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AZIENDA PER I SERVIZI SANITARI
N.5 “BASSA FRIULANA – PALMANOVA
DIVISIONE DI MEDICINA
PRIMARIO: DOTT. F. MONTANAR
PERCORSO DIAGNOSTICO TERAPEUTICO PER
IL PIEDE DIABETICO
ANNO 2000
PREMESSA
Secondo i criteri stabiliti dall’OMS, il piede diabetico viene definito come “ una condizione di
infezione, ulcerazione e/o distruzione di tessuti profondi associate ad anomalie neurologiche e a vari
gradi di vasculopatia periferica degli arti inferiori”.
Il piede diabetico e le conseguenti amputazioni rappresentano un costo elevato per i pazienti e per la
società.
Il numero di pazienti con piede diabetico e di amputazioni può essere ridotto mediante un
approccio multidisciplinare che associ prevenzione, istruzione del paziente e trattamento delle
lesioni del piede.
Per raggiungere questi obiettivi è necessaria una adeguata organizzazione assistenziale. A tal fine,
per la nostra realtà, si individuano due livelli diversi di strutture dedicate alla patologia del piede, tra
loro coordinate.
La figura coordinatrice è il Diabetologo del Centro diabetologico .
Le due strutture sono:
- l’ambulatorio di 1° livello: è l’ambulatorio del MMG. In questa struttura viene garantita 1)
l’attività di diagnosi della patologia del piede diabetico (vasculopatia e neuropatia ), 2) la
attività di prevenzione e 3) la terapia educazionale;
- l’ambulatorio di 2° livello: è l’ambulatorio diabetologico ospedaliero. In questa struttura
l’attività svolta è caratterizzata sia 1) dalla prevenzione e 2) diagnosi della patologia del
piede diabetico che dalla 3) cura della patologia sia acuta che cronica.
L’ambulatorio garantisce: medicazioni, piccola chirurgia ( chirurgia della lesione ), scarico
delle lesioni neuropatiche plantari ( apparecchi e ortesi di scarico ), procedure di
rivascolarizzazione distali chirurgiche ed endoluminali, interventi di chirurgia ( chirurgia
amputativa, delle deformità, chirurgia del piede di Charcot ) avvalendosi della
collaborazione del Radiologo, del Chirurgo e dell’Ortopedico.
La prevenzione , l’aspetto più importante in un programma di patologia del piede diabetico, non
viene qui particolarmente sviluppata. In ogni caso essa si basa su cinque caposaldi:
1. regolare ispezione ed esame del piede e della calzatura
2. identificazione del paziente ad alto rischio
3. educazione del paziente, della famiglia e degli operatori sanitari
4. calzature appropriate
5. trattamento della patologia non ulcerativa.
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MEDICO DI MEDICINA GENERALE
CENTRO
DIABETOLOGICO
ORTOPEDICO
PRONTO
SOCCORSO
CHIRURGO
1. IL MEDICO DI MEDICINA GENERALE
L’ambulatorio del MMG è l’ambulatorio di 1° livello.
1. 1. In occasione delle visite periodiche , il MMG fa una valutazione del piede in tutti i diabetici.
a) Anamnesi
- parestesie
- dolore notturno agli arti inferiori
- dolore durante la marcia
- sensazione di freddo ai piedi
b) Esame Obiettivo
- aspetto della cute (in particolare: secchezza, colorito, stato degli annessi cutanei)
- temperatura
- polsi arteriosi
- sensibilità
- riflessi (in particolare l’achilleo)
Deve valutare ed evidenziare eventuali
c) Deformità
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- alluce valgo e dita ad artiglio
d) Alterazioni della cute
- ipercheratosi ( calli, duroni )
- infezioni fungine
- verruche
- deformazioni delle unghie
e) Lesioni
Definizione di lesione: per lesione si intende qualsiasi soluzione di continuo della cute del piede con
le caratteristiche di vescica,ulcera, gangrena e flogosi dei tessuti perilesionali.
Al termine della valutazione periodica è possibile collocare ogni singolo paziente, non affetto da
lesioni del piede, all’interno di quattro classi di rischio, che permettono così di definire la tempistica
dei controlli nell’ambulatorio del MMG.
Classe O : assenza di rischio di ulcerazione,quando il paziente non ha segni di neuropatia sensitiva
o motoria; in questi casi si propone una valutazione annuale delle complicanze.
Classe 1 : rischio medio, in presenza esclusivamente di neuropatia sensitiva o motoria; è utile in
questi casi un controllo semestrale.
Classe 2 : rischio elevato, in presenza di deformità dei piedi o vasculopatia periferica, oltre
ovviamente alla neuropatia; si consiglia un controllo ogni 3 mesi.
Classe 3 : rischio altissimo di recidiva, quando è presente una pregressa amputazione o una
pregressa ulcera; in questo caso è utile un controllo mensile.
1.2.
In presenza di patologie del piede che non siano una lesione o infezione è indicata la
valutazione presso il Centro Diabetologico alla più vicina visita di controllo programmata.
Patologie del piede, in assenza di patologia ulcerativa e infezione, per le quali è indicata la
valutazione presso il Centro diabetologico:
Lesioni all’apparenza minori non vanno sottovalutate, perché possono far insorgere un’ulcera ed
essere il punto di ingresso di infezioni rapidamente ascendenti. Questo succede specialmente nei
pazienti ad alto rischio.
Si deve fare attenzione ai seguenti quadri:
a. Ipercheratosi (calli e duroni): insorgono in punti critici e di frizione e si associano a calzature
non idonee. I calli contribuiscono ad incrementare la pressione e se trascurati o trattati in modo
non idoneo possono dar luogo a una ulcerazione.Vanno regolarmente rimossi con il bisturi.Tutti
i calli con segni di sanguinamento, di discromia o con formazione di vesciche vanno considerati
come emergenze cliniche.
b. Infezioni fungine:
Tinea pedis. Le micosi della cute possono essere il canale di entrata per infezioni più gravi.La
tinea si presenta con vescicole, prurito (assente nei neuropatici), macerazioni ipercheratosiche
associate a fessurazioni interdigitali o con ipercheratosi distribuita a “mocassino”. Trattamento
topico.
Onicomicosi: va presa in considerazione una terapia antifungina sistemica.
c. Verruca pedis: non necessitano di trattamento, se non sono dolorose o diffuse.
Opzioni terapeutiche: crioterapia con azoto liquido, asportazione chirurgica, applicazioni
topiche di ac. salicilico. La conseguente rottura tessutale va considerata e trattata alla stregua di
un’ulcera.
d. Deformazione delle unghie
Unghie del piede incarnite: dipendono da una erronea tecnica adoperata per tagliarle o dallo
scavare il margine laterale del solco per rimuovere un frammento di unghia.
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Rimozione prudente del frammento di unghia e disinfezione del solco con un impacco
antisettico. Se non sufficiente: intervento chirurgico.
Ispessimento delle unghie e deformazione: è necessaria una riduzione dell’unghia con fresa
elettrica o bisturi, altrimenti la scarpa comprimerà sulla lamina ispessita e favorirà l’insorgere di
un’ulcera subungueale.
L’ispessimento si associa sovente alle infezioni fungine.
1.3. Qualsiasi soluzione di continuo della cute del piede con le caratteristiche di vescica, ulcera,
gangrena e flogosi dei tessuti perilesionali ( lesione ) rappresenta una “urgenza”
1.3.1. Il MMG, una volta accertata la presenza di una lesione al piede, potrà inviare il paziente
diabetico:
- direttamente al Centro Diabetologico, durante l'orario di apertura del servizio,
- direttamente al Pronto Soccorso in presenza di complicanze gravi ( vedi punti 2.2.1,
2.2.2, 2.2.3 ).
1.3.2. Gli specialisti ortopedico e chirurgo saranno attivati in seconda battuta direttamente dal
Centro Diabetologico o dal Pronto Soccorso sulla base delle seguenti linee guida .
1.3.3 Il MMG collabora con il Centro Diabetologico nella applicazione del percorso diagnostico
terapeutico del singolo paziente seguito ambulatoriamente.
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2. PRONTO SOCCORSO
2.1 PAZIENTI CON COMPLICANZE GRAVI
2.1.1 Nell'orario di apertura del Centro Diabetologico
- il paziente che non è stato valutato dal MMG verrà visitato dal Medico del Pronto
Soccorso e poi inviato al Centro Diabetologico secondo il criterio 1.1 e 1.2
(In ogni caso è utile allertare il Centro telefonando al 1284)
2.1.2 Al di fuori dell'orario di apertura del Centro Diabetologico
A. IN PRESENZA DI LESIONE
senza flogosi dei tessuti circostanti o con lieve arrossamento ed edema
senza segni di ischemia (vedi punto 5)
senza coinvolgimento dei piani profondi (piano osteo-articolare o legamenti)
è indicato eseguire:
x una medicazione con garza non adesiva e inviare il paziente il giorno dopo al Centro
Diabetologico.
B. IN PRESENZA DI LESIONE
o con segni di flogosi moderata o intensa dei tessuti circostanti, edema, è opportuno
x medicare con garza betadinata e iniziare la terapia antibiotica per os ( vedi punto
4.3.1)
x valutazione diabetologica appena possibile
2.2 PAZIENTI CON COMPLICANZE GRAVI
2.2.1. In presenza di ischemia critica acuta (dolore, piede freddo, assenza dei polsi)
con o senza flogosi e/o gangrena
x valutazione chirurgica urgente
2.2.2. In presenza di raccolta purulenta
x valutazione ortopedica urgente per l’immediato drenaggio della raccolta
2.2.3 Il Pronto Soccorso ricovera direttamente in Medicina in caso di lesione con:
- stato settico
- febbre elevata
- grave scompenso glicometabolico (disidratazione, iperglicemia, disionemia, acidosi)
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3. CENTRO DIABETOLOGICO
E’ l’ambulatorio di 2° livello
3.1.0 Al paziente con piede diabetico va valutato:
1. la presenza di patologia al piede
2. la sede della patologia
3. il tipo di patologia secondo Wagner
4. la presenza o meno dei polsi
5. la pressione arteriosa all’arteria omerale e alla caviglia
6. la sensibilità tattile e dolorifica
7. i riflessi osteotendinei
8. la presenza di segni locali di infiammazione (calore, rossore, strie linfangitiche, ….)
9. rx piede (se necessario).
3.2.0 In presenza anche di uno solo dei classici segni locali di infiammazione (calore, rossore, strie
linfangitiche, …) si deve sempre sospettare una infezione.
La infezione del piede diabetico è una condizione minacciosa per la gamba e dovrebbe essere
trattata aggressivamente.
Classificazione di Wagner
Grado 0 non vi sono lesioni aperte, la cute è intatta; vi possono essere deformità del piede
Grado 1 lesione cutanea superficiale
Grado 2 lesione profonda fino ai tendini, alla capsula articolare dell’osso, senza infezione;
Grado 3 lesione profonda con osteomielite, ascessi dello spazio plantare o infezione delle guaine tendinee, fasciti
necrotizzanti
Grado 4 gangrena localizzata alle dita o al tallone; ci può essere cellulite circostante
Grado 5 gangrena di gran parte o tutto il piede
In media in un Centro Diabetologico si avrà:
- Wagner 1 e 2 (lesioni superficiali)
- Wagner 3 (infezione del tessuto profondo e sospetta osteomielite)
- Wagner 4 e 5 (lesione gangrenosa)
26%
55%
19%
3.2.1 Le infezioni dei tessuti molli possono insorgere ex-novo come prima espressione di un piede
diabetico, oppure possono complicare lesioni già esistenti vascolari (aree necrotiche) e/o
neuropatiche (ulcere).
Soprattutto le forme più gravi si accompagnano spesso a febbre e stato tossico.
Le infezioni dei tessuti molli possono essere:
- circoscritte a piccole aree superficiali (iperemia, edema, eventuale linfangite satellite
…): cellulite semplice
- estese in profondità con interessamento del derma, tessuto adiposo, fasce, fino a formare
una raccolta ascessuale con concamerazioni o fistolizzata con l’esterno: flemmone
- estese a tutto l’arto, attraverso gli spazi plantari, interessando interi settori muscolari e
risparmiando relativamente cute e sottocute, anche se si osservano piccole ulcere con
drenaggio sieroematico maleodorante, spiccata dolorabilità ed enfisema sottocutaneo:
cellulite necrotizzante
- estese a tutto l’arto interessando i tessuti sottocutanei, senza coinvolgere le strutture
muscolari: fascite necrotizzante
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3.2.2 Le infezioni dell’osso: le lesioni profonde (Wagner 3 – 4 – 5) possono accompagnarsi a
osteomielite.
Fare diagnosi di osteomielite è difficile. Il problema principale consiste nel differenziare una
infezione dei tessuti molli da una infezione ossea e i processi infettivi da quelli non infettivi ( es.
osteoartropatia neuropatica).
Una osteomielite è sospetta:
- quando un’area di flogosi cutanea senza soluzione di continuo è dolente e non risponde
ai più comuni trattamenti antiinfiammatori e antibiotici in 2-3 settimane
- nelle ulcere infette che durano più di 1-2 settimane senza guarire
- nelle ulcere con diametro > 2 cm, con profondità > 3 mm o con abbondanti secrezioni
sieroematiche e facilmente sanguinanti all’ispezione del fondo
- nei pazienti con Wagner 3 con positività di alcuni criteri Rx: osteopenia, lisi corticale,
periostite, sequestro osseo, erosione dell’osso o frammenti ossei intrarticolari.
- nei pazienti con Wagner 3 e positività della scintigrafia ossea con tecnezio.
Una radiografia negativa non esclude la possibilità di una infezione profonda e in molti casi non
permette di distinguere una osteomielite dalla osteoartropatia neuropatica. Può dimostrarsi utile un
controllo Rx dopo 2-4 settimane.
L’esplorazione mediante sondino del fondo dell’ulcera è una tecnica per identificare l’osteomielite e
valutare la profondità dell’ulcera.
La diagnosi certa di osteomielite è possibile con il prelievo e l’esame colturale di un frammento
osseo mediante incisione chirurgica sterile. La biopsia ossea può tuttavia provocare infezione e sono
stati descritti anche casi di biopsie falsamente negative.
Secondo alcuni Autori la diagnosi di osteomielite può ritenersi probabile quando, in presenza di
un’ulcera, sono presenti almeno 3 dei seguenti criteri
1. cellulite
2. sondaggio osseo con specillo
3. cultura batteriologica dei tessuti profondi positiva
4. segni radiologici e/o scintigrafici compatibili con osteite
5. diagnosi istologica.
3.2.3 L’osteoartropatia neuropatica o piede di Charcot ( osso neuropatico e malattia articolare ) è
tra le più gravi complicanze del piede diabetico.
Va differenziato dalla infezione, per evitare una diagnosi errata e una eventuale amputazione.
Sintomi: piede caldo, eritematoso, e tumefatto, possibile dolore, in genere nessuna lesione cutanea e
spesso nessuna alterazione radiologica. Abitualmente è presente la neuropatia e i polsi sono buoni,
scoccanti.
Si evidenzia spesso una rapida progressione con frammentazione dell’osso e distruzione delle
articolazioni, accompagnati da una esuberante reazione periostale, visibili radiologicamente.
E’ frequente il collasso dell’arco mediale longitudinale del piede, che porta alla tipica deformazione
a fondo convesso, sotto il quale di solito si formano ampie ulcere.
L’osteoartropatia è quasi sempre causata da un trauma estrinseco al piede neuropatico. I pazienti
riferiscono traumi precipitanti ( es. distorsioni della caviglia o cadute da un gradino).
Lo status del processo viene monitorato dalla temperatura della superficie corporea.
Il processo diventa quiescente dopo 6-12 mesi, sebbene persista la deformità del piede.
Il trattamento è empirico: limitazione della attività, gambaletti gessati a contatto totale.
La limitazione del carico va protratta finchè la temperatura cutanea si è normalizzata.
Sono utilizzati anche i difosfonati
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TERAPIA DEL PIEDE DIABETICO INFETTO
La terapia del piede diabetico si avvale di un trattamento combinato tra:
1. terapia locale
2. antibioticoterapia sistemica
3. chirurgia
Si ritiene che il trattamento abbia avuto successo quando:
- la lesione è guarita completamente
- non c’è nessun segno di recidiva nella stessa sede o in una sede contigua alla precedente
lesione per lo meno nei seguenti 5 mesi.
4.1.1 Indirizzi di condotta pratica
Le lesioni infette di entità lieve (flittene, ulcere, aree necrotiche) superficiali e/o con cellulite < 2
cm, minime secrezioni, assenza di gangrena e di sintomi sistemici, possono essere trattate
ambulatoriamente con:
- asportazione del tessuto necrotico e delle callosità
- esame colturale
- terapia antibiotica per os
- controlli ambulatoriali mono- o bisettimanali, educando il paziente a medicarsi giornalmente a
domicilio.
Se dopo 48-72 ore dal trattamento non vi è un miglioramento clinico è necessario passare a una
terapia antibiotica e.v.. Gli antibiotici vengono prescritti fino a che non sono scomparsi i segni
clinici di infiammazione.
La terapia conservativa (senza intervento del chirurgo o ortopedico) può avere successo in circa
l’81% di questi pazienti. Sono necessarie in media 6-14 settimane per guarire.
Le lesioni infette di entità più importante (Wagner 3 – 4 – 5) richiedono una ospedalizzazione.
La febbre compare solo in caso di ascessi, quando sono presenti organismi particolarmente virulenti
o in caso di batteriemia, altrimenti è rara.
I leucociti possono essere normali o aumentati, la VES è sempre alta.
Quando sono presenti un aumento della temperatura corporea, o della VES, PCR leucocitosi è
indice generalmente di un sostanziale danno tessutale e/o della presenza di un ascesso.
Rappresentano una urgenza e richiedono la immediata ospedalizzazione tutte le lesioni con estesa
cellulite o gangrena del piede associate ad alcuni segni di allarme, quali:
- sintomatologia sistemica (febbre, leucocitosi, …),
- presenza di secrezioni di colore rosso scuro e di odore putrido,
- rilievo di gas con “crepitatio” sottocutanea,
Tutti i pazienti Wagner 3 – 4 – 5 richiedono:
1. l’asportazione del tessuto necrotico e delle callosità;
2. un esame colturale dei tessuti profondi e una emocoltura (anche se saranno positive solo nel 1015% dei casi) con antibiogramma;
3. una antibioticoterapia endovena.
La terapia conservativa (senza intervento del Chirurgo o Ortopedico) può avere successo nel 70%
dei pazienti con infezione dei tessuti profondi e osteomielite, e solo nel 7% dei pazienti con
gangrena. Le ulcere più complesse ( infezione profonda, gangrena …) richiedono un tempo di
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guarigione sostanzialmente più lungo delle 6-14 settimane . La durata media di degenza in ospedale
è di 30-40 giorni.
4.1.2 Terapia locale
Il successo della terapia locale dipende da un alto grado di compliance del paziente e dell’operatore.
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Bolle, vesciche : le vescicole possono essere tamponate con un antisettico diluito e bendate
con garza sterile o drenate. Le flittene molto tese e le vesciche andrebbero drenate con una
incisione a croce della superficie della vescica; se ne può evacuare così il contenuto ed è
possibile ispezionare la lesione alla base. Le vesciche possono quindi essere ricomposte e la
lesione protetta con garza sterile.
Le ulcere ischemiche, le lesioni da carico e i corpi estranei possono presentarsi in una prima
fase sotto forma di vescica. Le vesciche molto estese sviluppano una infezione secondaria.
Le callosità vanno asportate.
Le fistole dovrebbero essere sempre aperte e tutta la lesione portata all’aperto.
Gli ascessi vanno incisi e drenati; tutto il materiale necrotico e devitalizzato va asportato con
detersione della lesione fino al tessuto integro sottostante, eliminando i margini
sottominati.Questo intervento può essere ripetuto anche due volte al giorno, con
applicazione di Betadine , di una garza al Betadine e un bendaggio non aderente, non
occlusivo, assorbente, da cambiare
Le ulcere richiedono una detersione con rimozione del tessuto necrotico, compreso il callo
che le circonda. Deve essere presente una adeguata quantità di tessuto molle che consenta di
praticare la detersione senza determinare esposizione ossea.Per le ulcere neuropatiche la
detersione non pone problemi, per le ischemiche invece bisogna usare prudenza.Il successo
della detersione chirurgica è condizionato dalla assenza di ischemia critica.In presenza di
ischemia critica si preferisce rimandare la detersione chirurgica ad un tempo successivo alla
rivascolarizzazione per avere una migliore possibilità di guarigione della lesione.L’esito di
un’ulcera del piede è influenzato anche dalla presenza di edema, che va trattato.L’edema
può dipendere da insufficienza cardiaca, nefropatia, pregresse trombosi venose e dall’edema
neuropatico. Il trattamento dell’edema deve essere focalizzato sulla causa che lo
determina.L’intervento di controllo e di detersione dovrebbe essere fatto almeno
quotidianamente nelle ulcere infette, con successiva applicazione di una garza di Betadine
oppure di una garza bagnata con soluzione fisiologica ( es. Aquacell ).Le ulcere nella fase di
riparazione attiva possono essere controllate anche molto meno frequentemente; può essere
usato un bendaggio occlusivo sintetico che mantenga la lesione umida e uno stivaletto (
controllo a 2 settimane).Quando il fondo di una lesione granuleggia ed è ben vascolarizzata
non si deve usare più Betadine.
In presenza di osteomielite, possibile complicanza di un’ulcera, ove possibile, è preferibile
l’approccio chirurgico con la eliminazione dei focolai osteomielitici. E’ possibile anche, in
alternativa, una terapia antibiotica di lunga durata con controlli radiologici frequenti,
soprattutto nei casi in cui l’intervento chirurgico si riveli o impossibile o difficile da
realizzare.
Valutare l’appoggio plantare e adottare misure di scarico. Limitare le attività.
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4.1.3 Esami colturali
1. Raccolta di materiale per esame colturale
In tutte le lesioni infette, anche quelle superficiali, va fatta la raccolta del materiale per la
identificazione dei microrganismi responsabili della infezione.
o I prelievi del materiale vanno fatti prima della somministrazione degli antibiotici e devono
essere inoculati nei terreni di coltura per germi aerobi e anaerobi il più presto possibile;
o il materiale deve provenire dal tessuto profondo evitando contaminazioni ( i tamponi
superficiali non vanno bene perché non permettono di distinguere i patogeni dai germi
colonizzanti);
o in caso di fistole, il campione deve provenire dal drenaggio della fistola, evitando il contatto
con la cute adiacente;
o in caso di flittene, bolle o ascessi (raccolte liquide) è preferibile l’aspirazione con siringa;
o in caso di ulcera esistono due tecniche:
x coltura diretta
L’ulcera aperta deve essere pulita attentamente (usando Betadine che viene lasciato
asciugare e quindi rimosso con una spugna imbevuta di alcool o soluzione fisiologica) ed
asportata ogni escara presente sulla superficie.
Quindi si inserisce un tampone attraverso l’apertura dell’ulcera fino alle porzioni più
profonde della ferita in modo da ottenere una coltura profonda.
Oppure dopo la asportazione delle escare (curettage)si può procedere alla biopsia della base
dell’ulcera.
Il tampone o il materiale di biopsia deve essere posto in un terreno di trasporto adatto anche
agli anaerobi e allestita immediatamente la coltura.
x coltura indiretta del fondo dell’ulcera
Si disinfetta con Betadine la cute sana circostante l’ulcera, quindi si inserisce un ago in
direzione del fondo dell’ulcera. Il materiale alla base dell’ulcera viene quindi aspirato
direttamente, oppure dopo aver iniettato una soluzione salina sterile non batteriostatica, e
l’aspirato è posto in coltura per aerobi e anaerobi.
o in caso di osteomielite la lesione va sbrigliata e quindi vengono raccolti i campioni (biopsia)
di tessuto osseo. Sono invece sconsigliati l’aspirazione o la biopsia del tessuto osseo che non
sia stato precedentemente esposto (rischio di infezione).
I campioni ottenuti vanno sempre inviati rapidamente (entro 15 minuti) in laboratorio in
terreni per aerobi e anerobi.
2. Emocolture, vanno fatte se si sospetta:
- sepsi
- cellulite
- osteomielite
4.1.3 Antibioticoterapia
I microrganismi patogeni più comuni sono :
per cute / tessuti molli:
staphylococcus aureus, staphylococcus agalactiae
streptococcus pyogenes
per il piede diabetico / osteomielite
staphylococcus aureus, staphylococcus epidermidis
streptococcus spp
enterobacteriaceae (proteus, klebsielle, enterobacter, escherichia coli, …)
pseudomonas aeruginosa, enterococcus faecalis
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cocchi anerobi, bacteroides spp, clostridium spp
La terapia antibiotica dovrebbe essere utilizzata solo quando c’è evidenza clinica o di laboratorio di
una infezione batterica.
Per le infezioni con lesioni fino al grado 2 di Wagner, quindi superficiali ed in stadi iniziali (minime
secrezioni e assenza di gangrena e sintomi sistemici) è sufficiente un trattamento ambulatoriale che
comporti:
- terapia locale
- terapia antibiotica per os.
Se dopo 48-72 ore di trattamento per os non vi è miglioramento clinico è necessario iniziare una
terapia endovena.
Gli antibiotici per os di più largo impiego sono:
- cefalexina
750-1000 mg ogni 6 ore
(Keforal 1 gr cpr)
- amoxicillina+ac.clavulanico
1 gr ogni 8 ore
(Augmentin 1 gr cpr)
- clindamicina
300 mg ogni 8 ore
(Dalacin 300 mg cpr)
- ciprofloxacina
750 mg ogni 12 ore
(Ciproxin 750 mg cpr)
- levofloxacina
500 mg una o due volte nelle 24 ore (Tavanic 500 mg cpr)
La preferenza è per la amoxicillina+ac.clavulanico (non attivo però verso lo pseudomonas
aeruginosa) o per un fluorochinolonico (non attivo però verso gli anaerobi).
Entrambi possono veder ampliato il proprio spettro (specie verso gli anaerobi) mediante la
associazione con il metronidazolo o la clindamicina.
In ogni caso i germi sono quasi sempre staphylococchi e/o streptococchi.
La durata della terapia antibiotica per os necessaria è medialmente di 2 – 3 settimane.
Le infezioni con lesioni dal 3° al 5° grado Wagner:
- richiedono un ricovero ospedaliero e dei controlli clinici seriati, marcando se necessario
l’area cutanea interessata con una penna, ( di solito l’eritema progredisce fino alle prime
24 ore di terapia) ; se c’è una progressione molto rapida dei reperti obiettivi (eritema o
crepitio) nell’arco di alcune ore, va presa in considerazione la micronecrosi da clostridi;
- vanno eseguiti subito gli esami colturali;
- subito dopo va iniziata una terapia antibiotica empirica endovena;e una
- terapia locale.
La terapia antibiotica va iniziata per via parenterale subito dopo gli esami colturali, prima di aver
ottenuti i risultati degli esami.
E’ una terapia empirica, che potrà essere modificata in base ai risultati dell’antibiogramma.
Il trattamento parenterale iniziale ha mediamente una durata di 24 giorni (da 6 a 42 giorni)
Alla terapia parenterale va seguita una terapia per os con antibiotici uguali o spettro similare a quelli
usati per endovena (terapia di consolidamento).
La terapia per os di consolidamento ha una durata di almeno 6 settimane.
Gli antibiotici di prima scelta (specie nelle osteomieliti) sono le betalattamine (aminopenicilline ed
acilureidopenicilline da sole od associate ad inibitori delle betalattamasi, cefalosporine di terza
generazione, carbapenemici), i glicopeptidi ed in funzione dell’eziologia i fluorochinoloni e gli
aminoglicosidi.
In alcuni casi è necessaria una polichemioterapia che comprenda anche altre molecole come
clindamicina o metronidazolo (prevalentemente per la presenza di specie anaerobie).
Una infezione profonda, una infezione con ischemia o con un’area necrotica è in genere
polimicrobica, dovuta a cocchi gram-positivi, ad anaerobi obbligati e a bacilli gram-negativi.
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Gli antibiotici vanno usati a dosaggi elevati:
- amoxicillina+ac.clavulanico
2.2 gr ogni 8 ore
- cefotaxima
4 gr ogni 8 ore
- ceftriaxone
1 gr ogni 12 ore
- piperacillina-tazobactam
3 gr ogni 6 ore
(Augmentin 2.2 gr 1 fl x 3 v)
(Zariviz 2 gr 2 fl x 3 v)
(Rocefin 1 gr 1 fl x 2 v)
(Tazocin 1 fl x 4 v)
I pazienti allergici alla penicillina e cefalosporina possono essere trattati con associazioni come:
- clindamicina
900 mg ogni 8 ore, più
- aztreonam
1 gr ogni 8 ore
oppure
- levofloxacina
- clindamicina,
- metronidazolo
500 mg una o due volte al giorno, più
900 mg ogni 8 ore, oppure
500 mg ogni 8 ore
Nelle infezioni nosocomiali quando c’è il rischio di infezione da stafilococco meticillinoresistente:
- vancomicina
Associazioni di levofloxacina (500 mg x 2 v), clindamicina (900 mg x 3 v) e amoxicillinaac.clavulanico ( 1 fl x 3) coprono il 90-100% dei germi: una simile associazione è raramente
necessaria a meno che lo stato del paziente non sia critico.
Opzione alternativa a quest’ultima associazione: associazione ceftriaxone e clindamicina (o
metronidazolo).
Una volta conosciuti i risultati della cultura, il trattamento può diventare più specifico. Se viene
isolato un germe resistente all’antibiotico usato, ma il paziente sta migliorando, non è
raccomandabile modificare la terapia antibiotica.
Le infezioni con lesioni dal 3° al 5° Wagner si accompagnano quasi sempre ad un aumento della
VES, PCR.
La normalizzazione della VES e della PCR sono indicatori rassicuranti di efficacia del trattamento.
Un miglioramento di questi parametri indica la necessità di continuare eventualmente la terapia,
mentre una loro elevazione sta a significare una recidiva o la inefficacia della terapia.
Il tempo opportuno per passare dalla terapia endovena alla orale (consolidamento) è quando vi è un
significativo calo dei segni di flogosi e della VES; per altri AA quando la valutazione clinica ci
indica una regressione completa della infezione.
E’ importante che la terapia orale venga continuata fino a guarigione completa, indipendentemente
dalla durata della terapia endovena.
Se la terapia antibiotica è stoppata quando la ferita è ancora aperta, è possibile una ulteriore
infezione.
Qualora non sia stato possibile rimuovere i tessuti infetti, la terapia antibiotica orale andrebbe
continuata per 3-6 mesi.
NB. Il trattamento dell’osteomielite cronica ( recidiva ) senza infezione dei tessuti molli è
controversa. I più sono dell’avviso di rimuovere l’osso necrotico.
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4.2.0 Biomeccanica e calzature
Esiste una stretta relazione tra l’anormale pressione di carico del piede e l’incidenza di ulcerazione
plantare.La lesione insorge generalmente in seguito ad una deformità del piede (es. teste metatarsali
prominenti o dita del piede ad artiglio, precedenti interventi chirurgici) che, in presenza di
neuropatia sensitiva, porta alla applicazione di elevati carichi pressori.
Questa pressione causa danni al tessuto, che possono cominciare sotto forma di una pre-ulcera (
emorragia a un callo, vesciche o ferite minori della pelle ). Se il trauma permane si possono
sviluppare ulcere cutanee a tutto spessore con annesso rischio di infezione.
La pressione del piede può essere misurata durante il cammino a piedi nudi con vari apparecchi.
4.2.1 Calzature curative
Una volta formatasi l’ulcera, questa non potrà guarire ( anche se l’apporto circolatorio è adeguato )
fintanto che non viene rimosso il carico meccanico. Ai pazienti con un’ulcera del piede non
dovrebbe essere concesso di camminare senza che non si intervenga per alleviare il carico. Una
riduzione del carico si può avere con il riposo a letto ( nei casi più gravi ), con l’utilizzo di
stampelle o di una sedia a rotelle.
Sono efficaci gli stivaletti.
Le lesioni del piede anteriore possono essere sottoposte a scarico con le “mezze scarpe” o i “sandali
con tacco” che consentono di camminare solo sulla parte posteriore del piede. In casi speciali
potrebbero essere utili delle imbottiture che allevino il carico.
In ogni caso sarà possibile camminare solo per brevi distanze. Il paziente deve sapere che non deve
caricare sulla lesione anche se si trova in posizione seduta e che per camminare, sia in luoghi chiusi
sia all’aperto, deve essere attrezzato con calzature idonee per entrambe le situazioni.
4.2.2 Calzature protettive
La calzatura confezionata per ridurre la pressione di carico del piede è fondamentale per prevenire
un’ulcera o una recidiva.
I pazienti non dovrebbero mai riutilizzare una scarpa che aveva provocato un’ulcera.
I principi di prescrizione della scarpa si fondono sul confort e sull’imbottitura. Si va dalle normali
scarpe sportive con soffici plantari ( per pazienti con minima / moderata deformità e bassi / medi
livelli di attività ) a scarpe confezionate su misura con ortesi e suole rigide a barchetta ( per
pazienti con importante deformità e / o livelli di attività da moderati a elevati).
Nelle situazioni intermedie sono spesso efficaci scarpe extra fonde con plantari piatti o confezionati
su misura.
Le stesse scarpe andrebbero indossate solo per brevi periodi, cambiate più volte al giorno.
Le scarpe e in modo particolare i plantari dovrebbero essere controllati spesso a causa dell’usura ed
essere rimpiazzati se necessario ( il che può avvenire fino a 3-4 volte l’anno ! ).
4.2.3 Possibilità di correzione chirurgica delle alterazioni biomeccaniche
Il peso corporeo non ha alcuna influenza.
In alcuni casi è necessario associare un intervento chirurgico es. correggere un alluce valgo o dito a
martello.
Questi interventi vanno effettuati dopo una attenta valutazione dell’albero vascolare
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5. CHIRURGO
Il chirurgo interviene per problematiche vascolari su richiesta del medico di Pronto Soccorso o del
centro Diabetologico.
Il chirurgo lavora sempre in collaborazione con il Centro Diabetologico.
Il chirurgo è chiamato:
- per una ischemia critica acuta (piede freddo, dolore, ….), in urgenza;
- per una ischemia critica cronica, subito dopo che sia stata controllata l’infezione;
- per una ischemia non critica, senza urgenza.
Nel diabetico le lesioni aterosclerotiche stenosanti agli arti inferiori si distribuiscono in questo modo:
aa. iliache
6%
aa. femorali
39%
aa.poplite e tibiali
55%
le aa. del piede sono risparmiate nel 95% dei casi
5.1.La diagnosi di malattia aterosclerotica si avvale dell’anamnesi e dell’esame obiettivo.
Secondo Fontane esistono 4 stadi di aterosclerosi periferica
Stadio 1 : malattia occlusiva arteriosa senza sintomi clinici
Stadio 2 : claudicatio
Stadio 3 : dolore a riposo
Stadio 4 : lesioni ischemiche
Le lesioni ischemiche al piede possono manifestarsi come:
- vescicole a contenuto sieroso opalescente e sieroematico;
- chiazze necrotiche;
- ulcera ischemica superficiale (che interessa cute e sottocute);
- gangrena (necrosi massiva a tutto spessore), che può presentarsi come:
- secca (non infetta)
- umida (infetta)
- gangrena delle dita del piede (caso particolare).
La classificazione secondo Fontaine nei diabetici può essere imprecisa per la perdita della
sensibilità dovuta alla neuropatia periferica.
Il dolore ischemico a riposo va distinto dal dolore provocato dalla neuropatia periferica.
5.2 La diagnosi di quantificazione della insufficienza arteriosa del piede si avvale
dell’anamnesi, dell’esame obiettivo e di indagini strumentali.
E’ importante
o Ricercare i segni di ischemia cutanea ( marezzature, colorito rossastro quando l’arto è
pendente e pallore al sollevamento, cute fredda al termotatto, riduzione o assenza degli
annessi cutanei…) anche se nei diabetici il colorito cutaneo e la temperatura possano essere
diverse.
o Valutare i polsi arteriosi. La presenza dei polsi a livello delle arterie tibiale posteriore e
dorsale pedidia è fondamentale. Qualora un polso sia assente, vanno controllati i polsi
popliteo e femorale. Se sono presenti i polsi periferici, è improbabile che vi sia una malattia
vascolare.
Un paziente ha un quadro di insufficienza arteriosa severa (e risponde ai criteri di
rivascolarizzazione ) in presenza di:
- lesioni ischemiche
- lesioni neuropatiche che non guariscono
- dolore a riposo
- claudicatio severa o rapidamente ingravescente,
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In caso di positività di uno dei segni sopraindicati si deve procedere a:
x valutazione della P.A. alla caviglia
x valutazione del rapporto tra la pressione arteriosa sistolica rilevata alla caviglia e quella
omerale ( indice di Winsor ).
o Valori di indice di Winsor ! 1.3 ( per altri 1.1 ) sono espressione di calcificazioni della
parete arteriosa che rendono inaffidabile il dato.
o Valori compresi tra 0.9 –0.5 sono espressione di una verosimile arteriopatia che va trattata(
terapia medica ) e rivalutata a 1 anno.
o Valori 0.5 sono indicativi di una arteriopatia; va fatto uno studio angiografico e se
necessario una rivascolarizzazione endoluminale o chirurgica.
NB.: La determinazione della PAS caviglia e omero nel diabetico possono fornire indicazioni non del tutto attendibili
qualora sia presente la sclerosi arteriosa di Monkeberg. In questi casi si potrebbe avere un indice di Winsor normale o
poco ridotto pur in presenza di un quadro clinico severo.
In questi casi si dovrebbe ricorrere:
- alla misurazione della P.A. dell’alluce ( valori 30 mmHg guarigione improbabile )
- alla misurazione transcutanea della pressione parziale di ossigeno nei tessuti.
- Direttamente alla arteriografia, se ci sono i criteri per una ischemia critica cronica.
c) Ecocolordoppler: è l’esame fondamentale, capace di dare una analisi morfologica e flussimetrica.
E’ indicato nei casi di ischemia non critica e critica. E’ indicato anche prima di inviare il paziente
alla arteriografia, allo scopo di avere una idea preliminare della situazione vascolare e se possibile
preventivare un intervento di angioplastica nella stessa seduta angiografica.
d) Arteriografia: va eseguita solo nella prospettiva di un intervento di rivascolarizzazione. E’ in
grado di fornire informazioni sulla sede, la localizzazione, l’importanza delle stenosi e le
possibili opzioni terapeutiche.
E’ necessario visualizzare sempre anche l’arcata plantare.
Prima di procedere a una amputazione è necessario eseguire sempre una arteriografia. E’
possibile effettuare una arteriografia anche con creatininemia di 3-4, ovviamente previa
adeguata preparazione con infusioni idratanti nelle 24 ore precedenti e successive all’esame.
La rivascolarizzazione rappresenta il momento terapeutico, essa può essere
chirurgica : by-pass arterioso con vena safena autogena “in situ” o “invertita”
non chirurgica ( endoluminale): trombolisi locoregionale, angioplastica.
Per stabilire il tipo di rivascolarizzazione è importante definire se si tratta di una ischemia critica o
non critica ed eseguire una arteriografia.
5.2.1 ischemia critica acuta : è di competenza del Chirurgo.
La repentina comparsa di dolore, pallore, assenza dei polsi, è dovuta verosimilmente a complicanze
locali trombotiche. Nei casi iniziali, in assenza di deficit neurologico, quindi nelle prime 4-6 ore,
può essere indicato un trattamento trombolitico locale, oppure un trattamento con ILOPROST (
vedi 5.4 ) oppure un trattamento anticoagulante con Eparina ( con un PTT 1.5-1.8 rispetto ai valori
di riferimento ) efficace nel prevenire la progressione del danno vasale, l’occlusione dei circoli
collaterali e la conseguente necrosi tessutale.
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5.2.2 ischemia critica cronica
Le condizioni di ischemia critica cronica sono rappresentate da uno o l’altro di seguenti criteri:
x Persistente dolore ischemico a riposo, tale da richiedere un trattamento analgesico per un
arco di tempo superiore alle 2 settimane, oppure
x Ulcerazione o gangrena del piede o delle dita del piede, entrambe associate con una
pressione sistolica alla caviglia 50 mmHg o una pressione sistolica al dito 30 mmHg (
Alcuni autori sostengono che questi valori di riferimento della pressione sono troppo bassi o
poco accurati );
x Mancata guarigione delle lesioni ischemiche ( anche se modeste ) dopo una terapia
ottimale di 30 giorni, pur con valori pressori alla caviglia non critici. A causa della sclerosi
arteriosa, la pressione arteriosa sistolica alla caviglia può essere non attendibile. In questi
casi si può passare direttamente alla arteriografia.
L’ischemia critica può essere confusa talvolta con l’infezione.
N.B. L’infezione di per se può aggravare le lesioni ischemiche, essendo causa di ulteriore ischemia
per:
- compressione delle strutture arteriose di piccolo calibro a causa dell’edema;
- trombosi da endoarterite delle arterie della regione infetta per l’azione di tossine
batteriche e di enzimi lisosomiali;
- maggiore richiesta di ossigeno per l’elevato metabolismo tissutale indotto dalla
infezione.
Se è presente una ischemia critica, le lesioni non possono guarire senza un intervento di
rivascolarizzazione. In questi casi, se il paziente acconsente al successivo intervento di
rivascolarizzazione, si deve procedere alla arteriografia.
5.2.3 ischemia non critica
Nei pazienti non affetti da ischemia critica, con lesioni trofiche meno severe ma che rispondono ai
criteri di rivascolarizzazione ( vedi 5.2 ) si deve eseguire un ecocolordoppler delle arterie degli arti
inferiori.
- Se all’ecocolordoppler non si dimostrano stenosi o occlusioni: terapia medica ( Pentossifillina
1200 mg/die per os, o 100-200 mg/die in soluzione fisiologica e. v. , antiaggreganti )
- In presenza di stenosi o occlusioni: è indicata una aortografia fino allo studio del circolo del piede
per valutare se esistono lesioni stenotico-ostruttive del tronco popliteo o sottopopliteo.
a) Se all’arteriografia non ci sono lesioni stenotico-ostruttive del tronco popliteo o sottopopliteo:
terapia medica.
b) Se ci sono lesioni stenotico-ostruttive del tronco popliteo o sottopopliteo: va valutata la pervietà
della dorsale del piede o della tibiale posteriore.
Se la dorsale del piede o la tibiale posteriore sono:
- pervie: è indicato by-pass con safena “in situ” o con safena “invertita”;
- non pervie: è indicato trombolisi locoregionale ( vedi 5.4 ).
Dopo trombolisi locoregionale si può avere:
a. una ricanalizzazione ma con persistenza di stenosi poplitea o sottopoplitea: è indicata
l’angioplastica percutanea;
b. una mancata ricanalizzazione, ma con comparsa di run-off periferico adeguato: è indicato un bypass con safena “in situ” o con safena “invertita”;
c. nessuna modificazione angiografica: è indicata la terapia medica con Iloprost, terapia
antiaggregante, terapia anticoagulante.
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5.3.1 Rivascolarizzazione chirurgica
Sono proponibili alla rivascolarizzazione chirurgica:
- i pazienti con valori obiettivi delle condizioni del circolo periferico tipici della ischemia
critica cronica. L’intervento chirurgico è riservato al salvataggio dell’arto, vera e propria
alternativa alla amputazione.
- i pazienti con qualità della vita severamente compromessa dalla sintomatologia presente
(es. la claudicatio in un postino è diversa dalla claudicatio in un centralinista);
- i pazienti con piede diabetico nei quali tutte le possibilità terapeutiche sono state tentate
senza successo quali:
- incisione degli ascessi
- ampia escissione dei tessuti necrotici
- detersione, sterilizzazione e protezione delle lesioni
- trattamento antibiotico mirato
- correzione di una eventuale anemia
- ottimizzazione del controllo glicemico
- i pazienti che acconsentono all’intervento.
Controindicazioni cliniche all’intervento di rivascolarizzazione chirurgica maggiore sono:
- insufficienza cardiaca e/o respiratoria gravi,
- occlusione dei vasi epiaortici,
- insufficienza renale.
La rivascolarizzazione chirurgica, in precedenza limitata solo al trattamento delle stenosi di arterie
di grosso calibro, ora viene applicata anche per le ostruzioni infrapoplitee.
La simpaticectomia non è in uso. Nel diabetico in virtù della neuropatia autonomia associata
avrebbe in ogni caso scarsa efficacia.
Nei pazienti con ischemia critica con gangrena massiva e condizioni generali scadenti: l’unica
opzione possibile è l’amputazione.
5.3.2 Rivascolarizzazione non chirurgica
(endoluminale)
Trombolisi locoregionale
Indicazioni
x Impossibilità di praticare la ricostruzione vascolare;
x Tromboembolie acute;
x Preparazione alla angioplastica, con lo scopo di trasformare una occlusione in stenosi;
x completamento dell’angioplastica, per ridurre le conseguenze di una eventuale
embolizzazione distale;
x preparazione ad un by-pass distale in presenza di uno scarso apporto arterioso periferico;
x lesioni ulcero-necrotiche del piede ( con reperto angiografico di ostruzioni infrapoplitee,
insufficiente circolo collaterale e / o flusso periferico ) insorte recentemente ( meno di 4
settimane). La insorgenza è segnalata dalla comparsa di lesioni trofiche o di dolore da meno
di 4 settimane.
Sotto controllo arteriografico viene posizionato un catetere sino a raggiungere la sede di
occlusione e quindi infuso il trombolitico (streptochinasi 5000 U/ora oppure urokinasi 100.000
U/ora oppure rtPA 0.05-0,10 mg/Kg/ora) tutti per un tempo variabile di 24-35 ore.
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In ogni caso è necessario un controllo angiografico dopo 24 ore dall’inizio della somministrazione
con lo stesso catetere.
Se alla 24^ ora vi è insuccesso: procedere ad ulteriori 24 ore di trombolisi.
Controindicazioni:
diatesi emorragica, ipertensione arteriosa grave, retinopatia emorragica, ictus, ulcera peptica,
interventi chirurgici recenti.
ILOPROST
Nei pazienti con ischemia critica, quando non è possibile fare altrimenti, può essere utile la
somministrazione di iloprost. E’ stata dimostrata la efficacia sul dolore e sulla guarigionr delle
lesioni ulcerative con riduzione del numero delle amputazioni. Cicli di infusione e.v. alla dose di
1.5 ng/Kg/min per 16 ore al giorno per 7 giorni consecutivi. L’iloprost può essere usato nel
salvataggio dell’arto ischemico per via intrarteriosa, mediante catetere posizionato a monte della
stenosi vasale con lo scopo di potenziare il circolo collaterale a valle.
Angioplastica per cutanea transluminale
Questa tecnica sostituisce o integra il trattamento chirurgico. Utilizzabile in caso di stenosi poco
estese per le arterie iliaca, femorale e poplitea.
E’ indicata nelle lesioni singole non superiori a 8 cm. o multiple focali non superiori a 3 cm.
Andrebbero escluse le lesioni multiple e diffuse e calcifiche nonché le occlusioni !12 cm.
In presenza di lesioni contemporanee infra e sovrapoplitee la correzione con angioplastica di queste
ultime rende possibile la guarigione delle lesioni ischemiche del piede.
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6. L’ORTOPEDICO
L’intervento ortopedico è richiesto dal Pronto Soccorso o dal Centro Diabetologico per quadri
clinici acuti o cronici.
L’ortopedico lavora sempre in collaborazione con il Centro diabetologico.
6.1 Quadri clinici acuti
In presenza di flemmone, fascite necrotizzante, gangrena è necessario richiedere l’intervento
ortopedico per procedere ad un esame colturale e quindi a un intervento chirurgico che comporti la
rimozione del tessuto infetto e necrotico ed il drenaggio delle raccolte purulente ( i flemmoni e le
raccolte purulente vanno incise, drenate e zaffate ) onde arrestare l’estensione del processo infettivo
ed evitare quindi interventi di amputazione maggiore.
6.2 Quadri clinici cronici
L’ortopedico interviene con amputazioni . Sede di amputazione: dito, raggio, metatarso, tarsometatarsale, tarso, gamba, coscia.
Prima di procedere ad una amputazione va sempre eseguita una valutazione dello status vascolare.
6.2.1 Amputazioni minori
a) Nel corso di infezione acuta profonda del piede, tutti i tessuti necrotici incluso l’osso devono
essere rimossi e contemporaneamente avviata una terapia antibiotica endovena.
b) La osteomielite cronica, senza infezione dei tessuti molli, è ancora trattata in modo
controverso; in ogni caso l’osso necrotico dovrebbe essere rimosso.
c) Quando si esegue una detersione ( rimozione di tessuto necrotico ) in caso di infezione e
necrosi sono spesso necessarie delle amputazioni aperte. Praticando resezioni limitate, con
trattamento della ferita aperta, è spesso possibile salvare importanti aree sottoposte a carico.
Se i tessuti sono privi di infezione e ben per fusi, la ferita di amputazione si rimargina di
prima intenzione; si può valutare anche la possibilità di trapianti cutanei e una chirurgia
plastica ricostruttiva con trapianto di tessuto sano.
d) La amputazione per gangrena con demarcazione spontanea ( autoamputazione ) si protrae
spesso nei diabetici per mesi con il rischio costante di infezione. In questi casi si preferisce
ricorrere alla resezione chirurgica della gangrena, qualora siano coinvolti una articolazione o
un tendine, dopo che ovviamente si sia provveduto a una adeguata rivascolarizzazione per
permettere la guarigione della lesione.
e) Interventi di chirurgia correttiva, quali rimozione di una o più testa metatarsali prominenti,
rimozione di esostosi plantare o interventi più complessi di artrodesi di stabilizzazione,
possono rappresentare la soluzione definitiva nei casi di recidive ulcerative plantari
sostenute da gravi deformità del piede che altrimenti potrebbero compromettere il
salvataggio dell’arto
NB. Le lesioni ulcerative plantari, quando associate a gravi quadri di deformità o di
instabilità del piede, difficilmente guariscono con terapie conservative e se guarite tendono a
recidivare.
f) Deformità del piede che per es. accompagnano la evoluzione della neuropatia diabetica (
alluce valgo, dita a martello, dita in griffe, dita sovrapposte…) pongono il piede in
condizioni di grave rischio ulcerativo, per cui possono essere corrette chirurgicamente
sempre dopo valutazione dell’albero vascolare.
Dopo una amputazione minore non è compromessa la capacità di camminare anche se la guarigione
può richiedere parecchi mesi. Le amputazioni possono però portare a deformità progressive che
aumentano il rischio di ulcerazioni e nuove amputazioni
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6.2.2 Amputazioni maggiori
Quando viene presa in considerazione una amputazione maggiore, per prima cosa va considerata
l’opzione della rivascolarizzazione. Tuttavia l’assenza di una ischemia critica non esclude il rischio
di amputazione.
Un’ulcera non guaribile non è una indicazione per una amputazione maggiore.
La amputazione maggiore è richiesta
x Di fronte a una ischemia critica con necrosi progressiva o intenso dolore a riposo, qualora
non si possa operare una rivascolarizzazione, oppure il dolore non può essere controllato con
farmaci o alleviato con una amputazione minore;
x di fronte a una infezione progressiva grave del piede diabetico, in una gamba che non
presenta significativa patologia arteriosa, con o senza sepsi e che non può essere tenuta sotto
controllo con la detersione e con un trattamento conservativo ottimale ( che include una
antibioticoterapia e. v. );
x di fronte a gravi deformità osteoartropatiche neuropatiche anche in assenza di significativa
patologia arteriosa.
La amputazione deve essere conservativa il più possibile e deve tener conto della successiva
applicazione di protesi adeguata alla ripresa della deambulazione.
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