005_12_01_baroffio - Comune di Santu Lussurgiu

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005_12_01_baroffio - Comune di Santu Lussurgiu
martedì 12 gennaio 2010
L’UNIONE SARDA
C ULTURA
Redazione:
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I SARDI NEL MONDO
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La rivista scientifica
“Molecular Biology
and Evolution”
pubblica un
interessante studio
genetico sull’età
del bronzo:
il confronto
con i galluresi
TRADIZIONI
Donata dallo studioso
A Santu Lussurgiu
la biblioteca
di Giacomo Baroffio
a ricerca scientifica
L
sulla plurisecolare vita
liturgica è suggestiva
S
tudiando le variazioni sul
Dna mitocondriale di uomini e donne vissuti in
Sardegna 2500 anni fa e messe a confronto con il patrimonio genetico di 254 sardi attuali, un gruppo di ricerca internazionale ha osservato che
alcuni tratti genetici dei nuragici riemergono nella popolazione dell’Ogliastra ma non
della Gallura. La scoperta, appena pubblicata su “Molecular
Biology and Evolution”, è firmata da Silvia Ghirotto, Andrea Benazzo e Guido Barbujani (dipartimento di Biologia
ed evoluzione dell’Università
di Ferrara), da Stefano Mona
(dipartimento di Genetica delle popolazioni computazionale e molecolare, Università di
Berna), da Francesco Paparazzo (sezione di Biologia evoluzionistica dell’università
Ludwig-Maximilians di Planegg-Martinsried, Germania),
David Caramelli (dipartimento
di Biologia evoluzionistica,
Università di Firenze).
Alla firma più nota al grande pubbico, Guido Barbujani,
abbiamo chiesto cosa significa
questa scoperta.
«Significa che gli antenati di
popolazioni che oggi stanno a
poco più di 100 km di distanza possono anche essere molto diversi. Tutti conosciamo i
nostri nonni, già pochi di noi
sanno chi erano i loro bisnonni e i trisavoli ci sono ampiamente ignoti. Eppure molti di
noi sono convinti, in perfetta
buona fede, di essere milanesi doc, o sardi doc, o veneti
doc. Bene, la genetica ci dimostra che non è così. Risalendo
indietro nel tempo di un centinaio di generazioni, spesso
si scopre che molti di noi derivano da antenati che stavano da un’altra parte: come si è
visto, per esempio, confrontando gli attuali toscani con gli
Etruschi. In effetti, non è sorprendente tanto scoprire che i
galluresi non discendono dagli
abitanti nuragici dell’isola,
quanto che in Oglistra siano
rimasti così tanti Dna già presenti in Sardegna nell’Età del
Bronzo.»
Per Guido Barbujani non si
tratta del primo studio su
Dna dei nuragici: cosa c’è di
tanto interessante nel patrimonio genetico dei sardi antichi?
«Per poter lavorare sul Dna
delle popolazioni antiche bisogna prima di tutto disporre di
reperti ossei ben conservati e
ben collocati nel loro contesto
archeologico, due condizioni
che si incontrano in Sardegna
37
Una riproduzione ad altezza naturale di un guerriero nuragico
Dna, sono gli ogliastrini
i più simili ai nuragici
e in pochi altri posti. Alla raccolta e allo studio molecolare
dei nostri campioni ha partecipato il gruppo di Giuseppe
Vona di Cagliari e l’antropologa Carla Calò. Insieme a loro
anche Robert Tykot, archeologo dell’Università della South
Florida che da molti anni sta
scavando in Sardegna. Per
questo lavoro di analisi statistica erano sufficienti le nostre
competenze. Vorrei ricordare
quelle di Silvia Ghirotto, Stefano Mona e Francesco Papa-
razzo, tre genetisti bravissimi,
due dei quali hanno già accettato offerte dalla Svizzera e
dalla Germania perché il nostro Paese non sa offrire più
niente anche ai migliori fra i
suoi giovani ricercatori.»
Nel vostro articolo descrivete anche le simulazioni
utilizzate per creare i modelli al computer e scoprire
le relazioni genealogiche tra
sardi antichi e moderni. In
cosa consistono?
«Siccome non si può fare
l’esperimento decisivo, cioè
viaggiare nel tempo e vedere
esattamente cos’è successo
negli ultimi due millenni e
mezzo, abbiamo simulato
questi due millenni e mezzo
col computer. Per prima cosa
abbiamo avanzato varie ipotesi: che sia i galluresi che gli
ogliastrini discendano dai nuragici, o solo i galluresi, o solo gli ogliastrini, infine che ci
sia stata una sostanziale immigrazione dalla costa laziale
oppure no. Poi abbiamo gene-
rato milioni di sequenze di
Dna secondo queste ipotesi.
Infine le abbiamo confrontate
con quelle ottenute dalle ossa
nuragiche e dai campioni biologici contemporanei. Siamo
riusciti a riprodurre molto bene la variabilità del Dna quando abbiamo ipotizzato che i
nuragici siano gli antenati della popolazione dell’Ogliastra,
mentre i galluresi attuali discendono prevalentemente da
antenati non locali.».
ANDREA MAMELI
A Parigi, Grand Palais, una straordinaria installazione sulla condizione umana
Il Giudizio Universale secondo Boltanski
na montagna di abiti usati,
U
come quelli raccolti nei
mercatini delle pulci. Sessantanove quadrati in terra dove sono posati mantelli che raffigurano gli esseri scomparsi. E come
colonna sonora decine di battiti cardiaci registrati in tutto il
mondo che accompagnano il visitatore in un percorso al gelo
totale. Perché Christian Boltanski, in una Parigi sottozero, ha
spento qualsiasi fonte di riscaldamento nella grande navata
già gelida del Grand Palais dove ha creato un’opera difficile
da descrivere. Una immensa
scena animata luogo di comme-
morazione visiva ed acustica di
eccezionale densità che porta il
visitatore a una riflessione sociale, spirituale ed umana sulla
vita, la memoria, la singolarità
di ciascuna esistenza, con la
presenza della morte, la disumanizzazione del corpo. Non a
caso l’ha intitolata Personnes,
che vuol dire persone ma anche
nessuno, al plurale.
Nemo.
Gigantesca metafora della
Shoah, riflessione sull’ineluttabilità della morte e sul fato che
incombe sul destino dei singoli,
una partita a dadi in cui uno sarà scelto prima di un altro sen-
za ragione apparente. Giudizio
universale in chiave moderna. I
critici si sono già sbizzarriti per
definire quest’opera che sarà
esposta al pubblico da domani,
per poi secondo la volontà di
Boltanski, essere distrutta dopo
il 21 febbraio, al termine della
mostra organizzata per Monumenta (ministero della cultura).
Per la terza edizione (dopo Anselm Kiefer e Richard Serra)
Boltanski con il suo gusto della
narrazione visiva ereditata dall’espressionismo tedesco trasforma questo simbolo parigino
della luce in un campo desolato
dove giace la condizione uma-
na. Passato il muro tappezzato
di scatole di biscotti arrugginite,
il visitatore si trova davanti ai
69 corpi inerti raffigurati dai
mantelli poggiati al suolo, le
braccia in croce. Il freddo (fino
a -5) ricorda quello delle sinistre baracche dei campi. Boltanski, marcato dalla Shoah,
vuole far riflettere, perché, dice, l’artista è colui che rivela allo spettatore qualcosa che ha
già in sé. E al termine della visita, i visitatori sono invitati a
registrare il proprio battito e a
regalare la registrazione all’artista per il progetto sugli Archivi del cuore.
bilità - che mai asseconda
false ambizioni scientifiche - sono notissimi, coquanto complessa. Si ba- me le sue interpretazioni
sa su fonti manoscritte, a musicali. La sua bibliotestampa, e sulle tradizioni ca è un mare magnum di
orali. Ora, in Sardegna si pubblicazioni su fonti
delinea un evento inter- manoscritte, cataloghi,
nazionale. Tra un paio di studi sulla miniatura.
anni, accanto allo studio Qualche esempio? I fitti
dei filoni orali sardi e del volumi di Victor LeroMediterraneo, specie del quais sui codici liturgici
"canto a cuncordu", pres- delle biblioteche francesi;
so la Fondazione Hymnos le storiche collane della
di Santu Lussurgiu - in fa- Henry Bradshaw Society
se di istituzione da parte e dell’abbazia tedesca di
di Comune e Regione - Maria Laach, nonché misarà possibile affrontare riadi di studi su inni, seanche la tradizione scrit- quenze, tropi. Nella colleta. E questo, grazie al tra- zione - che ha corso il risloco, nella "Casa di Don- schio di volare negli Stati
na Caterina", della presti- Uniti - spiccano monugiosa biblioteca del pro- menti
internazionali
fessore italo-tedesco Gia- (quali i "Monumenta Mucomo Baroffio, studioso sicae Medii Aevi"), ma andi codici liturgici noto in che "locali", ad esempio
campo interper l’Est euronazionale.
peo ("MusicaIL LASCITO
L’insigne rilia Danubiacercatore, e
na"). E ancosua moglie,
ra: atti di conAnastasia Eun
vegni, e miJu Kim, hanno
scellanee in
donato al Coonore di stumune
del
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come
Montiferru le
Giulio Cattin,
loro raccolte
Max Lütolf e
di centinaia di
Bruno
Stämanoscritti liblein. Lo stuturgici in fotodio dei codici
grafie cartacee
liturgici necesCentinaia
e digitali, e
sita della padi preziosi
una biblioteca
leografia latispecializzata manoscritti na e musicale;
di circa treecco allora alliturgici
cento metri litri testi rari
neari - sorta
in fotografie (quali gli "Speda un nucleo
cimina Scripcartacee
di volumi della
turarum" e i
madre di Ba"Monumenti
e
digitali
roffio, Emilie
di Paleografia
Dahnk, filoloMusicale",
ga romanza e musicolo- della Biblioteca Apostoliga. Giacomo Baroffio (No- ca Vaticana). Interessanti
vara, 1940), laureatosi anche le edizioni di teanel 1964 a Köln, dopo tro medioevale donate
studi di musicologia e dal
professor
Hans
materie medievistiche a Drumbl (Bressanone), e
Erlangen e Bonn, già Pre- una sezione Judaica. Una
side del Pontificio Istituto banca dati imponente di Musica Sacra, insegna circa cinquanta repertori
nell’Università di Pavia. Il ("Iter Liturgicum Italisuo pellegrinare alla ri- cum"), in parte reperibili
cerca di codici liturgici lo in rete - corona un fondo
ha spinto verso innume- eccezionale per la sua
revoli biblioteche e archi- specializzazione: musica,
vi in Italia, Germania, liturgia e codicologia. MiFrancia, Belgio, Olanda, gliaia di volumi e centinaGran Bretagna, Unghe- ia di estratti, resi accessiria, Polonia, Spagna, Mal- bili tramite catalogazione
ta, Israele… Ma la sua or- elettronica, saranno quinma è impressa anche in di a disposizione di quanSardegna, specie ad Ori- ti - studenti e studiosi stano (Cattedrale, Con- vorranno dedicarsi alla
vento San Francesco, Mo- ricerca interdisciplinare
nastero di Santa Chiara), in questo campo. Per vadove ha collaborato con lorizzare le tradizioni lol’Istar (Istituto Storico Ar- cali in una ampia visione
borense) sin dalla sua universale, fra scrittura e
fondazione. Il rigore di oralità.
Baroffio, e la sua disponiGIAMPAOLO MELE
A oltre vent’anni dal suo capolavoro, “Trilogia della città di New York”, lo scrittore statunitense riconquista i suoi lettori con un nuovo romanzo
a prima volta che gli strinsi la
«
L
mano fu nella primavera del
1967». Comincia così Invisibile (Ei-
Paul Auster ritorna ed è Invisibile
naudi), il romanzo che segna il ritor- stampe alla fine del 2009, è risultano di Paul Auster agli antichi fasti. to andare oltre ogni più rosea previEra dai tempi della Trilogia di New sione.
York - il libro composto dalle novelLa storia si apre sui fatti accaduti
le “Città di vetro”, “Fantasmi” e “La a uno studente di lettere della CoStanza chiusa”, pubblicato oltre ven- lumbia University nella primavera
t’anni fa e unanimemente considera- del 1967, pochi mesi prima della
to il suo capolavoro - che lo scrittore “Summer of Love” della controcultuamericano (classe ’47, nato a Ne- ra hippie. Il ventenne Adam Walker,
wark come Philip Roth) sembrava aspirante poeta, durante un party a
aver perso lo smalto
New York conosce
che lo ha reso uno
una coppia di amanti
Il
ribaltamento
scrittore di culto celecomposta da un indei punti di vista quietante professore
bre in tutto il mondo.
Tra la chiusura delparigino, Rudolf Born,
la trilogia e questo
omonimo di un poeta
nuovo attacco c’è tutta una sequen- provenzale citato nell’Inferno di
za di prove sbiadite, lavori appena Dante, e dalla affascinante Margot
salvati dal mestiere, qualche sconfi- («Non una bellezza, forse, ma un sinamento
nella
sceneggiatura mulacro della bellezza»). Walker di(Smoke, Blue in the face) e nella re- venta subito oggetto dell’attrazione
gia cinematografica (Lulù on the della coppia; da una parte il facoltoBridge). Così, dopo la recente delu- so Born che gli offre un cospicuo assione di Uomo nel buio, i devoti di segno per ideare e curare una rivista
Paul Auster avevano finito per per- letteraria, dall’altra Margot, la quale,
dere ogni speranza. Sarà per questo complice una partenza improvvisa
che il nuovo romanzo, dato alle di Born per l’Europa, lo invita a ca-
Paul Auster
cui vengono affidate le memorie di
Walker), cambiano i tempi verbali
della narrazione, cambiano i luoghi
sa sua e si abbandona con lui a cin- e gli anni, le storie si intersecano, i
que giorni di sesso sfrenato. Il diabo- temi sconfinano nell’incesto, nella
lico Born al suo ritorno punisce il tra- morte, nell’abiezione e il romanzo si
dimento di Margot cacciandola di ca- dilata oltre l’orizzonte claustrofobico
sa, mentre nei confronti del giovane con il quale si era annunciato.
Walker continua a mantenere una
È forse in questo continuo ribaltacondotta ambigua e apparentemen- mento dei punti di vista, in questa
te priva di risentimento. Finché i fat- ricucitura ininterrotta della vicenda
ti precipitano e una sera Walker di- (che si dipana in un arco di quaranventa testimone di un orrendo delit- t’anni) che a un certo punto la strutto in cui si svela la natura del romanzo ritura violenta e immosente di un piccolo ma
Grandezza
e
limiti
rale di Born.
avvertibile cedimento
della storia
A questo punto la
e le ottime premesse
cesura che si apre nelcedono il passo a un
la storia diventa il preappannamento comtesto per una carambola sfrenata di plessivo. Sta qui la grandezza e il ligiochi di stile a cui Auster si lascia mite dell’opera. Ciò che resta al terandare con sconcertante naturalez- mine della lettura è un sapore agroza. Cambiano le voci narranti («Scri- dolce, l’impressione di aver avuto a
vendo di me in prima persona mi che fare con un capolavoro sfiorato,
ero represso, mi ero fatto invisibile, come se sull’ispirazione di Auster
mi ero reso impossibile scoprire ciò fosse caduta una buona parola e una
che stavo cercando», ci confessa Jim, benedizione, un dono iniziale sul
il personaggio dello scrittore James quale, tuttavia, lo scrittore ha finito
Freeman a cui a un certo punto pas- per fare troppo conto.
sa il testimone della narrazione e a
ANDREA POMELLA