Lucia Maddii - IRRE Toscana Nell`affrontare le questioni relativ

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Lucia Maddii - IRRE Toscana Nell`affrontare le questioni relativ
Come possiamo non capirci anche se parliamo la stessa lingua?
Lucia Maddii - IRRE Toscana
Nell’affrontare le questioni relative alla acquisizione dell’italiano L2 è necessario prendere in
considerazione alcune variabili che possono influenzare la comprensione e il processo di apprendimento.
È importante tuttavia precisare che le diverse affermazioni che troverete sulle differenti aree culturali
hanno il solo scopo di orientare gli insegnanti ed i mediatori (o LCG). È necessario infatti evitare che
queste generalizzazioni si traducano poi in stereotipi. Tutte le informazioni che troverete sotto devono
essere uno strumento per “leggere” differenti modi di fare (o di dire) qualcosa, solo una guida alla
riflessione non una “ricetta”.
La reale comunicazione non è fra “cultura e cultura”, ma solo fra “persona e persona”. Ciascuna
persona ha un proprio individuale modo di condurre un evento comunicativo. Ciascun insegnante o LCG
dovrebbe quindi riflettere sulle proprie risorse professionali e conoscere i propri limiti individuali nel
condurre una relazione interpersonale.
1. Che cos'è la lingua ?
La lingua è generalmente definita come strumento di comunicazione e di espressione del pensiero, ma la
lingua è anche strumento di costruzione e trasmissione di una cultura. Essa è
è un oggetto multifunzionale (perché serve non solo per dire, rappresentare, ma anche per "agire")
multistratificato ( perché in essa il piano cognitivo, affettivo, sociale ,contestuale si intrecciano
strettamente)
multicanale poiché si serve di molteplici canali: gestualità, mimica, prossemica, prosodica, vestemica
(cioè i vestiti che si indossano) che concorrono alla costruzione del significato di un messaggio.
2- Che cos'è la competenza comunicativa ?
Balboni, dell'Università "Cà Foscari" di Venezia, definisce la competenza comunicativa come
lo spazio interno ad una piramide a tre facce costituite da
saper fare lingua (comprendere, leggere, scrivere, monologare, dialogare, tradurre)
saper fare con la lingua (che include la dimensione sociale, pragmatica, culturale)
sapere i linguaggi verbali e non verbali che comprende la competenza linguistica (morfosintattica,
testuale, fonologica, paralinguistica) e la competenza extralinguistica (cinesica, prossemica vestemica e
oggettemica, cioè gli oggetti che si portano e si regalano)
La comunicazione si realizza in eventi che si verificano in un contesto situazionale.
Secondo Balboni, la situazione comunicativa può essere definita secondo alcune variabili:
 il luogo nel quale si svolge la comunicazione, che può essere distinto in setting fisico e scena
culturale. "La caratteristica qualificante della comunicazione interculturale è quella di avvenire tra
persone che vengono da scene diverse e che, indipendentemente dal setting fisico in cui si
trovano, conservano le regole e i valori del luogo culturale dal quale provengono" (Balboni, 1999,
pag 26);
 il tempo, il cui concetto, come sappiamo, varia da cultura a cultura;
 l'argomento, che può sembrare condiviso dagli interlocutori, ma occorre ricordare che i valori
sottostanti possono non essere gli stessi (e quindi si possono verificare fraintendimenti)
 il ruolo dei partecipanti, che viene attribuito e mantenuto diversamente nelle varie culture.
In un evento comunicativo esiste poi
- un testo linguistico;
- dei messaggi extralinguistici (mimica, tono della voce, gestualità..);
- degli scopi dichiarati e non, con delle regole ben definite in ogni cultura per esplicitarli, regole che
variano in base allo status, alla gerarchia, al sesso delle persone coinvolte nella conversazione;
- degli atteggiamenti psicologici verso la cultura, l'istituzione, il gruppo o il sesso al quale appartiene
l'interlocutore (atteggiamenti che emergono soprattutto nei messaggi extralinguistici);
- una grammatica contestuale che prevede, oltre al luogo, tempo, argomento, ruolo, una sequenza
prevista per un dato evento, che può essere più o meno ritualizzata e rigida.
3- Quali possono essere i problemi di comunicazione legati ai linguaggi non verbali?
Noi siamo più visti che ascoltati, dice Balboni: il 70/80 % delle informazioni giunge dall'occhio e solo il
10/15% proviene dall'orecchio. Nella comprensione di un messaggio (e nella comunicazione), il
linguaggio non verbale, dunque, gioca un ruolo molto importante. Vediamo i problemi che possono
sorgere nella comunicazione interculturale.
sorriso: è universalmente utilizzato per comunicare messaggi positivi, ma nella cultura asiatica è
utilizzato anche in situazioni nelle quali la persona si sente in imbarazzo (invece di dissentire o
rispondere no, spesso gli asiatici si limitano a sorridere e a stare in silenzio, situazione che un
occidentale interpreta sicuramente come assenso, il sorriso inoltre in queste aree viene utilizzato
anche per mostrare il proprio imbarazzo di fronte ad un rimprovero: potete immaginarvi dunque la
reazione di un docente che rimprovera i propri studenti cinesi …..).
sguardo: esiste tutta una complessa codifica sul tempo , sulla direzione dello sguardo che varia dal
contesto , dalla gerarchia, dalla confidenza, dal sesso degli interlocutori e queste regole variano da
cultura a cultura. E' noto l'incidente classico fra l'insegnante italiano e l'allievo cinese, che
rimproverato, tiene gli occhi fissi a terra. Questo atteggiamento viene interpretato dal docente come
segno di falsità, o comunque di poco pentimento da parte dell'allievo e quindi l'insegnante richiama
ulteriormente il ragazzo dicendogli "Guardami negli occhi mentre ti parlo!". Per l'alunno cinese tenere
gli occhi bassi era invece segno di rispetto nei confronti dell'insegnante.
Pensiamo poi a quanto varia nelle culture il tempo concesso allo scambio di sguardi fra due persone
di sesso opposto, prima che venga scambiato come proposta erotica….
espressione del viso: le espressioni sono abbastanza universali, ma varia molto la quantità e il
controllo intenzionale sulle espressioni stesse. Nell'area del Mediterraneo si lascia che le emozioni e i
sentimenti emergano abbastanza liberamente attraverso la mimica facciale (un discorso a parte
andrebbe fatto per l'uomo che non deve lasciar trasparire la propria "debolezza").
braccia e mani: probabilmente le mani, insieme al viso, sono gli strumenti di comunicazione non
verbale più utilizzati e maggiormente codificati, sarebbe dunque difficile fare una panoramica
dell'estrema variabilità, anche da una regione all'altra dell'Italia. Pensiamo ad esempio a come
vengono utilizzate le mani per salutare, dal palmo alzato alla stretta di mano, ai gesti per dire "vieni
qui", "cosa vuoi"," vai via" ecc.. Talvolta gesti che hanno un significato positivo in una cultura, come il
gesto dell'o.k. americano, risultano offensivi in altre culture.
gambe e piedi: tenere le gambe accavallate con la caviglia appoggiata al ginocchio o levarsi le
scarpe può essere segno di rilassatezza in alcune culture e risultare offensivo in altre. Pensiamo ad
esempio che togliersi le scarpe è obbligatorio per entrare in una moschea e particolarmente gradito
per entrare in una casa in Giappone.
Distanza fra i corpi: ognuno di noi ha, in maniera più o meno consapevole, una specie di "bolla"
all'interno della quale si sente al sicuro. Quando qualcuno oltrepassa il limite di questa bolla
avvertiamo la sua vicinanza come aggressione e ci sentiamo a disagio. Faccio un esempio: più o
meno nell'Italia centrale e in molta parte del Mediterraneo riteniamo che la "giusta" distanza da tenere
fra due interlocutori, che non siano intimi amici chiaramente, è di circa un braccio. Nel nord Europa
percepiscono il limite di questa bolla a circa due braccia di distanza. Nell'Italia del sud e nel mondo
arabo, ma anche in altre parti del mondo, la distanza fra i due parlanti può essere invece inferiore ad
un braccio e capita spesso di toccare l'interlocutore. Capite bene come sia fonte di estremo disagio la
conversazione fra due persone che hanno bolle di dimensioni diverse: chi è abituato a stare a due
braccia di distanza percepisce la vicinanza dell'altro come una aggressione personale, mentre il suo
interlocutore percepirà il mantenere la distanza fisica come manifestazione di freddezza, di distanza
emotiva e di poca partecipazione affettiva.
Oltre a queste regole a carattere molto generale ci sono tutte le norme che regolano il contatto fra le
persone dello stesso sesso e del sesso opposto e fra persone più o meno in confidenza.
Infine le regole per baciare chi, come, dove, quando e quanto variano in ogni cultura: in Italia il bacio
fra gli uomini è poco diffuso, mentre invece è normalmente utilizzato come saluto nell'area
meridionale del Mediterraneo. Il bacio in pubblico (fra uomo e donna, ma anche fra padre e figlio ) è
diversamente tollerato e/o ammesso.
vestiario: "l'abito fa il monaco" e il concetto di eleganza, formalità varia fra le culture anche all'interno
di quella occidentale.
oggetti di status symbol: gli status symbol variano da cultura a cultura, ma anche da una classe
sociale all'altra e da un gruppo all'altro. Gli oggetti, i simboli (stemmini, marchi), le "firme", che
denotano benessere e ricchezza, sono valide spesso solo per una cultura, ma risultano irrilevanti per
un'altra. Avere il vestito firmato, avere la penna o l'orologio di una determinata marca può comunicare
lo status di "ricco" in una cultura, ma certi particolari possono risultare insignificanti per gli altri. Il
mostrare la ricchezza, portare pesanti monili in oro o pesanti anelli, può essere interpretato da alcune
culture come segno di poca raffinatezza, ma in altre può indicare benessere sociale e anche il proprio
titolo di studi (come i grossi anelli da uomo che vengono regalati per la laurea).
oggetti che si offrono: il gesto dell'offrire è sempre segno di rispetto verso l'ospite, così come
l'accettare. Variano però le regole sugli oggetti che si offrono e sul modo in cui si deve insistere
nell'offrire o schernirsi nell'accettare.
regali: il regalo è sicuramente un mezzo per comunicare rispetto, amicizia, affetto, ma possono
essere oggetto di incidente interculturale. Ogni cultura ha oggetti che assolutamente non possono
essere regalati in determinate occasioni. Anche la regola dello scartare o non scartare i regali di
fronte a chi li ha portati varia: in Occidente si scarta il regalo per dimostrare il proprio gradimento,
mentre in diversi paesi orientali si ringrazia senza aprire.
4- Quali possono essere i problemi di comunicazione interculturale legati alla lingua?
Vi sono alcuni aspetti più strettamente linguistici che possono causare incidenti interculturali o
incomprensioni
tono e intonazione: in Italia utilizziamo un tono di voce piuttosto alto. Diversi stranieri (soprattutto del
nord Europa) mi hanno raccontato che non riuscivano a capire perché i loro interlocutori urlassero:
che cosa avevano fatto di male? perché erano arrabbiati con loro? Se aggiungiamo poi il fatto che la
distanza fra i corpi è più ristretta, che parlando gesticoliamo, possiamo comprendere il disagio, la
sensazione di essere aggrediti dei nostri interlocutori abituati a toni pacati, a gesti controllati e a
distanze fisiche maggiori
velocità: parlare con uno straniero rallentando la velocità del parlato è segno di rispetto verso chi è
meno competente. Non tutti utilizzano questa accortezza e ciò può far scattare reazioni negative
nell'interlocutore.
sovrapposizione di voci: le culture del Mediterraneo normalmente accettano la sovrapposizione delle
voci. In una discussione è anzi segno di partecipazione sentita. In altre culture invece si concede un
tempo per la riflessione e la risposta. Possiamo dire che in Italia, come in altre culture mediterranee,
c'è l'horror vacui per cui i tempi fra una battuta e l'altra sono sempre piuttosto ristretti e la tolleranza
del silenzio è bassa (troviamo sempre tutta una serie di frasi fatte, dei riempitivi per non stare in
silenzio). I popoli scandinavi, al contrario, sono infastiditi dalla sovrapposizione e chiedono il rispetto
rigido dei turni di parola; nelle conversazioni non sono necessari i riempitivi e il silenzio non mette a
disagio gli interlocutori.
aspetti morfosintattici: escludendo in questo momento il problema delle differenze fra lingue con una
morfologia verbale molto ricca (come l'italiano) e lingue non flessive (come il cinese) ci concentriamo
momentaneamente sull'uso di alcuni tempi verbali come l’imperativo.
L’uso dell'imperativo è diversamente regolato: in alcune culture è ammessa la richiesta diretta,
mentre in altre culture la richiesta, l'ordine, viene mitigato fino ad essere quasi del tutto velato come
nella cultura giapponese ( si va dal "passami il sale, per favore" a "per favore, puoi passarmi il sale?"
a "c'è il sale?")
Interrogativi e negativi: ogni cultura ha codificato regole diverse per dire no e per dissentire:
rispondere no ad una richiesta o ad una domanda di un interlocutore, soprattutto se di una certa
autorità, è praticamente vietato in alcune culture. Quando l'insegnante chiede al suo alunno cinese
"Hai capito?", l'alunno non può che rispondere "Sì" anche se non è vero, perché rispondere "no"
sarebbe un'offesa, sarebbe come dire al suo insegnante "non hai spiegato bene". Il "sì" (quando
dovrebbe essere un no) delle risposte dei genitori e degli studenti asiatici non è una mancanza di
rispetto, una "presa in giro", è semplicemente dovuta al fatto che (ai loro occhi), se noi formuliamo
una risposta chiusa, vuol dire che "vogliamo" sentirci rispondere sì, e così fanno per rispetto.
Titoli e appellativi: ogni cultura ha proprie regole per quanto riguarda il mettere in evidenza o meno i
titoli professionali della persona (dottore, ingegnere, professore, architetto) così come esiste un
diverso utilizzo del "signore" " signora" "signorina". Quello che comunque può causare maggiormente
incidenti interculturali è il nome e il cognome delle persone. In Cina non si può chiamare una persona
per nome proprio, ma solo per cognome- nome o per cognome preceduto da "signor x" o "signora y".
Anche all'interno della famiglia non si usa il nome proprio, ma il grado di parentela: gli stessi coniugi
si chiamano con degli appellativi. Può capitare che i bambini non conoscano il nome proprio dei
nonni, ma anche degli stessi genitori: gli insegnanti scambiano questo per volontà di nascondere
qualche situazione illegale , in realtà, i bambini veramente non conoscono il nome proprio dei loro
parenti. Se pensiamo che in cinese c'è un termine specifico per indicare non solo il grado di
parentela, ma anche se è di parte materna o paterna e se è più anziano o più giovane, possiamo
comprendere come sia possibile questo (ad esempio c'è un termine specifico per indicare la zia
materna maggiore o il fratello maggiore o ancora il lo zio paterno minore..).
formale - informale: senza approfondire molto, c'è un diverso uso del registro formale e informale,
nelle diverse culture, così come ci sono diverse regole per stabilire chi decide quando si deve
passare all'informale e con quali formule. Darsi del tu fra colleghi di lavoro è cosa abbastanza
frequente, molto meno utilizzare il tu con il capo….
struttura del testo: è molto importante tener presente che la struttura del testo varia da una lingua
all’altra. I testi argomentativi in italiano, tedesco, slavo spagnolo vanno da un punto A ad un punto B
con tutta una serie di digressioni e potrebbero essere rappresentati graficamente come una linea
spezzata; i testi anglosassone e scandinavo vanno dritti al punto e tutte le informazioni accessorie
vengono poste in seguito. Altre lingue hanno quasi un andamento a spirale. Pensiamo alle difficoltà
che i ragazzi, abituati ad una determinata struttura testuale, e quindi ad una diversa disposizione
delle informazioni nel testo, incontrano nello studio delle discipline. Probabilmente, in una certa fase
dell'apprendimento, i ragazzi tendono a trasferire, nei loro elaborati, la struttura testuale della loro
lingua: ai nostri occhi possono apparire confusionari, ripetitivi, in realtà semplicemente scrivono
applicando le regole testuali della loro lingua.
5- Quali possono essere i problemi di comunicazione legati a parametri di riferimento non
condivisi dai parlanti?
Oltre agli elementi linguistici e non linguistici accennati sopra, ve ne sono altri di carattere più
generale che provocano disagio (o dissonanza, come sarà precisato meglio in seguito)
nell'apprendimento delle lingue, soprattutto in ambiente scolastico
 Il contesto sociolinguistico e cioè la predominanza, nella scuola, dello scritto sull’oralità, della
razionalità sulla affettività, della Cultura sulla cultura: queste differenze sono fonte di difficoltà non
solo per gli studenti provenienti da culture "altre", ma anche da diverse "classi" sociali.
 Il contenzioso storico , ad esempio, dover apprendere la lingua dei colonizzatori, fattore meno
sentito per quanto riguarda l’italiano (anche se può darsi che possa influire sui corsisti provenienti
dall’Etiopia o dall’Eritrea) può risultare invece influente nell’apprendimento del francese e
dell’inglese.
 Lo statuto della lingua e dello scritto Nell’occidente la lingua svolge essenzialmente una funzione
pragmatica (la lingua è uno strumento che serve per dire, rappresentare, organizzare il pensiero).
Ricordiamo invece, come esempio, che l’arabo è la lingua sacra del Corano. In molte culture
africane la parola ha potere, essa è riservata agli anziani mentre ai giovani spetta il silenzio; in
queste culture la parola ha valore iniziatico, come rivelazione progressiva della conoscenza; la
scrittura per queste culture toglie forza alla parola. E’ vero comunque che anche nella cultura
occidentale la parola ha un valore magico, evocativo e religioso; questo aspetto però resta in
secondo piano ed è sempre più ridotto a fasce di utilizzo marginale, viste come facente parte
della credulità e della superstizione popolare…
6- Quali possono essere alcuni aspetti specifici legati al contesto scolastico?
Usare testi con riferimenti culturali specifici del contesto nazionale (riferimenti storici, geografici,
modi di vivere..). Per un docente è difficile accorgersi di quanti impliciti culturali sono presenti in un
testo scolastico. Buona parte delle conoscenze è ovviamente data per scontata e ciò funziona per
gli studenti che sono nati e cresciuti in un determinato contesto culturale, ma non per chi proviene
da molto lontano. Questo è vero non solo per i testi disciplinari (storia, geografia…) ma anche per
testi di narrativa, ….
Usare testi con immagini incomprensibili per le persone che provengono da contesti diversi
Il linguaggio iconico non è un linguaggio universale: anche le stesse foto che sono comunque il modo
più oggettivo e meno interpretato di rappresentare la realtà, ritraggono oggetti, situazioni che
possono essere completamente sconosciute. I rischi di incomprensione o fraintendimento aumentano
quando si usano i disegni o i simboli
Provenire da modelli scolastici diversi: ruolo dei docenti, disciplina, differenti modi di considerare una
buona performance scolastica. La provenienza da modelli scolastici differenti è uno dei motivi
maggiori di discussione e di incomprensione fra docente e studente. Le aspettative che lo studente
ha nei confronti del docente, lo stile relazionale e di insegnamento che viene adottato in classe varia
molto. Uno stile partecipativo può essere interpretato come scarsa fermezza e professionalità da
parte del docente. “Tu sei il docente e tu devi insegnare” così ha risposto un alunno ad una
insegnante che continuamente faceva domande ai suoi studenti per stimolare la discussione e la
partecipazione. In sostanza lo studente voleva dire: perché chiedi a me cose che tu devi sapere in
quanto insegnante?
Stili e metodi di insegnamento che fanno riferimento ad approcci comunicativo affettivi possono
essere interpretati dagli studenti come insegnamento di serie B: non si correggono gli errori, almeno
non tutti, si fanno giochi di ruolo, conversazioni; la grammatica non viene presentata o viene
presentata con metodi induttivi e attraverso i giochi. Lo studente abituato ad un insegnamento con il
metodo grammaticale traduttivo percepisce il nuovo metodo di lavoro come perdita di tempo e cosa
da bambini. In sostanza si convince che il docente chieda poco perché si aspetta poco dagli studenti
stranieri.
A questo problema si lega strettamente la diversa concezione che viene data alla buona
performance scolastica. Per quali tipologie di compiti ed esercizi sono stati “allenati”i nostri studenti?
Quanti significati può avere “studiare” nei diversi modelli scolastici?
7- Quali strategie didattiche potrebbero essere adottate per favorire il superamento dei problemi
di comunicazione interculturale?
 Esplicitare le differenze di abitudini, costumi, modalità comunicative attraverso esempi (video,
dialoghi scritti, immagini) e/o esperienze dirette (magari utilizzando anche il registratore o la
videocamera)..
 Sviluppare la consapevolezza nei corsisti che esistono universali pragmatici, ma anche una
varietà di mezzi linguistici per attuarli.
 Conoscere e smontare gli stereotipi reciproci e conoscere le diverse modalità di realizzazione
degli atti linguistici.
Divenire abili significa saper comunicare utilizzando una serie di strategie che consentano di evitare
incidenti interculturali anche se non è detto che debba essere acquisita una competenza comunicativa
perfettamente identica a quella dei nativi (esistono infatti modi per abbassare la tensione comunicativa
utilizzando ad esempio l’ironia, l’ammissione di incompetenza, il chiedere scusa per gli errori….).
Bibliografia
Balboni P.E., Parole comuni, culture diverse. Guida alla comunicazione interculturale, Venezia,
Marsilio. 1999