Memoria conclusionale

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Memoria conclusionale
CORTE DI ASSISE DI TRAPANI
COMPARSA CONCLUSIONALE
La sottoscritta Avv. Vincenza Rando, nella sua qualità di difensore e
procuratore speciale dell’associazione “Libera, Associazioni, Nomi e
Numeri contro le mafie”, nella persona del presidente pro-tempore
Don Pio Luigi Ciotti, nel procedimento penale contro Virga Vincenzo e
Mazzara Vito, per il reato di cui ai capi di imputazione, come meglio
riportati nell’atto di costituzione di parte civile, rassegna le seguenti
conclusioni.
Dagli elementi di prova raccolti in sede di indagini e dalla ampia,
approfondita, esaustiva e puntuale attività istruttoria, condotta con
rigore e determinazione dall’On.le Presidente, è stata pienamente
provata la penale responsabilità degli imputati per l’omicidio di Mauro
Rostagno. Ne consegue che gli imputati– riconosciutane la penale
responsabilità – vadano condannati al risarcimento del danno sofferto
dall’Associazione “Libera, Nomi e Numeri contro le mafie”.
La ricostruzione dei fatti rilevanti per il presente procedimento,
l’immenso materiale probatorio raccolto, la verifica della compatibilità
del movente, il rigoroso approfondimento della dinamica dell’omicidio
di Mauro Rostagno, la ricostruzione della scena del crimine, sono stati
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tutti oggetto della profonda ed esaustiva requisitoria dell’Ufficio della
Procura, alla quale questa difesa si associa, condividendone appieno le
conclusioni.
La presente disamina ha lo scopo di focalizzare l’attenzione dell’On.le
Corte di Assise sulle circostanze fattuali e di prova che consentono di
delineare i profili rilevanti attenenti la lesione dei diritti soggettivi di
cui l’associazione Libera è portatrice e che rappresenta in questo
processo.
Solo per una doverosa e puntuale ricostruzione della vicenda, questa
difesa intende riportarsi alla dettagliata, puntuale ed esaustiva
relazione dei Signori Pubblici Ministeri con la quale hanno
rappresentato e descritto il lungo percorso investigativo che ha portato
alla ricostruzione del grave fatto omicidiario contestato agli odierni
imputati e alle varie condotte, nei lunghi anni di oblio, di
sottovalutazione, di rimozione, di negazione, di confusione, di
superficialità che, nel tempo, si sono evidenziate rispetto alla ricerca
della verità processuale sull’omicidio di Mauro Rostagno.
Questa parte civile ritiene doveroso evidenziare come l’On.le Corte di
Assise, il Presidente dott. Pellino, il Giudice a latere dott. Corso, i S.ri
Giudici
Popolari,
con
rigorosa
attenzione,
grande
equilibrio,
autorevolezza e determinazione, ha approfondito tutti gli atti di
indagini, ha ascoltato i numerosi testimoni che, a vario titolo, sono
stati escussi nel corso della lunga istruttoria dibattimentale, (69
udienze e tre anni di udienza), i diversi collaboratori di giustizia, ha
ascoltato i periti che hanno redatto le 4 perizie.
L’ufficio della Procura, rappresentato in questo processo, dal dott.
Gaetano Paci e dal dott. Francesco Del Bene, ha fatto un lavoro
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enorme, condotto sempre con grande scrupolo, rigore, profondità, mai
con preconcetti, mai riserve mentali, ma garantendo l’effettiva ricerca
della verità, nella sua piena funzione di “parte processuale”, e ci ha
consegnato il ruolo autorevole della funzione dell’ufficio del Pubblico
ministero.
La lettura dell’enorme materiale probatorio e quanto acquisito nel
corso della lunga attività istruttoria ci ha consegnato una verità,
l’omicidio di Mauro Rostagno è un omicidio decretato ed eseguito dai
mafiosi Virga Vincenzo e Mazzara Vito, e finalizzato al rafforzamento
dell’associazione mafiosa “Cosa Nostra”.
L’omicidio di Mauro Rostagno doveva servire a zittire la voce libera di
un straordinario intellettuale del novecento, una figura della nascente
sociologia qualitativa italiana, un giornalista coraggioso con il vizio
dell’impegno civile, un leader Politico credibile al servizio della
comunità trapanese, un cittadino perbene, un allenatore del
coraggio.
Mauro Rostagno, a Trapani, (dove la mafia negli anni 80 non esisteva,
così come dichiaravano quasi tutte le forze politiche, economiche,
istituzionali) con le sue denunce, sempre puntuali, rigorose, con la
sana curiosità che si domanda e domanda, come è possibile accettare
una classe politica mediocre e corrotta, una imprenditoria che fa affari
con la mafia, gli indifferenti che si chiudono gli occhi per non vedere,
cominciava a fare svegliare le coscienze.
Rostagno rappresentava un coraggio che dava sicurezza e credibilità.
La mafia non poteva permettere il risveglio delle coscienze, non poteva
accettare coscienze coraggiose.
Don Ciotti, presidente di Libera, in un incontro a Milano, così parla di
Mauro Rostagno “ Mauro Rostagno, un uomo vestito di bianco che
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aveva capacità e orizzonti lontani, passioni, raccoglieva le storie di
coloro che fanno più fatica (tossicodipendenti). Ho colto in lui il
nomadismo culturale ed esistenziale, il bisogno reale di saldare il
sapere alla vita. Una sana curiosità, una travolgente umanità,
profondità, una sete di impegno e conoscenza. Un uomo che credeva
nella parola, comunicazione come strumento di conoscenza, di
riscatto sociale, capace di denuncia seria. Mauro è morto perché non
ha accettato di tacere”.
Restituire splendore alla figura umana ed intellettuale di Mauro
Rostagno, significa anche raccontare la enorme e significativa
esperienza politica e umana che aveva vissuto Mauro Rostagno.
Il teste Curcio ci parla di Mauro in questo modo: “..E’ una figura che
ha attraversato campi e terreni politici, personali , talmente differenti
tra loro. Immaginatevi l’esperienza politica degli anni 60 e
l’esperienza più personale fatta in India e l’esperienza in comunità
Saman, mondi contrapposti, ma Mauro era tutto questo”.
Mauro Rostagno al rientro dal suo viaggio spirituale in India (si era
avvicinato all’orientamento Rajneesh) aveva iniziato la sua esperienza
di vita e di lavoro, nella comunità Saman, accanto ai giovani che
facevano più fatica (i tossicodipendenti) e con il sua capacità di leggere
politicamente il territorio, aveva ben compreso che le mafie si
arricchivano anche con il traffico dei stupefacenti, uccidendo la vita e le
speranze di tanti giovani e delle loro famiglie.
Mauro Rostagno aveva la piena consapevolezza che la società
trapanese, siciliana, italiana, stava diventando sempre più povera
perché doveva fare a meno dell’entusiasmo, della gioia, dell’impegno
civile della migliore gioventù che veniva distrutta dalla droga.
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Quindi Mauro Rostagno, nella città di Trapani, era diventato uno
straordinario allenatore del coraggio perché raccontava tutto
questo.
Questa parte civile, da anni presente a Trapani, nella provincia e in
Sicilia, ha incontrato gli amici di Mauro Rostagno, ha ascoltato i
cittadini trapanesi, i quali ci hanno raccontato che la gente aveva un
appuntamento con la televisione, attendeva il telegiornale, per
ascoltare le notizie dalla voce di Mauro Rostagno, per ascoltare gli
editoriali e gli approfondimenti tematici (mafia, massoneria, mala
politica, traffico armi e droga ecc.), per i cittadini, i programmi
condotti da Mauro Rostagno rappresentavano la loro palestra nella
quale fare ginnastica della mente, perché Mauro toccava le corde del
coraggio.
Mauro Rostagno aveva portato dentro le case dei trapanesi (seppur
attraverso la scatola televisiva) una novità, metteva a nudo, con la sua
mitezza, la sua autorevolezza, la sua sobrietà, la sua coerenza, la sua
ironia, la sua credibilità, le coscienze delle persone, e li poneva sempre
di fronte alle domande della vita, quelle domande che stimolavano i
cittadini, i giovani a cominciare a sognare, ad abbandonare la droga e
riprendersi il pensiero. Mauro Rostagno aveva la capacità di fare
sentire i giovani parte della società, di stimolare i cittadini a
riprendersi la loro comunità, e quindi a lottare per riprendersi la
bellezza pubblica della città, a lottare perché le istituzioni mettessero al
centro l’interesse pubblico.
Mauro Rostagno era credibile, aveva iniziato ad allenare il coraggio,
per stimolare i cittadini ad uscire dall’oblio e dalla paura, il coraggio si
stava trasformando in forza, la forza di non abbassare la testa, la forza
di sentirsi responsabile della propria vita e della propria comunità, il
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coraggio di guardare in faccia quanto stava succedendo nella città,
nella provincia, nel Paese.
Mauro Rostagno aveva iniziato a riportare nelle case dei siciliani e dei
trapanesi onesti il “senso delle parole”, “il senso della partecipazione
responsabile”, il significato della storia del malaffare della mafia
trapanese e le terribili conseguenze per i cittadini.
Mauro Rostagno intellettuale con una coraggiosa storia di impegno
politico e civile, capace di fare analisi politica, aveva la forza e capacità
di penetrare la grande montagna dell’indifferenza
Mauro Rostagno non era un “predicatore neutro” perché si assumeva
la responsabilità delle parole, era un intellettuale, un giornalista con un
alto senso civico, con la capacità di svegliare le coscienze. Non
predicava e lasciava soli, ragionava, approfondiva, stimolava pensiero e
si assumeva pienamente le proprie responsabilità.
Mauro Rostagno faceva sentire il profumo di una “primavera politica”,
dell’entusiasmo che scatena la partecipazione, nella città di Trapani si
stava iniziando a scrivere una nuova Politica, una nuova resistenza.
Tutto questo era ancora più pericoloso per la mafia.
La battaglia contro le mafie, la corruzione, la connivenza, le collusione
tra la mafia, la mala politica, i rappresentanti delle istituzioni corrotte,
gli imprenditori che danneggiano l’economia sana, si può fare se ogni
cittadino trapanese e italiano, ha coraggio e speranza.
“….La speranza si chiama “noi”. La speranza è avere più coraggio, il
coraggio ordinario a cui siamo tutti chiamati quello di rispondere
alla propria coscienza” (Don Luigi Ciotti nella trasmissione Vieni via
con me, 28 nov 2010).
Mauro Rostagno aveva il coraggio ordinario perché rispondeva alla
propria coscienza e perché non aveva mai smesso di credere che i sogni
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si potevano realizzare: “I sogni non sempre si realizzano. Ma non
perché siano troppo grandi o impossibili, perché noi smettiamo di
crederci” (Martin Luther King).
Mauro Rostagno era arrivato a Trapani per accompagnare il cammino
dei suoi ragazzi e aiutarli a ritrovare la voglia di vivere e per questo non
usava solo l’ascolto, la danza, la musica, la bellezza, la speranza, ma
faceva una cosa in più, Mauro Rostagno portava i suoi ragazzi nella
emittente televisiva RTC per farli lavorare e impegnarli; quale migliore
cura, quella di accompagnare i ragazzi a riscrivere la loro storia,
facendoli sentire parte, facendoli sentire responsabili del loro futuro e
della loro comunità?
I ragazzi facevano gli operatori, gli aiuto registi, della emittente
televisiva, i ragazzi erano stimolati ad allenare la curiosità, a leggere la
storia della loro città, gli intrecci perversi della mala politica, i ragazzi
ascoltavano Mauro Rostagno ed esercitavano il pensiero, si sentivano
parte viva della società.
Questa parte civile, in diverse occasioni, ha incontrato, in tutto il Paese,
giovani, donne e uomini,
che considerano la memoria un bene
comune, il tesoro dell’anima di un popolo, e per questo conducono una
battaglia quotidiana perché la memoria di Mauro Rostagno rimanga
sempre viva.
I giovani studenti del presidio di Libera della città di Bologna hanno
dedicato il loro presidio a Mauro Rostagno, studenti che stanno
seguendo con attenzione il processo perché vogliono conoscere la
verità sulla morte di Mauro Rostagno. Gli stessi studenti che avrebbero
voluto conoscere Mauro Rostagno; studiare sui libri e sulle ricerche,
magari di sociologia quantitativa, di Mauro Rostagno; avrebbero
voluto ascoltare le approfondite analisi politiche di Mauro Rostagno;
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avrebbero voluto farsi contagiare dalla passione politica di Mauro
Rostagno.
Tutto questo infastidiva, preoccupava la mafia, Cosa nostra.
Il mafioso di Castelvetrano Ciccio Messina Denaro parlando di Mauro
Rostagno diceva “..uno che era diventato una camurria..”.
Lo scenario politico del momento, gli intrecci politico-mafiosi, sono
stati ben delineati, nel corso della approfondita attività istruttoria,
quello che ci hanno raccontato i collaboratori di giustizia (hanno detto
e confermato che per i mafiosi trapanesi e palermitani, Mauro
Rostagno era diventato un grande fastidio, una grande “camurria”), e
ancora quello che ci hanno raccontato i due testimoni, l’avv. Cusenza e
l’On.le Vizzini, è emblematico e significativo per comprendere perché
Mauro Rostagno era diventato una “camurria” e quindi pericoloso per
la mafia.
Nel corso del dibattimento ci è stato riferito che la politica vincente
degli anni ottanta a Trapani era quella dei Salvo, dei Lipari, dei Canino,
dei Pellegrino, e di tanti altri mediocri politici, (professionisti della
politica con curriculum vitae di rilievo, soldi, potere, connivenze e
collusione con la mafia, iscrizione nelle loggie massoniche, rapporti
con le banche della città, con gli imprenditori di Catania (i cd. Cavalieri
del lavoro, Costanzo, Graci e Geraci) con i quali gestivano gli appalti
della città) avevano come unico obiettivo l’arricchimento personale, il
potere personale ed edificavano la loro forza politica sulla paura della
gente (senza voto niente lavoro), dall’indifferenza della gente (tanto
sono tutti uguali), l’oblio (senza memoria).
Mauro Rostagno proprio perché aveva una straordinaria esperienza
politica (esperienza politica degli anni 60, movimento studentesco del
68, esperienza all’Università di Trento, esperienza politica a Palermo)
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possedeva
strumenti di analisi politico sociale per leggere le
trasformazioni della società, la nuova geografia economica e sociale del
sud, di Trapani. La profondità dell’analisi politica per comprendere
quel territorio diventava straordinariamente rivoluzionaria, perchè
Mauro Rostagno raccontava che la politica vincente era quella
mediocre che si alleava con i poteri mafiosi, con le istituzioni corrotte,
con logge massoniche.
La dichiarazione del teste Avv. Cusenza che aveva intrattenuto una
solida relazione politico intellettuale con Rostagno è eloquente, ci dice
che Rostagno “…era un grande intellettuale, raffinato, erudito, una
forte personalità politica anche se non militava in nessuna
formazione politica, quando l’ho conosciuto io. Rostagno era un
leader politico e con lui abbiamo discusso di Iside 2, massoneria
deviata..”
L’avv. Cusenza, autorevole dirigente provinciale (Trapani) e regionale
del partito comunista italiano, ci riferisce che Mauro Rostagno gli
aveva fatto una lunga intervista e per la prima volta aveva avuto la
possibilità di parlare di mafia, di intrecci tra mafia, mala politica e
istituzioni corrotte.
L’Avv. Cusenza ci racconta del progetto politico che stava elaborando
con Rostagno, la primavera di Trapani.
Il teste Cusenza ci parla del documento “Un’altra Trapani è possibile”,
un manifesto politico fatto di alleanze trasversali, con l’intento di
mettere insieme gli uomini di buona volontà, e ancora ci consegna una
notizia importante e cioè la sua proposta di candidare Mauro Rostagno
come Sindaco della città di Trapani.
Per questo, ancora ci racconta l’Avv. Cusenza, “volevamo fare un
giornale, una rivista proprio per lanciare il progetto politico”.
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L’Avv. Cusenza ci racconta che la sera dell’omicidio, il 26 settembre era
andato in comunità per incontrare Mauro Rostagno con il quale aveva
un appuntamento per visionare il bozzetto della nuova rivista, “ma il
loro progetto è stato interrotto dalla morte”.
Il progetto politico era noto alle altre forze politiche, era divenuto il
progetto del partito comunista, era stata tenuta persino una conferenza
stampa alla presenza anche di Mauro Rostagno.
L’avv. Cusenza ancora ci riferisce di un viaggio insieme a Rostagno,
nel mese di settembre aveva invitato Rostagno alla Festa dell’Unità
Nazionale a Firenze, erano partiti insieme, e si sofferma sul fatto che
Rostagno aveva chiesto di essere accreditato come giornalista.
L’Avv. Cusenza racconta a questa Corte che prima di partire con la sua
Fiat 127, Chicca (Chicca Roveri), compagna di Mauro, gli disse “solo tu
potevi far rinascere in lui la passione politica, è ritornato ragazzino..”
Ancora Cusenza ci dice che dopo l’omicidio di Rostagno è stata
pubblicata la rivista ed il primo numero è stato dedicato a Rostagno,
“era un modo per rendergli onore”.
Il racconto puntuale e lucido del teste Cusenza ci riporta pienamente al
clima sociale, politico ed istituzionale dell’epoca, ci fa pensare, con
grande tristezza, che il 26 settembre 1988, mentre la mafia uccideva
Mauro Rostagno, il Consiglio Comunale riunito, continuava i suoi
lavori ordinari, nessuna sospensione, nessuna interruzione, nessuna
riflessione; nella città di Trapani non era successo niente, era stato solo
ucciso un illustre intellettuale, uomo, padre, leader politico, sociologo
di rilievo europeo.
La gente perbene, quella che attendeva con entusiasmo le trasmissioni
condotte da Mauro Rostagno si sentiva orfana, più sola e la politica
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ufficiale continuava a gestire con mediocrità, disinteresse, alcune volte,
intrecciando connivenze e collusione, la cosa pubblica, i beni comuni.
Questa parte civile ha ascoltato con interesse le dichiarazioni rese, in
dibattimento, dall’avv. Cusenza, una figura di alto valore etico, un
intellettuale e politico di grande statura morale, che ci ha dimostrato
che la buona politica era possibile anche in luoghi in cui si respirava la
confusione, l’appiattimento (il detto “tutti i politici sono uguali”), la
mafia. L’Avv. Cusenza insieme a Rostagno, ci ha dimostrato che era
possibile resistere e tentare di costruire un nuovo progetto politico.
Il progetto politico lo volevano insieme, entrambi coltivavano il sogno
di provare a mettere insieme la parte sana e buona (non mediocre)
della città, per candidarsi al governo della cosa pubblica nel rispetto
dei principi di legalità, contro le mafie, contro le varie forme di
corruzione,
per
spezzare
qualsiasi
legame
politico-mafioso-
istituzionale. Il progetto politico andava oltre le ideologie politiche
(ideologia come discorso delle idee) perché anche le diverse posizioni
ideologiche, potevano mettere insieme le migliori forze presenti nella
città, perché, in quel momento e in quel contesto storico, l’orizzonte da
seguire era la grande battaglia di civiltà e libertà, combattere il sistema
radicato delle mafie e della corruzione e spezzarne gli intrecci. Questo
progetto politico vedeva la candidatura di Mauro Rostagno a Sindaco
di Trapani.
Nel 1988 a Trapani si erano incontrati un onesto uomo politico e un
onesto intellettuale e insieme stavano costruendo le basi della
primavera di Trapani, (forse hanno anche scritto l’alfabeto della
primavera dei sindaci degli anni 90).
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Ma questo, purtroppo, è un Paese che ha permesso che le nostre donne
e uomini migliori devono essere uccisi, e poi si indigna, prova disgusto
del puzzo delle mafie e delle corruzioni.
Questa parte civile conduce, da quasi venti anni, una battaglia perché
questo non si deve più verificare, perché il popolo di Libera vuole
camminare accanto alle persone vive con i quali costruire idee e
pratiche di sviluppo umano, sociale, politico e civile.
Questa parte civile non vuole più commemorare ma ammirare, e
stupirsi camminando accanto a leader politici di alto valore morale e
civile, perché convinti che questa è la Politica che serve il suo Paese e i
suoi cittadini.
Tutto questo preoccupava la mafia, cosa nostra, sconvolgeva
i rapporti consolidati tra mafia e mala politica.
Mauro Rostagno diventava sempre più pericoloso per la mafia, perchè
non solo raccontava gli intrecci della mafia con la mala politica, con la
imprenditoria mafiosa (in quel momento si assisteva allo sbarco dei
cavalieri del lavoro di Catania a Trapani), con le istituzioni corrotte,
con la massoneria, ma stava costruendo, insieme alla migliore
rappresentanza politica che offriva il territorio (tutte donne e uomini
che, fino ad allora, erano messi in “disparte” nel governo della cosa
pubblica) un progetto politico, la primavera di Trapani, che si
contrapponeva al sistema di potere consolidato a Trapani.
Mauro Rostagno era capace di fare analisi politica e di pensare ad un
progetto politico alternativo al consolidato potere di connivenze
mafiose, aveva la capacità di pensare che “un’altra Trapani era
possibile”, Mauro Rostagno, così lo presenta Don Luigi Ciotti: “
possedeva il coraggio che dava sicurezza, era e rappresentava un
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sano sobillatore che aveva il vizio della parola ed era un capace di
suscitare passione politica”.
Tutto questo sconvolgeva la pianificazione politica della Trapani che
non avrebbe mai potuto permettere la candidatura di Mauro Rostagno
a Sindaco di Trapani, una personalità forte, uno straordinario
intellettuale, un bravo giornalista, un uomo che aveva tanta passione
civile.
Questa parte civile ha sempre creduto che la mafia è forte quando la
politica è debole e la “democrazia è pallida”, la politica che intreccia
alleanze e convive con la mafia, fa un grande regalo alla mafia.
La mafia poteva mai accettare che la classe politica mediocre con la
quale faceva affari, potesse essere sostituita da un Sindaco che aveva
passione per la politica, che era rispettoso dell’interesse pubblico, della
legalità e che avrebbe governato per sviluppare il territorio e per
affermare la giustizia sociale? La mafia poteva mai permettere un
Sindaco e una politica con la quale non solo non poteva fare affari, ma
anzi denunciava, dal di dentro, gli affari sporchi commessi da altri?
A Trapani e nella provincia si preparavano grandi affari che
costituivano i nuovi ambiti di investimento della mafia, opere
pubbliche, la gestione di servizi pubblici, si discuteva della
esternalizzazione dei servizi pubblici, la gestione dei rifiuti e altri affari
apparivano all’orizzonte.
Nel corso della istruttoria dibattimentale è emerso chiaramente che il
Comune di Trapani aveva un bilancio parallelo a quello ordinario (il
bilancio parallelo di tutti i debiti fuori bilancio) e tutto doveva essere
tenuto nascosto.
Il teste On.le Vizzini ci ha riferito di aver chiesto, nella sua qualità di
rappresentante istituzionale, informazioni sulla effettiva consistenza
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del debito fuori bilancio del Comune di Trapani per conoscere
l’effettivo impoverimento della comunità trapanese, ma non ha mai
ricevuto alcuna risposta.
La trasparenza per il Comune di Trapani era un principio inesistenze.
Tutto questo portava ricchezza agli imprenditori collusi con la mafia e
con la mala politica.
La mafia quindi non si poteva permettere una nuova amministrazione,
un nuovo Sindaco che avrebbe inviato tutti gli atti relativi ai debiti
fuori bilancio (in violazione dei legge sulla contabilità pubblica) alla
Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica per gli opportuni
controlli.
La mafia non avrebbe mai permesso l’indebolimento del sistema di
potere ben consolidato, al massimo poteva consentire di cambiare il
nome del sindaco, ma non si poteva modificare la geografia degli
intrecci tra la mafia e la malapolitica, le istituzioni deviate e le logge
massoniche.
Mauro Rostagno stava diventando veramente pericoloso per il potere
mafioso, il giornalista che insieme ai suoi operatori, si occupava
dell’omicidio del Sindaco di Castelvetrano, Vito Lipari, disvelava gli
intrecci della nuova geografia mafiosa che era nata dopo l’omicidio del
Sindaco. Il giornalista, rectius, l’unico giornalista che seguiva il
processo contro gli imputati Mariano Agate, Nitto,
Mangion
Francesco,
Riserbato
Antonino
e
Melito
Santapaola,
Vincenzo
(quest’ultimo capitano dei Carabinieri), tutti imputati di aver
partecipato all’omicidio del Sindaco Lipari.
A Trapani stava succedendo una cosa pericolosa per la mafia, i cittadini
più coraggiosi potevano ribaltare (siamo negli anni 80) un sistema
consolidato, ben radicato, e Cosa Nostra e coloro che avevano messo le
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mani sulla città, non potevano consentire di lasciare il governo della
città ad un leader politico come Rostagno, (tra l’altro nemmeno
“paesano”), che non era portatore di alcun interesse personale né di
gruppi
di
interesse,
né
di
qualche
gruppo
malavitoso
e/o
imprenditoriale e quindi non ricattabile.
Rostagno aveva capito che il potere mafioso che dominava la città,
poteva essere minato e reso fragile, fino a spezzarlo, utilizzando,
passione, pensiero, responsabilità senso civico e cultura della
responsabilità etica e trasformando l’impegno civico anche in impegno
politico.
Non
possiamo
sottacere
quanto
è
emerso
chiaramente
nel
dibattimento, Mauro Rostagno era stato più volte minacciato ed era
anche preoccupato, aveva anche riferito le sue preoccupazioni agli
inquirenti, ma nessuno si è occupato, né preoccupato della sicurezza di
Mauro Rostagno.
La mafia non poteva tollerare tutto ciò.
Sembra un capitolo di storia del nostro Paese già scritto e la mafia
aveva avuto altra esperienza.
A Cinisi, Peppino Impastato, straordinario intellettuale, penna libera,
coraggioso giovane capace di lottare per cambiare la sua città, la sua
Sicilia. Si era candidato al consiglio comunale di Cinisi e, se eletto,
sarebbe diventato un consigliere comunale attento e credibile.
La
mafia non lo poteva permettere.
Peppino Impastato che a Radio Aut raccontava ai suoi cittadini, anche
con ironia, del mafioso che comandava a Cinisi, Tano Badalamenti,
poteva sedere in Consiglio Comunale ed esercitare il controllo sugli atti
amministrativi, (la mafia non tollera il controllo) sulla spesa pubblica,
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sull’erogazione dei finanziamenti, sulle procedure di affidamento delle
gare di appalto, sull’assegnazione delle forniture.
Tutto questo per la mafia era pericoloso, perché Peppino era capace
non solo di denunciare e di proporre regole di trasparenza e legalità
nell’attività amministrativa, ma aveva anche la acutezza, l’intelligenza,
il linguaggio giusto, persino ironico, di raccontare alla sua gente quello
che succedeva nei palazzi, per rendere la partecipazione un esercizio
civico dei cittadini.
La mafia di Cinisi, la sera del 9 maggio 1978, con modalità mafiose
terroristiche ha ucciso Peppino Impastato.
Anche Peppino è stato ucciso tante volte, il depistaggio durato tanti
anni, e il peso di dei lunghi anni lo hanno portato sulle spalle la sua
mamma (Felicetta), suo fratello Giovanni, la sua famiglia, i suoi amici.
Ma la forza della verità e della giustizia è prevalsa sull’oblio e, seppur
dopo tanti anni, si è finalmente scritta la verità, Peppino Impastato
dava fastidio alla mafia, era diventato una camurria e la mafia, cosa
nostra, Tano Badalamenti, toro seduto, ha deciso che doveva morire.
Il movente (i moventi) e le modalità di matrice mafiosa dell’omicidio di
Mauro Rostagno erano già chiari, chi sapeva leggere e chi conosceva il
modus operandi della mafia, non poteva avere dubbi.
Certamente questa parte civile non può non porre l’attenzione sul fatto
che le autorità che avevano, nell’immediatezza del fatto, indagato
sull’omicidio di Mauro Rostagno avevano esplorate altre piste, anche
con ragionamenti banali e senza alcuna logica investigativa.
Così come non si può scordare la puntuale ricostruzione della natura di
matrice mafiosa dell’omicidio di Mauro Rostagno che aveva fatto,
sempre nell’immediatezza del fatto, l’allora Dirigente della Squadra
Mobile
di
Trapani,
dott.
Calogero
Germanà,
ricostruzione
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puntualmente riferita dallo stesso dott. Germanà, ora Questore, in sede
di istruttoria dibattimentale.
Questa On.le Corte di Assise è chiamata a scrivere la verità processuale
dell’omicidio di Mauro Rostagno e per questo basta leggere i numersi
atti di indagine e quanto è emerso dalla rigorosa, ampia ed
approfondita attività istruttoria e cioè che la mafia aveva interesse,
necessità di uccidere Rostagno, perché Rostagno era pericoloso, aveva
capito troppo bene cosa era la mafia, e non solo quella che sparava, ma
quella che faceva affari, quella che si era trasformata in imprenditoria
mafiosa e che intrecciava relazioni con la politica malata e con le
istituzioni deviate. I diversi collaboratori di giustizia hanno riferito in
sede dibattimentale che era arrivato l’ordine irrevocabile di uccidere
Mauro Rostagno.
Troppi anni sono passati, troppi depistagli hanno intrecciato la storia
dell’omicidio di Rostagno, troppe insensibilità, troppe comodità,
troppe colpevoli falsità, troppi favori sono stati fatti a cosa nostra,
anche solo allontanando la verità sull’omicidio Mauro Rostagno.
L’ufficio del Pubblico Ministero ha dovuto fare uno sforzo enorme
perché ha dovuto esaminare, (come ci è stato detto nella puntuale
requisitoria) “in altre parole processare” tutti gli atteggiamenti che si
sono manifestati, nel tempo, negli apparati investigativi, nel palazzo di
giustizia verso questo processo. Sono emersi sottovalutazioni,
omissioni, colpevole e superficiale lettura del movente e della dinamica
del delitto Rostagno.
E’ stato provato che la mafia era la sola ad avere interesse ad uccidere
Rostagno, perché solo così lo poteva far tacere, e dall’altro poteva
educare gli altri, quelli che lo ascoltavano, lo seguivano, lo
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consideravano un leader politico capace di costruire un nuovo progetto
politico per Trapani.
Il teste On.le Vizzini, deputato regionale del PCI, ci racconta che nelle
emittenti televisive trapanesi veniva invitato per parlare della politica
estera, della politica economica nazionale, mai veniva invitato per
parlare di Trapani, degli esattori Salvo, dell’omicidio del Sindaco
Lipari, degli omicidi del giudice Giacomelli, dell’omicidio di Ciaccio
Montalto, della strage terroristica organizzata per uccidere il giudice
Carlo Palermo e nella quale trovavano la morte la giovane mamma
Barbara e i fratellini Giuseppe e Salvatore Asta.
Mauro Rostagno invece parlava di Trapani, delle alleanze oscure che il
potere politico intrecciava con il sistema corrotto. A Trapani, negli anni
80, si iniziava a respirare un giornalismo libero e indipendente, al
quale non si era abituati.
Il teste On.le Vizzini, che rappresenta la buona politica, ci ha riferito
che Rostagno ha resistito, e così si esprime: “..io gli sono grato, sono
grato a lui, perché ha fatto qualcosa di utile anche per me”.
Una città Trapani che ha dimenticato Mauro Rostagno, la politica, le
istituzioni e l’imprenditoria collusa non avevano interesse a parlare
dell’omicidio di Mauro Rostagno, tutto doveva cadere nell’oblio.
L’omicidio era stato un incidente di percorso, qualcuno riferendosi
all’omicidio del magistrato Ciaccio Montalto, ha detto “se l’era cercata,
voleva fare troppo il giudice”. Cosa significa voleva fare troppo il
giudice, c’è una linea in cui si fa troppo il giudice o troppo poco?.
Questa parte civile, ascoltando i rappresentanti delle forze dell’ordine,
nel corso dell’istruttoria dibattimentale, ha capito chi sono stati gli
inquirenti che hanno fatto troppo poco, e quelli che hanno fatto
troppo; noi ringraziamo gli inquirenti, la magistratura, che hanno fatto
18
il loro dovere fino in fondo, perché ci consente di avere fiducia nelle
istituzioni.
La mafia non aveva altri strumenti per spegnere la vulcanica
passione civile di Mauro Rostagno e per questo ha deciso di
ucciderlo.
La famiglia di Mauro, gli amici di Mauro, la società civile responsabile,
i giornalisti liberi, la buona politica lo hanno sempre saputo che
l’omicidio di Mauro era stato decretato dalla mafia. La mafia lo ha
deciso ed lo ha eseguito.
Questa parte civile ha voluto seguire questo processo per guardare in
faccia chi ha voluto nascondere la verità, chi l’ha voluto offuscare, chi
ha voluto uccidere più volte Mauro Rostagno, chi è colpevole si
superficialità, chi non ha fatto pienamente il proprio dovere, chi è
colpevole di ingenuità nel leggere il movente e la dinamica mafiosa, chi
ha arrecato grave danno alle indagini.
Mauro Rostagno è stato ucciso la sera del 26 settembre mentre
rientrava nella comunità Saman, dopo aver condotto la trasmissione
nell’ emittente televisiva RTC.
Mauro Rostagno ritornava dalla sua giovane figlia Maddalena, che
aspettava con meraviglia il suo papà.
Ritornava dalla sua compagna Chicca Roveri con la quale voleva
invecchiare insieme, nella loro profonda storia d’amore, di amicizia e
di libertà.
Ritornava dai suoi ragazzi, con i quali danzava e cantava per aiutarli a
ritrovare la gioia di vivere.
Questa parte civile non approfondisce la dinamica dell’agguato
mafioso, la scena dell’agguato, perché tutto è stato ricostruito con
rigorosa ed esemplare puntualità ed approfondimento da parte
19
dell’ufficio del pubblico ministero, e alla cui rigorosa ricostruzione
integralmente ci si riporta perché la si condivide pienamente.
E’ stata raggiunta la piena prova della responsabilità penale di
entrambi gli imputati per l’omicidio di Mauro Rostagno.
In questo processo gli imputati hanno cercato di far entrare, con
insistenza, altre piste, altri moventi, tutti inconsistenti e banali,
alternative a quella mafiosa per leggere l’omicidio di Mauro Rostagno.
La banale pista dell’omicidio che si sarebbe consumato all’interno della
comunità Saman, perché vi erano dei contrasti interni tra il guru
Cardella e Rostagno.
I simpatizzanti della pista interna (gli odierni imputati) raccontano che
Rostagno era troppo onesto ed aveva scoperto illegalità nella gestione
della comunità, distrazione di denaro pubblico, aveva scoperto
l’arricchimento personale del Cardella. Tutti ipotesi inconsistenti
volutamente e strategicamente fatti entrare nel presente giudizio, mai
provati, ed anzi smentiti da quanto è emerso nell’istruttoria
dibattimentale, e cioè la matrice mafiosa dell’omicidio di Mario
Rostagno e la responsabilità diretta di Virga e Mazzara, e il progetto
omicidiario proveniva da Cosa nostra.
Altra inconsistente pista interna era quella che l’omicidio di Rostagno
era ascrivibile al mondo del traffico delle sostanze stupefacenti, perché
Rostagno avrebbe scoperto che alcuni dei ragazzi ospitati in comunità
erano ritornati a fare uso di sostanze stupefacenti. Altra abnormità,
colpevole depistaggio.
La mafia ha utilizzato tutti i suoi poteri per far leggere l’omicidio di
Rostagno come un omicidio di altra natura che si era consumato
all’interno della comunità Saman, oppure ancora, più banale, per
questioni di corna.
20
Questa parte civile non dimentica che tutti gli omicidi di matrice
mafiosa a danno di magistrati, di donne e uomini delle forze
dell’ordine, giornalisti, cittadini perbene sono sempre omicidi di
“corna”, e quindi omicidi che non riguardano la mafia.
Per comprendere pienamente il contesto in cui è maturato l’omicidio di
Mauro
Rostagno
(come
provato
nel
corso
dell’istruttoria
dibattimentale) è opportuno anche contestualizzare la forza della mafia
nel territorio trapanese, che cresceva, faceva affari con gli imprenditori
più spregiudicati della Sicilia, con la malapolitica che governava la
Sicilia e il Paese. Siamo sempre negli anni 80/90 quando la
maggioranza dei politici continuavano a dire che la mafia non esisteva,
era una categoria sociologica, dei morti, delle stragi, dei tanti uomini e
donne che si opponevano alla mafia, non se ne doveva parlare.
Per raccontare la mafia siciliana degli anni 80/90 e capire in quale
contesto sono maturati omicidi di magistrati, giornalisti, imprenditori
perbene, è sufficiente leggere quello che succedeva a Trapani, con la
colpevole indifferenza della mediocre classe politica che anziché
contrastare la mafia, stringeva solidi patti di convivenza.
Il meccanismo dell’accumulazione mafiosa era ben congegnato: da un
lato c’erano le attività economiche “illecite” (sequestri, estorsioni,
contrabbando di sigarette e armi ed, in modo preminente, produzione
e commercio di stupefacenti, traffico rifiuti), dall’altro le attività
economiche lecite, (essenzialmente basate sul commercio e soprattutto
sull’edilizia e sul controllo degli appalti; l’utilizzazione e il controllo
crescente dei circuiti bancari e creditizi; il controllo e l’utilizzo dei
flussi di denaro pubblico sotto forma di opere pubbliche, agevolazioni
creditizie, concessioni esattoriali, ecc.).
21
Tra queste attività (lecite e illecite) si instaurano complessi meccanismi
di scambio.
Da un lato il flusso di denaro pubblico si traduceva tramite
finanziamenti alle imprese, appalti, opere pubbliche, in profitti che
direttamente o attraverso circuiti bancari si traducevano in ulteriori
attività economiche, sia lecite che illecite. Dall’altro il circuito poteva
essere inverso, partire cioè da attività illecite e tradursi, direttamente o
tramite circuiti bancari, in attività lecite.
Quegli anni rappresentano il periodo in cui si registra la massima
espansione di sportelli bancari nell’isola: dal 1972 al 1982 la Regione
aveva autorizzato l’apertura di 142 nuovi sportelli e l’istituzione di 17
nuove banche.
Solo a Trapani vi era stato un indice di proliferazione degli sportelli
bancari coinciso, stranamente, con la crescita dei redditi dell’impresa
mafiosa.
In quegli anni, da una analisi comparata (da parte di un istituto
universitario) sulle condizioni dello sviluppo del sistema creditizio
nelle diverse zone del paese – Trapani e Ancona- si vedeva
chiaramente il quadro della crescita dirompente delle aziende di
credito.
Nel 1971 la situazione del credito, a Trapani ed ad Ancona, è quasi
identica: 16 banche e 106 sportelli contro 14 banche e 104 sportelli.
Già questo rappresentava un dato inquietante, perché non rifletteva le
realtà economiche delle due province, profondamente diverse; nel 1971
Ancona aveva una popolazione residente superiore a quella di Trapani,
una struttura produttiva molto più estesa ed articolata, una massa di
depositi e di impieghi nelle banche notevolmente superiore a quella
che si registra negli istituti di credito di Trapani.
22
Ma andando al 1981, dopo dieci anni lo squilibrio economico fra le due
città si era ulteriormente ampliato; la popolazione era cresciuta
percentualmente più ad Ancona che a Trapani, la struttura produttiva
(aziende ed addetti) si era estesa, mentre a Trapani era regredita;
permaneva un notevole divario nei depositi bancari e negli impieghi in
banca (una cifra doppia ad Ancona rispetto a Trapani).
Eppure esce fuori un dato incredibile, ad Ancona, rispetto al 71, c’è un
banca in meno, mentre a Trapani il numero delle banche è saltato da
16 a 23, e quello degli sportelli da 106 a 130. In sostanza, banche ed
agenzie, a Trapani, si sono moltiplicate senza alcun riferimento alla
realtà economica e produttiva della provincia.
Passando all’altro settore che caratterizza l’economica mafiosa – il
controllo degli appalti pubblici – (emergeva che tanti agricoltori
diventavano imprenditori edili) bisogna rifarsi subito, per capire bene
l’enorme dimensione assunta, a quanto ha scritto il G.I. Falcone alla
fine di una lunga e faticosa istruttoria: “le organizzazioni mafiose
controllano completamente il settore della edilizia a Palermo, dalla
produzione degli inerti alle fabbriche di calcestruzzo, ai depositi di
ferro, agli esercizi di vendita di materiale sanitario, servendosi di
imprese controllate direttamente e indirettamente. C’è una serie di
collegamenti perversi, come è a tutti noto, nella distribuzione degli
appalti che si determinano tra imprenditori, fornitori, procacciatori,
intermediari” Si sa, infatti che l’utilizzazione dello strumento “appalto
pubblico” è uno dei mezzi più usati dalle cosche mafiose o
camorristiche per riciclare denaro sporco” (Chinnici, L’arcipelago
della mafia in “Segno”, giugno 1982.
Tutti questi e altri erano i temi di riflessione pubblica che Mauro
Rostagno portava nelle trasmissioni di RCT, un Rostagno sempre
23
acuto, profondo, per far comprendere le cause ed effetti della nuova
geografia mafiosa, della corruzione, degli intrecci perversi con la mala
politica, con le collusioni istituzionali ed imprenditoriali e con i servizi
deviati.
Trapani, è ancora sotto gli occhi tristi del popolo italiano e straniero, il
relitto della macchina blindata in cui viaggiava il giudice Carlo Palermo
quando venne raggiunto da una bomba.
Il 2 aprile 1985, il Giudice Carlo Palermo si salvò, ma morirono una
giovane donna Barbara Asta e i suoi due piccoli figli gemelli, Salvatore
e Giuseppe. Ai due piccoli,
che la loro giovane mamma stava
accompagnando a scuola, è stato negato e violato il diritto a vivere, a
sorridere, a crescere insieme alla loro giovane mamma, al loro papà e
alla loro sorellina Margerita.
Margherita da adulta è diventata la referente provinciale di Libera
Trapani ed oggi è una esponente di Libera nazionale. Sono stati uccisi
con una tale violenza terroristica che i loro piccoli corpi sono stati
frantumati, spezzati. Avevano e chiedevano il diritto di vivere in una
paese democratico, nel quale i valori iscritti nella nostra Costituzione
devono essere pienamente garantiti.
Il 25 gennaio 1983 era stato ucciso il sostituto procuratore Giacomo
Ciaccio Montalto che conduceva indagini sulle organizzazioni mafiose,
ammazzato ad Erice.
Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, proprio ai funerali di
Ciaccio Montalto, ha pronunciato parole straordinariamente attuali
“per combattere la mafia c’è solo da rispettare fino in fondo la
Costituzione”.
La cosca mafiosa più violenta della Sicilia, trova i suoi affiliati, i suoi
fidati luogotenenti nel trapanese, gente in grado di far rispettare il suo
24
ordine: Mariano Agate a Mazara del Vallo, la famiglia Messina Denaro
(prima il padre e poi il figlio, vecchi campieri del barone D’Alì) e
Vincenzo Virga, anche lui un ex contadino diventato un imprenditore
della città. Messina Denaro ancora il più pericoloso latitante del nostro
Paese.
Gli uomini politici continuano a dichiarare a più riprese che “a Trapani
la mafia non esiste”.
Questo,
come
abbiamo
potuto
constatare
anche
nel
corso
dell’approfondita istruttoria dibattimentale, è il contesto in cui lavora
Mauro Rostagno, che denunciava e scavava dentro i rapporti che la
mafia intreccia con settori della politica e dell’economia, e per questo
doveva morire e per questo è stato ucciso.
In quei giorni Cosa Nostra è in piena effervescenza omicida. Il 14
settembre 1988 uccide a Trapani, senza apparente motivo, un giudice
in pensione, Alberto Giacomelli, di 69 anni. Il 25 settembre uccide,
sulla statale tra Canicattì e Caltanissetta il giudice Antonino Saetta e
suo figlio Stefano, disabile. Antonino Saetta avrebbe presieduto la corte
di appello di un importante processo di mafia di lì a poco.
Virga, si legge nella stampa, ma anche in diverse atti processuali,
dispone di un gruppo di fuoco, di un deposito di armi, di un tiratore
scelto che ha già utilizzato e utilizzerà in altre occasioni.
La mafia, Cosa Nostra
aveva deciso che Rostagno doveva essere
ucciso.
Nella giornata del 26 settembre 1988 il Rostagno Mauro si era recato
presso l’emittente televisiva Radio Tele Cine ‘’R.T.C.’’ per condurre il
telegiornale della sera, come era solito fare da mesi, telegiornale
seguito con molto interesse dai cittadini di Trapani perché parlava con
chiarezza di ciò che succedeva in città e nella provincia, denunciando
25
l’attività di ‘’Cosa Nostra’’, evidenziando le infiltrazioni della stessa nel
settore della politica e della imprenditoria. Attraverso interviste a
magistrati, politici e giornalisti affrontava quotidianamente, (facendo
nomi e cognomi delle persone coinvolte nella corruzione e nel
malgoverno),
i temi della corruzione dei politici e dei pubblici
amministratori, del riciclaggio di denaro, dei rapporti tra mafia e
massoneria, del traffico di stupefacenti.
Mauro Rostagno era quindi un uomo che ha denunciato le
organizzazioni criminose, con la sua acutezza e la sua voglia di
cambiare il destino della terra di Trapani; ha sempre, con coraggio e
rigore, denunciato i mafiosi che gestivano il territorio con la forza della
sopraffazione, occupando tutti gli spazi della politica e dell’economia
locale.
In sostanza Rostagno, come Peppino Impastato, con il suo puntuale,
rigoroso lavoro di denuncia e seguendo anche il processo contro
Mariano Agate, boss di Mazzara del Vallo, per l’uccisione del sindaco
Lipari, con telecamere della televisione in cui lavorava, mostrava che i
mafiosi possono essere messi dietro le sbarre e che non sono
invincibili, e questo per la mafia è un duro colpo.
Mauro Rostagno è stato riconosciuto per le sue battaglie di libertà e di
affermazione dei valori democratici a livello nazionale: la sua storia è
conosciuta all’intero Paese.
Per la mafia uccidere Mauro Rostagno ha significato dare un
messaggio a tutte le persone libere del territorio, significava anche
affermare il predominio della sua forza intimidatrice e dare un
messaggio chiaro e cioè che nessuno deve osare denunciare il potere
mafioso. Mauro Rostagno ha osato combattere i gruppi malavitosi del
Trapanese usando la “parola”, e con le sue denuncie permettendo ai
26
cittadini, ai giovani che lo ascoltavano di “pensare” , di invitarli a
scegliere la qualità della loro vita per partecipare alla costruzione del
loro futuro. E questo per i gruppi mafiosi trapanesi e palermitani era il
vero nemico da combattere e da eliminare.
Infatti la sera del 26 settembre 1988 il commando mafioso uccideva
Mauro Rostagno, ma uccideva la sua libertà, la sua parola, per lasciar
chiaramente intendere il suo messaggio di morte come avvertimento.
Non possiamo non rammentare, in questa sede, le parole di padre
Adragna in chiesa sono state un grande esempio di ribellione allo
strapotere mafioso e allo strapotere dei politici complici e collusi.
I funerali di Mauro Rostagno nella cattedrale furono una grande
manifestazione pubblica della società civile responsabile di ribellione
alla mafia.
Padre Antonino Adragna, che aveva chiesto ai famigliari di Mauro (non
credente) di poterlo salutare in cattedrale (“eravamo amici, quando ci
incontravamo mi dava un bacino sul collo”), pronunciò una forte e
commovente eulogia. Accusò apertamente la mafia, lodò il lavoro di
Mauro e il suo coraggio, ricordò la sua barba che lo faceva assomigliare
a Gesù Cristo. La chiesa era stracolma, da tutta Italia erano arrivati gli
amici di Rostagno nelle sue diverse vite, fuori erano assiepate migliaia
di persone e dai balconi vennero gettati petali di rosa sulla bara.
Il vice questore Rino Germanà, uno dei migliori investigatori della
provincia, sentito anche nel corso dell’istruttoria dibattimentale, fece
sapere fin da subito ai suoi superiori che c’erano piste importanti che
potevano portare agli autori del delitto di mafia: la macchina, il buio
improvviso, le armi usate, oltre alle sue fonti. Il questore Antonio
Zummo definì il delitto “di alta mafia”.
27
Ma fu imboccata un’altra strada: un delitto di dilettanti che si erano
fatti scoppiare il fucile in mano, forse balordi, forse legati allo spaccio
intorno alla comunità, forse ad una delle precedenti vite dell’ucciso.
E poi sono passati ventisei anni. Durante i quali, ad alcune persone fin
qui citate sono successe cose importanti, e si ha fiducia che si possa
finalmente riscrivere questa triste storia che però ha necessità di essere
conosciuta e tutti dobbiamo contribuire a farla conoscere.
Pertanto nel caso di specie e alla luce di quanto emerge dagli atti
processuale è ampiamente provato il danno che l’odierna parte civile
ha subito e continua a subire.
Riguardo gli scopi dell’associazione si rinvia a quanto già scritto
nell’atto di costituzione di parte civile e ci si permette solo di
rammentare le finalità precipue dell’associazione che sono riportate, a
chiare lettere, nello Statuto dell’associazione.
Libera
ha
sempre
pensato
che
ogni
delitto
commesso
dall’organizzazione mafiosa “Cosa Nostra” che sia rivolto a colpire gli
uomini e le donne dello Stato che compiono il loro dovere o semplici
cittadini responsabili, giornalisti che per il fatto che esercitano i diritti
fondamentali sanciti dalla Costituzione rappresenta un pericolo e un
danno per la comunità e per i soci aderenti di Libera. Tali fatti
delittuosi mostrano quanto i fini dell’organizzazione mafiosa siano in
contrasto con quelli della società civile responsabile e rappresentano il
momento di scontro verso l’attività da questi svolta per affermare i
principi basilari della convivenza civile, che per Libera sono i principi e
i fini statutari.
Per il raggiungimento dei riferiti scopi sociali, la detta Associazione, ha
deciso di costituirsi parte civile nel presente procedimento.
28
Ciò in quanto l’attività delittuosa posta in essere dagli imputati ha leso
un diritto proprio dell’Associazione de qua. La lotta ai fenomeni
mafiosi e ai poteri occulti, che si esplica in attività di prevenzione in
azioni di solidarietà, di assistenza, soprattutto nei confronti delle
vittime delle mafie e nell’educazione alla legalità, costituisce il fine
specifico della stessa e la lesione prodotta dai fenomeni delittuosi oggi
contestati costituisce un fatto ingiusto, fonte certa di un danno
altrettanto ingiusto e, per ciò stesso, risarcibile.
Gli imputati del presente procedimento sono, infatti, accusati di aver
posto in essere, forti della loro appartenenza a clan mafiosi Cosa
Nostra, il Virga quale mandante, nella qualità di capo della famiglia
mafiosa di Trapani, ed il Mazzara quale esecutore materiale,
una
condotta mafiosa ai danni di Rostagno, trucidandolo con diversi colpi
di pistola e di fucile da caccia.
E’ evidente come tale condotta omicidiaria abbia prodotto un danno ad
una associazione come Libera, la quale informa tutta la propria attività
ed il proprio impegno alla lotta contro tali fenomeni. Fenomeni che
minano gravemente il diritto alla vita delle persone che non osano
chinarsi alla violenza mafiosa e compromettono fortemente lo sviluppo
sociale umano del territorio ove opera Libera e che la stessa ha
interesse a preservare.
La prevenzione ed il contrasto dei fenomeni mafiosi, posti in essere con
impegno dalla Associazione, hanno come obiettivo proprio la
valorizzazione, fornendo sostegno e servizi, delle associazioni, gli enti e
gli altri soggetti collettivi impegnati in attività di lotta ai fenomeni
mafiosi e ai poteri occulti, in attività di prevenzione, soprattutto nei
confronti delle vittime delle mafie, promuovere una cultura della
legalità, della solidarietà basata sui principi della costituzione, nella
29
valorizzazione della memoria storica per le persone che hanno operato
contro le mafie, promuovere una strategia di lotta nonviolenta contro il
dominio mafioso del territorio e di resistenza alle infiltrazioni di tipo
mafioso, che rappresenta l’interesse incarnato dalla Associazione.
La costituzione di parte civile rappresenta il naturale sbocco di tutto
l’impegno profuso dalla stessa nella lotta alla criminalità mafiosa;
l’ultimo tratto di un percorso che parte dalle campagne di
informazione e sensibilizzazione, dall’aiuto e dal sostegno alle vittime
che, non più sole, decidono di fare memoria e testimonianza.
Essendo quella posta in essere dalla presente Associazione un’attività
interamente rivolta a debellare il fenomeno mafioso, appare evidente
che il continuo perpetrarsi di delitti, come quelli oggi contestati
infligga alla stessa un duro colpo, ostacolando il soddisfacimento del
riferito interesse che fa parte dei fini dell’Associazione.
Non v’è chi non veda come il pregiudizio all’interesse di cui
l’Associazione si fa portatrice abbia cagionato alla stessa un danno non
patrimoniale che consiste nella lesione del diritto al conseguimento del
fine istituzionale e nella conseguente perdita di prestigio e credibilità
che ne deriva.
A tal fine si evidenzia che Libera è una associazione che ha assunto tra i
propri scopi statutari quelli di
“valorizzare, fornendo sostegno e
servizi, le associazioni, gli enti e gli altri soggetti collettivi impegnati
in attività di lotta ai fenomeni mafiosi e ai poteri occulti, in attività di
prevenzione, in azioni di solidarietà, di assistenza, soprattutto nei
confronti delle vittime delle mafie, e nell'educazione alla legalità; (...)
promuovere
dell'ambiente,
una
cultura
basata
sui
della
legalità,
principi
della
della
solidarietà
Costituzione,
e
nella
valorizzazione della memoria storica per le persone che hanno
30
operato contro le mafie; (...) . promuovere l'elaborazione di strategie
di lotta nonviolenta contro il dominio mafioso del territorio e di
resistenza alle infiltrazioni di tipo mafioso.”; (…).
Libera da anni, anche a Trapani, organizza incontri nelle scuole, con le
università, per l’affermazione della cultura della legalità e della
partecipazione responsabile.
Non si può sottacere anche in questa sede che una recente ricerca
sociologica condotta dal Centro Pio La Torre di Palermo ci consegna un
dato allarmante e cioè che il 50% dei giovani (nella ricerca sono stati
coinvolti quasi 2.000 studenti delle scuole medie superiori italiane
partecipanti ad un progetto educativo) percepisce che la mafia è più
forte dello Stato e la colpa è della politica se ancora non si riesce a
sconfiggere “cosa nostra”. Per il 45% degli intervistati la mafia non
potrà essere definitivamente sconfitta per oltre il 94% la criminalità
organizzata ha un rapporto molto o abbastanza forte con la politica.
I giovani quindi evidenziano la collusione tra politica e mafia e
chiedono che deve essere intensificata la lotta alla mafia e alla cultura
mafiosa e deve essere colpito il rapporto tra mafia e politica.
Libera alla lettura di un dato così allarmante di sfiducia dei giovani nei
confronti della politica e delle istituzioni, ancora di più deve proporre
progetti, iniziative, per far crescere la consapevolezza nei giovani che è
importante sviluppare una qualità della partecipazione responsabile.
Tutti questi giovani sono orfani di Mauro Rostagno, perché a loro è
stato impedito di conoscerlo, ascoltarlo, coglierne l’acutezza dell’analisi
e arricchire il proprio sapere.
Libera, ha inoltre l'obbiettivo di dare assistenza e solidarietà a soggetti
danneggiati da attività di tipo mafioso come nel procedimento de quo.
31
E’, quindi, innegabile che sussiste un interesse specifico e diretto
dell’Associazione in argomento a far valere innanzi al Giudice
Ordinario le proprie istanze ogni qualvolta dai reati contestati agli
imputati derivi la lesione di un diritto soggettivo dello scopo
perseguito, invero i gravi reati ascritti agli imputati hanno
inequivocabilmente leso il diritto della personalità dell’anzidetta
Associazione offendendo in maniera diretta ed immediata lo scopo
sociale della stessa, le finalità proprie del sodalizio col conseguente
discredito derivato alla sfera sociale del predetto ente dalla condotta
dei prevenuti.
E’ evidente il danno subito da Libera in ragione dei fatti delittuosi
commessi dagli odierni imputati, con grave pregiudizio degli obbiettivi
perseguiti e assunti nello statuto e nei progetti in fase di attuazione.
Tali obiettivi sono la ragione della propria esistenza ed azione, come
tale oggetto di un diritto assoluto ed essenziale dell’ente, a causa
dell’immedesimazione fra il sodalizio e l’interesse perseguito.
In sostanza è stato arrecato dagli imputati un grave pregiudizio alle
finalità statutarie dell’Associazione che esprimono l’affectio societatis
con conseguente danno patrimoniale e non per la frustrazione e
l’afflizione dei propri assistiti.
La responsabilità degli imputati Virga Vincenzo e Mazzara Vito
dell’omidicio di Mauro Rostagno è stata ampiamente dimostrata e
provata nel corso dell’approfondita attività istruttoria.
Libera, i cui soci sono anche associazioni che agiscono nel territorio
nazionale, nate e costituite anche prima dell’omicidio Rostagno,
persegue l'attività di “partecipazione e presenza responsabile" nei
territori per l’affermazione della cultura della legalità e di denuncia
della presenza nel territorio delle organizzazioni mafiose che
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rapinavano risorse e impediscono la crescita culturale, economica,
civile e sociale di un territorio.
Libera ha promosso sia a livello nazionale che locale, (nel territorio di
Trapani e dei comuni del trapanese) diverse iniziative per fare
memoria e stimolare la ricerca della verità anche sull’omicidio di
Mauro Rostagno.
Non fare luce e non ricostruire la verità storica e processuale di un
fatto così grave, che ha spezzato la vita di un uomo libero, di un
intellettuale coraggioso che aveva sempre “parlato” opponendosi alla
cultura omertosa radicata nel territorio di Trapani, avrebbe significato
non difendere i diritti e i valori della democrazia di questo Paese, diritti
iscritti nella nostra Carta Costituzionale.
Ricostruire i tasselli di un omicidio che per le modalità esecutive del
delitto, accertata tra l’altro in base alle indagini tecnico –balistiche e le
dichiarazioni di collaboratori di giustizia, è di matrice mafiosa significa
anche restituire alla città e ai suoi cittadini, ai soci di Libera, quanto è
stato loro rapinato e cioè il diritto di vivere in una terra libera, nella
quale il valore della parola, della denuncia, della solidarietà, della
legalità devono trovare piena affermazione.
Diritti che sono stati frustrati e compromessi, perché la paura toglie
respiro, toglie aria, perché la mafia e l’organizzazione malavitosa
uccide e alla parola e alla denuncia risponde con le armi e procura
morte.
Libera ha organizzato e partecipato alle iniziative ed alle diverse
manifestazioni tenutesi nel territorio nazionale e nel territorio di
Trapani per riflettere, raccontare, fare memoria di un uomo, Mauro
Rostagno, che ha scelto di vivere pienamente nel territorio di Trapani.
Un uomo che teneva gli occhi aperti ed ha raccontato fatti e storie ed
33
ha denunciato, da giornalista, quello che vedeva, i soprusi, le
sopraffazioni, le umiliazioni, le violenze, che la gente perbene doveva
sopportare in un luogo in cui la libertà era fortemente compromessa e
frustrata.
Libera, tra le tante altre attività, presta, tramite gli avvocati aderenti a
Libera, anche un servizio di assistenza legale ai familiari vittime di
mafia, e all’uopo ha organizzato diversi incontri, sia nazionali che
locali.
Un incontro importante è stato organizzato a Terrasini il 27 e 28
novembre 2010. Nell’occasione si soni incontrati i familiari, vittime di
mafia, del terrorismo e della criminalità organizzata e insieme hanno
lavorato per riflettere su importanti questioni. Hanno lavorato con
tanta dignità per le persone che non ci sono più ma che non si vogliono
e non si devono dimenticare.
La stampa regionale e nazionale ha molto parlato dell’incontro di
Terrasini.
I familiari delle vittime di mafia erano quasi quattrocento, e venivano
da ogni parte d’Italia, perché la mafia ovunque- al sud come al nord –
semina morte e violenza-.
Insieme ai familiari c’era don Luigi Ciotti, presidente di Libera: “Il
grido che abbiamo sempre colto è il bisogno di giustizia e di verità che
ciascuno esprime. Ma io aggiungo che c’è una terza istanza da
portare avanti, il bisogno di dignità. Per questo siamo qui, in questa
assemblea.
Provo
una
grande
commozione
salutando
tutti,
conoscendo le storie, le ferite profonde e la grande capacità di mettere
in gioco la vita”, e prosegue: “Per noi quelle persone non sono morte,
sono vive attraverso voi che ne avete preso il testimone e andate in
34
giro per le scuole per invitare le persone a mettersi in gioco, a vivere
una resistenza nuova…”.
Dall’incontro ne è scaturito un documento finale cui sono state
riportate tutte le richieste e le proposte da destinare agli organi
istituzionali e che i familiari ritengono importanti,
documento
prodotto da questa agli atti.
A seguito di ciò è stato presentato da diversi parlamentari un disegno
di legge (incardinato presso la prima Commissione Affari Istituzionale
al Senato) che abolisce il termine di decorrenza per il riconoscimento
dei benefici alle vittime della mafia, del terrorismo e del dovere e
ancora altra proposta di legge che favorisca la testimonianza e la
conservazione della memoria storica sui fatti di mafia e terrorismo.
Ancora Libera dall’anno 1996 organizza, ogni anno il 21 marzo, in tutto
il territorio nazionale, la “Giornata della Memoria e dell’Impegno in
ricordo delle vittime di mafia”. Ci si ritrova in una città d’Italia, e nella
agorà della città vengono letti, uno ad uno, i nomi e i cognomi delle
vittime della criminalità organizzata.
Il primo giorno di primavera si riuniscono migliaia di persone, di
giovani, che insieme ai familiari, uniti da un abbraccio simbolico e
anche fisico, camminano dentro le strade della città e questo segna un
momento di grande valore e di grande vicinanza per i familiari che
hanno conosciuto nella loro vita un così immane e profondo dolore.
I familiari vittime di mafia sono i protagonisti dell’organizzazione della
Giornata della Memoria ed è stato infatti costituito Libera Memoria, la
cui responsabile nazionale è Stefania Grasso, familiare di vittima di
mafia.
Anche quest’anno Libera ha organizzato la Giornata della Memoria e
dell’Impegno, nella città di Latina, nella quale si sono riuniti circa
35
centomila persone e sono stati letti, uno ad uno, tutti i nomi delle
vittime di mafia.
Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, anche in occasione della veglia
di preghiera il 21 marzo di quest’anno a Roma, nella Chiesa San
Gregorio VII, alla presenza di quasi 700 familiari delle vittime di
mafia, del dovere, del terrorismo, con accanto Papà Francesco,
parlando dei circa 850 vittime di mafia (di cui 80 bambini) ha detto:
“…Persone accomunate ..da un desiderio di giustizia, da un bisogno di
verità che scuote e chiede risposte, chiede giustizia. Di loro, sulla
morte dei familiari uccisi dalle mafie il 70 per cento non conosce la
verità o la conosce solo in parte”. Libera cammina accanto ai familiari
che chiedono giustizia.
Libera nel mese di novembre dell’anno 2006 ha organizzato, gli Stati
Generali dell’Antimafia “Contromafie”.
Tre giorni di incontri, di
confronti, di elaborazioni e proposte, si è lavorato per fare il punto
sullo stato della lotta alle mafie nel nostro Paese, per affermare che
esiste anche un’Italia fatta di persone e realtà che vogliono portare il
loro contributo, che hanno il coraggio della parola e della denuncia.
Nell’occasione Libera ha invitato gli esponenti della politica e
dell’economia, dell’informazione e della cultura del nostro Paese a
ragionare insieme sulle nuove strategie da mettere in atto per
combattere le mafie, a partire dalle tante esperienze positive che, in
questi ultimi decenni, il reticolo dell’associazionismo antimafia è stato
capace di attuare, anche facendo tesoro delle tante sconfitte e battute
d’arresto che hanno caratterizzato la storia civile e istituzionale d’Italia.
Libera ha
promosso l’incontro nazionale per offrire il giusto
riconoscimento alle tante persone, alle molte associazioni e realtà che
hanno continuato, in questi anni, a resistere allo strapotere e alla
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violenza criminale, contribuendo a costruire un paese più giusto; anche
con la convinzione che il modo migliore di ricordare quanti hanno
perso la vita facendo il proprio dovere istituzionale e/o di semplici
cittadini sia di costruire nuove possibilità di crescita civile e di sviluppo
sano e continuativo.
Per conseguire questo obiettivo, Libera ha inteso valorizzare il grande
lavoro e la lunga esperienza delle associazioni, degli enti e degli altri
soggetti collettivi impegnati nei più diversi contesti in attività di lotta ai
fenomeni mafiosi e ai poteri occulti, in attività di prevenzione, in azioni
di solidarietà, di assistenza, soprattutto nei confronti delle vittime delle
mafie, e nell'educazione alla legalità.
Gli Stati Generali dell’Antimafia sono finalizzati all'elaborazione di
strategie di lotta non-violenta e democratica contro la cultura e il
dominio mafioso del territorio, nonché ad individuare forme di
resistenza alle sue infiltrazioni nel tessuto sociale, economico e
politico.
Nel mese di ottobre 2009 è stata organizzata la seconda edizione degli
Stati Generali dell’Antimafia “ Contromafie”.
Anche nella seconda edizione si è lavorato approfondendo diverse
tematiche e facendo il punto sugli impegni assunti nella prima edizione
di Contromafie.
Durante l’incontro, da più parti ed ancora di più dalla testimonianza
viva dei familiari, si è evidenziato che è sempre più necessario
rafforzare il versante della prevenzione nell’opera di contrasto alle
mafie, nella consapevolezza che il solo versante repressivo gestito dalle
forze dell’ordine e dalla magistratura fosse necessario ma non
sufficiente. Si è ben compreso che la prima vera risposta al controllo
mafioso del territorio è la pratica di cittadinanza e partecipazione che
37
singoli, associazioni e formazioni sociali di ogni genere sono chiamati a
costruire e vivere. A tale riguardo nei documenti di Libera spesso si
richiama uno dei suoi obiettivi principali: “costruire una comunità
alternativa alle mafie”. Quella comunità alternativa alle mafie – dove
vengono riconosciuti a ogni essere umano diritti e non favori, a
differenza di quanto avviene nel sistema mafioso – è quella tratteggiata
nella Carta Costituzionale. La battaglia contro le mafie è quindi
necessariamente una battaglia per i diritti sanciti dalla Costituzione.
Anche nel corso della seconda edizione è stato preparato il manifesto
degli Stati generali dell’Antimafia contenente alcune proposte e
richieste che sono rivolte alle istituzioni (Governo e Parlamento in
primis), ma anche e soprattutto indicazioni utili al lavoro delle
associazioni che hanno preso parte a Contromafie. Esempi positivi in
tal
senso
sono
la
proposta
di
costituire
un
Osservatorio
sull’informazione in materia di mafie che ha preso vita nella
Fondazione Libera Informazione e la dichiarazione di impegno per
coinvolgere l’Europa nel percorso di lotta alle mafie, che ha trovato una
prima risposta nella costituzione di FLARE.
Per Libera il Manifesto non è da considerare un elenco di cose da fare,
ma soprattutto è la sintesi di un impegno assunto a livello personale e
collettivo, una modalità di lavoro che valorizza l’apporto dei singoli,
delle associazioni, delle istituzioni, ciascuno secondo la propria
competenza e il proprio approccio.
Non si può non ricordare il grande lavoro che Libera ha fatto, quando
nel 1995 propose a tutte le associazioni nazionali che sin dall’inizio vi
aderirono (dall’Agesci all’Azione cattolica, da Legambiente all’Arci,
dalle Acli alle associazioni studentesche, dai sindacati alle diverse
espressioni delle Chiese) una grande mobilitazione di raccolta firme
38
per sostenere un disegno di legge che andava a completare i contenuti
della legge Rognoni La Torre.
Libera lo fece con la consapevolezza che la confisca dei beni e il loro
riutilizzo per finalità sociali e di sano sviluppo economico costituiscono
la sintesi delle dimensioni che deve avere il contrasto alle mafie.
E’ stata approvata la legge 109/96 “Disposizioni in materia di gestione
e destinazione di beni sequestrati o confiscati. Modifiche alla legge 31
maggio 1965, n. 575 e all’art. 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223.
Abrogazione dell’art. 4 del decreto –legge 14 giugno 1989, n. 230,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282”.
In ultimo Libera ha condotto una battaglia in tutto il territorio
nazionale ed anche nel trapanese, per la istituzione di una Agenzia
Nazionale per rendere sempre più efficiente ed efficace la destinazione
dei beni confiscati alla mafia. Con decreto legge 4 febbraio 2010 n. 4 è
stata istituita l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la
destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità
organizzata, Agenzia che aiuterà molto e costituirà un rafforzamento
dell’aggressione ai patrimoni illeciti e un motore per la piena
applicazione del principio del riutilizzo istituzionale e sociale dei beni
sottratti alle mafie.
Sono nate tante cooperative sociali, tutte create con bando pubblico,
che lavorano le terre che prima erano appartenute ai mafiosi e che
erano state terreno di violenza, di sangue e di lutti, mentre ora
diventano luogo di lavoro vero e di sviluppo del territorio.
Non ci pare opportuno, in questa sede ricordare il lungo elenco delle
cooperative che stanno nascendo in tutto il Paese. Ci si sofferma sulla
straordinaria esperienza che si è vissuta a Trapani, grazie anche alla
determinazione del Prefetto Fulvio Sodano con la Calcestruzzi Ericina
39
per la produzione di calcestruzzo, il riciclaggio degli inerti e il recupero
omogeneizzato degli scarti in edilizia.
Libera è stata sempre accanto ai lavoratori della cooperativa
Calcestruzzi Ericina, i quali hanno incontrato numerosi difficoltà per
l’effettiva utilizzazione sociale del bene, perché ci sono state anche
condotte di un rappresentante istituzionale e specificatamente di un
Senatore della Repubblica, il quale anziché agevolare l’utilizzazione del
bene confiscato alla mafia e rafforzare il riutilizzo sociale da parte della
cooperativa dei lavoratori, nel rispetto di una legge votata dal
Parlamento Italiano, è intervenuto, presso organi istituzionali al fine di
ostacolare le iniziative a sostegno delle imprese sequestrate o
confiscate (quale ad esempio la calcestruzzi Ericina srl) contribuendo
di contro all’espansione economica ed al controllo del mercato del
calcestruzzi da parte di società riconducibili all’associazione mafiosa
(tra cui Sicilcalcestruzzi s.r.l. e la Vito Mannina)…”.
E’ importante sottolineare quanto è utile e necessario il coinvolgimento
delle comunità locali e delle istituzioni a sostegno dei percorsi per il
riutilizzo dei beni confiscati alle mafie, soprattutto nei momenti difficili
di fatiche e intimidazioni, che le organizzazioni mafiose, nei territori,
continuano a seminare. E quanto tutto ciò diventa più faticoso e
pericoloso in un territorio in cui ci sono forze, anche istituzionali, che
ostacolano e inibiscono le iniziative a sostegno delle imprese
sequestrate e confiscate agevolando e rafforzando sempre di più
l’economica mafiosa e rapinando le risorse destinate allo sviluppo
economico di un territorio.
I soci e i lavoratori della cooperativa Calcestruzzi Ericina hanno avuto
il coraggio civile di continuare a lavorare e di trasformare una impresa
mafiosa (che aveva succhiato risorse, energia e violato anche i diritti
40
dei lavoratori) in impresa legale (i lavoratori avevano preso nelle loro
mani il loro futuro e quello della loro città e avevano cominciato a
seminare speranza), ma
trovavano tante difficoltà per entrare nel
mercato legale. Le istituzioni democratiche avrebbero dovuto
accompagnare i lavoratori in questo difficile e faticoso cammino, come
ha fatto l’ottimo Prefetto Sodano, e come ha fatto Libera che, con il suo
Presidente Don Ciotti, ha accompagnato i lavoratori a trovare le
condizioni e le risorse per consentire loro di lavorare.
E’ d’uopo evidenziare che il coinvolgimento delle comunità locali è
necessario a sostegno di questi percorsi, soprattutto nei momenti
difficili di fatiche e intimidazioni, che le organizzazioni mafiose, nei
territori continuano a seminare.
Libera sostiene e accompagna le cooperative e le associazioni
impegnate nel riutilizzo sociale dei beni confiscati affinché le loro
esperienze, a partire dal Mezzogiorno d'Italia, diventino il motore di
una nuova economia della solidarietà. E’ doveroso ricordare lo
straordinario lavoro di accompagnamento che il coordinamento
provinciale (Provincia di Trapani) di Libera ha fatto nel territorio di
Trapani.
Ed ancora deve ricordarsi la recente costituzione di una cooperativa
sociale che sarà dedicata alla memoria di Rita Atria per la gestione di
terreni, siti nei comuni di Castelvetrano, Paceco, e Partanna confiscati
alle famiglie mafiose riconducibili al boss latitante Matteo Messina
Denaro.
Ci sembrava doveroso per rispetto a questa autorevole Corte
rappresentare, in sintesi, le numerevoli attività che Libera, organizza,
anima, partecipa, in tutto il territorio nazionale e anche a Trapani, per
41
questo si segnala anche il sito di Libera cui vengono riportate
quotidianamente le attività dell’Associazione (www.libera.it).
Appare infatti realizzato, nella costituenda parte civile, quel fenomeno
di “immedesimazione fra il sodalizio e interesse perseguito” dallo
stesso richiamato dalla Suprema Corte; precisamente, la stessa ha
chiarito in merito: “un soggetto può costituirsi parte civile non
soltanto quando il danno riguardi un bene su cui egli vanti un diritto
patrimoniale, ma più in generale quando il danno coincida con una
lesione di un diritto soggettivo del soggetto stesso, come avviene nel
caso in cui offeso sia l’interesse perseguito da un’associazione in
riferimento ad una situazione storicamente circostanziata, da essa
associazione assunto nello statuto a ragione stessa della propria
esistenza e azione, come tale oggetto di un diritto assoluto ed
essenziale dell’ente, a causa della immedesimazione fra sodalizio e
l’interesse perseguito. In questo caso, infatti, l’interesse storicizzato
individua il sodalizio, con l’effetto che ogni attentato all’interesse in
esso incarnatosi si configura come lesione del diritto di personalità o
all’identità, che dir si voglia, del sodalizio stesso” (Cass.pen. Sez. VI,
11.10.1990).
Le finalità della scrivente Associazione come sopra riportate e che si
ricavano dallo statuto che si produce, sono ben note e sono praticate
quotidianamente dall’attività che svolge in tutto il territorio nazionale e
internazionale.
E' ormai giurisprudenza prevalente che enti ed associazioni anche non
riconosciute, quali l'esponente, possano costituirsi parte civile
nell'ipotesi di lesione immediata e diretta, derivante da reato, di
interessi propri dell'associazione e/o dei propri aderenti, anche quando
tale interesse non abbia natura patrimoniale; purché l'interesse leso
42
coincida con un diritto reale o con un diritto soggettivo del sodalizio,
anche se l'interesse offeso sia perseguito in riferimento ad una
situazione storicamente circostanziata, e sempre che tale interesse sia
assunto nello statuto dell'ente a ragione della propria esistenza e
attività.
Non vi è poi dubbio che l'Associazione Libera, nel fornire attraverso i
propri associati un servizio di accompagnamento e assistenza legale ai
familiari vittime di mafia, nell’essere presente nel territorio nel quale
vengono organizzati incontri e confronti per l’affermazione della
cultura della legalità democratica, alla luce delle norme costituzionali
ed ordinarie, abbia posto in essere una attività assolutamente
conseguente a quelle previste dal proprio statuto ed anzi meritevole di
tutela, quale l'adempimento da parte dei singoli aderenti in questa
formazione sociale dei doveri inderogabili di solidarietà ai familiari
vittime di mafia, ai familiari che lottano per il riconoscimento di
vittima di mafia, accanto ai territori che conducono una battaglia civile
democratica contro le mafie, doveri riconosciuti e tutelati dall'art. 2
della Costituzione. Parimenti non vi è dubbio che, dalla commissione
dei reati di cui ai capi di imputazione, sia derivata una lesione agli
scopi statutariamente perseguiti dalla scrivente Associazione, al diritto
di esplicazione della personalità dei suoi aderenti, sia allo stesso nome
e all'onorabilità della stessa associazione, alla quale tanti cittadine e
cittadini
hanno
affidato
le
proprie
speranze
di
ricevere
accompagnamento e assistenza anche legale, e i tanti cittadini, giovani,
donne che confidavano, successivamente, di avere aiuto per ottenere
giustizia nei confronti di quei molti episodi di negazione del diritto
verificatisi in quel territorio con l’omicidio Rostagno, con tanti altri
omicidi di persone innocenti per mano mafiosa che hanno seminato
43
dolore, angoscia frustrazione e paura. Tanti giovani, donne, cittadini si
sentono sempre più soli quando nel loro territorio viene impedito il
diritto a vivere nella libertà, viene scippato il diritto alla parola, alla
indignazione, al disgusto per la violenza mafiosa e per la bruttezza che
costruiscono, offendendo la bellezza di questa bella terra e la
intelligenza delle persone, dei giovani. I Giovani hanno il diritto a
costruire il loro futuro e di avere pensieri sereni e belli e non vivere
quotidianamente in una città in cui ci viene impedito di sognare, di
affermare la loro personalità.
Il danno emergente subito dall’associazione Libera è manifesto,
proprio perché la mafia di Cosa Nostra, alla luce di quanto emerso
nell’istruttoria del presente procedimento, struttura criminale di
portata tale da esercitare il controllo sistematico del territorio (che,
oltre a determinare la violazione dei diritti fondamentali dei cittadini,
ivi compresi quelli di rango costituzionale, la cui tutela rientra tra gli
scopi statutari di libera, costituisce un ostacolo al corretto svolgimento
delle attività associative e determina un rilevante danno di natura non
patrimoniale ex art. 2059 c.c..), è stata assolutamente rafforzata dalle
condotte degli imputati, che hanno ucciso, nell’interesse di Cosa
Nostra, Mauro Rostagno.
La ramificazione territoriale, la solida struttura organizzativa ruotante
intorno ad esponenti di accertata influenza e ad esecutori e sodali
perfettamente inseriti nel meccanismo criminale, la capacità di
influenzare e condizionare i meccanismi della vita democratica di un
Paese (quali le elezioni, le amministrazioni locali, l’esercizio
dell’attività imprenditoriale, il controllo del mercato del credito)
rivelano l’intrinseca forza della mafia e il ruolo assunto dagli imputati
non ha fatto altro che rafforzare, volendola rendere quasi invincibile,
44
l’organizzazione criminale mafiosa, perché hanno inteso provare che
possono uccidere e rimanere impuniti.
Di fronte alle risultanze di indagine prodotte dall’ufficio del Pubblico
Ministero e transitate nell’odierno giudizio appare evidente che il
sistema criminale, rafforzato dai legami e accordi tra mafia e parte
corrotta del livello istituzionale dello Stato, è assolutamente idoneo a
realizzare il sistematico controllo del territorio siciliano, in modo tale
da inficiare qualsiasi azione associativa di contrasto allo strapotere
‘mafioso.
Gli sforzi di Libera a Palermo, a Trapani e in tutta la Regione Sicilia,
che vanno, da decenni, nel senso di consentire ai cittadini, ma anche ai
commercianti ed agli imprenditori e anche alla buona politica, di
esercitare una scelta di rottura rispetto all’attuale contesto, vengono
vanificati dall’azione, a suo modo, efficiente delle cosche. L’effetto che
ne scaturisce è quello di paralizzare qualsiasi tentativo di resistenza
personale seppur schermato dall’impegno e dalla presenza attiva di
un’associazione quale Libera.
Fino a quando in Sicilia i clan di ‘mafia riusciranno ad affermare (e
riaffermare anche dopo imponenti operazioni di polizia) il loro
controllo
territoriale,
gli
sforzi
profusi
da
Libera
verranno
parzialmente vanificati e lesi materialmente i suoi interessi associativi.
I progetti nelle scuole e nelle Università, le convenzioni con gli enti
territoriali, i programmi specifici quali “Sportello S.O.S. Giustizia” a
fianco dei commercianti e degli imprenditori esposti al sistema delle
estorsioni, a fianco dei testimoni di giustizia, e delle vittime della mafia
perderanno gran parte della loro efficacia.
Procedimenti penali quali quello posto all’odierna attenzione di
codesta Corte Organo Giudicante, dimostrano che in territori come
45
Palermo, Trapani, di fronte a condotte chiare che consapevolmente e
fattivamente contribuiscono al sostegno e rafforzamento di compagini
criminali di tale influenza, fino a colpire una forte personalità pubblica
che si oppone alla violenza e alla puzza della criminalità mafiosa, gli
sforzi delle associazioni e della società civile non possono bastare, ma
devono essere affiancati dalla continua azione delle istituzioni non solo
in fase preventiva, ma anche in quella propriamente punitiva. Questa
On.le Corte è chiamata, avendone raccolte tutti gli elementi di prova, a
scrivere una pagina di giustizia giudiziaria, e scrivere che Mauro
Rostagno è stato ucciso perché combatteva, a viso aperto, la mafia, le
sue collusioni, dare giustizia alla sua famiglia, dare giustizia ai suoi
amici “Ciao Mauro”, dare giustizia a tutti NOI, perché senza Mauro
Rostagno, siamo diventati tutti più poveri, ci siamo sentiti più soli, ed
abbiamo subito un danno enorme, anche un danno al nostro sapere.
Ci sono crimini, come quelli mafiosi che devono essere sconfitti su due
piani: se quello culturale è affidato anche alle associazioni operanti sul
territorio, quello propriamente persecutorio e sanzionatorio deve
essere realizzato esclusivamente e pienamente dall’Autorità Giudiziaria
nel suo complesso, capace di individuare e sanzionare la condotta
violente ed omicidiaria posta in essere dagli odierni imputati.
L’omicidio di cui sono responsabili gli odierni imputati, aggravati dalla
circostanza di rafforzare il complesso meccanismo criminale di Cosa
Nostra, ledono direttamente Libera anche in riferimento agli scopi
statutari (riportati nell’atto di costituzione di parte civile e nello stesso
Statuto dell’Associazione prodotto in atti) che la stessa si prefigge – tra
i quali figura, in maniera determinante, l’elaborazione di strategie di
lotta non violenta al dominio mafioso e di resistenza alle infiltrazioni
mafiose del territorio, e quello di Trapani, Palermo e dei paesi limitrofi
46
è un territorio in cui la violenza mafiosa semina morti, crea dolore,
uccide e disegna una cultura di omertà e paura, tale da violare i diritti
di libertà, di libertà economica, di libertà di movimento, di libertà di
pensiero e di scelta. Tutto questo impoverisce tutti e la stessa terra di
Sicilia.
Libera con la sua quotidiana attività continua a costruire progetti e a
proporre azioni all’insegna della legalità, continua a lavorare con le
scuole, con i giovani, con la Chiesa, con l’Università. Libera costruisce e
comunica, quello che ha insegnato Mauro Rostagno, un modello di
vita senza la mafia, senza le oppressioni e la cultura dell’omertà che, di
contro, i vertici mafiosi ed i gregari cercano di affermare
quotidianamente, perché la loro forza si fonda sulla paura della gente
di Sicilia. In questo scenario, il rafforzamento dei clan sul territorio,
confermata dalle tante operazioni (che hanno avuto rilievo nazionale e
non esclusivamente territoriale) lede il prestigio di Libera perché
vanifica i risultati di una lotta complessa e costosa in termini di sforzi
associativi e di vite umane coinvolte. La rilevanza del presente
procedimento è dimostrata dagli stessi risultati di indagine che hanno
consentito di accertare l’esistenza di precise condotte delittuosa che
hanno sempre più avvantaggiato la famiglia mafiosa di Cosa Nostra
attraverso condotte univoche e programmate nell’ambito d un
meccanismo complesso, di connivenze politiche istituzionale mafiose.
La mafia siciliana, dunque, non è fatta solo di grandi boss ma di
un’ampia serie di sodali di cui i primi si servono per garantire la tenuta
di un sistema che annienta la libertà personale di ogni cittadino
siciliano, che, a volte inconsapevolmente, diventa strumento, oltre che
vittima, del potere dei clan.
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La violenza con cui si manifesta la mafia penalizza ogni tentativo di
ribellione pacifica, terrorizza le vittime e le fa sentire isolate al punto di
perdere la fiducia anche in un’ Associazione come Libera, presente ed
attiva da anni sul territorio.
Proprio in questa visione, anche per porre le condizioni necessarie al
raggiungimento effettivo degli scopi sociali e ripristinare il bene
giuridico leso, Libera deve necessariamente rafforzare l’azione sul
campo e l’efficacia delle sue iniziative di contrasto al dominio
criminale.
Pertanto, nel particolare contesto siciliano, l’associazione deve sempre
più aumentare le iniziative volte all’affermazione della cultura della
legalità, deve e vuole costruire i progetti con le scuole, con le
Università, con i giovani di questa bella terra, per comunicare loro che
è possibile vivere in una terra libera dalla mafia e in una terra in cui
nessuno deve “rapinare” la “speranza”, e il “senso di futuro”.
Libera si impegna, come ha sempre fatto, a stare accanto ai familiari
alle vittime della mafia, a fare memoria per costruire impegno, a
supportare il cammino di tanti giovani che vogliono rimanere in questo
territorio per fare impresa libera e per trovare un lavoro vero anche
attraverso l’utilizzo dei beni confiscati alle mafie. Si impegna a stare
accanto ai tanti giovani giornalisti che vogliono continuare ad avere
una scrittura libera, continuare a fare giornalismo di inchiesta, senza
perdere la vita.
Nel danno non patrimoniale sofferto da "Libera" si intende ricompreso
quello derivante ai soci dalla lesione dello scopo sociale che hanno
assunto come proprio del sodalizio e che hanno visto frustrare
dall’attività delittuosa posta in essere dagli imputati.
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In riferimento ai parametri da considerare per la valutazione del danno
non patrimoniale subìto, la costante giurisprudenza ha affermato che il
giudice di merito, nell’effettuare la quantificazione del danno, deve
tener conto della gravità dell’illecito di rilievo penale e di tutti gli
elementi della fattispecie concreta.
La giurisprudenza ha, inoltre, precisato che deve essere rispettata
l’esigenza di una razionale correlazione tra l’entità oggettiva del danno
ed il suo equivalente pecuniario, in modo da rendere il risarcimento
adeguato al caso concreto, evitando che la liquidazione del danno non
patrimoniale si riduca ad una somma meramente simbolica (cfr: Cass.,
sez. III, 14-07-2003, n. 11007; Cass., sez. III, 18-03-2003, n. 3980;
Cass., 18.12.1987, n. 9430; Cass., 11.01.1988, n. 23; Cass., sez. III,
06.10.1994, n. 8177; Cass., 21.5.1996 n. 4671; Cass., sez. III,
02.03.1998, n. 2272; Cass. Civ. 25 ottobre 2002, n. 15102; Cass., sez.
III, 18.03.2003, n. 3980; Cass., sez. III, 14-07-2003, n. 11007; Cass. 2
marzo 2004, n. 4186; Cass. civ., sez. III, 6 giugno 2008, n. 15029).
Tra gli elementi da considerare per la valutazione del danno subito
dall’Associazione “Libera” non va sottaciuta la continuità dell’attività
posta in essere dall’associazione in favore di centinaia di familiari delle
vittime di mafia, che sono state sorrette nella scelta di denunziare
qualsiasi fatto e/o elementi a loro conoscenza, e di condurre battaglie
per la ricerca della verità sui responsabili dell’omicidio del loro cari, e
di costituirsi parte civile contro i loro autori.
La costanza dell’attività svolta da Libera risulta anche dai dati
sull’attività processuale svolta negli anni dall’Associazione, che si è
costituita in diversi procedimenti penali, che si sono celebrati ed alcuni
si stanno celebrando in tutto il territorio nazionale, (processo cd.
Minotauro a Torino, processo cd. Black Monkey a Bologna, processo
49
cd. Caffè Macchiato a Napoli, processo c.d Meta a Reggio Calabria,
processo penale contro il senatore D’Alì a Palermo, processo penale
contro i responsabili dell’omicidio mafioso di un giovane di Niscemi,
Pierantonio Sandri a Catania, processo penale cd. Trattativa Stato
Mafia a Palermo, processo penale cd. Nuova Alba a Roma).
Già in altri procedimenti a carico di imputati per reati dello stesso
genere, sono stati liquidati a Libera congrui risarcimenti.
La richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale è finalizzata al
finanziamento
ed
al
sostegno
dell’attività
istituzionale
svolta
dall’Associazione, senza alcuno scopo di lucro e specificatamente
Libera indirizzerà la somma liquidata per i progetti sotto elencati.
Alla luce di quanto esposto,
Voglia l’On.le Corte di Assise
respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa, affermare la
penale responsabilità degli imputati per i reati ascrittigli, condannare
gli stessi
1) alle pene richieste dall’Ufficio del Pubblico Ministero, cui questa
difesa si associa;
2) al risarcimento/restituzione di tutti i danni subìti dalla parte
civile Libera, Associazione Nomi e Numeri contro le mafie, che si
richiedono nella misura di € 500.000,00 (euro cinquecento/00),oltre
interessi e rivalutazione del credito o in quell’altra che questa On.le
Corte riterrà equa;
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3) al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva
pari ad € 100.000,00 (euro centomila/00), in relazione alla parte di
danno per cui si ritiene raggiunta la prova;
4) alla rifusione delle spese di costituzione di parte civile come da
nota spesa che si allega.
L’Associazione Libera utilizzerà la somma liquidata per realizzare
dei progetti specificamente dedicati al territorio:
1. un progetto sarà destinato alle scuole medie e superiori per
l’affermazione della cultura della legalità democratica;
2. un progetto sarà rivolto alle Università e verterà sulla tematica
dell’Etica delle imprese e delle professioni ed Etica della Politica;
3. un progetto sarà destinato al riutilizzo sociale dei beni
sequestrati
e
confiscati
con
particolare
approfondimento
dell’inserimento delle aziende nel mercato legale per sviluppare una
economica solidale e partecipata dagli stessi soci e lavoratoti.
Si allega: Sentenza del Tribunale di Reggio Calabria – Sezione del
Giudice per le Indagini Preliminari, emessa in data 29.11.2011.
Con riguardo.
Modena/Trapani, lì 23 aprile 2014
Avv. Vincenza Rando
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