European Oral History - The European Commission 1958

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European Oral History - The European Commission 1958
© Archives historiques de l'Union européenne
© Historical Archives of the European Union
CONSHIST.COM
EU
AH
UE
Histoire interne de la Commission européenne 1958-1973
Entretien avec
HA
Carlo FACINI
AH
UE
par Michel Dumoulin et Veronica Scognamiglio
à Bruxelles le 18 février 2004
HA
EU
Transcription révisée par M. Facini
Coordonnateur du projet :
Université catholique de Louvain (UCL, Louvain-la-Neuve),
dans le cadre d’un financement de la Commission européenne.
AH
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HA
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© Archives historiques de l'Union européenne
© Historical Archives of the European Union
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Ont collaboré au projet CONSHIST.COM :
HA
Pr. Michel DUMOULIN, Project manager, Université catholique de Louvain
M. Yves CONRAD, Deputy project manager, Université catholique de Louvain
M. Charles BARTHEL, Centre d’études et de recherches européennes Robert Schuman (Luxembourg)
Pr. Marie-Thérèse BITSCH, Université Robert Schuman (Strasbourg III)
Pr. Gérard BOSSUAT, Université de Cergy-Pontoise
Pr. Éric BUSSIÈRE, Université de Paris IV – Sorbonne
Pr. Wilfried LOTH, Universität Duisburg-Essen
M. Jean-Marie PALAYRET, Archives historiques de l'Union européenne
Pr. Jan VAN DER HARST, Rijksuniversiteit Groningen
Pr. Antonio VARSORI, Università degli studi di Padova
Nienke BETLEM, Julie CAILLEAU, Veronika HEYDE, Ghjiseppu LAVEZZI, Anaïs LEGENDRE, Myriam RANCON,
Corinne SCHROEDER, Veronica SCOGNAMIGLIO, Mariella SMIDS, Natacha WITTORSKI
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Entretien avec Carlo FACINI (18.02.2004)
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CF: Carlo Facini
MD: Michel Dumoulin
VS: Veronica Scognamiglio
n.r.: Nota del redattore dell’intervista
n.t.: Nota del testimone
[Breve scambio tra il Professore e il testimone sul progetto Conshist.com]
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MD: Prima di tutto, la ringraziamo dell’accoglienza e della disponibilità...Se mi permette, [disturbo
del microfono] le prime domande riguardano il suo percorso personale prima di entrare alla CECA,
AH
cioè la Sua formazione, la Sua origine...e direi anche, com’è arrivato a Lussemburgo nel ’53...
CF: Dunque, per quanto riguarda la mia formazione universitaria mi sono laureato in Ingegneria a
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Padova: venivo dal liceo classico, quindi era già allora un percorso un po’ a zig-zag...Comunque,
HA
come ingegnere sono stato sei anni nell’industria privata, in un’industria carbo-siderurgica, e a
questo proposito diciamo che gli esperti in Italia del carbone erano molto pochi: e quindi, anche
forse per la mia conoscenza già allora del francese e di qualche lingua, così, un po’ di tedesco,
UE
[questa esperienza] mi ha favorito, e mi hanno presentato come candidato alla CECA, dove ho
preso servizio nel ’53. Alla CECA praticamente l’organizzazione dell’Alta Autorità era appena
AH
cominciata, quindi credo di essere stato tra i primi 800-900 funzionari, come esperto carbonifero.
Dopodiché, siccome ho fatto più che altro l’ingegnere [disturbo del microfono] di “explotation” (di
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esercizio) – vede, ogni tanto mi viene il termine in francese – e quindi avevo a che fare anche con i
problemi della gestione eccetera, entrai nella Divisione che si occupava della produttività e degli
HA
investimenti, perché si chiama effettivamente “Investimenti e produttività”: era condotta da un
tedesco, Salewski, che veniva dal settore siderurgico, perché praticamente la CECA ha assunto
molto più nel privato che nel pubblico; quindi gente dai ministeri ce n’era, ma era relativamente
poca, contrariamente a quello che successe poi col Mercato Comune, con le Comunità Europee
Economica e dell’Atomo...
MD: Questo Salewski non aveva lavorato per il patronato siderurgico tedesco?
CF: Mi sembra, sì sì, Salewski [breve pausa]... Può darsi, effettivamente veniva
dall’organizzazione padronale della siderurgia...Tra parentesi era il suocero di Braun: l’avete visto,
l’avete conosciuto Braun, Fernand Braun?
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MD: Sì, l’ho intervistato a novembre.
CF: Salewski era suo suocero. Io conobbi Braun nel ’53 perché Salewski mi presentò il fidanzato
della figlia [ride]...Beh, queste [cose] non è che facciano storia [risate]...
MD: Sì, ma è molto interessante vedere i legami che si creano...
CF: ... E lì alla CECA effettivamente il primo incarico che io ebbi, anzi che assunsi io quasi di mia
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iniziativa, fu l’inchiesta sugli investimenti nel settore carbonifero. E quindi lentamente io ho
cominciato a lavorare in parte come esperto – perché credo di essere stato alla CECA l’unico
oltre che [disturbo del microfono] a occuparmi della parte degli
AH
esperto delle cokerie –
investimenti nel settore carbonifero, o a dir meglio carboniero...Questa è insomma la linea...Quello
che è interessante – non so poi quanto volete parlare della CECA, ma quello che è interessante da
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vedere – è che praticamente c’è un fil rouge nella storia delle Comunità, ma questo fil rouge prende
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colori diversi a seconda delle epoche – da rosso diventa un po’ blu, e poi ritorna un po’ rosso – ma
all’epoca effettivamente era un’esperienza unica, beninteso tutto quello che si faceva era da
inventare, praticamente. Ma i punti fondamentali che l’hanno distinto dal seguito, è che essendo
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settoriale aveva più la caratteristica di un’unione industriale, evidentemente corretta e guidata dai
poteri pubblici, ma con un’autonomia che poi non si conobbe più. Perché quando si parla oggi di
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risorse proprie e quando si parla di risorse della CECA, parliamo di cose totalmente diverse: cioè le
vere risorse proprie erano quelle della CECA, il prelievo sul carbone e sull’acciaio. Quindi anche da
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quel punto di vista c’è un’evoluzione che si è vista molto nettamente, passando appunto da questa
fase alla fase dei contributi – o contribuzioni, a dir si voglia – degli Stati membri per finanziare
HA
l’attività della Comunità europea economica e quella dell’energia atomica. Quindi è interessante
dire che questo esperimento – perché di esperimento si trattava, in fondo – ha dato sì frutti, perché
è stata la CECA poi che ha provocato la famosa Conferenza di Messina, dove effettivamente c’è
stato poi il lancio della Comunità Economica Europea e dell’EURATOM...Quindi, per quanto
riguarda gli organismi, questo va detto: per quanto riguarda la persona, devo dire che l’evoluzione
che ho avuto durante quei cinque anni passati all’Alta Autorità della CECA – Alta Autorità: anche
questo vi dice qualcosa: Alta autorità diventò poi Commissione... – effettivamente mi ha dato lo
spunto per passare progressivamente a un settore molto vicino alle finanze [Breve pausa]...Così nel
’58 passai tra i primi alla Commissione europea – non si chiamava ancora Commissione Economica
Europea, si chiamava Commissione della Comunità Economica Europea – e passai direttamente alla
Direzione Generale del Mercato Interno, in seno alla quale praticamente c’erano le Dogane, che era
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la grossa parte della Direzione Generale; c’era la Direzione in cui poi andai io dell’Industria,
Commercio e Piccole e Medie Imprese: tre Divisioni, io andai in quella dell’Industria, poi Jean
Durieux ha preso quella delle piccole-medie imprese, e un francese, Gautier [n.r. Etienne Gautier],
ha preso il Commercio...Jean Durieux, che è stato un grande amico, era stato, mi pare, nel gabinetto
del Ministro belga delle Finanze [Scheijven?], mi pare, a quell’epoca, no? Lui veniva appunto dal
Ministero delle Finanze...Per gli altri, evidentemente, adesso non ricordo i nomi dei Direttori,
perché avevo meno a che fare con loro...Molto ebbi a che fare con Ortoli [n.r. François-Xavier
Ortoli, che era il Direttore Generale] [breve pausa]...E il responsabile al livello della Commissione
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era Malvestiti.
AH
[Breve pausa]
EU
MD: È arrivato a Bruxelles su una base volontaria? C’è stato un concorso a Lussemburgo...
HA
CF: Sì, avevano chiesto se c’erano delle candidature...Non si sono stati concorsi ufficiali per le
assunzioni, se no saremmo ancora a trattare [ride]...No, effettivamente il reclutamento è stato molto
rapido e senza troppe formalità, ecco...Anche perché già si pensava che si sarebbe dovuto poi
UE
fondere le due amministrazioni (CEE e EURATOM), cosa che venne poi col Trattato di fusione.
AH
MD: Lei preferiva Lussemburgo o Bruxelles?
EU
CF: Mah, l’esperienza è stata molto diversa...molto diversa in questo senso: Lussemburgo era
qualcosa di nuovo, era un tipo di amministrazione...A parte il fatto che Monnet era tutto il contrario
HA
di un organizzatore amministrativo, quindi l’organizzazione era molto lâche...tanto è vero che io
appena reclutato – va beh che avevo un’esperienza di sei anni nell’Industria – partecipavo quando
c’erano problemi alle riunioni dell’Alta Autorità. Mi ricordo che il mentore dell’Alta Autorità (il
responsabile del settore) era Daum – della famiglia dei cristallieri – e chiamavano direttamente in
Alta Autorità, e ci chiamavano soprattutto a livello di gruppi di lavoro, perché si erano organizzati
in gruppi di lavoro che si riunivano sui vari settori: settore dell’acciaio, mercato dell’acciaio
eccetera eccetera. Poi allora c’era anche un grosso problema per i dazi doganali...Però bisogna
ricordare una cosa abbastanza dimenticata: il fatto che, mentre il Mercato Comune istituì l’idea di
una tariffa comune, la CECA aveva solamente una tariffa armonizzata tra gli Stati membri. Era già
una cosa abbastanza diversa...Ma per riprendere la questione del sapere se era più bello, era più
bello nel senso che uno si sentiva davvero pioniere in un settore nuovo. Qui [n.r. alla Commissione]
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quasi subito siamo stati irreggimentati in un’organizzazione molto più formale...Però devo dire che
contrariamente al settore [n.r. carbone e acciaio, dunque CECA] – parlo adesso della Direzione
Generale del mercato Interno, condotta da Ortoli – in quella Direzione Generale il grosso delle forze
era [concentrato] sulla Tariffa Comune. Per contro, la Direzione dell’Industria – che era retta
d’altronde da un lussemburghese, Monsieur Hemmer [n.r. Carlo Hemmer], che veniva
dall’organizzazione padronale, credo – era lasciata un po’ all’iniziativa, perché nel Trattato della
Comunità Economica Europea non è che ci fossero grandi possibilità d’interventi. Gli interventi in
realtà erano indiretti, e infatti ci trovammo confrontati a una situazione che ci permetteva, uno –
UE
sotto la mia responsabilità, d’altronde – di dare una misura di salvaguardia all’articolo 226, se mi
ricordo bene le cose...Due, di vedere bene se si poteva avere un’informazione di prima mano sulle
AH
industrie. E terzo, di cercare di intervenire nei settori in cui c’era da fare, ma con molta difficoltà,
che era quello degli ostacoli agli scambi non tariffari, cioè praticamente le disposizioni tecniche
relative ai vari settori. E quindi noi, dopo un esame della cosa, abbiamo scelto praticamente qualche
EU
studio settoriale, la gestione dell’articolo 226 e, molto più importante, i primi movimenti di
HA
ravvicinamento delle legislazioni tecniche.
UE
MD: Il metodo dei gruppi di lavoro, iniziato a Lussemburgo, è sopravvissuto a Bruxelles, oppure...?
AH
CF: No, no...a Bruxelles, che sappia io, informalmente forse sì, ma formalmente sicuramente no.
EU
[Breve pausa]
HA
MD: Quali erano le relazioni con il settore industriale?
CF: Beh, è stata un’esperienza un po’ difficile. Nel settore privato c’era ancora a quell’epoca da un
lato un grande interesse verso certi sviluppi, dall’altro una certa paura per quello che poteva
succedere: per cui noi abbiamo tentato di fare un giro delle organizzazioni industriali assieme a
Ortoli. In realtà ne facemmo solamente due, se mi ricordo bene: uno d’altronde molto interessante
fu organizzato da Malvestiti, che era allora Vice-Presidente della Commissione e responsabile del
settore, che fu con Mattei dell’ENI [n.r. Ente Nazionale Idrocarburi], che vedemmo a Ravenna – mi
ricordo che veniva dal Canada, perché era andato a pescare – e lo conoscemmo a Ravenna. Un
personaggio estremamente interessante, devo dire, poi si vede il successo che ha avuto...Mah, per
dire, ecco, ci infilammo piuttosto tra le conoscenze personali per cercare di avere dei contatti un po’
più solidi...Poi ci fu l’episodio dell’udienza dal Papa, che io riuscii, tramite mie conoscenze, ad
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avere, e con Ortoli e gli altri andammo. [Il Papa] era allora Giovanni XXIII: fu un’udienza privata
estremamente interessante, devo dire...Era un uomo, Giovanni XXIII, di un contatto umano
straordinario [disturbo del microfono]...
Ma messo a parte questo, tornando a quello che era il ruolo [della Divisione dell’Industria], è stato
non facile. E per quanto riguarda le misure di salvaguardia, ci fu...Mi pare che una delle domande
che voi avete posto riguardava cosa si fece per lo zinco e il piombo. Stranamente, la mia cokeria,
[n.r.: in Liguria], dove lavoravo prima, era confinante con la Monteponi [n.r.: lo stabilimento prende
il nome dal centro minerario di Iglesias, Sardegna] , che usava il nostro gas per produrre zinco – mi
UE
pare che fosse un vecchio sistema in cui veniva sublimato lo zinco, con il vecchio sistema delle
storte. E quindi per me [il settore dello zinco] non era nuovo, e non era nuovo neanche il sapere che
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c’erano dei problemi: ma non li seguii personalmente, però...Quindi non è che posso aggiungere
tanto...Io seguii personalmente un altro dossier – questo è molto strano – ed è il dossier dell’acido
citrico. Dunque, l’articolo 226...A parte il fatto che il piombo e lo zinco erano anche nella lista G,
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quindi l’allegato G era una lista in cui già si prevedeva cosa doveva succedere...Invece, [per quanto
HA
riguarda] l’acido citrico, ci fu una domanda italiana perché fosse protetto, e quando noi andammo in
Calabria – perché era acido citrico prodotto dal bergamotto, e il bergamotto si coltiva su una stretta
fascia della Calabria – scoprimmo che l’acido citrico, da un lato, non era un grosso problema,
UE
perché rappresentava per i produttori di bergamotto soltanto il 3% degli introiti, perché il grosso era
per l’essenza di bergamotto...e quindi era un po’ strano. Non solo, ma il mercato stava per essere
AH
invaso da una grossa produzione di acido citrico a partire dalla melassa, che era stata installata in
Sardegna...Quindi erano quelle domande che, si può dire, [erano] estremamente localizzate dal
EU
punto di vista territoriale a tal punto, appunto...che poi non fu concesso quasi niente...Poi c’è stata la
seta, il problema della seta per l’Italia...Poi ci furono altri problemi ancora per la Francia, mi
HA
ricordo...ora mi sfugge quali altri...Ma per noi era diventata una cosa relativamente secondaria:
erano veramente casi specifici, legati in parte all’Industria, in parte all’Agricoltura perché, più o
meno indirettamente, c’era l’Agricoltura di mezzo: il bergamotto da un lato, la seta dall’altro erano
piuttosto settori [agricoli]...Quindi ci buttammo un po’ sugli studi settoriali da un lato, e dall’altro
sulle legislazioni tecniche. E le legislazioni tecniche ci dettero del filo da torcere, estremamente
importante perché per fare un esempio – non so se avete la lista, perché è una lista lunghissima di
comitati, commissioni anzi, riunioni per i vari settori – per fare un solo esempio, quello
dell’automobile, di giorno tutti dicevano: “Bisogna fare, bisogna fare...”; la notte disfacevano, il
giorno dopo ci si trovava con l’impossibilità di votare. Tanto che a un certo momento – faccio il
caso specifico dei vetri dell’automobile: c’erano le due tecniche per i vetri di sicurezza, che erano
quella del vetro temprato e quella del vetro sandwich – venne fuori uno degli esperti che disse: “ma
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cosa volete mettere l’uno o l’altro: ditemi che incidente avrete e vi dirò quale vetro dovete mettere!”
[ride], il che era piuttosto paradossale, ma anche giusto. Ma soprattutto, si toccavano i produttori di
vetro: per cui c’era sì collaborazione da parte degli esperti dell’automobile, però dall’altro lato
appena le cose arrivavano ai ministeri, c’era subito il ritorno di fiamma. Tanto che feci, non so se
fosse un motto di spirito, ma rispecchiava la realtà: quando terminammo il progetto per
l’armonizzazione – mi pare che fosse proprio quello dei vetri dell’automobile – tutti quanti dissero:
“Sì, è ben fatto, però noi non possiamo approvarlo”. E ho detto: “Ma io lo devo passare: vuol dire
che faremo la toilette del cadavere”, perché prima di presentarlo era già finito. È per questo che
UE
l’armonizzazione tecnica diventò una cosa assolutamente necessaria, ma difficilissima e
lunghissima da attuare...E avevamo – quanti erano? – sei, sette gruppi tecnici...E poi, la parte
AH
giuridica generale era tenuta dalla Direzione Generale della Concorrenza, perché era quella che
aveva sotto le sue ali l’articolo 100, che era quello dell’armonizzazione legislativa [breve
HA
interessante che vi dica visto dall’interno com’era...
EU
pausa]...Beh, non lo so, io pensavo che tutto quello che è ufficiale lo conoscete, perciò forse è più
MD: Naturalmente [breve pausa]...Lei non ha avuto delle interruzioni nella sua attività? (...)
UE
CF: No, è stata continuativa...non interruppi mai.
AH
MD: Non è mai stato negli Stati Uniti nel quadro delle sue funzioni? [Disturbo del microfono]
EU
CF: No...sono stato negli Stati Uniti: mi ricordo che sono andato a visitare la sede dell’IBM a
Poughkeepsie perché avevamo un lontano cugino che lavorava all’IBM; poi andai a trovare Fernand
HA
Spaak, che era allora rappresentante della Commissione a Washington. Ma andai per ragioni
private, non per [lavoro]...
MD: Le pongo la questione perché si verifica che negli anni ’60 parecchi funzionari sono stati a
Washington, in diversi dipartimenti...Anche Jacques Vandamme è andato all’FBI per capire come
investigare nella lotta contro...
CF: No, no...Io poi fui sempre piuttosto riservato...Infatti al di fuori della cerchia delle mie funzioni
non è che fossi molto conosciuto...ma proprio per il mio carattere, e per una mia decisione di non
fare onde [breve pausa]...Comunque, il periodo che passammo con Ortoli fu molto interessante,
direi, e anche successivamente poi quando Ortoli lasciò – ecco, adesso mi sfugge il nome...Prate
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[n.r. Alain Prate] – ci fu Prate...e conducemmo questa offensiva sulle regolamentazioni tecniche,
con sullo sfondo un problema estremamente importante, cioè cosa fare in realtà per
l’armonizzazione.
Perché
si
poteva
passare
ad
uniformizzare
propriamente,
fino
ad
un’armonizzazione volontaria, ma con degli obblighi che permettessero il libero scambio dei
prodotti...E si trascinò a lungo [il problema]: addirittura, quando io nel ’67 lasciai la Direzione
Generale III, che era quella del Mercato Interno, le cose non erano ancora risolte. Forse eravamo
riusciti a fare un (solo) [sottolinea] regolamento, dopo anni di lavoro così intenso...Tanto è vero che
ci fu l’evoluzione dalla prima fase, che era quella dell’uniformizzare, quasi si passò alla fase, come
UE
dire, non del volontariato, ma insomma, dell’armonizzazione degli obiettivi delle varie
regolamentazioni, lasciando poi una certa libertà...D’altronde fu Davignon, che mise l’ultima mano
AH
su questa concezione...Noi l’avevamo già largamente capito e cominciato ad allargare un po’ gli
orizzonti in quel senso lì. E poi, con Davignon, le cose diventarono decisamente “libertarie”...
EU
MD: Tornando agli anni ’60, sempre nella Direzione Industria, Lei è stato coinvolto nella
HA
“Iniziativa ‘64”?
UE
CF: No.
MD: [Breve pausa] Lei ha accennato a diverse persone: a Ortoli, a Prate...Dal punto di vista,
AH
diciamo così, umano, cosa si può dire di Ortoli e di Prate?
EU
CF: Dal punto di vista umano, Ortoli era una macchina da lavoro spaventosa. Mi ricordo che lui
abitava in Avenue Louise e ci convocava a casa sua a tutte le ore del giorno e della notte [ride],
HA
perché aveva moltissimo da fare. Diciamo che è stato veramente il [con enfasi] costruttore del
Mercato Comune. Ortoli è stato un grande personaggio nell’evoluzione della “casa”...Prate direi un
po’ meno...un po’ meno nel senso che il grosso del lavoro era già stato fatto e quindi si trattava di
rivedere un po’...Infatti, quando parlai di studi, gli studi furono fatti piuttosto sotto la sua egida che
sotto quella di Ortoli. Per esempio, per Ortoli anche gli ostacoli non tariffari agli scambi erano un
argomento essenziale...
MD: A proposito di Prate: si percepiva il suo sentimento così gollista?
CF: Ah [pausa]...
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MD : Lui è stato veramente uno dei paradigmi del gollismo alla Commissione durante il periodo in
cui fu funzionario...
CF: Mah, era...alla Commissione ne sono passati tanti, gollisti più o meno. Effettivamente...c’è stata
un’evoluzione rispetto ad Ortoli, ma poterla definire è un po’ difficile, anche perché il tipo di
problemi era già diverso...E però, però...mi pare che all’epoca fosse effettivamente...Quando è stata
l’epoca della Sedia Vuota?
UE
MD: ’65-’66...
AH
CF: E c’era lui [n.r. Prate, Direttore Generale 1965-1967] a quell’epoca? – vede, non mi ricordo le
date, adesso...Le dico sotto ogni riserva: era un po’ un concetto di cercare di accompagnare in
qualche modo le azioni comunitarie, ma senza incidere troppo sui poteri. Quindi da quel punto di
EU
vista, sì, si può pensare che la sua concezione della gestione comunitaria fosse abbastanza gollista,
HA
sì...si può dire...
UE
MD: Nel ’66 Lei diventa Direttore del Bilancio?
AH
CF: Sì.
EU
MD: E anche del Controllo Finanziario...
CF: Del controllo finanziario, sì...ed è strano questo passaggio...Dunque, nel ’66 la Commissione
HA
aveva deciso che la Direzione del Bilancio e del Controllo Finanziario doveva essere resa
indipendente dalla Direzione Generale dell’Amministrazione, che era retta da van Gronsveld [n.r.
Joseph van Gronsveld], che forse i vecchi di Louvain hanno conosciuto, perché era anche presidente
degli ex allievi, a quell’epoca...E fu molto interessante il parere che lui diede sulla mia candidatura,
perché io posi la mia candidatura: mi ero occupato abbastanza di cifre, investimenti eccetera, per
cui passare direttamente al Bilancio non mi faceva paura. Mi ricordo che nel suo parere incluse: “È
un uomo di cifre” [ride]...E così fui nominato – anche per altre ragioni, evidentemente, di equilibri,
nazionalità eccetera: quelle hanno sempre giocato un ruolo importante chiaramente – e divenni
Direttore, indipendente. La Direzione era indipendente: partecipavo alle riunioni della Commissione
quando mi chiamavano, come il Direttore Generale van Gronsveld – lui contribuì alla mia nomina,
ma già sapendo che io sarei diventato indipendente. E lì mi trovai di fronte, a parte la preparazione
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del bilancio che era una cosa non leggera, alla necessità di creare un regolamento finanziario per la
fusione degli esecutivi e la fusione, quindi, dei bilanci: fusione dei bilanci che riguardava
naturalmente i due bilanci dell’EURATOM e della Comunità Europea, e non quello della CECA,
che per ragioni evidenti, essendo alimentata dal privato, non poteva essere “buttata” nel bilancio
generale. Per cui, la parte amministrativa venne versata dalla CECA ogni anno alla Comunità
Europea: dall’altro [lato], la parte funzionale aveva un bilancio a parte, che era un bilancio CECA,
che poi rimase negli anni fino alla “morte naturale” a 50 anni della CECA...E là [era] il problema
grosso, quello più difficile: il problema del regolamento finanziario...E lì mi fu molto d’aiuto, devo
UE
dire, Patrick Everard, che è stato poi membro della Corte dei Conti. Lui fu mio assistente in quegli
anni perché, non avendo formazione giuridica, avevo necessità evidentemente...Avevo le mie idee
AH
molto chiare su quello che si doveva fare, secondo me, ma devo dire che la messa in termini
giuridici poneva un problema...Lavorammo assieme, è stato un lavoro molto duro ma
interessante...E venne fuori – quand’è che venne fuori il primo regolamento, pare che fosse il
EU
’72...sì sì, un anno prima dell’adesione della Gran Bretagna, del Regno Unito, scusate... – [breve
erano stati molto ben delineati [breve pausa]...
HA
pausa] [che] certi principi di allora, fra cui quello del controllo finanziario – che assunsi nel ’73 –
Tra parentesi, io credo che sia stato un errore quello di ridurre il controllo interno alla Commissione
UE
allo stato di una sottospecie di controllori distribuiti nei vari uffici...Un errore, secondo me,
strategico importante, perché si dimenticò una cosa: ed è che il controllo interno era stato voluto,
AH
stranamente, anche dagli esperti finanziari degli Stati membri, come contro-altare alla tendenza del
Parlamento europeo a volersi immischiare nella gestione della Commissione. Quindi quello che ha
EU
fatto adesso [la Commissione] sarà un regalo al Parlamento Europeo, avvelenato per
l’Amministrazione della Commissione: ma è un errore strategico importantissimo, secondo me.
HA
Perché io avevo una totale indipendenza: tant’è che il più grosso rifiuto di visto che ho fatto, l’ho
fatto malgrado tutto quando responsabile amministrativo, quindi non funzionale, ma
amministrativo, era a Tugendhat [n.r. Christopher Tugendhat]...E quando la Thatcher strillò perché
io avevo rifiutato 900 milioni di euro – non erano euro, erano ECU – dell’Agricoltura, Tugendhat
era dello stesso partito della Thatcher e credo che gli ho fatto...Però non ha reagito, ha lasciato
fare...Capisce, era un’altra cosa...E quando Ortoli era diventato allora Presidente della
Commissione, non in questa occasione, ma in un’altra occasione in cui avevo fatto un rapporto, mi
ricordo, sui problemi relativi al commercio dell’orzo – soprattutto per le birrerie, naturalmente – in
cui c’erano delle distorsioni che si erano create, ci fu una levata di scudi del Parlamento Europeo. E
io fui chiamato al Parlamento Europeo perché volevano sapere da me: prima di tutto, [il Parlamento
voleva] che gli dessi il documento, e in secondo luogo che commentassi questo documento. Io mi
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sono rifiutato: è stato un danese, mi ricordo ancora, un danese a dire: “Io se fossi in Lei, darei le
dimissioni”...Io non ho dato nessuna dimissione...Ma Ortoli si trovò in difficoltà, perché gli
minacciarono la censura, perché non voleva dare questo documento, e aveva ragione...Ma almeno
c’è stata una rappresentazione d’indipendenza, di gestione e di responsabilità di gestione, cioè
[affermando]: “Non dovete voi, Parlamento Europeo...”...Capisce, poi evidentemente sotto la spinta
dei parlamentari che dicono che il visto ritarda, che questo, che l’altro...Storie...E’ che,
evidentemente, quelli che gestiscono direttamente le spese vogliono essere molto più liberi...
UE
MD: Alla Direzione del Bilancio, chi erano i Suoi collaboratori più stretti?
AH
CF: Alla Direzione del Bilancio...Dunque ci fu il mio assistente: il mio assistente, ho già detto, era
un belga, Patrick Everard, che poi divenne membro della Corte dei Conti...molto, molto in gamba...
Poi Vicario [n.r. Francesco Vicario], un italiano, che veniva da un ministero, ma non mi ricordo da
EU
che ministero venisse...Poi c’era il controllore Finanziario, che era un Capo Divisione, era
HA
alsaziano, non mi ricordo più il nome...Schwenck [n.r. Jean-Robert Schwenck]...E devo dire che
erano molto in gamba, molto in gamba...Poi c’era il Cassiere, Smulders [n.r. Antoon Smulders], mi
pare che si chiamasse, olandese...Mi sono meravigliato di me stesso, mi vengono in mente i nomi
UE
[ride]! Non credevo...Schwenck era un personaggio molto introverso, ma di un’assoluta
AH
affidabilità...
EU
[Breve pausa]
MD: Lei ha parlato delle relazioni tra questa Direzione autonoma [Controllo Finanziario], la
HA
Direzione Generale...com’erano queste relazioni?
CF: All’epoca in cui ero Direttore del Controllo...Dunque, il controllore – che non ero io –
Schwenck, aveva una certa libertà d’azione, e naturalmente interveniva col visto già da allora: ma
interveniva anche con dei controlli di cassa eccetera, e con un’assoluta libertà dal punto di vista
funzionale. Cioè, nelle sue funzioni di controllore finanziario, io l’ho sempre lasciato libero di
decidere completamente al di fuori di direttive: non di direttive di servizio, che erano necessarie per
l’organizzazione, ma assolutamente sulla sostanza dei problemi non c’erano [condizionamenti]...E
invece quello che conducemmo con molta difficoltà furono le trattative presso il Comitato di
Bilancio, che era costituito da rappresentanti degli Stati membri. Essenzialmente, per esempio,
dall’Italia venivano quelli del Tesoro. Dalla Francia successivamente ci furono vari rappresentanti.
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Entretien avec Carlo FACINI (18.02.2004)
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Uno di quelli con cui mi trovai più d’accordo, al momento di negoziare con la Gran Bretagna i
termini della sua adesione dal punto di vista finanziario, il mio “dirimpettaio” francese era
Candessus, che è stato poi Governatore della Banca di Francia: mi pare poi è andato all’FMI [n.r.
Fondo Monetario Internazionale] se non erro, come Direttore Generale, e prese tutta questa pioggia
d’insulti, adesso...Però un uomo estremamente intelligente e preparato, perché non sarà facile
neanche adesso trovare un’alternativa alla politica verso i Paesi in via di sviluppo...
UE
MD: Il compito esatto di questo Comitato finanziario?
CF: Dunque, parliamo del Comitato di Bilancio: il Comitato di Bilancio preparava le decisioni del
AH
Consiglio dei Ministri del bilancio e delle finanze per quanto riguarda il Bilancio, e quindi svolgeva
l’esame tecnico. Lì quello che si può dire è una cosa che salta agli occhi: il Bilancio era per tre
quarti bilancio agricolo, e per un quarto era il resto. I tre quarti del Bilancio, agricoli, io facevo di
EU
tutto per metterli in discussione, ma non ci sono mai [con enfasi] riuscito...Ed era estremamente
HA
interessante vedere poi le sorti del Bilancio, che erano determinate da quella parte: ma la
discussione era sul resto...Tanto che su questo 25%, c’erano questi poveri esperti dei ministeri che
facevano di tutto per abbassare il numero del personale, il rinnovo del materiale, tanto che una volta
UE
mi ricordo che dissi al belga – non mi ricordo chi fosse, d’altronde – che venne fuori con delle cifre
infime – noi avevamo bisogno di materiale perché eravamo ancora in crescita, eccetera – e gli dissi:
AH
“Guardi che ho fatto un calcolo: che se dovesse prevalere la Sua opinione, l’ammortamento dei
mobili dovrebbe durare 120 anni...” [risate]. Ci davano un minimo così...Ma, capisce, queste poi
EU
erano delle vere battaglie, ma delle battaglie su un quarto del Bilancio...Le battaglie sul resto, io
riuscì a metterne in marcia qualcuna...ma era molto difficile – a quell’epoca chi era il Direttore
HA
Generale dell’Agricoltura? Adesso mi sfugge chi fosse – queste erano le condizioni in cui si
preparava il Bilancio, che poi nella sua forma di progetto preliminare, diciamo, veniva presentato ai
Ministri e al Parlamento, con tutto l’iter assai complicato...
[Breve interruzione]
MD: C’erano relazioni particolari tra la Direzione del Bilancio e del Controllo e il Segretariato
Generale?
CF: Beh, col Segretariato Generale, con Noël avevamo spesso a che fare. Nöel è sempre stato il
perno attorno al quale girava tutta l’amministrazione, è stato un uomo fantastico...Ha avuto poi la
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gentilezza di chiedermi di fare il controllo dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze, che feci
per sei anni poi...eravamo in ottimi rapporti d’amicizia con Emile Noël... In parte però
l’interlocutore principale o gli interlocutori principali erano quelli dell’Agricoltura, evidentemente
per forza di cose, e quello dell’Amministrazione, che dopo van Gronsveld passò al francese Strasser
[n.r. Daniel Strasser]...con il quale, sulla base delle prime previsioni, preparavamo un bilancio già
più accettabile rispetto alle ambizioni dei vari servizi...
UE
[Breve pausa]
AH
MD: ...Niente relazioni, per esempio, con il COREPER?
CF: Sì sì, con il COREPER per forza, il COREPER era il secondo gradino: praticamente il
Comitato di Bilancio era composto dagli esperti finanziari del COREPER, e quindi poi i risultati
EU
venivano presentati al COREPER. Poi la Commissione faceva il progetto di Bilancio, che veniva
HA
presentato alla trafila.
MD: So che forse è una domanda un po’ strana, ma come organizzava il Suo lavoro per preparare il
UE
Bilancio?
AH
CF: Beh, [per] la preparazione del Bilancio, avevamo dei contatti coi singoli ordinatori, e con loro
si discuteva dei vari capitoli, perché noi non dovevamo non solo mediare, ma anche essere
EU
informati su quello che c’era dietro le domande eccetera...Le domande puramente amministrative
sul personale erano, per esempio, tutte filtrate prima dall’Amministrazione, e poi dal Bilancio, ma
HA
c’erano delle riunioni coi vari ordinatori per mettere a punto i vari capitoli di bilancio...Ma era un
lavoro abbastanza [con un’espressione ne sottolinea la gravosità]...
MD: Controllo finanziario [breve pausa]...Questa funzione era anche, per esempio, di controllo di
utilizzazione delle fonti per pagare i membri del personale che non erano di carriera, che lo fossero
[solo] dopo dieci, dodici anni – certi sono entrati nel ’61, ’62, ’63, e sono rimasti con uno statuto di
sei mesi...E tutto questo ci è stato spiegato da diversi testimoni, dicendo che da questo punto di vista
non era molto chiaro...?
CF: È stata in realtà, per essere chiari allora, una battaglia perduta dal Controllo Finanziario, e che
la Commissione e Noël in particolare – non è che gliene volessi, ma erano certamente dalla parte
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opposta della barricata – lasciò andare perché il rifiuto permanente del potere di bilancio,
soprattutto da parte del Comitato di Bilancio – meno forse da parte del Parlamento – [con
l’intenzione] di ridurre al minimo il quadro del personale, ha fatto sì che i bisogni sono stati
[soddisfatti], evidentemente, con qualche maquillage: “Ma sì, questi non sono bisogni permanenti,
ricorriamo ad altre cose...”. Ricorso ad altre cose fu, per esempio, in un primo tempo, un’invasione
di ausiliari, ma gli ausiliari erano ancora nel quadro dello Statuto, anche se a tempo
determinato...Però poi il tempo determinato divenne indeterminato, e ci fu poi il periodo
dell’integrazione, che fece parecchie vittime sul terreno, e Dio sa se...Comunque quello passò, ma
UE
poi ho visto che, progressivamente – meno durante il tempo in cui c’ero io, perché io ero
ferocemente contro queste genere di cose – si è creato attorno alla Commissione – e adesso [ne]
AH
vediamo i risultati... – una specie di sottofondo non meglio identificato di organizzazioni private
eccetera, che in realtà sono esclusivamente dei prestatori d’opera, capisce? Per cui, parallelamente a
quello che può fare Adecco [n.r. agenzia per il lavoro interinale] o altri, ci sono anche attorno alla
MD: Che esisteva già alla fine degli anni ’60?
HA
EU
Commissione quelle piccole isole che forniscono il personale per...Questa è la situazione attuale...
UE
CF: Non in questa misura, no, assolutamente...C’era già l’accenno...E purtroppo io devo dire che
questa specie di illusione, che si possa fare di un’amministrazione pubblica un ente privato, è
AH
assolutamente sballata...È perché non siamo abbastanza forti per imporre certe regole, e non per
altro: perché guadagniamo pure sul piano delle spese – può darsi, non sono sicuro – ma certamente
EU
che uno, chiamato a un servizio pubblico, abbia come prima preoccupazione – come prima
preoccupazione [sottolinea] – il beneficio della società, non esiste, non esiste proprio...E d’altra
HA
parte, se ci fosse bisogno di una controprova di altro tipo, vediamo che cosa è successo alla Arthur
Andersen [n.r. società di servizi di accounting e di consulenza]...Ma perché questo? Quello che è
successo alla Arthur Andersen è ancora non perdonabile, per carità, ma ancora comprensibile,
perché è da privato a privato [n.r. il testimone si riferisce al caso Enron negli Stati Uniti e al
coinvolgimento della Arthur Andersen]...però con una funzione che doveva essere assolutamente
protetta dal servizio pubblico. Io ho avuto l’occasione – forse è per questo che ho le idee abbastanza
precise – di fare dei corsi alla Scuola Superiore di Commercio di Parigi proprio nel settore del
management pubblico: e francamente, mettere management pubblico uguale a management privato,
non esiste, non esiste proprio! Ora, quello che si sta facendo qui, in questo momento, è mettere nelle
mani del privato delle cose che secondo me... È vero che le formule sono tali, per cui io non lo so
[nel pubblico] fino a che punto ci sia una responsabilità condivisa, preferisco non fare critiche: io
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critico solo il principio. Due principi io critico: quello di cui sta parlando Lei, questa specie di
galassia di privati che girano attorno ai Servizi centrali della Commissione, e una...e la seconda è la
smobilitazione del controllo finanziario interno. Io mi ricordo perfettamente che quando ne parlai a
quell’epoca...a quell’epoca il mio capo era Cheysson [n.r.: Claude Cheysson]...E con Cheysson
avemmo fin dall’inizio ottimi rapporti da un lato, benché fosse un uomo esplosivo: quando gli
venivano i quattro minuti, faceva tremare anche la casa! Lui concepiva il controllo interno come
qualcosa di positivo, nel senso che, se c’erano difficoltà, preferiva conoscerle subito, piuttosto che
venissero fuori troppo tardi, dopo eccetera, per cui era in contatto permanente con me. E gradiva
UE
molto che ci fossero, per esempio, dei rapporti sulla buona gestione – i quali erano di competenza
AH
del Controllo Finanziario.
MD: Ma il Controllo Finanziario viene staccato dalla Direzione del Bilancio nel ’67?
EU
CF: Sì, sì. Il primo controllore finanziario, il primo Direttore Generale del Controllo Finanziario è
HA
stato Ehring [n.r. Hubert Ehring], che era uno dei grossi esperti giuridici del Servizio Giuridico
della Commissione...credo che fosse già al livello A1, quando è stato nominato...
UE
MD: E il motivo di questa differenziazione tra Bilancio e Controllo Finanziario?
AH
CF: [...] Credo che fu un’idea nata, direi, per la forza dei fatti, ma che venne presentata e motivata
da Emile Noël, che nei rapporti col Parlamento vide la necessità di creare qualche cosa che avesse
EU
tutte le garanzie d’indipendenza...Il primo fu Ehring...rispetto al quale io poi, quando lui lasciò,
quando fui nominato detti un colpo di timone abbastanza duro perché, basandosi sul fatto che la
HA
politica agricola era “fatale”, il controllo che lui faceva del FEOGA era secondo me troppo leggero,
e troppo pesante quello altrove. Infatti io sul controllo amministrativo detti un colpo nel senso della
possibilità dei controlli per sondaggio, quando si trattasse di visti per operazioni ripetitive in cui non
si poteva per ogni missione andare a guardare il fondo: per cui alleggerii il lavoro, ma indirizzai
pesantemente verso il FEOGA il controllo finanziario.
MD: E i rapporti con la Corte dei Conti?
CF: I rapporti con la Corte dei Conti sono stati relativamente buoni: tra il Controllo Finanziario e la
Corte dei Conti c’erano molti punti in comune, c’era un rispetto reciproco, per cui sapevano che se
avessero minimamente toccato l’indipendenza del giudizio del Controllo Finanziario avrebbero
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trovato un muro. Però anche col Presidente francese – di cui mi sfugge il nome, adesso, non ricordo
più come si chiama – mi sono trovato relativamente bene: abbiamo collaborato più o meno bene a
seconda delle persone [pausa: breve scambio tra testimone e ricercatrice]...Cioè, io afferrai – e
questo era forse il punto essenziale – dopo un esame di tutte le fasi – e lì Chesson mi aiutò
parecchio – due punti d’incontro per il Controllo Finanziario con la Politica Agricola Comune. Il
primo [punto di] incontro è stato la costituzione di una commissione di controllo, costituita da
esperti nazionali, con il solo scopo di esaminare le frodi in agricoltura: in teoria presiedeva
Chesson, in realtà presiedevo io perché Chesson aveva ben altri problemi da risolvere...Il secondo
UE
aspetto è il punto di passaggio obbligato costituito dall’apurement des comptes del FEOGA, e lì noi
siamo intervenuti a più riprese, fino a quel rifiuto di visto [n.r. vedi sopra il caso dell’Inghilterra]
AH
che mi costò anche...mi inseguirono per quella cosa lì [risate]. Comunque...e poi andai su tutte le
gazzette: il Financial Times per un errore di stampa – d’abitudine gli inglesi, quando parlano di un
italiano mettono “Signor tal dei tali...”, quindi Sig. – c’era un rifuso di stampa, per cui ero Sir Carlo
EU
Facini [risate]. Invece di Sig. c’era Sir...mi sono molto divertito in quella occasione...Ma è stato un
HA
rifiuto di visto basato su un problema molto chiaro: la Commissione aveva constatato che gli inglesi
non applicavano le regole del Mercato Comune nel campo del latte. E io ho capito una cosa: che
questi avrebbero continuato a fare quello che facevano se non c’era un alt. Per cui su questa base,
UE
sul fatto che la Commissione faceva un ricorso alla Corte di Giustizia, io ho messo il mio rifiuto di
visto sull’apurement des comptes...E’ stata un’esplosione...pare che la Thatcher sia saltata al soffitto
AH
[ride]...Ma era stata efficace, perché quarante-huit heures dopo, la Thatcher ha dato disposizione
che i regolamenti fossero immediatamente rivisti, e sparirono immediatamente tutte le infrazioni
EU
comunitarie in materia di latte...quarant’otto ore [pausa]...Ma così vedo [adesso] con tristezza che il
[risate]...
HA
Controllo Finanziario è una specie di [ride amaramente]...la mummia del Controllo Finanziario
MD: Ci ha parlato del Suo impegno didattico a Parigi: ha avuto, ha ancora oggi una forma di
impegno europeo fuori dalle sue funzioni?
CF: No no, ho lasciato tutto, completamente...Abbiamo tenuto uno studio durante un certo periodo
di tempo, con l’intento soprattutto di facilitare la comprensione dei problemi europei alle imprese,
ma purtroppo poi siamo rimasti in due soli, i rapporti con l’Italia bisognava farli curare da qualcuno
e non ne avevamo la possibilità, e ho lasciato, ho mollato tutto...No no, adesso non ho più nessun
incarico...Sì, ho fatto qualche conferenza, ma non recentissimamente...Quello di Parigi è stato
interessante, ma l’ho lasciato perché era troppo pesante...Lei insegna a Lovanio?
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MD: Sì.
CF: E quindi sa perfettamente quanto bisogna lavorare, prima di potersi presentare davanti a dei
giovani che ti stendono con le prime domande...No, non perché avessi paura, ma veramente perché
mi dava [un impegno gravoso], non potevo non essere aggiornato...e poi andare su e giù a Parigi era
un po’ pesante...Invece continuai con l’Institut Européen des Affaires Publiques et du Lobbying...lì
facevo una serie di conferenze sul bilancio del Mercato Comune, sull’evoluzione della moneta
eccetera...Tra parentesi, Lei [rivolto alla ricercatrice] essendo italiana ne ha sentito parlare: mi fa
UE
veramente orrore sentire della gente, dei politici che dicono che l’Italia si è fatta avere, quando sono
stati fissati i tassi di cambio tra l’euro e la lira...c’è stata una battaglia che non se la immaginano
AH
neanche! I tedeschi avrebbero fatto saltare tutto piuttosto che concedere – avevano già concesso
qualcosa – un altro po’ di fiato alla lira, nel senso che la lira era andata sotto i 2000 [n.r. nel
rapporto di cambio con l’euro], e gli italiani la volevano sopra i 2000...Erano tutti contro, ma i
EU
tedeschi erano decisamente contro...bah! [con enfasi]. Adesso dicono: “Ah, non è stata negoziata
HA
bene...”...ma come non è stata negoziata bene. Non capite niente, ragazzi! Bisogna averle vissute
‘ste cose qui...
UE
VS: Avrei voluto vederla la lira fuori dall’euro, negli ultimi due anni...cosa sarebbe accaduto!
AH
CF: Mmmh...io ho vissuto la svalutazione della lira quando facevo il controllo dell’Istituto
Universitario, ho fatto anzi addirittura uno studio: i vantaggi e svantaggi dell’ECU – era l’ECU,
EU
ancora – per il bilancio dell’ Istituto Universitario Europeo. E poi è stato forzato a passare all’euro,
quindi il problema non si pone più...No, ma rispetto a questa enorme evoluzione, che è stata quella
HA
[dell’introduzione dell’euro]...La lira non teneva neanche come moneta-paniere! Il paniere delle
monete, che come Lei sa è la somma di tanti piccoli pezzi di ogni moneta, doveva rappresentare
praticamente una moneta comune. In realtà questa moneta comune faceva acqua, tanto è vero che a
un certo momento c’è stata la lira che è uscita dallo SME proprio perché non ce la faceva a rientrare
[n.r.: nei limiti di oscillazione una volta fissara la parità tra ECU ed EURO], insomma...Poi l’ECU è
uguale a un euro, e lì bisognava vedere com’era quotato l’ECU sui mercati dei cambi rispetto alle
varie monete. Quindi era un calcolo che doveva prescindere, in principio, da altre considerazioni.
Invece di prescindere da altre considerazioni, siccome la lira [aveva dei problemi]...erano riusciti ad
ottenere che la lira si avvicinasse ai 2000: però ai 2000 non c’erano arrivati, e non ci potevano
arrivare...Ma questo è un commento a posteriori, di qualcuno che ha seguito da vicino (queste
vicende)...
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[Breve scambio tra professore e ricercatrice e pausa caffè]
[Si riprende a parlare in materia di Politica Industriale, in particolare si chiede al testimone qual
era il concetto di politica industriale alla Commissione negli anni ‘60]
CF: In realtà, io credo che l’intervento in materia di Politica Industriale sia stato messo in atto in
parte per i settori in difficoltà, tipo cantieri navali, per dare un esempio...naturalmente, siderurgia,
secondo le regole della CECA, quindi interventi eccetera...Ma, su un piano orizzontale, in realtà si
UE
fece in favore dell’Industria soprattutto una grossa apertura sullo sviluppo della ricerca. Credo che
questa sia una delle cose più importanti assieme alla Politica Regionale. Quindi, senza che io possa
AH
identificare una politica industriale uniforme, concepita globalmente eccetera – che forse sulla carta
la troveremmo, se prendessimo dei documenti – nella realtà si è tradotta piuttosto, in maniera
abbastanza efficace, devo dire, su questi due piani: Politica Regionale e Ricerca. E poi naturalmente
EU
sul piano delle difficoltà settoriali. In secondo luogo, non bisogna dimenticare che concorre alla
HA
Politica Industriale anche la Politica di Concorrenza, che è un grosso capitolo della Politica
Industriale [...]. Quindi è evidente che gli interventi finanziari sono alla base di tutta una serie di
operazioni abbastanza importanti. Io direi che, per esempio, per la Politica Regionale – tra
UE
parentesi, sulla Politica Regionale, se volete che io dica qualche cosa di chi ha fatto la Politica
Regionale, dovrei parlare di Renato Ruggiero, che è stato un caro amico, e con cui francamente
AH
abbiamo fatto delle discussioni su come organizzare la Politica Regionale estremamente interessanti
alla sua epoca...È chiaro che la Politica Regionale è stata fatta in funzione dell’Italia, e applicata in
EU
funzione degli altri Paesi, perché l’Italia purtroppo in materia di iniziativa è stata sempre indietro
rispetto agli altri, non ha mai realizzato. Io do sempre l’esempio della battaglia italiana per avere in
HA
un’altra materia, che è quella agricola, un Fondo Orientamento che fosse ancorato alla politica della
produzione agricola, dei mercati agricoli: e [l’Italia] riuscì ad ottenere che un terzo – mi pare fosse
un terzo – delle spese dovevano essere dedicate agli interventi...L’Italia non seppe mai e poi mai
[con enfasi], dopo aver fatto ‘sta battaglia, ceduto su altri piani, sul latte, su questo, sull’altro...ha
ottenuto di avere questo terzo, e non l’ha mai usato...l’ha usato nella misura del 20%...E purtroppo a
queste cose non si è riusciti a dare una soluzione, perché per il bene della Comunità sarebbe stato
estremamente importante che la Commissione cercasse un’organizzazione che in Italia non c’era,
evidentemente, e che realizzasse queste cose. E quindi altri Paesi ne hanno beneficiato molto più
largamente dell’Italia...
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VS: E difatti questa era una delle domande del dossier regionale, per noi, cioè diciamo: l’Italia ha
spinto molto per la Politica Regionale, ma ne è stata la vera beneficiaria? La risposta è [no]...
CF: Ma poi siccome queste decisioni erano sempre prese do ut des, quando hanno fatto questa
battaglia per ottenere il Fondo Orientamento ben ancorato, diciamo, al Fondo Garanzia, [l’Italia] ha
dato qualche cosa altrove, sui mercati agricoli in particolare...La frutta e verdura che non arrivava
mai [risate]...E poi non lo utilizzò per niente...Per niente, insomma...in misura estremamente
debole. Comunque invece i regolamenti, il lancio vero e proprio della Politica Regionale, è stato
UE
anche lì un lancio di grande momento...Visto che è italiana [rivolto alla ricercatrice], lo saprà,
l’Italia è proprio...lo scolaretto [risate]...non c’è iniziativa, non c’è...non so, comunque...
AH
Dunque, questo per la Politica Industriale. Quindi [è] una domanda alla quale non si può rispondere:
non c’è una politica industriale, ma, bisogna rispondere, ci sono parti di politica industriale...Forse è
una vista un po’ rimpicciolita, mi direte, non lo so, ma credo che corrisponda a quello che si vede
EU
sul piano pratico...Quindi su questa domanda...Però devo dire che c’era un Direttore Generale –
HA
come si chiama? Ha un nome un po’ slavo...quello che è stato Direttore della Politica Industriale,
appunto...io adesso in Italia non so cosa faccia di preciso [si riferisce a Perissich, Direttore Generale
nome del personaggio in questione]...
UE
dell’Industria dal 1990 al 1994] [breve scambio tra testimone e ricercatrice per rammentare il
Più tardi si è sviluppato un po’ [n.r. il concetto di Politica Industriale], ma...secondo me la mia
AH
opinione è questa, che ci sia...Beh, anche il ravvicinamento delle legislazioni può essere considerata
un’operazione di politica industriale, non è mica da escludere...Io feci un congresso...[si alza per
EU
prendere una cosa] guarda, l’ho tirato fuori ieri. Tra le cose che ho fatto, mi ero dimenticato
[pausa]...Non lo so dov’è l’ho messo [ride]...non so proprio più dove l’ho messo...ah, ecco! “Atti
HA
sulle giornate di studio sulla normalizzazione elettrotecnica” [pausa]...Era il ’66 [sfoglia l’opera in
questione: si sofferma sui partecipanti al congresso]...Jean Remy, che allora era Presidente del
Comitato Elettrotecnico belga...
VS: Quindi in questo studio si parla dei gruppi di lavoro per settore, organizzazione, i loro membri,
tutto quanto?
CF: Sì, ma questo era soprattutto sulla questione della normalizzazione, che nei suoi casi estremi
era considerata come un ostacolo agli scambi [continua a sfogliare l’opera]...Guardavo, dove
diavolo...?! Sono veramente troppo modesto...Dove diavolo ho messo il mio nome?! [risate:
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riprende a sfogliare l’opera]...No, non c’è il mio nome...eppure l’ho fatta tutta io ‘sta roba qui!
[risate: continua a sfogliare l’opera]...Elenco dei partecipanti...
VS: Dovrebbe aggiungere almeno il nome a penna...
CF: Mi sarò messo almeno nei partecipanti, spero [risate]!...Ah, Facini...
UE
VS: Ah, c’è, meno male!
CF: Sono tra i partecipanti...avevo organizzato tutto io...Povero cristo, ma guarda un po’...Va beh,
AH
non fa niente: comunque è stata una delle prime operazioni. Poi dopo – anche durante – ho
presieduto tutte le riunioni dei vari gruppi industriali.
HA
EU
[Pausa]
VS: Parlando poi delle decisioni per settori specifici, Lei come lo definirebbe: un approccio
AH
CF: Dal punto di vista di questo tipo...
UE
difensivo? O invece una politica industriale più costruttiva, dal Suo punto di vista?
VS: Il fatto di prendere le decisioni, esatto, per settori specifici, quindi gruppi di studio per settore:
EU
non un approccio, come ha detto Lei, globale, ma giustamente...
HA
CF: [Un approccio] Un po’ forzato, perché gli esperti nazionali...Ora, diciamolo in margine alla
linea principale – che è quella di sapere se facciamo una politica, non facciamo una politica... – c’è
tutta una messa in opera dello studio per la politica: e a quel livello lì ci sono dei paracarri, dei punti
di riferimento off limits, per cui le amministrazioni nazionali non hanno mai ammesso troppi
debordamenti...Che è chiaro che i rapporti che ci sono tra l’Industria e le proprie amministrazioni
nazionali sono talmente solidi, che basta che uno dica: “Ehi! Fermatevi di qua, fermatevi di là”, e
[ci] si ferma. E siccome la Politica Industriale vera e propria non è sanzionata da disposizioni
specifiche [breve pausa]...Non so, forse c’è qualche cosa che mi sfugge, ma ho l’impressione che
non sia proprio possibile dire: “C’è stata una Politica Industriale”...
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VS: E anche da quello che ha detto, i legami tra le lobbies e i gruppi di studi per settore com’erano?
Erano legami forti...
CF: Sì, legami abbastanza forti, perché sia per gli studi di settore, ma soprattutto per i gruppi di
armonizzazione tecnica era indispensabile, assolutamente indispensabile: perché l’apporto delle
associazioni – noi cercavamo di canalizzare tutto sul piano delle associazioni europee, che erano
molto numerose, oltretutto...E quindi c’era una sorta di osmosi, con l’Industria, perché era
indispensabile, d’altronde...era indispensabile...Come dico, erano problemi che toccavano
UE
immediatamente...quello [n.r. il ravvicinamento] delle regolamentazioni tecniche, si faceva sulla
pelle degli industriali...Appena si toccava una regolamentazione tecnica, per esempio per fare quello
AH
che abbiamo chiamato il riconoscimento reciproco dell’omologazione delle automobili: è stato un
campo estremamente sensibile, non si poteva assolutamente marciare senza consultare gli
industriali. Come dico, arrivammo a un punto in cui tutto era pronto, ma non era ancora il momento:
EU
perché quando si trattò dei vetri di sicurezza, mi ricordo, abbiamo saputo tramite l’Industria che era
HA
in corso la creazione, presso uno dei vetrai, di un grosso impianto per la creazione dei vetri
sandwich eccetera, e che avrebbe spazzato via chissà che cosa...Quel solo fatto voleva dire mettere
un’enormità di finanziamenti in causa, se noi avessimo per esempio rifiutato quel tipo di vetro. Poi
UE
dopo si è verificato che era il migliore, per cui da quel punto di vista [il problema] è stato superato.
No, i contatti con l’Industria sono stati molti...Poi chiamiamole lobbies, se vuole, perché
AH
naturalmente quando le chiamiamo noi non è lobbies, quando vengono loro è lobbies, non cambia
EU
granché [ride]!...Era una collaborazione che è stata anche fruttuosa, in sé...
VS: Parlando sempre un po’ dell’Italia, quando nel ’62 viene creato il Comitato d’azione e di
HA
collegamento per l’industria dello zolfo: che cosa ci può dire di questo Comitato?
CF: Mah, l’industria dello zolfo è una cosa...di quel poco che mi ricordo, eh?...È chiaro che le
miniere dello zolfo italiane erano miniere allo stato ormai di disfacimento: prezzi altissimi,
malgrado che i salari fossero bassissimi; prezzi di estrazione estremamente elevati, in un contesto
europeo che vedeva lo zolfo di Lac, in Francia, crescere con delle produzioni enormi, che vedeva
dei prezzi dello zolfo bassissimi. E quindi che si poteva fare? Niente altro che chiudere
progressivamente le miniere, proteggere durante il periodo transitorio lo zolfo italiano, mi pare che
ci fossero... È per quello – non mi ricordo più, se è per quello... – sì, è per quello, mi pare, che
avessero stabilito che per ogni tonnellata estratta in Italia si poteva importarne una tonnellata
dall’estero, o qualcosa del genere, insomma: c’è stata una misura di salvaguardia di quel tipo...
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VS: C’erano state anche misure di salvaguardia nei confronti dei lavoratori...
CF: Beh, i lavoratori erano un capitolo a parte del riadattamento, eccetera...quello è un capitolo a
parte...Ma non si poteva che chiudere. D’altronde, per il carbone è stata la stessa cosa qui in Belgio.
Io ho visitato, mi ricordo, a Liegi una miniera che si chiamava Quatre Paumes: quatre paumes vuol
dire quattro palmi: sono andato giù nella miniera, e vi garantisco che venivano coltivati degli strati
di carbone di questa dimensione qui...ora, gli uomini stanno lì sotto e scavano il carbone, a mano a
mano, eh? Io a quell’epoca ero ancora alla CECA, il mio patron era un minatore, un ingénieur des
UE
mines, e che era appassionato di scendere nelle miniere, e io dovevo scendere nelle miniere con lui:
Le confesso che non mi piaceva per niente, specialmente quando andavamo a visitare il taglio del
AH
carbone...Quando c’è stato Marcinelle, ad esempio, il mio patron ha fatto parte del comitato
d’inchiesta...è interessante sapere com’è successo, vuol sapere, o non c’entra niente veramente
EU
quello? [il testimone racconta della tragedia nella miniera di Marcinelle]...
HA
VS: Va bene, torniamo a parlare delle risorse proprie e del rafforzamento del Parlamento Europeo.
Lei seguiva in questo gruppo i lavori del COREPER [n.r. il gruppo della Commissione incaricato di
seguire i lavori del COREPER]. Riguardo anche al rilancio di questa questione: perché ritorna
UE
all’ordine del giorno della Commissione, da dove viene l’iniziativa e così via...come reagirono i
AH
Commissari...?
CF: Dunque, risorse proprie...devo dire che il termine è improprio: nel senso che è l’etichetta
EU
politica che hanno voluto dare, e che forse all’origine voleva anche dire qualche cosa, ma in realtà
non vuol dire...Io considero che, l’ho detto prima, rispetto alle risorse vere e proprie della CECA,
HA
eravamo passati prima a un regime di contribuzioni nazionali, venute quindi da bilanci nazionali, e
poi [il sistema] si è evoluto, anche per ragioni politiche evidenti: cercare di passare ad un sistema
europeo più democratico e più ancorato alle realtà dei vari Paesi. Per quanto riguarda il fatto di
ancorarlo alle realtà dei vari Paesi, voleva dire non fare il conto oggi del tanto percento di ciascun
contribuente, ma vedere se ci sono delle risorse che rappresentano un potere economico del Paese, e
che quindi [il sistema] è commisurato alla possibilità di tassare quel Paese. E si era identificata
l’IVA, la TVA, come fonte di approvvigionamento finanziario relativamente coerente con le
possibilità dei Paesi: in realtà, coerente non tanto con le possibilità dei Paesi, ma piuttosto con la
spesa dei Paesi, perché l’IVA è commisurata all’ultimo utilizzatore, quindi in realtà ai consumi. Ciò
detto, quello che noi avevamo tentato di fare per salvare il salvabile, era di avere la possibilità di
avere la frazione direttamente indirizzata sul bilancio comunitario degli introiti IVA, e non
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passando per i bilanci nazionali. Ma un po’ alla volta, sotto la spinta dei Paesi che la vedevano male
questa cosa, si è arrivati invece a una risorsa che è commisurata – quasi statisticamente
commisurata, si può dire – alle risorse dei Paesi...ma non una [risorsa propria], perché noi
dicevamo: “La risorsa propria è risorsa propria quando nasce”. E se è risorsa propria, quando nasce
noi dobbiamo avere la possibilità di introitarla e di controllarla...Va beh, erano idee, così...In realtà
è stato un passo avanti lo stesso rispetto alle contribuzioni degli Stati membri. Parallelamente,
proprio perché prima erano contribuzioni degli Stati membri, e quindi sfuggivano al controllo
europeo, quando diventano risorse proprie non possono più sfuggire democraticamente a un
UE
controllo europeo, e quindi all’accordo del Parlamento Europeo. Parlamento Europeo che però,
ancora a quell’epoca, era nominato attraverso le assemblee nazionali: e quindi, si disse, bisogna
AH
passare a un Parlamento che rappresenti effettivamente gli elettori, e quindi al suffragio diretto.
Tutto questo andava assieme – e anche se diciamo che il termine risorse proprie non corrisponde a
una realtà altrettanto chiara – diciamo che affianco a questo, all’IVA, c’erano delle vere risorse
EU
proprie, quelle che, noi dicevamo, sono risorse proprie per natura, e cioè i dazi doganali. È evidente
HA
che il ragionamento che tenevano tutti è [che] se noi i dazi doganali li lasciamo nazionali, è chiaro
che chi, come Rotterdam, serve mezza Europa, e quindi percepisce dazi in quantità, rispetto a uno
che dazi ce ne ha pochi, perché non ha dei porti che...E perciò, secondo questo ragionamento, erano
UE
risorse proprie per natura, così come i prelievi agricoli. Quindi questi due, prelievi agricoli e dazi
doganali, sono le vere risorse proprie. L’altro [n.r. l’IVA] diciamo che è una risorsa che in qualche
AH
modo. E poi i poteri del Parlamento Europeo, evidentemente, dovevano essere...Intanto il
Parlamento Europeo ha cambiato di natura, in quanto eletto direttamente. E intanto, in secondo
EU
luogo, i poteri di bilancio del Parlamento Europeo sono cambiati. E allora mi ricordo ancora le
discussioni che ci sono state, e che sono durate fino alle cinque del mattino quella notte, tanto che io
HA
avevo detto a un amico: “Lo sai che ho passato una notte con Barre?” [risate]. E lui mi ha guardato
e ha detto: “Come?!” [risate]. E infatti era Barre che conduceva le riunioni a quell’epoca...Ma
l’importante, diciamo, dei risultati è stato anche quello di modificare i poteri del Parlamento in
materia di bilancio. Ed una delle cose che saltò fuori fu che gli Stati membri non volevano
assolutamente che il Parlamento potesse decidere il bilancio in materia agricola: quello era proprio
escluso per loro. E allora ci fu una proposta, che venne d’altronde dall’allora Ministro degli Esteri
[belga]...chi era...c’era un Harmel ?
MD: Sì, Pierre Harmel.
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CF: La cosiddetta lista Harmel che era la lista delle linee di bilancio sulle quali praticamente non
c’erano problemi, cioè le spese non obbligatorie, obbligatorie essendo quelle che derivano
direttamente dalle disposizioni esistenti. E la lista Harmel erano le spese amministrative, eccetera
eccetera. L’importante era di rompere il ghiaccio, ed effettivamente la lista Harmel fu accettata,
hanno detto: “Sì, è vero, se è solo per questo...”. In realtà non è mai stato solo per quello, perché è
stata poi l’apertura per non pochi degli altri settori, con delle disposizioni di equilibrio tra le due
teste del potere di bilancio che è un po’ complicato, effettivamente...Io avevo fatto uno schema con
tutte [ride] le possibilità di decisioni di bilancio [n.t.: ai miei corsi presso l’ESCP lo schema dell’iter
UE
per l’approvazione del bilancio occupava una enorme lavagna], ed [il sistema] è non poco
complicato: però fu approvato e i poteri del Parlamento sono diventati effettivamente molto più
AH
importanti.
EU
VS: Ed anche il lavoro di preparazione del bilancio è diventato più complesso in seguito...
HA
CF: Ah, senza alcun dubbio. Ma nell’evoluzione del bilancio comunitario, quando i bilanci delle
varie Comunità sono stati riuniti nei bilanci dell’Unione Europea, c’è stato il passaggio da un
bilancio che era un bilancio di competenza, praticamente, a un bilancio doppio, cassa e competenza:
UE
praticamente i crediti erano distinti fra i crediti d’impegno e i crediti di pagamento non per tutte le
voci, ma per alcune voci. E dunque il bilancio era doppiamente complesso, in quanto il fatto di
AH
approvare delle possibilità d’impegno era fondamentale, mentre per quelle di spesa bisognava
semplicemente rispettare le necessità prevedibili. Quindi il bilancio veramente politico era il
EU
bilancio che comprendeva quelle linee di spesa obbligatorie e non obbligatorie, ma per quanto
HA
riguarda gli impegni [breve pausa]...Non so se ho risposto alla questione principale...
VS: No no, benissimo, anzi...tutte le varie domande sono state toccate sotto il capitolo [del
Bilancio], quindi...
CF: Abbiamo toccato tutto, benissimo...
VS: Magari giusto un’ultima cosa, così...Giustamente, faceva notare che il Parlamento ha iniziato
ad avere legittimità dal momento in cui è stato eletto a suffragio universale [diretto], ma la
Commissione ha privilegiato un rafforzamento dei poteri di bilancio, piuttosto che insistere prima
sul punto della legittimazione. Secondo Lei perché?
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CF: Per forza di cose, perché la legittimazione implicava tali problemi di ordine politico per mettere
assieme il ben volere di tutti gli Stati membri, che...è stata una battaglia difficile, la più difficile,
senza dubbio la più difficile. [...] Non solo, ma il fatto che non fosse eletto direttamente giustificava
un aggancio nazionale molto più forte.
[Pausa]
UE
VS: Qualcos’altro? Mi sembra tutto...
AH
MD e VS: La ringraziamo moltissimo.
HA
EU
AH
UE
HA
EU
CF: Si figuri.
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INDEX TEMATIQUE
A
Administration
Budget
Budget,Contrôle financier
Effectifs/budget
Fusion des services
Personnel
Recrutement
Relations COREPER-DG
Relations Secrétariat général-DG
Agriculture
Budget
Protection
AH
UE
10–11; 12; 13; 14
12; 14–15; 16
14
10–11
14–15; 16
4
14
13
Concurrence
Rapprochement des législations
Construction européenne
HA
E
EU
C
UE
États membres
Italie
13
6
7
3–4; 5
6
I
11
11
5
11
3
M
HA
EU
AH
Institution
Budget
Budget,Contrôle financier
Commission
Relations avec l'Assemblée (Parlement)
Ressources propres
Marché intérieur
DG
Industrie
Libre circulation des marchandises
Rapprochement des législations
Mise en place
Marché Intérieur
DG
4
6
5
5
9–10
5
N
Nom
Braun Fernand
Candessus
Daum
3
12
5
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AH
UE
HA
EU
AH
UE
9
4
11; 12
4; 8; 10–11
2; 3
4
2
4
6
24
5
6
6
4
13; 14
4; 6; 8; 9; 11
20
8; 9
2; 3
4
12
12
8
14
11
11
10; 14
8
12
P
EU
Davignon Étienne
Durieux Jean
Everard Patrick
Facini Carlo
Carrière Commission
CECA
Entrée Commission
Formation
Gautier Etienne
Giovanni XXIII
Harmel Pierre
Hemmer Carlo
Malvestiti Piero
Mattei Enrico
Monnet Jean
Noël Emile
Ortoli François-Xavier
Perissich Riccardo
Prate Alain
Salewski
Scheijven
Schwenck Jean-Robert
Smulders Antoon
Spaak Fernand
Strasser Daniel
Thatcher Margareth
Tugendhat Christopher
van Gronsveld Joseph
Vandamme Jacques
Vicario Francesco
4
8
5
7
6
5; 6
6
7
7
HA
Politique industrielle
Harmonisation des législations techniques
Information sur les entreprises
Interventions sectorielles
Lobbies
Mesures de sauvegarde
Plomb et zinc
Rapprochement des législations
Textiles
R
Relations extérieures
États-Unis
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