quadro di riferimento normativo e di pianificazione

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quadro di riferimento normativo e di pianificazione
QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO E DI
PIANIFICAZIONE
“La città che noi oggi abitiamo è sovrastata,
come oppressa, dalla massa di discorsi che
la riguardano...
Questa massa eterogenea di discorsi tra
loro sovente contraddittori, invitandoci
ad utilizzare ciò che riteniamo di sapere
della società contemporanea per
interpretare e spiegare i concreti
materiali costitutivi della città,
spesso ci impedisce di osservarli
con occhio disincantato...”
B. Secchi
QUADRO REGIONALE
La Regione Calabria ha effettuato una radicale riforma del governo del territorio con la Legge
19/2002, cui sono seguite, in attesa del QTR, le “Linee Guida della Pianificazione Regionale”.
La riforma ha reso protagonista fondamentale delle politiche urbanistiche la comunità locale,
in attuazione del Titolo V della Carta Costituzionale, ed ha modificato la cultura di governo del
territorio introducendo la componente strategica all’interno del Piano, assieme a nuovi modelli,
a diverse possibilità, a più ampi margini di sperimentazione.
La pianificazione strutturale fissa il quadro degli obiettivi di pubblico interesse che le
trasformazioni della città e del territorio devono perseguire, rileggendone la struttura ed i bisogni,
ridefinendone l’identità, prefigurandone un quadro complessivo ed organico di adeguamento.
All’interno di questo quadro ogni singolo intervento deve diventare elemento di riqualificazione
di un contesto più ampio, che va al di là del suo perimetro specifico; in questo caso la
pianificazione strategica costituisce il vero strumento di “governance” dell’amministrazione
locale, esaltandone il ruolo di indirizzo e di controllo dei processi e delle singole azioni.
La formazione del Piano Strutturale Comunale/Associato (PSC/PSA) e del congiunto
Regolamento Edilizio e Urbanistico (REU) viene avviata, ai sensi dell’art. 27, comma 2 della
L.U.R. 19/2002, con l’adozione, su proposta della Giunta Comunale, da parte del Consiglio
Comunale, del Documento Preliminare del Piano e del Regolamento Edilizio e Urbanistico
e con la successiva convocazione da parte del Sindaco della Conferenza di Pianificazione, di
cui all’art. 13 della legge, ai fini della valutazione del documento preliminare del piano e del
regolamento.
La Conferenza si conclude nei 45 giorni successivi alla sua convocazione.
A norma dell’art. 13, comma 4, della legge, costituiscono contenuti del Documento
Preliminare gli obiettivi e le scelte di piano, elaborate, ai sensi dell’art. 3, comma 1, sulla base
delle conoscenze.
Il riferimento comune delle nuove normative urbanistiche allo sviluppo sostenibile, induce a
strutturare la pianificazione del territorio sulla base di una adeguata conoscenza delle risorse
ambientali, della definizione delle risorse da tutelare, dello statuto dei luoghi, della valutazione
degli effetti ambientali delle azioni di trasformazione.
Così all’articolo 3 della L.U.R. 19/2002 - Principi generali della Pianificazione Territoriale
Urbanistica - si afferma che:
1. La pianificazione territoriale ed urbanistica si fonda sul principio della chiara e moti223
vata esplicitazione delle proprie determinazioni. A tal fine le scelte operate sono elaborate
sulla base della conoscenza, sistematicamente acquisita, dei caratteri fisici, morfologici e
ambientali del territorio, delle risorse, dei valori e dei vincoli territoriali anche di natura
archeologica, delle utilizzazioni in corso, dello stato della pianificazione in atto, delle previsioni dell’andamento demografico e migratorio, nonché delle dinamiche della trasformazione
economico-sociale, e sono definite sia attraverso la comparazione dei valori e degli interessi
coinvolti, sia sulla base del principio generale della sostenibilità ambientale dello sviluppo.
2. La pianificazione territoriale e urbanistica si informa ai seguenti obiettivi generali:
a. promuovere un ordinato sviluppo del territorio, dei tessuti urbani e del sistema produttivo;
b. assicurare che i processi di trasformazione preservino da alterazioni irreversibili i connotati materiali essenziali del territorio e delle sue singole componenti e ne mantengano
i connotati culturali conferiti dalle vicende naturali e storiche;
c. migliorare la qualità della vita e la salubrità degli insediamenti urbani;
d. ridurre e mitigare l’impatto degli insediamenti sui sistemi naturali e ambientali;
e. promuovere la salvaguardia, la valorizzazione ed il miglioramento delle qualità ambientali, architettoniche, culturali e sociali del territorio urbano, attraverso interventi
di riqualificazione del tessuto esistente, finalizzati anche ad eliminare le situazioni di
svantaggio territoriale;
f. prevedere l’utilizzazione di un nuovo territorio solo quando non sussistano alternative
derivanti dalla sostituzione dei tessuti insediativi esistenti, ovvero dalla loro riorganizzazione e riqualificazione.
Gli obiettivi fondamentali della pianificazione a scala comunale vengono così delineati dalle
“Linee guida della Pianificazione Regionale”:
• promozione dello sviluppo locale...
• miglioramento della qualità della vita...
• assetto sostenibile del territorio e dell’uso del suolo... (Linee Guida della
Pianificazione Regionale, Capitolo V, Parte Prima, comma 5.2.5).
Nel caso del Piano Strutturale Associato (PSA) il Piano “sarà composto di 2 distinte parti:
• una generale comune con riferimento di norma di paesaggio, alle aree naturali, al
territorio agricolo, alla difesa del suolo alle infrastrutture di rilevanza sovra comunale;
• una parte specifica per ogni comune, con particolare riferimento alle aree
urbanizzate ed ai servizi ed alle infrastrutture a scala comunale.” (Linee Guida della
Pianificazione Regionale, Capitolo V, Parte Prima, comma 5.3.2).
Il PSA a tutti gli effetti si presenterà, comunque, composto da aspetti di piano strategico, di
pianificazione territoriale e di regolamentazione urbanistica.
Le due parti, strutturale l’una e regolamentare l’altra, del PSC, pur rimanendo connesse, come
prescrive la legge, assumono fisionomie ben distinte ai fini del governo del territorio.
I contenuti fondamentali che caratterizzano il PSA e che costituiscono le condizioni dello
sviluppo sostenibile, a norma dell’art.20, comma 3 della L.U.R. 19/2002, sono:
–– la individuazione delle risorse naturali e antropiche del territorio e la rilevazione delle
loro condizioni di criticità (lettera a);
–– le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni, e la conseguente
valutazione degli effetti ambientali (lettera b);
–– i limiti di sviluppo del territorio (lettera c).
Più in dettaglio, si possono individuare due insiemi di componenti territoriali, costituenti le
condizioni di sostenibilità:
a) le risorse territoriali che per le loro valenze storiche, ambientali, paesaggistiche e prestazionali debbono intendersi parti del territorio costituenti sistemi da tutelare, per le
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quali sono ammesse esclusivamente modalità di intervento di conservazione (art. 6,
comma 2, lettera b), a tal fine saranno avviate le opportune forme di collaborazione con
la SBAP della Calabria, con specifici riferimenti agli adempimenti previsti dal Codice
dei beni culturali ed ambientali di cui al D.Lgs. 41/2004;
b) i vincoli e limiti d’uso dei sistemi delle risorse.
Tali valori si costituiscono e sono riconosciuti prima di ogni progetto o programma o intervento.
La L.U.R. 19/2002 si modella sulle più recenti modalità di gestione del governo del territorio:
utilizza vari e diversi strumenti, in relazione ai soggetti, pubblici e/o privati, proponenti, agli
obiettivi (economici, sociali, culturali), agli interessi coinvolti che si intende perseguire, alle
azioni programmate, alle disponibilità di risorse.
L’amministrazione comunale, in attuazione alla legge urbanistica regionale, può, agire
attraverso molti strumenti di gestione calibrando diversamente gli interventi sul territorio;
questa politica urbanistica richiede per un verso notevoli capacità e risorse amministrative e
tecniche, per altro verso un nucleo condiviso di valori, vincoli e limiti d’uso delle risorse, le
cosiddette invarianti, che costituiscono il riferimento strutturale della politica urbanistica.
Analoga riflessione vale per i contenuti del Regolamento edilizio e urbanistico: essi sono
contingenti, cioè relazionabili a un dato momento e a una data situazione. Nuove esigenze,
nuovi indirizzi progettuali, nuove possibilità tecnologiche possono determinare, o addirittura
richiedere, nuovi parametri edilizi e urbanistici, nuove regole edilizie, igieniche e funzionali,
nuove modalità di gestione tecnico-amministrativa.
Progetti che per caratteristiche culturali e tecniche sono innovativi, possono, a volte, richiedere
proprie regole, che in seguito divengono comuni in quanto da tutti accettate e ricercate; molte
opere d’architettura di elevato valore culturale hanno richiesto regole diverse da quelle coeve e
sono state un moltiplicatore di effetti.
Il governo del territorio deve per ciò pretendere il rispetto di valori di integrità fisica del
territorio e di identità culturale (le invarianti), ma al tempo stesso deve essere disponibile allo
sviluppo della qualità urbanistica, raccogliendone le innovazioni dalle iniziative dei soggetti
pubblici e privati .
–– aree boscate (art. 50, comma 3, lettera d);
–– aree non suscettibili di insediamento (art. 50, comma 3, lettera e);
–– ambiti a valenza paesaggistica (art. 20, comma 3, lettera j) - questi ambiti possono
coincidere con porzioni o intere estensioni delle aree sopra elencate.
–– Saranno da assoggettare alla modalità di trasformazione (art. 5, comma 2, lettera b),
purché compatibile con i loro connotati costitutivi e di uso le seguenti aree:
–– aree utilizzabili per attività complementari e integrative di quelle agricole.
Il PSA definisce, in base alle conoscenze e agli obiettivi, varie suddivisioni del territorio
comunale - sistemi, ambiti, aree e zone -; è opportuno che il documento preliminare contenga
anche una prima indicazione di tali suddivisioni; più precisamente in:
a) sistemi (art. 5, comma 1, lettere a), b) e c):
–– naturalistico-ambientale;
–– insediativo;
–– relazionale:
b) classi (art. 20, comma 3, lettera a):
–– territorio urbanizzato;
–– urbanizzabile;
–– agricolo-forestale;
c) ambiti (art. 20, comma 3, lettere g), h), i), j) e l):
–– urbani e periurbani, di mantenimento e di trasformazione;
–– insediamenti produttivi ex D.Lgs. 333/1999;
–– porzioni storiche del territorio;
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–– paesaggi;
–– verde urbano e periurbano.
Il PSA esplicherà nel dettaglio i propri effetti strutturali specificando gli Ambiti Territoriali
Unitari (ATU) che ricomprenderanno:
“aree territoriali urbane con caratteristiche unitarie...Tali ATU possono comprendere:
• gli ambiti a carattere storico...
• le porzioni di territorio urbanizzato nelle quali è possibile un intervento diretto...
• le porzioni di territorio urbanizzato da sottoporre a specifico intervento di
riqualificazione...
• le aree interessate da edificazione abusiva
• gli ambiti di tutela del verde urbano e periurbano...
• gli ambiti da destinare a nuovi insediamenti...
• gli ambiti destinati alle attività industriali...
• le aree necessarie ai fini della Protezione Civile...
• gli ambiti a valenza paesaggistica ed ambientale...
• le aree agricolo-forestali...” (Cfr. Linee Guida della Pianificazione Regionale, Capitolo
V, Parte Prima, comma 5.2.5)
Annesso al piano strutturale comunale è il Regolamento Edilizio e Urbanistico (REU), i cui
contenuti sono definiti nell’articolo 21 della L.U.R. 19/2002:
–– parametri edilizi e urbanistici;
–– norme igienico-sanitarie;
–– norme sulla sicurezza;
–– norme per il risparmio energetico;
–– norme sull’accessibilità;
–– modalità tecnico-amministrative degli interventi edilizi;
–– norme di gestione del PSC;
–– norme sul decoro urbano.
Ai sensi delle Linee Guida, il REU viene articolato in tre Sezioni principali:
1. standard e parametrici urbanistici;
2. norme costruttive, risparmio energetico e sicurezza antisismica;
3. le modalità di gestione del piano (progetti e piani attuativi).
a queste tre sezioni ne viene aggiunta una quarta:
4. disposizioni transitorie e finali
Viene, altresì indicato che il REU, di fatto, “assomma al suo interno quelli che erano gli
aspetti normativi e tecnici precedentemente contenuti nel Regolamento edilizio e in parte
nelle norme tecniche di attuazione allegate al PRG” (Cfr. Linee Guida della Pianificazione
Regionale, Parte Prima, p. 5.4)
A questi contenuti di base altri ne verranno aggiunti ai fini della determinazione delle regole
di qualità architettonica e urbana che si intendono assicurare nei territori comunali.
Il REU si collega da un lato con la VAS negli indirizzi di sviluppo sostenibile, di sicurezza, di
benessere e di vivibilità, dall’altro con le strategie di piano nello stabilire le regole per i progetti
e i programmi pubblici e privati.
Tanto la Legge 19/2002, quanto le Linee Guida della Pianificazione Regionale, individuano
puntuali riferimenti con la pianificazione paesaggistica, con i beni culturali ed ambientali e con
le aree protette e la difesa del suolo e, pertanto, con obbligato ricorso, anzitutto, al Codice dei
beni culturali e del paesaggio.
Il Codice dei beni culturali e del paesaggio (Dlgs. 42/2004), entrato in vigore il 1° maggio
2004, assume a riferimento, per quanto riguarda il paesaggio, le definizioni e gli obiettivi della
Convenzione europea del paesaggio (Firenze 2000).
Le indicazioni essenziali della convenzione sono:
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–– il paesaggio consiste nella percezione del territorio, oggetto di giudizi di valore (art. 1,
a);
–– si intende per territorio, nella sua totalità, l’insieme degli spazi naturali, rurali, urbani
e periurbani (art. 2);
–– il paesaggio è oggetto di azioni di salvaguardia, gestione e pianificazione (art. 3);
–– il paesaggio costituisce risorsa e attiene alla pianificazione territoriale (art. 5, d).
E’ di tutta evidenza che la pianificazione per un verso persegue obiettivi di tutela, mantenimento
e conservazione (art. 143, comma 2, lettera a); comma 3, d), e) e h), dall’altro disciplina gli
interventi di trasformazione delle percezioni, degli usi e delle funzioni (art. 143, comma 2,
lettere b) e c); comma 3, lettere f) e g), nel rispetto degli obiettivi di mantenimento.
La compatibilità degli interventi di sviluppo urbanistico e edilizio (art. 143, comma 2°, lettera
b), l’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità (art. 143, comma 3°,
lettera b), la definizione di prescrizioni generali e operative (art. 143, comma 3°, lettera d)
e la determinazione di misure necessarie per la conservazione dei caratteri connotativi (art.
143, comma 3°, lettera e) e di quelle necessarie al corretto inserimento degli interventi di
trasformazione urbanistica (art. 143, comma 3°, lettera g), prescritte dalla legge, evidenziano le
relazioni della variante con la valutazione ambientale strategica (VAS): di fatto, tali compatibilità,
condizioni e misure vengono stabilite dalla VAS fin dall’avvio della formazione del piano.
La parte strutturale del piano, di fatto, collima con il rapporto ambientale (direttiva 2001/ 42/
CE, art. 5). La direttiva afferma che la valutazione ambientale riguarda i piani e i programmi la
cui attuazione può avere effetti significativi sull’ambiente (art. 1). Sono compresi quelli della
pianificazione territoriale e della destinazione dei suoli e che definiscono il quadro di riferimento
per l’autorizzazione dei progetti (art. 3, par. 2, lettera a). La valutazione accompagna tutto il
processo di elaborazione del piano (art. 4, par. 1; art. 6, par. 2); per questo motivo rappresenta
il metodo di redazione del piano.
Appare di tutta evidenza la necessità di evitare una pianificazione esclusivamente paesaggistica;
gli obiettivi di qualità paesaggistica, cioè le azioni di tutela, valorizzazione, gestione, recupero,
ripristino e creazione di nuovi paesaggi, sono contenuti della pianificazione territoriale e
urbanistica. Di fatto, esse corrispondono alle modalità di intervento e di uso indicate nell’art. 6
della L.U.R. 19/ 2002.
Ai sensi della L.U.R. 19/2002 il quadro regionale territoriale (QTR) (art. 17, comma 2°)
e il piano territoriale di coordinamento provinciale (PTC) (art. 18, comma 2°) hanno valore
di piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici (Dlgs.
42/2004, art. 135, comma 1°).
Sempre a norma della legge regionale della Calabria, il piano strutturale comunale “delimita
e disciplina ambiti a valenza paesaggistica”; con questa disposizione si estende anche al piano
comunale l’individuazione degli ambiti paesaggistici omogenei, di cui all’art. 143, comma 1°
del Dlgs. 42/2004, per i quali devono essere stabiliti gli obiettivi di qualità consistenti in:
–– mantenimento degli elementi costitutivi e delle morfologie;
–– previsione di linee di sviluppo compatibili;
–– recupero delle aree e degli immobili degradati;
–– le prescrizioni di tutela; le misure di conservazione dei caratteri connotativi; i criteri di
gestione; gli interventi di valorizzazione; i recuperi; le misure di corretto inserimento
degli interventi.
Il Piano Strutturale Associato verrà pertanto redatto in conformità al Codice dei beni culturali
e del paesaggio, tenuto conto inoltre della valutazione ambientale strategica (direttiva 2001/42/
CE). Per le valutazioni sopra dette, il piano assume carattere descrittivo-denotativo in quanto
descrive gli interessi pubblici - storici, artistici e paesaggistici - e carattere normativo in quanto
stabilisce le condizioni di compatibilità delle linee di sviluppo edilizio e urbanistico (Dlgs.
42/2004, art. 143, comma 2°, lettera b) e dei progetti prioritari (art. 143, comma 9°) nei confronti
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di risorse irriproducibili, il cui insieme costituisce invariante strutturale per la quale si controlla
l’evoluzione in stato di quiete (monitoraggio). In parte il piano è identificabile con il rapporto
ambientale (direttiva 2001/42/CE, art. 5): il rapporto contiene il quadro conoscitivo (allegato
I della direttiva, lettere c) e b), stabilisce gli obiettivi (lettera a), prende in considerazione gli
effetti che potrebbero conseguire a una mancata determinazione di condizioni e compatibilità
di usi: del quadro di riferimento dei progetti (lettere f e g). In quanto riferibile a un rapporto
ambientale il piano strutturale è oggetto di consultazioni (direttiva 2001/42/CE, art. 6, par.i 2
e 4).
La Regione Calabria ha iniziato il percorso per la redazione del QTR al quale è stata data
valenza paesaggistica, fino a denominarlo QTR/P ed esso individua i temi fondamentali della
programmazione regionale:
“2. IDEE FORZA DEL PIANO
Dalla lettura degli atti amministrativi e di legge che hanno segnato la nascita di questa nuova
stagione della pianificazione regionale emerge un obiettivo di fondo che dovrebbe indirizzare
le scelte del piano: assumere la pianificazione del paesaggio e del territorio calabrese come
laboratorio per la sperimentazione di una nuova forma di sviluppo ecosostenibile, in grado di
dimostrare concretamente la praticabilità e la convenienza di un diverso modello di sviluppo
che è ancora mal compreso e scarsamente percepibile nei suoi effetti tangibili,essendo ancora
limitate le esperienze a cui guardare. Questo intendimento dovrebbe diventare lo sfondo entro
cui traguardare le questioni specifiche del piano e la stessa valutazione della sua efficacia. Non
si tratta soltanto di garantire la sopravvivenza dei valori paesaggistici ereditati dal passato, ma
anche di contribuire ad indurre processi virtuosi di sviluppo che combinano iniziative centrali
e azioni locali a carattere endogeno, con ricadute significative sull’economia ma anche sulle
condizioni di benessere e di qualità di vita delle popolazioni.
In particolare le innovazioni che dovrebbero caratterizzare la costruzione del QTR/P
riguardano l’affermazione dei seguenti tre
principi.
2.1. COERENZE MULTILIVELLO
Per raggiungere gli obiettivi comunitari
di sviluppo competitivo, coeso e sostenibile
ambientalmente del territorio regionale a cui s’
ispira anche il QTR/P della Calabria, appare
indispensabile mettere a sistema le strategie
di governo del territorio alle diverse scale, da
quella regionale a quelle locali.
Diversamente dunque da quanto accade
comunemente, Quadro Territoriale Regionale,
PTCP provinciali e piani comunali dovrebbero
essere reciprocamente armonizzati nella
prospettiva finale di “un territorio - un
piano”, ovvero nella coerenza e nella
complementarietà delle previsioni dei piani ai
diversi livelli applicati allo stesso territorio.
E questo senza ricorrere ad un metodo di
imposizione “a cascata”, in cui ogni livello
impone al successivo le proprie determinazioni.
Particolarmente favorevole al riguardo è la
congiuntura di una concomitanza temporale
che caratterizza tutti i piani territoriali
calabresi. Intanto che si lavora al QTR/P,
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regionale, sono in fase di elaborazione anche i PTCP, Piani di Territoriali di Coordinamento
Provinciale, i PSC e PSA, Piani Strutturali Comunali o in forma Associata. Si tratta di sfruttare
quanto più possibile questa fortunata coincidenza, prevedendo adeguati tavoli di confronto e di
copianificazione tra i diversi attori istituzionali.
E’ quanto è stato fatto dalla Regione, che ha coinvolto finora soprattutto le Province con
l’obiettivo di costruire insieme quadri conoscitivi, visioni di assetto territoriale alle diverse
scale e ipotesi di progetto per i territori critici, come le aree urbane di valenza strategica.
In particolare l’ individuazione dei Territori Regionali di Sviluppo e delle loro articolazioni
in Territori d’Area Vasta riflette l’efficacia di questo metodo di lavoro, con ricadute importanti
nei diversi strumenti in gestazione.
2.2. CONVERGENZE PROGRAMMATICHE
Altro obiettivo qualificante, che vale dappertutto, ma particolarmente in Calabria, è la
convergenza delle politiche territoriali e quelle di programmazione dello sviluppo, con
riferimento anche ai fondi comunitari nell’ambito del Programma Operativo Regionale
2007-13. Non si tratta soltanto di territorializzare convenientemente le previsioni di sviluppo
contenute nel POR regionale. La specificità delle dinamiche di trasformazione del territorio e
delle potenzialità di sviluppo locali induce a rivedere il principio dell’allocazione territoriale
degli investimenti pubblici in modo non deterministico (prima le scelte economiche, poi a
seguire quelle territoriali), ma come interdipendenza di due approcci che devono integrarsi tra
loro per garantire un elevato valore aggiunto alle risorse investite.
Da questo punto di vista un’innovazione sostanziale può provenire proprio dalla
complementarietà dell’economia e del territorio, cioè dalla convergenza delle previsioni della
pianificazione territoriale e urbanistica con quelle della programmazione dei fondi comunitari.
Questa nuova economia delle interdipendenze può aiutare notevolmente a ridurre i rischi di
scelte decontestualizzate e con scarsa capacità di trascinamento dello sviluppo, com’è accaduto
fin troppo spesso nella fase precedente di
programmazione dei fondi 2000-06.
Il QTR/P intende dunque promuovere per
quanto possibile il raccordo con le previsioni
del POR regionale, reinterpretando le future
politiche di investimento alla luce della
trasformazione di territori rilevanti nel futuro
della regione, da quelli costieri a quelli
montani e ancor più quelli urbani.
2.3. CERTEZZE DELLA TUTELA
Indipendentemente
dalle
previsioni
programmatiche per lo sviluppo, è
indispensabile che la Calabria sappia
proteggere con efficacia il patrimonio di
risorse paesaggistiche, ambientali e culturali
di cui ancora dispone. Non vi sono, infatti,
serie possibilità di sviluppo se non si è in grado
di garantire la qualità del proprio territorio,
tutelando e valorizzando le dotazioni di
beni paesaggistici e più in generale facendo
crescere l’importanza del paesaggio in tutti
gli atti delle diverse amministrazioni in gioco.
E non si danno opportunità per lo sviluppo se
soprattutto non si è in grado di fronteggiare
adeguatamente i gravi rischi di dissesto
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idrogeologico che incombono su gran parte del territorio regionale. Dunque il QTR/P intende
far valere regole certe per la tutela del territorio, attraverso discipline di vincolo paesaggisticoambientale da far rispettare rigorosamente a tutti i protagonisti degli interventi sul territorio,
e attraverso strategie di messa in sicurezza preventiva delle aree a maggior rischio su cui
dovranno essere programmate adeguate azioni di tutela preventiva.
Obiettivo del QTR/P in questa prospettiva non è tanto di estendere le aree da vincolare, quanto
piuttosto di far valere con maggiore certezza le regole per la loro tutela attiva. Nelle situazioni
più critiche, si prevede di coinvolgere tutti i livelli di governo del territorio, responsabilizzati
congiuntamente della risoluzione dei fattori di criticità. Con questo intendimento verranno
individuati gli ambiti su cui applicare le pianificazioni paesaggistiche di dettaglio di cui
all’art.17 bis della LRn.19/2002.” (Regione Calabria, QTRP, “Relazione”).
La Relazione delinea, altresì, gli obiettivi generali del Quadro Territoriale Regionale:
“A. OBIETTIVI GENERALI
Alla luce di questi intendimenti prendono corpo gli orientamenti di fondo, coerenti con gli
obiettivi chiave dello sviluppo sostenibile, a cui dovrà essere mirata la pianificazione del
territorio regionale. Questi sono in particolare:
1. Accrescere l’attrattività
Ai fini dell’attrattività del territorio regionale ci si propone di conservare, recuperare e
sviluppare le risorse identitarie più rilevanti ( coste, montagne dell’interno, insediamenti
a valenza storico-culturale), sia quelle tuttora integre che quelle minacciate dai rischi di
compromissione o già parzialmente compromesse. Al tempo stesso si intende migliorare
sensibilmente l’accessibilità, agendo soprattutto sui sistemi della mobilità esterni e interni al
territorio regionale.
Infine si punta ad elevare la qualità dei servizi offerti sia alle imprese che al turismo, e più
complessivamente la qualità delle condizioni abitative dei territori urbani.
2. Mantenere la coesione
La coesione territoriale della Calabria è oggi minacciata in misura crescente da spinte
centrifughe che possono aggravare i rischi già dovuti alle difficoltà delle condizioni
geografiche e alle esasperazioni delle culture locali. Per fronteggiare questi rischi si prevede
in particolare di rafforzare le connessioni infrastrutturali (viarie, ferroviarie) e immateriali
(digitali, culturali) tra i tre territori-chiave della regione incentrati sul reggino, sul lamentinocatanzarese, e sul cosentino fino alla sibaritide, a loro volta riorganizzati al fine di farli divenire
sistemi multicentrici ad elevata coesione interna.
3. Elevare la capacità di sviluppo competitivo
Al fine di migliorare le potenzialità di sviluppo competitivo, i territori locali dovranno
diventare capaci di accedere alle reti di flussi globali, promuovendo una piena valorizzazione
delle risorse interne e al tempo stesso la cattura delle opportunità provenienti dall’esterno, a
condizione che la valorizzazione risulti compatibile con il mantenimento dei caratteri identitari
, e che sia fondata su una ampia coesione sociale. Indispensabile in questa prospettiva sarà
il potenziamento dei nodi e piattaforme di scambio a valenza strategica (porti, aeroporti,
interporti, stazioni ferroviarie) insieme ad una loro più efficace interconnessione funzionale
e ad una migliore integrazione con i territori urbani. Inoltre dovranno essere previste Aree di
Nuova Centralità come spazi funzionali di eccellenza alla scala regionale e sovraregionale
che integrano e valorizzano a sistema le Aree di Centralità esistenti…A partire dagli obiettivi
strategici del QST e dalle previsioni del POR Calabria, lo Schema di Assetto Territoriale
individua sei obiettivi generali a cui riferire le articolazioni territoriali delle strategie di
sviluppo e coesione regionali. I primi quattro obiettivi rinviano alla strategia generale della
promozione della competitività, mentre gli ultimi due fanno riferimento alla strategia della
attrattività e della coesione. Tali obiettivi sono:
1. Organizzazione dei territori di snodo rispetto ai grandi flussi esterni, anche attraverso la
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interconnessione a sistema di porti, aeroporti e interporti e la creazione di un sistema logistico
regionale.
2. Realizzazione delle aree di nuova centralità, con particolare riferimento alle funzioni di
ricerca e sviluppo, di formazione avanzata, di produzione delle nuove energie rinnovabili, di
servizi avanzati alle imprese, di supporto all’agricoltura.
3. Valorizzazione della montagna e delle aree rurali, in particolare promuovendo una
migliore integrazione fra le risorse naturali interne ai grandi parchi ed il territorio dei piccoli
centri e delle comunità rurali.
4. Riqualificazione e valorizzazione delle aree costiere, con strategie differenziate di tutela,
recupero, reintegrazione e riorganizzazione insediativa anche con demolizione, in ragione dei
diversi contesti, del grado di compromissione esistente e delle potenzialità di sviluppo residue.
5. Promozione dello sviluppo sostenibile dei territori urbani, in particolare con l’innalzamento
della soglia dimensionale e l’organizzazione a sistema multicentrico degli insediamenti interni
e dei centri urbani minori.
6. Recupero e valorizzazione dei centri storici, con misure volte non soltanto alla conservazione
del patrimonio, ma anche all’insediamento di servizi e nuove funzioni compatibili con il loro
ruolo territoriale, nonché alla messa in sicurezza dello stesso rispetto al rischio sismico…
4.1.3. VALORIZZAZIONE DELLA MONTAGNA E DELLE AREE RURALI
La Calabria oggi è morfologicamente, ambientalmente e socio-economicamente caratterizzata
da un prezioso quanto ampio territorio montano che rappresenta una delle sue più peculiari
caratteristiche. Infatti, come emerge dall’evoluzione dello spazio regionale, si può affermare
che sino agli anni ’50 del secolo scorso, la Calabria si è identificata sostanzialmente con il suo
territorio montano, dove abitava la maggioranza della popolazione e da cui provenivano le
risorse per la sopravvivenza. A partire dalla metà degli anni ’50 il quadro si è profondamente
trasformato. Un massiccio trasferimento di popolazione verso le aree costiere e di pianura ha
fatto venir meno quella organizzazione del territorio, indebolendo le forme di presidio umano
dell’entroterra a cui era legata anche l’identità sociale. Oggi il modo d’intendere i territori
montani, o genericamente i territori interni della Calabria, rinvia a due realtà ben distinte
anche se fra loro indissolubilmente intrecciate:
• un territorio montano naturale, caratterizzato da sistemi ambientali di grande valore
ecologico e paesaggistico, con migliaia di ettari di boschi, pascoli di alta quota, corsi
d’acqua ed emergenze geologiche, uno dei più ricchi ed importanti patrimoni naturali
del nostro paese. Sono presenti ben tre Parchi nazionali ed un Parco Regionale, che
insieme coprono un’area protetta di circa 270.000 ettari, cui deve aggiungersi l’area
del costituendo Parco della Catena Costiera Paolana, raggiungendo la notevole
estensione di circa 300.000 ettari di superficie protetta;
• un sistema insediativo diffuso, composto da circa 200 comuni nei quali vive una
popolazione attorno ai 600 mila abitanti, oltre un quarto dell’intera popolazione
regionale. Molti di questi centri, che non raggiungono neppure i 3.000 abitanti, sono
ancora oggi luoghi di in cui si conservano straordinarie tradizioni culturali, artistiche,
artigianali ed enogastronomiche, ma soprattutto stili di vita e una rete di relazioni
sociali che le grandi realtà urbane hanno ormai perso completamente.
• L’economia di queste aree ha un carattere prevalentemente agricolo, con un’agricoltura
di grande qualità ma di bassa produttività, che non consente elevati redditi e livelli
occupazionali. Il perdurare dei processi di spopolamento ed abbandono generano
preoccupanti rischi di conservazione di un patrimonio di grande valore.
• Obiettivo fondamentale del QTR/P è di invertire la tendenza allo spopolamento ed
alla debolezza del sistema economico dell’interno agendo sull’integrazione fra attività
tradizionali di carattere agricolo ed artigianale e nuove attività turistiche (turismo
verde, culturale ed enogastronomico) che possono essere promosse valorizzando
231
•
•
•
•
adeguatamente lo straordinario patrimonio naturale esistente. Perché ciò sia possibile
occorre affrontare la difficile sfida di un modello di sviluppo sostenibile e fattibile,
coniugando ed armonizzando politiche di tutela e valorizzazione, in modo che le risorse
esistenti possano essere adeguatamente utilizzate ai fini dello sviluppo, ma senza
alterare le qualità ecologiche, paesaggistiche e storico culturali. Si tratta di integrare
nel segno della sostenibilità le politiche di conservazione dell’ambiente naturale, che
interessano soprattutto i perimetri interni delle aree protette, con le politiche territoriali
per lo sviluppo economico e sociale dei centri più prossimi al parco e dell’intero mondo
rurale calabrese.
La visione che il QTR/P propone è quella di un grande parco-territorio esteso su quasi
metà della Regione, che offre tanto il suo patrimonio ambientale, paesaggistico e
insediativo quanto le tradizioni culturali locali come motivo di attrazione che rafforza
le valenze tipiche dei parchi naturali esistenti al suo interno. Un simile programma di
sviluppo sostenibile è possibile solo creando le condizioni per rallentare e frenare i
processi di spopolamento. Dovrà dunque essere garantito almeno un adeguato livello
di accesso ai servizi a carattere socio assistenziale, culturale e formativo, nonché il
sostegno alle iniziative di recupero di tutte le strutture insediative che si presentano in
condizioni di degrado e che contribuiscono all’allontanamento dei residenti. Lo Schema
Territoriale propone in particolare i seguenti obiettivi specifici per le aree montane:
migliorare la qualità dell’offerta ricettiva e dei servizi turistici, puntando sulla
creazione di una Rete dell’ospitalità diffusa, in grado di valorizzare il ricco tessuto
dell’imprenditoria familiare, e sul potenziamento dei servizi turistici;
valorizzare il sistema economico produttivo (produzioni agricole tipiche locali),
ovvero promuovere e favorire la creazione di aree produttive e commerciali attrezzate,
da realizzarsi prioritariamente mediante consorzi di imprese ed associazioni di
comuni, per la lavorazione dei prodotti agricoli tipici e tradizionali e per lo sviluppo
dell’artigianato di qualità;
promuovere l’integrazione tra aree interne e costiere, migliorando in particolare il
232
sistema di comunicazione mare - monti, recuperando dove possibile i vecchi tracciati
delle ferrovie locali e realizzando corridoi di connessione ambientale lungo il corso
delle principali fiumare...La Calabria oggi è morfologicamente, ambientalmente e
socio-economicamente caratterizzata da un prezioso quanto ampio territorio montano
che rappresenta una delle sue più peculiari caratteristiche. Infatti, come emerge
dall’evoluzione dello spazio regionale, si può affermare che sino agli anni ’50 del
secolo scorso, la Calabria si è identificata sostanzialmente con il suo territorio
montano, dove abitava la maggioranza della popolazione e da cui provenivano
le risorse per la sopravvivenza. A partire dalla metà degli anni ’50 il quadro si è
profondamente trasformato. Un massiccio trasferimento di popolazione verso le
aree costiere e di pianura ha fatto venir meno quella organizzazione del territorio,
indebolendo le forme di presidio umano dell’entroterra a cui era legata anche l’identità
sociale. Oggi il modo d’intendere i territori montani, o genericamente i territori interni
della Calabria, rinvia a due realtà ben distinte anche se fra loro indissolubilmente
intrecciate:
–– un territorio montano naturale, caratterizzato da sistemi ambientali di grande valore
ecologico e paesaggistico, con migliaia di ettari di boschi, pascoli di alta quota, corsi
d’acqua ed emergenze geologiche, uno dei più ricchi ed importanti patrimoni naturali
del nostro paese. Sono presenti ben tre Parchi nazionali ed un Parco Regionale, che
insieme coprono un’area protetta di circa 270.000 ettari, cui deve aggiungersi l’area
del costituendo Parco della Catena Costiera Paolana, raggiungendo la notevole
estensione di circa 300.000 ettari di superficie protetta;
–– un sistema insediativo diffuso, composto da circa 200 comuni nei quali vive una
popolazione attorno ai 600 mila abitanti, oltre un quarto dell’intera popolazione
regionale. Molti di questi centri, che non raggiungono neppure i 3.000 abitanti, sono
ancora oggi luoghi di in cui si conservano straordinarie tradizioni culturali, artistiche,
artigianali ed enogastronomiche, ma soprattutto stili di vita e una rete di relazioni
sociali che le grandi realtà urbane hanno ormai perso completamente. L’economia di
233
queste aree ha un carattere prevalentemente agricolo, con un’agricoltura di grande
qualità ma di bassa produttività, che non consente elevati redditi e livelli occupazionali.
Il perdurare dei processi di spopolamento ed abbandono generano preoccupanti rischi
di conservazione di un patrimonio di grande valore. Obiettivo fondamentale del QTR/P
è di invertire la tendenza allo spopolamento ed alla debolezza del sistema economico
dell’interno agendo sull’integrazione fra attività tradizionali di carattere agricolo ed
artigianale e nuove attività turistiche (turismo verde, culturale ed enogastronomico)
che possono essere promosse valorizzando adeguatamente lo straordinario patrimonio
naturale esistente. Perché ciò sia possibile occorre affrontare la difficile sfida di un
modello di sviluppo sostenibile e fattibile, coniugando ed armonizzando politiche di
tutela e valorizzazione, in modo che le risorse esistenti possano essere adeguatamente
utilizzate ai fini dello sviluppo, ma senza alterare le qualità ecologiche, paesaggistiche
e storicoculturali. Si tratta di integrare nel segno della sostenibilità le politiche di
conservazione dell’ambiente naturale, che interessano soprattutto i perimetri interni
delle aree protette, con le politiche territoriali per lo sviluppo economico e sociale
dei centri più prossimi al parco e dell’intero mondo rurale calabrese. La visione che
il QTR/P propone è quella di un grande parco- territorio esteso su quasi metà della
Regione, che offre tanto il suo patrimonio ambientale, paesaggistico e insediativo
quanto le tradizioni culturali locali come motivo di attrazione che rafforza le valenze
tipiche dei parchi naturali esistenti al suo interno. Un simile programma di sviluppo
sostenibile è possibile solo creando le condizioni per rallentare e frenare i processi di
spopolamento. Dovrà dunque essere garantito almeno un adeguato livello di accesso
ai servizi a carattere socio assistenziale, culturale e formativo, nonché il sostegno alle
iniziative di recupero di tutte le strutture insediative che si presentano in condizioni di
degrado e che contribuiscono all’allontanamento dei residenti. Lo Schema Territoriale
propone in particolare i seguenti obiettivi specifici per le aree montane:
–– migliorare la qualità dell’offerta ricettiva e dei servizi turistici, puntando sulla
creazione di una Rete dell’ospitalità diffusa, in grado di valorizzare il ricco tessuto
dell’imprenditoria familiare, e sul potenziamento dei servizi turistici;
–– valorizzare il sistema economico produttivo (produzioni agricole tipiche locali),
ovvero promuovere e favorire la creazione di aree produttive e commerciali attrezzate,
da realizzarsi prioritariamente mediante consorzi di imprese ed associazioni di
comuni, per la lavorazione dei prodotti agricoli tipici e tradizionali e per lo sviluppo
dell’artigianato di qualità;
–– promuovere l’integrazione tra aree interne e costiere, migliorando in particolare il
sistema di comunicazione mare - monti, recuperando dove possibile i vecchi tracciati
delle ferrovie locali e realizzando corridoi di connessione ambientale lungo il corso
delle principali fiumare.” (Regione Calabria, QTRP, o. c.).
Negli atti di analisi allo stato prodotti dalla Regione Calabria, in riferimento all’area del PSA
di Varapodio, Molochio e Terranova Sappo Minulio, tra l’altro si legge: “L’estremo lembo
meridionale della catena Appenninica italiana è chiusa dai miliari dell’Aspromonte, l’ultimo
grande ecosistema interno calabro. Di recente nell’area è stato istituito l’omonimo Parco
Nazionale (D.P.R. 14.1.1994). “Il massiccio aspromontano si presenta a guisa di un grande
sei, posto a cavallo tra il Mare Ionio ed il Tirreno ed a brevissima distanza da entrambi. La
sua porzione più meridionale è costituita da un vastissimo acrocoro, con forme che vagamente
ricorda un cono vulcanico, ruotante attorno alla sua vetta più alta costituita dal Montalto
(1956m slm.), dal quale si diparte verso nord-est una dorsale dal profilo irregolare, lunga
circa venti chilometri ed estremamente stretta. L’acrocoro si presenta con un’altitudine media
piuttosto elevata, annoverando diverse cime prossime ai 2000 metri. La lunga dorsale, invece,
degrada progressivamente sino agli 820 metri dei Piani della Limina, che segnano il confine
234
geografico tra l’Aspromonte e le Serre. Oltre alle zone pianeggianti presenti lungo la dorsale
- Piani di Zervò, Piani dello Zillastro, Piani di Moleti, Piani dello Zomaro ed altri ancora - la
porzione più meridionale del massiccio, soprattutto sul versante tirrenico, è circondato da ampi
altipiani di origine quaternaria che le fanno da cornice ad una quota posta attorno ai 1000
metri. Piani di S.Eufemia, Campi di Reggio, Campi di Cardeto, Piani di Carmelia, sono solo
alcuni di essi. Tutte le aree pianeggianti, un tempo interamente coltivate, oggi si presentano in
forte e progressivo abbandono. Dagli anni ‘70, inoltre è in atto una loro massiccia riforestazione
con conifere che dovrebbero essere preparatorie per l’esternarsi del bosco al latifoglie, tipico
del comprensorio. Dalle fonti poste sulle porzioni più elevate del massiccio si originano tutti i
torrenti che solcano il territorio della provincia di Reggio, con andamenti assai aspri e scoscesi
sulla ionica, più dolci verso la costa tirrenica, specie nella Piana di Gioia Tauro, verso i cui
territori pianeggianti l’Aspromonte di declina dolcemente. Più che nel resto della Calabria, però,
tutta l’orografia del territorio è caratterizzata dalle vallette, lunghe, strette e talora scoscese,
formate dai piccoli corsi d’acqua. L’Aspromonte possiede valori naturalistici e panoramici di
unicità, spiegati già dal suo configurarsi come estrema terrazza appenninica sul mediterraneo.
“La vegetazione naturale non può che risentire della accidentata orografia. Ciò, unitamente
alla peculiare posizione geografica del massiccio, concorre a caratterizzare notevolmente le
associazioni floristiche che risultano quindi fortemente condizionate dalle differenti situazioni
microclimatiche presenti. Se si parlasse per l’Aspromonte di zone fitoclimatiche ben strutturate
con divisioni nette, si commetterebbe un errore. E’ frequente, infatti, che si verifichino continui
sconfinamenti verso il basso o verso l’alto si specie vegetali o di intere associazioni. E’ questo
il caso del faggio, presente ben al di sotto della propria regione altimetrica ed a ciò sono
probabilmente dovute alcune rarità, da clima tropicale, come la Woodvardia radicans. Altre
presenze significative sono: l’erica, il cisto, il lentisco, ancora la macchia mediterranea con
specie tipiche: quercia, corbezzolo, cillirea; quindi altre specie immesse artificialmente:
cipresso, robinia, ailanto. Tipiche presenze in zone sono il faggio, l’abete bianco ed il pino
montano e marittimo e laricio. Meno ricca è la presenza faunistica: aquila reale e del Bonelli,
capovaccaio; alcuni importanti mammiferi sono scomparsi: tra essi cervo, capriolo, la lontra.
Di recente sono invece riapparsi il lupo e, di più, il cinghiale. Esistono molte altre specie
faunistiche di dimensioni più ridotte, tra cui salamandra, bombina, la testuggine terrestre ed
alcune specie di volatili tra cui falco pellegrino, sparviero e gufo reale.
La sommità del massiccio è disabitata, mentre una corona di vecchi nuclei anch’essi in via di
spopolamento, tranne qualche eccezione, caratterizza gli insediamenti di crinale in direzione
est, sud ed ovest. In direzione nord il massiccio si estende nei pianalti che proseguono verso
le Serre bruscamente interrotti dalla valle del Mesima. Un tempo intensamente coltivati, oggi
tali pianure d’altura sono segnate, all’estremo meridionale, dalla presenza dell’insediamento
turistico di Gambarie e da altre
macchie sparse di insediamento,
legate al turismo o al consumo
sociale.
Appare evidente la
molteplicità
dei
tratti
che
potrebbero connotare il prossimo
progetto del Parco, che ancora non
esiste. Sono infatti tuttora vigenti
le norme di salvaguardia del
decreto istitutivo che prevedono
semplicemente una zona centrale
di tutela integrale ed una zona
di tutela speciale, in cui sono
ammesse alcune attività (esclusa,
235
naturalmente, la caccia).” (Regione
Calabria, QTRP, “Relazione”).
Allo stato, in attesa dell’approvazione
del QTR, per legge, assumono il
valore di QTR le “Linee Guida della
Pianificazione Regionale”.
Per mezzo dell’Università di Reggio
Calabria, Facoltà di Architettura,
la Regione ha avviato, anche, la
redazione della “Carta dei Luoghi”
e, in riferimento all’area di interesse
si ricavano alcune analisi che fanno
catalogare i tre comuni del PSA nei
diversi sistemi insediativi individuati:
“Sistemi portanti
La città diffusa della Piana
Ambito insediativo policentrico che
occupa l’area pianeggiante compresa
tra i fiumi Mesima e Petrace. Si
presenta come un insediamento a
carattere diffuso attestato su un asse
costiero tra Palmi e Rosarno e su uno
interno tra Polistena, Cinquefrondi e
Cittanova. Le due parti sono ormai
saldate per l’emergere e l’allargarsi
di nuovi nuclei disseminati nella
campagna. I centri di maggiore
dimensione si distinguono per la dotazione di attrezzature e servizi medio alta ma soddisfacente
è anche la dotazione degli altri centri che nel complesso costituiscono un entroterra con
buone potenzialità. L’ambito in virtù della localizzazione strategica, della presenza del polo
di sviluppo industriale afferente all’ASI, dell’infrastruttura del porto commerciale di Gioia
Tauro e del retroterra a forte vocazione agricola specialistica, si configura per le funzioni
di interscambio come un ambito fondamentale per lo sviluppo della Regione. All’interno
dei perimetri degli ambiti urbani, in termini di morfologia insediativa, si distinguono centri
urbani elementari caratterizzati da un forte rapporto con la configurazione orografica, con
tessuti compiuti ma privi di emergenze, e centri con tessuti più strutturati organizzati intorno a
polarità ed emergenze architettoniche. Si distinguono inoltre i tessuti regolari ortogonali degli
insediamenti tardo settecenteschi di nuova fondazione, nonché la consistenza dell’edificato
diffuso nel territorio agricolo.
Appartengono a questo ambiente i centri di: Gioia Tauro (17.762 ab.); Palmi (19.435 ab.);
Taurianova (15.799 ab.); Rosarno (15.051 ab.); Polistena (11.591 ab.); Bagnara ( 11.230 ab.);
Cittanova (10.675 ab.); Rizziconi (7.650 ab.); Cinquefrondi (6.461 ab.); Laureana di Borrello
(5.709 ab.); Melicucco (4.996 ab.); San Ferdinando (4.339 ab.); S. Giorgio Morgeto (3.384
ab.); Seminara (3.352 ab.); Anoia (2.378 ab.); Varapodio (2.329 ab.); Galatro (2.307 ab.).
La forte vocazione agricola dell’area rende necessarie azioni di controllo dell’edificato
diffuso al fine della salvaguardia dei valori produttivi. Altrettante necessarie sono azioni di
risanamento, recupero e riqualificazione degli ambiti urbani consolidati. Resta inteso che il
nodo problematico di quest’area, che ne condiziona da sempre ogni ipotesi di sviluppo è il vero
mancato decollo dell’area industriale e l’adeguato utilizzo del porto di Gioia Tauro che per
caratteristiche funzionali e ubicazione geografica potrebbero costituire un riferimento per i
236
trasporti via mare dell’intero Mediterraneo. Riqualificare
le potenzialità attuali, il ruolo di cerniera verso le
aree ioniche e il ruolo di propaggine settentrionale
dei collegamenti dell’Area dello Stretto e dei traffici
internazionali con valenza mediterranea è dunque
l’obiettivo prioritario da perseguire per lo sviluppo
dell’intera Regione.
Sistemi minori
Giffone (2.182 ab.); Feroleto della Chiesa (1.872 ab.);
Maropati (1.736 ab.); S. Pietro di Caridà (1.715 ab.);
Serrata (964 ab.); Terranova Sappio Minulio (537 ab.);
Candidoni (410 ab.).
La forte vocazione agricola dell’area rende necessarie
azioni di controllo dell’edificato diffuso al fine della
salvaguardia dei valori produttivi. Altrettante necessarie
sono azioni di risanamento, recupero e riqualificazione
degli ambiti urbani consolidati.
Resta inteso che il nodo problematico di quest’area, che
ne condiziona da sempre ogni ipotesi
di sviluppo è il vero mancato decollo dell’area
industriale e l’adeguato utilizzo del porto di Gioia Tauro che per caratteristiche funzionali e
ubicazione geografica potrebbero costituire un riferimento per i trasporti via mare dell’intero
Mediterraneo.
Riqualificare le potenzialità attuali, il ruolo di cerniera verso le aree ioniche e il ruolo di
propaggine settentrionale dei collegamenti dell’Area dello Stretto e dei traffici internazionali
con valenza mediterranea è dunque l’obiettivo prioritario da perseguire per lo sviluppo
dell’intera Regione.” Calabria-Facoltà di Architettura-Dipartimento AACM, “Carta dei
Luoghi”, “Rapporto”).
237
QUADRO PROVINCIALE
“nell’ordine simbolico l’urbis
è anche la manifestazione della sfera politica
in tutta la sua articolazione e complessità”
M. Romano
Altro riferimento fondamentale del Quadro della pianificazione sopraordinata è il Piano
Territoriale di Coordinamento della Provincia di Reggio Calabria, il quale nel delineare i
“Principi costitutivi della politica territoriale della Provincia”, così si esprime:
“Quale modello di sviluppo
E’ noto come il modello di sviluppo oggi dominante sia basato sul principio della “crescita
illimitata”, che deriva dalla necessità di incrementare continuamente il mercato di compravendita
di beni e servizi. Secondo questa scuola di pensiero, la certificazione dell’andamento di crescita
avviene attraverso parametri di natura economica, di cui tipici esempi sono il Prodotto Interno
Lordo (PIL), il volume di scambi commerciali o ancora gli indicatori di borsa. Le decisioni
relative alla società ed ai suoi individui derivano da questi parametri, rispetto ai quali ogni
altro fattore è dunque una “variabile dipendente”. Questo modello è ormai oggetto di forti
critiche, per la sua evidente incongruenza con la capacità di rigenerazione dell’ecosistema, ma
soprattutto per gli intensi processi di sfruttamento di ampie fasce di popolazione che si sono
ormai consolidati a tutti i livelli, da quello planetario a quello locale. A questo modello si può
contrapporre un’altra visione, che si basi non solo (o non tanto) su parametri econometrici, ma
su indicatori di benessere sociale e individuale. L’attenzione che da qualche tempo si presta ai
problemi ambientali ha prodotto indirizzi e procedure di valutazione che fanno in qualche modo
riferimento a questo approccio: si tenta di porre limiti alle quantità di inquinanti e all’utilizzo di
risorse limitate o non riproducibili: il concetto di sostenibilità è ormai sempre presente in ogni
programma, piano o progetto di qualsiasi natura. Ma tale concetto trova una sua ambiguità di
238
fondo quando non sia associato alla volontà di mettere in discussione il modello di sviluppo,
ma solo a limitarne gli effetti più perversi. Così, l’obiettivo di sostenibilità tende comunque a
considerare il patrimonio ambientale come funzionale al processo di crescita; questa è una
evidente contraddizione, perché è impensabile sostenere un obiettivo di mantenimento della
funzionalità ecologica muovendosi nella prospettiva di un sempre maggiore e selezionato
utilizzo delle risorse naturali. I cambiamenti climatici che stiamo subendo in questi ultimi anni
ne sono una testimonianza tanto concreta quanto drammatica. Stenta comunque a consolidarsi
una concreta strategia alternativa al principio di crescita economica, che si basi su una visione
diversa della società e dei suoi modi di vita. Una visione che ponga al centro l’aumento del
benessere non inteso in termini di possesso o di supremazia, ma basato su principi diversi
come l’uguaglianza sociale, la parità nei diritti e nei doveri, la collaborazione, la solidarietà,
l’integrazione, la partecipazione collettiva alle scelte; e anche su fattori inerenti la sfera
culturale, sentimentale, estetica di ogni individuo e collettività.
Se si intende contribuire al rafforzamento di questa alternativa, anche la pianificazione
territoriale può svolgere una importante funzione, assumendo le seguenti opzioni di fondo:
• intendere l’aumento di benessere come esito di azioni di carattere collaborativo
e cooperativo che stimolino a raggiungere quadri di vita desiderati e condivisi,
organizzati dal basso piuttosto che imposti dall’esterno;
• favorire l’individuazione delle risorse considerate costitutive dell’identità locali e
indispensabili per il raggiungimento dei quadri di vita;
• favorire l’aumento del benessere senza che venga intaccato il patrimonio di risorse
naturali, materiali e culturali costitutive, perseguendo così una logica di risparmio e di
parsimonia;
• definire un utilizzo delle risorse naturali locali che migliori la funzionalità degli
ecosistemi;
• avviare processi di utilizzo delle risorse culturali locali non rivolti solo alla
conservazione, ma anche al loro rinnovo e sviluppo, secondo il principio di
239
consapevolezza e responsabilità;
• giungere alle decisioni attraverso un processo di interazione sociale che sia in grado di
coinvolgere tutte le componenti della collettività locale, ed in cui la Provincia assuma
un ruolo di guida, di orientamento, di facilitazione, anche nei rapporti con i soggetti
esterni da coinvolgere.” (PTCP della Provincia di Reggio Calabria, “Strategie di
Piano”).
E, successivamente, il Piano Territoriale Provinciale individua gli “Obiettivi strategici
prioritari”: “In base ai principi costitutivi della politica di assetto territoriale della Provincia
ora proposti, sono stati definiti gli obiettivi strategici prioritari, dunque i punti di vista che si
ritengono decisivi per progettare lo sviluppo del territorio. Gli obiettivi strategici prioritari
sono:
a. Realizzazione di una compiuta ecologia del territorio, mediante la tutela e valorizzazione
delle risorse naturali, paesaggistiche e insediative.
b. Valorizzazione del patrimonio ambientale, storico-culturale e identitario ai fini di una fruizione consapevole e compatibile.
c. Miglioramento dei quadri di vita, attraverso uno sviluppo armonico dell’insediamento, dei
servizi di qualità, delle reti infrastrutturali e dei servizi di trasporto.
d. Sviluppo consapevole e sostenibile delle economie locali.
e. Realizzazione di una progettualità congrua e sinergica e partecipata.
f. Costruzione di una rete di informazione dinamica ed accessibile.” (Cfr. PTCP della Provincia di Reggio Calabria, “Strategie di Piano”).
E, tra le azioni strategiche individuate dal PTCP in riferimento al territorio del PSA, vi è quella
catalogata come n. 9, di “Strutturazione e sviluppo dell’offerta di fruizione in territori densi di
trame identitarie”: “Le Linee di intervento specifiche riguardano la realizzazione e promozione
di progetti integrati per un’offerta di territorio attraente e accogliente che dovranno contenere:
• Promozione di una forte integrazione e differenziazione funzionale e localizzativa di
ricettività (alberghiera, extra-alberghiera, alberghi diffusi in centri storici minori,
ricettività rurale, ecc.) integrata con quella dei nodi potenziali del sistema turistico
previsti dall’Azione strategica 13.
• Attivazione di processi di destagionalizzazione, razionalizzazione del sistema dei servizi
e della ricettività e di integrazione con il patrimonio delle risorse culturali, nonché
processi di innovazione.
• Strutturazione di reti di interesse storico-culturale sulle quali costruire ipotesi di
valorizzazione di realtà locali ben identificabili.
• Valorizzazione del patrimonio identitario della società locale che si esprime attraverso
il folklore, gli eventi legati al culto e le manifestazioni culturali anche di recente
istituzione.
• Integrazione con le risorse e le azioni relative ai fulcri previste dall’Azione strategica
10.
• Strutturazione delle connessioni veloci e lente con la razionalizzazione della rete
dei sentieri esistenti e la creazione di percorsi di accesso ai beni storico-artistici ed
etnoantropologici anche sparsi e isolati.
Gli ambiti interessati sono territori a forte potenzialità di sviluppo, densi di risorse ad alta
valenza culturale-identitaria e paesaggistico-ambientale, con presenza di piccoli centri urbani,
elementi puntuali e di una rete connettiva lenta capaci di strutturare reti di interesse storicoculturale sulle quali costruire ipotesi di valorizzazione di realtà locali ben identificabili e di
promozione del patrimonio identitario della società locale. Queste aree comprendono, oltre
all’offerta ricettiva, anche i centri termali, il patrimonio naturalistico, le aree archeologiche, e
il patrimonio storico-architettonico e culturale fortemente caratterizzante. La valorizzazione,
240
dunque, deve riguardare nel complesso l’ambito nel panorama più ampio dell’identità dei luoghi
e nella sua rappresentazione che si esprimono attraverso il folklore, gli eventi legati al culto e
le manifestazioni culturali anche di recente istituzione. I Territori densi Si strutturano intorno
ad uno o più fulcri ai quali è possibile agganciare progetti integrati. Concorre a delineare gli
ambiti anche la presenza di paesaggi rurali caratterizzanti, parchi antropici e parchi letterari.
Nello specifico questi ambiti sono:
• Costa viola
Versante collinare e montano tirrenico Reggino
• Area grecanica
• Locride
• Vallata dello Stilaro e dell’Allaro.” (Cfr. PTCP della Provincia di Reggio Calabria,
“Preliminare”).
Appare da rilevare, ancora, una riflessione inserita nel PTCP della Provincia di Reggio
Calabria a proposito delle prescrizioni del PAI e della necessita di un nuovo e diverso approccio
al problema della tutela delle aree esondabili: “La perimetrazione delle aree inondabili per le
cosiddette “zone di attenzione” e “punti di attenzione” appare del tutto estemporanea, priva
di presupposti tecnico scientifici e con effetti talora grotteschi quando senza nessun elemento
fisico e/o geografico si demarca una separazione tra aree a rischio e aree non a rischio del
tutto incomprensibile. Il meccanismo di revisione, infine, appare farraginoso e costoso per le
amministrazioni e potrebbe risultare poco trasparente, dal momento che i dati di base utilizzati
per la delimitazione delle aree non sono pubblici. Molto più logico sarebbe stato affidare la
riperimetrazione delle aree a rischio agli stessi soggetti che avevano effettuato la prima, in
alcuni casi superficiale, perimetrazione.
Tuttavia, per i vincoli formali che pone, il PAI è uno strumento da tenere ben presente
nell’analisi del rischio nel territorio calabrese e pertanto si deve necessariamente fare ad esso
ampio riferimento.” (Cfr. PTCP della Provincia di Reggio Calabria, “Strategie di Piano”).
Detta impostazione, assolutamente condivisibile, indica puntuali direttrici di programmazione.
241
QUADRI COMPRENSORIALI
PIANO DEL PARCO NAZIONALE DELL’ASPROMONTE
“L’Aspromonte merita il nome che porta.
E’ un’agglomerazione incredibilmente aspra
di colli e valloni, e la geologia…
rivela un caos assoluto di rocce di ogni età,
contorte e aggrovigliate da terremoti
ed altri cataclismi del passato…”
N. Douglas
Parte del territorio del Piano Strutturale Associato (porzioni dei territori comunali di
Varapodio e Molochio) è ricompresa all’interno del Parco Nazionale dell’Aspromonte che nel
2007 si è dotato di un Piano del Parco, nella cui Relazione, tra l’altro, si legge, nelle premesse: “
L’istituzione di un parco, nazionale o regionale, è sempre un eccezionale avvenimento culturale
e scientifico, sociale e politico. E’ l’affermazione degli interessi della collettività nazionale ed
internazionale, un atto di rispetto per le generazioni future, un attestato di sensibilità nei confronti
di valori che ogni giorno di più si dimostrano indispensabili per la stessa sopravvivenza del
pianeta. L’istituzione del Parco Nazionale dell’Aspromonte, in particolare, ha rappresentato
un momento importante per la tutela di uno degli ambienti naturali più interessante d’Italia,
dove la notevole variabilità geomorfologica, climatica, floristica e vegetazionale si manifesta
nel territorio attraverso una grande ricchezza naturalistica, una biodiversità di assoluto valore,
una molteplicità di paesaggi caratteristici. Il passaggio dall’iniziale fase normativa ed istitutiva
ad un modello organizzativo di area protetta richiede, tuttavia, uno sforzo non indifferente ed
un impegno particolarmente attento, per affrontare e risolvere complessi e delicati problemi
di impatto sociale. L’idea del parco “vincolo” continua, infatti, a influenzare le reazioni delle
popolazioni residenti.
Dopo i primi anni di difficile fondazione, l’approccio metodologico, con cui gli Amministratori
dell’Ente hanno fatto fronte a tali difficoltà, è stato quello di ricercare il consenso delle
popolazioni che operano nell’ambito del Parco con la consapevolezza che non si può
proteggere un’area contro la volontà dei suoi abitanti. Da ciò è scaturito un paziente lavoro
di illustrazione, spiegazione, chiarimento e costruzione di un Parco di “conservazione attiva”,
in cui l’ecologia è pensata come “scienza delle relazioni” e la natura come sistema dinamico,
come spazio per la sperimentazione di un rapporto uomo- natura-risorse e quindi strumento
per lo sviluppo della qualità della vita. Un Parco, dunque, che conserva le caratteristiche del
paesaggio e dell’ambiente aspromontano, ma che nello stesso tempo esalta tutti i fattori di
sviluppo sociale ed economico presenti nel territorio, offrendo una irrepetibile opportunità di
riscatto e di progresso... La logica che ha ispirato le strategie di Piano è stata la valorizzazione
dell’esistente per individuare e promuovere quei punti di forza capaci di trasformarsi in un
modello trainante, attraverso le idee e le speranze degli abitanti di oggi e di domani. Secondo
le disposizioni normative e le indicazioni degli Organi del Parco, il Piano è stato impostato
su un modello realistico di Parco, fondato sulla aggregazione di due grandi aree: l’area di
“riserva integrale e orientata” costituita dalle zone A e B e l’area di “protezione a sviluppo
controllato”, costituita dalle zone C e D, caratterizzate da una progressiva attenuazione dei
vincoli e divieti, e, per converso da un incremento delle attività esercitabili ed incentivabili. In
questo contesto il trasferimento nel territorio di attività ad alto valore aggiunto e basso impatto
ambientale ha rappresentato la scelta strategica: rivitalizzare le aree interne, accrescendone
gli spazi culturali, ricreativi, di lavoro qualificato allo scopo di rendere più vivibili i centri
242
urbani ed i villaggi...” (Ente Parco dell’Aspromonte, “Piano del Parco”, “Relazione”).
La Relazione prosegue individuando metodologie ed obiettivi del piano: “Negli ultimi decenni
il numero e la superficie delle aree naturali protette, molte delle quali poste in contesti territoriali
densamente popolati e/o inseriti all’interno di importanti flussi turistici, sono aumentati in
modo così rilevante, da determinare l’esigenza di un approccio gestionale integrato capace di
rispondere ai diversi bisogni sia di conservazione e tutela delle aree naturali sia di sviluppo
produttivo e socio economico. Ed inoltre la crescita della domanda di servizi orientata sugli
spazi naturali e l’aumento delle risorse destinate alle aree protette fanno sì che in molti paesi
europei i Parchi siano percepiti e riconosciuti dalla collettività quali agenti dello sviluppo, anche
occupazionale , in risposta ai complessi processi e trasformazioni connessi all’attuale fase di
transizione post-industriale, alla globalizzazione ed alla tendenza di recupero delle culture
locali. Ed ancora l’obiettivo della promozione dello sviluppo sostenibile, accanto ai compiti di
tutela e conservazione, sottolinea l’importanza del ruolo che viene assegnato al Parco quale
soggetto istituzionale capace di rispondere e aprire nuove prospettive alle crescente domanda
di sviluppo del turismo “nature based”, così come di fronteggiare e risolvere i problemi di
degrado del territorio e di depauperamento e marginalizzazione economica e sociale di vaste
aree interne. Per queste ragioni, a fronte di una più generale crisi della pianificazione in molti
gli altri settori, i parchi dotati di piano in Europa sono il 52% ed in Italia il 53 % (Ced-ppn,
1994-2000) e molti altri stanno procedendo alla sua elaborazione. L’attività di pianificazione
risponde, infatti, in maniera coordinata e coerente alla complessità di compiti e attese
connesse all’istituzione e gestione di una area protetta, in stretta relazione con lo specifico
contesto - territoriale, economico e culturale, come raccomandato dalla Conferenza di Rio,
che ha sottolineato l’esigenza di territorializzare le politiche ambientali, promuovendo forme
di sviluppo sostenibile specificatamente collegate alle risorse, condizioni e opportunità delle
diverse aree territoriali.
Il Piano del Parco è quindi uno strumento concreto per riqualificare e valorizzare il governo
del territorio nella prospettiva dello sviluppo sostenibile, attraverso il perseguimento di
numerosi e complessi obiettivi, di cui la IUCN che, nella classificazione internazionale delle
aree protette (1994 – 1998), ha fornito un elenco significativo seppure non esaustivo:
• ricerca scientifica;
• protezione delle aree selvagge;
• conservazione delle specie e della diversità genetica;
• mantenimento delle funzioni di servizio ambientale;
• protezione di specificità naturali/culturali,;
• turismo e ricreazione;
• educazione;
• uso sostenibile di risorse naturali;
• mantenimento degli attributi culturali/tradizionali.
Per ognuno di tali obiettivi ogni area protetta deve adoperarsi nella sua attività di
pianificazione e gestione, attraverso percorsi di relazione, “calibrati” ai problemi peculiari
del contesto locale, alle sue particolari condizioni ecologiche, economiche, sociali e culturali
ed alle sue prospettive concrete di riqualificazione e di sviluppo...Gli approcci metodologici
che possono essere adottati nell’elaborazione del Piano per il Parco, si sono sviluppati in
maniera diversificata a partire dalle principali correnti di pensiero che hanno caratterizzato e
interpretato nel corso del tempo il rapporto uomo – natura...Come già evidenziato, tante sono
le definizioni e le accezioni del termine paesaggio nelle diverse culture: dalla predominanza
delle relazioni ecologiche alla percezione degli aspetti scenici e formali. Ma in qualunque
ambito culturale ci si voglia collocare per affrontare la questione è certo che il paesaggio, in
quanto specifico livello di organizzazione biologica e percezione complessa di elementi naturali
e umani stratificati, definisce inequivocabilmente l’identità culturale dei diversi luoghi. Per
243
questo motivo l’analisi per unità di paesaggio è la premessa per una progettazione ecosistemica
fondata sulla valorizzazione delle risorse locali; e la costruzione di una idonea cartografia di
base, che partendo dall’analisi fisiografica permetta di introdurre dati ambientali qualitativi,
diventa una necessità assoluta.
Il paesaggio, in quanto sintesi estetica dei comportamenti umani, è la migliore espressione
del rapporto realizzato tra sviluppo umano ed equilibrio ambientale. Tale approccio di analisi
è strettamente collegato nell’esperienza europea agli studi sulle reti ecologiche, vere e proprie
infrastrutture ambientali che connettono aree e unità ambientali e paesistiche differenti,
assicurando la tutela o la ricostruzione della continuità degli habitat, salvaguardando in
particolare i movimenti vitali di dispersione e migrazione e riducendo i rischi connessi
alla crescente suddivisione e insularizzazione (in primo luogo la perdita di biodiversità).
L’individuazione e la tutela delle reti ecologiche sono diventate tanto più importanti quanto
più l’azione antropica ha prodotto e produce la frammentazione del territorio, interrompendo
essenziali continuità ecologiche formatesi nel corso dei secoli.
Queste metodologie, maturate nell’ambito del dibattito sull’Ecologia del Paesaggio, sono
sostenute sempre da più parti nella pianificazione delle aree protette; così la redazione della
Carta della Natura (art.3 comma 3 della L. 394/91) è basata su un approccio complesso per
l’individuazione dello stato dell’ambiente in Italia, con la finalità di permettere (una volta
completata) una connessione tra i parchi in termini ecologici e funzionali e lo stesso Servizio
per la Conservazione della Natura del Ministero dell’Ambiente ha emanato un “Manuale per la
zonazione dei Parchi Nazionali” (a cura di F. Pedrotti, M. Sargolini, D. Gafta, 1997) centrato
sull’approccio sistemico e sulla ciclicità del processo di piano. Per le ragioni e le considerazioni
sopra esposte esse sono state adottate per la redazione degli strumenti di pianificazione del
Parco Nazionale dell’Aspromonte...Gli Organi del Parco hanno trattato la definizione degli obiettivi
e delle metodologie di redazione del Piano, del Regolamento e del Piano pluriennale economico e
sociale nel corso di un ampio dibattito,
iniziato nel primo quinquennio di attività
dell’Ente e concluso dopo l’insediamento
del nuovo Consiglio Direttivo.
In particolare con le deliberazioni nn.
3/99, 119/2000 e 9/2001 del Consiglio
Direttivo e n° 2/98, 2/99 e 3/2001 della
Comunità del Parco sono stati fissati gli
indirizzi generali della pianificazione e le
modalità operative di seguito riassunti:
• il Piano deve operare in sinergia
con il Regolamento e con il Piano
pluriennale economico e sociale e
deve garantire una gestione volta ad
armonizzare le esigenze di tutela del
territorio con quelle di sviluppo socioeconomico delle popolazioni residenti;
• il Piano deve essere dinamico,
partecipato, modificabile e costruito
su sistemi intelligenti e deve costituire
un progetto territoriale sintetico in cui
il punto di arrivo è l’equilibrio;
• la partecipazione degli enti
istituzionali e delle comunità locali
all’elaborazione della pianificazione,
244
attraverso il coinvolgimento delle realtà istituzionali e di rappresentanza sociale,
l’acquisizione degli strumenti programmatici, lo scambio delle conoscenze e la
collaborazione degli uffici, è condizione essenziale per l’esito della stessa;
• la titolarità della predisposizione della pianificazione del Parco è attribuita all’Ufficio
di Piano, che si avvale della elaborazione di studi e dati da parte di esperti scientifici
di provata professionalità ed in possesso di approfondita conoscenza del territorio del
Parco;
• i soggetti in grado di offrire la collaborazione necessaria per la predisposizione dei
piani e del regolamento, con riferimento ai caratteri specialistici e multidisciplinari
degli apporti scientifici richiesti, sono costituiti dalle Università o da altri Enti di
ricerca;
• le relazioni ed i dati forniti dai collaboratori dell’Ufficio di Piano debbono essere
predisposte in modo da permettere il loro inserimento nel Sistema Informativo
Territoriale e Ambientale (S.I.T.A.) e la predisposizione delle carte tematiche utili
a definire gli indirizzi per la zonizzazione del Parco. Contestualmente il sistema deve
immagazzinare, trattare e confrontare tutti i dati necessari ad operare le scelte inerenti al Piano
economico e sociale...La Legge quadro sulle aree protette presta particolare attenzione
agli ecosistemi vulnerabili, con rilevante valore naturalistico e ambientale, indicando
che per questi ambiti speciali siano previste forme di tutela e di gestione capaci di
garantire le seguenti finalità:
• conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di
singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di
biotopi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e
idrogeologici, di equilibri ecologici;
• applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una
integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori
antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e
tradizionali;
• promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche
interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili;
• difesa e ricostruzione degli equilibri idraulici e idrogeologici.
La ricerca progettuale della massima tutela delle risorse presenti in armonia con lo sviluppo
sociale ed economico delle popolazioni residenti costituisce pertanto la finalità del Piano del
Parco Nazionale dell’Aspromonte.
In ordine di priorità gli obiettivi generali del Piano possono così riassumersi:
• salvaguardia e mantenimento delle unità ambientali non compromesse o debolmente
compromesse;
• restauro ambientale dei siti ad elevato valore ecologico in via di compromissione;
• riqualificazione ambientale e promozione delle attività umane compatibili nelle aree
con minore valore ecologico, caratterizzate da una maggiore antropizzazione e da
processi di degrado.” (Ente Parco dell’Aspromonte, “Piano del Parco”, “Relazione”).
In riferimento ai comuni di Varapodio e di Molochio la Relazione non approfondisce
particolarmente l’analisi dei centri abitati in quanto esterni alla perimetrazione del Parco:
“Molochio, situata a 310 m.s.l.m. venne completamente distrutto dal sisma del 1783 e ricostruito
come larga parte dei centri della Piana. Il territorio comunale presenta architetture rurali
di un certo interesse. Sono forti le relazioni con la montagna ed infatti da Molochio si può
raggiungere il villaggio di Trepitò, che dista circa 10 Km, ed è dotato di strutture ricettive
legate alla ristorazione, da Trepitò (1.029 m.s.l.m.) si può procedere verso lo Zillastro e il
Sanatorio di Scido, nel cuore dell’Aspromonte, oppure verso lo Zomaro.
L’economia locale è legata all’agricoltura e alla lavorazione del legno.
245
Il centro di Molochio è situato su un terrazzo dell’ Aspromonte settentrionale, declinante
verso il margine sud orientale della Piana di Gioia Tauro interrotto da una profonda incisione
prodotta dal fiume Marro. Il paese nasce nel ‘400 come casale di Terranova, di cui seguì le
vicende feudali. Tra i diversi casati nobiliari si ricordano i Sanseverino, Santangelo, Caracciolo
di Gerace, Correale, Cordova, de Marinis, i Grimaldi Principe di Gerace che lo tennero dal
1574 al 1806, anno dell’eversione della feudalità. Fu distrutto dal terremoto del 1783, a cui
seguì un’epidemia che provocò oltre mille vittime che si aggiunsero a quelle rimaste sotto
le macerie. Divenne Comune nel 1811. Oggi si configura come un borgo agricolo con una
struttura urbanistica nettamente differenziata in tre zone: il nucleo antico, la zona sorta tra le
due guerre e quella di più recente edificazione...
L’ abitato di Varapodio è situato su un terrazzo declinante verso la Piana di Gioia Tauro tra
il torrente Calabro e il torrente Marro. Fu casale di Oppido; contesa tra le famiglie Ascaris
e Caracciolo tra il XV e il XVI secolo, passò nel 1611 agli Spinelli Duchi di Seminara che lo
mantennero fino al 1806; nel 1807 fu assegnato Luogo al Governo di Oppido. Fortemente
danneggiato dal terremoto del 1783 pare sia stato ricostruito senza un preciso disegno; anche
gli insediamenti più recenti so sono sviluppati a grappolo secondo un’espansione disordinata.
Nel suo territorio sono state rinvenute due zone di interesse archeologico probabilmente due
necropoli ellenistiche con interessanti reperti in argilla e in metallo...(nel museo di Reggio
Calabria) databile nel III secolo a.c. (località Tresilico). Nel paese troviamo la Chiesa di S.
Nicola; Chiesa di S. Stefano...” (Ente Parco dell’Aspromonte, “Piano del Parco”, “Relazione”).
Segue la definizione della zonizzazione: “Le Zone omogenee funzionali sono le seguenti:
• Aree di riserva integrale: Zona A;
• Aree di riserva generale orientata: Zona B;
• Aree di protezione: Zona C;
• Aree di promozione economica e sociale: Zona D.
• Aree speciali: Zone Cs e Ds.
La disciplina delle suddette aree discende dall’applicazione del comma 2, art. 12 L. 394/91.
sulla cui base, il Piano del Parco dell’Aspromonte prevede per ciascuna zona la seguente
articolazione di carattere generale.
• Le Zone A sono aree di riserva integrale, nelle quali l’ambiente naturale è conservato
nella sua integrità e cioè nella totalità dei suoi attributi naturali. Le zone di riserva
integrale sono prevalentemente reperite tra quelle di valore naturalistico più elevato
ovvero tra quelle che più si avvicinano alle condizioni di equilibrio naturale; in esse
si identificano areali con la massima concentrazione di elementi di rilevante interesse
biologico, idrologico, geomorfologico e paesaggistico e con la minima antropizzazione,
che ne garantisce la protezione dagli effetti di importanti fattori di degrado e rischio. Le
aree di riserva integrale presentano, pertanto, le specifiche e caratteristiche relazioni
tra i diversi fattori ambientali naturali presenti nell’ambito del territorio del Parco.
Nelle riserve integrali l’obiettivo del Piano è la conservazione delle caratteristiche
naturali, perseguita per il valore intrinseco del bene e per scopi di ricerca scientifica.
La finalità conservativa delle riserve integrali esclude, di norma, lo svolgimento di
attività antropiche, salvo i casi di interazioni ineliminabili tra fattori umani e fattori
naturali nonché i casi in cui lo svolgimento di tali attività umane sia volto a favorire
il perseguimento della massima naturalità; rientrano tra questi il recupero e la
riqualificazione di opere e manufatti esistenti, la salvaguardia del patrimonio culturale,
con esclusione tuttavia delle attività non compatibili.
• Le Zone B sono aree di riserva generale, nella quale l’obiettivo è la rinaturalizzazione.
Le aree di riserva orientata sono costituite in generale da areali di elevato pregio
naturalistico e paesaggistico, con maggiore grado di antropizzazione rispetto alle zone
A. Nelle zone di riserva generale orientata è perseguita, secondo i casi, la tutela degli
246
attuali valori naturalistici oppure il ripristino naturalistico, quando si tratti di sistemi
degradati con potenzialità di recupero. La naturalità è mantenuta e/o ripristinata
tramite la protezione, l’intervento attivo dell’Ente ed il mantenimento degli usi agrosilvopastorali tradizionali, compatibili con la conservazione. Il regime di riserva
generale orientata è compatibile, altresì, con la fruizione turistica e lo svolgimento
delle attività produttive, che non generano sensibili trasformazioni nella struttura
del territorio e dei suoi sistemi, al fine di non incrementarne la vulnerabilità. Nelle
zone B sono ammessi interventi di manutenzione ordinarla e straordinaria delle opere
esistenti, definiti secondo la legislazione nazionale e regionale vigente, gli interventi
di recupero e riqualificazione di infrastrutture, cave e discariche, nonché di altre
opere, manufatti e costruzioni esistenti, il prelievo e l’utilizzo delle risorse naturali
abiotiche e biotiche, nei casi di necessità per il benessere delle popolazioni locali
e per il miglioramento della riserva; sono di norma esclusi la costruzione di nuove
opere edilizie, l’ampliamento delle costruzioni esistenti, l’esecuzione di opere di
trasformazione del territorio.La finalità di conservazione delle caratteristiche naturali
delle aree di riserva orientata include la possibilità di mantenere forme compatibili
di uso agro-silvo-pastorale, le eventuali infrastrutture strettamente necessarie per le
utilizzazioni produttive tradizionali, la salvaguardia del patrimonio culturale costituito
dalle testimonianze immateriali e materiali dell’area protetta, nel rispetto della finalità
generale delle riserve orientate.
• Le Zona C sono aree di protezione, nelle quali sono ammesse costruzioni e
trasformazioni del territorio rivolte specificatamente alla valorizzazione dei fini
istitutivi del Parco (strutture turistico ricettive, culturali, aree di parcheggio,
agricoltura biologica, attività agro-silvo-pastorale, raccolta di prodotti naturali,
produzione artigianale di qualità, etc.).Le aree di protezione sono territori interessati
dalla presenza di ecosistemi, non alterati in modo intensivo dall’insediamento e dagli
usi umani; esse sono destinate alla conservazione ed all’uso ricreativo, educativo e
turistico, nonché allo svolgimento di attività umane, finalizzate allo sviluppo delle
comunità insediate, purché compatibili con la conservazione degli ecosistemi. Le
finalità di conservazione delle specie e della diversità biologica e di utilizzo turisticoricreativo delle aree di protezione comporta la necessità di applicare metodi di restauro
e forme di gestione ambientale volti a favorire l’ integrazione tra i fattori umani e fattori
ambientali, nel contesto degli ecosistemi da salvaguardare. Le aree di protezione sono,
pertanto, individuate tra quelle attualmente interessate da attività antropiche, che ne
improntano e ne condizionano gli assetti naturalistici e paesaggistici. Nel rispetto della
finalità di conservazione degli ecosistemi, l’Ente Parco sostiene lo sviluppo compatibile
delle popolazioni locali; a tal fine garantisce e promuove lo svolgimento delle attività
turistico-ricreative ed educative, la continuità delle tradizionali attività agro-silvopastorali, e l’artigianato di qualità, sia attraverso il recupero e il miglioramento delle
strutture e delle infrastrutture ad esse storicamente destinate, sia attraverso lo sviluppo
di un organico insieme di incentivi capaci di rendere economicamente e socialmente
sostenibile l’attività primaria. Il Piano riconosce la necessità di salvaguardare il
patrimonio culturale delle aree di protezione, costituito dalle testimonianze materiali ed
immateriali che hanno contribuito nel tempo a definire e a caratterizzare la ‘naturalità’
delle aree stesse, nel rispetto della finalità generale delle aree di protezione. Nelle
zone C sono ammessi interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro
e risanamento conservativo dei manufatti esistenti, definiti secondo la legislazione
nazionale e regionale vigente e realizzati secondo le modalità indicate dal Regolamento
del Parco. Sono, altresì, ammessi e promossi gli interventi di recupero e riqualificazione
di infrastrutture, cave e discariche, nonché di altre opere, manufatti e costruzioni
247
esistenti secondo le modalità indicate dal Regolamento del Parco. Non sono di norma
consentiti il prelievo e l’utilizzo delle risorse naturali abiotiche e biotiche, per usi
industriali e produttivi in genere, salvo che gli stessi siano finalizzati alla produzione di
energia da fonti alternative rinnovabili, secondo le modalità previste dal Regolamento.
• Le Zone D costituiscono le aree di promozione economica e sociale. Le Zone D sono
territori intensamente interessati dai processi di antropizzazione, in cui sono promossi
e conservati i processi di integrazione tra ambiente naturale ed attività umane, al
fine di migliorare la vita socio-culturale ed economica delle collettività locali. A tal
fine sono promossi interventi di valorizzazione e di riqualificazione ambientale del
patrimonio antropico esistente e sistemi di fruizione turistica e culturale, che mirano
allo sviluppo di una economia basata sul rispetto dei territorio e della sua natura. La
finalità prioritaria di promuovere e favorire la valorizzazione e la sperimentazione
di attività compatibili comporta la necessità di perseguire forme di integrazione
tra ambiente naturale e intervento umano, nonché di applicare metodi di restauro e
gestione ambientale volti a favorire l’inserimento delle interazioni già in corso tra
fattori umani e fattori ambientali nel contesto dei caratteri estetici, ecologici e culturali
da conservare. In particolare nelle Zone D vengono promosse le attività agro-silvopastorali, artigianali, commerciali e di servizio riconducibili alle finalità istitutive
dell’area protetta nonché l’ospitalità per il soggiorno nel Parco, con preferenza per
l’agriturismo, il turismo rurale, il turismo culturale e le altre forme di ospitalità
turistica in grado di coinvolgere il maggior numero possibile di operatori locali.
Nell’ambito delle suindicate zone omogenee sono individuate delle Aree speciali,
rispettivamente indicate come Zone Cs e Ds...Le Zone speciali sono caratterizzate
dal loro inserimento all’interno di Zone omogenee di diversa classificazione. E ciò
in ragione delle preesistenze insediate nel territorio e della necessità di interventi di
riqualificazione, adeguamento, completamento e/o potenziamento, che ne garantiscano
il migliore utilizzo, la piena fruizione ed il migliore inserimento nell’ambiente
naturale.” (Ente Parco dell’Aspromonte, “Piano del Parco”, “Relazione”).
248
PIT 20
“La Piana tirrenica è vasta, aperta, solatia;
è il respiro…quasi il riposo di una regione
affaticata dal continuo succedersi di alture e
di scoscendimenti…l’aspetto della Piana…
cambia quasi ad ogni passo,
con prospettive improvvise e nuove…..
.è un pezzo di stoffa verde olivo
con striature verde ferro…
gli oliveti, visti dall’alto, si presentano come
una superficie soffice e ondulata,
simile ad un terreno su cui pascoli un gregge...”
F. Seminara
Alla fine del 2008 i comuni sostituenti l’Associazione per il PSA partecipavano alla stesura
del Piano Strategico 2007-2017 come enti facenti parte del PIT 20, uno dei cinque PIT nei quali
è suddiviso il territorio della Provincia di Reggio Calabria.
Il PIT 20 è costituito da 23 comuni e si pone l’obiettivo di costituire una nuova governance
nel governo del territorio: “Il piano strategico che il PIT 20 intende realizzare assieme a tutte
le forze politiche, produttive, sociali e culturali del territorio, rappresenta quindi lo strumento
per organizzare coerentemente ed offrire, in un quadro vasto di compatibilità ambientale e
di sviluppo locale sostenibile, sia opportunità di investimento destinate tanto ai soggetti
pubblici, quanto agli attori privati locali ed esterni, sia lo strumento e anche il pretesto per le
Amministrazioni locali per un ragionamento auto-riflessivo sull’attuale organizzazione e sui
migliori assetti da delineare e assumere per il futuro prossimo venturo.
Maggiore coerenza programmatoria e maggiore efficienza amministrativa sono i due obiettivi
che intendono consentire sia il più efficace investimento delle risorse comunitarie, che non
possono non essere spese e non possono essere sprecate, sia valorizzare e potenziare i risultati
di questi primi anni di governance territoriale, anche proponendo nuove e più efficienti forme
di associazionismo amministrativo.” (PIT 20 Aspromonte, “Il Piano Strategico 2007-2017”).
Il piano, che in realtà dovrebbe essere un piano di area vasta, ipotizza una strategia: “La scelta
strategica di maggiore rilevanza appare certamente quella operata dalla programmazione della
Regione Calabria, che considera i territori del PIT 19 e del PIT 20 come l’area metropolitana
del Porto di Gioia Tauro, definendo una figura territoriale di particolare suggestione: “la
Città-Porto di Gioia Tauro”.
Ma le suggestioni devono poi essere valutate a mente fredda e sulla base dei “valori storici
dei quadri ambientali”, territoriali e sociali. La figura della Città-Porto di Gioia Tauro è, come
è evidente, una interpretazione estrema e che cerca di espandere la nozione di città e di area
vasta fino ad abbracciare il territorio di 33 Comuni.
Si tratta di un tentativo visionario, ma non per questo infondato, a patto che sappia esaltare
le specificità e le differenze territoriali, evitando qualsiasi forma di omologazione e di
appiattimento...E’ chiara l’intenzione regionale di fare leva sul Porto e sul sistema di funzioni
da questo indotte per favorire la crescita dell’intera Provincia di Reggio Calabria e dell’intera
Calabria, puntando a far crescere il rango urbano di Gioia Tauro e dei Comuni contermini.
Allo stesso tempo è chiara l’intenzione di non penalizzare, attraverso questa scelta di
organizzazione del territorio, gli ambiti collinari e montani.
Sono meno chiare, invece, le modalità per assicurare questo secondo obiettivo...” (PIT 20
Aspromonte, “Il Piano Strategico 2007-2017”).
Il tutto si traduce, more solito, in una serie di “misure compensative”: una formula il cui
249
significato letterale ne indica
la filosofia ed il pragmatismo
ed in tale direzione il piano ha
una sua strategia collaterale,
traendo le mossa proprio dalle
“compensazioni”: “..il Piano
Strategico è lo strumento che
individua ed indica, sui tempi
brevi, medi e lunghi, le priorità
di azione e di intervento
per la creazione della Città
policentrica dell’Aspromonte,
da intendersi come area
territoriale
parzialmente
omogenea, facente parte, con le
sue peculiarità, della Città-Porto di Gioia Tauro. Il Piano Strategico del PIT 20 si concentra
quindi sulle politiche generative consentite dalla attivazione delle “compensazioni” previste
dalla Regione Calabria per l’area collinare e montana...” (PIT 20 Aspromonte, o. c.).
Il piano, in realtà, mette assieme una sua ipotesi di sviluppo del territorio basata su progetti
condivisi: “Il Piano Strategico...non è uno strumento per controllare e normare le azioni sul
territorio, bensì è uno strumento pro-attivo e generativo, che deve promuovere, stimolare
la partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini e delle imprese, coordinare l’azione
amministrativa che è sempre settoriale e frammentata, garantire la coerenza e l’efficacia
dei numerosi strumenti di programmazione attivi e da attivare alle diverse scale e le diverse
domande entro cui questi operano...Le linee Strategiche e le azioni di crescita che il Piano
individua, rappresentano dunque la visione corale di un sistema di attori che operano in diversi
ambiti di intervento...” (PIT 20 Aspromonte, o. c.).
La “visione” del piano si basa sulla conoscenza delle identità del territorio che ha permesso di
enucleare le “diverse coppie di condizioni in forte e reciproco contrasto:
• dei valori ambientali, paesaggistici, agrari e di patrimoni naturalistici e storicoantropologici assolutamente unici e, contemporaneamente, una scarsa e a volte nulla
valorizzazione del settore turistico e una offerta culturale non integrata e coordinata tra
i 23 Comuni;
• la permanenza di forti valori identitari e di tradizioni culturali locali che garantiscono
la resistenza delle comunità nei propri territori, anche grazie a reti di servizi pubblici
locali sviluppate e sempre più interconnesse fra le diverse Amministrazioni del PIT 20
e, contemporaneamente, dei livelli intollerabili di sottodotazione infrastrutturale e di
inefficienza dei sistemi di trasporto pubblico, la cui organizzazione si rivela totalmente
avulsa dalle reali necessità delle comunità residenti, in particolare gli studenti,
riducendo notevolmente la qualità della vita;
• l’esistenza di settori potenzialmente capaci di dare risposte importanti al fabbisogno
di occupazione (artigianato tradizionale, turismo e turismi, agricoltura di qualità e
prodotti tipici, energie rinnovabili, logistica) che non riesce a sposarsi pienamente
(se non grazie a qualche esperienza di successo) con la forte domanda di formazione
espressa dal territorio;
• una consolidata consapevolezza della necessità di governare “insieme” il territorio,
attraverso forme di governance innovativa, associata al costante permanere di
localismi eccessivi, che spesso rallentano o riducono la portata di politiche di area
vasta a favore di tutto il territorio;
250
• una forte domanda di miglioramento della qualità della vita e, contemporaneamente,
una bassa se non bassissima qualità dell’edilizia e degli spazi urbani, ad eccezione
delle Ville Comunali, quasi sempre oasi di verde e di armonia.
Il territorio aspro montano, in estrema sintesi, possiede qualità rare che però non valorizza...”
(PIT 20 Aspromonte, “Il Piano Strategico 2007-2017”).
LEADER REGGINO VERSANTE TIRRENICO
“Anticamente la Calabria doveva apparire
lieta e di facile approdo.
Oggi, dopo molti secoli che la storia
del mondo non passa attraverso le sue vie,
dopo assalti di nemici, passaggi di eserciti,
lotte e flagelli, la nostra terra ha acquistato
un aspetto di solitudine solenne e di oblio.”
C. Alvaro
I Comuni di Varapodio e Molochio fanno parte della Comunità Montana Versante Tirrenico
Meridionale che, assieme alle altre due Comunità Montane del Versante Tirrenico Settentrionale
e del Versante dello Stretto, aderisce al Leader Reggino Versante Tirrenico che ricomprende 22
comuni e 64.477 abitanti residenti.
Uno degli studi portati avanti dal Leader è relativo all’analisi delle risorse forestali; detto
studio è suddiviso per Comunità Montane: “L’area Leader Reggino Versante Tirrenico interessa
il versante occidentale dell’Aspromonte prospiciente il mare Tirreno, dalla fiumara di Gallico
a sud fino al confine con la provincia di Vibo Valentia a nord. Geograficamente circonda come
un grande anfiteatro la piana di Gioia Tauro. Abbraccia i territori di tre Comunità Montane,
tutte in provincia di Reggio Calabria...Il territorio della Comunità Montana Versante Tirrenico
251
Meridionale interessa l’area pedemontana e montana dei versanti nord-occidentali del
massiccio dell’Aspromonte prospicienti il settore centrale della Piana di Gioia Tauro…Nel
territorio della Comunità Montana ricadono nove comuni: Cosoleto, Delianova…Molochio,
Oppido Mamertina, Santa Cristina d’Aspromonte, Sant’Eufemia d’Aspromonte, Scido,
Sinopoli e Varapodio. Una parte sugnificativa del territorio nontano di questi comuni, 115,7
kmq., pari al 42% del territorio complessivo, rientra nel Parco Nazionale d’Aspromonte…
Procedendo da nord verso sud, il territorio presenta un progressivo aumento delle quote…Il
territorio della Comunità Montana si sviluppa da un minimo di 37 metri s/m...a un massimo di
1894... Le pendenze sono profondamente condizionate dalla morfologia del territorio e tendono
ad aumentare in modo significativo, soprattutto in corrispondenza con i corsi d’acqua che
scendono, con alvei profondamente incisi, verso la Piana di Gioia Tauro…La macroesposizione
è chiaramente condizionata dall’andamento dei rilievi montuosi per cui, in questo settore della
Provincia di Reggio Calabria, prevalgono abbastanza chiaramente le esposizioni a nord-ovest.
La presenza di numerosi corsi d’acqua contribuisce, però, a modificare le condizioni locali…
il paesaggio è dominato, alle quote inferiori e fino a poco oltre i centri abitati, da boschi di
olivo, che rappresenta la coltura arborea tradizionale e caratteristica di tutta la Piana di Gioia
Tauro…Ma l’elemento caratteristico e peculiare oltre i 400/500 metri di quota è certamente
il bosco, che ricopre con continuità le aree a partire dalle zone immediatamente a ridosso
dei centri abitati e fino alle cime più elevate dove nel passato, le pendenze hanno limitato
l’uso del suolo basato sulle colture agrarie…I boschi dei comuni alle quote più elevate, sono
caratterizzati dal faggio, prevalentemente governato a fustaia, localmente misti...Si tratta di
popolamenti in buone condizioni vegetative, che dopo le forti utilizzazioni attuate durante
e nell’immediato secondo dopoguerra, grazie anche ad una significativa diminuizione dei
prelievi, hanno manifestato un rilevante miglioramento.
Presentano, a tratti, densità molto elevate e, soprattutto sotto copertura del faggio, evidenziano
una forte ridiffusione dell’abete. Localmente, nelle zone meno accessibili, sono presenti anche
il tasso e l’acero montano...Nelle zone più facilmente accessibili, tra 800 e 110/1200 metri
di quota, dove la morfologia è più dolce, il faggio è spesso governato a ceduo, anche se le
ultime utilizzazioni risalgono ormai a parecchi anni fa. A causa dell’intenso pascolo, ancora
oggi purtroppo presente, le condizioni di questi boschi non sono delle migliori, nonostante le
caratteristiche stazionali siano favorevoli.
All’interno di alcuni comuni, soprattutto Oppido Mamertina, Varapodio e Molochio, nel
secolo scorso dopo la seconda guerra mondiale, in attuazione della I^ e II^ Legge Speciale
Calabria, sono stati eseguiti interventi di rimboschimenti con pino laricio e, in minor misura,
pino marittimo e domestico. I risultati dal punto di vista della conservazione del suolo e della
produzione legnosa sono particolarmente positivi, in particolare dove è stato impiegato il pino
laricio” (P. Marziliano-G. Menguzzato-L- Pelle-A. Scuderi, “Le risorse forestali:ipotesi per
una gestione sostenibile”).
Lo studio entra nei particolari tanto della descrizione e dell’analisi di tutte le risorse, quanto
delle ipotesi, anche innovative, di gestione sostenibile delle risorse stesse e, nelle conclusioni,
si legge: “L’area Leader Reggino Versante Tirrenico interessa tutto il settore nord-occidentale
della provincia di Reggio Calabria che si affaccia sulla Piana di Gioia Tauro. E’ caratterizzato
da un forte contrasto fra le aree pianeggianti che costituiscono le ultime propaggini della
fertile pianura di Gioia Tauro e Rosarno verso le montagne dell’Aspromonte. Nelle zone
pianeggianti prevalgono le colture agrarie dominate, come nel passato, dall’olivo che, nelle
aree meglio esposte, si spinge fino a quasi 800 metri di quota. Da più di due secoli il bosco ha
ceduto il passo alle colture agrarie. Rimangono solo poche tracce delle estese sugherete che
dominavano boschi di leccio presenti a quote leggermente più elevate e ancora popolamenti di
pioppi e ontani che accompagnavano i torrenti nel loro corso verso il Mare Tirreno o le ampie
zone paludose...nel settore più meridionale dell’area...è ben evidente l’azione dell’uomo che ha
252
portato alla diffusione di una specie eminentemente forestale quale il castagno...in alternativa
alla coltivazione dell’olivo...Anche i cedui di leccio, sui primi contrafforti dell’Aspromonte...
costituiscono una realtà estremamente importante dal punto di vista economico-finanziario...
Rispetto ai cedui di castagno...è opportuno...adottare una serie di accorgimenti che limitino i
pericoli di erosione e di degradazione delle stazioni connessi con la forma di governo a ceduo.
Negli altri casi i boschi, indipendentemente dalla loro struttura e dalla loro origine, assumono,
oggi, un significato che va ben oltre la semplice produzione legnosa...Il cambiamento nella
gestione dei boschi che si è verificato negli ultimi lustri a seguito anche dell’affermarsi del
pensiero ecologico e lo studio di forme di trattamento inusuete per la selvicoltura classica...
possono indicare la via da seguire in questo processo di ricostruzione boschiva...” (P.
Marziliano-G. Menguzzato-L- Pelle-A. Scuderi, o. c.).
PIAR
“Perdurerebbe ancora secondo il calendario
l’inverno con il suo gelo e le sue piogge;
ma per la Calabria già è primavera,
l’aria fa sentire il tepore, dolci profumi s’espandono.
Non solo il mandorlo, il pero, il pesco fiorisce,
ma la terra tutta è ammantata di fiori precoci.”
M. La Cava
Simile negli obiettivi al programma Leader, ma differente nelle procedure è il PIAR
(Programma Integrato per le Aree Rurali), che è finalizzato allo sviluppo di unità territoriali
a media o alta ruralità attraverso l’attivazione sinergica delle risorse disponibili (agricoltura,
artigianato, risorse storico-culturali e naturalistiche), in grado di avviare un processo di
rivitalizzazione delle aree rurali interessate, intese come sistema multifunzionale.
L’attivazione del PIAR è vincolata a precise condizioni che sono prestabilite in fase di
programmazione:
• i territori di riferimento dei PIAR devono essere compresi entro i confini delle 23 aree
PIT (Piani Integrati Territoriali plurifondo), ciascuna delle quali prevede un numero
massimo di PIAR attivabili;
• essi devono contare un numero di abitanti da 10.000 a 50.000 unità;
• essi devono essere costituiti da Comuni contigui (di norma quattro), che presentino
caratteri di media-alta ruralità con o senza emergenze secondo precisi parametri in base
ai quali è stata operata una classificazione .
Lo strumento PIAR persegue i seguenti obiettivi:
• valorizzare le risorse materiali e immateriali, nonché le risorse naturali delle aree rurali;
• conservare e tutelare le risorse ambientali e paesaggistiche, diversificare ed integrare
attività agricole in una prospettiva di economia multi reddito;
• frenare lo spopolamento delle aree rurali migliorando la qualità della vita.
La realizzazione dei PIAR ha fatto registrare consistenti ritardi.
Le cause di ciò possono essere ricondotte essenzialmente alla mancanza di una struttura
organizzativa a livello regionale con competenze e professionalità in grado di sostenere il
percorso di implementazione dei progetti integrati (Formez).
Una annotazione ulteriore merita l’argomento degli ambiti di gravitazione e di organizzazione
funzionale che viene trattato dal PTCP in aderenza alla Deliberazione del Consiglio Provinciale
68/2007.
253
“8.4.2. Ambiti di gravitazione e di organizzazione funzionale
Le valutazioni dall’Atlante SOMEA sulle gravitazioni per la fruizione di servizi effettuate
negli anni‘80 costituiscono un riferimento “storico” da cui partire per valutare i caratteri
di dipendenza funzionale all’attualità. Lo studio della SOMEA ci aiuta a capire quali erano
fino agli anni Ottanta i poli che avevano una gravitazione rispetto ai servizi alla popolazione,
differenziandoli in diversi livelli. Per una valutazione d’insieme delle dinamiche, possiamo
mettere a confronto le valutazioni dell’Atlante SOMEA con due elaborazioni più recenti. La
prima, che in realtà non riguarda direttamente la struttura funzionale ma si riferisce piuttosto al
pendolarismo per lavoro, è costituito dai “Sistemi Locali del lavoro” elaborati dall’ISTAT sulla
base del censimento 2001; la seconda riguarda invece i “Circondari” definiti dal Programma
di riordino territoriale della Provincia.
I Sistemi locali del lavoro sono stati elaborati dall’ISTAT in base ai dati relativi agli
spostamenti quotidiani per motivi di lavoro, definendoli come:
• unità territoriali costituite da comuni contigui fra loro, geograficamente e
statisticamente comparabili;
• strumento di analisi appropriato per indagare la struttura socio-economica secondo
una prospettiva territoriale.
L’individuazione dei Sistemi Locali del Lavoro è dinamica, in quanto varia nel tempo; infatti
254
nel 2001 ne sono stati individuati nel territorio
italiano 686, numero inferiore a quanto
individuato nel 1991 (784) ed al 1981 (955).
Nella nostra provincia sono stati individuati
14 Sistemi Locali del Lavoro: Bianco, Bova
Marina, Gioia Tauro, Gioiosa Ionica, Locri,
Marina di Gioiosa Ionica, Melito di Porto Salvo,
Oppido Mamertina, Polistena, Reggio Calabria,
Roccella Ionica, Rosarno, Sant’Eufemia
d’Aspromonte, Stilo.
Una razionalizzazione, un miglioramento e
un diverso sistema di gravitazioni territoriali
si dovrebbe determinare con il Programma di
Riordino Territoriale, elaborato dalla provincia
di Reggio Calabria ai sensi della L. R. n° 15
del 24.11.2006 ed approvato con Delibera di
Consiglio Provinciale 68/07. “La legge ha come
finalità quella di valorizzare e incentivare la
costituzione di gestioni associative tra i comuni
che, aggregandosi in una delle forme previste
(Unione, Fusione, Associazione, Comunità
Montane, Convenzioni, Consorzi fra Enti locali
e altri Enti pubblici, Intese interregionali),
ecogestendo funzioni e servizi, rispondano alle
previste finalità di efficacia, efficienza ed economicità”. La legge regionale pone come criteri di
riferimento per il programma di riordino provinciale l’attivazione di un processo che, tenendo
conto delle proposte avanzate dai comuni, conduca alla definizione di ambiti territoriali e livelli
255
ottimali previsti per l’esercizio associato sovracomunale di funzioni e servizi, in relazione ad
indici di riferimento demografico, territoriale ed organizzativo, e a condizione che i comuni
associati siano contermini e con una popolazione non inferiore ai 10.000 abitanti, fatte salve
quelle realtà che presentano particolari affinità territoriali, linguistiche e culturali. La legge
regionale pone come criteri di riferimento per il programma di riordino provinciale l’attivazione
di un processo che, tenendo conto delle proposte avanzate dai comuni, conduca alla definizione
di ambiti territoriali e livelli ottimali previsti per l’esercizio associato sovracomunale di funzioni
e servizi, in relazione ad indici di riferimento demografico, territoriale ed organizzativo, e
a condizione che i comuni associati siano contermini e con una popolazione non inferiore
ai 10.000 abitanti, fatte salve quelle realtà che presentano particolari affinità territoriali,
linguistiche e culturali.
Il territorio provinciale viene suddiviso in tre circondari:
Circondario dello Stretto. Comprende i comuni: Reggio Calabria, Bagaladi, Bagnara
Calabra, Bova Bova Marina Calanna Campo Calabro Cardeto Condofuri, Fiumara, Laganadi,
Melito di Porto Salvo, Montebello Ionico, Motta San Giovanni, Roccaforte del Greco, Roghudi,
San Lorenzo, San Roberto, Sant’ Alessio d’Aspromonte, Santo Stefano in Aspromonte, Scilla,
Villa San Giovanni
Circondario dell’area Ionica. Comprende i comuni: Africo, Agnana Calabra, Antonimia,
Ardore, Benestare, Bianco, Bivongi, Bovalino, Brancaleone, Bruzzano Zeffirio, Camini, Canolo,
Caraffa del Bianco, Careri, Casignana, Caulonia, Ciminà, Ferruzzano, Gerace, Gioiosa
Ionica, Grotteria, Locri, Mammola, Marina di Gioiosa Ionica, Martone, Monasterace, Palizzi,
Pazzano, Placanica, Platì, Portigliola, Riace, Roccella Ionica, Samo, San Giovanni di Gerace,
San Luca, Sant’ Agata del Bianco, Sant’ Ilario dello Ionio, Siderno, Staiti, Stignano, Stilo.
Circondario dell’area Tirrenica. Comprende i comuni: Anoia, Candidoni, Cinquefrondi,
Cittanova, Cosoleto, Delianuova, Feroleto, della Chiesa, Galatro, Giffone, Gioia Tauro,
Laureana di Borrello, Maropati, Melicucco, Melicuccà, Molochio, Oppido Mamertina, Palmi,
Polistena, Rizziconi, Rosarno, San Ferdinando, San Giorgio Morgeto, San Pietro di Carità,
San Procopio, Sant’ Eufemia d’Aspromonte, Santa Cristina in Aspromonte, Scido, Seminara,
256
Serrata, Sinopoli, Taurianova, Terranova Sappo Minulio, Varapodio.
Sulla base di questa prima articolazione territoriale gli enti locali e sovra-locali hanno
presentato sei proposte di associazione in ambiti ottimali. Tali proposte riguardano però solo
una parte del territorio provinciale (all’incirca la metà) ed in larga misura, ad eccezione
dell’Unione dei comuni di Polistena, interessano i territori montani e le relative Comunità
Montane. Ciò probabilmente è da relazionarsi alla debolezza delle aree interne della provincia e
alle maggiori difficoltà in termini di accessibilità, che conduce i comuni e le Comunità Montane
a irrobustire e razionalizzare la offerta di servizi per i propri territori. Appaiono inoltre decisive,
nella presentazione delle proposte, le forme di progettualità e la consuetudine a collaborare che
gli enti locali hanno maturato nel corso di questi ultimi anni in relazione ai progetti di sviluppo
locale. Meno propositivi sembrano i comuni costieri che, ad
eccezione dei comuni di Taurianova, Gioia Tauro e Seminara,
non hanno evidenziato l’esigenza di riorganizzare il sistema
dei servizi su scala comprensoriale. Le proposte elaborate
dalla Provincia nel Programma di riordino territoriale
(Delibera di Consiglio Provinciale n. 68/07) per definire
un quadro complessivo degli ambiti ottimali sembrano
andare nella direzione di una razionalizzazione del sistema
dei servizi del territorio provinciale, per cui in alcuni casi
si propone un ampliamento degli ambiti ottimali a comuni
limitrofi, in altri casi come quello della fascia tirrenica
compresa tra Villa S. Giovanni e Bagnara o della fascia
ionica si propongono nuovi ambiti che aggregano comuni
limitrofi che presentano anche consuetudini relazionali.”
(Cfr. PTCP della Provincia di Reggio Calabria, “Strategie
di Piano”).
257
QUADRI COMUNALI
VARAPODIO
“Ora dirò della città di Zenobia che ha questo
di mirabile: benché posta su terreno asciutto essa
sorge su altissime palafitte, e le case sono di bambù e di zinco,
con molti ballatoi e balconi, poste a diversa altezza...
Quale bisogno o comandamento o desiderio abbia spinto
i fondatori di Zenobia a dare questa forma alla loro città
non si ricorda, e perciò non si può dire se esso sia stato
soddisfatto dalla città quale noi oggi la vediamo...
Ma quel che è certo è che chi abita Zenobia e gli si chiede
di descrivere come lui vedrebbe la vita felice, è sempre
una città come Zenobia che egli immagina...
una Zenobia forse tutta diversa, sventolante di stendardi
e di nastri, ma ricavata sempre combinando elementi
di quel primo modello. Detto questo, è inutile stabilire
se Zenobia sia da classificare tra le città felici o
tra quelle infelici. Non è in queste due specie che
ha senso dividere le città, ma in altre due: quelle che
continuano attraverso gli anni e le mutazioni
a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui
i desideri o riescono a cancellare la città
o ne sono cancellati”
I. Calvino
Il Comune di Varapodio si dota di un Programma di Fabbricazione (P.d.F.) negli anni ’70 del
secolo scorso, adottando lo strumento in data 15 novembre 1973 e ricevendo l’approvazione
dello stesso con il D.P.G.R. n. 899 del 26 agosto 1974.
Tale strumento viene modificato velocemente con la Variante al Programma di Fabbricazione
che viene approvata con il D.P.G.R. n. 1408 del 2 luglio 1980 che costituisce lo strumento
vigente.
Nella relazione del progettista, ing. A. Cento, si leggono le motivazioni della variante:
“L’Amministrazione Comunale di Varapodio, a seguito di alcune difficoltà insite nel P.d.F.
operante sul territorio comunale, ha ritenuto doveroso
intervenire modificando e variando lo strumento urbanistico
già in vigore, in modo che esso fosse più consono alle esigenze
generali e particolari dei cittadini. L’attuale programma
di fabbricazione...nella destinazione delle aree residenziali
(zona C) e industriali (zona D) prescindeva da alcune opere
di urbanizzazione (impianto di depurazione) non ancora
progettate, e dalle condizioni geomorfologiche dei suoli
interessati non essendo, allora, richiesta alcuna indagine,
in fase di programmazione urbanistica, diretta al loro
accertamento stratigrafico...Alla luce di queste considerazioni
non è sembrata più procrastinabile la ricerca di quelle direttrici
d’espansione che tenessero conto di uno stato di fatto che nel
tempo si era ormai modificato....” (A. Cento, P.d.F., “Relazione
e norme d’attuazione”).
La citata relazione continua con una descrizione delle
258
caratteristiche del territorio, la consistenza edilizia ed i fabbisogni: “Il Comune di Varapodio
è situato nella provincia di Reggio Calabria...Ha una popolazione di 2900 abitanti presenti e
3102 residenti...Il territorio confina a Nord con il Comune di Taurianova, ad Est con il Comune
di Terranova e Molochio, a Sud ed Ovest con il Comune di Oppido Mamertina...Parte del
territorio di Varapodio, a conduzione silvestre lungo la propagine appenninica, ha rappresentato
la condizione necessaria affinché il comune fosse inserito in una comunità montana.
Questo evento marginale, potrebbe essere la base per una maggiore sensibilità collettiva
indirizzata verso una diversa e più redditizia cultura boschiva, che potrebbe essere incentivata
quale fonte di maggiore ricchezza specifica, ma anche di difesa dei suoli e delle culture a valle,
certamente più specializzate.
La rimanente parte del territorio, di notevole estensione, presenta conduzioni agricole di
buon reddito.
Sono da segnalarsi gli agrumeti lungo le rive del Marro e della Ferrandina, e gli uliveti che
si estendono lungo il pianoro collinare a valle e a monte dell’abitato...La consistenza edilizia è
rappresentata di massima da piccoli isolati delimitati da strade, che invece di avere il compito
specifico di incanalare e distribuire il traffico locale servono ad assolvere la funzione di confine
dell’unità abitativa creando all’interno dell’isolato spazi ridotti e malsani da cui prendono luce
ed aria ambienti d’abitazione...l’eccedenza degli abitanti rispetto al numero dei vani risulta così
di...922. di un pari numero di vani dovrebbe dotarsi attualmente la città, per il rapporto di un
vano per abitante...si è potuto evincere che 190 abitazioni sono miseri tuguri che non possono
rientrare nella categoria delle abitazioni civili...Pertanto delle 794 abitazioni che costituiscono
il patrimonio edilizio di Varapodio, più del 20% devono considerarsi inabitabili...per un corretto
dimensionamento del P.d.F. si dovrebbe incrementare il numero dei vani di almeno 250 unità,
portandolo a 1172 vani...” (A. Cento, P.d.F., “Relazione e norme d’attuazione”).
Il progettista prosegue con una proiezione demografica sulla scorta della quale determina una
ipotesi di fabbisogno abitativo pari a “1564 unità”, avendo stabilito che vi è una “popolazione
da insediare di 392 unità”, prevedendosi un incremento di popolazione pari all’1,2%.
E’ un piano di vecchia generazione, sostanzialmente di tipo edilizio, sulla scorta del quale
si sviluppa il tessuto urbano negli ultimi decenni del secolo scorso ed in questa prima fase del
nuovo secolo producendo un tessuto anonimo ed una scadente qualità edilizia.
Il Comune di Varapodio negli anni Ottanta si dota del Piano per gli Insediamenti Produttivi
(P.I.P.) approvando il piano il 14 maggio 1984 (Delib. C.C. n. 24) e riapprovandolo in data 11
giugno 1991 (Delib. C.C. n. 24).
Il progettista del PIP, arch. Santo Fedele, coì descrive il Piano: “La zona degli insediamenti
è compresa tra la strada vicinale Querce, e quella comunale
Ripa o Sansonetto, un po’ in periferia rispetto all’abitato e
nelle adiacenze del condotto fognario primario...La zona è
stata suddivisa in lotti di estensioni intorno ai 700/1000 mq,
collegati da strade svincolate dalla viabilità esistente.
La pezzatura dei lotti è stata calcolata in modo da poter
rispondere alle richieste d’insediamento di impianti artigianali
o di piccole industrie, in un singolo lotto, oppure alla richiesta
di medie industrie manifatturiere che richiedono più lotti ad
interi comparti.” (S. Fedele, P.I.P., “Relazione”).
E’ il medesimo professionista a firmare il Piano di Recupero
che viene redatto ai sensi della L. 457/78 che interessa il
Centro Storico: “Il centro storico di Varapodio non ha certo
grossi aspetti artistico-monumentali, se si eccettua qualche
raro documento d’epoca.
259
Tuttavia è un centro ricco di vita, in quanto, stante la conformazione orografica del territorio,
ovvero la sua morfologia, la popolazione ha sempre vissuto nello stesso tessuto urbano,
configurandosi in manioera spontanea e definitiva tra l’‘800 ed il ‘900...da generazione a
generazione, il centro urbano ha rappresentato il nucleo più ricco e vitale dal pun to di vista
abitativo, anche se nullo è il suo peso dal punto di vista produttivo...si è pensato...di intervenire
solo con raziocinio sulle infrastrutture, sui servizi, sulla edilizia e solo su alcune aree libere in
modo da rendere razionale ed uniforme la linearità dei prospetti e il loro valore architettonico...”
(S. Fedele, Piano di Recupero, “Relazione”).
Nessuno di questi due piani particolareggiati produrrà risultati apprezzabili ed eserciterà
sul tessuto economico alcun influsso particolare, come ennesima dimostrazione che le
trasformazioni del territorio sono determinate solo dall’iniziativa privata e l’iniziativa pubblica
non può ambire alla medesima capacità ma deve essere in grado di pilotare l’iniziativa privata
offrendo possibilità e regole certe ed univoche di contrattazione.
Il Comune, in data 18 marzo 2008, Delib. G.C. n. 25, si dota di apposito “Piano Comunale
Emergenza” in riferimento ai rischi incendi ed idraulici e ciò, anche, in esecuzione alla Del.
G.C. n. 39 dell’ 11 ottobre 2007 con la quale veniva istituito il “Catasto Incendi Boschivi”.
Alla data dell’ 11 ottobre 2007 la Giunta Comunale attestava con la deliberazione sopra
riportata che “...nell’anno in corso e negli ultimi cinque anni non si sono verificati incendi
boschivi ai sensi della Legge 353/2000 per cui nel nostro territorio attualmente non sussistono
soprassuoli già percorsi dal fuoco” (Cfr. Giunta Comunale, Deliberazione 39/2007).
Il Comune, in data 26 marzo 2011 con Delib. N. 21, si dota del “Piano di Protezione Civile”
che, tra l’altro, individua gli edifici strategici, quelli di interesse strategico, quelli ad elevata
esposizione e gli elementi puntuali di interesse strategico.
Il Comune di Varapodio si dota del “Piano Comunale della Rete distributiva al Commercio in
sede fissa”, con deliberazione del Commissario ad acta n. 3 del 20 maggio 2003, e si dota del
“Piano Comunale di Emergenza nell’Ambito della Protezione Civile”, con deliberazione del
Commissario ad acta n. 21 del 26 marzo 2011.
260
MOLOCHIO
“L’uomo cammina per giornate tra gli alberi e le pietre.
Raramente l’occhio si ferma su una cosa, ed è quando
l’ha riconosciuta per il segno d’un’altra cosa...
Finalmente il viaggio conduce alla Città di Tamara.
Ci si addentra per vie fitte d’insegne che sporgono dai muri.
L’occhio non vede cose ma figure di cose che significano
altre cose...Dalla porta dei templi si vedono le statue degli dei,
raffigurati ognuno coi suoi attributi: la cornucopia,
la clessidra, la medusa, per cui il fedele può riconoscerli
e rivolgere loro le preghiere giuste.
Se un edificio non porta nessuna insegna o figura,
la sua stessa forma e il posto che occupa nell’ordine della città
bastano ad indicarne la funzione...Lo sguardo percorre le vie
come pagine scritte: la città dice tutto quello che devi pensare,
ti fa ripetere il suo discorso, e mentre credi di visitare Tamara
non fai che registrare i nomi con cui essa definisce se stessa
e tutte le sue parti. Come veramente sia la città
sotto questo fitto involucro di segni, cosa contenga
o nasconda, l’uomo esce da Tamara senza averlo saputo.
Fuori s’estende la terra vuota fino all’orizzonte,
s’apre il cielo dove corrono le nuvole.
Nella forma che il caso e il vento danno alle nuvole
l’uomo è già intento a riconoscere figure:
un veliero, una mano, un elefante...”
I. Calvino
Il Comune di Molochio si dota di un Programma di Fabbricazione (P.d.F.) negli anni ’90 del
secolo scorso, adottando lo strumento in data 27 marzo 1986 e ricevendo l’approvazione dello
stesso con il D.P.G.R. n. 1121/1990.
Tale strumento viene modificato con la “Variante al Regolamento Edilizio con annesso
Programma di Fabbricazione” che viene approvata con il D.P.G.R. n. 11668 dell’ 11 agosto
2003 che costituisce lo strumento vigente.
Il piano, redatto dagli architetti D. Caruso e M. Morano viene redatto dopo avere analizzato
lo stato di fatto e per “aggiornare la normativa adeguandola alla legislazione vigente, sia per
dare un nuovo impulso a quelle scelte fatte con il precedente strumento urbanistico...” (D.
Caruso-M. Morano, P.d.F. “Relazione”).
Essendo, cioè già vigente la legge di riforma urbanistica regionale (19/2002) si redige e si
approva una Variante allo strumento vigente di vecchia generazione e lo si fa senza che la nuova
normativa regionale indirizzi in alcun modo lo strumento in itinere, dato che la Variante coglie
proprio un arco temporale di transizione tra la vecchia e la nuova normativa regionale.
Nella relazione i progettisti iniziano con l’esame della situazione urbanistica e di quella
demografica: “Allo stato attuale il centro abitato è urbanisticamente strutturato in tre parti
fortemente differenziate l’una dall’altra.
Il “paese vecchio” che rappresenta il nucleo storico del centro abitato ricostruito più volte
sullo stesso sito a causa di eventi naturali che lo hanno danneggiato; i fabbricati, saturata
l’area nella zona “Canali” si sono andati ad insediare l’ungo l’unica strada di crinale esistente
in direzione est-ovest...Il “paese nuovo” ovvero quella parte del centro urbano costruito dopo
il terremoto del 1908 e la seconda guerra mondiale, caratterizzato da una maglia reticolare
con isolati edilizi ben definiti, attrezzature pubbliche...e spazi pubblici...A queste due parti del
centro abitato si è aggiunto, agli inizi degli anni ’70, nella zona nord il quartiere “Vernì”; tale
261
quartiere, pur mantenendo la maglia ortogonale con isolati edilizi definiti, è stato costruito senza
avere inizialmente una precisa regolamentazione, senza nessuna previsione di spazi pubblici,
né di parcheggi...Dai dati relativi alla popolazione ...si denota un decremento demografico
in un cinquantennio del 37%...Per quanto riguarda il patrimonio edilizio esistente, esiste un
degrado di circa 500 piccole abitazioni pari al 45% del totale, che risultano nella parte vecchia
del paese...” (D. Caruso-M. Morano, P.d.F. “Relazione”).
Segue l’esplicitazione degli obiettivi del piano: “Il recupero di una parte del centro urbano,
collocato nell’area di saldatura tra la parte cosiddetta vecchia del paese e la parte nuova del
dopo guerra. In queste aree, pertanto, non potendo essere considerate come facenti parte del
centro storico, si dovrà avviare un’azione concreta di recupero da realizzare in comparti e
dando la possibilità ai proprietari di ristrutturare tale ambito e dal punto di vista urbanistico e
dal punto di vista edilizio per avviare un più attento riuso del tessuto urbano.
La revisione della viabilità esistente e la programmazione di nuove arterie che aiutino ad
alleggerire le strade principali...
L’individuazione di due nuove aree destinate ad insediamenti produttivi in sostituzione delle
aree individuate nel precedente strumento urbanistico, mai decollate...
L’avvio di un serio progetto di recupero di Monte Trepitò e del suo “Villaggio Turistico”, dove
la realtà urbanistica ed in particolare la strutturazione edilizia, riflette la mancanza assoluta
di una logica ed una notevole disgregazione morfologica...” (D. Caruso-M. Morano, P.d.F.
“Relazione”).
Il Centro Storico viene interessato da un “Piano di Recupero del Centro Storico – Zona
A e Zona B/0” redatto dagli archh. Scarcella e Barreca: “Con il presente progetto si intende
recuperare porzioni significative del tessuto urbano coincidenti con il centro storico, inteso
sia come monumento urbanistico edilizio e sia come espressione materiale della storia e delle
identità locali...Le zone e le relative sottozone interessate...sono le seguenti:
–– Zona “A”: Urbana di interesse storico e di particolare pregio ambientale...
–– Zona “B/0”: zona consolidata...
A1 Sono manufatti di un certo periodo storico risalente alla fine dell’ottocento che non
262
presentano grandi alterazioni dello stato originario. Gli interventi ammessi consistono nel
risanamento conservativo, nella manutenzione ordinaria e straordinaria....E’ previsto dove
necessario, il restauro del solaio di copertura con capriate in legno...
A2 Sono manufatti di un certo periodo storico risalente alla fine dell’ottocento inizi novecento
non più riconoscibili nello stato originario perché presentano grandi alterazioni volumetriche...
Gli interventi prescritti consistono nella restituzione dello stato originario... E’ previsto dove
necessario, il restauro del solaio di copertura con capriate in legno...B1 Sono manufatti risalenti
ai vari periodi di evoluzione del tessuto urbano, che presentano scarsi interessi architettonici
ma hanno comunque una certa valenza tipologica...
Gli interventi prescritti consistono nella manutenzione
ordinaria e straordinaria...” (Scarcella e Barreca,
Piano di Recupero, “Relazione”).
Il Comune si dota del “Piano di localizzazione della
rete distributiva dei carburanti per uso autotrazione”
con deliberazione del Commissario ad acta n. 1 del
21 maggio 2003, prevedendo l’installazione di due
impianti: uno lungo la strada provinciale TaurianovaMolochio ed uno lungo la strada provinciale MolochioTerranova.
Il Comune si dota del “Piano inerente la rete
distributiva al Commercio in sede fisso” con
deliberazione del Commissario ad acta n. 2 del 21
maggio 2003 e regolamentando le 49 strutture esistenti
(18 per generi alimentari e 31 di altra tipologia) per una
superficie totale di vendita pari a 2.836 mq.
Il Comune si dota del “Piano di Protezione Civile”
in data 2 aprile 2008 con Deliberazione di Giunta
Municipale n. 2232.
263
TERRANOVA SAPPO MINULIO
“Poco saprei dirti d’Agliaura fuori delle cose che
gli abitanti stessi della città ripetono da sempre:
una seri di virtù proverbiali, d’altrettanto proverbiali
difetti, qualche bizzarria, qualche puntiglioso
ossequio alle regole. Antichi osservatori...attribuirono
ad Agliaura il suo durevole assortimento di qualità,
certo confrontandole con quelle d’altre città dei loro tempi.
Né l’Agliaura che si dice né l’Agliaura che si vede sono forse
molto cambiate da allora, ma ciò che era eccentrico è
diventato usuale, stranezza quello che passava per norma,
e le virtù e i difetti hanno perso eccellenza o disdoro
in un concerto di virtù e di difetti diversamente distribuiti.
In questo senso nulla vi è vero di quanto si dice d’Agliaura,
eppure se ne trae un’immagine solida e compatta di città,
mentre minor consistenza raggiungono gli sparsi
giudizi che se ne possono trarre a viverci.
Il risultato è questo: la città che dicono ha molto di
quel che ci vuole per esistere, mentre la città che esiste
al suo posto esiste di meno...Perciò gli abitanti
credono sempre d’abitare un’Agliaura che cresce
solo sul nome di Agliaura e non s’accorgono
dell’ Agliaura che cresce in terra...”
I. Calvino
Il Comune di Terranova Sappo Minulio si dota di un Programma di Fabbricazione (P.d.F.))
nella prima metà degli anni ’70 del secolo scorso, adottando lo strumento in data 2 febbraio
1973 e ricevendo l’approvazione dello stesso con il D.P.G.R. n. 872 del 15 luglio 1975.
Tale strumento viene modificato dopo qualche anno con la Variante al Programma di
Fabbricazione che viene adottata con Deliberazione di C.C. n. 13 del 13 ottobre 1984 ed
approvata con il D.P.G.R. n. 1126 del 30 maggio 1990 che costituisce lo strumento vigente.
Nella relazione del progettista, ing. A. Cento, si leggono le motivazioni della variante:
“L’Amministrazione Comunale di Terranova Sappo Minulio, a seguito di alcune difficoltà
insite nel P.d.F. operante sul territorio comunale, ha ritenuto doveroso intervenire modificando
e variando lo strumento urbanistico già in vigore, in modo che esso fosse più consono alle
esigenze generali e particolari dei cittadini. L’attuale programma di fabbricazione...nella
destinazione delle aree residenziali (zona C) e industriali (zona D) prescindeva da alcune
opere di urbanizzazione (impianto di depurazione) non ancora progettate, e dalle condizioni
geomorfologiche dei suoli interessati non essendo, allora, richiesta alcuna indagine, in fase di
programmazione urbanistica, diretta al loro accertamento stratigrafico...Alla luce di queste
considerazioni non è sembrata più procrastinabile la ricerca di quelle direttrici d’espansione
che tenessero conto di uno stato di fatto che nel tempo si era ormai modificato....” (A. Cento,
P.d.F., “Relazione e norme d’attuazione”).
La citata relazione, che in questa sua parte è assolutamente identica alla relazione che il
medesimo progettista redige per la variante di Varapodio (!), continua con una descrizione delle
caratteristiche del territorio, la consistenza edilizia ed i fabbisogni: “Il territorio confina a Nord
con Taurianova, ad Est con Cittanova e Molochio e ad Ovest con Varapodio. Sul territorio di
Terranova è insediato un antico borgo, frazione di Terranova, Scroforio...la popolazione tende
leggermente a crescere...Questi fatti, uniti ai processi che si stanno svolgendo o sono in fase
d’avvio sul territorio della piana, spingono a ritenere che nel prossimo decennio il fenomeno
di crisi demografica e dell’abitato possa conseguire risultati migliori che nel passato...Allo
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stato di fatto poco importa sapere se la popolazione oggi residente sia 950...Importante invece
rimane il fatto che esiste una grande richiesta di suoli non soddisfatta ed evasa a cui bisogna
porre rimedio...” (A. Cento, P.d.F., “Relazione”).
Segue una articolata procedura, identica a quella adoperata nel caso di Varapodio, per
calcolare il fabbisogno di nuovi “vani”: anche qua, una concezione meramente edilizia di uno
strumento di governo del territorio, quantità come sinonimo di qualità!
La relazione traduce in numeri gli obiettivi del piano:
“ABITANTI PREVISTI 1.577
ab. In zona A
442
ab. In zona B
800
ab. In zona B
2.190
totale
1.432
Rimane la differenza ab./vano 145” (A. Cento, P.d.F., “Relazione”)
Giova rammentare che i dati demografici più recenti recitano: 1981:668 abitanti;
1991:545 abitanti; 2001:537 abitanti, cioè, oltre il 60% in meno rispetto alle prevision i sulle
quali veniva basato l’incremento edilizio: una città per abitanti inesistenti!
Anche in questo caso il dimensionare artificiosamente il piano (cosa in realtà quasi obbligata
dai meccanismi della vecchia normativa) illustra ed evidenzia tutti i pregi della riforma
urbanistica intrapresa dalla Regione Calabria che effettua una inversione culturale nelle regole
di governo del territorio.
Il comune di Terranova si dota di un “Piano di Zona per l’Edilizia Pubblica Residenziale”,
redatto dal medesimo progettista del P.d.F., approvandolo in data 17 dicembre 1977 con
Deliberazione di C.C.
Il comune di Terranova si dota di un “Piano Comunale di Protezione Civile” con la
Deliberazione di C.C. del 6 agosto 2009, n. 23.
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