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Un seul monde Eine Welt Un solo mondo N. 3 SETTEMBRE 2007 LA RIVISTA DELLA DSC PER LO SVILUPPO E LA COOPERAZIONE www.dsc.admin.ch 1,3 miliardi di giovani nei paesi in via di sviluppo – un’opportunità unica Cuba, mezzo secolo di rivoluzione castrista Combattere la corruzione per ridurre la povertà DOSSIER Uno sportello, molti servizi Gli «One-stop Shops» lanciati in Vietnam dalla DSC hanno avuto un’affermazione rapidissima 24 FORUM GIOVENTÙ E SVILUPPO Nuove visioni per cogliere un’opportunità unica Attualmente nei paesi in via di sviluppo vivono 1,3 miliardi di giovani – mai prima d’ora vi è stato un momento più propizio per investire nella gioventù Delhi, Nairobi, Tirana, Managua Quattro ritratti di giovani donne Mosca, Zurigo o Bogotà: la corruzione esiste ovunque La lotta alla corruzione riveste nell’ambito della cooperazione allo sviluppo la massima priorità - anche per la DSC 10, 14 26 Una casa della speranza Un progetto realizzato nella provincia pakistana del Punjab mostra quanto sia importante l’impegno a favore dell’infanzia e della gioventù Una vita da cane La scrittrice vietnamita Phan Thi Vang Anh ci racconta le disavventure di un caseggiato disturbato dai latrati notturni di un cane 12 29 6 Sommario ORIZZONTI CULTURA CUBA Mezzo secolo di rivoluzione castrista Cuba è il paese che tutti credono di conoscere – tanto sono solide le immagini correlate al suo nome: Fidel Castro, i sigari, la musica, le spiagge… Ma la realtà è ben diversa Danze sufi e feste berbere a Ginevra Il Marocco vanta una grande varietà di musiche e danze – alcune delle quali potranno essere ammirate nell’ambito del festival organizzato dagli Ateliers d’ethnomusicologie di Ginevra 16 30 Dall’Avana, un giorno qualunque Dalla sua terrazza la giornalista Marta María Ramírez osserva la lotta quotidiana dei cubani confrontati con immense difficoltà economiche 20 DSC Editoriale Periscopio Dietro le quinte della DSC Che cos’è… lo Human Development Index? Servizio Impressum 3 4 25 25 33 35 Cogliere un’opportunità storica – ora! Per il direttore della DSC Walter Fust, i giovani sono partner e attori responsabili del processo di sviluppo 21 Burkina Faso: formazione professionale, un puzzle in costruzione In questo paese dell’Africa occidentale, la Svizzera sostiene l’introduzione dell’apprendistato di tipo duale 22 2 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), l’agenzia dello sviluppo in seno al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), è l’editrice di «Un solo mondo». La rivista non è una pubblicazione ufficiale in senso stretto; presenta infatti anche opinioni diverse. Gli articoli pertanto non esprimono sempre il punto di vista della DSC e delle autorità federali. Editoriale Liberi nella mente e nel cuore Al nostro ultimo numero avevamo allegato l’opuscolo «La Svizzera e il mondo». L’analisi presentata in questo depliant rende un’idea differenziata dell’impronta lasciata dalla Svizzera nella vita politica ed economica, nella società e nella cooperazione internazionale. L’eco da parte vostra, gentili lettrici e lettori, è stato incredibile, e le vostre ordinazioni numerosissime. Sembra insomma che, affrontando il tema, abbiamo davvero colmato una lacuna esistente nel campo dell’informazione. La gioventù è un periodo specifico della vita, una fase di transizione durante la quale da bambini diventiamo adulti, attraversiamo le confusioni dell’insorgente sessualità, da esseri dipendenti diventiamo autonomi e ci prepariamo ad assumere, da lì in poi come adulti, la responsabilità per le nostre azioni, la società e i figli. Da giovani siamo ancora liberi nella mente e nel cuore, abbiamo il senso della giustizia e inseguiamo sogni che in seguito, purtroppo, spesso abbandoniamo. Siamo tutti stati giovani e – chi più, chi meno – abbiamo maturato le nostre esperienze. Negli anni Ottanta scandivamo nei cortei studenteschi di Zurigo «Vista libera sul Mediterraneo». A quei tempi ero studente e seguivo da vicino il movimento studentesco e i disordini giovanili della città sulla Limmat. La gioventù è spesso la miccia che mette in moto un processo evolutivo sia sociale che economico. Non è un privilegio dei giovani svizzeri e sicuramente neppure di questa epoca, ma è da sempre un privilegio della gioventù. A Cuba, per esempio, nel 1953, Fidel Castro, all’età di 27 anni, si rivoltò contro il regime corrotto di Batista (v. pag. 16 la nostra scheda di approfondimento dedicata a Cuba). A pagina 20 potete invece scoprire i pensieri che oggi frullano per la testa alla giornalista cubana Marta María Ramírez. Nella maggior parte dei nostri paesi partner vivono più giovani che adulti. In Svizzera e nei paesi industrializzati in generale si constata invece un’evoluzione contraria: stiamo invecchiando eccessivamente. Ma sia qui che là, al potenziale e alla fantasia della gioventù nessuna società può rinunciare. La DSC vuole perciò rendere produttivi la forza della gioventù in Svizzera e, soprattutto, il potenziale della gioventù nei paesi partner (v. pag. 21). Anche la conferenza annuale della DSC, che si terrà il 14 settembre, porrà la gioventù al centro dell’attenzione. In quell’occasione saranno conferiti dei premi promozionali a cinque progetti di sviluppo presentati da giovani. La consegna dei premi sarà effettuata dalla patrocinatrice di quest’evento, la consigliera federale Micheline Calmy-Rey, che discuterà inoltre con i giovani presenti diverse questioni inerenti allo sviluppo e alla posizione della Svizzera nel mondo. Buona lettura! Harry Sivec Capo Media e comunicazione DSC (Tradotto dal tedesco) Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 3 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 (jls) Il Senegal ha intrapreso una caccia ai truffatori attivi nella funzione pubblica. I ministeri della Sanità e dell’Istruzione hanno effettuato un censimento del loro personale a livello nazionale. Secondo quanto scaturisce da questa indagine, le casse dello Stato pagano migliaia di funzionari che nemmeno si presentano più sul luogo di lavoro, ed in certi casi da molto tempo. Inoltre, numerosi medici hanno abbandonato i dispensari delle zone rurali per andare ad operare nelle cliniche private della capitale, ciononostante, seguitano a percepire un salario dallo Stato. Ed infine, funzionari malati o invalidi seguitano ad essere pagati anche se ormai da molto tempo hanno cessato ogni loro attività. Pratiche di questo tipo non si verificano solo in Senegal. Nel Niger, un’inchiesta ha stabilito che 4,6 miliardi di FCFA (11,5 milioni di franchi svizzeri) sono versati ogni anno a funzionari fittizi. Nel Mali, 3000 agenti pagati nel gennaio del 2006 risultavano, ad un controllo personale, irreperibili. Infine, oltre 4 mila truffatori sono stati smascherati in Camerun, e ciò dovrebbe consentire allo Stato di risparmiare l’equivalente di 12,5 milioni di franchi svizzeri all’anno. Stephen Hall, direttore del World Fish Center, propone un radicale cambiamento di approccio al problema: il pesce non dovrà più essere pescato dai mari, bensì prodotto in sistemi controllati di acquicoltura, nei laghi, stagni o nelle regioni costiere. In tutto ciò Stephen Hall vede un enorme potenziale: nel 1970, soltanto il 6 per cento del prodotto ittico proveniva da acquicoltura; nel 2006 si era già al 30 per cento. Secondo recenti stime, entro il 2020 il 50 per cento del pesce consumato sarà prodotto in sistemi di acquicoltura, e di cui il 90 per cento nei paesi in via di sviluppo. Una nuova cartografia (bf) Si tratta di carte geografiche, ma non come le conosciamo finora. Bensì di una serie di cosiddetti cartogrammi glo- Pesci sì, ma non di mare (bf) Il tema «pesce» è uno di quelli che trova ecologisti e politici dello sviluppo in profondo conflitto: gli ecologisti vorrebbero un blocco completo della pesca; i politici dello sviluppo guardano all’Obiettivo del millennio, che pretende, entro il 2015, di dimezzare il numero delle persone che vive in stato di estrema povertà e grave denutrizione. In questa ottica, il pesce è spesso l’unica fonte di proteine animali per milioni di persone nei paesi in via di sviluppo. worldmapper.org Periscopio 4 Funzionari fantasma Diffusione dell’HIV bali che non indicano le dimensioni geografiche dei paesi, ma i fattori che, proporzionalmente al loro valore, risultano rilevanti per lo sviluppo: dalla sanità al reddito pro capite, ricchezza, trasporti, diffusione dell’aids, prodotti alimentari, armi nucleari e fino al consumo di acqua potabile, comunicazione ed inquinamento.Al progetto comune Worldmapper (www.worldmapper.org) dell’Università di Sheffield (GB) e di quella del Michigan (Usa) lavorano da anni ricercatori dei più svariati settori, che realizzano centinaia di nuovi cartogrammi. «Certi problemi si possono spiegare, anche comprovare e articolare in tabelle», dice, a proposito dei cartogrammi, il professor Danny Dorling dell’Università di Sheffield, uno degli iniziatori del progetto: «Tuttavia, soltanto Disegno di Martial Leiter Corruzione quando li abbiamo davvero davanti agli occhi, fanno un certo effetto». Carenza d’acqua? Talvolta basta un serbatoio! (bf) L’Africa è visto come un continente arido, in realtà ha un livello di precipitazioni pro capite più elevato di quello europeo.Tuttavia, la pioggia cade spesso in maniera diluviale, causa inondazioni, si infiltra nel terreno o evapora con grande rapidità. Il World Agroforestry Centre mostra ora come sia possibile, con metodi semplici ed efficaci, raccogliere la pioggia e mettere così al sicuro dalla siccità molte regioni dell’Africa. Uno studio del Centro e del Programma dell’Onu per l’ambiente UNEP arriva alla conclusione che il Kenya – che conta poco meno di 40 milioni di abitanti – ha pioggia in quantità sufficiente a provvedere al fabbisogno idrico di un popolo sei o sette volte maggiore. In un progetto-pilota dell’UNEP, nella regione di Kisamese, a sudest di Nairobi, donne Massai hanno raccolto acqua in semplici contenitori, in mini serbatoi o in pentole d’argilla. In tal modo, queste donne si risparmiano le quotidiane quattro ore di cammino per raggiungere il pozzo più vicino e l’acqua raccolta può essere usata per innaffiare gli alberi, i cespugli e magari anche per un piccolo orto. REA / laif Colpiti i più fragili (bf) Il clima subisce cambiamenti, e l’attività umana vi contribuisce grandemente: di questo gli scienziati sono nel frattempo giunti a mostrare unanimità. Tuttavia, chi è maggiormente colpito da questi cambiamenti? Un progetto di ricerca svolto dalla Freie Universität di Berlino analizza i fattori d’influenza, in particolare nei paesi in via di sviluppo, che determinano la cagionevolezza di certi gruppi sociali alle prese con le conseguenze dei cambiamenti climatici. Il risultato: nei paesi in via di sviluppo non tutte le persone sono in ugual misura colpite dal fenomeno. Le conseguenze di certe crisi sono perlopiù amplificate dalle esistenti disparità sociali, come mostrano analisi effettuate in Nicaragua e Tanzania: come ad esempio l’ineguale distribuzione del benessere o, all’interno di questi paesi, le condizioni di accesso al sistema delle assicurazioni sociali, ai beni di base, quali ad esempio l’approvvigionamento idrico o sementi di elevata resistenza. È così che i cambiamenti climatici colpiscono soprattutto i socialmente più fragili tra i poveri. Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 5 D O S S I E R 6 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 Gioventù e sviluppo Nuove visioni per cogliere un’opportunità unica Caroline Penn / Panos Strates REA / laif Il mondo di domani appartiene ai giovani. Come sarà questo mondo viene però deciso sin da oggi. È dunque essenziale non dimenticare che le prospettive per il futuro sono strettamente legate alle opportunità e possibilità date oggi all’infanzia e alla gioventù – e non solo nei paesi in via di sviluppo – in materia di formazione, lavoro e partecipazione. Di Gabriela Neuhaus. Khyber,un villaggio di montagna nella regione del Karakorum in Pakistan. I bambini e gli adolescenti hanno mete e sogni, come ovunque nel mondo. «Vorrei diventare pilota e fare qualcosa per il mio villaggio»,afferma il dodicenne Golan.Il suo compagno di banco vuole andare in città e diventare ingegnere, un altro medico; una ragazza vuol diventare maestra, la sua amica dottoressa. Anche il diciassettenne Stéphane, che frequenta il liceo a Man, una città della Costa d’Avorio segnata dalla guerra civile, sa cosa vuol fare. Ma per questo dovrà lottare con determinazione:per poter pagare la retta scolastica cerca, infatti, di racimolare qualche franc lavorando nel tempo libero come venditore ambulante. E se gli si presentasse l’occasione, vorrebbe lasciare il paese, dove non vede alcuna prospettiva: andar via, come tanti coetanei – possibilmente in Europa. Un momento molto favorevole I giovani costituiscono attualmente a livello mondiale la fascia di popolazione maggiore. Infatti, metà della popolazione mondiale ha meno di 25 anni. Nel mondo le probabilità di sopravvivenza di bambini e adolescenti sono fortemente migliorate a partire dagli anni 1950 grazie ai progressi in campo sanitario e alimentare. Ciò ha determinato un aumento della popolazione giovane. Mentre la crescita della popolazione nei paesi industrializzati, nonché in diversi paesi emergenti quali la Cina o la Tailandia,è fortemente diminuita, Stati come l’India o i paesi dell’Africa australe continuano a registrare una notevole eccedenza delle nascite. In combinazione con una speranza di vita tuttora minore rispetto a quella del Nord, ciò fa sì che la quota dei giovani sotto i 25 anni rappresenti in diversi paesi il 70 per cento della popolazione, se non addirittura di più. Complessivamente, secondo le statistiche dell’ONU, nei paesi in via di sviluppo vivono circa 1,3 miliardi di giovani dai 12 ai 24 anni. A loro e al loro futuro la Banca mondiale ha dedicato il suo ultimo rapporto sullo sviluppo.«Il momento di investire nella gioventù dei paesi in via di sviluppo non è mai stato così propizio come oggi», scrive Paul Wolfowitz nella sua prefazione al Rapporto sullo sviluppo 2007. Opportunità e rischi Invece di «così propizio» avrebbe benissimo potuto scrivere «così urgente». Secondo l’Unesco, 103 milioni di bambini continuano a non frequentare la scuola, di cui il 96 per cento vive nei paesi in via di sviluppo. Si stima che 800 milioni di giovani, soprattutto nei paesi del Sud e dell’Est, vivano con meno di 2 dollari al giorno. Ma la disoccupazione e la povertà giovanile stanno aumentando notevolmente anche nei paesi industrializzati. Ciononostante gli economisti della Banca mondiale parlano di una finestra temporale unica nella storia per quanto riguarda la demografia: «Le opportunità sono enormi, dato che molti paesi dispongono di più manodopera qualificata con meno familiari a carico. Questi giovani devono però essere preparati bene affinché possano creare e trovare degli impieghi», ha spiegato il capo economista della Banca mondiale François Bourguignon in occasione della pubblicazione del rapporto nel settembre 2006. In altri termini: se oggi non si interviene subito, questa opportunità unica andrà perduta. Solo se si creeranno le necessarie premesse per l’attuale generazione di giovani, queste annate numerose saranno anche in grado di fare il necessario per realizzare il grande balzo in avanti. La Banca mondiale menziona cinque settori nei quali promuo- Cos’è la gioventù? La gioventù è la fase della vita tra l’infanzia e la maturità. Spesso si ricorre anche al concetto di adolescenza. I limiti di età precisi entro i quali scorre dipendono molto dalla cultura e dal contesto culturale. L’ONU definisce come giovani le persone comprese fra i 15 e i 25 anni. Ma questi limiti non sono assoluti. Sempre l’ONU distingue, infatti, inoltre fra adolescenti (13 a 19 anni) e giovani adulti (20 a 24 anni), mentre la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia riferisce il termine di fanciullo ai minori dagli 0 ai 18 anni. Il Rapporto sullo sviluppo pubblicato dalla Banca mondiale definisce i giovani come persone dai 12 ai 24 anni. Circostanze di vita A dipendenza del contesto socio-culturale, gli adolescenti vivono in situazioni molto diverse: in certi casi i bambini devono assicurarsi il sostentamento sin dalla più tenera età, in altri i giovani ricevono un sostegno dalla famiglia fin verso i 30 anni. Mentre nei paesi occidentali l’età in cui ci si sposa continua a salire, in altre società continuano a essere all’ordine del giorno i matrimoni fra adolscenti. Molte ragazze diventano madri fra i 14 e i 18 anni. Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 7 Riehle / laif «Più tardi si vedono le cose in modo più appropriato, in perfetto accordo con tutta la società umana, ma la giovinezza rimane l’unico periodo nel quale si è imparato qualcosa.» Marcel Proust, «Alla ricerca del tempo perduto» «Una delle mie vicine è una ragazza intelligente, ma non può frequentare la scuola perché sua madre non ha le 250 lempiras necessarie per pagare l’iscrizione». Honduras «La partecipazione è talvolta scomoda perché devi imbrigliare il tuo ego e pensare agli altri». Argentina «Ci dicono sempre che siamo il futuro, ma noi siamo frustrati perché non ci lasciano essere il presente». Argentina «Lo studio è solo per la gente di una casta superiore e non per qualcuno come te». Nepal «L’insegnante dà da intendere che insegna, lo scolaro dà ad intendere di imparare, e lo Stato dà da intendere di aver svolto il suo compito». Brasile 8 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 Jörg Böthling / agenda «Il mio amico ha chiesto all’insegnante: Perché studiamo questo vettore? L’insegnante ha risposto: Per passare l’esame». Nepal zionato in precedenza, alla cui elaborazione hanno contribuito oltre mila giovani di 26 paesi in via di sviluppo: insieme loro, gli esperti hanno elaborato un rapporto che si basa sulle esperienze concrete nei vari paesi e può servire come base per i futuri miglioramenti. I giovani stessi si esprimono su temi come la formazione o la ricerca di un lavoro, formulando nei confronti dei governi e delle agenzie di sviluppo critiche e attese fondate sul loro vissuto personale. vere il potenziale giovanile: formazione, lavoro, salute, pianificazione familiare ed esercizio dei diritti di partecipazione. Partner da prendere sul serio Nell’ambito della cooperazione allo sviluppo questa attenzione alla promozione dell’infanzia e della gioventù non è una novità.Tuttavia, per molto tempo questa classe d’età non è stata considerata come un gruppo a sé stante, bensì sempre come parte di una famiglia, della struttura di un villaggio, ecc. Ciò è cambiato solo col passare del tempo. Un primo processo di sensibilizzazione era stato avviato nel 1985 con l’anno internazionale del fanciullo indetto dall’ONU. Nel 1989 l’ONU ha quindi varato la Convenzione sui diritti dell’infanzia per tutelare i minori - ratificata oggi da tutti i paesi membri. In molti paesi questa convenzione ha segnato l’avvio di una legislazione specifica a tutela dei minori. Un’altra innovazione, ancor più recente, concerne l’accesso delle agenzie di sviluppo ai giovani. Ora non sono solo percepiti come un gruppo a sé stante, ma sono anche presi sul serio in quanto partner. Il nuovo approccio si riflette d’altronde anche nel rapporto della Banca mondiale men- Partecipazione attiva Un passo più in là si spingono i progetti e i programmi che non solo ricercano le esperienze e le opinioni dei giovani interessati, ma li coinvolgono attivamente nell’elaborazione e nell’attuazione. «Le nostre esperienze mostrano in modo sempre più chiaro che la partecipazione della gioventù è irrinunciabile per il cambiamento sociale e la democratizzazione», ha spiegato Wolfgang Jessen, a suo tempo pianificatore specializzato dell’agenzia tedesca di cooperazione GTZ per i progetti in favore della gioventù, in occasione del convegno specialistico di Eschborn nel 2003. Nell’ambito di un progetto realizzato dalla GTZ in Sudafrica, si combinano per esempio dal 1997 la prevenzione della violenza e la promozione della gioventù: giovani donne e uomini di quartieri urbani trascurati fruiscono di una breve formazione come «Community Peaceworkers». Quindi svolgono per un anno lavoro di volontariato. Durante questo periodo, il progetto offre loro un orientamento professionale e corsi, per esempio di inglese economico o informatica. Dei 450 giovani che finora hanno partecipato al progetto, l’80 per cento ha trovato un impiego fisso dopo l’anno di volontariato. Nel contempo, nei quartieri interessati, il tasso di criminalità è notevolmente sceso. La partecipazione attiva non deve però essere pra- Silke Wernet / laif Michael Riehle / laif Tatlow / laif Gioventù e sviluppo ticata solo dai più poveri: per i giovani di tutto il mondo esistono innumerevoli possibilità di fornire un contributo per affrontare le sfide globali che si pongono a questa nuova generazione – per esempio nell’ambito di un anno di soggiorno in un altro paese, di attività sociali o di progetti comuni. Con l’aiuto di manifestazioni informative e culturali, nonché di un concorso, la DSC vuole suscitare anche nei giovani in Svizzera un impegno nel campo della politica di sviluppo. Esistono, del resto, numerose piattaforme in internet che consentono ai giovani di tutto il mondo di scambiarsi su questioni relative al futuro e alla politica di sviluppo. Qualità e non quantità Non è la prima volta che in una situazione difficile si punta sulla generazione successiva.Affinché l’opportunità unica chiamata in causa dagli economisti della Banca mondiale non si traduca in un fiasco è necessario che il mondo politico, il mondo economico e le organizzazioni di sviluppo investano come non mai. I giovani nei paesi in via di sviluppo sono particolarmente assillati da problemi come la povertà, l’aids e l’emigrazione. Molti non vanno a scuola perché mancano i soldi. Molti sono orfani perché i genitori sono morti di aids oppure perché la struttura familiare si è disgregata da quando i genitori cercano la fortuna all’estero. I bambini che crescono nelle aree di guerra non conoscono nessuna sicurezza, sono minacciati sul piano fisico e della sopravvivenza, subiscono abusi come bambini soldati ed altro ancora. Su questi bambini e adolescenti gravano ora le speranze di un futuro migliore. Una grande sfida che presume un impegno altrettanto grande a ogni livello. Per questo non è richiesto solo un aumento quantitativo dei mezzi, ma soprattutto anche un cambiamento a livello qualitativo: sono richieste nuove visioni. Il cammino imboccato verso un maggiore coinvolgimento della gioventù è certamente giusto. Ma occorre di più. ■ (Tradotto dal tedesco) Offerta formativa Nell’ambito del tema annuale della DSC «Gioventù e sviluppo», la Fondazione Educazione e Sviluppo e Alliance Sud hanno elaborato su mandato della DSC un’offerta di formazione sul tema «Gioventù e lavoro». Lo strumento didattico è destinato alle scuole professionali e consente ai docenti di elaborare il tema in aula in un contesto globale considerando gli sviluppi dell’economia mondiale. Le studentesse e gli studenti non imparano solo a confrontare le differenze fra la loro situazione lavorativa e quella dei giovani dell’Est e del Sud, ma anche a individuare e analizzare i parallelismi e le similitudini. Attraverso un cambiamento di prospettiva sviluppano la comprensione per altri mondi del lavoro e altre circostanze di vita. Il sussidio didattico è corredato da diversi strumenti: fra l’altro, delle cartoline con fotografie di diverse situazioni lavorative, un questionario che consente agli studenti di lavorare da soli, un sito web, nonché un set di filmati scelti per elaborare le tematiche «Lavoro in generale», «Il lavoro qui e altrove» e «Mercato mondiale del lavoro». Lo strumento didattico sarà disponibile da metà novembre presso: Fondazione Educazione e Sviluppo, Via Breganzona 16, 6900 Lugano, tel. 091 966 14 06; www.globaleducation.ch Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 9 Kusum Dikshit, 17 anni, Delhi: «Non ci restò che fare i bagagli e andarcene» Abitanti di Delhi 14 milioni Tasso di alfabetizzazione 86 per cento Speranza di vita 69,9 anni Tasso di disoccupazione 2,8 per cento Reddito mensile medio 1250 franchi svizzeri 10 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 Nel 2010 si terranno nella capitale indiana i Giochi del Commonwealth. Per quell’occasione Delhi dovrà essere al massimo splendore. Nel programma rientra lo smantellamento delle bidonvilles, fra le quali quella di Jamunapushta. Kusum Dikshit racconta: «Improvvisamente arrivarono queste grandi macchine e tanti poliziotti. Dovemmo fare i bagagli e andarcene. Distrussero tutto, le nostre case…», e avrebbe anche potuto aggiungere, «...e i nostri vicoli». Infatti questi stretti passaggi con i canali di scolo delle acque luride hanno fatto di Kusum ciò che è oggi:una «maestra di strada».L’ONG Navjyoti aveva creato le scuole di strada per i bambini che non frequentavano la scuola. Le ragazze più mature giocavano con loro per due ore al giorno. E Kusum è cresciuta proprio così. I genitori si erano trasferiti a Jamunapushta nel 1991, da un villaggio dell’Uttar Pradesh. Nel 2004 la famiglia, che nel frattempo contava sei membri, dovette traslocare insieme ad altri 150 mila abitanti della bidonville.Si ritrovò a Bawana,in pieno campo, a quaranta chilometri dal centro, un luogo che il governo chiama eufemisticamente «colonia residenziale». Su una parcella di 18 metri quadrati ricostruì la propria capanna.Il trasloco ha fatto maturare Kusum. Grazie all’insegnamento di Navjyoti, la bambina di strada è diventata una maestra di strada. Nozze a fine dell’anno Nel tempo libero crea centrini all’uncinetto. Forse per abbellire la casa? Il fratello Ravinder la contesta ridendo, mentre Kusum arrossisce: «Vuole fare una buona impressione al suo fidanzato».Tra non molto si sposerà. Il prescelto è un lontano cugino rimasto al villaggio. Ma perché tanta fretta? A Bawana si registra una forte criminalità legata alla droga e alla prostituzione, perciò è meglio che una giovane sia sposata. Ma Kusum vuole rimanere maestra di strada e vuole inoltre diventare una «vera» maestra. Fino al matrimonio rimarrà a casa. Il padre lo vede di rado, è «a Delhi», dove vende cherosene facendolo scorrere da un barile issato su un carretto di legno.Cosa ne pensa della povertà? «A tratti provo rabbia. Perché siamo poveri e altri no? Ma alla Gali School vedo molti bambini che sono ammalati o senza genitori. Sono talmente tanti quelli che hanno ancor meno di me! Allora non invidio più la gente che ha di più». ■ Testo e fotografie di Bernard Imhasly, corrispondente dall’Asia con sede a Delhi,India,per il quotidiano NZZ (Tradotto dal tedesco) Gioventù e sviluppo Liljana, 17 anni, Tirana: «Nessun centro giovanile, nessuna palestra, solo sale da tè» Quindici anni fa Bathore era ancora una grande distesa con prati e campi. Nel frattempo qui, alla periferia di Tirana,è sorta una città satellite.Le case, solitamente di un piano, sono disposte alla rinfusa nel paesaggio come se fossero dei mattoncini Lego. Una bidonville. La terra dei ceceni, come gli abitanti che risiedono da tempo a Tirana chiamano con disprezzo i connazionali del nord fuggiti dalla miseria economica per insediarsi a Bathore. 50 mila persone vivono in questo quartiere di Tirana, a poco meno di sette chilometri da Piazza Skanderbeg con la sua illuminazione multicolore. Anche la famiglia di Liljana Gjonkolaj dovette abbandonare casa e fattoria in un villaggio nei pressi di Tropoja, a poca distanza dalla frontiera con il Kosovo. «A causa dell’acqua e della povertà», afferma la taciturna diciassettenne. Lo sconsiderato disboscamento aveva causato nel Nord una siccità che provocò lo spopolamento di interi villaggi. I giovani uomini sono emigrati verso l’Europa occidentale. Come i due fratelli di Liljana che ora lavorano in Germania e sostengono la famiglia con delle piccole rimesse. Grazie all’aiuto, a Bathore il padre Dodë ha potuto incominciare a costruire una casa che fa l’orgoglio di tutta la famiglia. Bathore? Liljana guarda imbarazzata il pavimento. Qui non ci sono molte possibilità: «Nessun centro giovanile, nessuna palestra, solo sale da tè dove gli uomini anziani ammazzano il tempo giocando a carte», ci dice. Perciò preferisce rimanere a casa seduta davanti al televisore. Liljana e le sue amiche hanno una passione: le telenovela latinoamericane. La serie televisiva più popolare in Albania è «Natalia»: racconta la storia di una ragazza che cresce in un mondo di intrighi, mal d’amore e tristezza. Liljana frequenterà ancora per due anni la scuola media. Ma per il futuro non ha grandi sogni, vista la miseria economica.Ama i libri di Stefan Zweig e le storie sentimentali dello scrittore e umanista italiano Edmondo De Amicis. Un giorno vorrebbe diventare poliziotta.Forse è il sogno tipico di una donna in una società dominata dagli uomini. ■ Abitanti di Tirana 600 mila Tasso di alfabetizzazione 89 per cento Speranza di vita 69 anni Tasso di disoccupazione 15,4 per cento Reddito mensile medio 200 franchi svizzeri Testo e fotografie di Elsa Demo, giornalista presso il quotidiano albanese Shekulli a Tirana, ed Enver Robelli, redattore del Tages Anzeiger a Zurigo (Tradotto dal tedesco) Intrighi, mal d’amore e tristezza Come trascorre un’adolescente il tempo libero a Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 11 Una casa della speranza Jeffrey L. Rotman / Still Pictures In Pakistan la cooperazione svizzera si impegna con vari partner a favore dell’infanzia e della gioventù. Quanto sia importante questo impegno e cosa sia in grado di ottenere, lo dimostra un esempio realizzato nel Punjab. La metà della popolazione ha meno di 18 anni! Con oltre 150 milioni di abitanti il Pakistan è uno dei paesi più popolati del mondo. Circa la metà dei suoi abitanti ha meno di 18 anni. Benché il Pakistan sia stato fra i primi paesi a firmare nel 1990 la Convezione dell’ONU sui diritti dell’infanzia, molti minori vivono in condizioni precarie: il lavoro minorile continua a essere ampiamente diffuso, i minori sono venduti all’estero come schiavi, molti si drogano, sono sfruttati sessualmente, e in pratica non hanno accesso alle cure sanitarie e alla formazione. 12 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 (gn) In fondo,i bambini e gli adolescenti della provincia pakistana del Punjab sono fortunati. La loro fortuna ha un nome: Faiza Asgher, pediatra e consulente del presidente del governo in materia di affari giovanili. L’impegno di Faiza Asgher è destinato in particolare a promuovere i più poveri fra i poveri e il risultato tangibile del suo lavoro in questo ambito è l’«Ufficio per la protezione e il benessere del fanciullo» (Child Protection & Welfare Bureau; v. anche il testo a lato), che ha aperto i battenti nel 2005 a Lahore. Secondo le stime,nella città – che conta cinque milioni di abitanti –, vivevano allora in strada 10 mila minori, molti dei quali costretti a cavarsela mendicando o svolgendo lavori occasionali. Il centro offre loro per la prima volta protezione, consulenza e la possibilità di frequentare una scuola, nonché di acquisire i primi rudimenti di diverse professioni. Al momento vivono presso il centro 250 maschi e 47 femmine. Fra loro anche gli adolescenti Aslam e Tariq, entrambi venduti da piccoli negli Stati del Golfo, dove avevano lavorato per quasi dieci anni come cammellieri. Fanno parte dell’esigua schiera dei 656 ex jockey rimpatriati in Pakistan, dei quali non è stato possibile finora individuare le famiglie. Perciò vivono per ora nel centro di Lahore, dove ricevono assistenza e una formazione. Un approccio integrale Sostenuti non sono solo i minori senza genitori. L’«Ufficio per la protezione e il benessere del fanciullo» offre anche servizi alle famiglie che vivono in condizioni economiche disagiate. Per esempio aiutandoli con crediti e consulenze. Inoltre, offre assistenza sanitaria e psicologica ai bambini e agli adolescenti, e assicura un servizio giuridico; giorno e notte a disposizione dei minori c’è pure una help line telefonica,mentre in quattro piccoli Open Reception Centres sparsi in tutta la città i minori Gioventù e sviluppo della popolazione, e in particolare delle ragazze e delle giovani donne che in Pakistan sono tuttora pesantemente discriminate, in merito ai loro diritti, offrendo loro un addestramento o una formazione di base, segnatamente nel campo dell’insegnamento, del pronto soccorso o in vari mestieri artigianali. Il progetto, sostenuto dal 2001 anche dalla DSC, è Ilyas Dean / images.de / Still Pictures Sinopictures / Maciej Dakowicz / Still Pictures possono trovare temporaneamente protezione e tranquillità. Come per esempio il tredicenne Abdul Razzak. Giorno dopo giorno, in particolare durante le festività religiose, vende sacchi di plastica nelle vicinanze di un famoso tempio. Con ciò guadagna un po’ di denaro, che deve bastare a nutrire sé stesso, le due sorelle e la madre. Non frequenta la scuola, ma si reca regolarmente in uno degli Open Reception Centres. Alla domanda perché venga qui, Abdul risponde: «Per giocare e per riposare un po’ – e per ricordarmi che sono ancora un bambino». Dalla sua apertura il centro ha già assistito oltre 10 mila bambini.Al momento, in un modo o nell’altro sono sotto la sua protezione circa 3500 minori. «Oggi a Lahore non ci sono praticamente più bambini di strada», ha constatato la collaboratrice della DSC Chloé Milner in occasione della sua ultima visita sul posto nel marzo del 2007. «Ciò che il centro ha raggiunto in breve tempo grazie all’impegno personale di Faiza Asgher è assolutamente eccezionale». La pediatra ha fatto del progetto pilota statale un vero e proprio progetto modello. L’obiettivo è ora di aprire, grazie alle esperienze maturate finora, centri simili in altre province, per esempio nella North West Frontier Province (NWFP), dove la DSC già opera prioritariamente. I diritti e la loro attuazione Il progetto pilota di Lahore si fonda sulla Legge a favore dei minori nel bisogno e trascurati, varata dalla provincia del Punjab nel 2004. L’elaborazione delle basi legislative per la protezione dei minori, nonché la loro attuazione sono temi centrali del programma dell’Unicef in Pakistan,che la DSC sostiene dal 1996. Un importante pilastro di questo programma è costituito dal «Girl Child Project», realizzato per la prima volta nel 1991 dall’Associazione pakistana per la pianificazione familiare in collaborazione con l’Unicef. Il suo scopo era di attirare l’attenzione nel frattempo stato esteso a 730 comuni di tutto il Pakistan. Secondo le statistiche, nel corso degli incontri sono stati informati sui diritti delle fanciulle oltre 100 mila donne e uomini, mentre migliaia di ragazze hanno frequentato corsi nell’ambito del programma. Oltre 30 mila giovani donne hanno svolto un cosiddetto «Leadership Training» e insegnano oggi ai bambini o lavorano nei centri di pronto soccorso. Oltre a collaborare con l’Unicef, la DSC partecipa a un progetto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) per la lotta contro il lavoro minorile. Inoltre sostiene una ONG pakistana attiva nel campo della tutela di minori in situazioni difficili. Dal 2009 questi tre progetti per la gioventù saranno armonizzati e proseguiti nell’ambito di un programma mantello comune per i «Diritti dei fanciulli» (Child Rights).L’obiettivo di questo progetto pilota lanciato dall’ONU è di sviluppare al meglio i vari impegni complementari fino a ottenere un programma integrale efficiente al servizio dell’«infanzia vulnerabile». ■ (Tradotto dal tedesco) Dal programma del progetto pilota «Child Protection & Welfare Bureau», Lahore Alcuni fanciulli hanno i genitori – altri no. Alcuni fanciulli dormono a casa – altri nelle strade. Alcuni fanciulli sono amati dai genitori – altri subiscono abusi. Alcuni fanciulli frequentano la scuola – altri devono lavorare o mendicare. Alcuni fanciulli diventano medici, ingegneri e ufficiali – altri sono destinati a una vita da mendicanti, criminali o prostitute. Diamoci la mano per aiutare gli «altri» meno fortunati a vivere una vita migliore! Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 13 Miriam, 18 anni, Nairobi: «Una donna elettricista? Impossibile!» Abitanti di Nairobi 2,8 milioni Tasso di alfabetizzazione 85 per cento Speranza di vita 55 anni Tasso di disoccupazione 40 per cento Reddito mensile medio 87 franchi svizzeri «Le donne lavorano forse un po’ più lentamente, ma meglio e con maggiore precisione degli uomini». Miriam Mwangare Muirore lo afferma ridendo e nessuno dei compagni apprendisti presso il St.Vincent Vocational Center la contraddice. Ha 18 anni, frequenta il secondo anno di tirocinio come elettricista e, non appena avrà racimolato il denaro necessario, intende aggiungervi un terzo anno perché: «Voglio il diploma». Miriam proviene da una tipica famiglia di Riruta, un quartiere della straripante bidonville Kawangware nella capitale keniota Nairobi. Sua madre ha allevato da sola i cinque figli svolgendo lavori occasionali. I due fratelli maggiori e una sorella sono sposati. Miriam vive con il gemello John e la madre in una piccola capanna di lamiera: una tenda separa il vano delle donne da quello degli uomini, la luce proviene da una lampada a cherosene, l’acqua viene portata in casa con una tanica. Alla sera ripara le radio Miriam si ricorda benissimo delle reazioni delle amiche, quando lei si era iscritta a un programma di borse di studio finanziato dalla Svizzera e offerto dalla piccola scuola per bambini poveri e orfani dell’aids della bidonville:«Tutte mi dicevano:una donna elettricista? Impossibile!» La scuola la sostenne e le assegnò una borsa per i due usuali anni di 14 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 tirocinio;per il terzo (che conduce al diploma) dovrà provvedere lei stessa. Poco tempo fa Miriam e i suoi compagni apprendisti dovettero posare cavi in un nuovo edificio. Il committente chiese ai maschi se si erano portati appresso anche una ragazza per farsi preparare il tè. «Gli ho risposto per le rime», racconta Miriam, «mi aveva davvero mandata su tutte le furie.Come se le donne fossero solo capaci di lavorare come parrucchiere o sarte!» Di tempo libero non gliene rimane molto.Alla sera ripara le radio insieme al suo gemello: «È stato lui a contagiarmi, quando eravamo ancora piccoli», spiega Miriam. Il denaro che racimolano lo usano per il ménage comune.E come la mettiamo con la discoteca? «Oh, la discoteca! La sera qui non si può più uscire », dice Miriam sistemandosi con un gesto spigliato il ciuffo che sporge dal berretto, «troppo pericoloso. Inoltre non ho soldi da spendere. Sto risparmiando per il terzo anno e ho anche bisogno di attrezzi per metter su un’azienda, la mia propria azienda». ■ Testo e fotografie di Peter Baumgartner, dal 1994 al 2004 corrispondente dall’Africa con sede a Nairobi per il quotidiano Tages-Anzeiger di Zurigo (Tradotto dal tedesco) Gioventù e sviluppo Rossaura, 17 anni, Managua: «Un figlio non è certo di ostacolo alla formazione professionale» No, non avrebbe mai pensato di avere un figlio alla sua età, dice Rossaura, una nicaraguegna alla soglia dei 17 anni di Ciudad Sandino, una città dormitorio che sta crescendo a dismisura alle porte di Managua.Ora,a due mesi dalla nascita della figlia Diana, la sua vita è completamente cambiata. Ma in famiglia non è un’eccezione.Anche la madre Martha aveva avuto la prima figlia a 16 anni. E tre delle migliori amiche di Rossaura hanno già un bebè o sono incinte. Non crede alla pillola. Quella è veleno per il corpo. Non ha mai pensato di abortire perché avrebbe avuto dei rimorsi. È stata battezzata secondo il rito cattolico e,di tanto in tanto, va a messa. Ogni tanto il padre invia del denaro Con trenta gradi all’ombra, la giovane madre culla il bebè nella sedia a dondolo nel giardinetto davanti alla casa dei genitori. L’arrivo di Diana le ha fatto cambiare i piani: ha dovuto interrompere la scuola media. Ma già l’anno prossimo vuole ritornare sui banchi: frequenterà per tre anni di sabato una scuola per studenti lavoratori. Già sua madre aveva fatto così fino a conseguire il titolo di agronoma.Anche Rossaura vuole diventare ingegnere: «Un figlio non è certo di ostacolo alla formazione professionale». Rossaura ha avuto fortuna: Reynaldo, il diciotten- ne padre di Diana,non ha voltato le spalle alla compagna non appena la piccola ha visto la luce. L’aveva d’altronde già accompagnata quando fece il test di gravidanza. Poco dopo il parto, la coppia è andata a convivere. Rossaura conobbe Reynaldo, il suo primo amore, quando aveva quindici anni. Oggi al suo fianco con consigli e aiuto vi sono le nonne della piccina. Il padre di Rossaura emigrò anni fa in Canada. Di tanto in tanto invia del denaro alla figlia, per esempio per un corso d’inglese. I giovani genitori non si vedono spesso. La mattina il partner di Rossaura studia marketing, il pomeriggio suda le sette proverbiali camice in un mercato di Managua, dove i suoi genitori possiedono una bancarella. Rossaura è certa di voler sposare Reynaldo. Ma secondo la legge nicaraguense dovrà aspettare di aver compiuto i 18 anni e quindi di essere maggiorenne. ■ Abitanti di Managua 1 milione Tasso di alfabetizzazione 77 per cento Speranza di vita 70 anni Tasso di disoccupazione 7 per cento Reddito mensile medio 160 franchi svizzeri Testo e fotografie di Richard Bauer, corrispondente dall’America latina del quotidiano NZZ (Tradotto dal tedesco) Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 15 O R I Z Z O N T I Mezzo secolo di rivoluzione castrista Cuba è il paese dell’America latina che tutti credono di conoscere – tanto sono solide le immagini correlate al suo nome: Fidel Castro, i sigari, la musica, le spiagge… Ma la sua storia, il suo destino, la sorte quotidiana della sua popolazione proiettano un’altra luce su questa grande isola dei Caraibi. Di Jacques Pilet*. Scoperta nel 1492 da Cristoforo Colombo («È la terra più bella che gli occhi di un uomo abbiano mai contemplato!» esclamò allora), l’isola di Cuba è servita da base al Regno di Spagna per la conquista dell’America latina. Impossibile comprendere la Cuba di oggi senza conoscere il peso della sua storia coloniale. È soltanto nel 1868 che inizia la lotta per l’indipendenza con l’affiorare di una grande figura politica e letteraria ancora oggi onorata: quella di José Martí. Nel 1898 gli insorti riescono finalmente a sconfiggere l’esercito spagnolo – con l’aiuto degli Stati Uniti, che pongono immediatamente l’isola sotto la loro tutela. I governi che si succedono sono tutti più o meno 16 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 corrotti e autoritari. Trasformano l’Avana in un luogo di piacere e dissolutezza per turisti americani. Embargo commerciale La rivoluzione esplode nel 1953 con l’assalto ad una fortezza, la Moncada, da parte del giovane Fidel Castro, spalleggiato da una manciata di compagni. L’operazione fallisce – ma la lotta armata ha inizio. Sorretti dalla simpatia del popolo, il 1° gennaio 1959 i ribelli vengono a capo della dittatura di Fulgencio Batista. La borghesia cubana prende allora il cammino di Miami. Le relazioni con gli Stati Uniti si tendono, fino alla rottura. È l’epoca Miquel Gonzalez / laif Dirk Jensen / agenda Tobias Hauser / laif Tobias Hauser / laif Sebastian Hauser / laif Cuba della guerra fredda, che a Cuba assume le forme più dure. L’embargo commerciale americano colpisce l’economia cubana, che oscilla sempre più nel campo sovietico: l’URSS compera zucchero, fornisce armi e beni di consumo. Fino al crollo del comunismo nel 1989. Occorre dire che nel corso degli anni l’embargo si è di fatto ammorbidito. Molti paesi – Spagna e Canada in primis – hanno intensificato le relazioni commerciali con Cuba. Anche gli Stati Uniti hanno rilanciato gli affari: cargo americani carichi di cereali sono regolarmente ormeggiati nel porto dell’Avana. Altra apertura importante: il turismo, che diviene una delle principali fonti di valuta. Nel 2005 sono stati 2,3 milioni i viaggiatori europei, canadesi e latinoamericani ad aver approfittato del sole cubano e delle infrastrutture alberghiere sviluppate, segnatamente, con capitali spagnoli. Questo settore – che rappresenta il 12 per cento del PIL – è uno dei principali datori di lavoro del paese: occupa, infatti, quasi 200 mila persone. L’embargo americano pesa assai sul suo sviluppo: i transatlantici dei Caraibi non fanno più scalo all’Avana, e a tutt’oggi i cittadini americani non hanno il diritto di calpestare il suolo cubano – ad eccezione degli esuli cubani, autorizzati a far visita alle loro famiglie. Servizi sanitari ed istruzione per tutti Gli sforzi di industrializzazione del periodo d’in- fluenza sovietica non sono approdati a nulla. I risultati dell’agricoltura di Stato sono tanto più deludenti quanto le quotazioni mondiali dello zucchero sono al ribasso. Il 70 per cento circa dei beni agricoli prodotti e consumati a Cuba proviene da un settore privato ristretto, alla periferia delle città. Occorre tuttavia rilevare anche un settore dove gli sforzi pubblici sembrano promettenti: la produzione di medicamenti, di vaccini e lo sviluppo delle biotecnologie. I successi più notevoli di questo mezzo secolo di rivoluzione sono, senz’ombra di dubbio, l’istruzione e la sanità. Su tutta l’isola è possibile farsi curare da medici competenti. I medicamenti scarseggiano. Ma nessun paese dei Caraibi dispone di L’oggetto della vita una simile infrastruttura. Si è anche sviluppata una quotidiana medicina di punta per stranieri: ogni anno, tra le Il camello 5 mila e le 6 mila persone vengono a farsi curare Le leggendarie automobili americane, mantenute in all’Avana! Cuba trasferisce migliaia di professioni- vita dalla rivoluzione del sti della salute nel Venezuela che rimunera questo 1959, cadono a pezzi. Le servizio fornendo petrolio all’isola.Altro successo vetture recenti sono rare. come gli autobus. incontestabile: l’istruzione.Tutti i bambini cubani Così Particolarità dell’Avana: sono scolarizzati. I bambini promettenti sono ri- il camello (cammello). Si conosciuti e sostenuti. L’isola non conta pratica- tratta di una doppia cabina mente più nessun analfabeta. Con le sue quaran- gigante d’autobus combinata con una struttura ta università, offre inoltre un insegnamento supe- d’autocarro, un ibrido inriore di qualità. ventato e messo insieme Il peso delle dipendenze Le strutture economiche restano segnate dal passato coloniale. Il paese dispone però di risorse umane eccezionali che lo preparano alla moder- negli anni Novanta, nei mesi più bui della crisi economica, è in grado di trasportare fino a 300 persone… stipate le une contro le altre. Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 17 Verso un avvenire migliore Questo quadro ombroso non deve tuttavia eclissare la notevole energia di una società ben strut- 18 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 Karl-Heinz Raach / laif Christian Heeb / laif Raffaele Celentano / laif (2) nità. E ciò, nonostante l’esilio di tanti cubani. Resta nondimeno il gravoso peso della dipendenza: quella dalla Spagna in passato, poi quella dagli Stati Uniti e dall’Unione sovietica, ed ora la dipendenza dal Venezuela, che fornisce a Cuba la maggior parte della sua energia. Questo settore è il tallone d’Achille dell’isola, nonostante le promesse di una produzione petrolifera che è soltanto agli inizi. Dipendenza anche dinanzi ai corsi mondiali dello zucchero e del nichel. Sfruttato da società straniere in collaborazione con lo Stato, questo minerale è la prima voce delle entrate di valuta (circa 1 miliardo di dollari l’anno). Le riserve cubane sono importanti, ed interessano vieppiù gli investitori cinesi. Il dominio dello Stato sulle attività economiche, gli ostacoli alla libera impresa e l’embargo imposto dagli Stati Uniti hanno la loro parte di responsabilità nella povertà di una popolazione che pur non conoscendo la miseria estrema di alcuni dei suoi vicini resta invischiata nella penuria.In valuta locale, il salario mensile medio è di circa 30 dollari. Senza accesso alle valute straniere, inviate dagli esiliati (questo contributo è stimato a quasi 1 miliardo di dollari l’anno) o per via di qualche lavoro nella scia del turismo, i cubani sono condannati ad un minimo vitale straordinariamente ristretto. La maggior parte dei punti vendita dell’Avana accetta soltanto i CUC, i pesos cubani convertibili ottenuti in cambio di dollari, euro o franchi svizzeri. turata, attiva, intrisa di valori patriottici autentici, in attesa di un futuro migliore. I successi della ricerca medica ne sono la testimonianza. Il rendimento degli agricoltori privati è promettente.Anche i turisti frettolosi possono rendersi conto dei progressi compiuti. La città vecchia dell’Avana, patrimonio mondiale dell’UNESCO,non era che un cumulo di rovine. Ora il centro sta ritrovando lo splendore di un tempo. Il governo ha dato pieno potere ad uno storico, di fatto un imprenditore di talento, Eusebio Leal Spengler – di origine svizzera – che ha creato una società molto dinamica, la Oficina del historiador. I palazzi, le chiese, le abitazioni vengono progressivamente restaurati (un terzo circa della vecchia Avana). Con un triplice obiettivo culturale, sociale (una parte degli abitanti vi è rialloggiata) ed economico:alberghi,ristoranti, balere, gallerie e commerci di ogni sorta attraggono i visitatori e forniscono i fondi necessari alla prosecuzione dei lavori. Oltre 10 mila persone lavorano sotto questa insegna: architetti, artigiani, personale turistico ecc. La scena culturale che si sviluppa in questi luoghi è particolarmente stuzzicante. Tanta ingegnosità, creatività, competenza e perseveranza lasciano ben sperare per il futuro di questo paese. Qualunque sia la svolta politica. ■ * Jacques Pilet, giornalista, cronista all’Hebdo, membro della direzione del gruppo Ringier, tra il 1968 e il 2007 si è recato più volte a Cuba. Segue in modo particolare le questioni latinoamericane. (Tradotto dal francese) Cuba Tobias Hauser / laif La Svizzera e Cuba Condizioni di vita migliori (bf) La Svizzera presta aiuto umanitario a Cuba dal 1997; alla fine del 2000 ha avviato un programma speciale di cooperazione allo sviluppo volto a sostenere la società cubana verso uno sviluppo del paese pacifico, partecipativo e rispettoso dei diritti sociali acquisiti.A tale fine vengono promosse le iniziative locali che offrono soluzioni concrete per migliorare le condizioni di vita della popolazione e consolidare l’efficienza delle istituzioni. La Svizzera favorisce altresì il dialogo e lo scambio di informazioni a livello internazionale, affinché l’Isola possa ulteriormente aprirsi al mondo esterno. Il budget 2007 ammonta a 4,1 milioni di franchi (3 milioni destinati alla cooperazione allo sviluppo,0,6 milioni all’aiuto umanitario e mezzo milione alla cooperazione economica, di competenza della SECO). L’Aiuto umanitario è impegnato con contributi ai programmi dell’ONG svizzera mediCuba Suisse, che realizza attività volte in primo luogo a consolidare la produzione locale di medicamenti (medicina tradizionale), migliorare l’infrastruttura ospe- daliera e contrastare la diffusione dell’aids. Parallelamente viene fornito un sostegno alla sicurezza alimentare (mediante forniture di latte in polvere) e all’aiuto in caso di catastrofe (in caso di eventi naturali: uragani eccetera). Il programma della cooperazione allo sviluppo si esplica lungo due assi tematici: uno sviluppo economico sostenibile – aumentando la produzione mediante l’introduzione di metodi di produzione e di gestione innovativi e sostenibili e migliorando l’accesso alle nuove tecnologie negli ambiti dell’agricoltura cooperativistica, della produzione locale di materiali da costruzione, dell’efficienza energetica e della gestione ambientale – e lo sviluppo locale, promuovendo la partecipazione della popolazione allo sviluppo dei comuni (sostegno di iniziative locali, come la risoluzione di problemi di alloggio) ed aumentando l’efficienza delle amministrazioni locali. 1868 Inizio della lotta per l’indipendenza, sotto l’impulso del coltivatore Carlos Manuel de Céspedes. 1959 I ribelli rovesciano il regime del generale Batista. Fidel Castro entra all’Avana. 1960 Il governo americano decide di sottomettere Cuba ad un embargo commerciale, ancora oggi in vigore. 1961 Con il sostegno della CIA alcuni mercenari anticastristi sbarcano nella baia dei Porci, nel sud dell’isola, ma l’insurrezione fallisce. 1892 José Martí fonda il Partito rivoluzionario cubano. Rilancio della guerra d’indipendenza. 1962 Il dispiegamento di missili sovietici a Cuba provoca una crisi tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Mosca ritira infine le sue armi. 1898 Gli insorti infliggono una sconfitta alle truppe spagnole. Gli Stati Uniti intervengono occupando la capitale. 1989 Con il crollo dell’URSS, suo principale partner commerciale e politico, Cuba sprofonda in una grave crisi economica. 1902 L’indipendenza è proclamata, ma Cuba rimane di fatto una colonia sotto la tutela degli Stati Uniti. 2005 Instaurazione di relazioni strette con il Venezuela di Hugo Chavez. 1953 Un gruppo di oppositori della dittatura di Fulgencio Batista diretto da Fidel Castro attacca la caserma della Moncada. L’assalto fallisce. Castro viene incarcerato,poi liberato sotto la pressione del popolo e si esilia in Messico. Capitale L’Avana (2,3 milioni di abitanti) Superficie 110 861 km2 Popolazione 11,2 milioni di abitanti; il 77 per cento della popolazione vive in zone urbane Composizione etnica mulatti (51 per cento), bianchi (37 per cento), neri (11 per cento) cinesi (1 per cento) Aspettativa di vita 77,2 anni Tasso di fecondità 1,6 bambini per donna Religioni È stata in parte ristabilita la libertà di culto. Cattolici (battezzati): 60 per cento Protestanti: 3 per cento Culti afro-cubani (santería, vudù) 1515 Fondazione dell’Avana. 1762 L’isola viene occupata dagli inglesi, che l’anno seguente la restituiscono alla Corona spagnola in cambio della Florida. Nome Repubblica di Cuba Tasso di alfabetizzazione 96,8% Cenni storici 1492 Cristoforo Colombo scopre l’isola di Cuba. Cifre e fatti 2006 Ammalatosi, Fidel Castro cede transitoriamente il potere al fratello nonché vicepresidente Raúl Castro. Lingua ufficiale Spagnolo Principali risorse Agricoltura: canna da zucchero (8° produttore mondiale), sisal (8° p.m.), iuta, arance, riso, tabacco. Industria mineraria: nichel (5° p.m.), rame, manganese, cobalto, cromo, sale. Importanza crescente del settore turistico. USA L’Avana Cuba Haïti Giamaica Mar dei Caraibi Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 19 Una voce da Cuba Dall’Avana, un giorno qualunque Marta María Ramírez, giornalista, 31 anni, vive, ama e sogna oggi a L’Avana (Cuba), insieme al suo compagno, il trovatore Jorge Garcia. All’Avana il tempo non passa mai. Mi rifiuto di addossarmi la travolgente quotidianità che impone giorni identici, quasi che il sopravvivere si sia convertito nella parola d’ordine. È appena spuntato il sole ed il caldo è già irresistibile. Guardo il mare dal mio balcone privilegiato, mentre ascolto la rude voce del trovatore - contratta dall’uscita acustica del mio computer- che canta alla miracolosa Avana: «!Ay¡, dónde poner mi suerte. !Ay¡, si mi ciudad se muere del corazón…». («Ahi! Dove porre la mia fortuna.Ahi,se la mia città muore nel suo stesso cuore...») dolci e degli sciroppi che prepara Lea, una signora di 83 anni, per pagarsi da vivere. Oggi ci sarà posto per un dessert a pranzo – penso e lo pregusto. Seguo con gli occhi un venditore di fiori che pedala lentamente sulla sua bicicletta con grida che esprimono la sua essenza poetica nell’urlo un po’ volgare di «Floresssssssss! Floreroooooo!» Adela grida dalla terrazza posta sul lato. Reclama qualcosa di indecifrabile ad un’altra vicina, che rimanda indietro il grido da un po’ più lontano. Sveglieranno tutti,ma a chi importa in fondo,dopo una notte di musica turbolenta. Di fronte, un «babalawo», un sacerdote della religione afrocubana yoruba, colpisce un cane randagio che ha osato insudiciare il suo portone. La «canzone pensante», si mescola con un sonoro canto reggae alla cubana che risuona dall’alba, provocando, come sempre, l’ira silenziosa del vicinato, con la minaccia: «Deja que yo te coja, caperucita». («Attenta che se ti prendo, cappuccetto».) Il rumore dei motori delle poche macchine, dei clacson e delle frenate completano la colonna sonora della mattinata. Adela torna ad apparire nella mia personale scena, per interrompere la mia meditazione. Mi racconterà l’ultima notizia, il pettegolezzo, sospeso in bilico sulla città:«Un uomo ha ucciso sua moglie sparandole, e poi si è suicidato in una strada del centro dell’Avana». Mi informa su quanto è successo e ci mette tanto di cronaca ed il dovuto commento su chi era la vittima e su colui che ha di lei fatto una vittima. Non trovo spiegazioni per così tanta violenza,voglio rimanere in silenzio,ancorata a cinque metri da terra, quasi sperando di passare inosservata. Osservo l’andare ed il venire della gente.Quelli soli, quelli in gruppo - i bimbi e le bimbe, in cammino verso la scuola, presi dai loro schiamazzi, dai loro sbadigli. I più grandi camminano a testa bassa,armati di borse vuote, alla ricerca del sostentamento giornaliero, nella speranza che la loro «lotta» risulterà fruttuosa. (Sì, la «lotta», perché nell’isola tale azione ha sostituito quella del lavorare, visto che è appena arrivato il salario in pesos cubani e quasi tutto si paga in pesos cubani convertibili, con un tasso di cambio secondo il quale un peso vale 1.20 dollari Usa). Un «buzo» (accattone) annusa gli avanzi accumulati durante gli ultimi giorni nei bidoni della spazzatura posti negli angoli. I gatti del quartiere corrono spaventati dalla concorrenza umana. E torna il bardo:«Quizás,seamos todos como ellos».(«Chissà, saremo tutti come loro».) L’odore di catrame si unisce a quello dell’esotico caffé mescolato, elisir della fusione di alcuni grani di caffé e tanti di piselli. Mi attira anche l’odore dei Oggi, dal mio punto in alto tutto sembra così triste. E mi domando da dove mai arrivi la credenza che vuole che i cubani siano sempre così allegri... Si sta facendo tardi per la mia lotta. E non ho che da unirmi al coro dei passeggeri scoraggiati, senza smettere di sognare un futuro migliore. Il mio trovatore si avvicina, adesso in carne ed ossa, con in mano caffé fumante per due, e prova un verso struggente per ricordarmi che sono viva: «Sólo por tí será que no me vaya.Tu cuerpo tiene forma de país», («Sarà solo per te, che non me ne andrò. Il tuo corpo ha la forma di un paese».) Nel mentre, insieme, guardiamo il mare. ■ 20 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 Karl-Heinz Raach / laif (Tradotto dallo spagnolo) Tina Steinauer Opinione DSC Cogliere un’opportunità storica – ora! Dal punto di vista della politica di sviluppo ciò rappresenta al contempo una sfida e un’opportunità. Dove la popolazione cresce a questo ritmo, crescono anche le sfide per la società chiamata a creare condizioni di vita idonee per i giovani. Occorrono sistemi sanitari e di formazione capaci di reggere all’assalto, ma anche centri di formazione e posti di lavoro. Così come sono necessari meccanismi e istituzioni che consentano ai giovani di partecipare ai processi decisionali in seno alla società e di partecipare alle decisioni politiche. Se riusciamo a cogliere queste sfide abbiamo un’opportunità storica. I giovani dispongono, infatti, del potenziale per promuovere in modo decisivo e sostenibile lo sviluppo globale e ridurre durevolmente la povertà e le sue molteplici conseguenze negative. Grazie al calo dei tassi di natalità,nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo aumenterà nei prossimi anni consistentemente la quota delle persone occupate rispetto alla popolazione totale. Di conseguenza,la parte produttiva della popolazione dovrà sostentare un numero decisamente minore di persone economicamente dipendenti,come i bambini e gli anziani, che non nei paesi industrializzati, dove la piramide demografica è rovesciata. Cosa significhi questa evoluzione demografica per un’economia nazionale lo hanno dimostrato i «paesi ti- gre» asiatici: nel giro di pochi decenni sono riusciti a compiere un impressionante balzo in avanti in termini di sviluppo. Nel suo operato, la DSC si impegna a tutti i livelli per investire oggi nei bambini e negli adolescenti allo scopo di spezzare il circolo vizioso composto nei paesi in via di sviluppo da povertà, violenza, esplosione demografica, migrazione, degrado ambientale e HIV/aids. I giovani che dispongono di prospettive intatte per il futuro e che possono realizzare il loro potenziale personale non solo sono più sani sul piano psichico e fisico, ma contribuiscono anche in modo determinante allo sviluppo sociale ed economico delle loro società. Soprattutto, però, trasmettono le capacità acquisite, le esperienze positive e i valori alle generazioni successive, aumentandone le opportunità di condurre una vita autodeterminata, lontani dalla povertà e dall’emarginazione. D S C Nel mondo non ci sono mai stati così tanti giovani quanto oggi. Un quinto dell’odierna popolazione mondiale ha, infatti, tra 15 e 24 anni. Si tratta di oltre 1,2 miliardi di persone, di cui l’85 per cento vive nei paesi in via di sviluppo, dove rappresenta oltre la metà della popolazione – con tendenza al rialzo! La premessa necessaria a questa posta in gioco è che i giovani siano presi sul serio come partner e attori responsabili dei processi di sviluppo. Dobbiamo fare in modo che, nei dibattiti in materia di politica di sviluppo a livello nazionale e internazionale, non solo abbiano maggiore voce in capitolo, ma possano anche partecipare alle decisioni. Infatti,si decide oggi in quale mondo vivranno domani. ■ Walter Fust Direttore della DSC (Tradotto dal tedesco) Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 21 Jens Grossmann / laif (2) Burkina Faso: formazione profes La lobby dei lavoratori informali Se l’agricoltura e l’allevamento restano i principali pilastri dell’economia burkinabé, sono tallonati dal settore informale, primo fornitore di occupazione nelle città. Le microimprese artigianali, commerciali e dei servizi occupano tra il 75 e l’85 per cento della popolazione attiva urbana. I lavoratori dell’economia informale hanno generalmente un livello d’istruzione e di qualificazione debole, i loro redditi sono modesti e le condizioni di lavoro mediocri. Nel corso degli ultimi quindici anni i vari gruppi professionali hanno costituito delle associazioni dotate di statuto legale. Queste svolgono un ruolo di lobby e cominciano a difendere attivamente gli interessi dei loro membri presso gli interlocutori istituzionali. Negoziano, ad esempio, l’accesso degli artigiani al piccolo credito o ai mercati pubblici. 22 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 Il sistema di formazione professionale del Burkina Faso è vittima di lacune che rallentano lo sviluppo dell’artigianato. Per colmarle, un’unità di lavoro cofinanziata dalla Svizzera sostiene l’introduzione dell’apprendistato di tipo duale. Elabora schemi di formazione per varie professioni e propone agli artigiani corsi di perfezionamento. (jls) I giovani burkinabé che desiderano imparare un mestiere manuale possono scegliere fra tre possibilità. Se hanno seguito una scolarizzazione, possono frequentare uno dei licei tecnici gestiti dallo Stato. Questi istituti dispensano un insegnamento teorico accompagnato da lavori pratici, senza un vero rapporto con il mondo del lavoro. Un’altra via possibile è quella dei centri di formazione privati, che si moltiplicano da alcuni anni. La qualità della loro offerta è tuttavia molto diversa fra di loro, soprattutto per due motivi: il contenuto delle formazioni non è sottoposto ad alcuna regolamentazione statale; in mancanza di supporti didattici, gli insegnanti si accontentano di veicolare nozioni basate principalmente sulla loro esperienza professionale. La terza opzione, di gran lunga più frequente, è l’apprendistato «sul posto» in un atelier o in una piccola impresa del settore informale. Questo indirizzo professionale presenta il vantaggio di essere aperto anche ad adolescenti poco o affatto scolarizzati – ma comporta anche grossi inconvenienti: il giovane apprende i gesti della professione per semplice imitazione, non acquisisce quasi nessuna conoscenza teorica o commerciale; in molti casi, l’artigiano evita inoltre di condividere tutta la sua conoscenza con l’apprendista, temendo di affilare le armi di un futuro concorrente. Alternare scuola e azienda Nel 1996, la Svizzera e tre altri paesi donatori hanno deciso di lavorare insieme per migliorare il sistema di formazione professionale in Burkina Faso. Hanno così creato una Cellula d’appoggio alla formazione professionale CAFP, tendente a promuovere l’apprendistato duale, che combina pratica nell’impresa e corsi teorici. Consigliati, durante i primi anni, dalla fondazione Swisscontact, gli otto esperti burkinabé della CAFP si sono iniziati alle scienze formative:in collaborazione con le associazioni professionali, elaborano curricoli formativi atti a soddisfare le esigenze dell’economia e confacenti alle realtà del paese; li testano su gruppi di apprendisti, proce- sionale, un puzzle in costruzione dono ai necessari adeguamenti, poi distribuiscono il materiale didattico ai centri di formazione sia pubblici che privati. Ad oggi la CAFP ha elaborato metodologie per sette professioni: taglio e cucito, elettricista, muratore, meccanico d’automobili, meccanico di motocicli, serramenti metallici e falegnameria. La Svizzera e l’Austria ne hanno assunto il finanziamento in parti uguali. I datori di lavoro si perfezionano Nel Burkina Faso la domanda di formazione professionale è in netto aumento. Le richieste non provengono solamente dai giovani, ma anche dagli stessi artigiani, desiderosi di rafforzare le loro capacità per accedere, ad esempio, a nuovi mercati. La CAFP ha dunque organizzato cicli di perfezionamento per datori di lavoro composti da svariati moduli. «Questo approccio è molto più confacente rispetto ad una formazione lineare. I piccoli datori di lavoro hanno bisogno di corsi specifici che consentano loro di assumere rapidamente la padronanza di questa o quella competenza», spiega Pascal Fellay, incaricato di programma presso la DSC. Fellay cita l’esempio dei meccanici d’auto, le cui conoscenze tradizionali risultano insufficienti di fronte ai progressi tecnologici e all’elettronica complessa delle automobili moderne:«Quando un nuovo modello arriva sul mercato, i meccanici vogliono seguire una formazione ad hoc per essere in grado di ripararlo e curarne la manutenzione». Una nuova visione Per Pascal Fellay,il paesaggio della formazione professionale burkinabé somiglia ad un puzzle in costruzione, che a termine dovrà includere centri di formazione – sia pubblici, sia privati – competenti, supporti didattici, una regolamentazione giuridica, controlli della qualità e un sistema di finanziamento. «Creando la CAFP, abbiamo incastrato il primo tassello. Contavamo sul fatto che avrebbe avuto un effetto di traino sugli altri. Ma le lacune sono molte, a svariati livelli. La principale carenza consiste nell’assenza di orientamenti chiari da parte dell’autorità pubblica». Lo Stato burkinabé ha iniziato a strutturare questo settore soltanto di recente. Nel 2003 ha riconosciuto ufficialmente il ruolo della CAFP. L’anno successivo ha creato un fondo di sostegno alla formazione mediante apprendistato nel quale riversa dei contributi alla formazione professionale prelevati sui salari. Inoltre, una politica nazionale è in fase di elaborazione. «Ciò prenderà più tempo di quanto inizialmente previsto, ma il puzzle sta prendendo forma», commenta Pascal Fellay. «In dieci anni il governo ha completamente cambiato visione. Oggi rispetta i centri privati, riconosce i meriti della formazione duale ed ammette la necessità delle associazioni professionali. È una vera rivoluzione in un paese che fino a poco tempo fa scommetteva soltanto sugli istituti tecnici». ■ (Tradotto dal francese) Elevato tasso di analfabetismo Oltre la metà della popolazione del Burkina Faso ha meno di 18 anni. Nel 2005 il numero dei giovani sfiorava i 7,2 milioni, su una popolazione totale stimata a 13,2 milioni di abitanti. Purtroppo il sistema educativo riesce a scolarizzare non oltre il 56 per cento dei bambini a livello primario; inoltre, un quarto di essi abbandona la scuola prima di avere frequentato il quinto anno. Di conseguenza il tasso d’alfabetizzazione non supera il 50 per cento nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni e il 30 per cento per l’insieme della popolazione. Nonostante il sensibile miglioramento dal 2000, questi tassi restano fra i più bassi dell’Africa occidentale. La disoccupazione e il sottoimpiego sono per contro molto elevati, e nelle città colpiscono soprattutto i giovani. Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 23 Un solo sportello, molti servizi Nicolas Randin / DDC Gli «One-stop Shops» lanciati in Vietnam dalla DSC hanno avuto un’affermazione rapidissima. La gente ha imparato ad apprezzare il fatto che da qualche tempo gli uffici amministrativi si occupano con più cura dell’utente. One-stop Shops: un successo Gli One-stop Shops riscuotono un grande successo. Nell’ambito del programma della DSC sono stati già realizzati 156 centri amministrativi del genere, che hanno richiesto la formazione di oltre 600 funzionari. Il modello ha trovato accesso anche nella legislazione nazionale: nel 2003, come ha affermato il primo ministro, è stata resa obbligatoria l’introduzione di questi sportelli in tutte le province del Vietnam. Per il raggiungimento di tale traguardo ci vorrà però ancora del tempo. Per garantire al cittadino, in ogni comune del paese, la fornitura di questi servizi statali dovranno in effetti essere create oltre 10 mila strutture del genere. 24 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 (gn) Nella città vietnamita di Nam Dinh,un uomo è felice:PhanVan Hoa.Nel breve volgere di 15 minuti ha ottenuto la copia del diploma scolastico di suo figlio, ivi compresi i necessari timbri. Il tutto è costato l’equivalente di 10 centesimi di franco, una tassa accettabile, come lui stesso ammette. In altri tempi, avrebbe dovuto girare gli uffici più diversi, per almeno un paio di giorni, con risultati e costi incerti. I nuovi centri di servizio, cosiddetti One-Stop Shops (OSS) – finanziati dalla DSC nell’ambito del Progetto di sviluppo urbano di Dong Hoi – sono stati provati per la prima volta nel 2000 nella provincia omonima. La realizzazione di tali strutture si ispira a quanto usuale in Francia con i cosiddetti guichets uniques ed a strutture simili in Malesia: servizi statali, quali ad esempio il pagamento di prestazioni sociali, documenti notarili, attribuzione di licenze commerciali, oppure il rilascio di titoli locativi fondiari, vengono forniti da un ufficio centralizzato in città, rispettivamente nel villaggio. Tutti questi servizi sono legalmente disciplinati, e stabiliti sono pure gli importi per ogni singolo documento e gli orari di apertura degli sportelli. Rispettare le esigenze della gente Il lavoro svolto dagli impiegati nello Shop di Nam Dinh è sorvegliato da telecamere per prevenire casi di corruzione. Davanti allo Shop ci sono posteggi ed all’interno una sala d’attesa fornita di sedie. «Questa riforma ha portato ad un cambiamento di mentalità: prima, gli uffici pubblici si orientavano piuttosto alle necessità dell’amministrazione e dimostravano il potere dello Stato; oggi sono invece facilmente accessibili e vanno incontro alle esigenze della gente», afferma Nicolas Randin responsabile per il Vietnam presso la DSC a Berna. «Si pensi che a Nam Dinh c’è addirittura una cassetta per le lettere di protesta; qualcosa di impensabile fino a dieci anni fa». La riforma ha anche favorito un migliore coordinamento tra le procedure dei servizi. Inoltre, gli sportelli appaiono come l’espressione visibile di una spinta alla democratizzazione e decentralizzazione a livello amministrativo: sono una trentina i differenti servizi che lo Stato ha delegato ai distretti ed ai comuni, cosa che rende le procedure operative più semplici e trasparenti. ■ (Tradotto dallo tedesco) Dietro le quinte della DSC Programmi sotto la lente (vuc) La DSC effettua regolarmente valutazioni dei suoi programmi e progetti, con lo scopo di aumentare l’efficacia delle sue attività. In questo lavoro si orienta sistematicamente ai criteri internazionali, in particolare a quelli del Comitato di aiuto allo sviluppo dell’OCSE. Inoltre discute le norme di qualità con i suoi partner esterni nonché in seno all’Amministrazione federale. Il documento SDC’s Evaluation and Review Activities 2007/2008, realizzato a scadenza annuale in lingua inglese, rende conto delle attività della DSC in materia. Per quanto riguarda le valutazioni effettuate nel 2006, il documento rileva che il loro numero è leggermente aumentato rispetto al 2005 e che la prassi valutativa ha trovato un inserimento soddisfacente in seno all’istituzione. Il documento mostra inoltre che il rapporto qualità-prezzo è in generale buono, ma che la qualità dei parametri di riferimento potrebbe essere ulteriormente migliorata. Nel 2007 si prevede di realizzare 167 valutazioni, rassegne e audizioni, essenzialmente nei campi operativi della cooperazione con il Sud e l’Est. Ciò comporterà costi di circa 10 milioni di franchi, pari allo 0,8 per cento del budget globale della DSC. Per il futuro si delineano le seguenti tendenze: il numero delle valutazioni aumenterà circa del 25 per cento; gli studi indipendenti ed esterni rappresenteranno il 20 per cento del totale. Il documento SDC’s Evaluation and Review Activities 2007/2008 è reperibile sotto: www.dsc.admin.ch/it/Pagina_in iziale/Attivita/Valutazione/Attiv ita_delle_valutazioni Illustrare l’impatto dell’aiuto svizzero (juj) Per rendere meglio conto delle sue attività sul terreno, la DSC pubblicherà in futuro ogni anno un nuovo rapporto al fine di mostrare concretamente l’impatto dei suoi programmi di cooperazione.Vi analizzerà inoltre le implicazioni dell’aiuto svizzero a livello internazionale. Destinato principalmente agli ambienti specializzati e ai parlamentari svizzeri, questo «rapporto sull’efficacia» sarà accessibile anche al grande pubblico. In una forma concisa mostrerà, tramite esempi concreti, quali sono gli effetti della cooperazione bilaterale e multilaterale nei paesi partner della DSC. Il contenuto non sarà esaustivo. Non si tratterà, come è il caso del rapporto annuale, di presentare una panoramica globale delle attività della DSC. Ogni numero del «rapporto sull’efficacia» si focalizzerà piuttosto su un’attività tematica e su una selezione ristretta di paesi. Mostrerà quale è, sull’arco di quattro a cinque anni, la portata delle attività della DSC. Il primo numero, che uscirà la primavera prossima, approfondirà il tema dell’acqua, illustrandolo attraverso gli esempi di sette paesi selezionati. Che cos’è… lo Human Development Index (HDI)? Australia. La Svizzera è situata al 9° posto. I paesi che secondo lo HDI risultano fra i meno sviluppati sono tutti situati nell’Africa occidentale: Sierra Leone, Mali, Burkina Faso e GuineaBissau; all’ultimo posto troviamo il Niger. Silke Wernet / laif (bf) Confrontare la qualità della vita o il livello di sviluppo di un paese con quello di un altro è compito relativamente arduo. Infatti, è difficile stabilire quali siano i fattori decisivi per la qualità della vita e soprattutto come essi possano essere misurati esattamente e trasformati in dati statistici. Per fare chiarezza in questo ambito, nel 1990 il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) ha determinato un suo cosiddetto Human Development Index (HDI). Da allora, a scadenza annuale, è pubblicato un «Rapporto sullo sviluppo umano» che esamina le situazioni ben oltre il semplice dato riguardante il PIL, cercando di fornire una completa definizione del benessere sociale.L’UNDP definisce HDI come di seguito: «L’Indice dello sviluppo umano si evidenzia in un valore composito, che tiene conto di tre dimensioni dello sviluppo umano: una vita lunga e sana (misurata sull’aspettativa media di vita), l’istruzione (sulla base dell’alfabetizzazione degli adulti e della frequenza scolastica, del primo, secondo e terzo livello formativo) ed uno standard di vita adeguato (dimensionato in base al salario e tenendo in conto un potere d’acquisto paritario). L’indice non esprime però in alcun modo un valore capace di evidenziare lo sviluppo umano in maniera esaustiva.Ad esempio, importanti indicatori quali rispetto dei diritti umani, democrazia e parità, non sono rilevati. L’indice consente tuttavia una vasta percezione del progresso umano e della complessa relazione tra salario e stato di benessere». L’attuale «Rapporto sullo sviluppo umano 2006», che si basa su dati nazionali rilevati nel 2004, riguarda l’Indice di sviluppo di 177 paesi. Ai primi posti della tabella troviamo Norvegia, Islanda e Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 25 Mosca, Zurigo o Bogotà: la corruzione esiste ovunque Che cos’è la corruzione Il termine «corrotto» viene dal latino e nel suo significato originale indicava la violazione dell’integrità morale. Nel contesto della politica di cooperazione allo sviluppo si definisce generalmente «corruzione» l’abuso del potere pubblico volto ad un utile privato. Compliance Office: basta una chiamata Il Compliance Office della DSC è competente soprattutto per misure interne di prevenzione, quali sensibilizzazione, formazione e supporto dei collaboratori. L’ufficio raccoglie, quale prima istanza interna dell’Amministrazione federale, segnalazioni riguardanti corruzione, malversazioni, abusi e perdite riguardanti progetti DSC. I suoi compiti primari sono fra gli altri la ricerca di informazioni dall’interno e dall’esterno circa episodi di corruzione, abusi e perdite; controlli di plausibilità, se effettivamente il sospetto coinvolge in senso lato attività della DSC; dispiegamento e monitoraggio di specifiche misure. 26 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 Redux / laif F O R U M Abacha, Suharto, Marcos. La ridda dei corrotti si estende a tutto il mondo, e minaccia di soffocare ogni tentativo di ridurre la povertà. È questo il motivo per cui la lotta contro la corruzione riveste nell’ambito della cooperazione allo sviluppo la massima priorità, anche per la DSC. Di Maria Roselli. Esiste uno stretto nesso tra povertà e corruzione. A soffrirne maggiormente sono i più poveri, per esempio ad Haiti Pare che Imelda Marcos possedesse 3 mila paia di scarpe, mentre suo marito Ferdinand Marcos, già presidente delle Filippine, accumulava milioni in un conto bancario svizzero. In carica dal 1972 al 1986, l’uomo di Stato ha sottratto al suo paese tra i 6 ed i 12 miliardi di franchi. Soltanto nei suoi conti svizzeri, il presidente aveva piazzato 683 milioni di dollari Usa.Tuttavia, Marcos non è un caso isolato: si stima che nel mondo siano in circolazione almeno mille miliardi di dollari generati da attività corruttive. Nella corruzione, di grande o piccola dimensione, ci si imbatte ad ogni livello sociale, sia nel set- tore pubblico come nell’economia privata, nei paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo. Tuttavia, proprio in questi ultimi, tale piaga assume aspetti devastanti, perché i paesi poveri non possono assolutamente permettersi che lo Stato sia truffato e che venga minata la certezza del diritto. Mobilitare la società civile per combattere attivamente la corruzione Proprio per questi motivi, nell’ambito della cooperazione allo sviluppo la lotta alla corruzione è un tema primario da molti anni,anche per la DSC. «Già nel 1998 la DSC ha inserito nei sui contrat- Povertà e corruzione sono direttamente collegati In Madagascar la DSC sostiene l’impegno del governo locale teso a migliorare l’efficienza della polizia e della giustizia. Un procuratore svizzero ed un poliziotto, specializzati nelle tecniche d’indagine forense, insegnano tali tecniche ai colleghi del Conseil supérieur de lutte contre la corruption. Un ulteriore esempio ci viene dalla Tanzania, dove operatori dell’informazione vengono introdotti alle tecniche del giornalismo investigativo. Per realizzare misure di prevenzione, nell’intento di scoprire possibili casi di corruzione anche al proprio interno, o nel contesto di propri progetti, la DSC ha dato vita nel 2006 ad un Compliance Office interno.Tale ufficio raccoglie le informazioni utili ad identificare e denunciare possibili casi di corruzione sia nella sede centrale di Berna sia Redux / laif Dermot Tatlow / laif ti una clausola anti-corruzione, cercando altresì di sensibilizzare il suo personale e di applicare misure preventive. Quest’anno abbiamo inoltre presentato una nuova strategia»,afferma Anne LogonMoulin della DSC. La DSC è al momento attiva in numerosi progetti di buongoverno in quasi tutti i paesi prioritari. Ad esempio, nei programmi di decentralizzazione, di riforma del sistema giudiziario o della promozione dei diritti umani. Compiti importanti consistono inoltre nel far rientrare denaro illegalmente esportato e nel sostenere Stati intenti a fare delle riforme nello specifico settore. A ricevere sostegno sono soprattutto organizzazioni della società civile in grado di controllare e denunciare casi di corruzione in seno alle pubbliche istituzioni e nelle imprese private. Una di queste organizzazioni è Ren-lac (Réseau national de lutte anti-corruption), attiva nel Burkina Faso. Ogni anno quest’ONG denuncia decine di casi di corruzione e di truffa.Ad esempio, nell’ambito di scuole pubbliche e ospedali. Ma Ren-lac controlla anche l’attività delle società di estrazione mineraria, ed ha scoperto che almeno due terzi di esse, contrariamente a quanto stabilito dalla legge, non forniscono un regolare rapporto sulle quantità di oro estratte. Così le miniere guadagnano due volte: intanto, pagano meno tasse, e poi realizzano prezzi più alti vendendo il minerale sul mercato nero. negli uffici di cooperazione in tutto il mondo.«Nei primi dieci mesi di esistenza, sono stati già segnalati dieci presunti casi», conferma Hans Jost, capo della struttura. Ora si dovrà accertare se si tratta effettivamente di corruzione, nepotismo o altre pratiche illegali. Il mondo si è posto l’obiettivo di dimezzare la povertà estrema entro il 2015.Tuttavia, a impedire il raggiungimento di tale obiettivo è proprio la corruzione, che mina alle basi la crescita economica e uno sviluppo sostenibile indispensabili per liberare dalla povertà milioni di individui. Ricerche dimostrano che gli investimenti stranieri in paesi Transparency International: lotta internazionale contro la corruzione L’organizzazione anti-corruzione Transparency International è presente in oltre 80 paesi con singole sezioni nazionali. In Svizzera così come negli Usa, in Uganda, Croazia e Corea del Sud. All’iniziativa di questa ONG si deve se, ormai da alcuni anni, in molti paesi i soldi della corruzione non sono più automaticamente considerati, dal punto di vista fiscale, tra le normali uscite aziendali, ed inoltre che la corruzione di funzionari pubblici stranieri sia considerata reato. È tra l’altro dal 1993 che questa ONG stila un Corruption Perceptions Index (CPI), un cosiddetto Indice di corruzione. Alla base del CPI non figura il reale grado di corruzione di un paese, bensì la sua percezione. Nel 2006, gli ultimi tre posti della classifica CPI erano occupati da Haiti, Guinea, Myanmar ed Iraq, che sono dunque gli Stati in cui la corruzione viene massimamente percepita. La Svizzera si trova al settimo posto, tra i topten della classifica, e dunque è un paese in cui la corruzione quasi non è percepita. Al primo posto della classifica troviamo invece la Finlandia. Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 27 Martin Sasse / laif (2) REA / laif OnAsia / laif Hollands e Hoogte / laif Nell’Iraq (sopra) – come anche in Guinea, nel Myanmar e a Haiti – la corruzione è maggiormente percepita I capi di Stato più corrotti di tutti i tempi Secondo rapporti internazionali, è Mohammed Suharto a capo della classifica dei più corrotti leader nazionali di tutti i tempi. Il capo di Stato indonesiano, in carica dal 1967 al ’98, avrebbe accantonato a suo favore una somma fra i 18 ed i 42 miliardi di franchi. Al secondo posto troviamo l’ex presidente delle Filippine Marcos, con malversazioni patrimoniali stimate fra i 6 ed i 12 miliardi di franchi. Il terzo uomo in classifica è Mobutu Sese Seko, presidente dello Zaire dal 1967 al 1997: si stima che sia riuscito ad accumulare una somma pari a sei miliardi di franchi. 28 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 noti per la corruzione sono più bassi del normale e ciò limita, a sua volta, le possibilità di innalzare il livello di benessere nazionale. ne, la comunità internazionale si è data strumenti più incisivi per combattere questa piaga», afferma Mark Pieth. Corrotti e corruttori Ma questa desolante pratica non esiste solo ai più alti livelli. Proprio nei paesi in cui i funzionari statali si arricchiscono illegalmente sotto gli occhi di tutti, sono le «bustarelle» a decidere del quotidiano degli strati più poveri della popolazione; così, il poco denaro di cui questa gente dispone per sopravvivere si riduce ulteriormente.Tuttavia,la corruzione non funziona a senso unico: vi sono sempre dei corrotti e dei corruttori. Nei paesi in via di sviluppo, le nazioni industrializzate e le grandi imprese internazionali sono di norma considerate corruttrici. Del resto, per anni gli stessi quadri dirigenziali di numerose multinazionali hanno considerato la corruzione di funzionari pubblici stranieri quale peccato veniale. Con il tempo, grazie a leggi più incisive, convenzioni internazionali e, non da ultimo, a causa delle perdite finanziarie dovute al danno d’immagine, a certi livelli dirigenziali si è sviluppata una nuova sensibilità. Una sensibilità tuttavia non ancora approdata nei paesi emergenti ed in pieno boom economico quali Cina, India e Russia.«Le imprese dei paesi emergenti tentano, in particolare nel settore delle materie prime, di garantirsi la loro parte agendo in maniera piuttosto aggressiva. Sovente, questi nuovi attori si servono della corruzione, e ciò è facilmente possibile in quanto non sono in alcun modo vincolati da esistenti dispositivi di difesa», spiega Mark Pieth, professore di diritto penale presso l’Università di Basilea. Negli ultimi dieci anni, le organizzazioni internazionali hanno compreso che la corruzione va combattuta coalizzando le singole forze. «Con la Convenzione dell’OCSE del 1997 sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri e la Convenzione dell’Onu del 2003 contro la corruzio- «La Svizzera ha fatto i propri compiti» Mentre la convenzione OCSE mette prevalentemente sotto torchio le imprese dei paesi industrializzati, la convenzione Onu, più completa, contiene molti punti riguardanti la prevenzione; inoltre indica come strutturare le autorità, come svolgere le procedure degli appalti e si occupa addirittura della retribuzione degli impiegati statali. Infine, questa convenzione contiene dati importanti circa repressione, configurazione del diritto penale e della rogatoria internazionale. Particolarmente importante per i paesi del Nord è il 5° Capitolo della Convenzione Onu, che tratta fra l’altro la restituzione di denaro illegale, cosa questa che interessa anche la piazza finanziaria elvetica. Secondo Mark Pieth, in questo contesto la Svizzera ha negli ultimi anni «già fatto i suoi compiti», al punto che con la ratifica della Convenzione,che dovrebbe essere prossima,non ci sarebbe in pratica altro da fare. Negli ultimi anni, la Svizzera si è data diversi strumenti in grado di rendere possibile il ritorno all’origine di denaro illegale. Fra questi, la legge del 1994 sulla confisca dei valori patrimoniali, la revisione del diritto di rogatoria del 1997 ed il continuo adeguamento della legislazione riguardante il riciclaggio di denaro sporco: tappe importanti tese ad un comportamento coerente nella lotta contro la corruzione, per mettere finalmente termine alla rovinosa attività dei corrotti. ■ (Tradotto dallo tedesco) Carta bianca Una vita da cane La cosa più semplice è contattare il responsabile dell’isolato, al quale incombe la responsabilità di far tacere l’animale. Consapevole del suo ruolo d’intermediario tra le autorità e la popolazione, il responsabile si mette in ghingheri per rendere visita all’agente di polizia del quartiere. Gli chiede di occuparsi del problema e di obbligare il proprietario a sfamare il cane ogni sera. Il poliziotto si è recato più volte a casa dell’interessato, ma ha sempre trovato la porta chiusa. Lo ha convocato scrivendo due righe su un foglio che ha deposto in giardino. Dopo alcuni giorni il pezzo di carta era ancora là, miseramente inzaccherato. Dinanzi all’impotenza dell’agente, gli abitanti dello stabile hanno suggerito diverse soluzioni: sostituire la serratura dell’entrata per costringere il proprietario a presentarsi al commissariato; chiedere ad un veterinario di narcotizzare il cane e consegnarlo al canile, obbligando così il padrone a venire a recuperarlo; organizzare una colletta per pagare al cane il pasto della sera… Nessuna di queste idee è stata però concretizzata – per mancanza di volontari. gio. Quando tutte e tre le bestie abbaiano contemporaneamente è impossibile distinguerle. La giornalista si mette al balcone ed osserva il cortile dell’immobile. Nel buio i due cani del custode si danno rumorosamente la caccia. Come denunciare l’animale del proprietario assente senza denunciare gli altri due? La giornalista non ha nessun interesse a mettersi contro il custode del parcheggio, che potrebbe rifiutarsi di sorvegliare il suo ciclomotore. Sarebbe una vera catastrofe! Ed è allora che spunta una nuova inquilina, una giornalista. Faccia tesa, nubile, pare maritata al suo cellulare. Allo scadere della prima settimana si reca dal responsabile dell’isolato per sollevare il problema del cane, che rifletterebbe l’incapacità delle autorità locali e l’irresponsabilità della comunità. Minaccia o no, dice che un articolo di giornale non farebbe onore al quartiere. «Scommettiamo?!» le risponde senza esitazione il responsabile. Se un articolo potesse aiutare gli abitanti a sbarazzarsi del cane, sarebbe perfetto! E farebbe proprio comodo a tutti se, grazie alle sue relazioni, potesse presentare querela. Di ritorno a casa, dopo attenta riflessione, la giornalista giunge alla conclusione che un processo a causa di un cane la ridicolizzerebbe. In Vietnam essere coinvolti in una causa legale – di qualunque genere – è pura follia. Oltretutto si tratta di un cane. E poi lei è nubile, e rischierebbe così di restarlo ancora per un bel pezzo. Sarebbe comunque opportuno indirizzare alle autorità locali una lettera firmata da tutti i locatari; si vedrebbe come il municipio reagisce alla pressione delle masse! La giornalista si ripresenta al responsabile dell’isolato per ottenere l’indirizzo esatto del cane. Lui glielo fornisce, aggiungendo che da una settimana altri due cani si sono aggregati al concerto notturno. Si tratta di due pastori tedeschi, di proprietà del custode del parcheg- È trascorso un anno. Nessuno nella zona presta più attenzione ai latrati dei cani. Del resto, questi sono troppo numerosi. Come individuare quello che abbaia, contro il quale si vorrebbe riversare la propria ira? ■ (Tradotto dal vietnamita) Phan Thi Vang Anh, classe 1968, nata a Hanoi, è cardiologa di formazione e lavora oggi come scrittrice e lettrice presso una casa editrice, nonché commentatrice per giornali e riviste. Inoltre, ha girato anche alcuni documentari. Vive alternativamente a Hanoi e a Ho Chi Minh City. Il suo libro «Quand on est jeunes» (edizioni Picquier) aveva colto nel vivo negli anni 1990 lo stato d’animo di un’intera generazione, diventando un bestseller in Vietnam. In seguito è stato tradotto in francese e in svedese. La sua opera di maggior successo è stata in questi ultimi anni una raccolta dei commenti pubblicati nella stampa, la quale è per ora uscita solo in vietnamita. Jorgen Schytte / Still Pictures Verso le 22, quando il cane del piano terra inizia ad abbaiare, tutto il palazzo si mette in agitazione. Si tratta di un enorme pastore tedesco addestrato, almeno pare (e come potrebbe essere altrimenti?!). Il proprietario e padrone del cane per sfuggire ai creditori non rientra la sera. Ha chiesto alla pescivendola di sfamare l’animale tutti i giorni. Così il cane resta calmo dalla mattina alla sera. È di notte che si mette a guaire, mosso dalla sete e dall’inoperosità. Quando due inquilini si incrociano, dopo le consuete formule di saluto, le domande sono sempre le stesse: «Ma cos’ha da abbaiare così, quel povero cane?» Ma è facile intuire il vero senso di quelle parole: «Bisognerebbe abbatterlo!» Ecco quello che nessuno osa dire apertamente. Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 29 Peter Schickert / Das Fotoarchiv / Still Pictures C U L T U R A Danze sufi e feste berbere a Ginevra Il Marocco possiede una grande varietà di musiche e danze. Questo patrimonio resisterà all’attuale livellamento dei prodotti culturali? Organizzato dagli Ateliers d’ethnomusicologie di Ginevra, il festival «Les nuits du Maroc» presenta vari artisti che stanno perpetuando in modo creativo forme espressive tradizionali. Di Jane-Lise Schneeberger. Sotto la spinta della mondializzazione e della world music, le musiche tradizionali del Sud sono in procinto di trasformarsi. Di moda è la fusione dei generi, promessa di successo sul mercato internazionale della musica. Le musiche «etniche» vengono mescolate a degli stili contemporanei e formattate per piacere ai consumatori occidentali. Laurent Aubert, direttore 30 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 degli Ateliers d’ethnomusicologie (Adem) di Ginevra, teme che questi prodotti ibridi finiscano per soppiantare tutti gli altri all’interno degli stessi paesi di origine, per lo meno nei gusti della gioventù. «L’ibridazione musicale è sempre esistita. Non è certo stata la world music a inventarla, aggiungendo chitarre elettriche e sintetizzatori a tutte le orchestre. Il problema attuale è che le tecnologie moderne di riproduzione del suono e di comunicazione assicurano a questi nuovi stili una diffusione a tappeto a livello planetario. La modernità, in questo caso, determina una banalizzazione del suono», constata Aubert. Rifiutando l’avvento di una cultura di massa, gli Adem lottano per preservare la diversità in campo musicale e coreogra- fico. Ogni anno organizzano un festival dedicato a un paese. Il Marocco è l’invitato dell’edizione 2007, che si svolgerà dal 4 al 13 ottobre a Ginevra. Cinque gruppi di danza e musica, una cantante e un narratore vi presenteranno delle forme d’espressione tradizionali. Questo programma sarà completato da film, conferenze e varie animazioni. Archives Adem (4) Crocevia di varie civilizzazioni, il Marocco ha prodotto un ampio ventaglio di forme musicali. Contrariamente a quanto avviene in altri paesi, secondo Laurent Aubert queste culture non sono minacciate d’estinzione. A minacciarle, per contro, è piuttosto l’uniformazione: «Continueranno a esistere, ma rischiano di perdere vigore. La televisione – con il suo manto sonoro elettronico, le sfavillanti decorazioni e l’illuminazione hollywoodiana –– è, in Marocco come altrove, uno dei vettori dell’appiattimento». La musica sacra dei sufi Se le tradizioni marocchine sono rimaste vive è, in parte, grazie all’interesse serbato loro dai turisti o dagli ambienti culturali in Occidente. Così, gli Gnaoua hanno conquistato la notorietà internazionale grazie al festival di Essaouira, dove ogni estate incontrano altri mu- sicisti del mondo. Discendenti di schiavi giunti dall’Africa nera nel XVI secolo, gli Gnaoua sono una delle numerose confraternite marocchine che si riconoscono nel sufismo, la dimensione esoterica dell’islam. Per entrare in comunione con Dio, i sufi ricercano uno stato di estasi o trance che raggiungono mediante esercizi spirituali, la musica, la danza o la recitazione di litanie. Certi culti attribuiscono alla trance un effetto terapeutico. Cantante e musicista nato nel mondo degli Gnaoua, Majid Bekkas rivisita con talento il repertorio di questa confraternita. «Il suo approccio è quello di un artista contemporaneo che si appropria del proprio retaggio culturale per aprirlo alla modernità senza tuttavia snaturarlo.Vi introduce del blues e del jazz, preservando nondimeno l’essenza della musica gnaoua e impiegando degli strumenti tradi- zionali», spiega Laurent Aubert. A Ginevra sarà pure presente la confraternita sufi degli Aïssaoua. Un complesso di Fes eseguirà una lila (notte), ossia un rituale specifico di questo ordine fondato nel XVI secolo. Le cerimonie degli Aïssaoua durano tutta una notte, e ciò spiega il loro nome.Vengono organizzate durante le festività religiose o eventi sociali, come i matrimoni, i battesimi o le circoncisioni. La veglia incomincia con delle preghiere e delle litanie; in seguito gli adepti si abbandonano a una danza estatica collettiva. torio trasmesso in seno alla sua famiglia di generazione in generazione. Durante il rituale, le cantanti si accompagnano ai tamburi. Eseguono movimenti collettivi di bilanciamento sempre più rapidi, una tecnica che conduce all’estasi. Rahoum Bekkali fu una delle prime marocchine a studiare musica al conservatorio e serba una cura particolare per la dimensione estetica della hadra. I membri del gruppo, fra i 15 e i 22 anni d’età, si riuniscono tre volte la settimana per esercitarsi in quest’arte spirituale. Invasione di violini Retaggio familiare La cittadina di Chefchaouen ospita una formazione esclusivamente femminile che perpetua l’arte della hadra, poesie e preghiere cantate durante le assemblee sufi. Questo gruppo fu formato da Rahoum Bekkali, l’attuale depositaria di un reper- Se in Marocco esiste un genere davvero in pericolo di estinzione si tratta dell’interpretazione all’antica della musica arabo-andalusa. Nata nel corso del Medioevo nella Spagna sotto il dominio musulmano, questa musica raffinata è migrata verso la fine del XV secolo Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 311 Archives Adem (2) Al servizio delle musiche del mondo Fondati nel 1974, gli Ateliers d’ethnomusicologie di Ginevra sono diventati un’associazione nel 1983. Il loro obiettivo è di promuovere le musiche e le danze tradizionali del mondo nelle loro diverse espressioni. Gli Adem organizzano ogni anno una stagione di concerti e un festival tematico. Pubblicano la rivista annuale Cahiers de musiques traditionnelles e dei libri; inoltre producono dei CD con la loro propria etichetta, Ethnomad. Sul piano pedagogico organizzano dei workshop, degli stages, delle animazioni in ambito scolastico. Infine, sostengono gli artisti migranti che risiedono nella regione ginevrina. L’associazione è sussidiata dagli enti pubblici ginevrini e dalla DSC. Internet: www.adem.ch 32 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 verso il Maghreb, dove si erano rifugiati gli arabi scacciati dalla Penisola iberica. In passato suonata da cinque a sei musicisti, oggi è affidata a orchestre quasi sinfoniche. «Il risultato è annientante. Con cinquanta violini si percepisce oramai solo uno spesso impasto sonoro e non più il tessuto melodico di ogni strumentista», deplora Laurent Aubert. Sarà dunque una piccola formazione, una delle rare ad aver optato per il ritorno alle origini, a presentare la musica arabo-andalusa a Ginevra. Il suo direttore Ahmed Chiki, che è anche liutaio, ha ricostruito degli strumenti medievali caduti in disuso, come l’ud ramal, un liuto a quattro ordini di corde. Li ha muniti di corde in minugia, le quali producono un timbro diverso dalle attuali corde di nylon o acciaio. Contrariamente a questa musica di città, le tradizioni sviluppate dai Berberi sono radicate nella vita quotidiana e ritmano il ciclo agricolo. Berberi di pianura e di montagna Gli spettatori ginevrini potranno sentire un gruppo folcloristico dell’Alto Atlante e una cantante popolare della pianura del Souss. Il primo presenterà un ahwash, dal nome dato alle grandi feste collettive che ogni villaggio berbero organizza in estate; le danze e i canti dell’ahwash variano da una comunità all’altra. La seconda, Raqiya Demseriya, si ricollegherà alla tradizione dei musicisti ambulanti, i rwayes. In passato, questi troubadours percorrevano le città e i villaggi, soli o in piccoli gruppi. Oggi si producono nei ristoranti, nei cabarets o alle feste private. Cantano, danzano e improvvisano poemi sull’attualità, i problemi sociali o tematiche più leggere. Il mestiere del contastorie ha anch’esso attraversato i secoli, benché abbia perso terreno rispetto alla cultura dello scritto. I narratori itineranti continuano, per esempio, ad attirare ogni giorno una folla di turisti in piazza Djamaa el Fna a Marrakech. Di origine berbera, Hamed Bouzzine è emigrato in Francia, dove continua a esercitare la sua arte. Presenterà un programma composto da racconti tradizionali tradotti in francese e temi contemporanei. ■ (Tradotto dal francese) Festival per una futura potenza ( jls) Dalla sua creazione nel 1984, il Festival international Médias Nord-Sud (FIMNS) riunisce ogni anno a Ginevra operatori dei media, dell’economia, dello sviluppo e della politica. Cofinanziato dalla DSC, si china sulle sfide dell’avvenire e l’ineguaglianza fra i due emisferi. La 23° edizione, che si terrà dal 2 al 6 ottobre, avrà per tema «L’India, futura potenza mondiale – Il suo sviluppo, la Girotondo trascinante Musica Manifeszazioni (jtm) La prossima conferenza annuale della Cooperazione svizzera con i paesi dell’Europa dell’Est «Focus» si concentrerà sull’impegno svizzero nei nuovi Stati membri dell’UE. Nei prossimi dieci anni la Svizzera investirà, infatti, negli ex Stati dell’Europa centrale e del Baltico, nonché a Malta e Cipro, circa un miliardo di franchi in progetti che contribuiranno al consolidamento economico e sociale. Il contributo all’allargamento schiude anche delle opportunità all’economia svizzera. Durante il «Focus» del 15 novembre presso il KKL di Lucerna mostreremo quali sono le carenze di questi paesi sul piano dello sviluppo e cosa può fare la Svizzera per aiutare a superarle. Come relatori interverranno ospiti di spicco del mondo politico e culturale dell’Europa orientale. Il governo svizzero sarà rappresentato dalle consigliere federali Calmy-Rey e Leuthard. Il convegno comprende anche workshop, una tavola rotonda e alcuni intermezzi culturali. È aperto a tutti gli interessati. L’entrata è libera. «Focus», conferenza annuale della Cooperazione svizzera con i paesi dell’Europa dell’Est; 15 novembre dalle ore 11.00 alle 17.30 presso il KKL a Lucerna (er) Nei primi anni Settanta, Manu Dibango battezzò la sua miscellanea musicale composta di jazz, soul rock, pop, funk, reggae, salsa e highlife music con il nome di soul makossa. Con questo catapultò sé stesso nell’avanguardia africana e le sue canzoni nelle chart e in tutte le discoteche. Da allora il mago del sassofono, virtuoso di marimba e cantante riesce sempre a conferire al suo sound quel tocco di freschezza capace di renderlo un tormentone. Questa leggerezza musicale aveva caratterizzato tre anni fa anche il concerto tenuto per il suo 71° compleanno al Barbican Centre di Londra. Accompagnato dalle guest star Baaba Maal, Coco Mbassi, nonché Courtney Pine con la sua Maraboutik Big Band, l’icona poliglotta della world music aveva presentato con gioia esplosiva il suo ampio ventaglio musicale – da ascoltare e vedere, rispettivamente da vivere tramite l’album e il DVD live, usciti a un mezzo secolo esatto dal suo debutto sulla scena, dove si trovano brani jazzistici standard e classici afro, nonché groove funky per omaggiare la leggenda dell’afrobeat Fela Kuti («Soul Makossa»). Manu Dibango: «Lion of Africa», Global Mix MediaCOD/Musikvertrieb Canti multietnici (er) Non sono per nulla comuni gli sforzi del trentenne tastierista, compositore e bricoleur sonoro d’Israele: Idan Raichel traduce in musica le molte culture presenti nella sua patria in seguito all’immigrazione. Lo affascinano le arti vocali degli ebrei yemeniti, la musica d’impronta spagnola dei sefarditi, le sonorità russe del gruppo etnico degli ashkenazy, il folk dei falasha abissini o dei falashmura etiopi, per non dimenticare la musica pop israeliana e il poetico sound arabo del suo paese. Sono questi i suoi «progetti», ai quali partecipano fino a 80 musicisti e cantanti, e che lo hanno reso una star. Spezzoni del songwriting multietnico di Raichel si trovano, con tanto di video, in un’interessante album «best of». Servizio sua economia, il suo impatto sui paesi occidentali, il suo cinema, la sua cultura».Tre sono i luoghi di proiezione previsti. Saranno presentati una trentina di documentari, realizzati da cineasti indiani e stranieri, nonché film di finzione, in particolare alcune produzioni di Bollywood. Il miglior documentario riceverà il Grand Premio di Ginevra, dotato di 10 mila franchi. Parallelamente, il Premio internazionale dei media, dello stesso importo, ricompenserà un contributo giornalistico di una certa importanza in forma scritta. Il festival organizzerà inoltre colloqui, trasmissioni televisive e radiofoniche, un’esposizione, serate speciali e mattinate per le scolaresche. FIMNS, Bâtiment des forces motrices, Ginevra, 2-6 ottobre. Internet: www.nordsud.ch «Focus» sul contributo all’allargamento Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 33 Registrati vi sono sound sciolti e melodiosi, inneggianti ancorché incalzanti, che si situano fra il pop etnico e l’ambient folk, con rimandi ai reggae riddim, nonché ai ritmi caraibici. A ciò si aggiungono le voci seducenti e talvolta drammaticamente commoventi dei canti dei «rabbi», che ben si presterebbero per le piste da ballo e che ricordano i temi di sempre: amore, fede e speranza. «The Idan Raichel Project», Cumbancha/Disques Office 34 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 quella dei Garifuna. Andy Palacio: «Wátina», Cumbancha/Disques Office Torna nelle sale il maestro della cinematografia cubana A fine 2007 giungerà nelle sale cinematografiche elvetiche «Madrigal», l’ultimo film del cubano Fernando Pérez. La pellicola era stata presentata in prima visione alla Berlinale di quest’anno. Il festival Filmar en America latina, che si terrà a Ginevra e Bienne, dedica in novembre una retrospettiva al maestro della cinematografia cubana. E presso la Trigon-Film è disponibile su DVD la sua opera, nonché un ritratto del cineasta realizzato con grande sensibilità. In «Madrigal», Pérez raggiunge una forza espressiva che sembra dissolvere i confini fra realtà e finzione. Come nelle sue precedenti pellicole – fra le quali «La vida es silbar» rappresenta il film cubano di maggior successo in Svizzera – Fernando Pérez parla della vita nell’isola caraibica, dei sogni e del tentativo di superare certi momenti della quotidianità. I suoi film sono animati dall’arte latinoamericana del racconto, sono radicati nell’isola caraibica, e ci conducono sorprendentemente ad affrontare nel contempo le (dg) Molti giovani talenti del calcio nei paesi africani coltivano un grande sogno: diventare calciatori professionisti in Europa. La grande famiglia del dodicenne Farid in Ghana, per esempio, ripone ogni speranza in una carriera possibilmente fruttuosa di Farid e nel suo salario… Anche sul quindicenne Farouk grava un grosso fardello: suo padre ha già stretto un patto con il presidente del club e, per il suo aiuto, costui riceverà i diritti su Farouk e sarà coinvolto in tutte le future trattative. Le trasmissioni radiofoniche denunciano regolarmente le modalità di questo commercio con i giovani talenti, ricordando che solo pochissimi faranno davvero carriera. Ciononostante, numerosi giovani talenti minorenni sono «trasferiti» in Europa in circostanze più che discutibili. Eppure solo pochissimi vedranno i loro sogni avverarsi. Molti finiranno nell’illegalità. Il film «Sold out» ritrae quattro calciatori, parla della pressione delle attese riposte in loro, delle speranze e delle difficoltà incontrate da due di loro in Europa. «Sold out – De la rue au stade », documentario di John Buche, Austria/Ghana, 2002. DVD, 27 minuti, inglese (v.o.) / francese (parz. sottotitolato), dai 14 anni. Il film è inserito nel DVD «Football – Mondial. Rêves et réalités du monde du foot» con altri quattro film ed è accompagnato da materiale didattico. Distribuzione/vendita: Éducation et Développement, tel. 021 612 00 81, [email protected]. Informazioni: Service «Films pour un seul monde», tel. 031 398 20 88, www.filmeeinewelt.ch «Senegal-Svizzera 1:1» Strumenti didattici (er) All’orecchio giungono song rilassati, nei quali la sua voce roca, animata e malinconica si associa all’originale swing della chitarra elettrica e al fine intreccio delle corde della chitarra acustica, a passaggi dolcemente incalzanti delle percussioni e inserti leggeri dei tradizionali tamburi garifuna. Le sequenze ben inserite e armoniose dei suoni del sassofono e le voci vibranti e toccanti dei membri della sua band «The Garifuna Collective» diffondono un flair da gospel e un feeling da reggae. È questo il cosmo musicale di Andy Palacio, musicista del Belize, un piccolo Stato d’America centrale che si affaccia sulla costa caraibica. È però anche un appello a conservare la cultura minacciata del gruppo etnico afroindiano Garifuna, che vive qui e i cui antenati si erano salvati dalle navi negriere africane arenatesi nel XVII secolo. Con questo manifesto dalle sonorità vincenti racchiuso in un CD, i cui testi vengono presentati nella lingua igñeri propria ai garifuna e le cui sfaccettature sonore si ricollegano alla tradizione maya, alla grandezza spagnola e alla gioia di vivere africana, Andy Palacio chiede al mondo di ascoltare non solo la sua voce, ma anche Commercio di giovani talenti: dalla strada allo stadio Film Manifesto sonoro vincente proveniente dal Belize questioni fondamentali della vita. Ordinazioni e informazioni: tel. 056 430 12 30 o www.trigon-film.org (bf ) Il Senegal e la Svizzera – due paesi, uno strumento didattico. Lo strumento didattico interculturale e interdisciplinare «Senegal-Svizzera 1:1» pone i due paesi allo stesso livello e tratta gli aspetti inerenti alla geografia, alla storia e alla politica sociale in maniera paritaria. Sia l’idea che la realizzazione sono affascinanti: la pagina di sinistra presenta la Svizzera, quella di destra il Senegal. Il libro, strutturato in maniera modulare e al quale hanno lavorato specialisti di entrambi i paesi, tratta sette campi tematici in maniera interdisciplinare, ponendosi nella doppia prospettiva del Senegal e della Svizzera: formazione della nazione, immigrazione ed emigrazione, centro e periferia, cultura e società, spazi naturali, demografia, posizione nel mondo economico. Con esempi pratici, quali l’aumento dei single in Svizzera e il dibattito sulla poligamia in Senegal, oppure la creazione di posti di lavoro là e il dibattito sulle assicurazioni sociali qui, le allieve e gli allievi possono farsi un’idea differenziata non solo dell’altro paese, ma anche del loro. «Sénégal-Suisse 1:1» – uno strumento didattico interculturale e interdisciplinare per il livello secondario II; edizioni Klett & Balmer, Zugo, 2007(disponibile solo in tedesco e francese) Un libro su una scultura in crescita (bf ) Tutto incominciò con un «Centro per la selvicoltura sostenibile» cofinanziato dalla DSC nel comparto forestale modello «Priluzje», nella repubblica russa di Komi. Non appena avviato il progetto, l’artista George Steinmann ha accompagnato la creazione di questo centro come se fosse una «scultura in crescita», seguendone l’evoluzione sull’arco di un processo creativo durato dieci anni. Il libro che ha dedicato alla scultura in crescita lo documenta con l’ausilio di testi esplicativi (in tedesco, inglese e russo), numerose fotografie a quattro colori e videostill, nonché schizzi e materiale cartografico. In una ricerca di base estetica, Steinmann indaga su una delle ultime grandi foreste naturali d’Europa. Essa costituisce lo spazio vitale di oltre 200 specie di uccelli, di orsi bruni, lupi e zibellini, nonché di una ricca flora. La popolazione che vi vive è depositaria di preziose conoscenze di medicina naturale che rischiano di andare perse. Chiarendo i nessi che intercorrono fra diversità biologica e culturale, Steinmann ha creato un’opera d’arte che infonde speranza. «KOMI – Eine wachsende Skulptur» di George Steinmann, edizioni Stämpfli, Berna, 2007(disponibile solo in tedesco) Dal Mali agli Stati Uniti seguendo le orme del cotone (bf ) Il cotone – considerato il «maiale della botanica» – è una materia prima che ha segnato la storia di interi paesi, e della quale vivono e dalla quale dipendono milioni di persone. Durante il suo viaggio nel regno dell’«oro bianco», il rinomato scrittore francese e membro dell’Académie Française Erik Orsenna ha visitato piantagioni in Mali e negli Stati Uniti, laboratori di ricerca e fattorie in Brasile, musei in Egitto, laghi prosciugati in Uzbekistan, fabbriche tessili in Cina e Francia. Collegando in modo inimitabile poesia, reportage e insegnamento della storia naturale, Orsenna si sofferma sui meccanismi della globalizzazione, la lotta per le quote di mercato, la ricerca di nuovi prodotti, il conflitto fra gruppi multinazionali ed economia tradizionale, la retorica dei mercati aperti e la prassi mondiale del lobbismo. Una brillante indagine sul nostro mondo globalizzato, insignito del Lettre Ulysses Award per l’arte del reportage letterario. «Viaggio nei Paesi del cotone» di Erik Orsenna, Ponte alle Grazie, 2007 crescita nel mondo? Laddove non ci si aspetterebbe mai di trovarlo – nei paesi in via di sviluppo! Miliardi di persone povere possiedono insieme un enorme potere d’acquisto, ma l’economia internazionale lo ha finora trascurato. Un errore dalle pesanti conseguenze agli occhi del rinomato economista e imprenditore di successo C.K. Prahalad, che all’Università di Michigan, negli Stati Uniti, insegna strategia imprenditoriale e commercio internazionale. Nel suo ultimo libro, «La fortuna alla base della piramide», presenta modelli d’affari sperimentati e testati, con i quali si potrebbe debellare la povertà, e illustra inoltre come le imprese occidentali possono percorrere vie nuove e più redditizie. Il libro è stato insignito negli USA del titolo «libro di business del 2004». Fondandosi su molti esempi concreti, C.K. Prahalad vi confuta alcuni pregiudizi assai diffusi, illustra i vantaggi di un’entrata nel mercato dei paesi in via di sviluppo dal punto di vista dell’economia aziendale, e affronta nel contempo in modo credibile temi delicati, come la corruzione, l’instabilità politica e la sicurezza del diritto. «La fortuna alla base della piramide» di C.K. Prahalad, Il Mulino, 2007 Specialisti del DFAE a vostra disposizione Temi vari Libri e opuscoli Servizio Volete informarvi di prima mano sulla politica estera della Svizzera? Le relatrici e i relatori del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) sono a disposizione di scolaresche, associazioni e istituzioni per conferenze e dibattiti su numerosi temi di politica estera. Il Servizio delle conferenze del DFAE è gratuito, può tuttavia offrire le proprie prestazioni solo in Svizzera e chiede che agli incontri partecipino almeno 30 persone. Ulteriori informazioni: Servizio delle conferenze DFAE, Informazione, Palazzo federale Ovest, 3003 Berna; tel. 031 322 31 53 o 322 35 80; fax 031 324 90 47/48; e-mail: [email protected] I poveri come mercato: la fortuna alla base della piramide (bf ) Dove si trova il mercato più eccitante che registra la maggiore Impressum: «Un solo mondo» esce quattro volte l’anno in italiano, tedesco e francese. Thomas Jenatsch (jtm) Beat Felber (bf) Andreas Stauffer (sfx) Editrice: Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) Redazione: Beat Felber (bf – produzione) Gabriela Neuhaus (gn) Maria Roselli (mr) Jane-Lise Schneeberger (jls) Ernst Rieben (er) Comitato di redazione: Harry Sivec (responsabile) Catherine Vuffray (coordinamento globale) Joachim Ahrens (ahj) Antonella Simonetti (sia) Jean Philippe Jutzi (juj) Progetto grafico: Laurent Cocchi, Losanna Litografia: Mermod SA, Losanna Stampa: Vogt-Schild Druck AG, Derendingen Riproduzione di articoli: La riproduzione degli articoli è consentita previa consultazione della redazione e citazione della fonte. Si prega di inviare una copia alla redazione. 860167653 Stampato su carta sbiancata senza cloro per la protezione dell’ambiente Tiratura totale: 54’000 Abbonamenti: La rivista è ottenibile gratuitamente (solo in Svizzera) presso: DSC, Media e comunicazione, 3003 Berna, Tel. 031 322 44 12 Fax 031 324 13 48 E-mail: [email protected] www.dsc.admin.ch Copertina: Zuder / laif ISSN 1661-1683 Un solo mondo n.3 / Settembre 2007 35 Nella prossima edizione: Gurian / laif Cosa ne sarà esattamente del contributo svizzero elargito all’Unione europea? E quali saranno gli effetti prodotti per la Svizzera e per i nuovi Stati dell’UE? Queste due domande sono al centro del nostro prossimo dossier dedicato al cosiddetto «miliardo di coesione», al quale il popolo svizzero ha dato la sua approvazione nel novembre del 2006.