Un seul monde Eine Welt Un solo mondo

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Un seul monde Eine Welt Un solo mondo
Un seul monde
Eine Welt
Un solo mondo
N. 3
SETTEMBRE 2007
LA RIVISTA DELLA DSC
PER LO SVILUPPO E LA
COOPERAZIONE
www.dsc.admin.ch
1,3 miliardi di giovani nei
paesi in via di sviluppo –
un’opportunità unica
Cuba, mezzo secolo di
rivoluzione castrista
Combattere la corruzione
per ridurre la povertà
DOSSIER
Uno sportello, molti servizi
Gli «One-stop Shops» lanciati in Vietnam dalla DSC hanno
avuto un’affermazione rapidissima
24
FORUM
GIOVENTÙ E SVILUPPO
Nuove visioni per cogliere un’opportunità unica
Attualmente nei paesi in via di sviluppo vivono 1,3 miliardi di
giovani – mai prima d’ora vi è stato un momento più propizio
per investire nella gioventù
Delhi, Nairobi, Tirana, Managua
Quattro ritratti di giovani donne
Mosca, Zurigo o Bogotà: la corruzione esiste
ovunque
La lotta alla corruzione riveste nell’ambito della
cooperazione allo sviluppo la massima priorità - anche
per la DSC
10, 14
26
Una casa della speranza
Un progetto realizzato nella provincia pakistana del Punjab
mostra quanto sia importante l’impegno a favore dell’infanzia
e della gioventù
Una vita da cane
La scrittrice vietnamita Phan Thi Vang Anh ci racconta
le disavventure di un caseggiato disturbato dai latrati
notturni di un cane
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29
6
Sommario
ORIZZONTI
CULTURA
CUBA
Mezzo secolo di rivoluzione castrista
Cuba è il paese che tutti credono di conoscere – tanto sono
solide le immagini correlate al suo nome: Fidel Castro, i sigari,
la musica, le spiagge… Ma la realtà è ben diversa
Danze sufi e feste berbere a Ginevra
Il Marocco vanta una grande varietà di musiche e
danze – alcune delle quali potranno essere ammirate
nell’ambito del festival organizzato dagli Ateliers
d’ethnomusicologie di Ginevra
16
30
Dall’Avana, un giorno qualunque
Dalla sua terrazza la giornalista Marta María Ramírez osserva
la lotta quotidiana dei cubani confrontati con immense
difficoltà economiche
20
DSC
Editoriale
Periscopio
Dietro le quinte della DSC
Che cos’è… lo Human Development Index?
Servizio
Impressum
3
4
25
25
33
35
Cogliere un’opportunità storica – ora!
Per il direttore della DSC Walter Fust, i giovani sono partner
e attori responsabili del processo di sviluppo
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Burkina Faso: formazione professionale, un puzzle
in costruzione
In questo paese dell’Africa occidentale, la Svizzera
sostiene l’introduzione dell’apprendistato di tipo duale
22
2
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), l’agenzia dello
sviluppo in seno al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), è
l’editrice di «Un solo mondo». La rivista non è una pubblicazione ufficiale
in senso stretto; presenta infatti anche opinioni diverse. Gli articoli pertanto
non esprimono sempre il punto di vista della DSC e delle autorità federali.
Editoriale
Liberi nella mente e nel cuore
Al nostro ultimo numero avevamo allegato l’opuscolo
«La Svizzera e il mondo». L’analisi presentata in questo depliant rende un’idea differenziata dell’impronta
lasciata dalla Svizzera nella vita politica ed economica,
nella società e nella cooperazione internazionale. L’eco
da parte vostra, gentili lettrici e lettori, è stato incredibile, e le vostre ordinazioni numerosissime. Sembra
insomma che, affrontando il tema, abbiamo davvero
colmato una lacuna esistente nel campo dell’informazione.
La gioventù è un periodo specifico della vita, una fase
di transizione durante la quale da bambini diventiamo
adulti, attraversiamo le confusioni dell’insorgente sessualità, da esseri dipendenti diventiamo autonomi e
ci prepariamo ad assumere, da lì in poi come adulti, la
responsabilità per le nostre azioni, la società e i figli. Da
giovani siamo ancora liberi nella mente e nel cuore, abbiamo il senso della giustizia e inseguiamo sogni che
in seguito, purtroppo, spesso abbandoniamo.
Siamo tutti stati giovani e – chi più, chi meno – abbiamo maturato le nostre esperienze. Negli anni
Ottanta scandivamo nei cortei studenteschi di Zurigo
«Vista libera sul Mediterraneo». A quei tempi ero studente e seguivo da vicino il movimento studentesco e
i disordini giovanili della città sulla Limmat. La gioventù
è spesso la miccia che mette in moto un processo evolutivo sia sociale che economico. Non è un privilegio
dei giovani svizzeri e sicuramente neppure di questa
epoca, ma è da sempre un privilegio della gioventù. A
Cuba, per esempio, nel 1953, Fidel Castro, all’età di
27 anni, si rivoltò contro il regime corrotto di Batista
(v. pag. 16 la nostra scheda di approfondimento dedicata a Cuba). A pagina 20 potete invece scoprire i pensieri che oggi frullano per la testa alla giornalista cubana Marta María Ramírez.
Nella maggior parte dei nostri paesi partner vivono più
giovani che adulti. In Svizzera e nei paesi industrializzati in generale si constata invece un’evoluzione contraria: stiamo invecchiando eccessivamente. Ma sia
qui che là, al potenziale e alla fantasia della gioventù
nessuna società può rinunciare. La DSC vuole perciò
rendere produttivi la forza della gioventù in Svizzera e,
soprattutto, il potenziale della gioventù nei paesi partner (v. pag. 21).
Anche la conferenza annuale della DSC, che si terrà il
14 settembre, porrà la gioventù al centro dell’attenzione. In quell’occasione saranno conferiti dei premi
promozionali a cinque progetti di sviluppo presentati
da giovani. La consegna dei premi sarà effettuata dalla
patrocinatrice di quest’evento, la consigliera federale
Micheline Calmy-Rey, che discuterà inoltre con i giovani presenti diverse questioni inerenti allo sviluppo e
alla posizione della Svizzera nel mondo.
Buona lettura!
Harry Sivec
Capo Media e comunicazione DSC
(Tradotto dal tedesco)
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
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Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
(jls) Il Senegal ha intrapreso una
caccia ai truffatori attivi nella
funzione pubblica. I ministeri
della Sanità e dell’Istruzione
hanno effettuato un censimento
del loro personale a livello nazionale. Secondo quanto scaturisce da questa indagine, le casse
dello Stato pagano migliaia di
funzionari che nemmeno si presentano più sul luogo di lavoro,
ed in certi casi da molto tempo.
Inoltre, numerosi medici hanno
abbandonato i dispensari delle
zone rurali per andare ad operare nelle cliniche private della
capitale, ciononostante, seguitano a percepire un salario dallo
Stato. Ed infine, funzionari malati o invalidi seguitano ad
essere pagati anche se ormai da
molto tempo hanno cessato ogni
loro attività. Pratiche di questo
tipo non si verificano solo in
Senegal. Nel Niger, un’inchiesta
ha stabilito che 4,6 miliardi di
FCFA (11,5 milioni di franchi
svizzeri) sono versati ogni anno
a funzionari fittizi. Nel Mali,
3000 agenti pagati nel gennaio
del 2006 risultavano, ad un
controllo personale, irreperibili.
Infine, oltre 4 mila truffatori
sono stati smascherati in
Camerun, e ciò dovrebbe consentire allo Stato di risparmiare
l’equivalente di 12,5 milioni di
franchi svizzeri all’anno.
Stephen Hall, direttore del World
Fish Center, propone un radicale
cambiamento di approccio al
problema: il pesce non dovrà più
essere pescato dai mari, bensì
prodotto in sistemi controllati
di acquicoltura, nei laghi, stagni
o nelle regioni costiere. In tutto
ciò Stephen Hall vede un
enorme potenziale: nel 1970,
soltanto il 6 per cento del prodotto ittico proveniva da acquicoltura; nel 2006 si era già al
30 per cento. Secondo recenti
stime, entro il 2020 il 50 per
cento del pesce consumato sarà
prodotto in sistemi di acquicoltura, e di cui il 90 per cento nei
paesi in via di sviluppo.
Una nuova cartografia
(bf) Si tratta di carte geografiche, ma non come le conosciamo finora. Bensì di una serie
di cosiddetti cartogrammi glo-
Pesci sì, ma non di mare
(bf) Il tema «pesce» è uno di
quelli che trova ecologisti e politici dello sviluppo in profondo
conflitto: gli ecologisti vorrebbero un blocco completo della
pesca; i politici dello sviluppo
guardano all’Obiettivo del millennio, che pretende, entro il
2015, di dimezzare il numero
delle persone che vive in stato di
estrema povertà e grave denutrizione. In questa ottica, il pesce è
spesso l’unica fonte di proteine
animali per milioni di persone
nei paesi in via di sviluppo.
worldmapper.org
Periscopio
4
Funzionari fantasma
Diffusione dell’HIV
bali che non indicano le dimensioni geografiche dei paesi, ma
i fattori che, proporzionalmente
al loro valore, risultano rilevanti
per lo sviluppo: dalla sanità al
reddito pro capite, ricchezza, trasporti, diffusione dell’aids, prodotti alimentari, armi nucleari e
fino al consumo di acqua potabile, comunicazione ed inquinamento.Al progetto comune
Worldmapper (www.worldmapper.org) dell’Università di
Sheffield (GB) e di quella del
Michigan (Usa) lavorano da anni
ricercatori dei più svariati settori, che realizzano centinaia di
nuovi cartogrammi. «Certi problemi si possono spiegare, anche
comprovare e articolare in
tabelle», dice, a proposito dei
cartogrammi, il professor Danny
Dorling dell’Università di
Sheffield, uno degli iniziatori
del progetto: «Tuttavia, soltanto
Disegno di Martial Leiter
Corruzione
quando li abbiamo davvero davanti agli occhi, fanno un certo
effetto».
Carenza d’acqua? Talvolta
basta un serbatoio!
(bf) L’Africa è visto come un
continente arido, in realtà ha
un livello di precipitazioni pro
capite più elevato di quello europeo.Tuttavia, la pioggia cade
spesso in maniera diluviale, causa
inondazioni, si infiltra nel terreno o evapora con grande rapidità. Il World Agroforestry Centre
mostra ora come sia possibile,
con metodi semplici ed efficaci,
raccogliere la pioggia e mettere
così al sicuro dalla siccità molte
regioni dell’Africa. Uno studio
del Centro e del Programma
dell’Onu per l’ambiente UNEP
arriva alla conclusione che il
Kenya – che conta poco meno
di 40 milioni di abitanti – ha
pioggia in quantità sufficiente a
provvedere al fabbisogno idrico
di un popolo sei o sette volte
maggiore. In un progetto-pilota
dell’UNEP, nella regione di
Kisamese, a sudest di Nairobi,
donne Massai hanno raccolto
acqua in semplici contenitori, in
mini serbatoi o in pentole d’argilla. In tal modo, queste donne
si risparmiano le quotidiane
quattro ore di cammino per
raggiungere il pozzo più vicino
e l’acqua raccolta può essere
usata per innaffiare gli alberi, i
cespugli e magari anche per un
piccolo orto.
REA / laif
Colpiti i più fragili
(bf) Il clima subisce cambiamenti, e l’attività umana vi contribuisce grandemente: di questo
gli scienziati sono nel frattempo
giunti a mostrare unanimità.
Tuttavia, chi è maggiormente
colpito da questi cambiamenti?
Un progetto di ricerca svolto
dalla Freie Universität di Berlino
analizza i fattori d’influenza, in
particolare nei paesi in via di
sviluppo, che determinano la
cagionevolezza di certi gruppi
sociali alle prese con le conseguenze dei cambiamenti climatici. Il risultato: nei paesi in via
di sviluppo non tutte le persone
sono in ugual misura colpite dal
fenomeno. Le conseguenze di
certe crisi sono perlopiù amplificate dalle esistenti disparità sociali, come mostrano analisi effettuate in Nicaragua e Tanzania:
come ad esempio l’ineguale distribuzione del benessere o, all’interno di questi paesi, le condizioni di accesso al sistema delle
assicurazioni sociali, ai beni di
base, quali ad esempio l’approvvigionamento idrico o sementi
di elevata resistenza. È così che
i cambiamenti climatici colpiscono soprattutto i socialmente
più fragili tra i poveri.
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D O S S I E R
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Gioventù e sviluppo
Nuove visioni per
cogliere un’opportunità
unica
Caroline Penn / Panos Strates
REA / laif
Il mondo di domani appartiene ai giovani. Come sarà questo
mondo viene però deciso sin da oggi. È dunque essenziale non
dimenticare che le prospettive per il futuro sono strettamente
legate alle opportunità e possibilità date oggi all’infanzia e alla
gioventù – e non solo nei paesi in via di sviluppo – in materia di
formazione, lavoro e partecipazione. Di Gabriela Neuhaus.
Khyber,un villaggio di montagna nella regione del
Karakorum in Pakistan. I bambini e gli adolescenti
hanno mete e sogni, come ovunque nel mondo.
«Vorrei diventare pilota e fare qualcosa per il mio
villaggio»,afferma il dodicenne Golan.Il suo compagno di banco vuole andare in città e diventare
ingegnere, un altro medico; una ragazza vuol diventare maestra, la sua amica dottoressa.
Anche il diciassettenne Stéphane, che frequenta il
liceo a Man, una città della Costa d’Avorio segnata
dalla guerra civile, sa cosa vuol fare. Ma per questo dovrà lottare con determinazione:per poter pagare la retta scolastica cerca, infatti, di racimolare
qualche franc lavorando nel tempo libero come
venditore ambulante. E se gli si presentasse l’occasione, vorrebbe lasciare il paese, dove non vede
alcuna prospettiva: andar via, come tanti coetanei
– possibilmente in Europa.
Un momento molto favorevole
I giovani costituiscono attualmente a livello mondiale la fascia di popolazione maggiore. Infatti,
metà della popolazione mondiale ha meno di 25
anni. Nel mondo le probabilità di sopravvivenza
di bambini e adolescenti sono fortemente migliorate a partire dagli anni 1950 grazie ai progressi in
campo sanitario e alimentare. Ciò ha determinato un aumento della popolazione giovane.
Mentre la crescita della popolazione nei paesi industrializzati, nonché in diversi paesi emergenti
quali la Cina o la Tailandia,è fortemente diminuita,
Stati come l’India o i paesi dell’Africa australe continuano a registrare una notevole eccedenza delle
nascite. In combinazione con una speranza di vita
tuttora minore rispetto a quella del Nord, ciò fa sì
che la quota dei giovani sotto i 25 anni rappresenti in diversi paesi il 70 per cento della popolazione, se non addirittura di più.
Complessivamente, secondo le statistiche dell’ONU, nei paesi in via di sviluppo vivono circa 1,3
miliardi di giovani dai 12 ai 24 anni. A loro e al
loro futuro la Banca mondiale ha dedicato il suo
ultimo rapporto sullo sviluppo.«Il momento di investire nella gioventù dei paesi in via di sviluppo
non è mai stato così propizio come oggi», scrive
Paul Wolfowitz nella sua prefazione al Rapporto
sullo sviluppo 2007.
Opportunità e rischi
Invece di «così propizio» avrebbe benissimo potuto scrivere «così urgente». Secondo l’Unesco,
103 milioni di bambini continuano a non frequentare la scuola, di cui il 96 per cento vive nei
paesi in via di sviluppo. Si stima che 800 milioni
di giovani, soprattutto nei paesi del Sud e dell’Est,
vivano con meno di 2 dollari al giorno. Ma la disoccupazione e la povertà giovanile stanno aumentando notevolmente anche nei paesi industrializzati. Ciononostante gli economisti della
Banca mondiale parlano di una finestra temporale unica nella storia per quanto riguarda la demografia: «Le opportunità sono enormi, dato che
molti paesi dispongono di più manodopera qualificata con meno familiari a carico. Questi giovani devono però essere preparati bene affinché possano creare e trovare degli impieghi», ha spiegato
il capo economista della Banca mondiale François
Bourguignon in occasione della pubblicazione del
rapporto nel settembre 2006.
In altri termini: se oggi non si interviene subito,
questa opportunità unica andrà perduta. Solo se si
creeranno le necessarie premesse per l’attuale
generazione di giovani, queste annate numerose
saranno anche in grado di fare il necessario per realizzare il grande balzo in avanti. La Banca mondiale menziona cinque settori nei quali promuo-
Cos’è la gioventù?
La gioventù è la fase della
vita tra l’infanzia e la maturità. Spesso si ricorre anche al concetto di adolescenza. I limiti di età precisi
entro i quali scorre dipendono molto dalla cultura e
dal contesto culturale.
L’ONU definisce come giovani le persone comprese
fra i 15 e i 25 anni. Ma
questi limiti non sono assoluti. Sempre l’ONU distingue, infatti, inoltre fra
adolescenti (13 a 19 anni)
e giovani adulti (20 a 24
anni), mentre la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia riferisce il termine di
fanciullo ai minori dagli 0 ai
18 anni. Il Rapporto sullo
sviluppo pubblicato dalla
Banca mondiale definisce i
giovani come persone dai
12 ai 24 anni.
Circostanze di vita
A dipendenza del contesto
socio-culturale, gli adolescenti vivono in situazioni
molto diverse: in certi casi i
bambini devono assicurarsi
il sostentamento sin dalla
più tenera età, in altri i giovani ricevono un sostegno
dalla famiglia fin verso i 30
anni. Mentre nei paesi occidentali l’età in cui ci si
sposa continua a salire, in
altre società continuano a
essere all’ordine del giorno
i matrimoni fra adolscenti.
Molte ragazze diventano
madri fra i 14 e i 18 anni.
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
7
Riehle / laif
«Più tardi si vedono le cose
in modo più appropriato, in
perfetto accordo con tutta
la società umana, ma la
giovinezza rimane l’unico
periodo nel quale si è imparato qualcosa.»
Marcel Proust, «Alla ricerca
del tempo perduto»
«Una delle mie vicine è una
ragazza intelligente, ma
non può frequentare la
scuola perché sua madre
non ha le 250 lempiras necessarie per pagare l’iscrizione».
Honduras
«La partecipazione è talvolta scomoda perché devi
imbrigliare il tuo ego e
pensare agli altri».
Argentina
«Ci dicono sempre che
siamo il futuro, ma noi
siamo frustrati perché non
ci lasciano essere il presente».
Argentina
«Lo studio è solo per la
gente di una casta superiore e non per qualcuno
come te».
Nepal
«L’insegnante dà da intendere che insegna, lo scolaro dà ad intendere di imparare, e lo Stato dà da
intendere di aver svolto il
suo compito».
Brasile
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Jörg Böthling / agenda
«Il mio amico ha chiesto
all’insegnante: Perché studiamo questo vettore?
L’insegnante ha risposto:
Per passare l’esame».
Nepal
zionato in precedenza, alla cui elaborazione hanno contribuito oltre mila giovani di 26 paesi in via
di sviluppo: insieme loro, gli esperti hanno elaborato un rapporto che si basa sulle esperienze concrete nei vari paesi e può servire come base per i
futuri miglioramenti. I giovani stessi si esprimono
su temi come la formazione o la ricerca di un lavoro, formulando nei confronti dei governi e delle agenzie di sviluppo critiche e attese fondate sul
loro vissuto personale.
vere il potenziale giovanile: formazione, lavoro,
salute, pianificazione familiare ed esercizio dei
diritti di partecipazione.
Partner da prendere sul serio
Nell’ambito della cooperazione allo sviluppo questa attenzione alla promozione dell’infanzia e della gioventù non è una novità.Tuttavia, per molto
tempo questa classe d’età non è stata considerata
come un gruppo a sé stante, bensì sempre come
parte di una famiglia, della struttura di un villaggio, ecc. Ciò è cambiato solo col passare del tempo.
Un primo processo di sensibilizzazione era stato
avviato nel 1985 con l’anno internazionale del fanciullo indetto dall’ONU. Nel 1989 l’ONU ha
quindi varato la Convenzione sui diritti dell’infanzia per tutelare i minori - ratificata oggi da tutti i paesi membri. In molti paesi questa convenzione ha segnato l’avvio di una legislazione specifica a tutela dei minori.
Un’altra innovazione, ancor più recente, concerne l’accesso delle agenzie di sviluppo ai giovani.
Ora non sono solo percepiti come un gruppo a sé
stante, ma sono anche presi sul serio in quanto
partner. Il nuovo approccio si riflette d’altronde
anche nel rapporto della Banca mondiale men-
Partecipazione attiva
Un passo più in là si spingono i progetti e i programmi che non solo ricercano le esperienze e le
opinioni dei giovani interessati, ma li coinvolgono attivamente nell’elaborazione e nell’attuazione. «Le nostre esperienze mostrano in modo sempre più chiaro che la partecipazione della gioventù è irrinunciabile per il cambiamento sociale e la
democratizzazione», ha spiegato Wolfgang Jessen,
a suo tempo pianificatore specializzato dell’agenzia tedesca di cooperazione GTZ per i progetti in
favore della gioventù, in occasione del convegno
specialistico di Eschborn nel 2003.
Nell’ambito di un progetto realizzato dalla GTZ
in Sudafrica, si combinano per esempio dal 1997
la prevenzione della violenza e la promozione della gioventù: giovani donne e uomini di quartieri
urbani trascurati fruiscono di una breve formazione come «Community Peaceworkers». Quindi
svolgono per un anno lavoro di volontariato. Durante questo periodo, il progetto offre loro un
orientamento professionale e corsi, per esempio di
inglese economico o informatica. Dei 450 giovani che finora hanno partecipato al progetto, l’80
per cento ha trovato un impiego fisso dopo l’anno di volontariato. Nel contempo, nei quartieri
interessati, il tasso di criminalità è notevolmente
sceso.
La partecipazione attiva non deve però essere pra-
Silke Wernet / laif
Michael Riehle / laif
Tatlow / laif
Gioventù e sviluppo
ticata solo dai più poveri: per i giovani di tutto il
mondo esistono innumerevoli possibilità di fornire un contributo per affrontare le sfide globali che
si pongono a questa nuova generazione – per
esempio nell’ambito di un anno di soggiorno in
un altro paese, di attività sociali o di progetti comuni.
Con l’aiuto di manifestazioni informative e culturali, nonché di un concorso, la DSC vuole suscitare anche nei giovani in Svizzera un impegno
nel campo della politica di sviluppo. Esistono, del
resto, numerose piattaforme in internet che consentono ai giovani di tutto il mondo di scambiarsi su questioni relative al futuro e alla politica di
sviluppo.
Qualità e non quantità
Non è la prima volta che in una situazione difficile si punta sulla generazione successiva.Affinché
l’opportunità unica chiamata in causa dagli economisti della Banca mondiale non si traduca in un
fiasco è necessario che il mondo politico, il mondo economico e le organizzazioni di sviluppo investano come non mai.
I giovani nei paesi in via di sviluppo sono particolarmente assillati da problemi come la povertà,
l’aids e l’emigrazione. Molti non vanno a scuola
perché mancano i soldi. Molti sono orfani perché
i genitori sono morti di aids oppure perché la
struttura familiare si è disgregata da quando i genitori cercano la fortuna all’estero.
I bambini che crescono nelle aree di guerra non
conoscono nessuna sicurezza, sono minacciati sul
piano fisico e della sopravvivenza, subiscono abusi come bambini soldati ed altro ancora. Su questi bambini e adolescenti gravano ora le speranze
di un futuro migliore. Una grande sfida che presume un impegno altrettanto grande a ogni livello. Per questo non è richiesto solo un aumento
quantitativo dei mezzi, ma soprattutto anche un
cambiamento a livello qualitativo: sono richieste
nuove visioni. Il cammino imboccato verso un
maggiore coinvolgimento della gioventù è certamente giusto. Ma occorre di più. ■
(Tradotto dal tedesco)
Offerta formativa
Nell’ambito del tema annuale della DSC «Gioventù
e sviluppo», la Fondazione
Educazione e Sviluppo e
Alliance Sud hanno elaborato su mandato della DSC
un’offerta di formazione sul
tema «Gioventù e lavoro».
Lo strumento didattico è
destinato alle scuole professionali e consente ai docenti di elaborare il tema in
aula in un contesto globale
considerando gli sviluppi
dell’economia mondiale. Le
studentesse e gli studenti
non imparano solo a confrontare le differenze fra la
loro situazione lavorativa e
quella dei giovani dell’Est e
del Sud, ma anche a individuare e analizzare i parallelismi e le similitudini.
Attraverso un cambiamento
di prospettiva sviluppano
la comprensione per altri
mondi del lavoro e altre circostanze di vita. Il sussidio
didattico è corredato da
diversi strumenti: fra l’altro,
delle cartoline con fotografie di diverse situazioni lavorative, un questionario che
consente agli studenti di lavorare da soli, un sito web,
nonché un set di filmati
scelti per elaborare le tematiche «Lavoro in generale»,
«Il lavoro qui e altrove» e
«Mercato mondiale del lavoro».
Lo strumento didattico sarà
disponibile da metà novembre presso: Fondazione
Educazione e Sviluppo,
Via Breganzona 16,
6900 Lugano,
tel. 091 966 14 06;
www.globaleducation.ch
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
9
Kusum Dikshit, 17 anni, Delhi:
«Non ci restò che fare i bagagli
e andarcene»
Abitanti di Delhi
14 milioni
Tasso di alfabetizzazione
86 per cento
Speranza di vita
69,9 anni
Tasso di disoccupazione
2,8 per cento
Reddito mensile medio
1250 franchi svizzeri
10
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
Nel 2010 si terranno nella capitale indiana i Giochi del Commonwealth. Per quell’occasione Delhi dovrà essere al massimo splendore. Nel programma rientra lo smantellamento delle bidonvilles, fra le quali quella di Jamunapushta. Kusum
Dikshit racconta: «Improvvisamente arrivarono
queste grandi macchine e tanti poliziotti. Dovemmo fare i bagagli e andarcene. Distrussero tutto, le
nostre case…», e avrebbe anche potuto aggiungere, «...e i nostri vicoli». Infatti questi stretti passaggi con i canali di scolo delle acque luride hanno
fatto di Kusum ciò che è oggi:una «maestra di strada».L’ONG Navjyoti aveva creato le scuole di strada per i bambini che non frequentavano la scuola.
Le ragazze più mature giocavano con loro per due
ore al giorno. E Kusum è cresciuta proprio così.
I genitori si erano trasferiti a Jamunapushta nel
1991, da un villaggio dell’Uttar Pradesh. Nel 2004
la famiglia, che nel frattempo contava sei membri,
dovette traslocare insieme ad altri 150 mila abitanti
della bidonville.Si ritrovò a Bawana,in pieno campo, a quaranta chilometri dal centro, un luogo che
il governo chiama eufemisticamente «colonia residenziale». Su una parcella di 18 metri quadrati ricostruì la propria capanna.Il trasloco ha fatto maturare Kusum. Grazie all’insegnamento di Navjyoti,
la bambina di strada è diventata una maestra di
strada.
Nozze a fine dell’anno
Nel tempo libero crea centrini all’uncinetto. Forse per abbellire la casa? Il fratello Ravinder la contesta ridendo, mentre Kusum arrossisce: «Vuole
fare una buona impressione al suo fidanzato».Tra
non molto si sposerà. Il prescelto è un lontano cugino rimasto al villaggio. Ma perché tanta fretta? A
Bawana si registra una forte criminalità legata alla
droga e alla prostituzione, perciò è meglio che una
giovane sia sposata.
Ma Kusum vuole rimanere maestra di strada e vuole inoltre diventare una «vera» maestra. Fino al matrimonio rimarrà a casa. Il padre lo vede di rado, è
«a Delhi», dove vende cherosene facendolo scorrere da un barile issato su un carretto di legno.Cosa
ne pensa della povertà? «A tratti provo rabbia. Perché siamo poveri e altri no? Ma alla Gali School
vedo molti bambini che sono ammalati o senza genitori. Sono talmente tanti quelli che hanno ancor
meno di me! Allora non invidio più la gente che
ha di più». ■
Testo e fotografie di Bernard Imhasly, corrispondente
dall’Asia con sede a Delhi,India,per il quotidiano NZZ
(Tradotto dal tedesco)
Gioventù e sviluppo
Liljana, 17 anni, Tirana:
«Nessun centro giovanile, nessuna
palestra, solo sale da tè»
Quindici anni fa Bathore era ancora una grande
distesa con prati e campi. Nel frattempo qui, alla
periferia di Tirana,è sorta una città satellite.Le case,
solitamente di un piano, sono disposte alla rinfusa
nel paesaggio come se fossero dei mattoncini Lego.
Una bidonville. La terra dei ceceni, come gli abitanti che risiedono da tempo a Tirana chiamano
con disprezzo i connazionali del nord fuggiti dalla miseria economica per insediarsi a Bathore. 50
mila persone vivono in questo quartiere di Tirana,
a poco meno di sette chilometri da Piazza Skanderbeg con la sua illuminazione multicolore. Anche la famiglia di Liljana Gjonkolaj dovette abbandonare casa e fattoria in un villaggio nei pressi di Tropoja, a poca distanza dalla frontiera con il
Kosovo. «A causa dell’acqua e della povertà», afferma la taciturna diciassettenne. Lo sconsiderato disboscamento aveva causato nel Nord una siccità che
provocò lo spopolamento di interi villaggi. I giovani uomini sono emigrati verso l’Europa occidentale. Come i due fratelli di Liljana che ora lavorano in Germania e sostengono la famiglia con
delle piccole rimesse. Grazie all’aiuto, a Bathore il
padre Dodë ha potuto incominciare a costruire una
casa che fa l’orgoglio di tutta la famiglia.
Bathore? Liljana guarda imbarazzata il pavimento.
Qui non ci sono molte possibilità: «Nessun centro
giovanile, nessuna palestra, solo sale da tè dove gli
uomini anziani ammazzano il tempo giocando a
carte», ci dice. Perciò preferisce rimanere a casa seduta davanti al televisore. Liljana e le sue amiche
hanno una passione: le telenovela latinoamericane.
La serie televisiva più popolare in Albania è «Natalia»: racconta la storia di una ragazza che cresce
in un mondo di intrighi, mal d’amore e tristezza.
Liljana frequenterà ancora per due anni la scuola
media. Ma per il futuro non ha grandi sogni, vista
la miseria economica.Ama i libri di Stefan Zweig
e le storie sentimentali dello scrittore e umanista
italiano Edmondo De Amicis. Un giorno vorrebbe diventare poliziotta.Forse è il sogno tipico di una
donna in una società dominata dagli uomini. ■
Abitanti di Tirana
600 mila
Tasso di alfabetizzazione
89 per cento
Speranza di vita
69 anni
Tasso di disoccupazione
15,4 per cento
Reddito mensile medio
200 franchi svizzeri
Testo e fotografie di Elsa Demo, giornalista presso
il quotidiano albanese Shekulli a Tirana, ed Enver
Robelli, redattore del Tages Anzeiger a Zurigo
(Tradotto dal tedesco)
Intrighi, mal d’amore e tristezza
Come trascorre un’adolescente il tempo libero a
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
11
Una casa della speranza
Jeffrey L. Rotman / Still Pictures
In Pakistan la cooperazione svizzera si impegna con vari
partner a favore dell’infanzia e della gioventù. Quanto sia
importante questo impegno e cosa sia in grado di ottenere, lo
dimostra un esempio realizzato nel Punjab.
La metà della popolazione ha meno di 18
anni!
Con oltre 150 milioni di
abitanti il Pakistan è uno
dei paesi più popolati del
mondo. Circa la metà dei
suoi abitanti ha meno di
18 anni. Benché il Pakistan
sia stato fra i primi paesi
a firmare nel 1990 la
Convezione dell’ONU sui
diritti dell’infanzia, molti minori vivono in condizioni
precarie: il lavoro minorile
continua a essere ampiamente diffuso, i minori
sono venduti all’estero
come schiavi, molti si drogano, sono sfruttati sessualmente, e in pratica non
hanno accesso alle cure
sanitarie e alla formazione.
12
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
(gn) In fondo,i bambini e gli adolescenti della provincia pakistana del Punjab sono fortunati. La loro
fortuna ha un nome: Faiza Asgher, pediatra e consulente del presidente del governo in materia di affari giovanili. L’impegno di Faiza Asgher è destinato in particolare a promuovere i più poveri fra
i poveri e il risultato tangibile del suo lavoro in questo ambito è l’«Ufficio per la protezione e il benessere del fanciullo» (Child Protection & Welfare Bureau; v. anche il testo a lato), che ha aperto i
battenti nel 2005 a Lahore.
Secondo le stime,nella città – che conta cinque milioni di abitanti –, vivevano allora in strada 10 mila
minori, molti dei quali costretti a cavarsela mendicando o svolgendo lavori occasionali. Il centro
offre loro per la prima volta protezione, consulenza e la possibilità di frequentare una scuola, nonché di acquisire i primi rudimenti di diverse professioni.
Al momento vivono presso il centro 250 maschi e
47 femmine. Fra loro anche gli adolescenti Aslam
e Tariq, entrambi venduti da piccoli negli Stati del
Golfo, dove avevano lavorato per quasi dieci anni
come cammellieri. Fanno parte dell’esigua schiera
dei 656 ex jockey rimpatriati in Pakistan, dei quali non è stato possibile finora individuare le famiglie. Perciò vivono per ora nel centro di Lahore,
dove ricevono assistenza e una formazione.
Un approccio integrale
Sostenuti non sono solo i minori senza genitori.
L’«Ufficio per la protezione e il benessere del fanciullo» offre anche servizi alle famiglie che vivono
in condizioni economiche disagiate. Per esempio
aiutandoli con crediti e consulenze. Inoltre, offre
assistenza sanitaria e psicologica ai bambini e agli
adolescenti, e assicura un servizio giuridico; giorno e notte a disposizione dei minori c’è pure una
help line telefonica,mentre in quattro piccoli Open
Reception Centres sparsi in tutta la città i minori
Gioventù e sviluppo
della popolazione, e in particolare delle ragazze e
delle giovani donne che in Pakistan sono tuttora
pesantemente discriminate, in merito ai loro diritti, offrendo loro un addestramento o una formazione di base, segnatamente nel campo dell’insegnamento, del pronto soccorso o in vari mestieri
artigianali.
Il progetto, sostenuto dal 2001 anche dalla DSC, è
Ilyas Dean / images.de / Still Pictures
Sinopictures / Maciej Dakowicz / Still Pictures
possono trovare temporaneamente protezione e
tranquillità.
Come per esempio il tredicenne Abdul Razzak.
Giorno dopo giorno, in particolare durante le festività religiose, vende sacchi di plastica nelle vicinanze di un famoso tempio. Con ciò guadagna un
po’ di denaro, che deve bastare a nutrire sé stesso,
le due sorelle e la madre. Non frequenta la scuola,
ma si reca regolarmente in uno degli Open Reception Centres. Alla domanda perché venga qui, Abdul risponde: «Per giocare e per riposare un po’ –
e per ricordarmi che sono ancora un bambino».
Dalla sua apertura il centro ha già assistito oltre 10
mila bambini.Al momento, in un modo o nell’altro sono sotto la sua protezione circa 3500 minori. «Oggi a Lahore non ci sono praticamente più
bambini di strada», ha constatato la collaboratrice
della DSC Chloé Milner in occasione della sua ultima visita sul posto nel marzo del 2007. «Ciò che
il centro ha raggiunto in breve tempo grazie all’impegno personale di Faiza Asgher è assolutamente eccezionale».
La pediatra ha fatto del progetto pilota statale un
vero e proprio progetto modello. L’obiettivo è ora
di aprire, grazie alle esperienze maturate finora,
centri simili in altre province, per esempio nella
North West Frontier Province (NWFP), dove la DSC
già opera prioritariamente.
I diritti e la loro attuazione
Il progetto pilota di Lahore si fonda sulla Legge a
favore dei minori nel bisogno e trascurati, varata
dalla provincia del Punjab nel 2004. L’elaborazione delle basi legislative per la protezione dei minori, nonché la loro attuazione sono temi centrali
del programma dell’Unicef in Pakistan,che la DSC
sostiene dal 1996.
Un importante pilastro di questo programma è costituito dal «Girl Child Project», realizzato per la
prima volta nel 1991 dall’Associazione pakistana
per la pianificazione familiare in collaborazione con
l’Unicef. Il suo scopo era di attirare l’attenzione
nel frattempo stato esteso a 730 comuni di tutto
il Pakistan. Secondo le statistiche, nel corso degli
incontri sono stati informati sui diritti delle fanciulle oltre 100 mila donne e uomini, mentre migliaia di ragazze hanno frequentato corsi nell’ambito del programma. Oltre 30 mila giovani donne
hanno svolto un cosiddetto «Leadership Training»
e insegnano oggi ai bambini o lavorano nei centri
di pronto soccorso.
Oltre a collaborare con l’Unicef, la DSC partecipa a un progetto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) per la lotta contro il lavoro
minorile. Inoltre sostiene una ONG pakistana attiva nel campo della tutela di minori in situazioni
difficili. Dal 2009 questi tre progetti per la gioventù saranno armonizzati e proseguiti nell’ambito di
un programma mantello comune per i «Diritti dei
fanciulli» (Child Rights).L’obiettivo di questo progetto pilota lanciato dall’ONU è di sviluppare al
meglio i vari impegni complementari fino a ottenere un programma integrale efficiente al servizio
dell’«infanzia vulnerabile». ■
(Tradotto dal tedesco)
Dal programma del progetto pilota «Child
Protection & Welfare
Bureau», Lahore
Alcuni fanciulli hanno i
genitori – altri no.
Alcuni fanciulli dormono a
casa – altri nelle strade.
Alcuni fanciulli sono amati
dai genitori – altri subiscono abusi.
Alcuni fanciulli frequentano
la scuola – altri devono lavorare o mendicare.
Alcuni fanciulli diventano
medici, ingegneri e ufficiali
– altri sono destinati a una
vita da mendicanti, criminali
o prostitute.
Diamoci la mano per
aiutare gli «altri» meno
fortunati a vivere una vita
migliore!
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
13
Miriam, 18 anni, Nairobi:
«Una donna elettricista?
Impossibile!»
Abitanti di Nairobi
2,8 milioni
Tasso di alfabetizzazione
85 per cento
Speranza di vita
55 anni
Tasso di disoccupazione
40 per cento
Reddito mensile medio
87 franchi svizzeri
«Le donne lavorano forse un po’ più lentamente,
ma meglio e con maggiore precisione degli uomini». Miriam Mwangare Muirore lo afferma ridendo e nessuno dei compagni apprendisti presso il
St.Vincent Vocational Center la contraddice. Ha 18
anni, frequenta il secondo anno di tirocinio come
elettricista e, non appena avrà racimolato il denaro necessario, intende aggiungervi un terzo anno
perché: «Voglio il diploma».
Miriam proviene da una tipica famiglia di Riruta,
un quartiere della straripante bidonville Kawangware nella capitale keniota Nairobi. Sua madre ha
allevato da sola i cinque figli svolgendo lavori occasionali. I due fratelli maggiori e una sorella sono
sposati. Miriam vive con il gemello John e la madre in una piccola capanna di lamiera: una tenda
separa il vano delle donne da quello degli uomini,
la luce proviene da una lampada a cherosene, l’acqua viene portata in casa con una tanica.
Alla sera ripara le radio
Miriam si ricorda benissimo delle reazioni delle
amiche, quando lei si era iscritta a un programma
di borse di studio finanziato dalla Svizzera e offerto dalla piccola scuola per bambini poveri e orfani dell’aids della bidonville:«Tutte mi dicevano:una
donna elettricista? Impossibile!» La scuola la sostenne e le assegnò una borsa per i due usuali anni di
14
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
tirocinio;per il terzo (che conduce al diploma) dovrà provvedere lei stessa. Poco tempo fa Miriam e
i suoi compagni apprendisti dovettero posare cavi
in un nuovo edificio. Il committente chiese ai maschi se si erano portati appresso anche una ragazza per farsi preparare il tè. «Gli ho risposto per le
rime», racconta Miriam, «mi aveva davvero mandata su tutte le furie.Come se le donne fossero solo
capaci di lavorare come parrucchiere o sarte!»
Di tempo libero non gliene rimane molto.Alla sera
ripara le radio insieme al suo gemello: «È stato lui
a contagiarmi, quando eravamo ancora piccoli»,
spiega Miriam. Il denaro che racimolano lo usano per il ménage comune.E come la mettiamo con
la discoteca? «Oh, la discoteca! La sera qui non si
può più uscire », dice Miriam sistemandosi con un
gesto spigliato il ciuffo che sporge dal berretto,
«troppo pericoloso. Inoltre non ho soldi da spendere. Sto risparmiando per il terzo anno e ho anche bisogno di attrezzi per metter su un’azienda,
la mia propria azienda». ■
Testo e fotografie di Peter Baumgartner, dal 1994 al
2004 corrispondente dall’Africa con sede a Nairobi per
il quotidiano Tages-Anzeiger di Zurigo
(Tradotto dal tedesco)
Gioventù e sviluppo
Rossaura, 17 anni, Managua:
«Un figlio non è certo di ostacolo alla
formazione professionale»
No, non avrebbe mai pensato di avere un figlio alla
sua età, dice Rossaura, una nicaraguegna alla soglia
dei 17 anni di Ciudad Sandino, una città dormitorio che sta crescendo a dismisura alle porte di Managua.Ora,a due mesi dalla nascita della figlia Diana, la sua vita è completamente cambiata.
Ma in famiglia non è un’eccezione.Anche la madre Martha aveva avuto la prima figlia a 16 anni. E
tre delle migliori amiche di Rossaura hanno già un
bebè o sono incinte. Non crede alla pillola. Quella è veleno per il corpo. Non ha mai pensato di
abortire perché avrebbe avuto dei rimorsi. È stata
battezzata secondo il rito cattolico e,di tanto in tanto, va a messa.
Ogni tanto il padre invia del denaro
Con trenta gradi all’ombra, la giovane madre culla il bebè nella sedia a dondolo nel giardinetto davanti alla casa dei genitori. L’arrivo di Diana le ha
fatto cambiare i piani: ha dovuto interrompere la
scuola media. Ma già l’anno prossimo vuole ritornare sui banchi: frequenterà per tre anni di sabato
una scuola per studenti lavoratori. Già sua madre
aveva fatto così fino a conseguire il titolo di agronoma.Anche Rossaura vuole diventare ingegnere:
«Un figlio non è certo di ostacolo alla formazione
professionale».
Rossaura ha avuto fortuna: Reynaldo, il diciotten-
ne padre di Diana,non ha voltato le spalle alla compagna non appena la piccola ha visto la luce. L’aveva d’altronde già accompagnata quando fece il
test di gravidanza. Poco dopo il parto, la coppia è
andata a convivere. Rossaura conobbe Reynaldo,
il suo primo amore, quando aveva quindici anni.
Oggi al suo fianco con consigli e aiuto vi sono le
nonne della piccina.
Il padre di Rossaura emigrò anni fa in Canada. Di
tanto in tanto invia del denaro alla figlia, per esempio per un corso d’inglese. I giovani genitori non
si vedono spesso. La mattina il partner di Rossaura
studia marketing, il pomeriggio suda le sette proverbiali camice in un mercato di Managua, dove i
suoi genitori possiedono una bancarella. Rossaura
è certa di voler sposare Reynaldo. Ma secondo la
legge nicaraguense dovrà aspettare di aver compiuto i 18 anni e quindi di essere maggiorenne. ■
Abitanti di Managua
1 milione
Tasso di alfabetizzazione
77 per cento
Speranza di vita
70 anni
Tasso di disoccupazione
7 per cento
Reddito mensile medio
160 franchi svizzeri
Testo e fotografie di Richard Bauer, corrispondente
dall’America latina del quotidiano NZZ
(Tradotto dal tedesco)
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
15
O R I Z Z O N T I
Mezzo secolo di
rivoluzione castrista
Cuba è il paese dell’America latina che tutti credono di conoscere – tanto sono solide le immagini correlate al suo nome:
Fidel Castro, i sigari, la musica, le spiagge… Ma la sua storia,
il suo destino, la sorte quotidiana della sua popolazione proiettano un’altra luce su questa grande isola dei Caraibi. Di
Jacques Pilet*.
Scoperta nel 1492 da Cristoforo Colombo («È la
terra più bella che gli occhi di un uomo abbiano
mai contemplato!» esclamò allora), l’isola di Cuba
è servita da base al Regno di Spagna per la conquista dell’America latina. Impossibile comprendere la Cuba di oggi senza conoscere il peso della sua storia coloniale. È soltanto nel 1868 che inizia la lotta per l’indipendenza con l’affiorare di una
grande figura politica e letteraria ancora oggi onorata: quella di José Martí. Nel 1898 gli insorti riescono finalmente a sconfiggere l’esercito spagnolo – con l’aiuto degli Stati Uniti, che pongono immediatamente l’isola sotto la loro tutela. I
governi che si succedono sono tutti più o meno
16
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
corrotti e autoritari. Trasformano l’Avana in un
luogo di piacere e dissolutezza per turisti americani.
Embargo commerciale
La rivoluzione esplode nel 1953 con l’assalto ad
una fortezza, la Moncada, da parte del giovane Fidel Castro, spalleggiato da una manciata di compagni. L’operazione fallisce – ma la lotta armata ha
inizio. Sorretti dalla simpatia del popolo, il 1° gennaio 1959 i ribelli vengono a capo della dittatura
di Fulgencio Batista. La borghesia cubana prende
allora il cammino di Miami. Le relazioni con gli
Stati Uniti si tendono, fino alla rottura. È l’epoca
Miquel Gonzalez / laif
Dirk Jensen / agenda
Tobias Hauser / laif
Tobias Hauser / laif
Sebastian Hauser / laif
Cuba
della guerra fredda, che a Cuba assume le forme
più dure.
L’embargo commerciale americano colpisce l’economia cubana, che oscilla sempre più nel campo sovietico: l’URSS compera zucchero, fornisce
armi e beni di consumo. Fino al crollo del comunismo nel 1989.
Occorre dire che nel corso degli anni l’embargo
si è di fatto ammorbidito. Molti paesi – Spagna e
Canada in primis – hanno intensificato le relazioni commerciali con Cuba. Anche gli Stati Uniti
hanno rilanciato gli affari: cargo americani carichi di cereali sono regolarmente ormeggiati nel
porto dell’Avana.
Altra apertura importante: il turismo, che diviene
una delle principali fonti di valuta. Nel 2005 sono
stati 2,3 milioni i viaggiatori europei, canadesi e
latinoamericani ad aver approfittato del sole cubano e delle infrastrutture alberghiere sviluppate,
segnatamente, con capitali spagnoli. Questo settore – che rappresenta il 12 per cento del PIL – è
uno dei principali datori di lavoro del paese: occupa, infatti, quasi 200 mila persone. L’embargo
americano pesa assai sul suo sviluppo: i transatlantici dei Caraibi non fanno più scalo all’Avana, e a
tutt’oggi i cittadini americani non hanno il diritto di calpestare il suolo cubano – ad eccezione degli esuli cubani, autorizzati a far visita alle loro famiglie.
Servizi sanitari ed istruzione per tutti
Gli sforzi di industrializzazione del periodo d’in-
fluenza sovietica non sono approdati a nulla. I risultati dell’agricoltura di Stato sono tanto più deludenti quanto le quotazioni mondiali dello zucchero sono al ribasso. Il 70 per cento circa dei beni
agricoli prodotti e consumati a Cuba proviene da
un settore privato ristretto, alla periferia delle città. Occorre tuttavia rilevare anche un settore dove
gli sforzi pubblici sembrano promettenti: la produzione di medicamenti, di vaccini e lo sviluppo
delle biotecnologie.
I successi più notevoli di questo mezzo secolo di
rivoluzione sono, senz’ombra di dubbio, l’istruzione e la sanità. Su tutta l’isola è possibile farsi curare da medici competenti. I medicamenti scarseggiano. Ma nessun paese dei Caraibi dispone di L’oggetto della vita
una simile infrastruttura. Si è anche sviluppata una quotidiana
medicina di punta per stranieri: ogni anno, tra le Il camello
5 mila e le 6 mila persone vengono a farsi curare Le leggendarie automobili
americane, mantenute in
all’Avana! Cuba trasferisce migliaia di professioni- vita dalla rivoluzione del
sti della salute nel Venezuela che rimunera questo 1959, cadono a pezzi. Le
servizio fornendo petrolio all’isola.Altro successo vetture recenti sono rare.
come gli autobus.
incontestabile: l’istruzione.Tutti i bambini cubani Così
Particolarità dell’Avana:
sono scolarizzati. I bambini promettenti sono ri- il camello (cammello). Si
conosciuti e sostenuti. L’isola non conta pratica- tratta di una doppia cabina
mente più nessun analfabeta. Con le sue quaran- gigante d’autobus combinata con una struttura
ta università, offre inoltre un insegnamento supe- d’autocarro, un ibrido inriore di qualità.
ventato e messo insieme
Il peso delle dipendenze
Le strutture economiche restano segnate dal passato coloniale. Il paese dispone però di risorse
umane eccezionali che lo preparano alla moder-
negli anni Novanta, nei mesi
più bui della crisi economica, è in grado di trasportare fino a 300 persone…
stipate le une contro le altre.
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
17
Verso un avvenire migliore
Questo quadro ombroso non deve tuttavia eclissare la notevole energia di una società ben strut-
18
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
Karl-Heinz Raach / laif
Christian Heeb / laif
Raffaele Celentano / laif (2)
nità. E ciò, nonostante l’esilio di tanti cubani. Resta nondimeno il gravoso peso della dipendenza:
quella dalla Spagna in passato, poi quella dagli Stati Uniti e dall’Unione sovietica, ed ora la dipendenza dal Venezuela, che fornisce a Cuba la maggior parte della sua energia. Questo settore è il tallone d’Achille dell’isola, nonostante le promesse
di una produzione petrolifera che è soltanto agli
inizi. Dipendenza anche dinanzi ai corsi mondiali dello zucchero e del nichel. Sfruttato da società straniere in collaborazione con lo Stato, questo
minerale è la prima voce delle entrate di valuta
(circa 1 miliardo di dollari l’anno). Le riserve cubane sono importanti, ed interessano vieppiù gli
investitori cinesi.
Il dominio dello Stato sulle attività economiche,
gli ostacoli alla libera impresa e l’embargo imposto dagli Stati Uniti hanno la loro parte di responsabilità nella povertà di una popolazione che
pur non conoscendo la miseria estrema di alcuni
dei suoi vicini resta invischiata nella penuria.In valuta locale, il salario mensile medio è di circa 30
dollari. Senza accesso alle valute straniere, inviate
dagli esiliati (questo contributo è stimato a quasi
1 miliardo di dollari l’anno) o per via di qualche
lavoro nella scia del turismo, i cubani sono condannati ad un minimo vitale straordinariamente ristretto. La maggior parte dei punti vendita dell’Avana accetta soltanto i CUC, i pesos cubani convertibili ottenuti in cambio di dollari, euro o
franchi svizzeri.
turata, attiva, intrisa di valori patriottici autentici,
in attesa di un futuro migliore. I successi della ricerca medica ne sono la testimonianza. Il rendimento degli agricoltori privati è promettente.Anche i turisti frettolosi possono rendersi conto dei
progressi compiuti. La città vecchia dell’Avana, patrimonio mondiale dell’UNESCO,non era che un
cumulo di rovine. Ora il centro sta ritrovando lo
splendore di un tempo. Il governo ha dato pieno
potere ad uno storico, di fatto un imprenditore di
talento, Eusebio Leal Spengler – di origine svizzera – che ha creato una società molto dinamica, la
Oficina del historiador. I palazzi, le chiese, le abitazioni vengono progressivamente restaurati (un terzo circa della vecchia Avana). Con un triplice
obiettivo culturale, sociale (una parte degli abitanti
vi è rialloggiata) ed economico:alberghi,ristoranti,
balere, gallerie e commerci di ogni sorta attraggono i visitatori e forniscono i fondi necessari alla
prosecuzione dei lavori. Oltre 10 mila persone lavorano sotto questa insegna: architetti, artigiani,
personale turistico ecc. La scena culturale che si
sviluppa in questi luoghi è particolarmente stuzzicante.
Tanta ingegnosità, creatività, competenza e perseveranza lasciano ben sperare per il futuro di questo paese. Qualunque sia la svolta politica. ■
* Jacques Pilet, giornalista, cronista all’Hebdo, membro
della direzione del gruppo Ringier, tra il 1968 e il 2007
si è recato più volte a Cuba. Segue in modo particolare
le questioni latinoamericane.
(Tradotto dal francese)
Cuba
Tobias Hauser / laif
La Svizzera e Cuba
Condizioni di vita migliori
(bf) La Svizzera presta aiuto umanitario a Cuba dal
1997; alla fine del 2000 ha avviato un programma
speciale di cooperazione allo sviluppo volto a sostenere la società cubana verso uno sviluppo del
paese pacifico, partecipativo e rispettoso dei diritti sociali acquisiti.A tale fine vengono promosse le
iniziative locali che offrono soluzioni concrete per
migliorare le condizioni di vita della popolazione
e consolidare l’efficienza delle istituzioni. La Svizzera favorisce altresì il dialogo e lo scambio di informazioni a livello internazionale, affinché l’Isola possa ulteriormente aprirsi al mondo esterno. Il
budget 2007 ammonta a 4,1 milioni di franchi (3
milioni destinati alla cooperazione allo sviluppo,0,6
milioni all’aiuto umanitario e mezzo milione alla
cooperazione economica, di competenza della
SECO).
L’Aiuto umanitario è impegnato con contributi ai
programmi dell’ONG svizzera mediCuba Suisse,
che realizza attività volte in primo luogo a consolidare la produzione locale di medicamenti (medicina tradizionale), migliorare l’infrastruttura ospe-
daliera e contrastare la diffusione dell’aids. Parallelamente viene fornito un sostegno alla sicurezza
alimentare (mediante forniture di latte in polvere)
e all’aiuto in caso di catastrofe (in caso di eventi
naturali: uragani eccetera).
Il programma della cooperazione allo sviluppo si
esplica lungo due assi tematici: uno sviluppo economico sostenibile – aumentando la produzione
mediante l’introduzione di metodi di produzione
e di gestione innovativi e sostenibili e migliorando l’accesso alle nuove tecnologie negli ambiti
dell’agricoltura cooperativistica, della produzione
locale di materiali da costruzione, dell’efficienza
energetica e della gestione ambientale – e lo sviluppo locale, promuovendo la partecipazione della popolazione allo sviluppo dei comuni (sostegno
di iniziative locali, come la risoluzione di problemi di alloggio) ed aumentando l’efficienza delle
amministrazioni locali.
1868 Inizio della lotta per l’indipendenza, sotto
l’impulso del coltivatore Carlos Manuel de Céspedes.
1959 I ribelli rovesciano il regime del generale
Batista. Fidel Castro entra all’Avana.
1960 Il governo americano decide di sottomettere Cuba ad un embargo commerciale, ancora oggi
in vigore.
1961 Con il sostegno della CIA alcuni mercenari
anticastristi sbarcano nella baia dei Porci, nel sud
dell’isola, ma l’insurrezione fallisce.
1892 José Martí fonda il Partito rivoluzionario
cubano. Rilancio della guerra d’indipendenza.
1962 Il dispiegamento di missili sovietici a Cuba
provoca una crisi tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Mosca ritira infine le sue armi.
1898 Gli insorti infliggono una sconfitta alle truppe spagnole. Gli Stati Uniti intervengono occupando la capitale.
1989 Con il crollo dell’URSS, suo principale
partner commerciale e politico, Cuba sprofonda in
una grave crisi economica.
1902 L’indipendenza è proclamata, ma Cuba rimane di fatto una colonia sotto la tutela degli Stati Uniti.
2005 Instaurazione di relazioni strette con il Venezuela di Hugo Chavez.
1953 Un gruppo di oppositori della dittatura di
Fulgencio Batista diretto da Fidel Castro attacca la
caserma della Moncada. L’assalto fallisce. Castro
viene incarcerato,poi liberato sotto la pressione del
popolo e si esilia in Messico.
Capitale
L’Avana (2,3 milioni di
abitanti)
Superficie
110 861 km2
Popolazione
11,2 milioni di abitanti; il 77
per cento della popolazione
vive in zone urbane
Composizione etnica
mulatti (51 per cento),
bianchi (37 per cento),
neri (11 per cento)
cinesi (1 per cento)
Aspettativa di vita
77,2 anni
Tasso di fecondità
1,6 bambini per donna
Religioni
È stata in parte ristabilita
la libertà di culto.
Cattolici (battezzati):
60 per cento
Protestanti: 3 per cento
Culti afro-cubani (santería,
vudù)
1515 Fondazione dell’Avana.
1762 L’isola viene occupata dagli inglesi, che
l’anno seguente la restituiscono alla Corona spagnola in cambio della Florida.
Nome
Repubblica di Cuba
Tasso di alfabetizzazione
96,8%
Cenni storici
1492 Cristoforo Colombo scopre l’isola di Cuba.
Cifre e fatti
2006 Ammalatosi, Fidel Castro cede transitoriamente il potere al fratello nonché vicepresidente
Raúl Castro.
Lingua ufficiale
Spagnolo
Principali risorse
Agricoltura: canna da
zucchero (8° produttore
mondiale), sisal (8° p.m.),
iuta, arance, riso, tabacco.
Industria mineraria: nichel
(5° p.m.), rame, manganese, cobalto, cromo, sale.
Importanza crescente del
settore turistico.
USA
L’Avana
Cuba
Haïti
Giamaica
Mar dei Caraibi
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
19
Una voce da Cuba
Dall’Avana, un giorno qualunque
Marta María Ramírez,
giornalista, 31 anni, vive,
ama e sogna oggi a
L’Avana (Cuba), insieme
al suo compagno, il trovatore Jorge Garcia.
All’Avana il tempo non passa mai. Mi rifiuto di
addossarmi la travolgente quotidianità che impone
giorni identici, quasi che il sopravvivere si sia convertito nella parola d’ordine. È appena spuntato il
sole ed il caldo è già irresistibile. Guardo il mare dal
mio balcone privilegiato, mentre ascolto la rude
voce del trovatore - contratta dall’uscita acustica del
mio computer- che canta alla miracolosa Avana:
«!Ay¡, dónde poner mi suerte. !Ay¡, si mi ciudad
se muere del corazón…». («Ahi! Dove porre la mia
fortuna.Ahi,se la mia città muore nel suo stesso cuore...»)
dolci e degli sciroppi che prepara Lea, una signora
di 83 anni, per pagarsi da vivere.
Oggi ci sarà posto per un dessert a pranzo – penso
e lo pregusto. Seguo con gli occhi un venditore di
fiori che pedala lentamente sulla sua bicicletta con
grida che esprimono la sua essenza poetica nell’urlo un po’ volgare di «Floresssssssss! Floreroooooo!»
Adela grida dalla terrazza posta sul lato. Reclama
qualcosa di indecifrabile ad un’altra vicina, che rimanda indietro il grido da un po’ più lontano. Sveglieranno tutti,ma a chi importa in fondo,dopo una
notte di musica turbolenta. Di fronte, un «babalawo», un sacerdote della religione afrocubana yoruba, colpisce un cane randagio che ha osato insudiciare il suo portone.
La «canzone pensante», si mescola con un sonoro
canto reggae alla cubana che risuona dall’alba, provocando, come sempre, l’ira silenziosa del vicinato,
con la minaccia: «Deja que yo te coja, caperucita».
(«Attenta che se ti prendo, cappuccetto».) Il rumore dei motori delle poche macchine, dei clacson e
delle frenate completano la colonna sonora della
mattinata.
Adela torna ad apparire nella mia personale scena,
per interrompere la mia meditazione. Mi racconterà l’ultima notizia, il pettegolezzo, sospeso in bilico sulla città:«Un uomo ha ucciso sua moglie sparandole, e poi si è suicidato in una strada del centro dell’Avana». Mi informa su quanto è successo e
ci mette tanto di cronaca ed il dovuto commento
su chi era la vittima e su colui che ha di lei fatto
una vittima. Non trovo spiegazioni per così tanta
violenza,voglio rimanere in silenzio,ancorata a cinque metri da terra, quasi sperando di passare inosservata.
Osservo l’andare ed il venire della gente.Quelli soli,
quelli in gruppo - i bimbi e le bimbe, in cammino
verso la scuola, presi dai loro schiamazzi, dai loro
sbadigli.
I più grandi camminano a testa bassa,armati di borse vuote, alla ricerca del sostentamento giornaliero, nella speranza che la loro «lotta» risulterà fruttuosa. (Sì, la «lotta», perché nell’isola tale azione ha
sostituito quella del lavorare, visto che è appena arrivato il salario in pesos cubani e quasi tutto si paga
in pesos cubani convertibili, con un tasso di cambio secondo il quale un peso vale 1.20 dollari Usa).
Un «buzo» (accattone) annusa gli avanzi accumulati durante gli ultimi giorni nei bidoni della spazzatura posti negli angoli. I gatti del quartiere corrono spaventati dalla concorrenza umana. E torna
il bardo:«Quizás,seamos todos como ellos».(«Chissà, saremo tutti come loro».)
L’odore di catrame si unisce a quello dell’esotico
caffé mescolato, elisir della fusione di alcuni grani
di caffé e tanti di piselli. Mi attira anche l’odore dei
Oggi, dal mio punto in alto tutto sembra così triste. E mi domando da dove mai arrivi la credenza
che vuole che i cubani siano sempre così allegri...
Si sta facendo tardi per la mia lotta. E non ho che
da unirmi al coro dei passeggeri scoraggiati, senza
smettere di sognare un futuro migliore.
Il mio trovatore si avvicina, adesso in carne ed ossa,
con in mano caffé fumante per due, e prova un verso struggente per ricordarmi che sono viva: «Sólo
por tí será que no me vaya.Tu cuerpo tiene forma
de país», («Sarà solo per te, che non me ne andrò. Il
tuo corpo ha la forma di un paese».) Nel mentre,
insieme, guardiamo il mare. ■
20
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
Karl-Heinz Raach / laif
(Tradotto dallo spagnolo)
Tina Steinauer
Opinione DSC
Cogliere un’opportunità storica – ora!
Dal punto di vista della politica di sviluppo ciò
rappresenta al contempo una sfida e un’opportunità. Dove la popolazione cresce a questo ritmo,
crescono anche le sfide per la società chiamata a
creare condizioni di vita idonee per i giovani.
Occorrono sistemi sanitari e di formazione capaci di reggere all’assalto, ma anche centri di formazione e posti di lavoro. Così come sono necessari
meccanismi e istituzioni che consentano ai giovani di partecipare ai processi decisionali in seno alla
società e di partecipare alle decisioni politiche.
Se riusciamo a cogliere queste sfide abbiamo un’opportunità storica. I giovani dispongono, infatti, del
potenziale per promuovere in modo decisivo e
sostenibile lo sviluppo globale e ridurre durevolmente la povertà e le sue molteplici conseguenze
negative.
Grazie al calo dei tassi di natalità,nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo aumenterà nei prossimi anni consistentemente la quota delle persone
occupate rispetto alla popolazione totale. Di conseguenza,la parte produttiva della popolazione dovrà sostentare un numero decisamente minore di
persone economicamente dipendenti,come i bambini e gli anziani, che non nei paesi industrializzati, dove la piramide demografica è rovesciata. Cosa
significhi questa evoluzione demografica per un’economia nazionale lo hanno dimostrato i «paesi ti-
gre» asiatici: nel giro di pochi decenni sono riusciti
a compiere un impressionante balzo in avanti in
termini di sviluppo.
Nel suo operato, la DSC si impegna a tutti i livelli per investire oggi nei bambini e negli adolescenti
allo scopo di spezzare il circolo vizioso composto
nei paesi in via di sviluppo da povertà, violenza,
esplosione demografica, migrazione, degrado ambientale e HIV/aids. I giovani che dispongono di
prospettive intatte per il futuro e che possono realizzare il loro potenziale personale non solo sono
più sani sul piano psichico e fisico, ma contribuiscono anche in modo determinante allo sviluppo
sociale ed economico delle loro società. Soprattutto, però, trasmettono le capacità acquisite, le
esperienze positive e i valori alle generazioni successive, aumentandone le opportunità di condurre una vita autodeterminata, lontani dalla povertà
e dall’emarginazione.
D S C
Nel mondo non ci sono mai stati così tanti giovani quanto oggi. Un quinto dell’odierna popolazione mondiale ha, infatti, tra 15 e 24 anni. Si tratta di oltre 1,2 miliardi di persone, di cui l’85 per
cento vive nei paesi in via di sviluppo, dove rappresenta oltre la metà della popolazione – con tendenza al rialzo!
La premessa necessaria a questa posta in gioco è
che i giovani siano presi sul serio come partner e
attori responsabili dei processi di sviluppo. Dobbiamo fare in modo che, nei dibattiti in materia di
politica di sviluppo a livello nazionale e internazionale, non solo abbiano maggiore voce in capitolo, ma possano anche partecipare alle decisioni.
Infatti,si decide oggi in quale mondo vivranno domani. ■
Walter Fust
Direttore della DSC
(Tradotto dal tedesco)
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
21
Jens Grossmann / laif (2)
Burkina Faso: formazione profes
La lobby dei lavoratori
informali
Se l’agricoltura e l’allevamento restano i principali
pilastri dell’economia burkinabé, sono tallonati dal
settore informale, primo fornitore di occupazione nelle
città. Le microimprese artigianali, commerciali e dei
servizi occupano tra il 75 e
l’85 per cento della popolazione attiva urbana. I lavoratori dell’economia informale hanno generalmente
un livello d’istruzione e di
qualificazione debole, i loro
redditi sono modesti e le
condizioni di lavoro mediocri. Nel corso degli ultimi
quindici anni i vari gruppi
professionali hanno costituito delle associazioni
dotate di statuto legale.
Queste svolgono un ruolo
di lobby e cominciano a
difendere attivamente gli
interessi dei loro membri
presso gli interlocutori istituzionali. Negoziano, ad
esempio, l’accesso degli
artigiani al piccolo credito
o ai mercati pubblici.
22
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
Il sistema di formazione professionale del Burkina Faso è vittima di lacune che rallentano lo sviluppo dell’artigianato. Per colmarle, un’unità di lavoro cofinanziata dalla Svizzera sostiene
l’introduzione dell’apprendistato di tipo duale. Elabora schemi
di formazione per varie professioni e propone agli artigiani corsi di perfezionamento.
(jls) I giovani burkinabé che desiderano imparare
un mestiere manuale possono scegliere fra tre possibilità. Se hanno seguito una scolarizzazione, possono frequentare uno dei licei tecnici gestiti dallo Stato. Questi istituti dispensano un insegnamento teorico accompagnato da lavori pratici,
senza un vero rapporto con il mondo del lavoro.
Un’altra via possibile è quella dei centri di formazione privati, che si moltiplicano da alcuni
anni. La qualità della loro offerta è tuttavia molto
diversa fra di loro, soprattutto per due motivi: il
contenuto delle formazioni non è sottoposto ad
alcuna regolamentazione statale; in mancanza di
supporti didattici, gli insegnanti si accontentano di
veicolare nozioni basate principalmente sulla loro
esperienza professionale. La terza opzione, di gran
lunga più frequente, è l’apprendistato «sul posto»
in un atelier o in una piccola impresa del settore
informale. Questo indirizzo professionale presenta il vantaggio di essere aperto anche ad adolescenti
poco o affatto scolarizzati – ma comporta anche
grossi inconvenienti: il giovane apprende i gesti
della professione per semplice imitazione, non acquisisce quasi nessuna conoscenza teorica o commerciale; in molti casi, l’artigiano evita inoltre di
condividere tutta la sua conoscenza con l’apprendista, temendo di affilare le armi di un futuro concorrente.
Alternare scuola e azienda
Nel 1996, la Svizzera e tre altri paesi donatori hanno deciso di lavorare insieme per migliorare il sistema di formazione professionale in Burkina Faso.
Hanno così creato una Cellula d’appoggio alla formazione professionale CAFP, tendente a promuovere l’apprendistato duale, che combina pratica
nell’impresa e corsi teorici.
Consigliati, durante i primi anni, dalla fondazione Swisscontact, gli otto esperti burkinabé della
CAFP si sono iniziati alle scienze formative:in collaborazione con le associazioni professionali, elaborano curricoli formativi atti a soddisfare le esigenze dell’economia e confacenti alle realtà del
paese; li testano su gruppi di apprendisti, proce-
sionale, un puzzle in costruzione
dono ai necessari adeguamenti, poi distribuiscono il materiale didattico ai centri di formazione
sia pubblici che privati.
Ad oggi la CAFP ha elaborato metodologie per
sette professioni: taglio e cucito, elettricista, muratore, meccanico d’automobili, meccanico di motocicli, serramenti metallici e falegnameria. La
Svizzera e l’Austria ne hanno assunto il finanziamento in parti uguali.
I datori di lavoro si perfezionano
Nel Burkina Faso la domanda di formazione professionale è in netto aumento. Le richieste non
provengono solamente dai giovani, ma anche dagli stessi artigiani, desiderosi di rafforzare le loro
capacità per accedere, ad esempio, a nuovi mercati. La CAFP ha dunque organizzato cicli di perfezionamento per datori di lavoro composti da svariati moduli.
«Questo approccio è molto più confacente rispetto
ad una formazione lineare. I piccoli datori di lavoro hanno bisogno di corsi specifici che consentano loro di assumere rapidamente la padronanza
di questa o quella competenza», spiega Pascal Fellay, incaricato di programma presso la DSC. Fellay cita l’esempio dei meccanici d’auto, le cui conoscenze tradizionali risultano insufficienti di
fronte ai progressi tecnologici e all’elettronica
complessa delle automobili moderne:«Quando un
nuovo modello arriva sul mercato, i meccanici vogliono seguire una formazione ad hoc per essere
in grado di ripararlo e curarne la manutenzione».
Una nuova visione
Per Pascal Fellay,il paesaggio della formazione professionale burkinabé somiglia ad un puzzle in costruzione, che a termine dovrà includere centri di
formazione – sia pubblici, sia privati – competenti, supporti didattici, una regolamentazione giuridica, controlli della qualità e un sistema di finanziamento. «Creando la CAFP, abbiamo incastrato
il primo tassello. Contavamo sul fatto che avrebbe avuto un effetto di traino sugli altri. Ma le lacune sono molte, a svariati livelli. La principale carenza consiste nell’assenza di orientamenti chiari
da parte dell’autorità pubblica».
Lo Stato burkinabé ha iniziato a strutturare questo settore soltanto di recente. Nel 2003 ha riconosciuto ufficialmente il ruolo della CAFP. L’anno successivo ha creato un fondo di sostegno alla
formazione mediante apprendistato nel quale riversa dei contributi alla formazione professionale
prelevati sui salari. Inoltre, una politica nazionale
è in fase di elaborazione. «Ciò prenderà più tempo di quanto inizialmente previsto, ma il puzzle
sta prendendo forma», commenta Pascal Fellay. «In
dieci anni il governo ha completamente cambiato visione. Oggi rispetta i centri privati, riconosce i meriti della formazione duale ed ammette la
necessità delle associazioni professionali. È una
vera rivoluzione in un paese che fino a poco tempo fa scommetteva soltanto sugli istituti tecnici». ■
(Tradotto dal francese)
Elevato tasso di analfabetismo
Oltre la metà della popolazione del Burkina Faso ha
meno di 18 anni. Nel 2005
il numero dei giovani sfiorava i 7,2 milioni, su una
popolazione totale stimata
a 13,2 milioni di abitanti.
Purtroppo il sistema educativo riesce a scolarizzare
non oltre il 56 per cento dei
bambini a livello primario;
inoltre, un quarto di essi
abbandona la scuola prima
di avere frequentato il
quinto anno. Di conseguenza il tasso d’alfabetizzazione non supera il 50
per cento nella fascia d’età
tra i 15 e i 24 anni e il 30
per cento per l’insieme
della popolazione.
Nonostante il sensibile
miglioramento dal 2000,
questi tassi restano fra i più
bassi dell’Africa occidentale.
La disoccupazione e il sottoimpiego sono per contro
molto elevati, e nelle città
colpiscono soprattutto i
giovani.
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
23
Un solo sportello, molti servizi
Nicolas Randin / DDC
Gli «One-stop Shops» lanciati in Vietnam dalla DSC hanno avuto un’affermazione rapidissima. La gente ha imparato ad apprezzare il fatto che da qualche tempo gli uffici amministrativi
si occupano con più cura dell’utente.
One-stop Shops: un
successo
Gli One-stop Shops riscuotono un grande successo. Nell’ambito del programma della DSC sono
stati già realizzati 156 centri amministrativi del genere, che hanno richiesto
la formazione di oltre 600
funzionari. Il modello ha
trovato accesso anche
nella legislazione nazionale:
nel 2003, come ha affermato il primo ministro, è
stata resa obbligatoria l’introduzione di questi sportelli in tutte le province del
Vietnam. Per il raggiungimento di tale traguardo ci
vorrà però ancora del
tempo. Per garantire al cittadino, in ogni comune del
paese, la fornitura di questi
servizi statali dovranno in
effetti essere create oltre
10 mila strutture del genere.
24
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
(gn) Nella città vietnamita di Nam Dinh,un uomo
è felice:PhanVan Hoa.Nel breve volgere di 15 minuti ha ottenuto la copia del diploma scolastico di
suo figlio, ivi compresi i necessari timbri. Il tutto è
costato l’equivalente di 10 centesimi di franco, una
tassa accettabile, come lui stesso ammette. In altri
tempi, avrebbe dovuto girare gli uffici più diversi,
per almeno un paio di giorni, con risultati e costi
incerti.
I nuovi centri di servizio, cosiddetti One-Stop
Shops (OSS) – finanziati dalla DSC nell’ambito del
Progetto di sviluppo urbano di Dong Hoi – sono
stati provati per la prima volta nel 2000 nella provincia omonima.
La realizzazione di tali strutture si ispira a quanto
usuale in Francia con i cosiddetti guichets uniques
ed a strutture simili in Malesia: servizi statali, quali ad esempio il pagamento di prestazioni sociali,
documenti notarili, attribuzione di licenze commerciali, oppure il rilascio di titoli locativi fondiari, vengono forniti da un ufficio centralizzato
in città, rispettivamente nel villaggio. Tutti questi
servizi sono legalmente disciplinati, e stabiliti sono
pure gli importi per ogni singolo documento e gli
orari di apertura degli sportelli.
Rispettare le esigenze della gente
Il lavoro svolto dagli impiegati nello Shop di Nam
Dinh è sorvegliato da telecamere per prevenire casi
di corruzione. Davanti allo Shop ci sono posteggi
ed all’interno una sala d’attesa fornita di sedie.
«Questa riforma ha portato ad un cambiamento di
mentalità: prima, gli uffici pubblici si orientavano
piuttosto alle necessità dell’amministrazione e dimostravano il potere dello Stato; oggi sono invece
facilmente accessibili e vanno incontro alle esigenze
della gente», afferma Nicolas Randin responsabile
per il Vietnam presso la DSC a Berna. «Si pensi che
a Nam Dinh c’è addirittura una cassetta per le lettere di protesta; qualcosa di impensabile fino a dieci anni fa».
La riforma ha anche favorito un migliore coordinamento tra le procedure dei servizi. Inoltre, gli
sportelli appaiono come l’espressione visibile di una
spinta alla democratizzazione e decentralizzazione
a livello amministrativo: sono una trentina i differenti servizi che lo Stato ha delegato ai distretti ed
ai comuni, cosa che rende le procedure operative
più semplici e trasparenti. ■
(Tradotto dallo tedesco)
Dietro le quinte della DSC
Programmi sotto la lente
(vuc) La DSC effettua regolarmente valutazioni dei suoi programmi e progetti, con lo scopo
di aumentare l’efficacia delle sue
attività. In questo lavoro si orienta sistematicamente ai criteri
internazionali, in particolare a
quelli del Comitato di aiuto allo
sviluppo dell’OCSE. Inoltre
discute le norme di qualità con
i suoi partner esterni nonché
in seno all’Amministrazione
federale. Il documento SDC’s
Evaluation and Review Activities
2007/2008, realizzato a scadenza annuale in lingua inglese,
rende conto delle attività della
DSC in materia. Per quanto
riguarda le valutazioni effettuate
nel 2006, il documento rileva
che il loro numero è leggermente aumentato rispetto al
2005 e che la prassi valutativa ha
trovato un inserimento soddisfacente in seno all’istituzione. Il
documento mostra inoltre che il
rapporto qualità-prezzo è in generale buono, ma che la qualità
dei parametri di riferimento
potrebbe essere ulteriormente
migliorata. Nel 2007 si prevede
di realizzare 167 valutazioni, rassegne e audizioni, essenzialmente nei campi operativi della
cooperazione con il Sud e l’Est.
Ciò comporterà costi di circa 10
milioni di franchi, pari allo 0,8
per cento del budget globale
della DSC. Per il futuro si delineano le seguenti tendenze: il
numero delle valutazioni aumenterà circa del 25 per cento;
gli studi indipendenti ed esterni
rappresenteranno il 20 per cento
del totale.
Il documento SDC’s Evaluation
and Review Activities 2007/2008
è reperibile sotto:
www.dsc.admin.ch/it/Pagina_in
iziale/Attivita/Valutazione/Attiv
ita_delle_valutazioni
Illustrare l’impatto dell’aiuto
svizzero
(juj) Per rendere meglio conto
delle sue attività sul terreno, la
DSC pubblicherà in futuro ogni
anno un nuovo rapporto al fine
di mostrare concretamente l’impatto dei suoi programmi di
cooperazione.Vi analizzerà inoltre le implicazioni dell’aiuto
svizzero a livello internazionale.
Destinato principalmente agli
ambienti specializzati e ai parlamentari svizzeri, questo «rapporto sull’efficacia» sarà accessibile anche al grande pubblico. In
una forma concisa mostrerà, tramite esempi concreti, quali sono
gli effetti della cooperazione
bilaterale e multilaterale nei
paesi partner della DSC. Il contenuto non sarà esaustivo. Non
si tratterà, come è il caso del
rapporto annuale, di presentare
una panoramica globale delle attività della DSC. Ogni numero
del «rapporto sull’efficacia» si
focalizzerà piuttosto su un’attività tematica e su una selezione
ristretta di paesi. Mostrerà quale
è, sull’arco di quattro a cinque
anni, la portata delle attività
della DSC. Il primo numero, che
uscirà la primavera prossima,
approfondirà il tema dell’acqua,
illustrandolo attraverso gli
esempi di sette paesi selezionati.
Che cos’è… lo Human Development Index (HDI)?
Australia. La Svizzera è situata al 9° posto. I paesi che secondo
lo HDI risultano fra i meno sviluppati sono tutti situati nell’Africa occidentale: Sierra Leone, Mali, Burkina Faso e GuineaBissau; all’ultimo posto troviamo il Niger.
Silke Wernet / laif
(bf) Confrontare la qualità della vita o il livello di sviluppo di un
paese con quello di un altro è compito relativamente arduo. Infatti, è difficile stabilire quali siano i fattori decisivi per la qualità della vita e soprattutto come essi possano essere misurati esattamente e trasformati in dati statistici. Per fare chiarezza in questo ambito, nel 1990 il Programma di Sviluppo delle Nazioni
Unite (UNDP) ha determinato un suo cosiddetto Human Development Index (HDI). Da allora, a scadenza annuale, è pubblicato un «Rapporto sullo sviluppo umano» che esamina le situazioni ben oltre il semplice dato riguardante il PIL, cercando di
fornire una completa definizione del benessere sociale.L’UNDP
definisce HDI come di seguito: «L’Indice dello sviluppo umano
si evidenzia in un valore composito, che tiene conto di tre dimensioni dello sviluppo umano: una vita lunga e sana (misurata sull’aspettativa media di vita), l’istruzione (sulla base dell’alfabetizzazione degli adulti e della frequenza scolastica, del primo,
secondo e terzo livello formativo) ed uno standard di vita adeguato (dimensionato in base al salario e tenendo in conto un potere d’acquisto paritario). L’indice non esprime però in alcun
modo un valore capace di evidenziare lo sviluppo umano in maniera esaustiva.Ad esempio, importanti indicatori quali rispetto
dei diritti umani, democrazia e parità, non sono rilevati. L’indice consente tuttavia una vasta percezione del progresso umano
e della complessa relazione tra salario e stato di benessere». L’attuale «Rapporto sullo sviluppo umano 2006», che si basa su dati
nazionali rilevati nel 2004, riguarda l’Indice di sviluppo di 177
paesi. Ai primi posti della tabella troviamo Norvegia, Islanda e
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
25
Mosca, Zurigo o Bogotà:
la corruzione esiste
ovunque
Che cos’è la corruzione
Il termine «corrotto» viene
dal latino e nel suo significato originale indicava la
violazione dell’integrità morale. Nel contesto della politica di cooperazione allo
sviluppo si definisce generalmente «corruzione» l’abuso del potere pubblico
volto ad un utile privato.
Compliance Office:
basta una chiamata
Il Compliance Office della
DSC è competente soprattutto per misure interne di
prevenzione, quali sensibilizzazione, formazione e
supporto dei collaboratori.
L’ufficio raccoglie, quale
prima istanza interna
dell’Amministrazione federale, segnalazioni riguardanti corruzione, malversazioni, abusi e perdite
riguardanti progetti DSC.
I suoi compiti primari sono
fra gli altri la ricerca di informazioni dall’interno e
dall’esterno circa episodi di
corruzione, abusi e perdite;
controlli di plausibilità, se
effettivamente il sospetto
coinvolge in senso lato attività della DSC; dispiegamento e monitoraggio di
specifiche misure.
26
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
Redux / laif
F O R U M
Abacha, Suharto, Marcos. La ridda dei corrotti si estende a tutto il mondo, e minaccia di soffocare ogni tentativo di ridurre la
povertà. È questo il motivo per cui la lotta contro la corruzione riveste nell’ambito della cooperazione allo sviluppo la massima priorità, anche per la DSC. Di Maria Roselli.
Esiste uno stretto nesso tra povertà e corruzione. A soffrirne maggiormente sono i più poveri, per esempio ad Haiti
Pare che Imelda Marcos possedesse 3 mila paia di
scarpe, mentre suo marito Ferdinand Marcos, già
presidente delle Filippine, accumulava milioni in
un conto bancario svizzero. In carica dal 1972 al
1986, l’uomo di Stato ha sottratto al suo paese tra
i 6 ed i 12 miliardi di franchi. Soltanto nei suoi
conti svizzeri, il presidente aveva piazzato 683 milioni di dollari Usa.Tuttavia, Marcos non è un caso
isolato: si stima che nel mondo siano in circolazione almeno mille miliardi di dollari generati da
attività corruttive.
Nella corruzione, di grande o piccola dimensione, ci si imbatte ad ogni livello sociale, sia nel set-
tore pubblico come nell’economia privata, nei
paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo.
Tuttavia, proprio in questi ultimi, tale piaga assume aspetti devastanti, perché i paesi poveri non
possono assolutamente permettersi che lo Stato sia
truffato e che venga minata la certezza del diritto.
Mobilitare la società civile per combattere attivamente la corruzione
Proprio per questi motivi, nell’ambito della cooperazione allo sviluppo la lotta alla corruzione è
un tema primario da molti anni,anche per la DSC.
«Già nel 1998 la DSC ha inserito nei sui contrat-
Povertà e corruzione sono direttamente
collegati
In Madagascar la DSC sostiene l’impegno del governo locale teso a migliorare l’efficienza della polizia e della giustizia. Un procuratore svizzero ed
un poliziotto, specializzati nelle tecniche d’indagine forense, insegnano tali tecniche ai colleghi
del Conseil supérieur de lutte contre la corruption. Un
ulteriore esempio ci viene dalla Tanzania, dove
operatori dell’informazione vengono introdotti
alle tecniche del giornalismo investigativo.
Per realizzare misure di prevenzione, nell’intento
di scoprire possibili casi di corruzione anche al
proprio interno, o nel contesto di propri progetti,
la DSC ha dato vita nel 2006 ad un Compliance
Office interno.Tale ufficio raccoglie le informazioni
utili ad identificare e denunciare possibili casi di
corruzione sia nella sede centrale di Berna sia
Redux / laif
Dermot Tatlow / laif
ti una clausola anti-corruzione, cercando altresì di
sensibilizzare il suo personale e di applicare misure preventive. Quest’anno abbiamo inoltre presentato una nuova strategia»,afferma Anne LogonMoulin della DSC.
La DSC è al momento attiva in numerosi progetti di buongoverno in quasi tutti i paesi prioritari.
Ad esempio, nei programmi di decentralizzazione, di riforma del sistema giudiziario o della promozione dei diritti umani.
Compiti importanti consistono inoltre nel far rientrare denaro illegalmente esportato e nel sostenere Stati intenti a fare delle riforme nello specifico settore. A ricevere sostegno sono soprattutto
organizzazioni della società civile in grado di controllare e denunciare casi di corruzione in seno alle
pubbliche istituzioni e nelle imprese private.
Una di queste organizzazioni è Ren-lac (Réseau
national de lutte anti-corruption), attiva nel Burkina Faso.
Ogni anno quest’ONG denuncia decine di casi di
corruzione e di truffa.Ad esempio, nell’ambito di
scuole pubbliche e ospedali. Ma Ren-lac controlla anche l’attività delle società di estrazione mineraria, ed ha scoperto che almeno due terzi di esse,
contrariamente a quanto stabilito dalla legge, non
forniscono un regolare rapporto sulle quantità di
oro estratte. Così le miniere guadagnano due volte: intanto, pagano meno tasse, e poi realizzano
prezzi più alti vendendo il minerale sul mercato
nero.
negli uffici di cooperazione in tutto il mondo.«Nei
primi dieci mesi di esistenza, sono stati già segnalati dieci presunti casi», conferma Hans Jost, capo
della struttura. Ora si dovrà accertare se si tratta
effettivamente di corruzione, nepotismo o altre
pratiche illegali.
Il mondo si è posto l’obiettivo di dimezzare la povertà estrema entro il 2015.Tuttavia, a impedire il
raggiungimento di tale obiettivo è proprio la corruzione, che mina alle basi la crescita economica
e uno sviluppo sostenibile indispensabili per liberare dalla povertà milioni di individui. Ricerche
dimostrano che gli investimenti stranieri in paesi
Transparency International: lotta internazionale contro la corruzione
L’organizzazione anti-corruzione Transparency International è presente in oltre
80 paesi con singole sezioni nazionali. In Svizzera
così come negli Usa, in
Uganda, Croazia e Corea
del Sud. All’iniziativa di
questa ONG si deve se,
ormai da alcuni anni, in
molti paesi i soldi della corruzione non sono più automaticamente considerati,
dal punto di vista fiscale,
tra le normali uscite aziendali, ed inoltre che la corruzione di funzionari pubblici
stranieri sia considerata
reato. È tra l’altro dal 1993
che questa ONG stila un
Corruption Perceptions
Index (CPI), un cosiddetto
Indice di corruzione. Alla
base del CPI non figura il
reale grado di corruzione di
un paese, bensì la sua percezione. Nel 2006, gli ultimi
tre posti della classifica
CPI erano occupati da
Haiti, Guinea, Myanmar ed
Iraq, che sono dunque gli
Stati in cui la corruzione
viene massimamente percepita. La Svizzera si trova
al settimo posto, tra i topten della classifica, e dunque è un paese in cui la
corruzione quasi non è percepita. Al primo posto della
classifica troviamo invece la
Finlandia.
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
27
Martin Sasse / laif (2)
REA / laif
OnAsia / laif
Hollands e Hoogte / laif
Nell’Iraq (sopra) – come anche in Guinea, nel Myanmar e a Haiti – la corruzione è maggiormente percepita
I capi di Stato più corrotti di tutti i tempi
Secondo rapporti internazionali, è Mohammed
Suharto a capo della classifica dei più corrotti leader
nazionali di tutti i tempi. Il
capo di Stato indonesiano,
in carica dal 1967 al ’98,
avrebbe accantonato a suo
favore una somma fra i 18
ed i 42 miliardi di franchi.
Al secondo posto troviamo
l’ex presidente delle
Filippine Marcos, con malversazioni patrimoniali stimate fra i 6 ed i 12 miliardi
di franchi. Il terzo uomo in
classifica è Mobutu Sese
Seko, presidente dello
Zaire dal 1967 al 1997: si
stima che sia riuscito ad
accumulare una somma
pari a sei miliardi di franchi.
28
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
noti per la corruzione sono più bassi del normale e ciò limita, a sua volta, le possibilità di innalzare il livello di benessere nazionale.
ne, la comunità internazionale si è data strumenti più incisivi per combattere questa piaga», afferma Mark Pieth.
Corrotti e corruttori
Ma questa desolante pratica non esiste solo ai più
alti livelli. Proprio nei paesi in cui i funzionari statali si arricchiscono illegalmente sotto gli occhi di
tutti, sono le «bustarelle» a decidere del quotidiano degli strati più poveri della popolazione; così,
il poco denaro di cui questa gente dispone per sopravvivere si riduce ulteriormente.Tuttavia,la corruzione non funziona a senso unico: vi sono sempre dei corrotti e dei corruttori. Nei paesi in via
di sviluppo, le nazioni industrializzate e le grandi
imprese internazionali sono di norma considerate corruttrici. Del resto, per anni gli stessi quadri
dirigenziali di numerose multinazionali hanno
considerato la corruzione di funzionari pubblici
stranieri quale peccato veniale.
Con il tempo, grazie a leggi più incisive, convenzioni internazionali e, non da ultimo, a causa delle perdite finanziarie dovute al danno d’immagine, a certi livelli dirigenziali si è sviluppata una
nuova sensibilità. Una sensibilità tuttavia non ancora approdata nei paesi emergenti ed in pieno
boom economico quali Cina, India e Russia.«Le
imprese dei paesi emergenti tentano, in particolare nel settore delle materie prime, di garantirsi la
loro parte agendo in maniera piuttosto aggressiva.
Sovente, questi nuovi attori si servono della corruzione, e ciò è facilmente possibile in quanto non
sono in alcun modo vincolati da esistenti dispositivi di difesa», spiega Mark Pieth, professore di diritto penale presso l’Università di Basilea.
Negli ultimi dieci anni, le organizzazioni internazionali hanno compreso che la corruzione va
combattuta coalizzando le singole forze. «Con la
Convenzione dell’OCSE del 1997 sulla lotta alla
corruzione di pubblici ufficiali stranieri e la Convenzione dell’Onu del 2003 contro la corruzio-
«La Svizzera ha fatto i propri compiti»
Mentre la convenzione OCSE mette prevalentemente sotto torchio le imprese dei paesi industrializzati, la convenzione Onu, più completa,
contiene molti punti riguardanti la prevenzione;
inoltre indica come strutturare le autorità, come
svolgere le procedure degli appalti e si occupa addirittura della retribuzione degli impiegati statali.
Infine, questa convenzione contiene dati importanti circa repressione, configurazione del diritto
penale e della rogatoria internazionale.
Particolarmente importante per i paesi del Nord
è il 5° Capitolo della Convenzione Onu, che tratta fra l’altro la restituzione di denaro illegale, cosa
questa che interessa anche la piazza finanziaria elvetica. Secondo Mark Pieth, in questo contesto la
Svizzera ha negli ultimi anni «già fatto i suoi compiti», al punto che con la ratifica della Convenzione,che dovrebbe essere prossima,non ci sarebbe
in pratica altro da fare.
Negli ultimi anni, la Svizzera si è data diversi strumenti in grado di rendere possibile il ritorno all’origine di denaro illegale. Fra questi, la legge del
1994 sulla confisca dei valori patrimoniali, la revisione del diritto di rogatoria del 1997 ed il continuo adeguamento della legislazione riguardante
il riciclaggio di denaro sporco: tappe importanti
tese ad un comportamento coerente nella lotta
contro la corruzione, per mettere finalmente termine alla rovinosa attività dei corrotti. ■
(Tradotto dallo tedesco)
Carta bianca
Una vita da cane
La cosa più semplice è contattare il responsabile dell’isolato,
al quale incombe la responsabilità di far tacere l’animale.
Consapevole del suo ruolo
d’intermediario tra le autorità e
la popolazione, il responsabile si
mette in ghingheri per rendere
visita all’agente di polizia del
quartiere. Gli chiede di occuparsi del problema e di obbligare il proprietario a sfamare il
cane ogni sera. Il poliziotto si è
recato più volte a casa dell’interessato, ma ha sempre trovato la
porta chiusa. Lo ha convocato
scrivendo due righe su un foglio che ha deposto in giardino.
Dopo alcuni giorni il pezzo di
carta era ancora là, miseramente
inzaccherato.
Dinanzi all’impotenza dell’agente, gli abitanti dello stabile
hanno suggerito diverse soluzioni: sostituire la serratura
dell’entrata per costringere il
proprietario a presentarsi al
commissariato; chiedere ad un
veterinario di narcotizzare il
cane e consegnarlo al canile,
obbligando così il padrone a
venire a recuperarlo; organizzare una colletta per pagare al
cane il pasto della sera…
Nessuna di queste idee è stata
però concretizzata – per mancanza di volontari.
gio. Quando tutte e tre le bestie
abbaiano contemporaneamente
è impossibile distinguerle. La
giornalista si mette al balcone
ed osserva il cortile dell’immobile. Nel buio i due cani del
custode si danno rumorosamente la caccia. Come denunciare l’animale del proprietario
assente senza denunciare gli altri due? La giornalista non ha
nessun interesse a mettersi contro il custode del parcheggio,
che potrebbe rifiutarsi di sorvegliare il suo ciclomotore.
Sarebbe una vera catastrofe!
Ed è allora che spunta una
nuova inquilina, una giornalista.
Faccia tesa, nubile, pare maritata
al suo cellulare. Allo scadere
della prima settimana si reca dal
responsabile dell’isolato per sollevare il problema del cane, che
rifletterebbe l’incapacità delle
autorità locali e l’irresponsabilità della comunità. Minaccia
o no, dice che un articolo di
giornale non farebbe onore al
quartiere. «Scommettiamo?!»
le risponde senza esitazione
il responsabile. Se un articolo
potesse aiutare gli abitanti a
sbarazzarsi del cane, sarebbe
perfetto! E farebbe proprio comodo a tutti se, grazie alle sue
relazioni, potesse presentare
querela. Di ritorno a casa, dopo
attenta riflessione, la giornalista
giunge alla conclusione che un
processo a causa di un cane la
ridicolizzerebbe. In Vietnam
essere coinvolti in una causa legale – di qualunque genere – è
pura follia. Oltretutto si tratta di
un cane. E poi lei è nubile, e rischierebbe così di restarlo ancora per un bel pezzo. Sarebbe
comunque opportuno indirizzare alle autorità locali una lettera firmata da tutti i locatari;
si vedrebbe come il municipio
reagisce alla pressione delle
masse!
La giornalista si ripresenta al responsabile dell’isolato per ottenere l’indirizzo esatto del cane.
Lui glielo fornisce, aggiungendo che da una settimana
altri due cani si sono aggregati
al concerto notturno. Si tratta
di due pastori tedeschi, di proprietà del custode del parcheg-
È trascorso un anno. Nessuno
nella zona presta più attenzione
ai latrati dei cani. Del resto,
questi sono troppo numerosi.
Come individuare quello che
abbaia, contro il quale si vorrebbe riversare la propria ira? ■
(Tradotto dal vietnamita)
Phan Thi Vang Anh, classe
1968, nata a Hanoi, è cardiologa di formazione e lavora
oggi come scrittrice e lettrice
presso una casa editrice, nonché commentatrice per giornali e riviste. Inoltre, ha girato
anche alcuni documentari.
Vive alternativamente a Hanoi
e a Ho Chi Minh City. Il suo
libro «Quand on est jeunes»
(edizioni Picquier) aveva colto
nel vivo negli anni 1990 lo
stato d’animo di un’intera generazione, diventando un
bestseller in Vietnam. In seguito è stato tradotto in francese e in svedese. La sua
opera di maggior successo è
stata in questi ultimi anni una
raccolta dei commenti pubblicati nella stampa, la quale è
per ora uscita solo in vietnamita.
Jorgen Schytte / Still Pictures
Verso le 22, quando il cane del
piano terra inizia ad abbaiare,
tutto il palazzo si mette in agitazione. Si tratta di un enorme
pastore tedesco addestrato, almeno pare (e come potrebbe
essere altrimenti?!). Il proprietario e padrone del cane per sfuggire ai creditori non rientra la
sera. Ha chiesto alla pescivendola di sfamare l’animale tutti i
giorni. Così il cane resta calmo
dalla mattina alla sera. È di
notte che si mette a guaire,
mosso dalla sete e dall’inoperosità. Quando due inquilini si
incrociano, dopo le consuete
formule di saluto, le domande
sono sempre le stesse: «Ma cos’ha da abbaiare così, quel povero cane?» Ma è facile intuire
il vero senso di quelle parole:
«Bisognerebbe abbatterlo!»
Ecco quello che nessuno osa
dire apertamente.
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
29
Peter Schickert / Das Fotoarchiv / Still Pictures
C U L T U R A
Danze sufi e feste berbere a
Ginevra
Il Marocco possiede una grande varietà di musiche e danze. Questo patrimonio
resisterà all’attuale livellamento dei prodotti culturali? Organizzato dagli
Ateliers d’ethnomusicologie di Ginevra, il festival «Les nuits du Maroc» presenta
vari artisti che stanno perpetuando in modo creativo forme espressive tradizionali. Di Jane-Lise Schneeberger.
Sotto la spinta della mondializzazione e della world music, le
musiche tradizionali del Sud
sono in procinto di trasformarsi.
Di moda è la fusione dei generi,
promessa di successo sul mercato internazionale della musica. Le musiche «etniche» vengono mescolate a degli stili
contemporanei e formattate per
piacere ai consumatori occidentali. Laurent Aubert, direttore
30
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
degli Ateliers d’ethnomusicologie
(Adem) di Ginevra, teme che
questi prodotti ibridi finiscano
per soppiantare tutti gli altri all’interno degli stessi paesi di
origine, per lo meno nei gusti
della gioventù. «L’ibridazione
musicale è sempre esistita. Non
è certo stata la world music a
inventarla, aggiungendo chitarre
elettriche e sintetizzatori a tutte
le orchestre. Il problema attuale
è che le tecnologie moderne di
riproduzione del suono e di comunicazione assicurano a questi
nuovi stili una diffusione a tappeto a livello planetario. La modernità, in questo caso, determina una banalizzazione del
suono», constata Aubert.
Rifiutando l’avvento di una
cultura di massa, gli Adem lottano per preservare la diversità
in campo musicale e coreogra-
fico. Ogni anno organizzano un
festival dedicato a un paese. Il
Marocco è l’invitato dell’edizione 2007, che si svolgerà dal 4
al 13 ottobre a Ginevra. Cinque
gruppi di danza e musica, una
cantante e un narratore vi presenteranno delle forme d’espressione tradizionali. Questo
programma sarà completato da
film, conferenze e varie animazioni.
Archives Adem (4)
Crocevia di varie civilizzazioni,
il Marocco ha prodotto un ampio ventaglio di forme musicali.
Contrariamente a quanto avviene in altri paesi, secondo
Laurent Aubert queste culture
non sono minacciate d’estinzione. A minacciarle, per contro,
è piuttosto l’uniformazione:
«Continueranno a esistere, ma
rischiano di perdere vigore. La
televisione – con il suo manto
sonoro elettronico, le sfavillanti
decorazioni e l’illuminazione
hollywoodiana –– è, in
Marocco come altrove, uno
dei vettori dell’appiattimento».
La musica sacra dei sufi
Se le tradizioni marocchine
sono rimaste vive è, in parte,
grazie all’interesse serbato loro
dai turisti o dagli ambienti culturali in Occidente. Così, gli
Gnaoua hanno conquistato la
notorietà internazionale grazie
al festival di Essaouira, dove
ogni estate incontrano altri mu-
sicisti del mondo. Discendenti
di schiavi giunti dall’Africa nera
nel XVI secolo, gli Gnaoua
sono una delle numerose confraternite marocchine che si
riconoscono nel sufismo, la
dimensione esoterica dell’islam.
Per entrare in comunione con
Dio, i sufi ricercano uno stato di
estasi o trance che raggiungono
mediante esercizi spirituali, la
musica, la danza o la recitazione
di litanie. Certi culti attribuiscono alla trance un effetto terapeutico.
Cantante e musicista nato nel
mondo degli Gnaoua, Majid
Bekkas rivisita con talento il repertorio di questa confraternita.
«Il suo approccio è quello di un
artista contemporaneo che si
appropria del proprio retaggio
culturale per aprirlo alla modernità senza tuttavia snaturarlo.Vi
introduce del blues e del jazz,
preservando nondimeno l’essenza della musica gnaoua e impiegando degli strumenti tradi-
zionali», spiega Laurent Aubert.
A Ginevra sarà pure presente la
confraternita sufi degli Aïssaoua.
Un complesso di Fes eseguirà
una lila (notte), ossia un rituale
specifico di questo ordine fondato nel XVI secolo. Le cerimonie degli Aïssaoua durano
tutta una notte, e ciò spiega il
loro nome.Vengono organizzate
durante le festività religiose o
eventi sociali, come i matrimoni, i battesimi o le circoncisioni. La veglia incomincia con
delle preghiere e delle litanie;
in seguito gli adepti si abbandonano a una danza estatica collettiva.
torio trasmesso in seno alla sua
famiglia di generazione in generazione. Durante il rituale, le
cantanti si accompagnano ai
tamburi. Eseguono movimenti
collettivi di bilanciamento sempre più rapidi, una tecnica che
conduce all’estasi. Rahoum
Bekkali fu una delle prime marocchine a studiare musica al
conservatorio e serba una cura
particolare per la dimensione
estetica della hadra. I membri
del gruppo, fra i 15 e i 22 anni
d’età, si riuniscono tre volte la
settimana per esercitarsi in quest’arte spirituale.
Invasione di violini
Retaggio familiare
La cittadina di Chefchaouen
ospita una formazione esclusivamente femminile che perpetua
l’arte della hadra, poesie e preghiere cantate durante le assemblee sufi. Questo gruppo fu
formato da Rahoum Bekkali,
l’attuale depositaria di un reper-
Se in Marocco esiste un genere
davvero in pericolo di estinzione si tratta dell’interpretazione all’antica della musica
arabo-andalusa. Nata nel corso
del Medioevo nella Spagna
sotto il dominio musulmano,
questa musica raffinata è migrata
verso la fine del XV secolo
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
311
Archives Adem (2)
Al servizio delle musiche del
mondo
Fondati nel 1974, gli Ateliers
d’ethnomusicologie di Ginevra
sono diventati un’associazione nel
1983. Il loro obiettivo è di promuovere le musiche e le danze tradizionali del mondo nelle loro diverse espressioni. Gli Adem
organizzano ogni anno una stagione di concerti e un festival tematico. Pubblicano la rivista annuale Cahiers de musiques
traditionnelles e dei libri; inoltre
producono dei CD con la loro
propria etichetta, Ethnomad. Sul
piano pedagogico organizzano
dei workshop, degli stages, delle
animazioni in ambito scolastico.
Infine, sostengono gli artisti migranti che risiedono nella regione
ginevrina. L’associazione è sussidiata dagli enti pubblici ginevrini
e dalla DSC.
Internet: www.adem.ch
32
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
verso il Maghreb, dove si erano
rifugiati gli arabi scacciati dalla
Penisola iberica. In passato suonata da cinque a sei musicisti,
oggi è affidata a orchestre quasi
sinfoniche. «Il risultato è annientante. Con cinquanta violini
si percepisce oramai solo uno
spesso impasto sonoro e non
più il tessuto melodico di ogni
strumentista», deplora Laurent
Aubert. Sarà dunque una piccola formazione, una delle rare
ad aver optato per il ritorno alle
origini, a presentare la musica
arabo-andalusa a Ginevra. Il suo
direttore Ahmed Chiki, che è
anche liutaio, ha ricostruito
degli strumenti medievali caduti
in disuso, come l’ud ramal, un
liuto a quattro ordini di corde.
Li ha muniti di corde in minugia, le quali producono un timbro diverso dalle attuali corde
di nylon o acciaio.
Contrariamente a questa musica
di città, le tradizioni sviluppate
dai Berberi sono radicate nella
vita quotidiana e ritmano il
ciclo agricolo.
Berberi di pianura e di montagna
Gli spettatori ginevrini potranno
sentire un gruppo folcloristico
dell’Alto Atlante e una cantante
popolare della pianura del Souss.
Il primo presenterà un ahwash,
dal nome dato alle grandi feste
collettive che ogni villaggio
berbero organizza in estate; le
danze e i canti dell’ahwash variano da una comunità all’altra.
La seconda, Raqiya Demseriya,
si ricollegherà alla tradizione dei
musicisti ambulanti, i rwayes. In
passato, questi troubadours percorrevano le città e i villaggi,
soli o in piccoli gruppi. Oggi
si producono nei ristoranti, nei
cabarets o alle feste private.
Cantano, danzano e improvvisano poemi sull’attualità, i problemi sociali o tematiche più
leggere.
Il mestiere del contastorie ha
anch’esso attraversato i secoli,
benché abbia perso terreno rispetto alla cultura dello scritto.
I narratori itineranti continuano, per esempio, ad attirare
ogni giorno una folla di turisti
in piazza Djamaa el Fna a
Marrakech. Di origine berbera,
Hamed Bouzzine è emigrato in
Francia, dove continua a esercitare la sua arte. Presenterà un
programma composto da racconti tradizionali tradotti in
francese e temi contemporanei. ■
(Tradotto dal francese)
Festival per una futura
potenza
( jls) Dalla sua creazione nel
1984, il Festival international
Médias Nord-Sud (FIMNS)
riunisce ogni anno a Ginevra
operatori dei media, dell’economia, dello sviluppo e della politica. Cofinanziato dalla DSC,
si china sulle sfide dell’avvenire
e l’ineguaglianza fra i due emisferi. La 23° edizione, che si
terrà dal 2 al 6 ottobre, avrà per
tema «L’India, futura potenza
mondiale – Il suo sviluppo, la
Girotondo trascinante
Musica
Manifeszazioni
(jtm) La prossima conferenza
annuale della Cooperazione svizzera con i paesi dell’Europa
dell’Est «Focus» si concentrerà
sull’impegno svizzero nei nuovi
Stati membri dell’UE. Nei
prossimi dieci anni la Svizzera
investirà, infatti, negli ex Stati
dell’Europa centrale e del
Baltico, nonché a Malta e
Cipro, circa un miliardo di franchi in progetti che contribuiranno al consolidamento economico e sociale. Il contributo
all’allargamento schiude anche
delle opportunità all’economia
svizzera. Durante il «Focus» del
15 novembre presso il KKL di
Lucerna mostreremo quali sono
le carenze di questi paesi sul
piano dello sviluppo e cosa può
fare la Svizzera per aiutare a
superarle. Come relatori interverranno ospiti di spicco del
mondo politico e culturale
dell’Europa orientale. Il governo
svizzero sarà rappresentato dalle
consigliere federali Calmy-Rey
e Leuthard. Il convegno comprende anche workshop, una tavola rotonda e alcuni intermezzi
culturali. È aperto a tutti gli interessati. L’entrata è libera.
«Focus», conferenza annuale della
Cooperazione svizzera con i paesi
dell’Europa dell’Est; 15 novembre
dalle ore 11.00 alle 17.30 presso
il KKL a Lucerna
(er) Nei primi anni Settanta,
Manu Dibango battezzò la sua
miscellanea musicale composta
di jazz, soul rock, pop, funk, reggae, salsa e highlife music con il
nome di soul makossa. Con
questo catapultò sé stesso nell’avanguardia africana e le sue canzoni nelle chart e in tutte le discoteche. Da allora il mago del
sassofono, virtuoso di marimba
e cantante riesce sempre a conferire al suo sound quel tocco di
freschezza capace di renderlo un
tormentone. Questa leggerezza
musicale aveva caratterizzato tre
anni fa anche il concerto tenuto
per il suo 71° compleanno al
Barbican Centre di Londra.
Accompagnato dalle guest star
Baaba Maal, Coco Mbassi, nonché Courtney Pine con la sua
Maraboutik Big Band, l’icona
poliglotta della world music
aveva presentato con gioia
esplosiva il suo ampio ventaglio
musicale – da ascoltare e vedere,
rispettivamente da vivere tramite l’album e il DVD live,
usciti a un mezzo secolo esatto
dal suo debutto sulla scena, dove
si trovano brani jazzistici standard e classici afro, nonché
groove funky per omaggiare la
leggenda dell’afrobeat Fela Kuti
(«Soul Makossa»).
Manu Dibango: «Lion of Africa»,
Global Mix MediaCOD/Musikvertrieb
Canti multietnici
(er) Non sono per nulla comuni
gli sforzi del trentenne tastierista, compositore e bricoleur sonoro d’Israele: Idan Raichel traduce in musica le molte culture
presenti nella sua patria in seguito all’immigrazione. Lo affascinano le arti vocali degli ebrei
yemeniti, la musica d’impronta
spagnola dei sefarditi, le sonorità
russe del gruppo etnico degli
ashkenazy, il folk dei falasha
abissini o dei falashmura etiopi,
per non dimenticare la musica
pop israeliana e il poetico sound
arabo del suo paese. Sono questi
i suoi «progetti», ai quali partecipano fino a 80 musicisti e
cantanti, e che lo hanno reso
una star. Spezzoni del songwriting multietnico di Raichel si
trovano, con tanto di video, in
un’interessante album «best of».
Servizio
sua economia, il suo impatto sui
paesi occidentali, il suo cinema,
la sua cultura».Tre sono i luoghi
di proiezione previsti. Saranno
presentati una trentina di documentari, realizzati da cineasti indiani e stranieri, nonché film di
finzione, in particolare alcune
produzioni di Bollywood. Il
miglior documentario riceverà
il Grand Premio di Ginevra,
dotato di 10 mila franchi.
Parallelamente, il Premio internazionale dei media, dello stesso
importo, ricompenserà un contributo giornalistico di una certa
importanza in forma scritta.
Il festival organizzerà inoltre
colloqui, trasmissioni televisive
e radiofoniche, un’esposizione,
serate speciali e mattinate per le
scolaresche.
FIMNS, Bâtiment des forces motrices, Ginevra, 2-6 ottobre. Internet:
www.nordsud.ch
«Focus» sul contributo all’allargamento
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
33
Registrati vi sono sound sciolti
e melodiosi, inneggianti ancorché incalzanti, che si situano
fra il pop etnico e l’ambient
folk, con rimandi ai reggae riddim, nonché ai ritmi caraibici. A
ciò si aggiungono le voci seducenti e talvolta drammaticamente commoventi dei canti
dei «rabbi», che ben si presterebbero per le piste da ballo e che
ricordano i temi di sempre:
amore, fede e speranza.
«The Idan Raichel Project»,
Cumbancha/Disques Office
34
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
quella dei Garifuna.
Andy Palacio: «Wátina»,
Cumbancha/Disques Office
Torna nelle sale il maestro
della cinematografia cubana
A fine 2007 giungerà nelle sale
cinematografiche elvetiche
«Madrigal», l’ultimo film del
cubano Fernando Pérez. La
pellicola era stata presentata in
prima visione alla Berlinale di
quest’anno. Il festival Filmar en
America latina, che si terrà a
Ginevra e Bienne, dedica in
novembre una retrospettiva al
maestro della cinematografia
cubana. E presso la Trigon-Film
è disponibile su DVD la sua
opera, nonché un ritratto del
cineasta realizzato con grande
sensibilità. In «Madrigal», Pérez
raggiunge una forza espressiva
che sembra dissolvere i confini
fra realtà e finzione. Come nelle
sue precedenti pellicole – fra le
quali «La vida es silbar» rappresenta il film cubano di maggior
successo in Svizzera – Fernando
Pérez parla della vita nell’isola
caraibica, dei sogni e del tentativo di superare certi momenti
della quotidianità. I suoi film
sono animati dall’arte latinoamericana del racconto, sono
radicati nell’isola caraibica, e ci
conducono sorprendentemente
ad affrontare nel contempo le
(dg) Molti giovani talenti del
calcio nei paesi africani coltivano un grande sogno: diventare
calciatori professionisti in
Europa. La grande famiglia del
dodicenne Farid in Ghana, per
esempio, ripone ogni speranza
in una carriera possibilmente
fruttuosa di Farid e nel suo
salario… Anche sul quindicenne
Farouk grava un grosso fardello:
suo padre ha già stretto un patto
con il presidente del club e, per
il suo aiuto, costui riceverà i diritti su Farouk e sarà coinvolto
in tutte le future trattative. Le
trasmissioni radiofoniche denunciano regolarmente le modalità di questo commercio con
i giovani talenti, ricordando che
solo pochissimi faranno davvero
carriera. Ciononostante, numerosi giovani talenti minorenni
sono «trasferiti» in Europa in
circostanze più che discutibili.
Eppure solo pochissimi vedranno i loro sogni avverarsi.
Molti finiranno nell’illegalità.
Il film «Sold out» ritrae quattro
calciatori, parla della pressione
delle attese riposte in loro, delle
speranze e delle difficoltà incontrate da due di loro in
Europa.
«Sold out – De la rue au stade »,
documentario di John Buche,
Austria/Ghana, 2002. DVD, 27
minuti, inglese (v.o.) / francese
(parz. sottotitolato), dai 14 anni.
Il film è inserito nel DVD
«Football – Mondial. Rêves et
réalités du monde du foot» con
altri quattro film ed è accompagnato
da materiale didattico.
Distribuzione/vendita:
Éducation et Développement,
tel. 021 612 00 81,
[email protected].
Informazioni: Service «Films pour
un seul monde»,
tel. 031 398 20 88,
www.filmeeinewelt.ch
«Senegal-Svizzera 1:1»
Strumenti didattici
(er) All’orecchio giungono song
rilassati, nei quali la sua voce
roca, animata e malinconica si
associa all’originale swing della
chitarra elettrica e al fine intreccio delle corde della chitarra
acustica, a passaggi dolcemente
incalzanti delle percussioni e
inserti leggeri dei tradizionali
tamburi garifuna. Le sequenze
ben inserite e armoniose dei
suoni del sassofono e le voci
vibranti e toccanti dei membri
della sua band «The Garifuna
Collective» diffondono un flair
da gospel e un feeling da reggae. È questo il cosmo musicale
di Andy Palacio, musicista del
Belize, un piccolo Stato
d’America centrale che si affaccia sulla costa caraibica. È però
anche un appello a conservare
la cultura minacciata del gruppo
etnico afroindiano Garifuna,
che vive qui e i cui antenati si
erano salvati dalle navi negriere
africane arenatesi nel XVII
secolo. Con questo manifesto
dalle sonorità vincenti racchiuso
in un CD, i cui testi vengono
presentati nella lingua igñeri
propria ai garifuna e le cui sfaccettature sonore si ricollegano
alla tradizione maya, alla grandezza spagnola e alla gioia di
vivere africana, Andy Palacio
chiede al mondo di ascoltare
non solo la sua voce, ma anche
Commercio di giovani talenti:
dalla strada allo stadio
Film
Manifesto sonoro vincente
proveniente dal Belize
questioni fondamentali della vita.
Ordinazioni e informazioni:
tel. 056 430 12 30 o
www.trigon-film.org
(bf ) Il Senegal e la Svizzera –
due paesi, uno strumento didattico. Lo strumento didattico interculturale e interdisciplinare
«Senegal-Svizzera 1:1» pone i
due paesi allo stesso livello e
tratta gli aspetti inerenti alla
geografia, alla storia e alla politica sociale in maniera paritaria.
Sia l’idea che la realizzazione
sono affascinanti: la pagina di
sinistra presenta la Svizzera,
quella di destra il Senegal. Il
libro, strutturato in maniera
modulare e al quale hanno lavorato specialisti di entrambi i
paesi, tratta sette campi tematici
in maniera interdisciplinare, ponendosi nella doppia prospettiva
del Senegal e della Svizzera:
formazione della nazione, immigrazione ed emigrazione,
centro e periferia, cultura e società, spazi naturali, demografia,
posizione nel mondo economico. Con esempi pratici, quali
l’aumento dei single in Svizzera
e il dibattito sulla poligamia in
Senegal, oppure la creazione
di posti di lavoro là e il dibattito
sulle assicurazioni sociali qui, le
allieve e gli allievi possono farsi
un’idea differenziata non solo
dell’altro paese, ma anche del
loro.
«Sénégal-Suisse 1:1» – uno strumento didattico interculturale e
interdisciplinare per il livello secondario II; edizioni Klett & Balmer,
Zugo, 2007(disponibile solo in
tedesco e francese)
Un libro su una scultura in
crescita
(bf ) Tutto incominciò con un
«Centro per la selvicoltura
sostenibile» cofinanziato dalla
DSC nel comparto forestale
modello «Priluzje», nella
repubblica russa di Komi. Non
appena avviato il progetto,
l’artista George Steinmann ha
accompagnato la creazione di
questo centro come se fosse una
«scultura in crescita», seguendone l’evoluzione sull’arco di
un processo creativo durato
dieci anni. Il libro che ha dedicato alla scultura in crescita lo
documenta con l’ausilio di testi
esplicativi (in tedesco, inglese
e russo), numerose fotografie a
quattro colori e videostill, nonché schizzi e materiale cartografico. In una ricerca di base estetica, Steinmann indaga su una
delle ultime grandi foreste naturali d’Europa. Essa costituisce
lo spazio vitale di oltre 200 specie di uccelli, di orsi bruni, lupi
e zibellini, nonché di una ricca
flora. La popolazione che vi
vive è depositaria di preziose
conoscenze di medicina naturale che rischiano di andare
perse. Chiarendo i nessi che
intercorrono fra diversità biologica e culturale, Steinmann ha
creato un’opera d’arte che infonde speranza.
«KOMI – Eine wachsende
Skulptur» di George Steinmann,
edizioni Stämpfli, Berna,
2007(disponibile solo in tedesco)
Dal Mali agli Stati Uniti seguendo le orme del cotone
(bf ) Il cotone – considerato il
«maiale della botanica» – è una
materia prima che ha segnato la
storia di interi paesi, e della
quale vivono e dalla quale dipendono milioni di persone.
Durante il suo viaggio nel
regno dell’«oro bianco», il
rinomato scrittore francese e
membro dell’Académie
Française Erik Orsenna ha visitato piantagioni in Mali e negli
Stati Uniti, laboratori di ricerca
e fattorie in Brasile, musei in
Egitto, laghi prosciugati in
Uzbekistan, fabbriche tessili in
Cina e Francia. Collegando in
modo inimitabile poesia, reportage e insegnamento della storia
naturale, Orsenna si sofferma
sui meccanismi della globalizzazione, la lotta per le quote di
mercato, la ricerca di nuovi
prodotti, il conflitto fra gruppi
multinazionali ed economia tradizionale, la retorica dei mercati
aperti e la prassi mondiale del
lobbismo. Una brillante indagine sul nostro mondo globalizzato, insignito del Lettre Ulysses
Award per l’arte del reportage
letterario.
«Viaggio nei Paesi del cotone» di
Erik Orsenna, Ponte alle Grazie,
2007
crescita nel mondo? Laddove
non ci si aspetterebbe mai di
trovarlo – nei paesi in via di
sviluppo! Miliardi di persone
povere possiedono insieme
un enorme potere d’acquisto,
ma l’economia internazionale lo
ha finora trascurato. Un errore
dalle pesanti conseguenze agli
occhi del rinomato economista
e imprenditore di successo C.K.
Prahalad, che all’Università di
Michigan, negli Stati Uniti, insegna strategia imprenditoriale e
commercio internazionale. Nel
suo ultimo libro, «La fortuna alla
base della piramide», presenta
modelli d’affari sperimentati e
testati, con i quali si potrebbe
debellare la povertà, e illustra
inoltre come le imprese occidentali possono percorrere vie
nuove e più redditizie. Il libro
è stato insignito negli USA del
titolo «libro di business del
2004». Fondandosi su molti
esempi concreti, C.K. Prahalad
vi confuta alcuni pregiudizi assai
diffusi, illustra i vantaggi di
un’entrata nel mercato dei paesi
in via di sviluppo dal punto di
vista dell’economia aziendale, e
affronta nel contempo in modo
credibile temi delicati, come la
corruzione, l’instabilità politica
e la sicurezza del diritto.
«La fortuna alla base della
piramide» di C.K. Prahalad,
Il Mulino, 2007
Specialisti del DFAE a vostra
disposizione
Temi vari
Libri e opuscoli
Servizio
Volete informarvi di prima
mano sulla politica estera della
Svizzera? Le relatrici e i relatori
del Dipartimento federale degli
affari esteri (DFAE) sono a
disposizione di scolaresche,
associazioni e istituzioni per
conferenze e dibattiti su numerosi temi di politica estera. Il
Servizio delle conferenze del
DFAE è gratuito, può tuttavia
offrire le proprie prestazioni
solo in Svizzera e chiede che
agli incontri partecipino almeno
30 persone.
Ulteriori informazioni: Servizio
delle conferenze DFAE,
Informazione, Palazzo federale
Ovest, 3003 Berna;
tel. 031 322 31 53 o 322 35 80;
fax 031 324 90 47/48;
e-mail: [email protected]
I poveri come mercato: la
fortuna alla base della piramide
(bf ) Dove si trova il mercato più
eccitante che registra la maggiore
Impressum:
«Un solo mondo» esce quattro volte l’anno
in italiano, tedesco e francese.
Thomas Jenatsch (jtm)
Beat Felber (bf)
Andreas Stauffer (sfx)
Editrice:
Direzione dello sviluppo e della cooperazione
(DSC) del Dipartimento federale degli affari
esteri (DFAE)
Redazione:
Beat Felber (bf – produzione)
Gabriela Neuhaus (gn) Maria Roselli (mr)
Jane-Lise Schneeberger (jls) Ernst Rieben (er)
Comitato di redazione:
Harry Sivec (responsabile)
Catherine Vuffray (coordinamento globale)
Joachim Ahrens (ahj)
Antonella Simonetti (sia)
Jean Philippe Jutzi (juj)
Progetto grafico: Laurent Cocchi, Losanna
Litografia: Mermod SA, Losanna
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Copertina: Zuder / laif
ISSN 1661-1683
Un solo mondo n.3 / Settembre 2007
35
Nella prossima edizione:
Gurian / laif
Cosa ne sarà esattamente del contributo svizzero elargito
all’Unione europea? E quali saranno gli effetti prodotti per
la Svizzera e per i nuovi Stati dell’UE? Queste due domande
sono al centro del nostro prossimo dossier dedicato al
cosiddetto «miliardo di coesione», al quale il popolo
svizzero ha dato la sua approvazione nel novembre del 2006.