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Federazione
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Italiana
Cinema
d’Essai
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wwww.spettacoloveneto.it
Associazione
Generale
Italiana
dello Spettacolo
Fuori Concorso al
Festival di Cannes,
2016
INTERPRETI: Mark
Rylance, Ruby Barnhill,
Jemaine Clement,
Rebecca Hall, Rafe
Spall
SCENEGGIATURA:
Melissa Mathison
FOTOGRAFIA: Janusz
Kaminski
MONTAGGIO: Michael
Kahn
DISTRIBUZIONE:
Medusa Film
NAZIONALITÀ: USA,
Gran Bretagna, Canada,
2016
DURATA: 117 min.
di S t e v e n S p i e l b e r g
PRESENTAZIONE E CRITICA
Nel cuore della notte, quando grandi e piccini dormono sonni profondi,
tutte le cose nascoste nell'ombra vengono fuori e hanno il mondo tutto per
loro. È quello di cui è certa la piccola Sophie, dieci anni, che nell'orfanotrofio
dove vive trascorre tutte le notti a curiosare in giro, nella speranza di scovare
qualcosa o qualcuno. A dispetto delle ferree regole dell'istituto, infatti, la
piccola e precoce Sophie continua a interessarsi del mondo notturno,
scorgendo dalla piccola finestra tutte le creature raminghe dell'oscurità: dai
vagabondi solitari ai gatti randagi. Ed è proprio nel buio di un notte buia e
speciale che il suo occhio cadrà su qualcosa di molto, molto alto che si aggira
per la strada. Ovvero un grosso gigante dal corpo sinuoso e dalle orecchie grandi, un'enorme creatura che
poi allungherà uno dei suoi lunghi arti per acciuffare Sophie e portarla con sé nel suo mondo. In un viaggio
magico attraverso la città e aggrappata alla figura sinuosa e felpata del suo gigante, Sophie si troverà in un
luogo lontano, fuori dalla geografia e dalla conoscenza del mondo umano, ovvero nel Paese dei Giganti. Un
mondo fatato, abitato dal suo nuovo e buono amico Il Grande Gigante Gentile (interpretato dal Mark Rylance
de Il Ponte delle Spie con la tecnica del performance capture), ma anche da tanti altri giganti molto meno
buoni. Inizierà così per la bambina una lunga avventura fatta di domande, sogni e scoperte, e che
(soprattutto) le regalerà una nuova amicizia speciale con un essere diverso da lei (che parla male e
nonostante la stazza non è in grado di difendersi) eppure, proprio come lei, in cerca d'affetto e in fuga dalla
solitudine.
Il nome celebre di Steven Spielberg e il marchio per eccellenza di prodotti per ragazzi della Walt
Disney si riuniscono insieme per dare vita all'adattamento di uno dei racconti degli anni'80 (precisamente
1982) più letti e amati di sempre, ovvero IL GRANDE GIGANTE GENTILE di Roald Dahl, celebre scrittore
inglese di origine norvegese e di cui sono stati adattati nel tempo già numerosi altri racconti, tra cui Matilda 6
mitica, La fabbrica di cioccolato, Fantastic Mr. Fox. Spielberg, grande esperto nel campo delle pellicole per
ragazzi e che ha firmato da regista opere cult come E.T. l'extra terrestre, avvicina la storia del grande
gigante gentile con fedeltà e trasporto, attenzione e sentimento. Film ambientato in una Londra per certi
versi dickensiana, dove la cupezza e la solitudine della prima parte (l'immagine quieta e triste
dell'orfanotrofio, le strade notturne semi-deserte) lascia il passo allo slancio visivo e di fantasia della seconda
parte, dove il Paese dei giganti e (soprattutto) il rifugio/grotta del Gigante buono pullulano di oggetti, colori,
sorprese. Come le ampolle piene di sogni o l'Albero che li genera, un grande e bellissimo fusto colorato da
cui ogni fantasia notturna (bella o brutta) prende vita. Un exploit visivo che affianca e sancisce i buoni
sentimenti di questo fantastico racconto per ragazzi dove le tematiche di riflessione e crescita ci sono tutte,
mescolata con grazia artistica e coerenza narrativa dallo sguardo del regista. Scoperta dell'altro, potere della
fantasia e del sogno, e infine confronto tra grande e piccolo, dove (nel paradosso su cui poggia la storia) la
potenza del (fisicamente) grande fa affidamento all'acume e all'ingegno del piccolo, capace di immaginare
una soluzione ai soprusi del più forte.
(cinema.everyeye.it)
(…) Che Steven Spielberg fosse il destinatario prediletto di quella stessa visione era scritto nelle
stelle, un regista di cuore e soprattutto immaginazione, perfetto canale tra le pagine del libro e il grande
schermo che oggi regala al pubblico un adattamento cinematografico coerente con la fonte ma anche
personale e moderno. La fantasia del regista materializza i sogni di Sophie avvicinandoli allo spettatore, e
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di S t e v e n S p i e l b e r g
per farlo si serve di pochi strumenti essenziali: in primis, la sceneggiatura della compianta Melissa
Mathinson, che aveva già tradotto le parole di E.T. nel lontano 1982 e che riesce a trasmettere il senso di
meraviglia e la maturità della scrittura di Dahl alternando registri seri ad altri più ironici, per ricordarci quanto
una risata sappia curare la ferita dell’abbandono, la diffidenza nei confronti del diverso, la paura e gli incubi
del mondo reale. Tutte tematiche care al cinema di Spielberg che troviamo adagiate nel film sotto forma di
sequenze suggestive, alcune tra le migliori mai partorite dal genio americano, come quella della caccia ai
sogni o della fuga del gigante tra le strade di Londra. Decisiva si rivela l’interpretazione, ed è un aspetto per
nulla scontato, di Mark Rylance: l’attore inglese mette a servizio la sua formazione teatrale dando vita ad un
gigante che trasuda umanità più degli umani stessi, superando le barriere di un fisico digitale ma non per
questo meno caloroso, distante ed emozionante. Il tono della voce, la cadenza e il ritmo che impartisce ai
dialoghi con la piccola Ruby Barnhill (perfetta Sophie cinematografica), impreziosiscono un’opera genuina
che non soltanto rende giustizia ad un romanzo etereo, ma eleva il messaggio ad una dimensione unica e
indimenticabile. Come quei classici che faremo vedere ai nostri figli e ai figli dopo di loro. Il potere
dell’immaginazione è ancora intatto, più forte che mai, e Steven Spielberg lo ribadisce ancora una volta.
(www.vertigo24.net)
Steven Spielberg doveva prima o poi incontrare Roald Dahl e farlo con questo libro. Innanzitutto per
una coincidenza (non astrale ma comunque significativa) che ha fatto sì che Il GGG ed E.T. - L'extraterrestre trovassero l'uno la via delle librerie e l'altro quella degli schermi nello stesso anno (il 1982). Poi
anche (e soprattutto) perché nel testo del grande autore britannico si trovano numerosi elementi che non
potevano non accendere l'interesse del regista. Roald Dahl, (…) sapeva come parlare direttamente ai più
giovani (e non solo a loro) del dolore e della sofferenza senza falsi pudori ma era anche consapevole di
dover mostrare loro la via della speranza. Il cinema di Spielberg si è sempre fatto innervare, fin dai giorni di
Duel da questi due elementi declinandoli con modalità differenti nel corso degli anni. Facendo anche proprio
e con forza il tema della diversità che per Dahl è fondamentale. Sophie è diversa in quanto orfana, è diversa
in quanto divergente rispetto alle disposizioni delle istituzioni (come Matilda) ed è una sognatrice ad occhi
più aperti che chiusi. Ma anche il GGG è un diverso nel suo mondo in cui è di fatto un nano (quanti sviluppi
ha nel film questa difformità di sguardi e di valutazioni tra Umani e Giganti!). Tra loro vince una solidarietà
inizialmente non prevedibile che li porta a formare una squadra pronta ad affrontare dei rischi tenendo però
davanti a sé come un faro il sentimento della Gentilezza. La violenza e l'ignoranza restano appannaggio di
quelli che sono solo capaci di annusare prede e non di vedere esseri viventi ma anche per loro l'esito finale
non sarà la morte. Se poi a tutto ciò si aggiunge che la parte del film riguardante Buckingham Palace è
pervasa dalla benevola ironia che solo un americano può esercitare nei confronti della monarchia britannica,
si può comprendere come Steven abbia provato un grande piacere a raccontarci la storia di Sophie e del
GGG.
(www.mymovies.it)
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