`Compimento dell`amore` di Musil

Transcript

`Compimento dell`amore` di Musil
§
PARAGRAFO
RIVISTA DI LETTERATURA & IMMAGINARI
Paragrafo
Rivista di Letteratura & Immaginari
pubblicazione semestrale
Redazione
FABIO CLETO, DANIELE GIGLIOLI, MERCEDES GONZÁLEZ DE SANDE,
FRANCESCO LO MONACO, FRANCESCA PASQUALI, VALENTINA PISANTY,
LUCA CARLO ROSSI, STEFANO ROSSO, AMELIA VALTOLINA
Segreteria di Redazione
STEFANIA CONSONNI
Ufficio 211
Università degli Studi di Bergamo
P.za Rosate 2, 24129 Bergamo - tel: +39-035-2052744 / 2052706
email: [email protected] - web: www.unibg.it/paragrafo
webmaster: VICENTE GONZÁLEZ DE SANDE
La veste grafica è a cura della Redazione
La responsabilità di opinioni e giudizi espressi negli articoli
è dei singoli collaboratori e non impegna la Redazione
Questo numero è pubblicato con il contributo del Dipartimento di Lettere,
Arti e Multimedialità e del Dottorato di Ricerca in Teoria e Analisi del Testo
© Università degli Studi di Bergamo
ISBN – 978-88-95184-50-0
Sestante Edizioni / Bergamo University Press
Via dell’Agro 10, 24124 Bergamo
tel. 035-4124204 - fax 035-4124206
email: [email protected] - web: www.sestanteedizioni.it
Stampato da Stamperia Stefanoni - Bergamo
Paragrafo
III (2007)
Sommario
QUESTIONI
§1. FRANCESCO GHELLI, Il potere del consumo fra storia e immaginario. Note in margine a L’impero irresistibile di Victoria de Grazia
7
§2. NUNZIA PALMIERI, L’epistolario di Umberto Saba. Storia di un’edizione mancata
29
§3. MARCO TOMASSINI, Il viaggio dell’eroe. Luther Blissett e le epifanie del molteplice
47
FORME
§4. FRANCESCA CAMURATI, Quando la tradizione è più forte della realtà.
Il modello ariostesco nella Araucana di Alonso de Ercilla
69
§5. GIULIANA ZEPPEGNO, Sergio Toppi illustra Friedrich Dürrenmatt
91
LETTURE
§6. ANTONELLA AMATO, Rilke, Nietzsche, e il Compimento dell’amore
di Musil
119
§7. SUYENNE FORLANI, Per un’analisi del messaggio pubblicitario russo
141
§8. SARA PANAZZA, Zoomorfismi dell’anima. Epifanie di decentramento
in Argo e il suo padrone di Svevo
157
I COLLABORATORI DI QUESTO NUMERO
175
NUMERI ARRETRATI
177
§
6
Antonella Amato
Rilke, Nietzsche,
e il Compimento dell’amore di Musil
Mi proposi di acuire ancora, nell’ultima elaborazione, le singolari prospettive intellettuali che formano il nucleo di ogni singola scena, di essere
ancora più intellettuale per non far nascere stanchezza dalla pesantezza
delle immagini, ma d’altra parte di riunire più nettamente le parti intorno allo sviluppo complessivo (vaghi pensieri fino alla conoscenza del valore della bugia, della solitudine, dell’infedeltà nell’amore). In terzo luogo
[…] devo essere un po’ più narrativo nel comune senso del termine, non
bisogna solo assistere allo sviluppo interno per necessità interne, ma anche vedere come una persona passa per gradi da una situazione all’altra.1
Così Musil annotava sul suo quaderno il 12 agosto 1910, totalmente assorbito dalla stesura del Compimento dell’amore (Die Vollendung der Liebe), prima delle due novelle che saranno stampate, circa un anno dopo,
con il titolo Vereinigungen.2
Il progetto si rivela sin dall’inizio complesso, tormentato, come dimostrano le numerose lettere a Franz Blei, a Paul Scheffer, e le riflessioni annotate parallelamente alla composizione, nel tentativo di creare una forma narrativa originale e di allontanarsi da una narrazione fondata sul rapporto causa-effetto e da “schizzi alla Maupassant”. L’obiettivo e, nello
stesso tempo, la difficoltà più grande, è, sin da subito, quello di creare
1
Robert Musil, Tagebucher (1976), trad. it. di Enrico De Angelis, Diari, Torino: Einaudi, 1980, pp. 332-33. D’ora innanzi, D.
2
La traduzione letterale di Vereinigungen è Unioni: meno precisa risulta quella preferita
da Anitha Rho – ossia Incontri – nella traduzione Einaudi del 1980. Nell’edizione Newton Compton del 1991 Giacinto Spagnoletti traduce, invece, Congiungimenti. Per quanto
riguarda Il compimento dell’amore, ricordiamo la traduzione di Giulio Bertocchini, Pordenone: Studio Tesi, 1994.
PARAGRAFO III (2007), pp. 119-39
120 /
ANTONELLA AMATO
una narrazione fluida che riesca a “costruire demolendo, a concentrare
sciorinando, a dissolvere tenendo tutto unito”, dosando “concettualità e
concretezza”, “sentimento e la zona intellettual-emozionale”.3 Non bisogna dimenticare che Il compimento dell’amore è una “parabola”, dice Musil, che parte da un anello iniziale, ossia l’amore, per concludersi con
quello finale dell’infedeltà, un viaggio attraverso i sensi e la loro esplosione per giungere ad un “altro stato” (SL, p. 110), dove si spezzano le catene che ci legano all’esistente. Vediamone le tappe principali.
1. Nella prima parte del racconto marito e moglie siedono in salotto, in
una tipica ambientazione borghese; un’apparente, perfetta, sintonia sembra regnare tra i due, tuttavia vi è l’ombra di un disagio che li allontana
(“Ma quell’altro elemento quasi corporeo lo potevano percepire solo loro
due, e sembrava teso fra di essi come un ponte di metallo durissimo che li
tenesse fermi ai loro posti eppure li unisse, benché così distanti, in un’unità quasi tangibile”).4 Prendono il tè avvolti in un’atmosfera vibrante in
cui avvertono “di non poter vivere l’uno senza l’altro”, ma sono, anche,
silenziosamente consapevoli di un’ansia sottile che li separa e rende difficile un’intimità completa. Sentono, quindi, di dover ignorare questa impressione, di dover parlare di altro per non parlare di sé. Ma l’argomento
scelto, un libro letto da entrambi incentrato sulla figura di un certo G.,
un maniaco sessuale, tradisce, soprattutto da parte della donna, la necessità di rompere questo silenzio e di aprire un piccolo squarcio sulla sua
natura tormentata (“‘Per me’, disse la donna, e si capì che non parlava di
quell’individuo casuale, ma di qualcosa di preciso che già si delineava dietro di esso, ‘per me egli crede di agire bene’”; “Egli fa male alle sue vittime, le fa soffrire, […] sconvolge la loro sensualità e la agita così che non
potrà mai giungere a una meta e acquietarsi… e tuttavia sembra di vederlo sorridere… tutto molle e pallido in volto, malinconico eppure risoluto,
pieno di tenerezza… con un sorriso carezzevole che aleggia su di lui e sulle sue vittime… come un giorno di pioggia sulla campagna”; V, p. 7).
Non a caso, subito dopo, la donna riporta la discussione su un piano privato, ricordando al marito una notte in cui essa, nonostante la vicinanza,
avrebbe desiderato essere lontano da lui.
3
Robert Musil, Essays und Reden (1976), trad. it. di Andrea Casalegno, Saggi e lettere,
Torino: Einaudi, 1995, pp. 7, 10. D’ora innanzi, SL.
4
Robert Musil, Incontri, Torino: Einaudi, 1980, p. 6. D’ora innanzi, V.
RILKE, NIETZSCHE, E IL COMPIMENTO DELL’AMORE DI MUSIL
/ 121
Nella seconda parte l’ambientazione da interna diventa esterna, e il
personaggio assume un’identità ben precisa; Claudine si trova alla stazione in procinto di partire per andare a trovare sua figlia in collegio. Il cambiamento coincide con l’inizio del viaggio della donna e con la rievocazione del proprio passato: si apre immediatamente una finestra sulla sua
vita trascorsa in cui “ella commetteva o subiva atti che andavano dalla
passione all’umiliazione” (V, p. 11).5 Appaiono, quindi, i motivi centrali
del racconto.
Si fa strada in lei la sensazione di “qualcosa di irreperibile” che si agita
dentro, una “essenza nascosta della sua vita”. Compare anche, per ben tre
volte, la parola Zufall, che nella prima parte era comparsa solo una volta a
proposito del maniaco definito zufälligen (“E che proprio ora ella dovesse
ripensare a quel tempo poteva dipendere dal caso, oppure dal suo andare
a trovare la bambina, o da qualche altra cosa di solito indifferente”; “Pur
nella sua felicità Claudine era assalita talora dalla consapevolezza di una
nuda realtà, quasi di una casualità”; “Non era un pensiero casuale, al contrario conteneva qualcosa di quella solitudine sconfinata e tumultuosa
nella quale il suo sentimento cercava invano un punto d’appoggio”; V,
pp. 11, 16-17, 20). Sulla scia dei ricordi Claudine, progressivamente, cede a un sottile e confuso sgomento: si impadronisce di lei uno “sprigionamento di forze” (Kräftefreimachen) che la spinge a ripensare la sua passione per il marito come “una coercizione, un obbligo, un travolgimento” e
a sentirne, subito dopo, rimorso; tuttavia “poteva immaginare di appartenere a un altro uomo, e non sembrava un tradimento ma un matrimonio
supremo” (V, pp. 16, 18). Ella si accorge, inoltre, di amare suo marito soprattutto quando pensa di “infliggergli l’estrema offesa mortale” (V, p.
19), e comincia e sentire distintamente il peso di un destino (Schicksal)
che sembra incatenarla (“E qualche volta le pareva di essere destinata ad
una ignota sofferenza d’amore”; “E allora improvvisamente tutto le apparve come un destino. Era destino l’essere partita, l’essere abbandonata
dalla natura, l’aver paventato e temuto quel viaggio fin dal principio, l’aver paura di sé, degli altri, della propria felici”; “Ella provò la profondissima staccata felicità umana di essere al mondo, con la coscienza di non
5
Cases fa notare l’ambiguità della parola partenza, in tedesco Aufbruch: intraducibile
perché oltre all’idea di partenza contiene anche quella di rottura e denota “l’uscita dall’esistente, dalla società costituita, dalla società occidentale malata”. Cesare Cases, “Storie senza principio e senza fine”, in Robert Musil, Romanzi brevi, novelle e aforismi, Torino: Einaudi, 1986, p. xiii.
122 /
ANTONELLA AMATO
potervi entrare, di non poter trovare tra i suoi decreti quello che era destinato a lei”; V, p. 17, 20-21). La parola Schicksal, nelle varianti, anche, di
Bestimmt, compare, in questa seconda parte, tre volte, in perfetta sintonia
con le tre volte di Zufall.
La terza ed ultima parte del racconto coincide con la fine del viaggio e
l’incontro con un uomo, un consigliere ministeriale; una frenesia sensuale
divampa sempre più in lei, come se “i limiti del suo essere si fossero allargati invisibilmente e sensitivamente ed ogni cosa li urtasse e li facesse tremare” (V, p. 25). Ma non si tratta semplicemente di qualcosa di sensuale;
con il procedere del viaggio, in mezzo a gente estranea, essa riscopre una
parte di sé che credeva morta per sempre. Lontana dall’atmosfera ovattata
del suo matrimonio, sente un’inquietudine, una corrente impetuosa che
la spinge a desiderare, a tratti, la fine del suo grande amore, e il raggiungimento di una dimensione privata, inaccessibile agli altri in cui lasciarsi
andare all’arbitrarietà degli eventi. In Claudine si attua una specie di dilatazione emozionale che altera i rapporti tra lei e il mondo, e le impedisce
di riaffermare il proprio equilibrio interno rispetto agli accadimenti esterni: la tentazione del passato sembra richiamarla dagli abissi del tempo
riempiendola di un “orrore voluttuoso”, e l’amore per il marito, sempre
più debole ma costante, come nella parte precedente, si lega inevitabilmente al languore sensuale provato nei confronti dello sconosciuto, all’atto estremo del tradimento.
Nella notte, in albergo, un risveglio improvviso; essa è “molto lontana
da se stessa”, dai suoi consueti comportamenti: l’uomo irrompe nei suoi
pensieri trascinandola in un vortice di desiderio “inconcepibile, assurdo,
brancolante”. Appare evidente però che egli è soltanto il segno di qualcosa di più profondo: “Capiva chiaramente che non lo sconosciuto l’attirava, bensì quell’ansia e quell’attesa, una felicità dai denti aguzzi, un’estasi
selvaggia e abbandonata di essere se stessa, creatura umana, viva e desta
come una ferita aperta tra le cose inanimate” (V, pp. 27, 29); nello stesso
modo, e con la stessa lucidità, Claudine comprende che quello che le accade è indipendente dal suo volere, quello che le accade è, semplicemente, il suo destino (Schicksal), irrevocabile e prezioso, che le ridona la “tenera particella, sperduta dentro di lei, di un amore che cercava il proprio
compimento” (V, p. 31).
La mattina dopo, il tentativo di spedire la lettera al marito coincide
con la speranza di salvarsi da se stessa, ma l’interruzione delle comunicazioni la spinge a strappare la lettera, e ad arrendersi al “liquido ardente e
RILKE, NIETZSCHE, E IL COMPIMENTO DELL’AMORE DI MUSIL
/ 123
amaro” (V, p. 35) che le dilaga dentro. Nell’incontro successivo con il
consigliere ministeriale ella avverte la possibilità concreta (Möglichkeit)
che le sue fantasie diventino reali, la Möglichkeit o, meglio, il “gioco della
possibilità”, che tutto possa accadere: “La sua vita si scindeva in mille
possibilità, si svolgeva come scenari arrotolati di molte vite diverse” e lei
si sentiva “un essere casuale, separata dagli altri solo da un involucro mutevole di caso e realtà” (V, p. 39). Il passato e il presente si intrecciano e,
in un’atmosfera irrealmente sospesa, Claudine prova per quest’uomo “un
sentimento simile a un bagliore senza sostanza, senza leggi, che stranamente fluttuava in lei come se non le appartenesse” (V, p. 43); tenta di rifugiarsi nel sentimento per il marito perché “lì si sentiva protetta” e “le
cose non tagliavano la notte come aguzzi rostri di navi” (V, p. 50), tuttavia comprende che è inutile. Interessante notare che, in questa parte, la
parola Zufall compare per ben quattordici volte, contro le quattro di
Schicksal e le tre di Möglichkeit: l’esistenza di Claudine è, quindi, “un disegno casuale” che si svolge in un’atmosfera di necessità. Essa si sottomette al casuale nel senso di una necessità irrazionale raggiungendo l’apice
nel prostrarsi, in preda ad una eccitazione disperata, a quattro zampe,
dietro la porta dove l’uomo indugia, e improvvisamente sente che deve
aprire, che deve superare “l’angoscia mortale” e la rigida oppressione che
grava sulla vita nella consapevolezza che occorre “dare via tutto quello che
si può abbandonare, per avvolgerci più strettamente in quello che nessuno può toccare” (V, p. 56).
Nel momento conclusivo di questa terza parte il suo percorso interiore raggiunge il punto più alto; Claudine cede al Zufall, come dice al consigliere ministeriale (“Quel che mi piace è stare con lei, il fatto, il caso di
stare con lei”; V, p. 59), si abbandona all’uomo, e mentre il suo corpo si
riempie di voluttà e di orrore, proprio nel momento del tradimento nei
confronti del marito, ristabilisce inspiegabilmente un contatto profondo
con la parte più reale di sé, liberandosi da coercizioni e obblighi. L’infedeltà inevitabile che la separa dall’amato le permette di raggiungere “l’estrema fedeltà che aveva serbata nel suo corpo” (V, p. 49) e di comprendere finalmente cosa significhi “für alle da sein können und doch nur wie
für einen”, ossia “poter esistere come per tutti e tuttavia solo per uno”.6
6
In questo caso preferiamo la traduzione citata di Giulio Bertocchini (p. 67). Anita
Rho traduce impropriamente “Come un potersi dare a tutti, eppure appartenere a uno solo” (p. 60), dando al testo un’impronta marcatamente sensuale che, con ogni probabilità,
Musil non aveva previsto per il momento finale della novella.
124 /
ANTONELLA AMATO
La decisione, tanto improvvisa quanto involontaria, di dare del tu al consigliere rivela che Claudine ha concluso la sua personale evoluzione: essa
conquista la consapevolezza che l’unica vera “tenerezza” (Zärtlichkeit) è
verso stessi, ogni rapporto, ogni amore è il risultato del caso, e che “si
ama quell’unica persona non per necessità ma per arbitrio, mentre se ne
potrebbero amare mille altre”.7
2. Nel 1911, in un abbozzo di prefazione a Vereinigungen, Musil scriveva:
All’estrema superficie ci sono temperamenti, caratteri. Un po’ più in
profondità gli onestuomini hanno macchie di farabuttaggine, i Grandi
Momenti di stupidità ecc. In questa sfera vivono la grande narrativa e la
grande descrizione degli uomini nel dramma. Qui sono maestri Tolstoj,
Dostoevskij, Hauptmann, Thackeray. Ancora un po’ più in profondità gli
uomini si dissolvono in nullità. È la sfera in cui si smette a metà di un’esplosione passionale. Si sente che qui non c’è più nulla dell’individuo, ci
sono solo pensieri, relazioni generali che non hanno la tendenza e la capacità di formare un individuo. In questa sfera si svolgono le novelle, da
questa sfera, dall’esistenza di questa sfera esse traggono il loro conflitto.
Dalla sfera profonda presa sul serio, non dalla nullità, ma dall’entusiasmo
tragico per essa.8
La riflessione teorica che Musil svolge riguardo alla distinzione tra romanzo e novella permette di intuire immediatamente il senso della composizione di Vereinigungen. L’oggetto della novella emerge, per lo scrittore
austriaco, nel momento in cui l’autonomia dell’individuo è annullata da
forze che lo trascendono, che lo dominano; la novella si distacca dalla necessità di rappresentazione totale dei destini esteriori propria del romanzo, consapevole della frammentarietà dell’esperienza umana, e permette,
dunque, di scegliere un momento significativo, di soffermarsi sul processo, tutto interno, di dissolvimento dell’individuo, anzi, sull’“entusiasmo
tragico” dovuto a questo dissolvimento: i personaggi non contano molto,
a contare è il loro cedimento davanti all’ondata irresistibile dell’irrazionale (sono privati anche dei nomi, sono ridotti a pura funzione dell’esperienza di Claudine); essi non si scontrano con i “fatti solidi, compatti”
della realtà, ma procedono su “un terreno cosparso di buchi”, di “abissi
7
Giulio Bertocchini, “Introduzione”, in Robert Musil, Il compimento dell’amore, cit.,
p. xvi.
8
Cit. in Cesare Cases, op. cit., pp. x-xi.
RILKE, NIETZSCHE, E IL COMPIMENTO DELL’AMORE DI MUSIL
/ 125
che vanno alla deriva in un oceano senza fondo”.9 La conoscenza della vita, della realtà, si rivela, per loro, come la scansione sempre più profonda
dell’esercizio di un pensiero implacabile, che mette in discussione ogni
evento, che si dispiega in un regime di continue oscillazioni tra possibili
alternative. Claudine, e anche Veronika (la protagonista di Die Versuchung der Stillen Veronika, la seconda novella di Vereinigungen), si immergono in un lacerante processo di disarticolazione della realtà, perché esse
vogliono esistere contro la realtà sottraendosi “a quell’univocità che costituisce il peso insostenibile e terribile dell’esistenza dell’uomo”.10 (Non è
un caso che Claudine dica al marito: “Non è ogni cervello qualcosa di solitario e di unico?… sì, non è ogni cervello qualcosa di solitario?”.) Da
questo conflitto, da questa “sfera non razioide”, dalle “determinanti vere
dell’agire, etiche, e non semplicemente psicologiche” (D, p. 359), nascono le novelle, differenziandosi in maniera netta dalla grande narrativa che
“considera e raffigura un destino umano come tutto nella più semplice
sintesi epica”.11
È chiaro, dunque, che, tra romanzo e novella, non si tratta soltanto di
una questione di differenza compositiva ma di essenza; nella distinzione
tra “superficie” e “profondità” è già implicito il senso della ricerca musiliana tutta volta ad ampliare il nesso oggettivo dei sentimenti e dei pensieri, ad accennare ciò che non si lascia esprimere a parole, senza dimenticare, tuttavia, che “ogni pensiero deve collocarsi dietro una situazione,
deve avere valore anche nella vita reale” (D, p. 358).
Nel 1932, in un abbozzo per una postilla al secondo volume dell’Uomo senza qualità, Musil spiega con maggiore chiarezza il rapporto che intercorre tra l’elemento interiore e l’elemento esteriore in poesia e, ancora
una volta, mette a confronto la “grande narrativa” con il processo di composizione di Vereinigungen:
Non avevo letto molto e non avevo modelli. Hauptmann, che era già assai celebre, per i miei gusti aveva una capacità spirituale troppo limitata.
Quel che in Ibsen era significativo a quell’epoca lo capivo altrettanto po9
Abbiamo preso in prestito questa espressione dalla discussione tra Törless, Beineberg e
Reiting ne Il giovane Törless. Ma il concetto in Musil è costante; ne I fanatici Thomas dirà
a Maria: “Non si è mai così se stessi come quando ci si perde”. Robert Musil, I fanatici, in
Id., Racconti e teatro, Torino: Einaudi, 1964, p. 366.
10
Aldo Gargani, La frase infinita. Thomas Bernhard e la cultura austriaca, Roma-Bari:
Laterza, 1990, p. 14.
11
Cit. in Cesare Cases, op. cit., p. x.
126 /
ANTONELLA AMATO
co […], la sua profondità spirituale, era un ridicolo errore. Hamsun, che
nelle sue opere giovanili offriva grandi digressioni intellettuali, ve le inseriva come nella vecchia opera si inserivano le arie nell’azione, e D’Annunzio non procedeva in maniera molto diversa. Stendhal non lo capivo e
Flaubert non lo conoscevo. Ma conoscevo Dostoevskij e dal momento
che lo amavo moltissimo […] oggi posso valutare nella maniera più chiara la mia collocazione e la mia situazione di allora rifacendomi al rapporto con lui: egli mi sembrava spiritualmente troppo impreciso! Avevo l’impressione che il suo modo di trattare il problema non fosse abbastanza
univoco! […]. Mi occupavo dunque di idee che rientravano già nell’ambito dei Fanatici e dell’Uomo senza qualità, quando ricevetti l’invito a
scrivere una breve novella per una rivista letteraria. […] Poi ho ricevuto
un altro invito, e per un motivo qualsiasi volevo buttare giù rapidamente
una storia dal medesimo ambito tematico della gelosia (laddove la gelosia
sessuale forniva soltanto lo spunto, mentre ciò che mi interessava era l’insicurezza dell’uomo circa il valore o forse la vera natura di se stesso e della
persona a lui più vicina) […] e volevo trattarla pressappoco alla maniera
di Maupassant […]. Ora, per chi ha letto Il compimento dell’amore non
esiste certo contrasto più incomprensibile di quello fra quella intenzione
e la sua attuazione. (D, pp. 1583-84)
È evidente che la ricerca di Musil muove, in primis, dal desiderio di liberarsi dalle forzature imposte dalla grande narrativa del passato, ingabbiata
da una “capacità spirituale troppo limitata” e da una “univocità” estranea
a quelle “conoscenze del sentimento e a vibrazioni del pensiero che non si
lasciano cogliere in generale, né attraverso i concetti, ma solo nel tremolio
del caso individuale”. Haumptmann, Ibsen, Hamsun, così come
Stendhal, Flaubert, e gli stessi D’Annunzio e Dostoevskij, che Musil pure
ammirava, sono ancora legati a un concetto di narrazione drammatica la
cui essenza sta nella rappresentazione di conflitti puramente psicologici,
nella descrizione del comportamento interiore ed esteriore dei personaggi
nel corso dell’azione; ma questa “interiorità psicologica”, spiega Musil in
Sui libri di Robert Musil, alludendo velatamente agli autori sopra citati,
“in fondo non è altro che un’esteriorità di secondo grado. In questo modo si rappresentano […] soltanto le conseguenze di quanto vi è di essenziale nell’uomo: non l’essenziale stesso”.12
La composizione del Compimento è, allora, soprattutto, una ricerca
sull’elaborazione di un nuovo linguaggio, di una nuova grammatica filo12
Robert Musil, Über Robert Musil’s Bücher (1913), trad. it. Sui libri di Robert Musil, in
SL, p. 11.
RILKE, NIETZSCHE, E IL COMPIMENTO DELL’AMORE DI MUSIL
/ 127
sofica in stretta connessione con l’approfondimento di istanze e bisogni
etici, la rappresentazione fedele della crisi della nozione tradizionale della
soggettività umana nei termini di un io forte e centrato, portatore di una
visione onnicomprensiva della realtà e della vita, e la conferma che esiste
“una seconda patria in cui tutto ciò che si fa è innocente”.13 Claudine, ma
anche la silenziosa Veronika, costituiscono “l’iniziazione di una nuova
simbolica del mondo, nel quale si pensa con il cuore, con le viscere, con
gli ingorghi del sangue, e con quello che fino ad ora è stato il grande
escluso, e cioè il corpo, che dischiude una relazione piena di echi e di presagi con l’esistenza e la vita”.14 Claudine abbandona il razionale per afferrare, come scriveva Hermann Bahr, “ciò che sta al di là dell’intelletto e
prima del sentimento, ciò che si annida sotto la soglia della coscienza”,15 e
nel variare del suo fattore emozionale cambia, di conseguenza, anche la
sua capacità di osservare il mondo che diventa mobile, visionario e irrazionale: “un’esperienza solo apparentemente mossa dall’esterno da un alito leggerissimo, ma che nei suoi tratti decisivi è del tutto inamovibile dall’esterno” (D, p. 1602).
L’articolazione in profondità è strettamente legata a due tesi fondamentali per la stesura della novella che Musil teorizzò proprio a proposito
degli Vereinigungen: “la via dei passi minimi”, ossia “la via del passaggio
più graduale, più impercettibile”, e il “principio dei passi motivati” per
cui è necessario “non fare accadere nulla che non abbia un valore psichico” e, soprattutto, “non fare niente di causale, niente di meccanico” (D,
p. 1602). La storia si presenta, dunque, come il percorso di una vicenda
individuale che si snoda in maniera progressiva, con passaggi continui, e
infinitesimi, ma governati da forze antagonistiche e tentacolari: le relazioni che si stabiliscono tra i fatti non rispettano una connessione logicoanalitica, sono simultanee e non successive, nascono dai motivi intimi del
testo stesso, dagli impulsi ad agire della protagonista, e non sono causali o
esplicative, fondate cioè sull’intelletto. Mentre “la causalità cerca la regola
attraverso la regolarità e constata ciò che è soggetto a un vincolo permanente, la motivazione spiega il motivo suscitando un impulso ad agire, a
sentire, a pensare allo stesso modo”.16
13
Robert Musil, Der Mann ohne Eigenschaften (1930-1933), cit. in Aldo Gargani, op.
cit., p. 66.
14
Hugo von Hofmannsthal, Ein Brief von Lord Chandos (1925), cit. ivi, p. 67.
15
Herman Bahr, Die Überwindung des Naturalismus (1891), cit. ivi, p. 69.
16
Robert Musil, Geist und Erfahrung (1921), trad. it. Spirito ed esperienza, in SL, p. 48.
128 /
ANTONELLA AMATO
I Vereinigungen nascono, in primis, dal rifiuto della spiegazione scientifica degli accadimenti, e dal desiderio di collocarsi in un centro dal quale si possono cogliere le illuminazioni che restituiscono un senso alla nostra vita, quel senso che ne costituisce la motivazione interna ma che è
stato cancellato dal modello della considerazione causale. Se il realismo
ha la prerogativa di descrivere fedelmente le cose come sono in realtà, come appaiono in superficie, la necessità, riscontrata nella stesura del Compimento, è quella di riuscire, invece, ad operare in “profondità”, per scorgere ciò che si svolge dietro quella “superficie”, le determinanti etiche dell’agire, le motivazioni psichiche, i motivi più intimi che contribuiscono a
creare una vicenda umana, e portare alla luce “il poligono infinitamente
spezzato di una catena di sentimenti e di pensieri”.17
3. Da una lettera che Musil scrive a Blei, posteriore al 15 luglio 1911:
In queste novelle viene fatto un uso dell’espressione, dell’enunciazione, in
particolare del figurato e della parabola, che devia dalla norma. Non si
tratta di qualcosa, di un ornamento e di un apporto integrativo a ciò che
viene narrato, ma di un elemento costitutivo, primario, integrante e del
tutto essenziale del racconto.[…]. Le similitudini, le immagini, lo stile,
non li detta l’autore, sono invece elementi psichici costitutivi dei personaggi e ne circoscrivono la sfera del sentimento.
La vicenda che di solito trova la sua naturale collocazione in una riflessione oppure in un accadimento, qui con sintesi esatta viene compressa in
un’immagine. E perciò quest’immagine non è simbolica, ma distinta. E
non ha neppure il carattere di parabola, bensì è categorica e perciò dichiarativa e narrante. E non si tratta di inibizione ma di evoluzione. E non è
che la persona raccontata guardi se stessa in tali immagini: essa è in quelle
immagini. (SL, p. 553).
Le riflessioni con cui Musil tenta di spiegare la struttura stilistica delle
novelle confermano una nuova capacità espressiva, ma, soprattutto, anticipano altre importanti riflessioni su Rainer Maria Rilke, cui le Vereinigungen dovevavo essere dedicate. Già nel settembre del 1910, in una lettera a Johannes Von Allesch, Musil parlava delle Aufzeichnungen des Malte
Laurids Brigge, uscito pochi mesi prima, e manifestava, invece, tutto il
suo scontento per Vereinigungen, nel punto cruciale della loro composizione (SL, p. 540); nel 1914, scriveva allo stesso Rilke, lasciando intuire
17
Robert Musil, Sui libri di Robert Musil, in SL, p. 10.
RILKE, NIETZSCHE, E IL COMPIMENTO DELL’AMORE DI MUSIL
/ 129
quanto la sua opera fosse stata importante nella stesura delle novelle (SL,
p. 558). Ma è nella conferenza nel gennaio del 1927, in memoria dello
scrittore ceco, che Musil tiene un discorso, rivelatore, in più punti, dell’influenza che Rilke ebbe sullo stile delle novelle, in particolare sull’uso
delle immagini e delle metafore.
La sua meta non è mai un oggetto particolare.
Parla di un violino, di una pietra, di una ragazza bionda, di fenicotteri,
fontane, città, ciechi, pazzi, mendicanti, accattoni, angeli, mutilati, cavalieri, ricchi, monarchi… diventa poesia amorosa, poesia della rinuncia,
poesia devota, poesia del tumulto della lotta, semplice poesia descrittiva,
a volte gravata da reminescenze culturali…diventa canzone, leggenda,
ballata… ma ciò che sprigiona e guida l’emozione lirica non è mai il contenuto stesso della poesia, è sempre qualcosa che si avvicina all’esistenza
insondabile delle idee e delle cose descritte, al caos insondabile e all’intreccio invisibile che le abbraccia.
È possibile notare una sottile linea di unione tra ciò che Musil esalta di
Rilke e il Compimento: il tentativo di creare una poesia in cui l’“emozione
lirica” non nasca dal contenuto del testo, dalla “configurazione oggettiva
dei fatti”, ma da ciò che vi si nasconde dietro. Anche per Musil la mèta
non è mai un oggetto preciso: le immagini, gli oggetti, i luoghi, descrivono le situazioni reali di una persona, dietro cui si collocano pensieri reali,
emozioni fisiche.
Ma è subito dopo che Musil rende ancora più evidente il rapporto tra
le due opere:
Ogni cosa diviene metafora di un’altra cosa. In Rilke le pietre e gli alberi
non diventano esseri umani (come hanno sempre fatto, dovunque si siano scritte delle poesie), anzi gli esseri umani diventano cose, esseri senza
nome, e raggiungono soltanto così la propria definitiva umanità […]. Nel
sentimento di questo grande poeta, possiamo dire, tutto è metafora e –
nulla è soltanto metafora. […] Una cosa non viene mai paragonata a
un’altra cosa come se fossero due cose distinte e separate, che restano tali:
anche dove ciò avviene, dove si dice che una cosa qualsiasi è ‘come’ un’altra cosa, nello stesso momento è come se, fin dai tempi dei tempi, essa
fosse sempre stata quell’altra cosa. Le proprietà di una cosa diventano
proprietà comuni di tutte le cose!18
18
Robert Musil, Rede zur Rilke-Feier (1927), trad. it. Discorso in onore di Rilke, in SL,
pp. 151-52.
130 /
ANTONELLA AMATO
Musil si sofferma in maniera approfondita sul valore delle “cose”, e sul
concetto di metafora, dando l’impressione di un vero e proprio autocommento. Riecheggiando ciò che spiegava a Blei nella lettera del 15 luglio, esprime chiaramente che la vera novità è un “accrescimento dell’oggetto”, e, soprattutto, un “nuovo orientamento dell’oggetto, più che del
sentimento che l’oggetto suscita nell’osservatore”. La metafora è uno strumento formale che crea significative relazioni tra le cose e gli esseri umani, ma il suo significato non si esaurisce qui. Musil mette l’accento sulla
sua funzione vivificante e creativa: la metafora rilkiana è un’entità vibrante che contempla ed incorpora il singolo elemento in una realtà viva,
“animizza e dinamizza idee e sentimenti”,19 e fa, quindi, parte dell’“ossatura” del libro, non della “superficie”.
La stessa cosa sembra accadere nel Compimento; la narrazione scivola
lentamente di metafora in metafora, “come se anche il linguaggio disdegnasse la superficialità descrittiva e ricorresse a uno strato più profondo”,20 in un divenire costante in cui tutti gli elementi in gioco si fondono
per poi, subito dopo, riacquistare la propria autonomia: e così, il “mondo” diventa “fresco come un letto”, Claudine diventa un “animale”, una
“ferita aperta”, una “cagna annusante”, una “sfera calda e splendente”;
l’“infedeltà”, invece, una “pioggia quieta”, un “cielo teso”; l’“incredulità”
un “tessuto di una leggerezza dolce come la morte”, o un “arabesco di un
gusto ancora sconosciuto”.
È evidente, quindi, che rappresentare le cose, per entrambi gli autori,
consiste “nel connetterle con le altre, inserendole in un reticolo di relazioni analogiche”.21
Basti pensare a ciò che Musil dice dopo:
In lui le cose sono come intessute su un arazzo. Se guardiamo le cose una
per una, esse sono separate; ma se concentriamo l’attenzione sullo sfondo,
le cose sono unite dallo sfondo stesso. Il loro aspetto muta e fra esse nascono strane relazioni. Qui non c’entra la filosofia, non c’entra la scepsi,
non c’entra null’altro che l’esperienza viva. […] Per questo nelle sue poesie tutte le cose e tutti gli eventi sono imparentati fra loro, e si scambiano
di posto, come le stelle, le quali si muovono, anche se non si vede. […]
Sapeva vedere in un altro modo. In un modo nuovo, interiore.
19
Cesare Cases, op. cit., p. xiii.
Ivi, pp. xiv-xv.
21
Aldo Gargani, “Musil e la metafora”, Metaphorein, 7, luglio-ottobre 1979, p. 54.
20
RILKE, NIETZSCHE, E IL COMPIMENTO DELL’AMORE DI MUSIL
/ 131
Ed è proprio questo “modo nuovo, interiore” che scopre e che tenta di
trasportare nelle novelle, a questo punto del suo percorso artistico. Come
spiegava nella lettera a Blei, l’immagine viene messa in relazione esclusiva
con il sentimento, con la sfera emozionale, e niente ha a che fare con
l’“ornamento”, ma piuttosto con l’“inquietudine”, l’“instabilità”, la
“frammentarietà”, ossia con il “sentimento nella sua globalità”.22 È evidente che i riferimenti dello scrittore austriaco vadano nella direzione del
simbolismo: l’immagine è qualcosa di molto simile ad un’idea, ad una
sintesi di totalità. Ciò che Musil scorge, ed ama, in Rilke, è quel genere di
emozione spirituale che non si lascia comprimere e portare a condensazione, ma che ha a che fare con l’esperienza vissuta, con i sensi. Sulla scia,
anche, della lettura di D’Annunzio, avvenuta molto probabilmente intorno al 1898-1899, il nucleo delle metafore musiliane è dato dal concetto
di erotismo, di amore, ossia “dal tentativo di vedere nel singolo sia una
totalità in sé sia i suoi rapporti con la totalità dell’essere”.23
La metafora rilkiana non è, quindi, soltanto uno strumento di rappresentazione; essa rivela a Musil un altro point de vue da cui osservare il
mondo: l’uso di tale dispositivo semiologico crea un’oscillazione continua
che sottrae l’esistenza alla pietrificazione di un ordine prestabilito, alla fissità che non ammette deviazioni, e permette un “capovolgimento dell’attitudine conoscitiva” e il raggiungimento di una dimensione alternativa
in cui si scoprono rapporti, connessioni, variabili sempre nuove.
4. Ma in che cosa Rilke colpì davvero Musil? E cosa, i Quaderni, hanno
poi in comune con il Compimento?
Il Malte è un diario, costruito attraverso frammenti eterogenei, di un
giovane aristocratico danese morto in miseria a Parigi: in un’atmosfera
decadente e cupa, a metà tra esperienza reale e delirio, si susseguono,
dunque, ricordi d’infanzia, “pensieri e soliloqui filosofici, immaginazioni
lugubri o romantiche, impressioni di viaggio, rievocazioni di personaggi
storici; e poi nausee, angoscie, impeti, abbandoni, estasi e pianti”.24 Fin
qui, poco e nulla in comune con la novella. Tuttavia qualcosa di profondamente nuovo accadeva nelle sue pagine, che rompeva i ponti con la tradizione della narrativa precedente, e gettava un significativo punto di
22
Robert Musil, Discorso in onore di Rilke, cit., pp. 154-55.
Enrico De Angelis, Robert Musil. Biografia e profilo critico, Torino: Einaudi, 1982, p. 81.
24
Vincenzo Errante, “Introduzione”, in Quaderni di Malte Laurids Brigge, Torino:
UTET, 1971, pp. 23-24.
23
132 /
ANTONELLA AMATO
contatto con le successive scelte musiliane: in primis la mancanza di una
vera e propria dimensione psicologica; i Quaderni, benché diano prova di
una straordinaria capacità di analisi e di penetrazione psicologica, non
ambiscono a creare un personaggio a tutto tondo, né quindi a scavare
nella sua psiche. Ciò che interessa a Rilke non è il caso singolo, egli non
mira a cercare il senso della vicenda personale di Malte, del suo destino
privato, perché quest’ultimo rappresenta solo una “cristallizzazione momentanea di alcune possibilità spirituali del suo tempo, di alcuni fenomeni psichici e sociologici della sua epoca”;25 allo stesso modo Musil rappresenta, in Claudine, la “sezione trasversale di una simile persona”,26 ciò che
di “spiritualmente tipico”27 vi è in una donna posta davanti ad una serie
di possibilità, o, per usare le parole dello scrittore austriaco, “la ben caratterizzata possibilità di una specie”.28 In entrambi i casi vengono evitati
tutti quei “tratti vitali” che legittimerebbero la presenza di una “unità individuale”: per dirla ancora con Musil, il principium individuationis è
completamente assente.
Non solo. La narrazione rilkiana si scompone in molteplici e antinomiche possibilità, e privilegia una “logica combinatoria”, rispetto ad un
“processo consecutivo”,29 che frantuma l’armonia classica tra ideale e reale, e anticipa la “rottura del tradizionale genere letterario, e della classica
humanitas ottocentesca”.30
In terzo luogo, il concetto di amore, e la conclusione delle due opere.
A Musil dovette piacere, crediamo, il modo in cui Rilke sviluppa questo
elaborato sentimento che “non ha oggetto né direzione”, fatto di angoscia
e dolore di essere amati, di essere imprigionati dall’amore.
Il Figliuol Prodigo dei Quaderni è colui che non vuole essere amato,
perché non sopporta la tensione e le aspettative che si proiettano su di
lui, e decide di non amare più “per non mettere nessuno nella terribile situazione di essere amato”, scegliendo di abbandonare tutto e tutti, di negarsi all’amore degli uomini per dedicarsi unicamente a quello verso Dio.
25
Prendiamo in prestito le parole che Magris usa per Musil in Il mito asburgico nella letteratura austriaca moderna, Torino: Einaudi, 1963, p. 311.
26
Robert Musil, lettera a Franz Blei, in SL, pp. 550-51.
27
Claudio Magris, op. cit., p. 311.
28
Robert Musil, lettera a Franz Blei, cit., pp. 550-51.
29
Enrico De Angelis, Simbolismo e decadentismo nella letteratura tedesca, Bologna: Il
Mulino, 1987, p. 39.
30
Claudio Magris, op. cit., p. 301.
RILKE, NIETZSCHE, E IL COMPIMENTO DELL’AMORE DI MUSIL
/ 133
L’attende, però, lo sgomento più grosso, quello di non riuscire a sentirsi
amato da lui, di “proiettare il suo amore verso l’infinito senza vederselo
restituire”:31 “Giorno dopo giorno riconosceva sempre più che l’amore di
cui tanto si compiacevano, al quale in segreto si stimolavano a vicenda,
non riguardava lui. […] Adesso era difficilissimo da amare, e sentiva che
Uno soltanto ne era capace. Ma Quello ancora non voleva”.32
Claudine si tormenta alla ricerca del vero significato dell’amore, intraprende percorsi tortuosi all’interno e fuori di sé per accettare, infine, che
l’amore vero si compia nel superamento delle categorie che limitano l’esperienza umana, al di là della “linea della quotidianità”. Ella fa un salto
oltre la sicurezza della vita consueta, scoprendo, così, che l’unica verità
del suo amore sta nella tenerezza verso se stessa, e nella fedeltà al suo corpo. A lei, a questo punto, è concesso l’incontro (per la prima volta nella
novella) con l’immagine di Dio (tanto cara a Rilke): “E lontano lontano
– come i bambini dicono di Dio: Egli è grande – vide e conobbe l’immagine del suo amore” (V. p. 60).
Anche per la figura divina, Musil prende spunto da Rilke: Dio non è
altro, infatti, che un’immagine che rappresenta concretamente, e narrativamente, la tensione verso l’infinito, il desiderio di potenziare l’esperienza
umana fino a giungere ad un “altro stato” non limitato dal “principio di
causa”. A Claudine riesce ciò che al Figliuol Prodigo è negato, tuttavia non
sfugge come il Malte costituisca un momento particolarmente significativo, per certi versi, nel percorso di un Musil a metà strada tra il Törless e
L’uomo senza qualità, alla ricerca di una capacità espressiva che privilegi un
nuovo genere di interiorità, e che stabilisca un punto di contatto tra quest’ultima e la realtà esteriore. Non si tratta più tanto di cercare, e trovare,
una relazione soddisfacente con il reale, di ‘vedere’ le cose, ma di percepirle
e, insieme, di “ripercorrere spazi tutti interiori, di scoprire il mondo delle
memorie”,33 delle angosce, delle urgenze segrete ed intraducibili del corpo,
e, soprattutto, di riuscire a renderle in maniera adeguata, “abolendo le univocità di tempo, spazio, causalità, con le loro limitatezze”.34
Ed è questa capacità che sembra notare, in maniera concreta, nello
scrittore ceco. Un inedito rapporto tra l’io e le cose fa il suo ingresso nella
31
Enrico De Angelis, Simbolismo e decadentismo nella letteratura tedesca, cit., p. 39.
Rainer Maria Rilke, Aufzeichnungen des Malte Laurids Brigge (1910), trad. it. I Quaderni di Malte Laurids Brigge, a cura di Giorgio Zampa, Milano: Adelphi, 1992, p. 190.
33
Alberto Destro, Invito alla lettura di Rilke, Milano: Mursia, 1979, p. 76.
34
Enrico De Angelis, Simbolismo e decadentismo nella letteratura tedesca, cit., p. 41.
32
134 /
ANTONELLA AMATO
narrazione rilkiana, fatto di movimento, di un continuo scambio, che genera il dissolvimento del modello razionalistico e causale, la distruzione
di quell’intérieur accuratamente custodito per anni. Claudine, al pari di
Malte, si muove secondo una traiettoria elicoidale che la porta a inabissarsi in un vortice senza fondo, ad interpretare il mondo sulla base dei
propri istinti corporei e, infine, a ritrovare un legame con la parte più vera di sé (la stessa conclusione non spetta, però, a Malte). In entrambi i casi, dunque, il soggetto principale, il luogo dell’accadere è il corpo e non la
psiche o, meglio, quest’ultima lo è solo in maniera secondaria.
5. Non stupisce scoprire, a questo punto, che lo stesso Nietzsche, presente da sempre nella formazione intellettuale di Musil, costituisca un innegabile punto di partenza anche per Rilke;35 né si può fare a meno di sospettare che l’incontro con lo scrittore dei Quaderni avvenga, in parte,
sulla base di questo comune interesse.
Nei Diari la figura di Nietzsche è presente in larga misura, in riferimento a temi ben precisi, come la dottrina della morale, il conflitto intelletto-sensi, la sensualità; soprattutto il quarto quaderno è fitto di citazioni
del filosofo tedesco.
È, inoltre, significativo che ad un certo punto, nel periodo compreso
tra il 1904 e il 1910, egli dichiari: “Leggendo Nietzsche ho sentito il bisogno di ordinare il materiale in altro modo, di raggrupparlo intorno ai
problemi che mi stanno a cuore” (D, p. 39).
Lecito ritenere che il riferimento possa riguardare anche le novelle; e
Nietzsche, in effetti, è riconoscibile attraverso le pagine del Compimento:
anzitutto in quel superamento della categoria di causalità, già riconosciuto, non a caso, precedentemente, in Rilke, debitore a sua volta del filosofo, ed, in secondo luogo, in una serie di nuove intuizioni, a proposito
del corpo e degli istinti, come si apprende dai Diari: “La sopravvalutazione unilaterale della ragione è indice di una situazione sgretolata, di mancanza di fiducia negli istinti. Un sintomo di decadenza”; “Dover combat35
Rilke (che conobbe personalmente Nietzsche tramite Lou Andreas-Salomè) compose
per il filosofo tedesco alcune postille, rimaste incompiute, a La nascita della tragedia greca,
ritrovate, nel 1937, tra le carte della stessa Andreas-Salomè. A questo proposito, cfr. Furio
Jesi, “Le postille di Rilke a Die Geburt der Tragödie di Nietzsche”, in Id., Esoterismo e linguaggio mitologico. Studi su Rainer Maria Rilke, Messina-Firenze: D’Anna, 1976, pp. 17096. Per quanto riguarda altri studi sul rapporto tra Rilke e Nietzsche, cfr. Alberto Destro,
Le “Duineser Elegien” e la poesia di R. M. Rilke, Roma: Bulzoni, 1970, pp. 89-99, 113-14.
RILKE, NIETZSCHE, E IL COMPIMENTO DELL’AMORE DI MUSIL
/ 135
tere gli istinti – questa è la formula della décadence: fintanto che la vita è
ascendente, felicità e istinti sono la stessa cosa”; “Possediamo ogni scienza
esattamente nella misura in cui ci siamo risolti ad accogliere la testimonianza dei sensi – nella misura in cui abbiamo imparato ad affinarli, ad
amarli, a pensarli fino in fondo” (D, p. 50-51).
Da La nascita della tragedia greca fino a Genealogia della morale, le riflessioni del filosofo tedesco, che si esprimeva risolutamente contro l’imbarbarimento della società occidentale, basata sulla forza negatrice della
ragione e della scienza, sulla millenaria svalutazione degli istinti e del corpo, si volgono in direzione di un nuovo tipo di civiltà in cui “gli istinti
siano l’elemento portante e determinante dell’essere dell’uomo”, e in cui
il “corpo venga considerato sia in sé sia come sede degli impulsi, degli
istinti, e degli ‘affetti’”.36
La corporeità ha, dunque, per Nietzsche, un valore molto più ampio
della fisicità materiale, un valore che circoscrive interamente la sfera emotivo-istintivo dell’uomo, ed il suo rifiuto equivale, quindi, alla negazione
dell’essere umano in quanto tale. Inoltre il sovvertimento di valori che
egli intende attuare comprende anche quello del primato della coscienza,
della sua autonomia all’interno dell’essere umano. Il corpo, come afferma
in Morale e fisiologia, è un organismo complesso con molte dimensioni e
profondità, una Vereinigung appunto, ossia un’“enorme unione di esseri
viventi”, ciascuno dei quali è “dipendente e sottomesso” ma, nello stesso
tempo, “imperante e agente con volontà propria”; i rapporti tra questi esseri viventi sono, spiega il filosofo tedesco, di dominio e sudditanza e in
grado di assicurare al corpo un “magnifico collegamento della vita più
molteplice”. A ciò si aggiunge che ognuno di questi esseri che compongono il corpo è dotato di una coscienza propria che si oppone a quella abitualmente considerata come “unica coscienza”, ossia l’intelletto, che rimane “protetto e staccato dall’infinita varietà delle vicende di queste molte
coscienze”. Le parole seguenti non fanno che confermare un avvenuto
cambiamento di prospettiva rispetto al pensiero della filosofia tradizionale: “Seguendo il filo conduttore del corpo, come si è detto, apprendiamo
che la nostra vita è possibile grazie al concerto di molte intelligenze di valore assai disuguale, e quindi solo grazie ad un costante e svariatissimo comandare e obbedire – o per parlare in termini morali: grazie all’ininter36
Leonardo Casini, La riscoperta del corpo. Schopenhauer / Feuerbach / Nietzsche, Roma:
Studium, 1990, p. 211.
136 /
ANTONELLA AMATO
rotto esercizio di molte virtù”.37 Risulta, quindi, evidente, che le riflessioni nietzschiane mirano a superare la tradizionale antinomia tra spirito e
corpo a diretto vantaggio di quest’ultimo, che diventa centro del soggetto
umano, luogo privilegiato di cui l’io cosciente non è che uno strumento,
come si può notare anche in Così parlò Zarathustra (“Strumento del tuo
corpo è anche la tua piccola ragione, fratello, che tu chiami ‘spirito’, un
piccolo strumento e un giocattolo della tua grande ragione. […] Dietro i
tuoi pensieri e sentimenti, fratello sta un possente sovrano, un saggio
ignoto – che si chiama Sé [Selbst]. Abita nel tuo corpo, è il tuo corpo”).38
È quindi vero che non la verità dello spirito è il corpo, ma che “l’unità, la
pretesa ‘ultimità’ della coscienza (sia essa la trascendentalità del soggetto
kantiano, o la singolarità finita dell’esserci esistenzialista), è il risultato e
prodotto di un complesso sistema di influenze”.39 Comprendere che, in
Nietzsche, la coscienza non è l’antagonista del corpo serve soprattutto a
liberarsi di quel genetico convenzionalismo che vede nella prima un giudice che detta i principi di gerarchizzazione tra gli impulsi, e a comprendere che, a volte, tutto accade alle spalle della coscienza stessa.40 Essa è,
invece, il risultato finale di “un’interpretazione che gli istinti danno degli
stimoli esterni che l’organismo via via riceve”, è solo un “mezzo della comunicabilità” e non “istanza suprema”.
È chiaro che quanto detto finora a proposito di Nietzsche trova una
fertile corrispondenza con l’opera di cui ci stiamo occupando. Nel Compimento Musil sembra trasporre concretamente le idee del filosofo, e costruire la vicenda della protagonista sulla base delle riflessioni riportate finora. Claudine è guidata, negli atti e nei gesti, dal suo corpo che è il centro della sua individualità, e luogo privilegiato della sua emotività, di cui
l’io cosciente non è che un silenzioso strumento: “Mai la coscienza s’era
svegliata in lei per quell’incidente, né per altri di quella prima parte per37
Per questa e le precedenti citazioni cfr. Friedrich Nietzsche, Nachgelassene Fragmente
(1884-1885) trad. it. di Sossio Giametta, Frammenti postumi, in Opere complete di Friedrich Nietzsche, a cura di Giorgio Colli e Mazzino Montanari, Milano: Adelphi, 1964, VII, 3,
pp. 256-59, 374.
38
Friedrich Nietzsche, Also sprach Zarathustra (1883), trad. it. di Mazzino Montanari,
Così parlò Zarathustra (Dei dispregiatori del corpo), in Opere di Friedrich Nietzsche, cit.,
p. 34.
39
Gianni Vattimo, Il soggetto e la maschera. Nietzsche e il problema della liberazione, Milano: Bompiani, 1996, p. 222.
40
Friedrich Nietzsche, Morgenrothe (1881), trad.it di Ferruccio Masini e Mazzino
Montanari, Aurora, in Opere di Friedrich Nietzsche, cit., p. 89.
RILKE, NIETZSCHE, E IL COMPIMENTO DELL’AMORE DI MUSIL
/ 137
duta della sua vita”;41 e poco oltre: “Ella commetteva o subiva atti che andavano dalla passione all’umiliazione, eppure non perdeva mai la coscienza che tutto quello che faceva, in fondo non la toccava essenzialmente
[…]. Era la coscienza, mai precisa, di una lontana interiorità che portava
quell’ultima riserva e sicurezza nel suo inconsiderato darsi in balia di questo o di quello”; “Tutto questo era come un sogno penoso nel dormiveglia, la cui irrealtà rimane sempre un poco cosciente, ed ella si stupiva soltanto di sentirlo così fortemente […]. E a un tratto ella ebbe coscienza
della realtà, una coscienza obbiettiva e stranamente indifferente”; “Nella
trama delle sue meditazioni se ne insinuava ogni tanto un’altra […], ella
la seguiva docile, poi per un po’ ritornava quasi ad una vaga confusa coscienza, per riaffondare nei dolci meandri di una corrente che la teneva
prigioniera”.42
È dunque evidente che Claudine sente con il corpo, e si rapporta al
mondo sulla base di sensazioni fisiche, slegate da qualsiasi vincolo di consequenzialità; la coscienza, o intelletto, è presente, ma in qualità di testimone silenzioso che registra parzialmente i movimenti che provengono
irruentemente dall’esterno, e tenta di decifrarli, o, meglio, è già il risultato di un’interpretazione che gli istinti danno degli stimoli esterni che l’organismo riceve. Essa vive nel costante e confuso “presentimento di un’estrema inesauribile tenerezza” (ossia l’idea di un’intimità suprema che la
unisce al proprio corpo, casa e rifugio di tutte le proprie sensazioni), ma
lontana dal pensiero cosciente. La scena in cui Claudine si prostra carponi sul pavimento rivela, evidentemente, che l’unica realtà esistente è quella, appunto, dei suoi istinti e che il pensiero non è altro che un rapportarsi di questi istinti. Il momento finale che chiude la novella ripropone in
maniera ancora più netta questa frattura. Essa dice al consigliere di andarsene, gli dice di provare schifo, ma nel frattempo gli dà del tu, si spoglia, sente il suo corpo colmarsi di voluttà; la volontà del suo pensiero cosciente si scontra con quella, ancora più forte, del suo corpo che è, dunque, il vero grande protagonista della novella, ma non solo come organismo materiale, sede di impulsi e reazioni, “il suo scopo non è solo il senso
di sé sensuale”,43 rappresenta molto di più. Claudine è il suo corpo, in esso è racchiuso il centro della sua emotività, della sua unicità, della sua te41
Robert Musil, Il compimento dell’amore, cit., p. 11.
Ivi, pp. 11, 24, 58.
43
Fred Loenker, Poetische Antropologie. Robert Musils Erzählungen “Vereinigungen”,
München: Wilhelm Fink Verlag, 2002, p. 38.
42
138 /
ANTONELLA AMATO
nerezza. Sulla scia di Nietzsche, essa si rifugia nella sua intimità, “dove si
libera della folla, dei molti, dei più, dove può dimenticare la regola ‘uomo’ come sua eccezione”.44 E, paradossalmente, mentre si libera della folla, Claudine si libera del senso di solitudine che la soffocava fino a qualche attimo prima, quando tradiva la sua intimità per paura e debolezza;
in questo senso il richiamo del corpo che comporta il dissolvimento del
senso di sé è da interpretarsi come “momento di un nesso amoroso che
unisce tutto ciò che vive in un’unità in sé differenziata”, come “il passaggio in un nesso amoroso della vita in genere”.45
6. Vi è anche un altro elemento, fondamentale, per comprendere l’importanza della novella: il caso.
La scelta musiliana è quella di dare un taglio obliquo all’esistenza di
una donna, di inserire la sua vita, apparentemente ordinata e stabile, in
un “gioco di possibilità” che la spinga a mettere in discussione schemi ed
obblighi morali e sociali, e a risvegliare la parte più istintiva, il suo destino; Claudine si sottrae a ogni intervento intenzionale, in lei la volontà
cresce senza radici, senza aspettative se non quella di abbandonarsi al libero accadere degli eventi, all’ondeggiante fluire di pensieri, ricordi, incontri, non regolati da alcuna necessità legale, essa si abbandona al “caso” che
affiora improvviso alla coscienza come se venisse dall’esterno. Ed il caso,
appunto, si presenta come elemento costitutivo attorno a cui si snoda la
trama narrativa ma anche, e soprattutto, come strumento che regola la
forma espressiva, inaugurando la formazione di un nuovo linguaggio, di
un nuovo significato, di una nuova visione del mondo. Prendiamo in prestito le parole di Gargani, quando dice che “il caso è un varco che si apre
nella fabbrica del simbolismo ben protetto e fondato, l’occasione fortuita
che si dischiude entro una versione già predisposta del mondo, è qualcosa
che somiglia meno all’inciampare in un sasso, quanto invece al cogliere
nuove possibilità entro una codificazione del mondo, delle situazioni ordinarie della vita”. Il Compimento dell’amore è la rappresentazione di questo varco, è il disegno perfetto di una realtà estranea alla nozione razionalistica tradizionale; il suo linguaggio si origina proprio “nel distacco dal
mondo istituzionalizzato che dura e persiste nella sua letteralità”.46
44
Friedrich Nietzsche, Jenseits von Gut und Böse (1886), trad.it. di Ferruccio Masini, Al
di là del bene e del male, in Opere di Friedrich Netzsche, cit., par. 26.
45
Fred Loenker, op. cit., p. 38.
46
Aldo Gargani, Lo stupore e il caso, Roma-Bari: Laterza, 1985, pp. 19, 15.
RILKE, NIETZSCHE, E IL COMPIMENTO DELL’AMORE DI MUSIL
/ 139
La novella viene, dunque, utilizzata come trasposizione concreta di
principi teorici ed inaugura la nascita di un nuovo tipo di identità, di antropologia, che raduna ed unifica tutte le energie dell’intuizione contro la
fissità stereotipata della civiltà contemporanea. Un ethos tutto nuovo fa il
suo ingresso nella scrittura musiliana fatto di casi improvvisi e attimi rivelatori, “un mondo in cui non esistono né misura né esattezza, né scopo né
causa” e in cui “il bene e il male sono semplicemente soppressi, senza che
sia necessario esimersene” (SL, p. 98); da qui una nuova estetica composta di nuovi rapporti cromatici, plastici, sonori, e ritmici (SL, p. 92).
Già ne I turbamenti Musil aveva posto l’accento sulla crisi del modello
causalistico, e sulla funzione del caso, come farà poi nell’Uomo senza qualità, ma Vereinigungen costituisce un momento assolutamente fondamentale nella sua produzione, anche rispetto alle novelle composte a qualche
anno di distanza (Grigia, La portoghese, Tonka, composte rispettivamente
nel 1921, 1922, 1923) che mantengono invece un impianto tradizionale.
È interessante notare che gli anni della stesura di Vereinigungen sono
anche gli anni dei Dubliners di Joyce, di molte delle novelle pirandelliane,
dei primi tentativi narrativi di Svevo, che cercavano di allontanarsi dalla
“grigia causalità della vita di tutti i giorni” e pure riflettevano sul carattere
di discontinuità e di precarietà proprio del mondo contemporaneo, sulla
rappresentazione dell’esistenza nella quale la realtà e il tempo sono sottoposti all’interpretazione che ne dà la coscienza. Tuttavia, almeno in questi
primi anni del Novecento, nessuna delle loro opere si è spinta tanto lontano dal modello ottocentesco di racconto.