Arte negli edifici pubblici

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Arte negli edifici pubblici
Paola Valenti è ricercatore in Storia dell’Arte Contemporanea presso la Scuola di Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Genova, dove insegna Metodologie per lo studio dell’arte contemporanea, Storia della scultura in età contemporanea, Architettura contemporanea (quest’ultimo per la Scuola di Specializzazione in Storia
dell’Arte). Si occupa di arti visive del XX e XXI secolo con particolare attenzione al contesto tedesco e ai rapporti
tra arte, architettura e urbanistica. Ha pubblicato studi monografici su Lucio Fontana (Genova 2009), Paul Klee
(Deiningen 2009), Ludwig Meidner (Genova 2009), Valori Plastici e Nuova Oggettività (Deiningen 2013) e
saggi in miscellanee, cataloghi di mostre e riviste scientifiche; un suo contributo dal titolo Autour de Lucio Fontana.
Quelques réflexions sur le rapport art/architecture dans les années 1950 et 1960 è apparso nel numero monografico
L’Art de la Façade: Architecture et Arts Visuels della rivista “Histoire de l’Art. Revue de recherche et d’information”
(Parigi 2014). Ha curato, tra l’altro, i volumi Sguardi sul Mediterraneo. Studi a margine del convegno internazionale
Genoa, Columbus and the Mediterranean (Genova 2012) e Asger Jorn. Oltre la forma/The Form and Beyond (Genova
2014); è attualmente impegnata nella realizzazione di una monografia sui rapporti tra arte e architettura in Italia
nel secondo dopoguerra (Mimesis Edizioni).
Paola Valenti
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Arte
negli edifici pubblici
L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%”
IN LIGURIA DAL 1949 A OGGI
Risultato finale del progetto di ricerca L’arte negli edifici pubblici. Applicazione della “legge del 2%” in Liguria
ideato e realizzato da Regione Liguria e dal Dipartimento di Italianistica, Romanistica, Antichistica, Arti e Spettacolo (DIRAAS) dell’Università degli Studi di Genova, nell'ambito dell'Accordo di Programma Quadro "Beni
e attività culturali III Integrativo", il volume raccoglie, attraverso un corposo lavoro di schedatura storico-critica,
i dati relativi alla presenza di opere d’arte negli edifici pubblici del territorio ligure realizzate dal secondo dopoguerra ad oggi in ottemperanza della cosiddetta “legge del 2%”. I saggi critici che integrano la schedatura riconducono il caso ligure al contesto nazionale e internazionale, seguendo l’iter della legge e della sua ricezione e
ragionando sulle nuove declinazioni dell’arte pubblica in rapporto alle tendenze emergenti nel panorama artistico
contemporaneo.
REGIONE
LIGURIA
In copertina:
Christopher Klein,
Chaos, 1997, La Spezia.
© Benvenuto Saba,
courtesy Comune di La Spezia
DE FERRARI
Arte negli edifici pubblici
A CURA DI PAOLA VALENTI
RICERCA
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI
DI GENOVA
Arte
negli edifici pubblici
L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%”
IN LIGURIA DAL 1949 A OGGI
A CURA DI
PAOLA V ALENTI
GENOVA
UNIVERSITY
PRESS
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GENOVA
UNIVERSITY
PRESS
È IL MARCHIO DI
REGIONE LIGURIA
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI
DI GENOVA
VOLUME A CURA DI
Paola Valenti
COMITATO SCIENTIFICO
Prof. Alberto Beniscelli, Università degli Studi di Genova
Prof.ssa Giovanna Franco, Università degli Studi di Genova
Prof. Lauro Magnani, Università degli Studi di Genova
Prof. Stefano Musso, Università degli Studi di Genova
Prof. Luca Quattrocchi, Università degli Studi di Siena
Prof.ssa Ornella Selvafolta, Politecnico di Milano
Prof. Francesco Tedeschi, Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano
Il presente volume è stato referato dal Comitato Scientifico
DIRAAS
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI
DI GENOVA
Progetto di ricerca L'arte negli edifici pubblici. Applicazione
della "legge del 2%" in Liguria ideato e realizzato da Regione
Liguria e dal Dipartimento di Italianistica, Romanistica,
Antichistica, Arti e Spettacolo (DIRAAS) dell’Università
degli Studi di Genova, nell'ambito dell'Accordo di
Programma Quadro «Beni e attività culturali III Integrativo
- Intervento BF-10 Progettazioni per lo sviluppo di
programmi di valenza strategica in materia di Cultura»
RESPONSABILI SCIENTIFICI DEL PROGETTO
Francesca Carosio, Regione Liguria
Paola Valenti, Università degli Studi di Genova
COORDINAMENTO SCIENTIFICO DEL PROGETTO
Alessandra Piatti, Rocco Pietro Spigno
CONSULENZA PER ATTIVITÀ CATALOGRAFICA
Simonetta Mazzi, Regione Liguria
COLLABORATORI
Claudia Andreotta, Giorgia Barzetti, Sonia Braga, Francesca
Bulian, Alessandra Piatti, Rocco Pietro Spigno
Progetto grafico: Elena Menichini
Realizzazione editoriale
© 2016 - De Ferrari Comunicazione S.r.l.
Via D'Annunzio, 2/3 - 16121 Genova
Tel. 010 5956111 - 010 587682 - 010 460020
Fax 010 0986823 - cell. 348 7654815
[email protected]
L’editore rimane a disposizione per gli eventuali diritti sulle immagini
pubblicate. I diritti d’autore verranno tutelati a norma di legge.
UN RINGRAZIAMENTO SPECIALE A
Arianna Adamo, Franco Boggero, Fabio Caffarena, Cristina
Cellone, Anna Costantini, Michele Di Fiore, Ivo Gensini,
Roberto Granata, Leo Lecci, Pierre Marie Lunghi, Stefano
Lungo, Loretta Marchi, Eliana Mattiauda, Maurizia
Migliorini, Simonetta Ottani, Patrizia Peirano, Alessandro
Sicuro, Raimondo Sirotti, Laura Stagno, Marzia Ratti,
Daniela Rossello, Barbara Viale, Cesare Viel
UN COMMOSSO RICORDO A
Franco Sborgi e Liliana Ughetto
IN COPERTINA:
Christopher Klein, Chaos, 1997, La Spezia.
© Benvenuto Saba, courtesy Comune di La Spezia
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SOMMARIO
PRESENTAZIONE
Ilaria Cavo
p.
5
PRESENTAZIONE
Alberto Beniscelli
p.
7
p.
9
p.
15
OLTRE L’ITALIA: CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA
TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL “PERCENTO ARTISTICO”
Alessandra Piatti
p.
37
DEMATERIALIZZAZIONE E RI-MATERIALIZZAZIONE DELL’OGGETTO
D’ARTE NELL’EDIFICIO E NELLO SPAZIO PUBBLICO
Francesca Bulian
p.
56
L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%” IN PROVINCIA DI GENOVA
Rocco Pietro Spigno
p.
67
Schede Provincia di Genova
p.
89
L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%” IN PROVINCIA DI LA SPEZIA
Sonia Braga
p.
113
Schede Provincia di La Spezia
p.
117
L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%” IN PROVINCIA DI SAVONA
Giorgia Barzetti
p.
125
Schede Provincia di Savona
p.
129
L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%” IN PROVINCIA DI IMPERIA
Claudia Andreotta
p.
137
Schede Provincia di Imperia
p.
141
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
a cura di Francesca Bulian
p.
150
INDICE DEI NOMI
a cura di Rocco Pietro Spigno
p.
156
INDICE DEGLI EDIFICI SCHEDATI
a cura di Alessandra Piatti
p.
159
INTRODUZIONE
ARTE PER L’ARCHITETTURA - ARCHITETTURA PER L’ARTE
Stefano Musso
SAGGI
DALLA “LEGGE DEL 2%” ALLE NUOVE DECLINAZIONI DELL’ARTE PUBBLICA
Paola Valenti
RICOGNIZIONE SUL TERRITORIO
APPARATI
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PRESENTAZIONE
Ilaria Cavo, Assessore alla Cultura della Regione Liguria
L’Accordo di Programma Quadro Beni e Attività culturali III integrativo - sottoscritto nel
2007 da Regione Liguria e dagli allora Ministero dello Sviluppo Economico e Ministero
per i Beni e le Attività Culturali - ha sostenuto,
fra gli altri, l’intervento Progettazioni per lo sviluppo di programmi di valenza strategica in materia
di cultura, che Regione Liguria, in qualità di
soggetto attuatore, ha declinato in una serie di
progetti di ricerca e di approfondimento, diversi
per materia ma tutti finalizzati alla documentazione del patrimonio culturale presente sul
territorio della Liguria, per la sua promozione
così come per la creazione di strumenti di rilevamento e conoscenza scientificamente idonei
ad attivare le linee di una programmazione
consapevolmente orientata, fra l’altro, ad evidenziare elementi di identità culturali comuni
e accrescere le potenzialità del turismo culturale, anche attraverso la fruizione digitale. L’elevata qualità del lavoro svolto, che ha trovato
ulteriore copertura istituzionale con la sottoscrizione di uno specifico protocollo di intesa
con l’Università degli Studi di Genova, è stata
assicurata, sul piano scientifico, dalla collaborazione con i Dipartimenti dell’Ateneo genovese di volta in volta competenti.
In particolare, la linea tematica L’arte negli
edifici pubblici. Applicazione della “legge del 2%”
in Liguria ha attivato un censimento delle opere
pubbliche realizzate sul territorio regionale che,
a partire dal secondo dopoguerra, sono state
interessate dall’applicazione della legge
717/1949 Arte negli edifici pubblici, comunemente nota come “Legge del 2%”. La norma
dispone che, nella realizzazione di opere pubbliche, il 2% dell'importo dei lavori sia destinato all'integrazione di interventi artistici nel
contesto architettonico degli edifici costruiti.
Il progetto di ricerca, condotto dal Dipartimento DIRAAS dell’Università di Genova, ha
previsto la formazione di una banca dati delle
opere e la loro schedatura sulla base dei tracciati
catalografici dell'Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, oltre ad un’ampia
attività di comunicazione, articolata su differenti azioni: la presentazione dei risultati con
la realizzazione di un convegno internazionale;
la pubblicazione di un volume per la sistematizzazione e la diffusione presso la comunità
scientifica e accademica delle conoscenze acquisite; la divulgazione per la fruizione da parte
di un pubblico più ampio tramite il portale regionale culturainliguria.it
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PRESENTAZIONE
Alberto Beniscelli, direttore DIRAAS
Nell’ormai lontano 2011 Franco Sborgi, professore ordinario di Storia dell’arte contemporanea ed allora Direttore del Dipartimento di
Italianistica, Romanistica, Antichistica, Arti
e Spettacolo dell’Ateneo genovese, aveva
ideato il programma di ricerca che oggi culmina nella realizzazione di questo significativo
volume. Fondamentale per la realizzazione del
progetto è stata la stipula con la Regione Liguria della Convenzione di Ricerca L’arte negli
edifici pubblici. Applicazione della “legge del 2%”
in Liguria, attuata nell’ambito del Programma
Quadro “Beni e Attività Culturali III Integrativo - Intervento BF-10 Progettazioni per lo
sviluppo di programmi di valenza strategica in
materia di cultura”. Grazie ad essa, l’interesse
che gli studiosi del nostro Dipartimento rivolgono tradizionalmente allo studio, alla valorizzazione e alla tutela dei beni culturali presenti
sul territorio ligure ha potuto unirsi all’impegno che la Regione Liguria dedica, con i propri
strumenti e professionalità, al medesimo ambito. Nel tempo, l’efficace collaborazione culturale e scientifica ha coinvolto altre Scuole e
Dipartimenti della nostra Università: in particolare la Scuola Politecnica e il Dipartimento
DSA di Scienze per l’Architettura, impegnato,
all’interno dello stesso Programma Quadro, in
una ricerca sull’architettura contemporanea in
Liguria, condotta in parallelo a quella i cui risultati sono offerti nel volume.
Va inoltre evidenziato come, per merito del
progetto e della presente pubblicazione - entrambi patrocinati dal Ministero dei beni e
delle attività culturali e del turismo e dal Ministero dello sviluppo economico -, la Liguria
sia stata capace di cogliere tempestivamente o
addirittura di precorrere l’interesse che dopo
la pioneristica esperienza dell’Emilia Romagna, prima fra le regioni italiane ad avere promosso uno studio sistematico e una capillare
catalogazione delle opere d’arte realizzate in
ottemperanza alla Legge 717/49, si sta delineando sull’argomento a livello nazionale e internazionale.
Dopo la prematura scomparsa del caro amico
e collega Franco Sborgi è toccato a Paola Valenti, ricercatore e docente di Metodologie per
lo studio dell’arte contemporanea e di Architettura contemporanea presso il DIRAAS, il
compito di assumere la responsabilità scientifica del progetto di ricerca e il coordinamento
del gruppo di giovani studiosi impegnati nella
indagine documentaria e nella mappatura e
schedatura delle opere d’arte realizzate nella
nostra regione, dal 1949 a oggi, in seguito all’applicazione della “legge del 2%”.
Anche come membro del comitato scientifico
di questo volume ho avuto modo di apprezzare
la capacità di individuare temi e problemi e la
qualità anche metodologica della ricerca. Con
un ricco ex-cursus storico Paola Valenti ha ricostruito il dibattito che ha portato alla concezione della “legge del 2%” e che ha
accompagnato le varie fasi di applicazione e le
numerose modifiche. Alessandra Piatti e Francesca Bulian hanno aperto nuove prospettive
di analisi linguistica e di confronto con le le-
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gislazioni e i progetti realizzati nell’ambito
dell’applicazione delle politiche del Percento
per l’Arte fuori dall’Italia. Rocco Spigno,
Giorgia Barzetti, Sonia Braga e Claudia Andreotta hanno analizzato accuratamente, con
8
saggi e schede, le vicende dell’applicazione
della legge nelle quattro province liguri. Ad
autori e curatori va il mio personale ringraziamento per i contenuti innovativi e i molti
spunti di riflessione offerti dal loro lavoro.
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ARTE PER L’ARCHITETTURA - ARCHITETTURA PER L’ARTE
Stefano Musso
L’intenso dibattito che ha accompagnato l’iter
di formulazione e approvazione della Legge n.
717 del 1949, sul cosiddetto “2%” per l’arte
legata alle Opere Pubbliche, dice quanto la ricerca qui presentata sia ricca di temi cruciali.
Essa ha affrontato questioni che hanno riguardato l’architettura e i suoi rapporti con le altre
arti – e viceversa – nel periodo considerato,
ma non solo questo. In gioco, vi erano anche
più generali rapporti tra spazi, luoghi, forme e
immagini, il ruolo dei messaggi e dei loro possibili “veicoli” (materiali e no), dei contenitori
e dei rispettivi contenuti. Tutto ciò chiama in
causa molte discipline, dalla storia alla storia
dell’arte, dall’iconologia all’iconografia, dalla
semeiotica alla semantica, sullo sfondo del perenne dialogo/incontro/scontro tra significati
e significanti, tra sostanza e apparenza, tra uso
e consumo dello spazio di vita collettivo, quale
bene pubblico primario. Sono dunque molti i
temi che il libro affronta e questa breve nota
introduttiva riguarda quelli emersi con maggiore chiarezza e ricorrenza, rimandando ai singoli, nella loro autonomia, l’illustrazione dei
contenuti e degli esiti specifici della ricerca.
Nei dibattiti intorno alla legge, sembrano così
riecheggiare, anzitutto, antiche “querelles”,
mai del tutto sopite, sul rapporto tra le tre arti
“figurative” per eccellenza. Già Giorgio Vasari,
nel proemio alle Vite, accennava a una “disputa, nata e nutrita tra molti senza proposito,
del principato e nobiltà, non dell’architettura, che
questa hanno lasciato da parte, ma della scultura
e della pittura…”1. La polemica non toccava,
dunque, l’arte dell’edificare e Vasari lo conferma, annunciando la struttura e i contenuti
del testo, quando dichiara: “Comincerommi
dunque da l’architettura, come da la più universale
e più necessaria et utile agli uomini, et al servizio
et ornamento della quale sono le altre due…”2.
Già per Vitruvio, d’altra parte, l’Architettura
era regina di tutte le arti e l’architetto doveva
essere il regista del loro concerto, mentre, per
Seneca, essa era condannabile per ragioni morali, secondo un’antica tradizione di pensiero.
È un fatto, in ogni caso, che la presunta superiorità dell’architettura sulle “arti sorelle” non
fu mai universalmente accettata, tra ricorrenti
polemiche sul primato della “mimesi” rispetto
alla natura (unico modello, perché creazione
divina), o della libera creazione-invenzione
dell’artista, svincolata da ogni modello o canone prescrittivo. Alla luce di quest’antico
rapporto, si comprendono allora anche le alterne posizioni di difesa (degli architetti), o di
rivendicazione (degli artisti), a sostegno della
propria opera, della sua specificità e autonomia,
o i ricorrenti richiami all’armonica composizione di progettazione architettonica ed espressioni artistiche, che accompagnano le recenti
discussioni sul ruolo dell’arte negli edifici e
luoghi pubblici. Rileggendo le parole dei protagonisti del dibattito sulla “legge del 2%”,
ampiamente riportate da Paola Valenti, si scopre non casualmente il continuo alternarsi di
posizioni apparentemente inconciliabili. Emergono, in più momenti, forti rivendicazioni del
ruolo primario e autonomo dell’architettura,
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STEFANO MUSSO
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che pure è figlia del dialogo con le (o affetta
dalle influenze delle) contemporanee espressioni delle arti “sorelle”. A esse, però, fanno
da controcanto le altrettanto convinte rivendicazioni dei diritti di scultori e pittori che
chiedono di essere coinvolti, sin dall’inizio,
nell’iter progettuale degli edifici e degli spazi
in cui la loro opera era (o avrebbe potuto essere) destinata.
In fondo, la contesa era tra un’idea dell’opera
d’arte (pittorica o scultorea), in quanto semplicemente ospitata “dentro” (o intorno) all’architettura, o quale elemento integrato a (e
coerente con) essa. A ciò miravano i ripetuti
appelli a una necessaria “sintesi” delle arti, già
raggiunta, ad esempio, in periodo rinascimentale e barocco, pur con differenze di tono e
d’intensità. Al centro di tutto, come naturale,
vi era - e ancora vi è – anche la discussione
sul ruolo pubblico e di servizio dell’architettura
e delle altre arti. I saggi del volume, tuttavia,
chiariscono come il problema fosse ben più
complesso. Al richiamo all’indipendenza delle
arti, rispetto ai programmi che sollecitavano
la produzione delle rispettive opere, corrispondeva spesso il rifiuto di ogni coinvolgimento
“a priori” degli artisti nei processi decisionali
relativi alle architetture e la necessità coinvolgerli solo in un secondo momento, mediante procedure di concorso pubblico, a tutela
della loro stessa libertà espressiva e a garanzia
della loro indipendenza da eccessive ingerenze
del committente. È difficile non cogliere a
questo proposito gli echi delle preoccupazioni
per quanto avvenuto quando, sotto il fascismo,
lo Stato usò senza limiti l’arte, esercitando su
di essa un controllo spesso asfissiante e annichilente. È però anche difficile ignorare gli appelli degli artisti alla propria dignità, nel tentativo di sottrarsi al ruolo di semplici attori
“subordinati” delle imprese dello Stato, richiesti solo di “abbellire” ciò che ad altri era affidato prioritariamente (come se l’architettura,
in sé, non fosse in grado di creare bellezza).
La polemica sui rapporti tra le arti e su quale
fosse tra esse la maggiore, d’altra parte, durava
ormai da secoli, dopo che le prime riflessioni
moderne sui “Sistemi delle Arti”, dalla Francia
del XVIII secolo, si estesero a tutta Europa.3
Per alcuni, l’Architettura era allora la minore
o più bassa, perché priva di modelli di riferimento nella natura e troppo “meccanica” (secondo criteri di classificazione antichi e medievali). Per altri, all’opposto, proprio questa
condizione ne faceva l’unica e vera espressione
della creatività umana. Con l’Ottocento, la
situazione sembrò finalmente virare a favore
dell’Architettura ma, al termine del secolo,
quando più forte divenne il bisogno di rinnovamento, i suoi rapporti con le altre arti tornarono a essere terreno d’incontro-scontro,
d’ispirazione o di netto rifiuto. In fondo, la
“legge del 2%”, risentì ancora fortemente di
quelle tensioni. Anche ciò rende questo lavoro interessante e utile non solo per i cultori
d’arte, ma per chiunque voglia capire come e
per quali vie si giunga spesso a provvedimenti
che non sono mai puri atti legislativi ma, piuttosto, condensati finali di storie assai lunghe
e complesse.
Il fatto è che “un rapporto” tra architettura e
arti (non solo “visive”) è da sempre esistito,
variabile nel tempo e nello spazio, riflesso di
questioni non esclusivamente interne ad esse,
ma dei più generali caratteri delle società, dei
luoghi, dell’economia e della politica, delle
istituzioni e delle forme di governo della “cosa
pubblica”. Per questo, il saggio di Alessandra
Piatti sulle modifiche successive della legge,
in confronto con l’Europa e il resto del mondo,
e quello di Francesca Bulian sulla “immaterialità e materialità dell’arte”, mettono giustamente in risalto i profondi cambiamenti che
l’Architettura e le Arti hanno conosciuto negli
ultimi decenni, mutando radicalmente la realtà cui la legge dovrebbe oggi essere ancora
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INTRODUZIONE
applicata. Altri mutamenti, d’altra parte, certamente verranno, in un mondo che cambia
sempre più velocemente, mettendo così ancora più in discussione le antiche divisioni e
gerarchie in questo ambito. In fondo (e da
sempre), l’Arte è anche “Instrumentum regni”,
o veicolo/espressione di molte intenzioni/valori e non possiamo ignorare questa sua condizione, se intendiamo comprendere i “caratteri interni” di ogni opera (iconologici,
iconografici, tecnici, simbolici, espressivi…)
e il ruolo che esse giocano verso l’esterno, soprattutto se nate, o scelte, per stare ove sono
(centri del potere, spazi urbani, luoghi pubblici, di culto, di lavoro, dell’istruzione o della
cura, senza dimenticare le dimore private). Si
pensi, ad esempio, ai soggetti e ai temi delle
opere di cui il libro offre un’ampia documentazione storica e iconografica, o alla loro “materialità” (che talvolta significa pregio, prestigio, valore economico, durabilità, simbolo e
richiamo…). Come potremmo comprendere
quei temi e soggetti, o quelle consistenze, se
ignorassimo le condizioni “oggettive” entro le
quali le opere sono state “create”, o senza conoscere i loro autori, con le loro storie personali e i loro profili artistici? È per questo inevitabile registrare il profondo mutamento tra
i soggetti e i temi di molte opere d’arte, in
edifici e luoghi pubblici delle città italiane,
compresa Genova - come documenta il saggio
di Rocco Pietro Spigno – durante il periodo
“fascista”, rispetto a quelli che appaiono con
la Repubblica democratica, pur con gli imbarazzi, le inerzie o le vaghezze che hanno contraddistinto la sua nascita e il suo consolidamento. Non possiamo ignorare, infatti, le
preoccupazioni per un’arte chiamata ad assolvere compiti e intenti educativi, propagandi-
stici e manipolatori delle coscienze individuali
e dell’intero corpo sociale, a vantaggio del
“Potere” o dei poteri. Come non vedere, inoltre, che la scelta (o non-scelta) degli aspetti
connotativi e denotativi delle singole opere
finanziate s’intrecciava, talvolta, con il perdurante dibattito-scontro tra figuratività,
astrattismo, simbolismo (e altre tendenze ancora) dell’arte italiana di quei tempi. Certo,
la polemica inizialmente richiamata, sul rapporto tra le arti, ancora presente nel dibattito
sulla legge del ’49, è in parte ormai sopita o
superata, ma è forse destinata a produrre in
futuro altri frutti, tra nuovo figurativismo, concettualismo, installazioni, eventi e performances. Non resta, quindi, che attendere nuovi
sviluppi e non chiudere le menti e le porte.
Un ringraziamento, in conclusione, va alla Regione Liguria, per questa ricerca affidata al dipartimento DIRAAS e per quella sull’architettura contemporanea, sviluppata in parallelo dal
dipartimento DSA di Scienze per l’Architettura.
È stata un’importante occasione preziosa per
gettare uno sguardo attento e approfondito sulla
nostra storia recente, collaborando da punti di
vista differenti per conoscere e comprendere un
fragile patrimonio comune, spesso ignorato e
negletto.
Di questi risultati, spero, sarebbe contento
Franco Sborgi, che ricordiamo con stima e riconoscenza.
NOTE:
1
Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori et
scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri, (nell’edizione
per i tipi di Lorenzo Torrentino, Firenze, 1550), Einaudi, Torino
1991, p. 8.
2
Ivi, p. 16.
3
Cfr. Giorgio Pigafetta, Architettura ed estetica. Le teorie architettoniche nei sistemi delle arti moderni, Alinea, Firenze 1984.
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SAggi
RifleSSioni StoRiche SullA “legge del 2%” e pRoSpettive AttuAli
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DALLA “LEGGE DEL 2%”
ALLE NUOVE DECLINAZIONI DELL’ARTE PUBBLICA
Paola Valenti
I.
Roma 1936: il Convegno Volta come
incubatore della “legge del 2%”
Tra il 25 e il 31 ottobre 1936 si svolse a Roma,
presso la Reale Accademia d’Italia, il VI Convegno promosso dalla Fondazione Alessandro
Volta: organizzato dall’Accademico Marcello
Piacentini su investitura della neoistituita Classe
delle Arti, il simposio radunò nella capitale eminenti studiosi, artisti e architetti chiamati a confrontarsi sul tema, allora di viva attualità, dei
Rapporti dell’architettura con le arti figurative1.
Nonostante l’ampiezza delle problematiche all’ordine del giorno, la maggior parte degli interventi dei relatori e delle argomentazioni avanzate
nei dibattiti si concentrò, più o meno direttamente, sull’opportunità di indurre artisti e architetti a dar vita a nuove forme di “sintesi delle
arti” che tenessero in considerazione le specifiche
esigenze estetiche, culturali e sociali dell’epoca2.
Alla metà degli anni trenta tale questione non
poteva risultare, certo, scevra da ingenti implicazioni politiche e ideologiche: esse erano emerse
prepotentemente, soprattutto, nella terza seduta
del convegno, dedicata al Ritorno delle arti figurative ai compiti monumentali, durante la quale
Antonio Maraini - critico d’arte, segretario della
Biennale di Venezia dal 1927, del Sindacato
Nazionale Belle Arti dal 1932 ed egli stesso autore di rilevanti interventi di arte pubblica aveva salutato la “rinascita di una collaborazione
tra le arti, che un secolo di positivismo ed individualismo esasperato aveva come dissociato e
sciolto da ogni ordine gerarchico”, conducendo
fino “all’insubordinazione estetica delle parti
verso il tutto e della veste decorativa verso l’ossatura architettonica, alla esaltazione dell’oggetto
d’arte applicata al disopra dell’opera d’arte pura
e dell’astrazione formale o coloristica, in quest’ultima, al di sopra di ogni verosimiglianza figurativa”3.
Nel proprio contributo Maraini, formulando
l’auspicio che l’architettura razionalista potesse
superare la reticenza a “giovarsi delle arti sorelle”,
aveva ricondotto le origini della nuova corrente
architettonica a quei “germi salutari della reazione” che, dopo l’“opera di disgregazione” compiuta da romanticismo, impressionismo, futurismo, cubismo, espressionismo, dovevano
necessariamente “condurre a ripristinare un ordine”4. Maraini si faceva così fautore di una interpretazione dell’architettura del movimento
moderno come fenomeno reazionario che trovava non pochi oppositori tra i convenuti: tra
questi Giuseppe Pagano, il quale, confutando
diversi punti della relazione presentata durante
la seconda seduta da Ugo Ojetti, altro eminente
relatore, aveva indicato per l’architettura moderna ben altra genealogia e aveva posto la questione del suo rapporto con le arti figurative su
basi morali e non aprioristiche:
Per conto mio desidero soltanto affermare che
gli architetti moderni, quelli delle pareti nude,
quelli che difendono una architettura che egli
[Ojetti] definisce come priva di elementi positivi,
sono nati per diretta comprensione e derivazione
dei movimenti pittorici degli ultimi anni, assai
più che per effetto delle scuole di architettura. I
nostri primi amici, e direi anzi i nostri primi
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PA O L A VA L E N T I
maestri, sono stati i pittori. Ricordo Casorati,
Carrà, Sironi e i futuristi di anteguerra. È assolutamente infondato il pregiudizio di ostilità degli
architetti verso i pittori. I nostri rapporti tra pittura e architettura hanno carattere etico e artistico. Il punto morale è questo: la nostra avversione alla rettorica vuota, formale, roboante,
fatta di decorazioni pleonastiche, e da opere decorative che non sono giustificate né da una ragione utilitaria né da una ragione artistica. Noi
odiamo il fasto per il fasto, l’inutile per il lusso
irriverente, il grazioso, il frivolo. Siamo per l’orgoglio della modestia. E questo non esclude che
il nostro mondo morale e il nostro desiderio di
alta espressione non sia affidato proprio all’esecuzione pittorica5.
16
Il “punto morale” chiamato in causa da Pagano
portava alla luce un aspetto saliente della questione del rapporto tra arte e architettura negli
anni trenta, destinato a condizionarne le sorti
anche negli anni della ricostruzione postbellica
e nei decenni seguenti: il problema, per quanto
concerneva l’architettura moderna, si spostava
infatti dall’ortodossia del muro bianco all’avversione per una decorazione retorica e pleonastica, aggettivi che ben definiscono gran
parte degli interventi decorativi realizzati o
progettati dal regime fascista, sia nell’edilizia
pubblica sia nei contesti espositivi. Basti pensare che già nel 1933, in un momento in cui il
ruolo dell’arte murale non era ancora così ideologicamente definito come lo sarà subito dopo,
la Triennale di Milano era stata concepita da
Mario Sironi, Gio Ponti e Carlo Alberto Felice
come una occasione per riflettere sulle “possibilità iconografiche, di impatto, di poetica che
l’arte monumentale poteva offrire alla diffusione dell’ideologia dominante”6. La gran parte
delle opere realizzate per l’occasione, pur di
alto livello qualitativo, tradiva l’intima aspirazione dei loro esecutori “a partecipare al rinnovamento del mito antico nell’Italia moderna
e fascista. Per tutti gli anni Trenta la pittura
murale venne salutata come la vera arte contemporanea, il rinnovamento profondo, in
nome della tradizione, della cultura figurativa
italiana e come presa di distanza dall’espressione artistica appartata e intimista che ancora
si esprimeva solo attraverso le esposizioni e
che nulla insegnava alle masse”7.
Alla luce di queste considerazioni e di quelle
di Pagano, l’auspicio di Maraini che l’architettura del movimento moderno potesse superare la reticenza a “giovarsi delle arti sorelle”
risulta, dunque, profondamente connotato in
senso politico: proprio in quegli anni, infatti,
autorevoli critici, teorici e architetti come Pier
Maria Bardi, Carlo Belli e Alberto Sartoris miravano a promuoverla ad “architettura di
Stato”, avendone compreso l’intima parentela
con il coevo ritorno al classicismo e avendo
intuito la possibilità di far passare attraverso
le sue esigenze di “ordine” del sistema compositivo e plastico un messaggio politico di ossequio e di adesione all’“ordine” del potere costituito; un messaggio, certo, più raffinato e
sottile di quello comunicato da magniloquenti
archi romani, timpani e lesene ma non per
questo meno efficace8.
Anche l’architettura moderna era, dunque,
chiamata a favorire l’attuazione del programma
dello stato fascista che voleva, per l’arte, una
funzione sociale ed educatrice - “essa deve tradurre l’etica del nostro tempo […] la concezione individualistica dell’‘arte per l’arte’ è superata”, si legge nel Manifesto della pittura
murale, scritto da Massimo Campigli, Carlo
Carrà, Achille Funi e Mario Sironi nel dicembre del 1933 - e, pertanto, toccava agli architetti favorire concretamente il ritorno degli
artisti ai loro compiti monumentali, come già
aveva fatto il regime fascista “invitando nella
Biennale veneziana e nella Triennale milanese,
gli artisti a dipingere e a scolpire per decorare,
su argomenti vivi, date pareti e date sale”9.
Lanciando agli architetti del movimento moderno il proprio implicito invito alla collabo-
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DALLA “LEGGE
DEL
2%”
A L L E N U O V E D E C L I N A Z I O N I D E L L’ A RT E P U B B L I C A
razione con gli artisti Maraini aveva, presumibilmente, anche voluto giocare d’anticipo sulle
argomentazioni contrarie che, nella successiva
seduta pomeridiana dedicata alle Tendenze
dell’architettura razionalista in rapporto alla collaborazione della scultura e della pittura, Le Corbusier avrebbe esposto nella prima parte della
propria relazione - significativamente intitolata
Lo studio della tendenza che impera invece nell’architettura razionalista di escludere come superflue, secondo una logica rigorosa, il concorso
delle arti figurative10 - in un passaggio saliente
della quale pittura e scultura sarebbero state
additate addirittura come responsabili di una
deriva dell’architettura verso la perdita della
sua funzione:
Se si parla di architettura razionale o funzionalista,
è perché se ne immagina, all’opposto, un’altra irrazionale e non-funzionante. Si ammette dunque
la presenza, in queste ore nuove della società
umana, di una architettura che non è né irrazionale
né non-funzionante. Si ammette che ciò esiste, che
ciò sia ormai acquisito, irrimediabilmente; ma che
si tratta di collegarla all’altra - l’irrazionale e la
non-funzionante - per mezzo dell’aiuto di una
terza persona, già appiccicata all’altra, e che forse
l’ha condotta a diventare non-funzionante e irrazionale: la decorazione, la pittura e la scultura.
Io, per conto mio, opino che tale discussione è
fuori luogo, senza frutto.
Non vi è architettura razionale o irrazionale. Vi
sono degli architetti che rispettano la loro missione, edificando costruzioni “funzionanti”, e altri
che sono degli sciagurati e dei ladri, e che costruiscono edifici non-funzionanti e irrazionali.
Concludo: l’architettura è una attività estendentesi a ogni costruzione soggetta alle leggi della
visione. La società è criminale se essa edifica
delle costruzioni che non servono a nulla o servono male agli usi degli utenti.
L’oggetto di questa attività: costruire, si estende a
una massa impensata di oggetti innumerevoli e diversi di forma, grandezza, destinazione e materia.
Il giuoco architettonico [nei passaggi precedenti
Le Corbusier aveva definito l’architettura un
giuoco sapiente, corretto e magnifico delle forme
sotto la luce, n.d.a.] non per questo vi giuoca con
minor rigore, sulla base di avvenimenti organici
e plastici che ne sono il considerato oggetto.
Io non capisco quale imperativa missione abbiano le arti figurative in questa faccenda.
Io dico: l’architettura non ne ha alcun bisogno!
Ma aggiungo senza indugio: l’architettura, in talune occasioni può esaurire il suo compito e aumentare il diletto degli uomini con una collaborazione eccezionale e magnifica delle arti
maggiori: pittura e statuaria.
Problemi nobili ed eminenti che possono altrettanto preoccupare l’inquilino di un alloggio,
quanto il potente, innalzante edifici alla gloria
del suo popolo11.
Il complesso intervento di Le Corbusier, completato da una seconda parte della relazione dal
titolo L’opera d’arte, presenza insigne, nella quale
l’architetto svizzero aveva prospettato che all’artista venisse affidato il compito di “rimettere
a posto la cose dell’architettura” laddove vi fossero “muri fastidiosi, imposti - soffitti o pavimenti
- da ragioni intempestive estranee alla disciplina
architettonica”12, aveva suscitato accese reazioni,
tra cui quella di Gino Severini, indispettito dal
ruolo, a parer suo “subalterno”, che l’architetto
svizzero aveva previsto per il pittore o lo scultore
chiamato a intervenire nello spazio architettonico13. Un parere condiviso da Virgilio Guzzi,
non direttamente coinvolto nel convegno ma
suo attento recensore, il quale in un articolo apparso nel novembre successivo su “La Nuova
Antologia”, ricalcando in parte la reazione di
Pagano all’intervento di Ojetti, aveva polemicamente annotato:
Che la pittura si adegui allo spirito dell’architettura? Ma lo spirito è uno, tant’è vero che l’architettura moderna è debitrice della pittura moderna
[...]. Se il pittore deve essere degno dell’architet-
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tura, come vuole il Le Corbusier, l’architetto, noi
diciamo, dev’essere degno della pittura14.
18
Nel medesimo articolo Guzzi aveva anche lamentato la mancanza, nell’impostazione del
convegno, di un rigoroso metodo critico che
“avrebbe forse impedito che si indugiasse non
senza qualche compiacimento sopra questioni
vecchie e sbandate”15 e che si scivolasse di frequente in disquisizioni astratte e in sofismi; in
effetti, erano rimaste sullo sfondo del dibattito
questioni salienti, come quella sollevata da
Margherita Sarfatti, illustre assente al Convegno Volta, in un articolo che anticipava di alcuni mesi il simposio romano, nel quale la corifea di Novecento invitava a non chiedersi se
fosse giusto o meno fare pittura murale bensì a
verificare quali fossero tra i contemporanei gli
artisti in grado di farla realmente16.
Anche le riflessioni sulla destinazione architettonica della pittura o della plastica murale erano
state sporadiche e occasionali: tra i pochi a fare
emergere con chiarezza e incisività la questione
era stato Severini, il quale aveva colto l’occasione per contestare a Le Corbusier anche l’affermazione, sopra riportata, secondo la quale il
problema del rapporto con la pittura e la scultura
avrebbe dovuto “preoccupare l’inquilino di un
alloggio, quanto il potente, innalzante edifici
alla gloria del suo popolo”17, richiamando opportunamente alla necessità di separare il problema della casa d’abitazione da quello dei
grandi edifici collettivi - religiosi, statali e in
generale pubblici - nei quali imperative esigenze
d’ordine sociale o etico avrebbero potuto esigere
“assolutamente una rappresentazione figurativa
o simbolica, un’arte suscettibile di suscitare delle
idee, evocare delle immagini”18.
Severini aveva così affrontato in sede teorica
un problema che avrebbe presto acquisito centralità non solo nel dibattito critico ma anche
sul piano legislativo, culminando con la promulgazione, nell’agosto del 1942, della Legge
per le opere d’arte negli edifici pubblici, la cosid-
detta “legge del 2%” o “legge Bottai” per il
ruolo centrale che ebbe nella sua formulazione
l’allora ministro dell’Educazione Nazionale
Giuseppe Bottai: tale provvedimento legislativo avrebbe trasformato in norma la consuetudine già diffusa nei cantieri edili di destinare
all’esecuzione di opere d’arte almeno il 2%
dell’impegno di spesa totale previsto per ogni
intervento edilizio pubblico, riservando esplicitamente proprio agli edifici collettivi, e non
a quelli a uso abitativo, l’apporto edificante
ed estetico della decorazione19.
Altri argomenti tra quelli discussi al Convegno
Volta sembrano preparare il terreno alla definizione della “legge del 2%” da un punto di vista
operativo e non solo culturale: la proposta di
Piacentini, letta da Romanelli, di finanziare interventi d’arte murale sottraendo denaro all’organizzazione di mostre temporanee e, ancor più,
la presentazione durante la settima seduta, dedicata alla Tutela e inquadramento statale degli
artisti, di iniziative quali la costituzione di un
sindacato degli artisti e di un albo professionale.
Ma, al di là delle questioni specifiche, era stato
l’intero convegno, con il suo esplicito invito a
ragionare intorno ai Rapporti dell’architettura con
le arti figurative a favorire una generale sensibilizzazione rispetto all’idea dell’utilità sociale degli artisti e della loro necessaria partecipazione
“alla creazione di un’immagine unitaria e composta della cultura italiana”20.
Forse consapevole delle potenzialità insite in un
tale simposio, Giuseppe Bottai, al tempo ancora
Governatore di Roma, non aveva fatto mancare
il suo saluto ai partecipanti al Convegno Volta
nella seduta inaugurale in Campidoglio.
II.
Il dibattito intorno alla “legge del 2%”
In una intervista rilasciata al “Corriere della
Sera” il 24 gennaio 1940 per presentare compiti
e finalità del nuovo Ufficio per l’arte contemporanea da lui stesso istituito, Bottai aveva così
annunciato la prossima definizione della legge:
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DALLA “LEGGE
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2%”
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Un altro punto del nostro programma è, infine,
la partecipazione sempre più larga degli artisti
contemporanei alle opere edilizie del Regime.
La nostra collaborazione con il Ministero dei
Lavori Pubblici si farà sempre più intensa, affinché un’architettura schiettamente moderna dia
alle nostre città il volto dei nostri tempi; e poiché
i problemi dell’architettura nuova e della pittura
e della scultura d’oggi sono uno solo, una sola
sarà la soluzione, anche al di là dei provvedimenti attuali che prevedono, nella misura del 2
per cento, la partecipazione dei pittori e degli
scultori alle opere edilizie dello Stato21.
Già dai primi anni trenta, infatti, nei grandi
concorsi per le opere pubbliche reiterate circolari ministeriali avevano provveduto a regolamentare lo stanziamento di fondi per finanziare gli interventi decorativi da affidare a
pittori e scultori22.
Senza dubbio, con la codificazione in legge di
una prassi diffusa lo Stato fascista puntava a
mettere a punto un ulteriore strumento - dopo
quello, assai efficace, del Sindacato Nazionale
Belle Arti - attraverso il quale estendere il proprio controllo sull’arte contemporanea e assicurarsi l’aderenza e il consenso di numerosi artisti alla propria politica: questa norma si
prefiggeva, infatti, di rendere sempre più vincolante il rapporto tra gli artisti e i poteri politici, come emerge con evidenza dall’affermazione dello stesso Bottai contenuta in un
articolo apparso, subito dopo l’approvazione
della legge, sulla rivista “Le Arti”:
esigendo la collaborazione dell’artista nelle opere
da tramandare al futuro, lo Stato assume direttamente la responsabilità di quell’arte, che ora soltanto
possiamo, in senso più che cronologico chiamare
contemporanea: contemporanea infatti, come la
storia che lo Stato realizza e nella quale viviamo23.
Bottai aveva orgogliosamente posto l’accento
su quelle che riteneva essere le vere finalità
della legge, presentandola come una concreta
risposta
agli assertori dell’agnosticismo dello Stato nelle
cose dell’arte: lo Stato giudica, sceglie, commette
le opere d’arte. Ma l’importante è che, rendendo
obbligatoria la partecipazione degli artisti alle opere
di pubblica utilità, lo Stato non tende affatto a garantirsi un’arte celebrativa, subordinata a fini pratici, e siano pure altissimi: lo dimostra il testo stesso
della legge, che demanda l’assegnazione dei lavori
a due organi altrettanto, seppur diversamente, responsabili della cultura artistica nazionale: il Ministero dell’Educazione e il Sindacato. La responsabilità di questi due organi è specifica: e investe,
soprattutto, la qualità, cioè la dignità formale delle
opere, passando in seconda linea qualsiasi altra
considerazione. In altre parole: scopo della legge
non è di assicurare ai pubblici edifici un congruo
apparato decorativo, ma di affermare il valore di
pubblica utilità del lavoro artistico24.
I rischi e le ambiguità insite in tale programma
erano palesi e destavano preoccupazioni di vario genere: in primis, la legge si rivelava essere
un potente strumento di cui il Sindacato delle
Belle Arti - la cui forza politica era ben presente al governo - mirava a servirsi a tutela
della corporazione degli artisti e, di fatto, privava gli architetti progettisti di ogni potere
decisionale in merito ai luoghi dove inserire
le opere d’arte murale, le tecniche decorative
da utilizzare, i contenuti e la scelta degli artisti.
Le reazioni, a questo proposito, non si erano
fatte attendere: nel settembre 1942 la rivista
“Architettura” aveva pubblicato il risentito
parere di Enrico Del Debbio:
Per conto nostro diremo che la formulazione
della legge è sotto ogni aspetto ottima; ci duole
soltanto che non si sia tenuto conto della responsabilità che grava sull’architetto progettista,
e che nel quadro delle competenze sulla scelta
dei collaboratori non sia stato incluso anche l’ar-
19
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chitetto a cui si deve l’opera architettonica che
dovrà accogliere quelle dei pittori e degli scultori.
Non vorremmo che l’Architettura fra le Arti
maggiori fosse quella tenuta in minor conto,
come potrebbe apparire da alcuni scritti, dacché
le sue sorelle, pittura e scultura, vengono esaltate,
curate, regolate, discusse, protette dagli organi
statali e dalla critica25.
20
Affine era stata la posizione di Marcello Piacentini, il quale, intervenendo nel dibattito che
lo stesso Bottai aveva aperto nell’aprile del 1942
sulle pagine di “Primato” con lo scritto Socialità
dell’arte26, non aveva esitato ad affermare che la
selezione degli artisti per le decorazioni di un
edificio, i temi figurativi da affrontare e persino
le tecniche da utilizzare dovevano necessariamente spettare all’architetto progettista - previa
intesa con il Committente e con il Sindacato poiché egli soltanto era in grado di capire “chi
concorda con la sua arte [...]. Altrimenti verrebbe a mancare nell’opera d’arte la unità, che
ne è la base elementare”27.
Significativamente, nel rivendicare il ruolo primario dell’architetto, Piacentini si era trovato
in pieno accordo con Giovanni Michelucci che,
già nel 1938, era intervenuto su “Le Arti” per
affermare il diritto del progettista dell’edificio
di decidere sulla decorazione, in base a un concetto di funzionalità al quale egli riteneva dovesse essere subordinato ogni altro intervento28.
Sulle pagine di “Primato” le riserve di Piacentini sulle modalità di scelta degli artisti previste
dalla “legge del 2%” erano condivise da Melchiorre Bega29, da Gio Ponti30 e da Giuseppe
Pagano; quest’ultimo era entrato nel merito
di uno degli altri grandi rischi insiti nella legge,
ossia quello di un suo utilizzo strumentale da
parte del potere politico, manifestando
grave perplessità nell’immaginare un efficace sistema di controllo per quanto potrà riferirsi alla
scelta qualitativa delle opere di arte, alla loro
determinazione dimensionale, ai loro rapporti di
collaborazione con l’insieme architettonico, all’accentuazione della loro effettiva necessità celebrativa, e soprattutto alla giustificazione artistica morale della loro funzione ‘monumentale’31.
Perplessità condivisa da Carlo Carrà, al quale
non era sfuggito neppure il rischio di un uso
reazionario della legge, insito nel fatto stesso
che lo Stato, facendosi committente, rivendicava in sostanza a sé, attraverso i propri organi
di controllo, il giudizio di valore dell’arte contemporanea:
Per l’avvenire artistico del nostro paese io mi
auguro pertanto che la suddetta legge non abbia
a servire a certi vecchi sistemi demagogici fin
troppo conosciuti nel campo dell’arte, né abbia
a fare da infermiera provvidenziale a correnti
pseudo artistiche boccheggianti. Né vorremmo
che nella sua attuazione pratica la legge in parola
servisse di pretesto ai podestà e a qualche ministro per intorbidire vieppiù le acque dell’arte figurativa come già è accaduto in non lontane
circostanze; o servisse agli architetti per sfuggire
alle responsabilità che essi pure hanno verso
l’arte italiana32.
La denuncia dell’ambiguità della legge è latente anche nell’affermazione di Mario Labò:
Si è temuto che la legge del due per cento vagheggi, anche senza dirlo, una pittura ed una
scultura apologetiche, e che appunto quelle essa
intenda di promuovere. Noi, nel silenzio del legislatore, prendiamo l’espressione qual è. Pittura
e scultura, che potranno anche avere una funzione puramente plastica e ritmica33.
Nel proprio intervento Labò aveva, inoltre, messo
a fuoco un aspetto destinato a condizionare in
modo determinante, in negativo, le sorti della
legge negli anni della ricostruzione postbellica e
nei decenni ancora successivi, avendo intuito che
il primo effetto della “legge del 2%” sarebbe stato
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DEL
2%”
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quello di avviare gli architetti a stringere i tempi
nell’abituarsi a considerare pittura e scultura
come elementi di prim’ordine nella accentuazione od anche soltanto nella determinazione
dell’espressione architettonica. A considerarli
elementi non più straordinari ma abituali, almeno negli edifici pubblici, cioè nelle architetture, se non di maggiore impegno, almeno di
maggiori dimensioni34.
La questione si era rivelata tanto complessa e
delicata da indurre Pier Maria Bardi a proporre
alcuni principi da seguire nell’applicazione
della legge per evitare abusi e distorsioni:
1) progettare l’opera di architettura con la collaborazione degli artisti prescelti per la cosiddetta
decorazione, cioè riunire finalmente l’architetto,
il pittore, lo scultore in un unitario lavoro creativo;
2) combinare gruppi di artisti di intenzioni affini,
per giovarsi di una collaborazione affiatata concorde;
3) istituire, per gli aventi diritto, una gerarchia,
nel senso di ristabilire la ‘bottega’, dove un artista
è capintesta, altri sono aiuti, altri sono garzoni;
4) far giudicare i progetti da un consesso che
stia al di sopra del Consiglio superiore delle B.A.
e del Consiglio superiore dei LL.PP., un consesso
formato di poche persone senza parenti artisti,
senza amici artisti, senza clientele artistiche, con
l’incarico specifico di vigilare sull’armonia delle
opere35.
Se il pericolo di un uso clientelare della legge
implicitamente denunciato da Bardi si rivelerà
una premonizione che, tradottasi in realtà, accompagnerà la normativa per tutto il suo corso,
non meno subdola era l’idea che la “legge del
2%” dovesse concorrere a sollevare le difficili
condizioni economiche degli artisti, da un lato
mettendo ulteriormente a repentaglio la qualità degli interventi che sarebbero stati promossi, dall’altro esponendo ancor più pittori e
scultori al controllo ricattatorio del regime. La
necessità di tenere separata la questione occupazionale degli artisti dalle considerazioni riguardanti il loro intervento nell’architettura
era, del resto, emersa già durante il Convegno
Volta, motivando il perentorio monito di Le
Corbusier: “Attenzione, né miscuglio, né confusione! Aiuto alla disoccupazione? No, si
tratta, qui, di architettura”36.
Il dibattito aveva, dunque, registrato obiezioni,
timori, malumori che le rassicurazioni di Bottai
sulla mancanza nella legge di una volontà dirigistica e propagandistica non erano riuscite
a prevenire o a sedare37: era infatti fin troppo
evidente che, al di là delle intenzioni degli
estensori - ai quali si erano affiancati consulenti del calibro di Giulio Carlo Argan, Cesare
Brandi e Roberto Longhi38 - lo Stato fascista
fosse determinato a servirsi del nuovo strumento giuridico sia per attirare il consenso degli artisti ed esercitare su di loro pressioni e
controlli, sia per assicurarsi un ulteriore canale
di diffusione della propria ideologia in un momento storico quanto mai delicato; ed era indubbio che avesse tutto l’interesse a legittimare
un’arte che, sebbene restia ad essere definita
“di Stato”, era, di fatto, al suo servizio39.
Proprio in questa connotazione “totalitaria” della
legge è probabilmente da ricercarsi una delle ragioni che ne ostacolarono l’applicazione nel dopoguerra quando, parzialmente modificata, tornò
in vigore come Legge 29 luglio 1949, n. 717 e
con la nuova titolazione Norme per l’arte negli
edifici pubblici40: in un clima culturale diffusamente deciso a rigettare il magniloquente programma di “fascistizzazione” che aveva caratterizzato l’edilizia monumentale dai primi anni
trenta in poi e che aveva interessato capillarmente tutta la penisola, la “legge del 2%” doveva
certo risultare irrimediabilmente gravata dalle
finalità con cui il regime se ne era servito.
La mancata applicazione sistematica della
“legge del 2%” fu uno dei fattori che certo non
giocarono a favore della ripresa del dialogo tra
21
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architetti e artisti nel dopoguerra: a questo proposito si deve anche osservare che le nuove
Norme, oltre a integrare le prerogative degli
architetti nel testo della legge (“la scelta degli
artisti per la esecuzione delle opere d’arte [...]
sarà fatta dall’Amministrazione sul cui bilancio
grava la spesa, con la partecipazione del progettista e di un rappresentante dei lavoratori
delle arti figurative”), stabilivano che, qualora
il progetto architettonico non avesse previsto
l’esecuzione in sito di opere d’arte, il 2% sarebbe
stato devoluto all’acquisto e all’ordinazione di
opere d’arte mobili di pittura e di scultura, destinate a integrare la decorazione degli interni.
La legge del 29 luglio 1949 aveva così snaturato
profondamente la precedente legge Bottai, offrendo sia agli amministratori sia agli architetti
la possibilità di eludere la fattiva collaborazione
con gli artisti.
22
III. Intorno alla “legge del 2%”: II caso di
Genova attraverso i documenti conservati
presso l’Archivio Storico del Comune
Il giorno 8 gennaio 1958 il pittore Pietro Dodero, venuto fortuitamente a conoscenza del
fatto che la Civica Amministrazione genovese
avrebbe potuto “applicare la norma riguardante
le costruzioni comunali per le quali una percentuale del loro costo, sarebbe destinata ad
opere d’arte decorativa”, indirizza all’Assessore
ai Lavori Pubblici, Dottor Grondona, una lettera con la quale chiede di essere tenuto presente “in tale eventualità”.
Questa lettera costituisce il documento più
antico tra quelli conservati nel Fondo Belle
Arti, cartella 22, fascetta 74/31-Opere d’arte
in edifici pubblici (1958-1971) dell’Archivio
Storico del Comune di Genova.
Le annotazioni autografe apposte a margine e
in calce alla lettera sono rivelatrici della “novità” che la richiesta di Dodero viene a rappresentare per l’amministrazione comunale41:
l’assessore in carica - che dal timbro risulta es-
sere l’ing. Vita e non il Grondona cui Dodero
indirizza la lettera - si rivolge all’Ing. Capo del
Comune chiedendo se davvero vi fosse “un
tale obbligo”; in calce, con la data dell’11 gennaio 1958, compare un breve appunto per l’assessore, firmato dall’incaricato, in cui si legge:
per edifici pubblici viene stanziato il 2% per
opere artistiche che possono essere [conferite]
per concorso o assegnate diversamente secondo
le proposte della Riunione B.A.. Esiste l’obbligo
di legge peraltro non sempre osservato.
La lettera di Dodero viene quindi trasmessa,
per competenza, alla Direzione Belle Arti.
La norma cui fa riferimento Dodero, cogliendo
impreparati i funzionari comunali, era all’epoca
già in vigore da oltre otto anni, trattandosi
proprio della Legge 29 luglio 1949, n. 717 che
sostituiva l’originaria “legge del 2%”.
Un trafiletto, apparso su “L’Unità” il 27 febbraio 1958, rivela come la mancata osservanza
della norma non fosse un problema locale, ma
riguardasse l’intero paese: il breve articolo dà
notizia di una proposta di legge presentata alla
Camera dall’On. Mario Alicata per apportare
modifiche alla legge 1949/717 eliminando
“quelle disposizioni che finora hanno consentito di eludere l’applicazione delle norme”. La
nuova proposta di legge si propone di semplificare “i criteri per l’assegnazione delle opere
d’arte e per la composizione delle commissioni
giudicatrici”, stabilendo altresì che “nei casi
in cui il valore delle opere da assegnare superi
i due milioni debba essere indetto pubblico
concorso”42.
Nel fondo dell’Archivio Storico del Comune
questo trafiletto accompagna una lettera indirizzata all’Assessore Matteo Vita dall’Ingegnere
Capo dell’Ufficio Tecnico dei Lavori Pubblici
della Città di Torino, Ing. Lonardi, datata, anch’essa, 27 febbraio 1958: alla richiesta di informazioni circa lo stato dell’applicazione della
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DALLA “LEGGE
DEL
2%”
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legge nel capoluogo piemontese, l’ingegnere
Lonardi aveva così risposto:
In relazione alla Sua richiesta del 19 febbraio
c.m. circa l’applicazione della legge 29 luglio
1949 n. 717 per Opere Artistiche negli edifici
pubblici di importo superiore ai 50 milioni, la
Città di Torino ha finora provveduto solamente
nell’edificio di una Scuola Materna di Via Giacinto Collegno facendo eseguire dei pannelli decorativi nell’atrio d’ingresso ad opera di una pittrice, e sta provvedendo per la nuova Biblioteca
Civica attualmente in corso di costruzione. Per
questo caso è stato deliberato dalla Giunta di
bandire un concorso fra artisti italiani per
un’opera artistica da collocarsi sulla facciata
dell’edificio. La spesa per tale opere artistica è
prevista nella cifra di £. 9.000.000, pari a circa il
2% dell’intero costo dell’edificio.
Per la Galleria d’Arte Moderna che è pressoché
ultimata, risulterebbe che l’Amministrazione Civica voglia destinare il 2% per l’acquisto di opere
d’arte da esporre nella Galleria medesima43.
Questa lettera, oltre a confermare una diffusa
tendenza a disattendere l’applicazione della normativa vigente, fornisce alcune informazioni su
cui è interessante soffermarsi: l’ingegnere torinese riferisce, correttamente, che ricadono sotto
l’applicazione della legge solo edifici pubblici di
importo superiore ai 50 milioni ma non chiarisce
l’obbligatorietà di indire un pubblico concorso
qualora l’importo da stanziare per le (singole)
opere d’arte superasse le 500.000 lire, come regolamentato dall’art. 2 della legge; altro dato
rilevante - assente nella legge Bottai e introdotto dalla legge del 1949 - è il riferimento alla
possibilità di impegnare la quota del 2% per
l’acquisto di opere d’arte mobili piuttosto che
per la realizzazione in loco di interventi artistici.
Della necessità di indire pubblici concorsi, del
resto, erano consapevoli anche gli amministratori genovesi: già il 7 febbraio 1958, l’ingegnere
Camillo Vergani, a capo della Ripartizione Edilizia Comunale del Comune di Genova, aveva
indirizzato all’assessore ai Lavori Pubblici, e per
conoscenza a quelli alle Belle Arti e all’Istruzione Pubblica, la seguente comunicazione
Il Provveditorato OO.PP. nell’approvare progetti
di edifici scolastici ha richiamato il Comune alla
stretta osservanza della legge in oggetto, imponendo, nella compilazione delle perizie, la previsione di una somma pari al 2% dell’importo
della spesa totale, da destinarsi ad opere d’ arte.
La prima, e prossima, applicazione della legge
ricade sulla “A. Volta” di Sestri, per la quale il
2% della spesa presunta comporterà un’assegnazione di più di 5 milioni per opere d’arte.
Dato lo stato di avanzamento dei lavori, ritengo
necessario che la S.V. promuova una riunione
con gli Assessori competenti, Belle Arti ed Istruzione Pubblica, al fine di concordare il da farsi
per poter poi predisporre il bando di concorso
ed i relativi provvedimenti amministrativi44.
23
L’urgenza e la “nuova” ineluttabilità dell’applicazione della legge induce Vergani a rivolgersi alla Ripartizione Legale del Comune di
Genova chiedendo chiarimenti in merito alla
corretta interpretazione delle norme; il 10
marzo l’Avv. N. Elena inoltra al capo Ripartizione Edilizia Comunale, al Segretario Generale e al Direttore Belle Arti il Parere n° 46
che si riporta qui integralmente, in quanto
contiene diversi punti di notevole interesse:
Il Sig. Ing. Vergani nella sua nota del 28.2.58 ha
posto i seguenti quesiti in relazione alla interpretazione delle norme della legge 29.7.1949, n. 717:
a) con riferimento all’art. 1 - “Se, ogni qual volta
il progetto architettonico non preveda l’esecuzione in sito, di opere d’arte di pittura e scultura,
(e quindi affreschi, mosaici, bassorilievi, decorazioni scultoree in genere, ecc.) il 2% possa essere
devoluto allo acquisto sul marcato (gallerie, aste
pubbliche, mostre, ecc.) di opere d’arte di pittura
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PA O L A VA L E N T I
24
e scultura, mobili, qualunque sia il loro valore
unitario. Ossia, nell’ipotesi che il 2% destinato
ad opere d’arte assommi ad un certo numero di
milioni, se l’amministrazione possa acquistare sul
mercato sia opere d’arte di valore singolo inferiore
alle lire 500.000 sia una sola opera assorbente
l’intero 2%, sia diverse opere di valore singolo
superiore alla £. 500.000.
b) Con riferimento agli artt.1 e 2 - “Se ogni qual
volta siano previste opere di pittura e scultura
eseguite in sito, ovvero non siano previste e l’Amministrazione ricorra all’ordinazione di opere
d’arte di pittura e scultura mobili (intendendosi
quindi, nell’uno e nell’altro, che le suddette opere
siano ancora da eseguire e la scelta debba quindi
cadere sull’artista.) sia chiaro ed inequivocabile
che, superando in valore ogni singola opera le lire
500.000, debba essere indetto pubblico concorso,
inteso appunto alla scelta dell’artista su tema più
o meno limitato”.
c) “Se, nel caso di concorso pubblico, lo stesso
debba intendersi a carattere nazionale o regionale”
d) “Se, nel caso che il progetto architettonico
non preveda opere in sito, il ricorso all’acquisto
sul mercato piuttosto che all’ordinazione ad uno
o più artisti debba ritenersi perfettamente libero”.
La legge 29.7.1949 n. 717 sostituisce la precedente
legge 11.5.1942 n. 839, completandola e integrandola con nuove norme.
Ciò premesso, osservo:
sub. a) L’art.1 della nuova legge riproduce, con
poche modifiche, nei primi tre commi le norme
formulate nell’art.1 della legge precedente; vi aggiunge però un quarto comma nell’ipotesi che il
progetto architettonico non preveda l’esecuzione
“in sito” di opere d’arte; In tal caso il 2% del
costo totale della costruzione o ricostruzione ne
verrà devoluto “all’acquisto ed all’ordinazione di
opere d’arte mobili, di pittura e di scultura, che
integrino la decorazione degli interni”.
La legge parlando d’acquisto e di ordinazione,
sembra volersi riferire a due ben distinti concetti;
si acquista l’opera già esistente, si ordina l’opera
da eseguirsi.
Per l’esecuzione l’art.2 della legge prescrive la
scelta degli artisti con determinate modalità e
prevede il concorso per opere di valore maggiore
alle lire 500.000.
Ma, trattandosi di acquisto d’opere già esistenti
l’Amministrazione non sembra legata a vincoli
particolari; ragioni di opportunità potranno eventualmente indurre l’Amministrazione a considerare se convenga procedere all’acquisto unicamente per le opere di artisti defunti, e
all’ordinazione per opere di artisti viventi, tenendo
presente che, in un caso o nell’altro, le opere devono essere tali da “integrare la decorazione degli
interni”.
Non mi par dubbio che l’Amministrazione possa,
con suo criterio discrezionale, acquistare sia opere
d’arte di valore inferiore alle Lire 500.000, sia
opere d’arte di valore superiore.
La legge parla d’opere d’arte mobili di pittura o di
scultura; sembra pertanto che tali opere che integrano la decorazione, debbano essere più d’una.
Ma non è da escludersi che possa, a giudizio dell’Amministrazione, acquistarsi un’opera unica
(che assorba il 2% preventivato) la quale, per il
suo pregio e per le caratteristiche dell’edificio,
basti da sola a integrarne la decorazione.
sub. b) Non vi è dubbio che quando il valore superi le Lire 500.000 l’assegnazione debba seguire
mediante concorso.
La Legge precedente lasciava facoltà alle singole
Amministrazioni di indire o meno concorso imponendo però alle Amministrazioni interessate di
prendere accordi con i ministri dei Lavori Pubblici
e dell’Educazione nazionale.
La nuova Legge, invece, adotta il criterio del valore, imponendo sempre il concorso quando il valore superi la cifra accennata.
sub. c) È in facoltà dell’Amministrazione di indire
concorsi locali o di carattere nazionale non dettando la legge criteri specifici
Alcuni membri della Commissione giudicatrice
(rappresentante della Accademia delle Belle Arti
ove esista “in luogo”, delle Associazioni Sindacali
esistenti “nella rispettiva zona”) devono essere
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DALLA “LEGGE
DEL
2%”
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scelti “in loco”; ma nulla vieta che, per opere di
particolare rilievo, sia indetto un concorso a carattere nazionale, restando però sempre la Commissione giudicatrice costituita secondo le norme
dell’art. 2 della Legge.
sub. d) Qualora il progetto architettonico non
preveda l’esecuzione di opere d’arte “in sito”, l’amministrazione potrà procedere vuoi all’acquisto
vuoi all’ordinazione con criterio discrezionale.
Nonostante le precise indicazioni contenute
nel parere legale richiesto da Vergani nel febbraio del 1958 e subito reso noto agli assessori
genovesi, gli amministratori locali, allineandosi
verosimilmente ai comportamenti adottati a
livello nazionale dai loro colleghi, non si rivelano particolarmente inclini a osservare le disposizioni della legge.
Due articoli apparsi, rispettivamente, sul quotidiano nazionale “Il Cittadino” il 6 gennaio
1959 e su quello locale “Il Genovese” il 20
giugno 1960 testimoniano la diffusa tendenza
a non applicare la legge e richiamano l’attenzione del lettore sulla duplice finalità del provvedimento, teso a valorizzare e incrementare
il patrimonio artistico nazionale e a garantire
agli artisti contemporanei, “cui la struttura sociale del mondo moderno fa così ardue condizioni di vita e di lavoro, nuove e importanti
condizioni per svolgere la loro attività”, rilevando altresì come la norma legislativa avesse
trovato da noi una applicazione assai limitata da
parte delle amministrazioni dello Stato e nessuna, o quasi, applicazione da parte degli enti
locali e parastatali. Infatti, facendo riferimento
alle trattenute del 2 per cento sugli importi destinati ad opere d’arte nei pubblici edifici versate
dall’Ente nazionale di assistenza e previdenza per
i pittori e gli scultori a norma dell’art. 3 della
predetta legge, risulta che nel periodo 1952-56
sono stati eseguiti lavori di pittura e scultura per
poco più di 40 milioni; somma assolutamente
sproporzionata al valore dei lavori per l’edilizia
pubblica eseguiti nello stesso periodo, con fonti
attinti dal bilancio dello Stato, che assommano
ad oltre 250 miliardi di lire45.
Dalle pagine de “Il Genovese” Lelio Pierro incalza:
Spesso ed in varie occasioni tale provvida legge
non è stata applicata, talvolta per incuria, talvolta per cavillose interpretazioni o per ritardi
burocratici, a tutto danno comunque della riconosciuta sensibilità artistica italiana46.
Entrambi gli articoli riferiscono di sostanziali
modifiche della L.717/49; mentre, però, l’anonimo collaboratore de “Il Cittadino” correttamente annuncia l’imminente discussione alla
Camera della nuova proposta di legge che sarebbe stata discussa il 14 gennaio 1959, nel
suo appello all’osservanza della “legge del 2%”
Lelio Pierro su “Il Genovese” scrive di una
“proposta di legge” destinata a riformare la
normativa vigente che, in realtà, alla data di
pubblicazione dell’articolo era già da alcuni
mesi “legge” a tutti gli effetti: il 3 marzo 1960
era stata infatti approvata e promulgata la legge
237/1960, intitolata “Modificazioni alla legge
29 luglio 1949, n. 717, contente norme per
l’arte nei pubblici edifici”.
Come evidenziato nei due articoli, il nuovo
testo di legge, pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” del 1 aprile 1960 e firmato Gronchi, Segni, Togni, Medici, Tambroni, estende con
chiarezza anche alle Regioni, alle Province, ai
Comuni e a tutti gli altri enti che sovrintendano alla costruzione di nuovi edifici pubblici
e alla ricostruzione di complessi edilizi pubblici
distrutti per cause di guerra il dovere di destinare al loro abbellimento mediante opere
d’arte una quota non inferiore al 2% della
spesa totale prevista nel progetto; precisa e aggiorna - come già anticipato nel trafiletto apparso su “L’Unità” il 27 febbraio 1958 sopra
ricordato - i criteri economici e concorsuali,
25
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modificando la composizione delle commissioni e decretando l’obbligatorietà di indire un
concorso nazionale nei casi in cui il valore
complessivo delle opere d’arte da eseguirsi superasse i due milioni di lire; soprattutto, introduce ex novo un articolo in base al quale si
subordina il collaudo dell’edificio alla verifica
dell’avvenuto adempimento agli obblighi previsti dalla legge. Le penalità per le amministrazioni inadempienti sono severe: dovranno
versare “la somma relativa alle opere mancanti
maggiorata del 5 per cento alla soprintendenza
alle gallerie competente per territorio, la quale
si sostituisce alla amministrazione interessata
per l’adempimento degli obblighi di legge”47.
È proprio l’introduzione di questo nuovo articolo
a determinare una maggiore, seppure non sistematica, applicazione della legge, a favore della
quale si mobilita prontamente anche il sindacato
degli artisti: il 18 luglio 1960 il Comune di Genova protocolla la lettera inviata il 12 luglio
1960 dall’Unione Sindacale Artisti Italiani Belle
Arti (U.S.A.I.B.A.) con la quale la segreteria
del sindacato richiama l’attenzione delle pubbliche amministrazioni sulle nuove disposizioni di
legge e auspica “di potere stabilire con gli organi
competenti [...] la migliore collaborazione, nell’interesse della categoria, acciocché le disposizioni previste dalla legge in parola siano senza ritardi di sorta poste in attuazione”48.
Tornando alle vicende genovesi, il 13 luglio
1960 la Direzione Belle Arti viene così sollecitata dall’Ing. Capo dei Lavori Pubblici:
La Gazzetta Ufficiale del 1/4/1960 n. 80 ha pubblicato la nuova legge, a modifica della numero
717 del 29/7/1949, relativa alle “Norme per la
arte dei pubblici edifici”, con cui, tra l’altro, vengono dichiarate non collaudabili le costruzioni
per le quali non sia stato provveduto in conformità alle norme predette.
Richiamando le presenti note sull’argomento,
ed in particolare le n. 594454/B del 27/11/1959
e n. 594537/B del 31/12/1959, che si allegano
in copia, si invita codesta Direzione a predisporre
i bandi di concorso per le scuole di Prato e via
Montezovetto, già segnalate, provvedendo altresì
a prendere accordi con la Ripartizione Edilizia
per quanto riguarda altri edifici compiuti od in
corso di costruzione.
Si allega copia della citata legge 3/3/1960, n. 23749.
Le comunicazioni cui viene fatto riferimento
contenevano i resoconti dei sopralluoghi effettuati dall’Ingegnere Capo della ripartizione
Edilizia Comunale nella scuola elementare di
Prato (per la quale si proponeva l’esecuzione
di un pannello in ceramica, a bassorilievo, da
collocarsi sulla parete esterna, alla sinistra dell’ingresso) e nella Scuola Brignole Sale di via
Montezovetto (per la quale si suggeriva di sistemare una scultura nel piazzale antistante la
palestra). L’invito a predisporre i bandi viene
recepito dalla Direzione Belle Arti che, in data
29 agosto, li trasmette in bozza all’Ingegnere
Capo dell’Edilizia Comunale.
Nei mesi successivi i documenti relativi ai due
concorsi passano da un ufficio all’altro, spesso
accompagnati dalle proposte dei nominativi
con cui formare la Commissione giudicatrice
appuntate a mano ai margini o in calce alle
varie comunicazioni.
Nel frattempo vengono indetti nuovi bandi che
trovano anche eco sulla stampa locale, come
nel caso dei due concorsi per decorare l’atrio
d’ingresso e le facciate della nuova sede del Liceo Scientifico G. D. Cassini agli Orti Sauli,
annunciati il 2 settembre 1961 dalle pagine de
“Il Nuovo Cittadino”50 e da Lelio Pierro nella
rubrica Taccuino delle Arti de “Il Genovese”51.
Il 20 dicembre 1961 viene nominata la Commissione per la scelta dell’artista cui affidare
l’esecuzione dell’opera d’arte, consistente in un
pannello a mosaico a soggetto libero della superficie di mq. 15 ÷ 20, da collocare nel l’atrio
del costruendo edificio scolastico Villa Roncalli
in località Coronata a Cornigliano: la presi-
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DALLA “LEGGE
DEL
2%”
A L L E N U O V E D E C L I N A Z I O N I D E L L’ A RT E P U B B L I C A
denza viene assegnata all’Assessore alle Belle
Arti Mario Cifatte, affiancato da Caterina Marcenaro, Direttore Antichità e Belle Arti; Giovanni Castelnovi, Soprintendente Gallerie Liguria; Eugenio Fuselli, architetto progettista;
Angelo Pugliese, Capo Sezione della Ripartizione LL.PP. nel ruolo di segretario52.
I primi tre nomi e l’ultimo erano già comparsi
il 7 settembre 1961 nelle nomine della Commissione giudicatrice per la scelta dell’artista
cui affidare l’esecuzione dell’opera d’arte da collocare nella già ricordata scuola elementare di
Prato, affiancati in questo caso dall’architetto
Roberto Tassistro, progettista dell’edificio53.
La vicenda di questa scuola può essere presa
ad esempio delle lungaggini e delle pastoie burocratiche spesso connesse all’applicazione
della legge: la seconda seduta della Commissione giudicatrice, indetta per esaminare il bozzetto del pannello richiesto dalla stessa Commissione a Emanuele Luzzati a seguito delle
decisioni prese nella seduta del 7 settembre
1961, si tiene infatti a oltre tre anni di distanza,
e precisamente l’11 settembre 1964. Si devono
attendere altri due anni per arrivare alla collocazione dell’opera, come rivela una lettera
delle Belle Arti alla Ripartizione Amministrativa dei Lavori Pubblici datata 9 dicembre
1966 nella quale si legge:
Con riferimento a nota n. 16726 del 11 novembre 1966 di Codesta Ripartizione, questa Direzione, previo sopralluogo, ha potuto constatare
che l’inserimento dell’opera d’arte in oggetto
sulla parete esterna sinistra del prospetto dell’edificio, anziché su quella interna dell’atrio, si
è rivelato opportuno ed è valso a meglio evidenziare il valore didascalico degli episodi colombiani rappresentati nelle ceramiche del Luzzati.
Pertanto si approva lo spostamento operato e si
rilascia nulla osta all’approvazione dell’opera.
Quello stesso giorno arriva il seguente parere
dell’architetto Roberto Tassistro, progettista
dell’edificio, anch’egli favorevole alla nuova
collocazione delle opere:
Nella mia qualità di progettista della scuola elementare di Ge-Prato e di membro della Commissione Giudicatrice del concorso per l’opera
d’arte decorativa per la scuola stessa, dichiaro
con la presente di approvare la collocazione delle
formelle di ceramica di cui trattasi, sulla parete
esterna sinistra dell’edificio anziché sulla parete
interna dell’atrio come precedentemente previsto
con verbale del 14 settembre 1964.
La nuova ubicazione, scelta dall’Artista, appare
in effetti migliore di quella a suo tempo suggerita
dalla Commissione.
Per tutti gli anni sessanta e i primi anni settanta si succedono bandi di concorso e convocazioni di commissioni giudicatrici per opere
d’arte da collocare in varie sedi scolastiche
della città tra cui la scuola materna in via Romana di Quinto, la scuola media in Villa Doria
a Pegli (concorso vinto da Enzo Vicentini), la
scuola media in via Bolzaneto, l’ex Istituto Casaregis di Sampierdarena, la scuola materna di
Sant’Eusebio (concorso vinto da Angelo Biancini), la scuola speciale Nazario Sauro sita
nello stabilimento balneare San Nazzaro, gli
istituti scolastici Giuseppe Parini e Giovan
Battista Perasso, le scuole Giovanni Mazza in
via Napoli e Pier Maria Canevari in viale Bernabò Brea; l’edificio scolastico Alessandro
Volta a Cornigliano.
Nel caso del concorso indetto per quest’ultima
scuola la commissione, non trovando a una
prima selezione dei progetti pervenuti alcuna
opera adeguata alla collocazione per essa prevista, invia in data 7 luglio 1965 all’Assessore
alle Belle Arti la seguente comunicazione:
Come a conoscenza della S.V. in data 8 giugno
1965 si è riunita la Commissione in oggetto. La
commissione ha deciso di non conferire ad alcuno dei partecipanti al concorso a carattere na-
27
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PA O L A VA L E N T I
zionale l’incarico per l’esecuzione dell’opera
d’arte stessa.
Poiché l’art. 4 del bando di concorso prevede la riserva per l’Amministrazione di bandire altri concorsi eventualmente per l’esecuzione di opere anche
diverse da quelle oggetto del bando stesso, si chiede
se sia il caso di indire un nuovo bando di concorso
oppure suggerire alla Amministrazione l’acquisto
di un’opera d’arte mobile esistente rimettendone
la scelta alla Direzione Belle Arti, sentite eventualmente la Soprintendenza alle Gallerie ed Opere
d’Arte della Liguria ed il progettista.
Solo due giorni più tardi l’Assessore rende nota
la decisione di non bandire un nuovo concorso
pubblico nazionale e propone all’Amministrazione l’acquisto di un’opera d’arte mobile, affidandone la scelta alla Direzione Belle Arti e
alla Soprintendenza alle Gallerie per la Liguria54.
28
A fronte delle numerose procedure relative
all’edilizia scolastica, tra i documenti conservati presso l’Archivio Storico del Comune di
Genova è stata trovata una sola comunicazione
inerente l’abbellimento mediante opere d’arte di
un edificio pubblico con un’altra destinazione:
si tratta della decorazione degli atri del nuovo
reparto di Igiene e Sanità, alle quali si riferisce
una lettera indirizzata dalla ripartizione Edilizia
alla Direzione Belle Arti il 17 agosto 1965:
Si comunica che l’Assessorato all’Igiene intende
provvedere alla decorazione degli atrii della
nuova sede del reparto Igiene e Sanità, sito in
via Archimede civv. n.ri 82 r, e 86 r., mediante
n° 4 bassorilievi progettati dal Prof. Stelvio Pestelli (atrio civ.n° 82 r.) e n° 1 scultura a grande
fuoco progettata dal Geom. Luciano Lovisolo
(atrio civ. n° 86 r.).
Si trasmettono pertanto per l’approvazione di
competenza i relativi elaborati progettuali.
La pratica ha carattere della massima urgenza in
quanto l’Amministrazione intende inaugurare
quanto prima la nuova sede del Reparto Igiene e
Sanità completa delle decorazioni in questione. Si
raccomanda pertanto la più cortese sollecitudine.
La ricognizione sul Fondo Belle Arti, cartella
22, fascetta 74/31 - Opere d’arte in edifici pubblici (1958-1971) dell’Archivio Storico del Comune di Genova ha, dunque, permesso di verificare, partendo dal contesto locale ma
consentendo interessanti raffronti con la situazione nazionale, la tardiva applicazione della
legge 29 luglio 1949, n. 717, che si è rivelata faticosa e discontinua anche dopo le modifiche
apportate dalla Legge 3 marzo 1960, n. 237.
IV.
Verso il presente: ulteriori modifiche
e tracce del recente dibattito sulla
“legge del 2%”
Nell’articolo Il rischio dei falsi esperti, apparso
su “Il Corriere della Sera” il 26 luglio 2003,
Arturo Carlo Quintavalle, ragionando in merito al disegno di legge Urbani sulla qualità
architettonica (n. 2867, sospeso in data 3 novembre 2004), scrive tra l’altro:
Ricordo che, quando si applicava la legge del
2%, che imponeva quel valore percentuale di
opere d’arte a fronte del costruito, i bravi artisti
non partecipavano mai e quei denari, che erano
poi molti milioni se li dividevano equamente i
rappresentanti dei diversi sindacati, o gli amici
dei locali assessori. Risultato: non abbiamo mai,
o quasi mai, opere d’arte appena accettabili nei
nostri luoghi pubblici55.
Un’inchiesta condotta nel 2005 sulle agevolazioni per artisti e “mecenati” previste dalla proposta di legge presentata nel 2004 da Enzo
Carra ha raccolto anche pareri a commento
della “legge del 2%”, tra cui quelli di Massimo
Di Carlo, allora presidente dell’Associazione
Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, che ha imputato alla “farraginosità
delle procedure” e al “numero dei componenti
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DALLA “LEGGE
DEL
2%”
A L L E N U O V E D E C L I N A Z I O N I D E L L’ A RT E P U B B L I C A
le commissioni per la scelta delle opere” il mancato funzionamento della legge; di Philippe
Daverio che, ritenendo una “fortuna” la diffusa
disapplicazione della legge, ha posto l’accento
sul pericolo di un uso inappropriato di una
“massa tale” di denaro; di Danilo Eccher, allora
direttore del Macro di Roma, che ha osservato
come la “legge del 2%” abbia “provocato nel
corso di questi decenni non pochi disastri
quando è stata applicata”. Eccher ha inoltre
richiamato l’attenzione sui criteri di selezione
ormai obsoleti e ha evidenziato la necessità di
tenere conto, nell’individuazione dei soggetti chiamati ad applicarla, che la situazione attuale è molto
diversa da quella del dopoguerra: si sono sviluppate
grandi personalità, sensibilità e professionalità sia
nel campo pubblico sia in quello privato. Questo è
uno degli elementi per cui la legge è stata aggirata,
non solo per la mancanza di sanzioni56.
Studi approfonditi come quello, pionieristico,
condotto da Claudia Collina sulla applicazione
della “legge del 2%” in Emilia-Romagna57 che ha anche costituito un imprescindibile
modello di riferimento per questa ricognizione
sul contesto ligure - permettono di attenuare,
almeno in parte, la severità di tali giudizi, dimostrando come lo studioso che si impegni ad
analizzare, contestualizzare e documentare con
sistematicità le opere realizzate in ottemperanza alla “legge del 2%” possa arrivare a delineare un panorama assai più ricco e interessante di quello che si mostra a uno sguardo
occasionale.
Anche il problema critico generato dalla inattualità di molti interventi non dovrebbe essere
scisso, come evidenziato da Eccher, dalla incapacità - o mancanza di volontà - di aggiornare lo
strumento legislativo sulle linee di sviluppo dell’arte contemporanea e del sistema all’interno
del quale essa agisce. Del resto, le varie proposte
di modifica della legge che si sono succedute
negli ultimi anni si sono rivelate, ancora una
volta, interessate ad aggiornare la normativa nei
parametri economici piuttosto che a rivederne
sostanzialmente i criteri, ad esempio rimediando
alla grave assenza, tra i componenti delle commissioni giudicatrici, delle figure dello storico e
del critico d’arte contemporanea che in tali scelte
dovrebbero, anzi, avere un peso prevalente58: significativo, in questo senso, è il caso della proposta di legge n. 959, presentata dall’On. Alessio
Butti il 21 giugno 2001, che in merito alla riforma
della commissione giudicatrice avanza l’anacronistica e fuorviante proposta di portare da due a
quattro il numero degli “artisti scelti dalle associazioni sindacali di categoria a carattere nazionale maggiormente rappresentative”.
Una apertura, seppure parziale, in direzione di
una applicazione più sistematica, consapevole
e moderna della legge arriva dal Decreto 23
marzo 2006 Linee guida per l’applicazione della
legge n. 717/1949 recante norme per l’arte negli
edifici pubblici, promulgato dal Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti in concerto con
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali
e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29
gennaio 2007.
Significativamente il decreto, attraverso le Linee
Guida con cui vengono commentati e annotati i
singoli articoli della legge, in riferimento all’articolo 2 che indica il criterio di composizione
della commissione concorsuale, precisa che
per quanto riguarda la composizione della Commissione, la norma in commento prevede la presenza di due artisti di “chiara fama”. Si può ritenere che questa prescrizione, oltre ad assicurare
la presenza di un apporto specialistico ai lavori
della Commissione, sia intesa a garantire che
l’acquisto (o la realizzazione) di opere d’arte concorra, a tutti gli effetti, ad incrementare il patrimonio artistico dello Stato.
In questo senso, la stazione appaltante, cui spetta
il compito di costituire la Commissione di aggiudicazione del concorso per opere artistiche,
29
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oltre al proprio rappresentante, al progettista e
al Soprintendente, deve prevedere la presenza
di artisti che, per la loro rappresentatività (nota
6) sul piano (almeno) nazionale, siano in grado
di offrire un apporto specialistico, particolarmente qualificato, nella selezione delle opere
poste a concorso.
Quanto sopra deve considerarsi come risposta al
dettato della norma.
Peraltro, dall’esame di alcuni bandi pubblicati
da Amministrazioni comunali, si rileva che, per
concorsi di particolare complessità, si è ritenuto
opportuno far partecipare alle attività della Commissione giudicatrice esperti in possesso di riconosciute competenze nel settore della storia e
della critica dell’arte contemporanea.
Tale orientamento è da ritenersi condivisibile
in quanto amplia l’ambito di valutazione dell’opera d’arte introducendo criteri storico-artistici
che possono rappresentare un’ulteriore garanzia
nella scelta dell’opera. Resta inteso che la partecipazione degli esperti ha carattere consultivo
e che alla valutazione dei concorrenti in senso
stretto (con attribuzione di punteggi e votazioni)
possono partecipare soltanto i cinque componenti della Commissione previsti dall’art. 2.
La novità più importante introdotta dal decreto è però un’altra: finalmente, all’alba della
primavera del 2006, si inizia a prendere coscienza che l’evoluzione conosciuta dall’arte
contemporanea dal dopoguerra al periodo attuale ha reso anacronistiche le disposizioni
della L. 717/49. Già nell’Introduzione il decreto
evidenzia, infatti, la necessità di rivedere l’impianto teorico-culturale della legge, partendo
dalla considerazione che lo stesso
inserimento di un’opera d’arte in un edificio pubblico con l’intento dichiarato di abbellirlo risulta,
al giorno d’oggi, un’operazione quantomeno controversa.
Parlare di “abbellimento di un edificio pubblico”,
usando oggi la terminologia della “legge 2%”,
potrebbe non solo significare che la qualità estetica dell’architettura di iniziativa pubblica sia
insufficiente, ma potrebbe anche relegare l’arte
in un ruolo sottordinato.
Sulla base dell’esperienza maturata a livello degli
enti pubblici, statali e a ordinamento locale, si
può sostenere che i risultati migliori si sono ottenuti nei casi in cui l’inserimento dell’opera
d’arte è stata intesa quale esigenza prioritaria sin
dalle fasi iniziali (o almeno durante il corso)
della progettazione architettonica […].
Peraltro le indicazioni fornite dal progettista non
hanno comportato limitazioni alla libertà espressiva dell’artista ma hanno contribuito a creare
le condizioni per un inserimento “non casuale”
e non marginale dell’opera d’arte, offrendo reciproche suggestioni utili alla qualità finale dell’intervento.
In passato, di contro, le stazioni appaltanti pubbliche hanno applicato la “legge del 2%” in
modo disomogeneo sia con riferimento alla fase
temporale dell’inserimento dell’opera d’arte rispetto all’iter dell’intervento, che riguardo a modalità di selezione degli artisti e ai criteri di valutazione delle opere […].
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,
quale Amministrazione statale che assomma
competenze in materia di progettazione e realizzazione di opere pubbliche e il Ministero per i
Beni e le Attività Culturali, per le competenze
ad esso attribuite, hanno ritenuto opportuno
emanare le presenti Linee Guida per l’applicazione della legge 29 luglio 1949, “Arte negli Edifici Pubblici”, nelle quali i singoli articoli di legge
sono commentati e annotati, con la finalità di
fornire i necessari indirizzi per una applicazione
non solo coerente ed omogenea, ma culturalmente consapevole per garantire risultati di qualità nell’interesse dello Stato.
V.
Quale futuro per la “legge del 2%”?
A dispetto delle intenzioni, le Linee Guida si
dimostrano, però, ancora lontane dal promuo-
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DALLA “LEGGE
DEL
2%”
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vere una applicazione “culturalmente consapevole” della legge. Va certo in direzione diametralmente opposta la decisione di escludere
dall’obbligo della sua applicazione proprio
l’edilizia scolastica - destino davvero singolare
per una legge nata con l’intento di portare
nell’edilizia pubblica, non senza finalità educative, un’arte che fosse “contemporanea […]
come la storia che lo Stato realizza e nella
quale viviamo”59 - così come si dimostra, ancora una volta, anacronistico il riferimento a
specifiche tipologie di intervento - scultura,
opera pittorica, mosaico, bassorilievo - contenuto anch’esso nell’Introduzione al decreto. E
non solo perché molti altri sono ormai i linguaggi e le tecniche con cui gli artisti contemporanei si esprimono, soprattutto se chiamati a lavorare su scala monumentale o in
dimensione ambientale ma, soprattutto, perché
è ormai radicalmente mutata la concezione
stessa di arte pubblica.
Una vasta bibliografia, internazionale e nazionale, nonché piattaforme online, siti web e
pagine a tema nei social network rendono facilmente accessibile il ricco e variegato panorama in cui, oggi, l’arte si innesta nella sfera
pubblica con l’intento di promuovere o favorire necessari processi di trasformazione sociale.
Sono situazioni in cui l’arte va oltre ogni questione attinente il suo portato estetico e diventa, secondo la definizione di Joseph Beuys,
“scultura sociale”60, capace di insinuare tra i
membri di una comunità l’idea che il mondo
sia un materiale plastico che si può modificare attraverso processi di conoscenza e di condivisione61. L’arte nello spazio pubblico, infatti
“può essere uno strumento in grado di risvegliare la consapevolezza e lo spirito critico delle
persone, di stimolare creatività e capacità di
generare l’inedito; un linguaggio di mediazione
culturale costruito su sintassi inclusive e lessici
multidisciplinari”62.
È questo ciò di cui, oggi, si avrebbe davvero
bisogno e non di “apposizioni cosmetiche” -
per usare un’efficace espressione di Enrico Crispolti - in ordinari complessi edilizi. Anche
perché, d’altro canto, l’architettura qualificata
sotto il profilo ideativo, estetico e funzionale,
soprattutto se “firmata” da qualche architetto
di fama, rifiuta ora più che mai l’apporto delle
“arti sorelle”, impegnata come è ad asserire il
proprio intrinseco valore “scultoreo”, a configurarsi essa stessa come dato plastico in grado
di attivare lo spazio circostante in virtù della
propria forma, del proprio colore, del proprio
materiale, della propria luce.
È obsoleto, dunque, anche solo ragionare in
termini di intervento dell’artista in un singolo
edificio, sia perché tale è l’attuale condizione
- per molti una deriva - dell’architettura, sia
perché la maggior parte dei progetti davvero
efficaci di arte pubblica, intesa come esperienza
partecipata dalla comunità che ne è destinataria, passa per processi di riqualificazione di
intere aree urbane. Valga come esempio, per
rimanere nel nostro paese, ciò che è avvenuto
a Torino, in zona Mirafiori, con le opere inserite nel tessuto urbano da Stefano Arienti,
Massimo Bartolini, Claudia Losi e Lucy Orta,
portate a realizzazione attraverso il programma
internazionale denominato Nouveaux Commanditaires63. Per finanziare quel progetto sono
stati usati, tra l’altro, i fondi europei del Programma di Iniziativa Comunitaria URBAN
II, destinati “all’elaborazione e l’attuazione di
strategie innovative ai fini della rivitalizzazione
socioeconomica dei centri urbani medio-piccoli o di quartieri degradati delle grandi città”64,
uno strumento istituzionale che, nel caso torinese, ha portato alla realizzazione di interventi
che potrebbero essere presi a modello per una
applicazione della “legge del 2%” davvero in
linea con le esigenze del nostro tempo.
Traendo ispirazione da tale esperienza si potrebbe addirittura ipotizzare un futuro radicalmente nuovo per la “legge del 2%”: ogni Amministrazione responsabile della costruzione e
del finanziamento di opere edilizie pubbliche
31
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PA O L A VA L E N T I
32
potrebbe, infatti, destinare annualmente il 2%
calcolato sull’ammontare globale della spesa
per tali opere alla sovvenzione di interventi
artistici finalizzati a favorire una vera e profonda riqualificazione sociale in diverse aree
delle città, nella consapevolezza che “in questo
senso l’arte pubblica diventa risorsa non per
l’attrattività turistica di breve periodo, ma per
uno sviluppo sociale che si traduce in termini
economici strutturali”65.
Fondamentale, in questa visione dell’intervento
dell’artista nello spazio pubblico, è il coinvolgimento fattivo del tessuto sociale in processi partecipativi che dovrebbero avere come scopo
primario quello di fornire strumenti adeguati
“per la lettura e il ri-disegno consapevole del territorio in termini identitari”66.
L’arte pubblica, così intesa, rivela profondi legami con le esperienze del Movimento Internazionale per un Bauhaus Immaginista (MIBI)
e dell’Internazionale Situazionista (IS) che, nel
pensiero e nell’azione di Asger Jorn, artista e
teorico di riferimento di entrambe le correnti,
assegnano all’espressione incondizionata dell’energia creativa innata in ciascun individuo
il compito di dar vita a “nuove giungle caotiche”: significativamente, per Jorn, era quella la
via maestra da percorrere per superare proprio
il funzionalismo invocato da Le Corbusier al
Convegno Volta, destinato a diventare uno strumento fondamentale della ristrutturazione economico-sociale e culturale degli anni cinquanta
e dei decenni seguenti. Jorn sapeva che, con il
predominio del funzionalismo, il dogma dell’utilità avrebbe prevalso sulle svariate manifestazioni della complessità espressiva dell’uomo,
precludendo ogni possibilità di veder nascere
nuove, reali forme di “sintesi delle arti” e, in
piena opposizione, ribadiva la centralità dell’intervento creativo e immaginativo per rendere vive le architetture e le città, per modellare
l’ambiente e abitare il pianeta attraverso una
espressività semplice, spontanea e ludica67.
Questa necessità, già viva nella “condizione
postmoderna” teorizzata da Jean François Lyotard, si rivela ancora più pressante nella attuale
fase di estinzione del postmoderno che, cercando di promuovere nuove assunzioni di responsabilità nei confronti della realtà - intesa
anche come sistema di relazione consapevole
con il proprio tempo - agisce nei diversi contesti sociali rendendoli sempre meno inclini
ad “accettare operazioni di mera celebrazione
dell’arte come segno estetico, cosmetico, del
tutto o in parte sterile nel dialogo con una comunità che […] non è più in grado di riconoscere e riconoscersi in stilemi che si rifanno
alle grandi narrazioni collettive del passato”68.
È, pertanto, oggi più che mai necessario interrogarsi su quale possa essere la funzione pubblica di un’opera d’arte in una società “liquida”,
per usare la definizione ancora attuale di Zygmunt Bauman, nella quale i concetti e i valori
che, fino a poco tempo fa, rappresentavano il
cardine del vivere comune sono diventati inafferrabili. Qualsiasi riformulazione della “legge
del 2%”, qualsiasi decreto che si proponga di
mettere al passo con i tempi la sua applicazione
non può esimersi dal cercare di dare una risposta a questa domanda.
NOTE:
1
Rapporti dell’architettura con le arti figurative, Atti del Convegno,
Reale Accademia d’Italia, Roma 1937. Oltre ad averne curato
l’organizzazione Marcello Piacentini avrebbe dovuto presiedere il
convegno ma, ammalatosi nell’imminenza dell’inizio dei lavori,
dovette cedere l’incarico allo scultore Romano Romanelli.
2
Per sollevare le sorti socio-economiche del paese dopo la prima
guerra mondiale, già dal 1926 il regime fascista si era dedicato a
incentivare l’edilizia e la produzione artistica attraverso concorsi
nazionali; tra i primi progetti che avevano coinvolto sia artisti sia
architetti si ricordano quelli per le Terme Littorie di Roma (1926),
per il Ministero delle Corporazioni (1926-1932), per il Palazzo di
Giustizia di Milano (1929-1936), per la Città universitaria di
Roma (1933-1935). Si vedano a proposito Giorgio Ciucci, Gli
architetti e il fascismo. Architettura e città 1922-1944, Einaudi, Torino
2002, i saggi di Maristella Casciato, I concorsi per gli edifici pubblici:
1927-36, pp. 208-233, e di Francesco Dal Co e Marco Mulazzani,
Stato e regime: una nuova committenza, pp. 234-259, in Giorgio
Ciucci, Giorgio Muratore (a cura di), Storia dell’architettura italiana.
Il primo Novecento, Electa, Milano 2004.
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DALLA “LEGGE
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DEL
2%”
A L L E N U O V E D E C L I N A Z I O N I D E L L’ A RT E P U B B L I C A
Antonio Maraini, Ritorno delle arti figurative ai compiti monumentali,
in Rapporti dell’architettura...,cit., 1937, p. 81.
4
Ivi, p. 83.
5
Giuseppe Pagano, in Rapporti dell’architettura...,cit., 1937,
p. 60. Ojetti aveva presentato una relazione sul seguente tema:
Come il ritorno della pittura a compiti monumentali possa giovare
anche alla pittura di cavalletto, in Rapporti dell’architettura..., cit.,
1937, pp. 55-57.
6
Mariastella Margozzi, L’arte negli edifici pubblici e la legge del due
per cento, in Vincenzo Cazzato (a cura di), Istituzioni e politiche culturali in Italia negli anni Trenta, Tomo I, Istituto Poligrafico e Zecca
dello Stato, Roma 2001, pp. 124-125; si veda a proposito Elisabetta
Longari, Sironi e la V Triennale di Milano, Ilisso, Nuoro 2007.
7
Ivi, p. 125. Sulla vicenda della chiamata agli artisti a cimentarsi
con la pittura murale alla Triennale del 1933 si veda anche Ester
Coen, Simonetta Lux (a cura di), 1935: gli artisti nell’Università e
la questione della pittura murale, Multigrafica, Roma 1985.
8
Cfr. Corrado Maltese, Il dramma dell’architettura, in Id., Storia
dell’arte in Italia 1785-1943, Einaudi, Torino 1960 (Ed. 1992, p.
400).
9
Ugo Ojetti, Come il ritorno della pittura a compiti monumentali
possa giovare anche alla pittura di cavalletto, in Rapporti dell’architettura...,cit., 1937, p. 56.
10
Le Corbusier, Lo studio della tendenza che impera invece nell’architettura razionalista di escludere come superflue, secondo una logica rigorosa, il concorso delle arti figurative, in Rapporti dell’architettura...,
cit., 1937, pp. 119-125.
11
Ivi, pp. 124-125.
12
Le Corbusier, L’opera d’arte, presenza insigne, in Rapporti dell’architettura..., cit., 1937, p. 127.
13
Cfr. Gino Severini in Rapporti dell’architettura..., cit., 1937, p.
135.
14
Virgilio Guzzi, in “Nuova Antologia”, 16 novembre 1936, p.
233, cit. in Carlo Fabrizio Carli, Il Convegno Volta del 1936, in
Vittorio Fagone, Giovanna Ginex, Tulliola Sparagni (a cura di),
Muri ai pittori. Pittura murale e decorazione in Italia 1930-1950, catalogo della mostra (Milano, Museo della Permanente, 16 ottobre
1999 - 3 gennaio 2000), Mazzotta, Milano 1999, p. 103.
15
Ibidem.
16
Margherita Sarfatti, Arti decorative, ovvero: l’oggetto corre
dietro alla propria ombra, in “Nuova Antologia”, 1 luglio 1936,
p. 63, cfr. Carli in Fagone, Ginex, Sparagni, Muri ai pittori,
cit., 1999, p. 100.
17
Le Corbusier, in Rapporti dell’architettura..., cit., 1937, p. 125.
18
Gino Severini, in Rapporti dell’architettura...,cit., 1937, p. 135.
19
La Legge 11 maggio 1942, n. 839, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale solo nell’agosto successivo (G.U. del 5 agosto 1942, n.
183), portava le firme del re Vittorio Emanuele III e di Mussolini,
Gorla, Vidussoni, Di Revel, Bottai, Pareschi, Host Venturi, Ricci,
Pavolini.
20
Margozzi in Cazzato, Istituzioni e politiche culturali …, cit., 2001,
p. 127.
21
Giuseppe Bottai, Il Regime per l’arte, in “Corriere della Sera”, 24
gennaio 1940, p. 3.
22
Per una ricostruzione puntale dell’iter propedeutico al disegno
definitivo della “legge del 2%” si rimanda a Domenico Guzzi, 2%
- Considerazioni in margine, Joyce & Co., Roma 1990, pp. 177 ssg.;
Elisabetta Cristallini, La legge del 2%, in Lux, Coen, 1935: gli artisti…, cit., 1985, pp. 135, 138; Margozzi in Cazzato, Istituzioni e
politiche culturali .., cit., 2001, p. 123; Eva Ori, Enrico Prampolini
tra arte e architettura. Teorie, progetti e Arte Polimaterica, Dottorato
di Ricerca in Architettura, Scuola di Dottorato in Ingegneria Civile ed Architettura, Università di Bologna XXVI Ciclo, 2014,
pp. 159-164
(consultabile online all’indirizzo http://amsdottorato.unibo.it/6275/1/Ori_Eva_tesi.pdf; data ultima consultazione: 15 novembre 2015).
23
Giuseppe Bottai, La legge sulle arti figurative, in “Le Arti”, a. IV,
n. 4, 1942, p. 243; le parole di Bottai ritornano amplificate nel redazionale dal titolo Le arti nel ventennale (in “Le Arti”, a. V, n. I,
1942, p. 1) nel quale si legge: “I tempi della politica artistica sono
molti; ne citeremo due soli. Il primo è la costituzione del Sindacato
Fascista degli artisti: semplice provvedimento organizzativo, in
apparenza, ma col quale s’affermava la pubblica utilità della produzione artistica e la necessità di partecipazione degli artisti, come
tali, ai poteri legislativi dello Stato. L’ultimo, di pochi mesi or
sono, è la legge detta del due per cento: con la quale lo Stato, associando l’artista a tutte le proprie imprese edilizie, praticamente
s’attribuisce la responsabilità dell’attualità storica e del valore educativo dell’arte contemporanea”.
24
Ibidem. L’art. 2 della L. 839/42 stabiliva, nello specifico, che la
scelta degli artisti dovesse essere fatta dalle amministrazioni sul
cui bilancio gravava la spesa, in base ad un elenco di nomi di
artisti iscritti al sindacato proposto dalla confederazione fascista
dei professionisti e degli artisti. Le amministrazioni interessate
avrebbero dovuto procedere in accordo con i ministeri dei lavori
pubblici e dell’educazione nazionale, anche nel caso in cui avessero
deciso di provvedere all’esecuzione delle opere mediante concorso.
I due ministeri, inoltre, avrebbero dovuto procedere d’intesa per
le opere di loro competenza.
25
Cit. in Giovanna Ginex, Il dibattito critico e istituzionale sul muralismo in Italia, in Fagone, Ginex, Sparagni, Muri ai pittori, cit.,
1999, pp. 39-40.
26
Giuseppe Bottai, Socialità dell’Arte, in “Primato”, a. III, n. 8, 15
aprile 1942, p. 152.
27
Marcello Piacentini, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n.
11, 1 giugno 1942, pp. 209-210, cfr. Ginex in Fagone, Ginex,
Sparagni, Muri ai pittori, cit., 1999, pp. 40; per una analisi d’insieme
del ruolo culturale e della linea editoriale della rivista si rimanda
a Vito Zagarrio, Primato: arte, cultura, cinema del fascismo attraverso
una rivista esemplare, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2007,
e a Lorenzo Tronfi, Il “Primato” di Giuseppe Bottai cultura e politica
(1940-1943), Moderna Edizioni, Ravenna 2011.
28
Cfr. Ginex, in Fagone, Ginex, Sparagni, Muri ai pittori, cit.,
1999, pp. 40.
29
Melchiorre Bega, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n.
11, 1 giugno 1942, p. 211; egli afferma, tra l’altro: “il pericolo che
voglio denunciare fin d’ora risiederebbe nella norma degli incarichi
affidati senza preventivo parere dell’architetto”.
30
Gio Ponti, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n. 14, 15 luglio 1942, p. 270: nel suo intervento si legge: “Poiché dunque si
tratta d’ottenere un risultato d’architettura e d’arte e non di be-
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neficienza né di asilo a pittori e scultori, è agli architetti (poiché
non c’è nessuna Commissione che in ciò possa sostituirli) che
deve essere demandato di identificare a priori, nei progetti loro,
la presenza di determinate opere d’arte e di ordinarle, coordinarle,
disciplinarle e governarle come è avvenuto del resto nelle mostre
dove questa presenza è stata vistosa e felice. Questa legge deve diventare un costume dell’architettura, deve cementare una collaborazione naturale, deve unire fecondamente architetti e artisti e
non accostarli in nozze infeconde. Ma questa felice unità fra architetture ed opere d’arte non si può realizzare che sotto la responsabilità addirittura iniziale dell’architetto, cosa del resto conseguente al fatto che tutte le altre responsabilità son sue e che
quella di integrare l’edifico con opere d’arte è la più delicata. Da
questa nuova responsabilità dell’architetto, da questo nuovo carico
demandatogli dalla legge, deriverà poi un fatto architettoniche
[sic] quanto mai importante: l’architetto concepirà il suo edificio
anche con le opere d’arte, lo penserà per l’intervento di determinati
artisti; egli procederà per unità e non per accostamenti, si varrà
dell’opera d’arte come d’una nuova alta materia formativa del suo
edificio”. Anche un pittore come Nino Bertocchi riconosce il diritto decisionale dell’architetto: “Occorre fin d’ora favorire l’incontro tra spiriti architettonici affini. Non si obblighi un architetto
a collaborare con pittori o scultori insensibili al suo linguaggio
plastico. Un intervento critico molto intelligente potrebbe suggerire, tempestivamente, certi accordi di forze. I Sindacati, al più,
dovrebbero offrire gli elenchi dei nomi disponibili. Ottenuta una
concordia di temperamenti, sarà agevole fra architetti, pittori e
scultori, uno scambio di idee, di sentimenti, di entusiasmi, fecondissimo per un’intesa compiuta. Là dove un affresco o un altorilievo
non saranno necessari, quadri e statue improntati da un rigoroso
sentimento dello stile potranno valere come testimonianze di civiltà. Una sovraintendenza speciale, potrà essere incaricata del
giudizio critico sulle opere da eseguire o da sistemare” (Nino Bertocchi, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n. 13, 1 luglio
1942, p. 252).
31
Giuseppe Pagano, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n.
12, 15 giugno 1942, p. 234. Come ha osservato Mariastella Margozzi “la posizione di Pagano è di dura polemica contro quanti
hanno condotto una esperienza, quella dell’arte murale, che era
nata agli albori degli anni Trenta proprio da una stretta comunione
di intenti da parte di architetti rinnovatori e di artisti di grande
levatura, a diventare una pratica gestita da incompetenti e per lo
più condotta nell’ambito di una architettura accademica, scenografica, disposta a tutto, mentre non si comprende la vera forza rivoluzionaria dell’architettura funzionale”, in Cazzato, Istituzioni e
politiche culturali …, cit., 2001, p. 130. Affine a quella di Pagano è
la posizione di Gino Severini: “Nella maggior parte degli architetti,
eccettuati pochissimi che conosciamo (e che mi perdoneranno
tale generalizzazione che non li riguarda), non vedo un concetto
chiaro di spazio, di ordine e di armonia, nel quale possa entrare
l’elemento: arte murale, non come elemento aggiunto (arredamento), ma come elemento pensato nell’insieme, e strettamente
unito nell’insieme dell’opera. […] Quanto agli artisti, considerati
anch’essi da un punto di vista generale, si può dire che sono ancor
più impreparati degli architetti. Essi non si figurano nemmeno le
facoltà di astrazione che occorrono per portare in una parete tutto
un insieme di figure o di cose; su questo piano di astrazione, i migliori sanno appena portare qualche oggetto o figura; come si può
sperare che subito vi portino una composizione? […] Nello stato
di confusione estetica da una parte e, dall’altra, di un’insufficiente
semplicità e preparazione organizzativa in cui ci troviamo, io stimo
per ora prematuro sperare dei risultati positivi lodevoli dalla legge
del 2 per cento, e ancor meno, se si vedono in blocco le opere
realizzate fin qui in questo campo, una sua influenza sullo svolgimento del gusto, il quale è relativo allo svolgimento della cultura,
e particolarmente, in questo caso, soprattutto della cultura artistica,
oggi generalmente mediocre” (Gino Severini, La legge per gli artisti,
in “Primato”, a. III, n. 15, 1 agosto 1942, pp. 290-291).
32
Carlo Carrà, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n. 12, 15
giugno 1942, p. 236.
33
Mario Labò, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III, n. 13, 1
luglio 1942, p. 254.
34
Ibidem. Proprio contro questo rischio, infatti, la maggior parte
degli architetti della ricostruzione avrebbe serrato le fila, dimostrandosi recalcitrante all’idea di tradurre in pratica quella “sintesi
delle arti” da più parti auspicata in sede teorica.
35
Pietro Maria Bardi, La legge per gli artisti, in “Primato”, a. III,
n.12, 15 giugno 1942, p. 234; a proposito dell’intervento di Bardi
si veda anche Silvia Bignami, Strategie monumentali negli anni
Trenta, in Modernidade Latina. Os Italianos e os Centros do Modernismo Latino-americano, atti del seminario organizzato da Museu
de Arte Contemporânea da Universidade de São Paulo, Universidade de São Paulo Faculdade de Arquitetura e Urbanismo e Dipartimento dei Beni Culturali e Ambientali da Università degli
Studi di Milano, São Paulo, 9-11 aprile 2013
(http://www.mac.usp.br/mac/conteudo/academico/publicacoes/anais/modernidade/pdfs/SILVIA_ITA.pdf; ultima consultazione: 15 novembre 2015).
36
Le Corbusier, Opera d’arte, presenza insigne, in Rapporti dell’architettura...,cit., 1937, p. 129. Si veda a proposito anche il
severo monito di Gio Ponti alla nota 30.
37
Cfr. Giuseppe Bottai, La legge sulle arti figurative, cit., in “Le
Arti”, n. 4, 1942, p. 243; si veda a proposito anche Silvia Bignami, Paolo Rusconi, Le arti e il fascismo: Italia anni Trenta,
Giunti, Firenze 2012, in particolare p. 46.
38
Cfr. Andrea Emiliani, Un’arte di Stato in Italia?, in Oltre il
2%: l’arte negli edifici pubblici, ipotesi e prospettive, Atti del
Convegno, Modena, 2-3 luglio 1993, Teatro Fondazione Collegio S. Carlo di Modena, s.e., s.l., s.d. [1993?], p. 13; si veda
a proposito Ori, Enrico Prampolini …, cit., 2014, p. 167.
39
Cfr. Margozzi in Cazzato, Istituzioni e politiche culturali …,
cit., 2001, pp. 133-134: “In sostanza, nella legge del due per
cento, che possiamo considerare uno sforzo governativo
estremo, anche da un punto di vista cronologico, gli artisti
vedono quasi interamente accolte le loro rivendicazioni; tuttavia, mentre acquisiscono la possibilità di lavorare su larga
scala al servizio dello Stato, tutelati dallo stesso governo per
il tramite del Sindacato, essi perdono progressivamente autonomia espressiva. La legge del due per cento premierà, come
del resto aveva già fatto nella pratica (e l’esperienza romana
dell’E42 ne è solo l’esempio più eclatante), non il talento,
non la capacità di leggere i tempi nuovi e interpretarli ma il
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DALLA “LEGGE
DEL
2%”
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supino asservimento nei confronti delle regole e delle tematiche voluti dalla committenza e assoggettati pur sempre in
qualche misura alle esigenze progettuali degli architetti”.
40
La legge, in seguito ancora aggiornata dal legislatore nei criteri
economici e nei meccanismi concorsuali (L.237/1960;
L.352/1997), è a tutt’oggi in vigore ma, come si avrà occasione
di constatare negli interventi raccolti in questo volume, è stata
nel corso dei decenni largamente disattesa e necessita oggi di
una radicale revisione.
41
In realtà, a quella data nel capoluogo ligure la L. 717/49 era
già stata applicata in vari casi, senza però coinvolgere direttamente l’ente comunale (cfr. in questo volume il saggio di Rocco
Pietro Spigno e le schede nn. 1, 2); altri interventi precedenti il
1958 hanno interessato la provincia di Imperia (cfr. in questo
volume il contributo di Claudia Andreotta).
42
Cfr. “L’Unità”, 27 febbraio 1958; la proposta di legge comportava, infatti, anche un aggiornamento dei criteri economici,
prevedendo che si dovesse procedere mediante pubblico concorso qualora la cifra destinata alla realizzazione delle opere
d’arte superasse i due milioni di lire e non più le 500.000 lire
previste dalla legge in vigore. Dato che l’obbligo di applicare
la legge riguardava solo gli edifici pubblici il cui preventivo
per la costruzione o ricostruzione superasse i 50 milioni di
lire, si deduce che la cifra minima di 500.000 lire, corrispondente all’1%, si riferisse al valore di ogni singola opera che
sarebbe entrata nell’edificio e non alla cifra totale destinata
all’intervento artistico, per il quale la somma minima prevista
dalla legge avrebbe raggiunto almeno il milione di lire.
43
Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle Arti,
cartella 22, fascetta 74/31 - Opere d’arte in edifici pubblici
(1958 -1971).
44
Ibidem.
45
Per dare lavoro a pittori e scultori più opere d’arte nei pubblici
uffici, in “Il Cittadino”, 7 gennaio 1959.
46
Lelio Pierro, È doveroso rispettare la “legge del 2 per cento„, in
“Il Genovese”, 20 giugno 1960.
47
L. 237/60, art. 4.
48
Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle Arti,
cartella 22, fascetta 74/31 - Opere d’arte in edifici pubblici
(1958-1971).
49
Ibidem.
50
Mosaici e sculture per il liceo Cassini, in “Il Nuovo Cittadino”,
2 settembre 1961.
51
Lelio Pierro, Concorsi della Provincia di Genova, in “Il Genovese”, 2 settembre 1961.
52
Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle Arti,
cartella 22, fascetta 74/31 - Opere d’arte in edifici pubblici
(1958-1971).
53
Ibidem.
54
In realtà venne l’opera a mosaico venne poi eseguita; cfr. in
questo volume la scheda n. 6.
55
Arturo Carlo Quintavalle, Il rischio dei falsi esperti, in “Il
Corriere della Sera”, 26 luglio 2003.
56
Cfr. Marta Romana, Roma: Il vero problema resta un’Iva europea, in http://www.mecenate.info/roma-il-vero-problemaresta-univa-europea (ultima consultazione: 15 novembre
2015).
57
Claudia Collina (a cura di), Il percento per l’arte in EmiliaRomagna. La legge del 29 luglio 1949 n. 717: applicazioni ed
evoluzioni del 2% sul territorio, Bologna, Editrice Compositori,
2009.
58
La L. 237/60 prevede all’art. 3 comma 1 che della Commissione giudicatrice debbano fare parte quattro rappresentanti
dell’amministrazione interessata, di cui almeno uno deve essere
un artista o un critico d’arte: evidentemente tale disposizione,
oltre a pregiudicare la possibilità di coinvolgere professionisti
ed esperti della materia al di fuori di coloro che ricoprano incarichi negli enti, riduce l’esercizio di un giudizio di merito
sul valore culturale delle opere all’espletamento di un mero
atto amministrativo.
59
Cfr. nota 23.
60
Cfr. Joseph Beuys, Conversation with Eddy Devolder. Social
Sculpture, Invisible sculpture, Alternative Society, Free International University, Ed. Tandem, Gerpinnes 1990.
61
Claudio Mustacchi, Ogni uomo è un artista, Meltemi, Roma
1999, p. 63.
62
Catterina Seia, Prefazione, in Gabi Scardi (a cura di), Paesaggio con figura. Arte, sfera pubblica, trasformazione sociale,
Umberto Allemandi & C., Torino 2011, p. 10; si veda in questo volume anche il contributo di Francesco Tedeschi, Oltre il
monumento. La scultura urbana e il problema della collocazione
di opere d’arte nello spazio pubblico, pp. 53-67.
63
Cfr. a.titolo (a cura di), Nuovi Committenti: Torino Mirafiori
Nord, Luca Sossella, Roma 2004; a.titolo (a cura di), Nuovi
Committenti: arte contemporanea, società e spazio culturale, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2008.
64
Cfr. http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=uriserv:g24209 (ultima consultazione: 15 novembre 2015);
merita forse ricordare che Genova, sebbene sia stata una delle
poche città ad aggiudicarsi i finanziamenti europei sia nella
fase I (1994-99) sia nella fase II (2000-2006) del Programma
di Iniziativa Comunitaria Urban, non ha destinato alcuna
parte di quei fondi alla promozione o realizzazione di progetti
di arte pubblica; cfr. http://www.urbancenter.comune.genova.it/node/282;
http://ec.europa.eu/regional_policy/archive/country/prordn/details.cfm?gv_OBJ=6&gv_PAY=IT&gv_reg=ALL&gv_THE=6
&gv_PGM=349&LAN=10&gv_PER=1&gv_defL=7 (ultima
consultazione: 15 novembre 2015).
65
Seia in Scardi, Paesaggio con figura, cit., 2011, p. 10.
66
Ivi, p. 12.
67
Cfr. Leonardo Lippolis, Asger Jorn e l’architettura. Superare
il funzionalismo attraverso “nuove giungle caotiche”, in Luca Bochicchio, Paola Valenti (a cura di), Asger Jorn. Oltre la forma
/ The Form and Beyond, Genova University Press, Genova
2014, pp. 93-99.
35
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TIMELINE LEGISLATIVA DI RIFERIMENTO
1935
Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici, 9 febbraio 1935, n. 3790/129.
1937
Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici, 29 aprile 1937, Div. V, n. 4182.
1942
Legge 11 maggio 1942, n. 839 (“Legge Bottai”).
1949
Legge 9 luglio 1949, n. 717, “Norme per l'arte negli edifici pubblici” (detta “Legge del 2%”).
1960
Legge 3 marzo 1960, n. 237, art. 4.
1975
Legge 5 agosto 1975, n. 412, art. 9, “Norme sull'edilizia scolastica e piano finanziario d'intervento”.
1979
Legge 19 febbraio 1979, n. 54, “Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 1978, n.
817, recante norme transitorie per il personale precario dell'università”.
1993
Legge 4 dicembre 1993, n. 492, art. 3, comma 6, “Disposizione in materia di edilizia sanitaria”.
2006
Decreto-legge, 23 marzo 2006, “Linee guida per l'applicazione della legge n. 717/1949 recante
norme per l'arte negli edifici pubblici”.
2012
Decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, art. 47, comma 1.
Legge 24 marzo 2012, n. 27.
2014
Circolare 28 maggio 2014, n. 3728.
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OLTRE L’ITALIA: CONSIDERAZIONI PRELIMINARI
PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL
“PERCENTO ARTISTICO”
Alessandra Piatti
I. Il “percento per l’arte”: un dialogo transnazionale
Much of contemporary public art history is
linked to Percent-for-Art initiatives that have
combined the requirement for public art to
be part of new building projects in many cities
around the world1.
“Percentage pour l’art”, “uno por cien cultural”,
“percent-for-art scheme”, “legge del 2%”: tante
sono le denominazioni, declinate in lingue differenti, utilizzate per definire la medesima politica di committenza pubblica; una committenza che nasce dall’investimento di una
percentuale del costo complessivo della costruzione di un edificio pubblico per l’abbellimento e la decorazione dello stesso attraverso
l’integrazione o l’inserimento di un’opera d’arte
nella sua architettura. Nel corso del XX secolo
tali politiche si sono progressivamente diffuse
in numerosi paesi europei, americani e australiani, trovando così a supportarle una rete di
confronto e di dialogo transnazionale. Il rinnovato interesse per la politica del “percento
per l’arte” si può far risalire all’ampia risonanza
critica che ha avuto, nelle ultime due decadi,
l’arte pubblica; un’arte che si è aggiornata e
che ha cambiato le proprie modalità di comunicazione e la stessa relazione tra spazio urbano/architettonico e abitanti, così come le
forme, le circostanze e i soggetti promotori
della sua committenza2. Sebbene l’attuale tendenza si orienti verso committenze ibride - tra
pubblico e privato, tra artista, gruppi sociali
co-partecipanti e curatori/mediatori3 - si possono ancora distinguere, in accordo con Julia
Lossau4, tre forme canoniche di finanziamento,
attivate rispettivamente dall’artista, da privati
e, infine, dalle amministrazioni pubbliche.
Ognuna di queste modalità interagisce con
l’artista, con il processo di creazione, di realizzazione dell’opera e con il fruitore, facendo
emergere significative differenze all’interno
della più ampia nozione di arte pubblica.
Public art may be seen as an intermediating
agency in social culture and thus as a powerful
yet elusive player in spatial politics (Deutsche
1996; Kester 1998). Its existence is often linked
to institutional and policy contexts that enable
public-art initiatives, particularly percent-for-art
regulations (Cartiere and Willis 2008; Fazakerley
2008; Zebracki 2011)5.
Studiare le politiche del “percento per l’arte”,
le opere prodotte in quest’ambito, le relazioni
e i meccanismi di cui sono state attivatrici
nell’arco di più di settant’anni a livello internazionale, permette quindi di costruire, seppur
a frammenti, la fisionomia di una delle più rilevanti forme di committenza pubblica per
l’arte contemporanea concepita come strumento per portare l’arte “fuori dal museo”, avvicinandola al cittadino6. A tale scopo le politiche e i corrispettivi ordinamenti legislativi
elaborati per supportarle si basano, fin dall’origine, su due obiettivi fondamentali:
1. integrare l’arte con l’architettura e, in seguito, con lo spazio circostante l’edificio;
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A L E S S A N D R A P I AT T I
2. stimolare l’arte contemporanea ed educare
il pubblico “non esperto” alla sua fruizione
in luoghi non istituzionalmente depositari
della cultura artistica visiva, ma abitualmente vissuti dai cittadini.
Sebbene i piani di “percento per l’arte” siano
raggruppati sotto denominazioni simili e si avvalgano apparentemente degli stessi principi,
ogni nazione, regione e addirittura, in molti
casi, ogni municipalità, ha avuto tempi e modalità di applicazione del tutto differenti dando
origine a opere e a progetti artistici eterogenei
per qualità e quantità.
II. Il tentativo di fare network
38
Nel 1979 si tiene a Stoccarda il IX International
Congress of Art. Questo evento segna un importante passaggio nel processo di ripensamento del tema Art and the Public7. Si afferma
qui, nuovamente a livello internazionale, il
valore assunto dall’arte pubblica e dalla collaborazione tra artisti, architetti e artigiani. Sempre in Europa, nel 1982, l’Institute of Contemporary Art (ICA) di Londra organizza due
giorni di conferenza sul rapporto Art and Architecture8, un argomento che, nonostante sia
stato al centro di frequenti e costanti occasioni
di studio e di discussione nel corso di tutto il
Novecento, continua a rivelarsi di assoluta attualità nell’Europa postmoderna.
A further legacy of the 1982 conference and related exhibitions was the establishment that year
of the Art and Architecture Society, launched
to strengthen the connection between the two
professions, and to continue developing the dialogue in relation to both promoting and critiquing collaborative practice. From the outset,
staff on the Public Art course - followed soon
after by successive years of students - were involved with the new organization, for a time cosponsoring the visiting speaker program, which
included artists, architects, and designers from
across the formal and political spectrum, enabling and continuing an often uncomfortable
dialogue which has nonetheless contributed to
the public art discourse for over twenty years9.
Per la prima volta tale tematica viene analizzata, anche dal punto di vista legislativo, da
un gruppo di lavoro preposto allo studio della
legislazione del “percento per l’arte” in Europa,
in Canada e negli Stati Uniti. Sebbene lo
scopo ultimo delle giornate di lavoro londinesi
non fosse tanto l’internazionalizzazione della
politica attraverso la creazione di un network,
quanto il perfezionamento del “percento artistico” inglese - grazie allo studio delle medesime realtà europee e, soprattutto, statunitensi
- già in quell’occasione emergono questioni rimaste ancora oggi di attualità: quali misure
vorremmo adottare e a chi demandare il compito di progettarle? Ad artisti professionisti,
ad architetti, ad amministratori pubblici, ad
associazioni regionali delle arti o a un corpo
nazionale creato ad hoc? Quali dovrebbero essere le modalità e i criteri di selezione degli
artisti? Sarebbe utile creare un registro o un
archivio nazionale di questi interventi? È necessario un controllo della qualità delle opere?
Quale l’obiettivo di tale politica? La decorazione, l’integrazione, entrambe o qualcos’altro
ancora? Le misure dovrebbero includere una
previsione di manutenzione dell’opera? Chi è
il proprietario dei diritti? Come possiamo garantire benefici a tutte le parti coinvolte?10
Emergono già chiaramente le problematicità
comuni di una politica che sta progressivamente assumendo un respiro e una diffusione
internazionale: le questioni legate alla sostenibilità e alla qualità dell’intervento, ai costi
di manutenzione, al copyright, alle parti chiamate in causa (artisti, architetti, pubblico). Ci
vorranno ancora vent’anni, tuttavia, prima
che queste tematiche ritornino all’ordine del
giorno in un reale confronto tra organizzazioni
di nazioni differenti.
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 39
O LT R E L ’ I TA L I A :
CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL
Tra i paesi maggiormente interessati a gettare
le basi per la formazione di una rete dal carattere significativamente internazionale spiccano
- come sempre in posizione d’avanguardia - i
Paesi Bassi: nel 2005 l’Atelier Rijksbouwmeester organizza l’European Expert Meeting on Percent for Art Schemes11. Il convegno internazionale ha lo scopo di far dialogare tutte le
organizzazioni europee coinvolte in politiche
assimilabili al “percento per l’arte”, attraverso
la presentazione e la discussione di casi studio
particolarmente problematici. Appare quindi
evidente, anche in questo ambito, come l’unica
metodologia utile a creare uno sviluppo in
campi e discipline rese complesse dalla molteplicità di implicazioni e di professionalità coinvolte, sia quella del caso studio: ogni committenza di arte pubblica diventa un caso isolato
con caratteristiche specifiche in relazione ai
ruoli chiamati in causa, al luogo e alla particolare relazione che si crea tra opera, spazio e
fruitori. La prima parte del Meeting è dedicata
a un preliminare e introduttivo scambio di
idee e di esperienze attraverso la presentazione
di interessanti casi studio nazionali che rientrano in sei sezioni corrispondenti a differenti
ambiti di discussione: partendo dal più specifico tema della committenza artistica negli edifici pubblici (Art Commissions in State Buildings), si passa poi a trattare temi più generici,
quali la relazione tra arte e sfera sociale e tra
arte e infrastrutture, la sostenibilità dell’arte,
e infine le prospettive di un’arte del futuro:
What kind of policies do the different European
countries have for art designed for government
buildings?
What are the successes and failures of these regulations and how can quality be sustained?
Can art really contribute to large-scale projects
and what kind of role does and should art play
in these complex economic processes? And what
are the consequences if these projects are a form
of self critique?
“PERCENTO
A RT I S T I C O ”
Is there a need for a European organisation or
network that supervises and commissions artworks and architecture for buildings which are
part of the European Community?
How does one deal, as an art organisation, with
all the different interests of parties in large scale
building projects which develop out of cooperation between public and private partners?
How could exchanging knowledge and experience contribute to achieving higher quality?
Should this exchange be organised on a regular
basis, for instance every two or three years?12
A fronte di un’evidente condivisione a livello
internazionale delle medesime problematiche
relative all’arte negli edifici pubblici, si valuta,
in questa occasione, la possibilità di creare
un’organizzazione o una rete internazionale
che abbia il compito di supervisionare e commissionare sia le opere sia gli edifici architettonici appartenenti alla Comunità Europea. I
paesi partecipanti sono Svezia, Finlandia, Belgio, Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Norvegia e Olanda, mentre tra i grandi
esclusi si annovera l’Italia che, secondo gli organizzatori, non possiede un’istituzione che si
occupi propriamente dell’arte negli spazi pubblici e che, di conseguenza, si possa interfacciare con le agenzie rappresentative degli altri
paesi europei13.
Nel 2004, però, anche l’Italia aveva ospitato
un’iniziativa importante in tale ambito: il convegno Duexcento. Poetiche e politiche dell’arte
nell’architettura i cui risultati sono raccolti in
un ricco dossier di materiali relativi alla questione dell’arte negli edifici pubblici e del rapporto arte-architettura soprattutto nei paesi
europei e americani. Oltre all’iniziale e nutrita
sezione dedicata alla tanto discussa norma, il
dossier registra la prima apertura alle realtà
estere all’interno di un dibattito tutto italiano14: l’intento - ripreso da questo stesso saggio - era quello di allargare gradualmente l’inquadratura per costruire una preliminare storia
39
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A L E S S A N D R A P I AT T I
transnazionale della diffusione, del radicamento e della trasformazione del “percento artistico” nell’ambito dei paesi di cultura occidentale.
III. Dal 2% a una percentuale graduale: il
caso italiano
40
Attraverso il progetto di catalogazione e di ricognizione sul territorio regionale delle opere
artistiche negli edifici pubblici eseguite in ottemperanza alla “legge del 2%” che ha dato
origine a questo studio, Genova e la Liguria si
inseriscono in un più ampio programma di monitoraggio avviato da alcune regioni italiane,
tra le quali l’Emilia Romagna che ha assunto
il ruolo di capofila15. In seguito al dibattito
nato in occasione del progetto emiliano, la legislazione che regola le “Norme per l’arte negli edifici pubblici” ha subito alcune rilevanti
modifiche16: dal 2% si è passati, infatti, ispirandosi alle legislazioni di molti paesi europei
e statunitensi, a una percentuale graduale che
varia dallo 0.5 “per gli importi pari o superiori
a venti milioni di euro”, al 2 per i progetti
“di importo pari o superiore ad un milione di
euro ed inferiori a cinque milioni di euro”17.
Grazie al contributo emiliano e ligure e ad
altre importanti - seppur ancora isolate - esperienze18, il quadro della storia legislativa del
“2%” in Italia e la sua applicazione in termini
di risultati storico-artistici si stanno facendo
progressivamente più chiare. Sono state studiate le opere e gli artisti che le hanno eseguite,
i soggetti scelti e il linguaggio usato per interagire con l’architettura e per dialogare con i
cittadini.
A partire dal secondo dopoguerra questa formula di committenza pubblica in Italia ha dato
risultati spesso discutibili, perlopiù votati a
operazioni dal carattere didascalico, a volte localistico, privi di un vero e proprio aggiornamento sulle nuove tendenze contemporanee
(cfr. in questo volume il contributo di France-
sca Bulian) o, in continuità con la pittura muralista degli anni trenta, innervati dalle implicazioni del realismo sociale postbellico sostenuto da Palmiro Togliatti19.
L’applicazione più sistematica della norma si
ha tra la fine degli anni cinquanta e la metà
degli anni settanta: in questo periodo sussiste
una sorta di parallelismo tra l’imponente crescita edilizia del paese e gli edifici interessati
dall’obbligatorietà dell’applicazione della legge
mentre, successivamente, si assiste a una fase
discendente che, contrariamente a quanto accade in molti paesi europei, porta all’esclusione
di intere tipologie. Progressivi esoneri hanno,
infatti, via via escluso i complessi scolastici
(1975), quelli universitari (1979) e, infine, le
strutture sanitarie (1993)20; rimangono paradossalmente incluse ancora oggi le caserme,
le carceri, le capitanerie di porto, i palazzi di
giustizia e gli uffici statali, tutti luoghi che, per
la maggior parte, sono soggetti a restrizioni di
accesso per la cittadinanza.
Tale situazione ha comportato un progressivo
svilimento della legge, ritenuta oggi di limitata
valenza estetica e didattica, e ha contribuito a
ritardare negli artisti e nella committenza pubblica, in seno alla “legge del 2%” i processi di
aggiornamento dei temi, delle tecniche e dei
media. Tale discronia si riscontra, in modo evidente, anche nei bandi di più recente pubblicazione che ancora richiedono, spesso, la realizzazione di opere dal carattere tradizionale
(“pannello decorativo”, “fontana”, “elemento
scultoreo”, “mosaico”), mentre sono rare le richieste di “installazioni”, di “progetto relazionale” o “partecipato”.
Esempi di interventi artistici in spazi urbani
realizzati grazie alla legge 717/49 che abbiano
dato risultati di effettivo pregio e interesse, come
è accaduto, ad esempio, nel caso della decorazione della metropolitana di Napoli21, sono ad
oggi assai rari, anche se di recente l’adesione ai
nuovi linguaggi dell’arte contemporanea ha
avuto significativi riscontri in una precisa
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O LT R E L ’ I TA L I A :
CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL
tipologia edilizia pubblica, quella museale.
È il caso del MAXXI concorso bandito nel 2008
in occasione del collaudo di una delle più discusse architetture statali italiane, il Museo
nazionale delle arti del XXI secolo di Roma
progettato da Zaha Hadid22. I vincitori sono
Maurizio Mochetti e Massimo Grimaldi23, due
personalità differenti ma che ben rappresentano le due anime dell’Italia: quella più storica,
legata al discorso d’integrazione tra arte e architettura, e quella più giovane, sfrontata, che
oltrepassa qualsiasi tipo di territorialità e di
materialità per progettare un’opera apparentemente invisibile e, insieme, un’operazione
artistica in cui l’azione e la relazione prendono
il posto della forma e della tecnica. Linee rette
di luce nell’Iperspazio Curvilineo di Maurizio
Mochetti è un’installazione progettata a partire
dal rapporto che si crea tra quattro tubi di colore rosso in fibra di carbonio contenenti dispositivi di proiezione luminosa, appesi tramite
tiranti d’acciaio, e l’ampio spazio curvo e monocromatico grigio della hall museale. Il progetto di Grimaldi, invece, va al di là di ogni
convezione, forzando i limiti della “legge del
2%”: l’artista, infatti, propone alla commissione di devolvere il 92% dell’importo destinato alla realizzazione dell’intervento alla costruzione di un ospedale di Emergency, il
Paediatric Centre, in Sudan. Con il restante
8% l’artista realizza l’opera destinata a rimanere
al museo e a dialogare con la sua struttura architettonica: si tratta di una doppia videoproiezione sincrona le cui immagini, scattate dall’artista, documentano sul prospetto principale
dell’edifico le fasi di costruzione dell’ospedale.
La videoproiezione, per sua natura immateriale
e incapace di qualsiasi relazione di tipo permanente con lo spazio architettonico, scardina
quell’antica e restrittiva condizione delle politiche del “percento artistico” che prevede
un’opera dalle caratteristiche ben definite: durevole, materiale, permanente e, soprattutto,
che necessiti di poca manutenzione24. Se il ca-
“PERCENTO
A RT I S T I C O ”
rattere installativo dei più recenti interventi e
l’internazionalizzazione dei concorsi sono momenti positivi della storia italiana della “legge
del 2%”, è necessario ricordare che queste operazioni nascono all’interno di musei d’arte contemporanea ormai ben inseriti nel circuito museale internazionale. La politica del “percento
artistico” in Italia sembra voler quindi far rientrare l’arte all’interno del museo, contraddicendo in parte la sua vocazione originaria.
IV. Le legislazioni e le politiche sul “percento
per l’arte” nei paesi europei: dagli anni
trenta a oggi
Il caso francese
La legislazione del “percento artistico”, i progetti e le politiche applicati a suo supporto,
hanno avuto in Europa una graduale diffusione
dall’immediato secondo dopoguerra fino ai
giorni nostri, diffusione riconducibile al clima
politico, sociale e culturale del decennio precedente. La gestazione dell’italiana “Legge
Bottai” non è un caso isolato in Europa: al
1936 risale, infatti, l’embrione della legislazione francese, al 1937 quella norvegese, invocata dagli stessi artisti, e quella svedese che,
attraverso la fondazione di un’organizzazione
nazionale, il Statens Konstrȧd, si propone di
finanziare e portare l’arte contemporanea
nello spazio pubblico. Sebbene in condizioni
socio-politiche del tutto differenti, nello stesso
periodo anche gli Stati Uniti gettano i semi
di una politica di committenza pubblica che
poi sfocerà nei successivi ma sempre più numerosi “Percent-for-art programs” che spopoleranno in suolo americano dagli anni Settanta. Si tratta dei “Works Progress
Administration - Federal Art Project” governativi, promossi dal Presidente Roosvelt per
reagire alla Grande Depressione, che dal 1935
al 1943 coinvolsero gli artisti nella decorazione degli edifici federali attraverso la realizzazione di murales, sculture e dipinti.
41
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A L E S S A N D R A P I AT T I
42
Tornando all’Europa e, in particolare, alla
Francia, è del Fronte Popolare, attraverso il
senatore Mario Roustan e il Ministro dell’Educazione Nazionale Jean Zay, l’iniziativa di sensibilizzare il pubblico alla creazione artistica,
contribuendo alla diffusione dell’arte fuori dai
musei e dai luoghi della tradizione, attraverso
una politica di integrazione tra arte e architettura. Siamo quindi negli stessi anni in cui
in Italia si sta formando il dibattito intorno
alla “sintesi delle arti” e all’integrazione negli
edifici pubblici di opere di abbellimento artistico, dal valore pedagogico e sociale25. La proposta di legge francese, tuttavia, si differenzia
da quella italiana: essa prevede la realizzazione
di opere d’arte a partire dall’1% dell’importo
totale di spesa destinata a una tipologia ben
definita, l’edilizia scolastica. La precisa destinazione di queste opere rivela l’importanza del
valore didattico-educativo con il quale è concepita tale politica di committenza pubblica:
rispetto alla situazione italiana - che non è
scevra da una politica, manovrata dal regime,
di controllo dell’operato artistico - in Francia
si assiste alla creazione di un programma caratterizzato da un forte intento di democratizzazione delle arti a partire dai luoghi embrionali della cultura: le scuole e le università.
Similmente ad altre nazioni europee, la Francia
matura una vera e propria legislazione in questo campo a partire dal secondo dopoguerra. Il
18 maggio 1951 nasce il cosiddetto “1% artistique”26, che prevede la devoluzione dell’1%
- o più - dell’importo destinato alla costruzione
di edifici scolastici e universitari a lavori di
decorazione con l’obiettivo di arricchire tali
ambienti attraverso l’inserimento dell’arte
nell’architettura. Negli anni successivi l’applicazione della legge si estenderà agli edifici sportivi e socio-educativi (1960), alle nuove costruzioni di pertinenza di tutti i ministeri
(1981), alle autostrade (1996), per giungere a
una totale integrazione dell’architettura con
l’ambiente circostante27.
Nel 1983, in seguito alla legge sulla decentralizzazione dei compiti dell’amministrazione
pubblica, l’applicazione dell’ordinamento è delegata alle collettività territoriali, ai dipartimenti, alle regioni e ai comuni28. Sebbene la
decentralizzazione abbia contribuito, in taluni
casi, a rendere più nebulosa la divisione di
competenze relative all’applicazione della
norma29, esistono alcuni esempi d’eccellenza,
il più noto dei quali è quello della cittadina Villeneuve d’Ascq. Nata nel 1967 e divenuta negli anni la città universitaria della vicina Lille,
conta, a fronte di non più di 60.000 abitanti,
un centinaio di opere artistiche create in ottemperanza alla legge dell’ “1% artistique”. Il
fenomeno di Villeneuve d’Ascq ha origine
dalla felice combinazione tra il processo di decentralizzazione e il rinnovato legame che tale
politica culturale sancisce con le università30.
Con il “Decret relatif à l’obligation de décoration des constructions publiques et précisant
les conditions de passation des marchés ayant
pour objet de satisfaire à cette obligation” del
2002 si precisano nuovamente le condizioni e
le modalità di applicazione della legge31. La
chiamata diretta o l’acquisizione di una o più
opere da artisti viventi sono previste se la percentuale corrisponde a una cifra inferiore ai
30.000 euro; se si supera tale cifra deve essere
bandito un concorso pubblico e convocata una
commissione di valutazione artistica formata
dal progettista dell’edificio, dal direttore regionale degli affari culturali, da un rappresentante degli utenti del complesso e da tre personalità qualificate nelle arte plastiche (una
scelta dal progettista e due dal direttore regionale degli affari culturali)32.
Con la nuova legislazione del 2002 le politiche
dell’ “1% artistique” assumono progressivamente una maggiore importanza nei programmi culturali nazionali: se da un lato cresce
il numero delle committenze, dall’altra si attivano differenti progetti di catalogazione, di
monitoraggio e di ricerca sulle opere d’arte
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O LT R E L ’ I TA L I A :
CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL
pubbliche concepite grazie a tale legge. Secondo le ricerche effettuate dagli studiosi francesi, il numero delle opere complessivamente
commissionate a più di 4000 artisti dal 1951
al 2012 si aggira intorno ai 12.30033. Gli spazi
pubblici interessati da questi tipi di interventi
sono per la maggior parte scuole e università
che annualmente si aprono al pubblico nell’ambito di una giornata dedicata alla valorizzazione del patrimonio culturale e artistico
francese34. Gli autori, selezionati tramite concorso o chiamati direttamente a sviluppare
progetti di integrazione con l’architettura e
con l’ambiente urbano, sono di diversa provenienza – anche se perlopiù francesi - e notorietà: tra i più importanti si ricordano Henri
Matisse, Pablo Picasso, Louise Bourgeois, Roy
Lichtenstein, Jean-Pierre Bertrand, Sol LeWitt, Daniel Buren, Christian Boltanski, Angela Detanico e Rafael Lain, Giuseppe Penone.
Ad aprire la stagione dell’applicazione della legge
dell’“1% cultural” in Francia è Les Abeilles (195455) di Henri Matisse. Si tratta di una vetrata
colorata, un diaframma di luce che altera il rapporto tra l’interno e l’esterno dell’Ecòle Henri
Matisse di Cateau-Cambrésis. L’opera, intitolata
in un primo tempo Fleuve de vie, era destinata
alla Chapelle du Rosaire di Vence. Tuttavia,
terminata la maquette in gouaches, l’artista si
rende conto che la traduzione materiale non
corrisponde all’idea originaria e al luogo per il
quale era stata concepita, adattandosi invece
perfettamente a un altro edificio che stava per
essere concluso, l’École maternelle, poi denominata Henri Matisse. Il compimento del progetto, dopo la scomparsa dell’artista, viene coordinato da Emmanuelle Macarez, responsabile
dello sviluppo del Museo Henri Matisse di Cateau-Cambrésis, attenta a rispettare l’integrazione con l’architettura e, soprattutto, i colori
voluti dall’artista: quelli primari (rosso, giallo e
blu) e i non colori (nero e bianco).
Un serrato dialogo tra architettura d’interni e
opere d’arte caratterizza anche gli interventi de-
“PERCENTO
A RT I S T I C O ”
stinati alla Bibliothéque National de France Site
François Mitterrand, per la quale sono chiamati
a intervenire sei artisti di fama internazionale
con opere realizzate tra il 1996 e il 1997: Water
Lilies di Roy Lichtenstein, Partition métallique
aux taches de lumière di Jean-Pierre Bertrand, Toi
et moi di Louise Bourgeois, La Rosée (hommage à
Cervantès) di Gérard Garouste, Donne-moi une
parole et je serai guéri di Martial Raysse, Sans titre
di Claude Viallat. Anche in questo caso l’operazione oltrepassa la semplice “obligation de decoration”35, per creare una continuità spaziale
tra la dimensione architettonica e quella artistica. Se questi interventi rimangono ancora
nell’ambito delle tipologie tradizionali della decorazione all’interno di un edificio pubblico, dal
2000 l’ “1% cultural” si è aperto a operazioni
del tutto inedite: nel 2001 la Direction Régionale des Affaires culturelles (DRAC) della Regione Rhone Alpes commissiona ad Alain Bublaix non più un’opera scultorea o installativa,
dal carattere monumentale o ambientale ma un
sito web che raccolga gli interventi artistici realizzati in ottemperanza alla legge dell’ “1% culturel” tra il 1985 e il 200036.
Ce bilan, qui fait le point sur les projets réalisés
ou non dans le cadre des procédures de commande publique et du 1 % pour les universités,
est d’ailleurs une commande ... de la commande
publique, puisque c’est au titre de cette procédure
que la DRAC a fait appel à l’artiste Alain Bublex
pour la conception et la mise en forme du site!37.
L’opera di Bublaix rinuncia a un rapporto con
l’architettura reale per divenire un luogo/piattaforma di presentazione dell’arte pubblica. Il
carattere interattivo e di relazione che identifica il sito web fa sì che l’opera venga riconosciuta non più come un paesaggio virtuale ma
reale, pubblico, di condivisione, che offre una
nuova configurazione e geografia urbana.
Tra i più innovativi e allo stesso tempo discussi
interventi di “1% artistique” si ricorda, in anni
43
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 44
A L E S S A N D R A P I AT T I
recenti, quello concepito da Daniel Buren per
la stazione e la linea di tram della città di
Tours, costato quasi 1 milione di euro e concluso nel 201338. L’opera, progettata in dialogo
con un team di designer, architetti, ingegneri
e scultori di luce, si compone di sette differenti
interventi che spaziano dalla decorazione dei
tram, delle banchine e delle stazioni di servizio,
caratterizzate dall’inconfondibile pattern a strisce bianche e nere, a una serie di inserti totem bicolore di altezze degradanti o tettoie
circolari di vetro che catturano e scompongono
la luce naturale - in ambienti di raccolta e di
passaggio, al fine di creare spiazzanti giochi di
rifrazioni luminose e di spazi.
V. Dal dopoguerra agli anni recenti in
Europa: alcuni esempi
44
Il periodo della ricostruzione postbellica, dal
1949 in poi, corrisponde al momento di maggiore diffusione e successo delle politiche del
“percento artistico”. Al secondo dopoguerra,
infatti, risalgono molteplici piani di edilizia pubblica nei quali l’arte assume un ruolo fondamentale e, connesse a questi, le prime legislazioni. Nel 1949 la Germania dell’Ovest
promuove il Kunst am Bau39, un programma di
investimento negli edifici di nuova costruzione
che prevede una percentuale variabile (dallo
0.5% al 2%). Diversamente dall’Italia e dalla
Francia, il Kunst am Bau non è una legge, ma
una politica di successo che segue linee guida
federali. Il 25 marzo 1950 il Bundestag decide,
infatti, di convogliare parte delle somme destinate all’edilizia pubblica, all’ingegneria civile e
ai progetti paesaggistici e infrastrutturali, alla
realizzazione di opere artistiche. Lo scopo è duplice: favorire lo sviluppo dell’arte figurativa,
bloccata da anni a causa della guerra, e promuovere gli artisti a livello sociale. Anche nel
caso tedesco tale programma viene considerato
la naturale evoluzione della politica nazista di
integrazione tra arte e architettura40. La man-
canza di un piano nazionale coeso e coerente e
di una forte volontà di trasformare questa tendenza in legge, ha portato alla natura frammentaria del fenomeno di finanziamento pubblico
tedesco e, spesso, anche alla manifestazione di
evidenti criticità nella sua applicazione. Lamentano, per esempio, difficoltà derivanti dalla fagocitante macchina burocratica i coniugi Kienholz, Edward e sua moglie Nancy Reddin,
trasferitisi a Berlino nel 1973 e vincitori di un
concorso che prevedeva la costruzione di
un’opera d’arte pubblica in Ernst-Reuter-Platz.
We won a competition to build a mountain on
Ernst-Reuter-Platz in Berlin. That was a long
saga … let’s just say The Berlin Fountain was
never built and the six hundred thousand Deutsche marks allocated to the project disappeared
into some bureaucratic pocket41.
Il progetto quindi, mai realizzato, doveva essere
concepito come
[…] a crazy piece of public art. He wanted to build
a see-through car wash in the middle of Berlin’s
Ernst-Reuter-Platz. Rooftop fountains would spray
water onto a Mercedes-Benz car that moved back
and forth upon a conveyer track a sit was cleaned
by constantly rotating brushes. The plans for this
project, developed by him and Nancy, won the
international Art in Construction (Kunst-am-Bau)
Competition at Berlin’s Technical University in
1983. It’s astounding that they won that prize.
The Berlin Fountain dealt with the theme of German guilt – like you see in movies, the killer forever
trying to get the blood off his hands. Kienholz
said, “I want perfect Mercedes-Benz to be washed
to pieces, and when it wears out, we’ll get a new
one”. He thought Daimler-Benz should agree to
keep on replacing the car. He loved the Mercedes-Benz. He thought it was the best car Germany
made. The mountain seemed so innocent. But he
wanted that the beautiful car washed until the
paint came off and it rusted away42.
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O LT R E L ’ I TA L I A :
CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL
Le difficoltà di applicazione di tale politica
hanno portato, nel 1994, a modificare la regolamentazione in materia - tradottasi nel frattempo in una direttiva per l’esecuzione di lavori edili dello stato federale di competenza
del Ministero delle Finanze che ne aveva minacciato l’abrogazione - eliminando la soglia
del 2%.
Alle problematiche burocratiche e finanziarie
si affiancano difficoltà relative al rapporto tra
opera, artista e pubblico. Uno scollamento,
quello tra operazione artistica e pubblico, che
ha nuovamente coinvolto l’artista Daniel Buren, chiamato nel 1999 a intervenire nella
Rollplatz, al centro di Weimar43. Attraverso la
collocazione di aste metalliche di varie dimensioni distinte dal tipico pattern a strisce verticali Buren intendeva riconsegnare ai cittadini
una piazza da anni utilizzata unicamente come
parcheggio auto, per trasformarla nuovamente
in un punto di incontro e di scambio. Sebbene
entrambi i progetti - quello dei Kienholz e di
Buren - non giungeranno mai effettivamente
a compimento, l’intervento proposto dall’artista francese ha attivato, in parte, una macchina relazionale che ha coinvolto in un dialogo durato tre anni, l’artista, la pubblica
amministrazione e i cittadini stessi: divisi tra
chi ne desiderava la realizzazione e chi osteggiava, gli abitanti di Weimar hanno comunque
rivendicato un ruolo di attiva partecipazione
nella fase di progettazione dell’opera44.
Negli anni cinquanta anche la Finlandia formula un programma di devoluzione dell’1%
del budget previsto per la costruzione di nuovi
edifici pubblici all’arte45 e, similmente alla
Francia, è il Ministero dell’Educazione ad avere
la responsabilità di affidare a una commissione
(Valtion Taideteostoimikunta) la selezione e
la gestione delle opere. Come sostiene il conservatore Paivi Kyllonen-Kunnas, membro dell’Oulu Art Acquisition, Care and Conservation Working Group: “Starting in the year
2000, there has been a great deal of interest in
“PERCENTO
A RT I S T I C O ”
the acquisition of artworks by the Percent-forArt principle in Oulu, as well as in other cities
in Finland”46. All’interesse per le acquisizioni
di opere d’arte pubblica finanziate dal “percento per l’arte” corrisponde anche un crescente impegno dedicato alla loro conservazione e manutenzione. Una sensibilità che, nel
caso finlandese di Oulu, si spiega grazie al coinvolgimento, nella gestione delle acquisizioni,
nella produzione e nella conservazione delle
opere pubbliche, della struttura museale di riferimento. Se in Finlandia è il museo, in
quanto ente pubblico preposto alla cura dell’arte contemporanea, a occuparsi della promozione, gestione e cura della macchina applicativa delle politiche del “percent-for-art”,
in Norvegia dalla fine degli anni settanta esiste
un organo specializzato in tale mansione: il
KORO - Kunst i offentlig rom/Public Art Norway47, agenzia governativa nata nel 1977 allo
scopo di gestire i fondi assegnati in base all’Art
Scheme for new government-owned Buildings.
Questo piano di finanziamento pubblico per
l’arte, nato in maniera embrionale nel 1937
ha assunto, proprio grazie all’introduzione di
questa tipologia di agenzia “cuscinetto”, una
progressiva rilevanza a livello nazionale e internazionale giungendo, nel 1998, a sancire
una percentuale che varia (dallo 0.5 all’1.5)
in base a differenti parametri: la tipologia dell’edificio, la sua accessibilità, il numero degli
utenti, il grado di estensione spaziale della costruzione e, nondimeno, il suo valore simbolico. KORO, inoltre, si occupa dell’intera fase
di gestazione dell’opera, dalla progettazione,
produzione e curatela fino alla sua manutenzione, avvalendosi spesso di curatori esterni
che, di volta in volta, possano rivelarsi i più
adatti intermediari alle sempre nuove sfide
dell’arte contemporanea.
Il riconoscimento dell’importanza che assume,
all’interno della politica del “percento per
l’arte”, il momento della selezione delle opere,
ha portato per esempio i Paesi Bassi - i cui primi
45
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piani di “percent-for-art” risalgono agli anni
cinquanta48 - ad avvalersi di un’agenzia governativa, la Rijksgebouwendienst (Government
Buildings Agency) e di una commissione presieduta dall’Architetto capo del Governo (Atelier Rijksbouwmeester - Chief Government Architect) e da un gruppo di lavoro costituito da
un architetto, un progettista e un rappresentante
dei futuri fruitori dell’edificio.
46
Advisors from the office of Netherlands’ Chief
Government Architect (Atelier Rijksbouwmeester), advise the prospective client in a building
construction project, and together with the project manager of Dutch Government Building
Department (Rijksbouwendienst or Rgd), they
have a seat in the arts committees that makes
the recommendations. A substantively wellgrounded advisor can make his mark on the process, but so too can other seriously engaged members of the committee. In the formal sense, the
Chief Government Architect is officially responsible for the selection49.
In maniera simile alle altre nazioni che tra gli
anni trenta e gli anni cinquanta del Novecento
concepiscono la percentuale per l’arte come
una norma per “decorare” gli edifici, i Paesi
Bassi superano tale formula divenendo tra i
maggiori committenti di opere pubbliche. Secondo Huib Haye van der Werf, curatore e
consulente della commissione (Rijksbouwmeester) per la selezione delle proposte artistiche
tra il 2004 e il 2008, nel 2006 si sono riunite
più di 2000 commissioni artistiche50. In questi
anni, infatti, il governo olandese inizia ad applicare il “percentage scheme” per progetti su
larga scala ambientale.
Negli anni ottanta le politiche del “percento
artistico” prendono piede anche in Belgio
(1984), in Irlanda (1988) e in Spagna (1985).
Dopo l’isolamento che la dittatura franchista
le aveva imposto, la penisola iberica attiva,
avvalendosi di una nuova energia e un rinno-
vato slancio, una politica culturale aperta al
riallineamento con quella europea. Risale, infatti, al 1977, la creazione del Mistero della
Cultura e al 1985 la prima legislazione in materia di patrimonio culturale spagnolo. All’interno di questa normativa un articolo è interamente dedicato al “porcentaje del 1 por
ciento”:
Art. 68. 1. En el presupuesto de cada obra pública, financiada total o parcialmente por el
Estado, se incluirá una partida equivalente al
menos al 1 por 100 de los fondos que sean de
aportación estatal con destino a financiar trabajos de conservación o enriquecimiento del Patrimonio Histórico Español o de fomento de la
creatividad artística, con preferencia en la propia
obra o en su inmediato entorno. 2. Si la obra
pública hubiera de construirse y explotarse por
particulares en virtud de concesión administrativa y sin la participación financiera del Estado,
el 1 por 100 se aplicará sobre el presupuesto total
para su ejecución. 3. Quedan exceptuadas de lo
dispuesto en los anteriores apartados las siguientes obras públicas: a) Aquéllas cuyo presupuesto
total no exceda de cien millones de pesetas. b)
Las que afecten a la seguridad y defensa del
Estado, así como a la seguridad de los servicios
públicos. 4. Por vía reglamentaria se determinará
el sistema de aplicación concreto de los fondos
resultantes de la consignación de 1 por 100 a
que se refiere este artículo (49)51.
L’“uno por cien cultural” spagnolo si differenzia
dalla maggioranza delle politiche internazionali
per il raggio di estensione che può assumere
l’intervento artistico: non più legata alla costruzione di un nuovo edificio pubblico, la devoluzione della suddetta percentuale scatta per
“cada obra pública financiada total o parcialmente por el Estado”52, per finanziare qualsiasi
lavoro che riguardi la conservazione o l’arricchimento del patrimonio culturale spagnolo,
nonché la promozione della creatività artistica.
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O LT R E L ’ I TA L I A :
CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL
Trabajos de conservación, restauración, rehabilitación, consolidación, incluyendo la elaboración de proyectos técnicos. Trabajos de enriquecimiento del Patrimonio Histórico Español
(adquisición de bienes culturales, exposiciones,
publicaciones). Fomento de la creatividad artística o lo que es lo mismo, adquisición de obras
de autores vivos o encargos a estos que realicen
obras. Se deben descartar, de un modo general,
las construcciones u obras de nueva planta, aunque sean para actividades culturales. Se exceptúan edificios que alberguen museos, archivos o
bibliotecas públicas, que por criterio de la ley
son considerados Bienes de Interés Cultural53.
Nel 2004 il Real Decreto 1893/2004 por el que
se crea la Comisión Interministerial para la coordinación del 1% cultural sancisce la nascita di
una Commissione Interministeriale con il
compito di coordinare la politica dell’ “1%
cultural” e di creare, di volta in volta, gruppi
di lavoro specializzati54.
All’interno di questa ampia casistica esistono
alcuni paesi che, pur ispirandosi e applicando
informalmente il “percento per l’arte”, non
hanno mai tradotto tale politica in legislazione.
È il caso della Gran Bretagna che, tra la fine
degli anni settanta e la prima metà degli anni
ottanta, inizia a prendere in esame le formule
di committenza pubblica europee e statunitensi.
Since the late 1960s, works of contemporary art
and craft have increasingly been located in city
squares and government buildings, corporate plazas, parks and garden festivals, schools, hospitals,
railway stations and on the external walls of
houses, in a growth of commissioning echoing,
in a different visual language and with a broader
range of settings, that of statues and memorials
in the nineteenth century. Most public art in
the UK has been initiated by the public sector about three times as much as that found in private sector property development (Roberts et
al., 1993), and much in the USA and Europe
“PERCENTO
A RT I S T I C O ”
(including the UK) has been commissioned
through public bodies. The Arts Councils in the
UK promote a Percent for Art policy, through
which a given percentage (usually 1 per cent)
within the budget for a building scheme is set
aside for the commissioning of art or craft works;
such policies are currently operated (at levels
from 0.5 per cent to 2 per cent) by more than
90 cities and states in the USA. Public art is a
major area of state patronage, but the way in
which it conveys the state’s ideology is seldom
overt, concealed in matters of style and the bureaucracies of arts management55.
Nel 1977 stabilisce il programma Art in Public
Places, incoraggiando le iniziative di investimento
in arte pubblica da parte delle amministrazioni.
Sarà solo nel 1982, con la conferenza - già ricordata in precedenza - organizzata dall’Institute of
Contemporary Art (ICA) di Londra dal titolo
Art and Architecture, che i programmi di “percent-for-art” inizieranno a essere introdotti, informalmente, nelle differenti città inglesi. Sebbene gli esempi di legislazione e di applicazione
di tali politiche avessero raggiunto in Europa alti
livelli per quantità e qualità, la Gran Bretagna
sceglie di ispirarsi al modello statunitense.
Here, in the United Kingdom, the advisability
of such a policy emerged in 1983, with the recommendation by the House of Commons Select
Committee on Public and Private Funding of
the Arts that businesses, local authorities, and
government departments consider dedicating a
proportion of the full cost of the project to commissioning new works of art - a policy considered
and nominally adopted but very unevenly sustained or implemented over the years by the
relevant bodies empowered so to do. Nonetheless, the government initiative served to draw
the attention of local authorities, planning departments, and other agencies to the potential
opportunities for addressing aspects of urban decay and regeneration, inter alia, through such a
47
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A L E S S A N D R A P I AT T I
program. The prospect was therefore now more
firmly embedded, at least nominally, in the arts
agenda, at the levels of planning, funding, education, and practice56.
48
La “percent-for-art policy”, promossa dall’Arts
Council a partire dal 1989, prevede la destinazione di una percentuale pari all’1% del budget della costruzione di un edificio pubblico,
per la realizzazione di “art or craft works”57. Il
primo edificio costruito applicando il “percent
for art” è il noto Broadgate che dal 1986 diventerà in breve il centro finanziario londinese. Per tale progetto vengono acquistate
dieci sculture monumentali, tra le quali Fulcrum di Richard Serra (1987). Come era accaduto qualche anno prima a New York con
Tilted Arc (1981), Fulcrum rende instabile lo
spazio della piazza antistante il grattacielo, dividendola e frammentandone la percezione.
Sempre nel 1987 Vivien Lovell fonda la prima
Public Art Commissions Agency a Birmingham,
finanziata dalla West Midlands Arts e dalla
Calouste Gulbenkian Foundation. La peculiarità che contraddistingue la Gran Bretagna che si pone seguendo il modello statunitense
in posizione d’avanguardia rispetto agli altri
paesi europei – è la stretta collaborazione, anche e soprattutto in materia di finanziamento,
tra pubblico e privato. In accordo a quanto afferma Huib Haye van der Werf
tendencies toward privatization of governmentcontrolled agencies have had a direct effect on
the application of the percentage ruling; the
cooperation between private and public parties
affects the framework in which an artistic commission is realized58.
Nel 1991 la RSA (Royal Society for the encouragement of Arts, Manufactures & Commerce) mette a punto l’Art for Architecture
scheme basato sulla sovvenzione di premi per
la realizzazione di progetti nati dalla collabo-
razione tra artisti, architetti, paesaggisti, ingegneri e designers59. Nel 1993 il distretto Teignbridge porta a compimento un piano locale
che incorpora il “percento per l’arte”, riconoscendo tale politica come un motore per migliorare la qualità dell’ambiente e contribuire
alla creazione di un’identità locale in edifici
pubblici, strade e parchi. Il report redatto
dall’Arts Council Percent-for-Art teering
Group, infatti, riporta: “Percent-for-Art is the
method of making sure that art and craft of
high quality is part of the environmental heritage we leave behind”60. Sebbene l’arte pubblica abbia avuto un’enorme fortuna negli ultimi vent’anni - un successo confermato dalla
creazione di importanti piattaforme on line
come Public Art Online61 o di progetti di committenza ancora oggi di rilievo, quali Platform
for Art o Art on the Underground62, pensata per
trasformare gli spazi di attesa e di passaggio
della città in luoghi di incontro con l’arte nel 2005 le politiche del “percento per l’arte”
a Londra interessano ancora una proporzione
minima di 12 quartieri su 3263.
VI. Dalla fine degli anni sessanta e i
“percent-for-art schemes” in USA, in
Canada e in Australia
La politica del “percento artistico” si diffonde
quasi contemporaneamente e con le stesse modalità della Gran Bretagna negli Stati Uniti e
in Canada. La critica è concorde nel dare a
tali programmi un ruolo di massima rilevanza
nell’ambito della nascita dell’arte pubblica64.
La prima ordinanza risale al 1959, quando il
Philadelphia’s City Council promuove il programma Aesthetic Ornamentation of City Structures65. Nel corso di tutti gli anni sessanta le
opere d’arte contemporanea, grazie alla progressiva diffusione di questa politica nei differenti stati, regioni e amministrazioni locali,
arricchiscono piazze, edifici, parchi e ospedali.
In breve, infatti, simbolo di queste politiche e
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CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL
dell’importanza che assumeranno - confermata
dalla moltiplicazione dei “percent-for-art programs” in ogni paese della Confederazione diventerà La Grand Vitesse (1969) di Alexander Calder situata sulla piazza antistante il municipio a Grand Rapids nel Michigan. Passata
alla storia come la prima opera di arte pubblica
statunitense, commissionata nel 1967 dalla
NEA (National Endowment for the Arts)66,
la scultura monumentale viene finanziata per
45.000 dollari mentre 83.000 sono destinati
alla commissione giudicatrice, al trasporto e
alla sua costruzione.
Un altro momento fondamentale che caratterizza i primi anni di espansione della politica
di committenza pubblica è quello della già citata vicenda di Tilted Arc, l’opera di Richard
Serra installata a Lower Manhattan, New York
nel 1981 e rimossa nel 1989. Sebbene la scultura in COR-TEN dall’andamento curvilineo
fosse stata commissionata nell’ambito dell’Artsin-Architecture Program dell’U.S. General Services Administration67, attraverso l’investimento dello 0.5 percento del costo dell’edificio
federale e della piazza antistante (Federal
Plaza), la pubblica opinione, condizionata soprattutto dall’opposizione degli utilizzatori degli
uffici e della piazza, si batte - nell’illusione di
rispettare i bisogni del presunto “pubblico” destinatario dell’opera - per la sua rimozione.
Gli inizi controversi di questa politica non
hanno fatto che aumentare l’interesse e contribuire al miglioramento dei programmi di finanziamento pubblico statunitense. Dal 1967
al 2005 sono 31 i paesi che hanno aderito e
applicato nuovi piani di “percento artistico”.
Il primo stato ad adottarlo sono le Hawaii con
il cosiddetto Art in Public Places Program del
196768, creato allo scopo di:
enhance the environmental quality of state public buildings and spaces throughout the state
for the enjoyment and enrichment of the public;
cultivate the public’s awareness, understanding
“PERCENTO
A RT I S T I C O ”
and appreciation of visual arts in all media, styles
and technique;
contribute toward the development and recognition of a professional artistic community; and
acquire, interpret, preserve and display works of
art expressive of the character of the Hawaiian
Islands, the multicultural heritage of its people,
and the various creative interests of its artists69.
Tra gli anni settanta e ottanta le legislazioni e
i programmi di “percent-for-art” si moltiplicano, come conferma Tom Finkelpearl in Dialogues in Public Art:
Through selected firsthand accounts, Dialogues
in Public Art chronicles a period in which artists,
administrators, and communities have reinvented the field of public art. Since modernism effectively segregated art to the museum context,
there was no recent tradition to draw upon when
hundreds of Percent for Art laws were enacted
across the United States in the 1970s and 1980s.
Suddenly, there was a funding source for contemporary art at practically every firehouse, park,
library, and government office building in the
country, interest in large-scale projects at corporate headquarters, and a number of nonprofit
organizations dedicated to sponsoring public art
projects. For better or worse, a new professional
category had emerged70.
Secondo Finkelpearl, direttore del Percent for
Art Program di New York tra il 1990 e il 1996,
la reintroduzione dell’arte nella città, dopo il
lungo periodo di isolamento nel museo proprio
del modernismo, coincide, a livello burocratico,
con quello che lo stesso autore definisce movimento del “percento per l’arte”. Questo si articola in differenti legislazioni e programmi municipali - se ne sono contati 350 nel 201571 - da
quali prendono vita numerose operazioni artistiche. Emblematico è il caso dell’Ohio (1990),
che ha promosso l’acquisizione e l’installazione
di più di cento opere in venticinque anni attra-
49
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verso la devoluzione alle agenzie di stato preposte
a tale compito di una percentuale pari all’1 %
del costo dell’edificio. L’applicazione della legge
coinvolge la costruzione o il rinnovamento di
edifici pubblici, comprendendo tuttavia anche
gli spazi circostanti (parchi, marciapiedi, ponti,
ferrovie) mentre i singoli committenti, gli enti
governativi per i quali l’opera è commissionata,
sono università, college, dipartimenti preposti
all’agricoltura, alla salute, alla pubblica sicurezza,
etc.72. Diversamente dalla politica italiana, quella
statunitense estende la sua operatività all’ambiente urbano “to give the public access to the
best art of our time outside of museum walls”73.
Gli scopi sono molteplici:
to the ongoing desire to identify who we are, beautifies, contributes to social change, shocks, excites, challenges social conventions, has meaning,
educates, inspires, celebrates and remembers,
draws us together, envisions new paradigms and
crosses disciplines, and is a catalyst for change74.
50
Il grado di adattabilità e di estensione della legge
non solo si manifesta a livello ambientale, ma
caratterizza anche le tecniche e i media artistici
scelti per la produzione dell’opera, facendo emergere - soprattutto per le difficoltà di mantenimento di lavori realizzati con materiali variabili
e instabili - un aggiornamento maggiore rispetto
ad alcuni paesi europei. Le forme d’arte previste
per il “percento per l’arte” statunitense rientrano
in “all forms of original creations of visual art”75:
(a) Paintings, including all media and both portable and permanently affixed works of art such
as murals; (b) Sculpture, including bas-relief,
high relief, mobile, fountain, kinetic, environmental, electronic, and in-the-round sculpture
(c) Prints, calligraphy, clay, drawings, stained
glass, mosaics, photographs, fiber and textiles,
wood, metal, plastics and other materials or combinations of materials; (d) Mixed media, including any combination of forms of media76.
Conferma tale apertura l’Università di Cincinnati che nel 1996 chiama Nam June Paik
per la creazione di un’opera site specific per le
gallerie espositive del College of Design, Art,
Architecture and Planning (DAAP), progettato da Peter Eisenman77. Per tale spazio l’artista coreano concepisce Cinci-Mix (1997),
una videoinstallazione a tre canali composta
da un muro di monitor che proiettano in loop
differenti video creati a partire dall’immaginario dell’artista e inframmezzati da immagini
di archivi, database, estratti del lavoro e della
vita universitaria degli studenti, e da informazioni su Eisenman. Tra gli undici interventi
realizzati per i diversi edifici dell’Università
di Cincinnati, l’opera di Paik è l’unica che
utilizza media non tradizionali. Tuttavia, la
sfida lanciata dall’artista in termini di conservazione e mantenimento della sua opera
viene colta appieno dal College trasformandola in un esemplare caso di studio. Nel 2007,
a un anno dalla morte dell’artista, sei monitor
smettono di funzionare e l’opera viene tolta
dall’esposizione e spostata nei depositi dell’edificio, in attesa di trovare una soluzione sia a livello economico sia a livello di rispetto
dell’intento dell’artista e della funzione dell’opera - per la sua manutenzione, documentazione e conservazione. Inizia così la discussione, attraverso l’organizzazione di un
simposio internazionale, Nam June Paik and
the Conservation of Video Sculpture, sulle modalità di preservazione di Cinci-Mix e, in particolare, sulla possibilità di conciliare la sua
conservazione con la funzione originaria per
la quale è stata concepita, quella di dialogo
con lo spazio e con i suoi utenti, gli studenti78.
L’esempio di Cincinnati fa emergere una delle
maggiori problematiche relative alle opere
realizzate in applicazione del “percento per
l’arte”: il mancato aggiornamento riguardo
alle modalità di finanziamento di opere di natura variabile, la cui sostenibilità futura in termini di conservazione, sostituzione e riattiva-
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O LT R E L ’ I TA L I A :
CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL
zione, deve necessariamente essere prevista
nel momento della sua assegnazione.
Contemporaneamente agli Stati Uniti anche
il Canada nella prima metà degli anni ’60, introduce un programma di finanziamento dell’arte pubblica, il Fine Art Program del 1964,
coordinato da un dipartimento dedicato specificatamente alle opere d’arte pubblica, attraverso una misura governativa che riserva
una percentuale dei costi di realizzazione di
un edificio per la creazione di opere che tengono conto dell’architettura interna ed esterna
e degli spazi a essa adiacenti, nonché della vocazione del luogo e della tipologia di fruitori.
Il programma - che prevede che “one-percent
of the construction costs of new public-access
federal buildings would be allocated for works
of art-and that those works would be integrated
with the architecture” al fine di “give Canadians a sense of quality in their environment”79
- si inserisce in una politica culturale orientata
sempre di più, fin dagli anni ottanta, verso
l’arte pubblica. In seguito all’Expo di Vancouver del 1986, che aveva lasciato un notevole
numero di interventi artistici su scala urbana,
la città inizia a concepire un programma di
promozione, di organizzazione e di gestione
dell’arte pubblica che sfocerà, in una prima
versione, nel Vancouver Public Art Program
del 1991, successivamente revisionato e aggiornato nel 200880. Tale programma si sviluppa parallelamente al Percent for Art Program
coinvolgendo non solo la pubblica amministrazione ma anche i privati costruttori, ai quali
si chiede la commissione di un’opera d’arte
per la collettività da collocarsi negli spazi pubblici adiacenti all’edificio o il versamento di
una quota al fondo per l’arte pubblica. Il successo di una politica come quella canadese che
agisce su una più ampia sensibilizzazione trova
maggiore riscontro se si confrontano i risultati
di un’indagine condotta in Québec, la prima
regione canadese che ha adottato tale ordinamento: secondo un recente bilancio, infatti,
“PERCENTO
A RT I S T I C O ”
dal 1961 al 2007 le opere create in ottemperanza a tale misura, sono circa 2.60081.
Se la storia della nascita e dell’applicazione
delle politiche del “percento per l’arte” in Canada può essere assimilabile, in termini cronologici, a quella statunitense è l’Australia il
paese che ha più di recente introdotto questa
tipologia di finanziamento pubblico. Dal 1989
a 1997 il governo dell’Australia occidentale
ha applicato un Percent for Art Scheme coordinato dal Ministerial Taskforce on Public Art
(1988-1997) basato su due obiettivi chiave:
“Improve the quality of the built environment
and value of public facilities” e “Identify and
create new professional and economic opportunities for West Australian artists”. Accanto
a questi il programma si propone di:
Establish new design partnerships between artists, architects and other professionals; Create
new opportunities for community expression;
Enliven and enhance public buildings and spaces; Heighten a public profile for the arts; Enhance the tourist potential of our towns and cities; Increase employment opportunities for West
Australian artists; Increase public awareness of
the value of art and design; Further the integration of contemporary art and daily life82.
VII. Il “percento artistico” oggi: alcuni nodi
problematici condivisi
Le criticità manifestate dagli ordinamenti di “percento per l’arte” sono molteplici. Esistono tuttavia numerosi benefici, riconosciuti internazionalmente, che permettono a queste politiche,
non solo di continuare a essere applicate, ma anche di essere promosse e di trovare un’identità
all’interno della formula arte pubblica. Accanto
a quelli più manifesti, quali l’integrazione tra arte
e architettura e la valorizzazione dell’arte contemporanea, tale politica è divenuta, negli anni,
una modalità di riconoscimento per gli artisti.
L’apparato concorsuale, infatti, che soprattutto
51
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A L E S S A N D R A P I AT T I
52
in molti paesi europei è previsto per accedere all’assegnazione dell’incarico, apre numerose possibilità per realizzare opere pubbliche anche ad
artisti che non appartengono ai circuiti esclusivi
del mercato dell’arte.
Nonostante la diffusione del “percento artistico” e il suo progressivo riconoscimento a livello internazionale - che ha visto non solo
una continuità di tale politica di committenza
ma addirittura un aumento degli interventi da
essa finanziati - sono le problematiche e le criticità a rimanere al centro del dibattito internazionale e nazionale: la modalità di selezione
degli artisti e, di conseguenza, la scelta dei
membri della commissione, il mantenimento
della qualità dei progetti, la pigrizia, a volte,
degli enti territoriali di competenza.
Tra i problemi che tali legislazioni hanno fatto
emergere, pare rilevante soffermarsi su questioni
che hanno coinvolto maggiormente l’opinione
pubblica e la critica internazionale, creando dei
veri e propri casi di studio utili al più ampio dibattito sull’arte pubblica. Il primo riguarda lo
scarto che si crea tra cittadini, committenza e
artista che cambia, attraverso la sua opera di natura permanente, la percezione dello spazio urbano. È il caso della già citata distruzione dell’opera di Richard Serra, Tilted Arc, e della
conseguente controversia legale, o del caso di
Piazza, il progetto mai realizzato per Weimar di
Daniel Buren. Tilted Arc ha, infatti, portato alla
luce tutte le maggiori questioni e problematiche
relative all’arte pubblica, al suo sistema di finanziamento, ai suoi destinatari e a chi ha il diritto
di determinare il valore di un’opera e la sua funzione. “I don’t think it is the function of art to
be pleasing” “Art is not democratic. It is not for
the people83” afferma Serra in risposta alle accuse
rivolte al suo intervento anche da esponenti della
cultura internazionale come Arthur Danto:
The public has an interest in the existence of
museums, but it also has an interest in not having
all of its open spaces treated as though they were
museums, in which aesthetic [i.e., private] interests rightly dominate. The delicate architectural
sitting of Tilted Arc in Federal Plaza ignores the
human realities of the place. Were he not blind
to everything but the aesthetic, Serra could learn
something about human orientation to space
and place. Standing where it does, Tilted Arc is
the metal grin of the art world having bitten off
a piece of the public world, which it means to
hold in its teeth forever, the public be damned84.
Se gli esempi appena citati aprono ulteriori problematiche legate alla violazione dei diritti autoriali e alla temporalità dell’intervento, altri
riflettono sul grado di fruibilità dell’opera d’arte
in edifici ad accesso limitato, sulla sua funzione
didattica ed educativa che ha portato alcune
nazioni a delegare proprio al Ministero dell’Educazione il compito di sovrintendere le ricerche
relative al “percento per l’arte” (cfr. in questo
saggio: Il caso francese). Oggi il “percento per
l’arte” si apre, infine, al finanziamento di progetti dal carattere variabile o non permanente
anche grazie all’intervento di agenzie fondate
ad hoc per la gestione dell’iter produttivo dell’opera e della sua complessa manutenzione e
documentazione. Agenzie “cuscinetto” che
hanno la funzione di rendere più agile il dialogo
tra la macchina burocratica dello stato, l’artista,
la sua opera e il fruitore/utilizzatore.
NOTE:
1
Cameron Cartiere, Coming in from the Cold. A Public Art History, in Cameron Cartiere, Shelly Willis (a cura di), The Practice
of Public Art, Routledge, London, New York 2008, p. 8.
2
L’arte pubblica è stata oggetto in questi anni di numerosi
studi diacronici e sincronici, di convegni internazionali, di
networks partecipativi online, di progetti, di residenze d’artista
e di premi. Tra i maggiori critici impegnati da anni nel dibattito sull’arte pubblica si ricorda Claire Bishop, professore di
arte contemporanea presso la City University of New York;
cfr. Claire Bishop, Inferni artificiali. La politica della spettatorialità
nell’arte partecipativa, a cura di Cecilia Guida, Luca Sossella
Editore, Bologna 2014 (ed. or. Artificial Hells: Participatory
Art and the Politics of Spectatorship, 2012).
3
Per maggiori informazioni su tale progetto si rimanda, in
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O LT R E L ’ I TA L I A :
CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL
questo volume, al contributo di Paola Valenti; cfr. a.titolo
(a cura di), Nuovi Committenti, Arte contemporanea, società
e spazio pubblico, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2008.
4
Julia Lossau, Tree Planting. The Use of Public Art as Social
Practice, in Julia Lossau, Quentin Stevens, The Uses of Art in
Public Space, Routledge, New York 2014, p. 84.
5
Martin Zebracki, Art Engagers: What Does Public Art Do to
Its Publics? The Case of the ‘Butt Plug Gnome’, in Lossau, Stevens, The Uses of Art in Public Space, cit., 2014, p. 168.
6
Elisabetta Cristallini (a cura di), L’arte fuori dal museo. Saggi
e interviste, Gangemi editore, Roma 2008.
7
Henry Lydiate, Percentage for Art, Come gather round people,
Wherever you roam, in “Art Monthly”, June 1982, n. 57, p.
35. Lydiate, Visiting Professor di Art Law presso la University
of the Arts di Londra, è stato colonnista della rivista “Art
Montly”. Gli articoli estratti da questa rubrica attiva dal 1976
sono oggi tutti raccolti e pubblicati all’interno della sezione
ArtLaw della piattaforma inglese Artquest (consultabile online
all’indirizzo http://www.artquest.org.uk/articles/view/percentage-for-art, data ultima consultazione: 30 gennaio 2015).
8
Faye Carey, A Fine Public Art & Design Education, in Cartiere,
Willis, The Practice of Public Art, cit., 2008, p. 109.
9
Ibidem.
10
Ibidem.
11
L’Expert Meeting, composto da varie organizzazioni europee
che si occupano di “percento per l’arte”, organizzato dall’Atelier HSL (High Speed Line South Studio) in collaborazione
con l’Atelier Rijksbouwmeester (Chief Government Architect’s Studio), si è tenuto il 26 e il 27 settembre 2005.
12
Cfr. European Expert Meeting on Percentage Scheme, Report
of the Expert Meeting 26/27 September 2005, (http://www.publicartonline.org.uk/resources/reports/percentforart/expert_me
eting_index.php, data ultima consultazione: 25 ottobre 2015).
13
Ibidem.
14
Il convegno Duexcento. Poetiche e politiche dell’arte nell’architettura si è svolto presso lo IUAV di Venezia il 6 luglio
2004; una copia del dossier è conservata presso l’Archivio
d’Arte Contemporanea - AdAC dell’Università degli Studi
di Genova.
15
Claudia Collina (a cura di), Il percento per l’arte in Emilia
Romagna. La legge del 29 luglio 1949 n.717: applicazioni ed evoluzioni del 2% sul territorio, Istituto per i Beni Artistici, Culturali
e Naturali della Regione Emilia Romagna, Editrice Composilori, Bologna 2009.
16
Ivi, pp. 249-257.
17
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Circolare 28
maggio 2014, n. 3728, Circolare in merito alle modalità di
attuazione della legge 29 luglio 1949, n. 717 e ss.mm. e ii.
«Norme per l’arte negli edifici pubblici», G.U. Serie Generale
n. 133 del 11 giugno 2014.
18
Nel 2015, ad esempio, sono stati organizzati due eventi di
rilievo nell’ambito del tema del “percento per l’arte”: la Fondazione OAT (Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Torino) ha organizzato
presso la propria sede il corso Una questione difficile: tra arte
pubblica e legge del 2 per cento, Torino, 2 e 9 aprile 2015; nel
“PERCENTO
A RT I S T I C O ”
settembre 2015 in occasione del Forum dell’arte contemporanea
italiana organizzato presso il Centro Luigi Pecci di Prato, un
tavolo di discussione, coordinato da Cecilia Guida, è stato
dedicato alla Famigerata e invisibile: la legge del 2%
(http://www.forumartecontemporanea.it/tavoli/famigerata-einvisibile-la-legge-del-2, data ultima consultazione: 25 febbraio
2016).
19
Per la politica culturale degli anni trenta in Italia, cfr. Vincenzo Cazzato, Istituzioni e politiche culturali in Italia negli anni
Trenta, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 2001,
vol. 1.
20
Per le progressive modifiche della L.717/49 si rimanda alla
Timeline legislativa contenuta in questo volume alla p. 36.
21
Cfr. Achille Bonito Oliva, La metropolitana di Napoli. Nuovi
spazi per la mobilità e la cultura, Electa, Milano 2000; Giovanna
Cassese (a cura di), La conservazione dell’arte pubblica in Italia.
Il caso del metrò dell’arte a Napoli, Arte’m, Napoli 2011.
22
Concorso per la selezione di due opere d’arte da collocare presso
il MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo di via
Guido Reni in Roma, G.U. Serie 4a Speciale concorsi, n. 80
del 14 ottobre 2008.
23
I vincitori sono stati selezionati da una commissione giudicatrice composta dal Direttore generale PARC, da un rappresentante del Provveditorato interregionale per le OO.PP. per il
Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna, dal Soprintendente alla Galleria
Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, dall’architetto progettista Zaha Hadid, dagli artisti Alfredo Jaar e
Giuseppe Penone, e dal critico d’arte Mario Codognato.
24
Altri musei italiani, quali il romano MACRO e il Museo
d’Arte Moderna di Bologna (MAMbo), già ospitano degli interventi di tipo installativo realizzati in applicazione del “percento per l’arte”: nel primo caso si tratta di Rope di Arthur Duff
e di Orizzonte Galleggiante di Nathalie Junod Ponsard, nel secondo di AA.VV. (Autori Vari) di Eva Marisaldi. Per una disamina più approfondita della vicenda concorsuale bolognese si
rimanda al contributo di Dede Auregli, IdeARTe per la Manifattura delle Arti di Bologna, in Collina 2009, pp. 111-118.
25
Per approfondire il dibattito nato in Italia negli anni trenta
si veda il contributo di Paola Valenti.
26
Definitivo variamente anche “1 % culturel” o “1 % decoratif”.
27
La “Circulaire du 1 er Décembre 1972” modifica le procedure di applicazione dell’“1% artistique” negli istituti di formazione prevedendo la possibilità di devolvere l’1% anche a
interventi estesi nello spazio pubblico. Cfr. L’Art, c’est le plus
court chemin de l’homme. A vérifier au cours d’une balade découverte des ouvres d’art dans la ville, Service Valorisation du patrimoine, Villeneuve d’Ascq 2012, p. 4 (http://www.villeneuvedascq.fr/introduction_art.html, data ultima consultazione:
17 gennaio 2016).
28
Legge n. 663 del 22 luglio 1983, completata dalla Legge n.
8 del 7 gennaio 1983 «relative à la répartition de compétences
entre les communes, les départements, les régions et l’Etat».
29
“Il semblerait que les collectivités territoriales aient tendance à ne pas affecter à la création artistique 1% des budgets
de construction ou d’extension des bâtiments scolaires des
lors que le travaux n’interviennent pas strictement dans le
53
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A L E S S A N D R A P I AT T I
54
cadre d’un transfert de compétence de l’Etat”, in Jean Vincent,
Droit des arts visuels: contrats d’auteurs, Editions Lamy, Paris
2010, p. 114.
30
L’Art, c’est le plus court chemin de l’homme…, cit., 2012.
31
Il quadro e le modalità di applicazione del 1% artistico
francese sono definite dal Decreto n. 2002-667 del 29 aprile
2002 modificato dal Decreto n. 2005-90 del 4 febbraio 2005.
La circolare del Ministero della Cultura e della Comunicazione
del 16 agosto 2006 precisa la procedura (Circ. 16 agosto 2006,
relativa all’applicazione del decreto n. 2002-667 del 29 aprile
2002 relativo all’obbligo di decorazione delle costruzioni pubbliche, modificato dal decreto n. 2005-90 del 4 febbraio 2005).
32
Vincent, Droit des arts visuels…, cit., 2010, p. 114.
33
Philippe Régnier è l’autore di un catalogo dedicato alle
grandi realizzazioni del 1% artistico francese concepito in occasione dei 60 anni della legge. Cfr. Philippe Régnier, Cent
1%, Les Editions du patrimoine, Paris 2012.
34
Le più recenti “Journées du 1 % artistique, de l’école à l’enseignement supérieur” sono state organizzate dal Ministero
dell’Educazione nell’autunno 2015.
35
D. 2002/677.
36
Marianne Homiridis, Perrine Lacroix, L’art contemporain
dans les espaces publics. Territoire du Grand Lyon 1978/2008,
édition La BF15, Lyon 2008.
37
Consultabile online all’indirizzo http://www.rhone-alpes.culture.gouv.fr/cp/site_html/pres.html, data ultima consultazione:
17 gennaio 2016.
38
Su questa operazione l’opinione pubblica ha aperto un ampio dibattito sulla stampa locale e nazionale. Al centro della
polemica è stata, come in altre occasioni legate alla committenza pubblica e al divario tra qualità dell’intervento artistico
e ricezione da parte della cittadinanza, la consistenza dell’importo destinato a un intervento ritenuto di semplice decoro
urbano. Tra questi per esempio si rimanda a: Daniel Buren et
les polémiques, in «La nouvelle republique», 31 luglio 2013,
(http://www.lanouvellerepublique.fr/Indre-et-Loire/Communautes-NR/n/Contenus/Articles/2013/02/04/Daniel-Buren-leretour, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016).
39
Kunst am Bau, http://www.bbr.bund.de/BBR/DE/Bauprojekte/KunstAmBau/kunstambau_node.html, data ultima consultazione: 29 febbraio 2016.
40
Cfr. Beate Mielsch, Die historischen Hintergrunde der “Kunstam-Bau” – Regelung, in Volker Plagemann (a cura di), Kunst
im offentlinchen Raum. Anstoße der 80er Jahre, DuMont, Koln
1989; Uwe Lewitzky, Kunst für alle?: Kunst im öffentlichen
Raum zwischen Partizipation, Intervention und Neuer Urbanität, Transcript, Bielefeld 2005.
41
Nancy Kienholz in Walter Hopps, Edward &Nancy Redding
Kienholz, in “Grand Street”. Portfolio 7, n. 69, Berlin Summer
1999, p. 185.
42
Ibidem.
43
L’iter burocratico e amministrativo si è concluso con la
bocciatura dell’opera da parte del Consiglio comunale di Weimer. Cfr. Draganovic, La Piazza mai costruita – un fallimento di
successo, in Cristallini, L’arte fuori dal museo…, cit., 2008, pp.
92-107.
44
Ibidem.
Come per altri paesi anche le radici della politica finlandese
del “percento per l’arte” sono da collocare tra gli anni venti e
trenta del Novecento.
46
Paivi Kyllonen-Kunnas, Percent-for-Art Policy and Contemporary Art Care and Conservation-Restoration in the City of
Oulu Art Collections, in “CeROArt”, n. 8, 2012 (consultabile
online all’indirizzo https://ceroart.revues.org/2847, data ultima
consultazione: 17 gennaio 2016).
47
KORO (http://koro.no/, data di ultima consultazione: 17
gennaio 2016).
48
Nel 1951 il Consiglio dei Ministri approva una nuova normativa definita “the ruling for the decorative dressing of governmental buildings”, in Huib Haye van der Werf, ‘Expert
Meeting’, in Tanja Karreman, Janine Schulze (a cura di), PRESENT Percentage for Art in the Netherlands 2004-2006, Jap
Sam Book, Heijningen 2007, p. 22.
49
Mels Crouwel, Foreword, in Karreman, Schulze, PRESENT
Percentage for Art…, cit., 2007, p. 5.
50
Ibidem. Come risulta dalla pubblicazione qui citata, le opere
progettate ed eseguite nell’ambito di questa politica sono di varia
natura: progetti relazionali, fotografici, installativi e mediali.
51
L.16/1985, Art. 68, “Patromonio Histórico Español”.
52
Ibidem.
53
Orden CUL/596/2005, del 28 febbraio 2005, “por la que se
publica el acuerdo de la Comisión Interministerial sobre los
criterios de coordinación de la gestión del 1% cultural”.
54
Real Decreto 1893/2004, del 10 settembre 2004, “por el
que se crea la Comisión Interministerial para la coordinación
del 1% cultural”. L’anno successivo l’Orden CUL/596/2005,
del 28 febbraio 2005, esplicita i criteri con i quali tale commissione dovrebbe agire per gestire tale compito.
55
Ivi, p. 3.
56
Faye Carey, A Fine Public Art & Design Education Learning
and Teaching Public Art, in Cartiere, Willis, The Practice of
Public Art, cit., p. 109.
57
Malcolm Miles, Art Space and the City: Public Art and urban
futures, Routledge, London 1999, p. 5.
58
Van der Werf, ‘Expert Meeting’, cit., 2007, p. 24.
59
Phyllida Shaw, Percent for Art: A Review, AN Publications,
London 1993.
60
In un volume pubblicato nel 1990 dall’Arts Council allo
scopo di persuadere le autorità locali ad adottare tali politiche
si esplicitano gli obiettivi dei programmi di “percento per
l’arte”: “To make a place more interesting and attractive. To
make contemporary arts and crafts more accessible to the public. To highlight the identity of different parts of a building
or community. To increase a city’s/county’s/or company’s investment in the arts. To improve the conditions for economic
regeneration by creating a richer visual environment. To
create employment for artists, craftspeople, fabricators, suppliers and manufacturers of materials, and transporters. To
encourage closer links between artists and craftspeople and
the professions that shape our environment: architecture, landscaping, engineering and design. Cfr. Arts Council, n. 16,
1991.
45
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61
CONSIDERAZIONI PRELIMINARI PER UNA STORIA TRANS-NAZIONALE DELLE POLITICHE DEL
Dal 2000 Public Art SouthWest è diventata una delle maggiori
risorse online di arte pubblica.
62
Consultabili online all’indirizzo: http://art.tfl.gov.uk/, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016; cfr: Tamsin Dillon, Platform
For Art: Art On The Underground, Black Dog, London 2007.
63
Cartiere, Willis, The Practice of Public Art, cit., p. 246.
64
Cfr. Jeffrey L. Cruikshank, Pam Korza, Going Public: A Field
Guide to Developments in Art in Public Places, Arts Extension
Service, University of Massachusetts, Amherst 1988; Tom
Finkelpearl, Dialogues in Public Art, MIT Press, Cambridge
2000; Miles, Art Space and the City: Public Art and urban
futures, cit.; Cartiere, Willis, The Practice of Public Art, cit.;
Lossau, Stevens, The Uses of Art in Public Space, cit.
65
Finkelpearl, Dialogues in Public Art, cit., p. 20.
66
Cruikshank, Korza, Going Public..., cit.
67
Nel 1972 viene stabilito il programma “The Government
Services Administration (GSA) Art in Architecture”, richiedendo lo 0.5% dell’importo previsto per la costruzione degli
edifici federali.
68
Gordon Chang, Mark Dean Johnson, Paul J. Karlstrom,
Sharon Spain, Greg Robinson, Asian American Art: A History,
1850–1970, Stanford University Press, Palo Alto 2008, e in
“Journal of American Ethnic History”, vol. 30, n. 1 (FALL
2010), pp. 112 - 115.
69
State of Hawaii. Hawaii State Foundation on Culture and
the Arts (http://sfca.hawaii.gov/art-in-public-places/purposehistory/, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016).
70
Finkelpearl 2000, p. viii.
71
Percent-for-Art Programs, Public Art Network, (http://www.americansforthearts.org/sites/default/files/pdf/2013/by_pr
ogram/networks_and_councils/public_art_network/PublicArtAdvocacy_talkpnts.pdf, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016).
72
State of Ohio Percent for Art Legislation (http://www.oac.state.oh.us/grantsprogs/percentforart.asp, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016).
“PERCENTO
A RT I S T I C O ”
73
Suzanne Lacy, Mapping the terrain. New Genre Public Art,
Bay Press, 1994, p. 22.
74
Cartiere, Willis, The Practice of Public Art, cit., p. 2.
75
Si veda per questo lo Statuto dell’Ohio: Percent for Art,
Title 33, Chapter 3379, Section 3379.10.
76
Ibidem.
77
Sul ruolo dell’università come committente si rimanda a: Marjorie Garber, Patronizing the Arts, Princeton University Press, New
Jersey 2008.
78
Steven Rosen, Preservation Overhaul. Video sculpture is art you
can watch, but how do you save it?, April 13th, 2011, (consultabile
on line all’indirizzo http://citybeat.com/cincinnati/article-23082preservation-overhaul.html, data ultima consultazione: 17 gennaio
2016).
79
Cfr. Intégration des arts à l’architecture et à l’environnement: bilan
2004-2007, Ministère de la Culture, des Communications et de la
Condition féminine du Québec, avec la collaboration de la Direction des relations publiques, p. 9, Gouvernement du Québec, 2008.
80
Per maggiori informazioni si consulti il Vancouver Public
Art Program (http://vancouver.ca/files/cov/CulturePlanPhase1-PublicArt-Review-Plan.pdf, data ultima consultazione: 29 febbraio 2016).
81
Ibidem.
Integrating Views. A Review of the State Government’s Percent for
Art Scheme, Department of Culture and the Arts, 2002-2003 p.
1, (consultabile online all’indirizzo www.dca.wa.gov.au/Documents/Developing%20Arts%20and%20Culture/Spaces%20and%
20Places/Percent%20for%20Art/Dev%20Arts%20and%20Cult_
Spaces%20and%20Places_Percent%20for%20Art_Integrating%2
0Views.pdf, data ultima consultazione: 17 gennaio 2016).
83
Richard Serra in Richard Serra’s Tilted Arc, in “Flashpoints”,
PBS (consultabile online all’indirizzo: http://www.pbs.82
org/wgbh/cultureshock/flashpoints/visualarts/tiltedarc.ht
ml, data ultima consultazione 17 gennaio 2016).
84
Arthur Danto, The State of the Art, Prentice-Hall Press,
New York 1987, pp. 93-94.
55
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DEMATERIALIZZAZIONE E RI-MATERIALIZZAZIONE
DELL’OGGETTO D’ARTE
NELL’EDIFICIO E NELLO SPAZIO PUBBLICO
Francesca Bulian
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La bellezza è un valore impalpabile che nessuna
nazione del mondo sente più pesante, materiale
dell’Italia: nel dopoguerra, con un territorio
mutilato nel profondo, lo Stato italiano da
poco repubblicano sancisce che la bellezza rappresenta un patrimonio del nostro paese, da
tutelare e valorizzare. Lo fa attraverso il nono
articolo della Costituzione – che indica nel
patrimonio storico-artistico e paesaggistico un
bagaglio identitario della nazione, da proteggere – e anche attraverso la legge numero 717
promulgata nel 1949, la cosiddetta “legge del
2%”, tutt’oggi in vigore se pur con modifiche,
il cui proposito è quello di supportare artisti
contemporanei nell’ideazione di nuove opere
decorative con la finalità di “abbellimento”
dell’edificio pubblico. Una decisione per nulla
scontata: nel primo dopoguerra, anziché accantonare istanze che potevano apparire persino “accessorie” rispetto ai bisogni più impellenti della ricostruzione e urbanizzazione, lo
Stato ribadisce invece, a livello ufficiale, l’importanza del ruolo della decorazione artistica
all’interno di un’architettura1.
Seguire la storia della “legge del 2%” in Italia
significa anche indagare la natura dell’arte dal
punto di vista delle istituzioni contemporanee.
Già dall’inizio del novecento si era delineata
una cesura spesso netta tra l’architettura e la
sua decorazione artistica: se nei secoli precedenti erano sovente fuse in un unico progetto,
nell’ideazione di un “oggetto artistico” dotato
di stile che era l’edificio stesso – chiesa, palazzo,
torre –, nel novecento divengono due forme
di espressione non necessariamente unite e,
anzi, un’intera scuola di pensiero predilige
l’idea estetica di un manufatto in cui la bellezza
stia proprio nell’assenza di decorazione. Il Razionalismo architettonico, infatti, prende le
mosse precisamente dall’idea di una struttura
che risponda solo ai bisogni pratici della collettività, trascurando ogni aspetto superfluo2.
In questa accezione, il concetto di “decorazione” assume una connotazione negativa, di
surplus che non aggiunge niente all’opera e,
anzi, rappresenta il contrario esatto di utilità,
primo obiettivo da raggiungere3.
Emerge qui il primo dato significativo da osservare: le nuove architetture edificate in Italia
nel primo trentennio del dopoguerra sono,
nella maggior parte dei casi, costruite nel solco
di un male interpretato razionalismo e, pertanto, esauriscono la loro natura estetica nella
loro stessa funzione, in una sintesi portata a
estreme conseguenze4.
Eppure, lo Stato Italiano decide di affiancare
al progetto dell’architetto e degli ingegneri il
lavoro creativo di un artista, chiamato attraverso un concorso pubblico quasi a “sigillare”
l’edificio finito con la sua opera. Due figure
professionali diverse, quindi, che si rivelano
quasi in antagonismo: la razionalità dell’architetto contro la creatività dell’artista preposto
alla decorazione.
In Liguria, in effetti, buona parte delle opere
realizzate in applicazione delle “legge del 2%”
prese in esame si avvicinano più all’arte pura
che all’arte applicata. Solo in rari casi, come
in quello del palazzo degli uffici statali del Provveditorato alle Opere Pubbliche delle regioni
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Lombardia e Liguria in viale Brigate Partigiane
2 (schede nn. 18a e 18b), si ottiene l’effetto di
integrare l’esteso mosaico nell’ambiente architettonico in modo sia decorativo che funzionale, poiché esso scandisce il succedersi dei
vari piani del palazzo. Capita, però, molto più
spesso che le opere d’arte, pur pregevoli, create
grazie alla cifra stanziata dallo Stato si manifestino nel risultato come entità non omogenee
col contesto: a Genova ne sono un esempio la
scultura marmorea Orfeo di Lorenzo Garaventa
(Genova, 1913 - 1998) al CEP di Prà5 (scheda
n. 7), il Chirone di Enzo Vicentini (Castelbelforte, 1921 - Milano, 2011) nell’atrio della
scuola media Galeazzo Alessi a Pegli (scheda
n. 5), il mosaico (di cui non è rimasta testimonianza certa rispetto all’autore e all’eventuale
titolo) nello scalone d’atrio dell’ex Istituto Casaregis di Sampierdarena (scheda n. 28), e molti
altri tra quelli schedati. Opere che, pur mutando il contesto in cui sono ospitate, non entrano in piena relazione con esso, tanto da
poter essere prelevate dalla loro collocazione e
spostate in uno scenario differente senza difficoltà o perdita di contenuto. L’Orfeo di Garaventa, per esempio, è stato traslato in Largo
Alessandro Pertini nel corso dell’inverno 2014
in occasione di una mostra dedicata all’artista
dal Museo dell’Accademia Ligustica: la diversa
possibilità di fruizione, invece di compromettere l’opera, si è rivelata funzionale alla sua valorizzazione. Anziché “decorazioni”, dunque,
diverse opere del 2% appaiono come manufatti
“ospiti” negli uffici pubblici, che si risolvono
in se stessi anziché legarsi al contesto.
La responsabilità di questa mancanza di integrazione tra l’opera decorativa e l’edificio non
è interamente da attribuirsi agli artisti: molti
di loro eseguivano solo quanto richiesto nel
bando. La “legge del 2%” stessa parla di “inserimento” dell’opera d’arte nell’edificio, un inserimento che non avviene in parallelo alla
sua costruzione ma è prevista in un secondo
momento, dopo la conclusione del progetto o
persino a lavori terminati. In numerosi casi,
inoltre, il bando definiva nello specifico quale
avrebbe dovuto essere l’aspetto dell’opera da
realizzarsi: le dimensioni, la posizione all’interno della struttura, la tecnica e il materiale
da impiegarsi. Queste, per esempio, le indicazioni fornite dal bando di concorso per la
scuola media Alessandro Volta in via Cornigliano 9 a Genova:
L’opera d’arte può essere costituita o da pannello
in mosaico o ceramica, o da bassorilievo marmoreo raffigurante un soggetto di libera composizione
attinente alla funzione educatrice della scuola e
deve essere eseguita e resa in opera su di una
parete murale interna dell’edificio, le cui dimensioni sono: 2,69 di lunghezza e 2,78 di altezza6.
Tali requisiti tecnici sono fedelmente rispettati
dall’opera vincitrice, il mosaico del romano
Saro Mirabella (Catania, 1914 – Roma, 1972),
realizzata nel 1968 e tutt’ora visibile nell’atrio
dell’istituto (scheda n. 6).
Nel bando per la scuola Alessi di Pegli, sempre
degli anni sessanta, si legge:
L’opera può essere costituita da una scultura, in
marmo o pietra, ovvero anche in bronzo o ferro,
da collocarsi sul fondo dell’atrio di ingresso, in
angolo con l’ampia finestratura protetta da grata
che affaccia sul lato piazza Bonavino7.
In questo, come nella maggioranza dei casi,
viene stabilito a livello preliminare quale sarà
la collocazione specifica dell’opera, spesso relegata in parti dell’edificio molto ridotte e delimitate.
Appare chiaro, perciò, che lo strumento legislativo messo a punto dallo Stato, pur chiamando in causa i concetti di “decorazione” e
“abbellimento”, non guardava più ai tempi in
cui la norma era l’armonia tra scheletro e guscio dell’edificio, al punto da attendersi una
decorazione della superficie integrale e omo-
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genea allo stesso, ma si limitava a finanziare
l’inserimento di opere che erano, quantomeno,
facilmente de-contestualizzabili in caso di un
ripensamento e, comunque, non essenziali al
completamento dell’“oggetto architettonico”.
Questo limite non si riscontra, ovviamente, in
tutti i 2% realizzati in Liguria, ma sicuramente
è una tendenza dominante nell’applicazione
della legge: nel momento in cui lo Stato afferma
l’importanza dell’opera d’arte, afferma anche a
livello di sottotesto l’esatto contrario, ossia la
necessità che essa non sia di interferenza alla
realizzazione fisica e stilistica dell’edificio, ovvero la sua alterità rispetto a esso.
Un dato di estremo interesse è l’indicazione,
nei bandi di concorso, del materiale da utilizzare:
in molte occasioni si tratta di materiali pregiati,
dotati di per sé di un valore economico, esattamente quantificabili nel peso, nel numero e nel
costo. Anche quando la scelta è lasciata all’artista, il bando suggerisce le opzioni possibili:
marmo, pietra, bronzo, ferro; tutti materiali “pesanti” e, sopra a ogni cosa, classici.
Nel 1949, quando la legge è stata redatta, non
era in alcun modo prevedibile la rivoluzione
che, di lì a poco, avrebbe radicalmente trasformato la natura stessa dell’arte, in tutto il
mondo: sarebbe stata proprio la materia l’entità
che avrebbe perso progressivamente centralità
nel fare artistico, divenendo in molti casi povera, industriale o persino assente. La seconda
metà degli anni sessanta – il medesimo periodo
in cui vengono realizzati, sempre come esempio, il mosaico (privo di titolo ma abbinato al
motto La forza del toro in sede concorsuale) di
Mirabella, il Chirone di Vicentini e l’Orfeo di
Garaventa – coincide con il momento storico
di consacrazione dell’Arte Concettuale e di
tutti quei movimenti artistici che mettevano
al centro delle opere non un oggetto, ma
un’azione, un processo, un’idea, la comunicazione e il linguaggio. Negli anni immediatamente seguenti la critica americana Lucy Lippard scrive un saggio decisivo, Six Years: the
Dematerialisation of the Art Object from 1966 to
1972, che individua nei sei anni indicati dal
titolo il momento di passaggio dall’arte intesa
come produzione di oggetti all’arte come atto
intellettuale8; seguiranno testi redatti da critici
autorevoli come Rosalind Krauss, Jack Burnham, Jacob Lillemose e da artisti-teorici come
Joseph Kosuth, Lawrence Weiner e Hans Haacke, tutti accomunati dalla volontà di dimostrare come l’opera d’arte si concretizzasse ormai come un’azione di matrice intellettuale,
mutevole e in profonda relazione con l’ambiente circostante. Non si tratterebbe più,
quindi, di monadi separate dal loro contesto e
dotate di “aura”, come invece, nelle intenzioni,
le opere del 2% continuano a essere. Si genera
perciò un doppio binario in cui un modo di
fare arte diventa il calco negativo dell’altro:
in un caso l’arte è processo intellettuale, in
comunicazione con l’ambiente e destinata a
interferire con esso, nell’altro è manufatto
spesso finalizzato alla pura decorazione, misurabile e nettamente quantificabile, “gravante”
nella sua identità materiale.
Ovviamente non si sta affermando che nelle
opere realizzate col contributo del 2% sia assente una natura intellettuale: si nota, però,
come essa non venga mai enunciata né sia un
fattore preso in considerazione dallo Stato,
laddove il solo scopo è “l’abbellimento”.
Il lemma finisce per apparire, contro ai propositi di chi nel 1949 lo scelse, come un termine
anacronistico, in profondo conflitto con l’identità dell’arte del secondo novecento. Da molto
tempo essa non ha come obiettivo il “bello”,
meno che meno l’abbellimento di qualcosa
che è altro rispetto a sé. Inoltre, nonostante la
legge riguardi l’arte negli edifici pubblici, gli
esiti risultano molto distanti rispetto a quell’arte in relazione con lo spazio e con la collettività che caratterizza le forme espressive
degli anni sessanta e settanta.
Qualche esempio di interazione con lo spazio si
presenta marginalmente in alcuni edifici pubblici
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liguri; in particolare, per quanto riguarda il ponente genovese, le opere di Giambattista Valdieri
Pestelli (Genova 1925) nel Liceo scientifico Enrico Fermi a Sampierdarena - tre rivestimenti in
ceramica per una parete e una colonna e un altorilievo in pietra di Finale per la facciata esterna,
realizzati nel 1970-72 - hanno il pregio di riuscire
a trasformare almeno in parte l’ambiente della
scuola attraverso iconografie astratte che rimandano al mondo organico e naturale (schede nn.
25a e 25b). Anche in questo caso, nella contabilità
preliminare alla realizzazione delle opere finanziate
con il 2%, le parole usate sono “sistemazione scultorea e architettonica del pilastro esistente nell’atrio principale del liceo Enrico Fermi con bassorilievi in materiale pregiato”9. Ancora una volta
viene conferita molta importanza al valore economico del materiale da impiegarsi, facilmente
quantificabile nel computo. Tuttavia, fin dal bando
di concorso del 196910, si presenta agli artisti la
possibilità di lavorare a un progetto leggermente
più esteso, che coinvolge più ambienti della scuola
e consente, perciò, di fornire un seppur moderato
apporto stilistico all’aspetto dell’edificio tramite
l’intervento artistico.
Un altro esempio di buona integrazione dell’opera 2% nello spazio è l’opera realizzata per
il Cimitero dei Pini Storti di Sestri Ponente
(via Sant’Alberto 44): inizialmente il primo
bando di concorso su Gazzetta Ufficiale del
1989 richiedeva un genere di opera più convenzionale rispetto a quella che poi sarà effettivamente realizzata, ovvero una “croce di
bronzo dell’altezza di circa ml 4,50 e larghezza
circa ml 3,50”, senza indicazioni più specifiche
sulla futura collocazione della medesima. Il
concorso avrà uno sviluppo travagliato tanto
che l’effettiva risoluzione di una commissione
giudicatrice – di cui erano membri anche Aurelio Caminati e Raimondo Sirotti, artisti che
avevano a loro volta realizzato opere a destinazione pubblica – arriverà solo nel 2003, con
l’assegnazione dell’intervento all’artista
Adriano Leverone. L’opera eseguita, dal titolo
Dalla terra al cielo (scheda n. 14), è lontana
dall’idea della croce proposta in prima battuta,
poiché il monolite di bronzo privo di braccia
è una figura più allusiva, un’allegoria naturale
e allo stesso tempo trascendentale della Resurrezione, dove la dimensione celeste è rappresentata da una culminante forma ovoidale
e dorata11. La collocazione dell’opera è, in questo caso, la tappa finale del progetto di ampliamento del cimitero a opera di Guido Veneziani intrapreso negli anni ottanta, in cui
era stato lasciato un apposito spazio vuoto sulla
cima di un frontone che fungeva da confine
simbolico tra la zona storica del cimitero e
quella nuova. In questo caso, dunque, nonostante l’iter burocratico tormentato che porta
al concreto inserimento, l’opera di Leverone
è pensata già da principio come elemento coerente al progetto architettonico. Il Liceo Fermi
e il Cimitero dei Pini Storti offrono due diversi
esempi di più decisa interazione con lo spazio,
anche se neppure in questi casi si arriva a entrare in rapporto con una viva dimensione ambientale e, in primo luogo, “pubblica”.
Le opere del 2% vivono, inoltre, in un ulteriore
paradosso: la loro specificità dovrebbe essere l’inserimento nello spazio pubblico ma, anche per
le ragioni sopra esaminate, esse non arrivano a
instaurare un autentico dialogo con la collettività, facendo così venire meno uno degli aspetti
caratterizzanti la rivoluzione artistica post-anni
sessanta che ricercava invece un’arte aperta alla
comunicazione col “pubblico”, nelle varie accezioni del termine12. Le opere del 2% sono opere
raccolte attorno alla loro natura materiale, tradizionali nella loro essenza, incastrate in un
limbo irrisolto tra passato e presente. Non appartengono più alle arti decorative che regalavano integrità, finitezza e identità a un oggetto
architettonico, ma neanche all’arte “pura” a loro
contemporanea, che pone invece il medium in
un piano subalterno rispetto agli aspetti comunicativi dell’idea, con uno spirito totalmente
opposto a quello del “materiale pregiato”.
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Proprio negli anni sessanta e settanta l’arte
“pura” sta uscendo dallo “spazio di conforto”
del museo per scendere letteralmente nelle
strade, nei luoghi pubblici e quotidiani: dopo
che la Pop Art aveva portato nelle sale delle
gallerie immagini appartenenti all’immaginario
“basso” dei mass media, l’artista concettuale Joseph Kosuth (Toledo 1945) compie il procedimento opposto: affigge manifesti pubblicitari di
grande formato nelle strade delle città per
“esporre” le sue Investigation: Art as Idea as Idea,
opere linguistiche che usano definizioni tratte
dal dizionario, precedentemente presentate sulle
pareti museali e, in un secondo momento, pubblicate su giornali e riviste, in un graduale e
spiazzante passaggio tra luoghi dell’arte e luoghi
della vita pubblica13. Non vi è più traccia della
volontà di “abbellire” lo spazio pubblico, quello
che conta è la sua potenzialità come luogo di
scambio intellettuale, come agorà. Lo stesso
principio vale per gli edifici: che siano musei,
come accade nei Real Time System di Hans Haacke, o lo spazio dell’università, come in Windham College Pentagon del 1968 di Douglas Huebler (Ann Arbor, 1924 - Cape Cod, 1997), le
opere degli artisti concettuali sono sempre
aperte alla comunicazione – con la vita sociale
nel caso di Haacke, con i luoghi della natura
nel caso di Huebler. In maniera ancora più
esemplare aveva proceduto l’americano Allan
Kaprow (Atlantic City, 1927 - Encintas 2006)
che nei tardi anni Cinquanta aveva inventato
il concetto di happening dal quale avevano avuto
origine nuove modalità espressive così descritte
dal critico americano Jack Burnham:
gli happening stabiliscono una indivisibilità tra
se stessi e la vita di tutti i giorni; consciamente
evitano materiali e procedure identificate come
arte; consentono ampiezza e mobilità geografica;
includono esperienza e durata come parte della
loro struttura estetica; ed enfatizzano attività
pratiche come i più significanti metodi di procedimento14.
Gli happening si svolgevano nei luoghi della
comunità, prevedevano una relazione tra le
persone e con l’ambiente, e oltre a interagire
con esso lo condizionavano: come sottolinea
Burnham vi è una scelta precisa di non impiegare materiali, né tecniche, tradizionalmente
artistiche. Una tendenza che coinvolgerà anche altre manifestazioni come la performance,
l’arte processuale in senso lato, l’arte linguistica
caratteristica del Concettuale15. Tutto ciò è
l’esatto opposto di ciò che viene riconosciuto
come “arte pubblica” a livello ufficiale.
In Italia, poi, il legame con la materia dell’arte
appare ancora più vincolante di quanto avvenga in altre nazioni del mondo, Stati Uniti
in primis: lo stesso movimento italiano dell’Arte Povera, pur mostrando una profonda
connessione con gli aspetti concettuali che
negli anni Sessanta stavano pressoché ovunque
conducendo alla de-materializzazione dell’opera d’arte, è sensibilmente legata alla materia e alla tecnica che gli artisti impiegano.
Così come sono più pressanti che in altri paesi
i movimenti di ritorno alla figuratività negli
anni ottanta.
Durante il novecento, a partire dalle ricerche
di Marcel Duchamp, l’arte ha visto progressivamente venire meno non solo la materia in
sé ma il valore, la centralità conferita alla materia, culminata nell’impiego dei nuovi strumenti tecnologici, soprattutto digitali; a fronte
di tale processo l’Italia ha sempre dimostrato
una forte volontà di spinta nell’opposta direzione, una tenace materializzazione e ri-materializzazione dell’arte, forse sulla base della radicata convinzione che un’opera d’arte abbia
nella sua natura fisica la sua identità, che sia
appunto un “patrimonio” e come tale misurabile, vendibile, delimitato nello spazio e, possibilmente e col nostro apporto, non soggetto
all’influenza del tempo.
La legge del 2% è, perciò, uno specchio anche
psicologico del rapporto del popolo italiano
con l’idea, a volte preconcetta, di cosa sia
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“creare arte”: plasmare, manipolare materia
per far scaturire un oggetto, la cui sola presenza
garantirebbe un miglioramento estetico – e
anche morale – di un progetto architettonico.
Eppure, proprio l’arte immateriale ha dimostrato a più riprese di essere in grado di mutare
radicalmente anche l’apparenza di uno spazio
collettivo. Soprattutto gli artisti americani
hanno saputo realizzare in spazi pubblici del
nostro paese, profondamente connotati in
senso storico e culturale, opere emblematiche:
si pensi a I linguaggi dell’equilibrio, l’opera che
Joseph Kosuth allestì nel 2007 in occasione
della Biennale di Venezia nell’Isola di San Lazzaro degli Armeni e che prevedeva una scritta
al neon di 150 metri disposta su diverse parti
dell’architettura del complesso monumentale16;
oppure al lavoro di Dan Flavin (New York,
1933-1996) nella Chiesa di Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa a Milano dove
l’opera d’arte, attiva dal 1996, è l’illuminazione
degli interni del luogo sacro: una luce che
muta colore e allude al mondo metafisico.
Opere semplici nelle loro concezione – il linguaggio da una parte, la luce nell’altra, ove il
medium è aspetto secondario – e che pure si
dimostrano capaci di integrarsi con l’architettura, nella sua dimensione ambientale, come
un tempo facevano le arti decorative quando
rientravano in un progetto che traguardasse
l’obiettivo dell’unità stilistica e comunicativa.
Le opere pubbliche poste in essere dall’applicazione della “legge del 2%” raramente raggiungono tale obiettivo: come già evidenziato
sono spesso semplici inserzioni di oggetti artistici, spesso confinati in luoghi secondari dell’architettura e privati di ogni possibilità comunicativa. Agli artisti, nondimeno, viene
spesso chiesto di realizzare opere che, nell’iconografia, rimandino alla città e alla funzione
specifica dell’edificio ed è pertanto interessante
valutare, dal punto di vista storico-artistico e
culturale, in che modo i differenti artisti abbiano ottemperato a tale richiesta: alludendo
a modelli classici con materiali però innovativi,
come accade con il Chirone di Vicentini – personaggio mitologico che inerisce proprio al
tema dell’istruzione dei fanciulli –, realizzato
con metallo industriale di recupero; eludendo
il soggetto attraverso soluzioni allegoriche,
come negli esempi citati di Pestelli e Leverone;
rappresentando figurativamente attività umane
legate strettamente allo scopo dell’edificio pubblico, come accade nel palazzo di Viale Brigate
Partigiane oppure nel palazzo sede delle società
sportive e federazioni di canottaggio sulla Fascia
di Rispetto di Prà, costruito negli anni 2000.
In quest’ultimo caso, i quattro pannelli a bassorilievo dipinti da Pietro Millefiore (Genova,
1956) mostrano proprio canottieri in gara ma
la tecnica e il materiale sono abbastanza inediti
per un 2%, poiché si tratta di modellatura del
cartone applicata sul pannello, ricoperta di resina acrilica e infine colorata. I pannelli vengono apposti nel 2004 sulle porte d’ingresso
del bar dell’associazione, in una posizione scarsamente illuminata, e sono testimonianza di
una maggiore apertura anche in sede ufficiale
verso i “nuovi media” artistici – seppur sempre
indiscutibilmente legati a una natura estremamente materiale dell’opera (scheda n. 38).
Una legge nata con l’intenzione, tra le altre, di
dare supporto agli artisti mette perciò in risalto,
involontariamente, le innumerevoli contraddizioni di un paese che vede sì, in essi, i potenziali
artefici del proprio patrimonio in divenire ma
che, tuttavia, non può fare a meno di collocarli
in una posizione subalterna rispetto alle esigenze
strettamente pratiche, finanziarie, industriali17.
Ciò risulta particolarmente palese se si guarda
agli anni del boom economico, periodo in cui
la gran parte delle istituzioni culturali italiane
non si era mostrata davvero interessata a guardare a ciò che stava accadendo all’arte internazionale, alle prese con una messa in discussione
dalle sue fondamenta, e si era limitata a sponsorizzare un’idea astratta e tradizionale di oggetto
artistico come “bene d’acquisto”.
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E se, da un lato, l’arte immateriale delle neoavanguardie è stata destinataria, in Italia, di una
diffusa ostilità, dovuta alla sua presunta cripticità e ai suoi presupposti anti-estetici, le opere
del 2% non godono di fatto di una sorte migliore: gli esempi descritti sono quelli più felici,
poiché l’opera è stata comunque realizzata, seppure in tempi lunghi, mentre molti sono i casi
occorsi in cui si è preferito rinunciare a fare
eseguire un lavoro artistico, ripiegando, come
consentito dalla legge, sull’acquisto di opere
già pronte; non di rado, inoltre, la legge è stata
del tutto disattesa oppure le controversie sorte
intorno alla sua applicazione hanno dato vita
a contenziosi che ancora devono essere risolti.
In ogni caso, le opere del 2% rappresentano un
pezzo di storia italiana, una testimonianza diretta
e tangibile della convergenza tra diverse forze
in gioco: l’ideologia, l’architettura, gli iter legali
e burocratici e la storia personale degli artisti
che, grazie a questi concorsi, nutrivano l’aspirazione che il loro operato creativo venisse riconosciuto e anche retribuito dallo Stato. L’importanza storica di queste opere è stata, fino ad
ora, sottovalutata, al punto che molta documentazione risulta distrutta o dispersa, nonostante la realizzazione relativamente recente degli interventi. Diventa importante, perciò, oltre
allo studio approfondito e all’azione di schedatura che la Regione Liguria ha finalmente reso
possibile, una futura valutazione riguardo alla
loro “sopravvivenza” che preveda eventuali
provvedimenti di monitoraggio, protezione e
restauro, trattandosi di manufatti che, in quanto
“ospiti” in luoghi pubblici, sono particolarmente
esposti a danneggiamenti: si veda, ad esempio,
la scultura in marmo di Carrara Halexe di Antonino Cerda (Agrigento 1955), composta da
tre elementi geometrici a tutto tondo e creata
per la fontana dei giardini “Ex Elah” a Genova
Prà; l’opera, realizzata nel 2002, appare già compromessa da innumerevoli graffiti, mentre la
fontana stessa non è più funzionante da tempo
(scheda n. 37).
Il rischio più concreto che queste opere corrono
è quello di diventare “oggetti invisibili” proprio
per molte delle ragioni qui trattate: la loro natura
di opere intrinsecamente materiali è diventata
paradossale concausa della loro difficoltà a essere
veramente presenti nell’ambiente che occupano.
Nonostante ciò, esse sono parte significativa del
percorso artistico di molti artisti italiani del Novecento, i quali lavorando nel contesto dell’applicazione della “legge del 2%” potevano misurarsi con i vincoli della committenza pubblica,
arrivando in alcuni casi a realizzare interventi
di non trascurabile interesse. Le opere del 2%
fungono anche da contraltare e termine di paragone importante nello studio dei movimenti
artistici di natura differente a loro contemporanei: l’evoluzione della legge, i modi e tempi della
sua applicazione concreta corrono su una linea
parallela a quella delle manifestazioni artistiche
che si presentano nel nostro paese nel corso
degli stessi decenni. Lo studio dell’una è utile a
una definizione maggiore dei contorni dell’altra
e offre a chi voglia analizzare la storia dell’arte
italiana del dopoguerra un tassello che non deve
mancare.
NOTE:
1
Cfr. Manfredo Tafuri, Storia dell’architettura italiana (19441985), Einaudi, Torino 1986, pp. 41-51.
2
Cfr. Pasquale De Meo, Maria Luisa Scalvini, Destino della
città: strutture industriali e rivoluzione urbana , Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1965.
3
Cfr. Manfredo Tafuri, Teoria e critica nella cultura urbanistica
italiana del dopoguerra, in La citta territorio. Un esperimento didattico sul Centro direzionale di Centocelle, Leonardo da Vinci
Editrice, Bari 1964, pp. 39-40.
4
Cfr. Vittorio Franchetti Pardo (a cura di), L’Architettura nelle
città italiane del XX secolo. Dagli anni Venti agli anni Ottanta,
Jaca Book, Milano 2003, pp. 29-30.
5
Franco Sborgi, Lorenzo Garaventa, catalogo della mostra
(Genova, Museo di S. Agostino 11 novembre 1992 - 15 gennaio 1993), Tormena, Genova 1992.
6
Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria,
cartella “Pratica espletata con relativo collaudo”, documento
del 2 maggio 1966 relativo al Bando di concorso nazionale ai
sensi della legge 29 luglio 1949 n. 717 e della legge 3 marzo
1960 n. 237 per la creazione ed esecuzione di opera d’arte nel
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nuovo edificio scolastico “A. Volta” sito in Genova via Cornigliano (scheda n. 6).
7
Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria,
cartella “Pratica espletata con relativo collaudo”, documento
senza data relativo al Bando di concorso nazionale ai sensi
della legge 29 luglio 1949 n. 717 e della legge 3 marzo 1960
n. 237 per la creazione ed esecuzione di opera d’arte del nuovo
edificio scolastico adibito a scuola media nella Villa Doria a
Genova Pegli; nella cartella sono contenuti altri documenti
risalenti al biennio 1968-1969 (scheda n. 5).
8
Lucy R. Lippard, Six Years: The Dematerialisation of the Art
Object from 1966 to 1972, Praeger, New York 1973.
9
Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria,
Fondo Legge 2%, cartella “Pratica espletata con relativo collaudo
Genova Sampierdarena - Liceo “E. Fermi”, perizia del 13 luglio
1967 Mod. N. 454 A, Costruzione del Liceo Scientifico “E.
Fermi” in Genova Sampierdarena - Computo delle opere d’arte
di abbellimento ai sensi della Legge 29 luglio 1949, n. 717 modificata con la legge 3 marzo 1960, n. 237 (scheda nn. 26a e 26b).
10
Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria,
Fondo Legge 2%, cartella “Pratica espletata con relativo collaudo
Genova Sampierdarena - Liceo “E. Fermi”, documento della
Provincia di Genova del 15 novembre 1969 relativo al Concorso
Pubblico per la progettazione ed esecuzione delle opere artistiche
per la nuova sede del Liceo Scientifico “Enrico Fermi” in Genova
Sampierdarena; il documento porta le firme di Carlo Pastorino
(Presidente) e di Gastone D’Arin (Segretario Generale).
11
Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, Fondo Legge 2%, fascicolo illustrativo dell’opera intitolato
Adriano Leverone – Dalla terra al cielo, cimitero dei Pini Storti
di Sestri Ponente, Genova 2004 (scheda n. 14).
12
Boris Groys, Going public, Postmedia Books, Milano 2013,
pp. 11-12.
13
John Bird, Michael Newman, Introduction, in John Bird,
Michael Newman (a cura di), Rewriting Conceptual Art, Reaktion Books, London 1999, p. 17.
14
Jack Burnham, Systems Esthetics, in “Artforum”, a. VII, n.
1, settembre 1968, pp. 30-35.
15
Cfr. Marshall McLuhan, Il medium è il messaggio, Corraini
Edizioni, Mantova 2011, (ed. or. The Medium is the Message.
An Inventory of Effects, 1967), p. 63.
16
Joseph Kosuth, Languages of Equilibrium / I linguaggi dell’Equilibrio, Mondadori Electa, Milano 2009.
17
Cfr. anche Claudia Collina (a cura di), Il percento per l’arte in
Emilia-Romagna. La legge del 29 luglio 1949 n. 717: applicazioni ed
evoluzioni del 2 per cento sul territorio, Compositori, Bologna 2009.
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Ricognizione Sul teRRitoRio
vicende StoRiche dell’ApplicAzione dellA “legge del 2%” in liguRiA,
RiceRcA documentARiA e SchedAtuRA degli inteRventi
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L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%”
IN PROVINCIA DI GENOVA
Per un percorso attraverso rinnovamento urbano e decorazione
pubblica a Genova tra gli anni ’50 e l’inizio del nuovo millennio
Rocco Pietro Spigno
La spinta urbanistico-architettonica impressa all’Italia negli anni problematici del regime fascista
viene drasticamente interrotta dalla guerra e anche a Genova, come nel resto della penisola, il
periodo del conflitto costituisce una dolorosa cesura anche per le vicende costruttive cittadine1.
La ripresa di tali attività avviene verso la fine
degli anni ’40, quando almeno i danni “riparabili” inferti dai bombardamenti si possono
considerare in gran parte risarciti. Proprio in
quegli anni, infatti, il Piano INA Casa dà avvio
a una nuova urbanizzazione, offrendo nel contempo case per i lavoratori e rimedio alla dilagante disoccupazione.
La produzione architettonica genovese degli
anni ’50 è caratterizzata da una adesione massiva
alle istanze razionaliste e funzionaliste espresse
soprattutto nel riferimento alla ricerca internazionale di Gropius e Le Corbusier. Tuttavia,
proprio in relazione al sopraccitato Piano, fioriscono in città situazioni differenziate, alcune
delle quali di alto livello tecnico ed estetico,
altre meno innovative e maggiormente conservatrici, come gli edifici INA Casa di San Teodoro, che fondano il proprio senso sull’idea della
casa-torre, tipica del contesto genovese2.
Una sintesi tra i più recenti stimoli funzionalisti e la tradizione locale è tentata da Giulio
Zappa nell’ideazione delle Case Popolari di
viale Teano, nelle quali la proporzionalità contenuta e l’accentuazione volumetrica essenziale
costituiscono un legame con il territorio, mentre l’elevazione delle architetture su agili pilotis
indica un evidente aggancio alla modernità e
alla più avanzata ricerca europea. Di significato
decisamente innovativo sono, invece, i quartieri INA Casa Bernabò Brea (1950-53)3, nonché quelli di Mura degli Angeli (1954-62) e
di Forte Quezzi (1956-68). Nel primo Luigi
Carlo Daneri, Luciano Grossi Bianchi e Giulio
Zappa si dimostrano particolarmente attenti
alla funzionalità degli edifici, ai servizi, al territorio, alla varietà estetica delle architetture
gestite nella evidente contrapposizione tra
pieni e vuoti e articolate in altezza in rapporto
al parco con cui si mettono in dialogo. Nel secondo, progettato da Luigi Carlo Daneri per
offrire alloggio a ottocento persone, l’esteso
organismo architettonico trova ispirazione
nell’Unité d’Habitation di Le Corbusier ed esteticamente è ritmato da pilastroni e lunghe cornici marcapiano, tra i quali trovano affaccio
sul panorama cittadino tutte le abitazioni4.
Forte Quezzi, infine, nasce destinato a
un’utenza di cinquemila persone e alla sua progettazione concorrono Daneri, Fuselli, Morozzo
della Rocca, Pateri, Pulitzer, Sibilla. L’idea originale e del tutto innovativa per la città è
quella di assecondare, con la ciclopica estensione delle architetture, le curve orografiche
del terreno, proponendo, come nel caso dell’edificio maggiore progettato da Daneri, l’idea
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di una grande unità abitativa sul modello,
come già avveniva a Mura degli Angeli, della
Ville Radieuse di Le Corbusier5.
In queste operazioni costruttive destinate a
una fruizione popolare si esprime il gotha della
progettazione architettonica cittadina, occupato contemporaneamente nella produzione
di architetture di diversa funzione e destinazione. Così Daneri si distingue per la progettazione delle case signorili al Lido d’Albaro,
con una rivisitazione di Le Corbusier modulata
in rapporto al contesto paesaggistico di corso
Italia, richiedente volumi calibrati. Le tre palazzine di quattro piani, sorrette da pilotis e disposte a U, evocano la struttura urbanistica
della piazza del Mare, altrimenti detta Case
Alte alla Foce, opera dello stesso architetto.
Quest’ultima, fortemente apprezzata da Piacentini per l’organizzazione degli spazi, costituisce notevole esempio di adeguamento alle
istanze della contemporaneità, nell’elaborazione di un modello architettonico e urbanistico perfettamente aderente alle istanze di un
funzionalismo risolto nel rigore estetico6.
Tra gli edifici più interessanti sorti in città poco
oltre la metà degli anni ’50 vale la pena di ricordare, di diversa sostanza e sorprendente impatto estetico, il Palazzo già degli Uffici tecnici
del Comune (1956-58) in via Amba Alagi, progettato, poco prima della guerra, da Robaldo
Morozzo della Rocca, imponente costruzione il
cui andamento perimetrale sinuoso costituisce
elemento di sorpresa nel forte impatto volumetrico dei movimentati prospetti rivestiti in pietra
di Finale. Dello stesso autore è d’obbligo ricordare, più tarda di qualche anno, Villa Ollandini
(1958-62)7, cui si accennerà in seguito.
Intanto si continuavano le opere pubbliche cittadine e la Fiera del Mare, opera di Daneri, Chiari,
Braccialini, Mangiarotti, con il Palazzo dello Sport
di Finzi, chiudono, obbedienti a un criterio di
multifunzionalità e agile gestione degli spazi, il
quinto decennio del secolo, fornendo occasione
di promozione internazionale per la città.
Tra le opere pubbliche di grande rilievo sono
da ricordare le istituzioni museali: dall’albiniana rifunzionalizzazione dei Musei Comunali
di Strada Nuova, che costituisce modello
esemplare per l’Italia di quegli anni, al brano
poetico di grande suggestione, concretizzato
dallo stesso autore nel Museo del Tesoro di
San Lorenzo, ricavato nella significativa penombra del sottosuolo del chiostro del palazzo
vescovile e collegato alla cattedrale mediante
un corridoio, favoloso e arcaico spazio, appena
rischiarato dalla flebile luce degli inserti in vetrocemento, nel quale si incontrano simboli,
storia, ricchezza e bellezza, in un gioco di contrappunto con la severa intelligenza dell’impianto a tholoi8.
Mentre la città sta faticosamente riprendendosi
dai disastrosi eventi bellici, la legge 717 del
1949 giunge a confortare la rinnovata architettura con interventi artistici, finanziati in rapporto al 2% del valore dell’immobile. Tali interventi sono destinati alle architetture
pubbliche di cui la città, nel nuovo assetto urbanistico e architettonico, va punteggiandosi.
Non è una novità per l’architettura essere accompagnata a situazioni di carattere artistico e
decorativo: lo si era ben visto con la legge Bottai, durante il ventennio, quando la politica del
regime aveva trovato nell’arte, alla quale si dava
per cornice l’architettura, una degna alleata nei
propri intenti propagandistici. Tali intenti trovano trasfigurazione e rinnovamento nella legge
del 1949, in rapporto alla nascita e crescita di
uno stato democratico che ha finalmente riconquistato e che vuole dimostrare, attraverso
l’arte, libertà di giudizio e di espressione.
Per dare corso alla legge, è necessario sottoporre i bozzetti dell’opera a una commissione
ufficiale di cui fanno parte solitamente il Soprintendente ai Beni Mobili, il progettista
dell’edificio, un rappresentante dell’Amministrazione pubblica e due rappresentanti degli
artisti, i quali, attraverso una selezione che
tenga conto della qualità dell’opera, del carat-
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tere di originalità, della congruenza del tema
in rapporto alla destinazione d’uso del nuovo
organismo architettonico, assegnano il lavoro
a uno o più partecipanti alla selezione.
I. Gli anni ‘50 tra rigore compositivo e
occasione per ripensare la decorazione
Circa gli esiti relativi alla decorazione pubblica genovese dagli anni ’50 in avanti, vale
la pena di soffermarsi su alcune delle opere
che hanno accompagnato l’applicazione della
legge di cui sopra.
A risarcire i danni inferti dai bombardamenti
nei portici di Sottoripa sorgeva nei primi anni
’50 il Grattacielo delle Poste9, architettura costruita dalla romana Società Immobiliare Generale e poco amata dai genovesi, perché lontana dalla tradizione estetica della Ripa Maris,
sebbene utile al risarcimento dei volumi che
erano stati stravolti dal conflitto e capace di
garantire, in termini di funzionalismo architettonico, le condizioni ideali per il lavoro che
all’interno di esso doveva essere svolto. L’edificio, inoltre, recupera non solo l’idea della
casa torre genovese, ma altresì si collega ai due
grattacieli di recente tradizione cittadina (Piacentini e Rosso in Piazza Dante), attraverso il
grande basamento a più piani, da cui si diparte
l’elevazione dell’organismo architettonico, in
maniera simile a quello che sarebbe poi accaduto nel grattacielo di Luigi Vietti per la Banca
Popolare di Novara costruito nel 195910 e in
quello della SIP, nato su progetto di Piero
Gambacciani, Melchiorre Bega e Attilio Viziano tra il 1964 e il 1968. Il rigore compositivo
della costruzione, basato sulla geometria pulita
delle forme, si scompone nel portale d’accesso
all’edificio, nel quale creano movimentazione
chiaroscurale i sei rilievi di Giuseppe Tampieri11, raffiguranti le attività marine e terrestri
legate al lavoro sul territorio. L’artista, fortemente ancorato alla tradizione figurativa, pone
in sequenza, sugli stipiti del portone, la voca-
zione marinara della città legata all’“esplorazione di terre lontane”, alla “pesca” e alle “attività portuali”; quindi “le attività agricole”,
“l’artigianato” e “il lavoro industriale”. Il segno
evidenzia forme materiche ed essenziali, che
si stagliano su sfondi costellati di elementi decorativi ai quali si delega il compito di creare
la suggestione chiaroscurale, richiamando attenzione ai rilievi. Non è ancora spenta in
Tampieri l’eco della cultura novecentista, particolarmente evidente nelle figure umane e
nei temi del lavoro dell’uomo, qui emblematici
di progresso e libertà (scheda n. 1).
Agli stessi anni (1953-57) risale l’intervento
di Edoardo Alfieri12 a coronamento dell’edificazione del Porticato di S. Antonino, ultimo
importante lotto del Cimitero Monumentale
di Staglieno, all’interno del quale troveranno
collocazione opere dei maggiori scultori italiani
di quegli anni. Le statue di Alfieri, rappresentanti Fede e Speranza13, sono poste ai lati dell’accesso principale del porticato e, simbolicamente, sembrano dare avvio al clima artistico
contemporaneo che caratterizza questa porzione cimiteriale (schede nn. 19a e 19b). L’artista, attento alla dinamica delle forme grazie
a una giovanile esperienza futurista, fa del movimento uno dei propri stilemi compositivi,
sia che operi all’interno di un sistema espressivo innovativo, sia che si esprima attraverso
forme tradizionali come nel caso delle due statue in questione. La dimensione classico-naturalistica su cui si fondano le due opere acquisisce valenza spirituale nell’allungamento
delle forme e nel lieve disassamento dei corpi
che, attraverso la contenuta torsione dei busti,
trova naturale conclusione nei volti orientati
al cielo, testimoniando, attraverso tale gesto,
certezze “altre” oltre il limite della materia. Il
ricordo delle esperienze scultoree tardogotiche
modula l’impostazione tradizionale delle statue
che acquisiscono, anche grazie a ciò, senso
compiuto proprio in rapporto al luogo per cui
sono state concepite.
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Lo stesso autore, nel 1954, si aggiudica il Concorso per i rilievi dell’atrio del Palazzo degli
Uffici14 della Provincia di Genova, con un
bozzetto ispirato al motto “La città del Sole”15.
L’opera è costituita da sei rilievi raffiguranti le
Opere pubbliche, l’Assistenza all’infanzia, l’Assistenza ai malati di mente da un lato e le Attività
marinare, le Attività agricole e l’Istruzione pubblica dall’altro. I pannelli (scheda n. 2), in pietra di Vicenza, sono occupati da grandi ed essenziali figure, caratterizzate da una gestualità
ritmica, che emergono da fondi poco lavorati.
La dimensione classica dell’autore si esprime
attraverso l’insistenza sulle forme umane, rese
più evidenti dagli scarni interventi decorativi
e da una sorta di geometrizzazione dei corpi.
L’altorilievo offre possibilità espressive attraverso il dialogo fra la profondità delle ombre e
le vaste porzioni di materia in piena luce.
Nella più moderna e ampia strada genovese
pensata da Marcello Piacentini a copertura del
torrente Bisagno e costruita tra il 1923 e il
1930, si progetta, nel 1949, ad opera di Aldo
Mattei16, l’edificio sede dell’Ufficio del Genio
Civile. Di struttura cubica e ricoperto con lastre
di travertino, conserva all’interno una serie di
mosaici realizzati da Eugenio Da Venezia17 su
progetto proprio e di Riccardo Licata18 (scheda
n. 18a). I due mosaici del piano terra rappresentano la Città di Genova evocata nei suoi
monumenti medievali più noti e il Porto con
le sue strutture di servizio e le navi. Altri cinque
mosaici trovano posto sulle pareti dei pianerottoli, tra un piano e l’altro dell’edificio, venendo a creare una fascia decorativa ascendente, incastonata tra le due verticali in
vetrocemento da cui prendono luce le scale.
Le tematiche dei mosaici sono attinenti alle
attività ingegneristiche del Genio Civile e rappresentano, in sequenza, dal primo all’ultimo
piano, l’Attività costruttiva, la Carpenteria lignea,
lo Sbancamento, la Costruzione dei ponti, la Progettazione ingegneristica. Gli autori, di provenienza veneziana e dunque costituzionalmente
addentro alle questioni musive, mantengono
in questa impegnativa opera, la loro singola individualità. Da Venezia, incline alla dimensione
paesaggistica di ascendenza postimpressionista,
riassume in maniera esemplare l’ambiente cittadino e portuale, mettendo in evidenza la
struttura articolata della città compressa tra
mare e monti, nonché l’arco del porto con i
suoi moli e le alte case che caratterizzano l’ambiente urbano circostante. Navi, gru e pontoni
galleggianti in primo piano evocano il mondo
del lavoro che gravita attorno alla città. Le
altre scene sono più pertinenti allo stile di Licata, per quella dimensione ritmico musicale
che caratterizza la sua arte di quegli anni. La
gestualità insistita e ripetuta dei personaggi
pare riferirsi, infatti, allo studio che l’autore
aveva portato avanti sui gesti dei direttori d’orchestra, qui applicati alle attività lavorative
nell’ambito della sfera ingegneristico costruttiva. L’iterazione dei gesti, così come di altri
elementi della composizione - quali, ad esempio, i movimenti dell’acqua nella Costruzione
dei ponti - sembra assumere valenza simbolica,
confortata dalla bidimensionalità delle immagini, particolarmente cara ai maestri veneziani.
Il programma decorativo dell’edificio si completa nei due rilievi in rame smaltato applicati
a supporti in marmo rosa del Portogallo, collocati nella sala riunioni degli uffici al secondo
piano. Le opere, realizzate da Idro Colombi
nel 195519, rappresentano le attività legate al
mare (scheda n. 18b). In questo rilievo realizzato dall’autore nella sua tarda maturità, con
la collaborazione di Marisa Micca e altri componenti della Comunità artistica di Torino20,
le figure umane mantengono un ruolo di primo
piano nell’economia del racconto; esse, tuttavia, sono semplificate ed essenziali e la dimensione volumetrica, perseguita dall’autore nella
prima fase del suo percorso, viene ora esaltata
dagli inserti cromatici. Il tratto vivace si accompagna a forme dinamiche assemblate sopra
la lastra marmorea, rese guizzanti dall’incidenza
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della luce e dal contrasto cromatico tra i rilievi
e il loro fondo.
Come si è detto più sopra, gli anni ’50 sono
per Genova l’inizio di un intenso periodo di
crescita urbanistica applicata allo sviluppo
dei quartieri periferici e delle valli interne,
costruzioni per lo più legate a esigenze abitative, in una città in cui si afferma sempre di
più la dimensione industriale che si rivelerà,
almeno fino agli anni ’80, traino dell’economia cittadina. La Val Bisagno, oltre ai modelli
abitativi che ne popolano le colline e ne caratterizzano la geografia, si apre alla progettazione e all’edilizia di servizio. Rimesse per i
mezzi pubblici, sottostazioni elettriche, impianti sportivi e, nel 1950, gli Uffici AMGA
in via Piacenza, progettati da Renato Tassistro21, la cui cifra stilistica conduce ad una
logica tra Razionalismo e Neoplasticismo, riportando altresì a De Klerk della Scuola di
Amsterdam in un gioco tra volumi, spazi prospicienti la strada, forme morbide e curvilinee
in dialogo con la squadratura della torre per
uffici, utile a connotarne la forma che, di profilo, ricorda quella di una nave con la prua
orientata verso mare. Nella sala deputata a
refettorio, ora utilizzata come palestra, trovano posto, recentemente restaurati, i graffiti
di Emanuele Luzzati22 e Dario Bernazzoli23,
realizzati nel 1949, a completamento dei lavori di decorazione del complesso. I graffiti,
su fondo color mattone che riprende il colore
dominante del paramento murario esterno,
raccontano la storia del lavoro da Adamo ed
Eva alle industrie del ’900, mettendo in luce
la funzione trainante delle attività umane descritte con segno gioioso, da leggersi in rapporto a un presente e a un futuro densi di
promesse e positività24.
Proseguendo un percorso che tenga conto della
cronologia, è d’obbligo fare riferimento alle
opere decorative nate in rapporto alla costruzione dell’edificio municipale di Recco. Esso
costituisce il fulcro del nuovo assetto urbanistico
della cittadina rivierasca dopo i disastri del secondo conflitto mondiale25 e si fa portatore di
un funzionalismo pulito, addolcito appena dalla
presenza di una balaustra marmorea a colonnine, che manifesta lontani echi storicistici. Gli
interventi decorativi a rilievo sono affidati a
Nanni Servettaz26 e raffigurano, in facciata, le
Gioie dell’Uomo e il Lavoro, mentre all’interno,
Biagio Assereto e Nicolosio da Recco. I due rilievi
di facciata in pietra di Finale, datati 1955 e
posti ai lati estremi della stessa, pur se risolti in
un linguaggio di assoluta contemporaneità, manifestano evidenti e precisi richiami a opere antiche, tradotte in uno stile grafico accentuato,
caratterizzato da profondi solchi delineanti il
contorno delle figure poste in sequenza ritmica
(scheda n. 42b). Una tavola bronzea a firma di
Guido Galletti27, datata 1954, raffigurante San
Giovanni Bono benedicente, porta in scena la
città ricostruita, ponendo in evidenza, subito
dietro alla figura del vescovo, la chiesa parrocchiale e il palazzo municipale all’interno del
quale l’opera è contenuta.
Nel proseguire un percorso ideale attraverso
alcune tra le più significative opere di decorazione degli edifici pubblici nella provincia di
Genova è interessante notare come sia stato
possibile trovare applicazione della legge 717
del 1949 anche in Val Fontanabuona. Sebbene
i documenti testimonino che il progetto decorativo per la scuola elementare e di avviamento professionale di Cicagna prevedesse in
un primo momento l’esecuzione di grandi rilievi raffiguranti Minerva, la Madonna dei Miracoli, la Famiglia e i Miracolati e l’Allegoria dell’Industria e del Commercio reggente lo stemma
di Cicagna, l’unica opera realizzata e tuttora
presente all’ingresso dell’edificio è un rilievo
in ardesia raffigurante la Famiglia, l’Agricoltura
e l’Industria dell’ardesia, eseguito negli anni ’60
da Vittorio Tollo Mazzola28. L’opera entra nel
merito della dimensione sociale e lavorativa
della Val Fontanabuona e si esprime attraverso
la solida plasticità dell’altorilievo, favorita da
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una adesione allo stile di Novecento, contaminato da una tendenza espressionistica di derivazione sudamericana (scheda n. 17).
II. Arte per l’architettura tra novità e
tradizione: gli anni ’60
72
Il decennio successivo è in buona parte caratterizzato dall’adeguamento delle infrastrutture e
dalla costruzione di architetture di servizio pubblico, quali scuole e stabili per uffici; si apre altresì
all’uso della prefabbricazione, sul modello di ciò
che stava avvenendo anche nel resto d’Europa e
all’impiego delle tecnologie più avanzate quali,
ad esempio, l’uso della struttura in acciaio.
A quest’ultima si riferiscono gli architetti Fera,
Grossi Bianchi e Romano nella progettazione
della Strada Sopraelevata (1961-1962) tra la
Foce e Sampierdarena, infrastruttura destinata
ad assorbire il traffico automobilistico nei collegamenti tra il centro e il ponente cittadino.
La pesante struttura che fiancheggia per un
lungo tratto le mura sul lato a mare (come un
tempo facevano le terrazze di marmo) entra
con prepotenza all’interno del tessuto storico
urbano in prossimità del Mandraccio e prosegue
frapponendosi tra la città e il suo porto, come
facevano le antiche mura, fino a Sampierdarena, provocando una sorta di ingombro visivo
tra i portici, gli edifici della Ripa e le loro viste
sul bacino portuale, ma favorendo nel suo percorso aereo su due carreggiate indipendenti,
ottenute con solette di cemento armato ancorate alla struttura metallica, l’approccio visivo
con Genova e il suo anfiteatro di colline29.
Negli stessi anni (1960-1967) si progetta, ad
opera di Morandi e Cherubini, il Viadotto sul
Polcevera, facendo appello alle ultime risorse
tecnologiche e creando, grazie a cavalletti,
stralli e tiranti, un ponte sospeso di grande
estensione, duplicazione a grande scala di
quello di analoga paternità alla Magliana.
Il Piano Regolatore generale varato nel 1959
aveva esteso l’edificabilità a buona parte della
superficie comunale, dando avvio a una fase
di speculazione edilizia selvaggia e incontrollabile che non avrebbe tenuto conto della storia dei luoghi, della loro conformazione, della
loro vocazione, producendo edifici di difficile
accessibilità, privi di spazi vitali e di servizi indispensabili quali, ad esempio, garage e posti
auto; edifici costruiti con materiali scadenti e
per nulla curati nel loro aspetto esteriore. Il
verde delle colline genovesi lascia forzatamente e velocemente il posto alla cementificazione indiscriminata del territorio con disastrose conseguenze estetiche e con pesantissime
ripercussioni sul governo delle acque: nella furia edificatoria viene sottovalutato il problema
del corretto incanalamento e del conseguente
sbocco a mare dei rivi, causa prima dei ciclici
disastri idrogeologici del territorio genovese,
tristemente noti a tutti.
A fianco di un’edilizia scriteriata e indirizzata
esclusivamente al guadagno, perdura in città
anche una pratica progettuale e costruttiva di
pregio, attenta sia alle novità strutturali sia al
territorio e alla sua storia.
Dalla recente tragica storia bellica prende vita in
Robaldo Morozzo della Rocca, l’idea di Villa Ollandini (1958-1962), poetico e indelebile ricordo
di una tragedia, materializzato in uno dei più interessanti edifici genovesi di quegli anni, sorto
sulle rovine di una precedente costruzione. Dallo
squarcio inferto dal bombardamento nasce l’idea
di una forma che diventi monito per la storia futura e insieme momento di emergenza estetica
cittadina; dotato, per posizione geografica, di
grande visibilità, risulta molto curato nei materiali
in un contrappunto cromatico raffinato tra il rosa
dei listelli in pietra proveniente dalle cave del Finalese, l’azzurro del cielo su cui l’edificio si staglia
e la sinuosità traslucida delle grandi vetrate30.
Ancora la Storia, rappresentata dalla tradizione
costruttiva genovese, e i materiali della contemporaneità diventano protagonisti nella progettazione di Fera e Grossi Bianchi per l’Istituto Champagnat (1960-1962), il cui volume
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cubico sormontato da tetto a spioventi, ricorda
modelli extraurbani presenti in zona, mentre
la facciata si organizza nel rigore delle superfici
scandite dalle geometriche e linearistiche strutture in cemento armato31.
Romano e Olcese nel Palazzo di Giustizia
(1962-1970) recuperano il cuore dell’antico
Ospedale di Pammatone, facendo della ineccepibile ricostruzione dell’antico cortile porticato, lo spunto compositivo della costruzione
realizzata con struttura d’acciaio32.
Dei grandi complessi per uffici di quel periodo
forse l’intervento di maggior significato è quello
di Franco Albini per gli Uffici Comunali (19521962) ricavati assecondando la conformazione
degradante del giardino alle spalle di Palazzo
Tursi. I corpi terrazzati offrono le loro coperture
per l’allestimento di giardini pensili mantenendo
intatta, nella visione dall’alto, l’idea degli spazi
verdi annessi ai palazzi storici cittadini33. Ancora
Albini insieme a Franca Helg progetta il Complesso per Abitazioni e Uffici INA di Piccapietra
inserendo, su una lunga piattaforma porticata,
quattro edifici rettangolari con tetti a spioventi;
l’impatto volumetrico dei quattro corpi di fabbrica viene potenziato dal rivestimento murario
in pietra di Finale che diventa protagonista delle
superfici rispetto al contenimento dimensionale
delle aperture.
Il Grattacielo SIP di Gambacciani, Bega e Viziano (1964-1968) ha il merito di essere il
primo edificio alto più di 100 metri in cui sia
stata applicata, in Italia, la struttura in acciaio.
L’idea vincente di questa costruzione sta nell’aver differenziato, come era già avvenuto nei
precedenti grattacieli cittadini, l’ampia base
d’appoggio a più piani dalla vera e propria torre
che da questa sorge, riuscendo così a inserire
armonicamente all’interno del vecchio quartiere di S. Vincenzo, tramite il suo volume
d’appoggio, il nuovo edificio34.
Quanto alle prefabbricazioni sono da ricordare
soprattutto gli interventi di Marco Dasso
(1963-1964) nella Scuola di Corso Europa o
in quella di via P. Reti a Sampierdarena (196566) nella quale l’autore sfrutta le possibilità
modulari del sistema.
In ultimo risulta impossibile ignorare, ad opera
di Daneri e Fuselli, l’unità ospedaliera del Monoblocco di S. Martino, rimasto per molti anni
modello insuperato di funzionalità per strutture
sanitarie analoghe: importante presenza di
quindici piani per quasi 200 metri di estensione
che si staglia sulle alture di S. Martino, assecondando la curva orografica del terreno.
Gli esempi più importanti di decorazione per
l’edilizia scolastica genovese nella prima metà
degli anni ’60 sono riconducibili alle opere di
Sergio Selva, Elia Ajolfi, al Liceo Gian Domenico Cassini, Silvio Consadori, Guido Galletti,
Giovanni Servettaz presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Genova.
Una lettera dell’allora Soprintendente alle
Gallerie, prof. Gian Vittorio Castelnovi, datata
27 novembre 1962, conclude l’iter concorsuale
per la decorazione a mosaico dell’atrio dell’edificio liceale constatando che “la rispondenza delle opere stesse ai bozzetti a suo tempo
presentati dall’artista e approvati dalla commissione giudicatrice del concorso” e prendendo atto “ […] che i lavori sono stati eseguiti
con cura e regola d’arte” 35. Si dichiara, quindi,
liquidabile l’opera del pittore Sergio Selva36
che consta di due mosaici per il valore complessivo di 3.500.000 lire. Come indicato dal
bando provinciale, datato 24 luglio 1961, per
“due mosaici artistici da collocare nella sede
del Liceo Cassini”, i temi delle opere dovevano
essere attinenti alla destinazione dell’edificio
e trattare tematiche inerenti le Materie scientifiche nella scuola e la Scienza moderna (scheda
n. 21a). Altalenanti tra un figurativismo bidimensionale e un astrattismo geometrico, i mosaici costituiscono degno arredo all’atrio d’ingresso dell’edificio, manifestando una
vocazione alla contemporaneità, accattivante
e di facile lettura, dunque adatta a un contesto
formativo scolastico. La policromia che carat-
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terizza le opere si pone in dialogo con lo spazio
esterno dell’edificio, reso accessibile dalle importanti vetrate, attraverso le quali il variegato
volto urbano circostante si disvela come uno
degli elementi di ispirazione per l’artista.
Espletate le pratiche concorsuali37, il 30 gennaio 1963 viene affidata allo scultore Elia
Ajolfi38 la commissione per la realizzazione di
tre altorilievi da collocarsi sulla facciata dello
stesso edificio scolastico. Questi giungono a
completare la decorazione della scuola e rappresentano l’Allegoria della Scienza, quella della
Tecnica e, in un riferimento simbolico alla città
di Genova, San Giorgio e il Drago (scheda n.
21b). I rilievi, in pietra di Borgio Verezzi, esprimono a pieno l’attitudine figurativa dell’artista,
legata alle forme umane che qui hanno già subito una forte stilizzazione e un principio di deformazione anatomica, particolarmente accentuato dalla evidente sproporzione tra il limite
delle lastre e le dimensioni delle figure stesse.
Questa peculiarità espressiva agevola la leggibilità del rilievo, portando con forza all’attenzione dell’osservatore le forme che assumono
valenza simbolica da leggersi in rapporto al
luogo per le quali sono state concepite. La lastra
raffigurante San Giorgio che uccide il Drago è invece da mettere in relazione con Genova, di
cui il santo è protettore, riportando in auge un
tema iconografico a lungo frequentato anche,
come detto più sopra, come elemento decorativo esterno, dal tardo Medioevo in avanti.
Nello stesso momento storico in cui si concludono i lavori per il Cassini, l’Università di Genova porta a compimento l’edificazione del secondo padiglione progettato da Riccardo De
Maestri39 per la Facoltà di Ingegneria, nel quale
si esprimono forme di chiara estrazione razionalista. Nell’atrio dell’edificio si trova un ampio
e importante affresco il cui tema viene indicato
nel bando di concorso pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale del 4 maggio 1962 n. 114 come segue:
“L’uomo e l’energia, considerando le energie
naturali utilizzate dall’uomo quali l’energia mu-
scolare, la forza degli animali, l’energia del
vento, dell’acqua, del fuoco, dell’elettricità,
della materia, nucleare”. Sul n. 240 della Gazzetta Ufficiale del 24 settembre 1962 viene
pubblicato l’esito del concorso e il nome del
vincitore, l’artista Giuseppe Silvio Consadori,
per un compenso a corpo di 6.700.000 lire comprensivo di tutti gli oneri. Il 15 novembre 1962
il Ministero dei Lavori Pubblici rilascia una
nota disciplinare contenente le norme e le condizioni per il conferimento al pittore Giuseppe
Silvio Consadori40 dell’esecuzione dell’opera.
Oltre all’importo di cui si è detto, viene specificato che al pittore spetta: “1) Fornitura dei
cartoni della grandezza del vero dell’opera pittorica progettata nel bozzetto; 2) Esecuzione
dell’arriccio con malta idonea sull’intonaco esistente; 3) Esecuzione dell’affresco previa esecuzione dell’intonaco adatto a ricevere l’opera
pittorica”. L’articolo 3 del disciplinare stabilisce
inoltre che “[…] l’opera dovrà svilupparsi senza
soluzione di continuità e il tempo per dare ultimata l’opera artistica è fissato in mesi quattro
continui e decorrenti dalla data del verbale di
consegna […]”. Si prevede inoltre una penale
di 2.000 lire per ogni giorno di ritardo, riservandosi il diritto, in caso di sospensione dei lavori, di sollevare l’artista dall’incarico. Il 15
marzo 1963 l’allora Soprintendente Gian Vittorio Castelnovi constata il “buon andamento
complessivo del lavoro”, nonché le varianti rispetto al bozzetto che tuttavia non inficiano
“il valore né il significato dell’opera”. Raccomanda inoltre che sia: “[...] accuratissima la finitura a encausto sia per fissare bene il colore,
sia per proteggerlo dai sedimenti che si prevedono copiosi data la ruvidezza e la conseguente
ricettività del supporto e delle puliture che saranno piuttosto frequentemente necessarie
[...]”41. La peculiare abilità di gestire ad affresco
grandi spazi consente a Consadori di affrontare
con disinvoltura la prova genovese, per la quale
pare preoccuparsi innanzitutto di rappresentare
il territorio, tenendo conto del paesaggio nel
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quale egli stesso sta dipingendo; risulta, infatti,
perfettamente riconoscibile la collina di Albaro
connotata, al centro, da Villa Cambiaso, perla
dell’architettura di villa genovese e sede della
Facoltà a cui si deve la committenza dell’affresco. L’ambientazione, col profilo alto delle colline che si staglia sulla striscia turchina del
cielo pare, inoltre, ricordare un dipinto particolarmente caro alla città, quel Trattenimento
in un giardino di Albaro (1735) di Alessandro
Magnasco che aveva testimoniato nel Settecento la bellezza e l’amenità del paesaggio in
cui anche Consadori, duecento anni più tardi,
trova ispirazione. Nell’affresco si celebra altresì
la Genova moderna con gli alti palazzi sulla
collina, si ricorda l’attività portuale, presenza
forte che si impone con le alte prue delle navi
affacciate sul limite inferiore dell’affresco, e il
lavoro umile e faticoso dei suoi abitanti, facendo appello a un realismo classicheggiante
che attraverso il ricordo di Novecento sembra
risalire alle sorgenti del Rinascimento italiano.
Non manca la celebrazione della Ricerca, tappa
visiva necessaria per accedere alla contemporaneità, rappresentata in secondo piano dai
missili pronti alla partenza (scheda n. 3b). Tecnicamente ineccepibile, l’opera nella gestione
della grande spazialità fluisce armonica attraverso le sapienti pennellate dell’artista che lascia alla città una delle sue più sintetiche e singolari prove di moderno “frescante”. L’8 aprile
1963 l’opera è terminata e il 27 agosto dello
stesso anno, il Soprintendente Castelnovi effettua la visita per il collaudo, firmandone il
relativo nullaosta. Il “Verbale per la scelta di
un bassorilievo in marmo bianco statuario destinato all’abbellimento artistico dell’edificio”
relativo al completamento di un Padiglione
della Facoltà di Ingegneria dell’Università di
Genova42, indica che:
[…] Oggi 15 gennaio 1964 il sottoscritto Ingegnere capo (Del Giudice n.d.r.) in concorso con
il Prof. G.V. Castelnovi, Soprintendente alle
Gallerie ed opere d’Arte della Liguria e l’Arch.
Leonardo Bucci, progettista e direttore dei lavori,
si è recato nello studio dello scultore Prof. Guido
Galletti in Genova, Via Barsanti 2 r, onde procedere alla scelta per l’acquisto dell’opera di scultura destinata all’edificio in parola. I sottoscritti
di comune accordo, decidono per l’acquisto di
un bassorilievo in marmo statuario dello spessore
di cm. 10 e delle dimensioni di cm. 190 x 90
con quattro figure rappresentanti la Parola, il
Simbolo, il Disegno, il Modello; che dovrà essere
collocata in opera sulla facciata dell’edificio in
questione a destra dell’ingresso principale a cura
e spese dell’artista. I sottoscritti decidono pertanto di comune accordo per l’acquisto e posa
in opera cura e spese dell’artista della suddetta
opera per il prezzo di Lire 850.000. Letto, confermato e sottoscritto dagli intervenuti43 […].
Nel rilievo eseguito per il nuovo Padiglione
della Facoltà di Ingegneria la sintesi rappresentativa delle figure si contamina con il decorativismo delle forme arboree di sfondo cui
l’artista affida il compito, come in un rilievo
medievale, di scandire lo spazio. La compressa
volumetria dei corpi sembra potenziare il significato simbolico del rilievo e il rapporto
con il luogo di destinazione, rendendo palesi
le ragioni che hanno portato al suo acquisto.
A conclusione della vicenda legata alla Facoltà
di Ingegneria:
[…] 21 maggio 1963
Illustre Professore, a nome del Preside della Facoltà Prof. Capocaccia mi onoro chiedere alla
S.V. il benestare per l’acquisto della nota scultura
in marmo dello scultore Servettaz “l’Anfora” utilizzando una parte dei residui della somma a disposizione per opere artistiche destinata all’edificio di nuova costruzione della Facoltà di
Ingegneria in via Causa. La scultura dovrebbe
essere collocata, secondo suggerimento dello
stesso Autore, sul primo pianerottolo della scala,
in modo da essere visibile dall’atrio di ingresso,
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pur senza interferire e senza essere in contrasto
con la parete già dipinta. Le sarò grato di un
cortese cenno di benestare e mentre a nome del
Prof. Capocaccia Le porgo i ringraziamenti per
il Suo cortese interessamento, la prego gradire i
miei più cordiali saluti. Prof. Eugenio Fuselli [...].
Sebbene la nota a margine “Impossibile (contro
la legge) comunicare prof. Fuselli.”, manoscritta
in data 31 maggio 63 dallo stesso destinatario,
l’allora Soprintendente Gian Vittorio Castelnovi, indichi l’impossibilità di realizzazione del
progetto d’acquisto, l’opera entra poi a far parte
del patrimonio dell’Ateneo. Infatti, il 15 gennaio 1964, nel verbale per la scelta di una statua
destinata all’abbellimento artistico dell’edificio
in oggetto, si afferma che:
76
“[…] l’acquisto di opere d’arte di pittura o scultura
per l’importo complessivo di Lire 1.500.000 è stato
approvato dal provveditore regionale alle OO.PP.
per la Liguria con decreto 3641 […] registrato alla
Corte di Conti il 6/4/62, reg. 25, fg. 156”.
Delegati all’acquisto sono l’Ingegnere capo
del Genio Civile Del Giudice e il Soprintendente alla Gallerie G.V. Castelnovi, i quali
“[…] si recavano nello studio dello scultore
Nanni Servettaz in Genova, via Crocco n. 8 decidendo per l’acquisto di una statua intitolata
Minerva in marmo bardiglio, opera dell’artista
summenzionato per il prezzo di Lire 650.000 di
cui 600.000 per l’opera in marmo e Lire 50.000
per il trasporto e la formazione del basamento in
muratura rivestita di mattonelle Klinker, nonché
il collocamento in opera della statua […]44”.
Nell’ambito dell’attività di Nanni Servettaz
l’opera costituisce un esempio di transizione da
una dimensione stilistica di carattere arcaicizzante al secondo e definitivo periodo di recupero
di un modellato classico fortemente semplificato.
La serie di vicissitudini che hanno interessato
l’iter procedurale per l’assegnazione a Edoardo
Alfieri della commissione delle due colonne a
decorazione dell’atrio del Palazzo dei Dipendenti del Ministero dei Lavori Pubblici in via
Finocchiaro Aprile a Genova45, terminano con
il definitivo affido dell’opera allo scultore foggiano, con il contratto del 9 novembre 1965
(n. prot. 25181)46, sottoscritto dall’artista e
dall’Ingegnere capo del Genio civile di Genova, Del Giudice. Il documento stabilisce
che, previa presentazione e approvazione di
due modelli in gesso delle colonne, l’opera finale sarebbe stata composta da una serie di
pannelli scolpiti in marmo bianco delle Alpi
Apuane (Arni Alto), atti a rifasciare per intero
le colonne in cemento armato presenti ai due
lati dell’atrio dell’edificio. Questo lavoro
giunge in un momento di forte cambiamento
stilistico dello scultore che tra la metà degli
anni ’50 e gli anni ’60 abbandona il figurativismo classico che l’ ha caratterizzato fino a questo momento e che riprenderà più avanti, per
abbracciare una dimensione astratta attraverso
la quale riesce a tradurre quell’esigenza di movimento, avvertita come più consona a una
fase storica particolarmente vivace. Il tema
decorativo si collega alle dinamiche insite nella
storia del mondo e al continuo muoversi e trasformarsi delle forme vitali, in una sorta di eraclitiano panta rei che oltre alla materia, coinvolge emozioni e sentimenti umani. I pannelli,
di forme e dimensioni diverse, si incuneano
gli uni negli altri, a simboleggiare il continuo
moto e l’interazione possibile tra le forme dell’esistenza, tra la materia e lo spirito. Ancora
percepibile, l’apparato figurativo del periodo
precedente si coniuga e si trasfigura con forme
altre, in parte prese a prestito dal mondo naturale, venendo ad assumere quella connotazione astratta che farà del suo autore una delle
presenze più singolari nel mondo artistico genovese. Nello stesso anno in cui Edoardo Alfieri riceve l’incarico per questo intervento decorativo, rilascia un’intervista a “L’Unità”47
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(07/09/1965) in cui sostiene, fra l’altro, la necessità di una collaborazione fra architetto e
scultore “che dovrebbe esistere prima dell’opera architettonica e non in ultimo, quando
ormai la scultura viene inserita soltanto come
elemento decorativo”. L’edificio per cui l’artista
si trova a lavorare, opera dell’Ing. Aldo Mattei,
è caratterizzato da una solida geometria, sottolineata e resa inamovibile dalle cornici marcapiano e dalle specchiature che vincolano
l’ordine dei piani e quello verticale delle finestre. A tanto rigore architettonico lo scultore
risponde con la sorpresa di un movimento che
si genera da forma a forma, nella disparità dei
pannelli, rompendo gli schemi verticali e orizzontali della costruzione in un gioco al contrasto che pare cercare un dialogo fruttuoso
con il progettista (scheda n. 23).
Nel 1967 il Comune di Genova indice un
bando finalizzato a “l’ideazione e l’esecuzione
di un’opera d’arte […] destinata alla decorazione del nuovo edificio scolastico adibito a
scuola media nella Villa Doria a Genova Pegli”. La relazione illustrativa del bozzetto contrassegnato col motto “Ferrum 3” indica nel
tema di Chirone il soggetto, definendo come
“il concetto costruttivo dell’opera, totalmente
in ferro, consiste nell’utilizzo di molti elementi
del suddetto metallo che per forma e senza
perdere il carattere relativo al loro uso si modificano nella loro destinazione, aderendo al
significato plastico del soggetto. Tutto questo
porta di volta in volta ad un divertimento narrativo ed episodico per lo spettatore”. Con delibera 1338 in data 7 ottobre 1968, il Consiglio
Comunale assegna allo scultore Enzo Vicentini48 la commissione dell’opera. Il Chirone vicentiniano si propone dunque come viaggio
artistico sorprendente, come gioco che lega
creatore e fruitore in una sorta di rimando continuo tra realtà e fantasia, ancorando l’opera
alla quotidianità dell’esistenza, poiché dalle
necessità del mondo, i suoi pezzi provengono,
per giungere poi ad una trasfigurazione. Così,
rotelle, molle, catene, forconi, tubi, ghiere, ingranaggi, valvole, ornati e altro, si trasfigurano
nel mito, rimanendo tuttavia fortemente aderenti a una realtà quotidiana, per acquisire
quella dimensione pop che si propone come
operazione critica verso la civiltà dell’eccedenza, rifugiandosi poeticamente nel mito.
Ancora rilievi, questa volta ceramici, decorano
la facciata della Scuola Elementare di Prato,
in val Bisagno. Sono opera di Emanuele Luzzati, assegnata per concorso il 14 settembre1964, dalla commissione formata dal progettista dell’edificio, Arch. Renato Tassistro,
da Caterina Marcenaro, Gian Vittorio Castelnovi e dall’Assessore Mario Cifatte49. Si deciderà più avanti di stabilire la collocazione
dell’opera, originariamente pensata per l’interno dell’edificio, su una parete esterna dello
stesso. La ragione di questo spostamento è da
attribuire alla volontà di rompere, con la policromia del rilievo, la monotonia dell’alto muro
liscio in cui si apre l’ingresso alla biblioteca.
Luzzati, che ha lunga pratica di illustratore per
l’infanzia, traduce in termini accessibili ai fruitori dell’edificio l’epopea colombiana, indicando un percorso dal basso verso l’alto, attraverso una serie di 18 formelle elaborate
utilizzando la sua cifra di apparente semplificazione e tuttavia di grande presa emotiva sullo
spettatore (scheda n. 4).
III. Gli anni ’70, i “genovesi” come scelta
naturale
Come si è fino a qui constatato, l’applicazione
della “legge del 2%” può costituire cartina di
tornasole per la storia dell’arte e del gusto italiano nel secondo cinquantennio del XX secolo
e nei primi anni del secolo attuale; essa costituisce altresì concreta possibilità di indagine
circa le tendenze creative delle singole regioni
della penisola. Nel caso di Genova e della sua
provincia (come del resto accade anche altrove) è, infatti, possibile tracciare una sintesi
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dei percorsi artistici legati ai luoghi: molte, infatti, sono le presenze genovesi o liguri che risultano vincitrici dei concorsi ministeriali. Tale
peculiarità, intervallata, come si è visto, anche
da esperienze provenienti da altre regioni, probabilmente è figlia di quella cultura locale di
cui fanno spesso parte i commissari di concorso, profondi conoscitori e sostenitori delle
migliori vicende artistiche in atto in città; si
tratta di storici, critici d’arte, artisti, architetti,
esponenti dell’ intellighenzia cittadina che, attraverso i loro studi e la loro opera, hanno
spesso contribuito a determinare la dimensione
estetica del territorio, sulla quale si sono formati e idealmente nutriti gli artisti stessi.
Nel corso dei primi anni ’70 viene inaugurato
in città il Monoblocco dell’Ospedale San Martino, colossale struttura di Luigi Carlo Daneri
ed Eugenio Fuselli, di cui si è parlato poc’anzi,
punta di diamante della progettazione ospedaliera nazionale. Nello stesso momento storico prende avvio la progettazione del nuovo
piano urbanistico del quartiere Begato, ad
opera di Piero Gambacciani, con la collaborazione di Rossella Garibaldi, Giorgio Gardella,
Alfredo Armanino, Maria Teresa Gambino,
Pietro Vitiello, Giorgio Fioravanti, Pier Giorgio Spadolini. Il quartiere nasce destinato a
un’utenza di 70.000 persone, soprattutto in
previsione di uno sviluppo industriale della
zona, che non ha avuto seguito. Pertanto l’imponente insediamento, nato per facilitare il
collegamento casa-lavoro dei suoi abitanti,
perde da subito la propria ragione fondante.
Una delle personalità più note e apprezzate
nella Genova degli anni ’70 è quella di Giannetto Fieschi50, il quale, seppur non genovese
di nascita, si lega in maniera indissolubile alla
città, che diventa punto di partenza per le sue
importanti esperienze estere e riferimento ineludibile cui tornare ogni volta. Il suo percorso
artistico è dettato da un’assoluta libertà espressiva che spazia tra le regioni del figurativo e
dell’astratto, con soventi incursioni nell’uni-
verso surrealista e dadaista. Una pittura impegnativa densa di significati nati da una meditazione profonda sull’esistenza, sulla spiritualità, sull’amore, sulla morte e governata da una
cultura che pur affondando le proprie radici
nella classicità, non teme l’avanguardia e si
nutre di ricerca anche sui materiali. Dall’esigenza di condividere con i giovani questa cultura di origine, prendono corpo le opere che
l’artista, attraverso i concorsi vinti per il
“2%”51, realizza per alcuni edifici scolastici genovesi. Particolarmente emblematico è l’intervento per la Scuola Garibaldi di via Bologna, una vera e propria operazione didattica
che fonda le proprie radici in quelli che l’artista
suggerisce come modelli culturali dell’umanità.
Dalla pittura egizia a quella medievale, dal Rinascimento a Caravaggio, a Picasso, alle moderne tecniche fotografiche, egli indica un percorso di riflessione sul ruolo dell’uomo nel
mondo, citando esempi estetici maiuscoli, attraverso i quali la storia si rende tangibile e
svela il proprio mistero (scheda n. 8).
Tra il 1969, anno in cui viene bandito il concorso, e il 1973, anno in cui si trova nota di
una richiesta di liquidazione, viene eseguita
la decorazione pittorica dell’atrio della Scuola
Mameli in salita Gesù e Maria, ora parte dell’Istituto Comprensivo San Francesco da
Paola52. Il progetto è presentato in connessione con un lavoro scultoreo dello studio
Airaldi, ma la commissione concorsuale decide di accettare esclusivamente l’intervento
di Fieschi. Il dipinto, realizzato a tecnica mista, intende proporre una riflessione sul significato dello stile, da intendere come mezzo
distintivo delle varie epoche che in esso si riflettono e grazie al quale l’idea acquista la
concretezza dell’opera d’arte, trasfigurando la
relatività dell’esistenza in dimensione d’assoluto. Il tema evoca il tempo severo della
scuola e la libertà di pensiero che attraverso
il sapere si acquisisce e che l’artista rappresenta nel volo vorticoso della figura femmi-
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nile, dagli echi Liberty, che rincorre una farfalla (scheda n. 24).
Una ulteriore opera, purtroppo in cattivo stato
di conservazione e di difficile fruibilità a causa
dei lavori in corso da molto tempo all’interno
dell’edificio, è quella assegnata a Fieschi nel
1972, a decorazione di una grande parete al
piano terra della Facoltà di Scienze in Corso
Europa, progettata dall’architetto Mario Cusmano53. Nel bando concorsuale si richiede la
realizzazione di quattro opere in metallo, poi
assegnate a Nello Bini, Stelvio Botta, Giannetto Fieschi e Stefano d’Amico. Se l’intervento di Stelvio Botta è andato perduto
(schede n. 10), quello di Giannetto Fieschi,
sebbene sia rimasto nella sua collocazione originaria, è di difficile fruibilità; consiste in una
serie di installazioni in ferro che dalla parete
traggono la loro origine. L’intervento di Nello
Bini, posto all’ingresso dell’edificio, è un’invenzione di forme metalliche quadrangolari
verticalizzate, che formano un lungo pannello
orizzontale da cui prendono vita giochi chiaroscurali intensi e movimentati che riscattano
l’immobilismo della parete (scheda n. 26c). In
ultimo, il pilastro metallico di Stefano d’Amico
si fa simbolico elemento di sostegno nell’atrio
al piano terra dell’edificio54 (scheda n. 26a).
Poco distante troviamo ancora il metallo
come protagonista degli interventi a decorazione del Polo didattico della Clinica Chirurgica dell’Ospedale di San Martino. L’autore, Antonio Virduzzo55, preannuncia, con
la scultura posta in esterno, i tre importanti
pannelli delle pareti interne nell’atrio dell’edificio, in un dialogo espressamente richiesto dal bando di concorso del 26 giugno
197256. Realizzati l’anno successivo, questi rimandano alla ricerca spaziale su cui l’artista
lavora dalla fine degli anni ’40, attraverso le
“astrattosfere”, moduli che indicano una tensione artistica verso la perfezione, tentativo
di unire attraverso i varchi circolari, quasi
fossero cosmici buchi neri, le varie dimensioni
temporali per coagularle nell’eterno presente
dell’opera (schede nn. 27a e 27b).
Come si è già visto nell’intervento di Luzzati
per la scuola di Prato, un materiale spesso utilizzato a decoro degli edifici pubblici è la ceramica. Di costi contenuti e molta resa estetica,
esso è impiegato, nel primo quinquennio degli
anni ’70 in altri edifici scolastici tra il centro,
la periferia e la provincia cittadina; ci si riferisce in particolare ai pannelli decorativi della
Scuola Parini a San Fruttuoso, della Scuola
materna di Sant’Eusebio e dell’Istituto professionale autonomo Giovanni Caboto di Chiavari. Legate a un’astrazione in cui il figurativo
ha ancora un ruolo determinante sono le ceramiche dei primi due edifici, mentre il lavoro
di Stefano D’Amico57 per il terzo è immerso
in una dimensione astratta fatta di pure geometrie all’interno delle quali risultano particolarmente evidenti vettori guida, vere e proprie linee di forza, sulle quali si articola il ritmo
dell’intera composizione. Il grande pannello
ceramico è elaborato sulle cromie del blu, dell’azzurro e del beige e sul contrasto fra superfici
lucide e opache, raggiungendo esiti di grande
raffinatezza formale (scheda n. 16).
Alla metà degli anni ’70 cessa l’obbligo di dotare
i nuovi edifici scolastici di opere creative di abbellimento; alcuni dirigenti scolastici tuttavia,
consci della funzione educativa dell’arte, decideranno di commissionare, finanziati dalle scuole
stesse, interventi di carattere artistico, come nel
caso della Scuola Andersen in via Mogadiscio,
in cui è chiamato a lavorare a metà degli anni
’80 Emanuele Luzzati il quale, facendo appello
al suo mondo favolistico, elabora ceramiche e
dipinti di sicura presa sui giovani fruitori.
IV. Gli anni d’oro del rinnovamento tra
grandi opere e progettualità minore.
Gli anni ’80 costituiscono per Genova un momento di forte impulso costruttivo e urbanistico; la città è impegnata a dare completezza
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al proprio volto urbano con interventi centrali
e periferici di grande prestigio: dal compimento, che inaugura il decennio, del Centro
direzionale di via Madre di Dio, progettato
da Marco Dasso e Angelo Bruzzone, al recupero del complesso monumentale di Sant’Agostino, opera di Franco Albini e Franca
Helg, all’intervento di Gambacciani, Garibaldi, Ciruzzi e Messina per la Torre WTC a
San Benigno, al “Matitone” su progetto dello
studio newyorkese S.O.M., a Corte Lambruschini di Piero Gambacciani, con lo Starhotel
President di Marco Dasso, all’operazione di
restyling dello Stadio Ferraris da parte dello
Studio Gregotti, alla Facoltà di Architettura
di Gardella e Grossi Bianchi, al Teatro Carlo
Felice di Rossi, Gardella, Reinhart e Sibilla,
per finire con la grande operazione del Porto
Antico, su progetto di Renzo Piano e giungere
al restauro e alla rifunzionalizzazione di un
simbolo della città quale l’antico Palazzo Ducale, su progetto di Giovanni Spalla. Genova
sembra rendersi finalmente consapevole della
propria storia, imparando a rileggerla come
elemento di forte richiamo sul proprio presente, un presente che si basa su un’ottima
progettazione architettonica e su una rinnovata e produttiva consapevolezza urbanistica.
Proprio in questi anni, la città scopre la propria vocazione turistica, grazie alle celebrazioni colombiane del 1992 che portano nuovi
e cospicui investimenti economici. Un lungo
e acceso dibattito fiorisce attorno al fulcro
del mondo musicale genovese, il Teatro Carlo
Felice, simbolo ottocentesco di una città che
già allora voleva basare sulla cultura la propria
rinascita, per tornare ai prestigiosi fasti di un
tempo.
Il teatro lirico, danneggiato durante la seconda
guerra mondiale, avrebbe dovuto subire un restauro conservativo affidato a suo tempo a
Carlo Scarpa; dopo la morte di quest’ultimo
(1977) si bandisce un concorso per la ricostruzione, vinto dal gruppo trainato, come si è
detto, da Aldo Rossi, che decide di mantenere
evidente il legame dell’edificio con la sua storia, salvando il pronao e il porticato barabiniano, proiettando tuttavia la costruzione nel
presente, con l’imponente torre scenica che
diventa momento di emergenza postmoderna
del complesso. L’edificio assume anche una valenza urbanistica nel farsi momento di congiunzione tra piazza De Ferrari e galleria Mazzini, attraverso i percorsi pedonali del foyer
esterno, mentre la torre, che ospita macchinari
e tecnologie d’avanguardia, laboratori e stanze
di servizio, diviene elemento di collegamento
tra la dimensione verticale delle case torri medievali cittadine e i grattacieli di ultima e penultima generazione. Questa attenzione alla
città si riverbera all’interno del teatro, nelle
pareti laterali del palcoscenico, che fanno propri gli esterni delle case genovesi, come se la
città volesse diventare coprotagonista delle
forme d’arte in esso celebrate.
La cifra postmoderna che tiene la mano ai progettisti può essere interpretata come l’ultimo
degli storicismi attuati in città, quasi a sancire
la necessità di un saldo legame tra presente e
passato. Questo legame viene perseguito anche
attraverso gli interventi decorativi che accompagnano la rinascita del Carlo Felice, soprattutto nelle opere di Raimondo Sirotti58 e Aurelio Caminati59. Nel primo la storia e l’arte
genovese sono rievocate innanzitutto attraverso la rilettura in arazzo dell’affresco del Paradiso di Bernardo Strozzi che campeggiava al
centro del catino absidale della Chiesa di San
Domenico, al posto della quale venne costruito
il teatro ottocentesco. Di quell’affresco, andato
perduto durante la demolizione della storica
chiesa genovese, resta un bozzetto conservato
presso l’Accademia Ligustica di Belle Arti, donato all’istituzione, nel 1824, dal Marchese
Marcello Durazzo d’Ippolito60. La rilettura
dell’opera strozziana acquista, nel rinnovato
teatro, un significato profondamente connesso
al luogo e questo viene posto in evidenza dal-
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l’artista che, nell’arazzo da essa derivante, lascia
intatta la citazione, pur movimentandola e disgregandola attraverso quel segno luminoso e
dinamico che lo caratterizza, quasi a dimostrare
la continuità dell’assenso che le generazioni
dei genovesi hanno tributato alla loro storia
artistica (scheda n. 33a). Eguali dinamiche anche se forse meno evidenti in rapporto al luogo
in cui sorge il teatro, ma comunque profondamente legate alla città, animano un secondo
arazzo sirottiano elaborato sul tema della Pastorale di Giovanni Benedetto Castiglione,
detto il Grechetto. La dimensione paesaggistica del pittore seicentesco offre opportunità
di dialogo con le atmosfere luminose tipiche
di Sirotti, restituite magistralmente nell’arazzo
del teatro (scheda n. 33b).
Il rapporto con la storia di Genova viene ripreso anche da Aurelio Caminati nei due affreschi realizzati per il Carlo Felice. I temi, dal
titolo Mediterraneo 1 e Mediterraneo 2 rappresentano la partenza dell’ammiraglio genovese
Guglielmo Embriaco alla prima Crociata e la
costruzione di un fondaco nell’isola di Tabarca.
Come di consueto l’artista appunta il proprio
interesse sull’uomo, descrivendone lo spirito
avventuroso e l’impegno nel condurre a termine il proprio destino. Nel primo affresco
l’attitudine eroica, che è ferma determinazione,
è descritta attraverso un mare concitato a cui
si oppongono la forza e la volontà degli anonimi rematori orientati verso la meta; nel secondo, echi metafisici accompagnano le attività umane descritte sinteticamente. In
entrambi l’autore usa un linguaggio descrittivo
poco incline al dettaglio, nel tentativo di scardinare l’ovvietà della storia e di conquistare
per i soggetti rappresentati, una dignità umana
altra, che prescindendo dall’evento narrato, si
concentra sull’azione attraverso la quale l’uomo
conquista la propria dignità (scheda n. 13).
Il ciclo decorativo del Carlo Felice si arricchisce
del grande rilievo in bronzo, opera di Diego Attilio Mario Raco61 e Biagio Miceli, che accoglie
i visitatori sulla parete di fondo del foyer interno
al piano terra del teatro. Il carattere aulico del
materiale bronzeo si addice all’importanza dell’architettura e del luogo mentre celebra la figura
e l’arte di Nicolò Paganini. Come spiegano gli
stessi autori in una nota critica che accompagna
il progetto della scultura, essa intende mostrare
a chi la osservi “lo spaccato di un mondo di armonie musicali complesse e pluridimensionali
quale era nella sensibilità di Paganini la potenzialità espressiva del violino”. Pertanto essa non
è, come invece potrebbe sembrare, un puro esercizio astratto ma rappresenta la figuratività del
suono, la sua capacità di propagazione, la sua
forza cromatica, espressa visivamente attraverso
la varietà dei segni, del rilievo e delle patinature
(scheda n. 33d). Gli artisti, cultori della libertà
nell’arte, riconoscono nel grande musicista analoga disposizione e gli rendono omaggio con
un’opera in cui libere variazioni e virtuosismi
diventano strumento per dare concretezza ad
un’idea. Il bronzo in città ha avuto il compito
di sottolineare, nei secoli, l’importanza dei luoghi; bastino tre esempi a illustrare il concetto:
bronzea è la statua dell’altare maggiore della
chiesa cattedrale, raffigurante la Madonna Regina
di Genova, opera illustre di Giovanni Battista
Bianco; bronzei sono i rilievi e le statue di Giambologna e Pietro Francavilla, un tempo facenti
parte della Cappella di Luca Grimaldi e trasferiti
nel 1802 nel prestigioso Palazzo dell’Università;
bronzeo è il pannello decorativo che accoglie il
pubblico nel nuovo teatro lirico, architettura
che lega con la propria epifania, passato e presente e la cui emblematica rinascita è stata fortemente voluta dai genovesi. Tre luoghi simbolo
per Genova, attraverso i quali si snoda il filo
rosso della storia, sottolineando, anche nel segno del bronzeo, la vocazione culturale che lega
e nella quale si identificano, di tempo in tempo,
le generazioni cittadine.
Il grande sipario tagliafuoco, opera di Giovanni
Ceccarelli, dal titolo Viva Schönberg, entra in
dialogo sia con l’architettura del teatro, attra-
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verso il richiamo alle partiture orizzontali che
segnano il proscenio, sia con la dimensione
musicale in esso coltivata, attraverso la sinuosità delle linee, vere e proprie onde sonore,
che trovano via di espansione verso l’alto62
(scheda n. 33c).
Nel nuovo millennio la città continua a restituire
dignità e funzionalità alle sue opere storiche, sulla
scia di un’attività di restauro e rifunzionalizzazione
che aveva preso impulso anni prima, in vista
delle celebrazioni colombiane. La rinascita urbana, tesa al richiamo di flussi turistici, crea interesse nei confronti della ricettività alberghiera;
nasce in rapporto al Porto Antico e all’operazione
vincente dell’Acquario fatta a suo tempo, il complesso alberghiero del Jolly Hotel Marina che,
con gli edifici residenziali e per uffici, nati ad
opera dello stesso architetto, Piero Gambacciani,
usufruisce dello spazio della banchina e si protende verso il mare a recuperare uno strettissimo
rapporto con il nucleo storico produttivo della
città, vale a dire il suo porto. Completa il discorso,
poco distante, il Museo del Mare, opera di Guillermo Vasquez Consuegra, con un’operazione di
recupero di antiche strutture portuali, modernizzate e rifunzionalizzate per un utilizzo espositivo.
Ancora è opportuno citare le operazioni della
Fascia di Rispetto di Genova Prà, la Passeggiata
della Lanterna, il recupero e riconversione degli
spazi della Fiumara, in un lotto di progetti finalizzati alla conquista di una nuova dimensione
economica.
Non mancano le opere relative alla “legge del
2%”, tra cui i lavori di Antonio Cerda e Pietro
Millefiore a Prà, Raimondo Sirotti e Aurelio
Caminati per il Centro Civico di Voltri in via
Calamandrei, l’opera di Adriano Leverone per
il Cimitero dei Pini Storti di Sestri Ponente, e
ancora gli interventi di Renzogallo, Cioffi, Tardia e Cossyro per la Caserma degli Agenti all’interno della Casa circondariale di Marassi,
opere tutte, di notevole interesse, pur nella disparità degli intenti e degli esiti (schede nn.
40a, 40b, 40c, 40d, 40e, 40f).
Quanto fin qui espresso in sintesi consente di
fare alcune considerazioni circa l’atteggiamento della città nei confronti della cultura
artistica contemporanea e offre opportuno terreno di confronto fra le arti che hanno concorso al rinnovamento urbano nell’ultimo sessantennio.
Per ciò che concerne l’architettura, Genova,
come si è visto, ha dimostrato di sapere accogliere e gestire i molteplici stimoli della modernità. Dalla precoce accoglienza del cemento
armato tra fine Ottocento e inizio Novecento,
fino all’utilizzo della struttura in acciaio e della
modularità, la città attraverso i suoi architetti,
non ha mai rinunciato ad aggiornare tecniche,
abilità e finalità costruttive. La stagione razionalista e funzionalista ha dato frutti importanti
anche al confronto con il panorama nazionale,
così come la città si è distinta nel campo del
restauro e della rifunzionalizzazione degli edifici. Genova ha saputo altresì concedersi spazi
di pura poesia, come nel caso della morozziana
Villa Ollandini o dell’albiniano Museo di San
Lorenzo, senza mai perdere di vista il senso
della ricerca tecnologica e strutturale. E pur
se si sono verificati errori eclatanti e cadute di
tono, come è accaduto nell’urbanizzazione selvaggia delle alture cittadine e di certa periferia
urbana, le strategie architettoniche genovesi
sono state quasi sempre calibrate sulla ricerca
internazionale, rimanendo aperte nei confronti
delle novità e tese all’aggiornamento.
A un primo esame delle modalità decorative
applicate all’architettura pubblica, la città sembra invece essersi mossa con maggiore cautela,
nell’accoglienza di formule artistiche molto
collaudate ed esteticamente rassicuranti e familiari, resistendo all’introduzione di elementi
innovativi e di rottura, quali le esperienze informali astratte, a cui viene dato spazio più raramente e con notevole ritardo.
Le ragioni di questa discrepanza tra aggiornamento architettonico e cautela artistico decorativa, espressa sia in pittura che in scultura,
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sono molteplici. In primo luogo bisogna tenere
conto del fatto che la tradizione figurativa è
parte connaturata del sistema espressivo della
penisola, fortemente ancorato alla cultura rinascimentale riportata con vigore in auge dalle
correnti novecentiste nella prima metà del XX
secolo, le quali continuano a far sentire i propri
influssi anche nel secondo dopoguerra. Del resto, a cimentarsi all’interno di tale tradizione
per le opere del 2%, sono artisti di grande rilievo
che sulle correnti neoclassiche del primo Novecento si sono formati e in seno alle quali sono
diventati noti; sono questi, nel primo dopoguerra, a lasciare in città, per la pubblica fruizione, opere figurative di grande interesse. Inoltre è necessario tener conto del fatto che
l’intervento decorativo, come giustamente osserva Alfieri nella sopraccitata intervista, solitamente giunge ad architettura completata,
senza che ci sia stata un’intesa o un percorso
condiviso con il progettista. Pertanto l’opera
d’arte difficilmente entra in dialogo proficuo
con il proprio contenitore, accontentandosi di
assolvere al compito più superficiale di mera
decorazione piuttosto che diventare parte integrante dell’azione sinergica di due o più artisti
che si muovono su di una strada comune. La
decorazione inoltre, per propria natura e indicazione concorsuale, sottintende il concetto di
“abbellimento”, che nell’Italia di quegli anni,
spesso coincide ancora con quello di classicità
e, soprattutto nel caso di un’opera pubblica, solitamente tiene conto di quella che sarà la fruizione allargata a cui è destinato l’edificio. Non
sempre il grande pubblico è incline ad apprezzare le novità, pertanto una delle ragioni della
persistenza del figurativo, sia esso classicheggiante o sintetico e modernizzato, potrebbe essere quella di proporsi come facilmente leggibile
grazie a forme collaudate e riconoscibili ai più.
La soggezione che ancora oggi parte del pubblico
manifesta nei confronti dell’opera astratta o
concettuale potrebbe fornire indicazione circa
le scelte, operate nell’ambito della tradizione
storica, portate avanti in città tra gli anni ’50 e
gli anni ’70 del Novecento. La stagione dell’innovazione prende deciso avvio negli ultimi trent’anni del secolo, in parte guidata da quegli
stessi artisti che pur legati a una tradizione figurativa, abbracciano ora la strada del cambiamento, come è il caso di Alfieri, in parte sostenuta dai più giovani e dalla necessità di fare
spazio ad un sentire diverso, modulato su di una
scala di valori emozionali avvicinabile da chiunque abbia il coraggio di abbassare le difese nei
confronti dell’arte; tali difese, al presente sembrano essere definitivamente cadute e la città
ha dimostrato di saper scommettere sulla cultura
e vedere in essa una concreta ipotesi su cui fondare il proprio divenire, a dimostrazione di una
vitalità di pensiero, progettuale e artistica di
cui Genova vuole continuare a farsi carico, certa
della funzione formativa della creatività come
linguaggio scelto per esprimere piena fiducia
nel futuro.
83
NOTE:
1 Giuseppe Marcenaro, Genova il Novecento, catalogo della mostra (Genova, 20 maggio -10 luglio 1986), Cassa di Risparmio
di Genova e Imperia, Sagep, Genova 1986; Paolo Cevini, Genova Anni ‘30. Da Labò a Daneri, Sagep, Genova 1989.
2 Paolo Cevini, Genova in Storia dell’architettura italiana del Novecento, Electa, Milano 1991; Luigi Lagomarsino (a cura di),
Cento anni di architetture a Genova. 1890-2004, De Ferrari, Genova 2004; Mauro Moriconi, Francesco Rosadini, L’architettura
del Movimento moderno, Testo&Immagine, Roma 2004, p. 86.
3 Luigi Carlo Daneri, Unité d’Habitation Bernabò Brea a Genes,
Relazione al IX Congrés International d’architecture moderne (Aixen-Provence, 19-26 luglio 1903), CIAM, Aix-en-Provence
1953; Marcello Grisotti, Unità Residenziale Villa Bernabò Brea,
in “Architettura Cantiere”, n. 12, aprile 1957; Alessandro Christen, I nuovi quartieri coordinati a Genova e il paesaggio ligure, in
“Urbanistica”, n. 23, marzo 1958; Francesco Tentori, Daneri a
Genova: architettura e inserimento ambientale, in “Comunità”,
maggio-giugno 1968.
4 Luigi Carlo Daneri, Francesco Ginatta, Gustavo Pulitzer,
Angelo Sibilla, Porta degli Angeli. Relazione, in “Genova”,
aprile 1954; Christen, I nuovi quartieri…, cit., 1958.
5 Bruno Zevi, Le case a forma di verme, in “L’Espresso”, 16 febbraio 1958; Christen, I nuovi quartieri..., cit., 1958; Eugenio
Fuselli, La casa più lunga in “Rotary Club di Genova”, bollettino n. 2, marzo-aprile 1968.
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Case condominiali al Lido di Genova, in “Concrete Quarterly”,
n. 32, gennaio-marzo 1957.
7 Cevini, Genova…, cit., 1991; Silvia Barisone, Matteo Fochessati, Gianni Franzone, Andrea Canziani, Architetture in
Liguria dagli anni Venti agli anni Cinquanta, catalogo della
mostra (Genova, 29 maggio - 30 giugno 2004), Abitare Segesta, Milano 2004, Scheda 126, p. 162.
8 Caterina Marcenaro, Il Museo del Tesoro della Cattedrale di
S. Lorenzo, Silvana editoriale, Milano 1969.
9 Seppur nell’impossibilità di reperire la documentazione ufficiale sull’opera, essa manifesta caratteristiche congruenti con
la legge 717 del 1949.
10 Il palazzo già sede della Banca Popolare di Novara in via V
dicembre, progettato nel 1959 da Luigi Vietti, conteneva al
suo interno due importanti fusioni in bronzo rispettivamente
di Edoardo Alfieri e di Sauro Cavallini. Sebbene, data la natura
privata dell’edificio, non siano riferibili alla Legge 717 del 1949,
esse testimoniano come l’aspetto decorativo fosse tenuto in
considerazione negli edifici destinati ad accogliere il pubblico.
11 Giuseppe Tampieri (1918-2014), paesaggista, incisore e
scultore, particolarmente attivo sulla scena dell’arte italiana,
si forma a Firenze e si trasferisce a Genova all’inizio degli
anni ’50, città in cui lavora fino al 1982. Per notizie sull’autore
si vedano: Maria Flora Giubilei, Franco Ragazzi, Franco Sborgi,
Presenze liguri alle Biennali veneziane, catalogo della mostra
(Genova, Palazzo Ducale, 5 ottobre - 26 novembre 1995),
Tormena, Genova 1995, p. 325; Santa Cortesi, Giuseppe Tampieri scultore alla Commenda, catalogo della mostra (Faenza,
Chiesa della Commenda, aprile 2001), Casanova, Faenza
2001; Germano Beringheli (a cura di), Dizionario degli artisti
liguri, De Ferrari, Genova 2009.
12 Edoardo Alfieri (1913-1998), allievo di Guido Galletti e di
Francesco Messina, titolare della Cattedra di Scultura all’Accademia Ligustica di Belle Arti, fu artista poliedrico e sperimentatore. La sua attività è caratterizzata da una dimensione
classica di base, a cui si accompagna una vocazione informale.
Per notizie in dettaglio si veda: Germano Beringheli, Scultori
a Genova, catalogo della mostra (Genova, Palazzo della Commenda 13 dicembre 1985 - 13 gennaio 1985), Comune di
Genova, Genova 1984; Marcenaro, Genova, il Novecento,
cit., 1986, p. 492; Giovanni Paganelli, Franco Sborgi (a cura
di), Edoardo Alfieri, in La scultura a Genova e in Liguria, Il Novecento, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Genova 1989,
pp. 167-172.
13 Le statue, di cui esistono i due bozzetti in gesso dei volti,
conservati presso la GAM di Genova, furono realizzate in seguito alla vittoria del Concorso Nazionale indetto dal Comune
di Genova nel 1953. La commissione giudicatrice era costituita
dal Sindaco di Genova Vittorio Pertusio, dall’Assessore De
Bernardis, dal Presidente dell’Accademia Ligustica di Belle
Arti Mario Labò, da Caterina Marcenaro, a rappresentare
l’Ufficio Belle Arti, e dallo scultore Nanni Servettaz. Le due
opere furono collocate in loco nel 1957. Per notizie in dettaglio
sulla vicenda si veda il contributo di Matteo Fochessati, “Una
bella architettura è sempre una bella scultura”. Percorsi della decorazione architettonica nella ricerca plastica di Edoardo Alfieri,
6
84
in Matteo Fochessati, Maria Flora Giubilei, Edoardo Alfieri
1913-1998 scultore del Novecento. Una donazione per Genova,
Maschietto, Firenze 2008, pp. 47-63.
14 L’edificio costruito su progetto dell’Ingegner Antonio Carretta
nel 1949 (fascicolo “Edilizia Privata” del Comune di Genova n.
656/49), fa riferimento allo Storicismo architettonico, molto
utilizzato a Genova da architetti quali Giuseppe Crosa di Vergagni, Giuseppe Abbiati e altri, con evidenti riferimenti all’architettura alessiana e all’architettura storica cittadina.
15 L’opera, realizzata e collocata nel 1955, fu selezionata da
una giuria composta da Guido Galletti, Giovanni Solari, Paolo
Silvio Rodocanachi, Dino Gambetti, Lorenzo Garaventa e
Luigi Navone. Per notizie in dettaglio si veda Fochessati, in
Fochessati, Giubilei, Edoardo Alfieri 1913-1998…, cit., 2008.
16 Aldo Mattei, già attivo durante gli anni del regime, è noto
soprattutto per avere diretto, per conto dell’Azienda Autonoma
Strade (ANAS) di Bologna, i lavori per il Mausoleo di Guglielmo Marconi a Sasso Marconi (BO), inaugurato nel settembre del 1941.
17 Per notizie in dettaglio sulla vita e l’opera di Eugenio da
Venezia si veda: Guido Perocco, Eugenio Da Venezia, Electa,
Milano 1990.
18 Per notizie in dettaglio su Riccardo Licata si veda: Michele
Beraldo (a cura di), Riccardo Licata. Una vita d’Artista, Skira,
Milano 2009.
19 L’artista, formatosi all’Accademia Albertina di Torino, coltiva per buona parte della sua esistenza interessi per una dimensione classica con particolare riferimento alla cultura figurativa quattrocentesca. Per notizie in dettaglio su Idro
Colombi si veda: Alberto Ripario in “Torino, rassegna mensile
della città”, Anno XIII, n. XI, 1933, pp. 28-32.
20 Traggo la notizia da un documento relativo il restauro di
uno dei due rilievi, frantumatosi accidentalmente nell’estate
del 1975. Dallo stesso, a firma di Marisa Micca, collaboratrice
di Idro Colombi, si evince che: “Questo lavoro fu eseguito
dal Prof. Idro Colombi con la collaborazione mia e di altri
componenti della Comunità Artistica di Torino nel 1955”. Il
documento è conservato presso l’Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Genova,
“Edilizia pubblica”, faldone “Palazzo degli Uffici Finanziari”,
cartella “Opere d’Arte”, Prot. n.16383 del 25 settembre 1975.
Lo studio del fascicolo cui appartiene il documento permette
di ricostruire la vicenda dell’incidente, del relativo difficile
restauro e dei costi di ripristino, vicenda che volge a conclusione solo nel novembre del 1977.
21 Per una lettura dell’interessante edificio di via Piacenza si
veda: Lagomarsino, Cento anni di..., cit., 2004, p. 98.
22 Emanuele Luzzati (1921-2007), tra i maggiori scenografi
del ’900, fu pittore, ceramista, decoratore e illustratore. Diplomato al École des Beaux Arts di Parigi, fonda con Tonino
Conte e Aldo Trionfo il Teatro della Tosse a Genova. Illustratore per l’infanzia, gli è stato attribuito il Premio Andersen
nel 1982. Molti sono stati i riconoscimenti durante la sua
lunga carriera. Per notizie in dettaglio si veda: Marcenaro,
Genova, il Novecento..., cit., 1986, p. 495; Beringheli, Dizionario degli artisti… cit., 2009, pp. 215-216.
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Dario Bernazzoli (1908-1999) inizia la sua attività come
grafico pubblicitario per dedicarsi successivamente alla pittura
e all’incisione. Per notizie in dettaglio si veda: Ettore Veruggio
(a cura di), Dario Bernazzoli, Marietti, Genova 1990; Catalogo
Bolaffi del Manifesto italiano, Giulio Bolaffi, Torino 1995 a.v.
Dario Bernazzoli.
24 Non è stato possibile reperire documentazione ufficiale sull’opera. Tuttavia essa manifesta caratteristiche perfettamente
congruenti con la legge del 2%, che prevedeva un’adeguata
decorazione per gli uffici pubblici.
25 Al piano di ricostruzione dell’Arch. Claudio Andreani, approvato con il Dm 8/3/1947, UTC, 2 (39), 6, 2136, aveva
fatto seguito dapprima una variante dello stesso Andreani,
Dm 23/6/1949, UTC, 2 (27), 1, 2136, quindi le varianti, poi
realizzate, di Giuseppe Ginatta, approvate con Dm 14/7/1954,
UTC, 0 (1), 0, 2099; 3 (45), 8, 2136.
26 Giovanni Servettaz (1892-1973), allievo di Cesare Ravasco
e Adolfo Wildt, si dedicò soprattutto alla scultura in pietra e
alla ceramica. Una prima fase della sua attività è caratterizzata
dalla semplificazione delle forme mentre successivamente si
dedica ad una ricerca di più intensa espressività. Per notizie
in dettaglio si veda: Sborgi, Nanni Servettaz, in La scultura a
Genova…, cit., III, 1989, pp. 150-153 e 285; Maria Flora
Giubilei, Galleria d’arte moderna di Genova: Repertorio generale
delle opere, Maschietto, Firenze 2004, vol. II, pp. 697-900.
27 Guido Galletti (1893-1967), professore e accademico di merito
all’Accademia Ligustica di Belle Arti, si è dedicato sia alla pittura
sia alla scultura. Particolarmente esperto nella tecnica della fusione bronzea, le sue scelte estetiche si orientano verso un naturalismo di evidente impronta classica. Per notizie in dettaglio si
veda: Marcenaro, Genova…, cit., 1986, p. 386; Sborgi, La scultura a Genova…, cit., Genova 1989, pp. 71-74 e 278.
28 Vittorio Tollo Mazzola (1917-1999) dopo un periodo di attività per il design industriale, si trasferisce dal Sudamerica in
Italia e si dedica alla pittura e alla scultura. Il suo stile si modella sulla lezione italiana novecentista di ascendenza classica
e sul realismo popolare sudamericano. Apprezzato sia in Perù
sia in Italia, partecipa a diverse mostre collettive e personali.
Per notizie in dettaglio si veda: Antonio Todde (a cura di),
Vittorio Tollo Mazzola, catalogo della mostra (Genova, Palazzo
Ducale, 8-29 maggio 2008), Le Mani, Genova 2008.
29 Lagomarsino, Genova Cento anni…, cit., 2004, Scheda 67.
30 Architetture in Liguria…, cit., 2004, Scheda 126; Cevini,
Genova anni ’30…, cit., 1991.
31 Lagomarsino, Genova Cento anni…, cit., Genova 2004,
Scheda 68.
32 Idem, Scheda 83; Cevini, Genova anni ’30, cit., Genova 1991.
33 Lagomarsino, Genova Cento anni…, cit., Genova 2004,
Scheda 71.
34 Idem, Scheda 85.
35 L’ampio carteggio relativo al bando per l’applicazione della
legge 717 del 1949 e al collaudo delle opere d’arte a esso riferite
è reperibile presso per l’Archivio della Soprintendenza Belle
Arti e Paesaggi, faldone “Legge 2%”, cartella “Liceo Cassini”.
36 Sergio Selva (1919-1980), pittore, frescante, mosaicista
molto attivo nelle mostre nazionali e internazionali e vincitore
23
di numerosi concorsi per opere musive in edifici pubblici italiani. Per notizie sul lavoro di Selva per il Liceo Cassini si
veda: Mosaici e sculture per il liceo Cassini, in “Il Nuovo Cittadino”, 2 settembre 1961.
37 Il concorso è stato bandito in data 30 gennaio 1963 dalla
Provincia di Genova. Il 30 novembre 1963 (n. prot 13981)
viene formalizzato l’incarico ad Elia Ajolfi il quale terminerà
il lavoro nelle modalità e nei tempi richiesti, come confermato
dalla lettera di Gian Vittorio Castelnovi, allora Soprintendente alle Gallerie della Liguria, (n. prot 69/39288) del 3 dicembre 1964 il quale, constatata la rispondenza delle opere
alle richieste concorsuali, ne dichiara la liquidabilità per una
cifra complessiva pari a 3.500.000 lire.
38 Elia Ajolfi (1916-2001), artista bergamasco si forma all’Accademia di Belle Arti di Firenze sotto la guida di Italo Griselli.
Aderente a un classicismo materico, attorno agli anni ’50
inizia un processo di stilizzazione all’interno del quale abbandona il riferimento preciso al mondo antico, non rinunciando
a una materialità imponente. Negli anni ’60, l’immagine si fa
più asciutta, schematica ed espressiva con un frequente ritorno
alla dimensione simbolica. Per notizie in dettaglio si veda
Rossana Bossaglia (a cura di), Elia Ajolfi. Sculture, catalogo
della mostra (Milano, Castello Sforzesco, luglio 1992), Lucchetti Banca Prov. Lombarda, Milano 1992.
39 Per notizie si veda: Sara De Maestri, Complesso Edifici Scuola
Politecnica in Lauro Magnani (a cura di), Città, Ateneo, Immagine, Patrimonio storico artistico e sedi dell’Università di Genova, De Ferrari, Genova 2014, p. 255.
40 Giuseppe Silvio Consadori (1909-1994) si era formato a
Brescia, sua città natale, e si era perfezionato dapprima all’Accademia di Belle Arti di Roma e successivamente, attraverso una pluriennale permanenza a Parigi. Professore al Liceo
dell’Accademia di Brera, presente alle Quadriennali romane,
alle Biennali veneziane e a quelle della Permanente a Milano,
si dedicò, oltre che alla pittura da cavalletto, a grandi cicli di
affreschi e mosaici di arte sacra per le più importanti fondazioni
religiose italiane e vaticane. Per notizie in dettaglio si veda:
Mario Ghilardi, Silvio Consadori, Cartelle del Ponte Rosso,
Milano 1975; Claudio Toscani, Silvio Consadori. 100 disegni,
Galleria del Ponte Rosso, Milano 1991; Roberto Ferrari, Silvio
Consadori 1909-1994. Unico riferimento la pittura, Grafo, Brescia 2001; Flaminio Gualdoni, Paolo Biscottini, Anna Maria
Consadori (a cura di), Silvio Consadori 1909-1994, Nomos,
Busto Arsizio 2009.
41 Per notizie su bando ed esito del concorso si veda: Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana del 4 marzo 1962,n. 114,
Ministero Lavori Pubblici, Provveditorato alle Opere Pubbliche
per la Liguria, Concorso nazionale per l’ideazione e la realizzazione di opere artistiche da realizzarsi nell’edificio della Facoltà
di Ingegneria dell’Università di Genova, pp. 1863-1864 e Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 4 marzo 1962, n.
114, Ministero Lavori Pubblici, Provveditorato alle Opere Pubbliche per la Liguria, Concorso nazionale per l’ideazione e la
realizzazione di opere artistiche da realizzarsi nell’edificio della
Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova del 24 settembre
1962, n. 240, p. 3940. Informazioni fondamentali per lo studio
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e la comprensione dell’opera sono state ottenute, inoltre, attraverso la consultazione di materiale conservato presso l’Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio
Civile di Genova, “Edilizia Universitaria”, faldone “Padiglione
Facoltà di Ingegneria”, cartella “Opere d’Arte”, nella quale
sono disponibili i carteggi relativi alle perizie sui “lavori di
opere d’arte per l’abbellimento dell’edificio” (27 febbraio 1963,
n. di prot. 327; 15 marzo 1963 n. prot. 415, 31 maggio 1963 n.
prot. 821), il “Documento disciplinare contenente le norme e
le condizioni per il conferimento al pittore Sig. Silvio Consadori
dell’esecuzione di opere d’arte appresso indicate destinate all’abbellimento dell’edificio della facoltà di Ingegneria della
Università di Genova in via Opera Pia Causa”, datato 15 novembre 1962, le “perizie di collaudo con il relativo nullaosta”
(19 luglio 1963 n. prot. 1132; 27 agosto 1963 prot. n. 1237).
Per ulteriori notizie riguardo al bando si rimanda a chi scrive,
Complesso edifici Scuola Politecnica, in Magnani, Città, Ateneo,
Immagine…, cit., 2014, pp. 250-253.
42 Il documento è conservato presso l’Archivio Storico della
Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Genova,
“Edilizia Scolastica”, faldone “Padiglione Facoltà di Ingegneria”, cartella “Opere d’Arte”, perizia n. 8111 (ex 8720).
43 Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del
Genio Civile di Genova, “Edilizia Universitaria”, faldone “Padiglione Facoltà di Ingegneria”, cartella “Opere d’Arte”, perizia
n. 8111/Ge (ex 8720) del 15 gennaio 1964.
44 Per ricostruire le vicende relative all’acquisto della statua
per l’edificio sede della Ex Facoltà di Ingegneria ora Scuola
Politecnica Ingegneria Architettura in via all’Opera pia Causa
15 A, sono stati consultati documenti conservati presso l’Archivio della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “I Padiglione Facoltà Ingegneria”, con riferimento ai seguenti documenti: lettera a
firma del Prof. Eugenio Fuselli indirizzata a Gian Vittorio Castelnovi del 21 maggio 1963; perizia n. 8111/Ge (ex 8720); si
veda inoltre, di chi scrive, Complesso…, cit., in Magnani,
Città, Ateneo, Immagine…, cit., 2014, pp. 251-253.
45 Per ricostruire la problematica vicenda della prima assegnazione della commissione ad Alfieri, con successivo annullamento e nuova procedura concorsuale si veda: G.U. n. 54
del 2 marzo 1963, p. 1000; G.U. n. 70 del 13 marzo 1963, p.
1330; G.U. n. 148 del 18 giugno 1964, p. 2631; G.U. n. 180
del 24 luglio 1964, p. 3198.
46 Per una consultazione completa dei documenti si veda: Archivio della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “Palazzo Lavori Pubblici”.
47 Fochessati, Una bella architettura…, cit., in Fochessati, Giubilei, Edoardo Alfieri…, cit., 2008, p. 47.
48 Per la consultazione integrale si veda Soprintendenza Belle
Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella
“Scuola Villa Doria”; Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle Arti, sc. 22, fascetta 74/31 – Opere d’arte
in edifici pubblici (1958-1975). Per notizie su Enzo Vicentini
si rimanda a Nora Ciottoli Sollazzo, http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/LA010-00089/, data ultima
consultazione: 29 febbraio 2016.
Per il carteggio relativo al bando, assegnazione e collocazione
definitiva delle opere, si veda: Archivio Soprintendenza Belle
Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella
“Scuola Elementare”; Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle Arti, sc. 22, fascetta 74/31 – Opere d’arte
in edifici pubblici (1958-1975).
50 Giannetto Fieschi (1921- 2010), di nascita bergamasca, pur
se discendente dell’omonima nobile famiglia genovese, si trasferisce con la famiglia a Genova all’inizio degli anni ’30. Si
dedica precocemente al disegno e all’incisione e dal 1940 frequenta pur senza continuità l’Accademia di Belle Arti di Genova all’interno della quale conosce Alberto Helios Gagliardo,
che diventerà suo maestro. Dopo la guerra prende decisamente
avvio la sua carriera artistica con una serie di mostre e lavori
che lo porteranno in giro per Italia e all’estero. Tappe fondamentali della sua esperienza saranno Parigi, Barcellona e New
York; negli USA dirige il Department of Fine Arts dell’Università del Tennessee fino al 1963, data del suo ritorno a Genova. Per notizie in dettaglio si veda: Rossana Bossaglia, Guido
Giubbini (a cura di), Giannetto Fieschi. Le Forme, gli oggetti, i
miti, catalogo della mostra (Genova, Museo di Villa Croce e
Museo di San’Agostino, 23 dicembre 1986-5 febbraio 1987),
Genova 1987; Giubilei, Ragazzi, Sborgi, Presenze liguri…, cit.,
1995 p. 313; Enrico Crispolti, Giannetto Fieschi Pittore, Cassa di
Risparmio di Genova e Imperia, Genova 1999; Beringheli, Dizionario degli artisti… cit., 2009, pp. 149-150.
51 L’artista si aggiudica i concorsi per l’esecuzione delle opere a
decorazione della Scuola Mameli in via Bologna, nel 1971; della
scuola Giuseppe Garibaldi, sempre in via Bologna, e della Facoltà
di Scienze dell’Università degli Studi di Genova, nel 1972.
52 Per notizie in dettaglio si rimanda al carteggio consultabile
presso l’Archivio della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio
della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “Scuola in Salita
Gesù e Maria”.
53 L’Architetto Mario Cusmano (Genova 1931), dal 2006 è
professore emerito di Urbanistica presso l’Università di Firenze
di cui è stato Preside; dal 1985 è membro onorario dell’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze.
54 Per le vicende relative al bando di assegnazione delle opere
presenti nella Facoltà di Scienze, si veda: Archivio Storico
della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Genova, “Edilizia universitaria”, faldone “Facoltà di Scienze in
Corso Europa”, cartella “Opere d’Arte”.
55 Antonino Virduzzo (1926-1082) nasce a New York da una
famiglia di migranti. Si forma in Italia, tra l’Accademia Albertina di Firenze e l’Accademia di Belle Arti di Roma. Per
notizie in dettaglio si rimanda a Antonino Virduzzo, I gioielli,
Ellegi, Roma 1972.
56 Cfr. Concorso Nazionale per l’ideazione e la realizzazione di
opere d’arte per il nuovo edificio sede degli istituti di Clinica chirurgica e Patologia speciale chirurgica dell’Università di Genova,
in G. U. n. 162 del 26 giugno 1972, p. 4686.
57 Stefano D’Amico (1925-2003), scultore e ceramista di fama
internazionale, produce per la manifattura San Giorgio di Albissola. Per notizie in dettaglio si veda Simona Gabrielli,
D’Amico ceramista, De Ferrari, Genova 2003.
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P R OV I N C I A D I G E N OVA
Raimondo Sirotti (Bogliasco 1934), tra i più importanti artisti italiani contemporanei, ha al suo attivo mostre nazionali
e internazionali di notevole prestigio. Docente di pittura, Direttore e Presidente dell’Accademia Ligustica di Belle Arti, è
figura altamente rappresentativa del mondo culturale genovese. Per notizie in dettaglio si veda: Sandra Solimano, Raimondo Sirotti, Mostra Antologica: 1959-1995, (Genova, Villa
Croce, 14 marzo - 5 maggio 1996), Electa, Milano 1996; Giubilei, Galleria d’arte moderna…, cit., vol. II, pp. 698 e 900.
59 Aurelio Caminati (1924-2012) è stato uno dei più importanti artisti genovesi del Novecento. Ha esposto in mostre
personali e collettive nazionali ed internazionali. La sua primitiva adesione al realismo passa, nel tempo, attraverso esperienze metafisiche e pop, dopo le quali torna alla tradizione,
concedendosi soventi incursioni nella classicità. Per notizie
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in dettaglio si veda: Giubilei, Ragazzi, Sborgi, Presenze… cit.,
1995; Franco Sborgi (a cura di), Aurelio Caminati, opere dal
1947 al 1998, catalogo della mostra (Genova, Palazzo Ducale,
4 luglio-27 settembre 1998), De Ferrari, Genova 1998.
60 Archivio Storico del Comune di Genova (ASCG), Amministrazione decurionale, vol. 407, Processi verbali 1824; Si
veda inoltre Maria Grazia Montaldo (a cura di), Marcello Durazzo, Tredici discorsi sulle belle arti, Costa & Nolan, Genova,
1996, pp. 14-15 e n. 79.
61 Per notizie su Diego Attilio Mario Raco, si veda
http://www.diegoattiliomarioraco.it/, (data ultima consultazione: 2/02/2016).
62 Roberto Iovino, Il Carlo Felice. Due volti di un teatro, Sagep,
Genova 1991; Antonio Musiari (a cura di), Nerone Giovanni
Ceccarelli Scultore, Scritturapura, Asti 2012.
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Le schede della Provincia di Genova sono a cura di Francesca Bulian (5, 6, 7, 12, 14), Alessandra Piatti (1, 2, 4, 8, 9, 10, 13),
Rocco Pietro Spigno (3a, 3b, 11); Le schede della Provincia di La Spezia sono a cura di Sonia Braga; Le schede della Provincia
di Savona sono a cura di Giorgia Barzetti; Le schede della Provincia di Imperia sono a cura di Claudia Andreotta
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giuSeppe tAmpieRi
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GRATTACIELO DELLE POSTE
1. Giuseppe Tampieri
Le attività di terra e di mare, 1954-1955, 6 altorilievi in
marmo di Carrara, cm 100 x 120 cad.
L'opera è costituita da due pannelli in marmo, ognuno dei
quali suddivisi verticalmente in tre riquadri posti a coprire
le fiancate laterali del portale d'ingresso dell’edificio. Tra
le prime costruzioni interessate dalla “legge del 2%” a Genova, il cosiddetto “grattacielo” genovese, realizzato nei
primi anni cinquanta, si contraddistingue per l’avvenuta
integrazione nei suoi spazi tra architettura e intervento decorativo. L'artista scelto per assolvere a tale compito, il romagnolo Giuseppe Tampieri, trasferitosi a Genova nel
1950, lavora a bassorilievo il marmo per rappresentare l'allegoria del lavoro attraverso la raffigurazione delle attività
di mare, nella fiancata sinistra, di terra, in quella destra. Le
prime si riferiscono alla navigazione, all’attività ittica e al
lavoro portuale; le seconde, invece, presentano l'attività
agricola, mineraria e industriale-siderurgica. L'impianto figurativo dei pannelli attinge al linguaggio di matrice realista che nel secondo dopoguerra ha avuto ampio seguito
in Italia. L'opera di Giuseppe Tampieri, molto apprezzata
in questi anni a Genova, richiama la lezione del grande
maestro Arturo Martini, attraverso una semplificazione
delle forme che, tuttavia, non rinuncia mai alla centralità
della figura umana. “La riproposta dell’allegoria e dell’altorilievo di sapore neoquattrocentesco, caro a scultori e
ceramisti del periodo, riflette la polivalenza espressiva e
operativa della specifica ricerca faentina, nella quale Tampieri si cala allorché esegue lavori in marmo (i pannelli
dell’Allegoria del lavoro di terra e di mare, 1955)” (Ghetti
Baldi 1999, p. 13). Il tema dell’allegoria del lavoro sarà poi
riaffrontato dall’artista nel pannello in ceramica realizzato
per la sede della Cassa di Risparmio di Genova (1968) e
nei dipinti eseguiti per la Banca di Romagna di Faenza
(1983). Il palazzo, oggetto negli anni di operazioni di lottizzazione, è oggi suddiviso in appartamenti e uffici di proprietà privata.
Bibliografia di riferimento:
Ghetti Baldi, in Bagattoni 1999, pp. 11-15; Bagattoni
1999, in Bagattoni 1999, pp. 42 - 45; Fochessati, in Rotondi Terminiello 2009, p. 75.
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MACROSCHEDE
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edoARdo AlfieRi
genovA
PALAZZO DELLA PROVINCIA
2. Edoardo Alfieri
[“La città del Sole”] [L’agricoltura, L’assistenza ai malati di
mente, L’assistenza agli anziani, L’attività marittima, I lavori
pubblici, L’istruzione pubblica], 1954-1955, 6 bassorilievi
in pietra Gallina di Vicenza, cm 200 x 120 cad.
Nel 1954 lo scultore Edoardo Alfieri vince il concorso nazionale per l’esecuzione di due pannelli decorativi per il
nuovo edificio degli Uffici dell’amministrazione provinciale genovese, inaugurato il 23 maggio 1953. La giuria
giudicatrice, riunitasi nel 1954, e composta dagli artisti
Guido Galletti, Giovanni Solari, Paolo Silvio Rodocanachi, Dino Gambetti, Lorenzo Garaventa e Luigi Navone,
aveva selezionato il bozzetto dal titolo “La città del sole”:
l’opera, che consiste in due pannelli posti a decorare i lati
d’ingresso dell’atrio del palazzo, suddivisi ciascuno in tre
ulteriori pannelli dalle medesime misure, illustra i diversi
settori dell’attività lavorativa della Provincia di Genova:
Assistenza ai malati di mente, Assistenza all'infanzia, Opere
pubbliche, Istruzione pubblica, Agricoltura e Attività marinara.
Nel 1956, poco dopo la loro collocazione nell’edificio, i
bozzetti dei pannelli dedicati ai lavori pubblici e all’assistenza ai malati di mente vengono esposti, insieme al modello della Fede - la statua che sarà collocata presso il
Porticato di Sant’Antonino al Cimitero monumentale di
Staglieno nel 1957 (cfr. scheda 19a) - nella sala personale
dedicata allo stesso Alfieri alla Biennale di Venezia. Numerosi sono anche gli studi di figura che Alfieri realizza per
tale progetto, oggi conservati nelle Collezioni d’arte della
Provincia di Genova e che rivelano una “maggiore libertà
espressiva” rispetto alla “rigidezza compositiva” dei rilievi
(Fochessati 2008, p. 53). Questi, infatti, pur essendo completamente occupati da figure di lavoratori, assistenti e assistiti, compongono una perfetta ed equilibrata immagine
plastica, che non lascia spazio al caos, per far esaltare invece quel realismo descrittivo in “assonanza stilistica e iconografica con le contemporanee esperienze del realismo
sociale” (Ibidem). All’interno di un ben strutturato gioco
di gesti e di azioni che ricompone l’immagine di una provincia composta da uomini attivi e laboriosi, Alfieri riesce
a far coniugare la stilizzazione e la pienezza delle forme della
lezione picassiana - che nel secondo dopoguerra aveva attratto molti artisti – con il carattere narrativo tratto dai
grandi maestri dell’arte plastica medievale, in primis, di
Giovanni Pisano (Sborgi 1998, p. 30).
Bibliografia di riferimento:
Nuovo palazzo degli uffici. I pannelli simbolici dell’atrio,
in Provincia di Genova. Opere edili, Genova, s.d., pp. 3839; Sborgi 1998; Fochessati, Giubilei 2008, pp. 47-63.
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MACROSCHEDE
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guido gAlletti
EX FACOLTÀ INGEGNERIA
(OGGI SCUOLA POLITECNICA
DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA)
3a. Guido Galletti
La Parola, Il Simbolo, Il Disegno, Il Modello, 1963, bassorilievo in marmo bianco, cm 190 x 90 x 10
Nella perizia relativa ai lavori di completamento di un Padiglione della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova è contenuto il verbale per la scelta di un bassorilievo
in marmo bianco statuario destinato all’abbellimento artistico dell’edificio di via all’Opera Pia Causa. Nel gennaio
1964 Gian Vittorio Castelnovi, allora Soprintendente alle
Gallerie e Opere d’Arte della Liguria e Leonardo Bucci,
tra gli architetti progettisti dei lavori, scelgono dallo studio
di Guido Galletti, di comune accordo, un bassorilievo
delle dimensioni di cm 190 x 90 sul quale sono raffigurate
quattro figure, rappresentanti rispettivamente La Parola,
Il Simbolo, Il Disegno e Il Modello. Il rilievo, destinato in
un primo tempo alla parete destra dell’ingresso principale,
sulla facciata dell’edificio, viene poi, durante le operazioni
di posa, ancorato alla sua sinistra. Guido Galletti (18931967), nato a Londra ma genovese di formazione, fu legato all’Accademia Ligustica dapprima come studente,
quindi come accademico di merito e titolare della cattedra
di scultura. Influssi Liberty ne caratterizzano gli esordi,
genovA
anche se dopo il primo conflitto mondiale, cui prende
parte in prima persona, il suo stile vira verso una maggiore
sintesi e austerità, anche in rapporto alle tendenze classiche e rigorose che prendono via via campo in quegli anni.
Nel secondo dopoguerra l’indole severa e classicista si
stempera in un naturalismo suggestivo caratterizzato in
maniera decisa da movimento e chiaroscuro. Nel rilievo
eseguito per il nuovo Padiglione della Facoltà di Ingegneria la sintesi rappresentativa delle figure si contamina con
il decorativismo delle forme arboree di sfondo, al quale
viene affidato il compito di scandire lo spazio, alla maniera
dei rilievi medievali. La volumetria compressa dei corpi
sembra potenziare il significato simbolico del rilievo attribuendogli senso in rapporto all’edificio per cui viene
acquistato.
Bibliografia di riferimento:
Marcenaro 1986; Sborgi 1989; Spigno, in Magnani
2014, pp. 251-253.
Riferimenti documentari:
Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della
Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “Primo Padiglione - Facoltà di Ingegneria, Lavori di completamento di un padiglione della Facoltà di Ingegneria
dell’Università di Genova”, Perizia n. 8111/Ge (ex
8720) del 15 gennaio 1964.
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MACROSCHEDE
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Silvio conSAdoRi
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EX FACOLTÀ INGEGNERIA
(OGGI SCUOLA POLITECNICA
DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA)
3b. Silvio Consadori
L’Energia, 1963, affresco con finitura a encausto, cm
1240 x 540
Nell’atrio della Scuola Politecnica Ingegneria e Architettura dell’Università di Genova in via Opera Pia Causa si
trova un ampio e importante affresco dell’artista Giuseppe
Silvio Consadori il cui tema viene indicato nel bando di
concorso pubblicato nel 1962: “L’uomo e l’energia, considerando le energie naturali utilizzate dall’uomo quali
l’energia muscolare, la forza degli animali, l'energia del
vento, dell'acqua, del fuoco, dell'elettricità, della materia,
nucleare”. Nella nota disciplinare del 15 novembre 1962
il Ministero dei Lavori Pubblici rende pubbliche le norme
e le condizioni per il conferimento a Giuseppe Silvio
Consadori dell’incarico esecutivo. Il 15 marzo 1963 Gian
Vittorio Castelnovi, Soprintendente alle gallerie, verifica
il buon andamento complessivo del lavoro, nonché le varianti rispetto al bozzetto che, tuttavia, non ne modificano
valore e significato. Silvio Consadori si forma tra Brescia,
Roma e Parigi. Professore al liceo dell'Accademia di
Brera, è presente alle Quadriennali romane, alle Biennali
veneziane e alle mostre della Permanente a Milano. Si
dedica alla pittura da cavalletto e a grandi cicli di affreschi,
nonché a mosaici di arte sacra per importanti fondazioni
religiose italiane e vaticane. La sua peculiare abilità nell’affrescare grandi spazi gli consente di affrontare con disinvoltura la prova genovese, per la quale pensa al
territorio circostante come elemento portante; la collina
di Albaro con Villa Cambiaso, emblema dell'architettura
di villa genovese e sede della Facoltà cui si deve la committenza dell'affresco diviene palcoscenico per la rappresentazione dei temi richiesti dal bando. Il profilo alto delle
colline che si staglia sulla striscia turchina del cielo sembra
ricordare quel Trattenimento in un giardino di Albaro (1735)
di Alessandro Magnasco (Genova 1667-1749) che nel
Settecento testimonia la bellezza e l'amenità di quello
stesso paesaggio che, ancora duecento anni più tardi, si fa
ispiratore di suggestioni pittoriche. Nell'affresco si celebra
anche la Genova moderna con i suoi alti palazzi insediati
sulla collina; si ricorda l'attività portuale, presenza forte
che si impone con le alte prue delle navi affacciate sul limite inferiore dell'opera e il lavoro umile e faticoso dei
suoi abitanti, raffigurati attraverso un realismo classicheggiante che, nel ricordo di Novecento, sembra risalire alle
sorgenti del Rinascimento italiano. Non manca la celebrazione della Ricerca portata in primo piano e resa necessaria per conquistare la contemporaneità,
92
MACROSCHEDE
rappresentata in secondo piano dai missili pronti alla partenza. Nella gestione della grande spazialità, l’opera fluisce
armonica attraverso le sapienti pennellate dell'artista che
lascia alla città una delle sue più sintetiche e singolari
prove di moderno frescante. L'8 aprile 1963 il lavoro risulta terminato e il 27 agosto dello stesso anno il Soprintendente Castelnovi ne firma il collaudo.
Bibliografia di riferimento:
Ghilardi 1975; Toscani 1991; Ferrari 2001; Gualdoni
2009; Spigno, in Magnani 2014.
Riferimenti documentari:
Concorso nazionale per l’ideazione e realizzazione di opere
artistiche da eseguirsi nell’edificio della Facoltà di Ingegneria
dell’Università di Genova, in G.U. n. 114 del 4 maggio
1962, pp. 1863-1864; Esito del concorso nazionale fra artisti italiani per l’ideazione e realizzazione di opere artistiche
da eseguirsi nell’edificio della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova, in G.U. n. 240 del 24 settembre
1962, p. 3940; Archivio Soprintendenza Belle Arti e
Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, Perizie sui
lavori di opere d’arte per l’abbellimento dell’edificio
del 27 febbraio 1963, prot. n.327; del 15 marzo 1963,
prot. n.415; del 31 maggio 1963, prot. n. 821; Archivio
Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio
Civile di Genova, faldone “Edilizia Universitaria”, cartella “Costruzione della nuova facoltà di Ingegneria”,
Disciplinare Facoltà Ingegneria, prot. n.1132 del 19 luglio 1963 e n. prot. 1237 del 27 agosto 1963.
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emAnuele luzzAti
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SCUOLA PRIMARIA PRATO
4. Emanuele Luzzati
[senza titolo], 1967, terracotta smaltata con decoro a
smalti policromi, dimensioni varie
La vicenda dell’assegnazione diretta a Emanuele Luzzati
“dell'esecuzione dell'opera da collocare nell'edificio scolastico elementare di Genova Prato” ha inizio nel 1960
quando l’Ingegnere Capo dei Lavori Pubblici sollecita la
Direzione Belle Arti a predisporre un bando di concorso
per la scuola elementare di Prato. Alla pubblicazione di
un bando di concorso pubblico, tuttavia, si preferisce la
nomina di una commissione giudicatrice preposta alla
scelta diretta dell’artista (tra i membri si ricordano l'Assessore alle Belle Arti Mario Cifatte, la Direttrice dell'Ufficio Belle Arti e Antichità, Caterina Mercenaro, il
Soprintendente alle Gallerie della Liguria, Giovanni Castelnovi e il progettista dell'edificio, Roberto Tassistro).
Nel 1962 la commissione sceglie di affidare l’incarico a
Emanuele Luzzati che, nella seduta del 14 settembre 1964,
presenta un bozzetto per un pannello in ceramica policroma da applicare, secondo la volontà del progettista,
alla parete interna dell'edificio. Il bozzetto viene particolarmente apprezzato per la “maggiore ricchezza di colore
presentata dal bozzetto rispetto a quella espressa nella parete decorata dallo stesso Luzzati nel bar dell’Accademia”
(Cifatte, in Commissione per la scelta dell’artista, 1964). Nel
1966, quando l'opera è pronta per essere collaudata, l'artista, in accordo con la commissione e il progettista, sceglie di collocarla sulla facciata esterna dell'edificio,
ritenendo tale spazio più consono per accoglierla (lettera
di Luzzati a Castelnovi del 10 ottobre 1966). Il bozzetto,
ora conservato presso la Soprintendenza, riporta la numerazione per la collocazione delle formelle raffiguranti gli
episodi colombiani. L'opera è composta da 18 formelle di
ceramica policroma tutte inscrivibili in un quadrato e disposte in maniera alternata all'interno di un rettangolo
dallo sviluppo verticale. Il tema colombiano, in realtà,
non era nuovo per Luzzati: negli anni cinquanta, infatti,
in occasione del celebre progetto del Calendario Colombiano (1951) l’artista illustra raccontando per immagini,
mese per mese, le vicende biografiche e le avventure del
concittadino genovese. Episodi che Luzzati decide di riutilizzare anche in questo nuovo progetto plastico: la nascita e la formazione a Genova; il viaggio in Spagna e
l’incontro con il re Ferdinando II d’Aragona e Isabella di
Castiglia che concedono a Colombo protezione e aiuto;
l’arrivo in America e l’incontro con le popolazioni indigene e il ritorno in Spagna. Quest’opera, inoltre, si inserisce all’interno della ricca produzione ceramica, in
particolare per arredo urbano o architettonico, alla quale
si dedica tra gli anni cinquanta e gli inizi degli anni settanta presso la fornace del Bianco a Pozzo Garitta. Si
pensi, tra gli altri, al rilievo del Genio Civile di Imperia
(scheda n. 64d), al ciclo sulla Scoperta dell’America per
l’Azienda Autonoma di Soggiorno di Albisola, al Cristoforo Colombo in Albisola ebbe i natali della Collezione del
Comune di Albissola Marina, al fregio dei Re Magi e, infine, alla già citata decorazione per il bar dell’Accademia
di Genova, oggi perduta.
Bibliografia di riferimento:
Giubbini, Sborgi 1991; Airaldi, Parma 2006, pp. 208220; Valenti 2008, pp. 318-319.
Riferimenti documentari:
Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle
Arti, cartella 22, fascetta 74/31- Opere d’arte in edifici
pubblici (1958-1975): lettera inviata dall’Ing. Capo dei
Lavori Pubblici alla Direzione Belle Arti del 13 luglio
1960, nomina commissione giudicatrice del 7 settembre
1961, verbale seduta commissione giudicatrice dell’11
settembre 1964, lettera inviata dalle Belli Arti alla ripartizione Amministrativa dei Lavori Pubblici datata 9 dicembre 1966; Archivio Soprintendenza Belle Arti e
Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella
“Pratica espletata con relativo collaudo, Genova - Prato
- Scuola elementare”: documento relativo alla Commissione per la scelta dell’artista cui affidare l’esecuzione dell’opera d’arte da collocare nell'edificio scolastico elementare
di Prato del 14 settembre 1964, lettera inviata da Emanuele Luzzati a Giovanni Castelnovi del 10 ottobre 1966,
lettera inviata da Emanuele Luzzati al Comune di Genova Lavori Pubblici del 14 gennaio 1967, Lettera conferimento di incarico per l’opera d’arte nella scuola elementare
di Prato del 25 gennaio 1967, n. prot. 174 e lettera al Comune di Genova dal Soprintendente Castelnovi relativa
al collaudo dell’opera del 12 marzo 1967.
93
MACROSCHEDE
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enzo vicentini
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SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO
GALEAZZO ALESSI
5. Enzo Vicentini
Chirone, 1967-1968, Objects trouvés di ferro assemblati,
pietra, cm 196 x 180 x 130 (ingombro)
La scuola Galeazzo Alessi di Pegli è attualmente sede sia
dell'opera scultorea del mantovano Enzo Vicentini, sia
del bozzetto originale utilizzato per il concorso per opere
d'arte, ancora contrassegnato dal suo motto, “Ferrum 3”,
che garantiva, come previsto, l'anonimato dell'artista
fino all'assegnazione del lavoro. La scultura, realizzata assemblando objects trouvés di ferro facilmente riconducibili
alla loro precedente funzione grazie ai marchi di fabbrica
lasciati a vista, collocata tra due colonne nell'atrio principale della scuola, è posta su un piedistallo su cui sono
impresse firma e data di realizzazione. Per ricostruire la
vicenda di questa opera risulta di notevole importanza la
relazione illustrativa che ne ha accompagnato l’iter concorsuale, conservata presso l’archivio della Soprintendenza di Genova, dalla quale si evince come l'artista
intendesse procedere: “consiste nell'utilizzo di molti elementi del suddetto metallo, che per forma e senza perdere
il carattere relativo al loro uso, si modificano, nella loro
destinazione, aderendo al significato plastico del soggetto”. L'opera rappresenta il centauro Chirone, figura
mitologica di precettore che ebbe tra i suoi allievi anche
Achille, il quale, nella versione definitiva dell'opera, cavalca la sua schiena brandendo un arco. Il bozzetto in
ferro, donato dall'artista, arreda oggi l’ufficio del Preside.
Riferimenti documentari:
Archivio della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio
della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “Genova,
Pegli, Pratica espletata con relativo collaudo, Edificio
Scolastico Villa Doria”: Bando di concorso nazionale a'
sensi della Legge 1949 n. 717 e della Legge 3 marzo 1960
n. 237 per la creazione ed esecuzione di opera d'arte del
nuovo edificio scolastico adibito a scuola nella Villa Doria
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MACROSCHEDE
a Genova-Pegli, 30 giugno 1967; relazione illustrativa
del bozzetto contrassegnato col motto “Ferrum 3”, s.d.
Sitografia di riferimento:
Per Enzo Vicentini, in “IN Netweek Mantova”, http://man tova.netweek.it/notizie/cronaca/per-enzo-vicentini2068818.html, data ultima consultazione: 19 febbraio 2016.
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RoSARio SARo miRAbellA
genovA
SCUOLA MEDIA INFERIORE ALESSANDRO VOLTA
6. Rosario Saro Mirabella
La forza del toro, 1968, mosaico su carta a rovescio con
tessere miste, cm 278 x 269
L'opera parietale, collocata nell'atrio di fronte alle
scale di ingresso, è caratterizzata da linee spezzate e da
colori accesi. Saro Mirabella e Vittorio Tani, vincitori
del concorso bandito nel 1966, scelgono di rappresentare, tramite la tecnica del mosaico, un paesaggio portuale, al centro del quale si riconosce una figura
zoomorfa, che riconduce al motto “la forza del toro”.
Dal verbale di assegnazione si evince che Saro (Rosario) Mirabella aveva partecipato al concorso con due
diverse proposte, entrambe finaliste: il secondo bozzetto, contraddistinto dal motto “lo slancio dell'aquila”, potrebbe avere un legame con l'opera musiva
presente in un'altra scuola nelle vicinanze, l’ex Istituto
Casaregis di Sampierdarena (cfr. scheda n. 28), il cui
autore risulta tuttora ignoto a causa della perdita della
documentazione relativa all'esito del concorso. Essendo l’opera di Sampierdarena databile agli anni immediatamente successivi rispetto a quella di
Cornigliano ed essendo riscontrabile una certa affinità
stilistica, si potrebbe proporre un’attribuzione allo
stesso Mirabella. Del mosaico della Scuola Alessandro
Volta si possiede, invece, un'ampia documentazione,
che comprende la relazione illustrativa allegata al bozzetto dall’artista: “[...] Per la realizzazione del mosaico
verranno impiegate tessere di varia grandezza e di tipo
diverso, miste tra smalti e pietre naturali dove il colore
lo esiga. Le tessere in smalto saranno utilizzate per le
tonalità azzurre e per i toni freddi, mentre quelle in pietre naturali verranno usate per i toni caldi pastello [...]”.
La pratica musiva riveste un ruolo secondario nell’ambito della produzione di Saro Mirabella, artista noto
soprattutto per i suoi dipinti e i suoi disegni.
Bibliografia di riferimento:
Valenti 2008, p. 319.
Riferimenti documentari:
Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle
Arti, cartella 22, fascetta 74/31 - Opere d’arte in edifici
pubblici (1958 -1975), lettera inviata dalla Commissione
giudicatrice all’Assessore alle Belle Arti, datata 7 luglio
1965; Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio
della Liguria, Fondo “Legge 2%”, Comune di Genova,
Ripartizione Amministrativa Lavori Pubblici: Bando di
concorso nazionale a' sensi della Legge 29 luglio 1949 n.
717 e della Legge 3 marzo 1960 n. 237 per la creazione
ed esecuzione di opera d'arte nel nuovo edificio scolastico
“A. Volta” sito in Genova via Cornigliano del 2 maggio
1966, Verbale della Commissione della scelta per l'artista
a cui affidare l'esecuzione dell'opera d'arte da collocare
nello edificio scolastico adibito a scuola media “A. Volta”
in Genova Cornigliano del 20 giugno 1967.
Sitografia di riferimento:
Archivio Saro Mirabella, http://www.saromirabella.it/opere.asp, data ultima consultazione: 20 febbraio 2016.
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MACROSCHEDE
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loRenzo gARAventA
SCUOLA ELEMENTARE NICCOLÒ PAGANINI
DI GENOVA PRÀ
7. Lorenzo Garaventa
Orfeo, 1969, marmo bianco, cm 400 x 78 x 78 ca.
Nella prima perizia relativa alla costruzione di una scuola
elementare nel quartiere CEP di Prà, datata 1962, il progetto prevedeva la realizzazione di un'opera d'arte molto
differente da quella effettivamente portata a compimento
nel 1969: l'indicazione, infatti, riferiva di un “pannello
decorativo in ceramica smaltata di metri 3,00 x 2,50” per
una spesa stimata di 1.400.000 lire, probabilmente da collocarsi, secondo l'idea del progettista, su una delle pareti
dell'edificio. Nei documenti successivi, datati 1969, si
esplicita il metodo di assegnazione dell’incarico per chiamata diretta: una commissione, appositamente formata,
affida all'artista ligure Lorenzo Garaventa la realizzazione
genovA
di una scultura in marmo bianco a tutto tondo rappresentante un Orfeo musico, scelta che, secondo la commissione, risulta a livello tematico maggiormente in
correlazione con l'intitolazione della scuola e più adatta,
a livello formale, ai peculiari spazi della struttura. Nel luglio 1969 l'artista informa l'ufficio del Genio Civile di Genova che l'Orfeo è concluso. La scultura viene collocata
nella piazza senza nome antistante l'ingresso della scuola.
Tuttavia, in anni recenti, la sua collocazione diventa oggetto di dibattito: a seguito dello spostamento dell'Orfeo
in Piazza De Ferrari nel 2014, in occasione di una mostra
dedicata all'artista dall'Accademia Ligustica di Belle Arti
di Genova, il “Comitato genitori delle scuole di Ca'
Nuova” ha caldeggiato il ritorno della statua nella sua originale posizione. Celere è stata la risposta della Fondazione Garaventa che ha sottolineato l’inadeguatezza della
collocazione originaria. Per il futuro è stata ipotizzata dunque una sistemazione differente in una piazza di maggiore
frequentazione del quartiere CEP di Prà.
Bibliografia di riferimento:
Sborgi 1992; Parodi 1995.
Riferimenti documentari:
Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio
del Genio Civile di Genova, faldone “Edilizia scolastica”, cartella "Per la costruzione di una scuola elementare nel quartiere C.E.P. di Genova/Prà”, computo
metrico estimativo, Mod. Pg. 3 n. 9, Art. 26 del 1963;
relazione sul conto finale e certificato di regolare esecuzione, Mod. Lv. 16 datata 1969; lettera di Lorenzo
Garaventa all'Ufficio del Genio Civile, prot. n. 1675
del 24 luglio 1969; certificato di pagamento, s.d.
Sitografia di riferimento:
Guido Barbazza, Il Garaventa itinerante: la statua di
Orfeo trasferita da Ca' Nuova a Piazza De Ferrari, in
http://www.supratutto.it/?p=1747, data ultima consultazione: 18 febbraio 2016.
Fondazione Garaventa, http://www.fondazionegaraventa.it/index.php, data ultima consultazione: 18 febbraio 2016.
Riccardo Porcù, Ca' Nuova, La statua di Orfeo cerca una
nuova collocazione, in http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2014/05/02/AQelJXgC-statua_collocazione _orfeo.shtml, data ultima consultazione: 18 febbraio
2016.
Riccardo Porcù, CEP, ancora polemiche sulla collocazione
dell'Orfeo di Garaventa, in http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2014/05/03/AQGRuhiC-collocazione_garaventa_polemiche.shtml, data ultima consultazione: 18
febbraio 2016.
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MACROSCHEDE
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giAnnetto fieSchi
SCUOLA ELEMENTARE GIUSEPPE GARIBALDI
8. Giannetto Fieschi
[senza titolo], 1972, 2 decorazioni murali a tecnica
mista (tempera su tela, affresco, pittura su vetro, disegno, ricamo), cm 190 x 575 ca.
Il 13 dicembre 1968 il Provveditorato Regionale alle
Opere Pubbliche per la Liguria bandisce un concorso nazionale per l’ideazione e la realizzazione di due figurazioni
allegoriche in pietra di Finale rosata “rappresentanti cose
e persone attinenti alla denominazione della scuola ed
alle principali attività didattiche” e di “decorazioni murali atte a rappresentare didascalicamente, secondo i
modi più idonei all'intendimento infantile, la variabile
semanticità dell'immagine attraverso le formulazioni stilistiche che sono state proposte nel corso dei secoli, in
varie tecniche (graffito, encausto, affresco, mosaico, rilievo) e con particolare riferimento alla cultura della
forma moderna e contemporanea". Qualche mese prima,
tuttavia, lo stesso testo era stato utilizzato per un altro
bando di concorso - destinato alla vicina scuola di San
Teodoro, in salita Gesù e Maria (cfr. scheda n. 24) - rimasto disatteso. È Giannetto Fieschi ad aggiudicarsi entrambi i concorsi interpretando in maniera originale le
condizioni del bando. Per la scuola Garibaldi l’artista satura le due pareti frontali dell’atrio. Nella parete di destra
intende esemplificare le maggiori tecniche utilizzate dall'antichità a oggi: ad eccezione del disegno infantile e del
ricamo, Fieschi è l’autore di questa serie di opere di pic-
genovA
colo formato, accompagnata da didascalie esplicative dell’origine e della storia della tecnica (la grafica, la vetrata,
il mosaico e l’affresco). A sinistra, invece, il pittore presenta l'evoluzione della concezione della forma e dell'immagine attraverso la storia dell'arte, i movimenti e gli stili
che l'hanno caratterizzata, dall'antico Egitto al Cristo
Pantocrate bizantino, dall’arte rinascimentale con l’uomo
vitruviano di Leonardo al Barocco con una delle ultime
e più emblematiche opere di Michelangelo Merisi da Caravaggio, David con la testa di Golia (1610), fino alla svolta
nel campo dell’ottica e della percezione avvenuta con
l’invenzione della fotografia e in quella delle avanguardie
artistiche dei primi anni del Novecento, in particolare
con la costruzione cubista della realtà da parte di Pablo
Picasso.
Bibliografia di riferimento:
Fieschi, Giubbini 1986; Crispolti 1999.
Riferimenti documentari:
Concorso nazionale per l’ideazione e la realizzazione di
opere artistiche da eseguirsi nella scuola elementare “G.
Garibaldi”, G.U. n. 316 del 13 dicembre 1968; Esito del
concorso nazionale fra artisti italiani per la ideazione e realizzazione di opere artistiche da eseguirsi nella scuola elementare G. Garibaldi, in Genova, G.U. n. 129, 25
maggio 1970; Archivio Storico della Regione Liguria,
Fondo Ufficio Genio Civile di Genova, faldone “Edilizia scolastica”, cartella 67, Lettera di incarico, 5 dicembre 1970.
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RAimondo SiRotti
ISTITUTO TECNICO STATALE
E LICEO MARCONI DELPINO
9. Raimondo Sirotti
[“De rerum natura”], 1972 - 1973, 3 tempere su muro,
cm 180 x 1300, 180 x 750 (Istituto tecnico statale); cm
180 x 360 (Liceo Marconi Delpino)
Secondo il “Computo delle opere d'arte di abbellimento” redatto dalla Provincia di Genova l'11 maggio
1962, gli interventi artistici da realizzarsi per il Centro
Studi Medi di Chiavari avrebbero dovuto essere molteplici: una decorazione a tempera della parete di fondo
dell'Aula Magna, una decorazione a tempera di due pannelli nell'atrio del Liceo scientifico e una di un pannello
nell'atrio dell'Istituto tecnico commerciale e per Geometri; un pannello scultoreo in pietra di Finale sulla parete esterna del liceo e uno su quella dell'istituto tecnico.
L’attenzione posta dalla committenza nei confronti di
una reale integrazione tra impianto decorativo e architettonico è testimoniata da numerosi progetti contenenti prospetti in scala 1:50 degli inserimenti dei
particolari decorativi nelle pareti. Se gli interventi scultorei non vengono poi assegnati ad alcun artista, le decorazioni murali sono affidate a Raimondo Sirotti,
vincitore del concorso bandito dalla Provincia nel novembre del 1969. Dal verbale della commissione giudicatrice, formata da Germano Beringheli, dai
rappresentanti dei sindacati nazionali di artisti, Clemente Bernasconi, Tonino Grassi e Giannetto Fieschi,
dal progettista dell’edificio, Adriano Guglielmi, dal Soprintendente alle Gallerie della Liguria, Gianvittorio
Castelnovi e da alcuni membri dell’Amministrazione
provinciale, si evince il motto scelto dall’artista di Bogliasco: “De rerum natura”. Come l’intitolazione del
motto rende esplicito in questi interventi parietali Sirotti si concede nuovamente a quel naturalismo astratto
che caratterizza la sua produzione pittorica dagli anni
cinquanta e che si traduce in un equilibrato rapporto di
luce, colore e materia. In particolare, per la grande decorazione pittorica destinata alla parete dell’aula magna
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MACROSCHEDE
genovA
dell’istituto tecnico - che si inserisce perfettamente nello
spazio di quella che è oggi diventata la palestra dell’edificio scolastico - l’artista crea una sorta di grande finestra
pittorica su un esterno fittizio di natura dalle suggestioni
mediterranee dai colori “blu e freddi (con le consuete
accensioni di gialli e di rosa) che assorbono la luce e la
imprigionano in un pattern di ombre e di forme sfuggenti” (Solimano 1996, p. 16), non prive di un carattere
inquietante e misterioso.
Bibliografia di riferimento:
Solimano 1996; Marasco, Sirotti, Sirotti 2005.
Riferimenti documentari:
Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio
del Genio Civile di Genova, fascicolo 38, cartella “Lavori di costruzione centro studi medi (Liceo scientifico
ed Istituto tecnico commerciale per geometri) Comune
di Chiavari”, perizia opere d’arte e prospetti particolari
decorativi; Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella
“Chiavari (GE) - Centro studi medi”: Concorso pubblico per la progettazione e l’esecuzione delle decorazioni pittoriche nella nuova sede del “CENTRO
STUDI MEDI” di Chiavari del 15 novembre 1969 e
verbale della seduta della commissione giudicatrice del
2 marzo 1971.
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Stelvio bottA
genovA
EX FACOLTÀ DI SCIENZE
(OGGI DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA TERRA,
DELL’AMBIENTE E DELLA VITA - DISTAV)
10. Stelvio Botta
[senza titolo], 1972-1974, scultura in acciaio CORTEN, cm 700 x 150 x 150
Dopo il concorso vinto da Nello Bini, Stefano
D’Amico e Giannetto Fieschi per la realizzazione di tre
opere in metallo nella nuova sede della Facoltà di
Scienze in corso Europa (cfr. schede n. 26a, 26b, 26c),
nell’agosto del 1972 il Ministero della Pubblica Istruzione e il Rettore dell’Università degli Studi di Genova
bandiscono un nuovo concorso per l’ideazione ed esecuzione di un’opera d’arte destinata all’abbellimento di
un edificio del complesso universitario rimasto “emarginato” nella precedente vicenda concorsuale. Secondo il bando l’opera avrebbe dovuto essere “in
metallo o altro materiale durevole” e sarebbe stata destinata al “ritaglio di area ricavato sulla destra dell’ingresso principale del nuovo edificio sede degli istituti
della facoltà di scienze”. Le richieste da parte della
committenza pubblica sono precise anche per quanto
riguarda le misure: l’opera, infatti, avrebbe dovuto essere alta non meno di 7 m e con una base non superiore
a un quadrato di m 1,50 x 1,50. La complessità dell’esecuzione di una scultura così imponente risulta direttamente proporzionale a quella dei lavori di stabilità e di
messa in posa che l’artista avrebbe dovuto progettare.
Il vincitore del bando, infatti, il Prof. Stelvio Botta, si
impegna, nel Disciplinare di conferimento dell’incarico, a “realizzare l’opera in lamiera di acciaio “CORTEN” di spessore mm. 2,5 a nudo, così come ideato nel
bozzetto, particolare al vero e disegno presentati al concorso” e a fornire una ricca documentazione composta
da numerosi e precisi progetti dell’opera (vista fianco
destro, vista fianco sinistro, elementi verticali, inclinati
e profilati, vista fronte, vista dietro e sezione a quota)
e delle sue componenti, che oggi hanno permesso di
ricostruirne parzialmente la memoria. Accanto ai prospetti un ulteriore documento, la verifica statica della
scultura, è utile per comprendere la complessità del
progetto di Stelvio Botta. Se dalla documentazione relativa al collaudo l’opera risultava effettivamente installata nel luogo al quale era destinata già nel
dicembre 1974, non sono state ancora rintracciate le
ragioni della sua rimozione e distruzione.
Riferimenti documentari:
Concorso per l’ideazione ed esecuzione di un’opera d’arte
destinata all’abbellimento del nuovo edificio sede degli isti-
tuti della facoltà di scienze dell’Università di Genova, in
G. U. n. 203 del 4 agosto 1972, pp. 5581-5582; Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio Genio
Civile di Genova, faldone “Opere edilizie: edilizia universitaria 21 Genio Civile Genova – Titolo III classe
D. Edifici demaniali”, cartella “Costruzione nuova facoltà Scienze – Opere d’arte”, fascicolo “Stelvio Botta”,
contratto del 9 gennaio 1974; Disciplinare del 9 gennaio 1974, Verifica statica della scultura del Prof. Botta
del 10 gennaio 1974; Archivio Soprintendenza Belle
Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “GENOVA – Facoltà di Scienze”, Certificato di
collaudo del 19 dicembre 1974 per il “Nuovo edificio
sede degli Istituti della Facoltà di Scienze – Corso Europa – Genova - Opere d’arte”.
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MACROSCHEDE
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Angelo biAncini
genovA
SCUOLA DI SANT’EUSEBIO
11. Angelo Biancini
[“Dalla scuola materna l’indirizzo per un cammino didattico e sociale”], 1975, 2 pannelli in ceramica, cm
200 x 150
Il 25 giugno del 1973 si riunisce la commissione giudicatrice del concorso nazionale per la realizzazione di due
pannelli in ceramica a decorazione dell’edificio scolastico
di via Val Trebbia a Sant’Eusebio. La commissione è costituita da Bruno Orsini per l’Assessorato all’Edilizia Pubblica, Vincenzo Oddi per l’Ufficio di Belle Arti e Storia,
Gianfranco Bruno per l’Accademia Ligustica, Giannetto
Fieschi e Nino Zucco in rappresentanza del Sindacato
nazionale Artisti, Giovanni Castelnovi per la Soprintendenza alle Gallerie ed opere d’arte della Liguria e, infine,
Gianfranco Gilardi in qualità di progettista dell’edificio.
Dal concorso emerge come vincitore il bozzetto contrassegnato dal motto “Dalla scuola materna l’indirizzo per
un cammino didattico e sociale”, realizzato dall’artista
Angelo Biancini.
L’opera, consegnata nel 1975 nei tempi e modi stabiliti
dall’incarico ufficiale assegnato il 30 dicembre 1974, è
costituita da due pannelli ceramici delle dimensioni di 2
metri per 1.50, all’interno dei quali l’artista raffigura, con
linguaggio sinteticamente espressivo e con vivace policromia, il cammino di crescita dell’individuo, dalla scuola
materna alla vita lavorativa.
Aderente a un linguaggio figurativo semplificato, l’artista
declina liberamente le storie narrate sui pannelli ceramici
le cui superfici scabre potenziano gli effetti chiaroscurali.
Bibliografia di riferimento:
Valenti 2008, p. 319; Brugnoni 2013.
Riferimenti documentari:
Archivio Storico del Comune di Genova, Fondo Belle
Arti, cartella 22, fascetta 74/31-Opere d’arte in edifici
pubblici (1958-1975); Archivio Storico della Regione
Liguria, Fondo Ufficio Genio Civile di Genova, faldone “Edilizia scolastica”, cartella “Scuola di sant’Eusebio”, Comitato Regionale di Controllo n. 1474/2191
del 23 gennaio 1975; Archivio Soprintendenza Belle
Arti e Paesaggio della Liguria, faldone “Legge 2%”, cartella “Genova – Scuola località S. Eusebio”, certificato
di collaudo del 20 febbraio 1976.
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gino giAnnetti
AEROPORTO INTERNAZIONALE
CRISTOFORO COLOMBO
12. Gino Giannetti
La Vela di Colombo, 1990, fusione in bronzo, cm 500 x
300 x 150 ca.
L'opera di Giannetti fa parte di una serie di progetti intrapresi all'inizio degli anni novanta per la celebrazione
dei cinquecento anni dall'arrivo di Cristoforo Colombo
nelle Americhe. Il Consorzio del Porto di Genova assegna
il progetto all'artista dopo regolare concorso nel 1989.
genovA
L’opera doveva andare a completare l'inaugurazione della
nuova aerostazione, avvenuta nel 1986, che aveva preso
il posto della precedente struttura. La statua è formata da
sei vele in bronzo assemblate su due lati, la cui superficie
reca scene relative alla dimensione del volo e del viaggio
e in generale alla città di Genova: il viandante in un
bosco fitto; la caduta di Icaro; la Lanterna; Cristoforo Colombo che scruta l'orizzonte dalla prua della sua nave; due
uomini a cavallo. Alla sua esecuzione è stata dedicata una
notevole attenzione: la Vela di Colombo, infatti, prima di
essere posta nella sua destinazione definitiva viene presentata a Roma sulla Terrazza del Pincio nel 1990 e all'Expo di Siviglia nel 1992. Inoltre, Giannetti realizza una
copia dell’opera pensata per essere donata allo Stato di
New York. Dal 1998 la copia si trova in New Jersey in una
piazza che, in seguito alla posa della scultura, ha cambiato
la sua intitolazione da piazza del Liberty State Park a Columbus Monument Plaza. Accanto alla Vela è posta una
lapide che in italiano e in inglese celebra l'impresa di Colombo e ricorda la donazione alla città di New York dell'opera gemella; le parole sono accompagnate dal motto
“Navigare... Volare... Sognare”, che lo stesso Giannetti
aveva scelto precedentemente per caratterizzare la sua
proposta durante lo svolgimento del concorso. Altre piccole riproduzioni di 15 centimetri per 100 grammi in lamina d'oro, a tiratura limitata, vengono realizzate dalla
Zecca dello Stato, co-finanziatrice del progetto.
Bibliografia di riferimento:
Carli 1992.
Riferimenti documentari:
Esito del concorso nazionale per opere artistiche, destinate
all'abbellimento della nuova aerostazione passeggeri, dell'aeroporto di Genova-Sestri, in G.U. 4ª serie speciale n.
25 del 31 marzo1989.
Riferimenti sitografici:
AdnAgenzia, 1492-1992: la Vela di Colombo parte per
New York, http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/1992/05/26/Altro/1492-1992-LA-VELADI-COLOMBO-PARTE-PER-NEW-YORK-3_18570
0.php, data ultima consultazione: 20/08/2015
Musei Vaticani, Gino Giannetti, Cenni Biografici,
http://mv.vatican.va/1_CommonFiles/pdf/Eventi/conferenze/30_conf_Giannetti_cv.pdf, data ultima consultazione: 20/08/2015.
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MACROSCHEDE
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AuRelio cAminAti
TEATRO DELL'OPERA CARLO FELICE
13. Aurelio Caminati
Mediterraneo (Partenza dell'ammiraglio genovese Guglielmo Embriaco); Mediterraneo II (Costruzione di un
fondaco nell’isola di Tabarca, tra la costa di Bona e Bisera,
in Tunisia, prima metà del Cinquecento), 1991, 2 affreschi, cm 400 x 900 cad.
Il ciclo di affreschi, concepito da Aurelio Caminati per le
nicchie ai lati della base del “cono” del foyer principale del
Teatro dell’Opera Carlo Felice, si ispira, su precisa richiesta
del bando di concorso del 1989, a episodi della storia genovese. L’artista sceglie due precisi momenti della storia di
Genova colonizzatrice del Mar Mediterraneo: la partenza
dell’Ammiraglio Guglielmo Embriaco per la prima Crociata in Palestina del 1102 e la costruzione di un fondaco
nell’isola di Tabarca (Tabarka) prospicente la costa tunisina. Per la prima opera l’artista decide di dedicare interamente la parete centrale della nicchia alla
rappresentazione dell’equipaggio dell’ammiraglio Embriaco che, all’interno del suo veliero, indica la direzione
ai marinai, dai volti inespressivi e vuoti, che lo accompagnano, remando, lontano dalla costa genovese, della quale
si intravede ancora il simbolo, la Lanterna. Il secondo, invece, rievoca la dominazione dei genovesi nel Mar Mediterraneo con la rappresentazione della costruzione di un
fondaco nell’isola di Tabarca, episodio che, come ricorda
Franco Ragazzi, era divenuto un celebre modello della
grande decorazione genovese del XVI secolo, grazie all’af-
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MACROSCHEDE
genovA
fresco di Luca Cambiaso in Palazzo Lercari Mitica costruzione di un fondaco per Megollo Lercari ordinata dall’Imperatore di Trebisonda (Ragazzi 1998, p. 35).
I due affreschi identificano un nuovo passaggio tecnico,
stilistico e tematico nella ricerca complessa e varia dell’artista. Come ha evidenziato Franco Sborgi nel testo
critico presentato in occasione di un’esposizione del
1992: “La tecnica dell’affresco e il tema determinato propongono nuove problematiche all’artista, abituato com’è
a servirsi in modo del tutto libero tanto delle diverse processualità della pittura, quanto di un immaginario altrettanto libero e non prefigurato o prefigurabile” (Sborgi
1992, p. 8). La rigidità dell’affresco viene superata dall’impiego di un’operatività caratterizzata dal gesto pittorico aperto e dall’uso di “strumenti molto liberi come
spugne, pennellesse” (Ibidem). Un processo documentato
sia dai numerosi acquerelli preparatori, bozzetti e cartoni
(conservati in parte presso la collezione del Museo di
Villa Croce), sia da una nutrita e preziosa documentazione fotografica della fase di realizzazione in loco degli
affreschi (oggi custodita all’interno del Fondo Caminati
presso l’Archivio d’Arte Contemporanea - AdAC dell’Università degli Studi di Genova).
Bibliografia di riferimento:
Iovino 1991; Sborgi 1992; Ragazzi 1994; Ragazzi, in
Sborgi 1998, pp. 34-37.
Riferimenti documentari:
AdAC, Fondo Caminati, Fotografie.
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AdRiAno leveRone
genovA
CIMITERO DEI PINI STORTI
14. Adriano Leverone
Dalla terra al cielo, 2004, fusione in bronzo, cm 490 x
120 x 140
Nel 1989 viene pubblicato il bando di concorso relativo all'ampliamento architettonico del Cimitero di
Sestri Ponente nel quale venivano richieste due possibili proposte per la realizzazione di una croce in bronzo.
L'esito del concorso si ha nel 2003 con l'assegnazione
dell'incarico all'artista Adriano Leverone per un progetto che si discosta profondamente dall'idea classica
della croce cristiana da collocare alla sommità di un
frontone. L'artista propone il tema della Resurrezione
– non solo di Cristo, ma di tutte le anime - attraverso
una forma plastica allegorica che alluda all'ascesa dello
spirito dalla dimensione concreta della sepoltura a
quella incorporea. L’opera consiste in un monolite di
bronzo, lavorato in modo da sortire l’effetto di una materia scabra, sormontato da una forma ovoidale liscia e
dorata che rappresenta la pura anima del defunto e, nel
contempo, il seme di una nuova vita. La realizzazione
della scultura è accompagnata da una piccola pubblicazione omonima promossa dal Comune di Genova
che ne documenta le fasi di esecuzione, dal modello
alla fusione vera e propria, avvenuta in collaborazione
con la Fonderia Artistica Battaglia di Milano. L'opera,
collocata alla sommità del frontone, è fruibile su due
livelli: dal basso, frontalmente, e dal retro sul medesimo livello in cui è posizionata. A causa dell’esposizione agli agenti atmosferici cui l’opera è
costantemente sottoposta, la doratura che originariamente caratterizzava l’ovale è oggi completamente
scomparsa. Sulla passeggiata del lungomare di Arenzano, in provincia di Genova, è collocata una versione
in scala ridotta dell'opera, firmata dallo stesso artista.
Bibliografia di riferimento:
Leverone 2004.
Riferimenti documentari:
Concorso Nazionale relativo a opere di abbellimento
artistico, per l'ampliamento del Cimitero dei Pini
Storti a Genova-Sestri Ponente, in G.U. 4ª serie speciale n. 55 del 21 luglio 1989; Archivio della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, faldone
“Legge 2%”, cartella “Ampliamento del Cimitero dei
Pini Storti, a Sestri”, Convocazione della Commissione
giudicatrice del concorso per l'esecuzione dell'opera di
abbellimento artistico - Comune di Genova, Prot. n.
24043 del 27 maggio 2003.
Sitografia di riferimento:
Adriano Leverone, http://www.leveronesculptor.com,
data ultima consultazione: 19 febbraio 2016.
103
MACROSCHEDE
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 104
C A MOG L I
iStituto pRofeSSionAle AlbeRghieRo i.p.S.S.A.R. mARco polo
15a.
Ivo Gensini
[Le attività di mare]
1970
3 bassorilievi in cemento
cm 230 x 400 cad.
15.b
Ivo Gensini
[Il Marinaio di Coffa]
1970
scultura in acciaio COR-TEN
cm 200 x 50 ca.
CHIAV A R I
iStituto pRofeSSionAle Autonomo giovAnni cAboto
16.
Stefano D'Amico
[senza titolo]
1974
pannello in ceramica policroma
cm 150 x 580
CICAGNA
ScuolA mediA StAtAle AmAdeo peteR giAnnini
17.
Vittorio Mazzola
[Il Lavoro]
[post 1961]
bassorilievo in ardesia
cm 75 x 120 x 7
GENOVA
pRovveditoRAto RegionAle Alle opeRe pubbliche peR lA liguRiA
18a.
Eugenio Da Venezia
[senza titolo]
1954
10 mosaici in pietra
dimensioni massime: cm 450 x 200
18b.
Idro Colombi
[senza titolo]
1955
2 pannelli in marmo rosa del Portogallo con rilievi in rame smaltato
cm 70 x 160 cad.
cimiteRo monumentAle di StAglieno
19a.
Edoardo Alfieri
Fede
1954-1956
2 statue in marmo bianco
cm 300 (h) cad.
104
MICROSCHEDE
19b.
Edoardo Alfieri
Speranza
1954-1956
2 statue in marmo bianco
cm 300 (h) cad.
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 105
G E N OV A
StAdio cARlini
20.
Valdieri Pestelli
L’atleta Giacomo Carlini
1956
marmo
cm 200 x 80
liceo giAn domenico cASSini
21a.
Sergio Selva
[Le materie scientifiche nella scuola]
e [La scienza moderna]
1962
2 mosaici
cm 325 x 330 x 67; cm 306 x 700
21b.
Elia Ajolfi
[senza titolo]
1964
5 altorilievi in pietra di Borgio Verezzi
cm 161 x 68 ca.; cm 139 x 80 ca.;
cm 100 x 362
eX fAcoltÀ ingegneRiA (oggi ScuolA politecnicA di ingegneRiA e ARchitettuRA) vedi schede collegate 3a, 3b
22.
Nanni Servettaz
L’anfora
1963
scultura in marmo
cm 105 x 40 x 25
AgenziA del demAnio (eX edificio ufficio dipendenti StAtAli)
23.
Edoardo Alfieri
[senza titolo]
1968 ca.
2 colonne in marmo
cm 400 x 110 (d)
ScuolA elementARe AdelAide mAmeli
24.
Giannetto Fieschi
Il destino
[post 1969 - ante 1971]
tempera su carta da spolvero, tela e
intonaco
cm 330 x 1380 ca.
105
MICROSCHEDE
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 106
G E N OV A
liceo Scientifico enRico feRmi
25a.
Valdieri Pestelli
[senza titolo]
1970-1972
3 rivestimenti in ceramica
su pilastro (2) e su muro (1)
cm 380 x 100 x 50;cm 270 x 60 x
30; cm 100 x 550
25b.
Valdieri Pestelli
[senza titolo]
1970-1972
3 altorilievi in pietra di Finale
cm 200 x 436
eX fAcoltÀ di Scienze (oggi dipARtimento di Scienze dellA teRRA, dell’Ambiente e dellA vitA - diStAv)
vedi scheda n. 10
26a.
Stefano D'Amico
[senza titolo]
1972 ca.
rivestimento di pilastro in acciaio
laminato
cm 300 x 90 (d) x 15 (p)
26b.
Giannetto Fieschi
[senza titolo]
1972
scultura in ferro
cm 140 x 1100 x 20
26c.
Nello Bini
[senza titolo]
1972
rame
cm 140 x 500 x 20
polo didAttico monoblocco chiRuRgico
27a.
Antonio Virduzzo
[senza titolo]
1973
2 pannelli scultorei in metallo
cm 345 x 120
27c.
Angelo Bozzola
[senza titolo]
1972-1973
scultura in acciaio inox
cm 200 x 150 x 100
106
MICROSCHEDE
27b.
Antonio Virduzzo
[senza titolo]
1973
scultura in metallo
cm 270 (h)
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 107
G E N OV A
ScuolA mediA infeRioRe SAn pieR d'ARenA (eX iStituto cASARegiS)
28.
[Enzo Vicentini?]
[senza titolo]
[post 1970]
mosaico
cm 350 x 150
ScuolA StAtAle i.t.c.S. luigi einAudi
29a.
[L. D.] Corradi
[senza titolo]
[post 1973]
3 mosaici in pietra
cm 295 x 73 (1); cm 90 x 657 (2)
29b.
[?] Menozzi
[senza titolo]
[post 1973]
due pannelli in bronzo
cm 98 x 40 cad.
ScuolA mediA pARini
30.
[Stelvio Pestelli?]
[senza titolo]
[post 1973 – ante 1975]
3 rilievi in terracotta
cm 190 x 380
pAlAzzo Sede RAi
31.
Agenore Fabbri
[senza titolo]
[s.d.]
metallo dipinto
cm 573 x 200 x 3
ScuolA pRimARiA hAnS chRiStiAn AndeRSen
32a.
Emanuele Luzzati
[senza titolo]
pittura su ceramica
[1984 ca.]
cm 100 x 400, piastrelle cm 20 x 20
32b.
Emanuele Luzzati
Pulcinella
[1984 ca.]
pittura su carta
cm 300 x 450
(3 pannelli cm 300 x 150)
107
MICROSCHEDE
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 108
G E N OV A
ScuolA hAnS chRiStiAn AndeRSen
32c.
Emanuele Luzzati
Gioco dell’oca
[1984 ca.]
tecnica mista
(tempera e pizzi incollati) su carta
cm 300 x 500
32d.
Emanuele Luzzati
Filastrocca corta e sciocca
[1984 ca.]
4 decorazioni in ceramica dipinta
cm 100 x 560 cad.
piastrelle cm 20 x 20
32e.
Emanuele Luzzati
Vagone dei mesi
[1984 ca.]
pittura su ceramica
cm 100 x 2000
piastrelle cm 20 x 20
teAtRo dell'opeRA cARlo felice - vedi scheda n. 13
33a.
Raimondo Sirotti
Il Paradiso di Bernardo Strozzi
[post 1989 - ante 1991]
arazzo
cm 300 x 300
33b.
Raimondo Sirotti
Il Pastorale di Grechetto
[post 1989 - ante 1991]
arazzo
cm 300 x 300
33c.
Giovanni Ceccarelli detto Nerone
Viva Schönberg
1989-1990
pittura su alluminio
125 pannelli cm 1000 x 2000; mq 200
33d.
Biagio Miceli,
Diego Attilio Mario Raco
[senza titolo]
1997
bassorilievo in bronzo
cm 180 x 390
centRo di biotecnologie AvAnzAte
34.
Arnaldo Pomodoro
[senza titolo]
1994
scultura in bronzo
cm 370 x 250
108
MICROSCHEDE
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 109
35a.
Antonio Quaranta
[senza titolo]
1994
3 plinti di base per aste e sculture,
pietra, bronzo
cm 1500 (ingombro)
G E N OV A
cApitAneRiA di poRto di genovA
35b.
Luigi degli Abbati
[senza titolo]
1999
mosaico pavimentale
cm 1800 x 2000 x 6, mq 360
35c.
[ignoto]
[senza titolo]
1999
3 pannelli in bronzo
cm 120 x 200; cm 120 x 400;
cm 120 x 200
A.d.p.S. pRÀ SApello 1952
36.
Stefano Patti
[senza titolo]
1997
2 bassorilievi in bronzo
cm 80 x 140
AReA veRde pubblico SopRAnnominAtA “giARdini eX elAh”
37.
Antonino Cerda
Halexe
2002
scultura in marmo
cm 140 x 126 x 63
g. S. SpeRAnzA
38.
Pietro Millefiore
Il viaggio attraverso la voga
2004
4 pannelli in resina e pittura acrilica
su cartone e legno
cm 95 x 285
109
MICROSCHEDE
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 110
G E N OV A
centRo civico di voltRi
39.
Aurelio Caminati, Raimondo Sirotti
[senza titolo]
2004
pittura e stampa su ceramica
cm 140 x 200
cASeRmA degli Agenti, cASA ciRcondARiAle di mARASSi
40a.
Stefano Cioffi
sound.org(an)
2008
olio su tela
cm 70 x 100
40b.
Gino Filippeschi
Sulle onde
2008
olio su tela
cm 70x100
40c.
Giuliano Giuman
Inizio
2008
olio su tela di lino
cm 180 x 90
40d.
Lorenzo Gallo detto Renzogallo
[senza titolo]
2008 ca.
installazione in bronzo
misure variabili
40e.
Michele Valenza detto Cossyro
Caduta e ripresa
2008 ca.
olio su tela
cm 90 x 180
40f.
Enzo Tardia
Modulo rosso/nero
2008
acrilico su carta
cm 70 x 100ì
RAPA LLO
ScuolA elementARe guglielmo mARconi
41a.
Luigi Comazzi
[senza titolo]
[post 1961 – ante 1963]
scultura in bronzo
cm 210 x 100 x 30
110
MICROSCHEDE
41b.
Italo Primi
[L’educazione scolastica]
1963
8 bassorilievi in ceramica
cm 160 x 335 x 65
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 111
RE CCO
pAlAzzo comunAle di Recco
42a.
Nanni Servettaz
Le gioie dell’uomo
1955
bassorilievo in pietra di Finale
cm 278 x 230 cad.
42b.
Nanni Servettaz
Il lavoro
1955
bassorilievo in pietra di Finale
cm 278 x 230 cad.
liceo Scientifico StAtAle dA vigo nicoloSio dA Recco
43.
[Giambattista Valdieri Pestelli]
[senza titolo]
[post 1963- ante 1974]
2 rivestimenti in ceramica smaltata
su pilastro e su muro
cm 256 x 45 x 52; 120 (d)
ROSSIGLIONE
piAStRA AmbulAtoRiAle diStRetto 8
44.
Lorenzo Garaventa
[senza titolo]
[s.d.]
bassorilievo in marmo
cm 220 x 80
111
MICROSCHEDE
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Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 113
PROVINCIA DI LA SPEZIA
L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%”
IN PROVINCIA DI LA SPEZIA
Sonia Braga
Solo pochi edifici pubblici in provincia di La Spezia presentano opere d’arte realizzate per ottemperare alla legge 29 luglio 1949, n. 717 recante
«Norme per l’arte negli edifici pubblici», esempi
limitati al capoluogo e ai centri più grandi come
Sarzana. In provincia, soprattutto per quanto riguarda l’edilizia scolastica, le occasioni perdute
superano i casi di effettiva applicazione del procedimento legislativo e le opere d’arte, quando
presenti, in particolare nei licei artistici o negli
istituti d’arte, vanno ricondotte perlopiù a donazioni di artisti locali oppure a iniziative spontanee.
La stessa situazione si ripete per l’edilizia sanitaria:
basti l’esempio del concorso, poi sfumato, che
avrebbe dovuto interessare il nuovo ospedale di
Sarzana progettato da Giovanni Michelucci, tra
i massimi esponenti del modernismo architettonico in Italia.
Si assiste, dunque, a un’applicazione tardiva della
legge, con i primi interventi databili alla fine
degli anni sessanta. Il primo caso risale, infatti,
al 1969, anno in cui l’amministrazione comunale
di Sarzana bandisce il concorso nazionale per
l’abbellimento artistico della Scuola Media Giuseppe Carducci, un moderno edificio razionalista
con annessa palestra per lo svolgimento di attività sportive. La struttura di via Luigi Neri 22
conserva ancora oggi le opere d’arte che vi furono collocate nel 1970. Si tratta, come richiesto
dal bando1, di un pannello a rilievo e di una
scultura destinate all’atrio della scuola, opere
che illustrano temi legati alla vita degli adolescenti. Risultano vincitori del concorso due scultori: Ugo Guidi, carrarese di formazione ed esecutore (con Giuseppe Cannavacciolo) del
pannello in bronzo Giochi della gioventù, e Dino
Paolini, autore del bronzo (senza titolo) raffigurante un adolescente nudo impegnato in un
esercizio ginnico. Entrambe le opere sono datate
1970. Il pannello ad altorilievo di Ugo Guidi allievo di Arturo Dazzi e suo assistente presso
l’Accademia di Belle Arti di Carrara - si ricollega, dal punto di vista stilistico, alle numerose
sculture che l’artista ha dedicato al tema sportivo2, tra le quali il monumentale Portiere in travertino posto davanti all’ingresso dello stadio
comunale di Forte dei Marmi, uno dei suoi lavori
più noti che gli fu commissionato proprio nel
1969. Tema centrale dell’opera Giochi della gioventù è la rappresentazione allegorica, attraverso
il gioco e l’attività sportiva, delle età della vita
umana. La scultura di Dino Paolini recupera e
attualizza modelli legati al realismo del secondo
dopoguerra e all’esperienza milanese della Galleria 15 Borgonuovo: sono molti i nudi femminili
degli anni settanta stilisticamente affini alla figura di adolescente conservata presso la scuola
media di Sarzana, sia per quanto riguarda la sperimentazione sui materiali dell’arte plastica, sia
per lo studio accurato dei volumi nello spazio,
esito di una profonda riflessione sull’opera di
Henry Moore3.
113
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 114
PROVINCIA DI LA SPEZIA
114
Solo nel 1994 la “legge del 2%” è stata applicata
ad alcuni edifici pubblici del capoluogo spezzino, tra cui il Tribunale di Giustizia di La Spezia (scheda n. 47), progettato da Ignazio Gardella nel 1966 e ultimato nel 1994, e la nuova
sede della questura, un palazzo in vetro e acciaio
disegnato dall’architetto romano Giorgio
Sant’Andrea (scheda n. 46), entrambi situati
in viale Italia.
Il bando di concorso per le opere d’arte da destinare alla nuova sede della questura prevedeva
l’assegnazione di un lotto di sei opere4:una scultura
da collocare all’esterno, nella zona di ingresso del
palazzo, un pannello in mosaico da posizionare
in una sala comune, due dipinti e due sculture da
sistemare all’interno dell’edificio. I luoghi scelti
per l’installazione delle opere non rivelano particolare attenzione al legame con i volumi architettonici. Solo in un caso il bando richiede “una
scultura da posizionare all’esterno […] dove è
stato predisposto un piano di appoggio”5, accorgimento che intenderebbe valorizzare la vista
dell’opera dalla strada. Si pone anche attenzione
al materiale, “marmo bianco o pietra chiara”6,
per accentuare il contrasto cromatico con gli
esterni dell’edificio. Il lotto viene assegnato allo
scultore Ettore Consolazione, autore di una scultura in travertino romano riconducibile alla serie
degli Enigmi7, sculture astratte, talvolta di grandi
dimensioni, che l’artista ha realizzato dagli anni
novanta a oggi8. Tutte le altre opere si trovano
all’interno del palazzo: al piano terra un pannello
a mosaico in tessere vitree firmato Piero Dorazio
e Paolo D’Orazio9; nell’ufficio del questore una
tecnica mista di Lorenzo Gatti che riecheggia lo
stile macchinista di Fernand Léger, un dipinto di
Antonio D’Acchille eseguito secondo lo stile citazionista della pittura colta10, tela che raffigura
un’allegoria della fedeltà al governo, e due sculture
realizzate rispettivamente dall’artista armeno Henrig Bedrossian11 e da Claudio Capotondi12 scultore
romano che da molti anni vive e lavora a Pietrasanta, dove realizza creazioni in marmo, pietra,
acciaio.
Nel 1994 è stato inoltre pubblicato il bando di
concorso per un’opera da destinare al Palazzo di
Giustizia di La Spezia, edificio completato circa
vent’anni dopo la stesura del progetto di Ignazio
Gardella, datato 1966. La relazione tecnica, attualmente conservata presso l’Archivio Storico
del Comune, descrive in modo esaustivo la planimetria, i materiali e la struttura del nuovo tribunale. Sono questi gli anni in cui l’architetto milanese ricorre spesso a forme geometriche semplici
come l’esagono, il cubo, il triangolo e il quadrato,
“forme sintetiche nelle quali il volume e la pianta
cessano di subire deformazioni o erosioni ed esprimono il concetto kahniano di ‘forma-idea’, antitetico a quello di ‘forma-funzione’ che lo stesso
Gardella enuncia per il progetto del Teatro di Vicenza”13. Solidi euclidei che, come nel caso del
Palazzo di Giustizia, diventano metafora - monumentale e concettuale - delle funzioni che si svolgono all’interno dell’edificio, simbolo di ordine e
razionalità. Il tribunale ha una pianta quadrata ed
è sollevato dal suolo grazie alle colonne di notevole
diametro. Visto da lontano appare come un
enorme volume cubico scandito, in superficie, dal
ritmo ripetuto dei setti verticali che separano le
singole finestre, sormontato da un cornicione marmoreo. Le facciate sono rivestite da lastre in
marmo di Carrara bordacciato o spuntato, una
tonalità calda cui fanno da contrappunto i serramenti in acciaio verniciato a fuoco. Nel 1970
Gardella stesso compilò la prima stima sommaria
per le opere di abbellimento artistico, un progetto
che comprendeva diversi gruppi scultorei da posizionare all’esterno dell’edificio e negli atrii del
primo, secondo e terzo piano, un pannello policromo per l’Aula di Assise, due dipinti destinati
ai luoghi di rappresentanza14. L’iniziativa fu presto
accantonata: il concorso indetto nel 1994 richiedeva l’esecuzione di una sola scultura da collocare
all’esterno dell’edificio, visibile anche dalla
strada15. La commissione giudicatrice rifiutò i primi
progetti perché privi di qualsiasi relazione con il
contesto architettonico: “Nessuno presenta quei
requisiti formali e tecnici commisurati alla rile-
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 115
PROVINCIA DI LA SPEZIA
vanza della committenza e della destinazione.
Questo in modo specifico in relazione al manufatto
architettonico, di grande valore artistico, e dello
spazio urbano entro cui andava collocata l’opera”16.
L’esperimento fu quindi ripetuto nel 1996, e tra i
bozzetti pervenuti, la commissione17 scelse il progetto dello scultore tedesco Christopher Klein,
vincitore del concorso con l’opera “Cacto”, così
chiamata dal motto indicato per partecipare alla
competizione. La scultura, costituita da aste in
bronzo lunghe sette metri disposte secondo un
modello che ricorda i bastoncini dello shangai,
presenta inoltre un progetto di light design che valorizza e accentua il dialogo con l’architettura,
grazie a suggestivi giochi di luci e ombre proiettate
sulla facciata dell’edificio (scheda n. 47). Lo ha
descritto con grande efficacia e forza evocativa
l’artista spezzino Francesco Vaccarone, in un intervento pubblicato su il “Secolo XIX”:
Rientrando in auto alla Spezia ho visto per la prima
volta la scultura di Klein illuminata, verso la mezzanotte. Una piacevole sorpresa. Mi sono fermato
per guardarla meglio, questa scultura che misura la
centralità dello spazio mediante numerosi ‘giavellotti’ bronzei con le punte rivolte verso l’alto esalta,
con la ruvidezza monocromatica della loro materia,
la presenza di questa sorgente luminosa. I fari, che
sottolineano la superficie dei singoli elementi che
si danno separatamente e nello stesso tempo in relazione tra loro, conferiscono alla scultura una leggerezza metafisica che non ho più trovato con la
luce del giorno, che anzi ne esalta la pesantezza vitale. La stessa relazione tra la scultura e l’architettura
muta con il mutare della luce18.
Nel 2002 il Comando Generale del Corpo delle
Capitanerie di Porto bandisce il concorso per
l’acquisizione di opere d’arte da destinare alle
sedi di Sarzana-Luni, Vibo Valentia Marina,
Trieste e agli uffici circondariali marittimi di
Cetraro (Cosenza) e Soverato (Crotone)19. Al
Comando Base Aeromobile di Sarzana-Luni è
riservato un lotto di sette opere ispirate al tema
del soccorso in mare con mezzi aerei: due sculture
in bronzo, realizzate da Paolo Belgioso20 e Graziano Pompili, sono destinate agli esterni, mentre
un pannello a rilievo sul tema delle leggende
marine locali, eseguito a tecnica mista da Claudio Pellegrini, è collocato nell’ufficio di rappresentanza. Fanno parte del lotto anche due dipinti
eseguiti da Achille Pace e Gianni Borta, un mosaico di Claudia Peill che raffigura “koala”, elicottero usato come mezzo di soccorso dalle capitanerie di porto, e una fontana artistica di
Ettore Consolazione sul tema del volo per l’area
verde che circonda la palazzina logistica. Le
opere, perlopiù figurative, hanno principalmente
una funzione decorativa e di rappresentanza,
mentre quelle collocate negli spazi esterni sono
progettate con maggiore attenzione allo spazio
architettonico, quasi a segnare il passaggio tra i
diversi edifici e le aree verdi che li circondano.
Il concorso più recente (2009) è quello bandito
dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
per la nuova sede del Comando Provinciale dei
Vigili del Fuoco di La Spezia: tre opere ispirate
al motto “Cives defendimus acquae ignisque furore” sono realizzate da Maria Vill e David Mannstein, Giovanni Sicuro e Enrico Durì, e da
Gino Filippeschi. Opere dal carattere decorativo
che non rivelano particolare attenzione al legame tra arte e architettura, realizzate principalmente per abbellire gli ampi spazi di rappresentanza. Altri concorsi, come quello bandito
nel 2010 per la riqualificazione architettonica
e artistica di Piazza Verdi, promosso da La Marranarteambientale di Montemarcello e messo
in opera dal Comune di La Spezia, hanno proposto modelli alternativi sul tema del dialogo
arte-architettura21. Il concorso, che prevedeva
la presentazione di progetti ideati da una coppia
artista-architetto, è stato vinto da Daniel Buren
e Giannantonio Vannetti, che ridisegneranno,
con un intervento in situ, la storica piazza su cui
affaccia il Palazzo delle Poste di Angiolo Mazzoni, decorato dai mosaici futuristi di Fillia e
Prampolini.
115
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 116
PROVINCIA DI LA SPEZIA
116
NOTE:
1
Il concorso, indetto dopo l’approvazione della delibera n.
84 (16 luglio 1968) del consiglio comunale di Sarzana, fu
pubblicato all’albo del comune nel novembre del 1969. Il
bando, conservato presso l’archivio storico della Regione Liguria, richiedeva l’esecuzione di “un pannello verticale di
qualsiasi forma, purché inscritto in un rettangolo avente base
di 125 cm e altezza di 250 cm, monocromo o policromo, trattato in una o più delle seguenti materie: pietra, mosaico, metallo semplice o smaltato, legno, ceramica. L’opera dovrà esprimere, nel modo più libero e fantasioso, motivi propri alla vita
dell’adolescenza” e di “una scultura in marmo, pietra, bronzo,
legno o ceramica con larghezza non superiore a 100 cm e altezza non superiore a 250 cm compresa la base con motivi legati alla vita dell’adolescenza”.
2
Cfr. Claudio Giumelli, Ugo Guidi in Umberto Baldini (a cura
di), La Scultura Toscana del Novecento, Nardini Editore, Firenze,
1980 e Alessandra Frosini, Ugo Guidi: Opere 1969-1977, Gipsoteca
Andreotti, Pescia 2007.
3
Cfr. Mario Ghilardi (a cura di), Paolini. Sculture – disegni – pastelli
(Broni, centro artistico Contardo Barbieri, 1972), Broni (Pavia)
1972; Riccardo Barletta (a cura di), Dino Paolini: la scultura? Sì solamente la scultura (Milano, galleria d’arte Radice, 1997), Silvia
Editrice, Cologno Monzese 1997.
4
G.U. Serie Speciale n. 28 dell’8 aprile 1994.
5
Ibidem.
6
Ibidem.
7
Cfr. David Frapiccini, Ettore Consolazione. Enigmi, in “Arte e
critica”, n. 9, Roma, 1996; Enzo Bilardello, Concorsi negli edifici
pubblici, F.lli Palombi Editori, Roma 1996; Anna Maria Corbi (a
cura di) Enigmi (Roma, galleria Officina di Gorgia, 1996) Roma
1996.
8
Un’opera della medesima serie, Enigma sul carbone, è stata realizzata da Ettore Consolazione nel 2008 per la sede dell’Unipol
Headquarter in piazza dell’Esquilino a Roma; di recente, una fontana artistica dal titolo Enigma in acqua (2015) è stata collocata
all’esterno di un edificio pubblico a Nettuno, in provincia di
Roma.
9
Pseudonimo di Piero Giustino, nato a Chieti il 2 settembre
1944. L’artista ha esposto le sue opere, incentrate sul rapporto
pittura-luce-colore, in Italia e all’estero.
10
Cfr. Antonio D’Acchille, il piacere dell’illusione (Francavilla al
mare, Museo Michetti, 7 agosto - 4 settembre 2011), Silvana
Editoriale, Milano 2011.
11
Scultore e pittore, Henrig Bedrossian è nato a Yerevan in
Armenia, 61 anni fa. Dal 1972 al 1974, frequenta l’Accademia
Alexis Butros di Beirut. Prosegue la sua formazione all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove si è diplomato. Vive e
lavora a Roma. Le sue sculture in ottone sono caratterizzate
dall’uso di forme primitive e di materiali insoliti, in particolare
l’ottone accostato a curiosi oggetti trovati. Cfr. Pinin Manoukian (a cura di), Bedrossian (Milano, Centro d’arte Bellora,
1990), Armena Editrice, Venezia 1990.
12
Claudio Capotondi è nato a Tarquinia nel 1937, ha vissuto e
lavorato tra Roma (1962 - 1999) e New York (1984 - 1989). Nel
1967 ha frequentato l’Accademia di Salzburg e nel 1969 ha partecipato su invito al Simposio internazionale di Lindabrunn in
Austria. Nel 1973 ha fondato un atelier a Pietrasanta, laboratorio
dove ancora oggi crea le sue sculture. Ha fatto parte del Gruppo
Girasole a Roma dal 1964 al 1967. Ha realizzato numerose opere
pubbliche, tra cui Torsiotensione (1990) scultura in bronzo per la
sede del Consiglio Regionale Lazio, nella Capitale; Fontanasfera
(1992) in Piazzale Murialdo a Viterbo; Portaroma (2000), in
marmo-travertino, lungo l’autostrada A1 Roma Nord Fiano Romano; Fontanastele (2010), in marmo-travertino a Roma Spinaceto
e Tensosfera (2010), in resina e marmo, per la nuova sede della
questura di Frosinone, nel Lazio. Altre sue opere pubbliche commissionate per concorso si trovano a Pontassieve (1968), Piacenza
(1968), Modena (1975), Roma (1975).
13
Stefano Guidarini, Ignazio Gardella nell’architettura italiana. Opere
1929-1999, Skira, Milano 2002, p. 171.
14
Archivio Storico del Comune di La Spezia, Ignazio Gardella,
Palazzo di Giustizia di La Spezia – Stima sommaria opere d’arte,
progetto generale, Milano, 1 giugno 1970.
15
Bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della CEE in data 2
giugno 1994 e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana
in data 14 giugno 1994, nonché sui quotidiani “La Nazione” in
data 24 giugno 1994 e “La Repubblica” in data 19 giugno 1994.
16
Comune di La Spezia, verbale della commissione giudicatrice,
concorso per opere d’arte da destinare al Palazzo di Giustizia di La
Spezia, 22 giugno 1995.
17
Membri della commissione sono Ferruccio Battolini (storico dell’arte), Marzia Ratti (direttore Musei Civici e biblioteca), Franco
Sborgi (docente di storia dell’arte contemporanea, Università degli
Studi di Genova), Luigi Cocevari Cussar (architetto), Ignazio Gardella (progettista), Gennaro Mulazzani (soprintendente per i beni
artistici e storici della Liguria), Enrico Imberciadori, Eleonora
Acerbi, Elio Mercuri (nominati dal Ministero per i Beni Culturali),
e Ada Milocani (funzionaria del servizio lavori pubblici).
18
Francesco Vaccarone, “Cacto”, un’opera destinata a piacere, in
“Il Secolo XIX”, 17 settembre 1997.
19
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana in
data 19 marzo 2002 (serie speciale n. 19), p. 12.
20
Paolo Belgioioso è nato nel 1955 a S. Antonino di Susa, in provincia di Torino, dove vive e lavora. Allievo dello scultore
Sandro Cherchi negli anni 70, è docente presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. Dal 1978 espone i suoi lavori in
Italia e all’estero. Ha realizzato numerose opere pubbliche eseguite
in occasione di concorsi nazionali per opere d’arte, tra cui le
sculture presso la Capitaneria di Caorle (Venezia), presso le
caserme dell’arma dei carabinieri di Venaria Reale (Torino) e di
Rose (Cosenza), e presso la struttura riabilitativa di Man (Trento).
Cfr. Lodovico Gierut, De sculptura, Caleidoscopio Edizioni, Monsummano Terme (PT), 2009.
21
Una cronaca dell’evento in Matteo Fochessati, La Spezia: via libera a Buren, in “Il Giornale dell’Arte”, n. 352, aprile 2015, p. 18.
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Achille pAce
COMANDO BASE AEROMOBILE DELLE CAPITANERIE
DI PORTO DI SARZANA-LUNI
45a. Achille Pace
Coordinate marine, [post 1960], tecnica mista su tela,
cm 100 x 150
Achille Pace (Termoli, 1923) è un artista noto soprattutto per le ricerche neo-concrete condotte nella cerchia
romana del Gruppo Uno, collettivo fondato nel 1962 su
iniziativa di Nato Frascà, Paolo Santoro, Nicola Carrino
e Gastone Biggi. Come altri gruppi attivi nello stesso periodo, tra cui il Gruppo Enne di Padova e il Gruppo T
di Milano, elaborò una teoria critica basata sul superamento delle correnti informali, alle quali si preferiva un
linguaggio razionale e calibrato, lontano dall’astrattismo
lirico e vicino all’esperienza del Movimento Arte Concreta. Allo stesso modo i dipinti di Achille Pace rivelano, dalla metà degli anni sessanta, la ricerca di
un’astrazione oggettiva e un’analisi concettuale degli
elementi della pittura. In questo periodo il filo di cotone
applicato sulla tela, tratto distintivo delle sue opere dal
1959, “perde la sua valenza di racconto assumendo
SARzAnA
quella di scansione e determinazione del campo cromatico come spazio-luce indefinito” (Ferri, in Gallo 1991,
p. 115). Una grammatica pittorica esile e rarefatta, scandita dalle sottili geometrie del filo, che si ritrova nell’opera Coordinate Marine, una tempera su tela con
inserti in smalto colorato. “Dopo qualche esperienza con
materiali eterogenei, per sperimentare la loro oggettività, non soddisfatto, ho preso questo filo che inizialmente conviveva con il segno pittorico colorato. Queste
tele mi hanno permesso di capire che il filo era più interessante del mio segno, più autonomo, reale e imprevedibile”, ha spiegato Pace in un’intervista del 1991 (Pace,
in Gallo 1991, p. 21). Il dipinto Coordinate Marine è
stato acquistato come “opera al vero” per il comando
base aeromobile delle capitanerie di porto di SarzanaLuni in occasione del concorso bandito ai sensi della L.
717/49 nel 2002: il dipinto potrebbe essere stato realizzato in anni precedenti, poiché non era richiesto, in questo caso, presentare schizzi o bozzetti, ma solo un’opera
finita da sottoporre alla commissione giudicatrice.
Bibliografia di riferimento:
Argan 1975; Montana 1976; Gallo 1991.
117
MACROSCHEDE
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pAolo belgioioSo
SARzAnA
COMANDO BASE AEROMOBILE DELLE CAPITANERIE
DI PORTO DI SARZANA-LUNI
45b. Paolo Belgioioso
Ali sei, 2002-2003, bronzo a fusione, cm 372 x 150 x 50
Allievo dello scultore Sandro Cherchi negli anni ’70
all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e, dagli
anni ’80, titolare della cattedra di Anatomia Artistica
presso la medesima istituzione torinese, Paolo Belgioioso
(Sant’Antonino di Susa, Torino, 1955) ha realizzato numerose sculture ispirate alle forme del corpo umano, avvalendosi sia di materiali tradizionali come il travertino
e il bronzo, sia di materiali più duttili e moderni come
l’acciaio lucidato. Ali sei è una scultura liberamente ispirata alle attività di soccorso in mare con mezzi aerei, collocata tra la palazzina logistica e l’hangar del comando
base aeromobile di Sarzana. L’opera, definita dalla critica
“una forma pura di matrice post-boccioniana” (Gierut
2009, p. 25), ricorda una vela spezzata dai venti e ha una
patinatura superficiale che, attraverso i contrasti cromatici, conferisce ai volumi leggerezza e dinamismo. L’artista è risultato vincitore di numerosi concorsi nazionali
per opere d’arte destinate agli edifici pubblici: tra queste,
i mosaici presso il santuario Maria Immacolata di Nevegal (Belluno), le sculture in diversi materiali per la Capitaneria di Porto di Caorle (Venezia), le caserme
dell’arma dei carabinieri di Venaria Reale (Torino) e di
Rose (Cosenza), la struttura riabilitativa di Man
(Trento), la chiesa parrocchiale di San’Antonino di
Susa (Torino).
Bibliografia di riferimento:
Gierut 2009; Poletti 2006.
Riferimenti documentari:
G.U. 4a Serie Speciale n. 19 del 8 marzo 2002; Archivio del Comune di La Spezia, Paolo Belgioioso, relazione tecnica dell’opera, [2003].
118
MACROSCHEDE
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clAudiA peill
COMANDO BASE AEROMOBILE DELLE CAPITANERIE
DI PORTO DI SARZANA-LUNI
45c. Claudia Peill
Koala, 2003, mosaico in tessere lapidee e pasta vitrea,
cm 88 x 326
Koala è il nome di un elicottero utilizzato dal Corpo
delle Capitanerie di Porto come mezzo di soccorso: da
qui deriva il titolo del mosaico eseguito dall’artista
Claudia Peill (Genova, 1963). “La tecnica qui proposta
si basa su un disegno fondato su uno sdoppiamento e slittamento, stile attraverso cui intendo esprimere una
maggiore rilevanza del soggetto stesso. Il segno, protagonista dell’opera, si spezza, si sdoppia, si sovrappone e
si rincorre per ricostituire creativamente le forme primarie dei soggetti originali. Tale frammentazione intende conferire un senso di movimento e dinamismo
alla composizione, ma anche leggerezza e velocità, qualità proprie dei mezzi rappresentati”, spiega l’artista. Il
SARzAnA
mosaico è costituito da tessere irregolari di 10 e 5 mm,
ciascuna di materiali policromi diversi: marmi, pietre
e smalti che conferiscono all’opera luminosità. Claudia
Peill vive e lavora a Roma, dove si è diplomata all’Accademia di Belle Arti nel 1986. Tra il 1999 e il 2000
consegue una borsa di studio in Germania, presso l’Höherweg Studio di Düsseldorf. Nel 1993 tiene la sua
prima mostra personale presso la Galleria Stefania Miscetti di Roma. Interessata all’interrelazione tra i linguaggi del contemporaneo, crea opere in cui
l’immagine fotografica è rielaborata attraverso interventi pittorici. Vincitrice di alcuni concorsi nazionali
per la realizzazione di opere d’arte (L. 717/49), ha realizzato diverse opere pubbliche, tra cui un pannello decorativo per la caserma dei carabinieri di Delia, in
Sicilia (1999) e l’installazione Mercurio (2005) per il
Museo del Mare e dei Miti di Crotone.
Bibliografia di riferimento:
Nassisi 1998; Cavallarin 2004; Dambruoso 2012.
119
MACROSCHEDE
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ettoRe conSolAzione
QUESTURA DI LA SPEZIA
46a. Ettore Consolazione
[senza titolo], 1994, scultura in travertino, cm 150 x
150 x 150
La scultura in travertino romano collocata all’ingresso
del palazzo della Questura di La Spezia ha le forme
astratte di una spirale. È pertanto riconducibile alla
serie degli Enigmi, sculture, spesso di grandi dimensioni,
che Ettore Consolazione ha realizzato dagli anni novanta a oggi, in molti casi progettate per importanti
edifici pubblici. Un’opera della medesima serie, Enigma
sul carbone (2008), si trova, infatti, nella sede dell’Unipol in piazza dell’Esquilino a Roma, e, in tempi recenti,
una fontana artistica dal titolo Enigma in acqua (2015)
è stata collocata all’esterno di un palazzo pubblico a
Nettuno, in provincia di Roma. Quando nel 1994
l’opera di Consolazione fu installata nel nuovo palazzo
della Questura, aveva un basamento che la sosteneva,
accanto alla scalinata d’ingresso. Poi, con l’ammodernamento tecnico della struttura, è stata ricollocata alla
sommità dell’ascensore accessibile anche dall’esterno.
Esito di una riflessione sui linguaggi del post-minimalismo, le sculture dell’artista romano sono caratterizzate
120
MACROSCHEDE
lA SpeziA
da volumi sinuosi e forme dinamiche: l’opera diventa
così “dispositivo di uno spazio scenico” (Ferri 2005, p.
7), che ridefinisce la percezione dello spazio in cui è
collocata. “Personalmente intendo la scultura come
elemento scenografico del teatro della vita e dello spazio in cui si vive (…) anche da questa analogia scultura-architettura nasce la teatralità dell’opera se la si
intende come particolare spazio scenico” (Consolazione, in Ferri 2005, p. 12). Un’estetica della riduzione
formale, quindi, sempre più vicina alla dialettica visiva
che avvicina l’arte plastica ai valori spaziali dell’architettura. Il critico Filiberto Menna, che più volte si è
dedicato alla sua opera, ha così descritto il suo approccio alla scultura: “L’artista diviene costruttore di un
universo libero da dipendenze gravitazionali e materiali, che allestisce rapporti puramente spaziali. Questo
autorizza la scultura a dimorare stabilmente il mondo,
non come arredo ma in quanto plausibile presenza”
(Menna 2005, p. 24).
Bibliografia di riferimento:
Ferri 2005; Menna 2005.
Riferimenti documentari:
G.U. 4a Serie Speciale n. 28 dell’8 aprile 1994.
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chRiStopheR Klein
TRIBUNALE DELLA SPEZIA
47. Christopher Klein
Chaos, 1997, bronzo, luci al LED, dimensione ambiente
Installata di fronte al Tribunale di La Spezia, l’opera di
Christopher Klein è costituita da quaranta aste in
bronzo lunghe sette metri, ciascuna delle quali è fissata,
con inclinazione variabile, su una base circolare che
sostiene l’intero gruppo scultoreo. Il minimalismo e la
leggerezza dell’installazione dialogano, per contrasto,
con il carattere monumentale dell’edificio progettato
da Ignazio Gardella per il nuovo Palazzo di Giustizia:
“l’opera risolve in maniera dialettica e originale il rapporto con il manufatto architettonico e nel contempo
raggiunge esiti di equilibrio nel contesto spaziale complessivo che la ospita” (Verbale della commissione giudicatrice, marzo 1997). Inoltre, laddove Gardella
imposta la sua facciata sull’orizzontalità, giocando con
la bicromia e la sovrapposizione degli ordini delle finestre, Klein punta sulla verticalità, accentuando questo
aspetto mediante un sistema di luci al led che attiva il
dialogo con l’architettura. Chiamata genericamente
“Cacto”, appellativo che circolò sulle principali cronache dell’epoca, la grande scultura di Klein si intitola in
lA SpeziA
realtà Chaos, un nome che evoca, in modo più diretto,
i bastoncini utilizzati nel gioco dello shangai e che diviene metafora dell’atto di porre ordine al caos. Nato
a Colonia nel 1962, Klein ha lavorato per un breve periodo a Pietrasanta, dove ha trasferito il suo atelier.
Negli anni duemila ha fondato con il fratello Andreas
Klein un laboratorio artistico a Berlino, Sculptorloft,
che si dedica alla produzione di oggetti di design, progetti di public art e altri lavori su commissione.
Bibliografia di riferimento:
Pagano 1997; “Cacto”… 1997; Vaccarone 1997; Lena 1997.
Riferimenti documentari:
Archivio Comune della Spezia: Approvazione dei
bandi di gara per il secondo esperimento del concorso
per l’ideazione e l’esecuzione dell’opera d’arte destinata
al nuovo Palazzo di Giustizia della Spezia, delibera n.
1054 del 9 maggio 1996 e verbale della terza seduta del
Concorso per opera d’arte destinata al Palazzo di Giustizia, delibera n. 411 del 3 marzo 1997.
Sitografia di riferimento:
Sculptor Loft, http://www.sculptorloft.com/, data ultima consultazione: 29 febbraio 2016.
121
MACROSCHEDE
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L A S PE ZIA
QueStuRA di lA SpeziA - vedi scheda n. 46
48a. Paolo Dorazio e Piero D’Orazio
[senza titolo]
1994
mosaico in tessere di pasta vitrea
cm 200 x 300
48b. Lorenzo Gatti
[senza titolo]
1994
tecnica mista su tela
cm 150 x 200
48c. Antonio D’Acchille
[senza titolo]
1994
olio su tela
cm 200 x 150
48d. Henrig Bedrossian
Stele II
1994
scultura in acciaio verniciato,
ottone
cm 200 x 50 x 50
48e. Claudio Capotondi
[senza titolo]
1994
scultura in marmo
cm 200 x 50 x 50
nuovo comAndo pRovinciAle dei vigili del fuoco di lA SpeziA
49a. David Mannstein, Maria Vill
Modello di carta
2010
mosaico
cm 500 x 200
49c. Gino Filippeschi
[senza titolo]
2010
altorilievo in ceramica, smaltato
e dipinto
cm 120 x 200
122
MICROSCHEDE
49b. Giovanni Sicuro, Enrico Durì
Agire
2010
rilievo in marmo
cm 130 x 300
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50a. Dino Paolini
[senza titolo]
1970
fusione in bronzo
cm 200 x 244
S A RZA N A
ScuolA mediA StAtAle poggi-cARducci
50b. Ugo Guidi Giuseppe
Cannavacciolo
Giochi della gioventù
1970
fusione in bronzo
cm 200 x 244
comAndo bASe AeRomobile delle cApitAneRie di poRto di SARzAnA-luni - vedi schede nn. 45 a,b,c
51a. Claudio Pellegrini
[senza titolo]
2003
tecnica mista
cm 250 x 100
51b. Gianni Borta
[senza titolo]
2003
olio su tela
cm 100 x 150
51c. Ettore Consolazione
Volare
2003
fontana in bronzo e travertino
vasca interrata: cm 300 (d) x 40 (p),
muro: cm 200 x 150 x 30, elemento
in bronzo: cm 0,80 x 180
51d. Graziano Pompili
Ali
2005
scultura in bronzo
cm 270 x 225
123
MICROSCHEDE
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P R O V I N C I A D I S AV O N A
L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%”
IN PROVINCIA DI SAVONA
Giorgia Barzetti
L’attuazione della legge n.717/49 nella provincia
savonese è principalmente legata alla costruzione
di edifici scolastici e di grandi infrastrutture,
quali stazioni ferroviarie, l’aeroporto di Albenga
e la capitaneria di porto di Savona. La distribuzione geografica degli interventi è poco omogenea: se nelle località di riviera esistono scarse
testimonianze dell’applicazione della legge, essa
risulta invece maggiormente rispettata nel capoluogo e nei comuni dell’entroterra.
Tra le prime opere d’arte documentate risalenti
agli anni sessanta, si ricordano quelle realizzate
da Roberto Bertagnin1 per la scuola elementare
e media di Millesimo (1962). Lo scultore, prestando attenzione al rapporto tra le opere e l’architettura e tenendo in considerazione le finalità
educative che esse avrebbero dovuto svolgere,
concepisce quattro pannelli ispirati a temi didattico- pedagogici: tre di questi, decorati a
sbalzo con figure di atleti, vengono collocati
nella palestra della scuola, mentre per l’ingresso
l’artista sceglie un pannello in rame raffigurante
un’allegoria della vita scolastica e dell’educazione
dei fanciulli (scheda n. 53).
Similmente, nel pannello ceramico a gran fuoco
progettato nel 1962 per la Scuola Elementare
Goffredo Mameli di Savona, Aligi Sassu affronta
il tema della crescita e della formazione dei bambini nella scuola e nella famiglia2. L’opera viene
collocata alla sommità del lato sinistro della facciata nord dell’edificio, una collocazione che si
rivelerà nel tempo di scarsa visibilità e fruizione,
a causa della quasi totale mimetizzazione con la
struttura architettonica (scheda n. 54).
Una moderata integrazione tra contesto architettonico e opere d’arte caratterizza anche l’intervento di Agenore Fabbri nella Scuola Elementare e Media Ennio Carando di Savona3.
Nel 1965 l’artista, che - nel medesimo anno aveva ricevuto l’incarico su convocazione diretta
dell’Amministrazione comunale, presenta due
sculture in bronzo realizzate tra il 1955 e il 1959.
Le due statue, collocate in origine nel giardino
e nell’atrio della scuola e poi conservate in un
deposito comunale a causa di lavori di ristrutturazione, risultano oggi completamente snaturate
(scheda n. 59a).
Diverso l’esito dell’attuazione della legge nel
caso degli interventi di ristrutturazione del Padiglione Ospedaliero Noceti in località Santuario, a Savona. Nel 1964 il pittore Eso Peluzzi
viene chiamato a decorare le pareti della cappella del Padiglione. L’artista, insieme al nipote
Claudio Bonichi, progetta un vasto impianto
decorativo che si adatta perfettamente allo spazio
architettonico concessogli. Fulcro della narrazione è l’episodio dell’apparizione della Madonna
della Misericordia al beato Antonio Botta
(scheda n. 59b), accompagnato da scene della
vita di Gesù e da alcuni motivi cristologici
(scheda n. 59a). Sulle pareti laterali Bonichi dipinge scene illustranti i miracoli attribuiti al-
125
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 126
P R O V I N C I A D I S AV O N A
126
l’intercessione della Madonna della Misericordia4 (scheda n. 59c). Dei dipinti murali, la cui
leggibilità è in gran parte compromessa da costanti infiltrazioni di umidità, si conserva ormai
solo una documentazione fotografica risalente
agli anni ottanta. Rimane invece ancora in
buone condizioni il dipinto raffigurante San
Martino che Peluzzi aveva destinato all’atrio
d’ingresso del Padiglione Noceti, oggi esposta
presso la Sala Eso Peluzzi del Museo del Santuario5 (scheda n. 59d).
Gli esempi citati di Savona e Millesimo evidenziano la diffusa tendenza delle pubbliche amministrazioni, nei casi di chiamata diretta, a rivolgersi ad artisti di origine locale attivi sul
territorio, di chiara fama e di alto profilo artistico
quali Bertagnin, Fabbri, Sassu e Peluzzi.
Diversamente, nel caso di concorsi nazionali –
in particolare quelli banditi dalle amministrazioni centrali - ad aggiudicarsi la vittoria sono,
in gran parte, artisti completamente slegati dal
contesto locale.
Nel luglio 1964 vince il concorso per la realizzazione di opere artistiche per la sede savonese
dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro
gli Infortuni sul Lavoro6, il bozzetto contraddistinto dal motto “Scorpione” di Pasquale Ariosto
Trinchera, in arte Astorio. L’anno successivo
l’artista, originario di Brindisi ma attivo in quegli
anni a Roma, conclude il mosaico in tessere polimateriche di soggetto astratto che posiziona su
una parete alla sommità delle scale che conducono a una sala d’attesa destinata agli utenti
dell’INAIL. Negli anni ottanta l’edificio è oggetto di lavori di ristrutturazione che ne modificano la struttura: la scalinata di accesso al primo
piano viene eliminata, la sala d’attesa suddivisa
in ambienti più piccoli destinati agli impiegati
e il mosaico spostato in un ufficio non accessibile
al pubblico, compromettendone la funzione e
la stessa fruizione (scheda n. 60).
Tra gli anni sessanta e settanta si collocano gli
interventi destinati alla stazione ferroviaria di
Savona e alla scuola elementare di Carcare.
Dopo l’esito invalidato del primo concorso per
la realizzazione di opere d’arte nella stazione di
Savona Mongrifone, nel 1968 il Ministero dei
Lavori Pubblici bandisce una seconda gara.
L’opera vincitrice, proclamata nel 1970, è quella
presentata dallo scultore romano Luigi Scirocchi
in collaborazione con l’architetto Sergio Mezzina7: un progetto complesso e articolato in cui
due gruppi, in ferro battuto, rappresentano i
flussi in partenza e in arrivo dei viaggiatori che
animano la stazione. L’attenzione agli elementi
integrativi, la collaborazione con un architetto
che lo aiuti a sviluppare un dialogo tra opera
d’arte e contesto, i particolari tecnici contenuti
nella relazione presentata alla commissione giudicatrice, mettono in evidenza una piena adesione dell’artista agli ideali posti alla base della
“legge del 2%” (scheda n. 55).
Vince, invece, il concorso bandito nel 1969 dal
Comune di Carcare per la scuola elementare, il
progetto contraddistinto dal motto “Olimpia-Genova-Roma”. Il 20 giugno 1970 viene firmato il
contratto tra il Sindaco e Bartolomeo Tortarolo8,
rappresentante dell’omonima impresa artigiana.
Dal confronto tra questo documento, alcuni registri comunali e la firma autografa sulle opere,
appare evidente che la produzione del lavoro è
affidata a Maurizio Parodi, un giovane artista collaboratore del Tortarolo9. Le quattro opere sono
caratterizzate da uno stile lineare, semplice, quasi
primitivo, attribuibile con ogni probabilità alla
giovane età dell’artista e alla sua scarsa frequentazione con opere di grandi dimensioni. I due
pannelli, collocati nell’atrio d’ingresso della
scuola, raffigurano l’allegoria della Libertà e della
Schiavitù, mentre i restanti, sulla parete esterna
a destra e sinistra della porta principale di accesso,
presentano atleti colti durante le loro attività
sportive, la lotta e la corsa (scheda n. 58).
Anche per la stazione ferroviaria di Albisola Superiore il Ministero dei Lavori Pubblici apre,
nel 1967, una selezione concorsuale che prevederà, dopo il giudizio negativo della commissione
relativo alle opere pervenute, la pubblicazione
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P R O V I N C I A D I S AV O N A
di un secondo bando. Il vincitore, come nel caso
savonese, è Luigi Scirocchi con il bozzetto contrassegnato dal motto “Binario 15”. Lo scultore
realizza un pannello ceramico rappresentante
cinque polene, in forma di figure femminili i cui
corpi candidi si smaterializzano tra i giochi d’acqua ricreati dallo sfondo smaltato azzurro e blu
(scheda n. 57).
Nel corso degli anni settanta gli interventi principali sono destinati a istituti scolastici della
città di Savona. Le opere Obelisco con volo di uccelli e Tempera sono, infatti, realizzate nel 1974
da Mario Rossello per l’Istituto Tecnico Industriale Statale Galileo Ferraris di Savona10. La
prima è una scultura destinata al giardino antistante l’ingresso, caratterizzata da numerosi volatili variamente distribuiti sulla superficie di
una colonna in marmo bianco. La seconda, un
dipinto raffigurante una figura umana stilizzata,
quasi robotica, tipica della produzione pittorica
dell’artista tra gli anni sessanta e settanta, è collocata, inserendosi armonicamente nell’architettura, nell’atrio dell’edificio (scheda n. 56).
Dopo un primo bando dall’esito invalidato, il
Comune di Savona nel 1972 promuove un
nuovo concorso per la realizzazione di un’opera
da collocarsi nel cortile d’ingresso della Scuola
Media Statale Bartolomeo Guidobono. Nel 1974
la commissione nomina vincitore Dario Campana, scultore di origini calabresi attivo a Rimini.
L’opera, Struttura: evoluzione 3 (1975), è descritta
da Campana come “una struttura la cui soluzione
formale si trova nello studio di una forma geometrica parzialmente sezionata e cavata che si
evolve e si torce nello spazio”11 (scheda n. 61).
Gli ultimi interventi realizzati nel territorio savonese risalgono alla fine degli anni novanta e
alla metà del primo decennio del nuovo secolo.
Nel marzo del 1998 il Comando Generale del
Corpo delle Capitanerie di Porto bandisce un
concorso per la realizzazione di cinque opere d’arte
destinate alla sede di Savona. Per la parete esterna
dell’ingresso della Capitaneria, Cristiana de Angelis e Simona Calandrini progettano un basso-
rilievo in bronzo, raffigurante un’onda nel mare
in tempesta (scheda n. 62); l’esecuzione di due
dipinti da collocare negli uffici di rappresentanza
è affidata a Mauro Chessa che, optando per un
taglio fotografico, raffigura il ponte di prua di una
barca a vela (scheda n. 62a), e a Romano Campagnoli che sceglie di rappresentare un paesaggio
marino con imbarcazioni sorprese da un tromba
d’aria (scheda n. 62b); Giuliano Giuman vince
grazie a Terra e mare, una vetrata doppia policroma
(collocata nell’atrio d’ingresso dell’edificio) che
presenta un tratto di spiaggia con barche tirate a
riva e mare all’orizzonte, realizzata in coppia con
la vetrata singola dal titolo Prue, in cui una piccola
barca a vela viene circondata dalle prue di due
navi in mare aperto12 (scheda n. 62d).
Il bando di concorso relativo alla decorazione
dell’Aeroporto Clemente Panero di Villanova
d’Albenga, pubblicato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel 200413, prevede
la realizzazione di un pannello decorativo da
collocarsi nell’ingresso dell’edificio e di sei opere
pittoriche per gli uffici dirigenziali. Michele
Cossyro Valenza si aggiudica l’esecuzione dell’opera presentando il progetto per un mosaico
policromo14. Il pannello, collocato all’esterno
dell’edificio a lato dell’ingresso partenze, non
presenta alcun tipo di rapporto relazionale, estetico o funzionale con l’architettura (scheda n.
63c). I sei dipinti, invece, sono variamente distribuiti nello spazio aeroportuale (tra ingresso,
uffici, sale d’attesa) come semplici oggetti d’arredo. Tra cielo e mare di Turi Sottile, eseguito
con colori acrilici stesi con un rullo su un supporto di acetato nero trasparente, rappresenta
la sagoma di un aereo, realizzata a risparmio.
L’utilizzo di un supporto traslucido quale il foglio
di acetato, permette all’artista di proporre situazioni di luminosità variabili che interagiscono con la mobilità dell’osservatore, dando
maggior impulso vitale al dipinto (scheda n.
63g). Giuliano Giuman ricorre a una forte astrazione geometrica attraverso la quale il mare, il
cielo, il sole e il riflesso della luce sull’acqua
127
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 128
P R O V I N C I A D I S AV O N A
128
vengono rappresentati grazie a quattro forme
triangolari rivolte verso il centro della composizione, conferendo alla stessa un forte effetto
dinamico (scheda n. 63e). L’opera presentata
da Franco Berdini, scelta con ogni probabilità
per l’affinità del soggetto rappresentato con il
luogo di destinazione, risale, invece, al 1965.
L’artista, attraverso la lavorazione della superficie lignea, sfrutta l’immagine formata dai naturali anelli di accrescimento presenti nel legno
per proporre una visione ravvicinata di un’elica
d’aereo in movimento (scheda n. 63a). L’opera
di Daniele Nalin15, Aeroporto, viene, contrariamente agli altri lavori, realizzata appositamente per Villanova D’Albenga. Il collage raffigura la pista di decollo dell’aeroporto (scheda
n. 63f). Gli ultimi due dipinti sono Flyer di
Gino Filippeschi16, caratterizzato da una stesura
pastosa e densa di colori vivaci e squillanti che
con veloci pennellate evocano la figura quasi
danzante del velivolo sospeso tra il cielo e la
terra (scheda n. 63d), e Metarazionalità di Beppe
Bonetti17. In questo dipinto, appartenente alla
serie Frammenti, l’artista accentua un crescente
distacco dall’idea di razionalità e di ordine, evidenziando gli elementi tipici del disordine e
dell’imprevedibilità compositiva (scheda n.
63b). Rispetto agli interventi dei decenni precedenti, quelli concepiti per la Capitaneria di
porto di Savona e per l’Aeroporto di Villanova
rivelano la potenziale duplice natura delle
“opere di abbellimento artistico” realizzabili in
base alla “legge del 2%”: se da un lato esistono
lavori progettati in dialogo armonico con l’edificio destinato ad accoglierle, dall’altro prevale
l’inserimento di opere completamente slegate
dal contesto architettonico, eseguite in precedenza e adattate alle esigenze concorsuali o
ideate quali complementi d’arredo. Una modalità operativa e applicativa, ampiamente diffusa nel territorio savonese che, di fatto, aggira,
pur rispettandola, le finalità di integrazione tra
arti e architettura auspicata e promossa della
legge 717/49.
NOTE:
1
Lorenza Rossi, Roberto Bertagnin scultore, maestro contemporaneo,
Marco Sabatelli editore, Savona 2009, p. 48.
2
Cfr. Silvio Riolfo Marengo, Sassu, la Liguria, il mito del Mediterraneo, in Cecilia Chilosi, Eliana Mattuada, Riccardo Zelatore
(a cura di), Aligi Sassu, Cronache dalla Liguria, (Savona, Palazzo
Gavotti/Albissola Marina, Circolo degli Artisti, 01 giugno - 02
settembre 2012), Savona 2012, pp.47-48.
3
Riccardo Zelatore (a cura di), Agenore Fabbri, il grido della materia, (Savona, Palazzo Gavotti, 16 aprile - 03 luglio 2011), De
Ferrari, Genova 2011, p. 130.
4
Si vedano a riguardo: Adriano Grande, Il testimone Eso Peluzzi,
in “Persona, rivista di letteratura, arte e costume”, a.VI, n.7,
Roma 1965, p. 25; Gina Lagorio, Il pittore del Santuario in “Persona, rivista di letteratura, arte e costume”, a.VI, n.7, Roma
1965, pp. 26-28.
5
Franco Dante Tiglio (a cura di), Eso Peluzzi a Santuario. Il
paese dell’anima, ADW editori, Vado Ligure 2008, p. 99. Per un
ulteriore approfondimento sull’artista: cfr. Daniela Piazza, Tra
Liguria e Piemonte, una produzione poco nota: i murali di Eso
Peluzzi, in “Resine, quaderni liguri di cultura”, a. XXX, n. 122,
Associazione Culturale Resine, Genova 2009, pp. 71-82.
6
Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul
Lavoro, Bando di concorso per l’ideazione e la realizzazione di
opere artistiche del 28 luglio1964, pubblicato in G.U. Serie generale n.193 del 7 agosto 1964.
7
Augusto e Luigi Scirocchi, http://www.luigiscirocchi.it, (data
ultima consultazione: 24 febbraio 2016).
8
Comune di Carcare, Ufficio Tecnico, Contratto n. 547 del 2006-1970.
9
Il nome di Maurizio Parodi compare anche nel registro comunale dei contratti (contratto n. 547 del 20 giugno 1970); Aldo
Maineri, membro della commissione giudicatrice e Antonio Licheri, presidente del Circolo degli artisti di Albissola Marina,
hanno confermato la paternità dell’opera, ricordando la giovane
età dell’artista, che muoveva allora i primi passi nell’ambiente
artistico che abbandonò pochi anni più tardi.
10
Flavio Caroli (a cura di), Mario Rossello, Skira, Milano 1996,
p. 111; Giorgia Cassini (a cura di), Mario Rossello. Natura Significante, Vanilla edizioni, Albissola Marina 2008, p. 140.
11
Comune di Savona, Ufficio Tecnico, Verbale della commissione giudicatrice del 12 febbraio 1974.
12
Giuliano Giuman, http://www.giuman.it (data ultima consultazione: 24 febbraio 2016).
13
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Bando di concorso
per opere d’arte legge 717/49 e ss.mm.ii, del 7 settembre 2004.
14
L’opera di Michele “Cossyro” Valenza è consultabile online
all’indirizzo http://www.cossyro.com/ (data ultima consultazione:
24 febbraio 2016).
15
Daniele Nalin, http://www.accademiabelleartiverona.it/daniele-nalin/, (data ultima consultazione: 24 febbraio 2016).
16
Gino Filippeschi, http://www.filippeschigino.it/, (data ultima
consultazione: febbraio 2016).
17
Giuseppe Bonetti, http://www.beppebonetti.it/, (data ultima
consultazione: febbraio 2016).
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AgenoRe fAbbRi
SAvonA
SCUOLA DELL'INFANZIA VALLORIA E SCUOLA
PRIMARIA COLOMBO VALLORIA
52. Agenore Fabbri
Uomo spaziale, 1955 ca., fusione in bronzo, cm 146 x
26 x 22; Uomo lunare, 1959 ca., fusione in bronzo, cm
135 x 22 x 30
Nel 1964 l'Amministrazione comunale di Savona affida
alla ditta milanese FEAL, dopo regolare bando di gara,
la fornitura e la costruzione del nuovo padiglione prefabbricato per la scuola elementare e materna in località
Valloria. L'esecuzione delle opere di abbellimento artistico è affidata per assegnazione diretta, dopo un intenso
carteggio tra il Comune e la Soprintendenza alla Gallerie
e Opere d'Arte della Liguria, ad Agenore Fabbri. Nel
1965 l'artista accetta l'incarico proponendo due sculture
in bronzo, realizzate tra il 1955 e il 1959, dal titolo Uomo
Lunare e Uomo spaziale. Nonostante la datazione anteriore, il tema delle opere, di carattere "avveniristico",
viene considerato adatto alla collocazione in ambito scolastico: questo può, infatti, essere interpretato come un
buon auspicio per il futuro delle nuove generazioni. Le
statue rappresentano, infatti, in forme simboliche, due figure umane: la prima è assimilabile a un astronauta, la
seconda è accompagnata da una falce di luna. Uomo spaziale, figura stante, retta su due gambe sottili, si presenta
come un intricato groviglio di membra, ossa e carni percorse da un unico lungo solco che divide quasi a metà il
corpo dell'ignoto personaggio. Il torso dell’uomo è caratterizzato da un equilibrio di pieni e vuoti che culminano
nella posa dinamica delle due estensioni laterali (antenne
o braccia) chiuse ad arco sopra la testa del personaggio.
La materia plastica, trattata in maniera espressiva, unita
all'aspetto ruvido, graffiante della superficie, conferisce
all'opera una forte carica emotiva, tipica di tutta la produzione di Fabbri. In origine Uomo spaziale era collocata
all'interno della scuola, sul pianerottolo delle scale tra il
piano terra e il primo piano dell'edificio. Oggi entrambe
le sculture, in attesa di restauro, sono conservate, per ragioni di tutela, nei depositi dei Musei Civici di Savona.
Bibliografia di riferimento:
Zelatore 2011, p. 130.
Riferimenti documentari:
Archivio del Comune di Savona, Categoria 9, classe
11, fascicolo 2, faldone "edificazione scuola loc. Valloria/Via Turati", Carteggio Agenore Fabbri – Comune
di Savona, 1954-1955.
129
MACROSCHEDE
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RobeRto beRtAgnin
ISTITUTO COMPRENSIVO EMANUELE LUZZATI
53. Roberto Bertagnin
La scuola, 1962 ca., rame a sbalzo e patinato, cm 150 x
400; [senza titolo], 1962 ca., 3 pannelli in acciaio a
sbalzo, cm 200 x 100
Sulla base dei documenti consultati è stato possibile ricostruire solo parzialmente le vicende che portarono, tra
la fine degli anni cinquanta e l'inizio dei sessanta, alla
realizzazione delle opere di abbellimento dell'edificio scolastico di Millesimo. La scelta dell'artista, che avviene
per assegnazione diretta, ricade su Roberto Bertagnin. Lo
scultore decide di eseguire quattro pannelli a sbalzo: tre
in acciaio e uno in rame. I temi proposti dall'artista rispecchiano una tendenza diffusa in quegli anni per le
opere di abbellimento destinate agli edifici scolastici: i
tre pannelli in acciaio sono dedicati alle attività ginniche
necessarie alla completa formazione dei fanciulli, mentre
il quarto, collocato nell'ingresso e realizzato in rame sbalzato e patinato di formato orizzontale, propone una classica scena corale, popolata di fanciulli e adulti,
raffigurante l'allegoria dell'educazione e della scuola. Bertagnin affronta il tema della formazione e della crescita
degli alunni, attraverso una vera e propria messa in scena
teatrale: sulla destra una rappresentazione della famiglia
130
MACROSCHEDE
milleSimo
composta da due bambini tra i genitori; al centro un
gruppo di sette adulti intenti a discutere su temi filosofici
e accompagnati, in primissimo piano, da cinque giovinetti concentrati ad ascoltarli. Sulla sinistra un piccolo
gruppo di personaggi osserva il professore di disegno, autoritratto di Bertagnin, tracciare segni sulla terra. L'opera
è considerata da Lorenza Rossi la prima grande epopea
realizzata dall'artista, ispirata ai modelli classici della “parata dinastica e della guerra pacificata” (Rossi 2009, p.
48). Le numerose figure adulte, circondate da gruppi di
fanciulli gioiosamente e armonicamente disposti lungo
tutta l'estensione del pannello, si contraddistinguono per
un modellato morbido e per l'andamento ritmico ed
equilibrato tipico della produzione dell’artista.
Bibliografia di riferimento:
Rossi 2009.
Riferimenti documentari:
Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio
del Genio Civile di Savona, Titolo III, classe G, serie
1 “edilizia scolastica”, faldone 96/97, sollecito del Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche della Liguria del 22 luglio 1960; Archivio del Comune di
Millesimo, faldone "costruzione edificio scolastico",
lettera di Roberto Bertagnin al Comune di Millesimo
n. prot. 05088, datata 23 settembre 1963.
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 131
Aligi SASSu
SCUOLA DELL'INFANZIA BRUNO MUNARI E SCUOLA
PRIMARIA COLOMBO-MAMELI
54. Aligi Sassu
[senza titolo], 1962 ca., ceramica dipinta, cm 120 x 480
Nel 1961 il Comune di Savona comunica alla Soprintendenza Gallerie e Opere d'Arte della Liguria di aver
incaricato l'artista Aligi Sassu della realizzazione dell'opera di abbellimento artistico destinata alla scuola elementare Goffredo Mameli. Il pannello ceramico,
eseguito ad Albisola, rappresenta una grande allegoria
articolata in tre scene. Sulla sinistra si trova il gruppo
detto Famiglia descritto da Sassu, nella lettera del gennaio 1962 indirizzata all'ufficio tecnico del Comune di
Savona, semplicemente come “la madre con dei bimbi
e il padre che pianta nel terreno un virgulto” (Sassu
1962). La composizione si sviluppa al centro secondo un
andamento ritmico fortemente dinamico, attraverso le
figure di sei fanciulli, simili a putti, “che avanzano gioiosi” in atteggiamento danzante con le braccia levate al
cielo verso alcune colombe. Una rielaborazione di questo pannello centrale, conosciuto come La Pace, permette a Sassu di vincere, nel 1964, la quinta edizione
del Concorso Internazionale di Ceramica di Gualdo Ta-
SAvonA
dino. Infine, sulla destra, due figure femminili sedute leggono un libro in compagnia di un bambino. La scena si
svolge in un paesaggio aperto, dominato dal sole splendente, dal mare e da alcuni alberi frondosi, indicato da
Sassu come “il panorama di Savona e della costa ligure”
(Ibidem). Il tema affrontato dall'artista è quello dell'infanzia protetta, da un lato, dalla famiglia e, dall'altro,
dalla scuola, intesa come luogo in cui formare il corpo e
lo spirito. Lo stesso artista descrive l’intento che lo aveva
guidato nella realizzazione: non tanto quello di dare vita
a riferimenti allegorici precisi, ma di ispirare il pannello
“ad un senso semplice ed esplicito di lieta poesia, di facile lettura” (Ibidem). La fruizione dell'opera risulta oggi
difficoltosa a causa del cattivo stato di conservazione
della superficie pittorica e del materiale ceramico, soggetti a distacchi e crepe.
Bibliografia di riferimento:
Marengo 2012, p. 48.
Riferimenti documentari:
Archivio del Comune di Savona, categoria 9, classe
11, fascicolo 2, faldone “edificio scolastico loc. Chiavella”, lettera da Aligi Sassu al Comune di Savona, 18
gennaio 1962.
131
MACROSCHEDE
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 132
luigi SciRocchi
STAZIONE FS SAVONA MONGRIFONE
55. Luigi Scirocchi
Sergio Mezzina
Gli addii, 1970, fusione in bronzo, ferro, cemento
armato, cm 300 x 700 x 350
Nel 1963 il Ministero per i Lavori Pubblici bandisce un
concorso per la realizzazione di opere di abbellimento
artistico da destinarsi al fabbricato viaggiatori della
nuova stazione di Savona Mongrifone. Si aggiudica la
vittoria Luigi Scirocchi, scultore romano. Nel 1967
l'esito è invalidato a causa di alcune irregolarità nella
presentazione, proprio da parte del vincitore, della documentazione di accesso al concorso. L'anno successivo
viene pubblicato un nuovo bando, del tutto simile a
quello precedente, e l’incarico per il progetto contrassegnato dal motto “Mongrifone uno e due” viene asse-
132
MACROSCHEDE
SAvonA
gnato nuovamente a Luigi Scirocchi in collaborazione
con l'architetto Sergio Mezzina. La scultura, intitolata
successivamente Gli Addii, è composta da un insieme di
statue in bronzo collocate, come previsto dal bando, nel
giardino alla destra della galleria vetrata che unisce
l'atrio-biglietteria al passaggio di accesso ai binari. Per
ovviare al problema della scarsa visibilità dell’opera,
l’artista decide di disporre le figure in posizione rialzata
su due semicerchi di cemento armato contrapposti e
sfalsati, con un bordo superiore leggermente ascendente, per dare dinamicità alla composizione. Le figure,
fortemente stilizzate, rappresentano i viaggiatori di passaggio in stazione e i loro stati d'animo legati alle partenze, agli arrivi, ai commiati, alle attese. Scirocchi
propone anche una risistemazione del giardino, poi non
accolta dalla commissione, al fine di rendere l'intero
contesto più armonico creando due bacini d'acqua ai
piedi delle sculture con alti zampilli al centro.
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 133
mARio RoSSello
SAvonA
ISTITUTO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE
FERRARIS-PANCALDO
56. Mario Rossello
Volo di Uccelli, 1974, scultura in marmo bianco, cm 450 x
99 x 50; Tempera, 1974, pittura ad acrilico su tavola, cm
250 x 174
Nel 1961 la Provincia di Savona, responsabile dei lavori
di costruzione dell'edificio scolastico, assegna la quota da
destinare alle opere d'arte che saranno realizzate solo
dieci anni più tardi. Rispetto al progetto del 1965, in cui
era prevista l’esecuzione di quattro gruppi di opere, il
bando di concorso del marzo 1973 riguarda esclusivamente “l'ideazione e esecuzione di due opere d'arte destinate alla decorazione dell'atrio e dello spazio antistante
l'ingresso”. Mario Rossello, unico vincitore del concorso,
realizza un dipinto e una scultura. Quest'ultima è un’imponente colonna in marmo bianco, alta 4,5 metri, caratterizzata dalla presenza di numerose figure di volatili
variamente distribuite sulla superficie ed è collocata nel
giardino antistante la palazzina adibita ad uffici, alla sinistra del corpo principale. Tale colonna presenta per la
prima volta un tema che Rossello riproporrà negli anni
successivi in altre sue opere, sempre in dialogo con le architetture, in particolare nell'intervento sulla parete
esterna della Rinascente di Milano del 1993 e in quello
sulla chiesa dedicata a Padre Pio a San Giovanni Rotondo del 1999. Il rapporto tra l'obelisco e l'edificio scolastico risulta oggi parzialmente compromesso dalla
lussureggiante vegetazione del giardino; l'opera versa
inoltre in pessime condizioni di conservazione: gli uccelli
addossati alla colonna riportano, infatti, numerose fratture (soprattutto teste troncate e ali e code spezzate) che
rendono quindi necessaria la progettazione e attuazione
di un intervento di restauro. La famiglia dell'artista conserva alcune foto d'epoca relative alla realizzazione dell'obelisco, nelle fasi che vanno dalla scelta del marmo
nelle cave da parte dell'artista, a quelle successive della
lavorazione, sino all'inaugurazione dell'opera nel giardino
dell'edificio scolastico.
Bibliografia di riferimento:
Caroli 1996, p. 111; Cassini 2008, p. 140.
Riferimenti documentari:
Archivio del Comune di Savona, bando di concorso
indetto dalla Provincia di Genova per la realizzazione
di opere d’arte a decorazione dell’Istituto di Istruzione
Secondaria Superiore Ferraris-Pancaldo, prot. n. 2806,
30 marzo 1973.
133
MACROSCHEDE
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A L B I S OL A S U PE RIORE
StAzione fS AlbiSolA SupeRioRe
57.
Luigi Scirocchi
Polene
1971
ceramica smaltata
cm 570 x 420
CAR C A R E
ScuolA pRimARiA giAnni RodARi
58.
Maurizio Parodi
Il dolico; La gara; La libertà;
La schiavitù
1970
4 rilievi in terracotta
cm 200 x 300 (1-2); cm 167 x 295 (3-4)
SAVONA
R.S.A. villA noceti
59a.
Eso Peluzzi
Apparizione della Madonna al beato
Botta; Annunciazione;
1964-1965
2 tecniche mista su intonaco
cm 120 x 300; cm 120 x 295
59b.
Eso Peluzzi, Claudio Bonichi
Raffigurazione dei miracoli più
significativi operati dalla Madonna
della Misericordia.
1964-1965
tecnica mista su intonaco
cm 400 x 300
59c.
Claudio Bonichi
Raffigurazione dei miracoli più
significativi operati dalla Madonna
della Misericordia.
1964-1965
tecnica mista su intonaco
cm 400 x 270
59d.
Eso Peluzzi
San Martino e il povero
1965
pittura ad olio su tela
cm 200 x 300
collocazione attuale: Museo del
Santuario di N.S. di Misericordia
pAlAzzo inAil
60.
Ariosto "Astorio" Trinchera
[Scorpione]
1965 ca.
mosaico in ceramica
cm 200 x 290
134
MICROSCHEDE
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S AV ON A
ScuolA SecondARiA di pRimo gRAdo bARtolomeo guidobono
61.
Dario Campana
Struttura: evoluzione 3
1975
scultura in marmo bianco
cm 300 x 200
cApitAneRiA di poRto
62a.
Mauro Chessa
Senza titolo
1998
pittura ad acrilico su tela
cm 100 x 120
62b.
Romano Campagnoli
[senza titolo]
1999
pittura ad acrilico su tela
cm 100 x 120
62c.
Simona Calandrini,
Cristiana De Angelis
Destino
1999
fusione in bronzo
cm 180 x 280
62d.
Giuliano Giuman
Prue; Terra e mare
1999
2 pitture su vetro
cm 180 x 350; cm 180x700
63a.
Franco Berdini
Viaggio alchemico
1965
tecnica mista su tavola
cm 112 x 84
63b.
Giuseppe Bonetti
Metarazionalità
1991 ca.
pittura ad acrilico su tela
cm 120 x 100
63c.
Michele Cossyro Valenza
Meteore
2005
mosaico in ceramica
cm 150 x 200
63d.
Gino Filippeschi
Flyer
2005 ca.
pittura ad acrilico su tela
cm 117,5 x 98
VILLANOVA D'A LBENGA
AeRopoRto inteRnAzionAle clemente pAneRo
135
MICROSCHEDE
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.49 Pagina 136
V I L L A N OV A D'A L BE N G A
AeRopoRto inteRnAzionAle clemente pAneRo
63e.
Giuliano Giuman
Alba
2005
pittura ad acrilico su tela
cm 120 x 100
63g.
Salvatore "Turi" Sottile
Tra cielo e mare
2005
pittura ad acrilico su acetato
cm 120 x 100
136
MICROSCHEDE
63f.
Daniele Nalin
Aeroporto
2005 ca.
collage su tela
cm 120 x 100
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PROVINCIA DI IMPERIA
L’APPLICAZIONE DELLA “LEGGE DEL 2%”
IN PROVINCIA DI IMPERIA
Claudia Andreotta
Il territorio della provincia di Imperia è caratterizzato da una stretta fascia costiera che si
estende verso un entroterra collinare fino a
raggiungere, nella zona più prossima alla Francia, le Alpi Marittime. Questa conformazione
geografica dai notevoli contrasti paesaggistici
ha influito sulla natura degli insediamenti antropici portando a una netta differenziazione:
le zone interne, infatti, sono costellate da piccoli borghi (prevalentemente composti da edifici storici), mentre nel litorale si susseguono,
spesso senza soluzione di continuità, cittadine
di medie dimensioni, nelle quali la densità demografica risulta decisamente superiore rispetto a quella dell’interno.
Tali condizioni, unitamente a un progressivo
spopolamento dell’entroterra, non possono essere quindi trascurate in qualsiasi studio che
intenda prendere in esame, sotto vari aspetti,
la situazione urbanistica della provincia.
Dinamiche condizionate da questi fattori influiscono anche sull’applicazione della legge
717/1949: già a una prima ricognizione si
evince, infatti, senza dubbio alcuno, che è la
costa ad accogliere la maggior quantità di interventi di edilizia pubblica; sebbene nell’entroterra non manchino edifici preposti allo
sviluppo delle comunità (palazzi comunali,
scuole, ospedali, caserme), queste realizzazioni
sono frutto di ristrutturazioni o di riadattamenti di strutture storiche o, se di recente co-
struzione, non hanno mai raggiunto gli importi
di spesa previsti per l’attuazione della citata
normativa.
La ricerca condotta nella provincia imperiese
ha portato all’individuazione di un totale di soli
sette edifici interessati dalla legge in oggetto. La
metà degli interventi, a dimostrazione di quanto
affermato poc’anzi, è situata nel territorio comunale della città di Imperia: nella zona ovest
del capoluogo, in un raggio di pochi chilometri,
sorgono infatti la Capitaneria di Porto, il palazzo
dell’ex Genio Civile e il nuovo Comando dei
Vigili del Fuoco, che accolgono rispettivamente
una, undici e tre opere di abbellimento artistico;
una scultura in acciaio di Giovanni Sicuro, Equilibri, è stata recentemente collocata presso il
nuovo Palazzo di Giustizia situato ad est, in una
zona più periferica1 (scheda n. 67).
Sia nel Palazzo Comunale di Taggia, sia nel
distaccamento dei Vigili del Fuoco di Ventimiglia è situata una sola opera, mentre la Casa
Circondariale di Sanremo risulta, con un totale
stimato di sedici opere2, l’edificio con il maggior numero di interventi.
La disomogeneità che si riscontra nel numero
di opere realizzate per ciascun edificio, si presenta anche a livello cronologico: dal 1957,
dopo la campagna per la decorazione del Genio
Civile di Imperia, gli interventi si concentrano,
infatti, in un arco temporale piuttosto recente,
dal 1993 al 2015. La successione temporale
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PROVINCIA DI IMPERIA
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più stretta si riscontra nelle opere conservate
presso il Comando dei Vigili del Fuoco di Imperia e di Ventimiglia, realizzate nel 2011: esse
mostrano caratteristiche tematiche simili, relative alle azioni di soccorso contro gli incendi.
Se a livello provinciale la tipologia delle opere
realizzate è assolutamente varia (affreschi, pannelli decorativi, vetrate, oggetti d’arte sacra,
etc.), gli edifici maggiormente interessati dagli
interventi, seppur con una minima prevalenza,
sono ad uso militare.
Per rilevanza e qualità dei manufatti, il palazzo
del Genio Civile di Imperia rappresenta il caso
più precoce e coerente dell’applicazione della
legge sul territorio imperiese. L’edificio, progettato dall’ingegnere capo Giulio Pelosio,
viene costruito tra il 1955 e il 1957 in un’area
scelta per ragioni prettamente logistiche, data
la vicinanza alle sedi della Prefettura, della
Camera di Commercio, del Palazzo Comunale,
della Posta Centrale e della Provincia. Proprio
quest’ultima, prospiciente sul lato opposto di
viale Matteotti (la direttrice che unisce le due
parti della città, Oneglia e Porto Maurizio)
condiziona lo sviluppo del Palazzo del Genio
Civile, a causa di una servitù altius non tollendi3.
Nonostante questo limite, il palazzo, sviluppato
su tre piani, non pare di minor pregio rispetto
all’edificio sovrastante, ancora legato a una
concezione architettonica tardo ottocentesca
(si tratta, infatti, dell’adattamento dell’ex Hotel Riviera, progettato nel 19014), qui interpretata in maniera piuttosto leziosa. L’ex Genio
Civile5 è, al contrario, improntato a caratteri
razionalisti e ispirato, come riferisce il progettista nella rivista “Rassegna di Lavori pubblici”
a “criteri di modernità”6. L’edificio rappresenta
un unicum in una città come quella di Imperia
priva di architetture di rilievo risalenti a questo
periodo. La ricerca di essenzialità è evidente
nella facciata rivestita da lastre di pietra luserna
a spacco naturale, decorata da un motivo composto da bugne in pietra sugli angoli e da un
mosaico bianco nella parte apicale. Si tratta,
quindi, di un insieme severo ma non greve,
alleggerito anche dall’apertura pentapartita
dell’ingresso, con portico rivestito di oficalce
verde. Da qui, una gradinata conduce all’atrio
sul quale si apre lo scalone che porta al primo
piano e a quello sottostante. Come descrive
Pelosio, “la gradinata anteriore, lo scalone
principale e i pavimenti dell’atrio sono in massello e lastre di granito rosso imperiale, come
un unico tappeto che dall’esterno passa all’interno dell’edificio”7. L’importanza nel progetto
architettonico di questo percorso gradinatascalone principale è sottolineata dalla presenza
delle opere d’arte: due rilievi di Emilio Scanavino nell’atrio e, lungo lo scalone, una pittura
murale di Vittorio Magnani rappresentante un
paesaggio industriale (piano interrato) e una
scultura di Lorenzo Garaventa (primo piano)8.
Tra i documenti d’archivio è stata rintracciata
una copiosa corrispondenza tra gli artisti e l’Ingegnere Capo: dalla maggioranza di queste missive si evince come, nella concezione dell’edificio, le opere d’arte non venissero considerate
alla stregua di un elemento secondario o meramente decorativo, ma fossero parte di un’
“idea architettonica” che Pelosio rende esplicita, ad esempio, in una indirizzata a Plinio
Mesciulam, autore di due pannelli conservati
negli uffici (scheda n. 64l).
La S.V. dovrà tener presente che [...] verranno
collocati uno nel locale sovrastante alla sala di
attesa, nello spigolo nord-est del fabbricato, l’altro
nel locale corrispondente, sullo stesso piano, nello
spigolo nord- ovest, di guisa che i pannelli stessi
saranno illuminati il primo con luce proveniente
da destra e l’altro dalla sinistra di chi li guarda9.
Similmente, l’ingegnere indica a Emanuele
Luzzati - che progetta ed esegue per l’edificio
un rilievo rappresentante Il Palio del mare di
Imperia (scheda n. 64d) - come il pannello
debba essere “collocato nel locale al piano rialzato nello spigolo nord-ovest del fabbricato e
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PROVINCIA DI IMPERIA
pertanto la S.V. nel configurarlo dovrà tener
presenti le caratteristiche topografiche del locale [...] in rapporto alla finestratura”10.
A Luzzati si devono anche cinque anfore, oggi
collocate nella Sala dei Comuni del palazzo
della Provincia di Imperia: dalla corrispondenza tra l’artista e Pelosio affiora l’eventualità
della realizzazione di due pannelli e si può pertanto supporre che, avendone Luzzati realizzato
uno solo, le anfore siano state eseguite in luogo
di uno di essi.
I pochi cenni alle opere conservate in questo
palazzo fanno già comprendere come sia stata
attuata (unico caso in provincia) un scelta
orientata verso autori (contattati tra l’altro
tramite una semplice comunicazione orale,
forse telefonica11) coinvolti nel coevo dibattito
storico-artistico: ai nomi citati sono, infatti,
da aggiungere Aurelio Caminati (scheda n.
64a) e Giannetto Fieschi (scheda n. 64b).
Le successive realizzazioni non paiono perseguire alcuna coerenza tra edificio e opere d’arte:
i bandi di concorso, che descrivono in maniera
molto specifica misure e caratteristiche dei
manufatti, pur indicando il luogo di collocazione delle opere, pongono raramente l’accento
sul rapporto tra queste e la struttura architettonica, privilegiando invece il carattere narrativo del soggetto.
Non fa eccezione a questa dinamica l’imponente opera polimaterica del 1993 (primo intervento successivo al Genio Civile), collocata
nell’atrio del Palazzo Comunale di Taggia12:
frutto della collaborazione di tre artisti (Lorenzo Antognetti13, vincitore del concorso,
Salvatore Pino Campagna e Donato Vitiello),
il pannello è, infatti, un’enfatica illustrazione
degli aspetti naturalistici, storici e culturali
della città e della sua valle (scheda n. 68). La
coesione tra opera e architettura viene meno
anche nei casi degli edifici militari, dove interventi condotti con linguaggi più vicini all’astrazione, seppur non immemori di una certa
figuratività, si risolvono soprattutto sul piano
decorativo: ci si riferisce ai pannelli del Comando dei Vigili del Fuoco di Imperia nella
ex caserma Crespi (schede nn. 66 a, 66b, 66c),
alla scultura del distaccamento del medesimo
corpo a Ventimiglia (scheda n. 69) e a quella
della Capitaneria di Porto14 (scheda n. 65) del
capoluogo di provincia, che si inseriscono negli
ambienti arricchendoli, senza mostrare tuttavia
un immediato rapporto15.
Per la nuova Casa Circondariale di Sanremo,
come anticipato, significativo è soprattutto il numero di opere di abbellimento artistico realizzate
in occasione del bando concorsuale del 199616.
Una certa coerenza tra opera e contesto architettonico, favorita dalla natura stessa degli
oggetti, si riscontra nelle vetrate eseguite da
Giuliano Giuman e nei manufatti destinati
alla cappella dell’istituto di correzione: l’altare
e l’acquasantiera di Luciano Gabrielli, il crocifisso di Valentino Pellizzaro e la via Crucis
di Fernando De Filippi e Umberto Mariani. A
completare l’impianto decorativo della Casa
Circondariale sono le quattro tele eseguite da
Sergio Guarneri, Ugo G. Pasini, Turi Sottile e
Alessandro Trotti, i due pannelli decorativi di
Ettore Consolazione e Carmengloria Morales,
la decorazione per esterno di Gino Filippeschi
e la scultura di Giuseppe Maraniello.
Se, nel caso appena citato, le opere realizzate
e inserite nel contesto architettonico al quale
erano destinate non sono direttamente documentabili a causa della limitazione d’accesso
alla struttura, lo spoglio del materiale di archivio ha portato a individuare, a fronte di
una documentazione accurata comprensiva di
progetti, di nomine di commissioni giudicatrici
o di bandi pubblicati, casi di mancata esecuzione degli interventi previsti.
La diffusa tendenza a non applicare la legge
ha interessato, nella provincia di Imperia, soprattutto l’edilizia ospedaliera e scolastica, grazie alla possibilità offerta dalle modifiche alla
normativa di esentare tali tipologie edilizie
dall’obbligo di destinare il 2% all’esecuzione
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PROVINCIA DI IMPERIA
o all’acquisto di opere d’arte. L’unico intervento del quale si ha notizia all’interno di un
edilizio scolastico riguarda il plesso in zona
Levà (Arma di Taggia)17: nell’area antistante
l’edificio era stata collocata la struttura Come
un gioco 74 (1977), costituita da un insieme di
blocchi geometrici. Per ragioni di sicurezza,
negli anni successivi, si decise di spostare e
poi rimuovere l’opera; oggi è nota unicamente
grazie ad alcune fotografie del bozzetto18.
Dalle ricerche e dalle ricognizioni sul territorio
condotte in occasione di questo studio è
emersa con evidenza la profonda contraddizione che segna il destino della “legge del 2%”:
avulse dal contesto architettonico, le opere
d’arte non riescono a imporsi nella coscienza
della cittadinanza come parte di un patrimonio
comune e, seppur nella maggioranza delle situazioni i diversi enti che custodiscono le opere
mostrino una certa consapevolezza del valore
artistico dei manufatti, essi risultano avvolti
da un alone di occasionalità.
140
NOTE:
1
Archivio Giovanni Sicuro, Giovanni Sicuro, Relazione illustrativa per il concorso di un’opera d’arte da destinare alla nuova
sede del palazzo di Giustizia di Imperia, s.d.
2
Non essendo stato possibile ottenere l’autorizzazione ad accedere alla struttura, le informazioni qui presentate sono state
desunte solamente a partire dalla documentazione d’archivio
reperita presso l’Archivio del Provveditorato Interregionale
alle Opere Pubbliche Lombardia e Liguria.
3
Giulio Pelosio, La nuova sede del Genio Civile di Imperia, in
“Rassegna dei Lavori Pubblici”, a.VI, n. 12, dicembre 1959,
p. 793.
4
Franco Boggero, Rinangelo Paglieri, Le città della Liguria Imperia, Sagep Editrice, Genova 1993.
5
Attualmente l’edificio è sede di uffici della Regione, della
Provincia e del Comune di Imperia.
6
Giulio Pelosio, La nuova sede del Genio Civile…, cit.,1959, p. 793.
7
Ivi, p. 794.
8
Per i rilievi di Scanavino si veda: cfr. Roberto Campiglio,
Informale, materia e muro: l’artista verso l’architettura, in Luca
Massimo Barbero (a cura di), L’informale. Jean Dubuffet e l’arte
europea 1945-1970, catalogo della mostra (Modena, Foro Boario, 18 dicembre 2005 - 9 aprile 2006), The Solomon Guggenheim Foundation, Skira, Milano 2005; lo studioso, tuttavia,
colloca erroneamente i rilievi di Scanavino nella sede del
Genio Civile di Genova.
9
Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del
Genio Civile di Imperia, Faldone 4, Progetto 3C, 1.4.54 “Costruzione nuova sede Ufficio Genio Civile Imperia”, Lettera
da Giulio Pelosio a Plinio Mesciulam, 8 luglio 1957.
10
Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio del Genio Civile di Imperia, Faldone 4, Progetto 3C, 1.4.54 “Costruzione
nuova sede Ufficio Genio Civile Imperia”, Minuta della lettera
da Giulio Pelosio a Emanuele Luzzati, 20 luglio 1957.
11
Tra i documenti d’archivio è emersa, per ogni artista, una
sorta di lettera di accettazione dell’incarico che si apre invariabilmente facendo riferimento “alla richiesta verbale per la
decorazione del Palazzo [...] sul viale Matteotti ad Imperia”.
12
Archivio del Comune di Taggia, Comune di Taggia, Verbale
di deliberazione della giunta comunale, Reg. Delib. n. 578, 16
giugno 1993.
13
Archivio Lorenzo Antognetti, Lorenzo Antognetti, Relazione
per il concorso nazionale per l’ideazione e l’esecuzione di opera
d’arte per l’abbellimento della nuova sede municipale, s.d.
14
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Provveditorato
Interregionale alle Opere Pubbliche Lombardia e Liguria,
Sede Coordinata di Genova, Faldone “Nuova Capitaneria di
Porto di Imperia”, Concorso fra artisti per la realizzazione e
l’ideazione di un’opera d’arte da destinare alla Nuova Capitaneria
di Porto di Imperia ai sensi della Legge 717/1949, Legge 3 Marzo
1960 N. 237 e ss. mm. ii.-norme per l’arte negli edifici pubblici,
Disciplinare di incarico, Rep. N.4400, 5 dicembre 2007.
15
Ciò potrebbe in parte essere dovuto al fatto che si tratta nel primo e nel terzo caso - di edifici nati da ristrutturazioni.
Unica parziale eccezione è la vetrata di Giuliano Giuman,
realizzata all’interno di una finestra della parete divisoria dell’atrio della caserma imperiese.
16
Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria,
Commissione Abbellimenti artistici casa circondariale di Sanremo (Im),
Verbale di aggiudicazione, Repertorio N. 3646, 21 febbraio 1997.
17
Archivio Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio della Liguria, Comune di Taggia, Cartella “Legge 2% - Pratica in
corso - Taggia, Scuola Elementare in fraz. Levà, Scuola Media
di Arma di Taggia”, Concorso nazionale opere di abbellimento
artistico nuovo edificio scuole elementari in reg. Levà- Seduta della
Commissione Giudicatrice, 18 febbraio 1975.
18
La testimonianza relativa a questi fatti è stata resa dall’insegnante Valeria Lanteri.
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AuRelio cAminAti
EX PALAZZO DEL GENIO CIVILE
64a. Aurelio Caminati
Lavoratori, 1957, encausto su faesite, cm 402 x 220
Il soggetto dell'opera si inserisce con coerenza nel programma di abbellimento artistico del Genio Civile di
Imperia: la maggioranza delle opere qui realizzate si
ispira, infatti, al tema del lavoro, in particolare alle attività edilizie, settore nel quale l'ente operava. Nel dipinto sono raffigurati due lavoratori nell'atto di
caricare una carriola; sullo sfondo si distingue un paesaggio industriale con ciminiere fumanti, macchinari
e una bassa costruzione vetrata, probabilmente una fabbrica. La scelta tematica avvicina qui Caminati al neorealismo che, tra la fine degli anni quaranta e la metà
del decennio successivo, rappresenta per molti artisti
l’alternativa, non scevra da implicazioni politiche, alle
sperimentazioni astratto-concrete o alle ricerche di matrice informale. “Come dimostrano alcune opere (tra
le quali Scaricatori nella calata del 1953 e il grande pannello Lavoratori realizzato per il Genio Civile di Imperia), o dichiarazioni programmatiche, come quella
impeRiA
contenuta nella sua autopresentazione in occasione
della mostra alla Galleria Bergamini di Milano nel
1955, le scelte espressive e tematiche di Caminati sembrano coerentemente coincidere con il panorama pittorico dei vari Guttuso, Pizzinato, Zigaina” (Fochessati
1998, p. 16). Ad accezione di alcuni episodi in cui l'artista si dimostra più vicino alle tematiche di impegno
sociale, nelle coeve opere di Caminati sembra però "del
tutto assente quell'apparato retorico che comunemente
traduceva in termini formali l'ortodossia del messaggio
ideologico" (Ibidem).
Il dipinto per il Genio Civile si contraddistingue anche
per "un'aurea più intimista e famigliare" (Ibidem), e per
soluzioni compositive audaci, come i "tagli prospettici
anticonvenzionali" (Ibidem), evidenti ad esempio nel
tavolino alla destra dei lavoratori, completamente ribaltato verso lo spettatore: questo elemento non si offre
quale nota aneddotica ma racchiude, negli oggetti esibiti (gli attrezzi e il fiasco di vino), proprio quella quotidianità alla quale si è fatto riferimento.
Bibliografia di riferimento:
Fochessati, in Sborgi 1998, pp. 16-27.
141
MACROSCHEDE
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giAnnetto fieSchi
EX PALAZZO DEL GENIO CIVILE
64b. Giannetto Fieschi
Allegoria dell'ingegneria, 1957, 2 affreschi,
cm 447 x 349 cad.
Decisamente inusuale il soggetto di questo affresco, ma
del tutto pertinente rispetto alle funzioni dell'edificio per
il quale viene realizzato, il Genio Civile di Imperia.
L'opera è composta da due distinte raffigurazioni sui lati
brevi della stanza un tempo utilizzata come sala riunioni.
Sulla parete a destra è rappresentata una figura coperta
da una tunica intenta a tracciare figure con un compasso
mentre, su un registro inferiore un'altra figura maschile,
ignuda e stante, tiene in mano un filo a piombo. Sulla sinistra, una colonna classica separa lo spazio abitato dai
due personaggi da quello destinato ad accogliere un imponente viadotto, a suggerire con tutta probabilità la
continuità tra il mondo antico e l'epoca moderna. Alla
parete opposta una figura femminile, con il capo velato,
142
MACROSCHEDE
impeRiA
incede reggendo sulla punta delle dita smagrite una colonna. Pur non totalmente in linea con la consueta visionarietà drammatica di Fieschi, queste figure mostrano
un carattere inquietante e sono al centro di "un impianto
narrativo [...] tutto particolare, estremamente sincopato,
interno ad una trama di segni e simboli o all'azione subitanea e imprevedibile di un'immagine protagonista"
(Crispolti 1991, p. 120).
L'opera si inserisce nell'ambito di una singolare serie, le
cosiddette "ambientazioni pittoriche" (Crispolti 1999,
p.120), che comprendono le coeve realizzazioni destinate
all’ingresso-corridoio di casa Forno e all’atrio, saloncino
e camera matrimoniale di casa Ceccattini (entrambe a
Genova Sestri), alla camera matrimoniale "secentesca" di
Casa Finzi in corso Monte Grappa (Genova) e alla scala
di Casa Primavera (Marina di Massa), nonché alla stanza
da bagno dell'abitazione dell'artista in via Famagosta.
Bibliografia di riferimento:
Crispolti 1991; Crispolti 1999.
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loRenzo gARAventA
EX PALAZZO DEL GENIO CIVILE
64c. Lorenzo Garaventa
San Leonardo da Porto Maurizio, 1957, cotto refrattario,
cm 248 x 251
Il rilievo è strutturato in tre parti: nello spazio centrale, più
stretto, si staglia la figura di San Leonardo, nucleo figurativo e narrativo dell'opera; a destra si distinguono personaggi intenti a svolgere attività legate al territorio
imperiese (marineria e agricoltura), a sinistra probabilmente episodi della vita del santo, patrono della città.
L'opera mostra alcune similitudini con le raffigurazioni allegoriche del Mausoleo del Generale Chamorra (1953), sia
per la collocazione dei personaggi in blocchi distinti, sia
per le figure modellate con l'intento di "potenziare il valore
plastico della forma mediante la semplificazione della
forma umana" (Garaventa 2013, p. 217). Questo processo
di riduzione è frutto delle ricerche condotte sull'arte romanica e gotica, come scrive lo scultore stesso in una pagina
della sua raccolta di riflessioni, appunti, ricordi intitolata
Dialogo con l'ombra. Fondamentale in questo senso anche
lo studio del cubismo come linguaggio di sintesi plastica.
impeRiA
Seguendo la corrispondenza tra Garaventa e l'ing. Pelosio,
a capo dei lavori per la costruzione del Genio Civile, è
stato possibile ricostruire l'iter di esecuzione dell'opera: il
17 settembre 1957 Garaventa auspica di poter presto accogliere Pelosio nel proprio studio "per vedere l'anteprima
della definitiva conclusione; perché a parte la positiva esistenza di valori strutturali e stilistici, sarà mia viva soddisfazione la prima approvazione dei Dirigenti rappresentanti
l'Ente committente" (Garaventa 1957); l'invito a visionare l'opera ultimata viene inviato il 21 ottobre, quando
il rilievo si trova ancora nello studio "per la completa essiccazione prima della cottura" (Ibidem).
Bibliografia di riferimento:
Sborgi 1992; Garaventa, in Caprile, Di Turi, Soro
2013.
Riferiementi documentari:
Archivio Storico della Regione Liguria, Fondo Ufficio
Genio Civile Imperia, Faldone 4, Progetto 3C, 1.4.54,
“Costruzione nuova sede Ufficio del Genio Civico Imperia”, Lettera di Lorenzo Garaventa a Giulio Pelosio del 17
settembre 1957 e del 21 ottobre 1957.
143
MACROSCHEDE
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emAnuele luzzAti
impeRiA
EX PALAZZO DEL GENIO CIVILE
64d. Emanuele Luzzati
Il Palio del Mare, 1957, ceramica policroma a rilievo,
cm 113 x 260
L'opera è suddivisa in quattro elementi di forma diversa,
accomunati dallo sfondo verde-acqua, allusivo del mare.
Nel più ampio, in basso, sono raffigurate numerose imbarcazioni a remi e il profilo di una città. Un’unica imbarcazione occupa la seconda formella, mentre la terza è
dedicata alla folla che assiste al “Palio del mare”, la manifestazione alla quale l'opera è dedicata. In questa storica
gara, riproposta in anni recenti, si sfidavano equipaggi
dei vari rioni di Imperia, riproponendo in chiave ludica
l'antica rivalità tra le due cittadine di Oneglia e Porto
Maurizio, unite in unico comune nel 1923. Conclude
l’opera lo stemma della città di Imperia. Tale plastica murale si inserisce a pieno titolo nella coeva produzione di
Luzzati che, negli stessi anni, realizza opere con caratteristiche simili destinate alle grandi navi (Motonave Ausonia, 1956) e a locali pubblici (Londra, sede
dell'Agenzia Israeliana della El Al).
La produzione ceramica di Luzzati, tipologicamente assai
varia (dai piatti dipinti alle sculture), ha avuto minor risonanza rispetto a quella di illustratore e scenografo: essa
rappresentò, tuttavia, un settore assai fecondo per l'artista
al quale si dedicherà dal 1950 al 1971, periodo corrispondente alla durata della produzione della fornace del
Bianco di Pozzo Garitta di Albisola. Anche in questo tipo
di opere, nelle quali converge una notevole complessità
di riferimenti culturali, favoriti dalla presenza negli anni
cinquanta nella cittadina ligure di artisti impegnati in ricerche linguistiche eterogenee, emerge il mondo immaginario dell'artista.
Bibliografia di riferimento:
Giubbini, Sborgi 1991.
144
MACROSCHEDE
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emilio ScAnAvino
EX PALAZZO DEL GENIO CIVILE
64e. Emilio Scanavino
[senza titolo], 1957, 2 rilievi in bronzo, cm 437 x 50 cad.
Dopo la commissione a Emilio Scanavino nel luglio 1957
di un rilievo per l'atrio del Palazzo del Genio Civile, il
18 settembre del medesimo anno l'Ing. Pelosio, a capo
dei lavori per la costruzione dell'edificio, chiede all'artista
l'esecuzione di un'altra opera dalle caratteristiche simili:
la presenza di un solo rilievo avrebbe, infatti, comportato
una forte dissimmetria tra i due lati dell'ingresso. Si legge
nella missiva: “le caratteristiche strutturali e topografiche
dell'atrio d'ingresso del costruendo edificio indicato in
oggetto, non giustificano la dissimmetria che verrebbe a
crearsi qualora una sola delle pareti laterali dell'atrio
stesso venisse decorata col bassorilievo eseguito dalla S.V.
e l'altra rimanesse spoglia” (Pelosio 1957).
Da una fattura di pagamento datata 6 novembre 1957 relativa alle forniture per il pannello del lato sinistro, si evince
che fu il pendant sul lato opposto il primo ad essere realizzato.
I rilievi del Genio Civile, caratterizzati da una texture che
alterna elementi aggettanti a profonde scalfiture e grovigli
informali a dettagli naturalisti, vengono realizzati in un contesto operativo nel quale la scultura rappresenta un campo
impeRiA
di ricerca privilegiato: nel corso degli anni cinquanta, non
a caso, l'artista frequenta Albisola, dove si era insediata una
vivace comunità di artisti dediti alla sperimentazione di
nuove tecniche e linguaggi: si ricordano Lucio Fontana ed
Emanuele Luzzati - con cui Scanavino realizza un vaso “a
tre mani” (Sborgi 1991, p. 17) - Asger Jorn e altri esponenti
del gruppo Cobra, dello spazialismo e del movimento nucleare. Questo vivace ambiente favorisce l’inclinazione di
Scanavino per una produzione artistica in costante dialogo
tra pittura, scultura e ceramica.
Bibliografia di riferimento:
Accame 1987; Sborgi 1991; Campiglio, in Barbero
2005, pp. 200-201.
Riferiementi documentari:
Archivio Storico Regione Liguria, Fondo Ufficio del
Genio Civile di Imperia, Faldone 4, Progetto 3C, 1.4.54,
“Costruzione nuova sede Ufficio del Genio Civico Imperia”, Lettera di Giulio Pelosio a Emilio Scanavino del 18
settembre 1957.
Sitografia di riferimento:
Archivio Scanavino, http://www.archivioscanavino.it/biografia.html, data ultima consultazione 28 febbraio 2016.
145
MACROSCHEDE
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 146
I MPE RIA
eX pAlAzzo del genio civile
64f. Emanuele Luzzati
[senza titolo]
1957
5 vasi in ceramica policroma a rilievo
cm 72 x 16 d.
64g. Vittorio Magnani
[senza titolo]
1957
legno inciso e dipinto
cm 349 x 300
64h. Vittorio Magnani
[senza titolo]
1957
linoleum inciso
cm 140 x 250
64i. Vittorio Magnani
[senza titolo]
1957
tempera su muro
cm 351 x 148
64l. Plinio Mesciulam
[senza titolo]
1957
2 pitture su masonite
cm 141 x 249
cApitAneRiA di poRto di impeRiA
65. Franco Repetto
In tempestate securitas
2007
ferro brunito
cm 300 x 120
comAndo pRovinciAle dei vigili del fuoco di impeRiA
66a. Silvio Cattani
[senza titolo]
2011
mosaico in ceramica
cm 300 x 150
146
MICROSCHEDE
66b. Giuliano Giuman
[senza titolo]
2011
vetro dipinto
cm 297 x 350
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 147
I MPE RIA
comAndo pRovinciAle dei vigili del fuoco di impeRiA
66c. Simona Morelli
Subest animo vigil ignis qui ignem
extinguat
2011
mosaico in pasta vitrea e marmo
cm 300 x 150
pAlAzzo di giuStiziA
67. Giovanni Sicuro
Equilibri
2015
acciaio
cm 115 x 365
TAGGIA
pAlAzzo comunAle di tAggiA
68. Lorenzo Antognetti,
Salvatore “Pino” Campagna,
Donato Vitiello
Pensa a Te poi di me dirai
1993
tecnica mista
cm 435 x 80
VENTIMIGLIA
diStAccAmento pRovinciAle dei vigili del fuoco di impeRiA A ventimigliA
69. Ettore Consolazione
Fiamme
2011
bronzo
cm 630 x 122
147
MICROSCHEDE
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Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 149
AppARAti
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 150
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INDICE DEI NOMI
156
Abbiati Giuseppe – p. 84
Accame Giovanni Maria – p. 145
Acerbi Eleonora – p. 116
Airaldi (Studio) – p. 78
Airaldi Gabriella – p. 93
Ajolfi Elia – pp. 73, 74, 85, 105
Albini Franco – pp. 73, 80
Alfieri Edoardo – pp. 69, 76, 83, 84, 86, 90,
104, 105
Alicata Mario – p. 22
Andreani Claudio – p. 85
Andreotta Claudia – pp. 35, 88, 137
Antognetti Lorenzo – pp. 139, 140, 147
Argan Giulio Carlo – pp. 21, 117
Arienti Stefano – p. 31
Armanino Alfredo – p. 78
Bagattoni Emanuela – p. 89
Baldini Umberto – p. 116
Barbazza Guido – p. 96
Barbero Luca Massimo – pp. 140, 145
Bardi Pier Maria – pp. 16, 21, 34
Barisone Silvia – p. 84
Barletta Riccardo – p. 116
Bartolini Massimo – p. 31
Barzetti Giorgia – p. 88
Battolini Ferruccio – p.116
Bauman Zygmunt – p. 32
Bedrossian Henrig – pp. 114, 116, 122
Bega Melchiorre – pp. 20, 33, 69, 73
Belgioioso Paolo – pp.116, 118
Belli Carlo – p. 16
Beraldo Michele – p. 84
Berdini Franco – pp. 128, 135
Beringheli Germano – pp. 84, 86, 98
Bernasconi Clemente – p. 98
Bernazzoli Dario – pp. 71, 85
Bertagnin Roberto – pp. 125, 126, 128, 130
Bertocchi Nino – p. 34
Bertrand Jean Pierre – p. 43
Beuys Joseph – pp. 31, 35
Biancini Angelo – pp. 27, 100
Biggi Gastone – p. 117
Bignami Silvia – p. 34
Bilardello Enzo – p. 116
Bini Nello – pp. 79, 99, 106
Bird John – p. 63
Biscottini Paolo – p. 85
Bishop Claire – p. 52
Boggero Franco – p. 140
Boltanski Christian – p. 43
Bonetti Giuseppe – pp. 128, 135
Bonichi Claudio – pp. 125, 134
Bonito Oliva Achille – p. 53
Borta Gianni – pp. 115, 123
Bossaglia Rossana – pp. 85, 86
Botta Antonio – p. 125
Botta Stelvio – pp. 79, 99
Bottai Giuseppe – pp. 18, 19, 20, 21, 22, 23,
33
Bourgeois Louise – p. 43
Bozzola Angelo – p. 106
Braccialini Mario – p. 68
Brandi Cesare – p. 21
Brugnoni Enrico – p. 100
Bruno Gianfranco – p. 100
Bruzzone Angelo – p. 80
Bublex Alain – p. 43
Bucci Leonardo – pp. 75, 91
Bulian Francesca – pp. 7, 10, 40
Buren Daniel – pp. 43, 44, 45, 52, 54, 115,
116
Burnham Jack – pp. 58, 60, 63
Butti Alessio – p. 29
Calandrini Simona – pp. 127, 135
Calder Alexander – p. 49
Cambiaso Luca – p. 102
Caminati Aurelio – pp. 59, 80, 81, 82, 87,
102, 110, 139, 141
Campagna Salvatore Pino – pp. 139, 147
Campagnoli Romano – pp. 127, 135
Campana Dario – pp. 127, 135
Campigli Massimo – p. 16
Campiglio Roberto – pp. 140, 145
Cannavacciolo Giuseppe – pp. 113, 122
Canziani Andrea –p. 84
Capocaccia – pp. 75, 76
Capotondi Claudio – pp. 114, 116, 122
Caprile Luisa – p. 143
Carando Ennio – p. 125
Carli Carlo Fabrizio – p. 33
Carli Enzo – p. 101
Caroli Flavio – pp. 129, 133
Carrà Carlo – pp. 16, 20, 34
Carra Enzo – p. 29
Carretta Antonio – p. 84
Carrino Nicola – p. 117
Cartiere Cameron – pp. 37, 52, 53, 54, 55
Casciato Maristella – p. 32
Casorati Felice – p. 16
Cassese Giovanna – p. 53
Cassini Giorgia – pp. 128, 133
Castelnovi Gianvittorio – pp. 27, 73, 74, 75,
76, 85, 91, 92, 93, 98, 100
Castiglione Giovanni Benedetto – p. 81
Cattani Silvio – p. 146
Cavallarin Martina – p. 119
Cavallini Sauro – p. 84
Cazzato Vincenzo – pp. 33, 34, 53
Ceccarelli Giovanni detto Nerone – pp. 81,
87, 108
Cellerino Flavia – p. 153
Cerda Antonino – pp. 62, 82, 109
Cevini Paolo – pp. 83, 84, 85
Chang Gordon – p. 55
Cherchi Sandro – pp. 116, 118
Cherubini – p. 72
Chessa Mauro – pp. 127, 135
Chilosi Cecilia – p. 128
Christen Alessandro – p. 83
Cifatte Mario – pp. 27, 77, 93
Cioffi Stefano – pp. 82, 110
Ciucci Giorgio – p. 32
Cocevari Cussar Luigi – p. 116
Codognato Mario – p. 53
Coen Ester – p. 33
Collina Claudia – pp. 29, 35, 53, 63
Colombi Idro – pp. 70, 84, 104
Colombo Cristoforo – p. 93
Comazzi Luigi – p. 110
Consadori Giuseppe Silvio – pp. 73, 74, 75,
85, 86, 92
Consolazione Ettore Marco – pp. 114, 115,
116, 120, 123, 139, 147
Conte Tonino – p. 84
Corbi Anna Maria – p. 116
Corradi L.D. – p. 107
Cortesi Santa – p. 84
Crispolti Enrico – pp. 86, 97, 142
Cristallini Elisabetta – pp. 33, 53, 54
Crosa di Vergagni Giuseppe – p. 84
Crouwel Mels – p. 54
Cruikshank Jeffrey – p. 55
Cusmano Mario – pp. 79, 86
D'Acchille Antonio – pp. 114, 116, 122
Dall'Acqua Marzio – p. 133
Dambruoso Alberto – p. 119
D'Amico Stefano – pp. 79, 86, 99, 104, 106
Daneri Luigi Carlo – pp. 67, 68, 73, 78, 83
Danto Arthur – pp. 52, 55
Dasso Marco – pp. 73, 80
Da Venezia Eugenio – pp. 71, 104
Daverio Philippe – p. 29
Dazzi Arturo – p. 113
Dean Johnson Mark – p. 55
De Angelis Cristiana – p. 135
De Filippi Fernando – p. 139
Degli Abbati Luigi – p. 109
De Klerk Michel – p. 71
Del Debbio Enrico – p. 19
Del Giudice – pp. 75, 76
De Maestri Riccardo – p. 74
De Maestri Sara – p. 85
De Meo Pasquale – p. 62
Detanico Angela – p. 43
Deutsche Rosalyn – p. 37
Devolder Eddy – p. 35
Di Carlo Massimo – p. 28
Dillon Tamsin – p. 55
Di Turi – p. 143
Dodero Pietro – p. 22
D'Orazio Paolo – pp. 114, 122
D'Orazio Piero – pp. 114, 122
Draganovic Julia – p. 54
Dubuffet Jean – p. 140
Duchamp Marcel – p. 60
Duff Arthur – p. 53
Durazzo Marcello – p. 80
Durì Enrico – pp. 115, 122
Eccher Danilo – p. 29
Eisenman Peter – p. 50
Embriaco Guglielmo – pp. 81, 102
Fabbri Agenore – pp. 107, 125, 126, 128, 129
Fagone Vittorio – p. 33
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 157
Fazakerley Ruth – p. 37
Fera Cesare – p. 72
Ferrari Roberto – p. 92
Ferri – pp. 117, 120
Fieschi Giannetto – pp. 78, 79, 86, 97, 98, 99,
100, 105, 106, 139, 142
Filippeschi Gino – pp. 110, 115, 123, 128,
135, 139
Finkelpearl Tom – pp. 49, 55
Finzi Luigi – p. 68
Fioravanti Giorgio – p. 78
Flavin Dan – p. 61
Fochessati Matteo – pp. 84, 86, 89, 90, 116,
141
Fontana Lucio – p. 145
Francavilla Pietro – p. 81
Franchetti Pardo Vittorio – p. 62
Francini Serena – p. 153
Franzone Gianni – p. 84
Frapiccini David – p. 116
Frascà Nato – p. 117
Funi Achille – p. 16
Fuselli Eugenio – pp. 27, 67, 73, 76, 78, 83, 86
Gabrielli Luciano – p. 139
Gabrielli Simona – p. 87
Gagliardo Alberto Helios – p. 86
Galletti Guido – pp. 71, 73, 75, 84, 85, 90, 91
Gallo Francesco – p. 117
Gallo Lorenzo – pp. 82, 110
Gambacciani Piero – pp. 69, 73, 78, 80, 82
Gambetti Dino – pp. 84, 90
Gambino Maria Teresa – p. 78
Garaventa Lorenzo – pp. 57, 58, 62, 84, 90,
96, 111, 138, 143
Garber Marjorie – p. 55
Gardella Giorgio – p. 78
Gardella Ignazio – pp. 80, 114, 116, 121
Garibaldi Rossella – p. 78, 80
Garouste Gerard – p. 43
Gatti Lorenzo – pp. 115, 122
Gensini Ivo – p. 104
Ghetti Baldi – p. 89
Ghilardi Mario – pp. 85, 92, 116
Giambologna (Jean De Boulogne) – p. 82
Giannetti Gino – p. 101
Gierut Lodovico – pp. 116, 118
Gilardi Gianfranco – p. 100
Ginatta Francesco – p. 83
Ginex Giovanna – p. 33
Giubbini Guido – pp. 86, 93, 97, 144
Giubilei Maria Flora – pp. 84, 85, 86, 87, 90
Giuman Giuliano – pp. 110, 127, 128, 135,
136, 139, 140, 146
Giumelli Carlo – p. 116
Giustino Piero – p. 116
Grande Adriano – p. 128
Grassi Tonino – p. 98
Grimaldi Massimo – p. 41
Griselli Italo – p. 85
Grisotti Marcello – p. 83
Gronchi Giovanni – p. 25
Grondona – p. 22
Gropius Walter – p. 67
Groys Boris – p. 63
Grossi Bianchi Luciano – pp. 67, 72, 80
Gualdoni Flaminio – pp. 85, 92
Guarnieri Sergio – p. 139
Guglielmi Adriano – p. 98
Guida Cecilia – pp. 52, 53
Guidi Ugo – pp. 113, 116, 122
Guttuso Renato – p. 141
Guzzi Domenico – p. 18
Guzzi Virgilio – pp. 18, 33
Haacke Hans – pp. 58, 60
Hadid Zaha – pp. 41, 53
Helg Franca – pp. 73, 80
Henry Lydiate – p. 53
Hopps Walter – p. 54
Homiridis Marianne – p. 54
Huebler Douglas – p. 60
Imberciadori Enrico – p. 116
Iovino Roberto – pp. 87, 102
Jaar Alfredo – p. 53
Johnson Mark Dean – p. 55
Jorn Asger – pp. 32, 35, 145
Junod Ponsard Nathalie – p. 53
Karlstrom Paul J. – p. 55
Kaprow Allan – p. 60
Karreman Tanja – p. 54
Kester Grant H. – p. 37
Kienholz Edward – pp. 44, 45
Kienholz Nancy – pp. 44, 45, 54
Klein Christopher – pp. 2, 115, 121
Korza Pam – p. 55
Kosuth Joseph – pp. 58, 60, 61, 63
Krauss Rosalind – p 58
Kyllonen Kunnas Paivi – pp. 45, 54
Labò Mario – pp. 20, 34, 83, 84
Lacy Suzanne – p. 55
Lacroix Perrine – p. 54
Lagomarsino Luigi – pp. 83, 84, 85
Lagorio Gina – p. 128
Lain Rafael – p. 43
Lanteri Valeria – p. 140
Le Corbusier (Charles Edouard Jeanneret
Gris) – pp. 17, 18, 21, 32, 33, 34, 67, 68
Léger Fernand – p. 114
Lena Franco – p. 121
Leverone Adriano – pp. 59, 61, 63, 82, 103
Lewitt Sol – p. 43
Lewitzky Uwe – p. 54
Licata Riccardo – pp. 70, 84
Licheri Antonio – p. 128
Lichtenstein Roy – p. 43
Lillemose Jacob – p. 58
Lippard Lucy – pp. 58, 63
Lippolis Leonardo – p. 35
Lonardi – pp. 22, 23
Longhi Roberto – p. 21
Losi Claudia – p. 31
Lossau Julia – pp. 37, 53, 55
Lovell Vivien – p. 48
Lovisolo Luciano – p. 28
Lux Simonetta – p. 33
Luzzati Emanuele – pp. 27, 71, 77, 79, 84, 93,
107, 108, 130, 138, 139, 140, 144, 145, 146
Lyotard Jean Francois – p. 32
Macarez Emmanuelle – p. 43
Magnani Lauro – pp. 85, 86, 91, 92
Magnani Vittorio – pp. 138, 146
Magnasco Alessandro – pp. 75, 92
Maineri Aldo – p. 128
Maltese Corrado – p. 33
Mangiarotti – p. 68
Mannstein David – p. 122
Maraini Antonio – pp. 15, 16, 17, 33
Maraniello Giuseppe – p. 139
Marasco Emilia – p. 98
Marcenaro Caterina – pp. 77, 84
Marcenaro Giuseppe – pp. 83, 85, 91
Margozzi Maria Stella – pp. 33, 34
Mariani Umberto – p. 139
Marisaldi Eva – p. 53
Martini Arturo – p. 89
Matisse Henry – p. 43
Mattei Aldo – pp. 70, 77, 84
Mattuada Eliana – p. 128
Mazzola Tollo Vittorio – pp. 71, 85, 104
Mazzoni Angiolo – p. 115
McLuhan Marshall – p. 63
Medici Giuseppe – p. 25
Menna Filiberto – p. 120
Menozzi – p. 107
Merisi Michelangelo da Caravaggio – p. 97
Mesciulam Plinio – pp. 138, 140, 146
Messina Francesco – p. 84
Mezzina Sergio – p. 132
Micca Marisa – pp. 70, 84
Miceli Biagio – pp. 81, 108
Michelucci Giovanni – pp. 20, 113
Mielsch Beate – p. 54
Miles Malcolm – pp. 54, 55
Millefiore Pietro – pp. 61, 82, 109
Milocani Ada – p. 116
Miscetti Stefania – p. 119
Moore Henry – p. 113
Mirabella Saro – pp. 57, 58, 95
Mochetti Maurizio – p. 41
Montaldo Maria Grazia – p. 87
Montana Guido – p. 117
Morales Carmen Gloria – p. 139
Morandi Riccardo – p. 72
Morelli Simona – p. 147
Morozzo della Rocca Robaldo – pp. 67, 68, 72
Moriconi Mauro – p. 83
Mulazzani Gennaro – p. 116
Mulazzani Marco – p. 32
Muratore Giorgio – p. 32
Musiari Antonio – p. 87
Mustacchi Claudio – p. 35
Nalin Daniele – pp. 128, 136
Nassisi Anna Maria – p. 119
Navone Luigi – pp. 84, 90
Newman Michael – p. 60
Oddi Vincenzo – p. 100
Ojetti Ugo – pp. 15, 17, 33
157
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 158
158
Ori Eva – p. 53
Orsini Bruno – p. 100
Orta Lucy – p. 31
Pace Achille – pp. 115, 117
Paganini Niccolò – p. 81
Paganelli Giovanni – p. 84
Pagano Giorgio – p. 121
Pagano Giuseppe – pp. 15, 16, 17, 20, 33, 34
Paglieri Rinangelo – p. 140
Paik Nam June – p. 50
Panero Clemente – pp. 127, 135, 136
Paolini Dino – p. 113, 116, 122
Paone Fabrizio – p. 152
Parma Elena – p . 93
Parodi Margherita – p. 96
Parodi Maurizio – pp. 126, 128, 134
Pasini Ugo – p. 149
Pateri – p. 67
Patti Stefano – p. 109
Peill Claudia – pp. 115, 119
Pellegrini Claudio – pp. 115, 123
Pellizzaro Valentino – p. 139
Pelosio Giulio – pp. 138, 139, 140, 143, 145
Peluzzi Edo – pp. 125, 126, 128, 134
Penone Giuseppe – pp. 43, 53
Perocco Guido – p. 84
Pertusio Vittorio – p. 84
Pestelli Stelvio – p. 107
Piacentini Marcello – pp. 15, 18, 20, 32, 33,
70
Piano Renzo – p. 80
Piatti Alessandra – pp. 7, 10
Piazza Daniela – p. 128
Picasso Pablo – pp. 43, 78, 97
Pierro Lelio – pp. 25, 27, 36
Pizzinato Andrea – p. 141
Poletti Federico – p. 118
Pomodoro Arnaldo – p. 108
Pompili Graziano – pp. 123, 115
Ponti Gio – pp. 16, 20, 33, 34
Porcù Riccardo – p. 96
Prampolini Enrico – pp. 33, 34
Prampolini Hiero – p. 115
Primi Italo – p. 110
Pugliese Angelo – p. 27
Pulitzer Gustavo – pp. 67, 83
Quaranta Antonio – p. 109
Quintavalle Arturo Carlo – pp. 28, 36
Raco Diego Attilio Mario – pp. 81, 87, 108
Ragazzi Franco – pp. 84, 86, 87, 102
Raysse Martial – p. 43
Ravasco Cesare – p. 85
Ratti Marzia – p. 116
Régnier Philippe – p. 54
Repetto Franco – p. 146
Reinhart Fabio – p. 80
Riolfo Marengo Silvio – p. 128
Robinson Greg – p. 55
Rodocanachi Paolo Silvio – p. 84
Rolando Giovanni – p. 150
Romana Marta – p. 35
Romanelli Romano – pp. 18, 32
Romano Giovanni – p. 72
Roosvelt Franklin Delano – p. 41
Rosadini Francesco – p. 83
Rosen Steven – p. 55
Rossello Mario – pp. 127, 128, 133
Rossi Aldo – p. 80
Rossi Lorenza – pp. 128, 130
Rotondi Terminiello Giovanna – p. 89
Roustan Mario – p. 42
Rusconi Paolo – p. 34
Sant'Andrea Giorgio – p. 114
Santoro Paolo – p. 117
Sarfatti Margherita – pp. 18, 33
Sartoris Alberto – p. 16
Sassu Aligi – pp. 125, 126, 128, 131
Sborgi Franco – pp.11, 62, 84, 85, 86, 87, 90,
91, 93, 96, 102, 116, 141, 143, 144, 145
Scalvini Maria Luisa – p. 62
Scanavino Emilio – pp. 138, 140, 145
Scardi Gabi – p. 35
Scarpa Carlo – p. 80
Schulze Janine – p. 54
Augusto Scirocchi – p. 128
Scirocchi Luigi – pp. 126, 127, 128, 132, 134
Segni Antonio – p. 25
Seia Caterina – p. 35
Selva Sergio – pp. 73, 86, 105
Serra Richard – pp. 48, 49, 52, 55
Servettaz Nanni – pp. 71, 73, 75 76, 84, 85,
105, 111
Severini Gino – pp. 17, 18, 33, 34
Shaw Phyllida – p. 54
Sibilla Angelo – pp. 67, 80, 83
Sicuro Giovanni – pp. 115, 122, 137, 140, 147
Sironi Mario – pp. 16, 33
Sirotti Ilaria – p. 151
Sirotti Raimondo – pp. 59, 80, 81, 83, 87, 98,
108, 110
Sparagni Tulliola – p. 33
Solari Giovanni – pp. 84, 90
Solimano Sandra – pp. 87, 98
Sollazzo Ciottoli Nora – p. 85,
Soro Rossella – p. 143
Sossella Luca – pp. 35, 52
Sottile Turi – pp. 127, 136, 139
Spadolini Piergiorgio – p. 78
Spain Sharon – p. 55
Spalla Giovanni – p. 80
Spigno Rocco Pietro – pp. 35, 67, 88, 91, 92
Stevens Quentin – pp. 53, 55
Strozzi Bernardo – pp. 80, 108
Tafuri Manfredo – p. 62
Tampieri Giuseppe – pp. 69, 84, 89
Tani Vittorio – p. 95
Tardia Enzo – p. 110
Tassistro Renato – p. 77
Tassistro Roberto – pp. 27, 93
Teglio Franco Dante – p. 128,
Tentori Francesco – p. 83
Togliatti Palmiro – p. 40
Todde Antonio – p. 85
Tollo Mazzola Vittorio – pp. 71, 85, 104
Tortarolo Bartolomeo – p. 126
Toscani Claudio – pp. 85, 92
Trinchera Pasquale Antonio Ariosto detto
Astorio – pp. 126, 134
Trionfo Aldo – p. 84
Trotti Alessandro – p. 139
Vaccarone Francesco – pp. 115, 116, 121
Valdieri Pestelli Giambattista – pp. 59, 105,
106, 111
Valenti Paola – pp. 9, 15, 36, 53, 93, 95, 100
Valenza Michele detto Cossyro – pp. 82, 110,
127, 128, 135
Van Der Wert Huib Haye – pp. 46, 48, 54
Vannetti Giannantonio – p. 115
Vasquez Consuegra Gullelmo – p. 82
Vergani Camillo – pp. 23, 25
Veruggio Ettore – p. 85
Vietti Luigi – pp. 69, 84
Vicentini Enzo – pp. 57, 58, 61, 86, 94, 107
Vill Maria – pp. 115, 122
Vincent Jean – p. 54
Virduzzo Antonio – pp. 79, 86, 106
Vita Matteo – p. 22
Vitiello Donato – pp. 139, 147
Viziano Attilio – pp. 69, 73
Weiner Lawrence – p. 58
Wildt Adolfo – p. 85
Willis Shelly – pp. 37, 52, 53, 54, 55
Zappa Giulio – p. 67
Zay Jean – p. 42
Zebracki Martin – pp. 37, 53
Zelatore Riccardo – pp. 128, 129
Zevi Bruno – p. 83
Zevi Luca – p. 153
Zigaina Giuseppe – p. 141
Zoia Luigi – p. 152
Zucco Nino – p. 100
Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 159
INDICE DEGLI EDIFICI
SCHEDATI
ALBISOLA SUPERIORE
Stazione FS Albisola Superiore, piazza Giulio
II – pp. 126, 127, 134
CAMOGLI
Istituto
Professionale
Alberghiero
I.P.S.S.A.R. Marco Polo, via San Rocco 1 –
p. 104
CARCARE
Scuola Primaria Gianni Rodari, via del Collegio – pp. 126, 134
CHIAVARI
Istituto professionale autonomo Giovanni
Caboto, via Giovanni Battista Ghio 2 – pp.
79, 104
Istituto Tecnico Statale "In memoria dei
morti per la patria", via Enrico Millo 1 – p.
98
Liceo Marconi Delpino, piazza Caduti da
Nassiriya 14 – p. 98
CICAGNA
Scuola media statale Amadeo Peter Giannini, via Nuova Italia 26 – p. 104
GENOVA
A.D.P.S Prà Sapello 1952, via Prà 43B, Prà
Sapello 1952 – p. 109
Aeroporto Internazionale Cristoforo Colombo, via Pionieri e Aviatori d'Italia 44 –
p. 101
Agenzia del Demanio (ex Edificio Ufficio dipendenti), via Finocchiaro Aprile 1 – pp.
76, 105
Area verde pubblico soprannominata “Giardini Ex Elah”, via Cordaneri, Genova Prà –
pp. 62, 109
Capitaneria di Porto, via Magazzini Generali
1 – p. 109
Caserma degli Agenti, Casa Circondariale di
Marassi, piazzale Marassi 2 – pp. 82, 110
Centro Biotecnologie Avanzate, Largo Rosanna Benzi 10 – p. 108
Centro civico di Voltri, via Pastore, Voltri 2
– pp. 82, 110
Cimitero dei Pini Storti, via Sant'Alberto 44
– pp. 59, 63, 82, 103
Cimitero Monumentale di Staglieno, piazzale Resasco, Porticato di Sant’Antonino –
pp. 69, 90, 104
Grattacielo delle Poste, via di Sottoripa 1 –
pp. 69, 89
G. S. Speranza, Fascia di rispetto di Genova
Prà, 16157 – p. 109
Liceo Gian Domenico Cassini, via Galata 34
–pp. 26, 35, 73, 74, 85, 105, 149
Liceo Enrico Fermi, via Ulanowski 56 – pp.
59, 63, 105
Palazzo della Provincia, via Grenchen 2 – pp.
70, 90
Palazzo sede RAI, corso Europa 126 – p. 107
Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche per la Liguria, viale delle Brigate Partigiane 2 – pp. 56, 57, 104
Scuola elementare Adelaide Mameli, via Bologna 86 – pp. 105
Scuola elementare Niccolò Paganini, via
Martiri del Turchino 40 – pp. 96
Scuola elementare Giuseppe Garibaldi, via
Bologna 6A – pp. 78, 86, 97
Scuola materna di Sant’Eusebio, via Valtrebbia 299 – pp. 27, 79, 100
Scuola media inferiore Alessandro Volta, via
Cornigliano 9 – pp. 23, 27, 57, 63, 95
Scuola media inferiore San Pier D'Arena (ex
Istituto Casaregis), via Carlo Rolando – pp.
27, 57, 95, 107
Scuola media Parini, via Archimede 46 – pp.
27, 79, 107
Scuola primaria Hans Christian Andersen,
via Mogadiscio 67 – pp. 79, 107, 108
Scuola primaria Prato, via Struppa – pp. 26,
27, 77, 79, 93
Scuola Politecnica di Ingegneria e Architettura, viale Francesco Causa 13 – pp. 73, 74,
75, 85, 86, 91, 92, 105
Scuola secondaria di primo grado Galeazzo
Alessi, via Ignazio Pallavicini 7 – pp. 57, 94
Scuola statale I.T.C.S. Luigi Einaudi, via Cristofoli 4 – p. 107
Stadio Carlini, via Vernazza 31 – p. 105
Teatro dell'Opera Carlo Felice, passo Eugenio Montale 4 – pp. 80, 81, 102, 108
Università degli Studi di Genova, Dipartimento di scienze della terra, dell’ambiente e
della vita (DISTAV), corso Europa 26 – pp.
79, 86, 99, 106
Università degli Studi di Genova, Clinica
Chirurgica, Polo didattico Monoblocco Chirurgico, via Antonio de Toni 16 e viale Benedetto XVI – pp. 79, 86, 106
IMPERIA
Capitaneria di Porto, via San Lazzaro –
Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di
Imperia, via G. Strato 2 – pp. 137, 138, 139,
146, 147
Ex Palazzo del Genio Civile, viale Matteotti
50 – pp. 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143,
144, 145, 146
Palazzo di Giustizia, via Garessio 58 – pp.
137, 139, 147
LA SPEZIA
Nuovo Comando provinciale dei Vigili del
Fuoco di La Spezia - via Antoniana 10 – pp.
115, 122, 123
Questura di La Spezia, viale Italia 497 – pp.
114, 120, 122
Tribunale della Spezia, viale Italia 142 – pp.
114, 121
MILLESIMO
Istituto comprensivo Emanuele Luzzati,
piazza Libertà 1 – pp. 125, 130
RECCO
Liceo scientifico statale Da Vigo Nicolosio
da Recco, via Marconi 41– p. 111
Palazzo comunale di Recco, piazza Nicoloso
da Recco 14 – pp. 71, 111
RAPALLO
Scuola elementare Guglielmo Marconi, via
Ferretti 4 – p. 110
ROSSIGLIONE
Piastra Ambulatoriale Distretto 8, via Roma
36 – p. 111
SARZANA
Comando Base Aeromobile delle Capitanerie di Porto di Sarzana-Luni, via Alta Vecchia – pp. 115, 117, 118, 119, 123
Scuola media statale Poggi-Carducci, via
Luigi Neri 22 – p. 123
SAVONA
Capitaneria di Porto, lungomare Giacomo
Matteotti 4b – pp. 125, 127, 128, 135
Istituto di Istruzione Secondaria Superiore
Ferraris-Pancaldo, via Rocca di Legino 35 –
pp. 127, 133
Museo del Santuario di N.S. di Misericordia,
piazza Santuario 6 – pp. 126, 134
Palazzo INAIL, via Venezia 6 e 8 – pp. 126,
134
R.S.A. Villa Noceti, via alla Stazione 2 – pp.
126, 134
Scuola dell'infanzia Bruno Munari e Scuola
primaria Colombo-Mameli, via Tagliata 2 –
pp. 125, 131
Scuola dell'infanzia Valloria e Scuola primaria Colombo Valloria, via Turati 2/6 – p. 129
Scuola Secondaria di primo grado Bartolomeo Guidobono, via Machiavelli 2 – pp.
127, 135
Stazione FS Savona Mongrifone, piazza Aldo
Moro – p. 126
TAGGIA
Palazzo comunale di Taggia, via S. Francesco
441 – pp. 139, 147
VENTIMIGLIA
Distaccamento Provinciale dei Vigili del
Fuoco di Imperia, corso Limone Piemonte 2
– pp. 137, 138, 147
VILLANOVA D'ALBENGA
Aeroporto internazionale Clemente Panero,
viale Generale Disegna 1 – pp. 127, 128,
135, 136
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Edifici pubblici 21x27_Layout 1 13/06/16 10.50 Pagina 160
FINITO DI STAMPARE
NEL MESE DI GIUGNO 2016