gestire il rischio di cambio in uno scenario in continua

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gestire il rischio di cambio in uno scenario in continua
GESTIRE IL RISCHIO DI CAMBIO
IN UNO SCENARIO IN CONTINUA EVOLUZIONE
RISK MANAGEMENT
di Giovanni Segato e Davide Giovanelli
Estero >> Commercio internazionale
Il continuo rafforzamento dell’euro sul dollaro impone alle aziende esportatrici di considerare con attenzione
il rischio derivante dalla perdita di competitività. Assume notevole rilievo, quindi, l’attività di analisi del rischio
di cambio nonché la gestione della esportazione al rischio stesso.
PREMESSA
Il rapporto di cambio EUR/USD ha manifestato negli ultimi due anni un trend di continuo rafforzamento.
Dopo aver raggiunto un minimo a 0,8250 nell’ottobre 2000 ed essere rimasto in un range di oscillazione di
una decina di figure fino all’inizio del 2002, da quel momento fino ad oggi il movimento è stato praticamente
unidirezionale arrivando a toccare un massimo a 1,2875 intorno a metà gennaio di questo anno (Tavola 1).
TAVOLA 1 – Andamento del cambio EUR/USD dal gennaio 1999
Cambio EUR/USD
1,3
1,25
1,2
1,15
1,1
1,05
1
0,95
0,9
0,85
4-gen-04
4-nov-03
4-lug-03
4-set-03
4-mag-03
4-gen-03
4-mar-03
4-set-02
4-nov-02
4-lug-02
4-mar-02
4-mag-02
4-gen-02
4-set-01
4-nov-01
4-lug-01
4-mag-01
4-mar-01
4-nov-00
4-gen-01
4-lug-00
4-set-00
4-mag-00
4-gen-00
4-mar-00
4-set-99
4-nov-99
4-lug-99
4-mar-99
4-mag-99
4-gen-99
0,8
L’azienda esportatrice in USD si è quindi trovata nel corso di poco più di tre anni con un cambio più alto del
56% rispetto al punto di minimo. L’ampiezza dello scostamento, peraltro spalmata su un arco temporale
abbastanza esteso, è sicuramente rilevante. L’impatto sui risultati, in assenza di coperture e senza la
possibilità di utilizzare la leva prezzo in modo significativo, è stato sicuramente importante sia nel 2002 che
nel 2003, soprattutto nei settori in cui la marginalità sul prodotto è limitata a pochi punti percentuali.
Il mercato è divenuto dunque sempre più selettivo e complesso per una azienda esportatrice in USD.
Assume pertanto una forte rilevanza la capacità di affrontare in modo evoluto ed integrato tutte le attività del
processo di gestione del rischio di cambio (Tavola 2), al fine di evitare perdite di competitività che possono
essere particolarmente ampie se la struttura dei costi dei concorrenti è denominata in USD o in altre divise
che non si sono apprezzate in modo analogo all’euro. E’ da sottolineare come nel caso delle PMI,
un’ulteriore aggravante sia legata al fatto che le soluzioni che permettono di risolvere la problematica vadano
ricercate in presenza di una carenza strutturale di risorse sia umane che tecnologiche. Le soluzioni e le
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metodologie che verranno presentate in questo articolo sono accessibili anche ad aziende di piccola o media
dimensione, con un investimento limitato sia negli strumenti che in termini di ore uomo dedicate all’analisi.
TAVOLA 2 – Il processo di gestione del rischio di cambio
Volendo approfondire il tema delle risorse umane coinvolte in questa attività, qualsiasi azienda deve
affrontare un investimento in termini di crescita professionale anche se quest’ultima, pur essendo destinata a
portare in azienda un notevole valore aggiunto, non sempre può essere ottenuta in tempi brevi ed a costi
contenuti. Di qui la necessità di esplorare anche soluzioni che prevedano il coinvolgimento di risorse
esterne in grado di portare in azienda esperienza professionale e di fare crescere la qualità della struttura
esistente. Queste soluzioni possono arrivare a prevedere anche l’esternalizzazione totale o parziale della
gestione. Su questo fronte l’offerta di servizi è in evoluzione in quanto la tradizionale attività di consulenza
orientata ai mercati finanziari (suggerimenti di acquisto o vendita di divisa legati ad aspettative di movimenti
dei mercati basate su analisi di tipo tecnico o fondamentale) e agli strumenti di copertura (termine piuttosto
che strategie in opzioni a costo zero) è sempre più affiancata dalla capacità di supportare l’azienda nella
altre fasi del processo di gestione del rischio di cambio.
Chiudiamo questa premessa sottolineando il fatto che il contributo che può offrire la tecnologia nella
gestione delle diverse fasi del processo è sicuramente crescente. Questa affermazione è valida anche per le
PMI in quanto Internet e le tecnologie ASP consentono la possibilità di accedere a soluzioni strutturate a
costi molto contenuti. Non stiamo parlando esclusivamente della possibilità di accedere a pagine che
pubblicano informazioni aggiornate sull’andamento dei mercati finanziari, ma anche di siti che consentono
un pricing indicativo dei diversi strumenti di copertura e, in alcuni casi, si spingono fino ad offrire la
possibilità di accedere a soluzioni di risk manangement integrate ed evolute.
DEFINIZIONE DELL’ESPOSIZIONE DA GESTIRE
La definizione dell’esposizione da gestire passa attraverso un processo che prevede diverse fasi e si basa
sull’individuazione della tipologia di rischio da gestire e sulla sua quantificazione, che come vedremo può
assumere connotati diversi a seconda dell’orizzonte temporale considerato (mensile, annuale, pluriennale) e
della fonte di reperimento dei dati (sistema di fatturazione, portafoglio ordini, budget, ecc.). Molti fattori
condizionano questa attività; solo per citarne alcuni possiamo evidenziare la reperibilità dei dati,
l’attendibilità della fonte, la tempestività di comunicazione delle informazioni, che devono necessariamente
far leva sulla relazione e la collaborazione tra enti interni aziendali (tipicamente amministrazione e finanza,
commerciale, acquisti, controllate estere). Ciascuno degli aspetti sopra ricordati rappresenta un elemento di
potenziale criticità che deve essere preso in considerazione al momento della definizione dell’esposizione a
rischio. Tenuto presente quanto appena detto, il primo passo da affrontare è pertanto quello di chiarire cosa
si intenda per «esposizione al rischio». La composizione di questa grandezza, infatti, non ha una
connotazione univoca e può assumere diversi significati a seconda della tipologia di rischio che si
considera. In particolare possiamo identificare tre categorie fondamentali di rischio (Tavola 3):
•
•
•
Contabile;
Economico;
Competitivo;
Il rischio contabile, tendenzialmente di breve termine, consiste nel rischio che il cambio di
incasso/pagamento di una specifica transazione risulti peggiore rispetto a quello di emissione/registrazione
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della relativa fattura; ha un impatto diretto sul Conto Economico aziendale come «differenza negativa su
cambi». Questa tipologia di rischio è senza dubbio quella più conosciuta e gestita dalle aziende italiane, in
particolare dalle PMI. Con riferimento al contesto attuale e all’azienda esportatrice in USD, rientra in questa
categoria anche il rischio associato a posizioni di liquidità in USD nel portafoglio dell’azienda o di sue
controllate estere mai negoziate in quanto in attesa di un cambio più vicino agli obiettivi aziendali. Si tratta di
una situazione abbastanza frequente; nel corso del 2002 e 2003 molte aziende con una posizione finanziaria
solida hanno preferito mantenere le posizioni in USD. Ne consegue un aumento notevole della tipologia di
rischio appena descritta.
Il rischio economico ha invece un’accezione decisamente più estesa del rischio contabile e comprende tutti
gli effetti che una variazione del cambio di mercato può generare sulla «parte alta» del conto economico
aziendale (i.e. sul margine operativo). Una manifestazione evidente di questa tipologia di rischio si ha nei
casi in cui un’azienda, per necessità di business o per scelta organizzativa, operi con un listino prezzi in
divisa con validità temporale fissa (ad es. annuale). In tale situazione, infatti, senza un’adeguata strategia di
gestione del «cambio di listino», una variazione sfavorevole del tasso di cambio comporterà una diminuzione
della marginalità di tutte le vendite effettuate in applicazione del listino prezzi corrente. Se ipotizziamo che la
nostra azienda esportatrice abbia definito il listino sulla base del cambio medio dell’anno precedente, ci
troveremmo, in assenza di coperture, con una erosione del controvalore in euro del fatturato del 10/15%
negli ultimi due anni.
Nell’accezione più strategica il rischio economico diviene rischio competitivo; come può essere desunto
dalla sua definizione, è legato alla variazione dei rapporti competitivi in seguito all’andamento dei cambi di
mercato e alla diversa struttura per divisa dei costi e dei ricavi rispetto ai concorrenti. Se ad esempio ci
troviamo ad operare in un contesto in cui le aziende concorrenti hanno una struttura di costi denominata in
USD, è evidente che la loro capacità di competere è nettamente migliorata rispetto al passato. Questa
componente di rischio può comunque venire gestita in modo efficace solamente qualora i concorrenti non
siano particolarmente numerosi, siano concentrati in poche “aree valutarie” e la loro struttura di costi e ricavi
sia di facile individuazione.
TAVOLA 3 – Tipologie di rischio e relativo impatto sul Conto Economico
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La maggior parte delle aziende italiane si confronta giornalmente sulle prime due tipologie descritte (rischio
contabile e rischio economico) ed è quindi con riferimento a queste che affronteremo il tema della
quantificazione dell’esposizione a rischio di cambio.
Se l’obiettivo aziendale è la copertura del rischio contabile, si potrà operare attingendo la base dati dalla
fatturazione. La pratica più usata nelle aziende vede l’utilizzo di un foglio elettronico, alimentato
manualmente o attraverso un’estrazione automatica dal sistema gestionale, sul quale corredare ed integrare
i dati di tutti gli attributi che saranno utili per la gestione. Esistono alternative più evolute; nelle Tavole 4 e 5,
ad esempio, viene rappresentato un ambiente strutturato fornito con modalità ASP.
I dati da considerare, oltre naturalmente all’importo, al segno (incasso/pagamento), alla divisa domestica
(Main Currency) e a quella relativa alla transazione (Trade Currency), sono principalmente la data valuta
(Value Date) in cui si attende la manifestazione del flusso in divisa estera e il cambio obiettivo (Target Rate);
quest’ultimo elemento rappresenta il riferimento della gestione (nel caso del rischio di cambio «contabile» è
rappresentato dal cambio di fatturazione).
Il processo di costruzione dell’esposizione vedrà un’attività di inserimento dei flussi attesi derivanti dal
business (incassi/pagamenti prospettici in valuta) con l’attribuzione per ciascuno degli elementi appena
descritti. Il risultato finale, come si può notare porterà all’evidenziazione dell’ esposizione netta (Exposure)
data dal risultato del matching tra incassi e pagamenti (logica di natural hedging). Tale esposizione netta
potrà essere modulata su un differente dettaglio temporale (settimana, mese, anno, ecc.) e su un orizzonte
che arriva fino all’ultima data presente di incasso/pagamento. Per singolo sottoperiodo e a livello totale verrà
associata all’esposizione netta il relativo Target Rate risultante dalla media ponderata degli obiettivi associati
ai singoli flussi appartenenti al periodo considerato; il peso della ponderazione sarà dato dall’ammontare del
flusso stesso.
Nel caso di copertura del rischio economico, il processo di costruzione dell’esposizione a rischio risulta più
articolato in quanto le fonti sono più numerose e l’orizzonte temporale da considerare è più ampio;
operativamente tale processo può essere riassunto in tre passaggi successivi che hanno inizio in fase di
redazione del budget (o di uno strumento previsionale ad esso assimilabile):
•
•
•
identificazione dell’esposizione valutaria di budget;
analisi delle caratteristiche dell’esposizione da budget;
definizione dell’esposizione da gestire finanziariamente.
TAVOLA 4 – Esempio di alimentazione dell’esposizione a rischio
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TAVOLA 5 – Esempio di determinazione dell’esposizione a rischio – Servizio fornito con modalità ASP
Identificazione dell’esposizione valutaria di budget
In tale fase si procede ad identificare i flussi che compongono l’esposizione e che possono essere così
classificati:
•
•
•
flussi commerciali (incassi e pagamenti in divisa);
flussi tecnici (investimenti in valuta in impianti, macchinari, ecc.);
flussi finanziari (finanziamenti ed investimenti in valuta, dividendi, royalty liquidate in valuta, ecc.)
La quantificazione di questi flussi coinvolge diverse funzioni aziendali (commerciale, acquisti, finanza, uffici
tecnici, direzione generale, imprenditore, ecc.). Esula dallo scopo del presente contributo la modalità con cui
ciascuna funzione procede alla quantificazione del flusso di propria competenza, anche se riteniamo
opportuno ricordare la necessità di una visione omogenea e congiunta del processo complessivo e delle
finalità di utilizzo dei dati forniti.
Analisi delle caratteristiche dell’esposizione
I flussi valutari derivanti dal budget rappresentano la base di partenza sulla quale costruire l’esposizione che
la finanza dovrà gestire; a questa base dovrà affiancarsi un’analisi delle caratteristiche dell’esposizione
valutaria aziendale. La corretta definizione dell’esposizione valutaria deve infatti prevedere un’analisi
qualitativa delle grandezze individuate.
In altre parole, l’analisi delle caratteristiche dell’esposizione deve permettere la distinzione tra profili di rischio
differenti. Si pensi ad esempio alla distinzione necessaria nel caso di quote di rimborso di finanziamento a
medio e lungo termine in valuta (perfettamente definibili per importo e scadenza) rispetto a flussi di incasso
relativi ad una commessa e collegati allo stato di avanzamento dei lavori (dati estremamente incerti).
Altra considerazione da svolgere in sede di analisi è legata al posizionamento dell’azienda sui diversi
mercati di riferimento. Infatti, nel caso in cui l’azienda si trovi in una posizione di price leader o addirittura di
price maker, ha la possibilità di rispondere con elevata elasticità attraverso le leve a sua disposizione ad una
variazione del tasso di cambio; al contrario se l’azienda è price taker dovrà necessariamente cautelarsi per
non subire le variazioni avverse del mercato.
La finalità dell’analisi sulle caratteristiche dell’esposizione è pertanto quella di individuare il complessivo
profilo di rischio aziendale al quale dovranno essere adattati il profilo di copertura e la strategia di gestione.
Definizione dell’esposizione da gestire finanziariamente
Una volta individuata la posizione derivante dal budget ed analizzate le caratteristiche dei diversi flussi e
quelle specifiche del business, il passo successivo porta a valutare, e, se necessario, a modificare,
l’esposizione valutaria di budget, integrandola oppure considerandone solo una porzione al fine di
individuare l’esposizione che deve essere gestita finanziariamente.
Il budget non è infatti l’unica fonte dei dati relativi all’esposizione e talvolta non risulta nemmeno quella
prevalente; lo scadenzario clienti e/o fornitori ed il portafoglio ordini forniscono una stima più attendibile in
un orizzonte temporale di breve termine; allo stesso modo, nel caso in cui l’azienda decida di considerare un
orizzonte temporale più ampio di quello di budget dovrà ricorrere a stime e/o proiezioni di lungo termine. In
sintesi la determinazione dell’esposizione da gestire finanziariamente richiede l’esplicita definizione di una
serie di elementi tra i quali possiamo ricordare l’orizzonte temporale prospettico di gestione del rischio di
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cambio (che potrebbe non coincidere con l’orizzonte di budget) e la definizione di quali divise considerare
(alcune potrebbero risultare di dimensione irrilevante). A questa attività si dovrà associare una rettifica
prudenziale da applicare a dati previsionali incerti e la compensazione ove possibile di incassi e pagamenti
nella stessa divisa (natural hedging), individuando in tal modo la posizione netta.
Un’ alternativa a questa modalità potrebbe essere rappresentata dalla creazione di diversi portafogli (ad
es. portafoglio di budget, portafoglio ordini e portafoglio fatturazione) con la possibilità di considerare in
maniera dinamica l’esposizione complessiva e/o quella parziale risultante dalle combinazioni di uno o più di
tali portafogli (Tavola 6). In tal caso sarà di fondamentale importanza curare la definizione dei criteri di cut-off
tra i dati presenti nei diversi portafogli per evitare duplicazioni o omissioni di informazioni.
Il risultato finale porterà, come evidenziato in precedenza con riferimento al solo rischio contabile, alla
determinazione di un’ esposizione nei diversi sottoperiodi scelti e per totale con l’associazione del relativo
cambio di riferimento; il cambio obiettivo a seconda delle scelte aziendali potrà essere unico per tutti i flussi
(cambio di budget o cambio utilizzato per la conversione del listino in valuta) oppure essere una media
ponderata dei diversi cambi di riferimento associati ai singoli flussi prospettici in valuta.
GESTIRE E CONTROLLARE LE OPERAZIONI FINANZIARIE
Come abbiamo precedentemente sottolineato non esiste un’unica ed indiscutibile posizione valutaria, bensì
una rappresentazione quantitativa del rischio di cambio aziendale filtrata attraverso un’analisi di tipo
qualitativo (scelta della fonte, screening sull’attendibilità dei dati, definizione dell’orizzonte temporale di
gestione, ecc.). E’ da evitare pertanto la gestione «indipendente» delle operazioni finanziarie, slegata da
un’analisi preventiva e continuativa sulla posizione valutaria aziendale, ossia dalla consapevolezza di quale
sia l’impatto nel tempo di un’operazione finanziaria sulla posizione e sugli obiettivi aziendali.
In particolare, prima di intervenire con una gestione finanziaria è basilare la determinazione del cambio
minimo/massimo (a seconda del segno import o export della posizione a rischio) che permetta la
salvaguardia del margine aziendale.
In questa logica, l’utilizzo di operazioni finanziarie è alternativa a strategie interne di protezione aziendale,
che possono prevedere:
•
•
•
•
pattuizione di regolamenti a vista;
matching, ovvero compensazione di poste attive e passive omogenee per importo, scadenza e
valuta di riferimento in modo da gestire la posizione netta;
politiche di leads and lags (ritardo/accelerazione negli incassi/pagamenti) che permettono, laddove
sono praticabili, di ricondursi anche in questo caso alla gestione della posizione netta;
exposure pairing, ossia compensazione di esposizioni basata sulla correlazione positiva o negativa
degli andamenti di diverse valute; questa tecnica ha una rilevante complessità di applicazione ed è
poco praticata nelle realtà italiane.
Negli ultimi anni anche nelle PMI si sta assistendo ad un sempre maggiore ricorso ad operazioni finanziarie
nella gestione del rischio di cambio. Ciò è dovuto a diverse motivazioni, tra le quali possiamo ricordare i forti
sviluppi dell’ingegneria finanziaria uniti ad un’evoluzione dei mercati e delle tecnologie che hanno
permesso la «targetizzazione» di questi strumenti anche sulle esigenze della piccola e media impresa.
Rispetto a tecniche di protezione interna, l’utilizzo di strumenti trattati nei mercati finanziari (regolamentati o
Over The Counter),consente una gestione più flessibile e dinamica. Non possiamo tuttavia evitare di
ricordare che si tratta di strumenti con profili di rischio fortemente differenti, che devono essere valutati e
considerati in ogni momento sia per le proprie caratteristiche di strumenti stand alone sia per le loro
ripercussioni sull’esposizione da gestire.
L’utilizzo di tali strumenti finanziari consente infatti all’impresa di creare una posizione di rischio con
scadenza e importo uguale ma di segno contrario a quella derivante dalla sua esposizione. Gli strumenti
utilizzati, in linea con la tipologia di rischio gestita, possono garantire un cambio fisso oppure un cambio
massimo o minimo, a seconda che si tratti di una posizione import o export.
Volendo fare una classificazione di massima sulle diverse tipologie di operazioni finanziarie possiamo
distinguere tra strumenti derivati e finanziamenti in valuta; tra le principali categorie di derivato utilizzate
possono essere ricordati i forward (contratti a termine), gli swap e le currency option.
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In relazione alle caratteristiche e all’impatto dello strumento di copertura sull’esposizione possiamo
individuare un insieme di strumenti cosiddetti «rigidi» (contratti a termine, finanziamenti in valuta,) che
permettono di proteggersi da un andamento sfavorevole ma non consentono di beneficiare di un’ evoluzione
in senso favorevole del mercato.
Esempio tipico è il contratto a termine che stabilisce per un determinato ammontare in valuta e ad una
determinata data futura, quale sarà il costo di acquisto (acquisto a termine) o il prezzo di vendita (vendita a
termine): a scadenza l’operazione determinerà comunque un flusso positivo o negativo inverso rispetto a
quello che subirà l’esposizione, rendendo neutra la posizione dell’azienda nei confronti del mercato. Diverso
è l’effetto dell’associazione tra esposizione e currency option; in particolare l’utilizzo di opzioni plain vanilla
comporta l’applicazione di una logica assicurativa alla posizione di rischio che protegge dal manifestarsi di
eventi negativi (ribasso/rialzo dei cambi di mercato), ma che allo stesso tempo permette di cogliere le
opportunità favorevoli. L’inconveniente nell’utilizzo di questi strumenti è dato dalla presenza di un costo
iniziale (premio) che spesso può rappresentare un ostacolo al loro impiego. Per ovviare a questo
inconveniente l’ingegneria finanziaria ha prodotto e continuamente produce delle soluzioni cosiddette zero
cost, che attraverso una combinazione di acquisto e vendita di strumenti opzionali evitano il pagamento del
premio. Tali soluzioni arrivano quotidianamente all’attenzione di responsabili finanziari aziendali con dei
nomi spesso diversi da istituto ad istituto (anche se l’operazione presenta caratteristiche simili) e con effetti
molto articolati sull’esposizione.
Le strutture zero cost più note e più utilizzate sono i Cilindri o Collar, i partecipating swap ed i forward knock
in o knock out. Spesso queste soluzioni prevedono anche un effetto leva che consente di ottenere un
cambio migliorativo rispetto ai livelli di mercato del momento in cui viene chiusa l’operazione. Il rischio
sottostante è però quello di esporre all’azienda all’obbligo di vendere una quantità di divisa superiore rispetto
all’esposizione di riferimento. Consideriamo ad esempio il caso dell’azienda esportatrice in USD che vuole
ottenere su un determinato nozionale un cambio di copertura a tre mesi di 1,2000. Si tratta di un obiettivo
molto lontano dagli attuali livelli di mercato (cambio a pronti pari a 1,2450 e cambio a termine a tre mesi pari
a 1,2420); dovrà quindi chiudere un’operazione con una leva che a titolo di esempio supponiamo essere pari
a tre. Questo significa che l’azienda in questione correrà il rischio di dover vendere alla scadenza il triplo del
nozionale al cambio di 1,2000 prendendo di conseguenza una posizione speculativa.
L’utilizzo degli strumenti di copertura deve’essere accompagnato da metodologie e supporti che consentano
di analizzare gli effetti sulla posizione di business (business exposure) sia in una logica preventiva a
supporto delle decisioni, attraverso l’analisi dell’impatto delle diverse alternative (simulation analysis), sia in
una logica gestionale e di controllo per verificare in ogni momento il reale effetto degli strumenti derivati in
portafoglio sull’esposizione stessa. Il metodo più utilizzato dalle aziende, in particolar modo dalle PMI,
prevede la determinazione del cosiddetto pay-out dell’operazione, ossia la quantificazione, ai livelli
«correnti» di mercato, dei flussi di cassa legati ad una specifica operazione finanziaria; si tratta di una
modalità basata su “un’approssimazione” talvolta rilevante, in quanto non vengono considerati il valore
temporale dell’operazione (time value) e le aspettative di mercato (volatilità sull’orizzonte temporale
dell’operazione). Tale approssimazione diventa tanto maggiore quanto più ampio è l’arco temporale di vita
residua del derivato e/o quanto più strutturata e complessa è l’operazione.
Un metodo senz’altro più scientifico e corretto è quello del mark to market ossia la valorizzazione al
mercato dell’operazione finanziaria; questa modalità associata all’utilizzo di soluzioni over the Counter, non
quotate in mercati regolamentati, comporta la necessità di dotarsi di strumenti che contengano da un lato
l’algoritmo di calcolo per un corretto pricing dell’operazione finanziaria e dall’altro un collegamento con i
valori di mercato. Questo metodo è destinato ad assumere una rilevanza ed un’applicabilità sempre
maggiore in azienda non solo in una logica gestionale ma anche contabile, alla luce di quanto previsto dai
nuovi principi internazionali (Ias 39) che lo includono tra le modalità di valutazione dei derivati a fini di
bilancio.
Il confronto tra il valore di mercato (che assume una valorizzazione diversa istante per istante in relazione ai
mutamenti del mercato) ed il costo originario dell’operazione permette di evidenziare il Profitto/Perdita
realizzabile in tale istante in caso di smobilizzo dell’operazione finanziaria attraverso una vendita (nel caso di
opzione) o un’operazione contraria sulla scadenza residua (nel caso del forward). È importante sottolineare
che non essendo presente un mercato regolamentato, gli strumenti che determinano il mark to market hanno
una funzionalità indicativa che dovrà essere confermata attraverso la contrattazione con una specifica
controparte finanziaria.
A supporto dell’attività lo strumento più utilizzato, specialmente nella PMI, è il foglio elettronico alimentato
con dati di mercato attraverso input manuale; in casi più evoluti, è presente un automatismo che permette il
collegamento ad una fonte dati di mercato in tempo reale (info-provider). Questa modalità raggiunge dei
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risultati soddisfacenti per quanto riguarda la gestione di operazioni lineari elementari (forward e
finanziamenti in valuta) mentre diventa difficilmente praticabile in presenza di operazioni con natura
opzionale, soprattutto se strutturate.
Un’alternativa senza dubbio più efficiente e completa vede l’utilizzo di tool di pricing; i vantaggi di questi
strumenti rispetto al foglio elettronico sono rilevanti: l’azienda ha infatti la possibilità di gestire strutture
finanziarie lineari e opzionali, di determinare mark to market e profit/loss, di simulare l’impatto di un
cambiamento delle condizioni di mercato sul portafoglio di operazioni in essere (Tavola 6).
TAVOLA 6 – Esempio di mark to market e simulation analysis
Le soluzioni più evolute (Tavola 7) permettono di attivare anche delle funzionalità di controllo e monitoraggio
automatico dei livelli di mercato, attraverso l’individuazione di un canale di oscillazione e di conseguenti livelli
critici (down limit e up limit) e la segnalazione di livelli di stop loss e profit taking legate ad una specifica
transazione o ad un portafoglio di operazioni finanziarie.
TAVOLA 7 – Esempio di alert su livelli critici
Queste soluzioni aiutano, pertanto, a scegliere le modalità e le strategie di gestione, fornendo la possibilità
di reagire con tempismo alle dinamiche del mercato e alle conseguenti ripercussioni sulla posizione in cambi
aziendale. In altre parole consentono maggior consapevolezza nel caso di attività tradizionale di tipo
«statico», coperture tenute fino a scadenza indipendentemente dal mutare del mercato, e rendono
praticabile il passaggio ad una strategia di copertura dinamica in cui la percentuale di copertura ed il peso di
ciascuna tipologia di strumento finanziario (per esempio strumenti rigidi verso strumenti opzionali) vengono
considerati non solo ad inizio periodo sulla base dell’esposizione, degli obiettivi e del profilo di rischio
aziendale, ma nel continuo o comunque con una frequenza stabilita.
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GLI STRUMENTI A SUPPORTO DEL PRICING
Il pricing delle operazioni finanziarie di copertura del rischio di cambio può essere variamente ottenuto; una
soluzione perseguita da gran parte delle PMI e che consente dei risultati apprezzabili se gestita in modo
oculato consiste nel mettere a confronto i prezzi forniti da diverse controparti. Pur ritenendo questa
metodologia efficace riteniamo che ad essa dovrebbe affiancarsi la capacità dell’azienda di quotare a livello
indicativo in modo indipendente i principali strumenti di copertura. Infatti, da una parte la contrattazione con
una controparte poggia su più solide basi se supportata da capacità di quotare in autonomia, dall’altra
assume un’importanza sempre maggiore la possibilità di effettuare una valutazione al mercato delle
operazioni in portafoglio o di simulare gli impatti sulle stesse di determinati scenari (scenario analysis).
Il tema merita in realtà di essere esplorato in particolare con riferimento alle opzioni, la formula per il calcolo
del termine è infatti abbastanza semplice e può essere facilmente gestita a mezzo calcolatrice o impostata
su un foglio elettronico. Per quanto concerne le opzioni, semplici o strutturate, la questione è più complessa;
gli algoritmi di calcolo che consentono di prezzare queste strutture sono infatti decisamente più difficili da
gestire. Si trovano tuttavia sul mercato diverse soluzioni che consentono un pricing affidabile a costi molto
contenuti; si tratta di fogli di lavoro appositamente strutturati (add-in di fogli elettronici) che vengono
installati su una specifica postazione di lavoro (Tavola 9) oppure di strumenti che risultano fruibili via internet
(Tavola 10). Il mercato si sta decisamente muovendo verso queste ultime soluzioni in quanto comportano
numerosi vantaggi: non sono vincolate ad una specifica versione del software di calcolo, possono
rapidamente evolvere per consentire la gestione dei nuovi prodotti che vengono costantemente lanciati sul
mercato, non comportano il vincolo della specifica postazione di lavoro e soprattutto offrono la possibilità
dell’aggiornamento automatico dei campi in cui vanno inseriti i parametri di mercato (cambio a pronti, tassi di
interesse e volatilità).
Per effettuare un pricing efficace restano a questo punto due punti aperti: il primo è rappresentato dalla
necessità di gestire e inserire nelle maschere degli strumenti di calcolo l’elemento chiave nel prezzo di una
opzione che è rappresentato dalla volatilità implicita, mentre il secondo si sostanzia nella difficoltà di
impostare e prezzare una strategia per un operatore senza esperienza specifica. Il problema della volatilità è
in realtà circoscritto alle soluzioni che prevedono l’installazione di software e può essere risolto solamente
chiedendo il dato alle proprie controparti con tutti i rischi del caso (al di là del conflitto di interessi pesa su
questo tipo di informazione anche il fatto che la volatilità è una variabile legata alle caratteristiche della
specifica opzione). Il secondo aspetto richiede invece una crescita professionale delle risorse aziendali,
crescita che può essere ottenuta per vie interne oppure con il supporto di realtà esterne in grado di favorire
un percorso di questo tipo.
Riteniamo importante sottolineare anche il fatto che le strategie di copertura diffuse sul mercato sono tutte a
costo zero e si sostanziano in una combinazione di opzioni semplici e/o con barriere acquistate e vendute.
L’operatore deve pertanto acquisire nel tempo da una parte la capacità di disaggregare il prodotto che viene
proposto per valutarne le componenti elementari, dall’altra l’abilità nell’aggregare le stesse componenti per
strutturare le strategie che meglio possono rispondere alle esigenze di copertura dell’azienda. Si tratta di
competenze che esulano dalla capacità di gestire lo strumento di pricing ma che sono fondamentali per
sfruttare appieno lo stesso. Tra l’altro gli applicativi più diffusi prevedono la possibilità di prezzare solamente
gli elementi base della strategia: l’opzione semplice (plain vanilla) e l’opzione con barriere di tipo knock in o
knock out (le soluzioni più evolute, non molto diffuse sul mercato, anche le opzioni digitali).
VALUTARE LA GESTIONE E MISURARE IL RISCHIO
Concentreremo l’attenzione su uno schema di valutazione che riteniamo completo ed implementabile anche
in una PMI soffermandoci sulle implicazioni organizzative e tecnologiche della soluzione. Con riferimento a
questo ultimo aspetto ci preme in particolare evidenziare gli sviluppi che stanno permettendo la diffusione di
soluzioni evolute che permettono una valutazione della gestione che integra dati relativi alle coperture
effettuate con dati di mercato aggiornati in tempo reale. Si tratta di uno schema particolarmente preciso ed
efficace sia a fini di mera valutazione a consuntivo, sia come strumento di supporto alle decisioni relative ad
eventuali nuove operazioni di copertura.
Gli elementi chiave per valutare la gestione sono contenuti nelle ultime due colonne sulla destra nello
schema in Tavola 10. Nella penultima colonna (Exposure Rate) troviamo il cambio di esposizione
aziendale: si tratta del cambio a cui l’azienda potrebbe coprire interamente la propria esposizione date le
coperture effettuate ed i livelli di mercato del momento in cui viene calcolato questo indice sintetico.
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TAVOLA 8 – Esempio di pricing tool – ADD-IN di un programma di calcolo
Spot Foreign Exchange Option Calculator
ent er currency
EUR
Domestic
USD
Foreign
1
exercise type European Exercise
1,076 EUR/ USD Spot
FX spot - domestic / foreign
1,066
exercise price
expiry date 10-lug-2004
Value Date: 10-apr-2003
Not ional for which currency?
2
1.000.000
Notional Amount:
USD
Notional in EUR
Notional in USD
spot FX (inverse)
exercise price
1.066.000,00
1.000.000,00
0,9293680 USD/ EUR Spot
0,9380863
8,50%
volatility
rate - domestic
2,50% EUR rat e
acc & freq EUR actual/360
2
annual compounding 1
rate - foreign
1,20% USD rat e
acc & freq USD actual/360
2
annual compounding 1
option type call
Fair Value
Delta
Gamma
Theta
Vega
1 on USD (put on EUR)
/ unit
Result in EUR unit s
0,05447613
54.476,13
0,61465372
614.653,72
3,65254275
3.652.542,75
-0,00006157
(61,57)
0,00450051
4.500,51
/ unit
Result in USD unit s
0,04749378
50.628,37 Fair Value
-0,56931639
(606.891,27) Delta
4,26849638
4.550.217,14 Gamma
-0,00005368
(57,22) Theta
0,00392367
4.182,63 Vega
TAVOLA 9 – Esempio di pricing tool – Servizio fornito con modalità ASP
Per ogni scadenza si avrà:
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Dal punto di vista teorico si può calcolare anche come media tra il cambio di copertura ed il cambio a
termine di mercato sulla scadenza prevista di incasso o pagamento del flusso commerciale sottostante.
Il Cambio di Copertura è rappresentato dal cambio a termine e dal cambio di esercizio delle opzioni che
sono state acquistate con fini di copertura; nel caso dell’azienda con flussi export denominati in divisa extraeuro e coperti con anticipi export, il cambio di copertura dovrebbe essere rappresentato dal cambio a
termine “sintetico” calcolato utilizzando il tasso del finanziamento in divisa senza spread, il cambio a pronti
a cui è stata venduta la divisa ed il tasso euro equivalente. La presenza di opzioni e ancor più la diffusione di
strategie di copertura a costo zero basate su combinazioni delle stesse complica comunque la rilevazione
del cambio di copertura e merita qualche approfondimento. Si scontrano in questi casi due visioni di quello
che dovrebbe essere il cambio utilizzato per valutare la gestione: da una parte abbiamo infatti il tesoriere
che adotta un approccio «prudenziale», che prevede l’utilizzo del cambio «certo» di copertura (cambio di
esercizio di una opzione o cambio peggiore di una struttura zero cost), dall’altro troviamo invece un
atteggiamento più aperto verso il rischio che preferisce l’adozione dei livelli di esercizio delle opzioni
solamente se sono in-the-mone, in alternativa i cambi di mercato sulle specifiche scadenze. Prendiamo ad
esempio un esportatore in dollari che ha acquistato un cilindro (collar): l’azienda definisce con questa
struttura un cambio massimo ed uno minimo tramite l’acquisto di una opzione put sul dollaro (diritto a
vendere) e la contemporanea vendita di una call sempre sulla stessa divisa (diritto ad acquistare) con stessa
scadenza e nozionale sottostante, ma strike diverso. L’approccio prudenziale vorrebbe che venisse utilizzato
per qualsiasi valutazione il cambio peggiore ovvero il cambio dell’opzione venduta, una visione più orientata
al mercato comporterebbe invece l’adozione del cambio minimo o massimo del canale solamente se una
delle due opzioni è in-the money , in alternativa (si tratta chiaramente del caso in cui ci troviamo all’interno
del corridoio) verrà rilevato il cambio di mercato. Lo stesso ragionamento è estensibile ad una opzione
semplice (plain vanilla) o strutturata.
L’altro elemento che concorre a determinare l’Exposure Rate è il cambio di mercato ovvero il termine del
momento in cui viene valutata la gestione; un calcolo accurato dovrebbe arrivare a prevedere la
determinazione del termine su ciascuna scadenza di incasso e/o pagamento e l’individuazione della media
ponderata su ciascun intervallo temporale e a livello generale.
TAVOLA 10 – Schema di valutazione della gestione
Le considerazioni sin qui svolte non chiudono l’argomento con riferimento al Cambio di Esposizione. La
presenza in portafoglio di opzioni o di operazioni con scadenza futura ma già chiuse da strutture di segno
opposto (con fine speculativo o di copertura dinamica) ci pone infatti davanti ad un interrogativo: che impatto
hanno sul cambio di esposizione il valore temporale delle opzioni in portafoglio ed il profitto o la perdita sulle
operazioni incrociate? Il secondo elemento dovrebbe sicuramente incidere sul cambio di esposizione se si
tratta di utili o perdite realizzate in virtù di una attività di copertura dinamica; non dovrebbe essere invece
incluso se l’azienda ha deciso di gestire un portafoglio di operazioni con fine speculativo in modo
assolutamente svincolato dalla attività di copertura del rischio di cambio sui flussi commerciali o finanziari
denominati in divisa extra-euro.
Per quanto riguarda invece il valore temporale delle opzioni dobbiamo anche in questo caso evidenziare la
presenza di due approcci, non necessariamente alternativi. La soluzione più semplice prevede l’utilizzo del
solo Valore intrinseco, ne consegue che non vi saranno differenze in termine di Cambio di Esposizione a
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seconda che la copertura venga effettuata con un termine o con un’opzione. I punti a favore di questo
approccio riguardano la semplicità di calcolo e la facilità nella spiegazione dei risultati a terzi.
La soluzione più evoluta, che ci sentiamo di sostenere in quanto più precisa e completa, prevede invece la
gestione anche del valore temporale. Il Cambio di Esposizione non potrà più essere ottenuto come media
del Cambio di Copertura, rappresentato nel caso di opzioni dal prezzo di esercizio o dal cambio di mercato
se queste non sono in-the-money, e del Cambio a Termine di mercato per la quota di esposizione non
coperta. Il calcolo di questo indice prevede infatti in questo caso l’utilizzo del Cambio a Termine di mercato
corretto dal Profitto o Perdita sulle operazioni finanziarie di copertura. Si tratta quindi di ipotizzare di chiudere
ai livelli di mercato del momento da una parte un’ipotetica operazione a termine sull’intera esposizione a
rischio sottostante, dall’altra di «smontare» sulla base delle quotazioni correnti tutte le operazioni finanziarie
in portafoglio (mark to market) e di ribaltare sul cambio a termine di cui sopra il Profitto o Perdita risultante. Il
mark to market delle opzioni in portafoglio prevede ovviamente il calcolo del premio e di conseguenza sia del
valore temporale che del valore implicito. L’ultima colonna rappresentata in Tavola 9 contiene i Risultati della
gestione (Hedging Results). Il confronto tra il Cambio di Esposizione ed il Cambio Obiettivo (Target Rate)
rapportato all’esposizione sottostante (Exposure) porta infatti ad ottenere una valutazione a preventivo dei
risultati ottenibili sulla base delle condizioni di mercato del momento in cui viene lanciato il report.
Si tratta ovviamente di un risultato che è destinato a cambiare nel tempo a meno che l’esposizione
sottostante non sia stata coperta integralmente con strumenti lineari (termine e anticipi export). Abbiamo in
ogni caso ottenuto una fotografia della posizione di rischio di cambio su una specifica divisa e degli indici
sintetici (Cambio di esposizione e Risultato della gestione) che possono consentire una valutazione accurata
e completa della gestione.
Un passaggio ulteriore, che porta indubbiamente a valorizzare il metodo non solo per una valutazione a
consuntivo ma anche come strumento a supporto delle decisioni di copertura, è rappresentato dalla
possibilità di attivare sullo schema appena descritto delle analisi di scenario. Questo significa valutare
l’impatto sulla posizione di rischio e sui risultati della gestione, sia di ulteriori operazioni finanziarie, sia di
scenari differenti in termini di cambi, tassi e volatilità
Altresì vanno diffondendosi anche metodologie alternative che sono in grado di offrire all’azienda la
possibilità di valutare con l’aiuto di formule derivate dalla statistica l’impatto di diversi scenari sulla posizione
di rischio. Tipicamente prevedono il calcolo di un indice in grado di rappresentare sinteticamente il rischio di
massima perdita dato un portafoglio di operazioni ed un intervallo di confidenza (Value at Risk). Si tratta di
soluzioni indubbiamente molto evolute e che cominciano a venire adottate con una certa frequenza dalla
grande azienda, ma che difficilmente troveranno diffusione a breve presso la PMI in quanto da una parte
richiedono conoscenze approfondite sul tema ai diversi livelli organizzativi, dall’altra sono nate per gestire
portafogli di operazioni finanziarie e solamente in tempi recenti si sono evolute per gestire anche i flussi di
origine commerciale sottostanti (Cash Flow at Risk).
Certamente l’implementazione di un approccio così strutturato richiede dei tempi abbastanza lunghi e una
condivisione del modello ai diversi livelli aziendali. Non si tratta inoltre, di soluzioni che possono consentire
ad una azienda esportatrice in USD di recuperare l’erosione dei margini generata dal movimento dell’
EUR/USD negli ultimi due anni, ma possono senza dubbio consentire per gli esercizi futuri un approccio
corretto e strutturato, in grado di proteggere le strategie aziendali dai rischi legati alla «variabile cambio».
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GLOSSARIO
Risk Management
Studio di tutte le tipologie di rischio a cui è soggetta un’impresa nel quotidiano svolgimento
del suo business. E’ una disciplina che aiuta a studiare il controllo del rischio in tutte le sue
sfaccettature.
Over The Counter
Si indicano con questo termine i mercati finanziari caratterizzati dall’assenza di un luogo
fisico di svolgimento e accentramento delle negoziazioni. La trattativa tra acquirente e
venditore avviene in modo diretto, con la determinazione del prezzo basata sulla legge
dell’offerta e della domanda.
.
Documento reperibile, assieme ad altre monografie, nella sezione Dossier del sito http://www.sanpaoloimprese.com/
Documento pubblicato su licenza di Ipsoa Editore S.r.l. – Copyright Ipsoa Editore S.r.l.
Fonte: Amministrazione & Finanza - Quindicinale di gestione, pianificazione e controllo aziendale, Ipsoa Editore
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