Memoria conclusionale
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Memoria conclusionale
CORTE DI ASSISE DI TRAPANI COMPARSA CONCLUSIONALE La sottoscritta Avv. Vincenza Rando, nella sua qualità di difensore e procuratore speciale dell’associazione “Libera, Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie”, nella persona del presidente pro-tempore Don Pio Luigi Ciotti, nel procedimento penale contro Virga Vincenzo e Mazzara Vito, per il reato di cui ai capi di imputazione, come meglio riportati nell’atto di costituzione di parte civile, rassegna le seguenti conclusioni. Dagli elementi di prova raccolti in sede di indagini e dalla ampia, approfondita, esaustiva e puntuale attività istruttoria, condotta con rigore e determinazione dall’On.le Presidente, è stata pienamente provata la penale responsabilità degli imputati per l’omicidio di Mauro Rostagno. Ne consegue che gli imputati– riconosciutane la penale responsabilità – vadano condannati al risarcimento del danno sofferto dall’Associazione “Libera, Nomi e Numeri contro le mafie”. La ricostruzione dei fatti rilevanti per il presente procedimento, l’immenso materiale probatorio raccolto, la verifica della compatibilità del movente, il rigoroso approfondimento della dinamica dell’omicidio di Mauro Rostagno, la ricostruzione della scena del crimine, sono stati 1 tutti oggetto della profonda ed esaustiva requisitoria dell’Ufficio della Procura, alla quale questa difesa si associa, condividendone appieno le conclusioni. La presente disamina ha lo scopo di focalizzare l’attenzione dell’On.le Corte di Assise sulle circostanze fattuali e di prova che consentono di delineare i profili rilevanti attenenti la lesione dei diritti soggettivi di cui l’associazione Libera è portatrice e che rappresenta in questo processo. Solo per una doverosa e puntuale ricostruzione della vicenda, questa difesa intende riportarsi alla dettagliata, puntuale ed esaustiva relazione dei Signori Pubblici Ministeri con la quale hanno rappresentato e descritto il lungo percorso investigativo che ha portato alla ricostruzione del grave fatto omicidiario contestato agli odierni imputati e alle varie condotte, nei lunghi anni di oblio, di sottovalutazione, di rimozione, di negazione, di confusione, di superficialità che, nel tempo, si sono evidenziate rispetto alla ricerca della verità processuale sull’omicidio di Mauro Rostagno. Questa parte civile ritiene doveroso evidenziare come l’On.le Corte di Assise, il Presidente dott. Pellino, il Giudice a latere dott. Corso, i S.ri Giudici Popolari, con rigorosa attenzione, grande equilibrio, autorevolezza e determinazione, ha approfondito tutti gli atti di indagini, ha ascoltato i numerosi testimoni che, a vario titolo, sono stati escussi nel corso della lunga istruttoria dibattimentale, (69 udienze e tre anni di udienza), i diversi collaboratori di giustizia, ha ascoltato i periti che hanno redatto le 4 perizie. L’ufficio della Procura, rappresentato in questo processo, dal dott. Gaetano Paci e dal dott. Francesco Del Bene, ha fatto un lavoro 2 enorme, condotto sempre con grande scrupolo, rigore, profondità, mai con preconcetti, mai riserve mentali, ma garantendo l’effettiva ricerca della verità, nella sua piena funzione di “parte processuale”, e ci ha consegnato il ruolo autorevole della funzione dell’ufficio del Pubblico ministero. La lettura dell’enorme materiale probatorio e quanto acquisito nel corso della lunga attività istruttoria ci ha consegnato una verità, l’omicidio di Mauro Rostagno è un omicidio decretato ed eseguito dai mafiosi Virga Vincenzo e Mazzara Vito, e finalizzato al rafforzamento dell’associazione mafiosa “Cosa Nostra”. L’omicidio di Mauro Rostagno doveva servire a zittire la voce libera di un straordinario intellettuale del novecento, una figura della nascente sociologia qualitativa italiana, un giornalista coraggioso con il vizio dell’impegno civile, un leader Politico credibile al servizio della comunità trapanese, un cittadino perbene, un allenatore del coraggio. Mauro Rostagno, a Trapani, (dove la mafia negli anni 80 non esisteva, così come dichiaravano quasi tutte le forze politiche, economiche, istituzionali) con le sue denunce, sempre puntuali, rigorose, con la sana curiosità che si domanda e domanda, come è possibile accettare una classe politica mediocre e corrotta, una imprenditoria che fa affari con la mafia, gli indifferenti che si chiudono gli occhi per non vedere, cominciava a fare svegliare le coscienze. Rostagno rappresentava un coraggio che dava sicurezza e credibilità. La mafia non poteva permettere il risveglio delle coscienze, non poteva accettare coscienze coraggiose. Don Ciotti, presidente di Libera, in un incontro a Milano, così parla di Mauro Rostagno “ Mauro Rostagno, un uomo vestito di bianco che 3 aveva capacità e orizzonti lontani, passioni, raccoglieva le storie di coloro che fanno più fatica (tossicodipendenti). Ho colto in lui il nomadismo culturale ed esistenziale, il bisogno reale di saldare il sapere alla vita. Una sana curiosità, una travolgente umanità, profondità, una sete di impegno e conoscenza. Un uomo che credeva nella parola, comunicazione come strumento di conoscenza, di riscatto sociale, capace di denuncia seria. Mauro è morto perché non ha accettato di tacere”. Restituire splendore alla figura umana ed intellettuale di Mauro Rostagno, significa anche raccontare la enorme e significativa esperienza politica e umana che aveva vissuto Mauro Rostagno. Il teste Curcio ci parla di Mauro in questo modo: “..E’ una figura che ha attraversato campi e terreni politici, personali , talmente differenti tra loro. Immaginatevi l’esperienza politica degli anni 60 e l’esperienza più personale fatta in India e l’esperienza in comunità Saman, mondi contrapposti, ma Mauro era tutto questo”. Mauro Rostagno al rientro dal suo viaggio spirituale in India (si era avvicinato all’orientamento Rajneesh) aveva iniziato la sua esperienza di vita e di lavoro, nella comunità Saman, accanto ai giovani che facevano più fatica (i tossicodipendenti) e con il sua capacità di leggere politicamente il territorio, aveva ben compreso che le mafie si arricchivano anche con il traffico dei stupefacenti, uccidendo la vita e le speranze di tanti giovani e delle loro famiglie. Mauro Rostagno aveva la piena consapevolezza che la società trapanese, siciliana, italiana, stava diventando sempre più povera perché doveva fare a meno dell’entusiasmo, della gioia, dell’impegno civile della migliore gioventù che veniva distrutta dalla droga. 4 Quindi Mauro Rostagno, nella città di Trapani, era diventato uno straordinario allenatore del coraggio perché raccontava tutto questo. Questa parte civile, da anni presente a Trapani, nella provincia e in Sicilia, ha incontrato gli amici di Mauro Rostagno, ha ascoltato i cittadini trapanesi, i quali ci hanno raccontato che la gente aveva un appuntamento con la televisione, attendeva il telegiornale, per ascoltare le notizie dalla voce di Mauro Rostagno, per ascoltare gli editoriali e gli approfondimenti tematici (mafia, massoneria, mala politica, traffico armi e droga ecc.), per i cittadini, i programmi condotti da Mauro Rostagno rappresentavano la loro palestra nella quale fare ginnastica della mente, perché Mauro toccava le corde del coraggio. Mauro Rostagno aveva portato dentro le case dei trapanesi (seppur attraverso la scatola televisiva) una novità, metteva a nudo, con la sua mitezza, la sua autorevolezza, la sua sobrietà, la sua coerenza, la sua ironia, la sua credibilità, le coscienze delle persone, e li poneva sempre di fronte alle domande della vita, quelle domande che stimolavano i cittadini, i giovani a cominciare a sognare, ad abbandonare la droga e riprendersi il pensiero. Mauro Rostagno aveva la capacità di fare sentire i giovani parte della società, di stimolare i cittadini a riprendersi la loro comunità, e quindi a lottare per riprendersi la bellezza pubblica della città, a lottare perché le istituzioni mettessero al centro l’interesse pubblico. Mauro Rostagno era credibile, aveva iniziato ad allenare il coraggio, per stimolare i cittadini ad uscire dall’oblio e dalla paura, il coraggio si stava trasformando in forza, la forza di non abbassare la testa, la forza di sentirsi responsabile della propria vita e della propria comunità, il 5 coraggio di guardare in faccia quanto stava succedendo nella città, nella provincia, nel Paese. Mauro Rostagno aveva iniziato a riportare nelle case dei siciliani e dei trapanesi onesti il “senso delle parole”, “il senso della partecipazione responsabile”, il significato della storia del malaffare della mafia trapanese e le terribili conseguenze per i cittadini. Mauro Rostagno intellettuale con una coraggiosa storia di impegno politico e civile, capace di fare analisi politica, aveva la forza e capacità di penetrare la grande montagna dell’indifferenza Mauro Rostagno non era un “predicatore neutro” perché si assumeva la responsabilità delle parole, era un intellettuale, un giornalista con un alto senso civico, con la capacità di svegliare le coscienze. Non predicava e lasciava soli, ragionava, approfondiva, stimolava pensiero e si assumeva pienamente le proprie responsabilità. Mauro Rostagno faceva sentire il profumo di una “primavera politica”, dell’entusiasmo che scatena la partecipazione, nella città di Trapani si stava iniziando a scrivere una nuova Politica, una nuova resistenza. Tutto questo era ancora più pericoloso per la mafia. La battaglia contro le mafie, la corruzione, la connivenza, le collusione tra la mafia, la mala politica, i rappresentanti delle istituzioni corrotte, gli imprenditori che danneggiano l’economia sana, si può fare se ogni cittadino trapanese e italiano, ha coraggio e speranza. “….La speranza si chiama “noi”. La speranza è avere più coraggio, il coraggio ordinario a cui siamo tutti chiamati quello di rispondere alla propria coscienza” (Don Luigi Ciotti nella trasmissione Vieni via con me, 28 nov 2010). Mauro Rostagno aveva il coraggio ordinario perché rispondeva alla propria coscienza e perché non aveva mai smesso di credere che i sogni 6 si potevano realizzare: “I sogni non sempre si realizzano. Ma non perché siano troppo grandi o impossibili, perché noi smettiamo di crederci” (Martin Luther King). Mauro Rostagno era arrivato a Trapani per accompagnare il cammino dei suoi ragazzi e aiutarli a ritrovare la voglia di vivere e per questo non usava solo l’ascolto, la danza, la musica, la bellezza, la speranza, ma faceva una cosa in più, Mauro Rostagno portava i suoi ragazzi nella emittente televisiva RTC per farli lavorare e impegnarli; quale migliore cura, quella di accompagnare i ragazzi a riscrivere la loro storia, facendoli sentire parte, facendoli sentire responsabili del loro futuro e della loro comunità? I ragazzi facevano gli operatori, gli aiuto registi, della emittente televisiva, i ragazzi erano stimolati ad allenare la curiosità, a leggere la storia della loro città, gli intrecci perversi della mala politica, i ragazzi ascoltavano Mauro Rostagno ed esercitavano il pensiero, si sentivano parte viva della società. Questa parte civile, in diverse occasioni, ha incontrato, in tutto il Paese, giovani, donne e uomini, che considerano la memoria un bene comune, il tesoro dell’anima di un popolo, e per questo conducono una battaglia quotidiana perché la memoria di Mauro Rostagno rimanga sempre viva. I giovani studenti del presidio di Libera della città di Bologna hanno dedicato il loro presidio a Mauro Rostagno, studenti che stanno seguendo con attenzione il processo perché vogliono conoscere la verità sulla morte di Mauro Rostagno. Gli stessi studenti che avrebbero voluto conoscere Mauro Rostagno; studiare sui libri e sulle ricerche, magari di sociologia quantitativa, di Mauro Rostagno; avrebbero voluto ascoltare le approfondite analisi politiche di Mauro Rostagno; 7 avrebbero voluto farsi contagiare dalla passione politica di Mauro Rostagno. Tutto questo infastidiva, preoccupava la mafia, Cosa nostra. Il mafioso di Castelvetrano Ciccio Messina Denaro parlando di Mauro Rostagno diceva “..uno che era diventato una camurria..”. Lo scenario politico del momento, gli intrecci politico-mafiosi, sono stati ben delineati, nel corso della approfondita attività istruttoria, quello che ci hanno raccontato i collaboratori di giustizia (hanno detto e confermato che per i mafiosi trapanesi e palermitani, Mauro Rostagno era diventato un grande fastidio, una grande “camurria”), e ancora quello che ci hanno raccontato i due testimoni, l’avv. Cusenza e l’On.le Vizzini, è emblematico e significativo per comprendere perché Mauro Rostagno era diventato una “camurria” e quindi pericoloso per la mafia. Nel corso del dibattimento ci è stato riferito che la politica vincente degli anni ottanta a Trapani era quella dei Salvo, dei Lipari, dei Canino, dei Pellegrino, e di tanti altri mediocri politici, (professionisti della politica con curriculum vitae di rilievo, soldi, potere, connivenze e collusione con la mafia, iscrizione nelle loggie massoniche, rapporti con le banche della città, con gli imprenditori di Catania (i cd. Cavalieri del lavoro, Costanzo, Graci e Geraci) con i quali gestivano gli appalti della città) avevano come unico obiettivo l’arricchimento personale, il potere personale ed edificavano la loro forza politica sulla paura della gente (senza voto niente lavoro), dall’indifferenza della gente (tanto sono tutti uguali), l’oblio (senza memoria). Mauro Rostagno proprio perché aveva una straordinaria esperienza politica (esperienza politica degli anni 60, movimento studentesco del 68, esperienza all’Università di Trento, esperienza politica a Palermo) 8 possedeva strumenti di analisi politico sociale per leggere le trasformazioni della società, la nuova geografia economica e sociale del sud, di Trapani. La profondità dell’analisi politica per comprendere quel territorio diventava straordinariamente rivoluzionaria, perchè Mauro Rostagno raccontava che la politica vincente era quella mediocre che si alleava con i poteri mafiosi, con le istituzioni corrotte, con logge massoniche. La dichiarazione del teste Avv. Cusenza che aveva intrattenuto una solida relazione politico intellettuale con Rostagno è eloquente, ci dice che Rostagno “…era un grande intellettuale, raffinato, erudito, una forte personalità politica anche se non militava in nessuna formazione politica, quando l’ho conosciuto io. Rostagno era un leader politico e con lui abbiamo discusso di Iside 2, massoneria deviata..” L’avv. Cusenza, autorevole dirigente provinciale (Trapani) e regionale del partito comunista italiano, ci riferisce che Mauro Rostagno gli aveva fatto una lunga intervista e per la prima volta aveva avuto la possibilità di parlare di mafia, di intrecci tra mafia, mala politica e istituzioni corrotte. L’Avv. Cusenza ci racconta del progetto politico che stava elaborando con Rostagno, la primavera di Trapani. Il teste Cusenza ci parla del documento “Un’altra Trapani è possibile”, un manifesto politico fatto di alleanze trasversali, con l’intento di mettere insieme gli uomini di buona volontà, e ancora ci consegna una notizia importante e cioè la sua proposta di candidare Mauro Rostagno come Sindaco della città di Trapani. Per questo, ancora ci racconta l’Avv. Cusenza, “volevamo fare un giornale, una rivista proprio per lanciare il progetto politico”. 9 L’Avv. Cusenza ci racconta che la sera dell’omicidio, il 26 settembre era andato in comunità per incontrare Mauro Rostagno con il quale aveva un appuntamento per visionare il bozzetto della nuova rivista, “ma il loro progetto è stato interrotto dalla morte”. Il progetto politico era noto alle altre forze politiche, era divenuto il progetto del partito comunista, era stata tenuta persino una conferenza stampa alla presenza anche di Mauro Rostagno. L’avv. Cusenza ancora ci riferisce di un viaggio insieme a Rostagno, nel mese di settembre aveva invitato Rostagno alla Festa dell’Unità Nazionale a Firenze, erano partiti insieme, e si sofferma sul fatto che Rostagno aveva chiesto di essere accreditato come giornalista. L’Avv. Cusenza racconta a questa Corte che prima di partire con la sua Fiat 127, Chicca (Chicca Roveri), compagna di Mauro, gli disse “solo tu potevi far rinascere in lui la passione politica, è ritornato ragazzino..” Ancora Cusenza ci dice che dopo l’omicidio di Rostagno è stata pubblicata la rivista ed il primo numero è stato dedicato a Rostagno, “era un modo per rendergli onore”. Il racconto puntuale e lucido del teste Cusenza ci riporta pienamente al clima sociale, politico ed istituzionale dell’epoca, ci fa pensare, con grande tristezza, che il 26 settembre 1988, mentre la mafia uccideva Mauro Rostagno, il Consiglio Comunale riunito, continuava i suoi lavori ordinari, nessuna sospensione, nessuna interruzione, nessuna riflessione; nella città di Trapani non era successo niente, era stato solo ucciso un illustre intellettuale, uomo, padre, leader politico, sociologo di rilievo europeo. La gente perbene, quella che attendeva con entusiasmo le trasmissioni condotte da Mauro Rostagno si sentiva orfana, più sola e la politica 10 ufficiale continuava a gestire con mediocrità, disinteresse, alcune volte, intrecciando connivenze e collusione, la cosa pubblica, i beni comuni. Questa parte civile ha ascoltato con interesse le dichiarazioni rese, in dibattimento, dall’avv. Cusenza, una figura di alto valore etico, un intellettuale e politico di grande statura morale, che ci ha dimostrato che la buona politica era possibile anche in luoghi in cui si respirava la confusione, l’appiattimento (il detto “tutti i politici sono uguali”), la mafia. L’Avv. Cusenza insieme a Rostagno, ci ha dimostrato che era possibile resistere e tentare di costruire un nuovo progetto politico. Il progetto politico lo volevano insieme, entrambi coltivavano il sogno di provare a mettere insieme la parte sana e buona (non mediocre) della città, per candidarsi al governo della cosa pubblica nel rispetto dei principi di legalità, contro le mafie, contro le varie forme di corruzione, per spezzare qualsiasi legame politico-mafioso- istituzionale. Il progetto politico andava oltre le ideologie politiche (ideologia come discorso delle idee) perché anche le diverse posizioni ideologiche, potevano mettere insieme le migliori forze presenti nella città, perché, in quel momento e in quel contesto storico, l’orizzonte da seguire era la grande battaglia di civiltà e libertà, combattere il sistema radicato delle mafie e della corruzione e spezzarne gli intrecci. Questo progetto politico vedeva la candidatura di Mauro Rostagno a Sindaco di Trapani. Nel 1988 a Trapani si erano incontrati un onesto uomo politico e un onesto intellettuale e insieme stavano costruendo le basi della primavera di Trapani, (forse hanno anche scritto l’alfabeto della primavera dei sindaci degli anni 90). 11 Ma questo, purtroppo, è un Paese che ha permesso che le nostre donne e uomini migliori devono essere uccisi, e poi si indigna, prova disgusto del puzzo delle mafie e delle corruzioni. Questa parte civile conduce, da quasi venti anni, una battaglia perché questo non si deve più verificare, perché il popolo di Libera vuole camminare accanto alle persone vive con i quali costruire idee e pratiche di sviluppo umano, sociale, politico e civile. Questa parte civile non vuole più commemorare ma ammirare, e stupirsi camminando accanto a leader politici di alto valore morale e civile, perché convinti che questa è la Politica che serve il suo Paese e i suoi cittadini. Tutto questo preoccupava la mafia, cosa nostra, sconvolgeva i rapporti consolidati tra mafia e mala politica. Mauro Rostagno diventava sempre più pericoloso per la mafia, perchè non solo raccontava gli intrecci della mafia con la mala politica, con la imprenditoria mafiosa (in quel momento si assisteva allo sbarco dei cavalieri del lavoro di Catania a Trapani), con le istituzioni corrotte, con la massoneria, ma stava costruendo, insieme alla migliore rappresentanza politica che offriva il territorio (tutte donne e uomini che, fino ad allora, erano messi in “disparte” nel governo della cosa pubblica) un progetto politico, la primavera di Trapani, che si contrapponeva al sistema di potere consolidato a Trapani. Mauro Rostagno era capace di fare analisi politica e di pensare ad un progetto politico alternativo al consolidato potere di connivenze mafiose, aveva la capacità di pensare che “un’altra Trapani era possibile”, Mauro Rostagno, così lo presenta Don Luigi Ciotti: “ possedeva il coraggio che dava sicurezza, era e rappresentava un 12 sano sobillatore che aveva il vizio della parola ed era un capace di suscitare passione politica”. Tutto questo sconvolgeva la pianificazione politica della Trapani che non avrebbe mai potuto permettere la candidatura di Mauro Rostagno a Sindaco di Trapani, una personalità forte, uno straordinario intellettuale, un bravo giornalista, un uomo che aveva tanta passione civile. Questa parte civile ha sempre creduto che la mafia è forte quando la politica è debole e la “democrazia è pallida”, la politica che intreccia alleanze e convive con la mafia, fa un grande regalo alla mafia. La mafia poteva mai accettare che la classe politica mediocre con la quale faceva affari, potesse essere sostituita da un Sindaco che aveva passione per la politica, che era rispettoso dell’interesse pubblico, della legalità e che avrebbe governato per sviluppare il territorio e per affermare la giustizia sociale? La mafia poteva mai permettere un Sindaco e una politica con la quale non solo non poteva fare affari, ma anzi denunciava, dal di dentro, gli affari sporchi commessi da altri? A Trapani e nella provincia si preparavano grandi affari che costituivano i nuovi ambiti di investimento della mafia, opere pubbliche, la gestione di servizi pubblici, si discuteva della esternalizzazione dei servizi pubblici, la gestione dei rifiuti e altri affari apparivano all’orizzonte. Nel corso della istruttoria dibattimentale è emerso chiaramente che il Comune di Trapani aveva un bilancio parallelo a quello ordinario (il bilancio parallelo di tutti i debiti fuori bilancio) e tutto doveva essere tenuto nascosto. Il teste On.le Vizzini ci ha riferito di aver chiesto, nella sua qualità di rappresentante istituzionale, informazioni sulla effettiva consistenza 13 del debito fuori bilancio del Comune di Trapani per conoscere l’effettivo impoverimento della comunità trapanese, ma non ha mai ricevuto alcuna risposta. La trasparenza per il Comune di Trapani era un principio inesistenze. Tutto questo portava ricchezza agli imprenditori collusi con la mafia e con la mala politica. La mafia quindi non si poteva permettere una nuova amministrazione, un nuovo Sindaco che avrebbe inviato tutti gli atti relativi ai debiti fuori bilancio (in violazione dei legge sulla contabilità pubblica) alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica per gli opportuni controlli. La mafia non avrebbe mai permesso l’indebolimento del sistema di potere ben consolidato, al massimo poteva consentire di cambiare il nome del sindaco, ma non si poteva modificare la geografia degli intrecci tra la mafia e la malapolitica, le istituzioni deviate e le logge massoniche. Mauro Rostagno stava diventando veramente pericoloso per il potere mafioso, il giornalista che insieme ai suoi operatori, si occupava dell’omicidio del Sindaco di Castelvetrano, Vito Lipari, disvelava gli intrecci della nuova geografia mafiosa che era nata dopo l’omicidio del Sindaco. Il giornalista, rectius, l’unico giornalista che seguiva il processo contro gli imputati Mariano Agate, Nitto, Mangion Francesco, Riserbato Antonino e Melito Santapaola, Vincenzo (quest’ultimo capitano dei Carabinieri), tutti imputati di aver partecipato all’omicidio del Sindaco Lipari. A Trapani stava succedendo una cosa pericolosa per la mafia, i cittadini più coraggiosi potevano ribaltare (siamo negli anni 80) un sistema consolidato, ben radicato, e Cosa Nostra e coloro che avevano messo le 14 mani sulla città, non potevano consentire di lasciare il governo della città ad un leader politico come Rostagno, (tra l’altro nemmeno “paesano”), che non era portatore di alcun interesse personale né di gruppi di interesse, né di qualche gruppo malavitoso e/o imprenditoriale e quindi non ricattabile. Rostagno aveva capito che il potere mafioso che dominava la città, poteva essere minato e reso fragile, fino a spezzarlo, utilizzando, passione, pensiero, responsabilità senso civico e cultura della responsabilità etica e trasformando l’impegno civico anche in impegno politico. Non possiamo sottacere quanto è emerso chiaramente nel dibattimento, Mauro Rostagno era stato più volte minacciato ed era anche preoccupato, aveva anche riferito le sue preoccupazioni agli inquirenti, ma nessuno si è occupato, né preoccupato della sicurezza di Mauro Rostagno. La mafia non poteva tollerare tutto ciò. Sembra un capitolo di storia del nostro Paese già scritto e la mafia aveva avuto altra esperienza. A Cinisi, Peppino Impastato, straordinario intellettuale, penna libera, coraggioso giovane capace di lottare per cambiare la sua città, la sua Sicilia. Si era candidato al consiglio comunale di Cinisi e, se eletto, sarebbe diventato un consigliere comunale attento e credibile. La mafia non lo poteva permettere. Peppino Impastato che a Radio Aut raccontava ai suoi cittadini, anche con ironia, del mafioso che comandava a Cinisi, Tano Badalamenti, poteva sedere in Consiglio Comunale ed esercitare il controllo sugli atti amministrativi, (la mafia non tollera il controllo) sulla spesa pubblica, 15 sull’erogazione dei finanziamenti, sulle procedure di affidamento delle gare di appalto, sull’assegnazione delle forniture. Tutto questo per la mafia era pericoloso, perché Peppino era capace non solo di denunciare e di proporre regole di trasparenza e legalità nell’attività amministrativa, ma aveva anche la acutezza, l’intelligenza, il linguaggio giusto, persino ironico, di raccontare alla sua gente quello che succedeva nei palazzi, per rendere la partecipazione un esercizio civico dei cittadini. La mafia di Cinisi, la sera del 9 maggio 1978, con modalità mafiose terroristiche ha ucciso Peppino Impastato. Anche Peppino è stato ucciso tante volte, il depistaggio durato tanti anni, e il peso di dei lunghi anni lo hanno portato sulle spalle la sua mamma (Felicetta), suo fratello Giovanni, la sua famiglia, i suoi amici. Ma la forza della verità e della giustizia è prevalsa sull’oblio e, seppur dopo tanti anni, si è finalmente scritta la verità, Peppino Impastato dava fastidio alla mafia, era diventato una camurria e la mafia, cosa nostra, Tano Badalamenti, toro seduto, ha deciso che doveva morire. Il movente (i moventi) e le modalità di matrice mafiosa dell’omicidio di Mauro Rostagno erano già chiari, chi sapeva leggere e chi conosceva il modus operandi della mafia, non poteva avere dubbi. Certamente questa parte civile non può non porre l’attenzione sul fatto che le autorità che avevano, nell’immediatezza del fatto, indagato sull’omicidio di Mauro Rostagno avevano esplorate altre piste, anche con ragionamenti banali e senza alcuna logica investigativa. Così come non si può scordare la puntuale ricostruzione della natura di matrice mafiosa dell’omicidio di Mauro Rostagno che aveva fatto, sempre nell’immediatezza del fatto, l’allora Dirigente della Squadra Mobile di Trapani, dott. Calogero Germanà, ricostruzione 16 puntualmente riferita dallo stesso dott. Germanà, ora Questore, in sede di istruttoria dibattimentale. Questa On.le Corte di Assise è chiamata a scrivere la verità processuale dell’omicidio di Mauro Rostagno e per questo basta leggere i numersi atti di indagine e quanto è emerso dalla rigorosa, ampia ed approfondita attività istruttoria e cioè che la mafia aveva interesse, necessità di uccidere Rostagno, perché Rostagno era pericoloso, aveva capito troppo bene cosa era la mafia, e non solo quella che sparava, ma quella che faceva affari, quella che si era trasformata in imprenditoria mafiosa e che intrecciava relazioni con la politica malata e con le istituzioni deviate. I diversi collaboratori di giustizia hanno riferito in sede dibattimentale che era arrivato l’ordine irrevocabile di uccidere Mauro Rostagno. Troppi anni sono passati, troppi depistagli hanno intrecciato la storia dell’omicidio di Rostagno, troppe insensibilità, troppe comodità, troppe colpevoli falsità, troppi favori sono stati fatti a cosa nostra, anche solo allontanando la verità sull’omicidio Mauro Rostagno. L’ufficio del Pubblico Ministero ha dovuto fare uno sforzo enorme perché ha dovuto esaminare, (come ci è stato detto nella puntuale requisitoria) “in altre parole processare” tutti gli atteggiamenti che si sono manifestati, nel tempo, negli apparati investigativi, nel palazzo di giustizia verso questo processo. Sono emersi sottovalutazioni, omissioni, colpevole e superficiale lettura del movente e della dinamica del delitto Rostagno. E’ stato provato che la mafia era la sola ad avere interesse ad uccidere Rostagno, perché solo così lo poteva far tacere, e dall’altro poteva educare gli altri, quelli che lo ascoltavano, lo seguivano, lo 17 consideravano un leader politico capace di costruire un nuovo progetto politico per Trapani. Il teste On.le Vizzini, deputato regionale del PCI, ci racconta che nelle emittenti televisive trapanesi veniva invitato per parlare della politica estera, della politica economica nazionale, mai veniva invitato per parlare di Trapani, degli esattori Salvo, dell’omicidio del Sindaco Lipari, degli omicidi del giudice Giacomelli, dell’omicidio di Ciaccio Montalto, della strage terroristica organizzata per uccidere il giudice Carlo Palermo e nella quale trovavano la morte la giovane mamma Barbara e i fratellini Giuseppe e Salvatore Asta. Mauro Rostagno invece parlava di Trapani, delle alleanze oscure che il potere politico intrecciava con il sistema corrotto. A Trapani, negli anni 80, si iniziava a respirare un giornalismo libero e indipendente, al quale non si era abituati. Il teste On.le Vizzini, che rappresenta la buona politica, ci ha riferito che Rostagno ha resistito, e così si esprime: “..io gli sono grato, sono grato a lui, perché ha fatto qualcosa di utile anche per me”. Una città Trapani che ha dimenticato Mauro Rostagno, la politica, le istituzioni e l’imprenditoria collusa non avevano interesse a parlare dell’omicidio di Mauro Rostagno, tutto doveva cadere nell’oblio. L’omicidio era stato un incidente di percorso, qualcuno riferendosi all’omicidio del magistrato Ciaccio Montalto, ha detto “se l’era cercata, voleva fare troppo il giudice”. Cosa significa voleva fare troppo il giudice, c’è una linea in cui si fa troppo il giudice o troppo poco?. Questa parte civile, ascoltando i rappresentanti delle forze dell’ordine, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, ha capito chi sono stati gli inquirenti che hanno fatto troppo poco, e quelli che hanno fatto troppo; noi ringraziamo gli inquirenti, la magistratura, che hanno fatto 18 il loro dovere fino in fondo, perché ci consente di avere fiducia nelle istituzioni. La mafia non aveva altri strumenti per spegnere la vulcanica passione civile di Mauro Rostagno e per questo ha deciso di ucciderlo. La famiglia di Mauro, gli amici di Mauro, la società civile responsabile, i giornalisti liberi, la buona politica lo hanno sempre saputo che l’omicidio di Mauro era stato decretato dalla mafia. La mafia lo ha deciso ed lo ha eseguito. Questa parte civile ha voluto seguire questo processo per guardare in faccia chi ha voluto nascondere la verità, chi l’ha voluto offuscare, chi ha voluto uccidere più volte Mauro Rostagno, chi è colpevole si superficialità, chi non ha fatto pienamente il proprio dovere, chi è colpevole di ingenuità nel leggere il movente e la dinamica mafiosa, chi ha arrecato grave danno alle indagini. Mauro Rostagno è stato ucciso la sera del 26 settembre mentre rientrava nella comunità Saman, dopo aver condotto la trasmissione nell’ emittente televisiva RTC. Mauro Rostagno ritornava dalla sua giovane figlia Maddalena, che aspettava con meraviglia il suo papà. Ritornava dalla sua compagna Chicca Roveri con la quale voleva invecchiare insieme, nella loro profonda storia d’amore, di amicizia e di libertà. Ritornava dai suoi ragazzi, con i quali danzava e cantava per aiutarli a ritrovare la gioia di vivere. Questa parte civile non approfondisce la dinamica dell’agguato mafioso, la scena dell’agguato, perché tutto è stato ricostruito con rigorosa ed esemplare puntualità ed approfondimento da parte 19 dell’ufficio del pubblico ministero, e alla cui rigorosa ricostruzione integralmente ci si riporta perché la si condivide pienamente. E’ stata raggiunta la piena prova della responsabilità penale di entrambi gli imputati per l’omicidio di Mauro Rostagno. In questo processo gli imputati hanno cercato di far entrare, con insistenza, altre piste, altri moventi, tutti inconsistenti e banali, alternative a quella mafiosa per leggere l’omicidio di Mauro Rostagno. La banale pista dell’omicidio che si sarebbe consumato all’interno della comunità Saman, perché vi erano dei contrasti interni tra il guru Cardella e Rostagno. I simpatizzanti della pista interna (gli odierni imputati) raccontano che Rostagno era troppo onesto ed aveva scoperto illegalità nella gestione della comunità, distrazione di denaro pubblico, aveva scoperto l’arricchimento personale del Cardella. Tutti ipotesi inconsistenti volutamente e strategicamente fatti entrare nel presente giudizio, mai provati, ed anzi smentiti da quanto è emerso nell’istruttoria dibattimentale, e cioè la matrice mafiosa dell’omicidio di Mario Rostagno e la responsabilità diretta di Virga e Mazzara, e il progetto omicidiario proveniva da Cosa nostra. Altra inconsistente pista interna era quella che l’omicidio di Rostagno era ascrivibile al mondo del traffico delle sostanze stupefacenti, perché Rostagno avrebbe scoperto che alcuni dei ragazzi ospitati in comunità erano ritornati a fare uso di sostanze stupefacenti. Altra abnormità, colpevole depistaggio. La mafia ha utilizzato tutti i suoi poteri per far leggere l’omicidio di Rostagno come un omicidio di altra natura che si era consumato all’interno della comunità Saman, oppure ancora, più banale, per questioni di corna. 20 Questa parte civile non dimentica che tutti gli omicidi di matrice mafiosa a danno di magistrati, di donne e uomini delle forze dell’ordine, giornalisti, cittadini perbene sono sempre omicidi di “corna”, e quindi omicidi che non riguardano la mafia. Per comprendere pienamente il contesto in cui è maturato l’omicidio di Mauro Rostagno (come provato nel corso dell’istruttoria dibattimentale) è opportuno anche contestualizzare la forza della mafia nel territorio trapanese, che cresceva, faceva affari con gli imprenditori più spregiudicati della Sicilia, con la malapolitica che governava la Sicilia e il Paese. Siamo sempre negli anni 80/90 quando la maggioranza dei politici continuavano a dire che la mafia non esisteva, era una categoria sociologica, dei morti, delle stragi, dei tanti uomini e donne che si opponevano alla mafia, non se ne doveva parlare. Per raccontare la mafia siciliana degli anni 80/90 e capire in quale contesto sono maturati omicidi di magistrati, giornalisti, imprenditori perbene, è sufficiente leggere quello che succedeva a Trapani, con la colpevole indifferenza della mediocre classe politica che anziché contrastare la mafia, stringeva solidi patti di convivenza. Il meccanismo dell’accumulazione mafiosa era ben congegnato: da un lato c’erano le attività economiche “illecite” (sequestri, estorsioni, contrabbando di sigarette e armi ed, in modo preminente, produzione e commercio di stupefacenti, traffico rifiuti), dall’altro le attività economiche lecite, (essenzialmente basate sul commercio e soprattutto sull’edilizia e sul controllo degli appalti; l’utilizzazione e il controllo crescente dei circuiti bancari e creditizi; il controllo e l’utilizzo dei flussi di denaro pubblico sotto forma di opere pubbliche, agevolazioni creditizie, concessioni esattoriali, ecc.). 21 Tra queste attività (lecite e illecite) si instaurano complessi meccanismi di scambio. Da un lato il flusso di denaro pubblico si traduceva tramite finanziamenti alle imprese, appalti, opere pubbliche, in profitti che direttamente o attraverso circuiti bancari si traducevano in ulteriori attività economiche, sia lecite che illecite. Dall’altro il circuito poteva essere inverso, partire cioè da attività illecite e tradursi, direttamente o tramite circuiti bancari, in attività lecite. Quegli anni rappresentano il periodo in cui si registra la massima espansione di sportelli bancari nell’isola: dal 1972 al 1982 la Regione aveva autorizzato l’apertura di 142 nuovi sportelli e l’istituzione di 17 nuove banche. Solo a Trapani vi era stato un indice di proliferazione degli sportelli bancari coinciso, stranamente, con la crescita dei redditi dell’impresa mafiosa. In quegli anni, da una analisi comparata (da parte di un istituto universitario) sulle condizioni dello sviluppo del sistema creditizio nelle diverse zone del paese – Trapani e Ancona- si vedeva chiaramente il quadro della crescita dirompente delle aziende di credito. Nel 1971 la situazione del credito, a Trapani ed ad Ancona, è quasi identica: 16 banche e 106 sportelli contro 14 banche e 104 sportelli. Già questo rappresentava un dato inquietante, perché non rifletteva le realtà economiche delle due province, profondamente diverse; nel 1971 Ancona aveva una popolazione residente superiore a quella di Trapani, una struttura produttiva molto più estesa ed articolata, una massa di depositi e di impieghi nelle banche notevolmente superiore a quella che si registra negli istituti di credito di Trapani. 22 Ma andando al 1981, dopo dieci anni lo squilibrio economico fra le due città si era ulteriormente ampliato; la popolazione era cresciuta percentualmente più ad Ancona che a Trapani, la struttura produttiva (aziende ed addetti) si era estesa, mentre a Trapani era regredita; permaneva un notevole divario nei depositi bancari e negli impieghi in banca (una cifra doppia ad Ancona rispetto a Trapani). Eppure esce fuori un dato incredibile, ad Ancona, rispetto al 71, c’è un banca in meno, mentre a Trapani il numero delle banche è saltato da 16 a 23, e quello degli sportelli da 106 a 130. In sostanza, banche ed agenzie, a Trapani, si sono moltiplicate senza alcun riferimento alla realtà economica e produttiva della provincia. Passando all’altro settore che caratterizza l’economica mafiosa – il controllo degli appalti pubblici – (emergeva che tanti agricoltori diventavano imprenditori edili) bisogna rifarsi subito, per capire bene l’enorme dimensione assunta, a quanto ha scritto il G.I. Falcone alla fine di una lunga e faticosa istruttoria: “le organizzazioni mafiose controllano completamente il settore della edilizia a Palermo, dalla produzione degli inerti alle fabbriche di calcestruzzo, ai depositi di ferro, agli esercizi di vendita di materiale sanitario, servendosi di imprese controllate direttamente e indirettamente. C’è una serie di collegamenti perversi, come è a tutti noto, nella distribuzione degli appalti che si determinano tra imprenditori, fornitori, procacciatori, intermediari” Si sa, infatti che l’utilizzazione dello strumento “appalto pubblico” è uno dei mezzi più usati dalle cosche mafiose o camorristiche per riciclare denaro sporco” (Chinnici, L’arcipelago della mafia in “Segno”, giugno 1982. Tutti questi e altri erano i temi di riflessione pubblica che Mauro Rostagno portava nelle trasmissioni di RCT, un Rostagno sempre 23 acuto, profondo, per far comprendere le cause ed effetti della nuova geografia mafiosa, della corruzione, degli intrecci perversi con la mala politica, con le collusioni istituzionali ed imprenditoriali e con i servizi deviati. Trapani, è ancora sotto gli occhi tristi del popolo italiano e straniero, il relitto della macchina blindata in cui viaggiava il giudice Carlo Palermo quando venne raggiunto da una bomba. Il 2 aprile 1985, il Giudice Carlo Palermo si salvò, ma morirono una giovane donna Barbara Asta e i suoi due piccoli figli gemelli, Salvatore e Giuseppe. Ai due piccoli, che la loro giovane mamma stava accompagnando a scuola, è stato negato e violato il diritto a vivere, a sorridere, a crescere insieme alla loro giovane mamma, al loro papà e alla loro sorellina Margerita. Margherita da adulta è diventata la referente provinciale di Libera Trapani ed oggi è una esponente di Libera nazionale. Sono stati uccisi con una tale violenza terroristica che i loro piccoli corpi sono stati frantumati, spezzati. Avevano e chiedevano il diritto di vivere in una paese democratico, nel quale i valori iscritti nella nostra Costituzione devono essere pienamente garantiti. Il 25 gennaio 1983 era stato ucciso il sostituto procuratore Giacomo Ciaccio Montalto che conduceva indagini sulle organizzazioni mafiose, ammazzato ad Erice. Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, proprio ai funerali di Ciaccio Montalto, ha pronunciato parole straordinariamente attuali “per combattere la mafia c’è solo da rispettare fino in fondo la Costituzione”. La cosca mafiosa più violenta della Sicilia, trova i suoi affiliati, i suoi fidati luogotenenti nel trapanese, gente in grado di far rispettare il suo 24 ordine: Mariano Agate a Mazara del Vallo, la famiglia Messina Denaro (prima il padre e poi il figlio, vecchi campieri del barone D’Alì) e Vincenzo Virga, anche lui un ex contadino diventato un imprenditore della città. Messina Denaro ancora il più pericoloso latitante del nostro Paese. Gli uomini politici continuano a dichiarare a più riprese che “a Trapani la mafia non esiste”. Questo, come abbiamo potuto constatare anche nel corso dell’approfondita istruttoria dibattimentale, è il contesto in cui lavora Mauro Rostagno, che denunciava e scavava dentro i rapporti che la mafia intreccia con settori della politica e dell’economia, e per questo doveva morire e per questo è stato ucciso. In quei giorni Cosa Nostra è in piena effervescenza omicida. Il 14 settembre 1988 uccide a Trapani, senza apparente motivo, un giudice in pensione, Alberto Giacomelli, di 69 anni. Il 25 settembre uccide, sulla statale tra Canicattì e Caltanissetta il giudice Antonino Saetta e suo figlio Stefano, disabile. Antonino Saetta avrebbe presieduto la corte di appello di un importante processo di mafia di lì a poco. Virga, si legge nella stampa, ma anche in diverse atti processuali, dispone di un gruppo di fuoco, di un deposito di armi, di un tiratore scelto che ha già utilizzato e utilizzerà in altre occasioni. La mafia, Cosa Nostra aveva deciso che Rostagno doveva essere ucciso. Nella giornata del 26 settembre 1988 il Rostagno Mauro si era recato presso l’emittente televisiva Radio Tele Cine ‘’R.T.C.’’ per condurre il telegiornale della sera, come era solito fare da mesi, telegiornale seguito con molto interesse dai cittadini di Trapani perché parlava con chiarezza di ciò che succedeva in città e nella provincia, denunciando 25 l’attività di ‘’Cosa Nostra’’, evidenziando le infiltrazioni della stessa nel settore della politica e della imprenditoria. Attraverso interviste a magistrati, politici e giornalisti affrontava quotidianamente, (facendo nomi e cognomi delle persone coinvolte nella corruzione e nel malgoverno), i temi della corruzione dei politici e dei pubblici amministratori, del riciclaggio di denaro, dei rapporti tra mafia e massoneria, del traffico di stupefacenti. Mauro Rostagno era quindi un uomo che ha denunciato le organizzazioni criminose, con la sua acutezza e la sua voglia di cambiare il destino della terra di Trapani; ha sempre, con coraggio e rigore, denunciato i mafiosi che gestivano il territorio con la forza della sopraffazione, occupando tutti gli spazi della politica e dell’economia locale. In sostanza Rostagno, come Peppino Impastato, con il suo puntuale, rigoroso lavoro di denuncia e seguendo anche il processo contro Mariano Agate, boss di Mazzara del Vallo, per l’uccisione del sindaco Lipari, con telecamere della televisione in cui lavorava, mostrava che i mafiosi possono essere messi dietro le sbarre e che non sono invincibili, e questo per la mafia è un duro colpo. Mauro Rostagno è stato riconosciuto per le sue battaglie di libertà e di affermazione dei valori democratici a livello nazionale: la sua storia è conosciuta all’intero Paese. Per la mafia uccidere Mauro Rostagno ha significato dare un messaggio a tutte le persone libere del territorio, significava anche affermare il predominio della sua forza intimidatrice e dare un messaggio chiaro e cioè che nessuno deve osare denunciare il potere mafioso. Mauro Rostagno ha osato combattere i gruppi malavitosi del Trapanese usando la “parola”, e con le sue denuncie permettendo ai 26 cittadini, ai giovani che lo ascoltavano di “pensare” , di invitarli a scegliere la qualità della loro vita per partecipare alla costruzione del loro futuro. E questo per i gruppi mafiosi trapanesi e palermitani era il vero nemico da combattere e da eliminare. Infatti la sera del 26 settembre 1988 il commando mafioso uccideva Mauro Rostagno, ma uccideva la sua libertà, la sua parola, per lasciar chiaramente intendere il suo messaggio di morte come avvertimento. Non possiamo non rammentare, in questa sede, le parole di padre Adragna in chiesa sono state un grande esempio di ribellione allo strapotere mafioso e allo strapotere dei politici complici e collusi. I funerali di Mauro Rostagno nella cattedrale furono una grande manifestazione pubblica della società civile responsabile di ribellione alla mafia. Padre Antonino Adragna, che aveva chiesto ai famigliari di Mauro (non credente) di poterlo salutare in cattedrale (“eravamo amici, quando ci incontravamo mi dava un bacino sul collo”), pronunciò una forte e commovente eulogia. Accusò apertamente la mafia, lodò il lavoro di Mauro e il suo coraggio, ricordò la sua barba che lo faceva assomigliare a Gesù Cristo. La chiesa era stracolma, da tutta Italia erano arrivati gli amici di Rostagno nelle sue diverse vite, fuori erano assiepate migliaia di persone e dai balconi vennero gettati petali di rosa sulla bara. Il vice questore Rino Germanà, uno dei migliori investigatori della provincia, sentito anche nel corso dell’istruttoria dibattimentale, fece sapere fin da subito ai suoi superiori che c’erano piste importanti che potevano portare agli autori del delitto di mafia: la macchina, il buio improvviso, le armi usate, oltre alle sue fonti. Il questore Antonio Zummo definì il delitto “di alta mafia”. 27 Ma fu imboccata un’altra strada: un delitto di dilettanti che si erano fatti scoppiare il fucile in mano, forse balordi, forse legati allo spaccio intorno alla comunità, forse ad una delle precedenti vite dell’ucciso. E poi sono passati ventisei anni. Durante i quali, ad alcune persone fin qui citate sono successe cose importanti, e si ha fiducia che si possa finalmente riscrivere questa triste storia che però ha necessità di essere conosciuta e tutti dobbiamo contribuire a farla conoscere. Pertanto nel caso di specie e alla luce di quanto emerge dagli atti processuale è ampiamente provato il danno che l’odierna parte civile ha subito e continua a subire. Riguardo gli scopi dell’associazione si rinvia a quanto già scritto nell’atto di costituzione di parte civile e ci si permette solo di rammentare le finalità precipue dell’associazione che sono riportate, a chiare lettere, nello Statuto dell’associazione. Libera ha sempre pensato che ogni delitto commesso dall’organizzazione mafiosa “Cosa Nostra” che sia rivolto a colpire gli uomini e le donne dello Stato che compiono il loro dovere o semplici cittadini responsabili, giornalisti che per il fatto che esercitano i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione rappresenta un pericolo e un danno per la comunità e per i soci aderenti di Libera. Tali fatti delittuosi mostrano quanto i fini dell’organizzazione mafiosa siano in contrasto con quelli della società civile responsabile e rappresentano il momento di scontro verso l’attività da questi svolta per affermare i principi basilari della convivenza civile, che per Libera sono i principi e i fini statutari. Per il raggiungimento dei riferiti scopi sociali, la detta Associazione, ha deciso di costituirsi parte civile nel presente procedimento. 28 Ciò in quanto l’attività delittuosa posta in essere dagli imputati ha leso un diritto proprio dell’Associazione de qua. La lotta ai fenomeni mafiosi e ai poteri occulti, che si esplica in attività di prevenzione in azioni di solidarietà, di assistenza, soprattutto nei confronti delle vittime delle mafie e nell’educazione alla legalità, costituisce il fine specifico della stessa e la lesione prodotta dai fenomeni delittuosi oggi contestati costituisce un fatto ingiusto, fonte certa di un danno altrettanto ingiusto e, per ciò stesso, risarcibile. Gli imputati del presente procedimento sono, infatti, accusati di aver posto in essere, forti della loro appartenenza a clan mafiosi Cosa Nostra, il Virga quale mandante, nella qualità di capo della famiglia mafiosa di Trapani, ed il Mazzara quale esecutore materiale, una condotta mafiosa ai danni di Rostagno, trucidandolo con diversi colpi di pistola e di fucile da caccia. E’ evidente come tale condotta omicidiaria abbia prodotto un danno ad una associazione come Libera, la quale informa tutta la propria attività ed il proprio impegno alla lotta contro tali fenomeni. Fenomeni che minano gravemente il diritto alla vita delle persone che non osano chinarsi alla violenza mafiosa e compromettono fortemente lo sviluppo sociale umano del territorio ove opera Libera e che la stessa ha interesse a preservare. La prevenzione ed il contrasto dei fenomeni mafiosi, posti in essere con impegno dalla Associazione, hanno come obiettivo proprio la valorizzazione, fornendo sostegno e servizi, delle associazioni, gli enti e gli altri soggetti collettivi impegnati in attività di lotta ai fenomeni mafiosi e ai poteri occulti, in attività di prevenzione, soprattutto nei confronti delle vittime delle mafie, promuovere una cultura della legalità, della solidarietà basata sui principi della costituzione, nella 29 valorizzazione della memoria storica per le persone che hanno operato contro le mafie, promuovere una strategia di lotta nonviolenta contro il dominio mafioso del territorio e di resistenza alle infiltrazioni di tipo mafioso, che rappresenta l’interesse incarnato dalla Associazione. La costituzione di parte civile rappresenta il naturale sbocco di tutto l’impegno profuso dalla stessa nella lotta alla criminalità mafiosa; l’ultimo tratto di un percorso che parte dalle campagne di informazione e sensibilizzazione, dall’aiuto e dal sostegno alle vittime che, non più sole, decidono di fare memoria e testimonianza. Essendo quella posta in essere dalla presente Associazione un’attività interamente rivolta a debellare il fenomeno mafioso, appare evidente che il continuo perpetrarsi di delitti, come quelli oggi contestati infligga alla stessa un duro colpo, ostacolando il soddisfacimento del riferito interesse che fa parte dei fini dell’Associazione. Non v’è chi non veda come il pregiudizio all’interesse di cui l’Associazione si fa portatrice abbia cagionato alla stessa un danno non patrimoniale che consiste nella lesione del diritto al conseguimento del fine istituzionale e nella conseguente perdita di prestigio e credibilità che ne deriva. A tal fine si evidenzia che Libera è una associazione che ha assunto tra i propri scopi statutari quelli di “valorizzare, fornendo sostegno e servizi, le associazioni, gli enti e gli altri soggetti collettivi impegnati in attività di lotta ai fenomeni mafiosi e ai poteri occulti, in attività di prevenzione, in azioni di solidarietà, di assistenza, soprattutto nei confronti delle vittime delle mafie, e nell'educazione alla legalità; (...) promuovere dell'ambiente, una cultura basata sui della legalità, principi della della solidarietà Costituzione, e nella valorizzazione della memoria storica per le persone che hanno 30 operato contro le mafie; (...) . promuovere l'elaborazione di strategie di lotta nonviolenta contro il dominio mafioso del territorio e di resistenza alle infiltrazioni di tipo mafioso.”; (…). Libera da anni, anche a Trapani, organizza incontri nelle scuole, con le università, per l’affermazione della cultura della legalità e della partecipazione responsabile. Non si può sottacere anche in questa sede che una recente ricerca sociologica condotta dal Centro Pio La Torre di Palermo ci consegna un dato allarmante e cioè che il 50% dei giovani (nella ricerca sono stati coinvolti quasi 2.000 studenti delle scuole medie superiori italiane partecipanti ad un progetto educativo) percepisce che la mafia è più forte dello Stato e la colpa è della politica se ancora non si riesce a sconfiggere “cosa nostra”. Per il 45% degli intervistati la mafia non potrà essere definitivamente sconfitta per oltre il 94% la criminalità organizzata ha un rapporto molto o abbastanza forte con la politica. I giovani quindi evidenziano la collusione tra politica e mafia e chiedono che deve essere intensificata la lotta alla mafia e alla cultura mafiosa e deve essere colpito il rapporto tra mafia e politica. Libera alla lettura di un dato così allarmante di sfiducia dei giovani nei confronti della politica e delle istituzioni, ancora di più deve proporre progetti, iniziative, per far crescere la consapevolezza nei giovani che è importante sviluppare una qualità della partecipazione responsabile. Tutti questi giovani sono orfani di Mauro Rostagno, perché a loro è stato impedito di conoscerlo, ascoltarlo, coglierne l’acutezza dell’analisi e arricchire il proprio sapere. Libera, ha inoltre l'obbiettivo di dare assistenza e solidarietà a soggetti danneggiati da attività di tipo mafioso come nel procedimento de quo. 31 E’, quindi, innegabile che sussiste un interesse specifico e diretto dell’Associazione in argomento a far valere innanzi al Giudice Ordinario le proprie istanze ogni qualvolta dai reati contestati agli imputati derivi la lesione di un diritto soggettivo dello scopo perseguito, invero i gravi reati ascritti agli imputati hanno inequivocabilmente leso il diritto della personalità dell’anzidetta Associazione offendendo in maniera diretta ed immediata lo scopo sociale della stessa, le finalità proprie del sodalizio col conseguente discredito derivato alla sfera sociale del predetto ente dalla condotta dei prevenuti. E’ evidente il danno subito da Libera in ragione dei fatti delittuosi commessi dagli odierni imputati, con grave pregiudizio degli obbiettivi perseguiti e assunti nello statuto e nei progetti in fase di attuazione. Tali obiettivi sono la ragione della propria esistenza ed azione, come tale oggetto di un diritto assoluto ed essenziale dell’ente, a causa dell’immedesimazione fra il sodalizio e l’interesse perseguito. In sostanza è stato arrecato dagli imputati un grave pregiudizio alle finalità statutarie dell’Associazione che esprimono l’affectio societatis con conseguente danno patrimoniale e non per la frustrazione e l’afflizione dei propri assistiti. La responsabilità degli imputati Virga Vincenzo e Mazzara Vito dell’omidicio di Mauro Rostagno è stata ampiamente dimostrata e provata nel corso dell’approfondita attività istruttoria. Libera, i cui soci sono anche associazioni che agiscono nel territorio nazionale, nate e costituite anche prima dell’omicidio Rostagno, persegue l'attività di “partecipazione e presenza responsabile" nei territori per l’affermazione della cultura della legalità e di denuncia della presenza nel territorio delle organizzazioni mafiose che 32 rapinavano risorse e impediscono la crescita culturale, economica, civile e sociale di un territorio. Libera ha promosso sia a livello nazionale che locale, (nel territorio di Trapani e dei comuni del trapanese) diverse iniziative per fare memoria e stimolare la ricerca della verità anche sull’omicidio di Mauro Rostagno. Non fare luce e non ricostruire la verità storica e processuale di un fatto così grave, che ha spezzato la vita di un uomo libero, di un intellettuale coraggioso che aveva sempre “parlato” opponendosi alla cultura omertosa radicata nel territorio di Trapani, avrebbe significato non difendere i diritti e i valori della democrazia di questo Paese, diritti iscritti nella nostra Carta Costituzionale. Ricostruire i tasselli di un omicidio che per le modalità esecutive del delitto, accertata tra l’altro in base alle indagini tecnico –balistiche e le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, è di matrice mafiosa significa anche restituire alla città e ai suoi cittadini, ai soci di Libera, quanto è stato loro rapinato e cioè il diritto di vivere in una terra libera, nella quale il valore della parola, della denuncia, della solidarietà, della legalità devono trovare piena affermazione. Diritti che sono stati frustrati e compromessi, perché la paura toglie respiro, toglie aria, perché la mafia e l’organizzazione malavitosa uccide e alla parola e alla denuncia risponde con le armi e procura morte. Libera ha organizzato e partecipato alle iniziative ed alle diverse manifestazioni tenutesi nel territorio nazionale e nel territorio di Trapani per riflettere, raccontare, fare memoria di un uomo, Mauro Rostagno, che ha scelto di vivere pienamente nel territorio di Trapani. Un uomo che teneva gli occhi aperti ed ha raccontato fatti e storie ed 33 ha denunciato, da giornalista, quello che vedeva, i soprusi, le sopraffazioni, le umiliazioni, le violenze, che la gente perbene doveva sopportare in un luogo in cui la libertà era fortemente compromessa e frustrata. Libera, tra le tante altre attività, presta, tramite gli avvocati aderenti a Libera, anche un servizio di assistenza legale ai familiari vittime di mafia, e all’uopo ha organizzato diversi incontri, sia nazionali che locali. Un incontro importante è stato organizzato a Terrasini il 27 e 28 novembre 2010. Nell’occasione si soni incontrati i familiari, vittime di mafia, del terrorismo e della criminalità organizzata e insieme hanno lavorato per riflettere su importanti questioni. Hanno lavorato con tanta dignità per le persone che non ci sono più ma che non si vogliono e non si devono dimenticare. La stampa regionale e nazionale ha molto parlato dell’incontro di Terrasini. I familiari delle vittime di mafia erano quasi quattrocento, e venivano da ogni parte d’Italia, perché la mafia ovunque- al sud come al nord – semina morte e violenza-. Insieme ai familiari c’era don Luigi Ciotti, presidente di Libera: “Il grido che abbiamo sempre colto è il bisogno di giustizia e di verità che ciascuno esprime. Ma io aggiungo che c’è una terza istanza da portare avanti, il bisogno di dignità. Per questo siamo qui, in questa assemblea. Provo una grande commozione salutando tutti, conoscendo le storie, le ferite profonde e la grande capacità di mettere in gioco la vita”, e prosegue: “Per noi quelle persone non sono morte, sono vive attraverso voi che ne avete preso il testimone e andate in 34 giro per le scuole per invitare le persone a mettersi in gioco, a vivere una resistenza nuova…”. Dall’incontro ne è scaturito un documento finale cui sono state riportate tutte le richieste e le proposte da destinare agli organi istituzionali e che i familiari ritengono importanti, documento prodotto da questa agli atti. A seguito di ciò è stato presentato da diversi parlamentari un disegno di legge (incardinato presso la prima Commissione Affari Istituzionale al Senato) che abolisce il termine di decorrenza per il riconoscimento dei benefici alle vittime della mafia, del terrorismo e del dovere e ancora altra proposta di legge che favorisca la testimonianza e la conservazione della memoria storica sui fatti di mafia e terrorismo. Ancora Libera dall’anno 1996 organizza, ogni anno il 21 marzo, in tutto il territorio nazionale, la “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime di mafia”. Ci si ritrova in una città d’Italia, e nella agorà della città vengono letti, uno ad uno, i nomi e i cognomi delle vittime della criminalità organizzata. Il primo giorno di primavera si riuniscono migliaia di persone, di giovani, che insieme ai familiari, uniti da un abbraccio simbolico e anche fisico, camminano dentro le strade della città e questo segna un momento di grande valore e di grande vicinanza per i familiari che hanno conosciuto nella loro vita un così immane e profondo dolore. I familiari vittime di mafia sono i protagonisti dell’organizzazione della Giornata della Memoria ed è stato infatti costituito Libera Memoria, la cui responsabile nazionale è Stefania Grasso, familiare di vittima di mafia. Anche quest’anno Libera ha organizzato la Giornata della Memoria e dell’Impegno, nella città di Latina, nella quale si sono riuniti circa 35 centomila persone e sono stati letti, uno ad uno, tutti i nomi delle vittime di mafia. Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, anche in occasione della veglia di preghiera il 21 marzo di quest’anno a Roma, nella Chiesa San Gregorio VII, alla presenza di quasi 700 familiari delle vittime di mafia, del dovere, del terrorismo, con accanto Papà Francesco, parlando dei circa 850 vittime di mafia (di cui 80 bambini) ha detto: “…Persone accomunate ..da un desiderio di giustizia, da un bisogno di verità che scuote e chiede risposte, chiede giustizia. Di loro, sulla morte dei familiari uccisi dalle mafie il 70 per cento non conosce la verità o la conosce solo in parte”. Libera cammina accanto ai familiari che chiedono giustizia. Libera nel mese di novembre dell’anno 2006 ha organizzato, gli Stati Generali dell’Antimafia “Contromafie”. Tre giorni di incontri, di confronti, di elaborazioni e proposte, si è lavorato per fare il punto sullo stato della lotta alle mafie nel nostro Paese, per affermare che esiste anche un’Italia fatta di persone e realtà che vogliono portare il loro contributo, che hanno il coraggio della parola e della denuncia. Nell’occasione Libera ha invitato gli esponenti della politica e dell’economia, dell’informazione e della cultura del nostro Paese a ragionare insieme sulle nuove strategie da mettere in atto per combattere le mafie, a partire dalle tante esperienze positive che, in questi ultimi decenni, il reticolo dell’associazionismo antimafia è stato capace di attuare, anche facendo tesoro delle tante sconfitte e battute d’arresto che hanno caratterizzato la storia civile e istituzionale d’Italia. Libera ha promosso l’incontro nazionale per offrire il giusto riconoscimento alle tante persone, alle molte associazioni e realtà che hanno continuato, in questi anni, a resistere allo strapotere e alla 36 violenza criminale, contribuendo a costruire un paese più giusto; anche con la convinzione che il modo migliore di ricordare quanti hanno perso la vita facendo il proprio dovere istituzionale e/o di semplici cittadini sia di costruire nuove possibilità di crescita civile e di sviluppo sano e continuativo. Per conseguire questo obiettivo, Libera ha inteso valorizzare il grande lavoro e la lunga esperienza delle associazioni, degli enti e degli altri soggetti collettivi impegnati nei più diversi contesti in attività di lotta ai fenomeni mafiosi e ai poteri occulti, in attività di prevenzione, in azioni di solidarietà, di assistenza, soprattutto nei confronti delle vittime delle mafie, e nell'educazione alla legalità. Gli Stati Generali dell’Antimafia sono finalizzati all'elaborazione di strategie di lotta non-violenta e democratica contro la cultura e il dominio mafioso del territorio, nonché ad individuare forme di resistenza alle sue infiltrazioni nel tessuto sociale, economico e politico. Nel mese di ottobre 2009 è stata organizzata la seconda edizione degli Stati Generali dell’Antimafia “ Contromafie”. Anche nella seconda edizione si è lavorato approfondendo diverse tematiche e facendo il punto sugli impegni assunti nella prima edizione di Contromafie. Durante l’incontro, da più parti ed ancora di più dalla testimonianza viva dei familiari, si è evidenziato che è sempre più necessario rafforzare il versante della prevenzione nell’opera di contrasto alle mafie, nella consapevolezza che il solo versante repressivo gestito dalle forze dell’ordine e dalla magistratura fosse necessario ma non sufficiente. Si è ben compreso che la prima vera risposta al controllo mafioso del territorio è la pratica di cittadinanza e partecipazione che 37 singoli, associazioni e formazioni sociali di ogni genere sono chiamati a costruire e vivere. A tale riguardo nei documenti di Libera spesso si richiama uno dei suoi obiettivi principali: “costruire una comunità alternativa alle mafie”. Quella comunità alternativa alle mafie – dove vengono riconosciuti a ogni essere umano diritti e non favori, a differenza di quanto avviene nel sistema mafioso – è quella tratteggiata nella Carta Costituzionale. La battaglia contro le mafie è quindi necessariamente una battaglia per i diritti sanciti dalla Costituzione. Anche nel corso della seconda edizione è stato preparato il manifesto degli Stati generali dell’Antimafia contenente alcune proposte e richieste che sono rivolte alle istituzioni (Governo e Parlamento in primis), ma anche e soprattutto indicazioni utili al lavoro delle associazioni che hanno preso parte a Contromafie. Esempi positivi in tal senso sono la proposta di costituire un Osservatorio sull’informazione in materia di mafie che ha preso vita nella Fondazione Libera Informazione e la dichiarazione di impegno per coinvolgere l’Europa nel percorso di lotta alle mafie, che ha trovato una prima risposta nella costituzione di FLARE. Per Libera il Manifesto non è da considerare un elenco di cose da fare, ma soprattutto è la sintesi di un impegno assunto a livello personale e collettivo, una modalità di lavoro che valorizza l’apporto dei singoli, delle associazioni, delle istituzioni, ciascuno secondo la propria competenza e il proprio approccio. Non si può non ricordare il grande lavoro che Libera ha fatto, quando nel 1995 propose a tutte le associazioni nazionali che sin dall’inizio vi aderirono (dall’Agesci all’Azione cattolica, da Legambiente all’Arci, dalle Acli alle associazioni studentesche, dai sindacati alle diverse espressioni delle Chiese) una grande mobilitazione di raccolta firme 38 per sostenere un disegno di legge che andava a completare i contenuti della legge Rognoni La Torre. Libera lo fece con la consapevolezza che la confisca dei beni e il loro riutilizzo per finalità sociali e di sano sviluppo economico costituiscono la sintesi delle dimensioni che deve avere il contrasto alle mafie. E’ stata approvata la legge 109/96 “Disposizioni in materia di gestione e destinazione di beni sequestrati o confiscati. Modifiche alla legge 31 maggio 1965, n. 575 e all’art. 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223. Abrogazione dell’art. 4 del decreto –legge 14 giugno 1989, n. 230, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282”. In ultimo Libera ha condotto una battaglia in tutto il territorio nazionale ed anche nel trapanese, per la istituzione di una Agenzia Nazionale per rendere sempre più efficiente ed efficace la destinazione dei beni confiscati alla mafia. Con decreto legge 4 febbraio 2010 n. 4 è stata istituita l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Agenzia che aiuterà molto e costituirà un rafforzamento dell’aggressione ai patrimoni illeciti e un motore per la piena applicazione del principio del riutilizzo istituzionale e sociale dei beni sottratti alle mafie. Sono nate tante cooperative sociali, tutte create con bando pubblico, che lavorano le terre che prima erano appartenute ai mafiosi e che erano state terreno di violenza, di sangue e di lutti, mentre ora diventano luogo di lavoro vero e di sviluppo del territorio. Non ci pare opportuno, in questa sede ricordare il lungo elenco delle cooperative che stanno nascendo in tutto il Paese. Ci si sofferma sulla straordinaria esperienza che si è vissuta a Trapani, grazie anche alla determinazione del Prefetto Fulvio Sodano con la Calcestruzzi Ericina 39 per la produzione di calcestruzzo, il riciclaggio degli inerti e il recupero omogeneizzato degli scarti in edilizia. Libera è stata sempre accanto ai lavoratori della cooperativa Calcestruzzi Ericina, i quali hanno incontrato numerosi difficoltà per l’effettiva utilizzazione sociale del bene, perché ci sono state anche condotte di un rappresentante istituzionale e specificatamente di un Senatore della Repubblica, il quale anziché agevolare l’utilizzazione del bene confiscato alla mafia e rafforzare il riutilizzo sociale da parte della cooperativa dei lavoratori, nel rispetto di una legge votata dal Parlamento Italiano, è intervenuto, presso organi istituzionali al fine di ostacolare le iniziative a sostegno delle imprese sequestrate o confiscate (quale ad esempio la calcestruzzi Ericina srl) contribuendo di contro all’espansione economica ed al controllo del mercato del calcestruzzi da parte di società riconducibili all’associazione mafiosa (tra cui Sicilcalcestruzzi s.r.l. e la Vito Mannina)…”. E’ importante sottolineare quanto è utile e necessario il coinvolgimento delle comunità locali e delle istituzioni a sostegno dei percorsi per il riutilizzo dei beni confiscati alle mafie, soprattutto nei momenti difficili di fatiche e intimidazioni, che le organizzazioni mafiose, nei territori, continuano a seminare. E quanto tutto ciò diventa più faticoso e pericoloso in un territorio in cui ci sono forze, anche istituzionali, che ostacolano e inibiscono le iniziative a sostegno delle imprese sequestrate e confiscate agevolando e rafforzando sempre di più l’economica mafiosa e rapinando le risorse destinate allo sviluppo economico di un territorio. I soci e i lavoratori della cooperativa Calcestruzzi Ericina hanno avuto il coraggio civile di continuare a lavorare e di trasformare una impresa mafiosa (che aveva succhiato risorse, energia e violato anche i diritti 40 dei lavoratori) in impresa legale (i lavoratori avevano preso nelle loro mani il loro futuro e quello della loro città e avevano cominciato a seminare speranza), ma trovavano tante difficoltà per entrare nel mercato legale. Le istituzioni democratiche avrebbero dovuto accompagnare i lavoratori in questo difficile e faticoso cammino, come ha fatto l’ottimo Prefetto Sodano, e come ha fatto Libera che, con il suo Presidente Don Ciotti, ha accompagnato i lavoratori a trovare le condizioni e le risorse per consentire loro di lavorare. E’ d’uopo evidenziare che il coinvolgimento delle comunità locali è necessario a sostegno di questi percorsi, soprattutto nei momenti difficili di fatiche e intimidazioni, che le organizzazioni mafiose, nei territori continuano a seminare. Libera sostiene e accompagna le cooperative e le associazioni impegnate nel riutilizzo sociale dei beni confiscati affinché le loro esperienze, a partire dal Mezzogiorno d'Italia, diventino il motore di una nuova economia della solidarietà. E’ doveroso ricordare lo straordinario lavoro di accompagnamento che il coordinamento provinciale (Provincia di Trapani) di Libera ha fatto nel territorio di Trapani. Ed ancora deve ricordarsi la recente costituzione di una cooperativa sociale che sarà dedicata alla memoria di Rita Atria per la gestione di terreni, siti nei comuni di Castelvetrano, Paceco, e Partanna confiscati alle famiglie mafiose riconducibili al boss latitante Matteo Messina Denaro. Ci sembrava doveroso per rispetto a questa autorevole Corte rappresentare, in sintesi, le numerevoli attività che Libera, organizza, anima, partecipa, in tutto il territorio nazionale e anche a Trapani, per 41 questo si segnala anche il sito di Libera cui vengono riportate quotidianamente le attività dell’Associazione (www.libera.it). Appare infatti realizzato, nella costituenda parte civile, quel fenomeno di “immedesimazione fra il sodalizio e interesse perseguito” dallo stesso richiamato dalla Suprema Corte; precisamente, la stessa ha chiarito in merito: “un soggetto può costituirsi parte civile non soltanto quando il danno riguardi un bene su cui egli vanti un diritto patrimoniale, ma più in generale quando il danno coincida con una lesione di un diritto soggettivo del soggetto stesso, come avviene nel caso in cui offeso sia l’interesse perseguito da un’associazione in riferimento ad una situazione storicamente circostanziata, da essa associazione assunto nello statuto a ragione stessa della propria esistenza e azione, come tale oggetto di un diritto assoluto ed essenziale dell’ente, a causa della immedesimazione fra sodalizio e l’interesse perseguito. In questo caso, infatti, l’interesse storicizzato individua il sodalizio, con l’effetto che ogni attentato all’interesse in esso incarnatosi si configura come lesione del diritto di personalità o all’identità, che dir si voglia, del sodalizio stesso” (Cass.pen. Sez. VI, 11.10.1990). Le finalità della scrivente Associazione come sopra riportate e che si ricavano dallo statuto che si produce, sono ben note e sono praticate quotidianamente dall’attività che svolge in tutto il territorio nazionale e internazionale. E' ormai giurisprudenza prevalente che enti ed associazioni anche non riconosciute, quali l'esponente, possano costituirsi parte civile nell'ipotesi di lesione immediata e diretta, derivante da reato, di interessi propri dell'associazione e/o dei propri aderenti, anche quando tale interesse non abbia natura patrimoniale; purché l'interesse leso 42 coincida con un diritto reale o con un diritto soggettivo del sodalizio, anche se l'interesse offeso sia perseguito in riferimento ad una situazione storicamente circostanziata, e sempre che tale interesse sia assunto nello statuto dell'ente a ragione della propria esistenza e attività. Non vi è poi dubbio che l'Associazione Libera, nel fornire attraverso i propri associati un servizio di accompagnamento e assistenza legale ai familiari vittime di mafia, nell’essere presente nel territorio nel quale vengono organizzati incontri e confronti per l’affermazione della cultura della legalità democratica, alla luce delle norme costituzionali ed ordinarie, abbia posto in essere una attività assolutamente conseguente a quelle previste dal proprio statuto ed anzi meritevole di tutela, quale l'adempimento da parte dei singoli aderenti in questa formazione sociale dei doveri inderogabili di solidarietà ai familiari vittime di mafia, ai familiari che lottano per il riconoscimento di vittima di mafia, accanto ai territori che conducono una battaglia civile democratica contro le mafie, doveri riconosciuti e tutelati dall'art. 2 della Costituzione. Parimenti non vi è dubbio che, dalla commissione dei reati di cui ai capi di imputazione, sia derivata una lesione agli scopi statutariamente perseguiti dalla scrivente Associazione, al diritto di esplicazione della personalità dei suoi aderenti, sia allo stesso nome e all'onorabilità della stessa associazione, alla quale tanti cittadine e cittadini hanno affidato le proprie speranze di ricevere accompagnamento e assistenza anche legale, e i tanti cittadini, giovani, donne che confidavano, successivamente, di avere aiuto per ottenere giustizia nei confronti di quei molti episodi di negazione del diritto verificatisi in quel territorio con l’omicidio Rostagno, con tanti altri omicidi di persone innocenti per mano mafiosa che hanno seminato 43 dolore, angoscia frustrazione e paura. Tanti giovani, donne, cittadini si sentono sempre più soli quando nel loro territorio viene impedito il diritto a vivere nella libertà, viene scippato il diritto alla parola, alla indignazione, al disgusto per la violenza mafiosa e per la bruttezza che costruiscono, offendendo la bellezza di questa bella terra e la intelligenza delle persone, dei giovani. I Giovani hanno il diritto a costruire il loro futuro e di avere pensieri sereni e belli e non vivere quotidianamente in una città in cui ci viene impedito di sognare, di affermare la loro personalità. Il danno emergente subito dall’associazione Libera è manifesto, proprio perché la mafia di Cosa Nostra, alla luce di quanto emerso nell’istruttoria del presente procedimento, struttura criminale di portata tale da esercitare il controllo sistematico del territorio (che, oltre a determinare la violazione dei diritti fondamentali dei cittadini, ivi compresi quelli di rango costituzionale, la cui tutela rientra tra gli scopi statutari di libera, costituisce un ostacolo al corretto svolgimento delle attività associative e determina un rilevante danno di natura non patrimoniale ex art. 2059 c.c..), è stata assolutamente rafforzata dalle condotte degli imputati, che hanno ucciso, nell’interesse di Cosa Nostra, Mauro Rostagno. La ramificazione territoriale, la solida struttura organizzativa ruotante intorno ad esponenti di accertata influenza e ad esecutori e sodali perfettamente inseriti nel meccanismo criminale, la capacità di influenzare e condizionare i meccanismi della vita democratica di un Paese (quali le elezioni, le amministrazioni locali, l’esercizio dell’attività imprenditoriale, il controllo del mercato del credito) rivelano l’intrinseca forza della mafia e il ruolo assunto dagli imputati non ha fatto altro che rafforzare, volendola rendere quasi invincibile, 44 l’organizzazione criminale mafiosa, perché hanno inteso provare che possono uccidere e rimanere impuniti. Di fronte alle risultanze di indagine prodotte dall’ufficio del Pubblico Ministero e transitate nell’odierno giudizio appare evidente che il sistema criminale, rafforzato dai legami e accordi tra mafia e parte corrotta del livello istituzionale dello Stato, è assolutamente idoneo a realizzare il sistematico controllo del territorio siciliano, in modo tale da inficiare qualsiasi azione associativa di contrasto allo strapotere ‘mafioso. Gli sforzi di Libera a Palermo, a Trapani e in tutta la Regione Sicilia, che vanno, da decenni, nel senso di consentire ai cittadini, ma anche ai commercianti ed agli imprenditori e anche alla buona politica, di esercitare una scelta di rottura rispetto all’attuale contesto, vengono vanificati dall’azione, a suo modo, efficiente delle cosche. L’effetto che ne scaturisce è quello di paralizzare qualsiasi tentativo di resistenza personale seppur schermato dall’impegno e dalla presenza attiva di un’associazione quale Libera. Fino a quando in Sicilia i clan di ‘mafia riusciranno ad affermare (e riaffermare anche dopo imponenti operazioni di polizia) il loro controllo territoriale, gli sforzi profusi da Libera verranno parzialmente vanificati e lesi materialmente i suoi interessi associativi. I progetti nelle scuole e nelle Università, le convenzioni con gli enti territoriali, i programmi specifici quali “Sportello S.O.S. Giustizia” a fianco dei commercianti e degli imprenditori esposti al sistema delle estorsioni, a fianco dei testimoni di giustizia, e delle vittime della mafia perderanno gran parte della loro efficacia. Procedimenti penali quali quello posto all’odierna attenzione di codesta Corte Organo Giudicante, dimostrano che in territori come 45 Palermo, Trapani, di fronte a condotte chiare che consapevolmente e fattivamente contribuiscono al sostegno e rafforzamento di compagini criminali di tale influenza, fino a colpire una forte personalità pubblica che si oppone alla violenza e alla puzza della criminalità mafiosa, gli sforzi delle associazioni e della società civile non possono bastare, ma devono essere affiancati dalla continua azione delle istituzioni non solo in fase preventiva, ma anche in quella propriamente punitiva. Questa On.le Corte è chiamata, avendone raccolte tutti gli elementi di prova, a scrivere una pagina di giustizia giudiziaria, e scrivere che Mauro Rostagno è stato ucciso perché combatteva, a viso aperto, la mafia, le sue collusioni, dare giustizia alla sua famiglia, dare giustizia ai suoi amici “Ciao Mauro”, dare giustizia a tutti NOI, perché senza Mauro Rostagno, siamo diventati tutti più poveri, ci siamo sentiti più soli, ed abbiamo subito un danno enorme, anche un danno al nostro sapere. Ci sono crimini, come quelli mafiosi che devono essere sconfitti su due piani: se quello culturale è affidato anche alle associazioni operanti sul territorio, quello propriamente persecutorio e sanzionatorio deve essere realizzato esclusivamente e pienamente dall’Autorità Giudiziaria nel suo complesso, capace di individuare e sanzionare la condotta violente ed omicidiaria posta in essere dagli odierni imputati. L’omicidio di cui sono responsabili gli odierni imputati, aggravati dalla circostanza di rafforzare il complesso meccanismo criminale di Cosa Nostra, ledono direttamente Libera anche in riferimento agli scopi statutari (riportati nell’atto di costituzione di parte civile e nello stesso Statuto dell’Associazione prodotto in atti) che la stessa si prefigge – tra i quali figura, in maniera determinante, l’elaborazione di strategie di lotta non violenta al dominio mafioso e di resistenza alle infiltrazioni mafiose del territorio, e quello di Trapani, Palermo e dei paesi limitrofi 46 è un territorio in cui la violenza mafiosa semina morti, crea dolore, uccide e disegna una cultura di omertà e paura, tale da violare i diritti di libertà, di libertà economica, di libertà di movimento, di libertà di pensiero e di scelta. Tutto questo impoverisce tutti e la stessa terra di Sicilia. Libera con la sua quotidiana attività continua a costruire progetti e a proporre azioni all’insegna della legalità, continua a lavorare con le scuole, con i giovani, con la Chiesa, con l’Università. Libera costruisce e comunica, quello che ha insegnato Mauro Rostagno, un modello di vita senza la mafia, senza le oppressioni e la cultura dell’omertà che, di contro, i vertici mafiosi ed i gregari cercano di affermare quotidianamente, perché la loro forza si fonda sulla paura della gente di Sicilia. In questo scenario, il rafforzamento dei clan sul territorio, confermata dalle tante operazioni (che hanno avuto rilievo nazionale e non esclusivamente territoriale) lede il prestigio di Libera perché vanifica i risultati di una lotta complessa e costosa in termini di sforzi associativi e di vite umane coinvolte. La rilevanza del presente procedimento è dimostrata dagli stessi risultati di indagine che hanno consentito di accertare l’esistenza di precise condotte delittuosa che hanno sempre più avvantaggiato la famiglia mafiosa di Cosa Nostra attraverso condotte univoche e programmate nell’ambito d un meccanismo complesso, di connivenze politiche istituzionale mafiose. La mafia siciliana, dunque, non è fatta solo di grandi boss ma di un’ampia serie di sodali di cui i primi si servono per garantire la tenuta di un sistema che annienta la libertà personale di ogni cittadino siciliano, che, a volte inconsapevolmente, diventa strumento, oltre che vittima, del potere dei clan. 47 La violenza con cui si manifesta la mafia penalizza ogni tentativo di ribellione pacifica, terrorizza le vittime e le fa sentire isolate al punto di perdere la fiducia anche in un’ Associazione come Libera, presente ed attiva da anni sul territorio. Proprio in questa visione, anche per porre le condizioni necessarie al raggiungimento effettivo degli scopi sociali e ripristinare il bene giuridico leso, Libera deve necessariamente rafforzare l’azione sul campo e l’efficacia delle sue iniziative di contrasto al dominio criminale. Pertanto, nel particolare contesto siciliano, l’associazione deve sempre più aumentare le iniziative volte all’affermazione della cultura della legalità, deve e vuole costruire i progetti con le scuole, con le Università, con i giovani di questa bella terra, per comunicare loro che è possibile vivere in una terra libera dalla mafia e in una terra in cui nessuno deve “rapinare” la “speranza”, e il “senso di futuro”. Libera si impegna, come ha sempre fatto, a stare accanto ai familiari alle vittime della mafia, a fare memoria per costruire impegno, a supportare il cammino di tanti giovani che vogliono rimanere in questo territorio per fare impresa libera e per trovare un lavoro vero anche attraverso l’utilizzo dei beni confiscati alle mafie. Si impegna a stare accanto ai tanti giovani giornalisti che vogliono continuare ad avere una scrittura libera, continuare a fare giornalismo di inchiesta, senza perdere la vita. Nel danno non patrimoniale sofferto da "Libera" si intende ricompreso quello derivante ai soci dalla lesione dello scopo sociale che hanno assunto come proprio del sodalizio e che hanno visto frustrare dall’attività delittuosa posta in essere dagli imputati. 48 In riferimento ai parametri da considerare per la valutazione del danno non patrimoniale subìto, la costante giurisprudenza ha affermato che il giudice di merito, nell’effettuare la quantificazione del danno, deve tener conto della gravità dell’illecito di rilievo penale e di tutti gli elementi della fattispecie concreta. La giurisprudenza ha, inoltre, precisato che deve essere rispettata l’esigenza di una razionale correlazione tra l’entità oggettiva del danno ed il suo equivalente pecuniario, in modo da rendere il risarcimento adeguato al caso concreto, evitando che la liquidazione del danno non patrimoniale si riduca ad una somma meramente simbolica (cfr: Cass., sez. III, 14-07-2003, n. 11007; Cass., sez. III, 18-03-2003, n. 3980; Cass., 18.12.1987, n. 9430; Cass., 11.01.1988, n. 23; Cass., sez. III, 06.10.1994, n. 8177; Cass., 21.5.1996 n. 4671; Cass., sez. III, 02.03.1998, n. 2272; Cass. Civ. 25 ottobre 2002, n. 15102; Cass., sez. III, 18.03.2003, n. 3980; Cass., sez. III, 14-07-2003, n. 11007; Cass. 2 marzo 2004, n. 4186; Cass. civ., sez. III, 6 giugno 2008, n. 15029). Tra gli elementi da considerare per la valutazione del danno subito dall’Associazione “Libera” non va sottaciuta la continuità dell’attività posta in essere dall’associazione in favore di centinaia di familiari delle vittime di mafia, che sono state sorrette nella scelta di denunziare qualsiasi fatto e/o elementi a loro conoscenza, e di condurre battaglie per la ricerca della verità sui responsabili dell’omicidio del loro cari, e di costituirsi parte civile contro i loro autori. La costanza dell’attività svolta da Libera risulta anche dai dati sull’attività processuale svolta negli anni dall’Associazione, che si è costituita in diversi procedimenti penali, che si sono celebrati ed alcuni si stanno celebrando in tutto il territorio nazionale, (processo cd. Minotauro a Torino, processo cd. Black Monkey a Bologna, processo 49 cd. Caffè Macchiato a Napoli, processo c.d Meta a Reggio Calabria, processo penale contro il senatore D’Alì a Palermo, processo penale contro i responsabili dell’omicidio mafioso di un giovane di Niscemi, Pierantonio Sandri a Catania, processo penale cd. Trattativa Stato Mafia a Palermo, processo penale cd. Nuova Alba a Roma). Già in altri procedimenti a carico di imputati per reati dello stesso genere, sono stati liquidati a Libera congrui risarcimenti. La richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale è finalizzata al finanziamento ed al sostegno dell’attività istituzionale svolta dall’Associazione, senza alcuno scopo di lucro e specificatamente Libera indirizzerà la somma liquidata per i progetti sotto elencati. Alla luce di quanto esposto, Voglia l’On.le Corte di Assise respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa, affermare la penale responsabilità degli imputati per i reati ascrittigli, condannare gli stessi 1) alle pene richieste dall’Ufficio del Pubblico Ministero, cui questa difesa si associa; 2) al risarcimento/restituzione di tutti i danni subìti dalla parte civile Libera, Associazione Nomi e Numeri contro le mafie, che si richiedono nella misura di € 500.000,00 (euro cinquecento/00),oltre interessi e rivalutazione del credito o in quell’altra che questa On.le Corte riterrà equa; 50 3) al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad € 100.000,00 (euro centomila/00), in relazione alla parte di danno per cui si ritiene raggiunta la prova; 4) alla rifusione delle spese di costituzione di parte civile come da nota spesa che si allega. L’Associazione Libera utilizzerà la somma liquidata per realizzare dei progetti specificamente dedicati al territorio: 1. un progetto sarà destinato alle scuole medie e superiori per l’affermazione della cultura della legalità democratica; 2. un progetto sarà rivolto alle Università e verterà sulla tematica dell’Etica delle imprese e delle professioni ed Etica della Politica; 3. un progetto sarà destinato al riutilizzo sociale dei beni sequestrati e confiscati con particolare approfondimento dell’inserimento delle aziende nel mercato legale per sviluppare una economica solidale e partecipata dagli stessi soci e lavoratoti. Si allega: Sentenza del Tribunale di Reggio Calabria – Sezione del Giudice per le Indagini Preliminari, emessa in data 29.11.2011. Con riguardo. Modena/Trapani, lì 23 aprile 2014 Avv. Vincenza Rando 51 52