`Passai vicino a te e ti vidi` Una Parola d`Amore per noi Inizia la
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`Passai vicino a te e ti vidi` Una Parola d`Amore per noi Inizia la
‘Passai vicino a te e ti vidi’ Una Parola d’Amore per noi Inizia la Quaresima, tempo che ci fa coscienti di essere stati salvati. Così nel cammino formativo sul Vangelo dell’Amore, per poter riscoprire la nostra ‘missio’ che è appunto l’educazione all’incontro con l’A-altro, ci fermiamo su una Parola che ci ricorda appunto come eravamo peccatori, e soprattutto come siamo stati amati. Il Libro è quello di Ezechiele, al capo 16, versetti da 6 a 14 e da 60 a 63. ‘Passai vicino a te e ti vidi. Ecco la tua età era l’età dell’amore. Io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità. Ti feci un giuramento e strinsi alleanza con te – oracolo del Signore Dio – e divenisti mia’ (Eze 16,8) Ezechiele è sacerdote nel Tempio, diventa profeta nella deportazione (597 a.C.). Custode della radicalità di Dio, dinanzi all’idolatria di Israele. Padre dell’apocalittica (rivelazione), opera per una re-staurazione della religione. Bellissimo il capo 37 (‘ossa arida, audite Verbum domini’), anticipo della Vita nuova, quando Israele ascoltando una Parola sarà rifatto ‘popolo’, pure se ora è disperso. Chi è il profeta? Un visionario o qualcuno da rispettare? È uno che legge la storia, ogni vicenda umana, sapendo che ha bisogno di un’ora in cui la verità è uguale per tutti. È uno che impara pure a perdere il controllo di quel che accade (Israele nell’esilio), ma se questo lascia che sia Dio a parlare, ed emerga così il Suo primato. Benedetto XVI ha chiamato le persone consacrate ‘custodi del senso ultimo’, che è poi quella gratuità dell’amore che è proprio caparra della Città futura. Devi amare non solo quando l’amore è corrisposto, ma pure quando l’altro non si accorge o non vuole. Più aspirazione che realtà, questo amore è intraprendere l’impossibile, accettando il provvisorio. Così è stato Dio con l’uomo, nella visione di Ezechiele. La storia d’Israele è letta come una relazione tra uomo e donna, con le sue stagioni alterne. E la questione è la seguente: la fedeltà deve sempre essere duplice, oppure persiste anche quando è garantita da uno solo? Israele è il popolo eletto, anche se la sua preferenza nasce anzitutto da un limite (‘ti vidi nel tuo sangue’) e non da un merito. Non io perché, ma ‘benchè’. E sarà sempre così, ma Dio lo ama comunque. Dinanzi al deficit, tutte le volte che si manifesta, Dio non si ferma, va oltre, con una decisione che alla fine risulta ‘unilaterale’, o meglio senza ragioni, sapendo di vivere con l’uomo un amore segnato dalla in-gratitudine. E la requisitoria con la quale contesta a Israele la sua nudità, la sua vergogna, non è tanto lo sfogo di uno cha ha preso le distanze, quanto l’amore ‘erotico’ (appassionato) con cui Dio ama l’uomo pure se non ri-amato. La Parola Nella I Parola considerata (vers. 5-14), Israele è visto nelle sue origini come ‘oggetto ripugnante’ che è stato gettato via (v.5), nessuno ha interesse per lui, lo prende tra le braccia. Puoi pure ‘vivere nel tuo sangue’ (v.6), ovvero avere la forza di sopravvivere; ma sei ‘nuda’ (v.7), ossia sei sola, scoperta e incompiuta. A questo punto subentra l’iniziativa di Dio, che è sempre mozione (v.8: ‘passai’) e attenzione, e si esprime in un prendersi cura ed in un essere accanto (‘vicino’). La bellezza sta negli occhi di chi guarda, come dice Pino la canzone della madre; così inizia tutta una sequenza di gestualità (v.8: ‘stesi il lembo’; v.9: ‘ti lavai’), che dicono di Uno che si occupa di te, e di una eccedenza di dono che è la vera sorpresa per una che era abbandonata. No non sei più lasciata a te stessa, stai a cuore a Qualcuno. ‘E divenisti mia’ (v.8): Dio è uno che ti dice ‘tu mi appartieni’, Io sono ‘tuo’. Arriva sino a darci ‘gloria’, quella che ci rimanda ad un Altro di cui siamo ‘immagine’, e questa gloria ci fa ‘regina’ tra le sorelle. Ma poi, infatuata della tua bellezza, ti sei prostituita. E così l’amore deluso di Jhwh scarica Israele, sino a lasciarlo schiavo dei suoi stessi amanti. Alla fine però, ed è la II Parola considerata (vers. 60-63), anche Jhwh si ‘ricorderà’ della sua Alleanza. E’ una chiave di volta: l’in-fedeltà infatti è anzitutto smemoratezza delle proprie origini di povertà e della propria storia di elezione. Ma Dio è il fedele, colui che ricorda. E dunque c’è un nuovo inizio, pure questo intrapreso solo da Dio e dal suo amore che non viene meno (v.60: ‘stabilirò con te’). Dio è un ‘creativo’, che scioglie i nodi, e il suo perdono ‘precede’ la conversione, come sarà pure nel Vangelo, perché è l’unica forza che può farla scaturire. La storia non si ferma mai al fallimento, perché l’amore ne capovolge le sorti. Così Israele resterà ‘confusa’ (v.61) e si ‘vergognerà’ (v.63), ovvero sarà stupita per la sovrabbondanza di passione con la quale è stata amata. L’amore è asimmetrico, s-proporzionato rispetto ai nostri calcoli, ma proprio per questo ci s-bilancia, ci s-muove all’oltre. Il senso Come lo scriba curioso, cerchiamo nel passato (questo sarà l’ultimo passo di Antico Testamento del nostro percorso formativo) gli insegnamenti del presente, quali promesse di una nuova era. Una I riflessione è che per Dio la relazione con l’uomo è un evento s-misurato: non si tira mai indietro, per liberarsi dall’amarezza della nostra noncorrispondenza; ma rilancia nel senso inverso di un ‘di più’, proprio laddove non ha sortito esito. Le nostre relazioni, spesso molto calcolate, ci chiedono questo ‘aldilà’ pasquale. Dio va sempre oltre, e se manca la parte dell’altro, ce la mette Lui, pure quando gli tocca tirare da solo. Un’altra pista potrebbe riferirsi alla vergogna, che questa Parola considera come sentimento positivo, perché ci fa capire. Non dunque il senso di in-adeguatezza di chi non corrisponde alle aspettative, ma quell’urgenza che ti fa accorgere e modificarti. Tutto nasce in noi, il senso di bene-essere come il sentirci a disagio, dallo sguardo dell’altro (‘ti vidi’). Ma se come chi soffre di Alzhaimer, rischio di essere ‘confusa’ perché non ho più riferimenti a cui agganciarmi, allora sarà il caso che mi esponga ad una analisi, per capire quel che continuo a non capire. Un III interrogativo. Ti lavai, ti vestii: sono i dettagli, a dire di un amore. È il coprire la nudità dell’altro, ossia prenderlo com’è, con i suoi deficit, a dargli dignità. Non può la mano dire al corpo ‘non appartengo’, dice l’Apostolo. Si fa alleanza lo stesso, non solo quando va. Non siamo isole, ma arcipelaghi. Infine un pensiero sulla sclerosi, malattia del cuore e non solo del corpo. A volte penso: se quello non capisce, allora s’arrangi. E invece no: il blocco dell’altro non può essere alibi per me. Io comunque devo passargli accanto, devo ricordarmi la sua alleanza, non posso solo giudicarlo.