Bimestrale di informazione medica

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Bimestrale di informazione medica
ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E DEGLI ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI VERONA
VERONA
MEDICA
Bimestrale di informazione medica - anno XLVIII n. 3 LUGLIO 2013 - Sped. in a.p. - 70% - Poste Italiane S.p.A. - op. postale 30032393-002 - CONTIENE I.P.
Bimestrale di informazione medica
In questo numero:
Le nuove schede ospedaliere
Comunicato stampa ........................................................... pag. 8
Malattie professionali:
un problema di salute emergente ................................. pag. 15
La riabilitazione tra cronicità e appropriatezza .............. pag. 18
Certificati sportivi e defibrillatori ..................................... pag. 21
Prestazione del fisioterapista:
su prescrizione medica ...................................................... pag. 24
3
LUGLIO
2013
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SOMMARIO
EDITORIALE
ATTUALITÀ
5 Ludo-patia
25 La prima App sviluppata per i portatori di pacemaker
e defibrillatore
NOTIZIE DALL’ORDINE
6 Verbali del Consiglio e delle Commissioni
8 Comunicato stampa
STORIA DELLA MEDICINA
33 Una ciliegia tira l’altra
27 L’esercizio abusivo della medicina
Le nuove schede ospedaliere: tra economia ed etica
ALBO ODONTOIATRI
dei barbieri-cerusici nel Settecento veronese
FNOMCeO
9 Verbali della Commissione Odontoiatri
36 DVR e Corsi RSPP per chi ha dipendenti in studio
37 Assicurazione obbligatoria.
LETTERE AL DIRETTORE
11 Istituto Poveri della Casa di Nazareth
13 Enpam: l’Ordine scrive ai commercialisti
Esenzioni e raccomandazioni
38
Comunicato stampa
AGGIORNAMENTO
La FNOMCeO supporta i medici fiscali
ENPAM
15 Malattie professionali:
un problema di salute emergente
18 La riabilitazione tra cronicità e appropriatezza,
tra consapevolezza e limiti, tra idealità e risorse
PROFESSIONE E LEGGE
39 Enpam day
LIBRI RICEVUTI
41 Si assumono molti antibiotici, la salute è a rischio
GIOVANI E PROFESSIONE
21 Certificati sportivi e defibrillatori
22 La professione può essere svolta anche in società
24 Prestazione del fisioterapista:
42 S.O.S. - Sostituzioni
TEMPO LIBERO
44 Chi cerca... trova
su prescrizione del medico
ORDINE DEI MEDICI E ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI VR
Nuovo Orario di Apertura
della Segreteria dell’Ordine
Lunedì
dalle ore Martedì
Mercoledì
dalle ore 9,00
dalle ore 9,00
Giovedì
Venerdì
dalle ore 9,00
alle ore 17,00 (Continuato)
dalle ore 9,00
alle ore 13,00
Sabato chiuso
VERONA MEDICA
9,00
alle ore 13,00
alle ore 17,00 (Continuato)
alle ore 13,00
3
VERONA MEDICA
Bimestrale di informazione medica
Bollettino Ufficiale dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Verona
Anno XLVIII n. 3 Luglio 2013
Sped. in a.p. - 70% - Filiale di Verona
Registrazione del Tribunale di Verona
n. 153 del 20/3/1962
ORDINE DEI MEDICI E DEGLI ODONTOIATRI
DELLA PROVINCIA DI VERONA
VERONA - Palazzo Vitruvio Cerdone - Via Locatelli, 1 - 37122 Verona
tel. 045 8006112 / 045 596745 - fax 045 594904
web: www.omceovr.it
Direttore Responsabile
Roberto Mora
Comitato di Redazione
Renzo Bassi, Francesco Bovolin, Giorgio Carrara, Alessandro Dalla Riva
Carlo Marchi, Roberto Mora, Francesco Orcalli, Alberto Peroni,
Carlo Matteo Peruzzini, Gelmino Tosi
Consiglio Direttivo
Presidente: Roberto Mora
Vice-Presidente: Roberto Fostini
Segretario: Lucio Cordioli
Tesoriere: Fabio Marchioretto
Consiglieri
Giorgio Accordini, Francesco Bovolin, Giorgio Carrara,
Fabio Facincani, Alfredo Guglielmi, Giuseppe Lombardo, Annamaria Molino,
Francesco Orcalli, Francesco Oreglia, Carlo Matteo Peruzzini, Carlo Rugiu,
Claudio Salvatore, Francesco Spangaro
Revisori dei Conti
Vania Teresa Braga, Mario Celebrano, Giuseppe Costa
Revisore dei Conti Supplente
Elena Piazzola
Commissione Odontoiatri
Francesco Oreglia, Elena Boscagin, Francesco Bovolin,
Gino Cavallini, Gianpaolo Paoletti
Fotocomposizione Videoimpaginazione
e stampa
Girardi Print Factory
Via Maestri del Lavoro, 2 - 37045 Z.I. Legnago (Vr)
tel. 0442 600401
e-mail: [email protected]
Foto di Copertina
Roberto Mora
– Povile (Croazia) –
Inserzioni
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Bollettino
Spazio
1/2 pagina interna (bianco e nero)
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400,00
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1 pagina interna (bianco e nero)
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2ª e 3ª pagina di copertina (a colori) €
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600,00 (per uscita)
€
500,00 (per uscita)
4ª pagina di copertina (a colori)
€
1000,00
€
800,00 (per uscita)
€
600,00 (per uscita)
4
1 uscita
3 uscite
5 uscite
VERONA MEDICA
editoriale
Ludo-patia
Alfredo lo conosco da tanti anni.
Ha tre figli e fa l’operaio in una fonderia. La moglie lavora saltuariamente come “colf”.
La loro è sempre stata una vita
dura, dedicata al lavoro e ai figli.
Da due anni però, il lavoro si è fatto
saltuario anche per Alfredo, perché
la sua fabbrica l’ha messo in cassa
integrazione, ed Alfredo ora lavora
tre mesi e tre se ne resta a casa a
metà stipendio.
Qualche giorno fa la moglie è venuta a chiedermi aiuto, perché Alfredo, negli ultimi tempi, ha preso l’abitudine di giocare alle “macchinette”
e nell’ultimo anno ha contratto un
sacco di debiti. Quelli dell’ENEL gli
hanno staccato il contatore, ed ora
minacciano di fare altrettanto quelli
del gas. Con l’affitto è in ritardo di
cinque mesi, ma l’Assistente Sociale del comune gli ha comunque
concesso una proroga.
Ecco perché non ha fatto l’ecografia
che gli avevo chiesto l’anno scorso…!
I soldi per pagare il ticket non li aveva.
Una indagine commissionata dal
Codacoms ha svelato che i giocatori che si spendono tutti i risparmi
alla video-lotteria, ai video-poker o
alle altre “macchinette mangiasoldi” sono in continuo aumento e che
quasi uno su tre presenta problemi
di “gioco patologico”.
Quelli del SERT, cui mi sono rivolto per consigli, la chiamano “ludopatia”.
VERONA MEDICA
Mi hanno spiegato che il disturbo è
in costante aumento (le ultime cifre
gli assegnano una prevalenza che
varia dal 0.5 al 2% della popolazione), che chi ne è affetto è prevalentemente uomo, disoccupato o con
un lavoro saltuario, ha un basso
livello di scolarizzazione ed è spesso affetto anche da altri problemi
di relazione. Tra gli ammalati, molti
anche gli stranieri, ma da “ludopatia” sono affette anche tante casalinghe, alcuni pensionati e qualche
studente.
La maggior parte di loro frequenta le
sale da gioco da 5 a 7 volte la settimana e perde al gioco una media di
circa 40 € la settimana. Ma c’è chi
si indebita fino a vendersi la casa.
Mi hanno spiegato anche che negli ultimi anni le concessioni per le
“macchinette” sono costantemente
aumentate e che il volume di affari (la cifra giocata) di questo tipo di
gioco è stato di 25,6 miliardi di euro
nel 2004 e di 79,9 miliardi di euro
nel 2011 (fonte Monopoli di Stato).
L’incasso dello Stato è stato di 7,3
miliardi di euro nel 2004 e di 8.7 miliardi di euro nel 2011.
Una vera e propria epidemia. Sottostimata perché chi ne è affetto, si
vergogna e non si rivolge ai medici
se non quando è rovinato.
Ma anche un business ragguardevole!
Il superticket sull’assistenza specialistica introdotto con la finanziaria 2011 da Tremonti, sembra aver
fallito l’obiettivo. Avrebbe dovuto
garantire un gettito di 830 milioni di
euro, ma le stime dicono che complessivamente la manovra avrebbe
prodotto un gettito di soli 244 milioni, e in alcune Regioni, come in Veneto, tra il 2011 e il 2012 si sarebbe
registrata addirittura una riduzione
degli incassi.
I dati vengono da uno studio dell’Agenas, nell’ambito del progetto
Remolet (Rete di monitoraggio dei
livelli essenziali tempestivi) e sono
stati presentati un mese fa dal suo
Presidente Giovanni Bissoni, che ha
anche affermato che l’impatto dei
ticket su chi li paga è in alcuni casi
più pesante dell’IMU e dell’IVA “che
stanno avendo tanta attenzione”.
Per giustificare la negatività delle previsioni d’incasso si potreb-
be pensare che gli italiani abbiano
deciso di farsi meno esami e meno
visite specialistiche, ma anche che
una buona parte di questi abbia
deciso di acquistarli direttamente
nel privato cui la gente, visti i costi
e i tempi delle liste di attesa, avrebbe deciso di rivolgersi per avere le
prestazioni che una volta chiedeva
al SSN.
Il privato, constatava Bissoni, offre
ormai prestazioni a “prezzi concorrenziali” (e in tempi decisamente più
rapidi, aggiungiamo noi) e la conseguente riduzione delle prestazioni danneggia il SSN che ha così
realizzato entrate al di sotto delle
aspettative, mantenendo però fissi i
costi delle strutture che dovrebbero
erogarle.
Il dato, concludeva Bissoni, deve
far riconsiderare l’attuale politica dei
Tickets.
E può spiegare le preoccupazioni
espresse da un Direttore di Distretto che, in una riunione con i medici
di famiglia, lamentava il fatto che
nella sua ASL gli esenti ticket per
patologia fossero superiori, come
numero, a quelli di altre ASL provinciali.
Chissà se Bissoni ha considerato
che c’è anche chi, come Alfredo, i
soldi non li ha spesi perché invece
di usarli per curarsi se li è mangiati
con le “macchinette”, ammalandosi
e mettendo in crisi la famiglia.
Ma forse questo è meno importante, e non interessa più di tanto.
Così le concessioni, ed il conseguente “giro di affari”, continuano
ad aumentare.
Tanto che, se domani quelle maledette “macchinette” ce le dovessimo trovare anche al Distretto o al
bar dell’ospedale, potrebbe anche
capitare che la cosa non ci facesse
neanche più specie.
ROBERTO MORA
5
NOTIZIE DALL’ORDINE
Verbali
del Consiglio
e delle
Commissioni
VERBALE SEDUTA DI CONSIGLIO
DEL 5 MARZO 2013
Presenti: Mora, Fostini, Marchioretto,
Bovolin, Carrara, Facincani, Guglielmi,
Lombardo, Molino, Oreglia, Rugiu,
Salvatore, Spangaro
Revisori dei Conti: Braga, Celebrano,
Costa, Piazzola
Direttore: Cerioni
Avvocato: Gobbi
Assenti Giustificati: Cordioli, Accordini,
Orcalli, Peruzzini
Il Presidente constatata la presenza
del numero legale dichiara aperta la
seduta.
Constatata l’assenza del Dr. Cordioli, viene incaricato il Dr. Facincani a
svolgere l’incarico di Segretario.
1) COMUNICAZIONI
A) Il Presidente informa che si sta
programmando un convegno
dal tema “Amministratore di sostegno” al fine di far conoscere i
rapporti, e le funzioni dell’Amministratore di sostegno. Tale iniziativa
è stata suggerita dall’Avv. Zanca
e dal Giudice Dr.ssa Gattiboni del
foro di Verona.
Il Convegno dovrebbe svolgersi a
fine autunno e verranno richiesti
crediti ECM per i partecipanti.
Sulle tematiche, il Consiglio ritiene
di identificare quali interlocutori i
Medici delle Case di Riposo, i Geriatri, i Medici che svolgono attività
presso le RSA e Lungodegenze,
oltre ad altre figure che prestano
la loro opera nel settore.
B) Il Presidente da lettura della co-
6
municazione pervenuta per PEC
ed indirizzata a tutti i Componenti dei Consigli degli Ordini dei
Medici C. e O. Provinciali d’Italia
dal Presidente dell’O.M. C.e O.
di Ferrara, nella quale vengono
poste varie perplessità in merito
sia ai “derivati” che ai compensi
percepiti dagli Amministratori Enpam (componenti il Consiglio di
Amministrazione – i Revisori ed i
componenti della Società partecipatata dell’Enpam – Real Estate).
Invita quindi i Colleghi a prenderne visione informando che su tale
argomenti a programmato un incontro per il giorno 19 marzo p.v.
con i componenti la Commissione
Enpam dell’Ordine, per una preliminare valutazione sui fatti esposti
dal Presidente dell’Ordine dei Medici C. e O. di Ferrara; se i componenti lo riterranno opportuno, proporranno un Convegno sull’Ente
di Previdenza.
C)Il Presidente comunica di aver
partecipato ad una riunione urgente della FROMCeO, ove sono
state discusse le proposte avanzate nell’accordo Stato Regioni
sulle nuove competenze da affidare agli infermieri.
Tali proposte non trovano l’accordo della categoria Medica laddove non è chiaro se insieme alle
mansioni siano trasferite anche le
responsabilità.
La FROMCeO predisporrà quindi
un documento da trasmettere alla
Federazione Nazionale.
D) Il Presidente comunica le azione
intraprese per eliminare il divieto
posto dall’Amministrazione comunale di Verona al passaggio da
parte dei medici e infermieri che
si recano per visite urgenti e per
interventi di continuità assistenziale, nelle zone a “traffico limitato
– ZTL”.
Dopo gli articoli pubblicati sui
media e gli interventi presso il Comando della Polizia Urbana, tale
divieto di accesso è stato tolto
con alcune limitazioni.
E) Il Consiglio preso atto della disponibilità manifestata dall’Avv. Giuseppina MARTINATO, la quale ha
dichiarato la propria disponibilità
ad assistere i medici nell’esame
delle polizze assicurative da essi
stipulate, delibera di affidare l’incarico di consulente assicurativo alla predetta Avv, Giuseppina
MARTINATO dal 12 marzo 2013 al
31.12.2013. L’incarico sarò svolto
in ore concordate con la consulente e non avrà alcun costo per
l’Ordine dei Medici.
4) MEDICINE ALTERNATIVE
Il Presidente comunica che la presidenza del Consiglio dei Ministri –
Conferenza permanente tra lo Stato,
le Regioni e le Province Autonome di
Trento e Bolzano, nella seduta del 7
febbraio 2013, ha stabilito i criteri e le
modalità per la certificazione di qualità della formazione e dell’esercizio
dell’Agopuntura, della Fitoterapia e
dell’Omeopatia, da parte dei Medici
Chirurghi, degli Odontoiatri, dei Medici Veterinari e Farmacisti.
Chiede pertanto ai consiglieri di segnalare i nominativi di Colleghi che
operino da almeno quindici anni nel
settore delle Medicine Alternative allo
scopo di nominare una Commissione
per la valutazione della certificazione
di qualità.
5) ISCRIZIONI E CANCELLAZIONI
MEDICI - CHIRURGHI
Iscrizioni neo-abilitati:
Dott. ACCORDINI Federico
Dott. ADAMI Enrica Chiara
Dott. ALLEGRINI Valentina
Dott. AMBROSI Enrico
Dott. BALLARINI Sofia
Dott. BANTERLE Silvia
Dott. BENFARI Giovanni
Dott. BETTA Davide
Dott. BONADIMAN Silvia
Dott. BOSELLO Francesca
Dott. BREONI Irene
Dott. BRUGNERA Annalisa
Dott. CACCIAMANI Giovanni
Dott. CANELLO Alessia
Dott. CARESTIATO Francesca
Dott. CASTINO Eva
Dott. CENSI Simona
Dott. CHINCARINI Marco
Dott. CICCIARELLA Lara
Dott. CYBULSKY Adam Jerzy
Dott. COCCO Valentina
Dott. COLLETTA Giulia
Dott. COSTANZO Alessandro
Dott. CUCCHETTO Giulia
VERONA MEDICA
NOTIZIE DALL’ORDINE
Dott. DAMOLI Isacco
Dott. DA PRATO Giuliana
Dott. DE CARO Jolanda
Dott. DE MARCHI Davide
Dott. DEOTTO Niccolò
Dott. DOLCI Giulia
Dott. FASANI Giada
Dott. FERRARI Federico
Dott. FERRARI Sara
Dott. FOSSA’ Irene
Dott. FOSTINI Anna Chiara
Dott. FRISON Giulia
Dott. GALVAN Arturo
Dott. GAMBARO Alessia
Dott. GASTALDON Chiara
Dott. GRECO Elena
Dott. GUERRA Chiara
Dott. LAITI Silvia
Dott. LANZA Davide
Dott. LAURENTI Alessandra
Dott. LONARDONI Fabio
Dott. MANZATO Gisella
Dott. MARCONI Francesco
Dott. MARIOTTO Arianna
Dott. MICHELETTI Valentina
Dott. MILANO Elena Giulia
Dott. MINNITI Federica
Dott. MORANDI Luca
Dott. MURRI Virginia
Dott. PAPOLA Davide
Dott. PARISSONE Francesca
Dott. PAURO Francesca
Dott. PERETTI Alessia
Dott. PERETTI Marta
Dott. PIERANTONI Silvia
Dott. PIEROTELLO Luca
Dott. PIONA Claudia Anita
Dott. PIZZEGHELLA Mariachiara
Dott. PLOTEGHER Cristina
Dott. POLI Christian
Dott. POPOVICI Igor
Dott. PUNTEL Gino
Dott. QUAGLIA Francesca Maria
Dott. RIGAS Georgios
Dott. RUSSO Alessio
Dott. SAY Svitlana
Dott. SILVESTRI Andrea
Dott. TAGETTI Angela
Dott. TOT Ema
Dott. TRIPI Gaia
Dott. UGOLINI Andrea
Dott. VANTAGGIATO Elisabetta
Dott. VENERI Antonio
Dott. VINCO Giulia
Dott. ZAMBONI Federica
Dott. ZAMBONI Federico
Dott. ZAMPIERI Marina
Dott. ZANONI Laura
Dott. ZECCHETTO Camilla
Dott. ZONI Cristina
Dott. ZORZATO Pier Carlo
Dott. GOBBI Federico da TORINO
Dott. HAYEK Abdallah da SIENA
Iscrizioni per trasferimento da altro
Ordine:
Dott. BONELLO Elisa da VENEZIA
Dott. BRUNI Francesca da VICENZA
La Commissione delibera quanto segue:
- N. 5 archiviazioni provvedimenti
- N. 1 apertura di procedimento disciplinare.
Cancellazioni per decesso:
Dott. MENDOLA Giovanni
Cancellazioni per trasferimento ad
altro Ordine:
Dott. ARANCIO Ottavio a SIRACUSA
Dott. BENEDETTI Stefano a MANTOVA
ODONTOIATRI
Iscrizioni neo-abilitati:
Dott. AGUIRRE LEMUS Maria del Pilar
Dott. REMONTI Sirley
Iscrizioni per trasferimento da altro
Ordine:
Dott. CAMPAGNOLO Federica
da VICENZA
PRIMA DI PROCEDERE ALLE RELAZIONI ISTRUTTORIE, ESCONO
DALLA SALA I CONSIGLIERI ODONTOIATRI, I REVISORI DEI CONTI, IL
DIRETTORE E L’AVVOCATO.
SONO INTERESSATO A DARE LA MIA DISPONIBILITà PER SOSTITUIRE I COLLEGHI DI
(BARRARE)
n
n
MEDICINA GENERALE
PEDIATRIA
COGNOME......................................................................................................................................................................................................................................................................
NOME.....................................................................................................................................................................................................................................................................................
VIA.....................................................................................................................................................................................................................................................N. .................................
CAP........................................... CITTà .............................................................................................................................................................................................................................
TELEFONO....................................... /.................................................................. /
....................................... ........................................................................
Possesso del Diploma di Formazione Specifica in Medicina Generale
SI n
NO n
Possesso della Specializzazione in Pediatria
SI n
NO n
VERONA MEDICA
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NOTIZIE DALL’ORDINE
COMUNICATO STAMPA
L’Ordine dei Medici di Verona
Emesso dal Consiglio dell’Ordine nella seduta del 14 giugno 2013
Le nuove schede ospedaliere:
tra economia ed etica
I tagli indiscriminati in sanità rischiano
di compromettere non solo il sistema
sanitario nazionale ma anche la stabilità sociale del paese.
Il sistema sanitario italiano, con i principi di universalità, equità e solidarietà
cui si ispira, ha rappresentato e continua a rappresentare, specie nell’attuale momento di crisi economica
che ha sprofondato nell’indigenza
ampie fasce di popolazione, un formidabile strumento di coesione e stabilizzazione sociale.
Comprometterne la funzione equivale
a scatenare pericolose tensioni sociali.
La logica dell’economia ad ogni costo
ed i tagli indiscriminati, spacciati per
razionalizzazioni, rischiano di compromettere la qualità dell’assistenza,
la sua accessibilità, ma anche i basilari principi su cui poggia il nostro sistema sociale.
È l’allarme che lancia il Consiglio
dell’Ordine dei Medici di Verona
che manifesta la sua preoccupazione per i preannunciati tagli ai
posti letto e ai servizi che potrebbero colpire nei prossimi giorni la
rete ospedaliera della nostra insieme a quella delle altre provincie del
Veneto.
La riorganizzazione ospedaliera
non può realizzarsi senza una pari
riorganizzazione dell’assistenza sul
territorio pena il lasciare ampie fasce di popolazione senza possibilità di cura, scaricando sulle famiglie
il peso di un’assistenza che il sistema pubblico non sarà più in grado
di garantire.
La chiusura di reparti e servizi renderà difficile a molti accedere alle
cure ed i disagi per averle le renderà, per alcuni, decisamente indisponibili.
Denuncia
lo stato di progressiva e costante riduzione delle risorse disponibili che
costringe i medici a lavorare ogni
giorno in condizioni di aumentato rischio clinico e le famiglie a sobbarcarsi oneri economici ed assistenziali
insostenibili.
Denuncia
un sistema dove le decisioni “logistiche”, determinanti sull’organizzazione
dell’assistenza, sono appannaggio
esclusivo della “politica”, e le ricadute
in termini di ridotta sicurezza ed efficacia delle cure gravano su medici e
operatori sanitari.
Segnala
il delinearsi di diverse possibilità di accesso alle cure sulla base delle capacità economiche.
Chiede
chiarezza nelle assunzioni di responsabilità, onestà nella comunicazione,
equità e trasparenza nelle scelte, ricerca costante dell’assenza di conflitti di
interesse in chi è chiamato alle scelte.
Auspica
l’attenzione di tutti sulla necessità di
garantire ai malati pari dignità di trattamento e cure.
Norme comportamentali
per i medici che effettuano sostituzioni
Si ricorda che all’atto dell’affidamento/accettazione dell’incarico di sostituzione devono essere sottoscritti i seguenti punti:
• Il Medico Sostituto deve garantire il pieno rispetto degli orari d’ambulatorio e può modificarli solo previo accordo col Medico Titolare, tenuto
conto dei disagi dell’utenza.
• Il Medico Sostituto deve garantire lo stesso periodo di reperibilità telefonica attiva che viene garantita dal Medico Titolare (in genere ore
8-10 con risposta diretta del titolare o di altra persona).
• Nelle giornate di sabato e nei giorni prefestivi il Medico Sostituto deve rispettare gli impegni del Medico Titolare, deve effettuare la reperibilità telefonica e/o l’ambulatorio qualora fosse prevista attività ambulatoriale e deve effettuare le visite richieste anche se dovesse comportare
un prolungamento dell’orario oltre le ore 10 del mattino.
• Il Medico Sostituto si impegna a sostituire un solo medico per volta, salvo casi particolari -dichiarati- nello stesso ambito di scelta, per garantire agli utenti una presenza effettiva nella sede d’attività del tutto simile a quella del titolare.
• Eventuali accordi tra Medico Titolare e Medico Sostituto al di fuori di questo regolamento devono comunque tenere presente che interesse
principale è anche evitare disagi e servizi di scarsa qualità agli assistibili.
8
VERONA MEDICA
ALBO ODONTOIATRI
Verbali della Commissione
Odontoiatri
VERBALE DELLA COMMISSIONE
ODONTOIATRI DEL 12 MARZO 2013
Presenti: Bovolin, Boscagin, Cavallini,
Oreglia, Paoletti
Approvazione verbale precedente:
il verbale della seduta precedente viene approvato all’unanimità.
ComunicazionI:
1. Dott. YZ: il Presidente Informa di
aver invitato a colloquio il Sanitario
in merito ad iniziativa Groupon e da
lettura del verbale di audizione.
2. Dott. ZZ: il Presidente informa di
aver invitato a colloquio il Sanitario
in merito a iniziativa Groupon e informa i presenti sull’esito del colloquio.
3. Dott. YY: il Presidente Informa di
aver invitato a colloquio il Sanitario per spiegazioni riguardanti
la segnalazione ricevuta dal Sig.
……, padre di un bambino con la
cui madre è in corso separazione
legale, che ha diffidato il Sanitario
a proseguire le cure senza suo
esplicito consenso. Il Sanitario afferma di essersi limitato al controllo
dell’apparecchio ortodontico del
minore. Viene deciso di scrivere
all’esponente per illustrargli che,
comunque, lo stato delle cure ortodontiche iniziate impone che le
medesime siano seguite e/o portate avanti. Il non farlo rappresenta
possibile fonte di complicanze per
il paziente.
4. Dott. QY: viene deciso di invitare
a colloquio il Sanitario per essere
sentito in relazione alla sua direzione sanitaria presso lo studio
……….
Relazioni istruttorie:
1. Dott.ssa CH: il Presidente informa
di aver sentito a colloquio la Dott.
ssa TT, pediatra, per controversia
VERONA MEDICA
sia di tipo clinico che economico
in essere con la Dott.ssa CH. Al
colloquio ha fatto seguito memoria
scritta. La TT lamenta in primis il
fatto di non essere stata adeguatamente curata. Il Presidente da
lettura dell’esposto. Viene deciso
di convocare la Dottoressa CH per
chiarimenti.
2. Dott. TY: il Presidente ripercorre
il caso relativo al Sanitario. Viene deciso un ulteriore approfondimento di indagini. Lo stato del
procedimento giudiziario relativo
al Collega impone comunque adeguamento del procedimento amministrativo con apertura, per ora,
di procedimento disciplinare.
3. Dott.ssa HH il Presidente comunica di aver invitato a colloquio la
dottoressa in merito ad una segnalazione che la vede coinvolta
in quanto direttore Sanitario della
struttura “…….”, per la quale l’ASL..
ha ricevuto una segnalazione anonima che ha provveduto ad inviarci. Vengono decisi ulteriori approfondimenti di indagine.
Procedimenti disciplinari:
1. Dott. MH il Presidente informa che
il Sanitario ha presentato riscorso
avverso la sospensione di mesi 1.
Viene dato mandato al Presidente
di resistere al gravame.
2. Dott. NYY. Il Presidente informa
che il Sanitario ha presentato ricorso alla sanzione dell’Avvertimento.
Viene dato mandato al Presidente
di resistere al gravame.
3. Dott. YZY: alle ore 18.30, prima
della discussione del caso, lasciano la riunione il Dott. Francesco
Bovolin e il Dott. Paoletti Gianpaolo. Il Presidente informa che la
Dott.ssa …… responsabile NAC
dell’ULSS …., ha trasmesso all’Ordine le ricette in originale rilasciate
dal sanitario e dalle quali si evincerebbe il nome del paziente al quale
son state rilasciate le prescrizioni.
Si comunicherà all’avvocato di
domiciliazione dell’incolpato sia il
deposito delle ricette originali, delle
quali si faranno copie conformi, sia
la facoltà di ammettere i testi come
da richiesta. Verrà comunicata anche la data per la seconda seduta
della commissione di disciplina
VERBALE DELLA COMMISSIONE
ODONTOIATRI DEL 9 APRILE 2013
Presenti: Boscagin, Bovolin,
Cavallini, Oreglia, Paoletti
Lettura e approvazione verbale precedente: il verbale della seduta precedente viene approvato all’unanimità.
Comunicazioni:
1. Il Presidente informa i presenti di
una lettera a firma del Dott. Renzo
sull’attività della Commissione Albo
Odontoiatri Nazionale. Tra le iniziative il Dott. Renzo evidenzia la nota
inviata al Nucleo NAS riguardante
la pubblicità ingannevole effettuata
dalla associazione “Amicodentista.
com”.
2. Il Presidente informa di aver ricevuto una lettera a firma Dott. Renzo il
quale informa che una delegazione
della CAO nazionale ha incontrato
dei referenti del Consiglio Superiore della Magistratura. Nella lettera
auspica e prevede una buona collaborazione tra le procure della Repubblica e le CAO provinciali.
Relazioni istruttorie:
1. Il Presidente informa che è pervenuto all’Ordine, da parte della
Guardia di Finanza, copia di un verbale di sequestro effettuato presso
lo studio dentistico del Dott. XX e
Dott.ssa YY, in quanto, a seguito
di un sopralluogo è stato trovato il
Sig. XY (odontotecnico e pertanto
non in possesso delle abilitazioni
professionali) mentre operava su
un paziente. Viene deciso di inviare
la documentazione al legale della
Commissione Odontoiatri avv. Zanoni per capire come poter procedere nella costituzione di parte civile. Viene deciso inoltre di convocare
il Dott. XX per informazioni.
9
ALBO ODONTOIATRI
2. Dott. ZY: il Presidente informa di
aver ricevuto da parte della Procura
della Repubblica una nota ove viene specificato che in capo al Dott.
ZY vi sarà un rinvio a giudizio. Viene deciso di aprire il procedimento
disciplinare in capo al Dott. ZY e
contestualmente di sospenderlo in
attesa della sentenza della magistratura. Il dott. ZY sarà notiziato del
provvedimento a suo carico.
3. Dott.ssa ZZ: il Presidente ripercorre
il caso. Dopo aver invitato a colloquio la Dott.ssa perviene all’Ordine
una memoria da parte dell’Avvocato della Dott.ssa. Viene deciso
di scrivere all’avvocato chiedendo
ulteriore documentazione, citata
nei documenti a difesa e quindi necessaria per completezza.
4. Dott. YZ: il Presidente informai i
presenti di aver invitato a colloquio
il Dott. YZ per pubblicità sanitaria
non conforme. Nel corso del colloquio è emerso come lui abbia due
direzioni sanitarie presso due strutture aventi gli stessi proprietari e
come sia proprietario di uno studio
a …………. Viene deciso di attendere quanto promesso dal medico
in merito alla correzione delle forma
pubblicitarie.
5. Dott.ssa QY: il Presidente ripercorre
il caso e comunica di aver invitato a colloquio la Dott.ssa che prima dell’invito a colloquio ha inviato
all’Ordine una memoria difensiva. La
Dott.ssa ZY ha presentato stamane
un ulteriore esposto nei confronti
della Dott.ssa QY. Vengono lette le
memorie delle due parti. Si attenderà ulteriore documentazione, preannunciata, da parte della Dott.ssa QY.
VERBALE DELLA COMMISSIONE
ODONTOIATRI DEL 14 MAGGIO 2013
Presenti: Boscagin, Bovolin, Cavallini,
Oreglia, Paoletti
Lettura ed approvazione verbale precedente: il verbale della seduta precedente viene approvato all’unanimità.
ComunicazionI:
1. Il Presidente informa i presenti di
una lettera a firma del Dott. Renzo
sull’attività della Commissione Albo
10
Odontoiatri Nazionale. Tra le iniziative il Dott. Renzo evidenzia la nota
inviata al Nucleo NAS riguardante
la pubblicità ingannevole effettuata
dalla associazione “Amicodentista.
com”.
2. Il Presidente informa di aver ricevuto una lettera a firma Dott. Renzo il
quale informa che una delegazione
della CAO nazionale ha incontrato
dei referenti del Consiglio Superiore della Magistratura. Nella lettera
auspica e prevede una buona collaborazione tra le procure della Repubblica e le CAO provinciali.
Relazioni istruttorie:
1. Il Presidente informa che è pervenuto all’Ordine, da parte della
Guardia di Finanza, copia di un verbale di sequestro effettuato presso
lo studio dentistico del Dott. XX e
Dott.ssa YY, in quanto, a seguito
di un sopralluogo è stato trovato il
Sig. XY (odontotecnico e pertanto
non in possesso delle abilitazioni
professionali) mentre operava su
un paziente. Viene deciso di inviare
la documentazione al legale della
Commissione Odontoiatri avv. Zanoni per capire come poter procedere nella costituzione di parte civile. Viene deciso inoltre di convocare
il Dott. XX per informazioni.
2. Dott. ZY: il Presidente informa di
aver ricevuto da parte della Procura
della Repubblica una nota ove viene specificato che in capo al Dott.
ZY vi sarà un rinvio a giudizio. Vie-
ne deciso di aprire il procedimento
disciplinare in capo al Dott. ZY e
contestualmente di sospenderlo in
attesa della sentenza della magistratura. Il dott. ZY sarà notiziato del
provvedimento a suo carico.
3. Dott.ssa ZZ: il Presidente ripercorre
il caso. Dopo aver invitato a colloquio la Dott.ssa perviene all’Ordine
una memoria da parte dell’Avvocato della Dott.ssa. Viene deciso
di scrivere all’avvocato chiedendo
ulteriore documentazione, citata
nei documenti a difesa e quindi necessaria per completezza.
4. Dott. YZ: il Presidente informai i
presenti di aver invitato a colloquio
il Dott. YZ per pubblicità sanitaria
non conforme. Nel corso del colloquio è emerso come lui abbia due
direzioni sanitarie presso due strutture aventi gli stessi proprietari e
come sia proprietario di uno studio
a …………. Viene deciso di attendere quanto promesso dal medico
in merito alla correzione delle forma
pubblicitarie.
5. Dott.ssa QY: il Presidente ripercorre
il caso e comunica di aver invitato
a colloquio la Dott.ssa che prima
dell’invito a colloquio ha inviato
all’Ordine una memoria difensiva.
La Dott.ssa ZY ha presentato stamane un ulteriore esposto nei confronti della Dott.ssa QY. Vengono
lette le memorie delle due parti. Si
attenderà ulteriore documentazione, preannunciata, da parte della
Dott.ssa QY.
Comunicare il quesito od il sospetto diagnostico
È indice di correttezza deontologica
e di buona pratica clinica
Alcuni Direttori Sanitari e Responsabili di Distretto ci hanno in varie occasioni comunicato che è
ancora abbastanza diffusa la pessima abitudine di richiedere visite specialistiche ed accertamenti
diagnostici senza comunicare il quesito, o, meglio il sospetto diagnostico.
Tale comportamento può essere ammissibile in alcune situazioni particolari ma nella generalità dei
casi è contrario alla buona pratica clinica ed al Codice Deontologico (artt. 59, 62) e può in alcune
situazioni critiche configurare un reato ai sensi dell’art. 328 del Codice Penale.
È altrettanto indice di correttezza deontologica e soprattutto di buona pratica clinica per TUTTI
riportare sulle richieste di accertamenti
• data di emissione del documento in cui viene indicata la richiesta
• timbro personale del medico proponente
• firma (se possibile LEGGIBILE) del medico proponente
• infine ma non per ultimo: indicazione del motivo e/o del sospetto clinico alla base della richiesta
di accertamenti
VERONA MEDICA
LETTERE AL DIRETTORE
Istituto Poveri
della Casa di Nazareth
Caro Direttore,
sono Diego Ligas e sono consacrato
come religioso nella mia città di Verona
in un istituto a servizio dei deboli mentali
dal nome: “Poverette della Casa di Nazareth” e sono l’unica vocazione maschile, in quanto vi sono rimaste poche
suore per lo più anziane.
Se ricordi, ci siamo conosciuti qualche
giorno fa e facendo seguito a quanto
ci siamo detti ho deciso di accogliere il
tuo invito scrivendo al tuo giornale questa lettera.
Prima di intraprendere questo cammino
io facevo Judo Karate di cui sono stato
più volte campione essendo giunto in
ambedue alla cintura nera. Nel Karate
ho fatto pure un secondo e un terzo posto ai campionati nazionali; tra l’altro ero
pure ad un buon livello nel ballo.
Nell’anno 2000 ho cominciato ad avvertire dentro di me una chiamata insistente del Signore, ma non capivo bene
cosa stava succedendo ; così cominciai a frequentare molto più spesso la
Chiesa, stando ore ed ore da solo al
suo interno parlando a Dio con il cuore.
Cominciai a fare del volontariato nel
servire la cena ai senza tetto e sempre
più spesso sentivo il bisogno di star loro
vicino; nel frattempo lavoravo, prima
come cassiere in un supermercato, poi
in fabbrica come magazziniere addetto
alle molle.
Ma dentro di me sentivo forte il bisogno
di aiutare i malati mentali, le persone
down, i tribolati e pregavo con tutta
la mia forza perché potessi trovare un
ambiente cui prestare il mio tempo libero con loro. Un bel giorno, guardando Telepace vidi un documentario su
un istituto, appunto le “Poverette della
Casa di Nazareth” di un paese vicino al
mio, così notai il numero di telefono e mi
recai per più di un anno a dare del mio
tempo alle persone in difficoltà mentale.
Con la morte di Giovanni Paolo II ho capito chiaramente che Dio mi chiamava
proprio lì dando tutta la mia vita per il
suo progetto. Il fondatore di questo isti-
VERONA MEDICA
che abbiamo nel veronese seguiamo
circa 200 disabili più o meno gravi.
Mai sino a qualche anno fa avrei detto di consacrarmi al Signore…ma poi
ho sentito forte il Suo richiamo e non
sono stato capace a dire di no. I disabili
mentali sono i piccoli del Vangelo cui
dobbiamo lavare i piedi ogni giorno;
qualunque cosa facciamo loro, la facciamo a Cristo.
Venite a trovarmi! Ecco i miei recapiti:
Diego Ligas, Istituto Poverette della Casa di Nazareth, via Filippini 17,
37121 Verona
numero di cell.: 3497259488 oppure
0458003555 fax: 0458007449
Diego Ligas con un’ospite dell’Istituto
Un abbraccio e avanti sempre con
Gesù e Maria!
DIEGO LIGAS
tuto è il Venerabile padre Filippo Bardellini vissuto il secolo scorso.
Il 27 novembre 2005, giorno della festa
della medaglia miracolosa, stemma
che le suore portano al collo, entrai
definitivamente e l’anno successivo cominciai a frequentare la teologia. Una
cosa è certa: i disabili mentali sono la
mia vita ed in essi cerco di vedere il
volto di Cristo sofferente, in quanto loro
sono bisognosi di tutto, soprattutto di
sentirsi amati. Pregate per me e pregate perché con me si uniscano nuove
vocazioni sia maschili che femminili, in
modo da proseguire sulle orme di padre Filippo Bardellini. Nelle cinque case
Oggi l’istituto Poverette/Poveretti della
Casa di Nazareth va avanti sebbene siano rimaste poche suore e un giovane
fratello, che come consacrati dedicano
la loro vita a servizio appunto dei malati psichici e fisici, vedendo in ognuno di
loro i prediletti di Cristo.
Si prosegue con la convinzione che il
Buon Dio e Maria Santissima non tarderanno a suscitare nel medesimo istituto
nuove vocazioni sia maschili che femminili, così da continuare con gioioso slancio la missione donata per i più sofferenti. Abbiamo la ferma convinzione, come
d’altronde ci ha trasmesso padre Filip-
Il lavoro nell’Istituto
11
LETTERE AL DIRETTORE
po, che i deboli mentali sono figli di Dio
e portatori autentici della Sua immagine.
Le iniziative odierne sono orientate a fornire interventi qualificati con un massimo
impegno in modo da recuperare il più
possibile il soggetto diversamente abile,
così da offrirgli l’opportunità di integrarsi
con diritti e doveri nel contesto civile.
Abbiamo dei centri diurni e CEOD, ai
quali sono ammessi anche soggetti
gravi e medio-gravi residenti sul territorio; i percorsi di formazione attivati dagli
operatori, con il supporto di volontari,
mirano a recuperare sul piano umano
e relazionale i soggetti accolti, ai quali
sono offerte varie opportunità per sviluppare le abilità lavorative, puntando
alla valorizzazione delle potenzialità residue, il tutto realizzato in un contesto di
esperienze singolari dirette a migliorare
e a consolidare il livello di autonomia e di
socializzazione.
“Umiltà e carità nella semplicità” era il
motto del Bardellini ed è pure il nostro.
Noi consacrati seguiamo questo esempio, servendo e amando i nostri assistiti,
i nostri “piccoli tesori” come li chiamava padre Filippo, ricordandoci sempre
che anche il debole mentale è persona:
come tale deve essere aiutato e rispettato come gli altri e ha il diritto che le sue
doti vengano coltivate e sviluppate in tutto ciò che è possibile.
Assistenza, recupero, formazione umana e cristiana degli insufficienti mentali di
ambo i sessi, sono stati e lo sono tuttora,
i nostri compiti per illuminare la speranza di tanti abbandonati, penalizzati da
una natura avara. Le nostre conquiste
avvengono a piccoli passi; consistono
nel sorriso e nell’affetto riconoscenti degli assistiti che, contro ogni speranza,
imparano a crescere sani, vestire con
proprietà, eseguire bei lavoretti, faccende domestiche ed esprimersi in modo
comprensibile.
Quanti sforzi fa il demonio e il mondo
per rovinare queste “piccole anime”!
Noi cerchiamo di coprirle con le ali di
un’amorevole custodia e ci impegniamo a ripararle con la siepe di un’istruzione cristiana, non dimenticando mai
le giuste intenzioni di padre Filippo.
Ai loro bisogni di concretezza, di affetto,
di comprensione rispondiamo con un
programma di recupero e rieducazione
articolato in piani di intervento specialistici, che prevedono anche l’aiuto e
la supervisione di personale medico
esterno.
Non si pretendono dalle sorelle e dai
fratelli speciali requisiti, ma l’amore per
i disabili, quello sì. Padre Filippo diceva
che “bello è pensare al prossimo, più
bello il pregare per lui, ottimo amarlo
con generosità e dimenticarsi per darsi
interamente”.
Quindi, la nostra vita donata, è fatta anche di ardente spiritualità e preghiera,
nutrimento che ci dona grande energia
per far fronte alle tante occupazioni
quotidiane.
“Abbandoniamoci nella Divina Provvidenza; tutto è in mano di Dio e noi spendiamo le nostre forze per il bene delle
anime e Dio penserà a noi”. Questo è
l’invito di padre Filippo per tutti noi consacrati che abbiamo accolto e continuiamo ad accogliere con gioia, cercando
di trasmetterlo agli altri, confidando nella
certezza che si comincia sempre dal
poco per arrivare al molto, proprio come
attraverso i piccoli si raggiunge Colui che
è grande.
La vocazione a una vita donata nasce
come richiamo interiore alla verità e alla
bellezza della santità. Il Signore ci chiama personalmente a impegnarci: tutte
le nostre virtù e migliori facoltà fruttificheranno. Possiamo testimoniare che è
vero: la vita donata vale moltissimo per
Dio, poiché diventa di esempio a molti. Ogni giorno è nuovo, ogni storia una
magnifica avventura per chi vive la vita
del testimone di Cristo.
Esistono anche le piccole battaglie e noi
abbiamo scelto di dedicare la vita proprio alle piccole battaglie, quelle in favore degli ultimi: gli handicappati mentali, i
minimi della società. C’è tanto da fare,
non per arrivare a diventare qualcuno,
ma con la soddisfazione di esser parte
di quell’Uno che tutti ci ha salvati.
Se vorrai essere dei nostri diventerai la
Sua Provvidenza…Siamo in grosse difficoltà economiche!
Intanto vieni a conoscerci: vedrai la nostra gioia.
ISTITUTO POVERETTE DELLA
CASA DI NAZARETH-ONLUS
Via Domegliara, 9
37015 PONTON (VR)
Telefono 045 6861088
Fax 045 6860995
Codice Fiscale 80015470232
Partita I.V.A. 01512410232
E-mail: [email protected]
Caro Diego,
accolgo volentieri il tuo appello e lo
giro a quanti ci leggono segnalando
la possibilità, per chi lo volesse, di
devolvere alla vostra associazione anche il 5 x mille (basta indicare il codice fiscale 80015470232) o quanto si
vorrà donare alla vostra associazione
in altre forme.
...ed i momenti di svago
12
ROBERTO MORA
VERONA MEDICA
LETTERE AL DIRETTORE
Enpam:
l’Ordine scrive ai commercialisti
Al Presidente dell’Ordine
dei Dottori Commercialisti
Egr. Sig. Presidente,
La presente per comunicarLe che dal 1
gennaio 2013 è entrato in vigore il nuovo Regolamento del Fondo di Previdenza Generale della Fondazione ENPAM (Ente Nazionale della Previdenza
ed Assistenza Medici ed Odontoiatri),
peraltro consultabile nel sito http://
www.enpam.it/wp -content/uploads/Regolamento fondo Previdenza generale 2013.pdf.
Preme far notare che le entrate della
Quota “A” sono costituite, tra le altre
dai contributi obbligatori versati dagli
iscritti a norma dell’art. 3 comma 3 del
suddetto Regolamento che recita:
3. È comunque dovuto da ciascun
iscritto un contributo nelle seguenti misure minime annuali:
a) € 148,80 per tutti gli iscritti, fino al
compimento del trentesimo anno di età;
b) € 298,13 per tutti gli iscritti, dal compimento del trentesimo anno di età fino
al compimento del trentacinquesimo
anno di età;
c) € 568,10 per tutti gli iscritti, dal compimento del trentacinquesimo anno di
età fino al compimento del quarantesimo anno di età;
d) € 1.057,55 per tutti gli iscritti, dal
compimento del quarantesimo anno
di età e fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età, in caso
di esercizio dell’opzione, di cui al successivo art. 18, comma 1 bis, ovvero al
raggiungimento del requisito anagrafico pro - tempore vigente indicato nella
Tabella B allegata al presente Regolamento.
I suddetti importi, a decorrere dall’anno
2004, vengono incrementati di € 10,33
annui, indicizzati ai sensi del successivo comma 8. Gli iscritti di età inferiore
a 40 anni possono chiedere di essere
ammessi alla contribuzione di cui alla
precedente lettera d), nella misura in
VERONA MEDICA
vigore nell’anno di presentazione della
relativa domanda; tale opzione è irrevocabile. Sino al 31 dicembre 2012,
detti iscritti, nonché coloro che hanno
già compiuto il quarantesimo anno di
età, possono chiedere di effettuare il
riscatto per allineare alla suddetta contribuzione uno o più anni a contribuzione inferiore. I requisiti di ammissione al
riscatto, le modalità di calcolo e i termini di versamento degli importi dovuti
sono stabiliti nel comma 5 e seguenti
del successivo art. 10.
Le entrate della Quota “B” sono costituite tra le altre dai contributi obbligatori
versati dagli iscritti a norma dell’art. 3,
comma 1 e 2 e dell’art. 4 del suddetto
Regolamento che recitano:
ART. 3
(Contributo obbligatorio)
1) Il contributo obbligatorio annuo posto a carico di ciascun iscritto al Fondo,
ai sensi dell’art. 21 del Decreto Legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 13
settembre 1946, n. 233, ratificato con
Legge 17 aprile 1956, n. 561, dell’art.
1, comma 3, del Decreto Legislativo 30
giugno 1994, n. 509, e dell’art. 4, dello
Statuto dell’E.N.P.A.M. approvato con
Decreto del Ministro del Lavoro e della
Previdenza Sociale, di concerto con il
Ministro del Tesoro, in data 24 novembre 1995, è pari alle percentuali del
reddito professionale prodotto nell’anno, quale risulta dalla relativa dichiarazione ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e dagli accertamenti
definitivi, indicate nell’allegata Tabella
A. A decorrere dall’entrata in vigore
del presente Regolamento, gli iscritti di
età inferiore a trentacinque anni sono
tenuti a versare il contributo obbligatorio di cui al presente comma, ovvero
il contributo obbligatorio ridotto di cui
al successivo art. 4, esclusivamente
sull’eventuale reddito professionale, di
cui al comma 2 del presente articolo,
eccedente l’importo annuo del reddito
corrispondente al contributo di cui alla
lettera c) del comma 3, annualmente
rivalutato ai sensi del comma 8.
2) Sono imponibili presso la Quota B
i redditi, i compensi, gli utili, gli emolumenti derivanti dallo svolgimento, in
qualunque forma, dell’attività medica
e odontoiatrica o di attività comunque
attribuita all’iscritto in ragione della particolare competenza professionale. A
mero titolo esemplificativo, indipendentemente dalla relativa qualificazione ai fini fiscali, sono soggetti a contribuzione:
a. i redditi di lavoro autonomo svolto in
forma individuale e associata;
b.gli utili derivanti da associazioni in
partecipazione e contratti di cointeressenza;
c. le partecipazioni agli utili spettanti ai
promotori e ai soci fondatori di società per azioni, in accomandita per
azioni e a responsabilità limitata;
d.i redditi derivanti dall’utilizzazione
economica, da parte dell’autore o
inventore, di opere dell’ingegno, di
brevetti industriali, processi e formule;
e.i redditi derivanti dallo svolgimento
dell’attività intramoenia e delle attività libero professionali ad essa
equiparate ai sensi della normativa
vigente;
f. i redditi derivanti dalla partecipazione nelle società disciplinate dai
titoli V e VI del libro V del codice
civile che svolgono attività medica
– odontoiatrica o attività oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della professione;
g.i redditi da collaborazione, da contratti a progetto, di lavoro autonomo occasionale se connessi con la
competenza professionale medica
– odontoiatrica;
h. i redditi percepiti per incarichi di amministratore di società o enti la cui
attività sia oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della professione medica e odontoiatrica.
13
LETTERE AL DIRETTORE
2 bis) Ai fini della determinazione
dell’imponibile di cui al comma 2 si tiene conto esclusivamente delle spese
deducibili secondo la vigente normativa fiscale. Non costituiscono imponibile previdenziale presso la Quota B i
redditi già soggetti a contribuzione obbligatoria presso i Fondi Speciali gestiti
dalla Fondazione ENPAM. Salvo diversa dichiarazione dell’iscritto, in caso di
concorso di tali redditi con quelli di cui
al precedente comma, le spese deducibili sono determinate in proporzione
all’incidenza sul reddito professionale
totale delle diverse categorie di reddito.
ART. 4
(Contributo obbligatorio ridotto)
1) Gli iscritti al Fondo che contribuiscono anche ad altre forme di previdenza obbligatoria, ivi compresi i Fondi
Speciali gestiti dall’E.N.P.A.M. ai sensi
dell’art. 5, comma 1, dello Statuto di
cui all’art. 1, del presente Regolamento, ovvero siano già titolari di un trattamento pensionistico obbligatorio, sono
tenuti ad effettuare i versamenti contributivi nella misura di cui al precedente
art. 3, comma 1.
I predetti iscritti possono chiedere di
essere ammessi a contribuzione obbligatoria ridotta nella misura pro tempore indicata nell’allegata Tabella A per il
reddito professionale eccedente quello
corrispondente al contributo minimo
obbligatorio effettivamente versato ai
sensi del precedente art. 3, comma 3,
fino al limite di cui al comma 1 di tale articolo, indicizzato secondo i criteri di cui
al predetto art. 3, comma 8, e dell’1%
per tutto il reddito eccedente il suddetto
ammontare. Possono, altresì, accedere
al contributo obbligatorio ridotto anche i
partecipanti ai corsi di formazione specifica in medicina generale.
2) L’istanza di ammissione alla contribuzione obbligatoria ridotta di cui al
comma 1, redatta su apposito modulo predisposto dall’Ente, deve essere
consegnata o inviata a mezzo raccomandata all’E.N.P.A.M. entro il termine
di cui all’art. 3, comma 5 del presente
Regolamento. La predetta istanza, per
i soggetti non iscritti ai Fondi Speciali
gestiti dall’E.N.P.A.M., dovrà essere
corredata da idonea documentazione
attestante la continuità del rapporto di
lavoro soggetto ad altra forma di previdenza obbligatoria, oppure corredata
della certificazione comprovante il possesso di un trattamento obbligatorio di
pensione. In difetto, tale documentazione dovrà essere prodotta entro il
termine fissato dall’E.N.P.A.M. Qualora
l’istanza venga presentata dopo il termine fissato, essa si intenderà riferita ai
redditi denunciati per l’annualità immediatamente successiva.
3) La contribuzione ridotta si applica
sui redditi prodotti a partire dall’anno
precedente l’istanza di cui al comma 2
del presente articolo. L’iscritto che contribuisce in misura ridotta può chiedere, nei termini di cui al suddetto comma, di versare il contributo in misura
intera; tale opzione è irrevocabile.
Il diritto alla contribuzione ridotta decade al venir meno delle condizioni che
lo hanno determinato. L’iscritto può peraltro presentare una nuova domanda
qualora torni in possesso dei requisiti
di cui al comma precedente. In caso
di passaggio dell’iscritto dallo status
di lavoratore subordinato, ovvero convenzionato, a quello di pensionato da
altre gestioni previdenziali obbligatorie,
si presume la volontà di
proseguire nel versamento della contribuzione in forma ridotta; l’iscritto, tuttavia, conserva la facoltà di richiedere
con apposita domanda la riammissione al versamento dell’intero contributo
di cui all’art. 3, comma 1. L’Ente si riserva di accertare la permanenza delle
condizioni che danno diritto alla contribuzione ridotta.
4) I pensionati del Fondo, se titolari di
compensi appartenenti alle tipologie
di cui al precedente art. 3, comma 2,
conservano l’iscrizione al Fondo. Essi
sono tenuti al versamento del contributo previdenziale in misura pari al
50% della contribuzione ordinaria pro
tempore vigente indicata all’allegata
Tabella A, salva espressa opzione per
il pagamento nella misura intera, da effettuarsi entro il termine di cui all’art. 3,
comma 5.
Ben consapevole della difficoltà della
categoria dei medici a confrontarsi con
questo ostico argomento e confidando
nella professionalità dei Suoi associati
mi permetto di suggerirle di farsi interprete presso i professionisti che rappresenta per una applicazione corretta
della nuova normativa.
Nel ringraziarla per la collaborazione Le
porgo i più cordiali saluti
Il Presidente dell’Ordine dei
Medici ed Odontoiatri
Roberto Mora
✂
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CERCO, OFFRO E SCAMBIO:
TEMPO LIBERO
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DEPENNARE LE VOCI CHE NON INTERESSANO
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COGNOME
NOME
..............................................................................................................................................................................................................................................................
..............................................................................................................................................................................................................................................................................
INDIRIZZO
................................................................................................................................................................................................................................................................
TELEFONO
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Nº TESSERA ORDINE
14
...............................................................................................................................................................................................................................
VERONA MEDICA
AGGIORNAMENTO
Malattie professionali:
un problema di salute emergente
Coordinamento SPISAL
provincia di Verona
Rif. Dott.ssa Manuela Peruzzi
SPISAL ULSS 20 Verona
Il fenomeno delle malattie professionali è sicuramente meno presente
all’attenzione dell’opinione pubblica
rispetto a quello degli infortuni sul lavoro, ma in realtà il prezzo che i lavoratori continuano a pagare ogni anno
per queste patologie è elevato: nel
2010, per esempio, sono state indennizzate dall’INAIL in Italia 11.809 malattie professionali di cui 383 (3.2%)
casi mortali e ben 10.972 (92.9%) con
menomazione permanente. La stragrande maggioranza di queste malattie (più del 95%) comporta quindi
rilevanti conseguenze sulla stato di
salute del lavoratore. Attualmente in
Italia si ritiene che il reale numero dei
casi di malattia professionale che si
registrano ogni anno sia ampiamente
sottostimato. Tale fenomeno è dovuto in parte alla difficoltà di individuare
l’eziologia professionale di tali patologie, soprattutto per quelle caratterizzate da una lunga latenza, talvolta di
molti anni, tra esposizione al fattore di
rischio e la manifestazione clinica, e
in parte alla loro mancata segnalazione da parte dei medici. La letteratura
scientifica (Quaderni di Medicina Legale del Lavoro N. 3/2007- Le malattie professionali perdute) stima come
attribuibili all’occupazione:
– fino al 40% dei mal di schiena,
– fino al 18% di tutte le forme di asma
bronchiale,
– fino al 25% delle dermopatie,
– fino al 15% delle interstiziopatie polmonari,
– fino al 50% delle BPCO,
– fino al 40% delle neoplasie polmonari,
– fino al 24% delle neoplasie vescicali,
– fino al 33% dei tumori nasosinusali,
– fino all’80% dei mesoteliomi;
VERONA MEDICA
Per tali motivi si richiama l’attenzione di tutti i medici nei confronti degli
obblighi medico-legali a seguito del
riscontro di una malattia di origine
professionale, anche solo sospetta.
Tali obblighi sono rappresentati dalla
denuncia sanitaria, dal certificato
medico di malattia professionale e
dal referto medico. Di seguito si riportano gli elementi caratterizzanti di
tali certificazioni.
La denuncia sanitaria è l’attestazione scritta di fatti di natura tecnica
appresi e rilevati nell’esercizio professionale, con la quale il sanitario
direttamente informa una pubblica
autorità secondo quanto stabilito dal
DPR 1124/65 (Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e
le malattie professionali) e dal D.Lgs.
38/2000 (Disposizioni in materia di
assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali).
L’art. 139 del DPR 1124/65 e l’art.
10 del D.Lgs. 38/2000 prevedono,
per ogni medico che ne riconosca
l’esistenza, l’obbligo di denuncia, ai
Servizi di Prevenzione Ambienti di
Lavoro delle ULSS (SPISAL) competenti per territorio e all’INAIL, delle
malattie professionali indicate nell’elenco del Decreto del Ministero del
Lavoro, della Salute e delle Politiche
Sociali dell’11.12.2009 (Aggiornamento dell’elenco delle malattie per
le quali è obbligatoria la denuncia ai
sensi dell’art. 139 DPR 1124/65). L’elenco è suddiviso in tre liste in base
all’evidenza epidemiologica: l’origine
lavorativa può essere ad elevata probabilità (I lista), a limitata probabilità
(II lista) e possibile (III lista). La finalità
della denuncia è quella di assicurare
agli Enti preposti alla tutela della salute dei lavoratori informazioni utili quali
la programmazione degli interventi di
prevenzione primaria e la valutazione
statistico epidemiologica delle malattie professionali. Per l’omissione
della denuncia sanitaria è previsto,
per il medico, l’arresto fino a tre mesi
o l’ammenda da 258 a 1.032 euro e,
per il medico competente, l’arresto da
due a quattro mesi o l’ammenda da
516 a 2.582 euro.
Il certificato medico di malattia
professionale permette di avviare la
‘pratica’ INAIL per il riconoscimento
ed eventuale risarcimento della patologia. Tale certificato va consegnato
dal medico al lavoratore il quale decide se dare avvio all’iter assicurativo.
In tal caso il lavoratore ha 15 giorni
di tempo per consegnare il certificato al proprio datore di lavoro che, a
sua volta, ha 5 giorni di tempo per
inviarlo all’INAIL. Esistono malattie
professionali ‘tabellate’, espressamente previste da tabelle di legge periodicamente revisionate (attualmente
contenute nel DM 9.4.2008), per le
quali l’assicurazione è obbligatoria ed
esiste la presunzione legale di origine. Per dette patologie la valutazione
di risarcimento è prevista dall’obbligo
assicurativo che scaturisce dall’adibizione dell’assicurato alle lavorazioni
indicate nelle tabelle stesse. Il medico
è tenuto a certificare tutte le patologie in rapporto causale con le lavorazioni, anche se non espressamente
previste in tali tabelle. In quest’ultimo
caso le malattie vengono definite ‘non
tabellate’ e l’onere della prova per dimostrare l’esistenza del nesso causale tra patologia e professione spetta
al lavoratore. Per il lavoratore agricolo
autonomo o subordinato con contratto di lavoro a tempo determinato, il
medico deve trasmettere direttamente il certificato all’INAIL entro 10 giorni
dalla data della prima visita medica,
quando la malattia possa determinare
inabilità lavorativa per più di tre giorni
(art 251 DPR 1124/65).
Il referto medico è una testimonianza con la quale il medico, o chi esercita una professione sanitaria, è obbligato, ai sensi dell’art. 365 del Codice
15
AGGIORNAMENTO
Malattie con nesso di causa professionale altamente probabile con obbligo di denuncia/referto
Malattie
Agente causale
Mesotelioma pleurico e peritoneale
Fibre di amianto
Asbestosi
Placche pleuriche
Tumore del polmone
Fibre di amianto, idrocarbuti policiclici aromatici, cromo…
Tumore del polmone in silicosi
Polvere di silice
Tumore nasosinusale
Polveri di legno duro e di cuoio
Movimentazione manuale di carichi
Vibrazioni meccaniche al corpo-intero
Ernia discale lombare
Posture incongrue
Sindrome da sovraccarico biomeccanico della spalla
Epicondilite/epitrocleite
Sindrome del tunnel carpale
Movimenti ripetuti degli arti superiori
Posture incongrue
Tumore della vescica
Amine aromatiche, coloranti, idrocarburi policiclici
aromatici
Ipoacusia
Rumore
Pneumopatie allergiche
Allergeni di origine vegetale (es. polveri e farine di cereali),
animale, (es. forfora, peli, piume, proteine sieriche o urinarie),
chimica (es. di isocianati sottoforma di vernici, schiume..
Dermopatie allergiche
Resine, cemento, vernici, prodotti della gomma, lattice,
tinture, detergenti, disinfettanti, detersivi, metalli…
Penale e dell’art. 334 del Codice di
Procedura Penale, ad informare l’Autorità Giudiziaria di fatti oggetto della
propria assistenza od opera, nella genesi dei quali possa sussistere l’ipotesi di un reato perseguibile d’ufficio. Il
referto può essere trasmesso direttamente alla Procura della Repubblica o
allo SPISAL competente per territorio.
Nel caso della malattia professionale
si rientra nell’ambito delle situazioni
perseguibili d’ufficio qualora la patologia abbia le caratteristiche della
lesione personale grave o gravissima,
o abbia causato la morte, e possa essere in relazione con l’inosservanza
delle norme di igiene o di sicurezza
del lavoro. La sanzione prevista per
l’omissione o il ritardo di referto può
arrivare a 516 euro.
Tali obblighi certificativi vanno inoltre
16
assolti tempestivamente di modo che
i destinatari, SPISAL ed INAIL, possano effettuare gli accertamenti del
caso quando ancora è presente la
situazione lavorativa di rischio per la
salute del soggetto che ha contratto
la malattia. Il ritardo o la mancata trasmissione di queste patologie determina infatti una serie di conseguenze:
• sul piano epidemiologico-statistico la scarsità di dati riferibili alle
malattie professionali non consente
di avere ad oggi una rappresentazione reale di tale fenomeno;
• sul piano preventivo si determina
l’impossibilità in molti casi di effettuare interventi su una situazione
lavorativa a rischio per la salute del
soggetto che ha contratto la malattia e/o dei suoi colleghi di lavoro;
• sul piano sociale la mancata se-
gnalazione comporta l’impossibilità
per il lavoratore o, in caso di sua
morte, per i familiari, di ottenere il
riconoscimento da parte dell’INAIL
della malattia e dei relativi benefici
economici.
Si riporta sopra una tabella, non esaustiva, contenente le principali malattie
di origine professionale per le quali
vige l’obbligo di denuncia/referto se
dall’anamnesi lavorativa emerge una
pregressa esposizione ad uno o più
agenti causali presenti nell’ambiente
di lavoro.
Con l’obiettivo di favorire l’emersione
delle malattie professionali, lo scorso anno, in collaborazione tra SPISAL delle ULSS 20, 21 e 22, INAIL
e Servizio di Medicina del Lavoro
dell’A.O.U.I. di Verona, è stato avviato
un piano di informazione permanente
VERONA MEDICA
AGGIORNAMENTO
Obblighi medico-legali per riscontro di malattia professionale anche sospetta
Obblighi
Riferimenti
normativi
Quando
Denuncia sanitaria
Sospetta o certa
malattia professionale
Art. 139 D.P.R.1124/65
Art. 10 D.Lgs. 38/02
Primo certificato
INAIL
Sospetta o certa
malattia professionale
Art. 52 e 53
D.P.R. 1124/65
Destinatari
• Spisal dell’ULSS territorialmente competente
per sede dell’azienda
• INAIL territorialmente
competente per residenza/domicilio del paziente
Finalità
• Prevenzionali
• Statisticoepidemiologiche
Lavoratore
Datore di lavoro
Tutela assicurativa
del lavoratore
INAIL
Referto
Sospetta o certa malattia professionale che
abbia causato la morte
o una lesione personale
grave* o gravissima**
Art. 365 C.P.
Art. 334 C.P.P.
Spisal dell’ULSS territorialmente competente
per sede dell’azienda
Giudiziarie
*Lesione personale grave: malattia o incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni,
indebolimento permanente di un senso o di un organo.
**Lesione personale gravissima: malattia certamente o probabilmente insanabile; perdita di un senso o di un arto; perdita dell’uso
di un organo o della capacità di procreare; permanente e grave difficoltà della favella; deformazione o sfregio permanente del viso.
che ha come destinatari i medici dei
reparti delle strutture ospedaliere ed
i medici di medicina generale della
nostra provincia. Per i medici di medicina generale e per gli ospedalieri –
specialisti ambulatoriali delle ULSS è
stata inoltre attivata la consulenza da
parte degli SPISAL e del Servizio di
Medicina del Lavoro Azienda Ospedaliera Universitaria, al fine di una valutazione anamnestica professionale
più approfondita, nel caso emergano
dubbi sull’origine lavorativa delle malattie diagnosticate.
Per richiedere la consulenza o per
qualsiasi informazione o chiarimento
in materia è possibile rivolgersi a:
SPISAL ULSS20
U.O. Medicina del Lavoro
Via S. D’Acquisto n. 7
Palazzo della Sanità - Verona
Indirizzo e-mail: spisal.ambulatorio@
ulss20.verona.it
Tel: 045 8075923 dal lunedì al venerdì
dalle ore 8:00 alle ore 12:00
SPISAL ULSS21
Ambulatorio di Medicina del Lavoro
Sede di Legnago - Via Frattini 48
e-mail: [email protected]
Tel: 0442 634212
VERONA MEDICA
Sede di Bovolone - Via Angelo Cappa
e-mail: [email protected]
Tel: 045 6999471
SPISAL ULSS22
Ambulatorio di Medicina del Lavoro
Sede di Valeggio - Via Crocifissa di Rosa
(c/o ospedale)
e-mail: [email protected]
Tel: 045 6338599 dal lunedì al venerdì
dalle ore 9.00 alle ore 12.30
malattie professionali; alcuni interventi effettuati nel corso degli incontri
formativi tenutisi lo scorso anno con i
medici ospedalieri.
Si riporta infine (sopra) una tabella riassuntiva degli obblighi medico-legali
nel caso di malattia professionale,
sia certa che sospetta, con i relativi
riferimenti normativi, i destinatari e le
finalità di tali certificati.
Servizio di Medicina del Lavoro
Azienda Ospedaliera Universitaria
e-mail: [email protected]
Tel. 045 8124295
Sul sito internet (http://prevenzione.
ulss20.verona.it/spisal.html)
sono
scaricabili, alla sezione Malattie Professionali, documenti utili per la segnalazione delle patologie professionali quali: modulistica relativa alla
denuncia sanitaria/referto (modulo
unico) e certificazione medica di malattia professionale (modello 5SS); aggiornamento dell’elenco delle malattie
per le quali è obbligatoria la denuncia
ai sensi dell’art. 139 DPR 1124/65; le
nuove tabelle delle malattie professionali nell’industria e nell’agricoltura;
una guida per il riconoscimento delle
Certificazioni telematiche
di malattia
Informiamo gli iscritti che la segreteria
dell’Ordine è ora in grado di rilasciare ai
medici che ne dovessero avere necessità le
credenziali di accesso al portale INPS per
la compilazione dei certificati di malattia a l
personale dipendente.
Per ottenerle è necessario accedere alla segreteria personalmente.
17
AGGIORNAMENTO
La riabilitazione tra cronicità e
appropriatezza, tra consapevolezza e
limiti, tra idealità e risorse
Dott. Renato Avesani
Dir. Dipartimento di Riabilitazione
Ospedale Sacro Cuore
Don Calabria Negrar (Vr)
Segretario Regionale S.I.M.F.E.R.
(Società Italiana di Medicina
Fisica e Riabilitativa)
Desidero affrontare il tema della riabilitazione a partire da una serie di termini
che, pur nella loro accezione non “positiva”, aiutano a chiarirne l’importanza
e la dignità come disciplina medica.
Chi come il sottoscritto si è trovato
sulla strada di questa specializzazione sul finire degli anni 70 aveva una
visione della medicina tripolare: la prevenzione, la cura, la riabilitazione. Tutti
sapevamo cosa si intendesse per prevenzione, in molti avevamo l’idea che
la cura fosse l’emblema della nostra
professione, pochi erano coloro che
avevano avuto modo di conoscere
cos’era la medicina riabilitativa.
Eppure, in quegli anni, sulla spinta dalla classificazione mondiale dell’OMS
(Organizzazione Mondiale della Sanità
1980) che enunciava i concetti di menomazione, disabilità ed handicap, iniziava un timido approccio della classe
medica verso questo mondo. Favoriva
tale apertura un assunto mai smentito
negli anni successivi: l’aumento della
sopravvivenza delle persone con patologie croniche e l’incremento dell’età
media della popolazione.
A questo si aggiungevano i bagliori di
quell’esplosione tecnologica e di ricerca che ha portato i medici a disporre
di potenzialità diagnostiche e curative
inimmaginabili solo pochi anni prima.
Come spesso accade non è parso
subito evidente come, pur a fronte di
ottime condotte curative, si dovesse
fare i conti con esiti invalidanti non voluti e non cercati ma inevitabilmente
18
presenti quando si affronti la patologia.
In sostanza, parallelamente alla crescita di una più ampia ricerca di salute,
potenziata e ampiamente valorizzata
dalla tecnologia, si è assistito al tramonto dell’idea di salute intesa come
assenza di malattia e si è cominciato
a fare i conti, assai più che nei decenni
passati, con i risultati, voluti o meno, di
una scienza per nulla esatta ed infallibile: dal tentativo di cura derivava una
maggior cronicizzazione dei problemi.
La positiva spinta verso la guarigione
ha portato con sé, in modo indissolubile, il prolungamento di condizioni di
non salute se non, addirittura la creazione di nuovi e più cronici problemi,
percentualmente, più numerosi delle
malattie acute. Infatti, fino ad ora almeno, rispetto al ripristino del pieno
benessere, sono statisticamente più
numerose le situazioni in cui un malanno, più accettabile e con prospettive
di quantità e qualità di vita diverse,
ha sostituito un precedente malanno
(Guido Sala: Medicina e psicologia tra
potere e impotenza, ed Franco Angeli
pag 55).
Sulla spinta di questo allungamento
dell’esistenza, pur in presenza di limitazioni, si assistette ad una ridefinizione delle strutture ospedaliere, alla
riconversione di reparti in precedenza
destinati ad altre tipologie di cura, a
leggi per definire meglio l’integrazione
tra sanitario e sociale, a linee guida
specifiche sulla riabilitazione etc. etc.
Tutto questo accadeva non solo in
Italia. Questo ha portato in pochi anni
l’OMS a rivedere la terminologia riferita
alle condizioni di handicap: una rivoluzione culturale culminata, all’inizio
degli anni 2000, con la classificazione
I.C.F. (International Classification Functioning 2001) nella quale compaiono
i termini di partecipazione, funzionamento, ambiente. Si sviluppa l’idea
che parte importante del recupero di
una persona possa dipendere dalla
fervida interazione tra il suo contesto
di vita e la disabilità stessa: se l’ambiente sarà facilitante le potenzialità
potranno essere espresse al meglio,
se così non sarà ne deriverà una riduzione dell’integrazione e della funzionalità potenzialmente esprimibile da
quell’individuo.
Parallelamente si assiste (processo di
trasformazione lento, subdolo e del
tutto contemporaneo) alla progressiva
riduzione se non scomparsa del senso
del limite applicato sia alla persona che
al tessuto sociale. L’idea dello sviluppo
tecnologico e della ricerca come elementi in grado di rendere risolvibili tutti i
problemi di salute e la convinzione che
una corretta prevenzione delle malattie sia ampiamente applicabile ad ogni
individuo, ha ingenerato la convinzione
di una onnipotenza rispetto,ad esempio, ai limiti biologici dell’esistenza (“Vivremo fino a 120 anni!” titolo con foto
del Presidente Berlusconi e Don Verzè
tratto dall’Arena del 3/3/2008, ripreso
da “Il Giornale”, per la posa della prima
pietra del futuro Ospedale San Raffaele al Vago-Vr). Agganciato a questo
miraggio esistenziale l’uomo del nuovo
millennio ha perso progressivamente l’idea della caducità e della fragilità e soprattutto ha confuso i termini
pensando che “si muore perché ci si
ammala e non, invece, che ci si ammala perché si deve morire” (Il Corpo
– Universale Economica Feltrinelli - U.
Galimberti).
Non tanto improvvisamente (e veniamo ai giorni nostri) ci si accorge come
la riabilitazione (termine che spesso va
coniugato ma non confuso con l’assistenza) ha costi difficilmente sostenibili
nel lungo periodo. La cronicità…cronicizza, trascinando con sé problemi
di gestione familiare,economici, scelta
VERONA MEDICA
AGGIORNAMENTO
dei luoghi di ricovero, tempi da dedicare al recupero, discussioni sui diritti
dei pazienti e dei familiari, riflessioni
etiche sulla utilità o meno di garantire
livelli assistenziali per tutti. Una serie
numerosa di quesiti cui certo non è
facile rispondere ma che, forse, una
visione più previdente del sistema sociale e delle dinamiche legate alla salute potrebbe aiutare a dirimere. Martin
Heidegger,nel secolo scorso, enunciava un principio fondamentale per chi,
a vario titolo, è responsabilizzato nella
gestione della politica (sanitaria e non):
ciò che è veramente inquietante non è
che il mondo si trasformi in un completo dominio della tecnica. Di gran
lunga più inquietante è che l’uomo non
è affatto preparato a questo radicale
mutamento del mondo. Di gran lunga
più inquietante è che non siamo ancora capaci di raggiungere, attraverso
un pensiero meditante, un confronto
adeguato con ciò che sta realmente
emergendo nella nostra epoca. M Heidegger, L’abbandono (1959).
Su questo enunciato potremmo conseguentemente affermare che la valorizzazione delle “lunghe esistenze” e
l’attribuzione del concetto di “vita degna” a tutte le persone gravate da limitazioni, non può prescindere dal saper
proiettare lo sguardo sui bisogni e sulle risorse che tali situazioni richiedono.
Su questo lungo tempo s’inserisce la
riabilitazione come “scienza” medica e
come processo educativo.
Come “tecnico” della riabilitazione so
come, a partire dal dato certo di una
menomazione, l’organismo ha capacità riparative limitate, talvolta efficaci,
altre volte con necessità di compensi
ed adattamenti intrinseci o estrinseci
(ausili, protesi etc). Tali capacità sono
più facilmente esprimibili dopo fatti acuti (ictus, traumatismi,..) e meno
nelle malattie degenerative. Tuttavia,
a partire dalla nobile idea che ogni
persona disabile ha un potenziale di
salute da contrapporre a quello patologico, molte cose si possono fare.
Purché si abbia un tempo sufficiente,
strutture e personale idoneo, coerenza progettuale e capacità critica.
Il tempo non può né essere eccessivamente compresso né eccessivamente
dilatato. Risulta incomprensibile una
temporizzazione del recupero, come
pure una eccessiva tempestività degli
interventi. In ragione di una appropria-
VERONA MEDICA
tezza dei ricoveri nei reparti per acuti, i pazienti vengono spesso trasferiti
nelle unità operative di riabilitazione in
condizioni critiche, non stabilizzati, in
altre parole non pronti per un percorso
riabilitativo. Ci si dimentica in tal modo
di concetti fondamentali quali la neuro
plasticità, la diaschisi, la necessità di
riacquisire consapevolezza della nuova situazione,..tutto ciò esige tempo. A
nessuno sfugge che esistono, nell’ambito della stessa patologia, gravità
diverse e tempi di recupero diversi.
Com’è dunque possibile omologare
una grave emiplegia con una emiparesi lieve? La prima ha spesso bisogno
di mesi, non di settimane perché il
recupero si manifesti. Al contrario situazioni più lievi forse non necessitano
nemmeno del ricovero. E qui sta un
altro, grave errore metodologico: dal
momento del ricovero in riabilitazione
parte il cronometro del tempo a disposizione: 60 giorni per l’emiplegico,
23 per l’ortopedico protesizzato, …
Una riabilitazione a scadenza. Come
lo yogurt! La realtà smentisce spesso
questa logica costruita su modelli più
consoni alla fase acuta che al mondo
della disabilità.
Vi è quindi l’esigenza di una maggior
appropriatezza: nella scelta dei pazienti da rieducare, negli obiettivi da
raggiungere, nei setting più corretti,
nelle modalità di gestione temporale
del recupero. Su questo punto molta
ambiguità si è creata, a partire dall’idea che la riabilitazione debba proseguire all’infinito (generando in tal modo
attese e pretese), ma anche, contrapposta a tale visione, quella che “basta
un ciclo all’anno”.
Sulla durata infinita della riabilitazione influisce non poco l’incapacità del
paziente/familiare di metabolizzare il
limite imposto da certe condizioni. La
disabilità viene vissuta come una malattia al pari delle altre: una corretta,
anche se prolungata cura, porterà alla
guarigione!
Dal punto di vista della riabilitazione
questa visione non solo non è giusta
ma, purtroppo, ingenera una serie di
fraintendimenti e di scelte che sono
all’origine di una distorsione dei veri ed
appropriati percorsi riabilitativi.
La prima conseguenza del negare la
cronicità ed i limiti imposti dalla menomazione (mi riferisco ovviamente alle
disabilità più rilevanti, neurologiche e
non, altrimenti dette “inemendabili”)
è la ricerca del risultato a tutti i costi.
Qualora questo non si materializzi nel
breve medio-periodo, nei luoghi di
cura abituali, nelle disponibilità previste dal Sistema Sanitario (non sempre
sufficienti e corrette).. ecco comparire il miraggio delle cure all’estero, dei
centri che promettono trattamenti
intensivi etc. Non vale liquidare tale
atteggiamento da parte del paziente
e dei familiari come trasgressivo nei
confronti del comune sapere medico.
Non è neppure un disprezzo di quanto
è stato fatto fino a quel momento. Vi
si può leggere piuttosto la volontà di
conservare il diritto alla speranza anche contro ogni evidenza.
Il cittadino/paziente avrebbe dunque
sempre il diritto alla speranza? Ed il
medico ha il dovere di sostenere la
speranza anche a costo di prescrivere cose inutili? Può essere che il medico abbia un compito educativo nei
confronti dell’accettazione (faticosa,
dolorosa, ma non impossibile) dei limiti imposti dalla natura umana? Come
coniugare la speranza e le risorse disponibili?
Sono quesiti con i quali quotidianamente ci scontriamo. Alcuni di noi
assumendo atteggiamenti compiacenti, talvolta in buona fede, altre volte
smarriti e deboli davanti all’impotenza
curativa e riabilitativa, sono portati a
prescrivere cose inutili, un placebo
riabilitativo che male non fa!. Pur sapendo, magari, che le stesse risorse
potrebbero giovare a migliorare i servizi alla disabilità ed alla cronicità. Altri
privilegiano un faticoso lavoro che, a
partire dal rispetto del limite, mira ad
una progressiva consapevolezza ed
accettazione da parte del paziente.
Impresa difficile, frustrante ma, forse
maggiormente appropriata.
Altrettanto pericoloso è l’atteggiamento di chi dice: non c’è più nulla da fare.
Talvolta questo è vero se riferito alle
modificazioni biologiche-funzionali.
Altre volte questo nichilismo deriva da
una scarsità di risorse e da un’idea
della salute basata solo sulla modificabilità del danno, scordando l’invito
dell’OMS a sposare quel modello biopsico-sociale senza il quale non può
realizzarsi una “comprensione” (cum
prehendere - tenere insieme, contenere) della disabilità.
E qui torniamo al punto di parten-
19
AGGIORNAMENTO
za. Temo ci si stia accorgendo, con
un certo ritardo, che la cronicità costa. Vantarsi di una sopravvivenza
elevata, della più alta età media del
pianeta,senza attrezzarsi per sostenerne i costi elevati, significa non
avere un pensiero meditante. Anche
la riabilitazione costa, e molto, se
ben condotta. Non tanto nel periodo ospedaliero quanto piuttosto nella
gestione degli esiti, nel monitoraggio
della disabilità, negli sforzi da sostenere per aumentare quell’inserimento
e partecipazione cui ogni disabile ha
diritto. Quest’ultimo è un programma
ambizioso perché tende a valorizzare il
limite sia esso derivante dalle disabilità
da malattie degenerative e progressive sia derivante dagli esiti di malattie
acute. In quest’ultimo caso, senza un
efficace intervento riabilitativo si corre
il rischio, come spesso purtroppo accade, di vanificare gli interventi in acuto con un disagio economico ed etico.
Cosa dovremmo rispondere ai molti
familiari di persone che, a seguito di
interventi in fase acuta ben condotti, si
trovano in condizioni di gravissima disabilità? Essi ci chiedono: ma ne valeva la pena? Credo che l’unica risposta
possibile vada ricercata in un’estensione temporale ampia e qualitativamente
elevata dell’assistenza e della riabilitazione. Il rischio che, causa le difficoltà
economiche ed un ripensamento (?)
sull’utilità della riabilitazione, si scarichi il peso della cronicità sulle famiglie
mi pare percepibile. L’accusa spesso
lanciata dai familiari di essere lasciati
soli nella cronicità risponde purtroppo
al vero. Ma, si potrebbe ribattere, questi non sono modi di ragionare della
scienza medica! Ed in effetti credo che
la medicina riabilitativa, pur essendo
a pieno titolo arte e scienza sanitaria,
sfugga, almeno in parte, ai canoni
classici dell’evidenza, del monitoraggio stretto, di precisi indicatori. Ad essi
fa riferimento ma sempre tenendo presente che il valore dell’uomo fragile e di
ciò che egli richiede va oltre la nostra
capacità di misura. Come uscire da
questo difficile equilibrismo tra rispetto della cronicità, appropriatezza delle
cure, limitatezza delle risorse? Esistono ricette? Non so, ma provo ad elencare alcune vie da percorrere:
Una prima via riguarda un ripensamento sulla distribuzione delle risorse
da dedicare al sistema socio sanitario. Alcuni suggeriscono che si debbano ridefinire le risorse sottraendole
alla fase acuta per dedicarle alla fase
della cronicità. (I modelli dei servizi di
riabilitazione hanno bisogno di essere
modificati per consentire un supporto
per il resto della vita,riducendo i costi
delle cure in acuto,riducendo i tempi
spesi in ospedale e sviluppando opzioni maggiormente accessibili, meno
dispendiose a livello di comunità. Jennie Ponsford Traumatic Brain Injury
Rehabilitation for everyday adaptive
living, 1995).
Affermazione forte, che solo in apparenza ha un sapore oscurantista, ma
che invece fa cogliere l’intento di una
continuità delle cure che deve dispiegarsi nel lungo periodo con pari intensità e livello che nelle prime fasi
Una seconda riflessione può riguardare una forzata separazione tra il
concetto di assistenza e riabilitazione. Molte situazioni, spacciate per
riabilitabili, hanno in realtà bisogno di
assistenza dignitosa, qualificata, continuativa; di luoghi di vita adeguati,
stimolanti e partecipativi. Ad iniziare
dal domicilio per finire, all’estremo opposto, alle Unità per Stati Vegetativi.
Molte altre hanno realmente bisogno
di veri, prolungati e ripetuti interventi riabilitativi. Che non si esauriscono
all’interno dell’ospedale ma debbono
protrarsi nelle difficili e differenti modalità di reinserimento.
Vi è poi certamente da rendere più
appropriato sia il ricorso alle cure riabilitative sia gli interventi riabilitativi
stessi evitando così strane quanto
inefficaci migrazioni nazionali ed extranazionali. Prima ancora è necessario definire gli aspetti di riabilitazione
medica e sociale rifuggendo dal meccanismo purtroppo ancora radicato
che consente di lasciare in ospedale pazienti perché “il sociale non ha
risorse”(dimenticando che così facendo si spende,alla fine, molto di più
annullando, nei fatti, la possibilità di
integrazione sociale).
Infine credo sia necessario un sereno
confronto tra medici e società civile
per riprendere in mano il concetto del
limite dell’agire medico ma anche del
limite dell’umano. Senza tale riflessione si rischia di perseverare nell’inganno lasciando spazio al pensiero collettivo che vede “la malattia come un
errore e la morte come uno scandalo”.
Medicina di Famiglia
Come calcolare il compenso dovuto al sostituto
Il nuovo accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti economici con i medici di medicina generale derivante dall’intesa della Conferenza
Stato-Regioni n. 2272 del 23.03.2005 prevede che:
“L’onorario spettante al medico sostituto è calcolato, …omissis.., nella misura del 70% del compenso di cui alla lettera A, comma 1 dell’art. 59..”
Il compenso in questione è il”COMPENSO FORFETTARIO ANNUO”.
Questo va corrisposto per intero se la sostituzione si effettua nei mesi di aprile, maggio, ottobre e novembre; va aumentato del 20% se la sostituzione
avviene nei mesi di Dicembre, gennaio, febbraio, marzo; va diminuito del 20% se la sostituzione avviene nei mesi di giugno, luglio, agosto, settembre.
In pratica quindi la formula per il calcolo è la seguente. Dal cedolino mensile:
Compenso forfetario X 70%: 30 = X
(somma dovuta per ogni giorno di sostituzione)
X va aumentato del 20% nei mesi di dicembre, gennaio, febbraio, marzo
X va diminuito del 20% nei mesi di giugno, luglio, agosto, settembre
20
VERONA MEDICA
PROFESSIONE E LEGGE
Certificati sportivi e
defibrillatori
LE NOVITÀ DEL D.M 26 APRILE 2013
Il Ministro della Salute, Renato Balduzzi,
di concerto con il Ministro per lo Sport,
Piero Gnudi, ha firmato un decreto ministeriale in tema di “Disciplina della
certificazione dell’attività sportiva non
agonistica e amatoriale e linee guida
sulla dotazione e l’utilizzo di defibrillatori
semiautomatici e di eventuali altri salvavita”. L’adozione del decreto era prevista
dall’articolo 7 comma 11 del decreto Salute e sviluppo del 2012. Il testo raccoglie
le indicazioni del gruppo di lavoro istituito
dal Ministro Balduzzi nel febbraio scorso
e del corrispondente gruppo di lavoro
del Consiglio superiore di sanità.
CERTIFICATI PER L’ATTIVITÀ
SPORTIVA AMATORIALE
I soggetti non tesserati alle Federazioni
sportive nazionali, alle Discipline associate, agli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni, che praticano attività amatoriale (ovvero non regolamentata
da organismi sportivi e non occasionale)
devono sottoporsi a controlli medici periodici secondo indicazioni precise:
– gli uomini fino a 55 anni e le donne
fino ai 65, senza evidenti patologie
e fattori di rischio, potranno essere
visitati da un qualunque medico abilitato alla professione e il certificato
avrà valenza biennale;
– I soggetti che riportano almeno due
delle seguenti condizioni (età superiore ai 55 anni per gli uomini e ai 65
per le donne, ipertensione arteriosa,
elevata pressione arteriosa differenziale nell’anziano, l’essere fumatori,
ipercolesteloremia, ipertrigliceridemia, glicemia alterata a digiuno o
ridotta tolleranza ai carboidrati o diabete di tipo II compensato, obesità
addominale, familiarità per patologie
cardiovascolari, altri fattori di rischio
a giudizio del medico) dovranno essere visitati necessariamente da
un medico di medicina generale,
un pediatra di libera scelta o un
medico dello sport, che dovranno
VERONA MEDICA
–
effettuare un elettrocardiogramma a
riposo e eventualmente altri esami
necessario secondo il giudizio clinico. Il certificato dovrà essere rinnovato ogni anno;
I soggetti con patologie croniche
conclamate diagnosticate dovranno
ricorrere a un medico di medicina
generale, un pediatra di libera scelta,
un medico dello sport o allo specialista di branca, che effettuerà esami
e consulenze specifiche e rilascerà
a proprio giudizio un certificato annuale o a valenza anche inferiore
all’anno.
Il certificato andrà esibito all’atto di iscrizione o di avvio delle attività all’incaricato
della struttura o del luogo dove si svolge
l’attività. Non sono tenuti all’obbligo della
certificazione le persone che svolgono
attività amatoriale occasionale o saltuario, chi la svolge in forma autonoma e al
di fuori di contesti organizzati, i praticanti
di alcune attività con ridotto impegno
cardiovascolare, come le bocce (escluse le bocce in volo), biliardo, golf, pesca
sportiva di superficie, caccia sportiva, sport di tiro, ginnastica per anziani,
“gruppi cammino”, e chi pratica attività
ricreative come ballo o giochi da tavolo. A tutte queste persone è comunque
raccomandato un controllo medico prima dell’avvio dell’attività.
CERTIFICATI PER L’ATTIVITÀ
SPORTIVA NON AGONISTICA
Gli alunni che svolgono attività fisicosportive organizzate dalle scuole nel-
l’ambito delle attività parascolastiche,
i partecipanti ai giochi sportivi studenteschi nelle fasi precedenti a quella
nazionale e le persone che svolgono
attività organizzate dal Coni o da società affiliate alle Federazioni o agli Enti
di promozione sportiva che non siano
considerati atleti agonisti devono sottoporsi a un controllo medico annuale
effettuato da un medico di medicina
generale, un pediatra di libera scelta o un medico dello sport. La visita
dovrà prevedere la misurazione della pressione arteriosa e un elettrocardiogramma a riposo.
Regole più stringenti sono previste per
chi partecipa ad attività ad elevato impegno cardiovascolare come manifestazioni podistiche oltre i 20 km o le
gran fondo di ciclismo, nuoto o sci: in
questo caso verranno effettuati accertamenti supplementari.
OBBLIGO DI PRESENZA
DEI DEFIBRILLATORI
Le società sportive dilettantistiche e
quelle sportive professionistiche dovranno dotarsi di defibrillatori semiautomatici. Sono escluse le società dilettantistiche che svolgono attività a ridotto
impegno cardiocircolatorio. Le società
dilettantistiche hanno 30 mesi di tempo
per adeguarsi, quelle professionistiche
6. Gli oneri sono a carico delle società, ma queste possono associarsi se
operano nello stesso impianto sportivo,
oppure possono accordarsi con i gestori degli impianti perché siano questi
a farsene carico.
Il decreto ministeriale contiene linee
guida dettagliate sulla dotazione e l’utilizzo dei defibrillatori. Dovrà essere
presente personale formato e pronto a
intervenire e il defibrillatore deve essere
facilmente accessibile, adeguatamente segnalato e sempre perfettamente
funzionante. I corsi di formazione sono
effettuati dai Centri di formazione accreditati dalle singole Regioni.
CAMPAGNA EDUCATIVA PER
LO SPORT IN SICUREZZA
Il decreto prevede anche una attenzione educativa sul tema: i Ministeri della
Salute e dello Sport e il Coni promuoveranno annualmente una campagna di
comunicazione sullo sport in sicurezza,
alla quale potranno collaborare anche
le società scientifiche di settore.
21
PROFESSIONE E LEGGE
La professione
può essere svolta anche in società
Si ritiene opportuno segnalare che
sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 81 del 6 aprile 2013 è
stato pubblicato il decreto 8 febbraio
2013, n. 34 recante “Regolamento in
materia di società per l’esercizio di
attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico, ai sensi
dell’articolo 10, comma 10, della
legge 12 novembre 2011, n. 183”
(All. n. 1).
L’art. 2, comma 1, del decreto suddetto dispone che le disposizioni del
regolamento si applicano alle società
per l’esercizio di attività professionali
regolamentate nel sistema ordinistico,
la cui costituzione è consentita ai sensi dell’articolo 10, commi da 3 a 11,
della legge 12 novembre 2011, n. 183.
All’uopo si rileva che l’art. 10, commi da 3 a 11 della legge 183/11 e
s.m.i., recante “Riforma degli ordini
professionali e società tra professionisti, prevede che “3. è consentita la
costituzione di società per l’esercizio
di attività professionali regolamentate
nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI
del libro V del codice civile. Le società cooperative di professionisti sono
costituite da un numero di soci non
inferiore a tre.
4) Possono assumere la qualifica di
società tra professionisti le società il
cui atto costitutivo preveda:
a) l’esercizio in via esclusiva
dell’attività professionale da
parte dei soci;
b) l’ammissione in qualità di
soci dei soli professionisti
iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini
degli Stati membri dell’Unione europea, purché in
possesso del titolo di studio
abilitante, ovvero soggetti
non professionisti soltanto
per prestazioni tecniche, o
per finalità di investimento.
22
In ogni caso il numero dei
soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve
essere tale da determinare
la maggioranza di due terzi
nelle deliberazioni o decisioni dei soci; il venir meno di
tale condizione costituisce
causa di scioglimento della
società e il consiglio dell’ordine o collegio professionale presso il quale è iscritta la
società procede alla cancellazione della stessa dall’albo, salvo che la società non
abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci
professionisti nel termine
perentorio di sei mesi;
c) criteri e modalità affinché
l’esecuzione
dell’incarico
professionale conferito alla
società sia eseguito solo
dai soci in possesso dei
requisiti per l’esercizio della
prestazione professionale
richiesta; la designazione
del socio professionista sia
compiuta dall’utente e, in
mancanza di tale designazione, il nominativo debba
essere previamente comunicato per iscritto all’utente;
c-bis) la stipula di polizza di assicurazione per la copertura dei
rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci
professionisti nell’esercizio
del­l’attività professionale;
d) le modalità di esclusione
dalla società del socio che
sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo.
5) La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l’indicazione di società tra professionisti.
6) La partecipazione ad una società
è incompatibile con la partecipazione
ad altra società tra professionisti.
7) l professionisti soci sono tenuti
all’osservanza del codice deontologico del proprio ordine, così come la
società è soggetta al regime disciplinare dell’ordine al quale risulti
iscritta. Il socio professionista può
opporre agli altri soci il segreto concernente le attività professionali a lui
affidate.
8) La società tra professionisti può
essere costituita anche per l’esercizio
di più attività professionali.
9) Restano salve le associazioni professionali, nonché i diversi modelli societari già vigenti alla data di entrata in
vigore della presente legge.
10) Ai sensi dell’articolo 17, comma 3,
della legge 23 agosto 1988, n. 400,
il Ministro della giustizia, di concerto
con il Ministro dello sviluppo economico, entro sei mesi dalla data di
pubblicazione della presente legge,
adotta un regolamento allo scopo di
disciplinare le materie di cui ai precedenti commi 4, lettera c), 6 e 7.
11) La legge 23 novembre 1939, n.
1815, e successive modificazioni, è
abrogata”.
Si rileva che l’art. 3 del decreto concernente “Conferimento dell’incarico” stabilisce che le prestazioni
oggetto dell’incarico possono essere
eseguite solo dai soci in possesso dei
requisiti richiesti per l’esercizio della
professione svolta in forma societaria.
L’art. 4 recante “Obblighi di informazione” al comma 2 dispone che,
al fine di garantire il diritto del cliente
di scegliere i professionisti, la società
professionale deve consegnare al
cliente l’elenco scritto dei singoli
soci professionisti, con l’indicazione dei titoli o delle qualifiche
professionali di ciascuno di essi,
nonché l’elenco dei soci con finalità d’investimento.
L’art. 6 concernente “Incompatibili-
VERONA MEDICA
PROFESSIONE E LEGGE
tà” al comma 1 stabilisce che, così
come previsto dall’art. 10, comma 6,
della legge 183/11 citato in premessa, i soci non possono partecipare
a più di una società professionale.
Tale incompatibilità si determina anche nel caso della società multidisciplinare e si applica per tutta la durata
della iscrizione della società all’ordine
di appartenenza. Il comma 3 dell’art.
6 dispone che il socio con finalità di
investimento può far parte della società professionale solo quando:
a)sia in possesso dei requisiti di
onorabilità previsti per l’iscrizione
all’albo professionale cui la società
è iscritta ai sensi dell’articolo 8 del
presente regolamento;
b)non abbia riportato condanne definitive per una pena pari o superiore a due anni di reclusione per
la commissione di un reato non
colposo e salvo che non sia intervenuta riabilitazione;
c) non sia stato cancellato da un albo
professionale per motivi disciplinari”.
Costituisce requisito di onorabilità ai sensi del comma 4 dell’art. 6
la mancata applicazione, anche in
primo grado, di misure di prevenzione personali o reali. Il comma 6
dell’art. 6 dispone che “Il mancato
rilievo o la mancata rimozione di
una situazione di incompatibilità,
desumibile anche dalle risultanze
dell’iscrizione all’albo o al registro
tenuto presso l’ordine o il collegio
professionale secondo le disposizioni del capo IV, integrano illecito
disciplinare per la società tra professionisti e per il singolo professionista”.
Il capo IV del decreto recante “Iscrizione all’albo professionale e regime disciplinare” dispone all’art. 8
che “1. La società tra professionisti
è iscritta in una sezione speciale
degli albi o dei registri tenuti presso l’ordine o il collegio professionale di appartenenza dei soci professionisti.
2. La società multidisciplinare è
iscritta presso l’albo o il registro
dell’ordine o collegio professionale relativo all’attività individuata
come prevalente nello statuto o
nell’atto costitutivo”.
L’art. 9 concernente “Procedimento”
prevede che “la domanda di iscrizione di cui all’articolo 8 è rivolta al
VERONA MEDICA
consiglio dell’ordine o del collegio
professionale nella cui circoscrizione
è posta la sede legale della società
tra professionisti ed è corredata dalla
seguente documentazione:
a)atto costitutivo e statuto della società in copia autentica;
b)certificato di iscrizione nel registro
delle imprese;
c)certificato di iscrizione all’albo,
elenco o registro dei soci professionisti che non siano iscritti presso l’ordine o il collegio cui è rivolta
la domanda”.
Il comma 3 dell’art. 9 dispone che
“il consiglio dell’ordine o del collegio
professionale, verificata l’osservanza
delle disposizioni contenute nel presente regolamento, iscrive la società
professionale nella sezione speciale
di cui all’articolo 8, curando l’indicazione, per ciascuna società, della
ragione o denominazione sociale,
dell’oggetto professionale unico o
prevalente, della sede legale, del nominativo del legale rappresentante,
dei nomi dei soci iscritti, nonché degli eventuali soci iscritti presso albi o
elenchi di altre professioni”.
L’art. 10 recante “Diniego dell’iscrizione” prevede che “1. prima della
formale adozione di un provvedimento negativo d’iscrizione o di annotazione per mancanza dei requisiti previsti dal presente capo, il consiglio
dell’ordine o del collegio professionale competente comunica tempestivamente al legale rappresentante della società professionale i motivi
che ostano all’accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni
dal ricevimento della comunicazione,
la società istante ha diritto di presentare per iscritto le sue osservazioni,
eventualmente corredate da documenti.
Dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione
nella lettera di comunicazione di cui al
comma 2 del presente articolo.
2. La lettera di diniego è comunicata
al legale rappresentante della società
ed e’ impugnabile secondo le disposizioni dei singoli ordinamenti professionali. È comunque fatta salva la
possibilità, prevista dalle leggi vigenti,
di ricorrere all’autorità giudiziaria”.
L’art. 11 recante “Cancellazione dal­
l’al­bo per difetto sopravvenuto di
un requisito” dispone che il Consi-
glio dell’ordine o collegio professionale presso cui è iscritta la società
procede, nel rispetto del principio
del contraddittorio, alla cancellazione
della stessa dall’albo qualora, venuto
meno uno dei requisiti previsti dalla
legge, la società non abbia provveduto alla regolarizzazione nel termine
perentorio di tre mesi.
L’art. 12 concernente “Regime disciplinare della società” prevede
che “1. ferma la responsabilità disciplinare del socio professionista, che
è soggetto alle regole deontologiche dell’ordine o collegio al quale
è iscritto, la società professionale
risponde disciplinarmente delle violazioni delle norme deontologiche
dell’ordine al quale risulti iscritta.
2. Se la violazione deontologica commessa dal socio professionista, anche iscritto ad un ordine o collegio
diverso da quello della società, è ricollegabile a direttive impartite dalla
società, la responsabilità disciplinare
del socio concorre con quella della
società”.
Da un esame del decreto, che è stato
rivisitato a seguito delle osservazioni
del Consiglio di Stato, si rileva che
esso non disciplina né il regime fiscale, né quello previdenziale per mancanza di copertura normativa, comportando quindi delle problematiche
applicative irrisolte che dovranno trovare delle soluzioni pratiche.
Ciò detto, considerata la rilevanza delle disposizioni introdotte dal decreto
indicato in oggetto e viste le ricadute
dello stesso sulla attività degli Ordini
provinciali, seguiranno ulteriori comunicazioni al fine di verificarne le
complesse fasi di attuazione.
Il Presidente
AMEDEO BIANCO
i
23
PROFESSIONE E LEGGE
Prestazione del fisioterapista:
su prescrizione del medico
Segnaliamo la sentenza del Consiglio di Stato n. 1890/13 concernente le modalità di accesso alle prestazioni di medicina fisica riabilitativa
ambulatoriale.
L’A.I.F.I. - Associaziona Italiana Fisioterapisti, Sezione regionale del
Veneto, ha impugnato due delibere
adottate dalla Regione (la seconda
a parziale modifica della prima), ritenendole in contrasto con la normativa statale.
Tali delibere delineano un ruolo del
fisioterapista meramente esecutivo
e privo di autonomia rispetto a quello del fisiatra, al quale attribuiscono
non solo la diagnosi, ma anche di
stabilire le “specifiche prescrizioni”,
oggetto del programma/progetto
riabilitativo individuale, che, invece,
secondo l’Associazione ricorrente,
rientrerebbero nella competenza del
fisioterapista, in base all’art. 2 del
D.M. 741 del 14.9.1994 e all’art. 2
della l. 251 del 10.8.2000.
Ebbene il Consiglio di Stato rileva che
l’art. 1, comma 2, del D.M. 741 del
1994 va inteso nel senso che prevede
la possibilità per il fisioterapista di prestare la propria attività, prendendo a
riferimento le diagnosi e le prescrizioni
del medico, sia autonomamente che
in équipe, ma solo in funzione esecutiva delle prescrizioni mediche.
Ad avviso del Collegio la ricostruzione
della normativa statale, fatta propria
dal primo giudice, evidenzia, in effetti, un ruolo di centralità e responsabilità nel percorso terapeutico nell’area
della riabilitazione in capo al medico;
cosicché non è stato ritenuto lesivo
delle competenze professionali del
fisioterapista che le delibere impugnate abbiano previsto che l’ac-
cesso alle prestazioni riabilitative
erogate dal S.S.N. avvenga sotto il
controllo di un medico fisiatra, non
solo per il profilo delia individuazione della terapia, ma anche della sua
esecuzione. Tuttavia in coerenza col
sistema normativa nazionale, l’autonomia del fisioterapista si può
esplicare solo nel presupposto
dell’esistenza e delle prescrizioni
indicate dal fisiatra quale coordinatore dell’equipe riabilitativa così
come legittimamente disposto dalla
Regione Veneto. Dall’insieme delle
disposizioni riportate, appare chiaro come occorra preliminarmente
una “presa in carico clinica” del
soggetto e che responsabile del
progetto riabilitativo sia il “medico specialista” anche se la sua
elaborazione è frutto di un lavoro
d’équipe.
Il Consiglio di Stato ha quindi ritenuto
che i programmi riabilitativi non rappresentano altro che ulteriori specificazioni del progetto, chiaramente
promananti anch’essi dall’équipe,
sotto la guida del medico, e con l’ausilio degli altri operatori sanitari, tra
cui il fisioterapista.
Il Presidente
AMEDEO BIANCO
In memoria di Dodi
In questo inizio d’estate Adeodato (Dodi) Vaona ci ha lasciato… lo ha fatto alla sua maniera, in modo
subitaneo e discreto, quasi a non voler disturbare…
Quanti hanno avuto modo di conoscerlo nell’arco della vita privata e professionale hanno potuto sperimentare la sua grandezza fatta di semplicità, di sottile umorismo, di genialità e di etica rigorosa ad
un tempo.
Di umile e numerosa famiglia, precocemente orfano di padre, egli ebbe una solida formazione religiosa
presso il Collegio Mazza; seppe sempre, quindi, interpretare al meglio, con gentilezza, senza atteggiarsi, e nell’interesse assoluto e prioritario delle sue pazienti, le novità che la disciplina medica poteva
offrire; fu in innovatore vero, spesso testimone scomodo del fatto che operare il bene era possibile,
anche senza piegarsi alle mode.
Agì sempre nella prospettiva della prevenzione quando tutti gli altri si buttavano sulla semplice cura
delle patologie.
Fra gli antesignani della Colposcopia (era stato a Parigi, ad imparare, negli anni ’70) inventò e brevettò,
ad esempio, una pinza che consentiva di rimuovere le displasie iniziali senza demolire le cervici delle
donne che a lui si affidavano; era in grado di operare efficacemente con strumenti semplici come pure di interfacciarsi con le vere novità o di compiere, trent’anni fa, manovre che oggi sono ormai solidamente acquisite (ricordo ancora i rivolgimenti intrauterini ambulatoriali compiuti con la sola
sonda ecografica).
Accanto a queste solide doti professionali c’era sempre la pietas medica, la vera e profonda compartecipazione che, nascosta dietro a modi sbrigativi
ed essenziali (era timidissimo), aveva nei confronti di situazioni marginali e/o problematiche di cui nessun altro sembrava farsi carico.
Tale suo amore per l’onestà e la Verità non fu sempre ben compreso ed anzi gli creò situazioni di ostilità e di ostracismo per le quali dovette pagare,
insieme alla sua famiglia, un prezzo alto; seppe farlo senza cercare sconti né chiedere quartiere e lo fece non per orgoglio ma per dedizione e dignità.
Ritengo quindi un privilegio il poter ricordare l’Amico ed il Collega Adeodato Vaona dalle pagine del Bollettino dell’Ordine; fu veramente un grande
Uomo ed un grande Medico.
Di questo devono essere certi i suoi figli e la sua famiglia.
Alberto Peroni
24
VERONA MEDICA
ATTUALITÀ
La prima app sviluppata per i portatori
di pacemaker e defibrillatore
GIULIO MOLON
Responsabile Elettrofisiologia e Cardiostimolazione, Dipartimento di Cardiologia, Ospedale Sacro Cuore, Negrar (VR)
In un’era caratterizzata dalla tecnologia che è sempre a portata di mano,
soprattutto con la diffusione degli
Smartphone, l’uso di Applicazioni in
campo medico sta aumentando con
grande interesse e gradimento da parte
degli utilizzatori. Ho pensato quindi che
se sono di aiuto a noi medici, le Applicazioni possono esserlo anche per i pazienti; con questo spirito, assieme all’ingegnere Sergio Datteri, ne ho ideato e
realizzato una per iPhone indirizzata alle
persone portatrici di pacemaker e defibrillatore che si chiama MyPacemaker
ed è scaricabile dall’App Store di Apple.
L’idea nasce dalla constatazione che il
Immagine 1: schermata che mostra la sezione
Tesserino dell’App con i dati del Dispositivo
impiantato e dei relativi cateteri
VERONA MEDICA
paziente portatore di pacemaker o defibrillatore, quando viene in ospedale per
controlli o per ricoveri o al pronto soccorso, dovrebbe avere sempre con sé il
tesserino apposito, su cui sono riportati
i dati identificativi del suo dispositivo, la
data di impianto, il medico e l’ospedale
di riferimento, assieme ai suoi dati anagrafici. In realtà in moltissime occasioni
il paziente lo dimentica oppure, poiché
il tesserino è di cartoncino e spesso
viene conservato per lungo tempo in
tasca o nel portafogli oppure in borsetta, ne presenta uno usurato dal tempo
ed illeggibile. Il telefono invece non si
dimentica mai, se chiedete di esibire il
telefono ad un paziente non vi dirà mai
che lo ha dimenticato, ormai nessuno
di noi esce di casa senza telefono.
E sul telefono, con questa App, c’è la
possibilità di archiviare tutti i dati utili e
necessari con ottima qualità delle informazioni.
Se scaricate MyPacemaker e la aprite
troverete la sezione Tesserino, dove si
inseriscono i dati del dispositivo e dei
cateteri; si inserisce la terapia che viene
assunta, altra informazione che spesso
il paziente non è in grado di fornire se
non in modo molto vago (spesso rammenta di assumere pastiglie di vario
tipo e colore senza essere in grado di
fornire ulteriori precisazioni al riguardo);
il nominativo di una persona (moglie,
marito, figlio) da chiamare in caso di bisogno, del proprio cardiologo e dell’ospedale di riferimento.
Nella sezione Informazioni vengono riportate una serie di importanti indicazioni che possono risultare utili ai pazienti in casi particolari, sia per comuni
situazioni di vita quotidiana sia in caso
di difficoltà (ad esempio se è possibile fare la risonanza magnetica o può
usare il trapano oppure cosa fare dopo
che ha sentito un suono provenire dal
defibrillatore, etc), con suggerimenti
specifici che possono dare maggiore
sicurezza al paziente. Tutte queste informazioni molto specialistiche spesso
Immagine 2: schermata che mostra la sezione
Tesserino dell’App, con l’anagrafica paziente, la
persona da contattare in caso di necessità, il
cardiologo di riferimento e l’ospedale di riferimento, in cui ha effettuato l’impianto.
non sono ben chiare ai pazienti che
hanno dubbi al riguardo, e li costringono a telefonate al proprio medico o in
ospedale nella speranza di trovare chi è
in grado di fornire chiarimenti specifici,
oppure al fai-da-te con uso di internet o
altre fonti di informazione non sempre
attendibilissime.
Un’altra sezione dell’App si chiama
Ospedali e riporta la mappa dei Centri
di Cardiostimolazione italiani; è una caratteristica utile che sfrutta il localizzatore inserito nello smartphone; poiché
il paziente potrebbe trovarsi nella necessità di dover effettuare un controllo
anche lontano dal proprio ospedale di
riferimento, troverà indicata sulla mappa la propria posizione e gli ospedali più vicini e facilmente raggiungibili.
Diventa interessante ovviamente per
le occasioni in cui si è lontani da casa
25
ATTUALITÀ
Immagine 3: schermata che mostra la sezione
Informazioni dell’App, in questo esempio informazion i sulkla batteria, sulle sue caratteristiche
e durata, sulla procedura di sostituzione.
per lavoro o per turismo. La App rivela
la sua utilità anche quando si tratta di
pazienti anziani e non dotati di cellulari
di ultima generazione. In questo caso,
proprio perché molto anziani, i pazienti
sono realmente seguiti ed assistiti dai
loro figli/e o parenti che li accompagnano in occasione dei controlli. Qui rivela
utile proprio perché permette ai parenti
di raccogliere e portare sempre con sé
tutte le informazioni che servono e generalmente vengono chieste dai medici
in occasione sia dei periodici controlli
clinico/strumentali sia in occasione dei
ricoveri ospedalieri.
Credo che per le sue caratteristiche
possa essere consigliata sia alle persone con pacemaker e defibrillatore che
ai parenti stretti che in genere se ne
occupano.
La App sarà nel tempo migliorata con
inserimento di ulteriori notizie o sezioni,
soprattutto se perverranno commenti
o suggerimenti da parte di chi la vorrà
usare.
Attualmente è disponibile sull’App Store
e scaricabile sia su iPhone che su iPad.
Immagine 4: schermata che mostra la sezione
Ospedali dell’App, con la visualizzazione (pallino
rosso) degli ospedali vicini al punto in cui si trova il
paziente ed eventuale percorso per raggiungerli.
corsi fad sul portale fNomceo
– Audit clinico residenziale:
valido fino all’8 settembre 2013
– Audit clinico FAX
valido fino all’8 settembre 2013
=========
– Sicurezza dei pazienti residenziale:
valido fino al 31 dicembre 2013
– Sicurezza dei pazienti FAX:
valido fino al 31 luglio 2013
=========
26
– Appropriatezza delle cure residenziale:
valido fino al 30 settembre 2013
– Appropriatezza delle cure on-line:
valido fino al 30 settembre 2013
– Appropriatezza delle cure FAX:
valido fino al 30 settembre 2013
VERONA MEDICA
STORIA DELLA MEDICINA
L’esercizio abusivo della medicina
dei barbieri-cerusici nel Settecento veronese
di GIANNA FERRARI DE SALVO
Le origini della chirurgia sono remote:
questa pratica medica era conosciuta
e utilizzata dagli antichi Egizi;
2.500 anni prima di Cristo avevano
raggiunto grande padronanza della
trapanazione della scatola cranica,
che attuavano nelle contusioni con
edema. Il medico e storico svedese
Folke Henschen afferma che i
ritrovamenti archeologici sovietici
sulle rive del fiume Dniepr (negli anni
’60 del secolo scorso) dimostrano
l’esistenza di trapanature nei crani
L’ordine dei “barbieri-chirurghi” nacque verso l’anno 1000. Quando si
presentava la necessità di servirsi di
qualcuno in grado di rasare le parti da
operare, eseguire un enteroclisma,
medicare ferite, ricomporre fratture,
trattare lussazioni, cavare un dente o
applicare sanguisughe («extrahendo
et aptando dente et sanguinem
minuendo»), si ricorreva abitualmente
al barbiere essendo tutte queste
pratiche profondamente snobbate
dai medici, che rimanevano più come
spettatori e consulenti che parte
dinamica e volta alla cura del malato.
Salasso
datati nel Mesolitico, all’incirca 12.000
anni prima di Cristo. La procedura era
in uso anche presso gli Incas come
dà prova il cranio in mostra a Città del
Messico che presenta il rifacimento
della calotta con una lamella d’oro,
realizzato presumibilmente su paziente vivo1. Tale settore della scienza
medica, inevitabilmente cruento, ha
avuto un percorso alquanto empirico e costellato d’imprevisti: si pensi
all’usanza di chiudere le ferite con
le mandibole degli insetti e a tutte le
indispensabili sperimentazioni compiute per secoli, supportate solamente
dalla personale conoscenza.
VERONA MEDICA
Nel tempo, siffatti ausiliari assunsero
inevitabilmente maggior credito e
conseguirono una migliore perizia
anche in mansioni più complesse,
quali la flebotomia per il salasso,
l’estrazione di denti e corpi estranei,
l’incisione degli ascessi, la riduzione
delle ernie, persino l’ostetricia. Alcuni
di loro furono in grado di eseguire
interventi di importanza tale da
divenirne in breve tempo gli esecutori
privilegiati. Tali manovre erano spesso
funestate da un’altissima percentuale
di decessi, a causa di emorragie
incoercibili (dovute all’operazione
chirurgica in quanto tale), all’assenza
di anestesia e, soprattutto, alla
carenza delle più elementari norme
igieniche, responsabili di un elevato
numero d’infezioni e setticemie letali2.
Secondo i capitoli veronesi del
1544, «per esercitar e far il mestier
di barbiere, e medegar, curar piaghe,
cavar denti, e segnar, […] e altre
cose pertinenti al mestier» bisognava
iscriversi all’Arte dei Barbieri, della
quale facevano parte barbitonsori
e cerusici (dal greco cheìr - cheirós
«mano» ed ergon «lavoro», donde
cheirourgikós divenuto in latino
chirurgicus e poi cirurgicus), e pagare
una certa tassa. Nel XVII secolo la
chirurgia veniva ancora considerata
una professione poco onorevole, di
discussa moralità e di scarsa dignità
medica, riservata a persone di
basso rango. Proprio la ripulsa degli
atti chirurgici da parte dei medici
fece sì che i cerusici e i barbitonsori
assumessero grande importanza nella lunga preistoria della chirurgia.
Il 26 settembre 1729, in seguito all’imperante abusivismo, si cercò di
mettere ordine decretando «che l’Arte
scientifica della chirurgia, […] fra le più
necessarie per la sua consistenza,
a causa delle calamitose vicende
dei secoli scorsi, non possa essere
indecorosamente frammischiata all’Ar te dei barbitonsori e dei perucchieri
[…]. I chirurghi dovranno essere o
dottorati o licenziati dall’università di
Padova, o licenziati dal Collegio dei
Medici di Verona, o dal Consiglio dei
XII di questa città e non potranno
esercitare il loro mestiere nella stessa
bottega del barbiere […]. Nessuno
che non sia iscritto all’Arte possa
lavorar segretamente in casa o in
altri luoghi privati, in pena di multa e
sequestro degli arnesi»3.
La pratica della “bassa chirurgia”
non implicava alcun controllo sulla
preparazione teorica e sul tirocinio
dell’operatore, anche se già dal XIII
secolo si pretese che il barbiere
27
STORIA DELLA MEDICINA
dovesse superare con successo
un adeguato esame4. Il Settecento
rappresentò per la chirurgia europea
e italiana un secolo di riabilitazione
professionale e sociale, oltre che
di profonda innovazione scientifica.
Si sentì l’esigenza di istituire veri e
propri corsi di studi che garantissero
l’idoneità professionale di coloro che
si dedicavano anche alle branche
minori della chirurgia (litotomi, oculisti,
ortopedici e dentisti). Sorsero scuole
di specializzazione, e così i chirurghi
diplomati furono legittimati a praticare
la professione, pur restando per loro il
divieto assoluto di prescrivere farmaci,
anche i più semplici, che rimaneva
monopolio dei medici5. Il chirurgo,
ottenuto il diploma, doveva svolgere
un anno di praticantato «sotto medico
o rispettivamente chirurgo perito ed
approvato e con almeno dodici anni
di professione»6 e per distinguersi dai
medici, che si abbigliavano con abito
lungo, doveva indossare una veste
più corta.
Concessioni ai chirurghi di esercitare
temporaneamente la medicina
Nella prima metà del XVIII secolo si
pensò di delegare al chirurgo, che
si era dimostrato esperto e saggio
nell’espletare la sua professione, la
possibilità di «ricettare e trattare le
malattie interne» in quelle località
sprovviste di medico condotto e
lontane almeno cinque miglia7. In ogni
caso, molti rimanevano i medicamenti
complessi che i chirurghi non
potevano somministrare, tra i quali
i «purganti drastici». Secondo la
legislazione dell’epoca, potevano
fungere, come i medici, da perito
giudiziario nei casi di ferite sospette,
avvelenamento, morte violenta, ecc.8
Nelle carte d’archivio sopravvissute
abbiamo trovato traccia di questi
professionisti veronesi che ottennero
il permesso di «medicare anche per
bocca», e di certuni diamo qui notizia.
Antonio Nicoletti di Verona9 lavorò a
Roma come speziale nelle Pubbliche
Officine e nell’Ospedale di Santo
Spirito. Rientrato nella città natale
continuò la sua attività di speçiere e
nel 1711 si trasferì a Castelnuovo [del
Garda]. Eccezionalmente, le autorità
gli consentirono di esercitare la
chirurgia e la medicina solo per «casi
facili». Ottenuto l’attestato di chirurgo
28
dalla Studio di Padova, il 5 marzo
1714 chiese di spostarsi a Torri del
Benaco, località priva di medici.
Bartolomeo Martini di San Bonifacio,
chirurgo collegiato del famosissimo
Studio di Padova, per la sua
continuativa esperienza fin dal 1700
attinente alla sua professione e per
aver esercitato per cinque anni sotto
un medico fisico, fu ritenuto idoneo
«in casi fortuiti o premurosi e in
mancanza di medico» � a praticare
anche la medicina. Nel 1718 il placet
fu firmato da Domenico e Giovanni
Francesco Grandis, medici fisici di
Soave, e da Marcantonio Bezzoli,
medico fisico di San Bonifacio.
Nel 1726 le buone referenze dei
parroci di Castelnuovo e Palazzolo e
le sue ampie conoscenze nelle cose
mediche servirono al chirurgo Antonio
Cesari, già operante in Castelnuovo
Ancelle Templari
(comunità lontana da luoghi presidiati
da medici condotti), per ottenere
l’autorizzazione di medicare anche
per bocca � per cinque anni rinnovabili
� ristrettamente ai sali lenitivi di cassia,
manna e simili, esclusi i purganti più
energici.
Nel luglio del 1781 la comunità di
Minerbe, «situata nella legale distanza
da professori di medicina in condotta,
implorò [le autorità] di potersi avvalere
dell’opera del provetto chirurgo Giulio
Benedetti abilitato ad esercitare anche
la medicina a Roncolevà». A corredo,
furono esibite varie attestazioni
sulla sua capacità nella cura dei
mali attinenti alla medicina fisica. I
Procuratori e Provveditori alla Sanità
confermarono a Benedetti la libertà
di ricettare e trattare malattie interne
a Minerbe per un periodo di anni
cinque con l’opportunità di proroga.
Nel marzo del 1799 questo chirurgo
era ancora in servizio a Minerbe dove
fu riconfermato per altri cinque anni,
con possibilità di prescrizione limitata
di farmaci, poiché fu «comprovata
[…] l’utile assistenza che prestò
agli abitanti». In quegli anni era qui
operativo anche il chirurgo Antonio
Ghirardi10.
Esercizio abusivo della medicina
da parte di chirurghi e altri
Sulla situazione medico-chirurgica
settecentesca l’Archivio di Stato di
Verona ospita un’interessante documentazione riguardante coloro che
esercitavano l’Arte Medica in modo
abusivo. Parte di queste comunicazioni sono state rinvenute nella
«cassella delle denontie secrete» situata in Piazza dei Signori (palazzo del
Capitanio)11, altre furono presentate
direttamente all’Ufficio di Sanità. Nelle “lettere orbe”12, cioè non firmate, i
delatori, coperti dall’anonimato13, si
sentivano incoraggiati a denunciare
e ognuno poteva esprimere critiche,
consigli e diffondere notizie o
calunnie infamanti, vere o false. Molte
le segnalazioni di singoli cittadini
verso quei mistificatori (chirurghi,
medici o speziali) che, in spregio alle
leggi vigenti e privi della necessaria
preparazione, abilitazione e assenso,
si permettevano di indicare cure
provocando spesso gravi danni
se non addirittura la morte dei
malcapitati che fiduciosamente si
mettevano nelle loro mani14. I sanitari
stessi, abilitati e non, animati da privati
interessi o rancori, presentavano
accuse anonime o passavano a veri
e propri atti di violenza pur di togliere
di mezzo il collega rivale. Uno su
tutti, possiamo documentare il fatto
accaduto nel 1579 a Sanguinetto,
dove due chirurghi tentarono di uccidere Francesco, barbiere-chirurgo,
che con la sua abilità e perizia era
riuscito ad accaparrarsi una vasta
clientela15.
Impostori che abusavano della
cre dulità popolare
La pratica medico-chirurgica sfuggiva
in realtà a qualsiasi verifica ufficiale:
molti medici esercitavano senza
averne i titoli, altri si fregiavano di
attestati fasulli o di diplomi sotto
forma di lettere, rilasciati da autorità
VERONA MEDICA
STORIA DELLA MEDICINA
locali, il cui valore reale era meno che
nullo. Ovunque una vasta schiera di
ciarlatani e mestieranti esercitava
la bassa chirurgia e la medicina
cercando di carpire la buona fede
del popolino16. Un foglio siglato N.N.,
scritto in Malcesine il 25 giugno
1728, rende noto che senza curarsi
dei proclami del magistrato di Sanità
sul divieto di praticare l’arte medica
senza le dovute competenze, molti
stranieri, anche di sesso femminile,
esibendo falsi attestati, «compongono
medicamenti […] e gli speçiali rilasciano medicamenti d’ogni sorte».
Pur ricevendo ogni anno il «Catalogo
dei medici e chirurghi» abilitati, diversi
speziali, per mero profitto e senza
scrupolo alcuno, consegnavano preparati terapeutici all’esibizione del
reçipe17 (ricetta) rilasciato da sconosciuti o da chirurghi non abilitati alla
medicina18.
Il governo incoraggiava la delazione,
sia pur con cautela, avvalendosi di
esposti senza sottoscrizione e di
quelli riportanti i dati anagrafici del
querelante e dei testimoni. In questo
modo gli inquirenti raccoglievano
notizie significative sullo svolgimento
di fatti delittuosi accaduti. Le
deposizioni, ben circostanziate, ci
fanno conoscere la patologia, le cure
propinate (salassi, unzioni di petto,
applicazioni di ventose tagliate, o
secche19, preparati galenici) e il nome
dello speziale fornitore delle medicine
secondo la ricetta del chirurgo non
idoneo.
Non mancò nella nostra provincia un
praticone che si dilettava nella cura
degli animali: il vaccaro Francesco
Colombarolo di Costermano, detto
appunto Vacaról, una specie di
veterinario ante litteram, il quale
decise di fare il salto di qualità.
Dalla relazione, debitamente firmata
dall’estensore del documento datato
19 maggio 1732, si evince trattarsi
di un «ignorantissimo rustico, solito
accorrer dove l’aura popolare il
chiama a pregiudicar alla salute di
tanti; ad alcuni dei quali so certamente
d’aver assistito, or ridotti ad uno stato
peggior del male».
Non fu da meno Antonio Rossi, abitante
a Sustinenza, soprannominato il “medico Grillo”20. Costui non era medico, né tantomeno chirurgo, ma
solamente un ciabattino, come risul-
VERONA MEDICA
tò dagli interrogatori condotti dal
cancelliere di Sanità21. L’indagine su
di lui iniziò dopo il decesso di Lucia
Novara, moglie del nobile Pietro
Bravi di Casaleone, avvenuto nel
marzo 1737. La nobildonna, affetta
da una cancrena a un piede, era stata
medicata per alcuni mesi dal chirurgo
Pizzolati di Legnago. Non trovando
alcun giovamento, si affidò alle cure di
Rossi che in breve tempo la portarono
alla morte.
Nel sobborgo cittadino di Avesa
accanto all’oratorio della Santa Croce
un tempo della Beata Vergine del
Tagliaferro � vi era un casa che ospitava
una societas di eremiti. Uno di loro,
Gaetano Panato, somministrava
rimedi sia interni che esterni col
pretesto d’avere una particolare dote
Barbiere
ed esperienza. Nella solita denuncia
anonima del gennaio 1765 vengono
elencati i nomi di coloro che furono
curati dall’eremita.
Una donna di Spinimbecco da 15
giorni affetta da dissenteria e febbre
continua fu medicata � senza risultati
apprezzabili� con salassi e un po’ di
china dal chirurgo Lorenzo Bandini22.
Il 28 settembre 1772 capitò nel suo
casolare Giuseppe Franco, un tale
«con qualche cognizione delle cose
medicali per essere stato in pratica
[…] per far lo speziale» che scrisse
una ricetta assicurando che quella
pozione l’avrebbe guarita. Lo speziale
di Villabartolomea, pur riconoscendo
la prescrizione irregolare, preparò
quel farmaco che in poche ore causò
la morte della sventurata23.
Il 18 marzo 1779 il medico fisico
Giacomo Comini di Cerea avvertiva
le autorità sanitarie che certo Francesco Marzadri si permetteva di
«ordinar nelle osterie alcuni validissimi
purganti per bocca � da lui medesimo
composti � spoglio affatto di fisiche
cognizioni con evidente, e alle volte
irreparabile, danno di quelli infelici
che alla di lui ignoranza ed impostura
incautamente s’affidano».
Il 30 gennaio 1782, al massaro e
consiglieri di Caprino fu intimato
di comparire entro tre giorni dalla
notifica presso l’Ufficio di Sanità di
Verona poiché in paese e nei dintorni
operava in qualità di medico, chirurgo
e speziale Giuseppe Santa Crus (o
Santa Croce), di sedicente origine
maltese. Questo personaggio, che
si faceva chiamare anche il Maltese,
Ercole, e con altri nomi, viene definito
«di veruna abilità, né di verun privilegio
[…], un puro ciarlatano che pregiudica
alla salute di chi ciecamente si lascia
ingannare». Luigi Spada da Marano
di Valpolicella, sostenuto da altri
compaesani, aveva inoltrato querela
affinché il Maltese fosse bandito
dal paese poiché suscitava risse e
discordie.
Chirurghi, ma non medici
Affatto rari i chirurghi che senza
attestato d’idoneità si proponevano
come medici. Questo modo d’agire
era biasimato dagli stessi colleghi e
anche dai medici, bersagliati da una
concorrenza che andava a colpire le
loro prospettive di guadagno.
Dopo una segnalazione segreta24
levata dalla cassella il primo gennaio
1737, Maurizio Corna, cavaliere di
Corte di Almorò Barbaro, capitano e
podestà di Verona, espose davanti
al giudice al Maleficio di Sanità che
Giuseppe Santi, chirurgo delle carceri, si permetteva di ordinare medicamenti per bocca. I medicinali
venivano acquistati nella spezieria “al
Pomo d’Oro” nella contrada di San
Tomio, gestita da Andrea Tebaldi. Gli
atti del processo riportano i nomi dei
molti detenuti curati e la descrizione
della somministrazione farmaceutica.
Durante un’epidemia di mali acuti e
maligni, molti carcerati passarono ad
altra vita benché curati dal medico
Tebaldo Sorio, uomo di provata
esperienza. Indebolito dall’età avan-
29
STORIA DELLA MEDICINA
zata e per la difficoltà di salire le
scale, fu sostituito “vocalmente” da
Giuseppe Santi, sedicente speziale
e chirurgo, che ben presto fu sospeso per la sua incompetenza e
perché non era insignito della laurea
dottorale. Egli allora si recò a Mantova
ottenendo in pochissimi giorni da
quel Collegio l’addottoramento. Tale
rapidità fece sorgere il sospetto che
il documento fosse stato rubato e
contraffatto. Pur essendosi laureato
in estero Stato e senza abilitazione a
medicare nel Serenissimo Dominio,
Santi riprese servizio nel carcere
dove molti reclusi erano affetti da
febbri acute e maligne. Più volte si
presentò a visitarli tastando loro il
polso con la mano guantata (altri
asserirono che non usava guanti) 25,
indi poneva «certi ingredienti in
una boza d’aqua, ordinando alli
guardiani Collona e Tosetto che a
tutti gl’infermi [qualsiasi fosse la loro
patologia] fosse somministrata quella
bevanda e frattanto li poveri ammalati
perivano». I testimoni confermarono
tutte le accuse, sostenendo che
Santi passava a visitare una o due
volte al giorno e che ad alcuni, affetti
da febbre maligna, aveva ordinato
le ventose tagliate, dei bocconi per
scaricarsi e quella certa bevanda, che
veniva propinata più volte al giorno a
chiunque e con una ciotola di uso
comune.
L’anonima lettera ritrovata il 26
novembre 1737 fa riferimento ai molti
che «si fanno lecito, benché non siino
in medicina dottorati nella pubblica
università di Padova, d’ordinare
medicamenti per bocca agl’infermi».
Si fa il nome del già contestato
chirurgo Giuseppe Santi, dei chirurghi
Antonio Borghi e Francesco Bonucci,
dei fratelli Francesco e Felice
Cavazzani spezieri alla Nunziata26.
Si dichiara che «perfino le stesse
femmine ordinano decotti e purganti;
e particolarmente Laura Zecchina,
della contrada dei Santi Nazaro e
Celso, e una tal Borghi, della contrada
di San Tomaso, ambedue allevatrici,
che spesso ordinano senza reçipe
ma a voce». Collusi con le levatrici e
contravvenenti ai pubblici proclami
con grave danno della salute degli
infermi, erano Baietta e Ruzzenente,
speziali all’insegna dei Santi Nazaro
e Celso, e Domenico Giavarina,
30
speziale al Ponte Pietra. Anche i paesini di montagna ebbero a che fare
con questi sanitari non autorizzati.
Nel 1737 un anonimo denunciante
asserisce che in contrada Pazzon,
sotto Caprino, «soggiorna Giovanni
Cancelieri, fiorentino, di professione
chirurgo il quale con tutta libertà
pratica l’impiego di [medico] fisico,
ordinando […] medicamenti per bocca
[…] a quei rustici che frequentemente
devono soccombere».
Nel 1753 una delazione segreta indica
che tal Giovanni Bonomo abitante
in Saline esercita come medico e
chirurgo «con grave danno e molti
sono morti sotto le sue cure. Ordina
medicamenti abortivi e solventi e
questi vengono spediti da Bortolo
Battisti, speziale di Tregnago, suo
complice».
Nel 1757 una «persona zelante, e che
per suoi giusti motivi desidera esser
Salasso
celata […] al fine di evitare disordini
che possono in seguito avvenire»,
sostiene che Lorenzo Caldana,
chirurgo di Cerea, si fa lecito di
«sorpassare la propria chirurgica
facoltà, intraprendendo cure di
malattie che alla medica professione
appartengono», esercitando anche a
San Pietro di Morubio, Roverchiara,
Roverchiaretta, Ca’ degli Oppi e
ovunque venga chiamato, ordinando
«cure mediche a pregiudizio delle
persone e in aperta contraffazione
dei pubblici proclami e benché sia
stato ammonito altre volte». Inoltre,
si dichiara che quando Lorenzo è
impegnato altrove, in sua vece visita e
salassa suo fratello Antonio. Il gastaldo
del marchese Dionisi a Ca’ del Lago,
sofferente di mal di petto e scaranzia
[mal di gola, tonsillite] fu tra i suoi
pazienti, dopo essere stato curato dal
medico fisico Comini di Cerea (pure
lui, per salassare si serviva di suo
cognato) e dal professor Gianella di
Legnago che aveva certificato trattarsi
di malattia mortale aggravata da
medicature nocive. Le autorità, dopo
aver raccolto testimonianze sui fatti
accaduti e sull’incauta prescrizione
di ventose tagliate e strapazzate,
emissione di sangue e medicamenti
per bocca, esortarono Caldana a non
immischiarsi nella materia medica
e a non oltrepassare i limiti delle
competenze accordategli.
Il 12 luglio 1768, presso l’Ufficio di
Sanità di Verona si presentò una
persona «che per li suoi riguardi desidera d’esser occulta» per accusare due chirurghi di Minerbe che
salassavano senza prescrizione medica e ordinavano farmaci27. Elencò
uno per uno gli ammalati curati da
Giovanni Battista Paluani28 che,
sebbene già redarguito dall’Ufficio
di Sanità di Verona, aveva «cavato
sangue alla moglie di Alessio Salgarèl
detto Brespa, da Orti, mentr’era
gravida, che morì». Paluani, che per
salassare si faceva aiutare dal fratello
Sebastiano, quando era chiamato
al letto di un infermo non emetteva
diagnosi né indicava terapia, ma
prendeva tempo dicendo che si
sarebbe consultato con il dottor Simeoni di Legnago. L’indomani prescriveva le cure, a suo dire avallate
dal suddetto medico, consistenti in
«cavate di sangue, somministrazioni
di china e oglio di mandole». In paese,
nello stesso periodo, salassava e
prescriveva farmaci anche il chirurgo
Casalini29; sul suo operato scorretto
e pericoloso furono certificate alcune
prove30.
Da Zevio il 15 gennaio 1769, dopo
una lunga una serie di morti sospette,
pervenne all’Ufficio di Sanità una
polizza segreta contro Bortolo Conti,
nativo di quel luogo, che curava e
«salassava senza ordine di medico»
Nel luglio 1773 − a causa di alcuni
decessi dai contorni poco chiari −
notifiche anonime, confermate dal
massaro [amministratore comunale] di San Giovanni Lupatoto, comunicarono alle autorità che il chirurgo Edoardo Uber esercitava
anche fuori dei confini del Comune (oltre le 5 miglia) cavando “au-
VERONA MEDICA
STORIA DELLA MEDICINA
dacemente” sangue e ordinando
medicine, tutelandosi col dire d’aver
prima sentito il parere del medico
fisico Francesco Bonuzzi. Uber,
già bandito dal territorio veronese
(periodo trascorso nel convento dei
francescani di Isola della Scala),
dopo essersi liberato dal bando,31
era andato ad abitare a San Giovanni
Lupatoto dove pretendeva di fare il
medico, incontrando, però, alcune
resistenze da parte della popolazione.
Il chirurgo aveva più volte affermato
che prima o poi la gente si sarebbe
arresa alle sue cure perché «se non
lo faranno per amor, lo faranno per
forza e che se i gaverà bisogno di
esserli cavato sangue li farà crepare
[…] e che farà tanto, che in questo
paese non medicherà nessuno fuora
che ello e quelle persone che non g’à
volesto farle fede se li capiterà per le
mane li farà crepare». Uber, secondo
i querelanti, pur non essendo laureato
esercitava da molti anni la medicina
ordinando «vomitativi, polveri, pozioni,
bocconi» che faceva acquistare a
Verona presso Giuseppe Cavalcaselle
speziale a San Luca, il quale, per
non incorrere nei rigori della Legge
distruggeva le ricette. Processato per
esercizio abusivo della professione
medica, nel 1781 fu condannato alla
detenzione. Resosi irreperibile, fu
un’altra volta bandito dal territorio e
nuovamente riabilitato nel 1783.
Nel marzo 1777, per aver esercitato
Barbiere
VERONA MEDICA
illecitamente sia in medicina che in
chirurgia furono denunciati: Celso
Frinzi di S. Pietro di Morubio; Carlo
Camilli e Nicola Noniani di Minerbe;
Giovanni Paolo Cherubini di Zevio;
Francesco Cipricci di Isola Porcarizza
(Isola Rizza).
Luigi Bonomi, di circa 25 anni, forse
nativo di Cellore d’Illasi o di Cazzano,
faceva attività medica a Monteforte
«non si sa con quale facoltà o sotto
qual colore». Fu protagonista di
vari disordini «nelli poveri infermi»
e l’esposto anonimo del 31 marzo
1777 riporta le generalità di persone
da lui curate e poi defunte. Bonomi
abitava presso Giovanni Piermaria
Venturi, medico del paese. Pare che
le sue mansioni fossero limitate alla
sostituzione di Venturi durante la
sua assenza. A Monteforte, in modo
saltuario, esercitava anche il “medico”
Vicenzo Fracassini di Verona. Questi
era stato segnalato per la terza volta
nel 1768, naturalmente in modo
incognito, per aver praticato la professione senza averne i titoli nella
contrada cittadina di San Nazaro,
a San Pietro di Morubio e in tutte le
Basse nonché a Castelnuovo dove
aveva da poco preso domicilio.
Giacomo Cortese di Mozzecane,
interdetto e bandito nel 1774 e 1775
ad istanza del medico fisico Giovanni
Battista Pozzi, fu carcerato nel 1776
per la morte di un suo paziente.
Pochi giorni dopo, senza processo
alcuno, fu veduto più baldanzoso di
prima proseguire la sua invidiabile
carriera medica. Ben presto si
evidenziarono i tristi effetti della sua
libertà poiché «molte furono le vittime della sua tiranna ignoranza ed
impostura» e dopo l’ennesimo misfatto fu nuovamente incriminato. In
conseguenza di un salasso, un suo
paziente rimase «struppio al braccio
destro». Nonostante ciò, il 6 febbraio
1778 Cortese, vista la cessazione
del bando in seguito ai pagamenti
eseguiti per riscattarsi, fu autorizzato
dai Rettori e Provveditori alla Salute
di Verona di «andar, star e ritornar da
per tutto come poteva far prima di
esser bandito».
Il solito foglio non firmato, datato 30
agosto 1785, informa le autorità che
ad Erbezzo tal Giuseppe Fedri, del
quale non si conosce il luogo d’origine,
si prende la libertà di esercitare
medicina e chirurgia, dispensando
medicamenti senza essere munito dei
requisiti necessari e causando diversi
morti in Erbezzo e Chiesanuova.
Certo N.N., che peraltro si dichiara
medico fisico, nel 1786 sporge
denuncia contro il chirurgo Ignazio
Mazzini di Grezzana, che non solo
«medica con purganti, ma si introduce
dai clienti dei medici dandoli ad
intendere che lui è medico fisico e li
altri semplici chirurgi». L’estensore
coglie l’occasione per segnalare che
la spezieria di Grezzana32 non è in
regola poiché avalla ricette irregolari e
manca di medicinali “necessarissimi”.
Nello stesso anno a Colognola ai Colli
Pietro Salvagno e Luigi Gambarón,
entrambi chirurghi (il secondo anche speziere), salassavano senza
supporto di medico fisico, scrivevano
ricette e manipolavano medicamenti
che somministravano segretamente.
Alcune lettere accusatorie datate
15 dicembre 1792 diedero avvio al
processo contro i figli del medico
Giuseppe Grizzi. In esse si riferisce
che Rizzardo ha «piantato bottega di
spezieria sulla piazza di Mozzecane,
Bernardo esercita come chirurgo, e a
volte come medico, e spesso come
assistente in detta spezieria», mentre
nessuno dei due risulta nei cataloghi
dei laureati. La comunicazione è
firmata dallo speziale Giacomo Cazzola, con bottega dirimpetto a quella
dei Grizzi. Secondo il querelante,
31
STORIA DELLA MEDICINA
Rizzardo aveva fatto tirocinio per
circa 30 mesi come garzone presso
Domenico Gemma, speziale in Piaz­
za dei Signori, e qualche mese
a Scorzè nel Padovano, ma per
ottenere il diploma servivano sette
anni di apprendistato in una spezieria,
ridotti a cinque se figli d’Arte. Il
marzo seguente, Giuseppe cercò di
soccorrere Bernardo asserendo sotto
giuramento che il suo figliolo non
aveva esercitato la chirurgia, bensì
aveva salassato qualche volta su sua
richiesta. L’aprile successivo, Rizzardo
fu “rimproverato” dalle autorità per
aver esercitato come speziale mol­
ti anni prima d’aver conseguito
l’attestato; Bernardo fu ammonito e
invitato ad «astenersi dall’esercizio
della professione chirurgica, da lui
esercitata senza verun privilegio né
licenza», prospettandogli, in caso di
trasgressione, la pena del carcere.
Le attestazioni sull’abusivismo della
professione medica fin qui descritte ci
portano a concludere che fino ad oggi
nulla è cambiato, poiché le cronache
presentano quasi quotidianamente
casi analoghi.
Bibliografia
1) La pratica di assumere oppio e altri narcotici
vegetali (mandragora, belladonna, canapa indiana,
ecc.), per alleviare il dolore o procurare il sonno,
era comune fin dai tempi più remoti che la storia
contempli. Gli Egizi conoscevano vari mezzi per
praticare una sorta di anestesia con una speciale
“pietra” che, ridotta in polvere e applicata alla
parte, faceva scomparire ogni dolore. Venivano
usati anche pezzetti di bitume che, a contatto con
la fiamma, sprigionavano vapori che assopivano il
paziente. A scopo anestetico erano sfruttati anche
gli effetti sedativi del coriandolo e della polvere di
carruba. L’etere fu somministrato per la prima volta
nel 1844. Nel 1847 l’ostetrico inglese sir James
Simpson adoperò il cloroformio per ridurre i dolori
da parto.
2) Al riguardo si veda anche L. STERPELLONE,
Dagli Dei al DNA, l’affascinante cammino della
medicina nei secoli, Roma 1990, vol. 3, pp. 377378.
3) Archivio di Stato di Verona (d’ora in poi ASVr),
Casa dei Mercanti, Liber Statutorum artis
barbierorum et chirurgorum – sotto la protezione di
santa Appollonia, reg. 80. In questo registro sono
segnati per alcuni anni del Quattro-Cinquecento
i nomi dei barbieri di città e l’ubicazione della loro
bottega.
4) Spesso l’esame consisteva in una valutazione
rigorosa dell’abilità manuale e della conoscenza
degli strumenti, ma non era richiesto alcun vaglio
di nozioni teoriche.
5) ASVr, Ufficio Sanità (d’ora in poi US), reg. 266
bis, Proclama in materia di Sanità, 15 luglio 1738.
6) Ivi, Proclama in materia di Sanità, 14 marzo 1750.
Nessuno poteva esercitare la professione se prima
non fosse stato esaminato da una commissione,
composta da medici delegati dall’Arte, che
rilasciava licenze temporanee e circoscritte
territorialmente.
32
7) L’Ufficio di Sanità, constatando la carenza di
medici nei piccoli paesi dove «sono molti quelli
che pericolano e se ne muoiono senza alcun
suffragio», dava facoltà al chirurgo laureato, e di
provata esperienza, di soccorrere gli ammalati
con alcune prescrizioni di prodotti da assumere
per via orale, quali cassia, manna, elettuari e simili.
La località doveva essere lontana cinque miglia dal
medico condotto e il permesso al chirurgo aveva
validità di cinque anni, rinnovabili (ASVr, US, reg.
269, c. sciolta, 19 luglio 1715).
8) Cfr, ASVr, Atti Rettori di Legnago, alle bb. 20-2228 molti referti di chirurghi.
9) Chirurgo, laureato a Padova il 26 febbraio 1714
(14 marzo 1714, legittima facoltà a esercitare la
chirurgia, in ASVr, US, Catalogo Chirurghi licenziati
da pubblica università, b. XLVII, c. sciolta; cfr.
anche ASVr, US, reg. 269, c. 25, 7 marzo 1718, e
reg. 266 bis, alle date 31 luglio 1738 e 29 agosto
1750).
10) Ghirardi ottenne il privilegio di chirurgo a
Padova il 6 maggio 1780. Fu approvato e licenziato
a Venezia il 3 giugno 1782.
11) «Persona per hora secreta»: così esordivano le
denunce anonime che i cittadini della Repubblica
di Venezia inviavano alle autorità per segnalare
i crimini di cui erano venuti a conoscenza. Le
denunce, sotto forma di lettere, erano lasciate in
apposite bocche di pietra e riguardavano i reati
più disparati: complotti contro lo Stato, adulterio,
falsificazione delle merci, contrabbandi, evasione
fiscale, bestemmie, omicidi, eresie, abusi di
potere, sodomia (vitio nefando), e molto altro. Gli
anonimi delatori erano spinti da svariati motivi: ora
il nobile desiderio di contribuire al bene pubblico,
ora la brama di una ricompensa, ora la semplice
occasione di calunniare un nemico. A Verona si
possono ammirare due bocche, con maschera
ed epigrafe, al lato sud del Palazzo del Comune
in Piazza dei Signori e in Via Dante Alighieri (cfr.
P. PRETO, Persona per hora secreta− accusa
e delazione nella Repubblica di Venezia, Milano
2006). Nella nostra provincia esistevano anche a
Lazise, Legnago e Peschiera, ma sopravvivono
solo a Sanguinetto e Cologna Veneta (ivi, pp.
82,83).
12) E. GRENDI, Lettere orbe. Anonimato e poteri
nel Seicento genovese, Palermo 1989; si veda
anche P. PRETO, I servizi segreti di Venezia.
Spionaggio e controspionaggio ai tempi della
Serenissima, Milano 2010.
13) Anche le denunce segrete sottoscritte
garantivano riservatezza per il denunciante e la
possibilità di indicare una terza persona per la
riscossione del premio, o di comparire dopo la
sentenza per avere la remunerazione inerente la
delazione.
14) «[…] in questa Dominante, e molto più nelle
città e luoghi della Terra Ferma vi siino molti che
non essendo addottorati né licenziati in alcun
studio generale, si fanno temerariamente lecito
di medicar, tanto in fisica come in chirurgia, con
evidente rischio per la loro inesperienza, della salute
de’ popoli [ …]. Che sii assolutamente proibito a
chi si sii di qual si voglia grado e condizione, niuno
eccettuato, che non fosse addottorato o licenziato
in studio generale, l’esercitarsi […]. Contro simili
dannatissime trasgressioni i più risoluti castighi:
la perdita dei loro illegittimi stipendi, esecuzione
delle più severe comminazioni di galera, prigione
e corda» (ASVr, US, b. XLVII, copia tratta dal libro
dei Proclami esistente nella Cancelleria di Sanità,
1700, 26 agosto).
15) Cfr. G. FERRARI DE SALVO, I “chirurghi” di
Sanguinetto, “Il Nuovo Giornale”, 1 dicembre
2006, p. 12.
16) Su questo argomento rimando al mio saggio
Ciarlatani e medicastri: i mercanti della salute
a Verona tra Seicento e Settecento, in “Verona
Medica”, n. 2, aprile 2012, pp. 25-34.
17) Reçipe (dal latino, «prendi», per significare
«prescrizione»; ricetta = «rimedio prescritto»). Tale
voce, rimasta in uso nel nostro dialetto (nella forma
corrotta rèpize) è tuttora usata da molti anziani.
18) Lo speziale poteva comporre e distribuire
medicamenti solo dietro presentazione di ricetta
medica firmata da medici conosciuti e completata
con il nome dell’ammalato. Le ricette compilate
da medici vaganti o stranieri dovevano essere
preventivamente discusse ed esaminate da un
delegato del Collegio cosa che, ovviamente,
poteva essere effettuata solo in città. Si trattava di
foglietti di circa cm. 8 x 12 conservati dallo speziale
infilzati in uno spago (“filza”) e periodicamente
ritirati da un bidello proveniente da Verona per
essere consegnati all’Ufficio di Sanità. Le ricette
non firmate dal medico o dal chirurgo non
potevano essere evase, custodite o consegnate al
bidello, ma bruciate, come da proclama.
19) Coppette di vetro usate a scopo revulsivo.
20) “Medico Grillo” si diceva per spregio a un
medico da poco. Secondo un racconto popolare,
un contadino di nome Grillo decise d’improvvisarsi
medico. Procuratosi un buon numero di ricette, se
le mise in tasca e per ogni paziente ne estraeva
una a casaccio dicendo tra sé «indovinala, Grillo!»;
quindi, consegnandola al malato aggiungeva «che
Dio te la mandi buona!».
21) Cfr. G. FERRARI DE SALVO, Il medico cia­
battino di Sustinenza, “Il Nuovo…”, 16 aprile 2003,
p. 22.
22) Lorenzo Bandini di Limena (Padova), ottenuto il
privilegio a Padova il 6 gennaio 1769, fu approvato
e licenziato dal Magistrato alla Sanità di Verona il
20 luglio seguente. Il 25 agosto dello stesso anno
gli fu concesso di assistere gli abitanti di Villa
Bartolomea e Spinimbecco «anche nei mali interni
solo però nei casi di bisogno, et usando semplici
lenitivi, e non purganti validi». Il 20 settembre 1773
anche al chirurgo Francesco Bandini − padre
di Lorenzo − fu elargita la facoltà di curare per
cinque anni i mali della fisica a Villa Bartolomea,
Spinimbecco, Nichesola e Carpi (ASVr, US, reg.
266 bis).
23) Il farmaco era così composto: manna eletta
2 once, foglie senna 1 dramma, cremor tartaro
5 dramme, anes. furl. (?) 1 dramma. A chiusura,
l’acronimo FPSA (= fai pozione secondo arte).
Cfr. G. FERRARI DE SALVO, Spinimbecco – Una
ricetta mortale, “Il Nuovo…”, 2 aprile 2003, p. 21.
24) Molte denunce anonime erano mere calunnie.
25) Palpare il polso rimaneva compito esclusivo del
medico fisico: il chirurgo lo poteva fare in qualche
caso, ma usando i guanti.
26) Spezieria che si trovava nei pressi del
Seminario, in contrada Paradiso.
27) Cfr. FERRARI DE SALVO, I chirurghi di Minerbe,
“Il Nuovo…”, 17 marzo 2004, p. 19.
28) Paluani risulta laureato in chirurgia a Padova il
3 giugno 1737, approvato e licenziato a Venezia il
21 maggio 1750, confermato a Verona il 19 luglio
1756.
29) Angelo Casalini, laureato in chirurgia a Padova
il 3 febbraio 1752, fu approvato e licenziato a
Venezia il 12 gennaio 1756.
30) ASVr, US, b. CXIV.
31) Fra la prigione, la galera e la condanna a morte
il bando era una specie di transazione, e alcuni
rettori di Terraferma vi ricorrevano di frequente,
in modo che i colpevoli fossero costretti ad
abitare, a volte anche con le loro famiglie, in luoghi
esterni al territorio della Repubblica. Il colpito da
bando poteva anche riscattarsi pagando una
forte somma di danaro, o mandare altri in sua
vece a servire come uomini da remo nelle galere
dell’armata. Se responsabile di delitti atroci poteva
essere assolto uccidendo (o facendo catturare) un
bandito par suo e riscuoterne la taglia. Sul bando e
modalità di liberazione rimando a: F. VECCHIATO,
Economia e società d’antico regime tra le Alpi e
l’Adriatico, Verona 1990, pp. 113, 133, 139.
32) Il chirurgo Ignazio Mazzini morì per febbre
maligna il 23 novembre 1791 a 75 anni (ASVr, US,
Morti territorio, Grezzana, reg. 302, c. 206).
VERONA MEDICA
STORIA DELLA MEDICINA
Una ciliegia tira l’altra
di LUCIANO BONUZZI
I - Non sono pochi i proverbi che fanno allusione alle ciliegie: non solo ‘una
ciliegia tira l’altra’, ma anche ‘tutto il
rosso non son ciliegie’ o ‘non è buono mangiar ciliegie co’ signori’ e via
dicendo (1). Si tratta di modi di dire, di
espressioni che ricordano quanto siano significative le ciliegie, ma anche
l’albero che le produce, nel nostro
immaginario e non solo per ragioni
pratiche; del resto, il legno di ciliegio,
con i suoi toni rosso cupo, permette
di elaborare mobili di calda qualità
rendendo gradevole l’abitare, mentre
le ciliegie rispondono a palesi funzioni
gastronomiche. Gli è che questo frutto emana una forte carica atmosferica: i suoi fiori annunciano la primavera mentre il suo sapore trascende il
contesto della frutta per diventare un
descrittore quanto mai significativo
dei vini, rossi e giovani, della nostra
quotidianità come il bardolino o il valpolicella.
La forza con cui vengono percepiti i
fiori e i frutti del ciliegio è ben testimoniata in tante culture: da quella giapponese, attenta alla fragile eleganza
dei ramoscelli fioriti, a quella classica
che propone la ciliegia nei mosaici
romani (2). Illustrata negli erbari lungo
l’Età di Mezzo (3), la ciliegia conosce
una rinnovata valorizzazione per il
simbolismo che evoca anche alle origini dell’Età Moderna. Con il colore
rosso rimanda alla passione di Cristo
e al sangue versato sulla Croce e per
questo motivo compare non di rado
nella raffigurazione dell’Ultima cena
o della Cena di Emmaus. Opponendosi alla mela, che ricorda il peccato
originale, la si trova spesso accanto
alla Madonna, come nell’immagine
del ‘Kunsthistorisches Museum’ di
Vienna: la ‘Madonna delle ciliegie’.
Per la sua dolcezza è al centro di tante storie: si narra, secondo il Vangelo
apocrifo di Matteo, che il Bambino fu
nutrito con ciliegie durante la fuga in
Egitto; un’altra leggenda parla, invece, di Gerardo Tintore, il patrono di
VERONA MEDICA
Monza detto ‘il santo delle ciliegie’,
che ottenne dai chierici il permesso di
restare a pregare nel duomo durante
tutta la notte promettendo di regalare al mattino un canestro di ciliegie (4).
Con il ‘600 ed anche con il secolo
successivo, mentre nella pittura - in
quella fiamminga in particolare - domina la ‘natura morta’, le ciliegie sono
sempre largamente rappresentate ma
il simbolismo della tradizione si dissolve. Subentra la magia delle cose che,
in silenzio, fermano il tempo: così nel
‘Paniere di fragole di bosco’ di Char-
din che non dimentica, peraltro, di
aggiungere due ciliegie (5). Ed anche
in Età Contemporanea la ciliegia è
sempre presente: la ‘Suonatrice ambulante’ di Manet (6) tiene in braccio un
cartoccio di ciliegie che con la loro
dolcezza parlano dell’amore, mentre
con la loro rotondità evocano il fantasmagorico intreccio di linee curve che
movimenta il corpo femminile.
II - Questo frutto, tanto significativo
per la storia della sensibilità occidentale, è giunto in Italia in tempi relativamente recenti. Narra, al proposito,
Plinio (7) che i ciliegi sono stati importati dal Ponto, nel 680 ab Urbe condita, da Lucio Lucullo che combattè
contro Mitridate. Il ciliegio coltivato,
già conosciuto in Grecia con il nome
di kérasos, fu poi rapidamente introdotto in Britannia ma non fu possibile
estenderne la coltivazione in Egitto.
Teofrasto descrive accuratamente la
pianta in parola dimostrando un vivo
interesse per la corteccia e notando
che il “frutto è rosso … grande come
una fava”, con un nocciolo molle (8).
Dioscoride, sintetizzandone le caratteristiche farmacodinamiche, scrive
che: “Le ciregie mangiate fresche lubricano il corpo e secche lo restringono. La gomma dell’albero bevuta in
vino inacquato, giova alla tosse antica, fa buon colore, acuisce il vedere
e provoca l’appetito. Bevuta nel vino
vale al mal della pietra”(9). Questo apprezzamento sostanzialmente positivo viene ribadito nei suggerimenti della Regola Salernitana dove, seguendo
il pensiero analogico dell’umoralismo,
si commenta: “La cerasa assai purga il grave stomaco / E i nociuoli di
lei scaccia la pietra / E ancor fa nelle
vene ottimo il sangue”(10). Michele Savonarola, premesso che le ciliegie non
sono state a suo avviso adeguatamente studiate, nota che quelle dolci
sono meno fredde di quelle “brusche”
ma sono, in ogni modo, scarsamente
nutrienti per la loro proprietà di lubrificare lo stomaco (11). Più dettagliato è
il commento di Mattioli a Dioscoride
che, su posizioni diverse da quelle di
Savonarola, esordisce dicendo: “Non
credo che sia hoggidi albero in Italia
più conosciuto di Ciregi”. Descritte le
varie specie - Duracine, Acquaiole,
Selvatiche etc. - ne illustra le rispettive
e differenti funzioni che hanno nell’organismo (12). Bartolomeo Platina, per
concludere, compendia il sapere
della tradizione in tema di ciliege distinguendole in acidule, aspre e dolci
ed avvertendo che quelle “aspre sono
astringenti ed eccitanti per lo stomaco; quelle acidule giovano contro il
catarro e la bile rossa, dissetano e
stimolano l’appetito; quelle dolci nocciono allo stomaco e generano nell’
intestino umori putridi e viscidi”(13).
Nella letteratura medica tradizionale, tutto sommato, la riflessione sulle
ciliege non va oltre argomentazioni
piuttosto stereotipate. Qualche nota
meno scontata la si trova, piuttosto,
nella cosmetica. La “gomma di cerise”, che si raccoglie sui tronchi di
ciliegio, viene suggerita per “far bella
la faccia”(14), ma si tratta di una ‘virtù’ condivisa con tante altre sostanze
che ne oscurano la specificità.
33
STORIA DELLA MEDICINA
Grandi novità in tema di ciliege non
sembrano affiorare in medicina sia
lungo l’Età Moderna che nella prima
Età Contemporanea, almeno fino alla
scoperta delle vitamine quando, anche in questi frutti, si dimostra la presenza di vitamina C che però tende
a diminuire notevolmente soprattutto
quando, una volta colti, diventano
molto maturi (15). Messini e Cairella
suggeriscono le ciliege, senza controindicazioni di sorta, nell’obesità,
nella gotta, nel diabete, nelle nefropatie e negli stati di convalescenza (16).
Una larghezza di indicazioni che ricorda la letteratura medica dei tempi
andati.
Ma le ciliegie non sono farmaci quanto, piuttosto, gradevoli nutrienti che, a
buon diritto accanto a tanti altri frutti,
possono rientrare nella dieta mediterranea. Quella dieta che Castelvetro,
esule in Inghilterra, sognava spiegando le varie ragioni “perché gl’Italiani
mangino più erbaggi e frutti che carne”. Commenta Castelvetro: “La prima è che la bella Italia non è tanto doviziosa di carnaggi …; perciò a noi fa
di mestieri ingegnarci per trovar altre
vivande da nudrir cotanta smisurata
quantità di persone che si trovano in
così piccolo circuito di terra. L’altra …
è per lo caldo grande che nove mesi
dell’anno vi fa … E perciò più stima
facciamo de’ frutti e degli erbaggi che
ci rinfrescano e non ci riempiscono di
tanto sangue”(17).
III - Più che la storia della medicina e
della dietetica, a dire il vero, la ciliegia
movimenta quella della tavola, entrando a vario titolo, al di là del consumo immediato, sia fra i cibi che fra le
bevande. Il Maestro Martino da Como
propone,al proposito, una elaborata
torta che si ricorda per la singolarità
che la caratterizza, almeno alla luce
dei gusti oggi correnti. Suggerisce
questo maître: “Habi le cerase de le
più negre che tu trovi, et cavatene
fora le ossa macinarale molto bene
nel mortale, et habi de le rose roscie
battute molto bene col coltello, con
un poco di cascio fresco ed un poco
di bon cascio vecchio, agiongendoli
de le spetie, cioè canella, zenzevero,
et pocho pepe, et del zucchero …” e,
dopo aver mescolato il tutto, irrobustendo il miscuglio con tre o quattro
uova, Mastro Martino raccomanda
che si passi alla cottura in padella (18).
34
Un preparato, senza dubbio, quanto
mai complesso. » altrettanto difficile
recepire, senza doverosa cautela, le
variegate ed articolate osservazioni
gastronomiche di Tanara che, dopo
aver ricordato le varie specie di ciliegie - Marasche, Acquaiole etc. -, nota
che “ce ne sono tali ancora di gusto
tanto dispiacevole che sono tralasciate fina da’ Porci”. Preso atto della contraddittorietà nella valutazione dei loro
effetti che serpeggia nella letteratura
medica, accenna finalmente alle principali forme d’impiego. Tanto più che
“tutte le Cerase si seccano al sole e
in forno” permettendo, “così fresche
come secche”, di rendere “gustosa
ogni vivanda”: possono servire “in
pasticci, o in stuffati, o in intingoli, o
pieni, o in crostate, o in minestre, o
in sale, o in zuppe cotte in vino e co-
perte di zucchero etc.” Oggi mentre
si è imposto nell’alimentazione quotidiana il passaggio dal salato al dolce,
questa sinfonia di sapori, tipica della
cucina rinascimentale, può suscitare
qualche perplessità: instabilità della vita e dei costumi! Tanara, in ogni
modo, proseguendo nella sua rassegna ricorda anche il vino di ciliegie e la
spremuta che, con adeguato garbo,
si può offrire “a sitibondi ammalati”(19).
Un po’ più’ semplice e facilmente
condividibile - ma si è, ormai, in Età
Contemporanea - è il prodotto da
forno che Pellegrino Artusi (20) propone come “dolce da famiglia”: ciliege
scure, zucchero a velo, pangrattato di
segale, mandorle dolci, uova, rosolio,
scorza di limone. Anche Escoffier(21)
ricorda dolci a base di ciliegie proponendo, grazie ad una radicale sem-
plificazione degli ingredienti, elaborati
più vicini, rispetto al passato, ai gusti
oggi correnti.
Le ciliege, tuttavia, non sono servite
per la sola preparazione di qualche
dolce ma sono state impiegate anche per elaborare liquori o bevande
fermentate. L’Anonimo piemontese del ’700 suggerisce di preparare
un liquore dolce a base di ciliege, il
‘Rattafià’(22). Esistono, come ben si
sa, anche ‘vini di ciliege’(23) che ancor oggi sono elaborati - ad es. nella
penisola anatolica - e trovano pertinente indicazione per il consumo al
momento del dessert; ma è difficile
dire per quanto tempo durerà ancora
la preparazione di questi vini in una
repubblica che si incammina verso
l’integralismo (24).
IV - Ai giorni nostri il ciliegio è largamente diffuso nei principali paesi
europei, come l’Italia, la Francia e la
Germania (25), e naturalmente la sua
coltivazione è seguita con amore nella penisola anatolica da dove è stato
importato al tempo dei Romani; del
resto, a Kemal Pascià - a qualche decina di chilometri ad est di Smirne - è
dedicato un monumento proprio al
suo frutto: un monumento alla ciliegia
domina la piazza principale di questa
piccola città dove non è sconosciuto
il nome di un veronese - Giorgio Bargioni - che ha dedicato al mondo della
ciliegia gran parte dei propri studi. Per
quanto poi interessa la presenza delle ciliegie nel Veneto, si può ricordare che a Verona (26), soprattutto nella
zona collinare a sinistra dell’Adige (27),
la cerasicoltura ha un ruolo rilevante
offrendo un’alternativa che permette
di integrare la coltura della vite, mentre Marostica, in provincia di Vicenza, è una vera ‘capitale’ della ciliegia
in quanto è il primo comune ad aver
ottenuto il marchio europeo di Indicazione Geografica Protetta; nel Vicentino esistono, naturalmente, molteplici
varietà di ciliegie e fra queste l’ottima
‘Adriana’, selezionata, ancora una volta, da Bargioni (28).
Le ciliege, consumate fresche vicino al luogo di produzione ma anche
esportate, si prestano nel contempo
a molteplici utilizzi industriali: ciliege
per macedonie, per canditi e mostarde, per marmellate, per succhi e
distillati, ciliegie allo sciroppo o congelate. Di grande rilievo è, insomma,
VERONA MEDICA
STORIA DELLA MEDICINA
l’utilizzo nell’industria dolciaria (29). Si
aggiungano, fra le bevande, il maraschino e il sangue morlacco, caro
Gabriele d’Annunzio.
Un universo pieno di fascino, quello
della ciliegia, come tutto ciò che ruota
intorno alla tavola dove, accanto alle
esigenze nutritive, convergono gusti,
simboli e sfumature atmosferiche.
A Verona la ciliegia diventa poesia e
musica come testimonia il canto ‘Le
Áirese de Verona’: “ Le Áirese de Verona / bèle tonde, dure, grosse / le
Áirese de Verona / tute dolÁe, tute
rosse / … / El color de’ l sangue vivo /
el savor de’ i bei vint’ani; / fruti freschi,
fruti sani, / ch’el bon Dio n’à regala! /
… / J è recin de la festa / che se méte
la Natura; / e po’, quando i se maurà,
/ i è belezza e i è bontà”(30).
RICHIAMI BIBLIOGRAFICI
1) N. Tommaseo, B. Bellini, Dizionario della
lingua italiana, Milano, BUR, 1977, 5, p.
162.
2) G. Penso, Le piante medicinali nell’Arte e
nella Storia, ed. it., Paris, Ciba-Geigy Edizioni, 1986, pp. 78, 104, 106.
3) Erbe e consigli, a cura di L. Casalis, con Introduzione di A. Pazzini e E. Pirani, Milano,
Franco Maria Ricci, 1980.
4) L. Impelluso, La natura e i suoi simboli.
Piante, fiori e animali, Milano, Electa, 2004,
pp. 163-164.
5) P. Rosemberg, Chardin. Il pittore del silenzio, Ferrara, Ferrara Arte, 2010, p. 188.
6) S. Malaguzzi, Il cibo e la tavola, Milano,
Electa, 2006, pp. 242-246.
7)Plinio, Storia naturale, Lib. XV, 30, ed. it.,
Torino, Einaudi 1984, III, p. 343.
8.Teofrasto, La storia delle piante, Lib. III,
cap. XIII, a cura di F. Ferri Mancini, Roma,
Loescher, 1900, pp. 109-110.
9. P. Dioscoride, Della Materia Medicinale,
Lib. I, cap. CXXX, a cura di P. Matthioli, Vinetia, Valgrisi, 1563, p. 157.
10. Regimen Sanitatis Salernitanum, XLII, trad.
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11. M. Savonarola, Libreto de tute le cosse che se manzano, a cura di J. Nystedt,
Stockholm, Stockholms Universitets Bibliotek, 1982, p. 67.
12. P. Mattioli, Discorsi ne i sei libri di Pedacio
Dioscoride Anazarbeo, cit., p. 157.
13. B. Platina, Il piacere onesto e la buona salute, a cura di E. Faccioli, Torino, Einaudi,
1985, p. 24.
14. G. Rosetti, Notandissimi secreti de l’arte
profumatoria, Vinegia, 1555 (ed. a cura di F.
Brunello e F. Facchetti, Vicenza, Neri Pozza, 1973, p. 76).
15. L. De Caro, G. Rindi, Lezioni di scienza
dell’alimentazione, Pavia, Cortina, 1957, p.
276.
16. M. Messini, M. Cairella, Dietetica, Roma,
SEU, 1976, p. 234.
17. G. Castelvetro, Brieve racconto di tutte le
radici, di tutte l’erbe e di tutti i frutti che
crudi o cotti in Italia si mangiano, in Gastronomia del Rinascimento, a cura di L. Firpo,
Torino, UTET, 1973, p. 151.
18. Maestro Martino da Como, Libro de arte
coquinaria, in L’arte della cucina in italia. Libri di ricette e trattati sulla civiltà della tavola
dal XIV al XIX Secolo, a cura di E. Faccioli,
Torino, Einaudi, 1987, p. 177.
19. V. Tanara, L’economia del cittadino in villa,
Lib. V, Venetia, Bertani, 1561, pp. 374-376.
20. P. Artusi, La scienza in cucina e l’arte di
mangiar bene, a cura di P. Camporesi, Torino, Einaudi, 1970, pp. 601-602.
21. A Escoffier, Guida alla grande cucina, ed.
it., Roma, Muzzio, 2001, p. 1004.
22.Anonimo piemontese del Settecento, Il
cuoco piemontese perfezionato a Parigi, in
L’arte della cucina in Italia, cit., p.716.
23. Nouveau manuel complet de la fabrication
des vins de fruits, a cura di M. F. Malepeyre,
Paris, Encyclopédie-Roret, 1851, p. 132.
24. M. Ricci Sargentini, Turchia. Crociata contro l’alcol, Il rischio di una deriva autoritaria,
«Corriere della Sera», 25 maggio (2013), p.
50.
25. F. Luciano, Prospettive delle esportazioni di
ciliegie, in Il ciliegio, a cura di G. Bargioni,
Verona, Camera di Commercio Industria
Artigianato e Agricoltura, 1982, p. 15.
26. G. Bargioni, A. Febi, La frutticoltura, in L’agricoltura veronese. Un settore dinamico
verso il futuro, a cura di S. Fraccaroli, Verona, Banca Popolare di Verona, 1988, p.
112.
27. S. Fraccaroli, La coltura del ciliegio in provincia di Verona, in Il ciliegio, cit., pp. 9-11.
28. La ciliegia vicentina, a cura di Vicenza Qualità, Vicenza, Camera di Commercio, s. d.
29. A. Monzini, F. Gorini, L’utilizzazione industriale delle ciliege. Considerazioni e prospettive, in Il ciliegio, cit., pp. 27-47.
30. L. Garzoni, L’anima di Verona, Milano, Zambon, 1971, p. 58.
dei Dott. A. e V. Corato S.n.c.
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35
FNOMCeO
DVR e Corsi RSPP
per chi ha dipendenti in studio
Si ricorda, che il documento di valutazione dei rischi (DVR) è un documento
dinamico, che deve quindi essere oggetto di aggiornamento e revisione al
fine di assicurarne l’adeguatezza e l’efficacia nel tempo.
Al tempo stesso si ritiene opportuno ribadire (Vedi Comunicazione n. 7 del 5
febbraio 2013) che, qualora uno studio
medico o odontoiatrico
che occupa fino a 1 O lavoratori, abbia
già un proprio documento di valutazione dei rischi, tale documento non dovrà
essere necessariamente rielaborato
secondo le procedure standardizzate,
fermi restano gli obblighi di aggiornamento legati alla natura dinamica del
DVR (Ali. n. 2 interpello n. 7/2012 del
Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali).
Di seguito si riporta la tipologia di corsi
che i titolari di studio medico e odontoiatrico, i quali svolgano direttamente
le funzioni di responsabili del servizio
di prevenzione e protezione (RSPP) ai
sensi dell’art. 34 del D.Lgs. 81/08, debbono obbligatoriamente svolgere.
Il titolare di studio medico o odontoiatrico, che occupa lavoratori, il
quale alla data del 11 gennaio 2012
abbia già svolto corsi di formazione
ex art. 3 del decreto 16 gennaio 1997
è esonerato dallo svolgimento del corso ex nove di 48 ore per RSPP, ma dovrà svolgere il corso di aggiornamento
di 14 ore entro 5 anni a far data dal 11
gennaio 2012, data di pubblicazione
sulla Gazzetta Ufficiale dell’Accordo del
21 dicembre 2011 stipulato in sede di
Conferenza Stato-Regioni.
Il titolare di studio medico o odontoiatrico, che occupa lavoratori, il quale
svolga direttamente le funzioni di
RSPP da data anteriore al 31 dicembre 1996 e che, quindi, era esonerato
dalla frequenza dei corsi di formazione
ai sensi della norma transitoria di cui
all’art. 95 del D.Lgs. 626/94 ora abrogato, è esonerato dallo svolgimento del
corso ex-novo di 48 ore per RSPP, ma
36
dovrà svolgere il corso di aggiornamento di 14 ore entro 2 anni a far data dal
11 gennaio 2012, data di pubblicazione
sulla Gazzetta Ufficiale dell’Accordo del
21 dicembre 2011 stipulato in sede di
Conferenza Stato-Regioni.
Il titolare di studio medico e odontoiatrico, che abbia invece svolto i corsi di
formazione per RSPP ex Accordo 26
gennaio 2006, è esonerato dallo svolgimento del corso ex novo di 48 ore, ma
dovrà svolgere il corso di aggiornamento di 14 ore entro 5 anni a far data dal
11 gennaio 2012, data di pubblicazione
sulla Gazzetta Ufficiale dell’Accordo del
21 dicembre 2011 stipulato in sede di
Conferenza Stato-Regioni.
Il titolare dello studio medico o odontoiatrico, che occupa lavoratori, il quale
abbia svolto entro la data del 11 luglio
2012 corsi di formazione formalmente
e documentalmente approvati alla data
del 11 gennaio 2012 rispettosi delle
previsioni di cui all’art. 3 del decreto 16
gennaio 1997, è esonerato dallo svolgimento del corso ex novo di 48 ore,
ma dovrà svolgere il corso di aggiornamento di 14 ore entro 5 anni dal giorno
dell’effettivo completamento del corso
prima citato.
Per quanto riguarda i collaboratori dello studio medico o odontoiatrico essi
sono equiparati alla figura dei lavoratori
(sono esclusi i collaboratori familiari di
cui all’art. 230-bis del codice civile - c.d.
impresa familiare). In questo caso il
titolare dello studio medico o odontoiatrico è tenuto a far svolgere ad essi
un corso di formazione per lavoratori
della durata di 16 ore (Accordo del 21
dicembre 2011 stipulato in sede di conferenza Stato-Regioni concernente la
formazione dei lavoratori). Sempre con
riferimento alla figura dei lavoratori è poi
previsto un aggiornamento quinquennale della durata minima di 6 ore.
In conclusione giova ovviamente sottolineare che è condizione obbligatoria,
per continuare a svolgere il ruolo e le
funzioni di RSPP, effettuare i corsi di for-
mazione sopraccitati; in caso contrario
si decade automaticamente dall’incarico di RSPP per mancanza di titolo. Si
rileva, inoltre, che spetta al datore di lavoro la verifica di tali adempimenti. Grava, infatti, sul datore di lavoro l’apparato
sanzionatorio in caso di mancata nomina del RSPP (arresto da 3 a 6
mesi o l’ammenda da 2.500 A 6.400
euro).
Pertanto in tal caso il titolare di studio
medico e odontoiatrico che occupa
lavoratori dovrà nominare un nuovo
RSPP che abbia i titoli professionali
richiesti ai sensi dell’art. 32 del D.Lgs.
81/08.
Il Presidente CAO
Giuseppe Renzo
Il Presidente
Amedeo Bianco
RICORDATE...!
È fatto obbligo a tutti gli Iscritti:
a) denunciare all’Ordine ogni esercizio abusivo della Professione Medica ed ogni fatto che leda il prestigio professionale;
b)informare la Segreteria di ogni eventuale
cam­biamento di qualifica, di residenza e
del conseguimento di specialità o docenze, esi­ben­do il relativo attestato in competente boll­o.
Prestanomismo
Si riporta per ulteriori reminescenza, l’Art. 8
della legge n. 1792, che così recita:
1)Gli esercenti le professioni sanitarie che
prestano comunque il proprio nome, ovvero la propria attività, allo scopo di permettere o di agevolare l’esercizio abusivo
delle professioni medesime sono puniti
con l’interdizione della professione per un
periodo non inferiore ad un anno;
2) Gli Ordini e i Collegi Professionali, ove costituiti, hanno facoltà di promuovere ispezioni, presso gli studi professionali, al fine
di vigilare sul rispetto dei doveri inerenti
alle rispettive professioni.
VERONA MEDICA
FNOMCeO
Assicurazione obbligatoria.
Esenzioni e raccomandazioni
Questa Federazione ritiene opportuno affrontare il tema della obbligatorietà dell’assicurazione, per i medici,
concernente i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale, in
relazione ad eventuali ipotesi di esenzione.
È necessario inquadrare il tema da un
punto di vista giuridico, facendo riferimento, in particolare, a quanto previsto dall’articolo 3, comma 5, lettera
e) del D.L. 138/2011 convertito nella
L. 148/2011.
La normativa di cui trattasi prevede
testualmente: “a tutela del cliente,
il professionista è tenuto a stipulare
idonea assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale. Il professionista deve rendere
noti al cliente, al momento dell’assunzione dell’incarico, gli estremi della
polizza stipulata per la responsabilità
professionale e il relativo massimale.
Le condizioni generali delle polizze
assicurative di cui al presente comma
possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali
dei professionisti”.
Tale previsione ha avuto, poi, ulteriori
specificazioni nell’ambito della Legge
24 marzo 2012, n. 27 che, all’articolo
9, comma 4, stabilisce che “il compenso per le prestazioni professionali
è pattuito, nelle forme previste dall’ordinamento, al momento del conferimento dell’incarico professionale. Il
professionista deve rendere noto al
cliente il grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni
utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alfa conclusione dell’incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa
per i danni provocati nell’esercizio
dell’attività professionale”.
Da ultimo, il D.P.R. 7 agosto 2012, n.
137 (Regolamento sulla riforma degli
ordinamenti professionali), all’articolo
5, ha confermato l’obbligo della assi-
VERONA MEDICA
curazione, specificando peraltro che
tale obbligo acquista efficacia decorsi
dodici mesi dall’entrata in vigore del
Regolamento stesso.
Lo stesso articolo 5 del D.P.R.
137/2012 prevede poi, al comma 1,
che “il professionista deve rendere
noti al cliente, al momento dell’assunzione dell’incarico, gli estremi della
polizza professionale, il relativo massimale e ogni variazione successiva”.
Non vi è dubbio, quindi, che i medici
libero professionisti dovranno, entro
pochi mesi, stipulare idonee polizze di
assicurazione per i danni derivanti al cliente dall’esercizio dell’attività
professionale, comprese le attività di
custodia di documenti e valori ricevuti
dal cliente stesso.
Il contratto di assicurazione, così
come definito dall’art. 1882 del codice
civile, è “il contratto col quale l’assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a riva/ere rassicurato,
entro i limiti convenuti, del danno ad
esso prodotto da un sinistro, ovvero
a pagare un capitale o una rendita al
verificarsi di un evento attinente alla
vita umana”.
Ai sensi dell’art. 1904 cod. civ., il contratto di assicurazione contro i danni è
nullo se, nel momento in cui l’assicurazione deve avere inizio, non esiste
un interesse dell’assicurato al risarcimento del danno.
Ciò premesso è evidente, quindi,
che il medico in pensione, che rimane iscritto all’Albo ma non svolge più
alcuna attività professionale, non può
essere obbligato a stipulare la polizza
assicurativa contro i rischi derivanti
dall’esercizio professionale che non
svolge.
In tal caso verrebbe meno il meccanismo causale del contratto che, da
un punto di vista civilistico, prevede la
corrispettività delle due prestazioni
consistenti, da un lato, nel pagamento
del premio da parte del professionista
e, dall’altro, nell’obbligo dell’assicu-
razione di rivalere l’assicurato, entro
limiti convenuti, del danno ad esso
prodotto da un sinistro.
È ancora da osservare che questa
conclusione e in linea con le norme
già citate che, sempre e comunque,
fanno riferimento ad un rapporto
tra professionista e cliente derivante dall’assunzione di un incarico da
parte del professionista stesso che,
proprio in relazione alla responsabilità
professionale, è tenuto a comunicare
al “cliente” gli estremi della polizza.
Si ricorda che la semplice iscrizione
all’Albo, per giurisprudenza costante,
non costituisce prova dello svolgimento dell’esercizio professionale.
Il medico in pensione, quindi, iscritto
all’Albo ma che non svolge alcuna attività professionale, non può essere
vincolato all’obbligo di stipulare una
polizza assicurativa contro rischi professionali, ovviamente, inesistenti.
È di tutta evidenza che, qualora il
medico in pensione voglia, invece,
svolgere attività libero professionale,
nei limiti consentiti dalla normativa,
assumendo incarichi nei confronti del
cliente, dovrà soggiacere all’obbligo
dell’assicurazione, come previsto dalla già citata normativa.
Rimangono esenti dall’obbligo dell’assicurazione, ad avviso di questa Federazione, anche i medici dipendenti
che hanno optato per l’attività libero
professionale intramuraria.
Com’è noto, tale rapporto particolare di
lavoro che, dal punto di vista fiscale, è
assimilato a quelli di lavoro dipendente
(art. 47 co. 1 lett. e del TUIR), è stato
previsto dall’art. 15 quinquies del D.Lgs.
30 dicembre 1992, n. 502 e successive
modificazioni e integrazioni.
Successivamente, la L. 3 agosto
2007, n. 120 ha disciplinato in modo
più specifico le modalità di svolgimento dell’attività libero professionale
intramuraria.
Ancor più di recente, la cd. Legge
Balduzzi (D.L. 13 settembre 2012, n.
158 convertito in L. 8 novembre 2012,
n. 189) è ritornata sul tema dell’esercizio dell’attività medica intramuraria.
Si sottolinea, in particolare, l’art. 2
che stabilisce che dovrà essere definito, d’intesa con i dirigenti e previa
contrattazione integrativa aziendale,
un tariffario che preveda, per ogni
prestazione, un importo minimo ed
un importo massimo.
37
FNOMCeO
L’importo minimo dovrà anche assicurare la copertura di tutti i costi diretti ed
indiretti sostenuti dalle aziende e prevedere che il 5 per cento del compenso
del libero professionista sia trattenuto per interventi la riduzione delle liste
d’attesa.
Sembra quindi inconfutabile, anche per
ovvi motivi di equità, che il medico che
abbia optato per l’attività intramuraria
non sia tenuto a stipulare in modo autonomo la polizza assicurativa obbligatoria prevista dall’art. 3, comma 5, del
D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito
in L. 14 settembre 2011, n. 148. Occorre però tenere ben presente che esiste
la possibilità per l’amministrazione pubblica di agire in rivalsa nei confronti del
medico dipendente in caso di danni
causati da dolo o colpa grave. In questo
caso, ai sensi della normativa vigente e
in particolare dell’art. 28 della Costituzione, l’amministrazione è comunque
tenuta a risarcire il danno, salvo poi
agire in rivalsa nei confronti del medico che abbia causato danni a terzi per
dolo o colpa grave. Può essere opportuno, quindi, che il medico dipendente,
COMUNICATO STAMPA
La FnomceO
supporta i medici fiscali
Medici fiscali e Federazione degli
Ordini insieme, per cercare di risolvere “la drammatica situazione venutasi
a creare a seguito della sospensione
delle visite fiscali d’ufficio per il settore
privato”.
È questo il senso di un incontro che
si è tenuto a Roma nel fine settimana,
durante il quale - in vista del presidio di
questa mattina di fronte alla Direzione
generale dell’Inps - la FNOMCeO ha
ricevuto le delegazioni dei Sindacati
dei medici fiscali e alcuni medici, latori di un’istanza sottoscritta da circa
quattrocento colleghi.
“Il provvedimento dell’Inps - hanno
commentato i rappresentanti della
FNOMCeO al termine della riunione determina una insostenibile riduzione
del lavoro dei medici fiscali, retribuiti
con un contratto atipico a prestazione,
ma vincolati da gravose incompatibilità
che rendono impossibile lo svolgimento di altre significative attività anche
libero professionali”.
“Al di là della pur drammatica situazione di oltre mille professionisti che, da
anni, svolgono un’attività molto spesso
esclusiva e priva di tutele, emerge l’incongruità di un provvedimento che, a
fronte di una riduzione delle spese, potrebbe determinare un aumento degli
oneri per prestazioni di malattia, molto
superiore al risparmio che si propone
di realizzare’’ hanno continuato.
L’esistenza di un’organizzazione di
controllo è infatti irrinunciabile garanzia di equilibrio e di equità del sistema.
In sua assenza - è questo il timore di
Ordine e Sindacati - gli stessi medici
per garantirsi da un eventuale giudizio
di rivalsa dell’azienda nei suoi confronti
(esperibile solo in caso di dolo o colpa
grave), stipuli idonea polizza assicurativa a suo carico.
Queste considerazioni saranno, comunque, oggetto di approfondimento,
attraverso la richiesta di un parere alla
competente Direzione Generale del Ministero della Salute e sarà nostra cura,
ovviamente, portarvi a conoscenza d
ulteriori elementi di valutazione.
IL PRESIDENTE
Amedeo Bianco
certificatori potrebbero essere esposti
a pressioni improprie, “in un momento
di crisi economica che potrebbe determinare comportamenti opportunistici tendenti a confondere prestazioni
di malattia e ammortizzatori sociali”.
La FNOMCeO ha già richiesto l’attivazione urgente di un Tavolo interministeriale che recepisca le
problematiche e che intervenga, identificando idonee risorse, “revocando
immediatamente il provvedimento
di sospensione, nell’interesse, in
primo luogo, dell’appropriatezza
delle prestazioni e del contenimento delle spese reali, al di la di ogni
cosmesi di bilancio”.
La Federazione ritiene infatti che ogni
intervento di ridefinizione del rapporto
di lavoro dei medici fiscali INPS possa
essere discusso “solo dopo la revoca
del provvedimento di sospensione
delle visite fiscali e solo dopo aver ottenuto idonee garanzie per il mantenimento del posto di lavoro dei medici
attualmente impegnati”.
“Anche la natura giuridica del rapporto
di lavoro dei medici fiscali - conclude
la FNOMCeO - necessita di una ridefinzione che garantisca alla categoria
stabilità e diritti sindacali”.
Nuova pagina WEB dell’Ordine dei Medici Chirurghi
e degli Odontoiatri di Verona
www.omceovr.it
Informazioni e servizi “on line”
38
VERONA MEDICA
ENPAM
Enpam day
Sabato 1 giugno 2013, presso l’auditorium del Banco Popolare in ZAI,
l’ordine dei medici, con la fattiva collaborazione della FIMMG VR ha organizzato un “seminario” sull’ENPAM.
Soprattutto tre erano gli obiettivi da
raggiungere nella mente degli organizzatori:
1) Avere informazioni dirette dal Presidente dott. Alberto Olivetti e dal
VICE dott. Giovanni Pietro Malagnino sullo stato di salute dell’ente, considerati i toni allarmistici e
i dubbi relativi alla trasparenza finanziaria.
2) Delucidare agli iscritti la riforma
previdenziale partita il primo gennaio di quest’anno, consequenziale alla generale riforma previdenziale della Ministra Fornero.
3) Coinvolgere i giovani medici sulle problematiche previdenziali,
in special modo, visti i tempi che
corrono, informarli sulla previdenza cosiddetta complementare o
secondo pilastro, dei fondi previdenza.
Il Presidente ci ha rassicurato che
durante il suo mandato sarà messo
mano a tre tipi di riforme.
Pausa dei lavori
VERONA MEDICA
Il Presidente dell’Enpam Alberto Olivetti, Roberto Mora e Guido Scudellari
PREVIDENZIALE:
• non dovranno essere toccate le
pensioni in essere
• dovrà essere mantenuto il nostro
sistema (contributivo indiretto a valorizzazione immediata)
• sarà mantenuta la flessibilità in
uscita per permettere che ognuno
si programmi l’andata in pensione
(portata la pensione di anzianità anche nella quota B).
DEL PATRIMONIO:
riforma del patrimonio dell’ente: per
garantirci da eventuali squilibri di si-
stema, con investimenti mobiliari, la
cui spesa in commissioni non deve
superare lo zero virgola; basta investimenti in prodotti derivati o strutturati (sui quattrocento milioni investiti
in p derivati dalla precedente amministrazione, le perdite ad oggi si sono
ridotte a 71 milioni che alla scadenza
delle varie cedole si ridurranno ulteriormente!!). Due terzi del patrimonio
sarà’ investito in prodotti finanziari
(tassazione 20%) un terzo in immobili
di cui metà’ in mattone (tasse 60%)
e metà in fondi immobiliari (tasse
20%).Nel CDA è stato separato chi
decide da chi controlla!! I costi sono
stati ridotti allo 0.04% del patrimonio
(il più basso tra tutti gli enti privatizzati!!), il costo per iscritto è 9.78 euro
anno che diventerà 8.34 il prossimo
anno. I compensi degli amministratori sono stati ridotti del 10%. Tutto
questo nonostante l’ente sia sottoposto a tripla tassazione:
A) in entrata: il patrimonio, che è la
somma di tutti i contributi versati
è tassato (questo non succede in
altri paesi UE) più dei fondi pensione non obbligatori; questo ci
costa 100 milioni di euro anno!!
B) in uscita: quando la riscuotiamo
la pensione è sottoposta ad aliquota marginale
C) con lo spending review è fatto
obbligo agli enti di previdenza
di fare risparmi sulle varie voci
di spesa parte di questi risparmi
andrà versata allo stato.
39
ENPAM
La relazione del Presidente Alberto Olivetti
DELLA RAPPRESENTATIVITÀ
Riformare la rappresentatività: con la
riduzione dei rappresentanti e dando
loro maggior efficacia rappresentativa.
Il dott. Malagnino ha poi relazionato sui
dettagli tecnici della riforma: spostamento in avanti delle pensioni di vecchiaia per tutti i fondi; flessibilità per le
pensioni di anzianità per tutti (anche la
quota B che prima non L’aveva) Possi-
bilità della pensione indipendentemente dall’età, con 42 anni di contribuzione
(prima era 40). Tutto questo a partire
dal 1-1-13 i diritti acquisiti precedentemente non si toccano.
Il dott. Luigi Daleffe ha poi parlato del
secondo pilastro previdenziale che
si basa sui fondi integrativi volontari
(Fondo Sanità) che soprattutto i giovani dovrebbero costruirsi, visti anche
i vantaggi fiscali (deducibili fino 5000
euro anno!!) e visto le magre previsioni
nel futuro, relative ai sistemi previdenziali cosiddetti di primo pilastro obbligatori che ridurranno probabilmente
via più le rendite per cui si renderà
necessario avere un secondo pilastro
per poter avere una pensione discreta
che possa permetterci in futuro una
vecchiaia dignitosa,
Erano presenti circa 120 medici, sessanta dei quali hanno potuto, nelle tre
postazioni Enpam predisposte, farsi
fare dei prospetti previsionali di pensione ed hanno potuto avere risposte
relativamente a quesiti vari in conto
alla propria posizione contributiva. Direi che il successo e l’apprezzamento dell’iniziativa c’è stato; unica ombra l’assenza dei giovani medici, per
i quali, in modo particolare era stata
presa l’iniziativa. Evidentemente in un
clima di precarietà del lavoro, i giovani credono meno nella progettualità
proiettata nel futuro tipica dei sistemi
solidaristici.
Sarà compito dell’ordine e dei vari sindacati dei medici organizzare “seminari” di sensibilizzazione nei confronti
dei giovani medici relativi ai problemi
previdenziali.
CESARE TESTI
tempi duri ….
È un freddo novembre sul versante della montagna. Sta piovendo e il borgo è totalmente deserto. Sono tempi duri e tutti hanno debiti e vivono
a credito.
Improvvisamente arriva in paese un ricco turista.
Entra nell’unica locanda, lascia una banconota sul bancone all’entrata e va a vedere le stanze di sopra per sceglierne una.
Il proprietario dell’albergo prende la banconota e corre a pagare il suo debito col macellaio.
Il macellaio prende il denaro e corre a pagare il suo debito con l’allevatore di maiali.
L’allevatore di maiali prende la pecunia e corre a pagare il suo debito col suo fornitore di mangime e carburante.
Il fornitore di mangime e carburante prende la banconota e corre a pagare il suo debito con la prostituta della borgata, che in questi tempi
difficili gli fornisce i suoi servizi a credito.
La prostituta prende il denaro e corre all’albergo a pagare il proprietario per le camere che le fornisce a credito quando porta i suoi clienti.
Il proprietario dell’albergo prende la banconota e la posa sul bancone della locanda in modo che il turista non sospetti nulla.
In quel momento, dopo avere ispezionato le stanze, viene giù il turista, riprende il suo denaro e dopo avere detto che non gli piacciono le
stanze, lascia la località.
Nessuno ha guadagnato nulla.
Comunque, l’intera borgata non ha più debiti e guarda al futuro con ottimismo...
40
VERONA MEDICA
LIBRI RICEVUTI
Si assumono molti antibiotici,
la salute è a rischio
Prevenzione. Il direttore di Malattie Infettive dell’Università di Verona, Ercole
Concia, ha pubblicato la terza edizione
di «Terapia empirica delle infezioni batteriche» per famiglie e medici.
«Difendi la tua difesa.». È lo slogan
coniato nel 2010 dall’Aifa, Agenzia italiana. del farmaco, per sensibilizzare
all’uso corretto degli antibiotici.
Sono passati tre anni e la situazione
è addirittura peggiorata, con antibiotici sempre più resistenti ai farmaci
e aziende farmaceutiche sempre più
disinteressate alla loro commercializzazione. E il rischio è una vera «apocalisse antibiotica», come la chiamano i medici: quella in cui «la medicina
rischia di essere vanificata da infezioni
che non saremo più in grado di curare». Lo afferma Ercole Concia, direttore dell’unità operativa di Malattie infettive dell’università che, sull’argomento
ha appena dato alle stampe la terza
edizione di Terapia empirica delle infezioni batteriche, una abbecedario
rivolto ai medici per supportarli nella.
prescrizione degli antibiotici come terapia o profilassi.
Quello di Concia, infatti, è innanzitutto
un meaculpa: «Come medici dobbiamo metterei in discussione», dice. «Se
è vero che nei grandi ospedali italiani
al 45 per cento dei pazienti ricoverati
vengono somministrati antibiotici, è
impensabile che tutti presentino ma-
lattie infettive. In Francia e Svizzera,
infatti, questa percentuale non supera il 25 per cento. Il problema, è che
spesso sono prescritti solo a copertura, come fossero semplici disinfettanti, o senza aver chiara la natura
della febbre, che può essere anche
virale: e in questo caso l’antibiotico fa
solo danni».
Un problema che non riguarda solo gli
ospedali, ma anche i medici di famiglia, davanti ai quali spesso è addirittura il paziente a pretenderli, salvo poi
non seguire le indicazioni sulla corretta posologia «È importante ricordare
che dose e durata della terapia vanno rispettate fino in fondo», prosegue
Concia «Non bisogna smettere alla
prima scomparsa dei sintomi e, soprattutto, non va diminuita la dose:
il sottodosaggio è il danno maggiore
perché è in questo modo che i batteri
sviluppano la resistenza al farmaco».
Sono i batteri cosiddetti multiresistenti, che mietono solo in Europa 25
mila vittime in un anno per infezioni un
tempo guaribili, in particolare negli
ospedali più avanzati. «Oltre che nelle lungodegenze per anziani, infatti, è
qui che si trovano pazienti immunodepressi: trapiantati, persone con il
cancro, la leucemia o l’Aids, che più
facilmente vengono colonizzati dai
batteri e possono sviluppare polmoniti, setticemie e gravi infezioni delle
vie urinarie», continua Concia
«E se fino a qualche anno fa riuscivamo a curarle perché le ditte farmaceutiche continuavano a introdurre
nuovi antibiotici, da qualche anno è
stata abbandonata del tutto o in parte
la ricerca nel settore».
Dati alla. mano, infatti, tra il 1980 e il
1990, sono stati commercializzati
40 nuovi antibiotici contro i sette del
decennio 1990-2000. «È quindi fondamentale che i medici utilizzino al
meglio i vecchi e i pochi nuovi farmaci, non razionandoli ma razionalizzandone l’uso».
ELISA PASETTO
avviso agli iscritti
Si invitano gli iscritti a voler comunicare alla segreteria dell’Ordine l’eventuale variazione di residenza – o del recapito presso il quale si desidera ricevere le comunicazioni dell’Ordine, dell’Enpam e della Federazione Nazionale.
Si rammenta che questo è previsto dall’art. 64 del codice di deontologia medica ed è previsto anche dalle nuove norme riguardanti le pubbliche amministrazioni.
L’inadempienza a tali disposizioni può dar corso alle procedure di cancellazione dall’albo professionale con gravi conseguenze in ambito
civile e penale, ma anche a gravi rischi sulla copertura assicurativa per l’attività svolta.
È infatti fatto obbligo all’ordine di avviare le procedure di cancellazione dall’albo nei confronti degli iscritti che non risultano più reperibili.
La Segreteria dell’Ordine
VERONA MEDICA
41
GIOVANI E PROFESSIONI
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Si prega chi è interessato a dare la propria disponibilità per sostituzioni in medicina generale, di
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346 8203148
345 3463503
347 5935206
340 0505545
349 5344121
045 8016089
328 3649861
333 3606318
320 8381102
339 8424561
393 5686430
045 2520488
340 2491750
335 6893809
045 8348296
349 1617635
338 3641543
348 7906813
347 2619594
347 8453814
392 4645018
348 3015866
339 6606559
340 3538104
392 1617323
347 6823601
347 8495611
392 7509915
347 8921208
347 2136164
340 5582193
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348 8567639
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045 7652948
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320 6155026
340 4069008
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340 0699282
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Tel. 045 8006273
Tessera Ordine n. 2772
COMUNICATO AGLI ISCRITTI
Abbiamo attivato il nuovo servizio di segreteria telefonica.
Quando telefonerete all’Ordine sentirete la voce del RISPONDITORE AUTOMATICO,
che provvederà a smistare la chiamata secondo le esigenze di chi chiama.
LE OPZIONI SARANNO:
• DIGITARE 1 PER PRATICHE ENPAM
• DIGITARE 2 PER PUBBLICITÀ SANITARIA E RUOLI
• DIGITARE 3 PER AMMINISTRAZIONE, ISCRIZIONI E CANCELLAZIONI
• DIGITARE 4 PER COMMISSIONE ODONTOIATRI
Senza nessun imput digitato e rimanendo in linea
la chiamata sarà dirottata al primo operatore disponibile.
Confidiamo di poterVi dare un servizio migliore
La segreteria dell’Ordine
VERONA MEDICA
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