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BSU 27,50 € ISBN 978-88-8453-898-7 Messico Messico. Dall’Indipendenza a oggi Il testo costituisce una sintesi generale del Messico indipendente fino ai nostri giorni e prende in esame i vari aspetti relativi alla storia politica, economica e sociale. Esamina le crisi della repubblica, dall’indipendenza del Texas alla guerra con gli Stati Uniti (1846-1848) e all’avvento dell’Impero di Massimiliano d’Asburgo (1864-1867), le trasformazioni di fine Ottocento e le cause e le fasi della rivoluzione del 1910, così come le difficoltà inerenti alla costruzione dello Stato postrivoluzionario in un contesto di stabilità politica nel corso del Novecento che si discosta dall’evoluzione seguita da altri paesi a livello continentale. Manuel Plana Manuel Plana Manuel Plana Docente di Storia dell’America Latina presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze ha pubblicato diversi saggi e rassegne sulla storia del Messico contemporaneo. Tra i suoi lavori: Il regno del cotone in Messico. La struttura agraria de La Laguna, 1855-1910 (Franco Angeli, Milano 1984); Pancho Villa e la rivoluzione messicana (Giunti, Firenze, 1993); L’America Latina nel XX secolo. Economia e società. Istituzioni e politica, con Angelo Trento (Ponte alle Grazie, Firenze, 1992). R Messico Dall’Indipendenza a oggi FUP FIRENZE UNIVERSITY PRESS 9 788884 538987 Biblioteca scientifica universale –4– Manuel Plana messico Dall’Indipendenza a oggi firenze university press 2008 Messico : dall’indipendenza a oggi / Manuel Plana. – Firenze : Firenze University Press, 2008. (Biblioteca scientifica universale ; 4) http://digital.casalini.it/9788884538994 ISBN 978-88-8453-898-7 (print) ISBN 978-88-8453-899-4 (online) 972 Editing di Baldo Conti e Leonardo Raveggi Progetto grafico di Alberto Pizarro Fernández © 2008 Firenze University Press Università degli Studi di Firenze Firenze University Press Borgo Albizi, 28, 50122 Firenze, Italy http://www.fupress.com/ Printed in Italy Indice Presentazione della seconda edizione Premessa pag. 5 pag. 7 I. L’Indipendenza 1. La Nuova Spagna 2. L’insurrezione del 1810 3. L’impatto del costituzionalismo 4. Dall’Impero messicano alla Repubblica federale 9 25 43 55 II. La repubblica indipendente: conflitti e crisi (1824-1855) 1. La prima repubblica federale (1824-1835) 2. Gli aspetti economici 3. L’indipendenza del Texas e la crisi del centralismo 4. La guerra con gli Stati Uniti (1846-1848) e la seconda repubblica federale 67 83 96 107 III. La costruzione della nazione (1855-1875) 1. Le leggi di “Reforma” e la Costituzione del 1857 127 2. L’intervento della Francia e l’Impero di Massimiliano (1864-1867) 141 3. Il governo itinerante di Juárez e la guerriglia repubblicana 153 4. La restaurazione della Repubblica 164 IV. La repubblica conservatrice (1876-1910) 1. Politica e amministrazione 2. Le trasformazioni agrarie 3. L’industrializzazione 4. La crisi politica 189 207 224 241 V. La rivoluzione (1911-1920) 1. Il governo di Francisco I. Madero (1911-1913) 2. La rivoluzione del 1913 261 279 3. La guerra civile rivoluzionaria 4. Gli anni di Carranza e la Costituzione del 1917 pag. 298 318 VI. Lo Stato postrivoluzionario (1920-1940) 1. Adolfo De la Huerta e il governo di Alvaro Obregón (1920-1924) 343 2. Il governo di Calles (1924-1928) 362 3. La crisi degli anni Trenta 384 4. Il cardenismo 409 VII. Lo sviluppo e la stabilità politica nel dopoguerra 1. La seconda guerra mondiale 2. Le trasformazioni sociali 3. L’economia e l’intervento pubblico 4. Il sistema politico 431 451 466 483 Cartine 503 Bibliografia 511 Indice dei nomi 531 Presentazione della seconda edizione Si avvicina il bicentenario degli avvenimenti che portarono alla caduta delle monarchie iberiche, con le conseguenti ripercussioni per quanto riguarda le colonie americane, e alla nascita delle nuove nazioni indipendenti. Tale ricorrenza, nel caso del Messico, coincide anche con il centenario della rivoluzione del 1910. Tra le molteplici iniziative commemorative in preparazione, vanno annoverate quelle di natura accademica promosse dai comitati sorti sotto gli auspici della comunità scientifica. La nuova edizione di questo volume, pubblicato cinque anni fa dalla Firenze University Press, rappresenta un’occasione per fornire a un pubblico ampio di lettori una sintesi di carattere generale, con particolare attenzione a questi due momenti della storia del Messico contemporaneo che hanno segnato in profondità l’evoluzione degli ultimi due secoli. Manuel Plana Firenze, Marzo 2008 Premessa Il testo assume la nascita del Messico indipendente come punto di partenza per comprendere le forme della modernizzazione economica e politica, tenendo conto del passato antico e coloniale che la stessa storiografia contemporanea ha ampiamente studiato e rivisto. Il lavoro vuole essere una sintesi frutto di letture, ricerche e riflessioni maturate attraverso l’attività di docenza e può essere assimilato ad un manuale che si propone, innanzitutto, di colmare una lacuna nel panorama editoriale italiano. Le storie generali del Messico di carattere accademico, scritte da messicani o messicanisti negli ultimi trent’anni – in lingua spagnola o in altre lingue, opere di singoli autori o affidate a vari studiosi – sono organizzate per periodi. La riflessione storica ha proposto agli intellettuali messicani e agli studiosi contemporanei una molteplicità di piani di lettura e di argomenti di ricerca che hanno alimentato un proficuo dibattito storiografico fino a modificare giudizi e interpretazioni sulle diverse epoche. Il testo si propone di descrivere i mutamenti della società messicana, seguendo un percorso cronologico. La rivoluzione del 1910 ha rappresentato senza dubbio il fenomeno più significativo del Novecento che ha maggiormente influito sulla mentalità collettiva, portando ad una rilettura del passato. I testi di sintesi giungono fino alla seconda guerra mondiale, ma abbiamo cercato di fornire un panorama più ampio perché le trasformazioni economiche e sociali, così come la stabilità politica del Messico nel Novecento, delineano un’evoluzione che si discosta in maniera netta da quella di altri paesi a livello continentale e da quella di altri continenti in termini comparativi. La suddivisione dei capitoli copre alcuni decenni, tranne quello relativo al 1911-1920 che riguarda un arco temporale più breve. Lo schema narrativo ha cercato di tener conto delle molteplici acquisizioni storiografiche e per esigenze espositive rimanda alle fonti secondarie. 7 Messico: dall’indipendenza a oggi Il lettore familiarizzato con i testi letterari e la storia del Messico conosce l’uso e gli abusi dell’aggettivo rivoluzionario nella vita pubblica messicana del Novecento. La caratterizzazione della rivoluzione messicana del 1910-1920 è stata variamente letta e interpretata perché – rispetto agli elementi chiave di ogni rivoluzione – non si verificarono né il terrore né la guerra esterna per fermarne il processo. Tuttavia, se la letteratura, la memorialistica e gli studi in genere hanno adottato espressioni di uso corrente – non sempre riconducibili a categorie analitiche – per indicare la personalizzazione di movimenti e correnti politiche, noi abbiamo cercato di limitarne l’adozione. Infine, la contiguità territoriale con gli Stati Uniti rappresenta un fatto strutturale e un fattore culturale di confronto: questa costante della storia del Messico ha posto il paese – nel corso degli ultimi due secoli – in una condizione unica nel sistema delle relazioni internazionali. Di conseguenza scrittori e saggisti ne sono stati sempre coscienti, ma le letture di questo rapporto sono state altrettanto diversificate. 8 Presentazione della seconda edizione Si avvicina il bicentenario degli avvenimenti che portarono alla caduta delle monarchie iberiche, con le conseguenti ripercussioni per quanto riguarda le colonie americane, e alla nascita delle nuove nazioni indipendenti. Tale ricorrenza, nel caso del Messico, coincide anche con il centenario della rivoluzione del 1910. Tra le molteplici iniziative commemorative in preparazione, vanno annoverate quelle di natura accademica promosse dai comitati sorti sotto gli auspici della comunità scientifica. La nuova edizione di questo volume, pubblicato cinque anni fa dalla Firenze University Press, rappresenta un’occasione per fornire a un pubblico ampio di lettori una sintesi di carattere generale, con particolare attenzione a questi due momenti della storia del Messico contemporaneo che hanno segnato in profondità l’evoluzione degli ultimi due secoli. Manuel Plana Firenze, Marzo 2008 Capitolo I L’Indipendenza 1. La Nuova Spagna L’indipendenza delle colonie americane dalla Spagna trova le sue cause, innanzitutto, nei cambiamenti che si verificarono durante la seconda metà del Settecento nelle società dello spazio americano e dipese, altresì, dalle risposte delle colonie alla caduta della monarchia spagnola nel 1808, in seguito all’occupazione napoleonica della penisola. La crisi dell’ancien régime in Spagna comportò la dissoluzione del suo impero coloniale e della sua unità monarchica e, al di là delle ripercussioni degli avvenimenti nella penisola e nei territori americani, le crisi politiche e sociali che ne seguirono configurarono nel contempo processi paralleli e diversificati. L’insurrezione del 16 settembre del 1810 nella regione del Bajío nelle pianure fertili dell’altipiano centrale della Nuova Spagna guidata da Miguel Hidalgo y Costilla, parroco di Dolores, aveva determinato la nascita – nel giro di pochi mesi – di un esercito contadino e popolare che tentò l’assedio di Città del Messico: questo movimento si rivelerà centrale per l’intero processo d’indipendenza.1 Il vicereame della Nuova Spagna costituiva un insieme territoriale esteso che comprendeva l’area mesoamericana, dalle regioni dell’istmo di Tehuantepec fino alle missioni della Nuova California e alle province del Nuovo Messico e del Texas ad ovest del Mississippi; in termini demografici, economici e della stessa dislocazione geografica rispetto alle rotte Si veda R. Carr, Storia della Spagna 1808-1939, Firenze, La Nuova Italia, 1978, v. 1, pp. 97 e ss.; H.M. Hamill jr, The Hidalgo Revolt. Prelude to Mexican Independence, Gainesville, University of Florida Press, 1966, pp. 118 e ss. 1 9 L’Indipendenza asiatiche e al ruolo strategico del Caribe nei confronti delle potenze europee la Nuova Spagna rappresentava un’importante realtà nel sistema imperiale spagnolo nella seconda metà del Settecento: i 6.000.000 di abitanti del 1810 si concentravano nella parte centrale dell’altipiano e nelle aree di Oaxaca e Yucatán, a prevalente popolazione indigena; la Nuova Spagna rappresentava, infatti, la colonia americana più popolata e la crescita della popolazione, dopo il crollo demografico successivo alla Conquista, era stata significativa a partire dalla seconda metà del Seicento.2 Il territorio occupato si era ampliato in maniera progressiva verso nord, oltre i limiti del dominio azteca, allorché nel 1548 erano stati scoperti i monti argentiferi a Zacatecas e poco dopo a Guanajuato, in zone abitate da gruppi seminomadi che, in seguito, furono sottomessi; sorsero nuove città nell’altipiano centrale (Guadalajara, Zacatecas, San Luis Potosí, Querétaro, Valladolid, Toluca, Guanajuato e altre) e centri urbani minori, mentre Città del Messico, secondo il censimento di Revillagigedo, nel 1793, aveva poco più di 130.000 abitanti.3 La popolazione nel 1810 era per il 60% indigena e suddivisa in varie etnie di lingue diverse, con una distribuzione territoriale contigua e ben definita nelle aree di maggior densità; il 22% era costituito da meticci, tra cui vanno considerati alcuni strati frutto della mescolanza etnica e i cui livelli inferiori erano rappresentati dalle castas, un termine generico per indicare quei gruppi di estrazione popolare privi di diritti e statuti. La popolazione bianca rappresentava il 16%, poco più di 1.000.000 di persone, ed era costituita da- Nel 1790 il viceré della Nuova Spagna, Revillagigedo, si era impegnato a compiere un censimento a fini militari; i dati raccolti fino al 1793, considerati il primo censimento dell’età moderna nel caso messicano, furono completati da Alexander von Humboldt nel corso del suo viaggio nel 1803; nel 1810 Francisco Navarro y Noriega, alto funzionario del vicereame, aggiornò con nuove inchieste il censimento di Revillagigedo. Per un panorama generale degli studi si veda E. Malvido e M.A. Cuenya (a cura di), Demografía histórica de México: siglos XVI-XIX, México, Instituto Mora, 1993. 3 Si veda P.J. Bakewell, Silver Mining and Society in Colonial Mexico, Zacatecas 1546-1700, Cambridge, Cambridge University Press, 1971; per un profilo demografico delle aree urbane alla fine del periodo coloniale si veda K.A. Davies, “Tendencias demográficas urbanas durante el siglo XIX en México” in Historia Mexicana, México, v. XXI, n. 83, 1972, n. 3, pp. 481-525. 2 10 La Nuova Spagna gli spagnoli nati in America o criollos, mentre i peninsulari erano appena 15.000 – tra funzionari, ufficiali della milizia regia e membri del clero – e costituivano l’élite che in buona parte controllava l’amministrazione.4 A partire dalla seconda metà del Cinquecento, in seguito alla crisi demografica, furono create nuove località politicamente organizzate – dette pueblos – dove veniva raggruppata la popolazione indigena dispersa; questi pueblos, che non sempre avevano potuto conservare le terre originarie, ne ottennero altre con il rilascio dei relativi titoli e, in questo modo, la corona spagnola assimilò le forme di usufrutto collettivo dei popoli indigeni alle terre comunali di tradizione ispanica, separando l’area territoriale india – in cui gli indigeni potevano risiedere liberamente coltivando le terre in cambio del pagamento di un tributo in natura o in lavoro – dalla proprietà della corona, la quale, a sua volta, concesse terre agli spagnoli in funzione della produzione agricola per le nuove aree minerarie. Il processo continuò fino a dare origine alla hacienda o grande proprietà rurale.5 I metalli preziosi favorirono l’articolazione dell’economia coloniale e del commercio interatlantico; esistevano alcuni centri argentiferi attorno a Città del Messico, ma, in seguito alla crescita dei distretti minerari di Guanajuato e di Zacatecas, l’esplorazione delle regioni più a nord portò alla nascita di piccoli centri o reales de minas lungo la Sierra Madre Occidental nella Nueva Vizcaya, con Parral (1629) e Santa Eulalia (1704) di Chihuahua, e a Sonora fino a configurare un’economia di frontiera fondata sui centri minerari, le missioni e i presidî. La forza lavoro era costituita da migranti indigeni di altre zone, tavolta sotto il sistema di lavoro coatto o repartimiento, e da schiavi africani; l’adattamento ambientale degli animali da trasporto creò una nuova disponibilità energetica per l’economia mineraria. Il metodo americano di lavorazione dei minerali attraverso il sistema di beneficio de patio o di se- 4 E. Florescano e I. Gil Sánchez, “La época de las reformas borbónicas y el crecimiento económico, 1750-1808” in Historia general de México, México, El Colegio de México, 1987, 1, pp. 534-537. 5 E. Florescano, “The Formation and Economic Structure of the Hacienda in New Spain” in L. Bethell (a cura di), The Cambridge History of Latin America, Cambridge, Cambridge University Press, 1984, v. II, pp. 153 e ss. 11 L’Indipendenza parazione per amalgama con il mercurio, prodotto che doveva essere portato dalle miniere andaluse di Almadén, si generalizzò in breve tempo; nel 1632 il distretto di Zacatecas consumava circa un terzo del mercurio disponibile, mentre i due terzi restanti erano destinati alle miniere del nord comprese quelle di Guanajuato. Nel Settecento, mentre in Perù si era verificata una relativa stagnazione, le aree argentifere del centronord della Nuova Spagna conobbero un incremento della produzione.6 Le miniere, le attività agricole e di allevamento determinarono una progressiva mercantilizzazione dell’economia coloniale con un’importante diversificazione produttiva. L’hacienda diventerà il fulcro di un sistema economico e sociale che inizia a articolarsi dalla metà del Seicento intorno al lavoro e alla produzione agricola; le dimensioni della grande proprietà rurale presentavano differenze pronunciate, data l’immensità degli spazi, l’aridità del suolo e la diversa disponibilità di acqua a seconda delle regioni. I numerosi studi e monografie sulle proprietà agrarie ci indicano che ogni singola unità ha avuto una propria storia. L’hacienda o impresa agricola comportò in seguito la presenza di alcuni elementi tecnici, come gli aratri, o di tecnologie di trasformazione, come nel caso dello zucchero, il ricorso a varie forme compulsive per ottenere la forza lavoro indigena e l’organizzazione della produzione affidata a figure con compiti amministrativi e contabili.7 I trasferimenti della proprietà agraria, salvo i casi delle proprietà ecclesiastiche e dei maggiorascati che erano un centinaio alla fine del Settecento, furono continui anche se il panorama è tutt’altro che univoco; si suole ammettere, in base alle ricostruzioni di alcuni grandi aggregati statistici, che nel 1810 il numero di 6 D.A. Brading, Miners and Merchants in Bourbon Mexico, 1763-1810, Cambridge, Cambridge University Press, 1971, pp. 7 e ss.; si veda anche Ph.L. Hadley, Minería y sociedad en el centro minero de Santa Eulalia, Chihuahua (1709-1750), México, FCE, 1979; per il sistema di trasporto cfr. C.E. Suárez Argüello, Camino real y carrera larga. La arriería en la Nueva España durante el siglo XVIII, México, CIESAS-Ediciones de la Casa Chata, 1997, pp. 63 e ss. 7 Cfr. E. Semo, “Hacendados, campesinos y rancheros” in Historia de la cuestión agraria mexicana. 1. El siglo de la hacienda 1800-1900, México, Siglo XXI, 1988, v. 1, pp. 86-164. 12 La Nuova Spagna haciendas oscillava intorno alle 5.000 unità e, malgrado alcuni proprietari ne possedessero diverse, in realtà si ritiene che l’insieme dei proprietari rappresentassero i due terzi.8 La scoperta delle miniere di Zacatecas e di Guanajuato divenne il preludio all’espansione verso nord e le attività minerarie furono il principale meccanismo d’articolazione dello spazio e della vita economica coloniale. I primi insediamenti spagnoli stabili a Zacatecas risalgono al 1548, ma le terre circostanti erano piuttosto aride, poco adatte all’agricoltura e dislocate in mezzo a popolazioni seminomadi con le quali fu ingaggiata una prolungata guerra finché si giunse a forme di pacificazione. La costruzione di città (San Miguel, San Felipe, Celaya, León) rispondeva all’esigenza di proteggere gli spagnoli contro gli indigeni, così come a quella d’aprire vie di comunicazione, d’iniziare attività agricole e di promuovere l’allevamento per le miniere; intorno a queste città del Bajío vi erano proprietà destinate all’agricoltura cerealicola e all’allevamento di ovini; la forza lavoro fu occupata in maniera permanente nelle haciendas adattandosi alle tecniche agricole europee (aratri, attrezzi, buoi) e la popolazione – essendo di varie origini etniche e con lingue diverse – subì un processo d’ispanizzazione attraverso l’uso del castigliano come lingua franca e, nello stesso tempo, avvenne un progressivo meticciato visto che la regione agì da polo d’attrazione di migrazioni interne.9 L’opera di riorganizzazione amministrativa e fiscale nella penisola e nelle colonie americane, attuata durante il regno di Carlo III di Borbone (1759-1788), rispondeva innanzitutto alle esigenze della situazione interna della Spagna per riaffermare gli interessi della monarchia e per consolidare i rapporti con le colonie, laddove il potere era stato delegato ai funzionari della corona e alle corporazioni; si voleva favorire le attività estrattive e ampliare il commercio all’interno dello stesso spazio americano per le manifatture spagnole, aumentando il contributo coloniale al finanziamento della metropoli. Le varie misure attuate sul terreno poli- Ibid., p. 131. J. Tutino, From Insurrection to Revolution in Mexico. Social Bases of Agrarian Violence, 1750-1940, Princeton, Princeton University Press, 1986, p. 55. 8 9 13 L’Indipendenza tico puntavano a ridimensionare il ruolo della Chiesa, della corporazione dei commercianti o consulado, della stessa figura del viceré e delle istituzioni civili di governo. Prima della riforma gli ordini religiosi e il clero regolare avevano ottenuto molteplici prerogative – in virtù dell’opera di evangelizzazione – grazie all’appoggio della corona spagnola; quest’ultima infatti, in base al diritto di patronato o regio patronato, svolgeva un ruolo nell’organizzazione ecclesiastica, in particolare per quanto riguardava la designazione dei vescovi e dei prelati. In base a questo meccanismo la Chiesa ricevette larghe dotazioni di terra attraverso le concessioni regie, oltre a ricevere donazioni, ad amministrare le opere pie e ad avere il diritto a riscuotere le decime sui prodotti agricoli. La nuova politica dei Borboni si proponeva invece di limitare la forza del clero regolare e degli ordini ecclesiastici in quanto rappresentavano la principale minaccia per il consolidamento della monarchia spagnola: per questo vietò loro di creare nuovi conventi e li privò di alcuni privilegi, come l’intervento negli atti di successione. I gesuiti, che avevano acquistato un gran peso durante il Seicento, furono espulsi nel 1767 poiché costituiva l’ordine più indipendente e con una gran ricchezza accumulata in varie parti dell’impero spagnolo: nella Nuova Spagna avevano fondato 27 collegi di istruzione superiore nelle regioni del centro (Città del Messico, Puebla, Valladolid, Guadalajara), mentre avevano creato un centinaio di missioni nelle province meno popolate del nord con la finalità di evangelizzarne i gruppi autoctoni; a partire dal 1617 fu particolarmente significativa la presenza dei gesuiti nella regione del fiume Yaqui dove, in funzione dell’evangelizzazione, crearono otto chiese – dislocate a intervalli più o meno regolari lungo circa 100 chilometri di fiume – che diventarono gli ocho pueblos o insediamenti di una popolazione dispersa attorno a colture di tipo sedentario, come i cereali con l’uso dell’aratro di legno, all’allevamento di animali domestici e alla tessitura domestica della lana.10 La base materiale dei gesuiti per esercitare questo compito era costituita da un complesso economico formato da haciendas (45 grandi proprietà che occupavano 1.000.000 di ettari) dedicate all’allevamento, alla colti- 10 14 E.H. Spicer, Los Yaquis. Historia de una cultura, México, UNAM, 1994, pp. 20-34. La Nuova Spagna vazione di cereali, della canna da zucchero o del maguey (agave) come a Tepozotlán; tali proprietà, dopo l’espulsione dei gesuiti, passarono sotto l’amministrazione della corona (Bienes de Temporalidades). L’espulsione dalla Nuova Spagna riguardò circa 400 gesuiti, ma poiché avevano una presenza diffusa nel territorio – soprattutto nelle missioni del nord – e importanti attività economiche che coinvolgevano amministratori, affittuari e lavoratori, la misura non fu indolore e in alcune regioni di Michoacán e di Guanajuato si verificarono forme di protesta.11 La corporazione dei commercianti si era costituita in virtù del sistema di monopolio del commercio interatlantico affermatosi a partire dalla metà del Cinquecento. Il monopolio di Cadice e il sistema di flotte annuali, infatti, avevano favorito i commercianti andalusi nella penisola e, nel caso della Nuova Spagna, i commercianti di Città del Messico, riuniti nel Consulado: grazie soprattutto al controllo che esercitavano sia sul commercio con l’Asia via Acapulco sia sul controllo del commercio interno i commercianti acquistarono nel tempo un’importante capacità d’azione, fino a riuscire a trasformare le autorità periferiche coloniali in propri agenti. I commercianti di Città del Messico ottennero, agli inizi del Settecento, l’istituzione di fiere per la vendita delle merci provenienti dalla Spagna da tenersi in luoghi determinati e a scadenza prestabilita, escludendo così le case commerciali spagnole dal circuito interno della colonia; tali fiere erano legate, in genere, all’arrivo della flotta e la prima si tenne a Xalapa nel 1720 per poi estendersi a Città del Messico.12 I porti americani, tuttavia, dalla metà del Seicento – dinnanzi alla presenza dei possedimenti olandesi, inglesi e, più tardi anche francesi, nelle isole del Caribe – diventarono punti di commercio diretto che sfuggivano al controllo del sistema imperiale spagnolo in misura significativa; l’aper- 11 H. Tovar Pinzón, “Elementos constitutivos de la empresa agraria jesuita en la segunda mitad del siglo XVIII en México” in E. Florescano (a cura di), Haciendas, latifundios y plantaciones en América Latina, México, Siglo XXI, 1975, pp. 132 e ss. 12 S. Florescano Mayet, “El proceso demográfico de una población veracruzana durante el siglo XIX: el caso de Xalapa” in A. Hernández Chávez e M. Miño Grijalva (a cura di), Cincuenta años de historia en México, México, El Colegio de México, 1991, I, pp. 181 e ss. 15 L’Indipendenza tura nel 1766 della Giamaica alla libera navigazione comportò, d’altronde, l’ampliamento delle rotte commerciali e quando nel 1778 aumentò il numero dei porti spagnoli peninsulari e americani autorizzati al commercio, si allargò il raggio d’azione del commercio legale e, in particolare, di quello illecito.13 Per quanto riguarda la Nuova Spagna i nuclei di commercianti nelle varie città, anche dell’interno, si opposero al monopolio esercitato dal consulado di Città del Messico e in alcuni casi si unirono in nuove corporazioni, come avvenne dal 1795 a Veracruz e a Guadalajara.14 Il settore produttivo che maggiormente ricevette l’impulso dalla nuova politica adottata dai Borboni nelle colonie fu l’attività estrattiva; tra i vari fattori che ne avevano limitato le capacità vi erano aspetti tecnologici, mancanza di capitali e alti costi di produzione. Le riforme introdotte si proposero di regolamentare le vecchie norme sullo sfruttamento delle miniere – che in precedenza avevano dato luogo a numerose dispute – di trovare soluzioni più adeguate alla distribuzione e ai prezzi del mercurio – essenziale come materia prima per l’amalgama dei metalli – e di organizzare il settore, creando una specifica corporazione. Il primo passo fu l’istituzione nel 1777 del Tribunal de Minería, un organo esecutivo di intermediazione tra gli interessi dei proprietari delle miniere e quelli generali della Corona; l’obiettivo principale di questa istituzione fu quello di raccogliere delle proposte per riordinare la legislazione mineraria che portò alle Ordenanzas de Aranjuez del 1783, un codice di norme e diritti sulle procedure per delimitare le miniere, sulle modalità di sfruttamento dei minerali, sulla natura dei contratti e sulla sfera di competenza della giurisdizione mineraria. Il nuovo codice aveva rivisto e unificato la legislazione mineraria e, soprattutto, aveva introdotto misure per favorire la produzione, come le esenzioni fiscali, e la dimi- R. Romano e M. Carmagnani, “Los componentes económicos”, in M. Carmagnani, A. Hernández Chávez e R. Romano (a cura di), Para una historia de América. I. Las estructuras, México, FCE, 1999, pp. 213-217. 14 B.R. Hamnett, Revolución y contrarrevolución en México y el Perú. Liberalismo, realeza y separatismo (1800-1824), México, FCE, 1978, pp. 38-39. 13 16 La Nuova Spagna nuzione dei prezzi del mercurio e della polvere.15 I tentativi di creare meccanismi per finanziare l’attività estrattiva incontrarono maggiori difficoltà, mentre nel 1792 sorse il Colegio de Minería, un istituto per formare un corpo di esperti in mineralogia e metallurgia con la finalità di migliorare le tecniche produttive. L’aumento della produzione mineraria e della coniazione di monete d’argento in atto da vari decenni fu agevolato da tali misure, ma nel contempo l’ampliamento del commercio – legale o illecito che fosse tra le colonie spagnole e le nazioni europee e gli Stati Uniti attraverso il Caribe, oltre al commercio diretto con le potenze neutrali a partire dalle guerre con la Francia nel 1793 e con l’Inghilterra dal 1796 – comportò l’accentuazione dell’emorragia della moneta d’argento fino a provocare una scarsità di circolante nella Nuova Spagna, la cui economia – per oltre un terzo – restava al margine della circolazione monetaria.16 L’adozione di strumenti tecnici aveva dato vita ad un settore manifatturiero che concentrava una significativa manodopera e utilizzava energia idraulica ed era ben differenziato dal lavoro domestico o a domicilio, così come dal lavoro artigianale indigeno; si trattava degli opifici lanieri (obrajes), dell’ingenio o impianto per la lavorazione della canna da zucchero e delle fabbriche di tabacco create nel 1764, come monopolio da parte della corona spagnola. L’espansione degli obrajes, costruzioni architettoniche semplici nelle quali confluivano residenza e luogo di lavoro, ebbe luogo tra il 1570 e gli inizi del Seicento, specie nella regione di Puebla-Tlaxcala.17 La metà circa degli 84 stabilimenti esistenti nel 1759 nella Nuova Spagna era dislocata nella regione del Valle de Mé- 15 Cfr. C. Velasco Avila et al., Estado y minería en México (1767-1910), México, FCE, 1988, pp. 72 e ss; P. Pérez Herrero, Plata y Libranzas. La articulación comercial del México borbónico, México, El Colegio de México, 1988, pp. 146 e ss. 16 P. Pérez Herrero, Plata y Libranzas…, cit., pp. 159 e ss. Per un riesame critico della problematica si veda R. Romano, Moneda, seudomonedas y circulación monetaria en las economías de México, México, FCE, 1998, pp. 35 e ss. 17 J. Bazant, “Evolución de la industria textil poblana (1544-1845)” in Historia Mexicana, México, v. XIII, 1964, n. 4, pp. 477 e ss.; C. Viqueira e J.I. Urquiola, Los obrajes en la Nueva España (1530-1630), México, CONACULTA, 1990, pp. 133-137. 17 L’Indipendenza xico e a Querétaro, mentre nella regione di Puebla erano diminuiti a 5; due decenni dopo ne erano sorti altri 13 ad Acámbaro che divenne così un importante centro tessile;18 dal 1569 furono prese diverse disposizioni per quanto concerneva gli aspetti produttivi, le condizioni di lavoro e le funzioni delle corporazioni rispetto alla qualità delle stoffe, al livello delle conoscenze tecniche da parte dei maestri e alla concessione di licenze per l’esercizio del mestiere. Gli stabilimenti del Valle de México a metà del Settecento contavano fino a 200 lavoratori, ma in altre zone il numero era inferiore e il valore della produzione annua di quelli esistenti non era molto dissimile da quello del Seicento. Le biografie dei proprietari di obrajes indicano uno stretto rapporto con le fonti di credito in larga parte garantito dalla disponibilità di proprie risorse e dall’ampiezza della rete familiare, fatto che comportò continui trasferimenti dovuti a ipoteche, pressioni dei creditori e fallimenti.19 La crisi dell’obraje della Nuova Spagna nel Settecento, ancor prima della sua effettiva scomparsa durante l’Indipendenza, va messa in relazione, oltre alle scarse innovazioni tecniche, con la sua stessa instabilità che favorì il lavoro domestico della tessitura del cotone, il cui processo produttivo era più semplice rispetto a quello laniero; la comparsa dei tessitori indipendenti di cotone fu resa possibile grazie ai commercianti che agirono come intermediari nel fornire la materia prima e nel vendere i tessuti senza tuttavia partecipare alla produzione. Le richieste per istituire le corporazioni di tessitori di cotone a difesa dell’ordine tradizionale del lavoro e della qualità dei tessuti erano aumentate a metà del Settecento, soprattutto di fronte al gran numero di lavoratori domestici che sfuggivano ad ogni controllo. Si verificò un incremento del numero dei telai nella Nuova Spagna negli ultimi decenni del Settecento fino ad arrivare a 11.692 telai nel 1801 con una 18 M. Miño Grijalva, Obrajes y Tejedores de Nueva España, 1700-1810, Madrid, Instituto de Cooperación Iberoamericana, 1990, pp. 73 e ss.; per un panorama comparativo a livello continentale si veda M. Miño Grijalva, La protoindustria colonial hispanoamericana, México, FCE, 1993. 19 R.J. Salvucci, Textiles y capitalismo en México. Una historia económica de los obrajes, 1539-1840, México, Alianza Editorial, 1992, pp. 109 e ss.; sugli aspetti tecnici si veda M. Miño Grijalva, La manufactura colonial. La constitución técnica del obraje, México, El Colegio de México, 1993. 18 La Nuova Spagna prevalenza nella tessitura di cotone; stime recenti indicano che la maggior parte del cotone era destinato al consumo interno per un valore di 5.000.000 di pesos per oltre 1.000.000 di mantas o pezze di stoffa tessute, il cui prezzo oscillava tra 5 e 6 pesos, un calcolo per difetto che considera soltanto la produzione dei principali centri.20 Il numero di tessitori indipendenti che si dedicavano all’attività cotoniera in laboratori e a domicilio nei vari distretti è difficile da calcolare, ma era molto ampia; a Città del Messico, ad esempio, il settore tessile rappresentava nel 1794 il 25% di tutti gli stabilimenti artigianali con una media di poco più di 4 lavoratori e costituiva la parte più importante dell’intero lavoro artigianale urbano.21 L’ingenio, vale a dire l’insieme delle installazioni manifatturiere per ottenere lo zucchero, era intimamente legato al sistema di piantagione, con le tecniche introdotte dagli spagnoli e con lo sfruttamento della forza lavoro indigena e degli schiavi africani; la coltivazione della canna da zucchero iniziò subito dopo la conquista nelle terre del Marquesado del Valle di Hernán Cortés; la corona concesse agli inizi del Seicento, di fronte al crollo demografico e alla creazione di nuovi pueblos, ulteriori terre al Marquesado e, in seguito al fallimento finanziario dei discendenti di Cortés, parte di esse furono cedute in enfiteusi. Le haciendas piantate a canna da zucchero erano una cinquantina alla fine del periodo coloniale e la coltivazione si ampliò nel Settecento nella regione temperata di Córdoba, a Jalisco e a Oaxaca nel sud, ma i grandi ingenios dell’epoca coloniale non superarono la dozzina.22 Le fasi della produzione dello zucchero comportavano l’uso della macina di legno con tre mazze verticali per la molitura azionata da una grande ruota idraulica, le caldaie disposte a batteria e lo spazio per lo spurgo con annesse officine per i vasi e la fonderia. M. Miño Grijalva, Obrajes y Tejedores…, cit., pp. 322-323. S. Pérez Toledo, Los hijos del trabajo. Los artesanos de la ciudad de México, 17801853, México, El Colegio de México-UAM, 1996, pp. 83-85. 22 W. Barrett, La hacienda azucarera de los Marqueses del Valle (1535-1910), México, Siglo XXI, 1977, p. 27; G. von Wobeser, La hacienda azucarera en la época colonial, México, SEP-UNAM, 1988, pp. 79 e ss.; F.B. Sandoval, La industria del azúcar en Nueva España, México, UNAM-Instituto de Historia, 1951, p. 133. 20 21 19 L’Indipendenza I principali cambiamenti tecnici nella manifattura dello zucchero riguardarono, intorno al 1750, la duplicazione del peso delle caldaie. Alla fine del Settecento la produzione di zucchero per il consumo interno dei 53 ingenios esistenti – con una capacità che variava da 200 tonnellate a poche decine – era di 9.000 tonnellate annue, alle quali andrebbero aggiunte altre 1.725 ottenute da circa 150 trapiches o piccole unità produttive a trazione animale per la molitura.23 Le 6 fabbriche di tabacco sorte tra il 1765 e il 1779 nella Nuova Spagna (México, Guadalajara, Oaxaca, Orizaba, Puebla e Querétaro) – dopo l’emanazione della cedola regia del 1764 che aveva creato il monopolio del tabacco – rappresentavano una forma particolare di manifattura che si caratterizzò per la concentrazione di un gran numero di lavoratori in un unico stabilimento – circa un migliaio, tranne nella fabbrica di Città del Messico che aveva quasi 7.000 lavoratori – con una percentuale elevata di manodopera femminile; al di là della separazione tra residenza e luogo di lavoro, la manifattura del tabacco – essendo manuale – non doveva ricorrere a particolari strumenti tecnici e a forza energetica. La creazione di queste fabbriche ebbe un largo impatto sociale perché in breve tempo portò allo smantellamento dei piccoli laboratori fino ad assorbire gli artigiani e perché modificò i meccanismi della commercializzazione; furono, infatti, date concessioni per la vendita al dettaglio tramite estanquillos che nel 1788 erano 2.258 in tutta la Nuova Spagna, i cui titolari ricevevano il 5% del valore della vendita. La creazione del monopolio fu una delle misure di politica fiscale per rivitalizzare l’amministrazione coloniale e comportò la centralizzazione dell’approvvigionamento del tabacco e il controllo del sistema di piccoli prestiti per la coltivazione nelle regioni di Córdoba e Orizaba. Il consumo di sigarette aumentò, sia pure gradualmente, ma nel decennio del 1790 le entrate derivanti dal monopolio del tabacco diminuirono rispetto agli anni precedenti a causa delle difficoltà ad importare la carta di foglia e a fornirla alle fabbriche; tuttavia, al di là dei costi di 23 e ss. 20 H. Crespo et al., Historia del azúcar en México, México, FCE, 1988, I, pp. 142 La Nuova Spagna produzione, i benefici restavano elevati, tanto che nel 1809 furono di 9.500.000 di pesos.24 La colonizzazione spagnola delle terre del nord aveva seguito il solco tracciato dalle scoperte minerarie oltre Zacatecas e i tentativi ulteriori di esplorazione portarono al contatto con le numerose etnie di popoli di cacciatori e di seminomadi; in un primo momento gli spagnoli avevano adottato il criterio di muovere guerra contro questi gruppi per obbligarli ad adattarsi a forme di lavoro sedentario, ma in seguito, di fronte al calo demografico e all’importanza delle attività minerarie, furono indotti ad attuare una politica di integrazione con accordi di pace e concessioni di terre, creando nuovi insediamenti. Le principali istituzioni in queste regioni furono la misión, sorta ai fini dell’evangelizzazione, e il presidio, fortificazione o avamposto per proteggere le vie di comunicazione e i centri abitati; i presidios col tempo erano diventati anche centri di commercio e di scambio, oltreché di rifugio di fronte alle pressioni di bande di nomadi.25 Nel 1680 vi era stata una ribellione degli indios pueblos del Nuovo Messico che obbligò gli spagnoli dell’avamposto di Santa Fe a ritirarsi a El Paso del Norte; negli anni successivi si susseguirono ribellioni di altri gruppi e fu creato un sistema di presidî che nel Settecento si estendeva dal nord del Texas fino a Sinaloa sul Pacifico. Gli apache – un gentilizio generico per indicare vari gruppi senza unità politica e senza forme di governo tribale, si trovavano nel Nuovo Messico – i comanche, insediati nella parte occidentale del Texas, e i lipani – imparentati linguisticamente con gli apache, nella parte nord e orientale del Texas – si opposero all’integrazione nel sistema delle missioni; questi gruppi, in particolare gli apache, non difendevano un territorio determinato, ma piut- 24 S. Deans-Smith, Bureaucrats, Planters and Workers. The Making of the Tobacco Monopoly in Bourbon Mexico, Austin, University of Texas Press, 1992, pp. 147 e ss. 25 Si veda P. Gerhard, The Northern Frontier of New Spain, Princeton, Princeton University Press, 1982, pp. 15-25. Si veda anche R.H. Jackson, Indian Population Decline. The Missions of Northwestern New Spain, 1687-1840, Albuquerque, University of New Mexico Press, 1994, pp. 13 e ss.; C. Sheridan, El “yugo suave del evangelio”. Las misiones franciscanas de Río Grande en el periodo colonial, Saltillo, Centro de Estudios Sociales y Humanísticos, 1999, pp. 45 e ss. 21 L’Indipendenza tosto un modo di vita fondato sul libero spostamento nelle praterie per la caccia dei bisonti e dei cervi e a, differenza di altri gruppi indigeni di Sonora o di Chihuahua, non accettavano l’uso esclusivo delle terre e delle acque.26 Il controllo del territorio nelle aree del nord, in particolare attorno alle zone minerarie di Nueva Vizcaya, divenne uno degli obiettivi dei Borboni e nel 1776 fu istituita la Comandancia General de las Provincias Internas con giurisdizione su tutto il nord;27 tra i primi provvedimenti adottati dal nuovo comandante – carica indipendente dal viceré – Teodoro de Croix vi fu la creazione di 5 colonie militari (Namiquipa, Galeana, Cruces, Casas Grandes e Janos) dove i coloni ricevettero in concessione terre comunali di quattro leghe quadrate (112.359 ettari) per uso agricolo e boschivo, furono esentati da qualsiasi imposta e ricevettero annualmente sementi e attrezzi agricoli.28 Le province del nord furono suddivise in due nel 1785 allorché il comandante di quelle occidentali autorizzò accordi e negoziati con i capi apache per stabilirsi nei dintorni dei presidî, creando casolari sparsi o rancherías, come avvenne a Tucson, Bacoachi e Bavispe ad esempio.29 Attraverso questi accordi di pace stipulati a partire dal 1790 le autorità militari locali stabilirono dei limiti alle zone che gli apache potevano percorrere liberamente, impegnandosi a far sì che gli spagnoli e i coloni non le rivendicassero; in cambio l’amministrazione coloniale consegnava una determinata quantità di cavalli, armi, alimenti e stoffe; ne seguirono decenni di tranquillità che permisero il rafforzamento degli insediamenti spagnoli e forme di prosperità. P. Gerhard, The Northern Frontier of New Spain, cit., pp. 313 e ss. La giurisdizione comprendeva le province di Sinaloa, Sonora, le Californie, Nueva Vizcaya, Coahuila, Texas e Nuovo Messico, cui in seguito furono assegnate il Nuevo Reino de León e la Colonia del Nuevo Santander: E. O’Gorman, Historia de las divisiones territoriales de México, México, Porrúa, 1979, pp. 15-19. 28 V. Orozco, Historia General de Chihuahua, III. Primera Parte. Tierra de Libres. Los pueblos del Distrito de Guerrero en el siglo XIX, Cd. Juárez, Universidad Autónoma de Ciudad Juárez, 1995, p. 41. 29 C. Radding de Murrieta e J.J. Gracida Romo, Sonora. Una historia compartida, México, Instituto Mora, 1989, p. 20. 26 27 22 La Nuova Spagna L’intera organizzazione dell’amministrazione pubblica fu modificata attraverso la Real Ordenanza de Intendentes del 1786. L’artefice di queste misure fu José de Gálvez, commissario straordinario o visitador per la Nuova Spagna tra il 1765 e il 1771 e poi ministro delle Indie di Carlo III tra il 1776 e il 1787.30 La visita divenne uno strumento di indagine conoscitiva sullo stato dell’amministrazione che poteva preludere a disposizioni di governo e nel corso del Settecento si moltiplicarono. Il cambiamento della divisione territoriale in province con il sistema di intendencias o creazione di 12 grandi distretti sotto la responsabilità diretta di un delegato o intendente, che nella realtà prefigurava una diminuzione delle competenze del viceré, fu una delle principali misure adottate.31 Le cariche minori dei funzionari distrettuali, che avevano il compito di riscuotere i tributi dei pueblos indigeni, furono ricoperte da persone che rispondevano direttamente al nuovo intendente. L’Audiencia, l’istituzione civile preposta all’amministrazione della giustizia, col tempo era diventata appannaggio dei criollos e Gálvez la riportò nelle mani degli spagnoli; tale istituzione perse, d’altronde, le facoltà di intervenire nelle questioni relative alla riscossione dei tributi, dei dazi e delle imposte, date prima in appalto al Consulado di Città del Messico o a singoli commercianti, in favore della giunta della Real Hacienda o amministrazione delle finanze che subì anch’essa una riorganizzazione.32 L’occupazione inglese de L’Avana nel 1762, durante la Guerra dei Sette Anni, aveva messo in evidenza la vulnerabilità delle difese del si- D.A. Brading, Miners and Merchants…, cit., pp. 34-35. Oltre alle 12 Intendencias (México, Guadalajara, Puebla, Veracruz, Mérida, Oaxaca, Guanajuato, Valladolid, San Luis Potosí – che comprendeva le Provincias Internas de Oriente – Zacatecas, Durango e Arizpe che comprendevano le Provincias Internas de Occidente), vi erano tre governi che dipendevano direttamente dal viceré: Tlaxcala, Vieja California e Nueva California. Le divisioni politico-amministrative, specie nelle aree spopolate del nord, subirono diversi cambiamenti alla fine del Settecento. Cfr. E. O’Gorman, Historia de las divisiones territoriales de México, cit., pp. 20-25 ; si veda H. Pietschmann, Las reformas borbónicas y el sistema de intendencias en Nueva España. Un estudio político administrativo, México, FCE, 1996, pp. 118 e ss. 32 Si veda H.S. Klein, Las finanzas americanas del imperio español, 1680-1809, México, Instituto Mora, 1994, pp. 93 e ss. 30 31 23 L’Indipendenza stema imperiale spagnolo e la successiva pace di Parigi del 1763 determinò cambiamenti di sovranità delle potenze europee nei territori americani. Il capitano generale dell’Andalusia era giunto a Veracruz alla fine del 1764 con il compito di organizzare una milizia permanente e di difendere le aree più esposte, specie nella parte settentrionale della Nuova Spagna, rafforzando il sistema dei presidî.33 Dinanzi al persistere delle minacce inglesi sul fronte atlantico, i rapporti e le proposte per la creazione di un esercito regolare sotto la responsabilità di ufficiali spagnoli portò all’organizzazione di alcuni reggimenti – uno dei quali rimase dislocato a Veracruz con oltre 4.000 soldati nel 1784 – che costituirono il nucleo della milizia regia. Tuttavia, i problemi del reclutamento e del mantenimento dei reggimenti e delle compagnie dettero luogo a diversi conflitti tra questo esercito regolare, con una propria giurisdizione, e i rappresentanti del potere civile.34 Si trattava, dunque, di una serie di provvedimenti imposti ad una società che aveva beneficiato nei fatti di una larga autonomia. L’amministrazione fiscale ricavava entrate per i diritti di coniare moneta, attraverso le imposte indirette o alcabalas sui prodotti importati e sulla produzione agricola – in particolare il pulque o bevanda che si ricava dal cuore dell’agave e di largo consumo popolare – attraverso il controllo di vari monopoli (carte da gioco, sale, mercurio e soprattutto quello, stabilito nel 1764, delle manifatture del tabacco) e tramite la capitazione o tributo indígena. Le ingenti entrate della Nuova Spagna erano distribuite all’interno del vicereame per la difesa delle guarnigioni del Golfo e per il mantenimento dei presidî militari nel nord, mentre la maggior quantità era trasferita a L’Avana per le spese delle varie amministrazioni spagnole del Caribe e, soprattutto, alla metropoli; quest’ultima quota, alla fine del periodo coloniale, rappresentava il 75% del totale delle entrate provenienti dalle colonie americane che, a loro volta, erano una quinta parte Si veda Mª del C. Velázquez, Establecimiento y pérdida del Septentrión de Nueva España, México, El Colegio de México, 1997 2, pp. 161 e ss. 34 Si veda in proposito Ch.I. Archer, El ejército en el México borbónico 17601810, México, FCE, 1983, pp. 40 e ss. 33 24 La Nuova Spagna dell’erario imperiale complessivo.35 La pressione fiscale sulle colonie si accentuò con l’entrata in guerra della Spagna sia contro la Francia rivoluzionaria nel 1793 sia contro l’Inghilterra nel 1796-1802 e di nuovo nel 1805-1808; ad essa si accompagnò un calo nelle entrate ordinarie provenienti dalle colonie americane. L’inasprimento fiscale, specie dal 1793, si verificò attraverso l’imposizione di prestiti forzosi e di prestiti addizionali garantiti dalle varie corporazioni e, a partire dalla guerra con l’Inghilterra, furono emessi anche dei buoni garantiti dai beni ecclesiastici (consolidación de vales reales); inizialmente questa politica riguardò la sola penisola iberica e fu solo nel 1804 che fu estesa anche alle colonie americane; tale misura si configurò come un prestito che obbligava la Chiesa a cedere alla corona il capitale equivalente ai beni immobili e a quello circolante. La Chiesa possedeva nella penisola beni immobili, mentre nella Nuova Spagna il capitale liquido era molto elevato – stimato tra 40.000.00 e 50.000.000 di pesos – ed era alla base del prestito ipotecario in favore dei proprietari terrieri e delle miniere; questa misura comportò l’obbligo di riunire 10.000.000 di pesos – inviati in Spagna fino al 1809 – ossia i due terzi dell’intero ammontare ottenuto dalle colonie americane, e si trattò di un provvedimento che colpì l’intera economia. Il trattato di Amiens del 1802 permise una ripresa del commercio atlantico della Spagna con le sue colonie, ma si verificò un crollo definitivo in seguito alla battaglia di Trafalgar del 1805.36 2. L’insurrezione del 1810 La crisi politica nella penisola si era aperta nel maggio del 1808 quando Napoleone aveva invaso la Spagna e, dopo aver obbligato Carlo IV e il figlio Ferdinando VII ad abdicare, aveva insediato sul trono il fra- C. Marichal, La bancarrota del virreinato. Nueva España y las finanzas del Imperio español, 1780-1810, México, FCE, 1999, p. 47. 36 Ibid., p. 169. 35 25 L’Indipendenza tello Giuseppe Bonaparte, provocando la nascita di movimenti di resistenza e di giunte insurrezionali contro i francesi nelle varie province della penisola; alla fine di settembre del 1808 era sorta ad Aranjuez la Suprema Junta Central, un organismo che cercò di esercitare la sovranità. Il 22 gennaio del 1809 questa giunta, in previsione della convocazione delle Cortes – rappresentanza degli ordini e delle città con propri statuti – invitò i regni delle colonie americane ad eleggere delegati (1 per ognuno dei 4 vicereami e delle 5 capitanías generales), stabilendo in quelle circostanze la concessione di un principio di uguaglianza.37 La pressione francese sull’Andalusia aumentò alla fine del 1809 e la giunta si trasferì a Cadice, delegando i poteri ad un organo più ristretto di 5 membri, il Consiglio di Reggenza; la giunta centrale, tuttavia, prima di sciogliersi aveva approvato nel gennaio del 1810 un regolamento in base al quale dovevano essere eletti i deputati alle Cortes, così come i rappresentanti delle colonie americane, che poi si riunirono a Cadice il 24 settembre: per quanto riguarda la penisola ogni città con diritto di rappresentanza nelle vecchie Cortes poteva eleggere un deputato; ad ogni provincia spettava invece un deputato ogni 50.000 abitanti, mentre nelle colonie americane ogni provincia o regno poteva eleggere un solo deputato. Si trattava di una disparità che nel clima politico e ideologico dell’epoca di unitarietà dei regni avviò da parte americana la rivendicazione di una maggiore uguaglianza.38 L’abdicazione di Carlo IV e di Ferdinando VII aveva aperto il problema della sovranità e fu invocata la tradizione giusnaturalista della nazione articolata in ordini che, in assenza del re, giustificava la convocazione di organismi, specie il cabildo o consiglio esistente nei capoluoghi di province e regni della penisola – emanazione soprattutto in quelle circostanze di giunte insurrezionali – in grado di assumere la sovranità, così come avvenne nelle principali città americane: i tempi dilatati con 37 Sulla natura delle Cortes: cfr. M. Artola, “El Estado” in Id., Enciclopedia de Historia de España. III. Instituciones políticas. Imperio, Madrid, Alianza Editorial, 1988, pp. 114 e ss. 38 J.E. Rodríguez O., “De súbditos de la Corona a ciudadanos republicanos: el papel de los autonomistas en la Independencia de México” in J.Z. Vázquez (a cura di), Interpretaciones de la Independencia de México, México, Nueva Imagen, 1997, pp. 53-54. 26 L’insurrezione del 1810 cui giungevano le informazioni degli avvenimenti in Spagna, sconvolta dalla guerra, determinarono in parte le risposte americane, ma ben presto, al di là delle prime manifestazioni di legittimismo, prevalse la discussione politica sui problemi generali determinati dalla disgregazione della monarchia.39 Il cabildo di Città del Messico - istituzione che aveva il compito di provvedere al mantenimento delle infrastrutture cittadine, ai mercati e alle cerimonie pubbliche – era composto da 15 membri ereditari integrato nel 1772 con 6 membri onorari; tra luglio e agosto del 1808 – dopo aver avuto notizie dei fatti accaduti nella penisola – i rappresentanti del cabildo si divisero tra i sostenitori di una posizione di attesa, coloro che volevano assumere il governo autonomo in nome di Ferdinando VII, proposta poi formalizzata con l’idea di convocare un’assemblea rappresentativa di tutte le città della Nuova Spagna, e una parte dell’élite che riteneva di dover riconoscere l’autorità della giunta provinciale di Siviglia come vera rappresentante del monarca assente, essendo l’Andalusia la parte della Spagna ancora non occupata dai francesi e data la lunga tradizione di Siviglia nei rapporti americani.40 Il viceré José de Iturrigaray convocò tra agosto e settembre varie riunioni del cabildo di Città del Messico, allargato ai rappresentanti delle varie corporazioni secolari e religiose con la presenza di una ottantina di personalità: per quanto esitante, mantenne un dialogo con i sostenitori dell’autonomia temporanea, ma fu deposto il 15 settembre del 1808 da un gruppo di spagnoli che nominarono viceré Pedro Garibay, l’ufficiale più alto in grado della milizia regia, il quale fu sostituito nel luglio del 1809 dall’arcivescovo Francisco Javier Lizana y Beaumont.41 I cabildos della Nuova Spagna, tra aprile e autunno del 1809, seguirono le procedure per designare il rappresentante da inviare presso la giunta centrale trasferitasi a Siviglia; a queste elezioni indirette, con norme che prevedevano l’elezione di una terna e il suc- F.-X. Guerra, Modernidad e Independencia. Ensayos sobre las revoluciones hispánicas, Madrid, Mapfre, 1992, pp. 115 e ss. 40 T.E. Anna, La caída del gobierno español en la ciudad de México, México, FCE, 1981, p. 58. 41 Ibid., pp. 65-71. 39 27 L’Indipendenza cessivo sorteggio fino a designare un unico delegato, furono ammesse 14 città, mentre altre, escluse, chiesero di poter partecipare al voto; nel corso delle votazioni emersero varie dispute a livello locale e ovunque si manifestò un predominio dei peninsulari, fatto che dimostrava il loro peso all’interno dei cabildos, diventato poi fonte di risentimenti.42 Si ebbero una serie di cospirazioni da parte dei criollos che avevano maturato l’idea di un governo autonomo, ma non potevano contare su basi solide per attuare tale progetto e, dopo l’instaurazione del Consiglio di Reggenza a Cadice e l’emanazione del regolamento per la convocazione delle Cortes, si tennero tra giugno e agosto del 1810 le elezioni dei deputati nelle varie province della Nuova Spagna che videro la prevalenza degli autonomisti; nel frattempo il Consiglio di Reggenza con sede a Cadice aveva nominato viceré Francisco Xavier Venegas, il quale giunse a Veracruz il 15 agosto del 1810. Il cabildo di Città del Messico delegò alle Cortes José Beye de Cisneros, un giurista ed esponente moderato, il quale intravide l’opportunità, come altri deputati americani, di affermare le proprie aspirazioni autonomiste.43 Le Cortes di Cadice prevedevano soltanto la rappresentanza delle province e, rispetto ai 104 deputati peninsulari presenti alla fine di settembre del 1810, vi erano 27 deputati americani, il cui numero aumentò in seguito. Il ruolo dei rappresentanti americani fu importante dal punto di vista costituzionale, ma non poterono influire in maniera diretta sugli eventi americani, e tale ruolo va letto sul terreno delle biografie intellettuali e delle attività politiche svolte in seguito.44 La nuova Costituzione fu approvata nel marzo del 1812 e promulgata nei territori americani alla F.-X. Guerra, Modernidad e Independencia…, cit., pp. 190 e ss. T.E. Anna, La caída del gobierno español…, cit., p. 81; J.E. Rodríguez O., “De súbditos de la Corona a ciudadanos republicanos: el papel de los autonomistas en la Independencia de México” in J.Z. Vázquez (a cura di), Interpretaciones de la Independencia de México, cit., p. 56. 44 J.E. Rodríguez O., La Independencia de la America española, México, FCE, 1996, pp. 107 e ss. Per i rappresentanti americani alle Cortes di Cadice tra settembre del 1810 e maggio del 1814 si veda M.L. Rieu-Millan, Los diputados americanos en las Cortes de Cádiz (Igualdad o Independencia), Madrid, Consejo Superior de Investigaciones Científicas, 1990, pp. 37-44. 42 43 28 L’insurrezione del 1810 fine di quell’anno; essa sanciva uno Stato unitario con leggi uguali nei territori soggetti alla corona spagnola, istituiva una camera unica che si sarebbe riunita nella capitale del regno e limitava le attribuzioni del monarca sottoposto così al controllo e alle decisioni delle nuove Cortes; fu abolito il tribunale dell’Inquisizione e furono prese misure per limitare il potere temporale della Chiesa, così come furono previste forme di decentramento con l’istituzione della diputación provincial o rappresentanza elettiva delle province fino a giungere all’abolizione della figura del viceré, che diventava un governatore o gefe político della propria giurisdizione di competenza. Tali disposizioni aprivano la strada dal punto di vista giuridico al passaggio dall’ancien régime al costituzionalismo moderno e condizionarono gli avvenimenti nelle colonie americane, alimentando le richieste di autonomia e di sovranità.45 L’occupazione napoleonica della penisola nel corso del 1810 determinò la proliferazione di giunte e governi provvisori a partire dai consigli o cabildos delle principali città americane e se, da un lato, rafforzò una certa volontà d’autonomia, dall’altro, fece prevalere un atteggiamento attendista o di difesa del legittimismo monarchico. Il movimento di indipendenza ebbe infatti una dimensione continentale; nella Nuova Granada, dove la figura chiave fu Simón Bolívar, il processo assunse forme d’estrema violenza: qui infatti, dopo il ritorno di Ferdinando VII sul trono nel 1814, fu inviata una spedizione militare per la riconquista delle colonie. Il Perù divenne invece il punto di maggior resistenza degli spagnoli; nella vasta regione del Río de la Plata prevalsero le spinte centrifughe e l’indipendenza portò alla progressiva disgregazione politica.46 L’insurrezione popolare del settembre del 1810 nella Nuova Spagna determinò una reazione nella società novohispana che mutò il corso degli eventi. Lo scoppio di questa insurrezione popolare è stato spiegato a lungo con l’accumulo di rivendicazioni esplose in maniera improvvisa e come una sorta di naturale tendenza delle masse rurali a ribellarsi, anche se in altre parti della Nuova Spagna non avvennero fenomeni analoghi: B.R. Hamnett, Revolución y contrarrevolución…, cit., pp. 45 e ss. Per un panorama generale si veda J. Lynch, Las revoluciones hispanoamericanas 1808-1826, Barcelona, Ariel, 1976. 45 46 29 L’Indipendenza sul terreno storico si è posto, quindi, il problema di analizzare le cause della rivolta del 1810 dopo secoli di stabilità sociale in una regione circoscritta come il Bajío.47 Il Bajío costituisce una pianura fertile, data la presenza di vari affluenti del fiume Lerma che solca la regione da oriente ad occidente tra Celaya e León, e rappresenta un’unità morfologica e una realtà produttiva costituitasi tra il 1550 e il 1640 come un’importante regione agricola in funzione delle attività estrattive delle miniere d’argento di Guanajuato.48 La regione aveva conosciuto un ciclo espansivo dell’attività mineraria, tanto che la miniera La Valenciana dopo il 1780 produsse la metà dell’argento dell’area, mentre i proprietari delle miniere e i commercianti avevano investito in terre e avevano acquistato varie haciendas, costituendo una élite regionale; essi cercarono di destinare le terre alla coltivazione del grano, una produzione redditizia rivolta alle classi urbane, relegando il mais in aree più periferiche in regime di concessione a piccoli affittuari e a detrimento delle terre di pascolo, ragion per cui l’allevamento si spostò verso le zone più aride di San Miguel e Dolores e persino più a nord. L’assenza di comunità indigene pose il problema di attingere alla forza lavoro stagionale e si dovette ricorrere agli stessi braccianti residenti ai quali furono dati piccoli appezzamenti nelle stesse haciendas, dove coltivavano il mais per la propria sussistenza.49 La popolazione nel Bajío era raddoppiata nella seconda metà del Settecento, tanto che nel 1792, secondo il censimento di Revillagigedo, gli abitanti della regione, compresa Querétaro, erano 516.000: la città di Guanajuato aveva 32.000 abitanti e 55.000 con i dintorni, Celaya 20.000 e San Miguel 12.000; la maggior parte della popolazione si trovava nelle campagne. La pressione demografica, in parte frutto di migrazioni, aveva creato uno squilibrio tra la disponibilità di alimenti e l’aumento della popolazione trasformandosi in carestia a seguito di due 47 Le rivolte rurali, durante l’epoca coloniale nella Nuova Spagna, furono limitate per dimensioni e confinate ad ambiti locali: cfr. F. Katz, “Las rebeliones rurales en el México pre Cortesiano y colonial” in Id. (a cura di), Revuelta, rebelión y revolución. La lucha rural en México del siglo XVI al siglo XIX, México, Era, 1988, t. 1, pp. 65-93. 48 J. Tutino, From Insurrection to Revolution…, cit., pp. 48 e ss. 49 Ibid., p. 58. 30 L’insurrezione del 1810 anni consecutivi di siccità, come nel 1785-1786, con una mortalità elevata; si verificarono allora 85.000 decessi secondo i registri parrocchiali del 1786 con una mortalità media del 143°/°°: un evento eccezionale registrato nelle cronache dell’epoca.50 La crisi del 1786 mise in evidenza il precario equilibrio della struttura produttiva regionale; un fenomeno analogo accadde nel 1808 e nel 1809, ma allora a questi fattori di crisi agraria se ne aggiunsero altri di natura economica e anche politica. Le manifatture laniere (obrajes) stabilite nella regione, soprattutto a Querétaro e Acámbaro, rappresentavano un’attività che aveva incontrato difficoltà a causa degli elevati costi di lavoro negli opifici e delle scarse innovazioni tecniche, e nel corso del Settecento si era ampliata la tessitura del cotone da parte dei lavoratori domestici specie a Puebla, Guadalajara e nel Bajío.51 La fine del monopolio di Cadice nel commercio interatlantico e l’introduzione della libertà per i porti peninsulari di commerciare direttamente con le colonie americane aveva favorito a partire dal 1785 l’arrivo dei tessuti europei, catalani in principio, creando una diminuzione della manifattura domestica del cotone. Le guerre internazionali che avevano coinvolto la Spagna dal 1793 alla pace di Amiens nel 1802 rallentarono il commercio atlantico e agirono da protezione in questo settore, ma a partire dal 1802 le importazioni di tessuti inglesi aumentarono progressivamente e ancor più dopo la sconfitta spagnola di Trafalgar nel 1805, che segnò la fine del dominio mercantile della Spagna sulle proprie colonie, ragion per cui i tessitori delle aree urbane e rurali subirono la concorrenza delle importazioni europee.52 Le irregolarità del commercio atlantico ebbero effetti sulle attività minerarie soprattutto a causa della rilevanza del mercurio proveniente dalle miniere andaluse di Almadén; dal 1799 la produzione d’argento presentò segni di recessione e dal 1807 non giunsero più carichi di metalli in Spagna. Quando Miguel Hidalgo y Costilla invitò alla ribellione nel 1810, tutti questi fattori, dalla D.A. Brading, Miners and Merchants…, cit., pp. 224 e ss.; si veda E. Florescano, Breve historia de la sequía en México, México, CONACULTA, 20002, p. 46. 51 M. Miño Grijalva, Obrajes y Tejedores…, cit., pp. 73 e ss. 52 R. Liehr, Ayuntamiento y oligarquía en Puebla, 1787-1810, México, SepSetentas, 1976, I, pp. 41-42. 50 31 L’Indipendenza carestia del 1808-1809 al senso di insicurezza conseguente alla crisi mineraria, precipitarono e, tra le varie cospirazioni in atto, quella di alcuni criollos di Querétaro, con legami nel Bajío, si rivelò la più densa di conseguenze.53 Il corregidor di Querétaro, il criollo Miguel Domínguez, esprimeva il malessere contro i privilegi di cui godevano gli spagnoli nell’amministrazione: assieme ad un piccolo gruppo di esponenti della società locale (Ignacio Allende capitano della milizia di San Miguel, i fratelli Juan Aldama – anch’egli capitano della milizia – e Ignacio – commerciante e alcalde di San Miguel, Mariano Abasolo ufficiale della milizia), cercò di consolidare una base politica di protesta. La personalità di maggior spicco, tuttavia, fu Miguel Hidalgo y Costilla, all’epoca parroco di Dolores, un importante centro agricolo nella parte orientale di Guanajuato. Hidalgo era nato nel 1753 da una famiglia di proprietari terrieri, aveva studiato nel seminario di Valladolid, prendendo i voti ecclesiastici e aveva insegnato nel Colegio de San Nicolás di Valladolid fino a diventarne rettore. Le sue inquietudini intellettuali, l’interesse per le idee illuministiche e per i risvolti della rivoluzione francese crearono delle diffidenze nei suoi confronti da parte delle autorità ecclesiastiche, tanto che fu ben presto sollevato dagli incarichi. Nel 1803 era stato nominato, dopo alcuni anni trascorsi a Colima, parroco di Dolores, dimostrando interesse per nuove attività agricole e manifatturiere, e la parrocchia divenne un centro di discussione culturale e di scambio di idee sulla vita politica e sulle condizioni sociali dell’epoca; era sorto così, tra i criollos delle città del Bajío un sentimento contro il governo spagnolo che portò alla cospirazione del 1810.54 Tuttavia, il piano di tale cospirazione venne a conoscenza delle autorità locali alla fine di agosto di quell’anno e obbligò il corregidor di Querétaro, persona al centro del movimento, ad arrestare uno dei cospiratori il 14 settembre nel tentativo di evitare una più ampia repressione. Il capitano Ignacio Allende di San Miguel si recò a Dolores e avvertì il giorno dopo Hidalgo, il quale decise di anticipare il 53 54 32 J. Tutino, From Insurrection to Revolution…, cit., pp. 112 e ss. E. De la Torre, La Independencia de México, Madrid, Mapfre, 1992, p. 85. L’insurrezione del 1810 piano insurrezionale e la mattina della domenica 16 settembre esortò i convenuti nella chiesa a ribellarsi contro il malgoverno degli spagnoli e contro i francesi che governavano in Spagna. Gli spagnoli residenti nella città di Dolores furono arrestati e gli insorti s’impossessarono delle armi della guarnigione locale per dirigersi poi verso San Miguel, dove fu istituita una giunta di criollos per il governo locale; il 19 settembre Hidalgo, insieme a qualche migliaio di contadini che inalberavano lo stendardo della Madonna di Guadalupe, si presentò a Celaya dando un ultimatum al cabildo della città e quando i suoi uomini vi entrarono, due giorni dopo, fu saccheggiata; gli spagnoli, temendo rappresaglie, si rifugiarono a Querétaro.55 La mobilitazione popolare assunse subito un carattere antispagnolo e risuonò sempre più spesso il grido “a morte gli spagnoli” (mueran los gachupines). Hidalgo, dopo il tentativo di organizzare militarmente i suoi uomini, decise di marciare su Guanajuato con il proposito di controllare il cuore della regione, tenuto conto che a Querétaro vi era una forte guarnigione della milizia. Le autorità civili e militari di Guanajuato pensarono di difendersi: gli spagnoli che vi risiedevano erano convinti di avere ragione della rivolta e gli stessi benestanti criollos, dopo l’episodio di Celaya – pur condividendo i presupposti di Hidalgo – si unirono agli spagnoli temendo le possibili implicazioni sociali della ribellione. L’edificio dove si trovava il granaio pubblico dell’Alhóndiga de Granaditas, una costruzione in stile neoclassico situata al centro della città, la cui finalità – viste le ricorrenti carestie – era stata quella di assicurare la disponibilità di granaglie per la popolazione locale, fu fortificato in pochi giorni; qui furono ammassati viveri per resistere alcuni mesi. Hidalgo giunse a Guanajuato con il suo esercito di circa 25.000 contadini il pomeriggio del 27 settembre del 1810; il giorno dopo inviò una delegazione a trattare con Juan Antonio Riaño, intendente e massima autorità locale, assicurando che era disposto a garantire l’incolumità degli spagnoli, ma di fronte alla volontà di resistere Hidalgo entrò in città: con l’aiuto della gente del luogo cominciò l’assalto alla Alhóndiga che si chiuse con un saldo elevato di vittime, con la distruzione degli impianti 55 H.M. Hamill jr, The Hidalgo Revolt…, cit., pp. 123-124. 33 L’Indipendenza delle attività estrattive e con la nomina da parte di Hidalgo di nuove autorità. Subito dopo la mobilitazione popolare si diresse verso Valladolid.56 Il vescovo di Valladolid, Manuel Abad y Queipo, dopo i fatti di Celaya, aveva scomunicato Hidalgo per eresia il 24 settembre e il 13 ottobre l’arcivescovo di Città del Messico – massima autorità ecclesiastica della Nuova Spagna – ribadì la decisione estendendola a tutti i suoi sostenitori. In quella fase Hidalgo cercò di assecondare l’insurrezione, sperando di suscitare analoghe reazioni a quelle del Bajío e di alimentare i timori delle élite per ottenerne il sostegno politico; tranne a Guanajuato, la resistenza al suo esercito popolare fu debole come a Valladolid – occupata il 17 di ottobre – dove furono confiscati i fondi di una delle più ricche curie della regione. Hidalgo aveva in mente di accerchiare Città del Messico per costringere le autorità coloniali alla resa: rispetto alle due vie principali di accesso – quella attraverso Querétaro, dove erano state concentrate le principali forze a sostegno del viceré Venegas, e quella attraverso Toluca che era sguarnita e presentava alcune difficoltà a causa dei valichi di montagna – Hidalgo scelse quest’ultima e si mise in movimento con il suo esercito di circa 80.000 contadini procedendo lentamente.57 Il viceré Venegas aveva affidato a Félix Calleja l’organizzazione della milizia regia a Querétaro affiancandovi alcuni ufficiali criollos come Manuel de Flon di Puebla; Calleja, ufficiale di fanteria, era giunto nel 1790 e alcuni anni dopo comandava la Décima Brigada di San Luis Potosì con giurisdizione sul nordest; nonostante i tentativi nei decenni precedenti di trasformare le milizie provinciali della Nuova Spagna in un esercito regolare sotto la responsabilità di ufficiali spagnoli, le forze regie, alla vigilia dell’insurrezione di Hidalgo, si trovavano dislocate in vari luoghi e i contingenti superavano di poco le 5.000 unità; in questa situazione furono rinforzate con forme coatte di leva e la milizia acquistò un progressivo ruolo politico autonomo.58 E. De la Torre, La Independencia de México, cit., pp. 86-87. Ibid., p. 88. 58 Ch.I. Archer, “La revolución militar de México: estrategia, tácticas y logísticas durante la guerra de Independencia, 1810-1821” in J.Z. Vázquez (a cura di), Interpretaciones de la Independencia de México, cit., p. 125; si veda anche Ch.I.Archer, El ejército en el México borbónico…, cit., pp. 257-259. 56 57 34 L’insurrezione del 1810 José María Morelos, parroco di Cuarácaro dal 1799 – una località di poche centinaia di anime nelle terre calde di Michoacán sul Pacifico – fu tra i vari esponenti che, non avendo fatto parte del nucleo di insorti del Bajío, si unirono a Hidalgo in quel momento: a metà ottobre del 1810 aveva ricevuto l’editto del vescovo di Valladolid che scomunicava Hidalgo con l’ordine di affiggerlo nella chiesa di Cuarácaro. Morelos – nato nel 1765 a Valladolid da una famiglia modesta e allievo di Hidalgo in seminario – decise di recarsi a Valladolid per comprendere quanto stava accadendo, raggiunendo il suo vecchio maestro il 20 ottobre: si trattò di un incontro da sempre ricordato per il significato avuto poi sugli avvenimenti. In quell’occasione Morelos si offrì di collaborare come cappellano nelle truppe di Hidalgo, ma questi – preoccupato dagli aspetti insurrezionali – lo invitò ad organizzare gruppi nella costa del Pacifico e ad affrontare la milizia ad Acapulco, punto strategico nei collegamenti del commercio con le Filippine e la Cina. Morelos partì con alcune decine di volontari verso la costa occidentale e il 12 novembre del 1810 con circa 2.000 uomini occupò i villaggi intorno ad Acapulco; tuttavia l’impresa di espugnare questo baluardo si rivelò molto ardua.59 La campagna militare di Morelos si protrasse per un anno, durante il quale addestrò i suoi uomini con la collaborazione di altri capi ribelli – come Ermenegildo Galeana di Tecpan, Mariano Matamoros parroco di Jantetelco, Nicolás Bravo di Chilpancingo, Vicente Guerrero di Tixtla e Miguel Fernández Félix di Tamazula, un seminarista che aveva abbandonato gli studi e che poi assunse lo pseudonimo di Guadalupe Victoria – che in seguito avrebbero avuto un ruolo decisivo.60 La rivolta guidata da Morelos in queste regioni costiere del Pacifico, scarsamente popolate, coinvolse gruppi sociali diversi: la debole élite locale, alleattasi in parte con Morelos, lottava contro l’emarginazione economica; i braccianti volevano modificare le precarie condizioni di vita, mentre le comunità indigene rivendicavano l’uso delle terre; ognuno di questi gruppi trovò un punto di convergenza in rivendicazioni politiche generali, come ad esempio l’avversione al dominio spagnolo.61 W.H. Timmons, Morelos, sacerdote, soldado, estadista, México, FCE, 1983, p. 49. Ibid., pp. 54-56. 61 J. Tutino, From Insurrection to Revolution…, cit., pp. 185-186. 59 60 35 L’Indipendenza Il 30 ottobre del 1810 Hidalgo entrò in contatto con un distaccamento della milizia regia di 2.500 uomini sul passo di Tres Cruces che dava accesso a Città del Messico, ma la battaglia che ne seguì portò tra morti e disertori alla perdita della metà delle forze degli insorti; Hidalgo decise, contro il parere di alcuni collaboratori, di ritirarsi perché ritenne le sue forze inadeguate a rompere le difese di Città del Messico e perché comprese che nelle regioni di Michoacán e di Toluca, malgrado la carestia del 1808-1809 avesse colpito anche queste zone, non aveva ottenuto l’appoggio della popolazione locale: in effetti, la struttura sociale della grande proprietà manteneva stretti vincoli con le comunità indigene, nel senso che l’hacienda offriva forme di impiego temporaneo e appezzamenti per coltivare il mais.62 Le autorità, d’altro canto, avevano rafforzato la milizia e avevano lanciato un’offensiva propagandistica contro Hidalgo; più in generale, le motivazioni politiche degli insorti apparivano incerte per larga parte dei criollos che temevano le conseguenze di una rivolta sociale e la decisione di Hidalgo di ritirarsi nasceva in larga parte dal peso di questo insieme di fattori.63 Il 3 novembre Hidalgo e i combattenti ritornarono verso il Bajío per poi dirigersi a Guadalajara, ma il 7 novembre del 1810, prima di giungere a Querétaro, furono sconfitti da un reggimento di 7.000 uomini comandati da Calleja e Flon: Allende ritornò a Guanajuato e Hidalgo si diresse verso Valladolid, dove giunse a metà novembre, mentre gli insorti avevano preso Guadalajara. Trasferitosi a Guadalajara il 26 novembre, Hidalgo istituì nelle settimane successive un proprio governo sul modello del sistema della Audiencia locale con la collaborazione di alcuni criollos come José María Chico – discendente di una ricca famiglia di Guanajuato – Ignacio Rayón – avvocato di Tlalpujahua e amministratore di miniere in questa zona – e il fratello Mariano che svolse il compito di tesoriere, così come aveva insediato nuove autorità a San Miguel e Guanajuato con l’intenzione di ribadire la volontà di legittimare il movimento insurrezionale. Hidalgo, malgrado le incertezze sul futuro dell’assetto istituzionale, cercò il sostegno 62 63 36 Ibid., pp. 145-147. H.M. Hamill jr, The Hidalgo Revolt…, cit., pp. 166-179. L’insurrezione del 1810 dei criollos, ma la politica del terrore contro gli spagnoli – ne aveva fatto passare per le armi una sessantina a Valladolid e circa 350 a Guadalajara – rappresentò un elemento che contribuì ad alimentare forme di diffidenza e ne minò la collaborazione.64 Hidalgo rese pubblici allora due importanti decreti: con il primo si restituiva il pieno diritto di sfruttamento delle terre alle comunità indigene, mentre con il secondo si stabiliva la libertà degli schiavi e la soppressione del tributo, misure che introducevano principî di uguaglianza e di giustizia sociale dettati dall’esperienza, ma non inserite in un quadro di dottrina politica; esse erano espressione del millenarismo sociale che accompagnò buona parte della ribellione degli anni 1811-1813.65 Hidalgo e Allende, recatisi a Guadalajara dopo la presa di Guanajuato da parte delle milizie di Calleja, cercarono di prepararsi sul piano militare, visto che agli inizi di gennaio del 1811 i ribelli insorti o insurgentes rappresentavano una massa di 80.000 potenziali combattenti; di fronte all’avvicinarsi di Calleja con 6.000 uomini per metà di cavalleria, fu convocato un consiglio di guerra nel quale prevalse l’idea di Hidalgo, dettata forse dalla volontà di non disperdere la capacità di mobilitazione oppure frutto del suo carattere emotivo di sognare grandi imprese, di sfidare la milizia in una battaglia aperta piuttosto che dividere le forze ed evacuare la città come aveva suggerito Allende con maggior senso tattico. Le truppe di Hidalgo si appostarono ad est della città a Puente de Calderón e il 17 gennaio ebbe luogo una battaglia, il cui esito sembrò incerto finché l’artiglieria di Calleja seminò il panico provocando 1.200 morti tra gli insorti e la conseguente diserzione, oltre ad una nuova disastrosa ritirata.66 L’insurrezione si trasformò così in guerriglia approfittando della vicinanza delle zone di rifugio di montagna e Hidalgo fu costretto a ritirarsi a nord verso Saltillo, dove Mariano Jiménez – attivo collaboratore dalla presa di Guanajuato e inviato con un contingente ad agire nella regione di San Luis Potosí – agli inizi di gennaio aveva conquistato una base per gli insorti, mentre Ignacio Rayón si era trasferito a Zacatecas per poi ritornare a Michoacán. Il viceré VeneIbid., pp. 180-187. Ibid., pp. 194-196. 66 Ibid., pp. 198-202. 64 65 37 L’Indipendenza gas, dal canto suo, attuò una politica sistematica di riconquista delle zone del Pacifico e a nord di Guadalajara controllate dagli insorti, mentre Hidalgo con il suo seguito aveva deciso di convocare un nuovo consiglio di guerra a Saltillo per riorganizzare le sue forze e ottenere i mezzi necessari per approvvigionarsi di munizioni, ma a partire da questo momento prevalse la delusione tra i suoi stessi luogotenenti. Alcuni ufficiali criollos della milizia regia nel nordest, come il capitano Francisco Ignacio Elizondo e altri, avevano aderito di recente alla causa di Hidalgo; Elizondo era stato incaricato di consolidare il movimento nel nord di Coahuila ma, trovandosi nel presidio di San Fernando – dove custodiva il deposto governatore spagnolo del Texas Manuel Salcedo – fu convinto a ripassare dalla parte dei lealisti sotto le pressioni del corpo della milizia locale, visto che gli spagnoli avevano ripreso il controllo della regione texana di Béjar: questa intesa portò ad un piano per impedire agli uomini di Hidalgo di consolidare una base nella regione e ogni possibile via di fuga. Mariano Jiménez aveva assunto il comando degli insorti e, ignaro degli avvenimenti, a metà marzo comunicò a Elizondo l’intenzione di muoversi a nord di Saltillo e questi si dichiarò disposto a guidare le forze attraverso il deserto proponendo un incontro nella località di Nuestra Señora de Guadalupe de Baján, dove il 21 marzo del 1811 a sorpresa dispiegò la sua cavalleria, presentata come guardia d’onore, e arrestò Hidalgo e i membri della sua comitiva.67 I principali capi dell’insurrezione furono poi trasferiti nella città di Chihuahua, dove un consiglio di guerra condannò a morte, e alla conseguente decapitazione, Hidalgo e i principali dirigenti ribelli arrestati (Allende, Jiménez e Aldama), ma essendo Hidalgo sacerdote fu anche sottoposto ad un processo ecclesiastico e alla cerimonia pubblica di degradazione prima della fucilazione, avvenuta il 30 giugno del 1811; in seguito le teste di questi quattro capi insurgentes furono riportate ed esposte a Guanajuato come monito contro ogni forma di ribellione.68 L’esercito comandato da Calleja, una volta debellata l’insurrezione nel centro e nel nord, concentrò le sue forze contro Morelos, il quale aveva incontrato numerose difficoltà per prendere la fortezza di Acapulco e 67 68 38 Ibid., pp. 208-210. E. De la Torre, La Independencia de México, cit., pp. 91-92. L’insurrezione del 1810 aveva concepito l’ipotesi di controllare le zone circostanti Città del Messico. Il 1° gennaio del 1812 Morelos occupò Cuautla, il centro della ricca regione coltivata a canna da zucchero a sud di Città del Messico, ma qui le haciendas – appartenenti agli eredi di Hernán Cortés, ad alcuni ordini religiosi e a spagnoli – convivevano, in un’area densamente popolata, con le comunità indigene, le quali avevano ottenuto il riconoscimento delle terre comunali dalle autorità coloniali; nonostante i continui conflitti e i litigi, i contrasti tra le comunità e le haciendas non avevano assunto una portata tale da determinare un’esplosione sociale e, d’altronde, questa regione non aveva conosciuto le recenti crisi di carestia di altre zone.69 Gli amministratori delle piantagioni, in realtà, si rivolgevano alle comunità circostanti per le esigenze del lavoro stagionale, mentre queste conservavano le loro terre e avevano disponibilità di alimenti. Morelos trovò qui un certo appoggio, ma pur sempre limitato. Sul piano strettamente militare Cuautla fu posta sotto assedio dalla milizia regia per ben 72 giorni a partire dal 19 febbraio del 1812, finché Morelos si ritirò disperdendo le forze; l’assedio di Cuautla provocò un migliaio di morti tra gli insorti e tra la stessa popolazione locale. Morelos si dovette arrendere alle difficoltà e cercò di costruire una base più solida a sud: agli inizi di novembre del 1812 con una forza di 5.000 uomini si diresse verso Oaxaca occupando il capoluogo il 25 novembre e per diversi mesi questa città divenne il suo quartiere generale. Morelos nel 1811 aveva fatto coniare una propria moneta di rame che impose negli scambi nei territori occupati e dopo la conquista di Oaxaca si impossessò della zecca locale; tuttavia la diffusione di queste monete fu limitata e il controllo della circolazione difficile; d’altro canto, per risolvere i problemi del finanziamento egli fece ricorso al saccheggio e alla confisca delle proprietà degli spagnoli. Agli inizi del 1813 pose di nuovo l’assedio ad Acapulco finché obbligò le autorità a sottoscrivere un armistizio e il 20 agosto conquistò finalmente questo importante porto impossessandosi dei proventi della dogana marittima, anche se ricorse ai prestiti forzosi.70 69 70 J. Tutino, From Insurrection to Revolution…, cit., pp. 190-191. W.H. Timmons, Morelos…, cit., pp. 75-89. 39 L’Indipendenza La campagna di Acapulco si rivelò molto dispendiosa in termini di risorse e di energie, ma in questo momento Morelos – che controllava vaste zone del sud – convocò un congresso a Chilpancingo nel settembre del 1813 che dichiarò l’indipendenza dalla Spagna, un’assemblea che (nell’ottobre del 1814) avrebbe approvato ad Apatzingán una Costituzione che però non sarebbe mai entrata in vigore. La mobilitazione contadina aveva raggiunto l’apice tra il 1811 e il 1813, mentre dagli inizi del 1814 si verificò una decisa reazione dell’esercito di Calleja che riprese il controllo delle città e delle regioni in mano agli insorti.71 Hidalgo, sul terreno politico-istituzionale, aveva già pensato a convocare un Congresso costituente delle province della Nuova Spagna e aveva emanato alcune misure di natura sociale come l’abolizione del tributo indio e della schiavitù, ma l’idea si concretizzò solo nel giugno del 1813 allorché Morelos varò un decreto sollecitando le province a nominare alcuni grandi elettori che avrebbero dato vita ad un corpo costituente, poi riunitosi nel settembre di quell’anno a Chilpancingo e che iniziò a lavorare su un testo in 23 punti (Sentimientos de la nación); furono pochi i convenuti ma a novembre approvarono una dichiarazione d’Indipendenza in cui si affermava che “rimane rotta per sempre e dissolta la dipendenza dal trono spagnolo”.72 Morelos, deciso ad ampliare la propria base territoriale e a renderla più stabile si diresse a Valladolid, ma le forze spagnole attaccarono Chilpancingo e il Congresso si disperse, mentre gli insorti ripiegarono lungo la costa del Pacifico nelle regioni interne di Michoacán. Le notizie della sconfitta dei francesi in Spagna e il ritorno di Ferdinando VII rafforzarono l’intenzione di approvare una Costituzione e il Congresso si ritirò ad Apatzingán, un luogo relativamente sicuro in una zona isolata e impervia di Michoacán, e dopo quattro mesi di lavoro, nell’ottobre del 1814, fu approvata la Costituzione; si trattava di un testo di 242 articoli, relativamente brevi, che introduceva il principio della sovranità popolare, la forma repubblicana di governo e la divisione dei poteri, oltre a ribadire l’indipendenza. La milizia regia e il viceré, forte della 71 72 40 B.R. Hamnett, Revolución y contrarrevolución…, cit., pp. 76-77. E. De la Torre, La independencia de México, cit., p. 252. L’insurrezione del 1810 disponibilità di truppe regolari giunte dalla Spagna, sferrarono in quell’anno una serie di attacchi riconquistando i territori occupati dagli insorti.73 Il gruppo di uomini che costituiva il Congresso di Apatzingán e cercava di governare i propri territori divenne in pratica un corpo itinerante; i dirigenti indipendentisti, in effetti, si trasferirono a Uruapan per avvicinarsi al centro, ma poi sotto la pressione militare si spostarono a sud, a Tehuacán nella regione di Puebla, e durante il tragitto furono inseguiti e arrestati, compreso Morelos, a metà novembre del 1815.74 L’attività costituente del 1814, frutto delle idee di un gruppo ristretto, fu importante poiché dimostrò la volontà di gettare le basi politiche di una nuova realtà per legittimare il movimento degli insorti. Se la Costituzione di Apatzingán riflette un sistema di organizzazione dello Stato, le idee di Morelos rispecchiano le esigenze delle classi popolari; nei punti dettati da Morelos nei Sentimientos de la nación prevale il carattere abrogativo, come la proscrizione della schiavitù e delle forme di disuguaglianza, rispetto ad una visione giuridico-normativa del governo politico della società, ed emerge un egualitarismo fondato su un ritorno ad una concezione cristiana improntata al vincolo di fratellanza, una concezione che – con ben diverso spessore culturale – si ritrova in altri esponenti ecclesiastici del movimento indipendentista, come Fray Servando Teresa de Mier il quale criticava le tendenze teocratiche della Chiesa e le forme di dominio temporale.75 Il recupero della funzione evangelizzatrice originaria o “lascasiana” e la critica del ruolo del clero della Nuova Spagna richiamano lo spirito del cristianesimo a sostegno dall’egualitarismo espresso da Morelos: nei Sentimientos de la nación è presente l’appello alla religione cattolica e alla simbologia della Madonna di Guadalupe come segno della religiosità popolare, fondendovi 73 Ibid., pp. 101 e ss. Tra il 1811 e il 1815 giunsero 15.000 soldati regolari nella Nuova Spagna: cfr. J.E. Rodríguez O., “De súbditos de la Corona a ciudadanos republicanos: el papel de los autonomistas en la Independencia de México” in J.Z. Vázquez, Interpretaciones de la Independencia de México, cit., p. 61. 74 W.H. Timmons, Morelos…, cit., pp. 153-154. 75 L. Villoro, El proceso ideológico de la Independencia, México, UNAM, 1981, pp. 130 e ss. 41 L’Indipendenza fede collettiva e obiettivi politici. Morelos, in occasione dell’apertura del Congresso di Chilpancingo, aveva pronunciato un breve discorso nel quale – rivendicando una continuità di intenti con il movimento di Hidalgo – aveva affermato che lì si erano spezzate le catene della schiavitù imposte dalla Conquista.76 Si stabiliva, in questo modo, un’inversione della conquista nella ricerca dell’indipendenza, nel senso che la società sarebbe diventata quello che avrebbe dovuto essere, nella lettura di Morelos, se non ci fosse stata la vittoria di Cortés sui mexica e continuava dicendo che “ristabiliremo l’Impero messicano” per migliorare il governo. La comparsa dell’espressione impero messicano, rispetto a quella di americani e di America settentrionale di uso corrente tra gli insorti fino allora, suggeriva un progressivo mutamento di ottica attraverso la negazione della Nuova Spagna come realtà coloniale e una visione che guardava al passato indigeno, anche se tale richiamo non si troverà negli scritti degli uomini che forgeranno le istituzioni indipendenti, i quali invece insisteranno soprattutto sulla legittimità della reazione alle forme del dominio spagnolo.77 La cattura di Morelos e la sconfitta del suo movimento chiusero la fase della insurrezione popolare che ormai si era trasformata in una guerriglia con una propria capacità distruttiva sul terreno sociale. Il diritto di giudicare Morelos fu conteso tra i rappresentanti del potere militare e le autorità ecclesiastiche, compresa l’Inquisizione – la cui giurisdizione era stata appena ristabilita dopo il ritorno di Ferdinando VII sul trono spagnolo – che voleva cogliere l’opportunità di riaffermare la propria autorità. Morelos fu giudicato da un tribunale misto civile e ecclesiastico su proposta di Félix Calleja, diventato nel frattempo viceré; l’interrogatorio cominciò il 22 novembre del 1815, cui seguì un breve processo e la sentenza a morte, nella quale si chiedeva – come era avvenuto per Hidalgo – che fosse decapitato con l’esposizione pubblica della testa, così come della mano destra a Oaxaca, sede del suo governo provvisorio. I capi di imputazione erano più di venti e comprendevano gli aspetti politici, come aver promosso il movimento indipendentista, aver com- 76 77 42 E. De la Torre, La Independencia de México, cit., p. 249. L. Villoro, El proceso ideológico de la Independencia, cit., pp. 162-163. L’insurrezione del 1810 piuto atti di saccheggio, aver fatto fucilare alcuni comandanti militari, e quelli riguardanti lo stato sacerdotale, per cui fu degradato per eresia; i giudici ecclesiastici imposero la celebrazione di un auto da fé per il 27 novembre, un atto memorabile ricordato nelle cronache dell’epoca, in base al quale fu privato dei benefici ecclesiastici, mentre per i figli naturali e i loro discendenti fu dichiarata la perdita di ogni capacità legale.78 Il viceré, che si era riservato l’esecuzione della sentenza, approvò la condanna a morte il 20 dicembre, ma concesse la deroga per quanto riguardava la mutilazione del corpo. Morelos era stato sottoposto a pressioni psicologiche, al punto tale che rivelò alcune informazioni preziose circa le difese e il ruolo dei capi del movimento, e Calleja protrasse ad arte la conferma e l’esecuzione della sentenza, facendone seguire una repressione degli indipendentisti. La decisione di Morelos di fornire informazioni vitali per il movimento fu dovuta con tutta probabilità all’esigenza di salvare la propria anima tenuto conto della sua formazione religiosa e della stessa natura delle accuse dell’Inquisizione e delle autorità ecclesiastiche.79 3. L’impatto del costituzionalismo La forza inziale dell’insurrezione armata, le sue dimensioni e la sua durata provocarono una chiusura di tipo assolutista da parte di Venegas e del suo successore Calleja e suscitarono timori tra le élite dei criollos, i quali dopo il 1815 dominarono la società della Nuova Spagna, ma senza una prospettiva di cambiamento politico a causa delle chiusure della monarchia spagnola, dell’instabilità nella penisola durante il regno di Ferdinando VII e della crisi del sistema imperiale; il vincolo coloniale fu rimesso in discussione sul terreno politico a partire dal 1820 allorché i liberali nella penisola si ribellarono di nuovo contro Ferdinando VII e i novohispanos sfruttarono i diversi spazi apertisi per perseguire l’autonomia. L’azione di 78 79 W.H. Timmons, Morelos…, cit, pp. 155 e ss. Ibid., pp. 162-165. 43 L’Indipendenza Venegas si configurò come una forma di resistenza alle innovazioni politico-istituzionali dettate a Cadice che si accentuò con la restaurazione assolutista del 1814, mentre in mancanza di mutamenti furono minate le basi del consenso nei confronti del governo imperiale spagnolo. Il rovescio della medaglia dell’insurrezione popolare di Hidalgo e Morelos fu costituito dalla crescente richiesta di maggiori forme di autogoverno. Il 19 marzo del 1812 era stata approvata la Costituzione di Cadice e, benché la diffusione del testo fosse di qualche mese dopo, Venegas non poté evitarne l’entrata in vigore, anche se cercò di disattenderla. La Costituzione, al di là delle disposizioni generali, aboliva la figura del viceré, trasformando tale carica in gefe político o governatore della vasta provincia di México, sottraendogli nel caso della Nuova Spagna il governo delle Province Interne di Oriente e di Occidente, della Nuova Galicia, di Yucatán e di San Luis Potosí – oltre al Reino di Guatemala o province dell’America Centrale – e istituiva la rappresentanza elettiva delle province o diputación; il viceré, malgrado queste disposizioni restrittive, cercò di esercitare la propria autorità giurisdizionale.80 Venegas e i rappresentanti degli organismi di governo si videro costretti a giurare la Costituzione, mentre il cabildo di Città del Messico decise di convocare le elezioni del nuovo consiglio prendendo a base delle circoscrizioni la divisione in parrocchie. Le elezioni dei rappresentanti della municipalità di Città del Messico o Ayuntamiento costituzionale coinvolsero larga parte della popolazione, compresi i due nuclei indigeni di San Juan Tenochtitlán e di Santiago Tlatelolco; alcuni aspetti normativi, tuttavia, non erano stati definiti nei bandi di convocazione perché, innanzitutto, non si disponeva di un’anagrafe di riferimento né erano stati previsti i requisiti di eleggibilità né le sedi dei seggi né le modalità di voto;81 queste elezioni del 29 novembre del 1812 videro 80 T.E. Anna, La caída del gobierno español…, cit., pp. 125-128; J.E. Rodríguez O., “La transición de Colonia a Nación: Nueva España, 1820-1821” in Historia Mexicana, México, v. XLIII, 1993, n. 2, pp. 129-170. 81 Si veda A. Annino, “Pratiche creole e liberalismo nella crisi dello spazio urbano coloniale. Il 29 novembre 1812 a Città del Messico” in Quaderni Storici, Urbino, Nuova Serie n. 69, a. XXIII, 3, 1988, pp. 737 e ss.; V. Guedea, “El pueblo de México y la política capitalina, 1808-1812” in Mexican Studies, v. 10, n. 1, 1994, pp. 40 e ss. 44 L’impatto del costituzionalismo eletti 25 criollos, in larga parte avvocati e 11 sacerdoti e, data l’ampia mobilitazione sociale e politica, acquistarono il carattere di assemblea aperta della comunità; gli autonomisti, compresi i membri della società segreta dei guadalupes, vi avevano visto la possibilità di affermare una propria legittimità. Le manifestazioni di giubilo per l’esito elettorale preoccuparono le autorità che accusarono subito i membri del nuovo consiglio di essere indipendentisti; gli insorti che combattevano con Morelos, d’altro canto, avevano interpretato questa elezione come un sostegno alla loro causa. Venegas, tuttavia, era deciso a restaurare il vecchio ordinamento, visto che i candidati spagnoli non erano stati eletti; ristabilì subito la censura abolendo la libertà di stampa e il 14 dicembre dichiarò nulle le elezioni per presunte irregolarità e ristabilì il cabildo ereditario attuando così un colpo di mano, sicuro che la città era sotto il controllo della milizia regia.82 I ribelli di Morelos agli inizi del 1813 avevano reso impraticabili le vie di comunicazione che univano Città del Messico a Veracruz; nel frattempo Félix Calleja, il quale dal 1810 aveva comandato le milizie che avevano combattuto gli insorti di Hidalgo e Morelos, nel dicembre del 1812 era stato nominato comandante militare di Città del Messico imponendo prestiti per finanziare il rafforzamento della milizia. Il consiglio di reggenza di Cadice aveva deciso di sostituire Venegas e il 4 marzo del 1813 Félix Calleja, appoggiato dai realisti spagnoli, era stato nominato gefe político o governatore della provincia e decise di riconvocare per il 4 aprile le elezioni per il consiglio di Città del Messico o Ayuntamiento, annullate da Venegas come prova di buona volontà in attesa degli avvenimenti; tuttavia anche in questa occasione si ebbe l’affermazione degli autonomisti.83 Le elezioni per i rappresentanti delle province o diputaciones provinciales e per i deputati alle Cortes erano state fissate per il mese di luglio e fu nominata una giunta per organizzare queste elezioni in date diverse per le varie giurisdizioni in maniera da evitare tumulti e poterle controllare; se la partecipazione – secondo la scarsa documentazione V. Guedea, “Las primeras elecciones populares en la ciudad de México. 18121813” in Mexican Studies, v. 7, n. 1, 1991, pp. 10-14; T.E. Anna, La caída del gobierno español…, cit. pp. 131-133. 83 V. Guedea, “Las primeras elecciones populares…”, art. cit., pp. 15-16. 82 45 L’Indipendenza storica disponibile – sembra essere stata minore, gli autonomisti, malgrado le proteste dei peninsulari o europei, prevalsero ancora una volta definendo in maniera più chiara le rispettive posizioni.84 Il ritorno di Ferdinando VII sul trono di Spagna nel marzo del 1814, con la conseguente abrogazione della Costituzione del 1812, determinò un’involuzione: allorché ai primi di agosto del 1814 furono noti gli avvenimenti accaduti nella penisola cominciò un ritorno ai vecchi sistemi di amministrazione, tanto che nel dicembre di quell’anno Calleja reintrodusse il cabildo ereditario, in cui erano rappresentati alcuni ufficiali della milizia e, riacquistando libertà d’azione, mise agli arresti alcuni consiglieri di quello elettivo in quanto presunti o veri sostenitori dei ribelli; in questo modo eliminò le forme di opposizione interna. Calleja, nei suoi rapporti inviati al monarca spagnolo, sosteneva che la Costituzione di Cadice aveva paralizzato la lotta contro i ribelli e che gli americani si sentivano protetti dalle nuove istituzioni, rendendo così più facile il loro obiettivo autonomista, la loro volontà di indipendenza e la persecuzione degli spagnoli; in realtà, si era reso conto della perdita di prestigio delle vecchie strutture di governo, ma cercò di acquistare autorità con la forza, sconfiggendo i ribelli fino a processare Morelos.85 I problemi provocati dall’insurrezione popolare e dallo stato di guerra determinarono, tra le varie ripercussioni, la scarsità di viveri aggravata dalle conseguenze dell’epidemia del 1813. Città del Messico aveva 168.000 abitanti nel 1811 secondo il censimento organizzato da un organismo amministrativo locale, ma alla fine del 1813, un censimento portato a termine dal cabildo costituzionale, registrò 123.000 abitanti, vale a dire che vi era stata una diminuzione di 45.000 persone dovuta sia agli effetti diretti e indiretti dell’epidemia, che comportò 20.000 decessi, sia al ritorno dei rifugiati in città verso i luoghi d’origine una volta dominata la ribellione nel Bajío e nelle zone circostanti; vi erano state altre epidemie nel corso del Settecento, la più grave delle quali era stata quella degli anni 1736-1739 quando la città aveva perso metà della poLe autorità negarono il permesso per il viaggio dei deputati a Cortes: si veda Ibid., pp. 17-27; T.E. Anna, La caída del gobierno español…, cit., pp. 135-137. 85 T.E. Anna, La caída del gobierno español…, cit., pp. 149 e ss. 84 46 L’impatto del costituzionalismo polazione, ma nel 1813 alle conseguenze della epidemia vanno aggiunte la disorganizzazione amministrativa e fiscale e le ripercussioni politiche.86 Città del Messico, date le sue dimensioni, dipendeva dall’esterno per gli approvvigionamenti di alimenti: legumi, ortaggi e frutta provenivano dalle haciendas del Valle de México, il grano da zone circostanti e la carne dalle grandi proprietà di allevamento assai più distanti; in pratica, l’approvigionamento dipendeva dai grandi produttori e da un gruppo ristretto di commercianti che controllavano i prezzi. L’insurrezione del 1811-1813 aveva disarticolato la produzione e ogni volta che la ribellione si estese si verificarono contraccolpi sul consumo; gli effetti sulla scarsità di alimenti e le difficoltà del commercio a Città del Messico si possono misurare attraverso la drastica diminuzione delle imposte sulla vendita dei prodotti o alcabalas, così come sul consumo di pulque. Il viceré Venegas, per facilitare l’afflusso di ovini, sospese nel corso del 1811 la riscossione delle imposte nelle dogane di entrata nella città e permise poi la libera introduzione di bestiame da macellare; nel 1813 compì un ulteriore passo eliminando l’imposta sulla vendita dei cereali e delle carni, ma non riuscì a risolvere il problema della scarsità di beni alimentari, così come quello dell’approvvigionamento di combustibile e di carbone vegetale indispensabili per la vita quotidiana: si creò, in effetti, una spirale di accaparramento e di speculazione che fece salire i prezzi dei cereali. All’epidemia del 1813 seguì quella di vaiolo nel 1814 dovuta alle piogge e alle cattive condizioni del sistema di deflusso delle acque nere e all’ostruzione dei canali per scarsa manutenzione, una situazione che si ripresentò nel 1819.87 La scarsità di moneta circolante e i problemi fiscali costituirono fattori di continua instabilità. Gli assalti dei ribelli ai corrieri dell’argento, la diminuita produzione mineraria e la scomparsa della moneta di valore indussero Calleja, alla fine del 1814, a coniare nuove monete di rame per facilitare lo scambio di merci tra le classi popolari. I ribelli cercarono di controllare le strade attorno alla città e Morelos nel 1812-1813 pose una specie di assedio sulla rotta per Veracruz; la milizia cercò di stabilire guar- 86 87 Ibid., pp. 183 e ss. Ibid., pp. 160 e ss. 47 L’Indipendenza nigioni permanenti lungo questa arteria vitale e questo comportò la mobilitazione di contingenti militari e la fortificazione di 6 punti strategici tra Xalapa e Puebla. Il percorso verso Veracruz era stato diviso in due parti: da Città del Messico fino al passo del Perote e da lì sino a Veracruz stessa e con circa 1.000 soldati che scortavano i convogli nelle rispettive direzioni. Le fonti tradizionali delle entrate erariali in pratica diminuirono e in alcuni casi scomparvero. L’attività mineraria cessò di essere una voce importante di entrate e, poiché le Cortes di Cadice avevano abolito il tributo indio, divenne difficile imporne il pagamento e controllarne la riscossione; le stesse imposte sul commercio e sul transito delle merci diminuirono.88 Le amministrazioni di Venegas e di Calleja non ebbero altra alternativa che rivolgersi alle corporazioni chiedendo contributi straordinari per sostenere il governo. Le donazioni volontarie da parte di singoli, della Chiesa e dei commercianti avevano un risvolto particolare poiché in questo modo acquistavano un’influenza sul governo con la speranza di riuscire a condizionare la politica e Calleja comprese che il governo, nel 1815, era praticamente ostaggio delle corporazioni per via dei prestiti ottenuti. I prestiti divennero forzosi a partire dal 1812 quando si sfiorò la bancarotta e a partire dal 1814 furono ancor più gravosi; per ottenere entrate straordinarie si giunse ad introdurre un’imposta del 10% sulla rendita delle case, degli ospedali e dei conventi, il cui ricavato fu destinato al mantenimento dell’amministrazione, e fu introdotta anche un’imposta sul reddito come contribuzione straordinaria di guerra che oscillò tra il 3% e il 12,5%, oltre ai tentativi di istituire nuove lotterie, anche se gli esiti di queste misure restano incerti.89 Juan Ruiz de Apodaca, dal 1812 capitano generale di Cuba, fu designato viceré della Nuova Spagna nel 1816 in sostituzione di Calleja ereditando le difficoltà sul terreno fiscale e amministrativo e, nonostante i problemi militari fossero meno pressanti rispetto al recente passato, restavano focolai di ribellione dispersi in varie aree rurali del centro con poche migliaia di combattenti e gruppi di bande che obbligava a mantenere 88 89 48 B.R. Hamnett, Revolución y contrarrevolución…, cit., pp. 86 e ss. T.E. Anna, La caída del gobierno español…, cit., pp. 174-177. L’impatto del costituzionalismo la milizia, malgrado gli sforzi di Apodaca per ampliare le forme di amnistia.90 Gli autonomisti, durante questi anni di restaurazione, cercarono di adeguarsi alle molteplici difficoltà e i grandi proprietari terrieri peninsulari, compresi coloro che appartenevano alla nobiltà, che avevano accettato di contribuire con i prestiti forzosi, stabilirono accordi di fatto con gli insorti nelle aree rurali e nelle regioni periferiche alimentando forme diffuse di contrabbando di prodotti agricoli e di allevamento, così come dell’argento e di altri beni di consumo.91 L’invio delle rimesse ordinarie verso L’Avana e la metropoli fu sospeso alla fine del 1811, mentre le entrate e i fondi straordinari furono destinati a sostenere l’amministrazione e l’esercito della Nuova Spagna. Il debito accumulato con le varie corporazioni a metà del 1813 era molto elevato, a causa della consolidación de vales reales del 1804, dei prestiti del 18091811 a sostegno della lotta contro Napoleone e di quelli del 1811-1813 per far fronte all’insurrezione nella Nuova Spagna; se nel 1817 questo debito interno era stato parzialmente coperto, non fu possibile stabilire una nuova fiscalità in grado di garantire l’élite economica.92 La produzione mineraria fu l’attività economica che maggiormente subì le conseguenze dell’insurrezione del 1810 a causa della continua decapitalizzazione per via dei prestiti imposti e dell’aumento dei costi delle materie prime in quella congiuntura, in particolare della polvere, del salnitro e del mercurio fornite in regime di monopolio; quest’ultimo prodotto, importato dalle miniere andaluse, era stato soggetto a continue irregolarità nell’approvvigionamento sin dalla guerra del 18051808 tra Spagna e Inghilterra e durante l’occupazione napoleonica dell’Andalusia fino al 1813, ragion per cui divenne appannaggio dei commercianti stranieri; tuttavia dal 1816 fu affidato alla libera contrattazione e furono accettate le richieste di defiscalizzazione avanzate 90 Ch.I. Archer, “La revolución militar de México: estrategias, tácticas y logísticas durante la guerra de Independencia, 1810-1821” in J.Z. Vázquez (a cura di), Interpretaciones de la Independencia de México, cit., pp. 167-170. 91 D.M. Ladd, La nobleza mexicana en la época de la Independencia, 1780-1826, México, FCE, 1984, pp. 169-175. 92 C. Marichal, La bancarrota del virreinato…, cit., pp. 295-297. 49