suoi limiti) qui e lì si producono platee illustrate con dovizia di particolari e precisione professionale. Non mancano multiformi curiosità: macchine, schizzi architettonici, strumenti musicali, resti archeologici, sempre però con una iconografia più giuridica che artistica. Tutto ciò che sfugge al linguaggio dello scultore o del pittore, ciò che non deve prestarsi ad interpretazione, per la opinabilità dei sensi e dei sentimenti, si può ritrovare in queste pagine descritto ed illustrato con la scientificità e la passione che la collega Daniela Sinisi ha sempre profuso nelle sue opere e nei suoi lavori. EUGENIO LO SARDO Direttore dell’Archivio di Stato di Roma 0.prime pagine.qxp_Layout 1 05/12/14 09:46 Pagina XI TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI AABBAA = ANTICHITÀ AC = AUDITOR CAMERAE ASC = ARCHIVIO STORICO CAPITOLINO AS ROMA = = ARCHIVIO ASV = ARCHIVIO SEGRETO VATICANO BAV = BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA BNCR = BIBLIOTECA NAZIONALE CENTRALE ROMA DGA = DIREZIONE GENERALE ICAR = ISTITUTO CENTRALE PER GLI ICCD = ISTITUTO CENTRALE PER IL ICCU = ISTITUTO CENTRALE PER IL CATALOGO UNICO DELLE BIBLIOTECHE ITALIANE E PER LE INFORMAZIONI BIBLIOGRAFICHE IGM = ISTITUTO GEOGRAFICO MILITARE ING = ISTITUTO NAZIONALE RCA = REVERENDA CAMERA APOSTOLICA SAN = SISTEMA ARCHIVISTICO NAZIONALE SGI = SOCIETÀ GEOGRAFICA ITALIANA SRSP = SOCIETÀ ROMANA CDM E DI BELLE ARTI STATO DI ROMA Collezione di Disegni e Mappe DI PER GLI ARCHIVI ARCHIVI CATALOGO DELLA GRAFICA STORIA PATRIA E LA DOCUMENTAZIONE 0.prime pagine.qxp_Layout 1 05/12/14 09:46 Pagina XII 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 1 SAGGI 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 2 Topografia della pontificia città di Benevento umiliata alla santità D.N.S. Papa Pio Sesto dai consoli della medesima, 1781 (AS ROMA, CDM, I, cart. 7, n. 21) 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 3 DANIELA SINISI Per una storia della Collezione di disegni e mappe* Aristotele sosteneva che noi uomini “pensiamo per immagini”. Dunque già nell’antichità era sentita l’importanza, per conoscere meglio e comunicare, di avere a disposizione carte, schemi e diagrammi; Anassimandro, del resto, nel 550 a.C. aveva dato pratica applicazione a tale bisogno, creando l’Ecumene, la prima carta del mondo conosciuto. Da allora si è sempre continuato a raffigurare con immagini simboliche porzioni piccole o grandi di territorio e l’esigenza di creare carte e mappe si è andata affermando sempre di più, man mano che le conoscenze e la tecnica venivano ampliandosi. Nei tempi più recenti, poi, è cresciuto in maniera esponenziale l’utilizzo ed anche l’apprezzamento da parte di un pubblico vasto, della cartografia in generale e pure della cartografia storica1, che sono divenuti strumenti irrinunciabili di conoscenza. Ai tempi d’oggi, anzi, tempi di diffusione a livello mondiale di internet e social networks, si può senz’altro dire, in sintesi, che “declina la carta, trionfano le carte”: basta pensare alla vera e propria invasione di mappe, diagrammi e atlanti, onnipresenti nell’editoria come nei programmi televisivi. In effetti questa esplosione di visualizzazione trova le sue ragioni in diverse esigenze profonde della mente umana, quali l’esigenza di “quantificazione” (la carta ci consente di cogliere in un colpo d’occhio la quantità), la necessità di dare una “raffigurazione sensibile alle idee”, attraverso esempi, schemi, simboli (per rendere intuitivi concetti anche molto complessi), il bisogno di farsi capire, in società sempre più multiculturali e multilinguistiche, utilizzando un linguaggio fatto non di parole ma di “ideogrammi”2. * Per i riferimenti bibliografici in forma sciolta, in questo e negli altri saggi, si rinvia alla Bibliografia. 1 Sulla cartografia storica in Italia si veda la recente bella opera di Andrea Cantile (cfr. CANTILE). 2 Queste brevi osservazioni, che ho utilizzato come premessa al lavoro di inventariazione della Collezione I di disegni e mappe dell’Archivio di Stato di Roma, riprendono alcuni concetti esposti nell’interessante articolo di MAURIZIO FERRARIS, Il sapere in una mappa, pubblicato 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 4 4 Daniela Sinisi Se, dunque, il disegno, la rappresentazione visiva di una realtà geografica, di uno spazio, di un territorio, sono stati fondamentali per la conoscenza fin dall’antichità per tutto il genere umano, si può però dire che essi divennero veramente essenziali anche e soprattutto negli Stati dell’epoca moderna e contemporanea. Dovettero essere prodotte, in specie negli stati europei, con incremento esponenziale dal Cinquecento all’Ottocento, decine di migliaia di unità grafiche e cartografiche in tutti gli Stati europei, dalle grandi monarchie nazionali ai piccoli, ma non meno importanti, Stati dell’Italia preunitaria, unificati tra il 1860 ed il 1870 nel Regno d’Italia. Le finalità da raggiungere con l’ausilio di una pianta, di una mappa, di un catasto, di un disegno tecnico o di un cabreo, potevano essere le più varie: rafforzare la difesa del territorio o elaborare piani strategici in caso di guerra, facilitare il razionale governo del territorio statale attraverso la corretta regimentazione delle acque interne oppure provvedere alla manutenzione o conservazione dei porti e dei fondali marini o, ancora, alla predisposizione di un sistema stradale nazionale, provinciale e comunale. Poteva essere richiesta l’immediatezza e l’efficacia di una mappa laddove ci si proponesse di distribuire con più rigore ed equità il carico fiscale imposto dallo Stato sul patrimonio immobiliare dei sudditi (si pensi ai numerosi catasti di cui dalla metà del ‘700 e poi nell’800 gli Stati italiani più progrediti si dovettero dotare). Anche se si volessero delineare o ridefinire i confini con gli stati limitrofi oppure procedere alla costruzione, manutenzione, ristrutturazione o cambiamento di destinazione d’uso di palazzi, case, terreni, caserme e rocche di pubblica proprietà, ci si doveva senz’altro poggiare sulla evidenza di un disegno o di una pianta. Un’unità grafica, poi, era sicuramente utile e necessaria non solo per supportare la politica degli Stati e degli enti territoriali, ma anche per dimostrare e definire giuridicamente o giudizialmente la proprietà o il possesso di un terreno conteso fra due privati, per attestare l’utilizzo o il valore di un immobile o per modificare, migliorare e ampliare una casa, un casale, un palazzo e dotarli di strutture di supporto che li rendessero più fruibili per il proprietario. nella pagina culturale del quotidiano «La Repubblica», il 14 maggio 2011. Qui viene ben sottolineata, appunto, l’importanza dei disegni e delle carte nella storia dell’umanità, dai tempi antichi all’epoca contemporanea, epoca in cui si assiste, come dice l’autore, ad un vero “trionfo delle carte”. La Collezione di disegni e mappe che qui si presenta ci dimostra che già in epoca moderna era in atto un primo “trionfo”! 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 5 Per una storia della Collezione di disegni e mappe 5 È impossibile fare un elenco, neppure lontanamente esaustivo, di tutte le motivazioni che indussero Stati, enti e privati a servirsi, con l’ausilio di tecnici, periti, agrimensori, geometri, architetti ed ingegneri sempre più numerosi e specializzati, della meravigliosa efficacia dei disegni. Quel che è certo è che la stragrande maggioranza di essi per quanto riguarda l’Italia è ancora conservata in centinaia di istituti come biblioteche, musei, gallerie, archivi (di Stato o di enti e privati) e in migliaia di raccolte e collezioni, anche se con altrettanta certezza si può dire, purtroppo, che molte di quelle unità grafiche sono andate disperse o distrutte, moltissime sono “espatriate” e si trovano oggi in musei e biblioteche di altri paesi, altre ancora sono andate ad alimentare il mercato antiquario legale o illegale, particolarmente attento alla bellezza e al pregio dei documenti iconografici e cartografici, oltreché al loro contenuto informativo3. Nello Stato italiano di oggi esistono, comunque, molti e importanti istituti di conservazione di collezioni di unità grafiche e di collezioni di grafica, intendendo qui per collezioni di grafica quelle che comprendono sia unità manoscritte che a stampa, primo fra tutti l’Istituto Nazionale per la grafica, creato nel 1975, con sede stabile oggi nel bellissimo palazzo Poli di Roma4. Tra le biblioteche citeremo la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma5, ma anche le altrettanto importanti biblioteche di Firenze e Napoli e, tra 3 Negli ultimi venti anni i carabinieri del Nucleo che opera a tutela dei beni culturali italiani hanno effettuato indagini anche sui beni archivistici e, in particolare, sui materiali grafici e cartografici, tra i più soggetti a furti e vendite illecite, spesso con l’ottimo risultato di recuperare importanti piante, disegni, mappe. Anche l’Archivio di Stato di Roma deve al loro impegno la restituzione di alcune pregevoli unità grafiche appartenenti a vari fondi e, soprattutto, alla Collezione di disegni e mappe. 4 Voglio qui ringraziare la d.ssa Antonella Fusco, dirigente dell’Istituto, che è sempre stata prodiga di utilissimi consigli durante i lunghi anni di elaborazione dell’inventario. La d.ssa Fusco ha tra l’altro promosso dal giugno 2010 in poi, una serie di interessanti quaderni, dei quali il primo è stato dedicato proprio alla rassegna delle collezioni pubbliche di grafica italiana (cfr. ING 2010). 5 Nei primi anni di questo secolo, l’Istituto Centrale per il Catalogo Unico (ICCU), in stretta collaborazione con la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, ha promosso un’interessante iniziativa che ha visto coinvolti rappresentanti di diversi istituti ed enti, provenienti da tutto il territorio nazionale (biblioteche, archivi di Stato, enti territoriali, istituti culturali ed universitari, musei). Scopo del progetto è stato quello di giungere ad elaborare, facendo dialogare tutte le professionalità coinvolte, una proposta di scheda unificata per la catalogazione sintetica in vista della digitalizzazione, dei numerosissimi materiali iconografici e cartografici conservati in Italia. Per l’Archivio di Stato di Roma è stata chiamata a far parte della Commissione chi scrive, insieme al collega Paolo Buonora, esperto di digitalizzazione dei documenti dell’Archivio di Stato di Roma e, in particolare, dei documenti cartografici (cfr. ICCU 2006). 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 6 6 Daniela Sinisi gli istituti, l’Istituto Geografico Militare (IGM) e la Società geografica italiana (SGI). Possiamo però affermare con una qualche fondatezza che è negli archivi di Stato italiani che studiosi e utenti delle sale di consultazione possono reperire il maggior numero di unità grafiche, specie presso i grandi Istituti posti nelle città che furono ex capitali di Stati preunitari. Qui esistono collezioni vaste e importanti di unità grafiche ed iconografiche, che però non esauriscono, per gli studiosi, il panorama di fonti visuali presenti nei nostri istituti per i secoli XVI-XX: moltissimi infatti restano, come vedremo proprio nel caso dell’Archivio di Stato di Roma, i disegni e le piante ancora conservati nei loro archivi di origine e, in parte, non conosciuti e descritti dagli archivisti. La quantità, l’importanza documentaria e in alcuni casi il pregio artistico delle unità grafiche conservate negli archivi di Stato furono, del resto, noti, sin dal momento della formazione dell’amministrazione archivistica, a studiosi e utenti intenzionati ad approfondire le loro ricerche su territori, città, paesaggi e monumenti, che ne hanno infatti incrementato la consultazione, specie dagli anni successivi alla II guerra mondiale. Dopo l’istituzione del Ministero per i beni culturali e ambientali, nel 1975, inoltre, anche per questo tipo di materiali si accrebbero di molto non solo la consultazione da parte dei ricercatori, ma anche le attività di valorizzazione da parte delle istituzioni preposte al settore. Fu l’ultimo ventennio del Novecento che vide, soprattutto dopo l’emanazione della legge n. 431 del 1984 e dei relativi piani territoriali paesistici, un’accelerazione dello studio dei documenti cartografici, da parte delle università e di enti culturali e territoriali e, soprattutto, delle regioni (istituite da non molti anni) e dei comuni, organismi che per missione istituzionale sono i massimi tutori dei territori affidati alle loro responsabilità. Proprio in quegli anni si rafforzarono proficue sinergie tra le più importanti istituzioni culturali e territoriali e le istituzioni preposte alla tutela e conservazione del patrimonio archivistico nazionale: fine di siffatto sforzo comune doveva essere proprio il censimento, la catalogazione e la valorizzazione di questo straordinario tesoro. Così, nel 1986, l’amministrazione archivistica si fece promotrice di un importante convegno sulla cartografia storica che si tenne nelle sedi di Genova, Imperia, Albenga, Savona e La Spezia, dal 3 all’8 novembre6, convegno al quale si collegarono alcune mostre storico-documentarie iti6 Cfr. Cartografia e istituzioni. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 7 Per una storia della Collezione di disegni e mappe 7 neranti dedicate allo stesso tema. A tale occasione culturale, cui parteciparono i massimi esperti del settore (geografi, cartografi, architetti, storici e studiosi del territorio), oltreché, ovviamente, molti archivisti e bibliotecari italiani e stranieri, si deve far senz’altro risalire un fervore di iniziative finalizzate, anche grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie che in quegli anni si stavano affermando, ad una descrizione informatizzata ispirata a standard internazionali7. Da Venezia a Torino, alla stessa Genova, a Napoli, Bari e Palermo, tanto per citare i soli archivi maggiori, numerosi progetti tesi alla fotoriproduzione, al restauro e alla descrizione di materiali grafici, furono ideati e realizzati da allora in poi, un po’ ovunque in Italia. Infine, specie dagli anni Novanta, le piante, i disegni, le mappe divennero tra le fonti più utilizzate per la realizzazione di mostre storicodocumentarie di alto livello scientifico o anche didattico divulgativo, dedicate alla storia delle città e dell’urbanistica, dell’agricoltura e del paesaggio, di paesi, di strade e di contrade, delle pianure e dei monti, dei fiumi, dei mari e delle coste, delle paludi e dei terreni coltivati, dei confini e dei campi di battaglia8. Il patrimonio grafico e cartografico dell’AS Roma Nell’Archivio di Stato di Roma, come si è già accennato, sono custodite numerosissime unità grafiche e cartografiche, per lo più riferite ai secoli XVI-XIX9. Nella stragrande maggioranza dei casi, carte e disegni, magari allegati 7 Cfr. ORMANNI; si vedano anche nello stesso volume Cartografia e istituzioni i saggi di BALDACCI 1986 e PRINCIPE. Importanti osservazioni sulla catalogazione dei materiali cartografici sono contenute anche nel volume Catalogazione, studio e conservazione della cartografia storica (VALERIO). 8 Anche l’Archivio di Stato di Roma, attraverso il suo Servizio per le manifestazioni culturali, ha realizzato negli ultimi 15 anni, con ottima accoglienza da parte dei visitatori, una serie cospicua di mostre ed eventi culturali dedicati a vari momenti ed aspetti della storia di Roma e dei territori dello Stato pontificio, utilizzando in maniera privilegiata proprio le unità grafiche delle Collezioni di disegni e mappe (nonché le mappe del Catasto gregoriano) conservate presso l’Istituto. Solo per citare le due più rilevanti e articolate, ricordo le mostre curate da Maria Grazia Branchetti e Daniela Sinisi, la prima dedicata all’avvio delle strade ferrate nello Stato pontificio, La maravigliosa invenzione, e la seconda Lazio pontificio tra terra e mare, dedicata allo studio ed alla storia delle zone costiere nella regione laziale al tempo dei papi, alla quale si ricollega la interessante pubblicazione, anch’essa costruita su una fonte “visiva” della fine del Settecento, sulla costa laziale (cfr. DAINOTTO). 9 Due sole unità sono datate al XX secolo. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 8 8 Daniela Sinisi a progetti, perizie o relazioni, sono ancora oggi conservati nei tanti archivi delle magistrature, tribunali, istituzioni centrali e periferiche che, per conto della suprema autorità del Papa re si succedettero alla guida di vari settori e ambiti di governo dello Stato pontificio10, oppure dei tanti uffici notarili che coadiuvarono Stato e privati nell’espletare importanti funzioni amministrative o nel tutelare giuridicamente l’interesse dei singoli11. Rilevante è poi anche il patrimonio grafico contenuto negli archivi di persone, famiglie, di congregazioni religiose e ospedali, che ricoprirono spesso ruoli di primaria importanza per funzioni svolte, per ricchezza e ampiezza dei patrimoni posseduti e gestiti. Cito, solo a titolo di esempio, i grandi ospedali romani e in particolare il Santissimo Salvatore, il Santo Spirito in Saxia, il San Giacomo e il San Rocco, proprietari di estesissimi beni immobili nelle province dell’Italia centrale e specie nel Lazio, dei quali ci restano numerose raffigurazioni e piante descrittive, catasti di beni e cabrei. È da sottolineare però che è certamente nelle grandi istituzioni ottocentesche (prima e dopo la creazione dei Ministeri pontifici) che l’utilizzo del disegno fu sentito dalle pubbliche autorità come non solo utile, ma come davvero essenziale strumento per attuare una corretta azione amministrativa in molti settori: è infatti in questi archivi ottocenteschi che si può reperire il più rilevante numero di unità grafiche, allegate alle “pratiche”, anche in vista del fatto che in quel periodo varie istituzioni cominciarono ad emanare disposizioni legislative che rendevano obbligatorio l’utilizzo di un disegno o di una pianta per predisporre e compiere lavori, impo- 10 Il patrimonio documentario dell’Archivio di Stato di Roma, pregevolissimo per quantità e qualità, comprende un nucleo centrale di fondi che caratterizza l’Istituto: sono gli archivi che attestano l’attività istituzionale delle magistrature centrali dello Stato pontificio per i secoli XIVXIX. Solo per citarne alcune tra le più importanti – che verranno spesso menzionate anche nel data-base di descrizione delle unità grafiche, specie nel campo denominato “provenienza archivistica” - ricorderemo la Congregazione del buon governo e le altre Congregazioni cardinalizie, in particolare quella delle acque, la Reverenda Camera Apostolica con tutti i suoi uffici ed articolazioni interne, i tribunali centrali dello Stato, ad esempio il Tribunale dell’Auditor Camerae (AC). Per le istituzioni ottocentesche, dopo la Restaurazione ricordiamo i grandi archivi del Camerlengato, del Tesorierato generale, della Presidenza generale del censo e della Prefettura generale di acque e strade che furono precedenti istituzionali importanti dei veri e propri ministeri pontifici istituiti da Pio IX nel 1847. Per una rassegna esauriente dei numerosissimi diversificati archivi conservati dall’Istituto archivistico romano, si veda la fondamentale Guida generale degli Archivi di Stato, alla voce ROMA oltre all’agile volumetto Il patrimonio documentario dell’Archivio di Stato di Roma, edito dalla Scuola di Archivistica Paleografia e Diplomatica. 11 Particolarmente importanti quali conservatori anche di documenti grafici si sono rivelati i notai romani, riuniti in diversi uffici e collegi. Si veda a tal proposito il recente, accurato studio di Orietta Verdi sui notai capitolini (VERDI 2009). 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 9 Per una storia della Collezione di disegni e mappe 9 stare studi preliminari, realizzare progetti. Come esempi citerò quelli del Camerlengato e del Ministero del commercio e dei lavori pubblici, organismi che attuarono, tra l’altro, dalla Restaurazione in poi, le prime forme efficaci di tutela dei beni culturali nello Stato della Chiesa12. Esistono poi, presso l’Archivio di Stato di Roma, intere serie e più ancora “miscellanee o collezioni” di disegni e mappe che risultano composte esclusivamente (o, meglio, quasi esclusivamente) da documenti grafici. Primo fra tutti voglio citare lo straordinario complesso di alcune migliaia di mappe e mappe ridotte del Catasto gregoriano (con i relativi brogliardi), realizzate in poco più che un ventennio a cavallo tra l’esperienza napoleonica e il restaurato potere pontificio per tutti i comuni dello Stato del Papa13. Si tratta in effetti di due “serie” organiche di documenti catastali (mappe di grande formato in scala 1/2000 – 1/1000 e mappe ridotte in scala 1/8000- 1/4000) che fanno parte integrante dell’archivio della Presidenza generale del censo, istituita nel 1816. Altro “catasto” o, più esattamente, complesso di circa 400 piante di proprietà immobiliari (tenute e casali dell’Agro Romano), di pregevolissima fattura e di datazione assai antica, è quello noto al pubblico come Catasto alessandrino14. Anch’esse costituiscono in effetti una serie di un archivio pontificio, quello della Presidenza delle strade, organismo che sovrintese alla viabilità urbana ed extraurbana e in particolare alla conservazione e manutenzione delle strade consolari. Infine citiamo la serie grafica dell’estesissimo archivio della Congregazione del buon governo - la serie XIV - che comprende piante, disegni, Si veda il bel lavoro promosso dalla Soprintendenza archeologica di Roma Colori dell’Archeologia. Nel catalogo è di taglio archivistico il saggio Conoscere documentare, conservare di chi scrive alle pp. 5-10. 13 Molti lavori sono stati realizzati, o sono in corso di realizzazione, sugli archivi della Presidenza generale del censo e archivi collegati. Ricordo qui solo quello sulla Cancelleria del censo di Roma (VITA SPAGNUOLO) e il volume sul catasto gregoriano (LONDEI 2009) con il saggio di Luisa Falchi, (FALCHI 2009). 14 Copie ed estratti delle piante del Catasto alessandrino (come pure del Catasto gregoriano sopracitato) sono diffusamente presenti nella Collezione I. Le piante del Catasto alessandrino sono state analiticamente descritte per il progetto Imago dell’AS Roma da Daniela Sinisi e Orietta Verdi, che hanno curato pure l’inventariazione dell’intero fondo della Presidenza delle strade, del quale il Catasto alessandrino, come si è detto, costituisce una serie. Le piante vennero redatte in seguito alla disposizione del papa Alessandro VII (1660), secondo la quale i proprietari delle tenute e casali dell’Agro Romano venivano sottoposti a tassazione in base alla qualità e quantità dei terreni posseduti e all’utilizzo di una o l’altra delle strade consolari, di accesso a Roma. Molte di esse sono copie di piante più antiche, anche cinquecentesche, presentate per l’occasione all’Ufficio notarile delle strade dai proprietari delle tenute. 12 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 10 10 Daniela Sinisi profili relativi a porzioni di territorio dei comuni alla cui amministrazione fiscale-finanziaria era preposto dalla fine del Cinquecento questo fondamentale organismo di governo. Forse più nota al grande pubblico e ancora più consultata è però proprio la Collezione di disegni e mappe dell’Archivio di Stato di Roma, articolata in Collezione I, II e III e composta di circa 165 cartelle comprendenti alcune migliaia di pezzi15. Ad esse si aggiungono le cartelle A,B,C,D e la cosiddetta Miscellanea di mappe, brogliardi, disegni, stampe, quasi del tutto sprovviste di mezzi di corredo. La Collezione di disegni e mappe - come ha ben spiegato Elio Lodolini nelle sue pagine dedicate alla formazione dell’Archivio di Stato di Roma16 - fu una delle prime “miscellanee” che nacquero in seno al neo istituito Archivio romano già alla fine dell’Ottocento, in ossequio all’allora diffusa opinione secondo la quale nell’Istituto si conservassero in prevalenza “cimeli o curiosità”. Del resto la natura particolarmente attraente, anche sotto il profilo estetico, di tale tipo di documenti, era già stata, proprio negli anni dell’Unità, segnalata da Biagio Miraglia che proponeva, infatti, di “raccogliere ed ordinare tutti i progetti, tutti i disegni, tutte le piante” che affermava di aver visto “disperse” in vari archivi, in gran numero e in stato deplorevole. La raccolta auspicata dal Miraglia iniziò a costituirsi subito, nei primi anni dopo la presa di Roma da parte dell’esercito sabaudo e divenne cospicua nel primo trentennio di attività dell’Archivio di Stato17: si procedette ad estrapolare per lo più le unità grafiche dai loro archivi di provenienza (senza che gli archivisti dell’epoca lasciassero alcuna traccia di tale arbitraria estrapolazione dai contesti documentari originali), ma gli accrescimenti avvennero anche in piccola parte attraverso acquisti o doni. Le unità vennero descritte in un elenco alfabetico-toponomastico che fa riferimento alle singole località, quasi tutte appartenenti allo Stato della Chiesa, tra le quali un posto privilegiato occupa, ovviamente, Roma che ne fu, come è noto, la capitale, prima di diventare la capitale del 15 La Collezione è distinta in tre parti (I, II, III), anche se non è individuabile un criterio logico o cronologico che sottenda a tale suddivisione. 16 Cfr. LODOLINI E. 1976. 17 I primi passi della formazione della Collezione sono documentati nella cosiddetta Miscellanea della Soprintendenza, e negli Atti della Direzione conservata anch’essa presso l’AS Roma, sulla quale la collega Annalia Bonella sta conducendo da alcuni anni un accurato lavoro di studio e schedatura. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 11 Per una storia della Collezione di disegni e mappe 11 Regno d’Italia. Non numerose sono le eccezioni per il periodo di antico regime (poche piante si riferiscono ad esempio a località della Toscana, del Veneto e della Lombardia, quasi sempre comprese in zone di confine con lo Stato ecclesiastico) ma, per la fine del XIX secolo, è senza dubbio da ricordare, ad esempio, la cospicua serie di carte topografiche a stampa relative a varie province italiane del nuovo Regno, in particolare quelle contenute nella cartella 129 della Collezione I. Lavori per la valorizzazione delle collezioni grafiche dell’Archivio di Stato di Roma Di tali serie e collezioni conservate presso l’Istituto archivistico romano venne avviata una mirata politica di valorizzazione a partire dalla fine degli anni Ottanta: si pose l’attenzione sui problemi della conservazione, del restauro e della fotoriproduzione18 e vennero intrapresi i primi parziali tentativi di schedatura e indicizzazione informatizzata. Si avviò, quindi, uno studio preliminare teso alla creazione di un data-base da utilizzare per la descrizione standardizzata delle migliaia di pezzi contenuti soprattutto, ma non solo, nelle collezioni di disegni e mappe. Collaborarono allora al progetto, curato da chi scrive, per la parte informatica Gemma Pusceddu, responsabile della rete informatica dell’Archivio di Stato e Salvatore Miele, consulente informatico dell’Istituto. Venne predisposto un data-base in formato “access” - che ha consentito, parecchi anni dopo, l’inizio del lavoro di vera e propria schedatura e indicizzazione - con una prima immissione di dati realizzata a partire 18 È in questi anni, sotto la direzione di Lucio Lume, che fu intrapreso il primo (e unico, ad oggi) lavoro di fotoriproduzione a tappeto di tutte le unità comprese nelle tre principali Collezioni. I microfilm che allora furono prodotti, pur nei limiti di una riproduzione in bianco e nero e di non eccelsa qualità, se rapportati agli standard delle tecnologie digitali, hanno a lungo costituito per gli utenti della sala di consultazione dell’AS Roma, una possibilità di studio “da vicino” di una fonte così importante, ma anche di così difficile conservazione, come è quella delle unità grafiche, che, spesso di grande formato, e comunque esposte, per la loro stessa natura, più di altri documenti al rischio di usura e lacerazioni, devono essere necessariamente escluse dalla libera consultazione. Per la serie delle mappe del Catasto urbano di Roma e dei maggiori centri urbani dello Stato pontificio, nonché per le piante del Catasto alessandrino, si potette procedere, invece, dalla fine degli anni Novanta, ad attuare un assai più perfezionato progetto di digitalizzazione, sostenuto dalla Direzione generale per gli archivi e curato, per l’AS Roma, da Paolo Buonora (Progetto IMAGO, I e II). Negli stessi anni si avviò il progetto di restauro delle diverse centinaia di unità delle Collezioni in cattivo stato di conservazione, ancora non concluso, diretto da Orietta Verdi. Su tale progetto si veda la presentazione di O. Verdi in questo stesso volume. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 12 12 Daniela Sinisi dall’anno 2006, grazie alla collaborazione volontaria e gratuita di studenti della Scuola di Archivistica Paleografia e Diplomatica dell’Archivio di Stato di Roma. Tra il 2006 e il 2011, con finanziamenti provenienti dalla Direzione Generale per gli Archivi e, infine, con l’attribuzione dei fondi dell’8 per mille accordati per il 2010 al progetto di inventariazione e restauro delle unità contenute nella Collezione I, è stato possibile portare a compimento la descrizione di circa 3750 unità (per un totale di più di 18000 “pezzi”)19. Il data-base per la descrizione della Collezione di disegni e mappe20 Nella scheda descrittiva è presente in alto un’area dedicata alla segnatura/collocazione composta da: - denominazione del fondo (Collezione di disegni e mappe); - serie (per ora solo la Collezione I, come si è detto); - cartella (che è l’unità di conservazione; ogni cartella contiene in 19 La Collezione I di disegni e mappe, si compone di cartelle (unità di conservazione) numerate da 1 a 130 e comprende piante, sezioni, prospetti, spaccati, carte topografiche, corografiche e geografiche, iconografie, profili, vedute, atlanti, cabrei, disegni architettonici, disegni tecnici e industriali, in foglio unico o in più fogli, tavole o tipi. Le unità grafiche, corredate da indici o legende, sono talvolta allegate o collegate, come già accennato, a documentazione scritta, come relazioni, progetti, stime, perizie etc. Nel vecchio elenco toponomastico (Inventario n. 109, ancora oggi utilizzato dagli utenti della sala di consultazione dell’AS Roma), sotto la collocazione attribuita con il numero di cartella e il numero di “foglio”, si può nascondere, in effetti, una miriade di “pezzi”, talvolta anche 50 o 60 e anche più, come nel caso di album, catasti o cabrei con le relative descrizioni: la consistenza reale delle unità non è mai stata infatti indicata dagli archivisti otto-novecenteschi che provvidero alla redazione del vecchio inventario (peraltro sprovvisto dell’indicazione degli autori anche nella Guida generale degli archivi e quindi da considerarsi opera collettiva degli archivisti romani). 20 Come si è già ricordato, si è potuta per ora portare a conclusione la schedatura e indicizzazione delle unità contenute nella Collezione I, che è comunque la più importante ed estesa. Lo stesso software potrà essere utilizzato, se vi saranno le risorse umane e finanziarie necessarie, e se l’iniziativa avrà, come si auspica, una buona accoglienza da parte del pubblico e delle Istituzioni culturali, per le altre collezioni e serie grafiche conservate nell’Istituto. Per il controllo e l’approfondimento dei vari elementi delle schede descrittive, sono stati utilizzati numerosi repertori generali e tematici (toponomastici, geografici, biografici, prosopografici e araldici), specie in relazione all’individuazione dei toponimi dello Stato pontificio - che rappresentano l’assoluta maggioranza di quelli indicizzati – e ai nomi di ufficiali, magistrati, tecnici (architetti, periti, agrimensori) appartenenti all’Amministrazione pontificia o in stretta collaborazione con essa. Tali repertori sono citati nella bibliografia generale a cura di Serena Dainotto. Va ricordato che molte informazioni utili e, talvolta, indispensabili per la certa identificazione di autori, sottoscrittori o di località minori, contrade, “vocaboli”, sono state direttamente tratte dal web, attraverso ricerche spesso lunghe e laboriose che hanno permesso però in non pochi casi di sciogliere dubbi e incertezze. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 13 Per una storia della Collezione di disegni e mappe 13 media circa 20 unità); - u.n. (unità numero)21; - sub u.n. (sotto unità numero). Il complesso di queste indicazioni consente un facilissimo reperimento delle unità da richiedere da parte degli studiosi per la consultazione dell’originale (laddove ciò sia consentito dall’Istituto), poiché non sono state volutamente apportate variazioni di rilievo rispetto al vecchio elenco/inventario cartaceo. Sarebbe stato, infatti, in caso contrario, necessario elaborare complicate tavole di raffronto, dato che la Collezione è stata in tutte le sue unità citata numerosissime volte in articoli, saggi e pubblicazioni italiani e stranieri. Segue, poi, una serie di campi per la descrizione di ciascuna unità, che può, come si è detto, essere composta da una o più piante ( le quali costituiscono comunque sempre l’oggetto prioritario della descrizione) ed eventualmente da uno o più documenti scritti: - denominazione (o titolo); vi si riporta esattamente tutto quello che si trova scritto nel cartiglio o nella didascalia della pianta o, in alcuni casi, sul verso della pianta stessa, in forma integrale oppure abbreviata, quando necessario. È da ricordare che sono rispettate la grafia e l’ortografia originali utilizzate dall’autore della tavola, che spesso, quindi, non corrispondono alle correnti norme oggi in uso22. Se la denominazione è originale, compare a schermo, sulla sinistra del campo, il segno di spunta nell’apposita casella. Va precisato che anche la denominazione non originale è normalmente tratta, comunque, da scritte, legende, indici presenti sul recto o sul verso della pianta che si descrive; solo in rarissimi casi la denominazione è invece attribuita dallo schedatore, oppure è resa più trasparente con precisazioni e aggiunte, nel caso che essa non risulti sufficientemente chiara, soprattutto in merito alla univoca individuazione delle località e/o aree geografiche. In questo caso essa è inserita in un apposito riquadro sotto- 21 Nel vecchio elenco-inventario n.109, più volte citato, era utilizzato il termine “foglio”, termine che poteva ingenerare confusione e fraintendimenti e che si è pertanto sostituito con unità (u.n.). Raramente l’unità può contenere più sottounità (sub u.n.), relative alla stessa località ma non provenienti dallo stesso archivio o “pratica” o, in una minoranza assoluta di casi, addirittura a località completamente diverse, rispetto a quella della sub-unità designata come /001. Per la richiesta dell’originale si dovrà fare riferimento al numero di cartella e al numero di unità (le ex “unità bis” contenute nell’inventario 109 sono contrassegnate nella scheda informatica come sub u.n. 002). 22 I documenti allegati o collegati a ciascuna unità grafica, sono descritti sommariamente nel campo descrizione, dove si riporta anche, se presente, l’eventuale titolo di ciascun documento. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 14 14 Daniela Sinisi 1. Topografia del Stato d’Ascoli della Marca con suoi confini, a stampa, 1680 (AS ROMA, CDM, I, cart. 6, n. 247) stante il campo denominazione. La lingua utilizzata è quasi sempre quella italiana e in rari casi quella francese (piante relative ai periodi di dominazione francese, tra fine ‘700 e inizi ‘800); in pochi casi è stata utilizzata la lingua latina; - tecnica di esecuzione; si è scelto di indicare qui, mettendo il dato in evidenza separatamente rispetto al campo descrizione, se l’unità sia manoscritta o a stampa (fig.1). Pochi sono i casi di commistione delle due tecniche; - altezza/larghezza; anche qui si è pensato di dare maggiore risalto all’indicazione delle due dimensioni della pianta, soprattutto al fine di fornire immediati riferimenti per una conservazione adeguata (e quindi per una corretta consultazione) dei grandi e grandissimi formati, spesso soggetti a maggiore usura; laddove l’unità però comprenda più piante o mappe di misure diverse, le misure sono state rilevate per ciascuna pianta, riportandole analiticamente, come vedremo, nel campo descrizione; - scala; è sempre riportato il tipo di scala (grafica o numerica). In caso di scala grafica si è indicata la lunghezza del listello di riferimento, 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 15 Per una storia della Collezione di disegni e mappe 15 2. Caveta delle Lumiere, 1708 (AS ROMA, CDM, I, cart.1, n.33) 2a. Particolare della scala di canne numero venti romane nonché, ovviamente, l’unità di misura23 utilizzata dall’autore per redigere la pianta. A tal proposito si segnala che, poiché i territori raffigurati nelle unità grafiche schedate sono numerosissimi, sebbene situati nella stragrande maggioranza dei casi entro i confini dello Stato pontificio, anche le unità di misura utilizzate sono altrettanto numerose e variano da zona a zona e da secolo a secolo. Fino almeno all’inizio dell’Ottocento, infatti, quando l’esperienza napoleonica apportò novità rilevanti anche per quanto riguarda l’omogeneizzazione delle unità di misura in tutte le regioni d’Italia che fecero parte dell’impero napoleonico, furono utilizzate unità 23 Per le unità di misura utilizzate nelle varie epoche e nei vari Stati italiani, cfr. MARTINI. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 16 16 Daniela Sinisi 3. Pianta fatta da me sottoscritto Perito Eletto per parte degl’Illustrissimi Signori Marchesi Guido, e Giulio Fratelli Corelli, et Altri Litis Consortes, Mediante la quale si mostra l’Andamento dell’Argine Circondante il quale anticamente si vedea fra la Via del Porto di Fusignano, e quella delle Vallerie..., 1741 (AS ROMA, CDM, I, cart. 1, n. 30), in basso a destra, scala di pertiche duecento di Ravenna 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 17 Per una storia della Collezione di disegni e mappe 17 molto diverse sia nei vari Stati italiani sia all’interno dello stesso Stato pontificio, da provincia a provincia e, talvolta, addirittura da città a città. Così a Roma e territorio circostante si utilizzarono prevalentemente le canne e i palmi romani, gli staioli e le catene (fig.2), ma, fuori del territorio della capitale si continuarono a utilizzare le unità di misura locali, come avvenne ad esempio a Ferrara o a Bologna o a Ravenna (fig.3) tanto per citare tre importanti realtà territoriali dello Stato - tutt’al più affiancate al riferimento alla misura romana. Dopo la Restaurazione invece si utilizzò più diffusamente il sistema metrico decimale e, come unità di misura, il metro (volutamente denominato nelle mappe catastali del Catasto gregoriano, “canna censuaria”, in ossequio ad una tradizione che si voleva ininterrotta dal ripristinato regime pontificio); - datazione: è articolata in data iniziale (originaria o attribuita) e data finale (originaria o attribuita), cui talvolta si aggiungono, in un campo a parte, la data topica e le note alla cronologia. Nella maggior parte dei casi esiste sul documento grafico una sola data con indicazione di giorno, mese e anno, o del solo anno, data che è stata in questo caso inserita nel campo “data iniziale”. Quando i documenti grafici e/o scritti, presenti nell’unità sono numerosi, è possibile che anche l’arco temporale cui essi si riferiscono comprenda più mesi o addirittura anni; in questo caso si è indicata, come di consueto, la data del primo documento e quella dell’ultimo. Talvolta i documenti grafici non recano data: ci si è serviti, allora, delle sottoscrizioni di geometri, periti, architetti oppure dei riferimenti a personaggi che ricoprirono cariche istituzionali rilevanti, oppure delle sottoscrizioni di notai, per riuscire ad indicare almeno il secolo di produzione dell’unità grafica, ma se possibile, anche un più preciso arco tem- XX sec.: 2; 0% XIX sec.: 2432; 64% senza data: 43; 1% XVI sec.: 21; 1% XVII sec.: 258; 7% XVIII sec.: 994; 27% Cronologia della Collezione I di disegni e mappe. - Le unità che nel grafico risultano del tutto sprovviste di datazione sono quelle risultate mancanti alla revisione del 2013 oppure quelle che, in cattivo stato di conservazione, non sono state oggetto di schedatura analitica e delle quali non si è potuto pertanto verificare la datazione (grafico elaborato da Luca Saletti). 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 18 18 Daniela Sinisi 4. Dipartimento del Tronto, s.d., post 1812 (AS ROMA, CDM, I, cart. 6, n. 249). La data è stata attribuita in base alla data di istituzione del Dipartimento del Tronto da parte dell’Amministrazione napoleonica porale (come si è poi specificato nelle note alla cronologia): in questo caso sotto “data iniziale” è indicato il secolo in cifre arabe e, ad esempio, per l’Ottocento, l’indicazione sarà “18…”. (fig.4) Soltanto in un limitato numero di casi si è fatto riferimento genericamente ad un secolo, in base alle sole modalità di esecuzione o alla grafia utilizzata nella pianta. Infine, in pochissimi casi, si è, in mancanza di altri dati certi, riportata la data presente nel vecchio inventario (che peraltro non sempre risulta attendibile)24; 24 Le unità della Collezione I si riferiscono ai secoli XVI-XIX con una maggioranza assoluta di piante ottocentesche. Solo due unità sono datate al sec. XX. Le unità che nel grafico risultano del tutto sprovviste di datazione sono quelle risultate mancanti alla revisione del 2013 oppure quelle che, in cattivo stato di conservazione, non sono state oggetto di schedatura analitica e delle quali non si è potuto pertanto verificare la datazione. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 19 Per una storia della Collezione di disegni e mappe 19 5. Pianta della grotta di Nettuno a Tivoli nella porzione coperta e dei lavori ivi eseguiti nell’anno 1829. Tipo I, 1829 (AS ROMA, CDM, I, cart. 4, n. 164) - descrizione; si sono qui riportate, nella maniera più chiara ma anche più sintetica possibile, una serie di indicazioni utili per descrivere “estrinsecamente”25 l’unità e relative a: - consistenza dell’unità, che può essere composta di una sola pianta, di un solo foglio di mappa, ma spesso anche di numerose piante, profili o altro, accompagnati o non da relazioni, progetti etc; - modalità di realizzazione grafica (a inchiostro, ad acquerello, a penna etc.); - numerazione, originale (fig. 5) o moderna (generalmente a matita), ed eventuali misure di ciascun foglio, se non omogenee; - presenza di legende, indici, descrizioni e scritte esplicative diverse26 25 Non si è generalmente indicato il supporto delle piante perché è sempre omogeneo (carta, raramente carta telata o cerata). In pochissimi casi è utilizzata la pergamena, in un unico caso la pianta è costituita da un plastico. 26 Tra le scritte - che si sono riportate integralmente e nella originaria lingua latina, sciogliendo le abbreviazioni - ricordo in particolare quelle apposte sul verso della pianta, quando 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 20 20 Daniela Sinisi 6. e 7. Memoria sopra il porto di Ancona. Tavola V; Tavola XVI, 1807 (AS ROMA, CDM, I, cart. 2, n. 64), particolari dell’ornamentazione delle tavole 8. Pianta della venerabile chiesa di S. Maria delle Gratie con sua fabrica annessa, posta nel castello di Foce…, 1717 (AS ROMA, CDM, I, cart. 1, n. 48), particolare del cartiglio ornato 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 21 Per una storia della Collezione di disegni e mappe 21 apposte sul recto o sul verso del documento grafico (fig. 6); - presenza di ornamentazioni, decorazioni, stemmi e signa notarili (figg. 7 e 8); - presenza di simboli grafici per l’orientamento della pianta, come rose dei venti, (fig.9), frecce indicanti il nord, aghi magnetici. In tutti 9. Profilo della livellazione della caduta dell’Arone e Mappa del corso del fiume Arone nel sito della diferenza, 1740 (AS ROMA, I, cart. 6, n. 234 r. e v.). Si noti l’utilizzo della rosa dei venti per l’orientamento della pianta. Sul verso, esibizione della pianta presso il notaio del Tribunale dell’AC, Urbanus (20 luglio 1740) 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 22 22 Daniela Sinisi 10. Mappa della città di Ancona, pianta de relitti di mare di proprietà della R.C.A. desunta dalla mappa originale… esistente presso questo Direzione Generale del Censo, 1825 (AS ROMA, CDM, I, cart. 2, n. 98), con particolare delle sottoscrizioni questi casi si è utilizzata la sintetica espressione “è indicato l’orientamento”; - sottoscrizioni degli autori e di coloro che collaborarono, a diversi livelli, alla predisposizione, alla redazione o alla revisione o copia essa fosse esibita negli atti del notaio - cancelliere di un Tribunale (il più rappresentato è certamente quello dell’Auditor Camerae): la pianta stessa costituiva in tali casi documento utile per la discussione della causa e per il giudizio del giudice incaricato. La formula citata ha consentito di individuare con certezza l’archivio di provenienza e, talvolta, la serie dell’archivio del tribunale alla quale essa apparteneva originariamente (ad es. Iura o Cedulae). 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 23 Per una storia della Collezione di disegni e mappe 23 della pianta (incisori, disegnatori, revisori), oppure all’autentica (notai e testimoni), ciascuno con la propria qualifica (fig. 10); - segnature e numeri d’ordine; si sono qui segnalati soprattutto i numeri di protocollo (con la eventuale presenza di timbri dell’istituzione da cui proviene il documento); - note; lo schedatore ha liberamente utilizzato questo campo per approfondire il contesto in cui fu realizzata l’unità grafica, oppure per fornire notizie storico-istituzionali sulle magistrature ai cui archivi appartenevano le piante, o sulla biografia dei tecnici, spesso assai illustri, che le realizzarono. Nel campo note è data pure l’indicazione delle unità risultate mancanti alla revisione del 2013 e di quelle che, per motivi di cattivo stato di conservazione, non sono state analiticamente descritte dagli schedatori, delle quali vengono quindi forniti i soli, scarni dati presenti nel vecchio inventario 109. Sono qui pure forniti, laddove si sia ritenuto opportuno, i rinvii ad altre unità della stessa Collezione collegate con l’unità schedata; - provenienza archivistica (a.p.). Un discorso a parte va fatto per questo campo della scheda non strettamente necessario per la descrizione dell’unità grafica, ma che si è voluto inserire, invece, come ulteriore indicazione e possibile ausilio per la ricerca di documentazione negli archivi. Infatti, come si è detto più volte, la stragrande maggioranza delle piante, disegni e mappe presenti nelle collezioni dell’Archivio di Stato di Roma furono, al tempo della formazione delle miscellanee stesse, estrapolate dai tanti fondi archivistici, senza che gli archivisti dell’epoca si preoccupassero di lasciare un qualsiasi riferimento. In particolare sono ben rappresentati nella Collezione I gli archivi, ampi, complessi e articolati, della Reverenda Camera Apostolica (RCA), soprattutto quelli del Tesoriere generale e della Computisteria generale, di alcune delle Presidenze camerali - prima fra tutte la Presidenza delle strade con i suoi notai privativi - dei notai segretari e cancellieri della RCA (notai della RCA)27. Molte unità provengono con certezza poi dai principali tribunali centrali pontifici, camerali e non: in ordine di frequenza possiamo citare il Tribunale dell’Auditor Camerae (Tribunale dell’AC), seguito dal Tribunale della Camera apostolica e dal Tribunale della sacra rota. 27 Nell’indicare l’archivio di provenienza, per quanto riguarda gli estesi archivi camerali, ci si è spesso limitati a scrivere soltanto RCA, senza altre specifiche. Si tenga conto peraltro che alcune delle piante potrebbero essere state estrapolate dai fondi Camerale II e III, ordinati per materia e per luoghi. Sugli archivi camerali si veda in particolare PASTURA. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 24 24 Daniela Sinisi Ben rappresentate sono pure le Congregazioni cardinalizie e, in particolare, la Congregazione del buon governo e, soprattutto, la Congregazione delle acque, dal cui archivio provengono numerosissime unità, specie per i secoli XVII-XIX (di esse si è potuto con certezza indicare l’archivio di provenienza nella maggioranza dei casi) e sicuramente alcune delle carte, piante e profili di livellazione più belli esteticamente e più ricchi di informazioni sui territori raffigurati28. Poche le certezze, invece, per l’indicazione della provenienza da archivi privati, quali famiglie o persone, congregazioni religiose o ospedali, che quindi risultano pochissimo rappresentati29. Per l’attribuzione dell’archivio di provenienza ci si è serviti di vari elementi, in taluni casi combinati tra loro, presenti sul recto o sul verso dell’unità grafica descritta, o, anche, nei documenti scritti ad essa collegati: dichiarazioni del perito, architetto o agrimensore, autore/autori della pianta, di essere stati deputati da una certa autorità a redigere la pianta stessa e l’eventuale relazione; esibizione negli atti del notaio cancelliere di un tribunale pontificio, della pianta - utilizzata come elemento del contenzioso - attestata da una scritta redatta secondo un apposito formulario, comprendente la denominazione del tribunale (ad es. AC ), i nomi delle parti in causa (citati nella formula notarile pro…, contra…), la sottoscrizione del notaio cancelliere con la data di presa in carico dell’atto; presenza di dediche e indicazioni di destinatari o committenti, nella didascalia o nel cartiglio o nella legenda dell’unità grafica, etc. Nei casi in cui l’attribuzione sia sembrata certa, si è indicata tout- 28 Sulla Congregazione del buon governo e sul suo imponente archivio, è indispensabile ricorrere al fondamentale inventario LODOLINI E. 1956, con ampia e documentatissima introduzione storico-archivistica. Da tale archivio provengono sicuramente numerose unità grafiche della Collezione. Per approfondire invece l’argomento della gestione delle acque interne e della Congregazione che a tale settore sovrintese dall’inizio del XVII secolo, si veda in questo stesso volume il saggio di Paolo Buonora, Fiumi di carta e la bibliografia ivi citata. Sull’istituzione della cinquecentesca Congregatio super viis, pontibus et fontibus, precedente istituzionale della congregazione delle acque (in particolare per il settore degli acquedotti), si veda la regestazione dei decreti cardinalizi presenti nel registro n. 1 (1567-1588) del piccolo ma importante fondo conservato presso l’AS Roma, GENOVESE - SINISI. 29 Soltanto con lunghissime ricerche storiche e archivistiche sarebbe stato possibile – e in pochissimi casi – individuare l’appartenenza ad uno di questi archivi. Per qualche esempio ben documentato si veda il saggio di S. Passigli e A. Ruggeri, dedicato alle piante di alcune tenute dell’Agro romano, in questo stesso volume. 30 Per l’indicazione dell’a.p. (archivio di provenienza) si è fatto riferimento alle denominazioni contenute nel repertorio dei fondi archivistici dell’Archivio di Stato di Roma, (GRAZIANI). Nel complesso, si può calcolare che, tra certi e probabili, si sia riusciti a determinare gli archivi di provenienza in circa il 70% dei casi, per la Collezione I. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 25 Per una storia della Collezione di disegni e mappe 25 court la denominazione dell’archivio di provenienza30. Nel caso più frequente, invece, in cui l’attribuzione è sembrata solo possibile o probabile, la denominazione dell’archivio di provenienza è stata indicata tra parentesi quadre. Si è però preferito fornire l’indicazione comunque, anche considerando un possibile margine di errore, basandola su considerazioni di tipo storico istituzionale, deduzioni logiche o analogie riscontrate dall’archivista31. Tutto quello che finora abbiamo detto è riferibile, in particolare, agli archivi delle istituzioni pontificie del periodo di antico regime. Più complesso ancora il discorso della determinazione delle provenienze si fa per gli archivi ottocenteschi, in particolare per il periodo che va dalla Restaurazione alla caduta definitiva del potere pontificio (1870), in rapporto alle numerosissime riforme istituzionali dell’amministrazione centrale e di quella periferica, cui i pontefici procedettero a più riprese e nei vari ambiti, in quel cruciale cinquantennio ed anche alla produzione stragrande di documentazione rispetto al passato – da parte di organismi che stanno sempre più ampliando i loro compiti istituzionali e le loro funzioni – cosa che rende assai complesso il potersi orientare in masse spesso sterminate di carte d’archivio. Nascono, ad esempio, in quest’arco temporale, istituzioni più moderne anche se pensate in continuità con altre già esistenti all’interno della RCA, quali il Tesorierato generale con le sue amministrazioni (con l’organo collegato della Computisteria generale della RCA) e il Camerlengato, vero e proprio “panministero”, che si occupa di numerosissime branche dell’amministrazione, precedendo di qualche anno il Ministero del commercio, belle arti, industria, agricoltura e lavori pubblici32. Nasce anche un nuovo, complesso e potente organismo di sovrinten- 31 In moltissimi casi, in assenza di elementi obiettivi, si è preferito non dare nessuna indicazione, anche se, in base al contesto storico istituzionale, si potrebbe forse dedurre la provenienza dell’unità. Voglio qui ricordare in particolare che nella Collezione I vi sono numerose unità, relative in specie ai secc. XVIII-XIX, che raffigurano territori, strade, confini, mulini, posti in aree di pertinenza dei comuni dell’ex Stato pontificio. Tali piante sono, probabilmente, in buona misura da attribuire all’articolato archivio della Congregazione del buon governo, ma le ricerche, comunque di incerto risultato, in questo caso comporterebbero modalità complesse e tempi assai lunghi per effettuare le necessarie verifiche. Si è preferito, perciò, non dare alcuna indicazione di provenienza in questi casi, per evitare di fornire agli utenti piste di ricerca erronee o addirittura fuorvianti. 32 Sul Ministero del commercio e lavori pubblici, si veda in particolare l’inventario (con studio storico-istituzionale) LODOLINI TUPPUTI. Ricordo ancora una volta che il settore che potremmo chiamare dei lavori pubblici di acque e strade è certamente quello meglio rappresentato in assoluto nelle unità della Collezione I, non solo per l’Ottocento ma anche per i secoli precedenti. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 26 26 Daniela Sinisi denza e gestione della catastazione e della imposizione fiscale sui beni immobili presenti nei vari comuni dello Stato pontificio, quale fu la Presidenza generale del censo33. Ancora, per fare un altro esempio, fu completamente riformato tutto l’importante settore dei lavori pubblici di acque e strade, prima negli anni immediatamente successivi alla Restaurazione, con l’istituzione di organi consultivi quali il Consiglio d’arte o, tecnici, come il Corpo degli ingegneri di acque e strade, poi, con l’unificazione nel 1833 in un solo grande organismo che sovrintendesse, come era auspicato da tempo, a tutti i lavori pubblici statali: la Prefettura generale di acque e strade. Anche l’amministrazione degli “affari interni”34 - da fine Cinquecento affidata per quel che concerneva la supervisione delle amministrazioni comunali dal punto di vista finanziario, alla Congregazione del buon governo - viene riformata radicalmente con l’istituzione nel 1816 della Direzione generale di polizia che aveva competenze sul cruciale settore dell’ordine pubblico. Nel 1833 venne istituita la Segreteria per gli affari di Stato interni, che preludeva al vero e proprio Ministero dell’Interno, mentre parallelamente si ridisegnò ex novo la struttura dell’amministrazione periferica dello Stato (articolata in legazioni e delegazioni, governi e comuni). Infine fu rinnovato completamente l’assetto dei tribunali pontifici, ispirandolo a criteri di maggiore razionalità e uniformità sul territorio35. In questo complesso di istituzioni nuove o rinnovate irrompe, poi, alla fine del 1847, il motuproprio di Pio IX che istituisce i veri e propri Ministeri36, trasformando ancora, nell’ultimo ventennio di potere papale, lo scenario politico e amministrativo dello Stato ecclesiastico. 33 Dalla Presidenza del censo e dal suo grande archivio provengono numerose unità della Collezione I. Ricordo qui che ad essa sono state comunque attribuiti anche alcune copie o estratti di mappe catastali, effettuati dalla Presidenza per scopi non precisati nelle unità grafiche stesse. 34 Va ricordato che gli archivi dei due massimi organismi di governo per quel che riguardava la politica interna dello Stato pontificio, la Sacra Consulta e la Segreteria di Stato, non sono presenti nell’Archivio di Stato di Roma 35 Su questo periodo fondamentale di trasformazioni istituzionali sono stati scritti numerosissimi e documentati saggi e volumi, che qui è impossibile ricordare analiticamente. Resta fondamentale lo studio di A. Caracciolo in CARAVALE - CARACCIOLO; per una prima informazione, sintetica ma puntuale, anche sugli archivi conservati dall’AS Roma, si veda in particolare LO SARDO 1994 e, sulla riforma dei tribunali pontifici VENZO. 36 Tra gli archivi dei ministeri pontifici ricordo tra gli altri quello importante e finora non citato, del Ministero delle armi, anch’esso molto ben rappresentato - con i suoi precedenti istituzionali (Congregazione delle armi, Presidenza delle armi) - nel campo “archivio di provenienza”, in molte piante della Collezione I. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 27 Per una storia della Collezione di disegni e mappe 27 In un quadro, dunque, di organismi che si susseguono ma che spesso sovrappongono le loro competenze oppure cadono in parziale desuetudine o mutano articolazioni interne, è ovvio che sia molto difficile ed anche archivisticamente rischioso, indicare con plausibile attendibilità le provenienze delle moltissime unità datate o databili al XIX secolo (dopo la breve ma intensa esperienza napoleonica, della quale peraltro sono documentati alcuni aspetti nella stessa Collezione): chi utilizzerà l’inventario ne dovrà tenere necessariamente conto. In questi casi, soprattutto per il trentennio di transizione che va dalla Restaurazione alla istituzione dei Ministeri, si è talvolta indicato, per un certo ambito di competenza (ad es. l’amministrazione di acque e strade) un gruppo di archivi (ad es. Presidenza delle strade o Prefettura generale di acque e strade o Consiglio d’arte o Corpo degli ingegneri pontifici di acque e strade) - specie in assenza di una datazione precisa presente sull’unità grafica e di elementi identificativi certi - oppure uno solo tra gli archivi di queste stesse istituzioni, che sia sembrato, per analogia con altre unità presenti nella Collezione, il più probabile contenitore dell’unità grafica in esame37. Maggiori certezze, invece, si possono avere per il periodo in cui, già in via sperimentale alla metà degli anni trenta dell’Ottocento, ma decisamente dal 1848, fu adottato diffusamente nello Stato pontificio un sistema di protocollazione e/o classificazione degli atti, con annesso utilizzo di timbri e adozione di denominazioni ufficiali per amministrazioni, direzioni o divisioni. Poiché tali riferimenti vengono apposti spesso in calce ai documenti e dunque anche ai documenti grafici, è stato possibile individuare con Per il trentennio in questione sono presenti nella Collezione I, per fare l’esempio di un ambito amministrativo da me meglio studiato, molte unità grafiche provenienti dagli archivi dell’Amministrazione delle strade (profondamente riformata già negli anni 1817-1818), relative a tratti stradali e ponti, la cui attribuzione precisa sarebbe impossibile se non con lunghissime ricerche. Voglio citare il caso, recentemente segnalatomi, degli accurati studi su un gruppo di tali unità, effettuati dalla collega Orietta Verdi, che alla fine del 2012 ha esaminato per la partecipazione ad un convegno la documentazione d’archivio relativa agli ingegneri Mollari e Pistocchi, per il periodo 1818-1820. In quella occasione ha potuto individuare la certa provenienza del volumetto contenente il progetto (con piante) per il ponte al Godolino, sulla via Flaminia nelle Marche, esercizio 1818-1819, (attualmente in CDM, I, cart.112, u.n. 301): tale volume con progetto e piante - da me inizialmente attribuito all’archivio della Presidenza delle strade - era stato, in effetti, inviato per l’approvazione al Consiglio d’arte ed era stato esaminato dall’architetto Pietro Camporese, che vi fa riferimenti dettagliati. È all’archivio del Consiglio d’arte, dunque, e precisamente alla busta 57, fascicolo k, che andrebbe idealmente riunito il volume in questione. 37 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 28 28 Daniela Sinisi certezza l’istituzione di appartenenza. In alcuni casi e anche grazie a segnalazioni di studiosi e ricercatori, si è potuto perfino indicare la “posizione” cui l’unità grafica doveva appartenere ed il numero della unità di conservazione dell’archivio in cui andrebbe oggi ricollocata38. Si segnala infine che , sotto lo stesso campo “provenienza archivistica” (o a.p.), sono stati indicati, per comodità degli utenti, anche se in maniera non del tutto propria, i pochissimi casi di acquisizione di piante attraverso acquisti e doni, nel caso in cui ne sia stata data notizia attraverso scritte presenti sulle unità stesse. Voglio in ultimo ricordare che, a corredo dell’inventario, sono stati elaborati accurati indici dei nomi di persona (antroponimi) e di luogo (toponimi). I primi comprendono tutti i nomi di coloro che compaiono o sono citati in uno dei campi del data-base; viene segnalato sempre almeno il cognome di ciascuna persona (o famiglia) citata, al quale si è quasi sempre riusciti ad affiancare il nome di battesimo, anche se non presente, semplicemente sciogliendo sigle, oppure invece ricavandolo attraverso appropriate ricerche nei repertori. Ogni volta che sia stato possibile, a fianco di cognome e nome, è stata indicata anche la qualifica, come ricavata dalle scritte e dalle sottoscrizioni presenti sull’unità grafica (architetto, perito, agrimensore oppure, camerlengo, presidente delle strade, etc.). Si è pensato di indicizzare anche i nomi dei proprietari, possessori, affittuari di beni immobili citati spesso nella denominazione della pianta, ritenendo utile rendere fruibile agli studiosi questo cospicuo patrimonio di informazioni, poco conosciuto attraverso altre fonti documentarie. Per quel che riguarda invece i toponimi39, (alcune migliaia sono quelli rilevati) ci si è proposti di indicizzare sistematicamente tutti i nomi di luogo presenti nei vari campi descrittivi dell’unità grafica. Si è cercato di farlo, tenendo conto delle sole indicazioni presenti nella scheda, artico- 38 Molte segnalazioni sono giunte all’AS Roma nell’ultimo trentennio grazie ad approfonditi studi di storia delle istituzioni, storia dell’architettura e dell’urbanistica o di toponomastica condotti da ricercatori, storici o semplici appassionati di storia locale. Per quanto riguarda in particolare la Prefettura generale di acque e strade, dal cui archivio proviene il maggior numero di unità grafiche idealmente ricollocabili, voglio in particolare ringraziare gli architetti Francesco Giovanetti e Susanna Pasquali, e, in particolare, l’amico, topografo e studioso di carte d’archivio, Adriano Ruggeri. 39 La quasi totalità dei toponimi indicizzati è relativa alle diverse province e territori dello Stato pontificio, mentre un’esigua minoranza riguarda altre zone d’Italia. È da ricordare che nello Stato pontificio erano compresi anche il territorio di Avignone - che, però, compare come toponimo in due soli casi - e il territorio della provincia di Benevento, vera e propria enclave pontificia situata geograficamente nel Regno di Napoli. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 29 Per una storia della Collezione di disegni e mappe 29 lando l’indice su tre livelli: (toponimo) principale; specifica; ambito territoriale40. Il toponimo principale - sempre indicato - si riferisce al luogo o ai luoghi (città e/o suo territorio, fiume, strada, area geografica etc.) rappresentati nella pianta. Laddove poi, sia indicata anche una località specifica di riferimento (ad esempio contrada, vocabolo, tenuta, oppure via, piazza in una città), tale luogo è indicato nel livello specifica. Più raramente, invece, è indicato il livello ambito territoriale e solo se citato nel campo denominazione della pianta. Va segnalato che, quando sono stati indicizzati toponimi relativi a città e paesi dello Stato pontificio (o anche dello Stato italiano), nel toponimo principale sarà indicato il nome della città o paese, aggiungendo accanto “città”, se si tratta di vie, piazze, palazzi situati entro le mura cittadine o nei confini del centro abitato, oppure “territorio”, se si tratta di contrade, vocaboli oppure di torrenti, fiumi e strade o altro, compresi nel contado o territorio di quella stessa località. Un’avvertenza particolare va fatta per quel che riguarda la città e il territorio di Roma, ai quali, come si è detto, si riferiscono numerosissime unità grafiche della Collezione I. Anche in questo caso ci si è attenuti alla regola sopra enunciata, distinguendo tra Roma città, con relative specifiche, e Roma territorio, con relative specifiche. Per il territorio della capitale va tenuto presente però che esso si articolò, nelle varie epoche, in un territorio che potremmo definire comunale, denominato Agro Romano (o Agro Romano e Suburbio) - che comprendeva l’area più vicina alla città - e in un territorio più vasto, esteso tutto intorno, fino al mare ed ai castelli romani e oltre, che potremmo indicare come territorio provinciale di Roma, designato stabilmente nell’Ottocento, come Comarca. Nell’indicizzazione si è data l’indicazione dell’ambito territoriale “Agro Romano”, “Suburbio” o “Comarca” di Roma41, in corrispondenza del toponimo principale “Roma, territorio” solo se tale indicazione di contesto geografico sia esplicitamente contenuta nella denominazione originale della pianta42. 40 Si sono indicati in principale anche i nomi attualmente in uso di cittadine e paesi che nelle piante della collezione erano individuati con toponimi oggi non più esistenti; ad esempio troveremo in principale il nuovo toponimo Priverno, col rinvio, in specifica, a Piperno - che costituiva la denominazione della cittadina laziale fino al 1927- seguito da vedi. 41 Sulla Campagna romana restano fondamentali i volumi di TOMASSETTI. Su varie tenute e casali dell’Agro romano, si vedano in particolare gli approfonditi e documentati studi di Jean Coste e, in questo stesso volume, il saggio di S. Passigli e A. Ruggeri. 42 Per il periodo postunitario, è talvolta indicato invece, “Roma, comune” e “Roma, provincia”. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 30 30 Daniela Sinisi Il complesso di tali indici onomastici e toponomastici fornisce, come si vede, assai più ampie possibilità di accesso mirato alle unità della Collezione, rispetto al precedente elenco-inventario cartaceo che faceva riferimento ad un toponimo “prevalente”, individuato talvolta in maniera assai soggettiva, se non erronea, dagli schedatori dell’epoca43. *** Voglio concludere queste note, necessariamente sintetiche, sottolineando che questo lavoro, come tutti quelli vasti, elaborati a più mani, relativi a contesti diversissimi tra loro, va inteso dai futuri utenti come risultato, speriamo utile anche se non perfetto, di un work in progress. Sono certa che esso potrà affinarsi in futuro, sia se gli archivisti vorranno proseguire nell’opera impegnativa di schedatura delle altre collezioni cartografiche e iconografiche dell’Archivio, sia se studiosi e ricercatori vorranno far giungere approfondimenti, suggerimenti, correzioni all’Archivio di Stato e alla curatrice del presente lavoro. Voglio ringraziare qui la Direzione generale per gli archivi, che ha sempre sostenuto il mio impegno, in particolare le dottoresse Anna Pia Bidolli e Patrizia Ferrara, che insieme con il dottor Mauro Tosti Croce, hanno reso possibile questa pubblicazione, e i direttori dell’Archivio di Stato di Roma che si sono succeduti alla guida dell’Istituto nel lunghissimo periodo di gestazione e di realizzazione dell’opera, Elio Lodolini, Lucio Lume, Luigi Londei ed Eugenio Lo Sardo. Un ringraziamento affettuoso va ai numerosi colleghi e collaboratori che hanno lavorato con passione e fornito utili indicazioni per la migliore riuscita dell’opera. 43 Non è forse superfluo ricordare che la schedatura informatizzata dà, di per sé, la possibilità all’utente di effettuare ricerche puntuali sui vari “campi”, attivando l’apposito comando “modifica” e poi “trova”. Per una breve introduzione esplicativa sull’impostazione generale del data base, si rinvia alle Note per l’utilizzo del software, di Salvatore Miele, che precedono le schede descrittive nel database. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 31 ORIETTA VERDI Restauro, conservazione, riproduzione digitale delle piante e dei disegni Il fondo miscellaneo di piante e disegni conservato all’Archivio di Stato di Roma, conosciuto come Collezione di disegni e mappe, e suddivisiso in tre parti, è stato oggetto nel corso degli ultimi due decenni di una costante attenzione sotto il profilo della conservazione, del restauro e della riproduzione, prima fotografica e poi digitale. La conservazione delle piante e dei disegni, soprattutto di quelli di grande formato, ripiegati anche più volte in cartelline, a loro volta riposte in contenitori di cartone rigido chiusi con fettucce di cotone, si era rivelata da tempo assolutamente inidonea e poco pratica per il prelievo e la ricollocazione. Inoltre il materiale iconografico presentava livelli preoccupanti dei fattori di degrado che si possono riassumere in due categorie fondamentali: danni derivati dall’acidità degli inchiostri, localizzati sulle zone di scrittura (legende, scritte, cartigli) e sul tracciato dei disegni, che consistono in un processo progressivo di perforazione del supporto con perdita del testo; danni conseguenti alla manipolazione incauta, alle piegature del supporto e talvolta all’acidità dei componenti della pasta di cellulosa impiegata per ottenere il foglio di carta del supporto: lacerazioni più o meno profonde, strappi, corrosione, sfaldamento, che nei casi più gravi giungono a compromettere completamente l’integrità del disegno o della pianta che si presenta ridotta in pezzi. Grazie a risorse messe a disposizione negli anni Novanta e successivamente fino al 2009, l’intera Collezione I è stata restaurata e condizionata in nuove cartelle di cartoncino a lunga conservazione, di grammatura media e di grande flessibilità, il cui formato (cm 80:100) ha permesso che la maggior parte dei disegni vi fosse ospitata senza piegature o con al massimo una piega leggera; le cartelle vengono poi riposte in contenitori rigidi in cartone telato a lunga conservazione del medesimo formato, a gruppi di circa 15 ciascuno, e infine i contenitori sono conservati distesi su solide griglie metalliche studiate e realizzate all’uopo. Il materiale grafico della Collezione I è molto eterogeneo quanto alla 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 32 32 Orietta Verdi 1. Bozzetto dell’affresco della cappella Castellani in S. Francesco a Ripa, inviato da Giovan Battista Ricci a Cristoforo Greppi, Roma, ante 1614 tipologia di rilievo, al formato e in alcuni casi al supporto, che è sempre cartaceo, talvolta su velina: si va dalla piccola pianta o disegno di formato fino a cm 21:30, alla pianta topografica, ai disegni di architettura, ai bozzetti di opere pittoriche e decorative (fig. 1), i cui formati medi rientrano in cm 50:70, all’estratto di mappa catastale (fig. 2), i cui formati arrivano in genere a cm 80:100, fino alla planimetria di dimensioni eccezionali (si può arrivare a 6 mt. e più di lunghezza per le piante del secolo XIX). Le carte sono in genere di grammatura consistente, vergate o veline, fabbricate con paste di cellulosa non sbiancate, di color avorio, crema o giallastre, a seconda del secolo di riferimento; spesso le carte fabbricate nei primi decenni dell’Ottocento sono di qualità scadente perché contengono un’alta percentuale di lignina miscelata alla polpa di cellulosa, di conseguenza si lacerano e si ingialliscono facilmente, si infragiliscono e si spezzano perché aggredite dell’acidità dei componenti. Per quel che riguarda le mediazioni grafiche e le tecniche di esecuzione dei disegni, pur trattandosi nel 90% dei casi di realizzazioni ad inchiostro e acquarello, possiamo trovarci di fronte per il secolo XVII, a un tratteggio a sanguigna, matita di grafite, lavis di seppia, lumeggiatura in biacca o gesso bianco: tutte tecniche che presuppongono ovviamente trattamenti a secco e che pongono problematiche diverse in fase di restauro, da affrontare volta per volta. La progettazione dei lotti da inviare al restauro nel corso degli anni è stata preceduta da un capillare lavoro di censimento delle piante e delle tipologie di danno che vi si riscontravano, in base al quale sono stati selezionati e inviati al restauro prima la cartografia molto danneggiata e inconsultabile, poi il materiale con danni meno gravi e infine le piante con pie- 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:22 Pagina 33 Restauro, conservazione, riproduzione digitale 33 2. Topografia di una porzione delle comuni di Albano e Castel Gandolfo, XVIII sec. (AS ROMA, CDM, I, cart. 1, n. 20) gature che necessitavano soltanto di essere spianate, distese e condizionate in modo idoneo. Nel corso di quasi vent’anni sono state restaurate e condizionate circa 2.500 unità cartografiche, l’ultimo lotto delle quali - costituito da 170 piante - si è concluso nel 2012. Metodologie e tecniche di restauro del materiale cartografico Per poter programmare un corretto intervento di restauro è necessario esaminare e valutare l’unità cartografica nel suo complesso, incluso le tracce che il decorso del tempo vi ha sedimentato (patina, ingiallimento, acidità, indebolimento del supporto, pieghe). Per lo meno dagli anni Settanta il conservatore e il restauratore si prefiggono un medesimo risultato: premesso che il restauro è da considerarsi l’extrema ratio, l’ultimo tentativo di recuperare il documento, e che esso rappresenta comunque un momento critico per la documentazione cartacea, l’intervento deve necessariamente essere conservativo, limitandosi a bloccare tutti i fenomeni di degrado chimico-fisico e a ripristinare la funzionalità del bene e possibilmente la sua integrità estetica e storica, senza alcuna alterazione. Dunque il restauro deve essere conservativo e per conseguire tale risultato è indispensabile che l’intervento non solo sia riconoscibile, valore importantissimo che permette di distinguere un originale restaurato da una riproduzione dell’originale, tipica del falso storico, ma deve poter permettere sempre la sua eventuale rimozione. L’osservanza di questo fondamentale principio può consentire nel futuro, con l’evoluzione degli studi sulle tecniche e sui materiali di restauro, di migliorare il tipo di operazione, oltre a permettere sempre, in caso di restauro errato, la rimozione dell’intervento. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 34 34 Orietta Verdi 3. - Controllo solubilità 4. - Spolveratura e pulizia a secco 5. - Deacidificazione mediante nebulizzazione 6. - Fissaggio e pigmenti 7. - Mending 8. - Velatura 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 35 Restauro, conservazione, riproduzione digitale 35 Per tale motivo tutti i materiali impiegati durante queste delicatissime fasi devono essere reversibili. La predisposizione del materiale cartografico da inviare al restauro avviene attraverso una schedatura tecnica dell’unità cartografica, accompagnata dalle immagini del ‘pezzo’, nella quale vengono rilevati gli elementi costitutivi del documento (caratteristiche della carta, dei pigmenti, degli inchiostri), la segnatura, il tipo di condizionamento, i danni riscontrati, le prescrizioni per il restauro e il nuovo condizionamento. Il restauro prevede una prova di solubilità delle mediazioni grafiche da eseguirsi su un punto marginale della carta (fig. 3) e comunque è sempre preliminarmente adottata la pulizia a secco con pelle scamosciata e/o con pennello secco, della cartografia che presenta pigmenti colorati, onde asportare materia polverosa e talora micotica, residui di inchiostro, che si trovano depositati sui supporti (fig. 4). Se è possibile un trattamento acquoso, si passa il disegno in soluzione deacidificante tiepida per qualche minuto, oppure si procede dopo la pulizia a secco, a deacidificare le parti aggredite dall’acidità con un prodotto nebulizzato (fig. 5); dopo l’asciugatura si provvede alla ricollatura della carta sul verso per restituire consistenza e flessibilità al supporto mentre sul recto del foglio si può passare un fissativo a spruzzo per ottenere una maggiore aderenza dei pigmenti al supporto cartaceo ed evitare che si scoloriscano (fig. 6). A questo punto si possono integrare le parti mancanti (lacune e strappi) mediante l’ausilio di carta giapponese adesa con metilcellulosa al 4% (fig. 7); in caso di forte indebolimento del supporto si applica un velo di carta giapponese del tipo Vang 502 su tutto il verso del disegno per consolidarne la struttura e si rifila il velo eccedente ai bordi (fig. 8). Il disegno viene poi disteso e spianato sotto pressa leggera tra teli di cotone e fogli di reemay per non appiattire il rilievo del tratteggio e condizionato in cartelle-custodia di cartoncino poroso a lunga conservazione, dotato di buona riserva alcalina. L’intera collezione era stata sottoposta negli anni Ottanta a microfilmatura di sicurezza in bianco e nero; la scansione digitale dei disegni viene eseguita a pagamento e su richiesta degli utenti della sala di studio. Le risorse a disposizione non hanno permesso la realizzazione di una scansione digitale a tappeto della Collezione I che viene quindi ancora consultata mediante microfilm. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 36 Pianta, che mostra la navigazione tra Bologna e Ferrara, e lo Stato delle Valli e del Reno, e della Lorgana condotto fino al Po’ di Primaro fatta l’anno 1609 in occasione della Visita Gualtieri, sec. XIX (AS ROMA, CDM, I, cart. 65, n. 363) Pianta delle Paludi Pontine formata per ordine di nostro signore Pio Papa VI, 17771799 (AS ROMA, CDM, I, cart. 51, n. 18) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 1 1. Territorio di Farfa. Vocabolo Ponticello, sec. XVII (AS ROMA, CDM, I, cart. 27, n. 34) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 2 2.Cervia. Pineta e saline comprese tra il fiume Savio, il mare e La Pallatta di Cervia, 1748 (AS ROMA, CDM, I, cart. 16, n. 151) 3. Tipo di situazione delle acque che animano le camerali fabbriche de tabacchi e della carta nel territorio di Chiaravalle ed il mulino Oddi ora Gabrielli, sec. XIX (AS ROMA, CDM, I, cart. 18, n. 212) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 3 4. Dichiaratione delle cose più notabili descritte nella presente pianta della Selva di Portuarno, nei pressi di ponte Felice sul Tevere, 1776 (AS ROMA, CDM, I, cart. 9, n. 109) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 4 5. Pianta topografica della tenuta di Bagnone, compresa tra i territori di Cingoli e San Severino, 1778 (AS ROMA, CDM, I, cart. 18, n. 231) 6. Pianta della porzione del Polesine di Ferrara dalla Mesola al mare, 1749 (AS ROMA, CDM, I, cart. 11, n. 26/II) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 5 7. Pianta del territorio di Bagnacavallo, compreso tra i fiumi di Po di Primaro, Senio e Lamone, 1687 (AS ROMA, CDM, I, cart. 7, n. 4) 8. Pianta dei terreni controversi tra le comunità di Ceccano e Frosinone (con particolari dei due abitati), 1776 (AS ROMA, CDM, I, cart. 15, n. 126/II) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 6 imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 7 9. Disegno che mostra l’andamento delle tre linee dove due di terra, ed una di acqua con suoi pilastri e numeri, con cui, nel Trattato di Melara segnato li 3 maggio 1757 furono stabiliti li confini tra il Ducato di Mantova e lo Stato Pontificio nel Ducato di Ferrara (…), 1765-1766 (AS ROMA, CDM, I, cart. 29, n. 80/1-2) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 8 imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 9 10. Ancona. Darsena. Progetto di ingrandimento, e variazione, 1817 (AS ROMA, CDM, I, cart. 2, n. 87/II-III) 11. Prospetto (con veduta della città), CDM, I, cart. del porto di Fano a volo d’uccello 1718 (AS ROMA, 26, n. 20) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 10 12. Porto di Ancona. Progetto della ricostruzione del muro fra l’arsenale e l’Arco Traiano, 1853 (AS ROMA, CDM, I, cart. 3, n. 124) 13. Prospetto di Civitavecchia nel tempo di Papa Clemente XI 1700-1721, sec. XVI (AS ROMA, CDM, I, cart. 19, n. 271) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 11 14. Prospetto del lato sud-ovest del forte Michelangelo in Civitavecchia, 1870 (AS ROMA, CDM, I, cart. 20, n. 313) 15. Ascoli. Pianta prospetto e spaccati della chiesa di S. Francesco, sec. XIX (AS ROMA, CDM, I, cart. 6, n. 242) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 12 16. Carpegna. Prospetto del palazzo baronale “ora spettante alla Reverenda Camera Apostolica”, 1816, (AS ROMA, CDM, I, cart. 12, n. 62/1) 17. Pianta della Rocca di Camerino, 1827 (AS ROMA, CDM, I, cart. 11, n. 12/1) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 13 18. Pianta del locale pei nuovi Archivi in Bologna, 1860, (AS ROMA, CDM, I, cart. 11, n.99, sottounità n. 2) 19. Spaccato in lungo del nuovo lazzaretto proposto per il Porto di Civitavecchia, sec. XIX (AS ROMA, CDM, I, cart. 19, n. 283/III) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 14 20. Disegno ideato da me infrascritto per le nuove Carceri da farsi nella Città di Frosinone, 1822 (AS ROMA, CDM, I, cart. 32, n. 170/1) 21. Provincia di Camerino. Carceri Camerali di Camerino, 1845 (AS ROMA, CDM, I, cart. 11, n. 16) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 15 22. Pianta della piazza della città di Ancona, con la chiesa e convento dei RR.PP. Domenicani, ed altre fabbriche ad esse aderenti, e con l’alzato di alcune di esse, sec. XIX (AS ROMA, CDM, I, cart. 3, n. 129) 23. Pianta della Città della Pieve, sec. XVII (AS ROMA, CDM, I, cart. 18, n. 244) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 16 24. Relitti di Tevere nel territorio di Magliano dalla Reverenda Camera Apostolica conceduti in enfiteusi al signor Prospero Celestini, 1788 (AS ROMA, CDM, I, cart. 41, n. 28) 25. Pianta del corso degli scoli del Polesine di Ferrara nell’ultimo suo tratto verso il mare coll’indicazione dei tre progetti per la riduzione del Canal Bianco, 1745 (AS ROMA, CDM, I, cart. 11, n. 25) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 17 26. Mappa del lago di Bolsena, con profilo dell’emissario fiume Marta e profilo di livellazione del lago (…), 1766 (AS ROMA, CDM, I, cart. 9, n. 100) 27. Pianta di una porzione del Tevere in tenuta Baschi dove sta il porto di Macciano dove dall’illustrissimo signor conte Egidio Baschi si vorrebbe collocar detto porto (...), 1687 (AS ROMA, CDM, I, cart. 7, n. 14) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:53 Pagina 18 28. Pianta della Cavet(t)a delle Lumiere (Allumiere), 1708 (AS ROMA, CDM, I, cart. 1, n. 33/3) 29. Nuova a paratoie mobili per la derivazione dell’acqua della fabbrica dei tabacchi di Chiaravalle, 1856, (AS ROMA, CDM, I, cart. 18, n. 216/II) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:54 Pagina 19 30. Tipo VI: Elevazioni dimostranti il meccanismo dei pistelli e il movimento della macchina che serve alla trafila dei piombi, 1823 (AS ROMA, CDM, I, cart. 18, n. 215/VI) 31. Pianta del sotterraneo della fabbrica dei tabacchi di Chiaravalle, 1823 (AS ROMA, CDM, I, cart. 18, n. 215/III) 32. Pianta del forno di fusione delineato con i commodi e con il metodo prescritto in un foglio da monsieur Luigi Boichot, 1786, (AS ROMA, CDM, I, cart. 12, n. 53) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:54 Pagina 20 33. Descritione con sue annotationi della presente delineata pianta continente la campagna di Sermoneta e Sezza con fiumi, torenti e fossi et altro esistente nelli medemi spetanti tanto all’Illustrissimo et Eccellentissimo Sign. Duca Gaetano Francesco Caetano, Duca di Sermoneta quanto alla comunità e Signori particolari di Sermoneta (...), 1697 (AS ROMA, CDM, I, cart. 51, n. 17/1) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:54 Pagina 21 34. Pianta della Valle Umbra disegnata da Bordoni su ordine del cardinale Francesco Barberini, 1704 (AS ROMA, CDM, I, cart. 124, n. 267) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:54 Pagina 22 35. Pianta delle Chiane con i confini tra il Taglio delle Cannucce e il Chiaro di Chiusi nella zona di confine tra lo Stato pontificio e il Granducato di Toscana, 1605 (AS ROMA, CDM, I, cart. 17, n. 173) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:54 Pagina 23 imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:54 Pagina 24 36. Misura e pianta fatta della tenuta di S. Anastasia posta fuori Porta S. Bastiano delli Illustrissimi et Reverendissimi Signori Canonici di S. Anastasia, 1660 (AS ROMA, CDM, I, cart. 94, n. 825) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:54 Pagina 25 38. Pianta della tenuta di S. Broccola dell’Illustrissimo Signor Mario dé Massimi posta fuori di porta S. Paolo (…), 1588 (AS ROMA, CDM, I, cart. 94, n. 827/1) 37. Agro Romano. Pianta e misura del casale di Capo di Bove (…), 1587 (AS ROMA, CDM, I, cart. 92, n. 724) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:54 Pagina 26 39. Tenuta di Malpasso delle RR. Monache di S. Silvestro in Capite, 1674 (AS ROMA, CDM, I, cart. 93, n. 774) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:54 Pagina 27 imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:54 Pagina 28 40. Agro Romano. Casale d’Acquasona del Venerabile Archiospitale di S. Giacomo dell’Incurabili e di S. Rocco, 1670 (AS ROMA, CDM, I, cart. 92, n. 708) 41. Pianta del Territorio dell’Isola della Reverenda Camera Apostolica fuori Porta del Popolo, sec. XIX (AS ROMA, CDM, I, cart. 93, n. 762) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:54 Pagina 29 42. Icnografia di due camere della casa scoperta nella Vigna Volpi in Via Aventina, sec. XIX (AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 13) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:54 Pagina 30 33. Pianta di diversi Corpi di terreno formanti un sol Corpo detto Villa Coltella, situati dentro Roma, quali al presente coltivansi ad uso o d’orto caseleno, e Pantano spettanti all’Eccellentissimo Signor Senator Savioli in passato, estratta in piccolo dall’originale del Sig. Giovanni Gabrielli Perito Geometra, 1812 (AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 3) 34. Prospetto della parte delle Mura di Roma che servono di sostegno alle terre della Pubblica Passeggiata al Pincio verso Tramontana secondo lo stato del 1828 (…), 1828 (AS ROMA, CDM, I, cart. 77, n. 200) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:54 Pagina 31 35. Roma. Chiesa di S. Giuseppe sopra S. Pietro in Carcere, interno e organo, 1714, (AS ROMA, CDM, I, cart. 86, n. 528) imp_immagini_collezione.qxp_miscellanea medicea II 03/12/14 08:54 Pagina 32 36.Legazione di Bologna descritta da Giovanni Antonio Magini dedicata al Revendissimo Padre Don Gaetano Maria Gozzadini, 1710 (AS ROMA, CDM, I, cart. 9, n. 97) 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 37 PAOLO BUONORA Fiumi di carta Fondi, serie, collezioni cartografiche Un intervento di inventariazione sui fondi “cartografici” pone alcuni problemi preliminari di non facile soluzione. Anzitutto, la definizione: fondi cartografici. A rigore, possono definirsi tali solo particolari serie (mappe catastali innanzitutto, ma anche cartografia peritale di uffici tecnici, etc.) formate principalmente da materiali cartografici: ciò accade quando un ente per le proprie finalità produce e conserva sistematicamente materiale cartografico. Questo materiale è legato da un “nesso archivistico”, che andrebbe rispettato nella conservazione e inventariazione1; tuttavia, negli archivi vi sono spesso raccolte cartografiche che non nascono come serie di un fondo, ma come raccolte il cui materiale proviene da fondi disparati, create ai fini del migliore condizionamento del materiale, per il fascino estetico che hanno i documenti grafici, e così via. Infine, vi sono fondi particolarmente ricchi di documentazione cartografica, che però non costituisce serie a sé - salvo che nel caso delle raccolte di cui sopra - ma è prevalentemente inserita nel contesto del fondo: nei fascicoli di atti giudiziari o amministrativi, o addirittura rilegata nei protocolli notarili. In molti casi la situazione che si ha di fronte è una combinazione dei tre casi sopra esposti: a un preesistente nucleo seriale cartografico si sono aggiunti disegni e piante fino a formare una collezione, effettuando da uno o più fondi una “scrematura” che ne ha espunto le carte più grandi e pregevoli ma lasciando nelle buste il grosso della documentazione grafica: è appunto il caso della Collezione I di disegni e mappe conservata presso l’Archivio di Stato di Roma. Per mostrare questi caratteri strutturali e genetici del fondo miscellaneo (ossimoro archivistico per eccellenza) in questione, vorrei portare l’attenzione su un documento d’archivio per noi prezioso, conservato presso il fondo Congregazione delle acque: un elenco di mappe delle rive del Tevere nei pressi di Ponte Felice sulla Flaminia (Magliano Sabi1 Cfr. DORSI. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 38 38 Paolo Buonora no). Con tutta evidenza, questo elenco fu compilato da Antonio Felice Facci, che al tempo ricopriva il ruolo (ufficioso) di ingegnere di fiducia della Congregazione in tutto lo Stato: nella busta d’archivio è infatti preceduto da una sua relazione firmata, datata 10 agosto 1756 e rilegata in un quadernetto con una copertina colorata, la quale ci informa appunto che “al mio ritorno dalla Valle Spoletana, visitai il 9 e 10 di febbraio del corrente anno 1756 per comando delle EE. VV. le ripe del Tevere”. In questo elenco, l’ingegnere idraulico fa una lista dettagliata di tutte le “piante per i lavori fatti a Ponte Felice” dal 1620 al 1756. La quasi totalità di queste piante si ritrova oggi nella Collezione I di disegni e mappe, a riprova di due cose: 1) una serie cartografica esisteva già nel fondo d’origine della Congregazione delle acque; 2) questa serie è migrata in maniera piuttosto compatta nelle cartelle 118-119 della Collezione I. Per inquadrare l’aspetto tematico – cartografia e acque – esaminato in questa sede, occorre premettere un accenno al dibattito, lungo e vivace, che ha impegnato gli istituti conservatori della documentazione cartografica per almeno 20 anni. Si parta infatti dal 1985, anno in cui si svolge a Napoli una settimana di studi organizzata dall’Istituto italiano per gli studi filosofici2. Già allora era chiaro che per questi materiali, comuni ad archivi, biblioteche e musei, vi erano molte schedature possibili, e non solo quelle corrispondenti ai punti di vista “interni” alle strutture istituzionali di conservazione (storia dell’arte, biblioteconomia, archivistica). Ogni schedatura, diceva allora Quaini, è funzionale a una determinata ricerca: “per quanto analitica e totalizzante, una scheda è sempre parziale. Questa parzialità ha la sua giustificazione solo nel programma di ricerca (che evidentemente non può coincidere con il programma di catalogazione!)”. L’unica strada praticabile è quella di una scheda semplice, preliminare allo studio degli elementi chiave (datazione, paternità, committenza) che nella cartografia manoscritta moderna si ricavano, di regola, solo con indagini approfondite da portare avanti “sul contesto istituzionale del documento cartografico. La scorciatoia dell’analisi formale e stilistica della carta si rivela nella maggior parte dei casi fuorviante … la scheda unificata non mi pare essere uno strumento significativo e idoneo in quanto per sua natura tende a uniformare situazioni istituzionali diverse e specifiche”3. Purtroppo, agli avvertimenti di Quaini non fu dato molto ascolto. 2 3 Gli atti sono stati pubblicati in VALERIO. Ivi, p. 101. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 39 Fiumi di carta 39 Poco dopo, al convegno di Genova4, Osvaldo Baldacci5 insisteva con un tipo di schedatura “di ricerca” onnicomprensiva; alla tentazione di “tutto descrivere” non sfuggivano nemmeno archivisti di lunga esperienza6, che tradizionalmente dovrebbero essere guardinghi rispetto al sovradimensionamento degli standard descrittivi. Le reazioni a questo approccio enciclopedico non mancarono, anche al convegno svoltosi in Liguria l’anno successivo7. La scheda “monstre” di Baldacci in sei sezioni - osservò Ilario Principe - era “un’autentica monografia interdisciplinare, totalmente inapplicabile alla situazione in cui versano archivi e biblioteche italiani”: in realtà, non era una scheda di inventario ma una scheda di catalogo. Dopo circa vent’anni l’ebbrezza enciclopedica alimentata dagli albori dell’informatizzazione ha fatto il suo tempo: le Linee guida per la digitalizzazione del materiale cartografico pubblicate dall’ICCU con il contributo di molti colleghi confermano appunto gli indirizzi pragmatici e condivisi da tutti gli esperti di questa tipologia documentaria8. Uno dei punti chiave è ad esempio il fatto che i materiali cartografici e grafici che troviamo nelle nostre collezioni – dalla pianta a volo d’uccello, alla mappa catastale, al disegno architettonico – sono prodotti secondo le “regole dell’arte” da professionisti, e sono quindi catalogabili sotto il nome di un autore: autorialità che accomuna questi materiali anche quando si trovano nei fondi d’archivio, generalmente inventariati in base al principio di provenienza di una produzione amministrativa, e non autoriale. Il lavoro di reinventariazione presentato in questo volume è quindi un passo indispensabile e significativo in direzione della contestualizzazione istituzionale del documento cartografico cara a noi archivisti, e le considerazioni che seguono intendono illustrare, fra i vari filoni di ricerca che negli anni a venire porteranno a una migliore conoscenza di nostri documenti, quanto di questa ricca documentazione è pertinente agli affari che attengono alla gestione delle acque nello Stato pontificio9. Potremmo definire il grosso di questa documentazione “cartografia peritale di interesse idraulico”. In questo tipo di cartografia vi è sempre una perizia associata: gioca in questo il carattere giurisdizionale di tutte le magistrature, statali e non, sviluppatesi in età moderna; questo marchio d’origi- Cartografia e istituzioni in età moderna, Genova 1987. Cfr. BALDACCI. 6 Cfr. ORMANNI. 7 Cfr. PRINCIPE. 8 Versione aggiornata (maggio 2006) disponibile a: http://www.iccu.sbn.it/upload/documenti/linee_guida_digit_cartografia_05_2006.pdf. 9 Sul tema mi permetto di rinviare al mio BUONORA 1994b. 4 5 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 40 40 Paolo Buonora ne è tale che anche le piante generali di un bacino idrografico, commissionate dalla Congregazione delle acque nel ‘600-’700, conservano la stessa articolazione perizia/pianta che troviamo nelle piante minori portate in giudizio dalle parti. La modularità disegno/testo la si ritrova dai casi più antichi e sintetici costituiti dalle perizie stilate sulla pianta stessa, fino ai casi più tardi in cui la specializzazione dell’arte ingegneristica ottocentesca produce progetti esecutivi con copiosa cartografia allegata; una modularità fortemente complementare: parafrasando un detto famoso possiamo dire che la perizia senza la carta è cieca, la carta senza la perizia è muta. Al di là della ristretta area di Roma e Comarca e salvo casi di aree a gestione statale diretta (Paludi pontine, Chiane), tanto la committenza quanto il contenuto di tali documenti è di un tipo ben definito: si tratta di contenziosi in cui le parti in causa sono invariabilmente comunità, enti ecclesiastici, privati (nobiltà o patriziato locale); anche quando l’intreccio delle controversie spinge lo Stato a commissionare d’autorità una “pianta generale”, le spese di redazione della medesima vengono “addossate” alle parti in giudizio. Se cerchiamo di definire l’area rappresentata, troveremo che la definizione più calzante è proprio quella che fa riferimento alla polarità costituita dalle parti in giudizio: tra il territorio della comunità x e il territorio della comunità y, o i possedimenti del principe z. Vi sono naturalmente vari livelli di integrazione tra documentazione visiva e scritta, dalla visita ai fiumi corredata da piccoli schizzi, fino alla grande pianta stampata: in sostanza la cartografia inquadra la cima di una piramide documentaria, costituita dal livello più elevato (e costoso) di intervento tecnico-scientifico; al livello sottostante vi sono le relazioni di ingegneri che non hanno immediati riferimenti ad una produzione cartografica ma si può dire che se un ingegnere non si mette al tavolino da disegno la sua visita si limita ad un intervento di routine. L’arte degli ingegneri e architetti d’acque «Per quanto ho potuto vedere, benché siano chiamati architetti e in italiano con lo speciosissimo nome di ingegneri, di nessuna cosa fanno meno uso che dell’ingegno. Nelle scienze sono del tutto inesperti e ignari, e non hanno intravisto le buone teorie neppure sulla soglia, tutti affaccendati come sono a tracciare e colorir e disegni e carte, con cui attraggono gli sguardi dei potenti»: questa critica paternalistica del gesuita ferrarese Cabeo è dunque rivolta contro gli ingegneri “privi d’ingegno”10; chi 10 La citazione è ripresa da MAFFIOLI, p. 259. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 41 Fiumi di carta 41 erano questi professionisti della gestione idraulica? Attraverso la gestione delle acque, dal medioevo al Rinascimento matura nell’Italia comunale del centro-nord un “movimento di innovazione tecnica e di sviluppo economico e civile”11, nel cui contesto la cultura umanistica affianca costantemente i progetti di sviluppo economico e di pianificazione territoriale; è in questo contesto che nelle città e negli stati italiani emerge una burocrazia tecnica, vocata a una responsabilità civica dell’“arte” e della scienza, indirizzata al “pubblico vantaggio”: la nuova cultura idraulica è consustanziale in effetti alla genesi e al funzionamento della stessa struttura urbana, che si articola seguendo la distribuzione dell’acqua alle fontane, ai mulini e agli orti. In questa processo di sviluppo legato all’acqua, questa “via delle acque” – come intitola il recente libro di Cesare Maffioli - la nascita di una nuova scienza non è opera degli ingegneri tardo-medievali e nemmeno degli scienziati del Rinascimento (Leonardo incluso), ma semmai di una figura nuova di intellettuale propria dell’età barocca. Il mondo degli architetti d’acque di formazione vitruviana, impegnati in una pratica ormai secolare di gestione di irrigazioni e canalizzazioni, rimane nel ‘600 e ‘700 ben distinto da quello degli scienziati matematici con cui dialogava: in una staffetta tra arte e scienza, i matematici sviluppano il lavoro fatto dalle pratiche dell’arte portandolo a un livello superiore di generalità ed esattezza; gli architetti-ingegneri d’acque si affiancano ai primi, talvolta li precedono nella critica della filosofia delle scuole, ma soprattutto continuano una attività professionale di analisi dei problemi idraulici reali e di intervento operativo. Dei molti personaggi che potremmo citare, ne basti uno, Egidio Bordoni, illustratore del trattato Della natura dei fiumi di Guglielmini e al tempo stesso perito/cartografo, bolognese, ma attivo in tutto lo Stato pontificio, e autore di alcune belle piante della Collezione I. La gestione delle acque documentata dalla cartografia ha quindi una doppia valenza, da una parte come laboratorio vivo delle teorie idrauliche per la storia della scienza, dall’altra come intervento sul territorio da parte delle città o, in questo caso, dello Stato pontificio. A questa ambivalenza corrisponde anche il fatto che perizie e piante possano ritrovarsi da un lato in carteggi scientifici quando appartengono a matematici-scienziati che facevano anche perizie sul campo, mentre restano nell’ambito di archivi amministrativi se appartengono ad architetti d’acque-ingegneri. Al di là delle prime esperienze di laboratorio, rudimentali e imprecise, il territorio fu il reale banco di prova delle teorie idrauliche sviluppatesi dal 11 Ivi, p. 27. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 42 42 Paolo Buonora 1. B. Castelli, Della misura delle acque correnti, In Roma, nella Stamparia camerale, 1628. Frontespizio inciso (ponte Sisto) con dedica a Urbano VIII Rinascimento in poi, e la cartografia prodotta da architetti d’acque e ingegneri fu il principale strumento di indagine sperimentale utilizzato da fisici e matematici. Un esempio ben noto è il caso del calcolo delle precipitazioni in rapporto all’innalzamento di livello del lago Trasimeno, effettuato da Benedetto Castelli, discepolo di Galileo e fondatore dell’idraulica come disciplina scientifica: i contrastanti interessi in merito dei proprietari dei terreni e di quelli dei mulini sono documentati in due piccole piante della zona disegnate nel 1628 – ossia lo stesso anno in cui Castelli pubblicò il suo trattato Della misura delle acque correnti 12 – e nel 164913. Questo, e molti altri casi, mostrano che l’attività cartografica peritale, come altri strumenti provenienti dalla pratica delle “arti”, non possono essere visti semplicemente come correlati, ma esterni alla dinamica di sviluppo del nuovo pensiero scientifico: le esperienze delle arti divengono con la nuova scienza una via non solo privilegiata, ma ineludibile per arrivare alla conoscenza delle cose, hanno un ruolo epistemologico, non vi è sapere al di fuori di esse14. L’entusiasmo per la cartografia è condiviso da ingegneri, matematici e dai politici – vedremo poi il caso dei Barberini – che vedono in essa una nuova forma di conoscenza della realtà geofisica: si tratta di una forma debole di matematizzazione, che non è anco- La sua analisi è riportata in una lettera a Galileo e nella appendice XII aggiunta alla edizione 1639 del trattato Della Misura delle acque correnti, Roma, nella Stamparia camerale, 1628. 13 Lorenzo Petruzzi, Disegno del lago Trasimeno con l’emissario sotterraneo e i mulini, 11 aprile 1628; Terreni sulle sponde del lago Trasimeno, 3 novembre 1649, AS ROMA, CDM, I, cart. 58, fogli 181 e 182. 14 Cfr. BELLONE, p. 134: «non è possibile alcuna storia di una scienza empirica senza l’esplicito riconoscimento di un ruolo centrale della strumentazione sul piano della conoscenza». 12 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 43 Fiumi di carta 43 2. Lorenzo Petruzzi, Disegno del lago Trasimeno con l’emissario sotterraneo e i mulini, 11 aprile 1628. (AS ROMA, CDM, I, cart. 58, n. 181) ra e necessariamente quantificazione e calcolo, ma solo una prima fase di “concettualizzazione altamente selettiva che tende alla semplificazione”, e presuppone “una modellizzazione della realtà fisica”15. Il quadro di riferimento di questa modellizzazione è nell’analogia rinascimentale microcosmo/macrocosmo, tra corpo umano e geomorfologia della Terra vista come organismo vivo: un piano sul quale medicina e idraulica fluviale, cura medica del corpo umano e progetto del matematico applicato all’ingegneria dei fiumi procedono in stretta assimilazione di metodi e schemi teorici; la cartografia sembra quindi configurarsi molto presto come approccio “anatomico” al territorio e al fiume. La pratica delle dissezioni di cadaveri era attività comune agli artisti come ai medici: Vincenzo Danti, fratello di Ignazio, si vanta nella prefazione al Primo libro delle perfette proporzioni, 1567, di aver diretto 83 dissezioni oltre a quelle cui ha assistito16; si tenga presente che il padre di Ignazio Danti, Giulio Danti, si era formato in famiglia a Perugia nella pratica del 15 16 MAFFIOLI, p. 294. DUBOURG GLATIGNY, pp. 369-394. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 44 44 Paolo Buonora 3. Bartolo da Sassoferrato, Tractatus de fluminibus seu Tyberiadis, Bologna 1576 (ristampa anastatica Torino, Bottega d’Erasmo, 1964), p. 80: divisione di un’isola fluviale disegno e che aveva scritto un trattato delle alluvioni17: una coincidenza significativa con il fatto che nel ‘300 l’opera sulle alluvioni di Bartolo da Sassoferrato era nata proprio dalla collaborazione tra il giurista e monaci perugini resi esperti nel disegno geometrico dalle divagazioni fluviali del corso vallivo del Tevere18. L’arte della pittura come pratica metodologica di indagine sul mondo naturale ha un grande rilievo tanto nel ‘500 per l’enciclopedista Cardano (medico e illustratore egli stesso), quanto alla fine del ‘600 per il citato Guglielmini, anch’egli medico di professione, e rappresentante degli interessi della città di Bologna nella secolare controversia con Ferrara sulle acque del Reno, che dette origine al maggiore nucleo cartografico di rilevanza idraulica prodotto al tempo e ora conservato nella Collezione I 19. Ha rilevato Rombai20 che la carenza della storiografia rispetto alla cartografia minore è legata alla frammentazione di una produzione cartografica occasionale tra i numerosi fondi d’archivio; al polo opposto vi sono gli intenti sistematici caratteristici delle grandi esperienze cartografiche – i catasti, i confini - che sono viceversa all’origine di riflessioni teoriche più frequenti; in questa produzione minore, ingiustamente trascurata21, ha senza dubbio grande spazio la cartografia riguardante le acque. Come in tutte le arti, il disegno cartografico è una pratica legata alla trasmissione dell’arte per via privata, spesso familiare; ho citato poco prima i perugini 17 18 19 20 21 ABI, 1987, ad vocem. BUONORA 2003. Si veda in particolare alle cartelle 23-25; 60-67; 71-76. ROMBAI 1987a. QUAINI. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 45 Fiumi di carta 45 4. Raccolta d’autori che trattano del moto dell’acque divisa in tre tomi, in Firenze, nella Stamperia di S.A.R. Per gli Tartini e Franchi, 1723 Danti: il cognome originario della famiglia era in realtà Rainaldi, e qualche tempo dopo gli anni di attività dei fratelli Danti, troviamo a Roma un Girolamo Rainaldi, un giovane che per la sua abilità era stato assunto come disegnatore da Domenico Fontana22, e che nel 1605 firma con Carlo Maderno una pianta del Concordato coi toscani sulle Chiane come “architetto del popolo romano”23. Il pittore-cartografo doveva saper disegnare soggetti di natura sia architettonica che tecnica (idraulica, viabilità), “saper scrivere relazioni peritali e saper progettare tecnicamente e rendicontare economicamente”24. Fino a parte del ‘700, il sapere cartografico era quindi ancora in mano ai “pittori architetti” formatisi artigianalmente che operavano senza basi geometriche e scala di riferimento, per quanto potessero raggiungere risultati efficaci nella rappresentazione paesaggistica; tutt’al più si poteva avere la compresenza di due diversi linguaggi, prospetticovedutistico e planimetrico-geometrico. “Dal vedutismo pittorico alla immagine fedele del territorio e alla geometrizzazione dello spazio” vi è stato un lungo cammino. Nella prefazione alla Raccolta d’autori italiani che trattano del moto dell’acque, pubblicata a Firenze nel 1723, si ricordava che l’arte del livellare aveva conseguito risultati affidabili solo di recente, mentre i vecchi calcoli sulla pendenza dei fiumi si rivelavano sempre più inesatti: il diffondersi del 22 23 24 ABI, ad vocem. Le fonti citate sono in particolare: PASSERI, p. 216 e DE BONI, p. 78. AS ROMA, CDM, I, cart. 17, n.173. ROMBAI 1987a, p. 375. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 46 46 Paolo Buonora “profilo di livello” come pratica comunemente seguita data dalla fine del ‘600 - inizi del ‘700, mentre fino ad allora gli ingegneri si limitavano a disegnare la pianta del fiume o del canale. Nonostante le premesse teoriche, la cartografia a piccola scala connessa a lavori idraulici quindi “rimane dimostrativa e non descrittiva in senso geometrico: ad esempio quella connessa a lavori idraulici non è mai né progettuale né precisa, ma semplicemente illustrativa di una memoria scritta”25. L’introduzione della trigonometria fu lenta, e non vi è il legame diretto con la matematica che si riscontra invece nella “cosmografia” e nella cartografia a grande scala. Né la tecnologia era in grado di stare al passo con l’inventiva della teoria: “tutto induce a giudicare come irrealizzabile o non funzionale la maggior parte degli strumenti descritti”26. Solo della tavoletta pretoriana si poteva garantire un uso versatile, facile ed efficiente27. La cartografia fu a lungo un luogo d’incontro di linguaggi diversi, che solo più tardi si separarono: quello del geografo e quello del disegnatore; con la pianta prospettica o a volo d’uccello si pervenne un nuovo tipo di rappresentazione, in cui si fondono ratio geometrica e ratio perspectiva, planimetria e alzato, misura e pittura28. Secondo Giovanni Romano, chi intende prendere le rappresentazioni artistiche per documenti veritieri non può trascurare la natura e l’evoluzione di un linguaggio figurativo, l’inerzia dei temi riproposti dall’antichità, la trasmissione di modelli secondo linee spazio-temporali molto vaste e del tutto diverse dalle ipotesi incautamente formulate che ne restringono la valenza alla pura documentazione del reale e ad ambiti locali: vi sarebbe “una divaricazione a forbice tra la documentazione del reale e la dignità della forma”29. Nell’età del manierismo la divaricazione sarebbe così radicale che “arte e tecnica non possono convivere, almeno in Italia”30, e da portare ad attività ben distinte pittori e cartografi da un lato, ingegneri idraulici dall’altro. In base a quanto sopra detto riguardo alla costante sinergia tra arte (ingegneria) e scienza (matematica) avrei molti dubbi che il discorso di Romano valga per quella che viene definita cartografia minore legata alle controversie sulle acque di cui ci occupiamo in questa sede: la persistenMACCAGNI, p. 50. Ivi, p. 52. 27 Sarei quindi molto scettico sulla possibilità di tracciare una storia della cartografia sulla base della storia della scienza o delle scoperte in generale, come si presenta in Storia della tecnologia, pp. 550 ss. 28 NUTI, p. 33. 29 ROMANO, p. 54; intitolando uno dei saggi ivi contenuti Documenti figurativi, Romano ha sintetizzato in tale formulazione l’ambiguità delle fonti già usate da Sereni. 30 Ibid., p. 73. 25 26 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 47 Fiumi di carta 47 za di una integrazione tra forma e numero, tra disegno e rilevazione strumentale parte dai saperi delle arti e si mantiene dal ‘500 al ‘700; certo, non si tratta dei livelli di geometrizzazione del reale che saranno raggiunti dal disegno tecnico ottocentesco, ma anche gli architetti maggiormente dotati dal punto di vista espressivo non abbandoneranno mai la livella, senza la quale la rappresentazione dei risultati del loro lavoro, per quanto convincente dal punto di vista visivo, non avrebbe avuto senso. La generale rivoluzione nella produzione cartografica, agli inizi dell‘800, rinvia certo alla generale esperienza dei catasti preunitari e della cartografia geodetica, ma anche a quanto si può intendere in senso lato come amministrazione: uffici del censo e del catasto, ma anche intervento diretto – e non più solo giurisdizionale - nella gestione delle acque e strade. Dopo la realizzazione del Catasto gregoriano sia i progetti degli ingegneri pontifici, sia le controversie sulle acque, si fondarono per la parte planimetrica sulla solida base cartografica prodotta dagli uffici catastali del Censo, orientando l’attività di rilevamento degli ingegneri e dei periti verso aspetti più specificamente idraulici e differenziando definitivamente la figura dell’agronomo da quella dell’ingegnere. Tutto questo ci ripropone la questione del rapporto tra cartografia minore e cartografia maggiore, tra la cartografia pubblica dei catasti e la cartografia segreta del principe, focalizzata quest’ultima sulle finalità militari e fiscali. Va allora ricordato che, parallelamente alla compilazione dei catasti, ai successi della politica di bonifica (Paludi pontine e Legazioni) si associò l’esigenza di divulgarne gli esiti positivi con la stampa di grandi mappe. La cartografia catastale in genere poteva, allora come oggi, essere consultata e duplicata manualmente, ma non era possibile tecnicamente pubblicarla con incisione a stampa; perché la stampa fosse utilizzabile si richiedeva la possibilità di una generale riduzione della quantità di segni della carta disegnata senza sostanziale perdita della sua utilità: operazione possibile nelle carte di origine militare in cui l’elemento più rilevante è il tracciato delle strade, o anche in quelle di origine giudiziaria sul tracciato dei corsi d’acqua. Ma le carte relative alla proprietà terriera ed alle relative imposizioni fiscali, anche di origine idraulica31, richiedono un dettaglio non riproducibile con l’incisione fino alla litografia, cioè all’800 - ed anche qui solo per disegni di piccole dimensioni; la “segretezza della cartografia 31 ROMBAI 1987b cita ad esempio la rilevazione degli aggiacenti del Canale Maestro della Chiana, e mette in rilievo la precisione delle carte disegnate per le imposizioni idrauliche, “che risultano sempre assai accurate e precise per quanto concerne il quadro parcellare di tutti i terreni contigui ai corsi d’acqua maggiori, e i riferimenti ai rispettivi proprietari che dovevano concorre annualmente al mantenimento delle infrastrutture idrauliche”. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 48 48 Paolo Buonora del Principe” e dello Stato verrebbe ad assumere alla luce di queste considerazioni un carattere più tecnico che politico. In secondo luogo, la versione a stampa (si pensi alle otto tavole disegnate e poi incise in occasione del Concordato idraulico sulla Val di Chiana del 178032), ha spesso un intento ben diverso da quello di rendere un sapere cartografico di pubblico dominio: il suo fine è semmai di celebrare il successo e la presenza territoriale degli Stati, ed anche di divulgare all’interno delle strutture tecnico-amministrative dello Stato le analisi e i risultati raggiunti. Anche le piante generali dei bacini idrografici rinviano non solo al contesto delle finalità giurisdizionali e operative, ma anche a una “rappresentazione generale dello Stato” e della sua influenza sul territorio - volte come sono a individuare gli elementi di complessità che fanno di una rete idrica un fiume pubblico sul quale pertanto lo Stato è legittimato a intervenire. Si pensi alle molte piante della pianura tra Bologna e Ferrara, catalogate generalmente, nel vecchio Inventario 109, sotto la denominazione “Emilia pontificia”: fra tutte, la Pianta delle Valli incisa a fine ‘700, sulla base della visita 1609 e con aggiornamenti fino al 1799, risultato di una lunga sedimentazione di rilevazioni e interventi effettuati in fasi successive33; oppure alle piante della Valle Umbra, teatro di delicati equilibri tra le cittadine di Spoleto, Trevi, Montefalco, Foligno, Bevagna, Cannara per lo sfruttamento delle acque “buone” del Clitunno a fini molitori e per il controllo di quelle “cattive” del bizzoso torrente Marroggia: nella Collezione I sono conservate sia una delle prime piante, databile all’inizio del ‘600 dopo la bonifica operata dal folignate Jacobilli34, sia la bella pianta disegnata da Bordoni su ordine del cardinale Francesco Barberini nel 170435. Vi sono poi le piante che documentano iniziative sovrane in terre di bonifica, come la pianura pontina: dalla Pianta generale delle Paludi Pontine, del sec. XVII36, ove viene abbozzato il Circondario delle Paludi pontine delineato da Sisto V, fino alla pianta disegnata da Astolfi e incisa da Antonini nel 1785 come atto finale e celebrativo della bonifica promossa da Pio VI37. 32 Pio Fantoni, Piante originali del Concordato e del canale di navigazione, 1780, in AS ROMA, CDM, I, cart. 58, n. 188; A. Capretti, (ingegnere, vari incisori), tavole illustrate del Concordato 26 agosto 1780, ivi, cart. 17, n. 208. 33 Ivi, cart. 65, n. 363. 34 Ivi, cart. 7, n. 42. 35 Ivi, cart. 124, n. 267. 36 Ivi, cart. 51, n. 17/2. 37 Gaetano Astolfi, Pianta delle Paludi Pontine formata per ordine di Nostro Signore Papa Pio VI, copia montata e completa del disegno a colore del circondario: ivi, cart. 51 n. 18. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 49 Fiumi di carta 49 Origini della Congregazione delle acque In materia di acque, tanto le piante generali quanto la cartografia minore di origine giudiziale rinviano dunque nella maggior parte dei casi, come fondo di provenienza, alla Sacra Congregazione delle acque. L’origine di questa istituzione è meno scontata di quanto sembri a prima vista; secondo quanto riferisce Casanova38, all’istituzione “sulla carta” della XIII congregazione sistina super viis pontibus et fontibus sulle acque, nella Immensa aeterni Dei, sarebbe seguita la formazione di congregazioni speciali (delle Chiane, a seguito dell’inondazione di Roma del 1598, di Ferrara-Bologna, delle Paludi pontine) ad opera di Clemente VIII e solo successivamente la loro subordinazione alla “Congregazione delle acque” (breve 20 settembre 1616 di Paolo V; chirografo 27 giugno 1696 di Innocenzo XII per le Chiane). Tuttavia, i due provvedimenti citati non si trovano sul Bullario, e questo alimenta i dubbi sull’esattezza della ricostruzione di Casanova. Pastor accenna, parlando di Paolo V, alle prime analisi39 sull’impaludamento del Ferrarese, nonché agli accordi di confinazione tra Stati legati anche alla regolazione di corsi d’acqua (Chiusi - Città della Pieve); per il resto si nomina solo l’Acqua Paola condotta in Roma ed affidata ad una apposita “Congregazione” nel 1612. Con ogni probabilità, questi studiosi confusero una congregazione le cui competenze erano limitate di fatto a Roma con la Congregazione delle acque di cui ci occupiamo qui. Se infatti si prende in esame la costituzione della Congregazione sistina super viis, pontibus et fontibus, si vede chiaramente che essa aveva competenze orientate alla capitale più che allo Stato: parlava infatti solo delle strade che portavano “ad apostolicam sedem” e dell’approvvigionamento idrico di Roma40. Per saperne di più dobbiamo rifarci alle carte lasciateci dalla Congregazione; la prima testimonianza della sua attività è un registro di appunti e verbali delle riunioni della Congregazione delle acque, presumibilmente dal suo inizio41. Infatti gli appunti non datati rilegati in testa al registro medesimo parlano del proposito di stabilire riunioni regolari della Congregazione sopra le acque e di “appoggiare a questa Congregazione non solo di que’ negozii di acque che ci sono al presente ma anche tutti gli CASANOVA. PASTOR, vol. XII, pp. 74 e seguenti. 40 VECCHI, Istituzioni finanziarie contabili, pp. 77-79, conferma la limitazione dell’area di competenza della Congregazione a Roma, seguendo probabilmente CASANOVA e LODOLINI A. 1960, p. 148. 41 AS ROMA, Congregazione delle acque, reg. 1/1, 1619-1652. 38 39 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 50 50 Paolo Buonora altri concernenti acque fiumi, navigatione, bonificationi, condotti molini, e tutte le opere pubbliche spettanti non solo a privati ma ancora a Comunità, Camera apostolica, chierici e luoghi pii”42. Un elenco specifica meglio le materie di sua competenza: “fiumi; ponti; molini; condotti; chiaviche; escavazioni di torrenti, fossi, e simili; bonificationi universali e particolari, fatte, e da farsi; navigationi, e porti; negotii di Ferrara, Bologna, Romagna, e Romagnola, e di altri luoghi dipendenti dalli bonificationi ed altre cose predette; si potranno rimettere ancora alla detta Congregazione tutte le opere pubbliche; vi sono ancora: le Chiane, ch’è Congregatione e negotio separato e le paludi Pontine, che parimenti è Congregazione e negotio separato”43. Sarei propenso a credere che anche il verificarsi di alcuni disastri idraulici avvenuti proprio all’inizio del ‘600 abbiano spinto lo Stato ad allargare la propria sfera di intervento sulle acque: nel giro di pochi anni infatti fallì la diversione del Reno dal Po di Ferrara (1604) e la pianura bolognese iniziò a impaludarsi, il Topino presso Bevagna mutò di letto abbandonando la città e sconvolgendo gli assetti idraulici della valle, per non parlare delle difficoltà a governare il letto del Tevere a monte del ponte Felice, appena costruito sulla Flaminia. Sull’origine della Congregazione delle acque “barberiniana” la documentazione archivistica è scarsa proprio perché si tratta di una istituzione nuova, come nuovo era il proposito di usare la scienza idraulica con l’avallo galileiano, a fini del governo del territorio e di affermazione del ruolo politico dello Stato come mediatore dei conflitti tra le comunità locali. Il primo, isolato verbale della Congregazione è del 1619 e riguarda Ravenna, ma nel novembre - dicembre 1623, in lettere inviate ai legati emiliani, si parla nuovamente di essa come di una novità: “è stata istituita [..] dovrà adunarsi quanto prima”; e in effetti l’anno successivo non vi è più dubbio che la Congregazione delle acque funzioni regolarmente perché inizia allora la serie dei registri di copialettere44, da cui risulta la regolare corrispondenza con magistrature locali dello Stato. I primi prefetti nominati a capo della Congregazione delle acque furono i cardinali Francesco e Antonio Barberini, i primi segretari Diomede Varese e Giovanni Giacomo Bulgarini. Una parte significativa delle questioni idrauliche documentate nella Collezione I riguardano mulini: poiché era sul macinato che passava gran 42 43 44 Ibid., f. 1. Ibid., f. 3. Ivi, reg. 1/2: 1623-1637; reg. 1/3: 1638-1652. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 51 Fiumi di carta 51 5. Lorenzo Marliani, Pianta dei mulini di Bevagna fatta su ordine del Delegato Marliani dopo la visita del 12 gennaio 1722 (AS ROMA, CDM, I, cart. 7, n. 43), particolare dei mulini. parte del gettito fiscale, lo scorrere dell’acqua alimentava, assieme alla popolazione di ogni territorio pontificio, anche i flussi finanziari che legavano lo Stato alle singole comunità. Si tratta di piante e disegni provenienti dalle carte della Congregazione delle acque (abbiamo visto sopra che tra le controversie di sua competenza vi erano “condotti molini, e tutte le opere pubbliche” di privati, ecclesiastici, comunità e stato), ma anche della Congregazione del buon governo, o di magistrature romane che si occupavano di questioni annonarie e fiscali. Alcune di queste piante e profili mostrano in dettaglio anche il funzionamento degli opifici, tanto da costituire una documentazione unica per la storia della tecnica: un macchinario di uso così comune e generale in Italia era considerato di scarso interesse dal mondo scientifico ufficiale dedito piuttosto a illustrare “miracolose invenzioni” e “nuovi ritrovati” di dubbio funzionamento pratico; pertanto, la struttura del mulino da grano a ruota motrice orizzontale “a ritrecine” sarebbe rimasto un oggetto misterioso senza questa documentazione e ciò che resta in termini di storia orale e archeologia industriale. Segnalo a questo proposito una bella e dettagliata Pianta dei mulini di Bevagna fatta su ordine del Delegato Marliani dopo la visita del 12 genn. 172245, ma soprattutto Pianta della forma dei molinari sul Gianicolo dai fontanoni di San Pietro in Montorio sino al suo sbocco nel Tevere presso ponte Sisto o piuttosto nel relativo profilo, disegnata assieme al relativo profilo/spaccato degli edifici nel 183746. 45 Lorenzo Marliani era discepolo di Francesco Sforzini, architetto di Todi attivo in Umbria e poi a Roma per la Congregazione delle acque, AS ROMA. CDM, I. cart. 7, n. 43; proviene da Congregazione delle acque, b. 225, n. 183. 46 AS ROMA, CDM, I, cart. 80, nn. 231 e 232. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 52 52 Paolo Buonora Dalla giurisdizione all’ amministrazione Le controversie sulle acque impegnarono per due secoli la Congregazione, che si valse di visitatori - a volte inviando il proprio segretario - poi di referenti scelti sul luogo tra governatori, vescovi, delegati apostolici nominati “delegati delle acque” (nel senso, abbiamo detto, di “giudici delegati”), infine riformando antichi istituti comunali o promuovendo la formazione di nuove “prefetture delle acque”. Di fatto il ruolo formale della Congregazione delle acque rimase in tutto questo tempo quello di tribunale d’appello di controversie su cui si erano pronunziati giusdicenti delegati locali, o che per la loro importanza venivano subito mandate a Roma. La cartografia romana ha quindi molto spesso riscontro in documentazione locale – delle piante si fanno quasi sempre copie – conservata oggi presso archivi di Stato, archivi storici comunali e archivi di consorzi di bonifica. Il cambiamento radicale avvenne con l’annessione all’Impero francese, poiché la legislazione rivoluzionaria non ammetteva giurisdizioni speciali, e le controversie sulle acque erano quindi demandate alla giustizia ordinaria; alla Restaurazione Pio VII ed il suo liberale segretario di Stato Consalvi confermarono tale orientamento nel motuproprio del 181647. Pio VII e di Consalvi non intendevano certo smobilitare le strutture dello Stato, ma semmai rafforzarne la presenza territoriale trasformando la giurisdizione in amministrazione48, sfruttando il taglio radicale operato dal periodo francese ma anche la maggiore operatività tecnica ed amministrativa di ingegneri e delegati da una parte e di prefetture e consorzi dall’altra, che era andata maturando negli ultimi decenni ed era il segno dei tempi al di là dei brevi anni napoleonici. Per operare questo cambiamento veniva varato un complesso apparato di norme, principalmente le Disposizioni regolatrici dei lavori pubblici di acque e strade del 23 ottobre 181749, che nella parte II contenevano il Regolamento per i lavori d’acque dello Stato pontificio. Per comprendere quanto da questo indirizzo conseguissero nuovi e maggiori compiti da parte dello Stato, si tenga presente che il motuproprio citato recepiva un concetto piuttosto vasto di pubblico interesse in 47 Collezione di pubbliche disposizioni. BERNARDI, p. 170, ha parlato di “processo di provincializzazione”, decentramento e delega agli istituti periferici. 49 Raccolta delle leggi e disposizioni di pubblica amministrazione, 1831-1833, IV, app. n. 5, p. 210. 48 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 53 Fiumi di carta 53 materia di acque50, graduando all’uso napoleonico i lavori idraulici in nazionali, provinciali e consorziali (art. 134). Il supporto tecnico dell’amministrazione aveva al suo vertice un Consiglio d’arte, composto da un matematico e tre ingegneri (artt. 149 e 161); è il Consiglio d’arte che approva i progetti elaborati dagli ingegneri locali e dai suoi ispettori: si veda ad esempio, nella Collezione I, il progetto di Folchi (ispettore per le province fuori dalle Legazioni)51 e Poggi (ingegnere della Prefettura di Foligno) di spostare il letto del Topino a destra alzandone il livello, secondo un percorso più rettilineo, per evitare il ripetersi di rotture dell’argine52. Il 22 agosto 1819 venivano emanate le Istruzioni agli ingegneri in capo53, ai quali era demandato di tenere sotto controllo lo stato generale dei problemi e dei lavori relativi alla gestione idraulica e stradale della provincia: visitavano due volte l’anno la loro circoscrizione secondo modalità del tutto analoghe alla tradizionale “visita ai fiumi” dei delegati d’acque di un tempo54. L’attività tecnica degli ingegneri del Corpo pontificio55 era normalizzata e resa omogenea all’origine, nei processi di formazione, affidati finalmente, come avveniva da tempo in Francia56 e in molti Stati italiani, a scuole apposite istituite a Ferrara e Roma; il matematico del Consiglio d’arte, lo scienziato Venturoli, diresse per anni la scuola di Roma, che in seguito trovò sede nel convento di San Pietro in Vincoli e divenne infine Facoltà di Ingegneria dell’Università della Sapienza57. In questo generale riassetto non mancavano norme specifiche di tipo tecnico: in virtù di due 50 Qualche anno dopo Romagnosi avrebbe dato una formulazione giuridica di grande respiro ai principi affermati dall’Illuminismo e sperimentati nel periodo napoleonico in materia di acque; si veda in merito BUONORA 2014. 51 Si veda la pianta organica 1815-1822 del Consiglio d’arte per i lavori idraulici in LODOLINI A. 1923, p. 20. 52 Consiglio d’arte, 12 dicembre 1827, AS ROMA, Congregazione delle acque, b. 270. Cfr. O. POGGI, Progetto del drizzagno al Topino per riparare le rotte di Bevagna e del Vescovo: I pianta (125x47); II livellazione (125x47); III sezioni; 28 febbraio 1828, AS ROMA, CDM, I, cart. 123, n. 238; le mappe dei terreni sono tratte dal nuovo Catasto gregoriano. 53 Collezione di pubbliche disposizioni, 1816, III, p. 103; Raccolta delle leggi e disposizioni di pubblica amministrazione,1831-1833, IV, app. n. 8, p. 461. 54 Circolari 21 febbr. 1818 (Collezione di pubbliche disposizioni, II, pp. 321 e 323; III, p. 3). Le missioni erano del tutto a carico dello Stato, e venivano stabilite per via gerarchica salvo che per l’ingegnere in capo, il quale aveva in questo una autonomia rispondente ai suoi doveri di pianificazione ed intervento urgente. 55 Sugli ingegneri dello Stato pontificio si vedano VERDI 1997a, pp. 191-22; PEPE; MARINO, pp. 235-242, disponibile anche a: http://www.aising.it/docs/atticonvegno/p235-242.pdf. 56 BLANCO. 57 DI GIOIA. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 54 54 Paolo Buonora disposizioni del 30 aprile 1819 la cartografia era uniformata quanto a disegno, colori, scala decimale, indicazione del meridiano. Gli strumenti forniti all’ingegnere erano 1) tavoletta pretoriana con dioptra; 2) catena metrica di 10 metri; 3) livella a bolla d’aria o a pendolo; 4) biffe, canne, staggia58. Inoltre si impartivano precise istruzioni sui piani di prevenzione e i progetti di esecuzione59: i primi richiedevano la compilazione di pianta generale, profilo di livello, sezioni e relazione - gli stessi elementi si riproponevano in modo analogo per i lavori stradali, ma i lavori idraulici sembrano aver avuto una funzione “trainante” rispetto ai primi, sia dal punto di vista tecnico che amministrativo. Infine, nel 1833 il processo di transizione verso un ruolo pienamente amministrativo-tecnico dello Stato si compie con un nuovo Regolamento per i lavori pubblici di acque e strade60, in base al quale era istituita presso la Congregazione delle acque la Prefettura generale di acque e strade (che diviene Ministero dei lavori pubblici nel 1847), presieduta dal prefetto della Congregazione: la Prefettura non si sostituiva alla Congregazione delle acque – che formalmente rimaneva come istanza di giudizio collegiale superiore, un “consiglio superiore dei lavori pubblici” ante-litteram – ma solo alle direzioni centrali della medesima Prefettura, la Direzione centrale dei lavori idraulici e quelle dei lavori stradali61. Nella Collezione I figurano infatti anche molte piante di fondamentale importanza degli acquedotti romani “restaurati” dai papi nel Rinascimento62, provenienti dal fondo Prefettura generale di acque e strade / Ministero dei lavori pubblici63. 58 Istruzioni agli ingegneri d’acque e strade sull’uso degli strumenti geodetici, 30 apr. 1819, in Collezione di pubbliche disposizioni. 59 Istruzione riguardante le norme da seguirsi dagl’ingegneri nella formazione dei progetti di prevenzione e dei piani di esecuzione, in Collezione di pubbliche disposizioni. 60 Raccolta delle leggi e disposizioni di pubblica amministrazione,1831-1833, IV, n. 7 pp. 91 e seguenti. 61 Dal fondo della Prefettura/Ministero provengono molte delle piante degli acquedotti romani: acqua Vergine, acqua Felice, acqua Paola, raggruppate nelle cartelle 78-80 della Collezione I. 62 Si vedano i saggi di A. ANTINORI, M. TABARRINI, F. DI MARCO e di chi scrive in Le reti dell’acqua, pp. 323-334. 63 AS ROMA, CDM, I, cart. 79-80. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 55 SUSANNA PASSIGLI, ADRIANO RUGGERI Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano conservate nella Collezione I di disegni e mappe. Percorsi archivistici 1. Introduzione Fra le piante facenti parte della Collezione I di disegni e mappe, numerose sono quelle relative al Suburbio di Roma e all’Agro Romano1. Fra queste, si è concentrata l’attenzione in primo luogo sulle più antiche piante di tenute: la Collezione I ne conserva infatti tre risalenti agli ultimi decenni del XVI secolo che, data la rarità di cartografia cinquecentesca 1 Nella Collezione I di disegni e mappe dell’AS ROMA, le piante relative al Suburbio e all’Agro Romano incluse nella I collezione (nell’indice toponomastico: Roma, territorio) - che nel vecchio inventario 109 seguivano immediatamente quelle della città di Roma (nell’indice toponomastico: Roma, città) - sono quelle comprese dalla cart. 90/651 alla cart. 96/902 (per ragione di brevità, da ora in poi nelle note e nel testo esse saranno citate indicando solamente il numero della cartella seguito da quello della pianta, separati dal segno /). Di queste, dalla 90/651 alla 91/696 sono piante generali (come per esempio la Topografia geometrica dell’Agro Romano di Giovanni Battista Cingolani; cfr. nota 4), oppure piante che mostrano lo sviluppo planimetrico di diverse strade, vie e vicoli ‘fuori porta’ (si vedano, per esempio, quelle citate alle note 15 e 18), o di terreni vari. Dalla 91/697 alla 92/703 sono piante di marrane e corsi d’acqua; tra queste, la 91/697 raffigura la Marrana Valle dell’Inferno, e si tratta di una delle due piante anteriori al XVIII secolo (1696) che non è stata presa in considerazione nel presente studio in quanto non riguarda una tenuta. Le piante dalla 92/704 alla 95/862, sono più specificatamente relative a tenute dell’Agro Romano, disposte in ordine alfabetico, anche se occorre precisare che non poche di esse si riferiscono in realtà a singoli terreni all’interno delle tenute stesse (come quella dei prati dentro la tenuta di Marco Simone, 93/776, per la quale si veda infra, § 6.5), mentre altre sono relative a terreni del Suburbio contigui a tenute, e che da queste traggono le proprie denominazioni (esempio: le vigne diverse ubicate all’Acqua Bullicante, 92/704-706); anche di queste piante non ci si occuperà nel presente studio. All’interno di queste centosessantasei piante (o, più correttamente, unità ‘di condizionamento’ in quanto non poche di esse contengono in realtà più di una pianta), solo ventiquattro sono anteriori al XVIII secolo; una di queste (93/764), attribuita nel vecchio inventario 109 al XVI secolo, non è stata presa in considerazione in quanto riguarda il palazzo fortificato da edificarsi nella tenuta di Lunghezza. Delle ventitré rimanenti - che sono quelle di cui si tratterà nelle pagine seguenti tre sono cinquecentesche, dodici seicentesche, sei sono copie della prima metà del XIX secolo di piante originali del Catasto alessandrino del 1660, altre due - infine - sono di incerta attribuzione cronologica ma certamente non seicentesche, come invece indicato nella precedente redazione dell’inventario 109. La serie di piante della Collezione I prosegue poi con quelle delle vigne (da 95/863 a 96/896) e delle ville (da 96/897 a 96/902). 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 56 56 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri negli archivi romani più volte messa in evidenza da Jean Coste2, si è ritenuto importante studiare e far conoscere. Si è poi estesa l’indagine a tutte le piante di tenute realizzate nel corso del Seicento3; questo criterio di scelta è motivato dalla possibilità di confrontare tali piante con quelle del Catasto alessandrino del 1660 e con il ‘quadro d’unione’ delle tenute dell’Agro Romano redatto da Giovanni Battista Cingolani della Pergola nel 16924. Infatti - come si può constatare nella tabella che segue - la maggior parte delle piante studiate risale ai decenni centrali del XVII secolo, e in molti casi esse risultano in qualche modo legate, più o meno direttamente, alle contemporanee piante del corpus alessandrino. Duplice scopo del presente studio è, da una parte, cercare di risalire alle motivazioni che hanno portato alla redazione delle singole piante, ossia di ricostruirne il contesto storico; dall’altra, dal punto di vista più strettamente archivistico, l’individuazione dei rispettivi archivi di provenienza e soprattutto dei meccanismi di ‘trasferimento archivistico’ in seguito ai quali esse sono confluite nella Collezione I di disegni e mappe, un’operazione non semplice e non sempre possibile, come si vedrà nelle pagine seguenti5. 2. Le copie ottocentesche Occorre precisare subito che la ricerca ha dimostrato che sei piante - che nella precedente redazione dell’inventario 109 dell’Archivio di Stato di Roma erano attribuite tout-court al XVII secolo (e più precisamente alla data di esecuzione del Catasto alessandrino, indicata nei rispettivi cartigli) - sono in realtà copie ottocentesche, come si desume da una serie di annotazioni presenti in ciascuna di esse. Si tratta, più in particolare, delle piante delle tenute di Campo Merlo degli Alberini (92/721), Campo Merlo dei Mattei (92/722), Capodiferro e Pisciarello di Francesco Fabi (92/729), Cerrone degli eredi Androsilla (92/745), Magliana di S. Cecilia in Trastevere (93/770) e Muratella dei Mattei (94/794). Nonostante la loro esecuzione - come constatato a posteriori - si col- 2 Ad oggi, la pianta più antica di una tenuta dell’Agro Romano che si conosca è quella della tenuta di Salone, spettante al capitolo di S. Maria Maggiore, risalente al 1558; cfr. COSTE 1976, p. 77. 3 Comprese anche quelle descritte ai § 2 e 3, per le quali lo studio analitico di ciascuna di esse ha consentito di stabilire, a posteriori, che non si tratta di piante seicentesche. 4 CINGOLANI, in FRUTAZ 1972, II, tavv. 160-165. 5 Considerazioni preliminari relative ad alcune delle piante illustrate nel presente studio sono in PASSIGLI 2009, pp. 11-13. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:43 Pagina 57 57 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano AS ROMA, Collezione I di disegni e mappe, I: elenco delle piante di tenute dell’Agro Romano oggetto di analisi6 Cartella Numero Tenuta Data della pianta zioni 92 708 Casale d’Acquasona del venerabile Rocco Archiopedale di S. Giacomo dell’Incurabili e di S. 1670 marzo Tav. 5 92 719 92 721 Misura e pianta della tenuta di Campo di Merlo Sec. XIX, prima metà § 2.2 spettante all’Illustrissimo signor Orati <sic> Alberini (copia di originale del posta fuori di Porta Portese (...) 23 aprile 1660) 92 722 Misura e pianta (...) degli prati e monti di Campo di Sec. XIX, prima metà § 2.2 Merlo dell’Eccellentissimo signor baron Mattei posto (copia di originale fuori di Porta Portese (...) del 20 febbraio 1660) 92 724 Pianta e misura del casale di Capo di Bove (...) 1587 novembre 12 [indicazione apposta sul verso della pianta] 92 729 Misura di tutto il casale di Capo di Ferro e Pisciarel- Sec. XIX, prima metà § 2.2 lo del signor Francesco de Fabi (...) (copia di originale del 28 febbraio 1660) 92 739 bis Casale della Castagniola dell’Ecc.mo Sig. Duca 1665 maggio 12 Gasparo Caffarelli et Ill.mo Sig. Pietro Caffarelli (...) 92 745 Misura e pianta della tenuta del Cerrone degli eredi 1829 dicembre 31 § 2.1 della bo. me. di monsignor Androsilla posta fuori di (copia di originale Porta Maggiore (...) del 16 aprile 1660) 93 751 Pianta e misura della tenuta di Cortecchia dell’Ec- 1660 aprile 20 cellentissimo signor duca Girolamo Mattei posta fuori Porta S. Pancrazio Pianta del casale de Macheri, Torre 1640 marzo 13 Rotta e Calandrella dell’Illustrissimi signori Verospi posta <sic> fuori di Porta S. Sebastiano (...) Riferimenti al testo e alle illustra- § 4.2.2 § 6.2 § 4.1 Tav. 3 § 6.1 § 6.3 6 Nella tabella sono indicati, secondo il numero progressivo: la cartella; il numero indicante la singola unità di condizionamento (avvertendo che in diversi casi alcune di queste contengono più di una pianta relativa ad una medesima tenuta); la denominazione originale della pianta (in corsivo) oppure, qualora mancante, il nome della tenuta (in tondo); la data della pianta. Tutte le piante elencate sono state sottoposte ad attento esame e schedatura analitica. Per motivi di spazio, tuttavia, in questa sede si tratteranno con maggior dettaglio solamente gli otto prodotti cartografici ritenuti più interessanti: Acquasona (92/708), Capo di Bove (92/724), Galera (93/755), Massa e Gallesina (93/758), pedica alla Maglianella (93/773), Malpasso (93/774), Santa Procula (94/897), Torre in Pietra (94/836); le restanti piante saranno trattate in modo più sintetico. Si ricorda che il numero a matita di quattro cifre racchiuso entro un cerchio presente sul verso di quasi tutte le piante, si riferisce al numero d’ordine delle fotoriproduzioni delle stesse effettuate - ormai oltre trent’anni fa - a cura dell’AS ROMA. Si avverte, infine, che le piante del Catasto alessandrino citate ripetutamente nel testo, in AS ROMA, Presidenza delle strade. Catasto alessandrino, lo saranno unicamente con la loro segnatura archivistica, e che tutti i toponimi e i riferimenti topografici menzionati nel testo, sia quelli riportati nelle piante che quelli ancora oggi esistenti, saranno indicati tra doppie virgolette (“...”). 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 58 58 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri 93 755 Tenuta di Galera Non datata (ma circa § 4.2.1 1588-1594) Tav. 4 93 758/1-4 Tenuta di Massa e Gallesina 1 e 4. 1665 giugno 13 § 5.1.1 2. 1660 marzo 29 Figg. 2, 3 3. sec. XVII, sec. metà Tav. 7 93 762 Pianta del territorio dell’Isola della Reverenda Datazione incerta § 3.1 Camera Apostolica posta fuori di Porta del Popolo (copia di originale del Tav. 1 (...) 23 dicembre 1660) 93 765 Pianta della tenuta di Maccarese dell’Eccellentissi- 1660 aprile 20 mo signor duca Girolamo Mattei posta fuori di Porta S. Pancrazio (...) 93 770 Pianta della Magliana di S. Cecilia (...) 93 773/1-2 Misura e pianta d’una pedica alla Maglianella delli 1. 1660 marzo 29 Massa li medesimi padroni della Gallesina (...) 2. 1660 marzo 29 § 5.1.2 Figg. 4, 5 93 774 Tenuta detta Malpasso delle RR. monache di S. Sil- 1674 vestro in Capite § 5.2 Tav. 8 93 776 Pianta et misura delli prati al Casale detto Marco 1647 agosto 12 Simone dell’Illustrissimo et Eccellentissimo signor duca d’Acquasparta § 6.5 94 794 Misura e pianta (...) della tenuta della Muratella Sec. XIX, prima metà § 2.2 posta fuora di Porta Portese dell’Eccellentissimo (copia di originale baron Mattei del 17 febbraio 1660) 94 798 Misura e pianta del casale di Palmarola (...) del 1659 novembre 12 reverendissimo Capitolo di S. Pietro sta fuori di Porta Angelica (...) § 6.6 94 825 Misura e pianta (...) della tenuta di S. Anastasia 1660 aprile 10 posta fuori di Porta S. Bastiano delli illustrissimi et reverendissimi signori canonici di S. Anastasia (...) § 6.7 Tav. 9 94 827/1-2 Pianta della tenuta di Santa Broccola dell’Illustris- 1. 1588 novembre 26 § 4.3 simo signor Mario de’ Massimi posta fora di porta (con aggiunte del 27 Tav. 6 San Paolo (...) marzo 1660 e del sec. XIX) 2. 1831 novembre 6 94 836 Pianta [e] misura di tutte le tenute dei casali di Datazione incerta § 3.2 Torre Impreda dell’Illustrissimo ed Eccellentissimo (copia di originale Tav. 2 sig. principe Peretti (...) del 15 maggio 1620) 95 855 Tenuta di Grotta Perfetta § 6.4 Fig. 6 Sec. XIX, prima metà § 2.2 (copia di originale del 21 aprile 1660) 1682 dicembre 9 § 6.8 lochi al di fuori dei limiti cronologici prefissati nel presente saggio, se ne dà comunque un rapido cenno, anche per mettere in luce i criteri, non di rado approssimativi e fuorvianti, con cui a suo tempo venne redatto il citato inventario 109. 2.1. Per quanto riguarda la pianta della tenuta di Cerrone, si tratta di 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 59 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 59 copia del 1829 dell’originale del Catasto alessandrino del 16 aprile 16607. La pianta reca in basso, al di sotto della cornice, il timbro dell’Ufficio del Bollo e Registro di Roma con la seguente annotazione inserita in un testo prestampato apposto con timbro: «Registrato a Roma li 27 febbraio 1830 in una pagine <sic> senz’apostille VOL. 162 Atti privati, fog. 80v, cas. 3 ricevuto baiocchi 40. B. Vagnolini». Ciò induce a ritenere che molto probabilmente la copia sia stata richiesta dall’Ufficio di registro e bollo al notaio delle strade, Benedetto Triulzi, che certificò nella parte destra della pianta l’esatta corrispondenza della copia redatta da Paolo Provinciali con l’originale8. Nel caso in esame, dunque, è stato possibile reperire la registrazione dell’esecuzione della copia, ma non la precisa provenienza di quest’ultima9. 2.2. Diverso il caso delle altre cinque piante, non datate ma attribuibili ai primi decenni dell’Ottocento in base alla presenza di una nota dell’agrimensore Tobia Sani, che ricorre quasi identica in tutte: «La presente è stata fedelmente estratta dall’Officio del Tribunale delle strade da me Tobia Sani Agrimensore»10. Figlio di Angelo Sani, uno dei migliori allievi di Giovanni Battista Nolli, che spiccò per la sua abilità e fu tra i più ricercati tecnici dello Stato 7 AS ROMA, CDM, I, 92/745. In realtà, il 31 dicembre 1829 il «Direttore dei Lavori Stradali dell’Agro e Comarca di Roma» dichiarava che la copia era stata fedelmente esemplata dall’originale esistente «nell’Officio Notarile dell’Illustrissima Presidenza delle Strade e Acque», come si legge in basso a sinistra, e quindi verosimilmente essa deve risalire al 1829. 8 «Certifico io sottoscritto Segretario dell’Illustrissima Presidenza delle Strade ed Acque, che il signor Paolo Provinciali sotto Ispettore Ingegnere in Capo Direttore dei Lavori Stradali dell’Agro e Comarca di Roma, ha dichiarato di aver esattamente confrontata la presente Pianta della Tenuta del Cerrone, con quella esistente nella Collezione delle Mappe delle Tenute nell’Agro Romano, ordinata già dalla Santa Memoria di Alessandro VII ed alligata nel Tomo intestato Porta Maggiore, numero Ventitré, che unitamente agl’altri si conservano nell’Ufficio di detta Presidenza, ed averla rinvenuta in tutto, e per tutto, conforme all’originale, per cui ne ha firmata la presente. In fede. Roma li cinque gennaio milleottocentotrenta 1830. Benedetto Triulzi Segretario». Si osservi l’interessante riferimento al numero 23 della pianta, che dimostra che la numerazione attuale mantiene quella originaria (la pianta del Catasto alessandrino della tenuta di Cerrone è infatti la 430/23). 9 AS ROMA, Ufficio del bollo, registro, ipoteche e tasse riunite di Roma. Registri d’introito degli atti di forma privata, Amministrazione del Bollo e Registro, reg. 929 (già 162), c. 80r, casella 3: alla data del 27 febbraio 1830 si annota la «registrazione di una Misura e Pianta della tenuta del Cerrone già spettante alla famiglia Androsilla estratta dall’ingegner Provinciali ... con certificato annesso della Presidenza delle Strade (...)». 10 Tenute di Campo Merlo degli Alberini (92/721), Campo Merlo dei Mattei (92/722), Capodiferro e Pisciarello di Francesco Fabi (92/729), Magliana di S. Cecilia in Trastevere (93/770) e Muratella dei Mattei (94/794); quest’ultima pianta è pubblicata in TOMASSETTI, VI, p. 386. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 60 60 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri Pontificio11, Tobia ebbe parte rilevante nelle operazioni catastali avviate con l’articolo 191 del motuproprio di Pio VII del 6 luglio 1816; il suo studio di geometra, dove insieme ad altri esercitava la professione di perito agrimensore, è documentato nel 181812. Le piante in questione - alcune delle quali contrassegnate da un numero d’ordine progressivo che, a causa di evidenti tracce di erasione, non risulta sempre facilmente leggibile13 - riproducono fedelmente quelle del Catasto alessandrino, recandone l’esatta data e la firma dei rispettivi agrimensori14. Esse, quindi, sono state con assoluta certezza realizzate contemporaneamente e per un medesimo scopo; peraltro, le cinque tenute confinano tra di loro e costituiscono un unico ‘blocco’ fondiario compreso fra la riva destra del Tevere e la via Portuense. A queste cinque piante se ne ricollega sicuramente un’altra, realizzata dal medesimo agrimensore (come si legge in basso a sinistra) e ugualmente non datata, relativa allo sviluppo della via Portuense e della strada della Magliana da Porta Portese sino a Ponte Galera, che contribuisce a comprendere le motivazioni che dovettero essere alla base della loro realizzazione (fig. 1). Anche in questo caso si tratta di copia «fedelmente BEVILACQUA, pp. 14-15. Più in particolare egli fu uno dei quattro ‘ingegneri ispettori’ ai quali il 5 settembre 1817 fu conferito dalla Camera apostolica l’incarico di elevare le piante catastali delle tenute dell’Agro Romano (VITA SPAGNUOLO 1995, pp. 68-69; per la notizia del 1818: AS ROMA, Presidenza generale del censo, b. 34, fasc. «Circolare n. 4872 ai verificatori», in RUGGERI 2012, p. 409). Anche negli anni successivi fu al servizio della Presidenza del censo: nel luglio 1823 era ‘ispettore alla misura dell’Agro Romano e vigne del suburbano di Roma’ mentre nel 1824 era ispettore alle stime censuali per la Delegazione di Viterbo (AS ROMA, Presidenza generale del censo, rispettivamente: b. 176, fasc. «Corrispondenza con i verificatori alle misure», pos. 28133, e b. 205); nel 1834, inoltre, redigeva un rapporto «in seguito ad una ispezione compiuta nell’Agro Romano per un nuovo estimo delle tenute» (TOMASSETTI, I, p. 198, nota a). In mancanza di una scheda bibliografica a cui fare riferimento, possiamo qui aggiungere che, parallelamente ai suoi impegni pubblici (nel 1812 - per esempio - era uno dei quattro ispettori della ‘Commissione di salubrità’, in Annuario 1813, p. 202; in una relazione del 1829 è definito «perito agrimensore camerale», in AS ROMA, Camerlengato, p. II, b. 199, fasc. 1136), fu anche molto intensa la sua attività come perito agrimensore di parte, documentata perlomeno dal 1801 (in Decisiones 1828, Decisio CCCXLII, p. 425), sino al 1837, quando firmava la pianta di una vigna fuori Porta Maggiore (VERDI 2009, p. 303, n. 1/48) e agli inizi degli anni ’40 (PAGANO, p. 123). 13 I numeri sono indicati all’interno delle cornici che delimitano le singole piante, nell’angolo in alto a destra, e sono i seguenti: II, Magliana di S. Cecilia; IV, Campo Merlo degli Alberini; V, Campo Merlo dei Mattei (per il quale nell’annotazione in basso a destra Tobia Sani precisa che «chiamasi in oggi la Chiavichetta»); VI, Capo di Ferro e Pisciarello dei Fabi, indicazione interessante in quanto lascia sottintendere che il corpus originario dovesse essere costituito da almeno sei piante. Nella pianta della Muratella il numero è illeggibile perché totalmente eraso, ma - per accordarsi con l’ordinamento topografico elencato a nota 18 - non poteva che essere III. 14 Magliana: 433bis/8; Muratella: 433bis/10; Campo Merlo Alberini: 433bis/3; Campo Merlo Mattei: 433bis/4; Capo di Ferro e Pisciarello: 433bis/2. 11 12 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 61 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 61 1. Dechiaratione delle dicontro strade fuori Porta Portese, primi decenni del XIX secolo; il nord è verso sinistra (AS ROMA, CDM, I, 90/656 n.1) estratta dall’Officio del Tribunale delle Strade», redatta con lo scopo esplicitamente dichiarato - di documentare «l’andamento della controversa strada consorziale della Magliana come esisteva nel 1660 sotto il pontificato di Alessandro VII» e il suo contesto territoriale: edifici, strade, vicoli, fossi (ma non le tenute attraversate dalle due strade). Peraltro, nell’angolo in alto a destra, all’interno della cornice e leggibile con difficoltà perché totalmente eraso, si intravede il segno ‘I’, un’importante conferma dell’ipotesi prospettata, ossia del fatto che il corpus originario dovesse essere costituito per l’appunto da sei piante, e che questa sarebbe la prima della serie15. Per quanto non datate, riteniamo che tutte e sei le piante debbano essere posteriori all’elevazione delle mappe del Catasto gregoriano di questa zona16 e, presumibilmente, che possano attribuirsi agli anni ’20-’30 del XIX secolo, quando si dispiega la piena attività di Tobia Sani quale perito agrimensore. 15 AS ROMA, CDM, I, 90/656, n. 1. La legenda, in alto a destra, recita: «Dechiaratione delle dicontro strade fuori Porta Portese»; seguono - indicati con numeri romani, ma solo quelli effettivamente riportati sulla pianta - i riferimenti alle emergenze raffigurate nella pianta stessa (edifici, strade, corsi d’acqua), numeri che, come il titolo della pianta, sono gli stessi presenti nell’originale del Catasto alessandrino (433bis/II), di cui questa pianta è una copia; non manca, sulla sinistra, lo stemma Chigi di Alessandro VII. Fuori della cornice, in alto a destra, aggiunto a matita: «Tav. 1»; sul retro, di mano ottocentesca: «1660. Strade fuori porta Portese sino alla Polledrara»; nella precedente redazione dell’inventario 109, la pianta era in effetti erroneamente attribuita al 1660. 16 AS ROMA, Presidenza generale del censo. Catasto gregoriano, Agro Romano, mappe nn. 23 (tenute di Campo Merlo, Chiavichetta e porzione di Pisciarello), 60 (tenute della Magliana e parte della Muratella), 87 (le altre porzioni delle tenute della Muratella e di Pisciarello), tutte elevate tra il 1818 ed il 1819. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 62 62 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri Quella della strada ‘consorziale’17 della Magliana era una questione complessa, che si trascinava da almeno un secolo, e che diede luogo alla redazione di altre piante oggi conservate nella Collezione I di disegni e mappe18. Essa ruotava intorno al Ponte della Magliana, che si trovava nell’omonima tenuta spettante al monastero di S. Cecilia in Trastevere, Per questo termine si veda la nota 22. L’unità in cui è conservata la copia redatta da Tobia Sani contiene altre due piante. La 90/656, n. 2, non firmata né datata, riporta a scala più piccola gli stessi elementi della 90/656, n. 1, di cui potrebbe essere una copia, con le medesime caratteristiche e la stessa legenda, compreso lo stemma Chigi sulla sinistra; fuori della cornice, nell’angolo sinistro in alto, di mano diversa: «Tavola Alessandrina»; dentro la cornice, a matita: «Tav. 2»; sul retro, nessuna annotazione. La 90/656, n. 3, invece, è del tutto diversa: ugualmente a piccola scala e non datata né firmata, senza legenda e senza i numeri romani che compaiono nelle due piante precedenti, essa raffigura le due strade, Portuense e della Magliana, ma - diversamente da quelle - anche le tenute attraversate e quelle confinanti, ciascuna con la propria denominazione: si osservi, a questo proposito, che la strada della Magliana, procedendo da Roma sino a dove si unisce alla Portuense, attraversa nell’ordine le tenute della Magliana, della Muratella, di Campo di Merlo, di Chiavichetta (già Campo di Merlo dei Mattei) e di Pisciarello, ossia le stesse - e nello stesso ordine - di cui sono state redatte le copie da parte di Tobia Sani. Vi è inoltre una serie di lettere sino a Z, che si riferiscono a strade e manufatti, ma per le quali non c’è legenda, segno evidente che la pianta doveva far parte di una perizia, in cui doveva essere spiegato il significato di ciascuna singola lettera. All’interno della cornice, nell’angolo a destra in alto, a matita: «Tav. 3». Vi sono poi almeno altre due piante riconducibili a questo contesto. La 90/657, non datata né firmata, che raffigura la strada della Magliana, con un percorso leggermente differente rispetto alle precedenti, e la via Portuense dalla porta omonima al ponte Galera, con le tenute attraversate da entrambe; essa reca l’annotazione: «Estratto della pianta delle strade fuori la Porta Portese esistente nel 1660 all’Officio delle Strade», chiaro indizio di essere stata copiata dalla pianta del Catasto alessandrino; sul retro, in grafia ottocentesca: «1660. Strade fuori Porta Portese sino a Ponte Galera», che è la stessa dicitura del vecchio inventario 109, ma i caratteri stilistici orientano l’esecuzione anche di questa pianta ai primi decenni dell’800. La 90/671, «Strada da Porta Portese a Ponte Galera» (così nel vecchio inventario 109, perché in realtà la pianta è priva di titolo), a differenza delle altre è invece firmata e datata: è stata infatti redatta l’8 dicembre 1836 da Giuseppe Valadier «Perito Architetto Accademico». In alto a sinistra: «Dichiarazione delle di contro strade fuori di Porta Portese»; segue la legenda, con gli stessi numeri della pianta del Catasto alessandrino, che coincidono con quelli presenti nelle copie 90/656, nn. 1 e 2, prova del fatto che anche questa pianta è copia, sebbene non molto fedele, di quella del Catasto alessandrino. Oltre ai numeri in inchiostro nero, relativi agli elementi del paesaggio e ai manufatti elencati nella legenda, vi sono anche alcune lettere scritte con inchiostro rosso (diverse da quelle presenti nella pianta 90/656, n. 3), per le quali però non vi è alcuna legenda che ne esplichi il significato, sicuro indizio - ancora una volta - del fatto che anche questa pianta deve essere stata estrapolata da una perizia. Vale la pena di sottolineare, come è stato già osservato (PASSIGLI 2009, p. 6), il fatto che a distanza di un secolo e mezzo le piante del Catasto alessandrino costituissero ancora un punto fermo a cui fare riferimento nonostante la recente esecuzione delle mappe del Catasto gregoriano, che forse però, essendo a grande scala, non consentivano la necessaria visione di insieme dello sviluppo planimetrico delle strade, un risultato che sarà raggiunto - con maggior precisione - solo con la Carta topografica del suburbano di Roma desunta dalle mappe del nuovo censimento e trigonometricamente delineata nella proporzione di 1:15.000, del 1839, edita in FRUTAZ 1962, III, tav. 502. 17 18 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 63 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 63 poco prima della villa della Magliana. L’origine della questione risaliva perlomeno al 1718, quando il ponte - senza il quale, come riferito da diversi testimoni, «niuno può passare la marana della Magliana» - era stato restaurato a cura delle monache di S. Cecilia che avanzavano pretese affinché, per la spesa da esse sostenuta, fossero tassati anche i proprietari delle tenute confinanti; ma evidentemente la causa non si risolse subito19. In particolare, al 1764 risalgono due perizie degli architetti Clemente Orlandi e Antonio Felice Facci, relative alla ripartizione delle spese per la riparazione del ponte, con le quali si stabiliva che la metà dovesse spettare al monastero di S. Cecilia e l’altra metà ai possessori delle tenute adiacenti, secondo - come era consuetudine - la proporzione delle rispettive superfici20. Tali tenute sono le stesse delle quali Tobia Sani ha realizzato le piante-copia del Catasto alessandrino (con l’eccezione di Tor Carbone e Ponte Galera): si può dunque supporre che diversi decenni dopo, ormai in pieno ‘800, venisse nuovamente commissionata, presumibilmente dalla Presidenza delle strade (innanzi alla quale - come attesta la documentazione dell’archivio di S. Cecilia - erano state dibattute nel 1764-1765 le cause Romana Pontis e Romana praetensi repartimenti per il risarcimento del ponte e ripartizione delle relative spese), una ricognizione territoriale che documentasse l’esatta posizione e superficie delle tenute coinvolte e lo sviluppo delle strade che le attraversavano, mediante l’esecuzione di copie delle piante seicentesche. Ma nonostante la possibilità che nell’archivio di S. Cecilia potesse essere esistita una o più piante della tenuta della Magliana, menzionate nella documentazione ma attualmente non presenti nella busta21, non 19 AS ROMA, Corporazioni religiose femminili. Benedettine cassinesi in S. Cecilia in Trastevere, b. 4058, fasc. 14 (Beni rustici. Magliana; 1513-1857, con copie di documenti anteriori); vi sono numerosi fascicoletti, quasi tutti riportanti una loro numerazione e vecchie segnature, che dimostrano un precedente ordinamento della documentazione. Si veda per esempio l’incartamento relativo alla riparazione del ponte della Magliana (già T. 16, Arm. B, n. 9) con disegno del ponte e documentazione relativa al suo restauro, atti giudiziari, perizie, memorie di spese fatte in tempi diversi etc. 20 AS ROMA, Corporazioni religiose femminili. Benedettine cassinesi in S. Cecilia in Trastevere, b. 4058, fasc. 14, incartamenti con le perizie di Clemente Orlandi (già in Arm. B, parte 2, tomo 16) e di Antonio Felice Facci (già mazzo AA, lett. E, n. 7, in Arm. B, parte 2, t. 16); si veda anche la «Nota delle tenute che si devono tassare per il risarcimento del ponte della Magliana colla tangente delle rispettive somme (...)» redatta dal perito agrimensore Girolamo Piagese (già mazzo AA, lett. E, n. 8, in Arm. B, parte 2, t. 16). 21 AS ROMA, Corporazioni religiose femminili. Benedettine cassinesi in S. Cecilia in Trastevere, b. 4058, fasc. 14, incartamento «Notizie circa alla Tenuta della Magliana» (già tomo 16, 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 64 64 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri riteniamo che le copie redatte da Tobia Sani provengano da quell’archivio, come ente diretto interessato e maggiormente coinvolto, in quanto la questione riguardava in realtà diverse tenute attraversate dalla strada; inoltre, se così fosse, nella documentazione conservata si dovrebbe trovare cenno alle piante e ad eventuali perizie di Sani (come anche a quella di Giuseppe Valadier), come se ne trovano numerose altre precedenti, ed invece nulla di tutto ciò. Ampliando il discorso all’insieme delle sei piante, pertanto, è ragionevole pensare che la loro collocazione originaria non sia da cercare negli archivi dei singoli proprietari, quanto piuttosto in quello della Presidenza delle strade, dove erano conservate le piante originali del Catasto alessandrino e che nei decenni precedenti era già intervenuta in merito alla vertenza22, e che da questo siano state prelevate al momento della costituzione della Collezione I di disegni e mappe, separandole tra loro sulla base di un criterio alfabetico-topografico che non ne ha rispettato l’originaria unitarietà23. 3. Le piante di incerta attribuzione cronologica Tra le piante prese in considerazione, ve ne sono due per le quali la precedente redazione dell’inventario 109 forniva una datazione seicentesca: si tratta delle piante delle tenute di Isola Farnese e di Torre in Pietra, attribuite rispettivamente al 1660 e 1620, secondo quanto indicato nei Arm. B, n. 1) con elenco di documenti sulla camicia: notizie sulla tenuta, pianta, mappa (entrambe assenti nell’incartamento stesso). Anche in altri fascicoli ci sono riferimenti a piante della tenuta della Magliana. 22 Per esempio, negli Atti sciolti delle vie nazionali. Agro Romano e Comarca, bb. 280-320 (1818-1833). Analoga provenienza si potrebbe ipotizzare anche per tutte le altre piante menzionate alla nota 18. Le piante in questione non dovrebbero invece appartenere all’archivio della Prefettura generale acque e strade (che dal 1833 assorbe le competenze della soppressa Presidenza delle strade), bb. 82-84, relative alle strade della Comarca di Roma (1834-1840), nelle quali si trova esclusivamente documentazione inerente alla manutenzione ordinaria della strada ‘consorziale’ della Magliana. In particolare, uno «Schiarimento sui riparti del consorzio della via della Magliana» del 1839 (nella b. 84, fasc. 272) dimostra che i proprietari dei terreni attraversati dalla strada, tra cui il monastero di S. Cecilia e gli altri proprietari delle tenute circostanti, ai fini della ripartizione dei rispettivi contributi erano riuniti - per l’appunto - in un consorzio. 23 Nel vecchio inventario 109 le piante delle tenute sono state disposte separatamente, secondo l’ordine alfabetico; quella delle strade invece è stata riunita con altre due piante di analogo soggetto (si vedano le osservazioni fatte nella nota 18) nell’attuale unità 90/656: forse anche quest’ultime provengono dall’archivio della Presidenza delle strade, ma non ci sono dati certi per affermarlo. Quel che appare certo, invece, è che all’atto dell’inserimento nella Collezione I, su ciascuna di esse è stata aggiunta a matita l’indicazione «Tav. 1», «Tav. 2», «Tav. 3» inducendo a ritenerle come facenti parte di un unico corpus. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 65 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 65 rispettivi cartigli. Vi sono tuttavia forti dubbi che si tratti realmente di originali seicenteschi, in quanto è ipotizzabile che entrambe siano invece copie non datate, e non facilmente databili, ma presumibilmente ottocentesche. Per tale motivo esse vengono descritte a parte rispetto a quelle di sicura datazione seicentesca. 3.1. AS ROMA, CDM, I, 93/762: «Pianta del Territorio dell’Isola della Reverenda Camera Apostolica posta fuori di Porta del Popolo (...) data in Bracciano questo dì 23 dicembre 1660» (tav. 1). Si tratta di una parte del territorio del castrum Insulae, che nel 1567 era stato venduto da Paolo Giordano Orsini ad Alessandro Farnese (da cui l’appellativo ‘familiare’), e che nel 1649 - al pari di tutto lo Stato di Castro di cui Isola faceva parte - era passato sotto la giurisdizione diretta della Camera apostolica24. La pianta è disegnata a china e acquerello, con il titolo posto in alto a sinistra scritto da mano ottocentesca diversa da quella della legenda («Pianta del Territorio dell’Isola della Reverenda Camera Apostolica»); in basso a sinistra si trova la seguente annotazione: «Produzione dell’originale della presente pianta avanti Monsignor Presidente ed i Maestri delle Strade per gl’atti dell’Orsini Notaro delle Strade. Reverendissimo Presidente et Magistris. Pro Reverenda Camera Apostolica. Contra Quoscumque. Die 8 Ianuarii 1661. Ursinus». La legenda vera e propria è inquadrata da una doppia cornice e si trova in basso a destra; in essa sono elencati i diversi ‘quarti’ componenti la tenuta, la “Macchia”, il “Monte Campanile” e il “Prato la Corte”, tutti con le rispettive superfici; la legenda è conclusa dalla data e dal nome dell’agrimensore Battista Cocciante. Ad un attento confronto, la pianta si presenta come una copia abbastanza fedele dell’originale del Catasto alessandrino, redatto in Bracciano il 23 dicembre 1660 (433/13): la legenda è del tutto analoga, gli elementi topografici sono tutti riportati, seppure con coloritura diversa, mentre la scrittura è decisamente più corsiva nel caso delle scritte interne e per i nomi delle proprietà confinanti. Nell’originale, la firma - questa volta autografa - è quella di Battista Cocciante, mentre sul verso, nell’angolo in alto a sinistra, non facilmente leggibile perché sbiadita, vi è la seguente annotazione a matita: «Popolo verso Viterbio - Isola/Viar(um) Presid. Mag.ris/Pro/Ra Cam.ra Ap.lica/con./quoscum(que)/Die 8 januarii 1661», 24 SILVESTRELLI, II, p. 544; TOMASSETTI, III, p. 136; FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 66 66 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri ossia la data di esibizione negli atti del notaio delle Strade, riportata - seppure non fedelmente - anche nella copia. Il confronto ha anche evidenziato che, mentre nell’originale alessandrino il “Quarto di Vignali” e le “Terre della Comunità” (sulla sinistra della pianta), per quanto delineati e con le diciture riportate all’interno delle rispettive aree, non sono colorati e non sono descritti nella legenda25, nella copia della Collezione I di disegni e mappe, invece, sono entrambi colorati in verde chiaro (inducendo erroneamente a ritenerli parte del territorio della tenuta spettante alla Camera apostolica), ma anche in questo caso non sono descritti nella legenda. Chi ha redatto la copia, pertanto, non ha còlto questa particolarità grafica, oppure ha volutamente colorato anche i due terreni suddetti. Ciò premesso, non è tuttavia possibile stabilire con certezza - in mancanza di qualsiasi indicazione in merito - a quando risalga la copia: per la grafia della legenda, di aspetto decisamente più ‘moderno’ rispetto all’originale, ed altre caratteristiche grafiche e stilistiche del disegno26, si potrebbe ipotizzarne una datazione ottocentesca, verosimilmente intorno ai primi decenni del secolo. Per questo stesso motivo non è agevole identificare la sede originaria di conservazione, sebbene si possa avanzare l’ipotesi trattarsi di qualche archivio camerale, in particolare uno dei fondi dove si conserva documentazione relativa all’amministrazione dei beni della Camera apostolica27. Al momento dell’estrapolazione della pianta per inserirla nella Col- 25 Nella pianta è infatti raffigurata solo la proprietà della Camera apostolica, non i terreni spettanti alla Comunità di Isola Farnese, sebbene anche questa fosse soggetta alla medesima Camera; si veda anche SCOTONI, tav. XIII, nella quale con la lettera ‘B’ sono indicate queste stesse terre della ‘Comunità dell’Isola’. Riferimenti a una pianta dei terreni della Comunità sono in AS ROMA, Congregazione del Buon Governo, s. II, b. 2051, 17 maggio 1692. Nella mappa del Catasto gregoriano (AS ROMA, Presidenza generale del censo. Catasto gregoriano, Agro Romano, mappa n.134) il territorio di Isola Farnese comprende la tenuta della Camera apostolica, i due terreni in oggetto e - più a sud - anche il “Quarto di Pian Solaro” della chiesa di «San Sebastiano di Roma» (part. 359), che nella pianta del Catasto alessandrino e nella copia è invece indicato a confine del “Quarto di Vignale” e spettante alla “cappella” di S. Sebastiano. 26 Segnaliamo in particolare che la “Tenuta delle Dui Torre” indicata nella pianta del Catasto alessandrino a confine con quella della Camera apostolica (si tratta di una tenuta nel territorio di Formello, non nell’Agro Romano), figura nella copia come “Tenuta delle Due Torri”: si è cioè attualizzato e normalizzato il toponimo, possibile prova a favore del fatto che si tratta di copia ottocentesca. Il casale (ossia l’edificio) “Due Torri” esiste ancora oggi, 1 km a nord-est del Ponte Sodo. 27 Tentativi di ricerca sono stati effettuati nelle ben note e artificiose ‘miscellanee camerali’ (cfr. LODOLINI E. 1976, pp. 317-319), senza alcun risultato: Camerale II. Agro Romano, bb. 8-9 (Isola Farnese); Camerale II. Beni camerali, b. 46, fasc. 555-558 (relativi ad Isola Farnese); 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 67 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 67 lezione I di disegni e mappe, peraltro, potrebbe essere stata compilata la nota ottocentesca apposta in alto a sinistra. 3.2. AS ROMA, CDM, I, 94/836: «Pianta [e] misura di tutte le Tenute dei Casali di Torre Impreda dell’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signor Principe Peretti. Fatta da me Francesco Peperelli (...) sotto li 15 maggio 1620» (tav. 2). La pianta, realizzata a penna ed acquerello su due fogli di carta uniti a formare un grosso rotolo, vivacemente colorata, raffigura l’esteso latifondo di Torre in Pietra che - con una superficie totale di 1917 rubbia costituisce il risultato finale del processo di accorpamento fondiario di almeno otto tenute - i cui confini sono delineati con estrema precisione - portato a conclusione tra la fine del ‘500 ed i primi decenni del ‘600 dalla famiglia Peretti28. Corsi d’acqua (privi di denominazione), strade, elementi del paesaggio vegetale e strutture edilizie sono disegnati con tecnica realistica e in visione prospettica. I manufatti - in particolare - sono costituiti dagli edifici dei casali, isolati o agglomerati, chiese, torrette, ruderi, delineati con estremo dettaglio figurativo e tutti contraddistinti dalle proprie denominazioni specifiche (“Chiesa della Libbrignana detta S. Maria Madalena”, “Casetta nuova della Libbrignana di sotto”, “Castel Lombardo” etc.) o generiche (“Casetta”, “Torretta”, “Muracci”, “Fontanile” etc.); i fontanili sono rappresentati con la consueta forma rettangolare, colorati di azzurro e con le rispettive denominazioni a fianco. Il confine della tenuta, sia esso costituito da corsi d’acqua, da strade (come per esempio la “Strada Romana”, ossia la via Aurelia), oppure semplicemente scandito da cippi raccordati Camerale III (Comuni), bb. 1232-1233; tutti comprendono documentazione varia sei-sette-ottocentesca (sino al 1838) sull’amministrazione di Isola Farnese da parte della Camera apostolica, registri di entrate-uscite, istrumenti notarili, affitti, inventari, conti per lavori eseguiti, fascicoli di cause e vertenze, memorie varie etc. 28 Si tratta delle tenute di Castel Lombardo, Castiglione delle Monache (che secondo quanto lascia intendere la legenda costituisce l’ultimo acquisto in ordine di tempo), Leprignana (con le suddivisioni interne “di sopra”/”di sotto”), Prataccio, Sant’Angelo, San Biagio, Torre in Pietra già della famiglia Cenci (costituita da due unità fondiarie separate) e Torre in Pietra già della famiglia Massimo. Per le complesse vicende che hanno portato alla formazione del vasto latifondo di Torre in Pietra si vedano: RATTI, II, p. 352; VENDITTELLI 1989; MORI-FRANCESCHINI-VENDITTELLI (in cui è ripubblicato, con parziali modifiche, il saggio sopra citato di Marco Vendittelli), pp. 53-54 per l’acquisto, da parte di Camilla Peretti, dei casali della Leprignana (1587) e Torre in Pietra dei Massimo (1590); RUGGERI 2002, pp. 98, 112, 115, 125 e fig. 20, nella quale sono stati ridisegnati i confini dei diversi casali che costituiscono la tenuta di Torre in Pietra (si osservi che il casale di Palidoro dei Muti corrisponde a quelli di Sant’Angelo e Prataccio della pianta in esame). Cenno alla pianta in PASSIGLI 2009, p. 12, nota 24. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 68 68 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri da tratti rettilinei, è marcato sul lato esterno da una coloritura gialla sfumata; mentre solo linee a penna, in alcuni casi con cippi, indicano i confini interni fra le tenute, i nomi delle quali sono trascritti all’interno di ciascuna di esse. All’esterno, infine, sono riportati i nomi dei proprietari delle tenute confinanti. Sul bordo sinistro della pianta si trova la legenda (racchiusa entro una semplice cornice rettangolare), nella quale sono dettagliatamente descritte tutte le tenute, con le rispettive superfici e caratteristiche colturali (macchie, vigne, prati, terreni lavorativi, pantani); sul verso, con scrittura più recente, è annotato «Torrimpietra. Pianta antica». Occorre però precisare subito che, nonostante quanto indicato nella legenda, Francesco Peperelli non è l’autore di questa pianta, in quanto - come si vedrà meglio più avanti - essa si è rivelata essere in realtà una copia. Anche la pianta della tenuta di Torre in Pietra consegnata per il Catasto alessandrino (428/28) reca il nome di Francesco Peperelli e la data del 25 maggio 1620. Esibita alla Presidenza delle strade il 15 aprile 1660 (come annotato sul retro), essa contiene il disegno delle «Tenute delli casali di Torrimpreda di proprietà dell’Illustrissimo et Eccellentissimo Principe Peretti (...)» con la raffigurazione degli insediamenti abitativi, dei casali, delle torri, del procoio, dei fontanili, della selva, e con i nomi di tutte le tenute componenti il vasto latifondo, con i rispettivi confini, alcuni dei quali scanditi da cippi, e di quelle confinanti. La legenda, posta in alto a sinistra, è identica per contenuti a quella della pianta della Collezione I di disegni e mappe, ma, a differenza di questa, è inquadrata entro un sontuoso drappeggio. Il confronto tra le due piante - quella della Collezione I di disegni e mappe (che chiameremo A), e quella del Catasto alessandrino (che chiameremo B) - al fine di stabilirne i reciproci rapporti e gli eventuali legami, costituisce un interessante esempio di percorso storico-archivistico che vale la pena di ripercorrere, sia pure in sintesi, per ricostruire le comuni origini di entrambe. Come impostazione generale, orientamento, disegno dei confini esterni ed interni, posizione e numero dei cippi, ubicazione e raffigurazione dei singoli elementi del paesaggio naturale e dei manufatti, le due piante sono molto somiglianti, tanto da poterle considerare strettamente ‘imparentate’. La differenza più significativa consiste però negli aggiornamenti relativi al proprietario presenti in B, tutti di prima mano: all’interno delle tenute di Castel Lombardo, Leprignana di sopra/di sotto, Prataccio, Sant’Angelo, San Biagio e Torre in Pietra già della famiglia Massimo è infatti scritto, accanto alla denominazione di ciascuna di esse: “del Falconieri”; mentre nei due corpi fondiari già spettanti ai Cenci e nella tenuta di Castiglione delle Monache è scritto: “hoggi del Falconieri”. Tutto ciò trova spie- 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 69 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 69 gazione nel fatto che il 22 dicembre 1639 Francesco Peretti, figlio di Michele Peretti principe di Venafro, aveva venduto la tenuta di Torre in Pietra ad Orazio Falconieri29: di qui la necessità degli aggiornamenti, per evitare possibili contraddizioni con quanto riportato nella legenda della pianta consegnata all’ufficio delle Strade, nella quale invece si legge: «di proprietà dell’Illustrissimo et Eccellentissimo Principe Peretti». Nonostante quanto ritenuto in precedenza, tuttavia, la pianta del Catasto alessandrino non può essere l’originale dell’architetto Peperelli aggiornato con l’indicazione dei nuovi proprietari Falconieri direttamente sulla pianta stessa, lasciando inalterata la legenda originaria30; ciò lo si può affermare con certezza sulla base di due considerazioni. In primo luogo, perché sono indicati quali proprietari delle confinanti tenute di Testa di Lepre di sopra e Testa di Lepre di sotto i Pamphili, che avevano acquistato le due tenute, riunificandole, rispettivamente nel 1649 e 164831. Se si trattasse veramente della pianta originale, si sarebbero invece dovute trovare le indicazioni dei Cenci (oppure dei Borghese) per Testa di Lepre di sopra, e dei Rucellai per Testa di Lepre di sotto32. In secondo luogo bisogna considerare gli aggiornamenti, cui si è fatto cenno supra, relativi alle tenute di Torre in Pietra dei Cenci e di Castiglione delle Monache, che furono gli ultimi acquisti - in ordine di tempo - da parte dei Peretti, non molto tempo prima della redazione della pianta originale di Francesco Peperelli33. In questa, infatti, abbiamo motivo di ritenere che per entrambe le tenute (e solo per queste due) dovesse essere annotato, rispettivamente: “Tenute ch’erano de’ S.ri Cenci hoggi di S. E.” e “Tenuta di Castiglione delle Monache hoggi di S. E.”34, mentre nella pianta 29 AS ROMA, Notai del Tribunale dell’AC, uff. 3, notaio Dominicus Fonthia, vol. 3168, cc. 1014r-1019v e 1048r-1052r; MORI-FRANCESCHINI-VENDITTELLI, pp. 63, 65. 30 MORI-FRANCESCHINI-VENDITTELLI, p. 16, nota 14. 31 CAPALBO, p. 555. 32 Testa di Lepre di sopra fu venduta dai Cenci al cardinal Scipione Borghese il 9 settembre 1620 (RUGGERI 2002, p. 116, con i riferimenti archivistici), proprio l’anno della redazione dell’originale di Peperelli; Testa di Lepre di sotto fu venduta il 22 agosto 1587 dagli Anguillara ad Orazio Rucellai (TOMASSETTI, II, p. 607, nota c), che la possedeva ancora nel 1603 (COSTE 1969, pp. 97-98, n. 500). Si vedrà infra che sono proprio i Cenci ed i Rucellai i nomi che compaiono nell’esemplare A della pianta (tav. 2, angolo a destra in basso). 33 I due terreni che costituivano la tenuta di Torre in Pietra dei Cenci erano stati acquistati da Michele Peretti il 24 dicembre 1615 (MORI-FRANCESCHINI-VENDITTELLI, p. 56; RUGGERI 2002, p. 115); per quanto riguarda la tenuta di Castiglione, si veda la nota 28. 34 Lo si desume dalle diciture presenti nell’esemplare A che, come avremo modo di vedere più avanti, per alcuni aspetti è una copia non aggiornata della pianta originale di Francesco Peperelli. Precisiamo che per le altre tenute che costituivano il latifondo di Torre in Pietra doveva esserne scritto solo il nome, senza altre specificazioni. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 70 70 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri del Catasto alessandrino al posto di “(...) hoggi di S. E.” figura “(...) hoggi del Falconieri”. Ora, il titolo onorifico ‘S. E.’ è quello che - in riferimento a Michele Peretti - Francesco Peperelli utilizza anche nella pianta del territorio di Mentana da lui redatta intorno al 161835. È allora evidente che se B fosse veramente l’originale - pur ammettendo la possibilità che accanto ai nomi delle altre tenute sia stato semplicemente aggiunto “del Falconieri” - per Torre in Pietra Cenci e Castiglione delle Monache bisogna invece ipotizzare che l’indicazione “di S. E.” sia stata erasa e sostituita con “del Falconieri”. Poiché nella pianta del Catasto alessandrino non vi è traccia di quest’operazione, la conclusione è che essa non è l’originale di Francesco Peperelli del 1620 ma una copia redatta per la consegna alla Presidenza delle strade, e dunque che il nome dell’architetto che compare nella legenda non è la sua firma autografa36. Se passiamo ora ad un confronto analitico tra le due piante, si osserva che sebbene - come anticipato - nelle loro linee generali esse siano molto somiglianti, vi sono però anche alcune significative differenze. In A, i numerosi manufatti, gli edifici ed i particolari figurativi del paesaggio vegetale (selve e boschetti) appaiono raffigurati con un disegno molto curato, ricchi di dettagli e colorati, mentre in B sono meno elaborati, non colorati e - nel complesso - più schematici e in qualche caso sommariamente delineati. Inoltre, mentre in A tutti i manufatti sono contraddistinti con le proprie denominazioni specifiche o generiche (si veda sopra alla descrizione della pianta) e figurino anche le indicazioni di alcune destinazioni di uso del suolo (“prato”, “vigne”), tali diciture sono generalmente assenti in B, o molto più essenziali (per esempio: “Procoio” in luogo di “Procoio della Libbrignana di sopra”)37. Per quanto riguarda invece le legende, a parte le cornici che le delimitano, esse sono sostanzialmente 35 PASSIGLI 1989; si veda, come esempio specifico, p. 132 (“Vigna di S. E.” indicata sulla pianta). I Peretti avevano acquistato il feudo di Mentana dagli Orsini nel 1594. 36 A ciò si aggiunga il fatto che sembra molto improbabile che la famiglia Falconieri si privasse dell’originale; la pratica di far redigere copie da consegnare all’Ufficio delle strade (mentre gli originali rimanevano negli archivi dei proprietari) è ampiamente attestata nel corpus alessandrino: si veda in proposito PASSIGLI 2009, pp. 7-13. 37 Di fatto, a parte le denominazioni delle tenute, nella pianta del Catasto alessandrino le scritte si riducono sostanzialmente a quelle relative agli insediamenti (Castel Lombardo, Castiglione, Torre in Pietra) e alla chiesa rurale di S. Angelo (in A sono indicate anche quelle di S. Biagio e S. Maria Maddalena nella Leprignana). Viceversa, i corsi d’acqua in A hanno un andamento meno dettagliato e - stranamente - tutti sono privi di denominazione, presente invece in B per i due che delimitano verso est (in basso, nella pianta) la tenuta (“Arrone fiume” e “Rio Maggiore”). Altra differenza di lieve entità, il fatto che sempre in A manchino i cippi di confine tra le tenute della Leprignana di sopra e Torre in Pietra dei Cenci. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 71 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 71 analoghe, se si eccettua qualche piccola variante di scrittura38 e qualche lieve divergenza nell’estensione di alcune tenute. Forse, la differenza più notevole è la diversa ‘impaginazione’ della parte relativa alle estensioni delle singole tenute, indicate con le consuete modalità seicentesche in B (le cifre relative alle rubbia, alle ‘quarte’ e agli ‘scorzi’39 separate da un punto), incolonnate invece per finche sotto le voci ‘rubbia’ e ‘scorzi’ in A, con un’impostazione più regolare e indubbiamente anche di aspetto più moderno. Non è tuttavia, questa, l’unica caratteristica che potremmo definire ‘moderna’ presente in A: lo stile del disegno40, il tipo di inchiostro, i caratteri delle scritte (i numeri, in particolare), lo stesso supporto cartaceo, infatti, suggeriscono una datazione più recente di questa pianta rispetto a quella del Catasto alessandrino. Per contro, nell’esemplare A si rilevano alcuni ‘arcaismi’ linguistici, se così possono essere definiti, in particolare nei nomi di alcune tenute, così come riportati sia nella legenda, sia nelle scritte presenti nella pianta: le forme “Libbrignana” e “Torre Impreda/Torreimpreda” hanno entrambe ‘sapore’ cinquecentesco41, diversamente da “Leprignana” e “Torre in Pietra/Torrinpietra” che figurano in B, ma solo nella pianta (non nella legenda)42. Analogamente, la dicitura ‘S. E.’ nelle tenute di Torre in Pietra dei Cenci e di Castiglione delle Monache, posto che il riferimento - come già osservato - è al principe Michele Peretti, rimanda all’assetto della proprietà anteriore al 1639, quando la tenuta spettava ancora ai Peretti; mentre l’indicazione dei Cenci e dei Rucellai quali proprietari di Testa di Lepre di sopra/di sotto rimanda almeno a prima del settembre 1620 (cfr. nota 32). La pianta della Collezione I di disegni e mappe, dunque, ha un aspetto nel complesso più moderno e mostra alcune caratteristiche che indu- 38 Per esempio: Torre Impreda/Torrimpreda oppure catene/catena, rispettivamente in A e in B. La differente datazione (15 maggio 1620 nella prima, 25 maggio 1620 nella seconda) è facilmente spiegabile come probabile errore di copiatura nell’una o nell’altra delle due piante. 39 Un rubbio, corrispondente a 1,8484 ettari, si suddivideva in quattro quarte, e ciascuna di queste in quattro scorzi. 40 Segnaliamo, tra le altre cose, il confine della tenuta evidenziato con un bordino giallo leggermente sfumato verso l’esterno, una caratteristica che si rileva, per esempio, in piante sette-ottocentesche, totalmente assente - invece - nella pianta del Catasto alessandrino (e, più in generale, nella cartografia seicentesca). 41 “Liprignana” a fine ‘500 (COSTE 1971, p. 93, nn. 87-88); “Torrimpreda” nel 1566 (ibid., p. 81, n. 257), “Torre in Preda” alla fine del ‘500 ed inizi del ‘600 (ibid., p. 94, n. 95; COSTE 1969, p. 96, n. 477). 42 A dimostrazione del fatto che quanto affermato non è sempre vero, ricordiamo - per esempio - che mentre in A figura la forma regolare, e più moderna, “S. Biagio” (tenuta, chiesa, prato), sia nella pianta che nella legenda, in B figura solo nella pianta ma non nella legenda, che riporta invece “S. Biasio”. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 72 72 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri cono a ritenerla un prodotto cartografico sicuramente non seicentesco ma, al contempo, presenta alcuni arcaismi linguistici, ignorando il più delle volte gli aggiornamenti presenti, invece, in quella del Catasto alessandrino. Per tutti questi motivi, si può escludere non solo che essa possa essere l’originale di Francesco Peperelli43, ma anche che possa derivare da quella del Catasto alessandrino44. La conclusione, pertanto, è che tra le due piante non esiste alcun legame, e che entrambe discendono dall’originale del 1620, come indirettamente suggerito dalle rispettive legende45, in modo indipendente ed in tempi diversi, e per la precisione: nel 1660 quella redatta per la consegna alla Presidenza delle strade (B), di fattura più veloce, meno elaborata, priva della maggior parte delle denominazioni di edifici ed altri manufatti ma - considerato il motivo per cui fu realizzata - con gli aggiornamenti relativi ai nuovi proprietari della tenuta e, dove cambiati, di alcuni confinanti; in un momento non precisabile quella conservata nella Collezione I di disegni e mappe (A), più accurata nella sua redazione, con numerosi dettagli paesaggistici assenti nella pianta del 1660, sicuramente posteriore a questa - forse addirittura della fine del ‘700 o inizi dell’800, in quanto di aspetto più recente - ma senz’altro più fedele all’originale, da cui sicuramente discende, in quanto priva degli aggiornamenti46. Ci si potrebbe domandare se le scritte relative agli edifici e agli insediamenti e il disegno molto più curato di questi - che fanno di questa pianta una testimonianza cartografica ben più ricca di informazioni rispetto a quella del 1660 - fossero presenti anche nell’originale del 1620 e fossero poi stati ignorati, per celerità, all’atto dell’esecuzione della copia per il Cata- 43 Ciò lo si afferma anche sulla base di un confronto con la pianta del territorio di Mentana da lui realizzata intorno al 1618, che dimostra chiaramente che la pianta in esame non può essere di sua mano. 44 Se così fosse, in A dovrebbero comparire la dicitura “... hoggi del Falconieri” (invece di “... hoggi di S. E.”) ed i Pamphili quali proprietari di Testa di Lepre (anziché i Cenci ed i Rucellai); inoltre - in questa eventualità - sarebbe piuttosto singolare che la copia fosse più dettagliata e ricca di particolari del presunto originale da cui deriva. 45 In nessuna delle due è infatti esplicitamente indicato che si tratta di copie. 46 Le denominazioni cinquecentesche di alcune tenute sopra riferite, farebbero pensare che esse fossero effettivamente presenti nell’originale, e come tali riportate nella copia, mentre nella pianta del 1660 figurano solo nella legenda (con qualche variante, come per esempio “Lebrigniana” invece di “Libbrignana”) in quanto ricopiata dall’originale, ma non nella pianta, nella quale - come già osservato - figurano le diciture ‘modernizzate’ e le aggiunte relative al possesso da parte dei Falconieri. Analogamente, anche i non aggiornamenti di alcuni confinanti e i riferimenti indiretti a Michele Peretti sono prove che la pianta discende dall’originale. Si rilevano, comunque, anche alcuni probabili errori di trascrizione, quale - per esempio - “Correcchie di SS. Martiri” in luogo di “Cortecchio de’ SS. Mattei”, come giustamente riportato nella pianta del 1660. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 73 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 73 sto alessandrino, oppure se si tratti di innovazioni aggiunte al momento della redazione di A. Ma se si ammette la possibilità che A sia una copia non aggiornata dell’originale del 1620, ciò deve valere per tutti i suoi dettagli. In caso contrario, bisognerebbe supporre che essa non sia aggiornata per quanto riguarda i proprietari, ma lo sia - invece - per i particolari paesaggistici, dell’edificato e relative denominazioni47. Ciò detto, per concludere l’analisi di questi prodotti cartografici (l’originale del 1620, la copia per il Catasto alessandrino del 1660, l’esemplare conservato nella Collezione I di disegni e mappe), resta da affrontare il discorso relativo alle rispettive provenienze. Non ci si sofferma sulla copia del 1660, in quanto è evidente che è stata redatta per il Catasto alessandrino ed in quanto tale è oggi conservata nell’archivio della Presidenza delle strade (428/28). La pianta originale della tenuta di Torre in Pietra, non pervenutaci, come più volte detto, è stata realizzata dall’architetto e agrimensore Francesco Peperelli, nei primi decenni del ‘600 al servizio del principe Michele Peretti, per il quale intorno al 1618 aveva redatto anche la pianta del territorio di Mentana. Tra il 1615 ed il 1620 egli eseguì consistenti lavori di ristrutturazione al casale di Torre in Pietra (il medievale castrum Castiglionis), trasformandolo in residenza di caccia, con numerosi interventi e miglioramenti48. È molto probabile che la redazione della pianta voglia rappresentare, nelle intenzioni del committente, il momento conclusivo e il documento di sintesi, se così si può dire, dei lavori appena ultimati e dell’accorpamento fondiario portato a compimento proprio in quegli stessi anni dalla famiglia Peretti e illustrate nella pianta, sulla cui esecuzione tuttavia non si sono reperite notizie significative49, anche se è vero- 47 A complicare questo già non semplice quadro c’è pure il caso inverso, quello cioè di indicazioni assenti nella pianta in esame, presenti invece in quella del Catasto alessandrino. In questa, ad esempio, tra i confinanti sono indicati “Maccarese de’ SS. Mattei”, “Hosteriaccia di S. Spirito” (un edificio) e “Li Mandrioni di S. Spirito”, diciture che non compaiono (eccetto l’edificio, ma senza la scritta) nella prima. Le possibilità sono in effetti due: o tali indicazioni erano realmente assenti nell’originale e sono state aggiunte nella copia del 1660, ma non nell’altra (che in ciò risulterebbe più fedele); oppure erano presenti nell’originale, sono state riportate nella copia del 1660 ma non - per motivi ben difficili anche solo da ipotizzare - in quella conservata nella Collezione I di disegni e mappe. 48 MORI-FRANCESCHINI-VENDITTELLI, pp. 55-58, 61. Per alcune notizie biografiche sull’archietto Francesco Peperelli e sulla sua attività: ibid., pp. 61-62 e PASSIGLI 1989, pp. 5-7. 49 Forse, all’interno di un «mazzo di conti di spesa (…) con alcuni conti di artisti, misure di erbe del casale di Torre Impietra dal 1619 al 1626» poteva esservi anche quello a favore del Peperelli per la realizzazione della pianta della tenuta (AS ROMA, Famiglia Giustiniani. Armario unico Peretti, b. 84 (inventari): «Inventario de’ libri mastri et altri libri attenenti all’heredità del- 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 74 74 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri simile che essa dovesse essere conservata nell’archivio di famiglia. Quando nel 1639 la tenuta di Torre in Pietra passò ai Falconieri, con essa pervenne, come era consuetudine, anche la pianta originale di Peperelli in qualità di munimen50, come si desume dal fatto che furono i Falconieri a consegnare nel 1660 all’Ufficio delle strade la copia con gli aggiornamenti; il che dimostra che l’originale era in loro possesso. Ed ancora oggi essa potrebbe trovarsi nell’archivio della famiglia Falconieri, a Carpegna (PU)51. Per la pianta conservata nella Collezione I di disegni e mappe, che è l’oggetto specifico del presente studio, non si è invece in grado di stabilire con certezza né la datazione, né quale sia l’archivio di provenienza. Certamente essa non può provenire da ciò che rimane dell’archivio Peretti: il suo aspetto ‘recente’ lo fa escludere automaticamente, considerato che la famiglia ha posseduto la tenuta sino al 1639, mentre la pianta è senz’altro posteriore, forse anche di oltre un secolo52. Analogamente, non può essere stata estrapolata dall’archivio Falconieri, che si trova a Carpegna, poiché la provenienza è da ricercare piuttosto in uno dei fondi archivistici conservati presso l’Archivio di Stato di Roma. Presso l’Istituto archivistico romano, vi è in effetti documentazione relativa alla famiglia Falconieri, ma si tratta essenzialmente di summaria a stampa e carte l’Ill(ustrissi)mo Sig(nor) D(omino) Francesco Peretti cardinal Montalto e diverse scritture e conti di artisti (…). Il tutto consegnatomi dall’erede (…) 27 ottobre 1667 (Arm. Unico, Mazzo I, n. 30)». A scanso di equivoci precisiamo che nell’inventario citato c’è l’annotazione dell’esistenza di questo mazzo di conti, ma nelle attuali sette unità archivistiche relative alla famiglia Peretti presenti nell’archivio della famiglia Giustiniani il mazzo in parola non c’è). Altra documentazione relativa alla famiglia Peretti, libri instrumentorum e memorie varie, si trova in AS ROMA, Famiglia Sforza Cesarini (per il cui inventario si veda il ‘Rubricellone’, p. II, pp. 1148-1161 «Casa Peretti. Cose diverse dal 1576 al 1645») e in ASC, Archivio Cardelli, un’Appendice del quale conserva documentazione, dalla fine del XVI secolo in poi, relativa a personaggi delle famiglie Peretti e Savelli. In nessuno di questi due si sono reperite notizie sulla realizzazione della pianta. 50 Per la vendita si veda la nota 29; la pianta non è menzionata nell’atto, mentre c’è una descrizione accurata delle tenute comprese nel grande latifondo di Torre in Pietra, con i rispettivi atti di provenienza. Com’è ben noto, documenti e piante relativi ad un bene fondiario, erano strettamente legati ad esso, e ne seguivano le sorti cambiando archivio nel momento stesso che il bene cambiava proprietario. 51 Archivi di famiglie e di persone, II, p. 89, n. 1605. Nell’archivio Falconieri non c’è una vera e propria collezione di piante, ma ve ne sono diverse frammiste alla documentazione, tra le quali anche di Torre in Pietra (comunicazione gentilmente fornita da Tommaso di Carpegna Falconieri, che si ringrazia). Sarebbe necessaria un’indagine specifica per verificare se - tra di esse - vi sia anche quella di Francesco Peperelli, che non è stata rinvenuta da Elisabetta Mori nel corso delle sue ricerche, cfr. MORI-FRANCESCHINI-VENDITTELLI, pp. 53-74. 52 Per i vari spezzoni dell’archivio Peretti si veda la nota 49. I due oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Roma (negli archivi delle famiglie Giustiniani e Sforza Cesarini), peraltro, sono stati acquisiti posteriormente alla costituzione della Collezione I di disegni e mappe. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 75 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 75 varie relative soprattutto a cause giudiziarie della fine del ‘700 e primi due decenni dell’800, molte delle quali riguardanti Torre in Pietra, senza però alcun cenno all’esistenza di eventuali piante53. I numerosi richiami - nella documentazione di cui sopra - ad una vertenza (1817-1818) tra Orazio Falconieri e Giuseppe Merolli, affittuario della tenuta di Torre in Pietra dal 1816, hanno tuttavia suggerito di indagare anche nell’archivio di questa famiglia, che si è dimostrato essere quello di provenienza di almeno altre due piante oggi conservate nella Collezione I di disegni e mappe (cfr. § 4.3), nonostante i Merolli non fossero i proprietari della tenuta e sebbene il periodo in cui la tennero in affitto (prima metà dell’800) sia posteriore alla redazione della pianta54. Ma anche in questo caso non si è reperito alcun dato utile alla ricerca, anche se sono riferimenti certi all’esistenza di piante: nella consegna della tenuta a Giuseppe Merolli nel 1817, ad esempio, in chiusura «si dichiara ... che alcune delle suddette misure sono state rilevate dalla Pianta generale di detta tenuta dell’Ecc.ma Casa Falconieri le quali a suo luogo e tempo verranno da me sottoscritto verificate. Roma, luglio 1817» (manca la firma), dove la ‘Pianta generale’ potrebbe essere proprio l’originale di cui andiamo discutendo55. In una copia non datata, ma riferibile al 1816-1817, della «Descrizione dei fossi di Tor’ in Pietra» è contenuta anche una «Descrizione generale della tenuta di Torre in Pietra, suoi quarti, prati, macchie, spallette, vigna, canneto ed oliveto ed altro coll’indicazione de’ confini e quantità secondo la Misura e Pianta fatta dalla bo. mem. di Angelo Qualeatti Agrimensore (...)»56. La famiglia Qualeatti vanta tra i suoi membri numerosi agrimensori sin dalla metà del ‘60057. Nel XVIII secolo sono attestati Angelo Qualeatti (atti- 53 AS ROMA, Miscellanea famiglie, bb. 74-78. Si tratta di una delle tante serie miscellanee dell’Archivio di Stato di Roma cominciata a formarsi verso la fine dell’800 con carte di provenienza varia (Guida generale degli Archivi di Stato Italiani, III, Roma 1986, pp. 1262-1263). 54 AS ROMA, Famiglia Merolli, bb. 5-7, contenenti carte e fascicoli relativi all’affitto di Torre in Pietra da parte dei Merolli, e alla vertenza Giorgi-Merolli, con documentazione anteriore (1792-1843). La pianta avrebbe potuto essere conservata nell’archivio Merolli in quanto consegnata loro in occasione del primo affitto della tenuta. Cenni al possesso della tenuta da parte della famiglia Merolli «per parecchi anni» in PISCITELLI, pp. 142-143. 55 AS ROMA, Famiglia Merolli, b. 5, fascicoletto denominato «Tenuta di Torrimpietra, anno primo dell’affitto del sig. Giuseppe Merolli. Misure distinte della medesima». 56 AS ROMA, Famiglia Merolli, b. 5, fasc. 38, contenente carte relative alla ‘consegna’ del 1816 e dunque la Descrizione dovrebbe essere di questo stesso anno. 57 Marco Antonio Qualeatti lavorò per il capitolo di S. Pietro tra il 1638 ed il 1643, ed in seguito anche per altri enti religiosi e famiglie; fra il mese di febbraio e quello di maggio 1660 firmò ben trentaquattro originali e due copie di piante per il Catasto alessandrino (ma personalmente ne 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 76 76 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri vo sino al 1749) e suo figlio Pietro Paolo (+ 1795), entrambi al servizio del capitolo di S. Pietro; figlio di Pietro Paolo fu Angelo Qualeatti jr, che sostituì il padre nel 1795 elevando anch’egli le piante di alcune tenute spettanti al capitolo, per il quale lavorò sino alla sua morte (1830)58. Poiché nella «Descrizione generale» sopra menzionata si fa riferimento ad Angelo Qualeatti come già defunto, è evidente che si tratta del primo dei due; in tal caso, l’esemplare cui si allude non può essere posteriore alla metà del XVIII secolo. Tuttavia ben difficilmente questo può identificarsi con la pianta conservata nella Collezione I di disegni e mappe in quanto, presumibilmente, dovrebbe trovarsi nell’archivio Falconieri; inoltre esso è stato redatto da Angelo Qualeatti, come esplicitamente dichiarato, mentre della nostra pianta non si conosce l’autore. In conclusione, dunque, nonostante le ricerche effettuate in ogni direzione, non è possibile conoscere la provenienza della pianta 94/836: di certo possiamo solo affermare che, come in altri casi, la scritta “Torrimpietra. Pianta antica” sul retro potrebbe risalire al momento del suo inserimento nella Collezione I di disegni e mappe, e cioè alla fine del XIX secolo. In chiusura di questa trattazione su Torre in Pietra, e per completezza, ricordiamo che nella Collezione I di disegni e mappe esiste un’altra pianta della tenuta, risalente al marzo 172559. A scala più piccola dell’altra ed ugualmente acquerellata, essa si presenta con un tratto nitido, regolare e molto curato, con il disegno dettagliato degli edifici e dei manufatti, ciascuno contraddistinto con la propria denominazione, e con i prati e i canneti colorati in verde; sono anche indicati i “Muracci/Murazzi” nelle stesse posizioni di quelli raffigurati nella pianta 94/836; come in questa infine - all’interno di ciascuna tenuta vi sono le rispettive denominazioni, e per quella già spettante ai Cenci è scritto: “Tenuta de’ SS. Cenci ora de’ SS. Falconieri”. A fianco di queste caratteristiche - che senza dubbio mostrano una stretta attinenza con la pianta 94/836 della Collezione I - vi sono però alcuni elementi innovativi nella raffigurazione del paesaggio, assenti nell’altra, come per esempio: “L’ara Nuova”, il “Granaro bruciato”, il “Molino” poco a monte di Castel Lombardo, la “Calcara” sotto la “Torretta”, nel terreno già spettante alla famiglia Massimo (nell’altra pianta, al posto della calcara c’è un fontanile). Vi sono inoltre nuove denominazio- redasse solo cinque); nello stesso periodo sono attestati anche Asdrubale e Carlo Qualeatti (PASSIGLI 2012, pp. 368, 370, 373, 374; a p. 378: elenco delle piante realizzate da ciascuno di loro). 58 GAUVAIN, Selezione di piante e mappe, p. 10. 59 AS ROMA, CDM, I, 94/838. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 77 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 77 ni di terreni, come il “Quarto della Torretta”, con disegno di una torre (presente, senza scritta, nella pianta 94/836, assente invece nella pianta del Catasto alessandrino) o la “Polledrara” (descritta nella legenda ma non indicata nella pianta n. 836)60. Il tutto a testimoniare trasformazioni e nuove edificazioni all’interno della tenuta. La legenda, all’interno di un elaborato cartiglio, sebbene in alcune diciture mostri alcune somiglianze con quelle delle altre due piante (per esempio: “Pianta e misura di tutte le terre de’ casali di Torrimpetra”; “Tenuta già Cenci”), nel complesso appare semplificata. I proprietari delle tenute confinanti - infine - sono gli stessi di quelli indicati nella pianta 94/836, con i significativi aggiornamenti relativi alla tenuta di Testa di Lepre di sopra/di sotto61. Tutto ciò considerato, riteniamo che anche questa pianta (di cui analogamente all’altra si ignora la provenienza) debba essere una copia sebbene non fedele - dell’originale di Francesco Peperelli, come suggeriscono i numerosi indizi sopra riferiti: essendo posteriore di oltre un secolo, essa contiene gli aggiornamenti di alcuni proprietari di tenute confinanti (i Pamphili per Testa di Lepre) e presenta alcune novità (edifici, strutture, denominazione di alcuni terreni) rispetto all’originale62. 4. Le piante del Cinquecento Prenderemo ora in considerazione, tra le piante selezionate pertinenti all’Agro Romano, le tre che risalgono al XVI secolo. A Roma fu proprio a partire dalla metà del ‘500 che - dopo l’esperienza volpaiana, che in un certo senso rappresenta l’inizio di un nuovo percorso cartografico63 - si diffuse l’uso di redigere carte a grande scala Per l’apparire di nuove denominazioni interne alla tenuta nel corso del XVIII secolo, si veda l’elenco dei quarti riportati nel Catasto annonario del 1783 (NICOLAJ 1803, I, n 195, pp. 94-96), alcuni dei quali sono riconducibili a nomi presenti nella pianta del 1725. 61 “Testa di Lepre de’ SS. Cenci ora de’ SS. Panfili”, “Testa di lepre che era de’ Rucellai ora de’ Panfili”. 62 La pianta in questione non può essere copia di quella del Catasto alessandrino, nella quale non c’è il riferimento a Testa di Lepre dei Rucellai e dei Cenci, che poteva essere - sì nell’originale di Peperelli, ma non in quella consegnata alla Presidenza delle strade in quanto aggiornata; e non può derivare neanche dalla 94/836 poiché questa è senz’altro più recente. 63 Per la pianta denominata il «Paese di Roma» di Eufrosino della Volpaia del 1547, prima carta di un certo dettaglio che raffigura il territorio dell’Agro Romano con le sue caratteristiche orografiche, idrografiche e vegetazionali, con il sistema viario e le numerose emergenze architettoniche ed archeologiche, si rimanda a ASHBY; FRUTAZ 1972, I, pp. 20-22 con bibliografia, e II, tavv. 25-30; COSTE 1983, pp. 273-281. 60 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 78 78 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri (piante) per raffigurare singoli terreni dell’Agro Romano, principalmente tenute spettanti agli enti ecclesiastici più importanti, in relazione alle capacità organizzative e al prestigio di ciascuno di essi, piante che non di rado sono ancora oggi conservate nei rispettivi archivi64. La pratica di disegnare piante dei beni fondiari è dunque ben attestata già un secolo prima della sistematica operazione costituita dalla redazione del Catasto alessandrino, che rappresenta il primo progetto unitario di rilevazione cartografica della Campagna Romana. Lando Scotoni ha stimato a oltre il 30% circa l’ammontare delle piante anteriori al 1660 e copiate in quell’occasione65: alcune risalgono a pochi anni o a qualche decennio prima, e la loro attribuzione cronologica si desume, il più delle volte (laddove non esplicitamente indicata), dal confronto con i dati sulla proprietà e sui confini riportati dal Libro dei Casali dei primi anni del Seicento66, oppure da incongruenze cronologiche, qualora cioè riportino il nome di agrimensori che alla data del 1660 non erano più in attività. Altre sono decisamente più antiche, risalendo in qualche raro caso alla metà del Cinquecento67. Non esiste ancora un censimento analitico delle piante di tenute anteriori al Catasto alessandrino, ma - come si è avuto modo di rilevare68 - si deve a Jean Coste un primo repertorio di esse: oltre a quella, già citata, della tenuta di Salone spettante al capitolo di S. Maria Maggiore (1558), l’elenco annovera piante conservate sia presso archivi di ospedali ed enti religiosi (ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum69, capi- 64 V. in proposito quanto osserva COSTE 1976, pp. 76-77, circa le piante di fondi rurali anteriori a quelle del Catasto alessandrino. 65 SCOTONI, pp. 206-216, con esempi dettagliati e accurate motivazioni delle deduzioni. 66 Il Libro dei Casali, conservato presso l’archivio di S. Maria Maggiore e relativo all’insieme delle tenute della Campagna Romana, è edito in COSTE 1969, cui si rinvia per maggiori dettagli. 67 Le più antiche carte di casali consegnate nel 1660 risalgono in media alla seconda metà del XVI secolo. Si tratta, tra le altre, delle piante 428/2 (Boccea e Bocceola, del 1555), 433A/15 (Castelluccia, del 1570), 433A/56 (Carrocceto, del 1579), 432/22 (Petronella, del 1582). Al di là del fatto che possa trattarsi di originali o, più verosimilmente, di copie (un dato non sempre facile da appurare), è comunque certo che esse attestano il fatto che si realizzassero piante di tenute già intorno alla metà del XVI secolo. 68 PASSIGLI 2009, pp. 9-10. 69 Nell’archivio dell’ospedale esisteva un Libro dei casali di proprietà dell’ente, datato al 1599 e realizzato da Ascanio Antonietti, da cui sono state copiate due piante da Bernardino Calamo nel 1635 (AS ROMA, Ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum, b. 390: Statuario e Marmoria, Statuario, Arco Travertino), nella cui legenda è fatto espresso riferimento agli originali del Libro stesso. Tali piante, a loro volta, funsero da originale al momento di redigere la copia per il Catasto alessandrino (429/26) che univa in un unico elaborato cartografico, meno curato dell’originale (mancano per esempio i particolari degli edifici) i casali Sette Bassi (A), Marmoria, Arco Travertino e Buon Ricovero (B) e Statuario (C), ai quali è stata aggiunta la pedi- 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 79 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 79 tolo di S. Pietro70, ospedale di S. Antonio71) sia, caso più raro, presso archivi di famiglie, come ad esempio quelli Borghese72 e Crescenzi73. Gli esempi riportati nelle note74 mettono in luce il frequente ricorso alla pratica cartografica a grande scala già nella seconda metà del Cinquecento. Se poteva permetterselo dal punto di vista economico, il proprietario disponeva di un agrimensore alle proprie dipendenze, al quale veniva commissionata l’esecuzione delle piante dei beni fondiari, da custodire gelosamente nel proprio archivio. L’originale non costituiva solo un titolo di proprietà dal quale eventualmente trarre copie né, tanto meno, aveva scopi puramente estetici: esso costituiva una memoria ‘vivente’ dello stato della pro- ca di Crelia, o Cleria (D), evidentemente un acquisto successivo al 1635 (la relativa legenda, infatti, in basso a sinistra, si deve a Francesco Calamo). Per queste osservazioni, si vedano le note di Jean Coste, in Roma, Società Romana di Storia Patria, Archivio Coste, dossier 35, fasc. 2. 70 Fra le Mappe dei beni rustici di proprietà del capitolo di S. Pietro eseguite da agrimensori anteriormente al 1660, un esempio interessante è costituito dalla pianta della tenuta di Porto elevata da Orazio Torriani nel 1603. Ne esiste una copia del 1658 sottoscritta dallo stesso agrimensore all’età di ottantadue anni e un’ulteriore replica di questa copia su carta, eseguita rapidamente dall’architetto del capitolo, Benedetto Drei junior, e inserita nel Catasto alessandrino (433bis/13; v. FRUTAZ 1972, I, p. 43 e II, XXIX, 22). La pianta originale, tra l’altro, era stata commissionata al padre di Orazio, Francesco, il quale dopo averne eseguito la misurazione lasciò al figlio il compito di confezionarla e di sottoscriverla. Per l’attività di Francesco ed Orazio Torriani e Benedetto Drei: PASSIGLI 2012, pp. 368, 373, 377, 379. Per le piante del capitolo di S. Pietro, v. il recente GAUVAIN, Selezione di piante e mappe. 71 ENKING, pp. 92-93, dove sono elencate diverse piante, soprattutto pertinenti alle proprietà situate nel territorio di Tivoli, datate fra il 1637 e il 1639-1646 (casale di Torre Mastorta, agrimensore Geronimo Rampano, 13 novembre 1639; Aguzzano, agrimensore Paolo Cordiale, 21 marzo 1646). Le piante risultano eseguite, nella maggior parte dei casi, dallo stesso agrimensore Geronimo Rampano, per ordine del vicario, e utilizzate a lungo, come attestano le annotazioni riguardanti affitti e vendite via via aggiunte dai procuratori dell’ospedale. 72 Anteriori al 1660 sono la pianta di Capocotta di Bernardino Calamo del 1622, conservata in ASV, Archivio Borghese, VI, 310, b. 177, e quella di Tor Forame del 1615 (ibid., b. 939, n. 14; cfr. COSTE 1976, p. 77). 73 La pianta del casale della Crescenza venne realizzata per conto di Paolo Crescenzi, il 28 maggio 1656. L’agrimensore incaricato della redazione della mappa fu Marco Antonio Qualeatti, come indicato nella legenda da lui sottoscritta e recante la stessa data dell’originale. Il 20 marzo 1660 venne consegnata all’ufficio della Presidenza delle strade una copia anonima e senza data conforme all’originale (433/7), originale che anche in questo caso rimase presso la famiglia, nel cui archivio si trova ancora oggi (BENTIVOGLIO, in particolare la tav. XIV, 1). Sulla copia non sono riportati lo stemma né la rosa dei venti, mentre i confini e le suddivisioni interne sono fedeli e, viceversa, l’edificio del casale non è conforme. Anche in questo caso, quindi, la copia risulta più trascurata rispetto all’originale. 74 Non si possono non menzionare, in questa parziale panoramica, la pianta del casale Selce, spettante al monastero dei SS. Domenico e Sisto, risalente al 1607 (Catasto alessandrino 433bis/40) e quella del casale di Torrenova, redatta da Nicola Pettoralis tra il 1633 e il 1637 (quando la tenuta spettava agli Aldobrandini), per la quale si vedano COSTE 1976, p. 77 e RUGGERI 2002, p. 89, nota 264). 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 80 80 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri prietà, una memoria da mantenere continuamente aggiornata con note e appunti i quali, se ne ingombravano disordinatamente gli spazi vuoti, dimostravano tuttavia di avere un rilevante valore giuridico. 4.1. Capo di Bove. AS ROMA, CDM, I, 92/724: «Pianta e misura del casale di Capo di Bove»75 (12 novembre 1587; tav. 3). La pianta è realizzata a china e acquerello; in alto a sinistra vi è la legenda, senza titolo, con indicazione della estensione dei terreni: «Somma tutta la predetta pianta r(ubbi)a centovintidoi et quarta una di r(ubbi)o alla mesura di catena et uso di Roma, misurata per me Cesareo [Gatt]ola et propio il dì 12 de 9bre 1587. [Et]76 insegno del vero ho fatta la presente di mia propria mano. Dico r. 122¼». Sul verso, una mano settecentesca, la stessa - come si vedrà - alla quale è dovuto l’inventario delle cassette dell’archivio dell’ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum, ha annotato: «Arm. II Mazzo III n. 25. Originale. Pianta e Misura del casale di Capo di Bove in rubbia 122¼ fatta da Cesareo Gettola <sic, per Gattola> Agrimensore li 2 novembre 1537». Un’ulteriore mano, verosimilmente ottocentesca, ha aggiunto a matita, su un lembo ripiegato della carta, l’indicazione dell’Archivio del Salvatore e corretto la data 1537 in 1587. La pianta raffigura la tenuta di Capo di Bove estesa sul lato destro della via Appia, uscendo da Roma, all’epoca spettante pro indiviso alle famiglie Leni e Mutini77, che non va confusa con l’omonima proprietà situata sull’opposto lato della strada, spettante invece alla famiglia Cenci78. Vi è raffigurata la via Appia (“Strada d’Albano”) con una serie di edifici disposti lungo la strada. L’insediamento fortificato di Capo di Bove, che sorgeva intorno al mausoleo di Cecilia Metella, è costituito da 75 Questa è la dicitura settecentesca che compare sul verso della pianta, priva di denominazione originale. Il vecchio inventario 109 riportava: «Capo di Bove, castello fortificato presso Cecilia Metella», in riferimento al fatto che nella pianta è ben visibile la tomba di Cecilia Metella. 76 Le parentesi quadre indicano le lacune causate da una macchia. 77 COSTE 1971, p. 105, n. 222. 78 Per la tenuta di Capo di Bove della famiglia Cenci si veda RUGGERI 2002, pp. 82-83 e fig. 23. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 81 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 81 un circuito murario rettangolare, con bastioni a scarpa e merlatura, rappresentata in planimetria zenitale, mentre la torre circolare, corrispondente al mausoleo stesso, anch’essa merlata, è raffigurata in proiezione laterale79. Il circuito murario è posto a cavallo della strada che vi penetra all’interno tramite due archi designati “porta Romana” e “porta d’Albano”. È presente una caratterizzazione grafica sia per i prati e le vigne, sia per le ondulazioni del terreno, realizzate con tecnica ‘a mucchio di talpa’. I limiti sono riportati mediante l’indicazione dei proprietari confinanti, a cominciare da sud: “Santa Maria Nova” (Statuario), “San Giovanni Laterano” (Tor Carbone), un “canneto”, “Orfanelli” (potrebbe trattarsi di una proprietà della chiesa di S. Maria in Aquiro), “Vigna de Mario Mello”, “Vigna delle heredi di Scopetta”, “canneto di Panfilo Pansani”, “Strada Romana” (via Ardeatina). L’indicazione esplicita riportata sul verso della pianta consente di risalire direttamente alla sua collocazione originaria. La cassetta 423 dell’archivio dell’ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum, corrispondente alla vecchia segnatura Armadio II, Mazzo III, contiene infatti documentazione relativa all’amministrazione patrimoniale delle tenute di proprietà dell’ente poste fuori la porta Appia (S. Sebastiano), e in particolare i fascicoli dal n. 24 al n. 39 riguardano Capo di Bove80. I numeri dal 24 al 26 corrispondono ad altrettante piante della tenuta, secondo l’inventario settecentesco al quale si devono i regesti conservati nel rubricellone del 1739 indicato con la segnatura 991bis. In realtà, al numero 25 corrisponde però la sola camicia che doveva contenere la pianta. Sulla camicia è riportata la seguente indicazione: «Pianta e Misura del Casale di Capo di Bove di rubbi 122¼ fatta da Cesareo Gettola agrimensore li 2 novembre 1537» (la data è stata successivamente corretta a matita in 12 novembre 1587). che non risale al riordinamento settecentesco dell’archivio dell’ospedale, ma è di mano posteriore. Più sotto, un’aggiunta dalla stessa mano precisa: «Col- 79 Per una ricostruzione storica dell’insediamento fortificato medievale, ESPOSITO-PASSIGLI 2008. Cenni alla pianta in parola (ma con l’erronea datazione 1537, che qui si corregge in 1587) in PASSIGLI 2009, p. 11. 80 AS ROMA, Ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum, cass. 423 (già Arm. II, Mazzo III), nn. 24-39. Si veda l’inventario n. 60/136, con la trascrizione dei regesti delle cassette da 404 a 440, redatto a cura di Angela Lanconelli, pp. 84-86 per i documenti relativi alla tenuta di Capo di Bove. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 82 82 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri locata nella raccolta delle mappe per conservarla meglio. R 724». Si tratta di un caso rarissimo che esplicita con assoluta chiarezza l’operazione effettuata: per uno scrupolo di conservazione, la pianta è stata prelevata per destinarla alla Collezione I di disegni e mappe, nel momento in cui questa è stata artificiosamente costituita. La rarità consiste nel fatto che, in questo caso, l’archivista ottocentesco ha ritenuto di segnalare con precisione l’intervento, riportando l’indicazione del numero 724 relativo alla nuova segnatura della pianta e completando così i riferimenti incrociati del documento81. La stessa sorte non è invece capitata alle altre due piante della tenuta, che tuttora si trovano nella cassetta 423 dell’archivio del Santissimo Salvatore. Il fascicolo 24 contiene un disegno a inchiostro e china colorata, realizzato su un foglio di carta di cm 90x30, privo di data e firma dell’agrimensore. Figura solo il titolo sul verso del foglio: «Pianta del casale di Capo di Bove», della medesima mano dell’annotazione sul verso della pianta ora conservata nella Collezione I di disegni e mappe. Della tenuta, che ha un confine rettilineo costituito dalla via Appia, sono messi in risalto con coloritura verde i cinque appezzamenti di prato; l’estensione e la forma del fondo sono nettamente diversi da quelli raffigurati nell’altra pianta, e la superficie è di sole rubbia 59¾. Lungo la via Appia sono disegnati a china nera alcuni edifici, fra i quali si possono riconoscere la chiesa e uno schematico schizzo che ha al centro una struttura che richiama la forma circolare del mausoleo di Cecilia Metella inserito nella fortificazione. Come nel caso della pianta precedente, sono indicati i due proprietari confinanti: “Santa Maria Nova” e “Laterano”. I cippi sono segnati con lo scopo di evidenziare un confine ben preciso, quello compreso fra il Ponto A e B. Fra i due punti è stata tracciata una Linea de partegione alla quale si è voluto dare rilievo e che, come si vedrà fra breve, costituisce un elemento nuovo dell’assetto topografico della tenuta, elemento che ha determinato la redazione di questa pianta. Al n. 26 corrisponde invece una pianta mancante sin dal tempo dell’ordinamento settecentesco: si trattava, come risulta dalla camicia, della misura di un appezzamento di 16 rubbia all’interno della tenuta di Capo 81 Ad essere precisi, la rarità non consiste solamente nel fatto che sia stato segnalato il prelevamento della pianta per inserirla nella Collezione I di disegni e mappe, quanto piuttosto che la segnalazione si sia conservata sino ad oggi, verosimilmente perché annotata sulla camicia e non su un foglio ‘volante’. Riteniamo infatti che tali segnalazioni siano state effettuate anche in altri casi di prelevamenti di piante dalle loro sedi originarie, ma nella maggior parte dei casi - se scritte su foglietti inseriti nella documentazione (in un’occasione, diversi anni fa, è stato possibile da chi scrive rinvenirne casualmente uno) - sono andate disperse. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 83 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 83 di Bove, realizzata dall’agrimensore Ascanio Antonietti82. Individuata la collocazione originaria della pianta di Capo di Bove oggi conservata nella Collezione I di disegni e mappe, vale la pena concentrarsi brevemente sul rapporto che intercorre fra questa e l’altra pianta - non datata e non firmata - della stessa tenuta, rimasta invece nella sua sede originaria (ossia la n. 24), per dare risposta a una serie di interrogativi che riguardano sia la storia della redazione delle due piante, sia quella della loro conservazione. In primo luogo: perché si trovano nell’archivio dell’ospedale, se nel 1587 la tenuta spettava ai Leni e Mutini? E poi: qual è il motivo alla base della loro realizzazione? Che rapporto cronologico esiste fra di esse? In particolare, a quando risale quella non datata? Perché l’una rimase nell’archivio del Salvatore e l’altra invece venne spostata nella Collezione I di disegni e mappe? Uno studio approfondito dei due documenti cartografici, posti a confronto, insieme con l’indagine condotta nella documentazione relativa all’amministrazione fondiaria della tenuta, permette di rispondere a tutte queste domande. Innanzitutto occorre sciogliere un dubbio relativo alla datazione della pianta firmata dall’agrimensore Cesareo Gattola. Infatti, l’indicazione 2 novembre 1537 riportata sulla camicia che conteneva la pianta quando si trovava ancora nella sua collocazione originaria, pur corrispondendo a quella indicata sul verso della pianta stessa, è erronea: la legenda originale, conclusa dalla firma autografa dell’agrimensore, riporta infatti la data 12 novembre 1587 (che è quella con cui risulta corretta quella erronea sulla camicia). Quest’ultima, del resto, è cronologicamente coerente sia con l’altra attestazione nota dell’agrimensore Cesareo Gattola, come si dirà tra breve, sia con l’assetto fondiario della tenuta stessa alla fine del XVI secolo. Le due piante hanno indiscutibilmente caratteristiche comuni e verosimilmente si devono al medesimo agrimensore, ma la n. 24 non è copia della n. 25: la tecnica del rilevamento è simile ma non identica, la mano Oltre al disegno dell’appezzamento di Capo di Bove, l’agrimensore Antonietti ha realizzato altre tre piante per lo stesso ente proprietario, che dovevano essere comprese nel Libro dei Casali del 1599, oggi non più reperibile, secondo quanto esplicitamente riportato nella legenda della pianta-copia del gruppo di casali Marmorea, Statuario, Arco di Travertino e Buonricovero redatta da Bernardino Calamo nel 1635 (AS ROMA, Ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum, b. 390; si veda anche la nota 69). È noto, inoltre, per aver eseguito le seguenti piante del Catasto alessandrino (o meglio, gli originali da cui sono state tratte le copie consegnate alla Presidenza delle strade, in quanto l’Antonietti deve essere morto ben prima del 1660): 429/26, Sette Bassi, Marmoria;431/5, Ponte Salaro; 431/29, Aguzzano; 431/38, Pietra Aura; 432/23, Pignotto e Valleranello; 432/27, La Selce (cfr. PASSIGLI 2012, p. 366). 82 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 84 84 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri sembra essere la stessa, la resa grafica delle strutture edilizie lungo la strada è affine, il disegno dei cippi di confine è uguale; esse, inoltre, sono quasi sovrapponibili, con una leggerissima differenza di scala. Sembra dunque evidente che le due piante sono strettamente collegate; tuttavia, rispetto alla n. 25, nella n. 24 manca il disegno della porzione nord-occidentale della tenuta originaria, al di là della Linea de partegione compresa fra il Ponto A, indicato da una colonella di confino, e il punto B, linea che esclude la fortificazione e la tomba di Cecilia Metella. A questo nuovo assetto della tenuta corrisponde coerentemente una diminuzione della misura di superficie che non raggiunge le sessanta rubbia (59¾). Le due piante appartengono dunque probabilmente alla stessa mano, ma la loro realizzazione mantiene caratteri di diversità. Per rispondere alle domande che ci siamo posti, giungono in nostro soccorso due memorie conservate nella medesima cassetta del Santissimo Salvatore, risalenti - rispettivamente - al 29 novembre 1633 e al 30 novembre 1639, quando, in occasione di una disputa avente come oggetto la proprietà di due rubbia di terreno del medesimo casale venivano richiamate, come era consuetudine, le fasi salienti dei precedenti passaggi di proprietà83. Entrambe le memorie prendono le mosse dall’acquisto (20 marzo 1589) di una porzione del casale di Capo di Bove da parte dell’ospedale del Santissimo Salvatore. La vendita venne effettuata da parte dei fratelli Giovanni Battista e Lorenzo, figli di Stefano Mutini, patrizi romani; il terreno venduto corrispondeva, in particolare, alla porzione che «in divisione eiusdem casalis inter illustrissimum dominum Ioannem Baptistam ac illustrissimum R.P.D. Laurentium germanos fratres filios bone memorie Ill(ustrissimi) D(omini) Stephani Muttini nobiles romanos regionis Pinee ex una et illustrissimos dominos Hieronymum et Ciriacum germanos fratres de Lenis etiam nobiles romanos»84 era pervenuta alla famiglia Mutini. In base a questa divisione, avvenuta contestualmente alla vendita (o per meglio dire: la divisione del casale era propedeutica alla vendita di una parte di esso), i fratelli Mutini avevano ottenuto rubbia 59 e ¾ di terreno, corrispondente alla porzione sud-orientale della proprietà originaria (tav. 3, verso sin.) e confinante con la porzione pervenuta ai Leni versus urbem, ossia verso nord-ovest AS ROMA, Ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum, cass. 423, nn. 36B e 37. L’atto di divisione si trova in AS ROMA, Trenta Notai Capitolini, uff. 10, notaio Vincentius Fuscus, 20 marzo 1589, vol. 23, cc. 264r-268r. 83 84 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 85 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 85 (tav. 3, verso destra; si tratta della porzione settentrionale del casale originario, di rubbia 60 e ¼)85, con il casale di S. Maria Nova (Statuario), con quello del capitolo e canonici di S. Giovanni in Laterano (Tor Carbone), con una vigna degli stessi Leni, con i beni degli Orfani de Urbe (si osservi la coincidenza con i confini enumerati nella pianta oggi conservata nella Collezione I di disegni e mappe), con il casale del medesimo ospedale e la via pubblica diretta ad Albano (Appia). Questa delimitazione risulta «facta per Illustrissimum Dominum Petrum Paulum de Fabiis pro parte fratrum de Muttinis ac Illustrissimum Dominum Honorium Inniche pro parte dictorum fratrum de Lenis peritos ab ipsis dominis Mutinis et Lenis electos et deputatos». In comune sarebbero rimasti alcuni beni, quali il castellaccio, il turrione , e l’acqua Marmorea. I fratelli Leni promettevano inoltre di pagare ai Mutini cinquecento monete d’argento come remunerazione per aver avuto la parte maggiore del casale. Le due parti convenivano infine che agli eredi di Marco Antonio Leni sarebbe spettato lo ius falciandi in una parte dei prati del casale. Nel medesimo giorno, dunque, furono stipulati due atti: con il primo veniva sancita la divisione della proprietà, fino ad allora rimasta indivisa, fra le due famiglie romane, con il secondo i Mutini alienavano all’Ospedale del Santissimo Salvatore la porzione ad essi pervenuta per il prezzo di centotrenta scudi al rubbio. La divisione, lo si dice esplicitamente, veniva effettuata e corroborata dai periti incaricati dalle due parti. Ancor più esplicita è la seconda memoria in cui si riferisce che l’atto di vendita fu estratto direttamente dal protocollo del notaio Thomas de Fonte 87. A proposito della superficie della tenuta, nel contratto si specificava che i contraenti 86 «mensurari voluerunt per hos agrimensores, videlicet dominum Cesareum Gattolam ... et dominum Marcum Antonium Galassum» nel termine di un mese a partire dal giorno della stipula del contratto. La misura avrebbe garantito la correttezza dell’operazione e sarebbe stata di beneficio per ambedue i contraenti i quali si impegnavano, così, 85 La somma delle due porzioni, 59 e ¼ + 60 e ¾, ascendono a 120 rubbia, cifra sostanzialmente conforme alle 122 rubbia dell’intero casale espresse nella pianta del 1587. 86 La tomba di Cecilia Metella, il turrione del documento, era però sulla sinistra dell’Appia, totalmente circondato dalla tenuta di Capo di Bove spettante ai Cenci. 87 L’atto di vendita non è stato rinvenuto in AS ROMA, Collegio Notai Capitolini, notaio Thomas de Fonte, vol. 713. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 86 86 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri in futuro, a non sporgere alcun reclamo. Infine, a conclusione della memoria, figura la seguente indicazione: «A dì 24 d’aprile 1589 facciamo fede noi sottoscritti periti haver misurato il casale di Capobove cioè tutta la parte da capo del signor Giovanni Battista Motino posta fuori di porta Sancto Sebastiano à man dritta dalla strada Appia, e fra li confini di Santa Maria Nuova, della Nuntiata, e dall’altra parte di Capo di Bove del signor Girolamo Leni». La sottoscrizione è di mano di Cesareo Gattola, misuratore, chiamato per parte di Giovanni Battista Mutini, e di Marco Antonio Galassi, misuratore, per quella dell’ospedale. Questa dichiarazione induce a concludere che la pianta n. 24 dovette essere commissionata in occasione della vendita dai Mutini all’ospedale ed è quindi databile con certezza all’aprile 1589. Essa raffigura la superficie di 59 rubbia e ¾ del casale oggetto della vendita (porzione sud-orientale) e ha lo scopo di mettere in evidenza lo scorporo di questo terreno dalla porzione di Capo di Bove rimasta ai Leni, corrispondente al terreno esteso oltre la linea segnata fra i punti A e B, verso nord-ovest; compreso nella porzione scorporata è anche il terreno circostante la fortificazione e tomba di Cecilia Metella, che sarà oggetto di una disputa territoriale nel secolo XVII88. Grazie alla memoria conservata nell’archivio del Santissimo Salvatore, siamo ora in grado di datare la seconda pianta e di attribuirne con certezza la paternità. Come consuetudine, le due parti erano ricorse ciascuna a un agrimensore di propria fiducia. Marco Antonio Galassi, garante per l’ospedale, è noto per aver firmato due piante di casali per la famiglia Massimo, negli anni fra il 1583 e il 158889. Cesareo Gattola, garante per i Mutini, è invece noto solo per la realizzazione delle due piante del casale di Capo di Bove. Quella conservata nella Collezione I di disegni e mappe (ex n. 25 della cassetta 423) raffigura la tenuta con una superficie di poco più di 122 rubbia e risale all’epoca della sua massima estensione, ossia a un periodo precedente la divisione fra i Leni e i Mutini, avvenuta il 20 marzo 1589; la n. 24, invece, rappresenta la porzione pervenuta ai Mutini 88 I Leni possedevano la loro porzione di Capo di Bove ancora agli inizi del ‘600 (COSTE 1969, p. 63, n. 98). 89 Si tratta delle piante delle tenute di Santa Broccola e Bravi, entrambe copiate per la consegna all’ufficio della Presidenza delle strade, nel 1660 (rispettivamente 423/24 e 433bis/20). Per Santa Broccola, o Santa Procula, si veda § 4.3. Cenni all’esecuzione della pianta di Capo di Bove in PASSIGLI 2012, p. 362. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 87 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 87 e poi all’ospedale. Poiché l’agrimensore era quello di fiducia della famiglia Mutini, si può ipotizzare che la prima pianta, quella del 1587, realizzata all’epoca della proprietà comune con i Leni, e rimasta in possesso degli stessi Mutini per circa due anni, fosse stata da questi ceduta, insieme alla proprietà materiale del casale, in occasione della vendita all’ospedale. Questo meccanismo di cessione del titolo di proprietà, quale poteva essere anche una pianta, insieme all’oggetto concreto della vendita, fa sì che sia facile reperire negli archivi di molti enti una documentazione in originale che può risalire anche assai indietro nel tempo rispetto alla data dell’acquisizione da parte dell’ente in questione (munimina). Nella pianta conservata nella Collezione I di disegni e mappe è stato dato notevole risalto alla fortificazione intorno al mausoleo di Cecilia Metella, ed è verosimilmente questo il motivo per cui, forse, a differenza della pianta elaborata due anni dopo dallo stesso agrimensore e conservata originariamente accanto ad essa nella medesima cassetta, l’archivista ottocentesco ha ritenuto solo il primo dei due documenti cartografici, degno di essere collocato nella Collezione I , in quanto più pregevole dal punto di vista estetico90. 4.2. Galera e Acquasona. Vengono trattate in un unico paragrafo le piante delle tenute di Galera (4.2.1) e di Acquasona (4.2.2), in quanto in realtà si tratta di due denominazioni diverse di un medesimo corpo fondiario. 4.2.1. Galera. AS ROMA, CDM, I, 93/755: pianta della tenuta di Galera, o “Casal di Galera” (non datata, ma databile tra il 1588 e il 1594; tav. 4). Con il titolo di ‘Galera’ figurano nella Collezione I in realtà tre piante, rispettivamente 93/755, 93/756 e 93/757, ma qui ci occuperemo in dettaglio solo della prima. La 93/756, infatti, è un disegno a penna della “Bandita di Galera”, di proprietà della comunità di Galera e non ha a che fare con il “Casal di 90 Per completezza, ricordiamo che per la consegna alla Presidenza delle strade, nel 1660, venne redatta una pianta ex novo per mano dell’agrimensore Francesco Calamo (433A/49), nella quale l’estensione della tenuta spettante all’ospedale è di sole 47 rubbia (rispetto alle 59 originarie): tale apparente riduzione della superficie è dovuta semplicemente al fatto che una parte di essa - al pari del contiguo casale di Capo di Bove spettante alla famiglia Cenci, ormai ai confini del Suburbio - era stata ‘ridotta a vigne’, come si diceva all’epoca, e da ciò ne conseguiva una diminuzione dell’area seminabile (RUGGERI 2002, pp. 13-14 e nota 37). 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 88 88 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri Galera” in quanto si tratta di altra tenuta, sia pure contigua91. Il disegno dovette venir inserito insieme con le altre due piante a causa della somiglianza del nome e della prossimità dell’area dove si trova il territorio in esso raffigurato. La pianta 93/757, invece, reca un disegno senza data, ma attribuibile al secolo XIX per la menzione della famiglia Valdambrini, della tenuta del: «Tenuta detta Casale di Galera già divisa in due parti separate l’una detta Bandino o Piancoriolo e l’altra Procoio già proprietà degli ospedali di San Rocco e San Giacomo degli Incurabili, poi dei signori Valdambrini e presentemente del signor Luigi Gallo, con le strade tendenti a Roma e i confini». La tenuta riprodotta in questo disegno è la stessa raffigurata nella pianta in esame, ma anche in questo caso non ce ne occuperemo in quanto di epoca successiva a quella presa in considerazione nel presente studio. La pianta su pergamena 93/755, senza data ma attribuibile al secolo XVI, è un disegno a china e acquerello, privo di intitolazione, di legenda e di firma dell’agrimensore, il che fa pensare possa trattarsi di un ‘non finito’. È presente una scala grafica di catene cento. Al centro, in uno spazio bianco del disegno, figura uno stemma cardinalizio attribuibile con certezza ad Antonio Maria Salviati, nato a Firenze il 21 gennaio 1537, morto a Roma il 16 aprile 1602 e creato cardinale il 12 dicembre 1583 dal papa Gregorio XIII92. L’orientamento è indicato con i punti cardinali: Levante (angolo in basso a destra), Tramontana (angolo in alto a destra), Ponente (angolo in alto a sinistra), Ostro (angolo in basso a sinistra). I corsi d’acqua e le strade, evidenziati con coloritura rossa, attraversano e fanno da confine alla tenuta. Esternamente, sono segnati i rilievi con un disegno particolareggiato degli insediamenti di “Monte Maria Grande” (in basso a sinistra) e “Cornazzano de’ Gabrielli” (in alto a sinistra); in alto è raffigurato l’abitato di “Castel Galeria” e al centro l’edificio religioso con cinta muraria di “Santa Maria in Celsano”; sul lato destro la “Strada che va ad Anguillara”. Il “fosso detto la Galera” fa da confine con la proprietà degli Ubaldini, ossia la tenuta di Acquaviva93. Una coloritura 91 Nel Catasto alessandrino il “Casal di Galera” è la pianta 433/12, mentre della “Bandita di Galera” la pianta non esiste; entrambe figurano in CINGOLANI 1692 con i nn. 38 e 36 (FRUTAZ 1972, II, tav. 166). 92 Per il personaggio si veda BUCOLO. 93 COSTE 1971, p. 87, n. 9. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 89 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 89 più intensa è utilizzata per rendere il movimento del rilievo; vicino alla “Fornace” e a una zona di “Grotte” è visibile un manufatto geometrico a forma di esedra, con coloritura azzurra, forse un fontanile. Lo stemma cardinalizio di Antonio Maria Salviati induce a ritenere la pianta successiva quanto meno al 1583, anno della sua nomina a cardinale e, più in particolare, posteriore all’8 agosto 1588, giorno in cui egli acquistava dal banchiere fiorentino Pietro Antonio Bandini i due terzi del casale seu predium nell’atto denominato Bandino (nome derivato - come in molti casi analoghi - da quello del proprietario)94, la cui estensione complessiva era di circa 560 rubbia. Il casale comprendeva anche un precoio di vacche rosse con centoventi vacche, ventitre vitelli, due buoi e inoltre un certo numero di cavalli; gli animali erano custoditi all’interno di grotte, come è espresso in dettaglio nell’atto di presa di possesso, contenuto nello stesso volume95. È dunque presumibile che la pianta risalga al periodo immediatamente successivo all’acquisto dei due terzi della tenuta da parte del cardinal Salviati, rimanendo ancora attuale (sia nell’atto di vendita, che nella pianta stessa) la memoria del precedente proprietario della confinante tenuta di Acquaviva96; non è da escludere, anzi, che l’iniziativa della sua redazione debba essere attribuita proprio al nuovo proprietario. Inoltre, sebbene priva dell’indicazione della superficie, è certo che la pianta raffigura non solo i due terzi effettivamente comprati dal cardinal Salviati nel 1588, ma l’intero corpo del casale, compresa cioè la terza parte da lui non acquistata che, in data non conosciuta, era pervenuta - verosimilmente dai Bandini - nelle mani del fiorentino Camillo Rinuccini. Possedute a titolo di proprietà indivisa sino al 1594, il 16 luglio di tale anno le due parti furono materialmente suddivise, con l’assegnazione definitiva dei due terzi del casale originario (pari a circa 372 rubbia, secondo l’atto di divisione) al cardinal Salviati, e del terzo rimanente, circa 186 rubbia, 94 Nella lista dei casali di Renzi e Bardi (1588-1596), sono indicati «Casali diversi, già di Pietro Antonio Bandino, hoggi di Salviati [e] Rinuccini, r. 600» (COSTE 1971, p. 86, n. 4). Per alcuni esempi cinquecenteschi di nomi di casali derivati da nomi di famiglie, si veda RUGGERI 2009, pp. 146 e sgg. 95 AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b. 103, fasc. 2/1 (già tomo 34, n. 28). 96 Tra i confini elencati nell’atto di acquisto (Quarto di San Savo degli Orsini; Monte Maria Grande; casale di Ottaviano Crescenzi, corrispondente a Monte del Forno; territorio del castrum di Galeria; fiume Arrone; strade per Galeria e per Tolfa e Civitavecchia), per il casale di Acquaviva è indicato, come proprietario, Marco Antonio Ubaldini: si tratta di una leggera discrepanza cronologica, in quanto solo due mesi prima (11 giugno 1588) il casale era stato venduto al cardinal Alessandro Farnese (COSTE 1971, p. 87, n. 9; per la vendita ai Farnese: TOMASSETTI 1975-1980, III, p. 49). 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 90 90 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri a Camillo Rinuccini97. Pertanto, la forbice cronologica per la realizzazione della pianta si può ragionevolmente fissare nell’arco di tempo compreso fra l’agosto 1588 e il luglio 1594. Con lascito testamentario del 1602, il cardinal Salviati legava la sua porzione del casale agli ospedali di S. Giacomo degli Incurabili e di S. Rocco in parti uguali98. In questo stesso periodo, peraltro, si assiste all’insorgere e al consolidarsi di una nuova denominazione in riferimento ad entrambe le porzioni dell’originario casale Bandino, le quali sono indicate nella documentazione con il nome di “Acquasona” per buona parte del XVII secolo, come risulta già dal Libro dei Casali risalente agli inizi del secolo99. Anche nelle carte amministrative relative ai beni rustici dell’Ospedale di S. Giacomo degli Incurabili, più in particolare, la porzione ad esso pervenuta veniva denominata con regolarità Acquasona100, toponimo forse da ricollegare etimologicamente al rumore del ruscello che attraversa la tenuta il quale, ingrossandosi, diventa il torrente Galera. Il nome “Casale di Galera” attribuito a questa proprietà, invece, figura solo più tardi, nella pianta del Catasto alessandrino, probabilmente per distinguerla dall’altra porzione del casale originario, anch’essa Acquasona. Tale nuova denominazione - che poi è quella definitivamente fissatasi101 - deriva senza dubbio da quella del principale centro della zona, la massa, poi domusculta, infine castrum di Galera, che in un certo senso ha ‘condizionato’ l’insorgere di nuovi toponimi nelle aree circostanti (si pensi alla già menzionata “Bandita di Galera”)102. 97 AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b. 103, fasc. 2/2 (già tomo 34, n. 27), divisione del «casale olim de Bandinis nunc Acquasona». La somma delle superfici delle due porzioni, evidentemente rimisurate per l’occasione, ammonta a 558 rubbia. 98 AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b. 103, fasc. 3 (già tomo 32, n. 7), particola del testamento del cardinale Salviati, 17 aprile 1602. 99 «Acqua Sona, dell’ill.mo cardinal Salviati, alias il Casale de Bandini, lassato dal card.le all’Hospidale di S. Iacomo la metà, e l’altra metà all’Hospidale di S. Rocco», con una superficie di 575 rubbia (viene erroneamente indicata la superficie del casale originario, compresa cioè anche la parte dei Rinuccini; si vedano in proposito le considerazioni di SCOTONI, 210-211); «Acqua Sona del s.or Camillo Rinuccino attaccato alla sudetta, sono rub. 195 senza prati, rub. 197» (COSTE 1969, p. 55, nn. 1 e 2). 100 AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b. 110. Già nella divisione del 1594 il casale aveva questa denominazione (cfr. nota 97). 101 “Casal di Galera” in CINGOLANI (si veda la nota 91). 102 Si veda, in particolare, la denominazione del fondo raffigurato in una pianta contenuta nel Libro delle piante dell’Ospedale di S. Giacomo degli Incurabili, che associa le due entità: «Casale di Acquasona appresso il Castel della Galera» (AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b. 1502/I). Non siamo in grado di stabilire, invece, a quale tenuta corrisponda quella indicata 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 91 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 91 La pianta del Catasto alessandrino (433/12), priva di scala e legenda, è stata realizzata dall’agrimensore Paolo Picchetti ed esibita il 6 aprile 1660 per conto dei proprietari, gli ospedali di S. Giacomo degli Incurabili e di S. Rocco; si tratta di pianta acquerellata, con il disegno di un casale a forma di torre, una casa isolata, una fornace, alcuni stagni. Nel complesso, essa si presenta come una versione semplificata della pianta cinquecentesca conservata nella Collezione I di disegni e mappe: infatti, anche se priva dei bei disegni degli insediamenti esterni (“Castel di Galera”, “Monte Maria Grande”), risulta molto simile il disegno dell’edificio a forma di torre con tre successive coperture a tettoia e campanile, posto nella medesima posizione lungo la strada (tav. 4, angolo in alto a destra); le proporzioni sono le medesime, ed anche le misure della triangolazione interna sono identiche, come molto simile è pure il particolare della struttura a forma di esedra (probabilmente un fontanile) e della fornace. Il rapporto di derivazione della pianta alessandrina dall’originale cinquecentesco, più ricco di particolari e più accurato in generale, è dunque accertato e il risultato è una pianta più sintetica ma fedele per quanto riguarda gli elementi interni al corpo della tenuta. Essa però è erronea per quanto attiene la superficie: l’agrimensore - anche se ne indica correttamente la superficie in 375 rubbia, che non corrisponde a quella effettivamente raffigurata - ha infatti commesso l’errore di non stralciare dalla pianta la porzione che ormai non faceva più parte del casale, porzione che a sua volta figura in un’altra pianta, consegnata alla Presidenza delle strade qualche giorno prima (26 marzo 1660), ossia quella di Acquasona e Cacciarella, di 192 rubbia, appartenente al Collegio Romano (433/1)103. Redatta dall’agrimensore Eliseo Vannucci, quest’altra pianta comprende i tre quarti indicati con le lettere A, B e C (quest’ultimo, distaccato rispetto al corpo principale della tenuta), corrispondenti ai terreni lavorativi in Acquasona, al pascolare e spallette e al lavorativo con macchie e spallette in Cacciarella; tra i confini è indicato anche il “Precoio di San Iacomo” che altro non è che l’altro casale di Acquasona (Galera, nella pianta del Catasto alessandrino), spettante per l’appunto all’Ospedale di S. Giacomo degli Incurabili. Non vi figurano manufatti, se non la strada semplicemente come “Galera”, senza altre indicazioni (nemmeno il proprietario), nel Libro dei Casali (COSTE 1969, p. 71, n. 189). 103 Non è noto quando dai Rinuccini il casale sia pervenuto al Collegio Romano, né se tra l’uno e l’altro vi siano stati altri proprietari; come si vedrà più avanti, dieci anni dopo questa tenuta spettava al principe Chigi. La somma delle superfici delle due tenute misurate nel 1660 raggiungeva un totale di 567 rubbia, una misura molto vicina a quella indicata nell’atto di vendita del 1588 (560 rubbia). 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 92 92 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri che attraversa la tenuta e due capanne, rispettivamente nel quarto A e nel quarto C. Mentre la pianta realizzata dal Picchetti per l’ospedale ha tutto l’aspetto di una copia veloce e acritica di quella cinquecentesca, senza che egli abbia tenuto conto dell’avvenuta divisione, quella elaborata da Eliseo Vannucci per il Collegio Romano, invece, costituisce un lavoro preciso e originale. Tornando alla pianta cinquecentesca del casale Bandino, questa potrebbe essere pervenuta, come si accennava, all’Ospedale di S. Giacomo degli Incurabili in occasione del lascito testamentario del cardinal Salviati nel 1602 insieme alla tenuta stessa, in qualità di munimen, per essere conservata nell’archivio dell’ente donatario. Ciò sembra trovare conferma nel rinvenimento di un’altra copia della medesima pianta, diversa, anche se molto simile, da quella realizzata per la consegna alla Presidenza delle strade nel 1660. Si tratta della pianta del: «Casale di Acquasona appresso il Castel della Galera comprato, et donato dal signor Cardinale Salviati alla nostra Chiesa et a San Rocco»104. La pianta, databile al XVII secolo, è realizzata su un unico foglio di carta che venne poi rilegato nel volume e segnato con il numero di carta 67; per contenere il disegno, il foglio venne ampliato sui due lati tramite l’aggiunta di due strisce incollate, ai due lati opposti di esso. Essa è copia fedele della pianta su pergamena della Collezione I di disegni e mappe, perché identica per molti aspetti, fra i quali la serie dei piccoli cippi numerati posti al confine con la proprietà del Collegio Germanico e Ungarico (casale di S. Maria in Celsano). Realizzata alla stessa scala, essa è tuttavia meno ricca di particolari quali, per esempio, la raffigurazione dei due abitati confinanti di Castel di Galera e di S. Maria in Celsano e complessivamente presenta un aspetto meno elegante. Tale pianta dovette essere realizzata per volere dei guardiani dell’ospedale, dopo che questi entrarono in possesso della tenuta, per dare seguito alle ultime volontà del cardinal Salviati fissate nel suo testamento del 1602. Ciò è confermato dall’assenza dello stemma del cardinale che, invece, campeggia in posizione centrale nella pianta su pergamena. In questa occasione i guardiani presero possesso sia della tenuta sia della pianta in qualità di munimen e dovettero ordinare la compilazione di una nuova pianta su carta 104 Così denominata nell’indice del volume che la contiene, il «Libro delle piante delle Case libere et delli Casali spettanti all’Hospidale e Chiesa di San Giacomo delli Incurabili» databile al XVIII secolo (AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b. 1502/I). 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 93 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 93 che venne rilegata all’interno del Libro delle piante citato a nota 104. Anche la pianta originale in pergamena dovette essere allegata a questo stesso volume, dopo la carta 76, l’ultima del registro stesso, ripiegata a metà e poi in tre, per essere inserta all’interno di esso senza esservi rilegata. Nell’indice infatti figura la seguente precisazione: «Casale di Acquasona appresso il Castel della Galera comprato, et donato dal signor Cardinale Salviati alla nostra Chiesa et a San Rocco carta 67 et doppo 76». Ma dopo la carta 76 non vi è alcuna pianta, e dunque si può fondatamente concludere che essa venne estrapolata per l’inclusione nella Collezione I di disegni e mappe per maggiore sicurezza, trattandosi di pianta sciolta. Dall’originale cinquecentesco in pergamena furono dunque ricavate due copie redatte in tempi e per motivi diversi. L’una, la più antica delle due, era destinata a conservarsi presso l’amministrazione dei nuovi proprietari e l’altra, successiva, sarebbe stata consegnata alla Presidenza delle strade nel 1660. Entrambe le piante, pur essendo copie fedeli dell’originale, non hanno tuttavia tenuto conto dello stralcio, dalla superficie totale della tenuta, del terzo che ne venne distaccato in base all’atto di divisione del 1594. Forse proprio per questo motivo, dunque, non soddisfatti del prodotto, solo dieci anni dopo i guardiani dell’ospedale dovettero commissionare una nuova pianta della tenuta di Acquasona, che venne realizzata nel 1670 dall’agrimensore Giusto Quaranta, e di cui passiamo a trattare nel § seguente. 4.2.2. Acquasona. AS ROMA, CDM, I, 92/708: «Casale d’Acquasona del venerabile Archiospedale di San Giacomo dell’Incurabili e di San Rocco» (marzo 1670; tav. 5). La pianta è realizzata su due fogli di carta incollati, con segno di piegatura in quattro, disegnata a penna e acquerello marrone e verde, e firmata dall’agrimensore Giusto Quaranta; in basso a sinistra è la legenda circondata da un doppio riquadro a penna: «Casale d’Acqua Sona dell <sic> Venerabile Archiospedale di San Giacomo degli Incurabili e di San Rocco. A. Ristretto del Casino Orto e Ripaglie, rubbia 2.3.2. B. Pedica a canto l’Oliveto, rubbia 1.0.0. C. Oliveto, rubbia 5.2.1. D. Arboreto, rubbia 3.2.0. E. Quarticciolo detto di Santa Maria, rub- 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 94 94 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri bia 35.3.0. F. Quarticciolo sotto la Cava, rubbia 19.1.1. G. Quarticciolo detto la Mezza Luna, rubbia 20.1.2. H. Quarto della Mezza Luna, rubbia 34.2.0. I. Quarto delle Larghe della Capanna, rubbia 75.2.2. K. Rimessa delle Cavalle, rubbia 3.1.1. L. Rimessola delle Vitelle, rubbia 4.2.1. M. Macchia del Quarto della Capanna, rubbia 4.2.5. N. Quarto di Pian Curiolo, rubbia 117. 2.0. O. Quarticciolo tra le doi Strade, rubbia 12.2.0. P. Prati a tutt’herba, rubbia 33.1.2. Q. Pantanelle o Mollicci in detti Prati, rubbia 1.0.0. In tutto rubbia 375.2.0. Adi Marzo 1670. Giusto Quaranta». La pianta non ha titolo (che però è indicato nella legenda), né orientamento, né scala. La tenuta è circondata dalle seguenti proprietà, in senso orario dall’alto: “Acqua Sona del principe Don Agostino Chigi”105, “Cacciarella del detto Principe Chigi”, “Monte Maria de Signori Or[sini] di Bracciano”, “Fiume detto l’Arrone”, “territorio di Galera del Signor Duca di Bracciano” (all’epoca era Flavio Orsini), “S. Maria del Collegio Germanico di S. Apollinare di Roma” e nuovamente il “territorio di Galera”. Quest’ultimo confine corre lungo la “Strada Romana”, che attraversa con un ponte il corso d’acqua che fa da confine con la tenuta di Acquasona Chigi. Il corpo della tenuta è diviso in quarti, fra i quali si distinguono per caratterizzazione grafica naturalistica i prati, gli arboreti e le macchie. I confini, le strade e i corsi d’acqua sono evidenziati da una fila di alberi. L’edificio del casale è un “Casino”, palazzetto a tre piani con copertura in tegole, due accessi e due camini. Presso la “Strada Romana” è uno schizzo sommario al quale si riferisce la scritta “Anticaglia”. Simili schizzi, ma senza scritte, sono nell’area dell’edificio del casale e a indicare casette rustiche nei quarti. Nel “Quarto della Mezza Luna” è il disegno di una struttura a forma di esedra sul verde del prato posta non distante da una sorgente caratterizzata da una sorta di grotta con condotto d’acqua, da un fontanile e tre piccole pozze d’acqua tonde, il tutto corredato dalla scritta “Vi nasce l’acqua”106. Nello stesso quarto si trovano anche le “Calcare”, alle quali non corrisponde alcun disegno. L’estensione totale della tenuta è di 375.2 rubbia, pari ai due terzi di quella originaria, in ciò concordando con l’indicazione contenuta nella pianta del Catasto alessandrino (casal di Galera), con la differenza che il disegno territoriale del corpo fondiario questa volta è quello corretto; essen- 105 Si tratta della tenuta di Acquasona già del Collegio Romano, acquistata dal principe Agostino Chigi nel 1665 (TEODORI 2001, pp. 157-158). 106 Dovrebbe trattarsi sempre del presunto fontanile già illustrato a proposito della pianta precedente, presente anche nelle due copie di essa. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 95 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 95 do stata redatta da altra mano, lo stile è del tutto diverso sia da quello della pianta precedente, che da quello della pianta realizzata nella bottega di Paolo Picchetti per la consegna alla Presidenza delle strade nel 1660. L’agrimensore Giusto Quaranta è noto per la sua ricca produzione di piante di tenute, la prima delle quali, secondo quanto noto sin ora, risale al 1654 (tenuta di San Gennaro per il Collegio di S. Bonaventura, poi consegnata per il Catasto alessandrino nel 1661, oggi 433A/32) e l’ultima al 1672, realizzata per conto della famiglia Borghese per la quale egli aveva lavorato in diverse occasioni107. La sua attività per il Catasto alessandrino fu talmente intensa (la sua firma compare su cinquantuno piante) da indurre a pensare che egli abbia fatto ricorso alla copiatura di originali precedenti, già in possesso degli enti proprietari. È inoltre attestata la sua collaborazione con le botteghe di Eliseo Vannucci e con quella di Paolo Picchetti, presso le quali vennero realizzate piante che poi egli stesso si premurò di autenticare108. Probabilmente, però, egli non dovette prendere parte alla confezione del lavoro cartografico inerente i casali di Galera dell’ospedale di S. Giacomo degli Incurabili ed Acquasona del Collegio Romano da consegnare nel 1660 alla Presidenza delle strade, rispettivamente firmati proprio da Picchetti e Vannucci, in quanto la sua elaborazione del 1670 presenta caratteri di assoluta originalità ed indipendenza dalle altre due piante; peraltro egli trascura la denominazione attribuita in via ufficiale al primo dei due, recuperando quella di Acquasona, più familiare - come si è visto - nelle consuetudini amministrative dell’Ospedale di S. Giacomo. La pianta - la prima redatta ex novo dopo la divisione del 1594 (tutte le altre erano copie di quella cinquecentesca su pergamena) - dovette essere prodotta per motivi interni all’amministrazione patrimoniale dei beni dell’ospedale, come del resto è indicato con chiarezza nella nota di mano dell’agrimensore rinvenuta fra le carte dell’archivio ospedaliero. Essa, infatti, è esplicitamente menzionata in una carta sciolta con la quale Giusto Quaranta dichiarava che: «Nel Libro delle Piante de Casali vi è la seguente: Casale d’Acquasona (...) misurato da me infrascritto per ordine dell’Illustrissimo Monsignor Salviati e Illustrissimi Signori Guardiani di detti Archiospedali nel mese di marzo 1670»109. 107 Si tratta della pianta del Quarto della Polledrara di Mentana, in ASV, Archivio Borghese, b. 516, Mentana 14. 108 PASSIGLI 2009, pp. 16-20; PASSIGLI 2012, pp. 365, 367, 378. 109 AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b. 103, fasc. 3 (già tomo 32, n. 7). All’epoca, ovvia- 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 96 96 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri Anche per questa pianta dunque, come per quella di Galera, la sede originaria doveva essere certamente il già citato «Libro delle piante delle Case libere et delli Casali spettanti all’Hospidale e Chiesa di San Giacomo delli Incurabili»110, da cui dovette venire estrapolata per essere inserita nella Collezione I di disegni e mappe. Ricordiamo, infine, che dalla pianta di Giusto Quaranta venne ricavata una copia su pergamena, recante la legenda e il nome dell’autore dell’originale, come esplicitamente indicato dal suo autore Fabrizio Sperandio: «fedelmente copiata dal suo originale nello scorso mese di maggio 1765»111. 4.3. Santa Procula. AS ROMA, CDM, I, 94/827, nn. 1-2. L’unità conserva due piante della tenuta di Santa Procula, o ‘Santa Broccola’ come veniva popolarmente denominata, situata nella porzione costiera dell’Agro Romano a sud di Roma. La prima è una delle piante più antiche che si conservano per l’Agro Romano, recante la data 26 novembre 1588 (94/827, n. 1); la seconda è una copia ottocentesca della prima, come è espressamente indicato nella legenda, datata 6 novembre 1831 (94/827, n. 2)112. AS ROMA, CDM, I, 94/827, n. 1: «Pianta della tenuta di Santa Broccola dell’Illustrissimo signor Mario de’ Massimi posta fora di porta San Paolo (...)» (26 novembre 1588; tav. 6). La pianta, restaurata di recente, è realizzata ad acquerello su pergamena da Marcantonio Galassi, come indicato dalla firma autografa. Il proprietario della tenuta risulta Mario Massimo. In alto a destra è una legenda inquadrata da una cornice sovrastata da un architrave che include lo stemma della famiglia: «Pianta della Tenuta di Santa Broccola dell’Illustrissimo signor Mario de’ Massimi posta fora di porta San Paolo et fra li confini descritti. Essa pianta mente, il card. Antonio Maria Salviati era già defunto da quasi settant’anni, e il monsignor Salviati menzionato doveva essere un’altra persona, comunque legata con l’amministrazione dei beni dell’ospedale. 110 Si veda la nota 104. 111 AS ROMA, Ospedale di S. Giacomo, b. 1505 (contenente disegni e piante di proprietà dell’ospedale), n. 142; sul verso della copia in questione è un riferimento a una vecchia collocazione archivistica: Armadio EE, Tomo 8, n. 8. 112 Considerazioni preliminari su queste due piante in PASSIGLI 2009, pp. 11-12. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 97 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 97 fatta et misurata da me Marcantonio Galassi sotto il dì 26 di novembre 1588 distintamente quarto per quarto come qui sotto appariva a misura di catena quadrata, secondo l’uso di Roma. Il quarto verso Roma detto il Suvereto sopra et sotto strada insieme netto di essa Strada è rubbia trentadue e mezza. Il quarto dell’Isolotta recinto dalli fossi et dal limido della Magionetta del Bentivogli è rubbia trentadue e mezza. Il quarto delle Pretara è rubbia ventidue et un quarto. Il quarto della Capanna, cioè tucta la parte di la dal fosso del Casale detto Rio Torto insino alli confini della Castagnola d’Ardia compresoci anco la selva in tutto è rubbia trecentoquarantasette e mezzo, netto della strada che è sotto alle Colonnelle de Victorii. La vigna fra li dua fossi dietro al Casale rubbia uno e 5/8. Il Redime di detto casale è un quarto di rubbio. Tutta la detta tenuta insieme netta di strade è rubbia quattrocentotrentasei e quarte due e mezza. La Comunanza atorno al fontanile fra Santa Broccola, La Magione de Savelli, la Zolferata delli Altieri et la Magionetta delli Serii et Bentivoglii in tutto rubbia quattro et un quarto. Marc’Antonio Galassi di mano propria». Ai quattro lati sono riportate le indicazioni di orientamento: Tramontana, in basso a destra, Levante, in basso a sinistra, Ostro, in alto a sinistra, Ponente, in alto a destra. In basso a sinistra è la scala grafica di catene 60, rifinita con il disegno di un compasso. I confini sono costituiti, a est dalla “Strada Romana che va ad Ardea”, oltre la quale sono i casali “Il Suvereto delle Monache di Torre de Specchi”, “Santa Broccola de Vittori” e “La Muratella”; a sud “La Castagnola d’Ardia”, “La Castagnola oltre il Fosso Secco”; a ovest il “Fosso detto Rio Torto”, “Campo Selva de’ Cesarini”, la “Forma tra Campo Selva de’ Cesarini”, “Pratica della signora Verginia de’ Massimi” e il “Territorio di Pratica”; a nord “La Magionetta de’ Bentivogli”, “La Magionetta del Leni”, “La Solforata delli Altieri”, “La Magionetta”. La tenuta è attraversata dal corso d’acqua designato come “fosso detto Rio Torto” e punteggiata di alberi disegnati in modo naturalistico, che si infittiscono in coincidenza delle selve e delle selvotte. Il disegno dei manufatti è ormai quasi illeggibile ed è evidenziato da scritte ottocentesche. La pianta presenta due interventi successivi, il primo dei quali risale al 1660. Si tratta di una nota posta sulla destra, al centro della pergamena, ormai quasi illeggibile, di mano dell’agrimensore Orazio Cordiale, deducibile grazie alla trascrizione aggiunta sulla stessa pianta nel secolo XIX: «Io infrascritto dichiaro che nella tenuta di Santa Procula dell’Illustrissimo signor Mario Massimi vi sono rubbia trentacinque di fossi, spallette, pantani, limiti et altro che non si possono lavorare ed in fede questo di 27 marzo 1660. Io Orazio Cordiale Agrimensore mano propria. E più in detta 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 98 98 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri tenuta vi è la Macchia di rubbia trenta. Oratio Cordiale sudetto». Il secondo intervento è del 1831 e si deve a Serafino Sala. Poiché, all’epoca, la scrittura originale era sbiadita, quest’ultimo, autore della copia ottocentesca conservata nella medesima cartella (94/827, n. 2), ricopiò sulla pianta cinquecentesca sia la legenda di Galassi, sia la nota di Cordiale aggiunta nel 1660 sia, infine, i cartigli. Il verso della pergamena riporta tracce di scrittura a inchiostro nelle quali si può riconoscere la scritta S(ant)a Procula e la formula abbreviata e lasciata in bianco C(on)tra e Pro, riferibile agli atti di una causa. Dell’agrimensore Marcantonio Galassi sappiamo solo che realizzò il 9 dicembre 1583 la pianta del casale Bravi, altra tenuta della famiglia Massimo di cui evidentemente egli era l’agrimensore di fiducia. Questa pianta, insieme a quella di Santa Broccola, venne copiata il medesimo giorno 27 marzo 1660 per la consegna alla Presidenza delle strade (433bis/20), anche se non è menzionato l’autore della copia. Il Galassi è menzionato, insieme con Cesareo Gattola, anche quale agrimensore incaricato per la realizzazione della pianta della tenuta di Capo di Bove, in occasione della vendita dai Mutini all’ospedale del Santissimo Salvatore il 20 marzo 1589113. La pianta della tenuta di S. Procula redatta per il Catasto alessandrino (432/34) fu compiuta da Orazio Cordiale per conto di Mario de’ Massimi (nipote dell’omonimo che possedeva la tenuta nel 1588)114 ed è copia fedele di questo originale del quale riporta anche la data 26 novembre 1588. Vi si trovano con forme identiche il frontone con lo stemma, i punti cardinali, l’edificio del casale con i particolari e le sei pezze di vigna, i nomi dei quarti e delle località confinanti. In occasione del lavoro di copiatura, Cordiale dovette aggiungere la citata nota sulla pianta originale dalla quale veniva tratta la copia. Nell’arco di tempo intercorso fra la realizzazione delle due piante, si era verificata una variazione della superficie, puntualmente riportata: «E più in detta tenuta vi è la macchia di rubbia 37». Nel Si veda supra, § 4.1. Nel Libro dei Casali del 1603, non c’è alcun dato relativo a Santa Broccola, a parte il solo nome del casale; ma che spettasse a Valerio Massimo (figlio di Mario proprietario nel 1588, e padre di Mario proprietario nel 1660) risulta indirettamente dall’elenco dei confini del casale “La Magionetta”, tra i quali figura - per l’appunto - anche «S.ta Broccola del sig. Valerio Massimo» (Mario Massimo era morto nel 1595): COSTE 1969, rispettivamente: p. 89, n. 397 e p. 101, n. 536. Per la genealogia di questo ramo della famiglia Massimo, cfr. WEBER 1999-2002, VI, pp. 589-590. 113 114 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 99 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 99 corso del lavoro di copiatura, Cordiale dovette accorgersi di alcune imprecisioni nel testo della legenda, tanto che in due casi aggiunse una parola nell’interlinea con la sua scrittura più corsiva, paragonabile alla nota aggiunta più in basso (si tratta delle parole distintamente, appariva). La scala di 60 catene non presenta la decorazione con il compasso che figura nell’originale, anche se per il resto è identica. L’aspetto generale della pianta è più nitido anche a causa del supporto cartaceo e del migliore stato di conservazione. AS ROMA, CDM, I, 94/827, n. 2: «Agro Romano. S. Procula, tenuta Massimi poi dei fratelli Carlo, Tommaso, Francesco e Antonio Merolli» (6 novembre 1831). La pianta presenta il titolo al centro in alto: «Agro Romano. Misura e Pianta della Tenuta di Santa Procula situata miglia 18 fuori di porta San Paolo di pertinenza dell’Illustrissimi signori Carlo, Tommaso, Francesco ed Antonio fratelli Merolli, ridotta da me infrascritto Perito Agrimensore in questa proporzione da altra antica pianta rilevata dal quondam Marc’Antonio Galassi con la data 26 novembre 1588, alla quale etc., che si rinvenne della quantità di rubbia romane, come dal seguente indice». In basso a sinistra figura l’elenco dei corpi di terreno che costituivano la tenuta: «A. quarto della Pretara in tutto r. 22.3, cioè 1. terreni larghi e pascolivi, 2. macchia unita a confine della Crocetta di Pratica compresa altra spalletta macchiosa che viene al fosso della Magione. B. quarto dell’Isoletta in tutto r. 32.2, tutti terreni larghi, compresa soltanto una piccola spalletta macchiosa di rubbio mezzo di qua dal fosso della Magione contraddistinta con il numero 3. C. quarto del Sugareto in tutto r. 32.2, cioè 4. quarticciolo a sinistra della Strada di Roma ad Ardea, 5. a tergo il Casale comprese r. 2 di prato. D. quarto grande detto di Mezzo, e delli Lucernari in tutto r. 204.3, cioè 6. Terreni lavorativi e pascolivi, 7. Spallette macchiose, 8. la Selvetta. E. quarto della Strada e Castagnola composto di terreni lavorativi e pascolivi, r. 96.2.2. F. Macchia Grande, r. 39.2.3. G. Prato del Fontanile sotto la sudetta Macchia, r. 5.2.2.2. H. Prato a tergo il Casale, compresi i recinti alle Fabriche e annessi, r. 2.3. I. Terreno con fontanile in comune con le altre tenute della Magione, Solfarata e Magionetta, r. 4.1. Ascende in tutto la sudetta tenuta a r. 440.3.2. Roma 6 novembre 1831. Serafino Sala Perito Agrimensore». Il confine orientale è rappresentato dalla “Strada la quale da Ardea 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 100 100 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri conduce alla città di Roma”, oltre la quale sono le tenute della Muratella e di Santa Procula o delle Vittorie. La tenuta confina poi a sud con la tenuta della Castagnola, a ovest con le tenute di Campo Selva e Campo Iemini, Tenuta della Crocetta e territorio di Pratica, a nord con la tenuta della Magione e Magionetta, della Solforata, del Capannone, a est con la stessa tenuta del Capannone, con la tenuta del Sugareto ossia Monachelle. I confini sud e ovest insistono in parte sui fossi della Castagnola e di Rio Torto, i quali poi percorrono parallelamente il territorio all’interno della tenuta, cambiando le proprie denominazioni. Una freccia rivolta verso destra segnala l’indicazione del nord. Questi dati sono completati da una scala grafica di staioli romani seicento. Macchie e prati sono distinti da diversa caratterizzazione grafica. Edifici e fontanili hanno la campitura rosa tipica dello stile catastale. Numerose pozze d’acqua costituiscono i Lucernari. La pianta del 1588 conservata nella Collezione I di disegni e mappe può quindi considerarsi l’originale realizzato per volere dei proprietari, successivamente utilizzato per ricavare una copia firmata da Orazio Cordiale il 27 marzo 1660 in occasione della consegna all’ufficio della Presidenza delle strade. Essa si mantenne però in uso anche dopo il suo aggiornamento nel 1660, almeno fino alla metà dell’Ottocento, come è documentato dalla trascrizione della legenda originale e della nota seicentesca. È dunque realistico supporre che essa fosse conservata e si tramandasse insieme alla tenuta, passando dapprima dai Massimo (che la possedevano ancora nel 1692), poi ai Muti, infine (1735) ai Giraud115 sino a pervenire ai Merolli. Questa supposizione è confermata da una ricerca effettuata fra le carte della famiglia Merolli, sicuramente proprietaria della tenuta nel 1831, anno in cui venne realizzata la pianta da Serafino Sala. Infatti, in occasione della vendita della tenuta alla nota famiglia di mercanti di campagna, come era consuetudine, fu consegnata anche la pianta della stessa, così come tutti gli eventuali atti relativi alle precedenti transazioni. Ciò risulta esplicitamente da una clausola contenuta nel contratto stipulato dal notaio Lorenzo Parisotti il 5 marzo 1827, con il quale il conte Pietro Giraud e sua moglie Agnese Negroni avevano venduto la tenuta, di circa 436 rubbia e per la cifra di 44.000 scudi, ai fratelli Carlo, Tommaso, Francesco e Antonio Merolli: «Dichiarano li sudetti fratelli Merolli esser stata ad essi conse- 115 Per la proprietà nel 1692: CINGOLANI 1692, n. 197 (FRUTAZ 1972, II, tav. 168); per la proprietà dei Giraud nel 1750: VENUTI, p. 385. Non è noto quando i Massimo alienarono ai Muti la tenuta, per le cui vicende patrimoniali si vedano le scarne notizie in TOMASSETTI 1975-1980, II, p. 517. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 101 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 101 gnata la pianta della tenuta»116. Allo stesso modo la pianta cinquecentesca dovette giungere nelle mani del Giraud dal precedente proprietario, citato nel medesimo atto, il marchese Girolamo Muti, il quale la alienò il 14 settembre 1735, con atto rogato dal notaio dell’Auditor Camerae Paparozzi. Si tratta di un tipico caso di conservazione e di trasferimento di carte antiche da un archivio a un altro in qualità di munimina, come già osservato relativamente ad altre tenute. Considerato il cattivo stato di conservazione della pianta, i fratelli Merolli dovettero incaricare Serafino Sala di redigerne una copia, come dichiarato nella legenda della pianta del 1831. Le due piante furono conservate insieme nell’archivio della famiglia e utilizzate per effettuare i conteggi e le verifiche delle superfici dei vari appezzamenti via via concessi in affitto nel corso degli anni successivi. Di questo impiego vi è riferimento in una nota contenuta in una scrittura privata relativa a una vendita di erbe del 13 ottobre 1840117. Questa pratica dovette proseguire sino a quando l’archivio Merolli venne depositato presso l’Archivio di Stato di Roma, e le piante estrapolate per concorrere alla formazione della Collezione I di disegni e mappe. Quindi, verosimilmente, le due piante di Santa Procula - fra cui una delle piante più antiche di tenute dell’Agro Romano conservate in assoluto - erano incluse proprio nella busta 1 dell’archivio Merolli, prima di venir scorporate (insieme ad altre analogamente non più presenti nella busta)118, e inserite nella Collezione I di disegni e mappe. L’archivista si rese conto del legame che univa le due piante e - fortunatamente - non le separò, consentendo di ricostruire le vicende patrimoniali della tenuta e la storia delle due unità cartografiche ad essa relative. AS ROMA, Famiglia Merolli, b. 1 (tenute), fascicoli 7-13, Santa Procula, anni 1823-1875, in particolare: fasc. 8, copia dell’atto di acquisto, 5 marzo 1827. Sulla famiglia Merolli: PISCITELLI 1958. 117 AS ROMA, Famiglia Merolli, b. 1 (tenute), fasc. 10. 118 Piante di Posticciola, Santa Maria Nuova e Casalrotondo, elencate in una lista di atti e carte inerenti la consegna della tenuta di Santa Procula agli affittuari Finocchi nel 1850 (AS ROMA, Famiglia Merolli, b. 1, fasc. 10). Si tratta senza alcun dubbio della pianta 93/761 della Collezione I di disegni e mappe denominata: «Piante delle tenute di Grottoni ossia Posticciola, Casal Rotondo e Torricola (...) di pertinenza dell’Ill.mo Sig. Giuseppe Merolli», non datata ma attribuibile alla metà del XIX secolo. Anche per la pianta 92/736: «Topografia della tenuta di Casanuova (...) fuori di Porta Pia spettante all’Ill.mo Signor Tommaso Merolli», non datata ma certamente del XIX secolo, si può ipotizzare la provenienza dall’archivio Merolli. 116 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 102 102 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri 5. Le piante del Seicento Passiamo ora ad analizzare alcune piante del ‘600, periodo per il quale le testimonianze sono più numerose, in quanto la produzione cartografica è stata senza dubbio maggiore, da un lato verosimilmente incentivata dall’iniziativa di Alessandro VII per l’esecuzione del Catasto alessandrino; dall’altro perché famiglie ed enti religiosi hanno posto più attenzione alla realizzazione sistematica di questi documenti, che costituivano certamente dei titoli di proprietà necessari anche ad una più funzionale gestione del bene fondiario; infine perché prende piede la pratica di allegare, qualora fosse necessario, le piante di tenute e terreni agli atti notarili che avevano per oggetto quegli stessi beni119. 5.1. Massa e Gallesina e pedica Maglianella. Le piante della tenuta di Massa e Gallesina (poi “Massagallesina”) e della pedica della Maglianella (a volte denominata anche pedica della Gallesina), sono trattate insieme in quanto appartenute ad un medesimo proprietario, come esplicitamente indicato nella legenda della pianta della Pedica alla Maglianella (Collezione I di disegni e mappe, I, 93/773, n. 1)120, e interessate da comuni vicende patrimoniali e cartografiche, che saranno ricostruite nelle pagine che seguono. 5.1.1. AS ROMA, CDM , I, 93/758, nn. 1-4: Massa e Gallesina. In questa unità sono conservati quattro fogli relativi alla tenuta di Massa e alla pedica della Gallesina. Si tratta, più in particolare, di una pianta della pedica della Gallesina di Carlo Antonio Paolini del 13 giugno 1665 (93/758, n. 1), di una pianta della tenuta di Massa alias Gallesina di Marc’Antonio Piuselli del 1660 (93/758, n. 2), di un disegno a china senza data della tenuta di Massa e Gallesina (93/758, n. 3) e infine di una carta con segno di ripiegatura a metà e appunti a penna, interpretabile come camicia nella quale doveva essere conservata la prima pianta in quanto reca le medesime informazioni che si trovano scritte sul verso di essa (93/758, n. 4). La progressiva numerazione della quattro carte è riportata a matita sul verso delle stesse. AS ROMA, CDM, I, 93/758, n. 1: «Pianta et misura della Pedica della Gallesina» (13 giugno 1665; fig. 2). 119 120 PASSIGLI 2009, pp. 20-22. «…Pedica alla Maglianella delli Massa li medesimi padroni della Gallesina…». 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 103 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 103 2. Pianta, et Misura della Pedica della Gallesina posta fori di porta S. Pancratio (...), 13 giugno 1665; il nord è verso l’angolo destro in alto (AS ROMA, CDM, I, 93/758, n. 1) La pianta è realizzata a china e acquerello, unicamente in tinta verde, e presenta segni di piegatura in otto. A destra si trova la legenda con andamento verticale compresa all’interno di una cornice: «Pianta, et misura della Pedica della Gallesina posta fori di porta San Pancrazio apresso li suoi descritti confini misurata il dì 22 maggio 1665 giorno intimato da me infrascritto Perito eletto nell’atti delli signori Masti <sic per maestri> de Strade per parte della Chiesa di San Rocco, et delli Signori Marco Vivaldo, et Signora Olimpia Massa patroni insieme con il signor Giu[seppe] de Bartolomei altro Perito eletto ex officio per parte del Tribunale sudetto, et la trovo esser di rubbia trenta sette et uno scorzo e mezzo conforme la mesura rom(an)a che però etc. questo di 13 giugnio 1665. Rubbia 37.1.1/2. Io Carlo Antonio Pavolini Agrimensore affermo come sopra mano propria. Io Giu(seppe) de Bartolomei affermo come sopra mano propria». 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 104 104 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri Il nome del perito del Tribunale delle strade, Giuseppe de Bartolomei, non è facilmente leggibile in quanto ricade in corrispondenza della piegatura longitudinale della pianta, ma si può desumere dalla sottoscrizione che conclude la legenda. Sul verso, in alto a sinistra: «Viarum. Pro», segue spazio lasciato in bianco, e poco più sotto: «Venerabilem Ecclesiam Sancti Rochi, et Illustrissimum dominum Marcum Vivaldum et Illustrissimam dominam Olimpiam Massam Coniuges. Die 21 iulii 1665. Marticarus notarius»121. In basso a sinistra, di traverso: «Adì 17 settembre 1697 per l’atti del Sercamilli not(ar)o Cap(itolino) affittato al Signor Marchese Venantio Giovi la Pedica della Galesina»122. La pedica confina con il “Fosso della Magnanella” e, da ovest verso est, con le seguenti tenute: “Fontignano casale delli Reverendi Capitolo et Canonici di Santa Maria in Trastevere”, “Pesce delli Reverendi Canonici di Sant’Angelo in Pescaria”123, “Pedica della Morte delli Canonici di San Giovanni in Laterano”124. Il confine è scandito da cippi, disegnati con 121 L’atto menzionato non risulta tra quelli del notaio Theodorus Marticarus in AS ROMA, Notai del Tribunale delle acque e strade, notaio Theodorus Marticarus, vol. 92 (1665), né alla data né nella rubrica, e nemmeno in AS ROMA, Tribunale delle acque e strade, notaio Theodorus Marticarus, vol. 112 (1665), né alla data né nella rubrica. 122 Questo atto è invece contenuto in AS ROMA, Trenta Notai Capitolini, uff. 6, notaio Marius Claricius, successore del Sercamilli, cc. 360rv e 373rv. Con esso, il 17 settembre 1697, Antonio figlio del defunto Taddeo Massa concedeva in affitto a Venanzio Giovi per sette anni la pedica, facendo riferimento anche al «recinto dove era la vigna, stazzo, fontanile e grotta con terreno, casa e forno esistente nel mezzo della tenuta della Gallesina». 123 Nel 1660, secondo quanto risulta dal Catasto alessandrino, i canonici di Sant’Angelo in Pescheria erano proprietari unicamente del casale Maglianella (433bis/33), quindi la denominazione Pesce deve essere attribuita a questo casale in relazione al titolo della chiesa proprietaria. Nulla a che vedere, pertanto, con il confinante casale Piscis o Acquafredda del capitolo di San Pietro. Si coglie l’occasione per segnalare che la pianta citata non comprende la porzione a sud della via Aurelia, che invece risulta senza alcun dubbio far parte di questa tenuta, come si evince sia dai confini indicati nella pianta della Massimilla (Catasto alessandrino, 433bis/31) e in quella di Massa Gallesina (Catasto alessandrino, 433bis/32), sia dalla mappa del Catasto gregoriano (AS ROMA, Presidenza generale del censo. Catasto gregoriano, Agro Romano, mappe 64 e 86, tra le quali è suddivisa questa tenuta). 124 Si tratta di una delle diverse pediche che si trovavano nella zona della Maglianella, tutte, originariamente, con la medesima denominazione di pedica della/alla Maglianella. In particolare, la pedica della Morte - già della Maglianella - di 34 rubbia e 2 quarte, deve il suo 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 105 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 105 visione prospettica, sui quali è riportata la sigla MA125, come specificato in una nota in basso a sinistra sulla pianta stessa. Mancano indicazioni di scala e orientamento. È singolare osservare come il disegno territoriale di questa pedica sia quello che nel Catasto alessandrino è, erroneamente e sorprendentemente, attribuito al Casale della Morte (428/17) che, invece, confinava ad est con la pedica della Gallesina. Nonostante ciò, i confini indicati nella legenda sono quelli effettivamente del Casale della Morte, fra i quali, per esempio, il casale di S. Ambrogio della Massima. Non si è in grado di stabilire l’origine di questo errore grossolano, ma ciò ha indotto in errore anche il Cingolani il quale indica con il n. 119 il Casale della Morte (che invece è la pedica della Gallesina) e con il n. 116 la pedica della Maglianella di S. Rocco e dei Signori Massi, ossia la nostra pedica della Gallesina (che, invece, è la porzione della tenuta della Maglianella di S. Angelo in Pescheria, a sud della via Aurelia; si veda nota 123)126. Il quarto foglio contenuto nell’unità di conservazione (93/758, n. 4) è privo di raffigurazioni ma riporta le medesima annotazioni del 1665 e 1697 presenti nel verso della pianta 93/758, n. 1, oltre a una serie di conti e tracce di piegatura a metà: esso sembra dunque potersi identificare come l’originaria camicia della pianta n. 758/1, anche se non è chiaro il motivo della sua collocazione archivistica come unità a parte. AS ROMA, CDM, I, 93/758, n. 2: «Misura e pianta della tenuta di Massa alias Gallesina» (29 marzo 1660; tav. 7). La pianta è realizzata a china e acquerello. In basso a sinistra è una legenda circondata da cornice lineare: nome al proprietario che subentrò alla famiglia Cenci nel 1578, ossia la cappella dei Santi Filippo e Giacomo o dei Morti in San Giovanni in Laterano (RUGGERI 2002, pp. 96-98 e note 280 e 281). Si veda sotto, la nota 133. 125 Lettere presumibilmente riferibili al cognome dei proprietari, la famiglia Massa, da cui deriva una delle due denominazioni del casale, che già nella seconda metà del ‘500 spettava ad essa (Casal di Gallese nella lista di Renzi e Bardi, in COSTE 1971, p. 92, n. 72) e la cui denominazione originaria - poi soppiantata da quella della famiglia - era Malagrotta, data la contiguità con l’omonimo casale confluito nella tenuta di Castel di Guido dell’ospedale di S. Spirito (Malagrotte delli sig.ri Massa nel 1603, in COSTE 1969, p. 76, n. 249). I Massa possedevano il casale perlomeno dal 1577, cfr. nota 141. 126 Difficoltà interpretative nel ricostruire l’assetto fondiario in questa zona sono state messe in luce da SCOTONI, pp. 201-203 e RUGGERI 2002, p. 98, nota 281, e i motivi adesso sono chiari. Ricordiamo, a maggior chiarimento, che questo terreno (pedica della Gallesina) è quello che nel Catasto gregoriano è indicato come pedica Massimi, compresa nella mappa 44 dell’Agro Romano. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 106 106 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri «Misura e Pianta della Tenuta di Massa, alias Gallesina misurata da me infrascritto la trovo essere in quantità di Rubbia novant’otto, e quarta una. La Pedichetta dall’altra parte della strada, rubbia 8.3. Che assieme sono Rubbia 107. Questo di 29 marzo 1660. Marc’Antonio Piuselli». I confini sono costituiti dai beni dell’ospedale di S. Spirito, al di là del fosso di Galera (ossia la tenuta di Castel di Guido), dal casale della Selce delle monache di S. Sisto, dai beni di S. Angelo in Pescheria (Maglianella), dalla tenuta di Massimilla dei signori Massimo127. Il disegno è curato e ricco di particolari, fra i quali spicca uno stemma, in cui si riconosce l’arma della famiglia Massa, originaria di Gallese ed estinta con Olimpia, che nel 1663 aveva sposato il nobile genovese Marco Vivaldi128. Proprio dalla città di origine dei proprietari deriva anche la denominazione Gallesina, attribuita sia alla tenuta sia alla pedica, quest’ultima indicata anche come pedica alla o della Maglianella, come si vedrà più avanti. La “Strada publica che da Roma va a Civitavecchia” (Aurelia) è colorata di rosa e il ponte vi è solo segnato, senza denominazione. Sul verso, solo alcuni conti. AS ROMA, CDM, I, 93/758, n. 3: «Massa seu Gallesina» (seconda metà del XVII secolo; fig. 3). Pianta realizzata unicamente a china, della tenuta Massa seu Gallesina, come indicato in un cartiglio in alto. La pianta non ha legenda, né scala e orientamento, né data, motivi che ne rendono impossibile cono- 127 Si osservi che, nonostante sia indicata la famiglia Massimo quale proprietaria della Massimilla, la pianta del Catasto alessandrino (433bis/31) dimostra che nel 1660 essa era invece posseduta dal conte Francesco Maria Melchiorri; solo a partire dagli ultimi decenni del secolo, a quanto sembra, la tenuta passò nelle mani dei marchesi Massimo ai quali rimase fino al Novecento. Risulta in particolare il 1683 la prima data in cui si fa menzione del marchese Fabio Massimo quale proprietario della Massimilla (WEBER 2003-2004, I, p. 139). La denominazione “Massimilla”, che compare per la prima volta in questi documenti del 1660, potrebbe però suggerire - sebbene per ora non documentata - un’appartenenza del casale alla famiglia Massimo, che nel XVI secolo aveva numerosi beni in questa zona, anche anteriormente al possesso da parte del conte Melchiorri: si tratterebbe di un altro dei numerosi esempi di nome di una tenuta derivato dal nome del proprietario. Come ipotesi tutta da verificare, riteniamo possa essersi trattato del casale di Malagrotta posseduto alla fine del ‘500 da Pietro Massimo (COSTE 1971, p. 92, n. 73), contiguo all’omonimo della famiglia Massa (futura Massa Gallesina; si veda la nota 125). 128 AMAYDEN 1914, I, pp. 63-64. Lo stemma ha in comune con quello raffigurato dall’Amayden la lettera gotica A nera, le tre rose rosse e la striscia ondulata che sta per un fiume oppure per un’anguilla. A Gallese, dove nella seconda metà del secolo XVI visse il personaggio più noto della famiglia, il giurista e letterato Antonio, sorge un palazzo della famiglia Massa con lo stemma scolpito sulla facciata. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 107 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 107 3. Massa seu Gallesina, seconda metà del XVII secolo; il nord è verso l’angolo sinistro in basso (AS ROMA, CDM, I, 93/758 n. 3) scere la superficie della tenuta. Questa è delimitata in gran parte, verso l’alto (sud), dalla “Strada Romana per la quale si va a Civitavecchia” (via Aurelia), che la separa da una “Pedica” spettante a questa stessa tenuta e dai confinanti casali di S. Angelo in Pescheria a sinistra, di S. Maria in Trastevere in alto129, del conte Francesco Maria Melchiorri (Massimilla) a destra della Pedica. I restanti confini sono, a destra il “Fosso di Galera” con il “Ponte”; in basso la “Monachina delle Reverende Monache di San Sisto e Domenico”130, a sinistra il “Casale del Capitolo di Sant’Angelo” (Maglianella). Nella porzione in basso della tenuta è dato volutamente 129 Si tratta del casale Fontignano (433bis/30), porzione del cui territorio si incuneava fra Massimilla (dei Melchiorri) e Maglianella (di Sant’Angelo in Pescheria). Questi dati non recano nulla di nuovo rispetto all’assetto del 1660, pur offrendo la pianta un maggior dettaglio rispetto alla pianta di Marc’Antonio Piuselli (la 758/2). 130 Casale Selce, la cui pianta per il Catasto alessandrino risale al 1607 (433bis/40). 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 108 108 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri risalto al disegno di una “Vigna”, delimitata entro un confine rettangolare e comprendente anche la raffigurazione di una struttura edilizia con torre emergente e di un fontanile. Per quanto concerne la datazione, la pianta potrebbe ascriversi alla seconda metà del ‘600, considerate le strette analogie con la pianta 93/758, n. 2, datata 1660, e per quanto si dirà nel § 5.1.4. A parte la pianta 93/758, n. 1, che raffigura un altro terreno, ossia la pedica della Gallesina, queste ultime due piante (93/758, nn. 2-3), pur riproducendo il medesimo appezzamento, non hanno alcun legame, né relazioni di discendenza fra loro, considerate le marcate differenze di stile e di contenuti. La pianta 758, n. 2 è più curata e ricca di particolari fra i quali spiccano la coloritura, la legenda e lo stemma. Due elementi chiaramente discordanti che risultano dal confronto fra esse sono la posizione della pedica al di là della via Aurelia, che nella 758, n. 2 risulta erroneamente al centro della tenuta mentre in realtà essa si trova decisamente spostata verso est (sinistra, nella fig. 3)131, e il nome di uno dei confinanti che nella 758, n. 2 fa riferimento alla famiglia Massimo mentre nella 758, n. 3 è il conte Melchiorri132. Nella pianta 758, n. 2, inoltre, mancano sia il disegno del circuito rettangolare contenente vigna, edificio del casale e fontanile, sia quello della superficie a prato presso il fosso di Galera (anche questo omesso), invece ben evidenziati nella pianta 758, n. 3. 5.1.2. Pedica Maglianella. Si tratta di due piante conservate in ASR, Collezione I di disegni e mappe, I, 93/773, nn. 1-2: «Pedica alla Maglianella» (29 marzo 1660). La prima di esse (93/773, n. 1; fig. 4) è una: «Misura e Pianta d’una Pedica alla Maglianella delli Massa li medesimi padroni della Gallesina, misurata da me infrascritto la trovo essere la quantità di Rubbia quaranta, Quarte due e Scorzi tre. Questo dì 29 marzo 1660. Marc’Antonio Piuselli». Si osservi la dicitura espressa nella legenda delle due piante in questione: l’agrimensore sembra esprimere piena consapevolezza che nel- 131 Si tratta probabilmente di un errore che contraddistingue questa raffigurazione, in quanto tutte le altre piante, che si citeranno più avanti, localizzano correttamente la pedica in posizione più laterale verso la sinistra del disegno. 132 Per questa discordanza, v. sopra, nota 127. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 109 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 109 4. Misura e Pianta d’una Pedica alla Maglianella delli Massa li medesimi Padroni della Gallesina, 29 marzo 1660; il nord è verso l’angolo sinistro in basso (AS ROMA, CDM, I, 93/773 n. 1) l’area vi fosse più di una pedica priva di una propria specifica denominazione, se non il fatto di trovarsi in una certa zona geografica. Infatti la pedica in questione è localizzata in modo generico alla Maglianella133. La seconda delle due piante (93/773, n. 2; fig. 5) è una: 133 La restituzione cartografica delle piante del Catasto alessandrino di Lando Scotoni (SCOTONI, tav. XIII), seppure con qualche inesattezza legata ai motivi esposti a nota 126, evidenzia bene almeno quattro pediche in questa località, distinguendole con i numeri 11, pedica della Maglianella di Sant’Ambrogio della Massima (433bis/34); 12, casale o pedica della Morte dei beneficiati del Laterano, già pedica Maglianella dei Cenci, cfr. nota 124 (428/17); 13, pedica dei Quaranta del conte Melchiorri (433bis/39) e 16, pedica della Maglianella di Taddeo Massa (433bis/37) corrispondente a quella raffigurata anche nelle piante in questione. Per un’analisi del termine pedica nei secoli XVI e XVII, v. RUGGERI 2002, pp. 10-11. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 110 110 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri 5. Misura e Pianta d’una Pedica alla Maglianella delli Massa li medesimi Padroni della Gallesina, 29 marzo 1660; il nord è verso l’angolo sinistro in basso (AS ROMA, CDM, I, 93/773 n. 2) «Misura e Pianta d’una Pedica alla Maglianella delli Massa li medesimi padroni della Gallesina, misurata da me infrascritto la trovo essere la quantità di Rubbia quaranta, Quarte due e Scorzi tre. Questo di 29 marzo 1660. Marc’Antonio Pinselli <sic>». La pianta ritrae l’identica porzione di terreno di quella precedente, ma il disegno è unicamente a penna, realizzato con uno stile più schematico. Sono assenti i dettagli paesaggistici, pur non necessariamente realistici, presenti nella pianta 773, n. 1. Il foglio reca una numerazione di carte sull’angolo in basso a sinistra (sul recto 183, sul verso 182). Questo dato consente di escludere che esso sia stato estratto da un protocollo notarile, perché in questo caso, come era consuetudine, avrebbe recato la numerazione solo sul recto. La stessa mano, a conferma che si tratti di una copia della pianta 773, n. 1, ha aggiunto la seguente nota sotto la legenda: 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 111 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 111 «Secondo la calcolazione fatta con li numeri originali viene la quantità di R. 41.3.1.3 cioè più R. 1.0.2.3 di quella sopra espressa». Entrambe le piante sono orientate con il nord in basso, verso l’angolo sinistro, e la legenda è ubicata in basso a sinistra: nella prima pianta essa è racchiusa all’interno di un riquadro, mentre nella seconda il testo è privo di cornici. La pedica è delimitata dal “Fosso della Maglianella” a sinistra, da “Santa Maria in Trastevere” (Fontignano) in alto e a destra, in basso confina con la “Pedica della Morte di San Giovanni in Laterano”, con “Sant’Angelo in Pescaria” (Maglianella) e con la “Massimilla dei signori Massimi”134. Sul corpo del terreno sono leggibili solo le misure e, unicamente nella pianta 773, n. 1, spicca una caratterizzazione grafica per i cespugli con una leggera coloritura verde. La seconda pianta, con tutta probabilità, discende dalla prima. Il calcolo della superficie che vi è riportato sembra essere stato rifatto dall’estensore: egli, infatti, dopo aver copiato i numeri originali della misurazione, dovette ricalcolare in modo autonomo la superficie ottenendo come risultato una cifra superiore a quella indicata nella pianta 773, n. 1, come egli stesso sentì il bisogno di segnalare nella nota sotto la legenda. Il rapporto di derivazione fra le due piante è confermato anche dall’erronea scrittura del nome dell’agrimensore Piuselli, trascritto come Pinselli nella seconda pianta e dall’aspetto complessivamente più sintetico di quest’ultima. A conclusione del commento delle piante conservate nella Collezione I di disegni e mappe, occorre sottolineare che nell’intento di chi le aveva commissionate, le piante della Pedica alla Maglianella del 1660 (93/773, nn. 1 e 2) raffigurano - nonostante l’evidente differenza di forma - lo stesso appezzamento di terra che nella pianta del 1665 è chiamato Pedica della Gallesina (93/758, n. 1). Le superfici indicate sono diverse, pur essendo quelle delle prime due collegate fra loro. Esse riportano rispettivamente la superficie di rubbia 40, quarte 2, scorzi 3; rubbia 41, quarte 3, scorzi 1, quartucci 3; rubbia 37, quarta 1, scorzi ½. La forma della pedica raffigurata nella pianta del 1665 si discosta sensibilmente da quella delle precedenti, anche se la sequenza dei confinanti è la stessa e ciò porta a concludere che, nonostante la diversa denominazione (Galle- 134 Ferma restando l’incertezza espressa alla nota 127 circa il possesso da parte dei Massimo del casale della Massimilla, questo comunque confinava unicamente con la punta del vertice del perimetro della pedica alla Maglianella; infatti il nome di questo proprietario confinante manca nella pianta 93/758, n. 1. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 112 112 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri sina) e la forma differente, si tratti in realtà del medesimo terreno. Queste incoerenze, in seguito, possono aver dato origine a conflitti giuridici territoriali dai quali scaturì la necessità di realizzare perizie, misure e piante. Alla luce dei confronti con la cartografia di età successiva135, risulta che la raffigurazione corretta della pedica è quella della pianta 93/758, n. 1, realizzata nel 1665. 5.1.3 Le piante del Catasto alessandrino. La pianta del Catasto alessandrino del casale di Massa e Gallesina (433bis/32) riproduce un terreno sostanzialmente simile a quello raffigurato nella pianta 93/758, n. 2 della Collezione I di disegni e mappe. In basso a sinistra, al di sotto di uno stemma della famiglia Massa, meno sontuoso e privo delle volute e del cartiglio che decorano l’identico stemma nell’altra pianta, è la legenda inquadrata da una semplice cornice a doppio riquadro: «Misura e pianta della tenuta Massa alias Gallesina misurata da me infrascritto la trovo esser la quantità di Rubbia 98 Quarta 1. La pedichetta dall’altra parte della strada Rubbia 8 Quarte 3 che assieme sono Rubbia 107. Questo dì 29 marzo 1660. M(arco) Ant(oni)o Piuselli m(an)o p(ro)p(ri)a». Il disegno della tenuta, come nelle altre piante, è capovolto e quindi presenta il nord in basso. I confini sono: in alto, oltre la “Strada che va a Civitavecchia” (via Aurelia) e ai due lati della “Pedichetta”, il casale Massimilla, anche in questo caso - in stridente contrasto con la contemporanea pianta di questo casale (433bis/31)136 - attribuito ai “signori Massimi” e il casale di S. Angelo in Pescheria (Maglianella); a destra, oltre il corso d’acqua, la proprietà dell’ospedale di S. Spirito (Castel di Guido); in basso il casale della Selce del monastero di S. Sisto; a sinistra nuovamente il già citato casale di S. Angelo in Pescheria. Nonostante in qualche particolare (quale per esempio lo stemma) questa pianta possa sembrare più approssimativa, anche nella scrittura, che appare più corsiva, è ragionevole pensare invece che possa trattarsi proprio della pianta originale del casale, come indicherebbe la firma Come, per esempio, la mappa del Catasto gregoriano del 1819 cit. a nota 126. Si veda sopra, nota 127: il casale Massimilla in quest’epoca era ancora dei Melchiorri e solo alcuni anni dopo (1683) risulta essere dei Massimo. Tuttavia, ad eccezione della pianta 93/758, n. 3, che riporta il nome del proprietario degli anni ’60 ossia il conte Francesco Maria Melchiorri, le restanti piante - quelle cioè contenute nell’archivio di S. Rocco, di cui si tratterà più avanti - indicano i Massimo, il che farebbe pensare che esse siano copie successive. 135 136 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 113 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 113 autografa dell’agrimensore. Da essa potrebbe derivare dunque l’esemplare presente nella Collezione I di disegni e mappe 93/758, n. 2, che presenta una scrittura più posata e uno stemma più elaborato. La pianta della pedica della Maglianella di proprietà di Taddeo Massa, datata 29 marzo 1660 (433bis/37), con una superficie di 40 rubbia e 3 scorzi, sottoscritta dall’agrimensore Marc’Antonio Piuselli ma senza l’annotazione «mano propria», raffigura - pur con qualche lieve differenza stilistica - la pedica con la medesima forma e proporzione e con gli identici confini riportati nelle due piante (originali o copie che siano) realizzate lo stesso giorno dallo stesso agrimensore, conservate nella Collezione I di disegni e mappe (93/773, nn. 1 e 2). Essa presenta caratteristiche grafiche e stilistiche simili a quelle della pianta del casale Massa e Gallesina realizzata dal medesimo agrimensore per il Catasto alessandrino, pur presentandosi complessivamente più sintetica e con scrittura assai corsiva nella legenda: per tutti questi motivi, essa potrebbe rappresentare una versione realizzata velocemente per la consegna all’Ufficio della Presidenza delle strade. Quindi, pur con motivazioni diverse, la pianta del Catasto alessandrino e la 93/773, n. 2 deriverebbero entrambe da un medesimo originale che potrebbe identificarsi con la 93/773, n. 1. In conclusione, se veramente le piante 93/758, n. 2 e 93/773, n. 1 sono quelle originali delle due proprietà spettanti alla famiglia Massa (la tenuta della Gallesina e la pedica alla Maglianella), e se in quanto tali furono conservate nell’archivio di famiglia, non sono tuttavia note le loro successive vicende archivistiche, né da quale fondo esse siano state estratte al momento dell’inserimento nella Collezione I di disegni e mappe. Ciò che comunque rimane appurato è che la pianta 93/758, n. 1 è l’unica di quelle relative alla pedica Gallesina/Maglianella/Massimo di cui si è parlato, che riporta la corretta raffigurazione di questo terreno: anche quelle conservate nell’archivio di S. Rocco infatti - delle quali si parlerà fra breve - raffigurano lo stesso appezzamento delle piante 93/773, nn. 1 e 2 e della pianta del Catasto alessandrino. Forse essa venne realizzata, solo cinque anni dopo quest’ultima (1665), proprio perché ci si era resi conto dell’errore commesso dall’agrimensore Piuselli nel 1660. 5.1.4. Le piante dell’archivio dell’ospedale di S. Rocco. Nell’archivio dell’ospedale si conserva una serie di sette Piante della tenuta Massa Gallesina fuori porta Cavalleggeri realizzate su carta, con identici caratteri stilistici costituiti da cornice rettilinea marrone, legenda in 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 114 114 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri basso a sinistra, coloritura, scrittura posata137. Risulta evidente che esse dovevano far parte di un unico corpus sin dall’origine, anche perché tutte sono numerate in alto a destra con numero consecutivo 632, 633, 634, 635, (il 636 manca), 637, 638, 639. Come indicato da una nota del 3 gennaio 1745 firmata da Franciscus Nicolaus Orsinus Illustrissimi Tribunalis Viarum Notarius, presente in tutte le piante, posta in basso al di fuori della legenda, si tratta di copie delle piante redatte il 29 marzo 1660 di Marcantonio Piuselli per la consegna alla Presidenza delle strade, tre della tenuta di Massa alias Gallesina e quattro della Pedica alla Maglianella138. Le tre piante della tenuta di Massa Gallesina (nn. 632, 633, 634) sono identiche fra loro e molto simili - anche se redatte con stile leggermente più posato - sia a quella del Catasto alessandrino, sia a quella conservata nella Collezione I di disegni e mappe (93/758, n. 2). È possibile, anzi, che quest’ultima pianta, sebbene si differenzi dalle tre citate per la mancanza dell’annotazione mano propria accanto alla firma dell’agrimensore e per l’aspetto più decorato dello stemma, facesse originariamente parte di questo gruppo di piante, e quindi conservata nell’archivio di S. Rocco, da cui potrebbe essere stata estrapolata. Per quanto riguarda invece le quattro piante della pedica alla Maglianella (nn. 635, 637, 638 e 639), anch’esse sono identiche fra loro e del tutto analoghe sia a quella del Catasto alessandrino, sia a quelle conservate nella Collezione I di disegni e mappe (93/773, nn. 1 e 2), sebbene queste - tralasciando le piccole differenze tra l’una e l’altra (in particolare, la correzione a penna della misura della seconda delle due, che ne tradisce la derivazione dalla prima) - manchino entrambe del segno di mano propria dopo la firma di Marc’Antonio Piuselli. Anche per queste piante, dunque, si potrebbe ipotizzare la provenienza dallo stesso mazzo di copie, dal quale però dovettero essere estrapolate - per motivi ignoti - prima dell’attestazione settecentesca realizzata dal notaio del Tribunale delle strade Francesco Orsini, analogamente a quanto osservato a proposito della pianta 93/758, n. 2139. 137 AS ROMA, Ospedale di S. Rocco, b. 801, «Piante della tenuta Massa Gallesina fuori porta Cavalleggeri». La busta comprende fascicoli con inventari vari, elenchi di spese e cause, uno statuto del 1758. 138 «Presens copia plante tenute extracta fuit ex suo proprio originali in actis meis producta sub die 31 martii 1660 ad instantiam Illustrissimi Taddei Masse, cum quo facta per me etc. collatione concordare inveni salvo semper etc. In fidem <sic> etc. Datum Rome hac die 3 Ianuarii 1745. Ita est Franciscus Nicolaus Orsinus Illustrissimi Tribunalis Viarum Notarium». 139 Entrambe sono infatti prive dell’attestazione del notaio Francesco Orsini del 1745, presente invece in tutte le altre. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 115 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 115 Nell’archivio dell’ospedale di S. Rocco si conservano gli atti di una causa protrattasi fino al 1757 ma che, caso non infrequente, risaliva almeno ad un secolo prima140. La causa era insorta fra l’ospedale - divenuto proprietario della metà della tenuta di Massa e Gallesina in seguito a un lascito testamentario da parte di Pomponio Fosco nel 1650141 - e la famiglia Vivaldi, entrata in possesso dell’altra metà della tenuta fin dalla metà del secolo XVII in seguito al matrimonio fra Marco Vivaldi e Olimpia Massa (personaggi citati nella legenda della pianta ora in Collezione I di disegni e mappe, 93/758, n. 1); la questione aveva come oggetto, più in particolare, la proprietà di una piccola porzione di terra compresa all’interno della tenuta. Negli atti della causa sono ripetutamente richiamati numerosi documenti di affitto nei quali si descriveva questo terreno come «recinto dove era la vigna, stazzo, fontanile e grotta con terreno e casa e forno di capacità di rubbia quattro in circa nel mezzo della tenuta»142. Fra le memorie richiamate, vi sono gli atti di una precedente causa, vertente fra i Massa e l’ospedale di S. Rocco da una parte, e il conduttore Alessandro Cartoli dall’altra, in merito ad una modesta superficie di vigna ubicata intorno all’edificio del casale, corrispondente al terreno sopra descritto. In questa occasione veniva avanzata la richiesta di una perizia e di una misura, mediante il ricorso a un perito agrimensore. Venne così convocato dal camerlengo dell’ospedale il perito Carlo Antonio Paolini, che firmò la perizia il 6 aprile 1661143. A questa perizia potrebbe ragione- 140 AS ROMA, Ospedale di S. Rocco, b. 45, tomo 58, p. I: «Romana pecuniaria ac casalis et terreni contro li signori Vivaldi». 141 La storia del passaggio di proprietà della tenuta dalla famiglia Massa (che la possedeva almeno dal 1577) all’ospedale di S. Rocco viene ripercorsa in un memoriale settecentesco di Andrea De Rossi Adami (AS ROMA, Ospedale di S. Rocco, b. 45). Giovanni Battista Massa aveva dato la figlia Clementia in moglie ad Angelo Fosco con una dote di 5000 scudi (23 ottobre 1599). Non potendo pagare la dote, dette in pegno una casetta che aveva in piazza Navona e metà della tenuta Massa o Gallesina. Nel 1602 Angelo Fosco si fece consegnare ufficialmente la porzione del casale e della vigna che vi era compresa. Dai due nacque un figlio, Pomponio che, morendo nel 1650, istituì erede universale la cappella della Beatissima Vergine Maria nella chiesa di S. Rocco. Fu necessario un giudizio nel 1669 perché l’ospedale potesse entrare in possesso della metà che gli spettava, compresa la metà della vigna (in quanto i fratelli Massa possedevano pro diviso il bene, in seguito a un atto di divisione risalente al 1577). Nel memoriale non si fa cenno, a quanto sembra, all’altra metà del casale, posseduto dalla famiglia Vivaldi. 142 AS ROMA, Ospedale di S. Rocco, b. 45, atto del 24 ottobre 1709 redatto dal notaio Hieronymus Sercamilli, con il quale il defunto Antonius Massa junior quondam Taddei concedeva in affitto l’appezzamento a Emiliano Pascuccio. Questa concessione ricalca le precedenti, la prima delle quali risaliva al 1697 e figura citata sul verso della pianta 93/758, n. 1, v. supra, nota 122. 143 AS ROMA, Ospedale di S. Rocco, b. 45: «Io infrascritto agrimensore e perito eletto dal signor Alesandro Cartoli nell’atti del Niccoli notaro della R. C. ad effetto di misurare la tenuta 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 116 116 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri volmente ricollegarsi la pianta presente nella Collezione I di disegni e mappe, 93/758, n. 3: essa infatti, a differenza delle altre piante, evidenzia il perimetro della vigna e gli edifici compresi nell’appezzamento ed inoltre, grazie all’indicazione di uno dei proprietari confinanti, il conte Francesco Maria Melchiorri, è attribuibile proprio agli anni intorno al 1660. Anche una serie di confronti con la scrittura posata di Paolini su alcune piante del Catasto alessandrino da lui redatte, contribuisce a sostenere questa ipotesi144. La pianta potrebbe dunque essere stata scorporata dall’atto conservato in originale presso l’archivio dell’ospedale di S. Rocco e inserita, insieme alle altre aventi come oggetto la stessa proprietà, nella Collezione I di disegni e mappe. Lo stesso Paolini realizzò, nel 1665, la pianta del terreno che nella perizia del 6 aprile 1661 è denominato Pedica grande, che corrisponde in realtà alla “Pedica della Gallesina” (ossia al terreno raffigurato nella pianta 93/758, n. 1), che, a sua volta, doveva essere allegata a un atto notarile del notaio Marticarus come annotato sul retro145, e che dovette venirne estrapolata per inserirla nella Collezione di disegni e mappe. Già alla metà del Settecento, l’atto non doveva essere più reperibile, in quanto esso non figura mai citato negli atti della causa dove, pure, si fa riferimento a moltissimi documenti di affitto e a perizie. Quanto alle motivazioni che potrebbero essere state alla base della redazione di questa pianta, queste sono da ricercare - come già rilevato - nel fatto che tutte le altre piante della pedica, compresa quella del Catasto alessandrino, erano sostanzialmente erronee per quanto attiene la forma dell’appezzamento. I medesimi atti della causa settecentesca di cui sopra menzionano esplicitamente un’ulteriore misura realizzata nel 1720 da Francesco Sperandio «accuratissimo Urbis Agrimensore una cum planta ab ipso delineata et e pediche della Gallesina spettante all’Illustrissimo signor Taddeo Massa e chiesa di San Rocco, come anche per stimare la Valle che si è riserbata messer Carlo Cipriano per falciarla, come prato nuovo (…)». Segue l’elenco dei quarti con le superfici. La superficie totale ammonta a rubbia 97 e ¾. «Là dove sta il casale, fontanile, grotta e recinto di fratta sono rubbia due e mezzo, le quali non si comprendono nelle sudette 97 rubbia e ¾. La pedichetta confinante con la Strada romana e la Massimilla: r. 9, sc. 3. La pedica grande confinante con il Casale di Santa Maria in Trastevere e la pedica della Cappella dei Morti in San Giovanni in Laterano: r. 35. In tutto rubbia 141 e ¾»; la perizia è sottoscritta da Carlo Antonio Paolini. Non è stato possibile rintracciare l’originale di questo atto del notaio Dominicus De Nicolis in AS ROMA, Segretari e cancellieri della R.C.A., uff. 2, vol. 1364, né in AS ROMA, Tribunale della Camera Apostolica, uff. 2, YY, b. 229, Broliardo, né infine in AS ROMA, Tribunale della Camera Apostolica, uff. 2, b. 2065, Sentenze. 144 Per esempio: piante delle tenute Sant’Anastasia (430/21), Tor Fiscale (431/14), Santa Colomba (431/15), Prato in Ponte Lamentano (431/35), Casale Rotondo (433A/63). 145 Si tratta dell’atto cit. a nota 121. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 117 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 117 subscripta», misura e pianta che non figurano allegate agli atti in questione e che quindi vanno cercate altrove. Inoltre, a proposito della Pedicha grande, negli atti della causa veniva sottolineato che questa non era stata compresa nella misura di Sperandio ma che di questo appezzamento «habemus pariter mensurationem factam usque de anno 1660 a quondam Marco Antonio Piuselli publico agrimensore cum planta delineata et ista etiam ascendit ad rubra 40, ut originaliter ostendimus illustrissimo domino et correspondet planctae istius pedice existenti in Officio Tribunalis Viarum cum sola differentia quartarum trium ultra rubra 40». Dunque, fra le carte amministrative dell’ospedale - ente che fu beneficiato dal lascito ereditario della metà della tenuta e della pedica nel 1650 ma che ne entrò in possesso solo nel 1669 - almeno a partire dal 1660 esisteva una pianta della pedica redatta da Marco Antonio Piuselli, dalla quale venne ricavata quella consegnata per il Catasto alessandrino che se ne distingueva per la sola differenza di superficie di tre quarte. Poiché la pianta dell’Alessandrino esprime una superficie di rubbia 40 e scorzi 3, si può concludere che proprio la pianta 93/773. n. 1 fosse quella alla quale ci si riferiva nell’incartamento giudiziario: quest’ultima riporta infatti la superficie di «Rubbia quaranta, Quarte due e Scorzi tre» ed è quella più vicina alla misura dell’Alessandrino. 5.2. Malpasso. AS ROMA, CDM, I, 93/774: «Tenuta detta Malpasso delle Reverendissime Monache di San Silvestro in Capite» (1674; tav. 8). La pianta è disegnata a penna e acquerello su pergamena, con cornice marmorizzata verde solo sui lati lunghi e titolo in alto al centro. Sulla sinistra è una breve legenda, con cornice riccamente decorata recante figura di pontefice, forse identificabile con san Silvestro papa, e inoltre drago, statue di profilo, decorazioni vegetali, frutta: «Dichiaratione della misura del sudetto casale. A. Quarto grande, rubbia 33; B. Quarticciolo del fontanile, r. 20; C. Prati, r. 11.0.2. Che in tutto sono r. 64.0.2. Anno 1674. Bernardino Calamo Agrimensore mano propria». In alto a destra è una rosa dei venti, con il nord orientato verso l’angolo destro in alto. In basso a sinistra è la scala grafica, di catene dieci, decorata con il disegno di un compasso. La tenuta è delimitata da due corsi d’acqua anonimi, sui lati nord e ovest, che fanno da confine con il “Casale abbrugiato de’ canonici di San Giovanni” (Settebagni); l’altro confine è 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 118 118 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri costituito dal casale “Violatella de’ canonici di Santa Maria in Via Lata”. Il corpo della tenuta presenta le due caratterizzazioni grafiche dei monti coltivati (quarti A e B) e dei prati in verde (quarto C). In posizione adiacente al corso d’acqua all’interno del prato, è il disegno di un piccolo fontanile quadrangolare, alimentato dallo stesso fosso. All’interno del quarto A, non lontano dal limite con l’area di prato, è la raffigurazione dell’edificio del casale. Il disegno mostra una tozza torre, rovinata nella parte alta, con corpi addossati più bassi, uno dei quali, che reca la medesima coloritura rosa, ha forma di arco, e l’altro a un piano con tetto a spioventi, è riferibile a una stalla. In posizione antistante, a breve distanza, sono due grotte. La pergamena era piegata per lungo e poi in quattro. Sul verso si trova una collocazione archivistica a penna: «N. 62, Mazzo E, Armario C, p[art]e p[rim]a» con tutta probabilità riferibile all’archivio del monastero proprietario della tenuta, quello delle clarisse di S. Silvestro in Capite. La pianta del Catasto alessandrino della Tenuta detta Malpasso (431/9), datata 12 aprile 1660 e firmata dall’agrimensore Giusto Quaranta, è una copia, come indica una scritta a penna posta nell’angolo in alto a sinistra. Il possedimento è raffigurato alla stessa scala di dieci catene romane e in modo analogo alla pianta del 1674 oggetto di questo studio, ma con un tratto meno accurato, che conferisce al prodotto un carattere più ‘sbrigativo’, come si è avuto modo di constatare per altre piante redatte per il Catasto alessandrino. Il corpo della tenuta ha la stessa forma e la superficie è identica. In alto, in posizione decentrata, per far spazio al disegno, è il titolo «Tenuta detta Malpasso delle Reverendissime Monache di San Silvestro in Capite». Un cartiglio in basso al centro reca la seguente scritta: «Dichiaratione della tenuta di Malpasso. A. Quarto grande Rubbia 33; B. Quarticciolo del fontanile Rubbia 20; C. Prati Rubbia 11, quarte 2. Che in tutto sono Rubbia 64, quarte 2. Giusto Quaranta m(ano) p(propria)». Sul verso si trova una dichiarazione di Carlo Argoli, deputato del monastero, che attesta la consegna della copia alla Presidenza delle strade. La tenuta è divisa nei tre corpi A, B e C, quest’ultimo consistente in una compatta superficie prativa, ed è delimitata dal corso d’acqua, il cui affluente alimenta un fontanile quadrato del tutto simile a quello raffigurato nella pianta del 1674; identica è la posizione dei cippi di confine. È invece leggermente diversa la caratterizzazione grafica che campisce i due quarti, anche se in entrambi i casi la tecnica è in stile seicentesco ‘natura- 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 119 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 119 listico’. Analoghe anche le scale grafiche, decorate con compassi, seppure poste in posizioni diverse nelle due piante, mentre nelle pianta del Catasto manca la rosa dei venti, presente invece nell’altra. La pianta di Bernardino Calamo del 1674 differisce da quella di Giusto Quaranta soprattutto per la sontuosa decorazione della legenda e per la presenza dell’edificio del casale, assente invece nella pianta del 1660. Bernardino Calamo, che fu attivo fra il 1604 e il 1636 e suo figlio Francesco, che fu tra i principali agrimensori del Catasto alessandrino, lavorarono soprattutto per conto dell’ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta Sanctorum. Fra il 1602 e il 1610 è documentata la sua attività per la basilica di S. Maria Maggiore per conto della quale effettuò alcune misure delle tenute146. Per il Catasto alessandrino eseguì una serie di piante in gran parte copiate dagli originali conservati fra le carte patrimoniali dell’ospedale del Santissimo Salvatore. Secondo l’accurata analisi delle piante dell’Alessandrino firmate dai due Calamo condotta da Jean Coste, sembra che queste siano tutte opera di Francesco. Alcune di esse costituiscono tuttavia una copia di precedenti carte realizzate dal padre (431/5, 431/11, 431/29, 431/34, 432/23, 432/27, 432/37), mentre altre sono originali dello stesso Francesco (431/27, 433A/11, 433bis/2, 433bis/7, 433bis/14, 433bis/24)147. Attivo come cartografo fra il 1654 e il 1672, Giusto Quaranta realizzò le prime piante per il Catasto alessandrino copiando lavori di Bernardino Calamo e di altri agrimensori. Oltre che per la famiglia Borghese, è noto per aver autenticato le carte dei possedimenti del monastero romano di S. Silvestro in Capite, compresa quella di Malpasso. Queste furono realizzate presso la bottega di Eliseo Vannucci (431/33, 431/51, 431/53) e in quella di Paolo Picchetti (431/9 e 433/8)148. I Calamo dunque, almeno tre, se si tiene conto della collaborazione di Domenico Calamo per la redazione delle piante dell’Alessandrino, lavoravano insieme e per gli stessi committenti. I pur scarni dati biografici e le osservazioni stilistiche effettuate sulle piante dell’Alessandrino portano a escludere che la pianta di Malpasso del 1674 (nonostante la presenza del mano propria) sia opera di Bernardino attivo, come si è detto, sino al 1636. Essa dovette invece essere realizzata dal figlio Francesco, forse copiando un precedente originale del padre conservato fra le carte dell’amministrazione patrimoniale del monastero di S. Silvestro in Capite, oggi non più rintracciabile. Lo stesso Francesco, infatti, proprio nel mag- SRSP, Archivio Coste, dossier 35, fascicolo 2, c. 13. Per l’attività di Bernardino e Francesco Calamo: PASSIGLI 2012, pp. 367, 376. 148 SRSP, Archivio Coste, dossier 35, fascicolo 7, c. 1. Si veda anche nota 108. 146 147 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 120 120 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri gio 1674, ricevette una somma da parte dell’esattore delle monache di S. Silvestro «per pagamento di cinque piante de nostri casali fatte in carta pecora»149. Dallo stesso originale di Bernardino, realizzato ben prima del 1674 e presumibilmente nel primo terzo del secolo, era già stata ricavata la copia più sintetica e informale che Giusto Quaranta preparò nel 1660 per la consegna all’ufficio della Presidenza delle strade da parte delle monache di S. Silvestro, esattamente come il medesimo agrimensore aveva fatto sia per altre piante dei possessi spettanti a S. Silvestro, sia per la pianta di Castell’Arcione (429/6). Quest’ultima venne firmata il 28 febbraio 1660 da Giusto Quaranta, ma si trattava di una copia tratta da un originale non conservato e realizzato proprio da Bernardino, in questo caso per un altro proprietario, Agostino Maffei, intorno al 1630150. L’archivio delle Clarisse in S. Silvestro in Capite. La segnatura d’archivio riportata sul verso della pianta, congiunta al nome dell’ente proprietario, ha permesso di risalire con sicurezza alla sua sede originaria. Pur se l’attuale ordinamento archivistico è mutato, la ricerca svolta fra le rubriche antiche delle scritture ha rivelato che l’archivio monastico conservava almeno due piante della tenuta di Malpasso, una delle quali, la Pianta del Casale di Malpasso antico, recava esattamente il riferimento al documento oggetto di studio, contrassegnato dal «n. 62, Mazzo E, Armario C»151. Nella seconda metà del XVIII secolo venne cambiato l’ordinamento, e le due piante di Malpasso vennero inventariate con un diverso riferimento archivistico, come risulta dal Rubricellone del 1797152. Successi- AS ROMA, Clarisse in S. Silvestro in Capite, b. 5091/5 (contabilità, mandati 1674-1683), n. 48/264: «Adi 18 maggio 1674. A don Belardino Vitazzi nostro esattore scudi vinti tre denari 70 moneta quali sono che scudi 15 pagò al signor Francesco Calamo per pagamento di cinque piante de nostri casali fatte in carta pecora (…)»: i casali del monastero erano, effettivamente, cinque, oltre a Malpasso anche Cornazzanello, Ponte Lamentana, S. Agnese e Tufelli. 150 COSTE 1983, pp. 277-278. 151 AS ROMA, Clarisse in S. Silvestro in Capite, b. 5225/1-7, vol. 3, «Rubricella di tutte le scritture che si contengano nel Armario contrassegnato lettera C appartenenti al Venerabile Monastero e Monache di S. Silvestro in Capite». Il Mazzo E dell’Armario C conteneva «Disegni, misure e peritie, piante, relazioni e stime diverse appartenenti a vari corpi de stabili, et altro del Venerabile Monastero e Monache di San Silvestro in Capite dall’anno 1511 a tutto l’anno 1725». Alla c. 19v, il n. 52 è una «Copia della pianta delli Fossi del Casale di Malpasso del Monastero di S. Silvestro» e alla c. 20v, al n. 62, con scrittura diversa appartenente alle aggiunte successive, è registrata la «Pianta del Casale di Malpasso antico». 152 AS ROMA, Clarisse in S. Silvestro in Capite, b. 5630, Rubricellone delle rubriche contenute nell’archivio, 1797. Il Rubricellone contiene nota delle carte relative al casale Malpasso a partire da un atto del 1513. Subito dopo questo atto sono elencate una «Pianta della tenuta Arm. II, Tom. 65, p. 283» e una pianta dei fossi della tenuta, con la medesima segnatura, alla p. 225. 149 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 121 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 121 vamente tutta la documentazione patrimoniale dell’archivio subì una nuova sistemazione, probabilmente in occasione del trasferimento presso l’Archivio di Stato di Roma153. Questa venne realizzata unificando il materiale in ordine topografico per località. In questo modo, nell’attuale ordinamento archivistico, nella b. 5040/8 (atti diversi degli anni 1310-1861) vennero radunate le carte relative alla tenuta di Malpasso provenienti da diversi Armari e Mazzi, come è ancora ben distinguibile dalle segnature poste sulle camicie contenenti i singoli documenti. Forse, proprio in occasione di questo ultimo ordinamento, vennero estrapolate le due piante di Malpasso. La pianta dei fossi, al momento, è da considerarsi deperdita; al contrario, quella del casale di “Malpasso antico” dovette confluire nella Collezione I di disegni e mappe, come si può concludere con certezza grazie al fatto che non ne venne erasa l’antica segnatura posta sul verso. 6. Altre piante seicentesche Di alcune delle piante selezionate non è stato possibile risalire alla provenienza e nemmeno proporre ipotesi. Si tratta di quelle di Castagnola, Calandrella con Torre Rotta e Macheri, Cortecchia con Maccarese, prati in Marco Simone, Palmarola, Santa Anastasia, Tre Fontane (in realtà: Grotta Perfetta). Per alcune di queste è possibile delineare una serie di considerazioni; per altre ci limiteremo a fornire solo alcune indicazioni essenziali. 6.1. AS ROMA, CDM, I, 92/739, 002: «Tenuta della Castagnola» (12 maggio 1665)154. La pianta è disegnata su una pergamena disposta in tre pezzi incollati della misura di 120x 70 cm circa, con evidenti tracce di piegatura ed è stata oggetto di recente restauro. Il titolo è scritto in un cartiglio, posto in alto al centro, portato da un’aquila in volo disegnata in modo naturalistico. A destra si trova una rosa dei venti e in basso a sinistra la scala metrica di catene romane trenta. In alto a destra, è collocata una legenda all’interno di un cartiglio sormontato da testa leonina, recante le superfici dei terreni, in ordine alfabetico da A a L (quest’ultima corrispondente al Lo spostamento risale al 1875 (cfr. FEDERICI, pp. 236-241). In questa occasione Costantino Corvisieri redasse l’«Inventario di tutti gli atti e scritture esistenti nell’archivio del venerabile monastero di S. Silvestro in Capite». 154 Desideriamo esprimere un caloroso ringraziamento a Lorenzo Torchia per averci segnalato questa pianta seicentesca, la cui datazione non era indicata nel vecchio inventario 109 (trattandosi - come suggeriva il ‘bis’, ora ‘002’- di un inserimento posteriore alla sua originaria stesura), e tutte le notizie da lui ricavate dall’archivio Sforza Cesarini. 153 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 122 122 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri «termine ritrovato dopo la pianta») per un totale di 252 rubbia. In basso a sinistra è un testo sottoscritto dall’agrimensore e datato 12 maggio 1665: «Noi sottoscritti Arimensori <sic> facciamo fede haver misurato il casale della Castagniola dell’Ecc.mo Sig. Duca Gasparo Caffarelli et Ill.mo Sig. Pietro Caffarelli per ordine di detti signori per farne la presente pianta et havendo riconosciuti tutti li medesimi sette termini messi nella nostra presenza nella divisione, che fu fatta tra detti signori et l’Ecc.mo Sig. Duca Cesarino fin del anno 1645 sotto li 16 maggio di detto anno, sono conforme costa per gli atti del Pagano notaio dell’Agricoltura, al quale Istrumento s’habbia relat.ne etc155. Troviamo essere rubbia doicentocinquantadoi a misura di catena romana e così diciamo r. 252 in conformità della sudetta Pianta et in fede habbiamo sottoscritto la presente di mo. … questo di 12 maggio 1665. Io Eliseo Vannucci (firma quasi illeggibile) agrimensore mano propria» (non è possibile leggere i nomi degli altri o dell’altro agrimensore dato il non buono stato di conservazione della pergamena). La pianta riporta, dunque, un assetto della proprietà che si era venuto a definire una ventina di anni prima. Il disegno della tenuta è orientato con l’ovest (P) in alto. La tenuta è compresa fra due corsi d’acqua: quello in alto sembra il Rio Torto, quello in basso è il fosso della Castagnola. I cippi di confine sono numerati da 1 a 7, cominciando dall’alto a sinistra e proseguendo in senso antiorario. Seguendo lo stesso ordine, le tenute confinanti sono: “Piancimino” (a sinistra), “Lamuratella” (a destra, sotto la strada che attraversa in orizzontale la tenuta), “S. Broccola” (a destra, sopra la strada e in alto a destra; si tratta della tenuta spettante alla famiglia Massimo), “Campo Selva” (in alto a sinistra). Sulla pianta sono raffigurate le diverse forme del paesaggio rurale, con una resa grafica abbastanza realistica: la tecnica dei ‘mucchi di talpa’ è utilizzata insieme al disegno dei filari, per i terreni seminativi, il disegno degli alberi per delineare una macchia e cespugli insieme a un fondo verde per i prati e la vegetazione lungo i corsi d’acqua. Ad eccezione delle strade e dei sette cippi di confine, sulla pianta in questione non sono rappresentati manufatti. 155 Il primo volume conservato dell’Archivio dei Notai del Tribunale dell’agricoltura, a firma del notaio Benedictus Paganus senior, è il vol. 4 risalente agli anni 1646-1666: alle cc. 190rv e 191r/v è un atto del maggio 1646, relativo ai personaggi in questione con rapido rinvio a una lite per confini del 1645. Si tratta di un testo particolarmente sintetico, privo anche del nome della tenuta. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 123 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 123 Le lettere della legenda, i numeri e le iniziali dei nomi dei confinanti sono rubricate in rosso. La tenuta della Castagnola dei Cesarini, a sua volta, è rappresentata in una pianta fra le più belle tra quelle consegnate per il Catasto alessandrino (432/9). Questa estesa proprietà si trovava lungo la costa tirrenica a sud del Tevere, ed è raffigurata con una suddivisione in fasce di terreni a diverse componenti colturali dall’entroterra fino al “Tumoleto” (spiaggia con le dune) e al mare, completa del disegno di una tenda e alcuni cacciatori. Essa tuttavia comprende in un unico blocco fondiario diverse tenute tra loro confinanti, come se non si fosse tenuto conto della divisione avvenuta quindici anni prima: la Castagnola, con una superficie di rubbia 212 e quarte 3 (quindi più piccola di circa 40 rubbia rispetto alla pianta del 1665, sebbene un confronto parziale denoti l’esatta corrispondenza di forma del terreno raffigurato nell’una e nell’altra delle due piante); Riotorto, di rubbia 69, quarta 1; Piancimino e Fossa Larghi, di rubbia 50, quarte 3. La scala, in questo caso, presenta un maggiore grado di riduzione, arrivando ai 1200 staioli romani. In calce alla legenda è una dichiarazione autografa in corsivo di Eliseo Vannucci, la cui firma compare nella legenda con il mano propria, il quale definisce il prodotto cartografico «Copia» di un originale di Bernardino Calamo. La confinante tenuta di Pian di Frassi posta sotto la giurisdizione di Ardea, appartenente ai medesimi Cesarini, è raffigurata nella pianta 432/24 del Catasto alessandrino. Essa si compone di alcuni quarti, il primo dei quali è il “Quarticciolo della Castagnola”, di rubbia 64, quarte 2, scorzi 3, che confina con le tenute Castagnola e Muratella: si potrebbe dunque ipotizzare che anche questo potesse originariamente far parte della tenuta Castagnola, e poi separato in seguito alla divisione del 1645 (in quest’ipotesi, tuttavia, l’estensione originaria della tenuta risulterebbe maggiore di circa 15 rubbia). In ogni caso, anche se solo una ricerca topografica paziente e accurata può permettere di ricostruire le vicende della tenuta, si può affermare che l’estensore della pianta alessandrina non aggiornò la superficie della tenuta secondo l’atto di suddivisione del 1645. Anche nel caso di questa seconda pianta, l’estensore fu Eliseo Vannucci che trasse questa copia da un originale di Domenico Ferratelli (dichiarazione identica alla precedente, con stessa mano corsiva). La scala di mille staioli romani rende questa pianta confrontabile con le precedenti, solo con una certa difficoltà. Il confronto tra la pianta conservata nella Collezione I di disegni e mappe e quella del Catasto alessandrino, indica che - effettivamente - la prima costituisce solo una parte (e cioè l’estremità nord-orientale) del 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 124 124 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri corpo di tenute unite presenti nell’Alessandrino; i confini e la forma sono analoghi, anche se i corsi d’acqua che fanno da confine hanno un andamento più dettagliato in questa piuttosto che in quella del 1660. Cosa ipotizzare circa la collocazione originaria di questa pianta? L’unità fondiaria in essa raffigurata era stata scorporata fin dal 1645 dall’insieme delle proprietà fino ad allora indivise, anche se essa risulta ancora unita alle altre nel 1660. L’atto di determinazione della divisione del 1645, che si conserva in copia nell’archivio Sforza Cesarini156, elenca accuratamente i cippi di confine la cui posizione può essere riscontrata puntualmente sulla pianta. Ciò ha indotto a ritenere che la pianta fosse stata realizzata per uso interno per l’amministrazione familiare del patrimonio, in seguito al protrarsi della lunga questione di confine. Infatti sembra poco probabile che la pianta sia stata estrapolata dall’archivio del Tribunale dell’agricoltura in quanto gli atti vi si conservano solo a partire dal 1666 e le attuali mancanze sono da attribuire a un periodo anteriore alla costituzione della Collezione I di disegni e mappe. 6.2. AS ROMA, CDM, I, 92/719: «Pianta del casale de Macheri, Torre Rotta e Calandrella dell’illustrissimi signori Verospi posta <sic> fuori di Porta S. Sebastiano» (13 marzo 1640). La pianta, realizzata da un agrimensore anonimo su carta, raffigura il casale Macheri e i due quarti di Torre Rotta e Calandrella uniti fra loro da sottili lingue di terreno, spettanti ai signori Verospi. Due legende in alto, a sinistra e a destra, sono racchiuse in due cartigli: la prima elenca le porzioni di terreno del casale Macheri e del quarto di Torre Rotta e la seconda quelli del quarto della Calandrella. L’orientamento è reso tramite le quattro personificazioni dei venti, disegnate al centro dei quattro lati. L’estensione, secondo quanto indicato nella legenda, è di rubbia 155, quarte 3 e scorzi 2. In basso al centro è raffigurata una scala grafica con compasso di catene n. 30. La coloritura distingue due tipi di terreno: il ‘sodo’, realizzato in marrone con leggere ondulazioni del terreno e alcuni alberi, e il prato colorato in giallo con una trama puntinata. Il casale di Macheri è separato dal quarto di Torre Rotta dal “fosso della Cicognola” che a sua volta è attraversato dalla “Strada del Falcognano” (via Ardeatina) per mezzo di un ponte; la strada costituisce anche il confine orientale della tenuta. Il confine è scandito da alcuni cippi e sono indicati i nomi delle proprietà confinanti. 156 Notizie forniteci da Lorenzo Torchia che ha in preparazione uno studio sulle proprietà della famiglia Caffarelli. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 125 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 125 Nel Libro dei Casali del 1603 il casale Le Macare e il terreno denominato Calandrella erano di proprietà della famiglia Verospi, nella persona di Ferrante Verospo157 e risultano nelle mani della medesima famiglia fino al 1770, mentre nel 1783 appartenevano al marchese Lepri158. Nel Catasto alessandrino, la pianta della tenuta denominata Magri (che è la denominazione che si stabilizza a partire dalla metà del ‘600; 433A/22), spettante a Carlo e Giovanni Battista Verospi e firmata da Eliseo Vannucci il 15 aprile 1660, raffigura il fondo con identiche superficie e forma. Le lievi differenze fra i terreni di prato e di seminativo, insieme allo stile completamente diverso del disegno e alla legenda molto meno dettagliata, non autorizzano però a considerare la pianta del catasto copia di quella conservata nella Collezione I di disegni e mappe. Poiché non sembra esistere alcun legame fra le due piante, non abbiamo elementi certi per ipotizzare che quella in esame possa provenire dall’ archivio Verospi, peraltro andato disperso159. 6.3-4. AS ROMA, CDM, I, 93/751: «Pianta e misura della tenuta di Cortecchia dell’Eccellentissimo signor duca Girolamo Mattei posta fuori Porta S. Pancrazio » (20 aprile 1660); 93/765: «Pianta della tenuta di Maccarese dell’Eccellentissimo signor duca Girolamo Mattei posta fuori Porta S. Pancrazio » (20 aprile 1660; fig. 6). Le due piante, entrambe realizzate a china nera, vengono trattate insieme in quanto relative a tenute tra loro confinanti spettanti a un medesimo proprietario, il duca Girolamo Mattei, e recanti la medesima data. Rileviamo subito che le piante del Catasto alessandrino delle due tenute (Cortecchia 433bis/25, Maccarese 433bis/35) risultano consegnate il medesimo giorno, 20 aprile 1660, e firmate dallo stesso agrimensore Carlo Antonio Paolini che ha redatto le piante in esame, come indicato nelle rispettive legende160. Esse sono a colori e ricche di particolari relativi al pae- 157 COSTE 1969, p. 73, n. 218. Precedentemente i terreni in oggetto erano appartenuti alla famiglia Margani, perlomeno dal 1471 (TOMASSETTI 1975-1980, II, p. 72), sino almeno al 1562 (AS ROMA, Collegio Notai Capitolini, vol. 1520, notaio Curtius Saccoccia, c. 689rv). 158 Elenco del 1770 del Campiglia, in RAFFAELI CAMMAROTA, p. 318, n. 226; per il 1783: NICOLAJ 1803, I, p. 182, n. 226. 159 PICOZZI, p. 312, nota 6, sulla dispersione dell’archivio Verospi, ad eccezione dell’eredità di Girolamo Verospi, ultimo proprietario della tenuta (inventario dell’eredità in AS ROMA, Trenta Notai Capitolini, uff. 17, parte seconda del 1775). La provenienza della pianta da un protocollo notarile rimane l’ipotesi più attendibile, anche se non dimostrabile. 160 Per quanto riguarda Cortecchia, di mano dello stesso agrimensore è l’annotazione copia: la pianta venne dunque ricavata da un originale precedente. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 126 126 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri 6. Pianta della tenuta di Maccarese dell’Eccellentissimo Signor Duca Girolamo Mattei posta fuori di Porta S. Pancrazio (…), 20 aprile 1660; il nord è verso l’angolo destro in basso (AS ROMA, CDM, I, 93/765) saggio - quali le chiome degli alberi e le sfumature del mare - e ai manufatti. Quelle della Collezione I di disegni e mappe, sebbene più stilizzate e prive di colorazione e dei dettagli naturalistici e decorativi, riportano però gli stessi dati topografici, cronologici e, soprattutto, le stesse legende di quelle del Catasto alessandrino161. Ciò induce a concludere che si tratti di copie da esso ricavate e, in quanto molto simili fra loro, verosimilmente redatte in un unico momento e forse per una medesima circostanza. Nonostante ciò, non vi sono riferimenti certi che permettano di stabilirne la provenienza archivistica. 6.5. Collezione I di disegni e mappe, I, 93/776: «Pianta et misura delli prati al Casale detto Marco Simone dell’illustrissimo et eccellentissimo 161 Salvo il fatto che nella pianta della tenuta di Maccarese il nome dell’agrimensore è erroneamente riportato come Duchini. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 127 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 127 signor duca d’Acquasparta» (12 agosto 1647). Realizzata a china dall’architetto Carlo Rainaldi, su due fogli di carta incollati, con al centro, inserita in un cartiglio, una legenda indicante i terreni, la pianta non raffigura in effetti l’intera tenuta, ma solo quattro terreni prativi al suo interno, delineati unicamente con il circuito a penna e con i segni della triangolazione. In alto è disegnata una bellissima prospettiva della Villa Caesia circondata da vegetazione162. In basso è presente una scala grafica di staioli trecento riquadrata da un compasso decorato; sempre in basso, a destra, è una legenda più grande incorniciata da un sontuoso cartiglio, nella quale (insieme alle indicazioni sintetiche riportate sul verso della pianta)163, si esprime la motivazione che dovette essere alla base dell’esecuzione della pianta stessa. Questa infatti fu redatta dall’architetto Carlo Rainaldi, in seguito a due accessi effettuati il 25 giugno e il 16 luglio 1647, in relazione a una lite che dovette protrarsi almeno sino al 1652. Questa lite aveva già determinato la produzione di due perizie, probabilmente commissionate da ciascuna delle due parti in causa. Si tratta di una storia giudiziaria complessa che vedeva opporsi il proprietario, Federico Maria Cesi, all’affittuario dei prati da sfalcio compresi all’interno della tenuta, il pullarolo Conversino Paolelli164. Il luogotenente del Tribunale dell’Auditor Camerae dovette incaricare un terzo perito, l’architetto Carlo Rainaldi per l’appunto, per la compilazione di questa pianta. L’architetto negli stessi anni era già impegnato al servizio dei Cesi per la sistemazione del palazzo familiare fuori la porta Santa Croce a Tivoli, il che spiega perché essi siano ricorsi a lui165. La pianta redatta per la lite che interessava la tenuta di Marco Simone, peraltro, non condizionò in alcun modo la stesura di quella per il Catasto alessandrino (429/7), che sarebbe stata consegnata a cura del medesimo proprietario di lì a pochi lustri. Molto verosimilmente, in conclusione, la pianta ora nella Collezione I di disegni e mappe venne prodotta presso un ufficio giudiziario identificabile nel Tribunale dell’Auditor Camerae: nella legenda, infatti, l’architetto Rainaldi dichiara di essere Questo particolare della pianta è pubblicato in BELLI BARSALI-BRANCHETTI 1975, p. 157. A destra, con inchiostro molto chiaro è scritto: «Pro Ex(cellentissi)mo duce Cesio contra d(omino) Conversino Paulelli die 12 augusti 1647». A sinistra, con inchiostro più scuro, ma non interamente leggibile a causa di alcune rotture del foglio: «P(rim)o Coll(ateral)e Pro Il(lustrissi)mo et Ex(cellentissi)mo d(omino) duce Federico Cesio contra heredes q(uondam) Conversini Paulelli (…) 29 … [illeggibile per lacerazione] 1652». 164 Simili questioni sono assai frequenti nei protocolli notarili, ma non sempre esse sono corredate da un documento cartografico di tale valore. La pianta e la vicenda sono sommariamente descritte anche in PASSIGLI 2009, pp. 12-13. 165 TUZI, p. 734. 162 163 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 128 128 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri stato «eletto terzo perito ex officio da monsignor illustrissimo Baranzone loco tenente AC come dicesi constare per gli atti del Belgi notaio AC». È possibile, pertanto, che essa sia stata estrapolata da un volume pertinente a tale ufficio166. 6.6. AS ROMA, CDM, I, 94/798: «Misura e pianta del casale di Palmarola (...) del reverendissimo Capitolo di S. Pietro sta fuori di Porta Angelica (...)» (12 novembre 1659). Pianta ad acquerello su pergamena, con titolo inserito entro un nastro con svolazzi collocato lungo il bordo superiore, realizzata dall’architetto Giovanni Domenico Piuselli da un originale di Orazio Torriani, come è espressamente indicato nella legenda: «La presente pianta della tenuta di Palmarola del Reverendissimo Capitolo di San Pietro (…) fu già misurata dal signor Horatio Torriani secondo l’uso di catena romana, e detta pianta è stata copiata da altra simile esistente in Archivio del detto Reverendissimo Capitolo il 12 novembre 1659 (…)». L’archivio del capitolo di S. Pietro conserva due piante della tenuta di Palmarola, entrambe di Orazio Torriani, che fu agrimensore e architetto alle dipendenze dei canonici vaticani167. Nel 1619 egli produsse una pianta d’insieme delle tenute di Sant’Agata, Torrevecchia e Primavalle, Casal del Marmo, Palmarola e Mimmoli, oggi esposta nell’edificio della canonica di S. Pietro, sede attuale dell’archivio capitolare. Fra il 1656 e il 1658, poi, Orazio Torriani, ormai ottantenne, realizzò le piante dei possedimenti del capitolo per sostituire quelle da lui stesso redatte negli anni precedenti, all’epoca già non più reperibili nell’archivio, dalle quali furono poi ricavate le copie per il Catasto alessandrino del 1660 ad opera di Benedetto Drei junior. Fra le piante che il Torriani ridisegnò, vi era anche quella della tenuta di Palmarola, datata 15 novembre 1658; nella legenda, lo stesso agrimensore scrive di aver disegnato: 166 Ad un’indagine più approfondita, tuttavia, non è stato possibile reperire alcun dato suppletivo utile in AS ROMA, Tribunale civile dell’Auditor Camerae, uff. 1, notaio Franciscus Jacobus Belgius, Broliardi e Manuali. Libri testium nn. 70 e 71, Cedule et iura diversa per l’anno 1647, bb. 295-296 e neppure nei voll. 4-7 del 1652 (per la causa tra Federico Maria Cesi e Conversino Paulelli). Del tutto reticente anche il protocollo del notaio Belgius alla data del 12 agosto 1647, AS ROMA, Notai del Tribunale del’AC, vol. 764. Nessun riferimento alla questione in TOMASSETTI, VI, pp. 475-476. 167 Per il casale di Palmarola, GAUVAIN, pp. 380-383. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 129 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 129 «la pianta del Casale di Palmarola posta ‹sic› fora della Porta de S. Pietro detto Porta Angelica, che già molti anni sono ho mesurato per farne pianta, et hoggi l’anno 1658 con occasione che si sono fatte diverse piante che già si sono consegniate al detto Capitolo (…)»168. La superficie del casale è tinteggiata di rosa con alcuni alberi sparsi e un prato che costeggia il corso d’acqua che ne attraversa il territorio. Nella parte bassa sono, sulla destra del corso d’acqua, un fontanile rettangolare visto in pianta e, sulla sinistra, due grotte e una torre viste di prospetto. Il perimetro è evidenziato in rosso. La pianta del Catasto alessandrino (433/59) reca la data del 17 marzo 1660 e la firma dell’agrimensore Benedetto Drei junior che, come spiegato nella legenda di sua mano, redasse la copia ricavandola dall’originale di Orazio Torriani realizzato due anni prima. L’impianto del disegno è lo stesso della pianta originale, ma l’agrimensore Drei espresse in modo più realistico il disegno dei manufatti169. Esattamente fra le due piante descritte si colloca la redazione di quella ora conservata nella Collezione I di disegni e mappe, realizzata il 12 novembre 1659, ossia un anno esatto dopo l’originale di Orazio Torriani della quale essa è copia, come è espressamente indicato nella legenda. Non sono noti i motivi che hanno portato alla realizzazione della pianta, forse riconducibili a questioni di natura giurisdizionale implicanti l’intervento di figure terze, in questo caso l’agrimensore Piuselli, chiamate a intervenire per le parti in causa. Si può quindi ipotizzare che questa pianta fosse allegata a un atto notarile o a un fascicolo processuale che allo stato attuale delle conoscenze risulta impossibile individuare. 6.7. AS ROMA, CDM, I, 94/825: «Misura e pianta fatta da me infrascritto della tenuta di S. Anastasia posta fuori di Porta S. Bastiano delli illustrissimi et reverendissimi signori canonici di S. Anastasia (...)» (10 aprile 1660; tav. 9). La pianta, realizzata su carta, è incorniciata da un riquadro arancione marmorizzato affine a quello reperibile in molte piante del corpus alessandrino, che circonda anche la legenda in basso a sinistra; questa è conclusa dalla firma autografa - con scrittura corsiva rispetto a quella più BAV, Archivio del Capitolo di S. Pietro, Mappe, 49. Benedetto Drei junior successe al padre Pietro Paolo nella qualifica di architetto del capitolo e, in questa veste, realizzò la maggior parte delle piante delle tenute consegnate per il Catasto alessandrino (GAUVAIN, Selezione di piante e mappe, pp. 8-9). Per Orazio Torriani, supra, nota 70. 168 169 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 130 130 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri posata del resto della legenda - dell’agrimensore Marco Antonio Qualeatti, corroborata dalla dicitura mano propria. All’interno della tenuta, che ha una superficie di 76 rubbia e 2 quarte, sono raffigurati l’edificio del casale, denominato “Casetta di Sant’Anastasia”, e un fontanile, in basso. In alto a destra, a penna ed in caratteri corsivi, vi è un’annotazione risalente al 1757, da considerarsi un’aggiunta successiva in quanto la pianta risale senz’alcun dubbio al 1660, come indicato nella legenda170. Nella sua impostazione generale, la pianta del Catasto alessandrino (433A/20), anch’essa datata 10 aprile 1660 e redatta e firmata mano propria da Marco Antonio Qualeatti, è molto simile a quella conservata nella Collezione I di disegni e mappe, anche se con un aspetto generale leggermente più stilizzato: identiche sono le cornici marmorizzate che inquadrano la pianta e la legenda, la superficie indicata (76 rubbia e 2 quarte), la scala grafica disegnata in basso a sinistra sotto la legenda, la trama delle misurazioni parziali con i rispettivi valori numerici, i confini e lo stile geometrico della raffigurazione dei due manufatti, la “Casetta di S. Anastasia” (sebbene in questa pianta risulti con solo piano, oltre al terreno, mentre nell’altra con due piani) e il “Fontanile”; i cippi di confine sono identici per posizione, forma e proporzioni. Differiscono però, anche se in modo lieve, per la caratterizzazione grafica della superficie della tenuta e per alcuni termini utilizzati nella legenda (per esempio: Sebastiano e rubbia nella pianta del Catasto, Bastiano e Rubbia nell’altra)171. Nell’archivio della basilica di S. Anastasia, conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana, si trova - infine - una pianta della tenuta della Torretta o casa di Santa Anastasia, anch’essa del 10 aprile 1660172: Torricella 170 «Il dì 5 luglio 1757 per gl’atti del Andreoli Notaio Capitolino fu fatto rogito di tali termini assieme colli signori Canonici della Bocca della Verità e Signor Marchese Riccardi, per nostra parte vi fu il Signor Francesco Sperandio Agrimensore». 171 Della realizzazione della pianta di Marc’Antonio Qualeatti per la consegna alla Presidenza delle strade si trova testimonianza in una relazione sullo stato dei beni della chiesa di S. Anastasia nel 1660 (BAV, S. Anastasia, n. 45, Memorie storiche, miscellanea di documenti e copie dei secoli XIV-XVIII, cc. 9r-12r: «Relatio status venerabilis ecclesie, 1660»). Alla c. 11r figura la descrizione del casale, posseduto da tempo immemorabile e posto fuori la porta di San Sebastiano, confinante con «il casale di Portamedaglia hoggi del marchese Riccardi, … Castelluccia della collegiata di S. Maria in Cosmedin, dall’altra parte con S. Caterina della Rosa (Castel di Leva), e dall’altra con quello delli Capizucchi (pedica Cavalloni, RUGGERI 2002, p. 60), di rubbia in tutto <aggiunto al lato sinistro> 76, quarte 2 benché nelli nostri istrumenti d’affitto e misure antiche si trovi la quantità di rubbia 77 e una quarta secondo la presente misura e pianta fatta da Marc’Antonio Qualeato Agrimensore in esecuzione dell’editto di N(ostro) S(igno)re pubblicata et esibita all’offitio dei Maestri di Strada nel presente mese di aprile. Questo dì 19 aprile 1660». 172 BAV, S. Anastasia, n. 45, c. 547. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 131 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 131 o Torretta di Santa Anastasia è infatti la designazione con la quale la tenuta è menzionata nella documentazione quattro-cinquecentesca e negli atti notarili sei-settecenteschi conservati presso tale archivio. La pianta è delineata unicamente a penna - si tratta in realtà di un disegno - con inchiostro marrone, su un foglio ripiegato e inserto nel volume, che reca copie di diversi atti; sul verso è l’indicazione: «Misura del Casale di S. Anastasia fatta nel 1660» senza altre indicazioni. Il disegno della tenuta è del tutto identico a quello delle piante del Catasto alessandrino e della Collezione I di disegni e mappe, con gli stessi confini, le medesime aree interne per il calcolo della superficie totale173, la stessa legenda collocata in basso a sinistra, sebbene - a differenza di quelle - non incorniciata ma libera e, analogamente, con la scala di staioli romani cinquecento indicata al di sotto. Essa differisce solo per la superficie (78 rubbia e 2 quarte), per la denominazione dell’edificio (“Torretta o Casa di S. Anastasia”) e soprattutto per l’assenza del cippo di confine adiacente alla strada (tav. 9, in alto a destra), quello stesso che nel 1757 - come si vedrà - è definito termine novo. Nel medesimo archivio si conservano gli atti di una lunga causa per questioni di confine con la tenuta della Falcognana spettante al marchese Riccardi, che dovette svilupparsi a partire dai primi del Settecento; fra questi, la copia di un atto del 1711 con la dettagliata descrizione dei cippi di confine, che però non fa alcun riferimento a piante del 1660174. Fra il 31 marzo e il 4 aprile 1757 si tenne un sopralluogo presso la tenuta per concordare la linea di confine che separava il possedimento di S. Anastasia da quello dei canonici di S. Maria in Cosmedin (Castelluccia). Si tratta delle operazioni preparatorie che porteranno, tre mesi dopo, alla redazione di un atto di terminazione fra i canonici di S. Anastasia ed i proprietari delle due tenute confinanti, S. Maria in Cosmedin per la Castelluccia e il marchese Riccardi per la Falcognana, in presenza degli agrimensori 173 Il calcolo dell’area di una tenuta, infatti, veniva realizzato scomponendone la superficie rilevata sulla pianta in un insieme di figure regolari (quadrati, rettangoli, trapezi e triangoli), dalla somma delle cui superfici si otteneva quella dell’appezzamento, la cui forma il più delle volte era irregolare. 174 Fra l’11 e il 15 ottobre 1711, su commissione dei canonici e a cura di Angelo Qualeatti (perito di parte del marchese Riccardi, mentre quello del capitolo era Felice Perone), venne realizzata una misura per precisare il confine fra le tenute della Torricella di Santa Anastasia e della Falcognana, nella quale furono descritti meticolosamente tutti i cippi di confine, il primo dei quali è quello che manca nella pianta conservata nell’archivio di S. Anastasia, posto «canto la strada che va a Porta Medaglia» e che in un successivo atto del 1757 verrà definito, come detto sopra, termine novo. L’atto si trova in AS ROMA, Tribunale dell’Agricoltura, notaio Benedictus Paganus junior, vol. 71, cc. 356r/v e 387r, 15 ottobre 1711 e, in copia, in BAV, S. Anastasia, n. 72, cc. 59-64. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 132 132 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri Pietro Paolo Qualeatti (figlio di Angelo), in qualità di perito chiamato dai canonici di S. Maria in Cosmedin, e di Francesco Sperandio, chiamato da quelli di S. Anastasia. La questione, in realtà, riguardava i canonici di S. Maria in Cosmedin e il Riccardi, ma i canonici di S. Anastasia dovettero essere chiamati in causa in quanto, per risistemare il confine, veniva ricordato l’atto di apposizione dei confini fra le tenute di S. Anastasia e quella dei Riccardi, redatto nel 1711 dal notaio Benedetto Pagano con la misura di Angelo Qualeatti. In tale occasione fu collocato, o forse ricollocato in sostituzione di un cippo precedente, quello che nell’atto è definito termine novo al punto di triplice confine tra le tre tenute175. Tuttavia, le questioni di confine (ed in particolare la controversia relativa a quelli con la Falcognana dei Riccardi), si dovettero protrarre fino al XIX secolo. In una nota ottocentesca conservata nello stesso archivio di S. Anastasia, scritta su carta azzurrina, accanto a uno schizzo a penna dove è evidenziato il confine fra la tenuta di S. Anastasia e la tenuta Riccardi, si sottolineava che: «la sopraindicata linea di confine si trova non ben decisa per mancanza di alcuni termini de’ quali si fa menzione nella terminazione del 1711 corrispondente alla pianta Qualeatti del 1660»176. Ciò indica che presso i canonici di S. Anastasia, ancora nell’Ottocento, si trovavano un esemplare della pianta seicentesca e la copia dell’atto di confinazione settecentesco, e che questi due documenti venivano consultati in modo parallelo. In conclusione, si può ipotizzare che il disegno a penna inserito nel vol. 45 dell’archivio di S. Anastasia costituisse la ‘bozza’ preparatoria, verosimilmente risultato della ricognizione sul terreno, redatta per elaborare la 175 BAV, S. Anastasia, n. 72, cc. 88-89: memorie e appunti di spesa del 31 marzo e del 4 aprile 1757 circa «la gita alla tenuta di S. Anastasia per l’intimazione delli termini ad istanza delli signori canonici della Bocca della Verità» con il priore canonico Apprevati, il signor Sperandio agrimensore e il signor Giovanni Paolo Ambrogetti. La terminazione, alla quale le parti giunsero di comune accordo, ebbe inizio dalla strada: «(…) che conduce a porta Medaglia [dove] si è apposto vicino la medesima un termine novo che confina le tre tenute della Castelluccia di detto reverendissimo capitolo di Santa Maria in Cosmedin, delli Falcognani spettante a detti illustrissimi signori marchese Carlo ed altri Riccardi, e della Torricella spettante al reverendissimo capitolo di Santa Anastasia, al quale verso ponente vi sono impresse le seguenti lettere S.M.I.C. di Santa Maria in Cosmedin e sopra il sudetto termine tre linee denotano li sudetti tre confini» e ripete fedelmente quella del 1711. L’originale dell’atto del 5 luglio 1757 si trova in AS ROMA, Trenta Notai Capitolini, uff. 13, notaio Franciscus Antonius Andreoli, vol. 573 (già 577), cc. 366r-368v e 387r/v. 176 BAV, S. Anastasia, n. 72 c. 144. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 133 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 133 versione definitiva e in pulito della pianta della tenuta. Per quanto riguarda le altre due piante, invece, piuttosto che ritenerle l’una la copia fedelissima dell’altra, siamo portati a pensare - per la firma dell’agrimensore Marco Antonio Qualeatti presente in entrambe, che indubbiamente sono della medesima mano - che si tratti di un ‘doppio originale’, ossia di due piante realizzate in contemporanea (la data di esecuzione è la stessa) e derivanti dallo schizzo di cui sopra, una delle quali da consegnare alla Presidenza delle strade, l’altra da tenersi ad uso dei canonici di S. Anastasia, che evidentemente - se l’ipotesi prospettata è corretta - non ne possedevano nessuna ed avrebbero in questo modo approfittato dell’occasione per farne realizzare una da conservare nel proprio archivio. Che i canonici possedessero una pianta del 1660 redatta dal Qualeatti, è confermato, del resto, dall’annotazione ottocentesca sopra riferita; che questa pianta potesse essere quella oggi conservata nella Collezione I di disegni e mappe, sarebbe provato - il condizionale è d’obbligo, per ciò che si dirà tra breve - dal fatto che è proprio in essa che è presente il riferimento all’atto del notaio Andreoli del 5 luglio 1757 (si veda la nota 170): aveva senso, infatti, annotare come promemoria il riferimento al rogito sull’originale da essi posseduto177. Costituisce un ostacolo, che potremmo definire ‘imbarazzante’, a questa ricostruzione, il fatto che l’archivio della basilica di S. Anastasia si trovi oggi per la maggior parte presso la Biblioteca Apostolica Vaticana178 e in piccola parte all’Archivio Storico del Vicariato di Roma: stando così le cose, non si è in grado di spiegare attraverso quali vie la pianta in oggetto - se veramente si tratta dell’originale già presente nell’archivio della chiesa possa essere entrata a far parte del patrimonio documentario dell’Archivio di Stato di Roma, e quindi della Collezione I di disegni e mappe 179. 177 Si ha notizia del fatto che alla fine del Seicento, i canonici di S. Anastasia dovettero commissionare una copia della pianta consegnata alla Presidenza delle strade nel 1660. Alla data del 20 maggio 1697 è infatti registrata una ricevuta di pagamento «per la copia della pianta della tenuta di detto capitolo posta fuori porta S. Sebastiano, computo la copiatura e mercede» da parte del canonico Eustachio Pissonati, camerlengo del capitolo di S. Anastasia, ad Antonio Polidori, per il signor Domenico Orsini notaio del Tribunale delle strade (BAV, S. Anastasia, n. 72, c. 52). 178 D’AIUTO-VIAN, I, s.v. S. Anastasia, pp. 718-719. Canonico del capitolo fra il 1919 e il 1936 fu il prefetto Angelo Mercati, al quale si deve quasi certamente il versamento presso la Biblioteca Vaticana della pur modesta parte dell’archivio della chiesa di S. Anastasia che oggi vi si conserva. 179 Ricordiamo che nell’AS ROMA, CDM esiste un’altra pianta della tenuta di S. Anastasia, denominata: «Topografia della tenuta detta della Torricella spettante al Rev. Capitolo di S. Anastasia di Roma di capacità Rubbia 70:2 _ 43» (95/848); come si è visto, Torricella o Torricella di 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 134 134 Susanna Passigli, Adriano Ruggeri 6.8. AS ROMA, CDM, I, 95/855: porzione della tenuta di Grotta Perfetta (9 dicembre 1682)180. Attenendosi all’ordine numerico della Collezione I di disegni e mappe, che a sua volta era, nel vecchio inventario 109, strettamente connesso con quello alfabetico dei toponimi, descriviamo per ultima questa pianta in quanto essa era elencata alla lettera ‘T’ con la denominazione di «Tre Fontane, procoio Mattei». Ma questa indicazione è erronea, e deriva senza dubbio - considerata l’assenza di un qualsiasi titolo - dal fatto che sulla pianta è indicata la “Strada che da S. Bastiano va alla Annuntiata et alle tre Fontane” (via Ardeatina), e nella legenda con la lettera O: “Tre Fontane con il fosso”, e con la lettera P: “Strada che dalle tre fontane va a S. Paolo”. La tenuta delle Tre Fontane, infatti, non è mai appartenuta alla famiglia Mattei, bensì all’omonima abbazia; come confermano i confini indicati nella pianta, e cioè “Tor Marancia” (dell’ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta sanctorum) la via Ardeatina e i “Signori Mignanelli” (tenuta di S. Alessio), si tratta invece della tenuta di Grotta Perfetta (che confina a sud-ovest con quella delle Tre Fontane), questa sì appartenuta ai Mattei181, e più precisamente - come chiarisce il S. Anastasia è la denominazione più comunemente riportata nella documentazione relativa a questa tenuta (ed è stata scritta a matita anche sul verso della pianta, probabilmente quando è stata prelevata dalla sua sede originaria). Priva di data e firma, con legenda nell’angolo in alto a sinistra, all’interno della cornice che racchiude il disegno, essa rappresenta il corpo della tenuta acquerellato in verde, con lievi ombreggiature per indicare le ondulazioni del terreno, attraversato da due strade che si intersecano al centro della tenuta stessa; in alto, un quadratino rosso indica la “Torretta”; in basso un rettangolino a china indica il “Fontanile”. Il confine è delineato con precisi tratti rettilinei scanditi da cippi disegnati con piccoli quadratini neri; all’esterno vi sono i nomi delle tenute confinanti (ma non dei rispettivi proprietari). Nel complesso, l’aspetto è settecentesco, ed infatti l’inventario 109 la attribuisce genericamente al XVIII secolo; ma un attento confronto dimostra che essa non può comunque essere copia di quelle del 1660, nelle quali le modalità di elencazione delle tenute confinanti (di cui compaiono anche i nomi dei proprietari), l’orientamento e numerosi altri particolari sono del tutto differenti. Ciò che però preme sottolineare, è il fatto che all’epoca dell’inserimento della pianta nella Collezione I di disegni e mappe (qualunque ne fosse stata la provenienza), non ci si è resi conto che essa raffigura lo stesso terreno disegnato nella pianta 94/825: la coerenza avrebbe richiesto che esse fossero disposte - nell’ordinamento alfabetico del vecchio inventario 109 - l’una di seguito all’altra, sotto la voce ‘Roma - Suburbio e Agro Romano’; in realtà mentre la 94/825 è elencata alla lettera ‘S’ di S. Anastasia, questa lo è alla lettera ‘T’ di ‘Torricella tenuta di S. Anastasia’. 180 Questa è la data dell’annotazione presente sul verso della pianta, ma non è detto che sia anche quella di esecuzione della pianta stessa. 181 Catasto alessandrino, 432/51: pianta della tenuta di Grotta Perfetta dei signori Mattei, datata 10 ottobre 1654, consegnata il 6 aprile 1660; CINGOLANI, n. 224 (FRUTAZ 1972, II, tav. 169). Due piante della tenuta di Grotta Perfetta spettante a Carlo Collicola, risalente l’una al 1801, e l’altra non datata intitolata «Pianta dimostrativa di tutta la tenuta di Grotta Perfetta» e redatta dall’agrimensore Serafino Sala, si trovano nella Collezione I di disegni e mappe, 93/760, n. 1-2. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 135 Piante cinque e seicentesche dell’Agro Romano 135 confronto con la pianta del Catasto alessandrino - della porzione sudorientale della tenuta. Si tratta di pianta senza alcun titolo, che occupa tutto lo spazio a disposizione sul foglio, con disegno a penna e acquerello raffigurante un terreno delimitato da strade e da fossi. Il foglio di carta era originariamente piegato in quattro ed è impostato per ospitare un disegno esteso al di fuori di esso. Sulla sinistra si trova una schematica legenda realizzata con scrittura posata, seguita da una sottoscrizione corsiva: «Io Francesco Amaden Agrimensore ho fatto la presente pianta mano propria». Il disegno appare globalmente geometrico, con il corpo del terreno colorato in verde uniforme e le lettere corrispondenti alla legenda in rosso. A penna, sono i disegni prospettici dei manufatti edilizi: il “Procoio”, composto da un complesso di edifici, alcuni più bassi, con torre merlata e, forse, una chiesa, il tutto visto prospetticamente182; un edificio con torre merlata emergente al centro, che si trova lungo la “Strada che da S. Bastiano va alla Annuntiata et alle tre Fontane”, ed un altro edificio del tutto analogo, sulla sinistra e al di fuori del terreno, corrispondente alla “Torre Marancia”; a penna, sono disegnati un “Bottino”, indicato con la lettera E, e il “Sito delle capanne”, contrassegnato da tre cerchi. I limiti in alto, a destra e in basso - indipendentemente dal fatto che il primo ed il terzo sono delle strade ed il secondo un fosso - sono evidenziati da una linea puntinata rossa, che si riferisce certamente a un confine che si è inteso enfatizzare. Sul verso del foglio è la seguente scritta a penna: «ACmet Pro D(omino) Carolo Morello Contra Ill(ustrissimum) et Ex(imium) D(ominum) Ducem Alexandrum de Mattheis et litis Consortes» seguita dalla firma «Mazzeschus. Die 9 dicembris 1682». Accanto, a matita, una scrittura moderna riporta l’erronea indicazione: «Roma. Prati presso le Tre Fontane. 1682». Ciò rende evidente che la pianta, senza alcun legame con quella del Catasto alessandrino, venne realizzata ex novo per dirimere una questione territoriale o giurisdizionale fra le due parti, il signor Carlo Morelli e il duca Alessandro Mattei e consorti. Il fatto che essa sia priva di titolo avvalora l’ipotesi che possa essere stata estrapolata da un fascicolo processuale di una causa, come lascia 182 Al sito del “Procoio” corrisponde, nella pianta del Catasto alessandrino, l’indicazione “P: sito della casa” (in legenda), con il disegno di alcuni edifici. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 136 136 1583, Agro Romano. Tenuta di Galera. (AS ROMA, CDM, I, cart. 93, n. 755) intendere l’annotazione sul retro, e che la sede originaria sia da ricercare nei volumi dell’archivio del Tribunale dell’Auditor Camerae183. 183 Il notaio Mazzeschi roga per l’ufficio 8 del Tribunale dell’Auditor Camerae. Per il 1682, l’ultima unità archivistica è la b. 5027, che comprende il bimestre settembre-ottobre; la b. 5028 è la prima del 1683, pertanto potrebbe essere attualmente mancante il volume contenente gli atti dell’ultimo bimestre del 1682 in cui poteva trovarsi la documentazione cui si riferisce la nota sul verso della pianta. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 137 LUIGIA ATTILIA I disegni di archeologia nella Collezione I di disegni e mappe: documenti per la tutela e la conservazione delle “antichità e belle arti” I disegni di archeologia conservati nella Collezione I di disegni e mappe dell’Archivio di Stato di Roma costituiscono preziose testimonianze grafiche dell’attività di tutela, avviata dal governo dello Stato pontificio fin dal 1515, sotto papa Leone X, con la creazione del Commissariato delle antichità e con la conseguente nomina di Raffaello Sanzio a ruolo di Primo Commissario1. Le norme emanate dai pontefici successivamente in materia di tutela, ribadirono il concetto di salvaguardia e di difesa delle antichità. Particolare rilievo in tale direzione ebbero due provvedimenti legislativi, l’editto del 1° ottobre 1802, promulgato dal pro camerlengo Giuseppe Doria Pamphili e il fondamentale editto del cardinale Bartolomeo Pacca del 7 ottobre 1820. Quest’ultimo costituì il primo organico provvedimento di protezione storica e artistica e di catalogazione degli oggetti di antichità presenti nelle chiese, nei conventi, negli edifici pubblici e privati. Esso fu richiamato ancora in vigore nel 1871 dal nascente Stato italiano, circa nove mesi dopo la breccia di Porta Pia, in un momento di passaggio tra vecchio Stato pontificio e nuovo Stato unitario, in attesa di creare una nuova normativa di tutela (la prima legge unitaria dello Stato italiano si avrà soltanto nel 1902) con l’adozione di un’ apposita legge, la n. 286 del 28 giugno 1871, promotore della quale fu il Ministro di Grazia e Giustizia, Giovanni De Falco2. D’altronde in materia di scavi e di conservazione dei monumenti, l’editto del cardinal Pacca predisponeva, per la prima volta in maniera sistematica, organismi di controllo una Commissione centrale di belle arti a Roma e Commissioni ausiliarie nelle province con compiti ispettivi presso i detentori di oggetti d’arte e 1 Sull’argomento della tutela delle antichità a Roma, sulla normativa e sull’importanza del rilievo archeologico nello Stato pontificio v. SINISI 2009, pp. 5-10. 2 Per un commento dell’Editto del Cardinal Pacca cfr. CURZI, pp. 51-79; per la normativa sulle Antichità e Belle Arti nello Stato pontificio, cfr. MUSACCHIO, pp. 45-51; per alcune considerazioni sulla tutela delle antichità nel passaggio tra Stato pontificio e Stato unitario v. ATTILIA 2014. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 138 138 Luigia Attilia di antichità - e dettava prescrizioni e obblighi per l’esecuzione di scavi e recupero di oggetti antichi venuti alla luce (articoli 33 e 34). In particolare, secondo quanto prescritto dall’art. 39 dell’Editto, si richiedeva, in caso di ritrovamento effettuato sottoterra “d’ogni antico fabbricato”, di eseguirne misure e disegno. Raccomandazione questa che si sentì il bisogno di ribadire, come già delineato da Daniela Sinisi in un suo saggio del 2009, nel successivo regolamento per le province dello Stato del 6 agosto 1821, con il quale si sancì l’ingresso ufficiale del disegno dei reperti archeologici nella normativa di tutela dello Stato pontificio3. Nel lavoro di spoglio analitico della Collezione I, è stato selezionato un numero così cospicuo di rappresentazioni di argomento archeologico, che si è deciso di incentrare questo contributo per l’inventario essenzialmente sui disegni aventi come tema la documentazione archeologica di Roma. Essi riguardano la raffigurazione di antiche strutture rinvenute in occasione di scavi, ma anche di restauri di monumenti tra i quali si annoverano le Mura urbane o gli antichi Fori, o ancora progetti di sistemazione di aree urbane poste in prossimità di resti monumentali. L’interesse scaturito da questa ricerca è stato talmente elevato, da rendere difficile persino una scelta dei documenti da esaminare in maniera approfondita. Si è deciso pertanto di considerare alcune tipologie di disegni, eseguiti in epoche diverse e per documentare situazioni diverse, al fine di ricollegare, almeno in alcuni casi, quelli che a prima vista possono apparire come testimonianze episodiche, a vere e proprie “pratiche” conservate in seno agli archivi delle Antichità e Belle Arti4. Si è inoltre elaborato un elenco dei disegni aventi come argomento l’archeologia di Roma, che viene allegato a completamento di questo inquadramento generale, con lo scopo di costituire una sorta di guida per gli studiosi . Lo studio e l’attenzione per le “antiche rovine”, sia per quelle ancora emergenti all’interno del tessuto urbanistico della città, sia per quelle che si portavano alla luce nel corso di scavi per lavori pubblici e privati, si evidenziano nei numerosi disegni, spesso acquerelli, conservati nella Collezione I, che testimoniano l’importanza della restituzione grafica a partire almeno dal ‘600, contemporaneamente cioè alla nascita di quella norma- SINISI 2009, p. 7. Si tratta per lo più di “pratiche” conservate all’interno dell’archivio del Camerlengato, Titolo IV, parte II, Antichità e Belle Arti e del Camerale II, Antichità e Belle Arti, ma anche di tavole di pubblicazioni realizzate a cura di personaggi che operarono all’interno dell’Amministrazione pontificia in materia di antichità e belle arti o di disegni finalizzati a illustrazioni di precisazione di ambiti di proprietà. 3 4 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 139 I disegni di archeologia nella Collezione di disegni e mappe 139 tiva sulle antichità dei secoli precedenti l’emanazione dell’Editto del cardinale Pacca, come si può osservare nel Catalogo dei documenti estrapolati. È del 1812 uno splendido acquerello a colori (Cart.127, n. 3), realizzato su carta applicata a supporto di tela, che illustra all’interno di una serie di riquadri corredati da didascalie, piante e prospetti di edifici moderni, vigne e orti, con indicazione delle proprietà, contenuti nell’ambito di una zona allora denominata “Villa Coltella”. La coperta di tela reca la scritta a inchiostro “Tempio di Minerva Medica 1812”; l’acquerello è intitolato “Pianta di diversi corpi di terreno formanti un sol corpo detto Villa Coltella situati dentro Roma, quali al presente coltivansi ad uso d’Orto Casaleno, e Pantano, spettanti all’Ecc(ellentissi)mo Sig. Senator Savioli in passato, estratta in piccolo dall’originale del Sig. Giovanni Gabrielli. La Villa Coltella prende il nome da un suo proprietario del 1633, Francesco Coltelli, del quale riferisce il Lanciani nella Storia degli Scavi, a proposito di danni e demolizioni di tratti di antichi acquedotti, effettuati nei pressi dell’edificio a pianta centrale decagonale sormontato da cupola, situato nella zona tra la chiesa di S. Bibiana e Porta Maggiore. Il monumento si erge sull’odierna via Giolitti ed è stato identificato per lungo tempo come Tempio cosiddetto di Minerva Medica5. A seguito di approfonditi studi anche strutturali, l’edificio, realizzato presumibilmente all’inizio del IV sec. d. C, inserito all’interno dell’antico complesso degli Horti Liciniani, è stato riconosciuto generalmente come Ninfeo, come spazio termale, o ancora forse come sala di rappresentanza. L’acquerello in questione si viene ad aggiungere alle testimonianze dell’edificio nella cartografia storica, anche se esso viene qui schematicamente rappresentato, poiché l’interesse del disegno non è tanto incentrato sull’antico monumento, quanto nella sua collocazione all’interno della proprietà e nel suo rapporto con gli appezzamenti dei terreni circostanti. Appare comunque di interesse una sorta di bacino o conserva d’acqua delineato in basso, immediatamente a contatto con il monumento, probabilmente in connessione con la funzione legata a un’utilizzazione dell’acqua. Se il disegno esaminato non offre una documentazione inerente scavi di antichità, il “progetto per lo sterramento del Foro Romano” del 1821-1826, costituisce invece un vero e proprio esempio di progettazione per interventi di esplorazione di aree monumentali (fig. 1) (Cart. 127, n. 5). La pianta del “progettato scavo del Foro Romano”, eseguita ad opera 5 LANCIANI 1903, p. 139; per le notizie sul monumento v. GATTI E. In particolare, per una rassegna di manoscritti, disegni e foto v. BIASCI, pp. 145-182; per lo studio e l’interpretazione v. BARBERA, DI PASQUALE, PALAZZO, pp. 1-21. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 140 140 Luigia Attilia 1. Pianta del progettato Scavo del Foro Romano, e livellazione delli oggetti più interessanti, come meglio si rileva dall’annesso Indice, 1821 (AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 5) dell’architetto Giuseppe Valadier, reca l’indice dettagliato dei monumenti visibili, riprodotti in pianta, assieme alla rappresentazione dei livelli che indicano le “elevazioni dei monumenti principali riguardo al piano del Tevere”. A spiegazione e supporto di tale progetto, si legge tra le carte dell’Archivio del Camerale II: “Il Foro Romano…è sempre stato interessantissimo per i colti geni delle arti…che vi hanno impiegato tempo e raziocinio, cercando…d’indagare la vera località. Il partito preso dello scavamento generale…è quello che non solo farà epoca… ma produrrà ancora il vantaggio che saranno scoperte tante e tante cose ignote. Di tale verità m’è stato il piccolo cavo per lo scoprimento della colonna di Foca…Mi faccio in dovere di prevenire che converrebbe ricominciare dallo assicurare li bordi di tutti li cavi già fatti qua e là …si anderà portando via le terre cavate dagli scavi medesimi…Questa lavorazione di scavo e trasporto dovrebbe principiare da sotto il Campidoglio, discoprendosi tutto quello che sarà in quella parte. Di mano in mano che si anderà avanti col cavo…si anderà costruendo il muro di recinto e di 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 141 I disegni di archeologia nella Collezione di disegni e mappe 141 sostruzione alla commoda ed amena strada. Qualora venisse a scoprirsi negli scavi un qualche monumento interessante che meritasse di rimanere visibile ma restasse sotto la strada destinata, si potranno lasciare dei sotterranei e con qualche arco o specie di ponte provvedere al duplice oggetto”6. Così il 10 giugno 1821 Giuseppe Valadier, architetto operante in seno all’amministrazione pontificia delle antichità e belle arti nel periodo della Restaurazione, trasmette a S.E. il Camerlengo la sua relazione tecnica esplicativa dei lavori da compiere, indicati nella pianta in esame. Il progetto illustrato fu redatto sotto il notevole impulso dato ai lavori dal pontefice Pio VII, che promosse importanti opere per lo sviluppo dell’archeologia e per la difesa del patrimonio artistico fino alla promulgazione del già nominato Editto del Cardinal Pacca7. In questo panorama rientrano i lavori iniziati nel Foro Romano con il progetto di “sterramento”, presentato dal Valadier insieme a Angelo Uggeri e a Luigi Canina, realizzati con la supervisione di Carlo Fea, allora Commissario per le Antichità8; le esplorazioni archeologiche venivano condotte con metodo e regolarità, pur predominando, nelle scelte architettoniche dell’epoca, come criterio di applicazione l’isolamento degli edifici antichi. È del 1827, contemporaneo al grande intervento di scavo del Foro Romano documentato dal Valadier, il restauro dei “Ruderi in via del Pianto”, un vero e proprio progetto, completo di piante e prospetti, riguardante la casa situata tra via S. Maria dei Calderari n. 23 (antica S. Maria in Cacaberijs) e via del Pianto. La facciata della casa su via dei Calderari, costituita da un’arcata in opera laterizia di epoca imperiale inquadrata tra due semicolonne con capitelli di ordine tuscanico in travertino, tutt’oggi conservata, appartiene, assieme ad altri elementi strutturali conservati all’interno dell’isolato compreso tra le due vie, a un antico edificio situato nell’area del Campo Marzio meridionale, riprodotto in numerosi disegni fin dall’epoca rinascimentale. Esso è stato erroneamente identificato fino al 1960 con la Crypta Balbi, il portico annesso al Teatro di Balbo9. Il progetto, illustrato AS ROMA, Camerale II, AABBAA, b. 37, fasc. 20. G. Valadier figura come “architetto consigliere” della Commissione consultiva delle Belle Arti in una relazione a S. E. il Sig. Camerlengo Card. Pacca del 16 giugno 1823: AS ROMA, Camerale II , b. 46, fasc. 53. 8 Sui risultati degli scavi dell’epoca v. DE RUGGIERO. 9 Gli studi di Guglielmo Gatti collocarono in maniera esatta il complesso del Teatro e della Crypta di Balbo lungo via delle Botteghe Oscure: cfr. GATTI G. 1960 e GATTI G. 1979; il monumento su via S. Maria de’ Calderari è stato variamente identificato come Porticus Octavia, Villa Publica, Porticus Minucia Frumentaria. Per la storia degli studi e alcune considerazioni sull’edificio antico, v. TUCCI, pp. 95 – 124. 6 7 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 142 142 Luigia Attilia in un acquerello a colori e china dell’architetto Pietro Bosio (Cart. 127, n. 8) (fig. 2), risulta particolarmente interessante poiché nella pianta sono chiaramente indicate le murature del piano superiore dell’antico edificio, ormai non più conservate10. Il progetto venne presentato da quest’ultimo per conto della signora Maddalena Neri vedova Gismondi, che intendeva effettuare migliorie alla casa che sorgeva sopra le antiche rovine. Un complesso carteggio conservato negli atti del Camerlengato costituisce la “pratica” relativa all’acquerello del Bosio, attualmente conservato all’interno della Collezione I di disegni e mappe 11. Tralasciamo in questa sede i particolari strutturali contenuti nel disegno, già minuziosamente descritti negli studi del Tucci citati in nota, mentre sembra assai rilevante dal punto di vista storico-istituzionale l’iter burocratico che accompagna la storia del progetto. Le relazioni della Commissione Consultiva di Belle Arti contenute nel fascicolo, con data 1827, riguardano l’esame da parte del Valadier, che, in qualità di architetto del Camerlengato e membro della suddetta Commissione, valutò lo stato pericolante dei resti di muratura a cortina antica ancora conservati al piano superiore della casa in via Santa Maria dei Calderari e la consunzione dei rocchi della colonna di destra, proponendone un restauro12. Ma successivamente, il 21 novembre 1827, Valadier stesso constatò l’avvenuto danno all’antica muratura in una lettera indirizzata al Sig. Beretta, Capo Mastro muratore che aveva seguito i lavori: “… avendo veduto nella Fabrica della Sig. Maddalena a S. M. in Cacaberijs la facciata elevata sopra l’antico Arco, ella in luogo di lasciare il muro antico fra le finestre lo ha del tutto demolito quando come si ricorderà allorquando venni con il Sig. Avocato Fea e Nibbi si disse di sostenerlo assolutamente ponendovi catene di ferro e quanto occorreva perché restasse benché strapiombato ed ella promise di farlo. Ora che è del tutto andato La prego di dirmi perché ciò sia accaduto e perché non avvertirmi prima della demolizione…”. Fu così che, nonostante fosse stato prescritto dalla Commissione Consultiva di Belle Arti di preservare le strutture antiche, non si diede ragione della demolizione, effettuata per dar luogo a una nuova edificazione, eludendo le ragioni dell’Istituzione, così come illustra- Il progetto è dettagliatamente analizzato in TUCCI, pp. 110-112. AS ROMA, Camerlengato, parte II, titolo IV AABBAA, B. 170, fasc. 476; per l’analisi della pratica del Camerlengato e per il confronto con documenti di altri archivi v. ATTILIA 1990, p. 80; TUCCI, loc. cit. 12 Lo stato di rovina delle strutture antiche, è illustrato in un disegno a matita del 1827, un tempo conservato in AS ROMA, Camerlengato, parte II, titolo IV AABBAA, B. 170, fasc. 476 e pubblicato in ATTILIA 1990, fig. 30, in TUCCI, p. 112, fig. 19; a tutt’oggi tale disegno non risulta più contenuto nel fascicolo indicato. 10 11 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 143 I disegni di archeologia nella Collezione di disegni e mappe 143 2. Pianta dei ruderi in via del Pianto presso la chiesa di S. Maria de Caccabariis, 1826 (AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 8) to nella figura F del citato acquerello del Bosio (fig. 2). Particolarmente densi di notizie di scoperte e di relativa documentazione grafica risultano essere gli anni tra il 1830 e il 1840: nei documenti del Camerlengato, concernenti le Antichità e Belle Arti, ricorre frequentemente il nome di Luigi Grifi, che fu, in quel periodo, il Segretario della Commissione Consultiva di Antichità e Belle Arti. Oltre a lui, in molti documenti compaiono la firma di Luigi Canina e di Pietro Ercole Visconti. Tra gli interventi di scavo intrapresi in questo periodo, si ricorda la prosecuzione del grande progetto di indagine nell’area del Foro Romano, avviata sotto la direzione del Nibby e del Valadier, già esaminata, nel 1835, allorché la direzione degli scavi passò a Luigi Canina13. Furono portate alla luce con quella campagna di scavo le pendici del Campidoglio e le sostruzioni del Tabularium, mentre venne ampliata l’area già emersa intorno all’Arco di Settimio Severo, presso la Colonna di Foca e la Via Sacra. Gli esiti delle indagini descritte sono ben delineati nelle tavole a stampa conservate nella Collezione I di disegni e mappe, all’interno di una miscellanea (Cart. 127, n. 15), intitolata “Restauro del Foro Romano e della Via Sacra”, relative all’opera di Giovanni Angelini architetto e Carlo Fea archeologo: “Il Foro Romano la Via Sacra il Clivo Capitolino dal 1809 al 1836” (fig. 3)14. Altri rinvenimenti effettuati 13 Per l’argomento del Foro Romano alla luce degli studi dell’epoca v.: CANINA 1834; CANI1855; HÜLSEN. 14 HÜLSEN, p. 40; gran parte dei lavori di scavo di questi anni sono documentati negli atti del Camerlengato titolo IV parte II, AABBAA, B.258, B. 259, B. 260, 261, 262, fasc. 2790, in NA 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 144 144 Luigia Attilia 3. Foro Romano, via Sacra e Clivo Capitolino, 1836 (AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 15/3) in occasione di lavori svolti sul territorio della città sono documentati da acquerelli a colori che riproducono con dettaglio artistico l’oggetto della scoperta. È il caso della testimonianza grafica conservata all’interno di una cartella intitolata “Avanzi scoperti presso via Ripetta” (Cart. 127, n. 12) (fig. 4). L’acquerello policromo, privo di riferimenti cronologici e della firma dell’autore, illustra un tratto di pavimentazione a mosaico con motivi geometrici a triangoli bianchi e rossi e reca la seguente didascalia: “Avanzo di Fabrica Antica scoperto sulla Via di Ripetta in occasione dello scavo per le nuove Fondamenta di una Fabbrica ove si custodivano le legna”. A ulteriore dettaglio per l’ubicazione del ritrovamento, nella parte inferiore del disegno è apposta la seguente indicazione: “La linea AB si dirige a Ponente, e truovasi distante dall’angolo del vicolo del Fiume Pal. 131 pari a Met. 29-264 e s’interna dal dritto del Fabricato sulla Fronte della strada 29.7 id. Met. 6, 478”. Viene in ausilio sia all’inquadramento della datazione, sia alla localizzazione del ritrovamento, la pratica corrispondente della scoperta, contenuta in un fascicolo del Camerlengato, dell’anno 183815. Scriveva il Grifi il 30 giugno 1838: “…Una Sezione della Commissione Consultiva di Antichità e Belle Arti…si è recata all’area della cosiddetta Legnaia di Ripetta…perché osservasse le pietre dissotterrate…Nel luogo ove era discoperto il pavimento diviso in tanti triangoli di rosso anti- particolare per quello che riguarda i resoconti delle visite sui luoghi delle scoperte da parte della Commissione Consultiva di Antichità e Belle Arti. 15 AS ROMA, Camerlengato, titolo IV, parte II, AABBAA, B. 257, fasc. 2780. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 145 I disegni di archeologia nella Collezione di disegni e mappe 145 4. Avanzo di Fabrica Antica scoperto sulla Via di Ripetta in occasione dello scavo per le nuove Fondamenta di una Fabbrica ove prima si custodivano le legna, 1838, (AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 12) co e palombino e per entro da una fascia di marmo…”. Nell’area della cosiddetta “Legnaia di Ripetta”, situata presso S. Giacomo in Augusta, come si evince da altre scoperte avvenute successivamente nel medesimo luogo, indicato chiaramente in alcuni documenti del 1850, erano già venuti alla luce nello stesso anno vari frammenti architettonici di marmo e iscrizioni, descritti nello stesso fascicolo del Camerlengato16. L’importanza del ritrovamento rese evidentemente necessaria l’immediata documentazione del pavimento venuto alla luce, che costituisce un vero e proprio esempio di rilievo particolareggiato in scala di metri. Un esempio di pratica ancora più complessa di ritrovamento è legata all’acquerello conservato nella Cart. 127, n. 11, intitolato “Muro Curvo dietro l’abside del Tempio della Pace” con data 1835 (fig. 5). Nel marzo del 1835 il cardinale camerlengo Galeffi concesse a Giuseppe Fontana e a Antonio Sturbinetti il permesso di condurre “escavazioni di Antichità” nell’Orto e nei terreni annessi della Pia casa delle Mendicanti, nella zona retrostante l’abside del cosiddetto “Tempio della Pace”, denominazione con la quale all’epoca veniva designata la Basilica di Massenzio. Il monumento fu edificato nel 307 d. C. da questo imperatore nell’ambito di notevoli rifacimenti del Foro Romano dopo l’incendio di Carino e solo in 16 AS ROMA, Camerlengato, titolo IV, parte II, AABBAA, fasc. 3675: Relazione di un sopralluogo di P. E. Visconti in S. Giacomo in Augusta per scoperte effettuate nelle fondazioni delle case dei Reverendi Padri. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 146 146 Luigia Attilia 5. Pianta del muro curvo Rinvenuto dietro l’Abside del Tempio della Pace, 1835 (AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 11) seguito prese il nome di Basilica Costantiniana17. La descrizione degli scavi e dei reperti rinvenuti è contenuta nell’Archivio del Camerlengato, titolo IV, parte II, Antichità e Belle Arti18. Nel corso delle indagini si scoprì il grande muro semicircolare costruito dietro la struttura dell’abside dell’antica Basilica, che, come indicato in una nota di Luigi Grifi (Segretario della Commissione Generale Consultiva delle AABBAA), poteva “reputarsi come un secondo cerchio di quella”. A ispezionare la scoperta si recò una sezione della suddetta Commissione che compilò la “Relazione della visita dietro l’abside del tempio della Pace” datata 21 maggio; per completare l’iter della documentazione, sul 17 Per le notizie sul monumento v. LTUR I (1993), pp. 170-173 (s.v. Basilica Constantiniana, B. Nova (di F. Coarelli). 18 AS ROMA, Camerlengato, titolo IV, parte II, AABBAA, b. 234, fasc. 2298. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 147 I disegni di archeologia nella Collezione di disegni e mappe 147 retro dell’elaborato, opera di Luigi Grifi, con data 27 maggio dello stesso anno, fu dato l’incarico al sig. Enrico Calderari “secondo i doveri del proprio officio”, di accedere al luogo affinché “cavi il disegno della parte di fabbrica discopertasi… e lo rimetta al Card. Cam(erlen)go colla possibile sollecitudine e per l’effetto si ponga in accordo al S.(ignor) Fontana…”. Dal testo della Relazione si apprende che gli autori della scoperta, dopo aver scavato nell’ampio “vacuo...fra il dosso dell’Abside e il muro” che scendeva “dai cinquanta ai settanta palmi in una larghezza di trenta per tutta la curva ed essendo “tale profondissimo corridoio …ricolmo di terra mista ad avanzi di fabbriche diroccate” avevano “nettato” il muro per un buon tratto fino al piano, trovando grande abbondanza di frammenti di mattoni e di lastre di marmi. Essi ponevano ora la richiesta che il Governo prendesse in carico la spesa di “sterramento e trasporto di terra, … ed essi poi in qualità di felici inventori di sì prezioso avvanzo, e di proprietari dello scavo godano di quanto possa fornire sia in materiali, o in altri oggetti di qualsivoglia valore”. Il sig. Commendatore Thorvaldsen, membro della Commissione, considerata la spesa dello scavo e le pretese degli scopritori, “potendosene tenere memoria con un disegno, siccome suggerisce il Sig.re Avv.to Fea”, ritenne che sarebbe stato “divisamento migliore di ordinare che rimanendo il muro non tocco in parte veruna, potessero i Signori Soci proseguire lo scavo nell’intervallo, “giacchè per quello che riguarda le provvidenze da prenderne per la scienza archeologica sarà cura dell’Emo e Prmo Sig.re Card. Camerlengo di pensarvi a tempo opportuno”. In seguito, in una lettera indirizzata da G. Santucci al Cardinale Camerlengo, si riassume il rapporto della Commissione, “data contezza dell’ordine spedito al Sig. Calderari di disegnare il muro”. Sul retro è indicata inoltre la seguente nota: “Il disegno esibito dal S. Calderari si unisca alla Cartella, in cui si conservano tali disegni, e tutto si annoti in protocollo”. Tale annotazione sancisce la chiusura dell’iter documentario dello scavo, al quale è indissolubilmente collegata la testimonianza grafica conservata all’interno della Collezione I di disegni e mappe19. Il disegno ad acquerello rappresenta la pianta dell’antico edificio, con indicazione del muro rinvenuto e la localizzazione nell’Orto delle Mendicanti; esso costituisce un’ulteriore conferma dell’esigenza di ricorrere alla rappresentazione grafica delle strutture antiche a memoria della scoperta, per perfezionare il complesso documentario. Per proseguire il novero degli scavi eseguiti in quegli anni, si ricorda 19 Cfr. nota 18. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 148 148 Luigia Attilia che nel 1838 ebbe luogo il recupero casuale di un gruppo di sepolcri del cosiddetto Grande Colombario, appartenente alla più vasta necropoli di villa Doria Pamphilj, venuta in luce tra gli anni 1820-1830 in seguito a indagini effettuate dalla famiglia Doria Pamphilj20, datata tra l’età repubblicana e il II sec. d.C.. Alla scoperta seguì una regolare concessione di scavo rilasciata in data 7 marzo 1838, per la durata di un anno, al principe Andrea Doria Pamphilj in considerazione della notevole importanza del rinvenimento21 (fig. 6). L’ambiente rinvenuto era privo di copertura ed esposto alle intemperie, pertanto gli affreschi rischiavano il deterioramento; in attesa di effettuare i lavori di chiusura, che furono eseguiti nel 1839, fu incaricato dal Camerlengato l’architetto Enrico Calderari di riprodurre i disegni del monumento sepolcrale e delle pitture22. Gli splendidi acquerelli del Calderari , lo stesso autore del disegno raffigurante i ritrovamenti presso il c.d. Tempio della Pace (fig. 5), conservati nella Collezione I illustrano con estrema accuratezza, in sezioni e pianta, lo stato di conservazione del colombario grande (ambiente A), al momento della scoperta23. Essi ancora una volta sono posti in stretta connessione con la pratica corrispondente, riguardante gli scavi e il relativo affidamento per l’esecuzione della documentazione grafica a supporto della scoperta. Nell’ambito della ricca documentazione grafica dei ritrovamenti archeologici effettuati negli anni 1830-40, sotto il pontificato di Gregorio XVI, è degna di particolare menzione la scoperta, avvenuta nel 1838, del monumento sepolcrale di Marco Virgilio Eurisace presso Porta Maggiore. Nella Collezione I è conservato, in questo caso, un “Registro rilegato”, composto da 11 fogli a stampa di descrizione storica e di tre tavole disegnate da Luigi Maria Valadier, la prima raffigurante la sezione e piante del monumento, la seconda i prospetti, la terza i dettagli dei bassorilievi24 (fig. 7). Il celebre monumento venne alla luce in occasione dei lavori di demolizione “del fabbricato de’ bassi tempi” che vi era addossato, così come riferisce Luigi Maria Valadier in una nota del 28 febbraio 1838 conPer le notizie sulla scoperta della necropoli v. DE ANGELIS BERTOLOTTI. Le notizie del permesso di scavo e del successivo ritrovamento si trovano in AS ROMA, Ministero del Commercio, Belle Arti, Industria, Agricoltura e Lavori Pubblici, B. 403, fasc. 5; gli acquerelli sono pubblicati da De Angelis Bertolotti, ibid., pp. 279-281, figg. 341-343. 22 Lanciani fa menzione dei medesimi disegni redatti per mano di Enrico Calderari nel 1839: v. LANCIANI 2001. 23 Cart. 127, n. 18. La tutela dell’area sepolcrale di Villa Pamphilj è attualmente di competenza della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma. 24 Cart. 127, n. 16; il Registro si intitola “Brevi cenni di un Monumento scoperto a Porta Maggiore del Cav. Luigi Grifi”. 20 21 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 149 I disegni di archeologia nella Collezione di disegni e mappe 149 6. Pianta e Sezioni del Colombario discoperto nella Villa Pamphili, 1839 (AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 18/3) servata nel fascicolo del Camerlengato che contiene i rapporti della Commissione consultiva di Antichità, recatasi periodicamente sul luogo della scoperta. I rapporti, redatti da Luigi Grifi, tra il giugno e il luglio del medesimo anno, documentano dettagliatamente le fasi della ricerca25. L’attribuzione del sepolcro ad un antico fornaio dell’epoca è contenuta nel rapporto del Grifi del 4 luglio: “La sezione … si è recata a Porta Maggiore ed avendo con particolare cura preso ad indagare il rimanente del freggio scoperto sull’alto del monumento quivi scoperto, ha osservato che nel canto, verso le mura, sono rappresentati due mulini mossi ognuno da una mula e alquanti garzoni che stanno cernendo la farina negli stami…”. In un’altra nota del 7 luglio si riporta invece il ritrovamento dell’iscrizione relativa al proprietario del monumento: EST HOC MONIMENTVM MARCI VERGILI EVRISACI. L’importanza della scoperta indusse l’Amministrazione Pontificia ad incaricare Luigi Maria Valadier di disegnare il monumento, lavoro del quale rimangono a testimonianza le tavole a suo nome conservate all’interno della Cartella citata. È già stato rilevato in altri studi che la motivazione istituzionale di questa scelta, nel caso del monumento di Eurisace, è indicata proprio in una lettera del Grifi al cardinale Camerlengo Giustiniani, nella quale si ricorda 25 AS ROMA, Camerlengato, titolo IV, parte II, AABBAA, B. 250, fasc. 2636; il Monumento fu pubblicato in MELCHIORRI. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 150 150 Luigia Attilia 7. Monumento di Eurisace a Porta Maggiore, 1838 (AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 16) l’“uso” del Camerlengato di “tenere i disegni dei monumenti che si scuoprono”26. Nella medesima lettera viene inoltre sottolineata l’esigenza di pubblicare le tavole che riproducono tali scoperte, affinché esse risultino edite dal “Dicastero dell’Eminenza Vostra e non da estranei”, concetto che sottolinea la pertinenza istituzionale delle antichità venute alla luce e l’efficacia del disegno delle medesime nell’azione di tutela da compiere sul bene. È per questa ragione che si annoverano nella Collezione I altrettanto numerosi disegni dell’“andamento delle mura della città di Roma”, a dimostrare che l’antica cinta difensiva della città fu costantemente oggetto di tutela e di restauro da parte dei pontefici, fino al motuproprio di Pio IX, atto con il quale furono consegnate all’Amministrazione del Comune di Roma. A testimonianza dell’attenzione rivolta al percorso delle mura si cita qui in particolare l’acquerello a colori realizzato nel 1848 dall’agrimensore camerale Luigi Mazzarini27 (fig. 8). Il disegno illustra la planimetria in scala 1:2000 metri dell’ ”andamento delle mura e del pomerio della città di Roma dalla Porta S. Paolo per la strada di S.ta Balbina”, con il dettaglio del circuito murario e delle proprietà che esso attraversa. La necessità di documentare non solo lo stato 26 27 SINISI 2009, pp. 9-10, n. 13; per la lettera v. Appendix in COATES – STEPHENS. Cart. 77, n. 203. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:44 Pagina 151 I disegni di archeologia nella Collezione di disegni e mappe 151 8. Andamento delle mura e pomerio della città di Roma dalla Porta S. Paolo per la strada di S. Balbina, 1848 (AS ROMA, CDM, I, cart. 77, n. 203) delle mura, ma anche il passaggio all’interno di ambiti di proprietà, è legato probabilmente all’esigenza di delineare con maggior dettaglio il rapporto tra i terreni e il circuito murario, anche ai fini catastali. Per concludere questa panoramica dei disegni di argomento prettamente archeologico, si è ritenuto di passare in rassegna la raccolta più rilevante conservata nella Collezione I, relativamente alla raffigurazione delle antiche mura. Essa è senz’altro costituita dall’opera dell’incisore ravennate Luigi Rossini intitolata “Le Porte antiche e moderne del Recinto di Roma”28 (fig. 9). Luigi Rossini, incisore della Calcografia camerale, pubblicò nel 1829 “con privilegio pontificio” e “con un breve cenno istorico antiquario” un’opera consistente in 35 tavole realizzate con tecnica di acquaforte, per il prezzo di 10 scudi, riproducente le vedute delle porte e delle mura di 28 AS ROMA,, CDM, I, Cart. 77, n. 206. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:44 Pagina 152 152 Luigia Attilia 9. Le porte antiche e moderne del Recinto di Roma, incisione di Luigi Rossini, 1829 (AS ROMA, CDM, I, cart. 77, n. 206) Roma. L’opera, di impostazione architettonica, restituisce una visione dei monumenti antichi resa in funzione del restauro delle antichità. Il dettaglio grafico nei prospetti delle costruzioni è teso alla rappresentazione analitica dei particolari tecnici delle strutture murarie. Nella sua complessità, il lavoro del Rossini risulta fedele alla realtà e costituisce una fonte importante di conoscenza dell’antico monumento29. Arricchiscono il numero dei disegni qui presi dettagliatamente in esame, altre riproduzioni grafiche di progetti di sistemazione urbanistica di alcune aree della città o di tratti prossimi al corso del Tevere. Nell’impossibilità di trattarli tutti analiticamente, si è ritenuto di elencarli nell’allegato Elenco che accompagna questo contributo. 29 COZZA 1998, p. 16. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 153 I disegni di archeologia nella Collezione di disegni e mappe 153 Archivio di Stato di Roma, Collezione I di disegni e mappe ELENCO DEI PRINCIPALI DISEGNI DELLE ANTICHITÀ DI ROMA Cart. 32, n. 162 - Strada ferrata Pia Latina tra Roma e Frascati - Disegno a matita, inchiostro e acquerello - 1850 “Progetto principale di una stazione provvisoria per la via ferrata Pia – Latina, da costruirsi fuori Porta Maggiore, fra l’acquedotto e la via Prenestina”, di Antonio Cipolla. Rappresenta il circuito delle Mura Aureliane. (cfr. PARISI A., in I colori dell’Archeologia, pp. 88-89). Cart. 77, n. 198 - Presso Porta Salara - Prospetto realizzato a china - 1672 Progetto di sistemazione di un tratto delle antiche Mura della città di Roma copiato dall’originale “inserto nel Chirografo di concessione” del 20 luglio 1672, per mano di papa Clemente X, “ a favore del Sig. Card. Federico Boromeo, perché potesse elevare la fabbrica sulle Mura… esistenti in quella parte ove confinava il suo Giardino presso Porta Salara”. Cart. 77, n. 199 - Cinta muraria antica e papalina - Pianta realizzata a matita, penna, acquerello - 26.11.1806 Pianta di Roma e della cinta muraria. È allegato un fascicolo di quattro fogli manoscritti di Giuseppe Valadier. Cart. 77, n. 200 - Pincio - Acquerello a colori - 1828 “Prospetto delle Mura che servono di sostegno alle terre della Pubblica Passeggiata al Pincio verso Tramontana secondo lo Stato del 1828”. (Sostruzioni degli antichi Horti Aciliorum). (Giuseppe Valadier, Ispettore dello Stato Pontificio). Cart. 77, n. 201 - Mura - Pianta realizzata a matita, penna, acquerello - 06.07.1842 “Andamento delle mura della città di Roma dalla Porta Portese a quella di San Pancrazio”. (Luigi Mazzarini, Agrimensore Camerale). Cart. 77, n. 203 - Mura - Pianta realizzata a matita, penna, acquerello - 20.04.1848 “Andamento delle mura e pomerio della Città di Roma dalla Porta S. Paolo per la strada di Santa Balbina” (Luigi Mazzarini, Agrimensore Camerale). Cart. 77, n. 204 - Mura - Pianta realizzata a matita, penna, acquerello - 1848 “Andamento delle mura e pomerio della città di Roma dalla Porta Portese alle altre di San Pancrazio e Cavalleggeri”. Cart. 77, n. 205 - Pincio - Pianta realizzata a penna e acquerello - 1848 “Mura urbane del Pincio” (Sostruzioni degli antichi Horti Aciliorum): “pianta, prospetto e sezione delle antiche Mura della città nel lato settentrionale del Monte Pincio coll’indicazione del nuovo tratto di ristauro delle medesime eseguito nel 1848 in proseguimento di quello costruito dalla R.C.A. nel 1846 e 1847”. (“Gaetano Spinetti disegnò - L. Poletti Ing. Arch.”). Cart. 77, n. 206 - Porte antiche e moderne, prospetti e piante geometriche - 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 154 154 Luigia Attilia Stampe e manoscritti - 1829 “Le Porte antiche e moderne del recinto di Roma con le Mura - prospetti e piante geometriche disegnate ed incise dall’Architetto Luigi Rossini Ravennate - Roma - pubblicate nell’anno 1829 con privilegio pontificio, con un breve cenno istorico antiquario - opera contenente n. 35 tavole”. Cart. 78, n. 207 - Porta San Giovanni - Pianta realizzata a penna e acquerello - 1840 “Progetto per la sistemazione dell’Officio doganale a Porta San Giovanni in Laterano e nel medesimo tempo rettificare quella Piazza con delle Alberate, Fontane…” Cart. 78, n. 210 - Forte S. Angelo - Pianta realizzata a penna e acquerello - sec. XIX (attribuzione per modalità di esecuzione) “Pianta topografica del Forte S. Angelo di Roma e sue adiacenze”. Cart. 78, n. 211 - Castel S. Angelo - Mura e spalti - Sezioni a penna, matita e acquerello - sec. XIX (attribuzione per modalità di esecuzione). Cart. 81, n. 277 - Acquedotto Claudio in piazza Porta Maggiore -Terreno antistante il monumento - Pianta realizzata a matita, penna, acquerello - 29.03.1841 “Pianta e misura del terreno che si è acquistato dalla R.C.A. pel nuovo Piazzale avanti il Monumento dell’Acquedotto Claudio alla Porta Maggiore…”. Cart. 81, n. 284 - Piazza della Rotonda - Pianta a china e acquerello - 25.04.1663 “La presente pianta delli Casini della Piazza della Rotonda è conforme al presente. Si ritrova in opera questo dì 25 Aprile 1663”. Cart. 81, n. 296 - Piazza S. Giovanni in Laterano - Pianta realizzata a matita, penna, acquerello - 21.03.1838 “Pianta riformata del progetto per la sistemazione della gran Piazza di S. Giovanni in Laterano con viali regolari e proporzionate case per gl’Inservienti della Porta della Città”. Cart. 81 , n. 299 - Piazza S. Gregorio al Celio e edifici circostanti - Pianta realizzata a china e acquerello - 28.06.1814 Planimetria con posizionamento di edifici antichi. Cart. 82, n. 354 - Colosseo - Pianta realizzata a china - sec. XIX (attribuzione per modalità di esecuzione) “Pianta di un corpo di terreno ad uso di orto casaleno spettante al cittadino Cesare Sinibaldi Cambalunga situato dentro le mura in luogo detto il Colosseo”. Cart. 84, n. 468 - 469 - Ponte sospeso a Ponte Rotto - Piante e sezioni realizzate a penna e acquerello - 27.07.1852 Progetto per un ponte sospeso sul Tevere da collocare dalla parte rovinata del ponte, redatto in francese dalla “Societé des Ponts de fer à Rome”. Cart. 89, n. 650 - Strada ferrata Pia Latina dal Colosseo a Porta Maggiore - Piante 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 155 I disegni di archeologia nella Collezione di disegni e mappe 155 realizzate a penna e china - 1849 - Sono rappresentati il Tempio della Pace, il Tempio di Venere e Roma, il Colosseo. Cart. 92, n. 724 - Pianta e misura del casale di Capo di Bove - Mappa realizzata a china e acquerello - 1587 Sono rappresentate le mura di Roma e il disegno del Capo di Bove fortificato presso il sepolcro di Cecilia Metella. Cart. 122, n. 183 - 1) Pianta della sponda del Tevere a Ponte Rotto - 2) Pianta del Tevere dal Ponte Quattro Capi e Ponte Ferrato alla Cloaca Massima - Pianta realizzata a matita, penna e acquerello - 05.08.1821 Nella pianta 1) sono delineati muri antichi presso la testata del Ponte Rotto. Nella pianta 2) è presente nel tratto del Tevere tra i due ponti, la pianta del c.d. Tempio di Vesta al Foro Boario. Cart. 127, n. 2 - Pianta dei granai presso Campo Vaccino (Foro Romano) - Pianta realizzata a china e acquerello - Sec. XVIII. Cart. 127, n. 3 - Pianta dei terreni posti presso il c.d. Tempio di Minerva Medica e nella Villa Coltella - Pianta e prospetti realizzati ad acquerello a colori - 1812 “Pianta di diversi corpi di terreno formanti un sol corpo detto Villa Coltella situati dentro Roma, quali al presente coltivansi ad uso d’Orto Casaleno, e Pantano…”. “Giuseppe Gabrielli delineò ed incise”. Cart. 127, n. 4 - Circo di Caracalla - (Circo di Massenzio) - Pianta realizzata a china e acquerello - 1819. Cart. 127, n. 5 - Pianta del Foro Romano - Pianta realizzata ad acquerello 10.06.1821 “Pianta del progettato scavo del Foro Romano, e livellazione degli oggetti più interessanti”. Progetto di Giuseppe Valadier. Cart. 127, n. 6 - Pianta dimostrativa dei pavimenti ritrovati negli scavi fatti nella villa del signor marchese Casali - Disegni realizzati a matita e acquerello 08.1824. Cart. 127, n. 7 - Restauro dei Fori Romani - 1) Pianta degli sterri da eseguire nel Foro Romano “Sterramento del Foro Romano e conghietture sull’andamento della via Sacra” 2) Piante dei Fori Imperiali - Piante a stampa - 1826. “I Fori antichi di Roma restaurati”. Cart. 127, n. 8 - Ruderi in via del Pianto presso la chiesa di S. Maria in Cacaberis - Piante e prospetti realizzati a china e acquerello - 22.06.1826 Piante e prospetti dei resti archeologici situati sull’odierna via S. Maria dei Calderari. Acquerello di Pietro Bosio. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 156 156 Luigia Attilia Cart. 127, n. 10 - Pavimento scoperto nell’anno 1833 in una delle camere adiacenti al Mausoleo di Augusto nell’occasione delle fondamenta per il nuovo prospetto della chiesa di S. Rocco - Disegno realizzato a matita e acquerello - 1833. Cart. 127, n. 11 - Muro curvo dietro l’abside del tempio della Pace Scavo e ritrovamento del muro curvo dietro la Basilica di Massenzio (c.d. Tempio della Pace) Pianta realizzata a china e acquerello - 01.06.1835. Cart. 127, n. 12 - Avanzi scoperti presso via di Ripetta “Avanzo di Fabrica Antica scoperto sulla via di Ripetta in occasione dello scavo per le nuove fondamenta di una fabbrica ove si custodivano le legna”. Il disegno, realizzato a matita e acquerello, è privo di data, ma attribuibile al 1838, epoca della scoperta riportata nella corrispondente pratica del Camerlengato, titolo IV, parte II, AABBAA, B. 257, fasc. 3675. Cart. 127, n. 13 - Mosaici di due camere rinvenuti nella Vigna Volpi sulla via Aventina (poi via Ardeatina) - Disegno a matita e acquerello a colori - s.d., sec. XIX per modalità di esecuzione. Probabilmente realizzato nel 1838, anno della scoperta (cfr. ASR, Camerlengato, Titolo IV parte II, AABBAA, B. 255, fasc. 2734). Cart. 127, n. 15 - Piante del Foro Romano, via Sacra e Clivo Capitolino - Piante realizzate a matita e acquerello - 1836. Cart. 127, n. 16 - Brevi cenni sul Monumento di Eurisace rinvenuto a Porta Maggiore - Registro rilegato composto da 11 fogli a stampa di descrizione storica e 3 tavole disegnate da Luigi Maria Valadier - 1838. Cart. 127, n. 17 - Pianta del Tempio di Marte Ultore e degli edifici circostanti Pianta realizzata a penna, china e acquerello - 1841 - La pianta reca indicazioni toponomastiche Sul retro a matita blu: “Veggasi l’istrumento 1 maggio 1841 del notaro Apolloni con cui fu venduta alla Camera una parte dell’area del Monastero della Santissima Annunziata”. Cart. 127, n. 18 - Colombario di Villa Pamphili - N. 6 Piante e sezioni realizzate a penna e acquerello - Acquerelli dell’architetto Enrico Calderari - 1839. Cart. 127, n. 20 - Stato attuale del Teatro di Marcello come si osserva sulla via dei Sugherari - Pianta e prospetto realizzati a matita, penna e acquerello All’interno delle arcate del Teatro sono indicate le proprietà - 16.06.1868. Cart. 127, n. 21 - Colosseo ed edifici circostanti - Planimetria realizzata a penna e acquerello - 17.01.1869. Cart. 130, n. 3 - Pianta della zona tra il Palatino e il Foro Romano - Pianta realizzata a matita e china Roma Antica, piante antiche - Studi del Cav. Canina - sec. XIX, attribuzione per modalità di esecuzione. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 157 I disegni di archeologia nella Collezione di disegni e mappe 157 10. Stato attuale del Teatro di Marcello come si osserva sulla Via de Sugherari, 1868 (AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 20) Cart. 130, n. 4 - Pianta delle zone del Campo Marzio, Campidoglio e Foro Romano - N. 3 piante a stampa - Sec. XIX, attribuzione per modalità di esecuzione. Cart. 130, n. 5 - Pianta delle antiche Regioni Augustee I, II, VIII, X, XI, XII - N. 2 piante a stampa - 1732. Cart. 130, n. 6 - Piante di Roma Antica - N. 2 piante a stampa: 1) Circo Massimo, Aventino, Palatino, Settizonio, porti ostiensi di Claudio e di Traiano - 2) Zona tra Esquilino e Palatino - s.d. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 158 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 159 MARIA GRAZIA BRANCHETTI Stampe artistiche e cartografia della Collezione I di disegni e mappe La Collezione I di disegni e mappe dell’Archivio di Stato di Roma comprende un numero di opere calcografiche quantificabile in circa il sei per cento del suo insieme. Si tratta di incisioni di carattere eterogeneo che condividono con il corpus maggiore dei disegni l’arco storico di produzione e la provenienza dagli organi di governo dello Stato pontificio dal XVI al XIX secolo. Il contesto documentario del quale partecipano assegna loro un valore aggiunto rispetto al pregio di manufatto artistico che ne rimane, in ogni caso, elemento distintivo e che le riconduce alla storia della matrice di provenienza e alla loro fortuna editoriale1. 1 Sotto questo aspetto, lo studio delle opere calcografiche trova oggi un utile strumento di indagine nei cataloghi digitalizzati disponibili in rete, da quelli degli Istituti specificamente preposti alla loro conservazione, come l’ING a quelli di Archivi e Biblioteche - tra le quali si deve ricordare almeno la Biblioteca Attilio Mori dell’IGM per l’attività scientifica nell’ambito della cartografia storica- e ancora di Fondazioni, Università, Musei, Collezioni pubblici e privati. I riferimenti che si troveranno nelle note in merito agli enti attivi nel settore non pretendono naturalmente di essere esaustivi. Nell’ambito della digitalizzazione del patrimonio archivistico nazionale il Ministero per i beni e le attività culturali attraverso la DGA, è presente con il Portale del SAN, un progetto nel quale i diversi sistemi informativi, statali e non, trovano un punto di incontro, coordinamento e integrazione. Aperto alla partecipazione attiva e alla collaborazione con tutti i soggetti pubblici e privati nazionali ed esteri e con organismi internazionali, il Portale è stato inaugurato il 17 dicembre 2011 ed è entrato in esercizio, affidato alla gestione dell’ICAR. Il SAN consente la fruizione di documenti di diversa natura e tipologia (immagini, audio, video) e la descrizione dei relativi soggetti conservatori, dei soggetti produttori, dei complessi archivistici, degli strumenti di ricerca. Un’ampia pagina informativa è disponibile in http://www.archivi.beniculturali.it/index.php/archivi-nel-web/san-sistema-archivistico-nazionale. L’AS ROMA con il progetto IMAGO II (responsabile Paolo Buonora e consulenti per i singoli fondi Orietta Verdi, Daniela Sinisi, Luisa Falchi, Angela Lanconelli) ha realizzato la digitalizzazione di una pregevole parte del suo patrimonio cartografico: Catasto alessandrino (1660-1661); Catasto urbano di Roma (1824); Catasto gregoriano (1816-1835); Cessato Catasto rustico (U.T.E) ma anche di Pergamene e Preziosi (Liber Regulae) e delle rubriche di protocolli di diversi notai romani. La parte del Catasto gregoriano relativa all’assetto urbano di Roma è anche pubblicata in LONDEI 2009 (ivi, L. FALCHI, Il catasto e le mappe della città di Roma, pp. 5-12; L. LONDEI, La Roma del Catasto gregoriano, pp. 13-28; L.SALVATORI, Il Catasto urbano digitalizzato, p. 29 e tavv. 29-77). Per un quadro 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 160 160 Maria Grazia Branchetti Il riferimento a personaggi, luoghi, eventi, monumenti di cui tramandano memoria attraverso le dediche, le descrizioni, i titoli, le firme degli autori e dei committenti, ne indica la collocazione all’interno di un percorso storico che ha come protagonista la politica pontificia negli aspetti connessi, principalmente, con la tutela del territorio, la regolamentazione delle acque, la gestione del patrimonio monumentale e artistico, ma anche con questioni relative alla difesa, alla giustizia, alla salute, al commercio. Nella scheda d’inventario ogni singola stampa è descritta attraverso le seguenti voci: denominazione, autori (disegnatori, incisori, architetti, ingegneri, periti di diversa formazione, autorità, committenza), cronologia, dimensioni, tecnica d’esecuzione, descrizione provenienza archivistica. Ai dati tecnici spesso si accompagnano note storiche di approfondimento. Il database è corredato degli indici dei nomi e dei toponimi, due strumenti che ne consentono un approccio diretto e funzionale al consistente contenuto. Ad uno sguardo d’insieme il corpus calcografico della Collezione I di disegni e mappe evidenzia tre percorsi principali riferibili alle seguenti classi: 1 - cartografia storica dello Stato pontificio nei suoi confini generali e nelle sue realtà territoriali; 2 - Roma: piante, monumenti, vedute; 3 - città: piante, vedute. Cartografia La classe si distingue per la presenza di veri e propri capisaldi della cartografia storica, in particolare di quella riguardante interventi di bonifica. Al suo interno si trovano carte geografiche, topografiche e corografiche. Il territorio statale è ampiamente documentato. Della nutrita serie di dettagliato e del dibattito tecnico-critico sulle tematiche di applicazione delle tecnologie digitali alle varie tipologie del patrimonio culturale la documentazione di riferimento per il periodo (2005-2012) è reperibile nel periodico «DigItalia: rivista del digitale nei beni culturali», disponibile su http://digitalia.sbn.it. Per i progetti e le strategie seguite in questo settore dall’AS ROMA si segnala, in particolare l’attività svolta da Paolo Buonora, di cui si citano qui, tra i molti, i seguenti contributi: BUONORA 2001a; BUONORA 2005c disponibile anche su http://archivi.beniculturali.it/cflr/Dobbiaco/Acta.htm; BUONORA 2005a disponibile su: http://www.iuav.it/CNBA/Giornate-d/2003-Le-Ot/Abstract-/Buonora.doc_cvt.htm; BUONORA 2005b, testo disponibile anche su http://www.cflr.beniculturali.it /Eventi/Sepia/SEPIA/atti/Buonora.pdf; BUONORA 2004, disponibile su http://www.storiaurbana.it/biennale/Relazioni/B7.Buonora.doc. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 161 Stampe artistiche e cartografia 161 opere che ne considerano l’assetto si devono almeno ricordare: la Nuova Carta Geografica dello Stato Ecclesiastico. Delineata dal P. Cristoforo Maire della Compagnia di Gesù sulle comuni Osservazioni sue e del P. Ruggiero Giuseppe Boscovich della medesima Compagnia. Alla Santità di N. S. Papa Benedetto XIV (1755), divisa in tre fogli e con denominazione entro una cornice mistilinea decorata con cornucopie e figure antropomorfe2; Lo Stato Ecclesiastico diviso nelle sue Provincie con le Regioni adiacenti. Delineato sulle ultime Osservazioni dal P. D. Giovanni M. Cassini CRS. Roma presso la Calcografia Camerale nella prima edizione del 1805, stampata su 15 fogli con denominazione inquadrata da un elemento architettonico e con inserimento di motivi iconografici quali Allegoria della Chiesa, Romolo e Remo allattati dalla Lupa, figure di pittori e scultori. Vi compaiono anche gli stemmi di Pio VII sorretto da putti alati e di monsignor Alessandro Lante, Tesoriere generale della RCA. L’autore si firma “Giovanni Maria Cassini, Chierico Regolare Somasco, geografo, cartografo, sferografo, intagliatore di architetture e prospettive”3. Passando alle diverse regioni dello Stato pontificio risulta molto ricca la documentazione per i secoli XVII-XVIII. Per il territorio laziale e il circondario di Roma4 si segnalano opere paradigmatiche quali: la Tavola esatta dell’antico Latio e nova Campagna di Roma situata sotto il quinto clima dedicata all’Illustrissimo et Eccellentissimo Signore Domino Sigismondo Chigi Gran Priore di Roma e Signore suo benignissimo da Innocenzo Mattei Rom. M.C. Autore e Descrittore Geografo in Roma nella Stamperia di Giacomo de Rossi alla Pace disegnata da Innocenzo Mattei ed incisa da Giorgio Widman (matrice incisa nel 1666)5; la carta di Giovanni Battista Cingolani Topografia geometrica 2 AS ROMA, CDM, I, cart. 106, n. 210; FRUTAZ 1972, I, pp. 90-92, tav. XL; Atlante storico del territorio marchigiano, pp. 29, 164-166. La terra e le sue copie. Per la cartografia dello Stato pontificio: FAINI-MAJOLI, pp. 41-43. Esemplari, digitalizzati disponibili su: IGM, http://www.igmi.org/ancient/scheda.php?cod=13193); ING-Calcografica, http://calcografica.ing. beniculturali.it/calcografica/FC122920, Bologna, Biblioteca digitale dell’Archiginnasio, http://badigit.comune.bologna.it/mappe. Fondamentali restano per la cartografia storica italiana e per quella dello Stato pontificio: ARRIGONI-BERTARELLI 1930; ARRIGONI-BERTARELLI 1939; ALMAGIÀ 1960. 3 AS ROMA, CDM, I, cart. 106, n. 212; FRUTAZ 1972, vol. I, pp. 113-114, tav. LIII, presenta l’edizione del 1816/24 conservata presso la BAV e menziona i rami conservati presso la Calcografia nazionale, cfr. PETRUCCI, p. 236, n. 1501. 4 Per l’impiego del termine Lazio nella cartografia storica cfr. FRUTAZ 1972, I, pp. XIIIXXVI. 5 AS ROMA, CDM, I, cart. 38, n. 35. Senza data ma la matrice fu incisa nel 1666. La carta deriva da quella di Eufrosino della Volpaia (1547) ma è aggiornata nella toponomastica e arricchita con notizie storiche e ricercati elementi decorativi. FRUTAZ 1972, I, pp. 32 (6) ne ricorda 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 162 162 Maria Grazia Branchetti dell’Agro Romano misura pianta e quantità di tutte le tenute e casali della campagna di Roma con tutte le città, terre e castelli confinanti ad esse tenute, le strade, fiumi, fossi, acquedotti et altre cose principali e memorabili sia antiche come moderne, data alla luce nel 1692 e ristampata nel 1704 nella stamperia di Domenico De Rossi alla Pace6; Il Lazio con le sue più cospicue Strade Antiche, Moderne e’ principali Casali, e Tenute di esso descritto da Giacomo Filippo Ameti Romano e dato in luce da Domenico de Rossi erede di Giovanni Giacomo de Rossi dalle sue Stampe in Roma alla Pace con Privilegio del Sommo Pontefice e Licenza de Superiori l’Anno 1693 7, con denominazione inserita in una conchiglia sormontata da figure allegoriche di elegante disegno; Il Patrimonio di S. Pietro descritto da Monsignor Giuseppe Morozzo protonotario apostolico governatore di Civitavecchia. Inciso dal T. D. Giovanni Maria Cassini C. R.S., del 1791 con dedica a Pio VI che vi è anche raffigurato8. L’interesse per le vestigia antiche e l’avanzamento degli studi archeologici caratterizzano la cartografia della prima metà dell’Ottocento e la Collezione I di disegni e mappe ne documenta le tappe principali attraverso la carta Plan topografique de la campagne de Rome dessiné et expliqué par F. Ch. L. Sickler D. à l’usage des voyageurs. Second. editio. A la presenza nelle sei edizioni del Mercurio geografico edito da Giov. Giacomo de Rossi. Per il Mercurio geografico cfr. VERGA; per la biografia di Giovanni Giacomo De Rossi cfr. CERESA; per la stamperia De Rossi, cfr. GRELLE IUSCO. Per gli esemplari digitalizzati della carta dell’Ameti si segnalano: IGM, http://www.igmi.org/ancient/immagine.php?cod=12215 e ING http://calcografica.ing.beniculturali.it/calcografica/ CL2215/2566. Per il patrimonio e la storia dell’ING, oltre a PETRUCCI, cfr.: Calcografia Regia; OVIDI; MARIANI; SAPORI; DE MARCHI - MARIANI. 6 AS ROMA, CDM, I, cart. 90, n. 652. In 7 fogli numerati in origine I-VI. Il foglio IV è in due esemplari. FRUTAZ 1972, I, pp. 71-75. 7 AS ROMA, CDM, I, cart. 38, n. 36/2. FRUTAZ 1972, I, p. 75-77, analizza le edizioni del 1693 e del 1696. L’opera è distinta con il seguente titolo: Il Lazio con le sue più cospicue Strade Antiche, Moderne e principali Casali, e Tenute di esso descritto da Giacomo Filippo Ameti Romano e dato in luce da Domenico de Rossi erede di Giovanni Giacomo de Rossi dalle sue Stampe in Roma alla Pace con Privilegio del Sommo Pontefice e Licenza de Superiori l’Anno 1693. Parte Prima Terrestre del Latio descritta da Giacomo Ameti, data in luce da Domenico de Rossi, l’Anno 1693. 2: Parte Prima Maritima del Latio distinta con le sue strade Antiche e Moderne, descritta da Giacomo Ameti Romano data in luce da Domenico de Rossi erede di Giovanni Giacomo de Rossi dalle sue stampe in Roma alla Pace con Privilegio del Sommo Pontefice et licenza de Superiori l’Anno 1693. Della carta originariamente suddivisa in quattro tavole, manca la “parte seconda maritima”. Della prima parte l’AS ROMA possiede anche una copia parziale (u.n. 38/37). 8 AS ROMA, CDM, I, cart. 126, n. 64. FRUTAZ 1972, I, pp. 100-101, tav. XLV. Per gli esemplari digitalizzati si segnalano: IGM http://www.igmi.org/ancient/scheda.php?cod=13398; ASC http://www.archiviocapitolinorisorsedigitali.it/indice_doc.php?IDA=90# tomo 23. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 163 Stampe artistiche e cartografia 163 Rome chez Venance Monaldini Libraire place d’Espagne n. 79. 18169; la Carta de’ dintorni di Roma secondo le osservazioni di sir William Gell e del professore Antonio Nibby (ante 1839)10; La Campagna Romana esposta nello stato antico e moderno dall’Architetto Cavalier Luigi Canina e delineata sulla proporzione di uno a sessanta mila nell’anno MDCCCXXXXVIII 11. Per la seconda metà del secolo l’attività amministrativa e scientifica della cartografia pontificia trova due esemplificazioni importanti nella Carta topografica di Roma e Comarca disegnata ed incisa nell’officio del Censo […] l’anno XVII del pontificato di Nostro Signore Pio Papa IX per ordine dell’Eminentissimo e Reverendissimo Presidente Cardinale Giuseppe Bofondi 12 del 1863 e nella Carta geologica della Campagna romana del 1878, redatta dall’Ufficio Geologico in Roma dietro domanda della Direzione di Statistica, con documentazione di Giuseppe Ponzi e altri geologi13. La carta topografica di Roma e Comarca rileva l’estensione territoriale posta sotto l’amministrazione della Presidenza di Roma e Comarca, ufficio istituito da Pio IX con motuproprio del 1 ottobre 184714. Il cardinale Giuseppe Bofondi (1795-1867) fu a capo della Congregazione generale del censo dal 1851 e in tale veste fece eseguire un catasto aggiornato al fine di un più equo calcolo dell’imposta fondiaria. L’operazione comportò l’esecuzione di rilievi topografici che servirono poi per la stesura di nuove carte del territorio pontificio, tra le quali deve essere compresa quella qui menzionata15. Una cartografia d’eccellenza riguarda le regioni centro-settentrionali del territorio dello Stato della Chiesa. A esemplificazione della materia e 9 Sottoscritta dal cardinale Bartolomeo Pacca e dal libraio Venanzio Monaldini, FRUTAZ 1972, I, pp. 111-112, dà notizia dell’esistenza di nove edizioni romane di questa pianta, date alla luce tra il 1811 e il 1865. L’edizione del 1816 è la seconda della serie. 10 AS ROMA, CDM, I, cart. 89, n. 633. In alto a destra rappresentazione di una colonna, FRUTAZ 1972, I, p. 118, la registra come la quarta edizione del Latium Vetus et Regiones conterminae realizzata dagli stessi autori nel 1827. 11 AS ROMA, CDM, I, cart. 127. n. 22. Si veda anche: Cart. 130, n. 1. FRUTAZ 1972, I, pp. 129-131 ricorda tre edizioni (1845, 1848, 1856) della carta del Canina e per questa del 1848 menziona gli esemplari conservati presso le biblioteche romane Biblioteca Universitaria Alessandrina e BNCR. 12 AS ROMA, CDM, I, cart. 130, n. 10. FRUTAZ 1972, I, pp. 142- 144. Quadro di unione e di ogni singolo riquadro sono presenti più copie. 13 AS ROMA, CDM, I, cart. 90, n. 653. FRUTAZ 1972, I, p. 154, tratta dalla Carta Geologica della Campagna Romana con sezioni, del 1880, preparata nel 1879 sulla base delle carte del prof. Giuseppe Ponzi dell’Ufficio Geologico. 14 TORRIANI. 15 PIGNATELLI. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 164 164 Maria Grazia Branchetti dei suoi preziosi contenuti si evidenziano la Topografia del Stato d’Ascoli della Marca con suoi confini (1680) di Odoardo Odoardi de Catilini, ingegnere militare, dedicata a Monsignor Giandemaria governatore di Ascoli e Commissario generale Apostolico contra banditi nello Stato Ecclesiastico corredata di una tavola temporale calcolata per le ore degli orologi da campane di Ascoli16; la Legatione della Romagna. Dedicata all’Eccellentissimo e Reverendissimo Prencipe il Signor Cardinale Fabrizio Paulucci, Vescovo di Ferrara, 1699 di Filippo Titi, Antonio Barbey, Domenico de Rossi con dedica inserita in un cartiglio fastoso e legenda che elenca arcivescovati, vescovati e abbazie17; la Legazione di Bologna descritta da Giovanni Antonio Magini dedicata al Reverendissimo Padre Don Gaetano Maria Gozzadini abate e procuratore generale della Congregazione dei Canonici Regolari lateranensi dal suo umilissimo devotissimo servitore Lorenzo Filippo De Rossi, 1710 sottoscritta dallo stampatore Domenico De Rossi18. Le bonifiche. Gli interventi di natura idrogeologica compiuti per recuperare, salvaguardare e rendere fruttuosi i territori cronicamente soggetti ad inondazioni e ad impaludamenti costituiscono una costante dell’attività di gestione del territorio soggetto a Roma. Le stampe della Collezione I di disegni e mappe raggiungono un grado di documentazione veramente eccezionale nel caso delle bonifiche dell’area emiliano-romagnola, tanto da costituirne una sorta di atlante storico per il periodo compreso tra il XVII e il XIX secolo19. I progetti e i piani d’intervento finalizzati a irreggimentare le acque, a prosciugare le aree impaludate, all’escavazione dei fiumi, alla definizione di diritti di proprietà, recano le firme di periti, ingegneri idraulici, matematici e amministratori al servizio principalmente della RCA ma non 16 AS ROMA, CDM, I, cart. 6, n. 247. Altro esemplare disponibile su IGM. http://www.igmi.org/ancient/scheda.php?cod=13040. 17 AS ROMA, CDM, I, cart. 96, n. 903. Si segnalano esemplari digitalizzati su http://calcografica.ing.beniculturali.it/calcografica; IGM. http://www.igmi.org/ancient/scheda.php?cod=11692. 18 AS ROMA, CDM, I, cart. 9, n. 97. La data del 1710 è quella della stampa. L’originale di Giovanni Antonio Magini non è datato, ma è riconducibile alla seconda metà del 1500, epoca di attività dell’autore. Domenico e Lorenzo Filippo De Rossi, padre e figlio, si succedettero nella direzione della stamperia romana che fu poi acquistata dalla Camera apostolica nel 1738. RONCUZZI ROVERSI MONACO; TOOLEY; ALMAGIÀ 1960, p. 22. 19 La materia è documentata in modo ampio dalla cartografia storica posseduta dalla Biblioteca Universitaria di Bologna e dalla Biblioteca Ariostea di Ferrara. Immagini disponibili su http://dm.unife.it/comunicare-matematica/filemat/atlant.htm 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 165 Stampe artistiche e cartografia 165 solo, come ben evidenziano gli indici dell’inventario. Molto nutrita è la documentazione riguardante l’andamento, i profili, le rotte e inondazioni dei fiumi maggiori e minori e soprattutto in merito ai corsi del Reno e del Po e alla situazione delle Valli di Comacchio. Il quadro storico disegnato dall’insieme testimonia degli interessi politici ed economici che s’intrecciarono su questo territorio a partire dagli inizi del Seicento. Un documento di particolare importanza è la “Pianta che mostra la navigazione tra Bologna e Ferrara e lo Stato delle Valli e del Reno e della Lorgana condotto fino al Po di Primaro fatta l’anno 1609 in occasione della visita Gualtieri. Il territorio ferrarese è rappresentato da una versione della Corografia del ducato di Ferrara con parte degli stati Al mede [si]mo ducato confinanti [...] fatta l’anno 1645 da Bartolomeo Gnoli, con stemma d’Innocenzo X Pamphili (ma stampata a Roma nel 1716)20. Le ragioni di sovranità e di politica economica sull’area delle Valli di Comacchio che nella prima metà del Seicento videro contrapporsi il Governo di Roma e i duchi di Ferrara, sono richiamate dalla “Pianta delle Valli di Comacchio delineata con l’assistenza e la direttione di Pompeo Angelotti già commissario della Camera Apostolica in Ferrara”, datata 1658, incisa da Daniel Widman e completata da stemma di Alessandro VII Chigi21. Passando al Settecento si trovano piante che aggiornano la materia quali la carta della Legazione del Ducato di Ferrara. Dedicata all’illustrissimo ... Conte Eustachio Crispi ambasciatore della città di Ferrara alla Santità di ... Papa Clemente XI, con data 1709 e delineata da Lorenzo Filippo De Rossi e stampata da Domenico De Rossi22; la Carta topografica levata dalle carte geografiche del Magini e d’altri ridotta in misura per 20 AS ROMA, CDM, I, cart. 28, n. 58. Questa carta fu stampata nel 1716 in occasione della visita compiuta da monsignor Domenico Riviera (1671-1752) a seguito delle inondazioni del Reno e della Chiana. Per la carta dello Gnoli del 1645 cfr. ROSSI, disponibile su rivista.fondazionecarife.it/it/num-29/num-28/item/512. Della carta esaminata l’autore ricorda, sottolineandone la rarità, due esemplari conservati presso la Biblioteca Ariostea (Fondo Crispi, RIA, Serie XV, 11-15). 21 AS ROMA, CDM, I, cart. 21, n.358. Pompeo Angelotti fu nominato commissario per la parte pontificia nel 1647. Ricostruzione della vertenza tra Santa Sede e Ducato di Ferrara per la sovranità sulle Valli di Comacchio e sulla cartografia appositamente realizzata da entrambe le parti a sostegno dei rispettivi diritti in A. LODOVISI, Le delizie estensi. Il transunto della pianta delle Valli di Comacchio, disponibile su http://www.castelloestense.it/delizie/eng/carte/comacchio.html 22 AS ROMA, CDM, I, cart. 29, n.79. Carta a stampa con dedica entro un cartiglio e legenda. È indicato l’orientamento. In basso a sinistra: Data in luce da Domenico De Rossi dalle sue stampe in Roma alla Pace con privilegio del Sommo Pontefice l’anno 1709. Sul verso: N. 16 Pianta della Legazione del Ducato di Ferrara delineata nel 1709 da Lorenzo Filippo De Rossi. Sottosrizioni: Lorenzo Filippo De Rossi, stampatore (autore); Domenico De Rossi, stampatore (autore). 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 166 166 Maria Grazia Branchetti quanto s’estende il paese ove sono le valli et inondazioni del bolognese del 1726, del perito pubblico Luigi Maria Casoli, incisa da Giovanni Petroschi; la carta a stampa dell’Andamento del Po di Primaro e de’ fiumi della Pianura del Bolognese e della Romagna incisa da Marc’Antonio Del Re (1697-1763)23; la Mappa dello Stato presente di Territorio e Valli in cui si scaricano li fiumi Reno Savana Idice, et altre acque del Bolognese, dimostrato in una parte di Copia della Mappa prodotta per parte della Città di Bologna negli atti de Congressi tenuti in Faenza l’anno 1725 avanti l’Eminentissimo Piazza …, ma aggiornata al 1734 e stampata nel 173524. Da segnalare ancora una serie collegata alla visita apostolica compiuta dal cardinale Pietro Paolo Conti nel 1761 tra cui spicca, con data 1762, la grande Carta topografica di tutta la pianura bolognese cavata dalla carta da Andrea Chiesa stampata dell’anno 1742 e di parte del Ferrarese e del Ravegnano, ... dedotta dalla nuova Carta fatta l’anno scorso 1761 d’ordine dell’eminentissimo Sig. Cardinale Pier Paolo Conti ..., sottoscritta da Andrea Chiesa, perito per Bologna e autore, Giambattista Migliari, perito per Ferrara, Gaetano Rappini, incisore, Giuseppe Benedetti incisore25. Il Settecento si chiude con il 1790 anno della realizzazione della Carta topografica in cui si veggono delineati i lavori tutti eseguiti dalla commissione delle acque delle tre province Bologna Ferrara e Romagna dall’anno 1767 fino al giorno presente (10 gennaio 1790) autori Giovanni Battista Giusti ingegnere e Tommaso Barbantini perito26. La prosecuzione fino al 1816 e poi fino al 1825 dei lavori idraulici iniziati nel 1767 costituisce la materia con cui prosegue la cronologia per l’Ottocento attraverso un piccolo insieme di stampe con firme degli ingegneri Tommaso Barbantini e Francesco Bertelli, degli incisori G. Rosaspina e (fratelli) Stucchi e di Carlo Mayr disegnatore. Per la seconda metà dell’Ottocento sono presenti carte realizzate dalla Direzione del censo, mentre la situazione idrografica della regione registra i primi progetti di prosciugamento artificiale coll’introduzione delle idrovore a vapore. Altri interventi di bonifica esemplari sono quelli compiuti nella Valle Umbra e nell’Agro Pontino, territori per i quali la parte disegnata della AS ROMA, CDM, I, cart. 65, n. 369. ALBERICI. AS ROMA, CDM, I, cart. 23, n. 9. Sul verso: Bologna. Mappa delle valli ove si scaricano i fiumi Reno, Savana e Idice ed altre acque del bolognese. 1734. 25 AS ROMA, CDM, I, cart. 25, n. 20. Si segnalano: VARIGNANA 1980, p.10; PETRELLA-SANTINITORRESANI, p. 25; VARIGNANA 1974; GAMBI, pp. 213-247 con ampia bibliografia. 26 AS ROMA, CDM, I, cart. 25, n. 23. 23 24 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 167 Stampe artistiche e cartografia 167 collezione offre un materiale abbondante e di notevole qualità artistica. Per il territorio umbro, rappresentato nella sua estensione settecentesca da un esemplare della celebre Tavola generale della provincia dell’Umbria di Amanzio Moroncelli (1712)27, le stampe possedute vertono principalmente sul controllo e la gestione delle acque del Tevere, dei sistemi idraulici interessanti le aree delle valli folignate e spoletina, del sistema Velino-Nera e della cascata delle Marmore. L’arco di tempo che documentano si estende dalla seconda metà del Seicento fino agli anni Settanta dell’Ottocento28. Si segnalano la Corografia fiume Tevere principiando dal luogo detto Monte Tosto sino al ponte Felice con li ripari fatti in diversi tempi, occorse in tempo del regnante Innocenzo XI, del 1683, disegnata dal perito della Sacra congregazione delle acque Agostino Martinelli e incisa da Michelangelo Mariano29; la Pianta del corso del Tevere e sue adiacenze dallo sbocco della Nera e fino al mare e profilo di livellazione del medesimo fatto l’anno 1744 per comando di Benedetto XIV, degli ingegneri Andrea Chiesa e Bernardo Gambarini30; La caduta del Velino nella Nera presentata a N.S. Pio sesto da Francesco Carrara segretario del Concilio. - In Roma: per il Casaletti, 1779 inserita in un fascicolo di 15 fogli e la stampa rappresentante la caduta del Velino nella Nera disegnata da Jacob Philipp Hackert e incisa da Carlo Antonini, dedicata al pontefice Pio VI (1775 -1799)31. L’Ottocento è documentato dall’opera di ingegneri come Girolamo Scaccia, Clemente Folchi, e Gaetano Astolfi (idrostatico)32. Riguardo ad Agostino Martinelli, sopra menzionato come perito della Sacra Congregazione delle Acque ma anche giurisperito, matematico e architetto, si evidenzia che la Collezione I di disegni e mappe ne docu- 27 AS ROMA, CDM, I, cart. 124, n.268. Silvestro Amanzio Moroncelli (al secolo Giovanni Francesco) abate della congregazione Silvestrina di S. Stefano del Cacco (Fabriano, 1652-1719). ANGELINI-PICCININI, pp.98-99; DE MEO, p. 212. 28 La materia è stata studiata nelle sue diverse problematiche e sulla base delle fonti dell’AS Roma, da Paolo Buonora di cui si segnalano i seguenti contributi: BUONORA 1992; BUONORA 1993; BUONORA 1994a; BUONORA 1994b; BUONORA 1995; BUONORA 2003. 29 AS ROMA, CDM, I, cart. 118, n. 94. La stampa è firmata Michael Angelus Marinarius, scultore e incisore. 30 AS ROMA, CDM, I, cart. 119, n. 126. 31 AS ROMA, CDM, I, cart. 125, n. 13. 32 AS ROMA, CDM, I, cart. 105, n. 204, volume di quarantuno fogli intitolato Progetto di sistemazione dei torrenti e scoli della valle spoletana e presentato alla Santità di Nostro Signore e dalla Sua Santità approvato con chirografo del 19 aprile 1826 (o 1828?). Contiene 6 piante, il chirografo del pontefice diretto al cardinale Agostino Rivarola e due relazioni degli ingegneri autori. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 168 168 Maria Grazia Branchetti 1. Caduta del Velino nella Nera, 1775-1779 (AS ROMA, CDM, I, cart. 125, n. 13) menta l’attività di esperto d’idrostatica attraverso una ricchissima serie di disegni attestanti i suoi studi sul Tevere e in particolare sulla navigabilità, le ripe, i ponti33. Per la storia della bonifica dell’Agro Pontino - ottimamente documentata dalla parte disegnata della Collezione I di disegni e mappe con piante ad inchiostro ed acquerello che datano dal Seicento all’Ottocento- le stampe riguardano i lavori promossi da Pio VI ed eseguiti dall’ingegnere bolognese Gaetano Rappini, tra il 1777 e il 179834. Rilevanti, in particolare, risultano la Carta esprimente lo stato paludoso dell’Agro Pontino come fu trovato nella visita dell’Anno 1777 prima che si mettesse mano alla Bonificazione, che fu quindi eseguita per sovrana munificenze dell’immortale Pio Sesto35 e la Carta esprimente lo Stato dell’Agro Pontino già Bonificato dalla Santità di Nostro Signore Papa Pio VI felicemente regnante (1795 ca)36. Una 33 Il Martinelli pubblicò gli studi dedicati al Tevere con il titolo Descrizione di diversi ponti esistenti sopra i fiumi Nera e Tevere con un discorso particolare della navigazione da Perugia a Roma, Roma 1676. L’opera è corredata di 22 tavole fuori testo e per la maggior parte piegate, in alcune delle quali si trova il nome dell’incisore. Del Martinelli si ricorda anche che fu professore straordinario delle istituzioni presso l’Università romana della Sapienza, cfr. RENAZZI, 3, p. 187. 34 La documentazione dell’AS ROMA riguardante la bonifica dell’Agro Pontino trova una sua prima presentazione in LODOLINI A. 1934, pp. 217-230. Su di essa si veda anche FRUTAZ 1972, pp. 94-97. Una indagine ampia in ROCCI. 35 AS ROMA, CDM, I, cart. 116, n. 24/1. 36 AS ROMA, CDM, I, cart. 51, n.21. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 169 Stampe artistiche e cartografia 169 sintesi dell’intervento piano si trova nella Pianta topografica del Circondario Pontino con la delineazione de’ nuovi lavori e fabbriche fatte erigere dalla S.di N.S. Papa Pio sesto realizzata da Domenico Pronti ed edita da Giuseppe Fabri nel 1788. Il Pronti vi rappresenta il territorio bonificato, dodici vedutine dedicate alle nuove opere edilizie e un panorama di Terracina preso dal mare in cui delinea anche il nucleo primo della città moderna37. Roma: piante, monumenti, vedute Roma è rappresentata in relazione a luoghi e siti d’interesse archeologico, a monumenti e complessi civili e religiosi, a progetti di ampliamento urbanistico e di ristrutturazioni edilizie, allo studio della viabilità. Una sorta di panorama è restituito dai fogli della citata Pianta del corso del Tevere realizzata nel 1744 dagli ingegneri Andrea Chiesa e Bernardo Gambarini riguardanti: La sezione del Tevere in faccia al Palazzo Falconieri, ed al Giardino Farnese; l’andamento del fiume per il tratto della Città di Roma, e Profilo di livellazione, e Sezioni, che comincia dal Porto di Ripetta fino al Porto di Ripa grande, con vedute del ponte Felice, nell’alto Lazio, e dei ponti Molle, Sant’Angelo, Quattro Capi, Sisto, Ferrato e raffigurazione della facciata di S. Bartolomeo all’Isola (v. nota 30). La Roma antica rivive, per il Settecento, nelle due piante delle zone tra il Colosseo e le Terme Antoniniane (1732)38 e, per l’Ottocento, nelle tavole riguardanti i restauri delle aree archeologiche tra le quali si segnalano le due, risalenti agli anni 1818-1826, Sterramento del Foro Romano e Congetture sull’andamento della Via Sacra 39 che possono essere messe in relazione con l’opera compiuta nel campo del restauro del patrimonio archeologico dall’architetto Giuseppe Valadier, ispettore delle Fabbriche Camerali40. Altro motivo di vanto della collezione è costituito da sedici delle trentacinque tavole che Luigi Rossini pubblicò nel 1829 con il titolo Le porte antiche e moderne del recinto di Roma con le mura prospetti e piante geometriche 41. Dietro alcune di esse compare il timbro del Camerlen- AS ROMA, CDM, I, cart. 51, n.20. FRUTAZ 1972, I, p. 95, tav. XLII, pubblica l’esemplare posseduto dalla Biblioteca Apostolica Vaticana e fa riferimento a quelli della collezione delle stampe del Castello Sforzesco Milano e della Biblioteca dell’Opera nazionale per i combattenti. 38 AS ROMA, CDM, I, cart. 130, n. 5. 39 AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 7. 40 AS ROMA, CDM, I, cart. 127, n. 5. Per Giuseppe Valadier (1762-1839) cfr. DEBENEDETTI 1979 e DEBENEDETTI 1985. 41 AS ROMA, CDM, I, cart. 77, n. 206. 37 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 170 170 Maria Grazia Branchetti gato di S.R.C. che ne indica la provenienza dal dicastero pontificio preposto alla tutela del patrimonio artistico della città42. Un momento centrale dei risultati prodotti dal fervore archeologico che caratterizza la politica del papato nella prima metà dell’Ottocento è rievocato dalle tre stampe sottoscritte da Luigi Maria Valadier, Achille Pinelli, Battistelli, litografo autore (1838) contenenti piante, prospetti, sezioni e particolari del monumento di Eurisace, rinvenuto a Porta Maggiore e allegate ai Brevi cenni di un monumento scoperto a Porta Maggiore del Cavalier Luigi Grifi, archeologo e segretario della Commissione pontificia di antichità e belle arti43. Per quanto riguarda l’edilizia sacra il numero delle stampe, al contrario dei disegni, è piuttosto circoscritto ma qualitativamente di rilievo. Si ricordano per il Seicento due tavole ancora di Agostino Martinelli, realizzate, l’una, per la ristrutturazione della chiesa di santa Barbara dei librai44 e l’altra, per il nuovo sacello da costruirsi nella chiesa dei SS. Bonifacio e Alessio sull’Aventino e intitolata Ortographiam novi sacelli extructi Romae in ecclesia Sanctorum Bonifatii et Alexii ad augendum cultum Deiparae Virginis in tabula a divo Luca depictae datata 167845. Per il Settecento si distingue una rara stampa che ha per oggetto l’organo di S. Pietro in Carcere (1714-1717) ma con veduta anche dell’interno della chiesa animato da vari personaggi. In basso, in un cartiglio, notizia della commissione da parte di Benedetto Pamphili. Sul verso: “AC met pro Domino Laurentio Vicentino contra Domino Agapito [Fiudula] et litis 42 Luigi Rossini (Ravenna 1790 – Roma 1857). Digitalizzazione di tutte le tavole in INGCalcografica http://calcografica.ing.beniculturali.it/calcografica/index. La serie della CDM comprende: 1-2, Frontespizio con ricostruzione di fantasia della porta di Onorio ed Arcadio e sul retro catalogo delle opere pubblicate dall’autore; 3 tavola X: Monumento dell’acqua Marcia, Tepula e Giulia, arco di Druso; 4 tavola XIII: veduta dell’ antica Porta Metronis; 5 tavola XIV: veduta dell’antica Porta Latina chiusa; 6 tavola XVII: veduta dell’antica porta Ardeatina; 7 tavola XXI: Porta San Pancrazio; 8 tavola XXIII: Porta Cavalleggera detta Turrionis; 9 tavola XXVI: Porta Angelica; 10 tavola XXVIII: Porta di Borgo Angelico; 11 tavola XXIX: Porta di Alessandro VI; 12 tavola XXX: Porta di Santo Spirito; 13 tavola XXXI: Porta Settimiana; 14 tavola XXXII: Porte antiche del recinto di Roma; 15 tavola XXXIII: Porte antiche e moderne del recinto di Roma; 16 tavola XXXIV: Costruzioni varie del recinto di Roma; Fuori numerazione: 17: Vedute di varie porte e tratti di mura; 18: veduta della Porta Salaria e della Porta Portese; Per l’opera di Luigi Rossini cfr. Luigi Rossini incisore, pp. 140-143. 43 Per la promozione delle discipline archeologiche durante il pontificato di Gregorio XVI cfr. BREGA. 44 AS ROMA, CDM, I, cart. 85, n. 485. Le due stampe sono da riferirsi al testo A. MARTINELLI, Disegni di cappelle, et altre fabriche da construirsi nella chiesa di S. Barbara de’ signori librari di Roma inuentati dal C. Dottor Don Agostino Martinelli ferrarese, Roma, Tinassi, 1679. LA MONICA, pp. 162-171. 45 AS ROMA, CDM, I, cart. 84, n. 472. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 171 Stampe artistiche e cartografia 171 2. Veduta dell’antica Porta Latina chiusa (al centro), dalla parte esterna della città in distanza vedesi la Basilica di S. Giovanni in Laterano (ai lati), 1829 (AS ROMA, CDM, I, cart. 77, n. 206, f. 5, tav. XIV) consortes. Die 17 martii 1714. Paparozzius”46. Quest’ultima nota chiama in campo il notaio Paparozzius, che la cronologia permette di identificare con Salvatore Paparozzi senior, titolare dell’officio 6 del Tribunale dell’Auditor Camerae dal 1707 al 173747. Il committente cardinale Benedetto Pamphili (1653-1730), è personaggio noto per l’attenzione profusa verso tutte le arti ma in particolare verso quella della musica che praticò anche personalmente e che promosse con generosità e munificenza lungo l’intero arco della sua vita48. Da sottolineare, infine, un nutrito gruppo di stampe di Heinrich De Geymüller, risalenti agli anni 1854-1866 dedicate alla basilica vaticana e riproducenti disegni di Antonio da Sangallo e Bramante49. 46 47 48 49 AS ROMA, CDM, I, cart. 86, n. 528. FRANÇOIS 2011, p. 15. Benedetto Pamphili (1653-1730). Cfr. MONTALTO e Pamphilj and the Arts. AS ROMA, CDM, I, cart. 86, n. 529. Dieci fogli numerati a matita. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 172 172 Maria Grazia Branchetti L’edilizia della città trova un punto di analisi coerente in un Album di 8 fogli (ora sciolti), in cui i primi due contengono la dedica al duca Marino Torlonia, e il “Proemio”; i seguenti sei rappresentano prospetti di palazzi romani. Le tavole, dedicate al duca Marino Torlonia (Roma, 6 settembre 1795 - 30 settembre 1865) duca di Bracciano, di Poli e di Guadagnolo, recano le firme di Giacomo Antonelli, stampatore; A. Moschetti, incisore; P. Fortuna, ingegnere; G. Montiroli, disegnatore50. Città: piante, vedute Un capitolo di rilievo è costituito da un nutrito insieme di vedute e piante di città italiane tra le quali non mancano esemplari rari. Tra le più pregevoli le vedute a volo d’uccello delle città di Civitanova, Norcia e Pavia. La prima, Civitas Nova in Piceno, edita nel 1630 e firmata Giacomo Lauro, contiene come elementi caratterizzanti la pianta del porto, lo stemma del duca Cesarini e l’immagine di Marone, il santo patrono del luogo51; la seconda raffigurante l’Antica città di Norsia reca gli stemmi della Camera apostolica, del Comune e un blasone gentilizio52; la terza riguarda il Nuovo disegno della città di Pavia con tutti li suoi luochi vicini et posti occupati dall’essercito di Francia e duca di Modena con la linea di circonvelatione fata da sudetti incominciata la notte lì 24 luglio 1655 53. Per il Settecento si ricorda, a firma di Carlo Antonini e di Saverio Maria Casselli architetto, la Topografia della pontificia città di Benevento umiliata alla santità D. N. S Papa Pio Sesto dai consoli della medesima (1781) con legenda ed elementi descrittivi quali il prospetto del ponte sul fiume Calore, la pianta e il prospetto meridionale dell’arco di Traiano denominato Porta Aurea, lo stemma della città, lo stemma papale, la rappresentazione delle Virtù, la pianta e il prospetto dell’antico teatro, il prospetto di porta Pia sul nuovo ponte, un particolare dell’epigrafe dedicata a Pio VI54. Le vedute e mappe datate all’Ottocento testimoniano in modo diretto delle politiche territoriali messe in atto attraverso dicasteri centrali quali la Presidenza generale del censo, la Direzione dei lavori idraulici camerali, il Ministero del commercio, delle arti, industria e agricoltura, la Pre- AS ROMA, CDM, I, cart. 82, n. 363. AS ROMA, CDM, I, cart. 19, n. 266. DI CALISTO. 52 AS ROMA, CDM, I, cart. 48, n. 56. BLAEU, pp.151-158. 53 AS ROMA, CDM, I, cart. 56, n. 147. 54 Un esemplare si trova presso IGM, Firenze, Biblioteca Attilio Mori, coll. CD-II-7, (piante di città A-9). 50 51 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 173 Stampe artistiche e cartografia 173 3. Antica città di Norsia (Norcia), sec. XVII (AS ROMA, CDM, I, cart. 48, n. 56) fettura di acque e strade-Ministero dei lavori pubblici, il Ministero delle armi, la Congregazione generale di sanità. Dalla Presidenza generale del censo provengono le carte topografiche di Civitavecchia, Ancona, Ascoli, Senigallia, Ferrara, Perugia, Urbino. Le prime tre documentano l’attività come pro presidente di Gaspare Grassellini, che svolse il suo incarico, insieme a quello di presidente della Prefettura generale di acque e strade dal 1840 e al 184755. Il Grassellini, il cui nome compare anche in altre stampe della collezione, al momento dell’assunzione dell’incarico dispose la misurazione e la stima dei terreni, la compilazione di mappe e carte catastali e il censimento della popolazione56. La carta di Civitavecchia (1841)57 e di Ancona (1844)58 furono 55 56 57 58 AS ROMA, CDM, I, cart. 7, n. 21. Gaspare Grassellini (1796- 1875). Cfr. MONSAGRATI. Civitavecchia: AS ROMA, CDM, I, cart. 19, n. 272. Ancona: AS ROMA, CDM, I, cart. 2, n. 58. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 174 174 Maria Grazia Branchetti entrambe incise da Filippo Troiani. Nella carta di Civitavecchia è inserito un sunto storico delle diverse epoche della storia della città, a partire dall’antica Centumcellae, e considerata la costruzione del porto da parte dell’imperatore Traiano, fino agli interventi urbanistici dei pontefici Pio IV, Sisto V, Pio V, Gregorio XIII, Paolo V, Urbano VIII, Innocenzo XII e Gregorio XVI. Riguardo a Civitavecchia la collezione possiede ancora una seconda carta, datata 1868 e proveniente dal Ministero delle armi, nella quale la città è raffigurata munita di fortificazioni59. La Congregazione generale di sanità è menzionata in una Carta topografica sanitaria del Littorale del Mediterraneo nello Stato Pontificio dal confine del Gran Ducato di Toscana a quello del Regno di Napoli (...), datata 1843 e sempre frutto della propresidenza Grassellini, in cui sono rappresentate le piante della città di Civitavecchia, Terracina, Fiumicino, Porto di Anzio e Nettuno60. Da citare Livorno, tra le città sottoposte ad altra sovranità, per la quale sono presenti trentasei tavole della relazione intitolata Opere eseguite per l’ingradimento della città e porto-franco di Livorno dall’anno 1835 al 1842 sottoscritte da: F. Renard, disegnatore (autore); C. Chirici, architetto, incisore (autore); L. Balatri, incisore (autore); Alessandro Manetti, architetto61. L’opera, dedicata a Sua Altezza Imperiale e Reale Leopoldo II, principe imperiale d’Austria, granduca di Toscana62 fu stampata a Firenze dalla appena fondata casa editrice Le Monnier 63. Un panorama organico delle principali città italiane è rappresentato infine da 50 carte topografiche di altrettante province italiane realizzate dal Regio Stabilimento cartografico Virano di Roma nel 1886. Il quadro tracciato lascia soltanto intuire il valore storico-artistico del materiale calcografico della CDM. Per un giudizio critico, da questa ango- AS ROMA, CDM, I, cart. 19, n. 272. La carta contiene anche notizie demografiche e un breve elenco delle tipologie di edifici pubblici. Altri esemplari: IGM, http://www.igmi.org/ancient/scheda.php?cod=8304; Biblioteca della Fondazione Marco Besso. 60 AS ROMA, CDM, I, cart. 19, n. 273. Pianta generale della città di Civitavecchia e sue fortificazioni al 1 dicembre 1868. Stampa a colori. A sinistra e a destra: legende. È indicato l’orientamento. Sul verso: “135”. Sottoscrizioni: G. Meluzzi, capitano direttore (autore). 61 AS ROMA, CDM, I, Cart. 106, n. 215. Comprende la Carta topografica sanitaria del Littorale del Mediterraneo nello Stato Pontificio dal confine del Gran Ducato di Toscana a quello del Regno di Napoli... e la Carta del Littorale del Mediterraneo. Quadro sinottico. Un fascicolo di 10 fogli presenta la descrizione analitica della pianta. Sottoscrizioni: monsignor Gaspare Grassellini, pro-presidente del Censo. 62 AS ROMA, CDM, I, Cart. 39, n. 42. 63 La tavola prima rappresenta la “Pianta della città e porto di Livorno colla nuova cinta di muro”. Per i titoli delle altre tavole si rimanda alla scheda di catalogo. Cfr. FRATI. 59 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 175 Stampe artistiche e cartografia 175 4. Civitas Nova in Piceno, 1630 (AS ROMA, CDM, I, cart. 19, n. 266) lazione, occorrerà uno studio sistematico di tutto l’insieme. Tuttavia del pregio e della rarità di molte unità della raccolta forniscono una prova indiscutibile i nomi degli autori, committenti, inventori, disegnatori, periti incisori. I personaggi che ne furono a vario titolo gli artefici permettono anche di disegnare la storia del sistema di relazioni che caratterizzò per circa tre secoli il rapporto tra amministrazione pontificia e arte incisoria e che portò nel 1738 all’istituzione della Calcografia camerale. Fu Clemente XIII (1730-1740), coadiuvato dal nipote cardinale Neri Maria Corsini (1685-1770), che ne promosse la creazione disponendo l’acquisto della storica stamperia De Rossi64. 64 Per la storia della Calcografia camerale cfr. nota 5. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 176 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 177 BIBLIOGRAFIA a cura di SERENA DAINOTTO 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 178 La bibliografia comprende le pubblicazioni citate nei saggi, insieme alle opere e ai repertori frequentemente usati sia dagli autori dei saggi, che dai collaboratori che hanno redatto le schede della collezione. Nell’elenco le opere su Roma e lo Stato pontificio sono ovviamente prevalenti in quanto nella Collezione I i disegni e le mappe sono quasi tutti relativi ai vari territori dello Stato pontificio. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 179 ABI = Archivio biografico italiano, a cura di T. NAPPO, München [etc.], K.G. Saur, 1987-1990 [ed edizioni successive]. ALBERICI = C. ALBERICI, Dal Re Marcantonio, DBI, XXXII, 1986, pp. 250253. Alla ricerca dei confini = Alla ricerca dei confini: l’Umbria nella cartografia storica dal XVI secolo all’Unità d’Italia, a cura di F. RONCA e A. VOLPINI, Terni, Arti Grafiche Celori, 2011. ALMAGIÀ 1922 = R. ALMAGIÀ, L’Italia di Giovanni Antonio Magini e la cartografia dell’Italia nei secoli XVI e XVIII, Napoli [etc.], F. Perrella, 1922. ALMAGIÀ 1929 = R. ALMAGIÀ, Monumenta Italiae Cartographica. Riproduzioni di carte generali e regionali dell’Italia dal secolo XIV al secolo XVIII, Firenze, Istituto geografico militare, 1929. 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Hiersmann, 2003-2004. 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 200 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 201 INDICI a cura di SERENA DAINOTTO 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 202 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 203 INDICE DEI NOMI DI PERSONA E DEGLI ENTI Alberici Clelia, 166, 180 Alberini, famiglia, 56, 59, 60 - Orazio, 57 Aldobrandini, famiglia, 79 Alessandro VI, papa, 170 Alessandro VII , papa, 9, 59, 61, 102, 165 Almagià Roberto, 161, 164, 179 Altieri, famiglia, 97 Amaden Francesco, agrimensore, 135 Amayden Teodoro, 106, 179 Ambrogetti Giovanni Paolo, 132 Ameti Giacomo Filippo, 162, Anassimandro, 3 Andreoli Francisco Antonio, notaio, 130, 132, 133 Androsilla, famiglia, 56, 59 Androsilla, monsignore, 57 Angelini Giovanni, 143 Angelini Werther, 167, 179 Angelotti Pompeo, 165 Anguillara, famiglia, 69 Antinori Aloisio, 54, 195 Antonelli Giacomo, 172 Antonietti Ascanio, agrimensore, 78, 83 Antonini Carlo, 48, 167, 172 Apolloni Augusto, notaio, 156 Apprevati, canonico, 132 Arcadio, imperatore, 170 Arena Gabriella, 183 Argoli Carlo, 118 Aristotele, 3 Arrigoni Paolo, 161, 179 Ashby Thomas, 77, 179 Asole Angela, 183 Astolfi Gaetano, idrostatico, 48, 167 Attilia Luigia, V, 137, 142, 180, 184 Baglione Giovanni, 180 Balatri Luigi incisore, 174 Baldacci Osvaldo, 7, 39, 180 Bandini, famiglia, 89, 90 - Pietro Antonio, 89 Baranzone, monsignore, 128 Barbantini Tommaso, 166 Barbera Mariarosaria, 139, 180 Barberini, famiglia, 42 - Antonio, 50 - Francesco, 48, 50 Barbey Antonio, 164 Bardi, famiglia, 89, 105 Baronti Giancarlo, 185 Bartoli Langeli Attilio, 181 Bartolomei Giuseppe de, 103, 104 Battistelli, litografo, 170 Becker Felix, 197 Belgi Francesco Giacomo, notaio, 128 Belli Barsali Isa, 127, 180 Bellone Enrico, 42, 180 Beltràn Fortes José, 194 Benedetti Giuseppe, 166, 169 Benedetto XIV, papa, 161, 167 Bentivogli, famiglia, 97 Bentivoglio Enzo, 79, 180 Beranger Eugenio Maria, 182 Beretta, capo mastro, 142 Bernardi Marcello, 52, 180 Bertarelli Achille, 161, 179 Bertelli Francesco, 166 Bertini Carlo Augusto, 179 Bevilacqua Mario, 60, 180, 193, 194, 196 Biasci Andrea, 139, 180 Bidolli Anna Pia, VI, 30 Bilancia Fernando, 198 Blaeu Joan, 172, 181 Blanco Luigi, 53, 181 Bofondi Giuseppe, 163 Bonella Anna Lia, 10, 199 Bonfiglioli Stefania, 181 Bordoni Egidio, 41, 48 Borghese, famiglia, 69, 79, 95, 119 - Scipione, 69 Borromeo (Boromeo) Federico, 153 Boscovich Ruggiero Giuseppe, 161 Bosio Pietro, 142, 143, 155 Bramante Donato, 171 Branchetti Maria Grazia, V, VI, 7, 127, 159, 180, 189 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 204 204 Indice dei nomi di persona e degli enti Brega Giuliana, 170, 181 Brumat Rachele, VI Bucolo Raffaella, 88, 181 Bulgarini Giovanni Giacomo, 50 Buonasera Francesco, 181 Buonocore Marco, 189 Buonora Paolo, V, 5, 11, 24, 37, 39, 44, 53, 159, 160, 167, 181, 182, 196 Cabeo, gesuita, 40 Caciagli Costantino, VII Caffarelli, famiglia, 124 - Gasparo, 57, 122 - Pietro, 57, 122 Calamo Bernardino, agrimensore, 78, 79, 83, 117, 119, 120, 123, - Domenico, agrimensore, 119 - Francesco, agrimensore, 79, 87, 119, 120 Calcografia camerale, 151, 161, 175 Calcografia regia [poi] nazionale, 161, 162, 183 Calderari Enrico, 147, 148, 156 Calzolari Monica, 182 Camerlengato, 8 Campitelli Alberta, 193 Camporese Pietro, 27 Canina Luigi, 141, 143, 156, 163, 182 Cantile Andrea, 3, 183, 194 Capalbo Cinzia, 69, 183 Capizucchi, famiglia, 130 Capretti Antonio, 48 Caracciolo Alberto, 26, 183 Caravale Mario, 26, 183 Carbonetti Cristina, 184 Cardano, 44 Carocci Sandro, 184 Caroli Paola, VII Carrara Francesco, 167 Carta Marina, 183 Cartoli Alessandro, 115 Casagrande Laura, 182 Casali, marchese, 155 Casanova Eugenio, 49, 183 Casoli Luigi Maria, 166 Casselli Saverio Maria, 172 Cassini Giovanni Maria, 161, 162 Castelli Benedetto, 42, 183 Castiglia Roberto, VII Ceglie Simonetta, VI Cenci, famiglia, 67-72, 76, 77, 80, 85, 87, 105, 109 Ceresa Massimo, 162, 183 Cerreti Claudio, 183 Cesarini, famiglia, 97, 123 - (Cesarino) duca, 122, 172 Cesi, famiglia, 127 - (Cesio) Federico Maria, 127, 128 Chacón Alfonso (Ciaconius), 183 Cherubini Paolo, 194 Chiesa Andrea, 166, 169, 183 Chigi Agostino, 91, 92, 94 Chigi, famiglia, 61, 62 - Sigismondo, 161 Chirici C. architetto, 174 Chiumenti Luisa, 197 Cingolani della Pergola Giovanni Battista, 55, 56, 88, 90, 100, 105, 134, 161, 184 Cipolla Antonio, 153 Cipriano Carlo, 116 Clarici Marius, notaio, 104 Claudio, imperatore, 157 Clemente VIII, papa, 49 Clemente X, papa, 153 Clemente XI, papa, 165 Clemente XIII, papa, 175 Coarelli Filippo, 146, 184 Coates–Stephens Robert, 150, 184 Cocciante Battista, agrimensore, 65 collegi - di S. Bonaventura, 95 - Germanico e Ungarico, 92, 94 - Romano, 91, 92, 94, 95 Collicola Carlo, 134 Coltelli Francesco, 139 congregazioni cardinalizie - del buon governo, 8, 9, 24-26, 51, 66 - della sacra consulta, 26 - delle acque, 8, 24, 37, 38, 40, 49, 5054, 167 - di acque e strade, 173 - delle armi v. anche Presidenza delle armi e Ministero delle armi, 26 - generale del censo v. Presidenza generale del censo 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 205 Indici - generale di sanità, 173, 174 - super viis pontibus et fontibus, 49 congregazioni religiose - dei canonici regolari lateranensi, 164 - Silvestrina di S. Stefano del Cacco, 167 Consiglio d’arte, 26, 27, 53 Contardi Bruno, 188 Conti Pietro Paolo, 166 Cordiale Orazio, agrimensore, 79, 97-100 Cordiale Paolo, agrimensore, 79 Corpo degli ingegneri di acque e strade, 26, 27 Consalvi Ercole, 52 Corsini Neri Maria, 175 Corvisieri Costantino, 121 Coste Jean, 29, 56, 69, 71, 77-80, 86, 8991, 98, 105, 106, 119, 120, 125, 184 Cozza Lucos, 152, 184 Crescentini Claudio, 189 Crescenzi, famiglia, 79 - Ottaviano, 89 - Paolo, 79 Crispi Eustachio, 165 Cristiani Stefania, VI Curcio Giovanna, 188 Curti Francesca, 199 Curzi Valter, 137, 184 Dainotto Serena, IV-VI, 7, 12, 179, 185 D’Aiuto Francesco, 133, 185 Danti Giulio, 43, 45 - Ignazio, 43, 45 - Vincenzo, 43, 45 D’Innocenzi Valentina, VI De Angelis Bertolotti Romana, 148, 185 De Bartolomei Giuseppe, 103, 104 Debenedetti Elisa, 169, 185, 194, 197 De Boni, Filippo, 45, 185 De Falco Giovanni, 137 Della Volpaia Eufrosino, 77, 161 Del Lungo Stefano, 197 Delogu Paolo, 197 Del Re Marc’Antonio, 166 De Marchi Giulia, 162, 185 De Meo Francesca, 167, 185 De Nicolis Domenico, notaio, 116 De Rossi, stamperia, 175 205 - Domenico, 162, 164, 165, 184 - Giovanni Giacomo, 162 - Lorenzo Filippo, 164, 165 De Rossi Adami Andrea, 115 De Ruggiero Ettore, 141, 185 De Seta Cesare, 185 Desideri Margherita, VI De Vizio Romina, 187 Di Calisto Laura, 172, 185 Di Carpegna Falconieri Tommaso, 74 Dicastero generale del censo v. Presidenza generale del censo Di Crollalanza Goffredo, 185 Di Gioia Vincenzo, 53, 186 Dioguardi Maria Cristina, VI Di Pasquale Sabina, 139, 180 Direzione generale del censo v. Presidenza generale del censo Direzione dei lavori idraulici camerali, 172 Dogliani Patrizia, 182 Doria Pamphilj, famiglia, 69, 72, 77, 148 - Andrea, 148 - Giuseppe, 137 Dorsi Pierpaolo, 37, 186 Drei Benedetto jr, agrimensore, 79, 128, 129 - Pietro Paolo, agrimensore, 129 Dubourg Glatigny Pascal, 43, 186 Duchini, agrimensore, 126 Enking Ragna, 79, 186 Esposito Anna, 198 Esposito Daniela, 81, 186 Fabi, famiglia, 61 - Francesco, 56, 57, 59 Fabi (de Fabiis) Pietro Paolo, 85 Fabri Giuseppe, 169 Facci Antonio Felice, 38, 63 Fagiolo Marcello, 194, 196 Fagliari Zeni Buchicchio Fabiano Tiziano, 65, 186 Faini Sandra, 161, 186 Falchi Luisa, VI, 9, 159, 186 Falconieri, famiglia, 68-70, 72, 74-76 - Orazio (XVII sec.), 69 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 206 206 Indice dei nomi di persona e degli enti - Orazio (XIX sec.), 75 Fantoni Pio, 48 Farnese, famiglia, 89 - Alessandro, 65, 89 Fea Carlo, 141-143, 147 Federici Vincenzo, 121, 186 Federzoni Laura, 183 Ferrara Patrizia, VI, 30 Ferraris Maurizio, 3 Ferraris Paola, VI Ferratelli Domenico, 123 Filippi Fedora, 184 Finocchi, famiglia, 101 Folchi Clemente, ingegnere, 53, 167 Fontana Domenico, 45 Fontana Giuseppe, 145, 147 Fonte Thomas de, notaio, 85, 86 Fonthia Domenico, notaio, 69 Fortuna P., ingegnere, 172 Fosco Angelo, 115 Fosco Pomponio, 115 Fossi Maria Pia, VI Franceschini Michele, 67, 69, 73, 74, 192 François Achille, 171, 187 Frati Pietro, 174, 187 Frutaz Amato Pietro, 56, 62, 77, 79, 88, 100, 134, 161-163, 168, 169, 184, 187 Fuschi Marina, 197 Fusco Antonella, 5 Fuscus Vincentius, notaio, 85 Gatti Emanuele, 139, 187 Gatti Guglielmo, 141, 187 Gattola (Gettola) Cesareo, agrimensore, 80, 81, 85, 86, 98 Gauvain Alexis, 76, 79, 128, 129, 187 Gell William, 163 Genovese Carmen, 24, 187 Geymüller Heinrich von, 171, 187 Giandemaria Giacomo, 164 Giorgi, famiglia, 75 Giovanetti Francesco, 28 Giovi Venanzio, 104 Giraud, famiglia, 100 - Pietro, 100, 101 Giustiniani, cardinale, 149 Giustiniani, famiglia, 74 Gnoli Bartolomeo, 165 Gori Sassoli Mario, 195 Gozzadini Gaetano Maria, 164 Grantaliano Elvira, 182 Grassellini Gaspare, 173, 174 Graziani Ersilia, 24, 187 Gregorio XIII, papa, 88, 174 Gregorio XVI, papa, 148, 170, 174 Grelle Iusco Anna, 162, 188 Greppi Cristoforo, 32 Grifi Luigi, 143, 144, 146-149, 170, 188 Gualtieri, 36, 165 Guglielmini Domenico, 41, 44 Gurgo Maria Idria, VI Gabrielli, famiglia, 88 Gabrielli Giovanni, 139 Gabrielli Giuseppe, 155 Galassi Marco Antonio, agrimensore, 85, 86, 96-99 Galeffi Francesco, 145 Galera comunità, 87 Galilei Galileo, 42 Gallo Luigi, 88 Gamba Enrico, 197 Gambarini Bernardo, 167, 169 Gambi Lucio, 166, 187 Garbini Riccardo, 182 Gardini Stefano, VII Garms Jorg, 187 Gaspari Oscar, 182, 183 Hackert Jacob Philipp, 167 Hülsen Christian, 143, 188 Inniche Onorio, 85 Innocenzo X, papa, 165 Innocenzo XI, papa, 167 Innocenzo XII, papa, 49, 174 Isola Farnese comunità, 64, 66 Istituto Nazionale della Grafica (ING), 6, 162 Istituto geografico militare (IGM), 6 Jacobelli Paolo, 180 Jacobilli Francesco, 48 Keaveney Raymond, 189 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 207 Indici Krönig Wolfgang, 189 La Monica Laura, 170, 189 Lanciani Rodolfo, 139, 148, 189 Lanconelli Angela, 82, 159 La Regina Adriano, 190 Lauro Giacomo, 172 Lazi Giovanna, 194 Leggio Roberto, VI Lelo Keti, 195 Leni, famiglia, 80, 83-87, 97 - Ciriaco, 84 - Girolamo, 84, 86 - Marco Antonio, 85 Leonardo da Vinci, 41 Leone Stephanie, 192 Leone X, papa, 137 Leopoldo II, 174 Lepri marchese, 125 Lodolini Armando, 49, 168, 189, - Elio, 10, 24, 30, 66, 189 Lodolini Tupputi Carla, 25, 189 Londei Luigi, VI, 9, 30, 159, 186, 190, 193 Lo Sardo Eugenio, V, X, 30, 190 Lume Lucio, 11, 30, 193 Maccagni Carlo, 46, 190 Maderno Carlo, 45 Maffei Agostino, 120 Maffioli Cesare, 40, 41, 43, 190 Magini Giovanni Antonio, 164, 165 Maire Christopher, 161 Majoli Luca, 161, 186 Malvezzi Campeggi Leonello, 189 Manetti Alessandro, architetto, 174 Mangani Giorgio, 180 Margani, famiglia, 125 Margiotta Anita, 190 Mariani Ginevra, 162, 185, 190 Mariano Michelangelo, 167 Marigliani Clemente, 190, 191, 199 Marino Angela, 53, 191 Marliani Lorenzo, 51 Maroni Lumbroso Matizia, 191 Marticari Teodoro, notaio, 104, 116 Martinelli Agostino, 167, 168, 170, 191 Martini Angelo, 15, 191 207 Martini Antonio, 189, 191 Martino Daniela, VI Marussi Antonio, 191 Massa, famiglia, 104-106, 108, 110, 112, 113, 115 - Antonio (XVI sec.), 106 - Antonio (XVII-XVIII secc.), 115 - Clementia, 115 - Giovanni Battista, 115 - Olimpia, 103, 104, 115 - Taddeo, 109, 113, 115, 116 Massafra Maria Grazia, 190 Massimi Gerardo, 197 Massimo, famiglia, 67, 68, 76, 86, 98100, 105, 106, 108, 111-114, 122 - Fabio, 106 - Mario (XVI sec.), 96-98 - Mario (XVII sec.), 58, 97, 98 - Pietro, 106 - Valerio, 98 - Virginia, 97 Mattei, famiglia, 56, 59, 60, 62, 72, 73, 134 - Alessandro, 135 - barone, 57, 58 - Girolamo, 57, 58, 125 - Innocenzo, 161 Mayr Carlo, disegnatore, 166 Mazzarini Luigi, agrimensore, 150, 153 Mazzeschi Nicola, notaio, 135, 136 Mazzon Antonella, 186 McCarthy Michael Francis, 191 Meccoli Monica, VI, 196 Melchiorri, famiglia, 107, 112 - Francesco Maria, 106-109, 112, 116 Melchiorri Giuseppe, 149, 190, 191 Mello Mario, 81 Meluzzi G., 174 Mendicanti, Pia casa, 145, 147 Mercati Angelo, 133 Merolli, famiglia, 75, 100-102 - Antonio, 99, 100 - Carlo, 99, 100 - Francesco, 99, 100 - Giuseppe, 75, 101 - Tommaso, 99-101 Micalizzi Paolo, 195 Miele Salvatore, VI, 11, 30 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 208 208 Indice dei nomi di persona e degli enti Migliari Giambattista, 166 Mignanelli, famiglia, 134 ministeri - del commercio, belle arti, industria, agricoltura e lavori pubblici, (Ministero dei lavori pubblici) e (Ministero del commercio, belle arti, industria, agricoltura), v. anche Prefettura generale delle acque e strade, 9, 25, 26, 54, 148, 172, 173 - dell’interno, 26 - delle armi v. anche Congregazione delle armi e Presidenza delle armi, 26, 173, 174 - per i beni culturali e ambientali, [poi] per i beni e le attività culturali, 6, 159 Miraglia Biagio, 9, 19 Mollari, ingegnere, 27 Monaldini Venanzio, 163 Monsagrati Giuseppe, 173, 191 Montalto Lina, 171, 191 Montani Giovanna, VI Montebelli Vico, 197 Montiroli G., 172 Morelli Carlo, 135 Morelli Roberta, 197 Morena Marina, VI, 194 Mori Elisabetta, 67, 70, 73, 74, 192 Moroncelli Amanzio, 167 Moroni Gaetano, 192 Morozzo Giuseppe, 162 Moschetti Alessandro, 172 Musacchio Matteo, 137, 192 Muti, famiglia, 67, 100 - Girolamo, 101 Mutini, famiglia, 80, 83-87. 98 - Giovanni Battista, 84, 86 - Lorenzo, 84 - Stefano, 84 Nappo Tommaso, 179 Navarrini Roberto, VIII Negroni Agnese, 100 Neri vedova Gismondi, Maddalena, 142 Nibby (Nibbi), Antonio, 142, 192 Niccoli, notaio v. De Nicolis Domenico, notaio Nicolaj Nicola Maria, 77, 125, 192 Nolli Giovanni Battista, 59 Nuti Lucia, 46, 192 Odoardi de Catilini Odoardo, 164 Onorio, imperatore, 170 Orfanelli v. S. Maria in Aquiro Orlandi Clemente, 63 Ormanni Enrica, 7, 39, 192 Orsini, famiglia, 70, 89 - Paolo Giordano, 65 - Flavio, 94 Orsini Domenico, notaio, 65, 133 Orsini Francesco Nicola, notaio, 114 Ovidi Ernesto, 162, 192 Pacca Bartolomeo, 137, 139, 141, 163 Paci Valerio, 180 Pagano Benedetto, notaio, 122, 131, 132 Pagano Sergio, 60 Palagiano Cosimo, 183 Palazzo Paola, 139, 180 Pamphilj, famiglia v. anche Doria Pamphilj, famiglia Pamphili Benedetto, 170, 171 Pansani Panfilo, 81 Paolelli Conversino, 127, 128 Paolini Carlo Antonio, agrimensore, 102, 115, 116, 125 Paolo V, papa, 49, 174 Paparozzi Salvatore, notaio, 101, 171 Parisi Antonella, VI, 153, 184 Parisotti Lorenzo, notaio, 100 Pascarella Cesare, 193 Pascuccio Emiliano, 115 Pasquali Susanna, 28, 193 Passeri Giovanni Battista, 45, 193 Passigli Susanna, V, 24, 29, 55, 56, 62, 67, 70, 73, 76, 78, 79, 81, 83, 86, 95, 96, 98, 102, 119, 127, 184, 186, 193 Pastor Ludwig von, 49, 194 Pastura Maria Grazia, VI, 23, 193, 196 Paulelli Conversino, 127, 128 Paulucci Fabrizio, 164 Pavolini Carlo Antonio, agrimensore, 103 Pedley Mary, 193 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 209 Indici Pepe Luigi, 53, 193 Peperelli Francesco, architetto e agrimensore, 67-70, 72-74, 77 Peretti, famiglia, 67, 69-71, 73, 74 - Camilla, 67 - Francesco, 69, 74 - Michele, 58, 67-73 Perone Felice, 131 Petrella Marco, 166, 194 Petroschi Giovanni, 166 Petrucci Carlo Alberto, 161, 162, 194 Petruzzi Lorenzo, 42, 43 Pettoralis Nicola, 79 Piagese Girolamo, agrimensore, 63 Picchetti Paolo, agrimensore, 91, 92, 95, 119 Piccinini Gilberto, 167, 179 Piccotti Pierre, 182 Picozzi Maria Grazia, 125, 194 Piersanti Stefania, 199 Pignatelli, Giuseppe, 163, 194 Pinelli Achille, 170 Pio IV, papa, 174 Pio V, papa, 174 Pio VI, papa, 2, 36, 48, 162, 167-169, 172 Pio VII, papa, 52, 60, 141, 161 Pio IX, papa, 8, 26, 150, 163 Pirazzoli Nullo, 190 Piscitelli Enzo, 75, 101, 194 Pissonati Eustachio, 133 Pistocchi, ingegnere, 27 Piuselli Giovanni Domenico, 128 - Marco Antonio, agrimensore, 102, 105, 107, 108, 111-114, 117, 129 Pizziconi Vincenza, VI Poggi Odoardo, 53 Poletti L., ingegnere, 155 Polidori Antonio, 133 Pompeo Augusto, 199 Ponzi Giuseppe, 163 Portoghesi Paolo, 198 Povoledo Elena, 194 Prefettura generale di acque e strade [poi] Ministero dei lavori pubblici, 8, 28, 54, 173 presidenze - delle armi, 26 209 - delle strade, 9, 23, 27, 59, 62, 64, 68, 70, 72, 77, 79, 83, 86, 87, 91-93, 95, 98, 100, 113, 114, 118, 120, 130, 133 - di Roma e Comarca, 163 - generale del censo (Congregazione generale del censo), (Dicastero generale del censo), (Direzione generale del censo), 8, 9, 22, 26, 60, 61, 66, 104, 163, 166, 172, 173 Principe Ilario, 39, 194 Pronti Domenico, 169 Provinciali Paolo, 59 Pusceddu Gemma, VI Quaini Massimo, 38, 44, 195 Qualeatti, famiglia, 75 - Angelo jr, agrimensore, 76 - Angelo sr, agrimensore, 75, 76 , 131, 132 - Asdrubale, agrimensore, 76 - Carlo, agrimensore, 76 - Marco Antonio, agrimensore, 75, 79, 130, 133 - Pietro Paolo, agrimensore, 76, 132 Quaranta Giusto, agrimensore, 93-96, 118-120 Quintavalle Armando O., 194 Raffaeli Cammarota Marina, 125, 194 Raffaelo Sanzio, 137 Rainaldi Carlo, 127 Rainaldi Girolamo, 45 Rampano Geronimo, agrimensore, 79 Rappini Gaetano, 166, 168 Ratti Nicola, 194 Renard F., disegnatore, 174 Renazzi Filippo Maria, 168, 194 Renzi, famiglia, 89, 105 Reverenda Camera Apostolica (RCA), 8, 23, 25, 161, 164 Riccardi, famiglia, 132 - Carlo, 130-132 Riccardi, marchese, 130-132 Ricci Giovanni Battista, 32 Rinuccini, famiglia, 90, 91 - Camillo, 89, 90 Rivarola Agostino, 167 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 210 210 Indice dei nomi di persona e degli enti Riviera Domenico, 165 Rocchi Enzo, 195 Rocci Giovanni Rosario, 195 Romagnosi Gian Domenico, 53 Romano Giovanni, 46, 196 Rombai Leonardo, 44, 45, 47, 194-196 Ronca Fabrizio, 179 Roncuzzi Roversi Monaco Valeria, 164, 195 Rosaspina Giuseppe, 166 Rossi Massimo, 165, 195 Rossini Luigi, 151, 152, 154, 169, 170 Rucellai, famiglia, 69 - Orazio, 69 Ruggeri Adriano, V, 24, 28, 29, 55, 60, 67, 69, 79, 80, 87, 89, 105, 109, 130, 195 Russo Francesco, VI S. Ambrogio della Massima, chiesa, 105, 109 S. Anastasia, capitolo e canonici, 58, 116, 129-133 S. Angelo in Pescheria, capitolo e canonici, 104-107, 111, 112 S. Antonio, ospedale, 79 S. Bonaventura, collegio, 95 S. Caterina della Rosa, confraternita, 130 S. Cecilia in Trastevere, monastero, 56, 58-60, 62-64 S. Giacomo degli incurabili, ospedale, 8, 57, 88, 90-93, 95, 96 S. Giovanni in Laterano, basilica e canonici, 81, 85, 104, 105, 111, 116, 117 S. Maria del Collegio Germanico di S. Apollinare, 94 S. Maria in Aquiro, chiesa, 81 S. Maria in Cosmedin, capitolo e canonici, 130-132 S. Maria in Trastevere, chiesa, 104, 107, 111, 116 S. Maria in via Lata, canonici, 118 S. Maria Maggiore, basilica e capitolo, 56, 78, 119 S. Maria nova, chiesa, 81, 82, 85, 86, 101 S. Pietro in Vaticano, capitolo, 58, 75-77, 79, 104, 128 S. Rocco, chiesa e ospedale, 8, 90-93, 103, 105, 113, 115, 116 S. Sebastiano, chiesa, 66, 81 S. Silvestro in Capite, monastero, 58, 117-120 S. Sisto, monache, 106 S. Spirito in Sassia, ospedale, 8, 105, 106, 112 SS. Domenico e Sisto, monastero, 79, 107, 108 SS. Filippo e Giacomo (o dei morti), cappella di S. Giovanni in Laterano, 105 Saccoccia Curzio, notaio, 125 Sala Serafino, agrimensore, 98-101, 134 Saletti Luca, VI, 17 Salgaro Silvino, 183 Salvatori Luisa, VI Salviati Antonio Maria, 88-90, 92, 93, 96 Salviati, monsignore, 95, 96 Sangallo Antonio da, 171 Sangiorgi Serena, 182 Sani Angelo, 59 - Tobia, agrimensore, 59-64 Santini Chiara, 166, 194 Santucci G., 147 Sapori Giovanna, 162, 196 Sassoferrato Bartolo da, 44 Savelli, famiglia, 74, 97 Savioli, senatore, 139 Scaccia Girolamo, ingegnere, 167 Scotoni Lando, 66, 78, 90, 105, 109, 196 Sercamilli Heronymus, notaio, 104, 115 Sereni, 46 Segreteria di Stato, 26 Segreteria per gli affari di Stato interni [poi] Ministero dell’interno, 26 Serii, famiglia, 97 Sforza Cesarini (v. anche Cesarini), famiglia, 74, 121, 124 Sforzini Francesco, 51 Sickler Friedrich Carl Ludwig, 162 Silvestrelli Giuseppe, 65, 196 Silvestro, papa, 117 Simoncini Giorgio, 196 Singer Charles, 197 Sinisi Daniela, III, V, VI, VII, X, 3, 7, 9, 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 211 Indici 24, 137, 138, 150, 159, 187, 189, 191, 194, 196 Sisto V, papa, 48, 174 Sori Ercole, 181 Sperandio Antonio, 197 Sperandio Fabrizio, 96 Sperandio Francesco, agrimensore, 116, 117, 130, 132 Spinetti Gaetano, disegnatore, 153 Spreti Vittorio, 197 Stefani Guglielmo, 197 Steinby Eva Margareta, 190 Stucchi, fratelli, 166 Sturbinetti Antonio, 145 Tesorierato generale, 8, 25 Tesoriere generale, 23, 161 Thieme Ulrich, 197 Thorvaldsen Bertel, 147 Titi Filippo, 164 Tomassetti Giuseppe, 30, 59, 61, 65, 69, 90, 100, 125, 128, 197 Tooley Ronald Vere, 164, 198 Tor de Specchi, monastero, 97 Torchia Lorenzo, 121, 124 Torlonia Marino, 172 Torresani Stefano, 166, 194 Torriani Orazio, architetto e agrimensore, 79, 128, 129 Torriani Tullio, 164, 198 Tosti Croce Mauro, V, VI, VII, 30 Traiano, imperatore, 157, 174 Travaglini Carlo Maria, VI, 195, 197 tribunali - dell’agricoltura, 122, 124 - dell’Auditor Camerae, 8, 22, 23, 127, 128, 136, 171 - della Camera apostolica, 23 - della sacra rota, 23 - delle acque e strade, 59, 61, 103, 104, 117, 133 Triulzi Benedetto, notaio, 59 Troiani Filippo, 174 Tucci Pier Luigi, 141, 198 Tuzi Stefania, 127, 198 211 Ubaldini, famiglia, 88 - Marco Antonio, 89 Ufficio del bollo, registro ipoteche e tasse riunite di Roma, 59 Ufficio del Tribunale delle strade v. Tribunale delle acque e strade Uggeri Angelo, 141, 142 Urbano VIII, papa, 42, 174 Urbanus, notaio, 21 Vagnolini B., 59 Valadier Giuseppe, 62, 64, 140-143, 153, 155, 179 Valadier Luigi Maria, 148, 149, 156, 170 Valdambrini, famiglia, 88 Valerio Vladimiro, 7, 38, 198 Vannucci Eliseo, agrimensore, 91, 92, 95, 119, 122, 123, 125 Varese Diomede, 50 Varignana Franca, 166, 198 Vecchi Pietro Andrea, 49, 198 Vendittelli Marco, 67, 69, 73, 74, 184, 192, 198 Ventrone Alfonso, 199 Venturoli Giuseppe, 53 Venuti Ridolfino, 100, 198 Venzo Manola Ida, 26, 198, 199 Verdi Orietta, V, VI, VII, 8, 9, 11, 27, 31, 53, 60, 159, 193, 196, 199 Verga Ettore, 162, 199 Verospi, famiglia, 57, 124, 125 - Carlo, 125 - Ferrante, 125 - Giovanni Battista, 125 - Girolamo, 125 Vian Paolo, 133, 185 Visconti Pietro Ercole, 143, 145 Vita Spagnuolo Vera, 9, 60, 199 Vittori, famiglia, 97 Vivaldi, famiglia, 115 - Marco, 104, 106, 115 Volpini Antonio, 179 Weber Christoph, 98, 106, 199 Widman Daniel, 165 Widman Giorgio, 161 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 212 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 213 INDICE DEI LUOGHI Acqua Bullicante, 55 Acquasparta, 58, 127 Agro Pontino, 166, 168, 169 Agro Romano, 9, 24, 29, 55-57, 59-61, 64, 66, 77, 78, 96, 99, 101, 106, 134, 135, 162 Albano, 33 Albano, porta (nel castrum di Capo di Bove), 81 Albano, strada: v. Appia, via Albenga, 6 Ancona, IX, 20, 22, 173 Anguillara, 88 Anzio porto, 174 Arco di Traiano v. Porta Aurea, Ardea, 123 Ardea, territorio, 97, 99 Ascoli, 14, 164, 173 Avignone, 28 Bari, 7 Benevento, 2, 28, 172 Bevagna, 48, 50, 51 Boccea, 78 Bocceola, 78 Bologna, 17, 36, 48 Bracciano, 65, 94, 172 Calandrella, quarto v. Macheri, Torre Rotta e Calandrella Campagna Romana, 29 Campanile, monte nel territorio di Isola Farnese, 65 Cannara, 48 Carpegna, 74 Castel Gandolfo, 33 Castro, stato, 65 Cecilia Metella, mausoleo/tomba, 80, 82, 84-87, 155 Chiane, 40, 45, 49, 50 Chiusi, 49 Città della Pieve, 49 Civitanova Marche, 175 Civitavecchia, IX, 89, 106, 107, 112, 162, 173, 174 Colonnelle de Victorii, 97 Comarca, 40 Emilia, 48 Fabriano, 167 Faenza, 166 Ferrara, 17, 36, 48 Firenze, 45, 88, 174 fiumi e corsi d’acqua - Arrone, fiume, 21, 70, 89. 94 - Calore, fiume, 172 - Castagnola, fosso, 100, 122 - Chiana, fiume e canale, 47, 165 - Cicognola (Cecchignola), fosso, 124 - Clitunno, fiume, 48 - Galera, fosso, 88, 90, 106-108 - Idice, fiume, 166 - Lorgana, canale, 36, 165 - Maggiore, rio, 70 - Magione, fosso, 99 - Magliana, marrana, 63 - Maglianella, fosso, 111 - Marmore, cascata, 167 - Marmorea, fosso, 85 - Marroggia, torrente, 48 - Nera, fiume, 167, 168 - Po, fiume, 50, 165, 166 - Po di Primaro, fiume, 36 - Reno, fiume, 36, 165, 166 - Riotorto, fosso, 97, 100, 122 - Savana, fiume, 166 - Tevere, fiume, IX, 37, 38, 44, 50, 51, 60, 123, 140, 152, 154, 155, 167-169 - Topino, fiume, 50 - Velino, fiume, 167, 168 - Valle dell’Inferno, marrana, 55 Fiumicino, 174 Foce - S. Maria delle Grazie, 20 Foligno, 48 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 214 214 Formello, 66 Francia, 53, 172 Frascati, 153 Galera, 94 Galeria, castello/castrum, 88- 93 - S. Maria in Celsano, 88 Gallese, 106 Genova, 6, 7, 39 Guadagnolo, 172 Imperia, 6 Italia, 4, 8, 11 La Spezia, 6 Lazio, 8, 161, 162, 169 Legazioni, 47 Liguria, 39 Livorno, 174 Lombardia, 11 Magliana, ponte, 62, 63 Magliana, villa, 63 Magliano Sabino, 37 Mandrioni, 73 Marche (Marca), 14, 27 Mediterraneo, IX, 174 Marmore cascate, 167 Mentana, 70, 72, 73, 95 Milano, 169 Modena, 172 Monte Tosto, 167 Montefalco, 48 Napoli, 5, 7, 38 Napoli, Regno, 28, 174 Nettuno, 174 Norcia (Norsia), 172 Osteriaccia di S. Spirito, 73 Ostia - porto di Claudio, 157 - porto di Traiano, 157 Palermo, 7 Paludi pontine, 36, 40, 47-50 Pavia, 172 Indice dei luoghi pediche - Cavalloni, 130 - Crelia, 79 - Maglianella (o Gallesina, poi Massimi), (Massa), 57, 58, 102-106, 108-111, 113, 114, 116 - Maglianella, (di S. Giovanni in Laterano, Cenci) v. anche: Morte, pedica/tenuta, 105, 109 - Maglianella, (S. Ambrogio della Massima), 105, 109 - Quaranta, 109 Perugia, 43, 168 173 Pignotto, 84 Poggi, 53 Poli, 172 Polledrara, (fuori Porta Portese), 61 Ponte al Godolino, 27 Ponte Felice, 37, 38, 50, 167, 169 Ponte Galera, 60, 62, 63 Pratica, 97, 99, 100 Priverno (Piperno), 29 Ravenna, 16, 17, 50, 170 Roma, 5, 7, 9-11, 17, 29, 32, 40, 45, 49, 5153, 55, 59, 60, 62, 64, 75, 77, 80, 88, 96, 97, 99, 100, 106, 134, 135, 137-139, 148, 150-157, 159-165, 168-170, 172, 174 - acquedotti - Acqua Felice, 54 - Acqua Giulia, 170 - Acqua Marcia, 170 - Acqua Paola, 54 - Acqua Tepula, 170 - Acqua Vergine, 54 - Claudio, 154 - archi - di Druso, 170 - di Settimio Severo, 143 - basiliche chiese e cappelle - S. Anastasia, 130, 133 - S. Barbara della Confraternita dei Librari, 170 - S. Bartolomeo all’Isola. 169 - S. Bibiana, 139 - S. Francesco a Ripa, 32 - S. Giacomo in Augusta, 145 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 215 Indici - - - - - - - - S. Giovanni in Laterano, 171 - S. Maria dei Calderari (S. Maria in Cacaberijs), 141-143, 155 - S. Pietro in Carcere, 170 - S. Pietro in Montorio, 51 - S. Rocco, 156 - SS. Bonifacio e Alessio sull’Aventino, 170 Campidoglio, 140, 143, 157 Campo Vaccino (Foro Boario), 155 Castel (Forte) S. Angelo, 154 circhi - di Caracalla, 155 - di Massenzio, 155 - Massimo, 157 Clivo Capitolino, 143, 156 Cloaca massima, 155 Colonna di Foca, 140, 143 Colosseo, 154-156, 169 Conventi e monasteri - Convento di S. Pietro in Vincoli, 53 - Monastero della Ss.Annunziata, 156 Crypta Balbi, 14 Fori, 138, 155 - Foro Boario, 155 - Foro Romano, 139-145, 155-157, 169 Gianicolo, 51 Mausoleo di Augusto, 156 Monumento di Eurisace, 148, 150, 156, 170 Mura, 138, 149-151, 153 - Mura Aureliane, 153 ospedali - S. Giacomo in Augusta e di S. Rocco, 8 - Ss. Salvatore ad Sancta Sanctorum, 8 - S. Spirito in Saxia, 8 palazzi - Falconieri, 169 - Poli, 5 piazze - della Rotonda, 154 - di Porta Maggiore, 154 - S. Giovanni in Laterano, 154 - S. Gregorio al Celio, 154 - Navona, 116 Pincio, 153 215 - ponti - Ferrato (Cestio), 155, 169 - Molle (Milvio), 169 - Quattro Capi, 155, 169 - Rotto, 155 - S. Angelo, 169 - Sisto, 42, 51, 169 - porte - Angelica (S. Pietro), 58, 128, 129, 170 - Ardeatina, 170 - Cavalleggeri, 113, 114, 153, 170 - del Popolo, 58, 65 - di Alessandro VI, 170 - di Borgo Angelico, 170 - Latina, 171 - Maggiore, 57, 59, 60, 139, 148, 149, 153, 154, 156, 170 - Pia, 101, 137, 172 - Portese, 57, 58, 60-62, 153, 170 - S. Giovanni, 154 - S. Pancrazio, 57, 58, 103, 125, 153, 170 - S. Paolo, 58, 96, 97, 99, 150, 153 - S. Sebastiano, 57, 58, 81, 86, 87, 124, 129, 130, 133 - S. Spirito, 170 - Salara (Salaria), 153, 170 - Settimiana, 170 - porti - di Ripa grande, IX, 169 - di Ripetta, IX, 169 - rioni - Aventino, 157 - Campo Marzio, 141, 157 - Esquilino, 157 - Palatino, 156, 157 - Settizonio, 157 - Strada ferrata Pia Latina, 153 - teatri - di Balbo, 141 - di Marcello, 156, 157 - templi - Basilica di Massenzio, 145, 156 - Tempio della Pace, 145, 146, 148, 155, 156 - Tempio di Marte Ultore, 156 - Tempio di Minerva Medica, 139, 155 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 216 216 Indice dei luoghi - Tempio di Vesta, 155 - Terme Antoniniane, 169 - vie, vicoli e piazze - piazza di S. Giovanni, 154 - piazza Navona, 115 - via Aventina (Ardeatina), 156 - via dei Sugherari, 156, 157 - via del Pianto, 141, 143, 155 - via di Ripetta, 144, 145, 156 - via Giolitti, 139 - via S. Maria dei Calderari, 141, 142, 155 - via Sacra. 143, 144, 155, 156, 169 - vicolo del Fiume, 144 - ville, orti, giardini - Giardino Farnese, 169 - Horti liciniani, 139 - Orto delle Mendicanti, 147 - Vigna Volpi, 156 - Villa Coltella, 139, 155 - Villa Doria Pamphilj, 148 Romagna, 50, 164, 166 Romagnola, 50, 53 S. Maria in Celsano v. Galeria Savona, 6 Senigallia, 173 Spoleto, 48 Stato pontificio (Stato della Chiesa), 9, 17 strade, vie - Appia, (strada d’Albano), 80, 82, 85, 86, 170 - Ardeatina, 81, 97, 99, 124, 134, 156 - Aurelia, 67, 104-108, 112 - Civitavecchia v. Aurelia - Falcognano v. Ardeatina - Flaminia 27, 37 - Magliana 60-62, 64 - Portuense 60, 62 - Prenestina, 153 - Tolfa, 89 Suburbio, 29, 55, 87, 134 tenute - Acquafredda, 104 - - Acquasona v. Galera (o Acquasona) Acquaviva, 88, 89 Acquasona (o Cacciarella), 57, 90-94 Aguzzano, 79, 83 Arco di Travertino, 78, 83 Bandina/Bandino, 88-90, 92 Bandita di Galera, 87, 88, 90 Bravi, 86, 98 Buonricovero, 83 Campo Iemini, 100 Campo Merlo (degli Alberini), 56, 57, 59, 60 Campo Merlo (dei Mattei), 56, 57, 59, 60, 62 Campo Merlo, 61, 62 Campo Selva, 97, 100, 122 Cacciarella v. Acquasona (o Cacciarella) Capannone, 100 Capo di Bove (dei Cenci), 80, 85, 87 Capo di Bove (dei Leni e Mutini, Ospedale del SS.mo Salvatore ad Sancta Sanctorum), 57, 80-84, 86, 87, 98, 155 - porta Romana, 81 Capocotta, 79 Capodiferro, 56, 57, 59, 60 Carrocceto, 78 Casal Bruciato (Settebagni), 117 Casal del Marmo, 128 Casal di Galera, v. Galera (o Acquasona) Casal di Gallese v. Massa Gallesina Casalrotondo,(Casale Rotondo) 101, 116 Casanuova, 101 Castagnola, (dei Caffarelli), 57, 97, 100, 121-123 Castagnola, (dei Cesarini), 100, 123 Castel di Guido, 105, 106. 112 Castel di Leva, 130 Castel Lombardo, 67, 68, 70, 76 Castell’Arcione, 120 Castelluccia, 78, 130-132 Castiglione delle Monache, 67- 71 Castiglionis, castrum, 73 Cerrone, 56-59 Chiavichetta, 60-62 Cornazzanello, 120 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 217 Indici - - - - Cornazzano, 88 Cortecchia, 57, 72, 121, 125 Crescenza, 79 Crocetta di Pratica, 99, 100 Due Torri, (Formello), 66 Falcognana, 131, 132 Fontignano, 104, 107, 111 Fossa, 123 Galera (o Acquasona, Casal di Galera), 57, 58, 87, 88, 90, 91, 93- 96 - Bandino, porzione, 88 - Piancoriolo, porzione, 88, 94 - S. Maria, quarticciolo, 93 Gallesina, tenuta: v. Massa Gallesina Grotta Perfetta, 58, 121, 134 Grottoni v. Posticciola Inviolatella v. Violatella Isola Farnese (Isola), 58, 64-67 - Macchia, 65 - Pian Solaro, quarto, 66 - Ponte Sodo, 66 - Prato la Corte, 65 - Vignali, quarto, 66 Leprignana/Libbrignana di sopra e di sotto, 67, 68, 70-72 Lunghezza, 55 Maccarese, 58, 73, 121, 125, 126 Macheri, Torre Rotta e Calandrella (poi Magri), 57, 121, 124, 125 - Torre Rotta, quarto: v. Macheri, Torre Rotta e Calandrella Magione, (dei Savelli), 97, 99, 100 Magionetta (dei Bentivogli, Leni), 97100 Magliana, 56, 58-64 Maglianella (Pesce), (di S. Angelo in Pescheria), 104-107, 111, 112 Magri v. Macheri, Torre Rotta e Calandrella Malagrotta, 105, 106 Malpasso, 57, 58, 117-121 Marco Simone, 55, 58, 121, 126, 127 - villa Caesia, 127 Marmorea, 78, 83 Massa Gallesina (Casal di Gallese, Massa alias Gallesina, Massa e Gallesina), 57, 58, 102, 104-106, 108, 112-115 - 217 Massimilla, 104, 106, 107, 111, 112, 116 Mimmoli, 128 Monachina v. Selce Monte del Forno, 89 Monte Maria Grande, 88, 89, 91, 94 Morte, pedica/tenuta, 104, 105, 109111, 116 Muratella (fuori Porta Portese), 56, 5862 Muratella (fuori Porta S. Paolo), 97, 100, 122, 123 Palidoro, 67 Palmarola, 58, 121, 128, 129 Pesce v. Maglianella Petronella, 78 Pian de’ Frassi, 123 - Castagnola, quarticciolo, 123 Piancimino, 122, 123 Pietra Aura, 84 Pisciarello, 56, 57, 59- 62 Piscis, 104 Ponte Galera, 63 Ponte Lamentana (Nomentano), 116, 120 Ponte Salaro, 83 Portamedaglia, 130-132 Porto, 79 Posticciola (Grottoni), 101 Prataccio, 67, 68 Pratica, 97 Primavalle, 128 Quarto di S. Savo, 89 Riotorto, 123 S. Agata, 128 S. Agnese, 120 S. Alessio, 134 S. Anastasia (Torretta o Torricella di S. Anastasia), 58, 116, 121, 129-134, 139 S. Angelo, 67, 68 S. Biagio, 67, 68, 71 S. Broccola v. S. Procula S. Colomba, 116 S. Gennaro, 95 S. Maria in Celsano, 92 S. Maria Nuova, 10 S. Procula (S. Broccola), (dei Massimo, Muti, Giraud, Merolli), 57, 58, 86, 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 218 218 - - Indice dei luoghi 96-99, 101, 122 - Capanna, quarto, S. Procula, 94, 97 - Isoletta/Isolotta, quarto, 97, 99 - Pretara, quarto, 97, 99 - Sugareto, quarto, 99 S. Procula (S. Broccola), (dei Vittori), 97, 100 Salone, 56, 78 Selce (Monachina), 79, 106, 107, 112 Selce (fuori porta S. Paolo), 83 Sette Bassi, 78, 83 Settebagni, 117 Solforata, 97, 99, 100 Statuario, 78, 81, 83, 85 Sugareto, 100 Testa di Lepre di sopra e di sotto, 69, 71, 77 Tor Carbone, (fuori Porta Portese), 63 Tor Carbone, (fuori Porta S. Sebastiano), 81, 85 Tor Fiscale, 116 Tor Forame, 79 Tor Marancia, 134 Tor Mastorta, 79 Torre in Pietra (Torrimpietra, Torrimpreda, Torre Impietra, Torre Impreda), (dei Peretti, Falconieri), 57, 58, 64, 67-71, 73-76 - Polledrara, 77 - S. Angelo, chiesa, 70 - S. Biagio, chiesa, 70, 71 - S. Maria Maddalena, chiesa, 70 - Torretta di S. Anastasia, v. Torre in Pietra - Torretta, quarto, 67, 76, 77 Torre in Pietra, (dei Cenci), 67, 69-71 Torre in Pietra, (dei Massimo), 67, 68 Torrenova, 79 Torretta di S. Anastasia, v. S. Anastasia - Torrevecchia, 128 - Torricella di S. Anastasia v. S. Anastasia - Torricola, 101 - Tre Fontane, 121, 134 - Procoio Mattei, 134 - Tufelli, 120 - Valleranello, 84 - Violatella (Inviolatella), 118 - Vittorie, v. S. Procula (S. Broccola), (Vittori) Terracina, 169, 174 Tivoli - Grotta di Nettuno, 19 - Palazzo Cesi, 127 - Porta S. Croce, 127 - territorio, 79 Todi, 51 Torino, 7 Torre in Pietra, casale, 73 Toscana, 11 Trasimeno, lago, 42 Tre Fontane, abbazia, 134, 135 Trevi, 48 Tronto, dipartimento, 18 Umbria, 51, 167 Urbino, 173 valli - di Chiana, 48 - Comacchio, 165 - Folignale, 167 - Spoletana (Spoletina), 38, 167 - Umbra, 48, 166 Venafro, 69 Veneto, 11 Venezia, 7 Viterbo, 60, 65 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 219 1.volume.qxp_miscellanea medicea II 05/12/14 09:23 Pagina 220 Finito di stampare nel mese di dicembre 2014 Mura srl - via Palestro 34 - 00185 Roma sovraccoperta_ok.qxp_sovraccoperta 567x240 03/12/14 10:18 Pagina 1 STRUMENTI CC LUOGHI RITROVATI LA COLLEZIONE I DI DISEGNI E MAPPE DELL’ARCHIVIO DI STATO DI ROMA (SECOLI XVI-XIX) MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI ROMA 2014 LUOGHI RITROVATI LA COLLEZIONE I DI DISEGNI E MAPPE DELL’ARCHIVIO DI STATO DI ROMA (SECOLI XVI - XIX) Inventario a cura di DANIELA SINISI