Lo sfruttamento criminale del minore

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Lo sfruttamento criminale del minore
Genitori & Figli-Agitare bene prima dell’uso
di Giovanni Veronesi
Sinossi lunga
Sollecitato da una dura lite con il figlio Gigio, studente universitario folgorato sulla via del Grande
Fratello, Alberto, professore di scuola superiore, assegna alla propria classe un tema sui rapporti fra
genitori e figli. La quindicenne Nina utilizza il componimento per descrivere la sua peculiare situazione
familiare. Il quadro che ne emerge è alquanto dissestato: suo padre ha abbandonato la famiglia per andare
a vivere su una barca; l’amante di costui è anche la migliore amica della madre, la quale a sua volta ha
una simpatia per il collega Mario; il fratello minore Ettore ha sviluppato un odio feroce nei confronti degli
extracomunitari. In compenso, i passaggi che riguardano Nina in prima persona rivelano all’insegnante una
personalità brillante e ironica, capace di raccontare con un misto di partecipazione e disincanto i timori,
le tensioni, i desideri e le utopie degli adolescenti: l’ansia dell’agognata “prima volta” – lei che sembra
essere l’ultima vergine del suo gruppo di amiche -, l’incontro con un coetaneo un po’ balzano del quale si
innamorerà, le uscite in discoteca, una bizzarra serata trascorsa con dei ragazzi più grandi, il timore di
essere rimasta incinta. Alla fine, proprio grazie al tema della sua allieva, Alberto ricaverà degli indizi utili
per comprendere meglio il disagio inconfessato di suo figlio.
Presentazione critica
Introduzione al film
La fine delle ambiguità
In qualche modo fedele alla sua identità di cineasta popolare, attestatosi definitivamente sulla
commedia di largo consumo dopo gli ormai lontani tentativi di cinema più raffinato (almeno nelle
pretese), Giovanni Veronesi giunge con Genitori & Figli-Agitare bene prima dell’uso all’opera numero
dodici in poco più di vent’anni di carriera. Vi arriva senza nemmeno tentare di variare la ricetta che lo ha
reso – secondo ormai al solo Neri Parenti, dopo avere scalzato anche Carlo Verdone – uno dei registi più
affidabili della scuderia di Aurelio De Laurentiis: struttura polifonica con un coro di personaggi che si
avvicendano sul proscenio, un sovraccarico di voce narrante, residui di commedia all’italiana, una
malcelata indulgenza nella descrizione dell’universo giovanile. Proprio sotto quest’ultimo aspetto,
Genitori & Figli-Agitare bene prima dell’uso appare come una sorta di evoluzione della specie, uno stadio
superiore, di alcuni dei titoli più celebri del regista toscano, come Che ne sarà di noi (Italia, 2004) e il
primo Manuale d’amore (Italia, 2005). Veronesi tenta di mutuare codici, linguaggi e immaginario di un
ipotetico universo giovanile, nei confronti del quale, però, sia lui che i suoi sceneggiatori dimostrano una
conoscenza soltanto teorica, scarsamente connessa a un approccio empirico alla materia.
Dal punto di vista dello stile, Genitori & Figli-Agitare bene prima dell’uso fa abbondante utilizzo di
tutti quei codici e stilemi che garantiscono una perfetta, immediata intelligibilità dell’immagine,
pienamente al servizio di una narrazione fortemente sbilanciata verso una marcata ridondanza, come se
gli autori intendessero neutralizzare ogni possibile ambiguità, sia sotto l’aspetto mostrativo, sia sotto
quello narrativo. Questo duplice statuto dell’immagine e del racconto, sorta di maldigerita versione
internazionale del classicismo hollywoodiano, viene spesso associato al linguaggio della fiction televisiva,
proprio a causa della comune sovrabbondanza di segni destinati a ribadire i medesimi concetti. Nello
specifico, Veronesi sembra preoccuparsi relativamente di ragionare su problematiche di natura puramente
cinematografica come l’organizzazione dello spazio, la continuità stilistica, o su un concetto solo
apparentemente più basilare come quello della “necessità” dell’immagine filmata, vale a dire di quella
progettualità della messa in scena che rende ogni inquadratura organica al complesso del tessuto filmico.
Al contrario, la sua prassi appare maggiormente indirizzata alla definizione di un universo retorico
totalmente assertivo, privato di ogni zona d’ombra, del quale l’empatia e l’identificazione spettatoriali
rappresentano l’inevitabile approdo, anche a costo di ricorrere a continue ripetizioni e sottolineature.
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Genitori & Figli-Agitare bene prima dell’uso – scheda critica
Il ruolo del minore e la sua rappresentazione
Un realismo apparente
Nel catalogo giovanilistico allestito da Giovanni Veronesi, abilmente mascherato da romanzo di
formazione vissuto a posteriori, vengono esposti i maggiori clichés sull’adolescenza. Le numerose
generalizzazioni in cui incorrono gli sceneggiatori, sia nella definizione dei caratteri che nella descrizione
delle situazioni – ora paradossali, ora più ordinarie – che li vedono protagonisti, impediscono persino di
attribuire al film il valore d’uso di spaccato sociologico della gioventù italiana: si direbbe quasi che
Genitori & Figli-Agitare bene prima dell’uso non contempli nemmeno una reale collocazione
spaziotemporale, tale è il livello di generalizzazione ed ecumenismo imposto ai personaggi da un copione
così rigidamente neutrale nei confronti del porprio tempo e delle cose che racconta.
L’evidenza più diretta di una tale universalità di scrittura la si riscontra proprio nella protagonista Nina,
prototipo della quindicenne contemporanea, un personaggio la cui natura normativa e archetipica appare
confermata sia dai comportamenti che dal linguaggio. Liceale sospesa fra sogni e paure, la osserviamo
attraversare in rapida successione tutte le fasi della crescita adolescenziale, strumentalmente condensate
in un arco di tempo minimo, e servite con un tempismo che ha molto a che fare con la drammaturgia e
ben poco con una supposta “presa diretta” sul reale. L’immancabile fantasma del primo rapporto sessuale,
tabù estremo da infrangere al più presto assecondando i più canonici rituali del corteggiamento, incombe
su ogni aspetto relazionale della ragazza, dalla vita scolastica a quella sociale, arrivando inevitabilmente
a determinare il rapporto di Nina con il mondo degli adulti. Questi ultimi sono a loro volta osservati e
giudicati da Nina con un distacco entomologico che nelle intenzioni del regista vorrebbe forse suggerire
una sorta di autocritica metanarrativa: in pratica, l’autore investirebbe il proprio personaggio principale
del compito di mettere alla berlina vizi privati (tanti) e pubbliche virtù (poche, come di prammatica) della
sua generazione, quella dei quaranta-cinquantenni, alle prese con la loro inadeguatezza a ricoprire il
ruolo di genitori. Ma i caratteri che emergono sono così balzani, e il loro assortimento talmente improprio,
che il tutto si risolve perlopiù in una straniata risata autoassolutoria: in effetti, se è già oggettivamente
problematico assumere come credibile una coppia – ancorché separata - come quella formata dal
melanconico Silvio Orlando e dall’iperattiva Luciana Littizzetto, appare quantomai proibitivo accettare
come verosimili o anche solo plausibili la fuga dalle responsabilità familiari di lui, placidamente adagiatesi
sul ponte di una barchetta, e la simpatia sui generis di lei per il collega paramedico Max Tortora.
Non meno contraffatto, nella sua apparente mimesi con il reale, è il rapporto di Nina con i suoi
coetanei. Posto infatti che la maggior parte delle situazioni che li riguardano non fanno altro che ricalcare
una specie di canovaccio utilizzato dai numerosi film italiani del genere degli ultimi dieci anni, è
l’apparente assenza di situazioni conflittuali forti a generare più di una perplessità. Veronesi sembra
ignorare completamente le specificità psicologiche proprie dell’età di cui intende parlare, trascurando
soprattutto il denso precipitato di affettività che orienta i comportamenti nel corso dell’adolescenza. I
suoi giovani sono invece mediamente anaffettivi – e tutto sommato anche piuttosto spenti sotto il profilo
ormonale -, incuriositi praticamente da nulla – fatta eccezione per il sesso, ma solo per un malinteso
desiderio di emulazione dei ragazzi più grandi -, irrealmente pacificati con il mondo intero. Manca persino
un reale senso di appartenenza pseudo-tribale, tipico di quell’età, al punto che anche sul piano
iconografico i personaggi più giovani si somigliano incredibilmente tutti, vestono grossomodo alla stessa
maniera, usano lo stesso slang, hanno interessi comuni. Non esistono outsiders, a meno di non voler
considerare tale l’esuberante Fabrizio, la cui unica “stranezza”, oltre ad alcune intemperanze –
normalissime, per un ragazzo della sua età -, risiede nel bizzarro soprannome consacrato a un celebre
attore del passato.
Dove invece Genitori & Figli-Agitare bene prima dell’uso recupera una ormai insospettata sincerità, è
nella descrizione di alcune figure secondarie. Purtroppo Veronesi si rivela incapace di non ricorrere alla
gag di cattivo gusto anche là dove sarebbe opportuno affrancarsene, e proprio una di queste compromette
in buona misura la riuscita del personaggio di Ettore, bambino affetto da una violenta e immotivata forma
di xenofobia ossessivo-compulsiva: la sequenza in cui sua madre si reca al campo Rom dove vive il bambino
aggredito da suo figlio per scusarsi, e si trova di fronte a una richiesta di “offerta libera” a mo’ di
risarcimento, è in tal senso decisamente indicativa, oltre che vagamente razzista e in buona misura
diseducativa, proprio per il messaggio che lancia. Ben più problematico, allora, appare il personaggio di
Gigio, del quale apprendiamo nel finale le origini del suo disagio, del suo strano comportamento e delle
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Genitori & Figli-Agitare bene prima dell’uso – scheda critica
sue scelte di vita, improntate a una filosofia del “tutto e subito” che sfugge fatalmente alla comprensione
del padre; laddove quest’ultimo appare anche in casa troppo assorbito del suo ruolo di educatore per
riconoscere nell’ottusa ribellione di Gigio un legittimo desiderio di emancipazione dall’autorità paterna e
di allontanamento da tutto ciò che egli rappresenta.
Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici
Quello riguardante gli adolescenti è un macrofilone piuttosto fertile – anche dal punto di vista degli
incassi - del cinema italiano contemporaneo. L’esempio più valido, nonché il più simile alla pellicola di
Veronesi, rimane Caterina va in città (Italia, 2003) di Paolo Virzì, ma si tratta di uno fra i tanti film
citabili. Altri sono Come te nessuno mai (Italia, 2008) di Gabriele Muccino, e il dittico formato da Notte
prima degli esami (Italia, 2006) e Notte prima degli esami oggi (Italia, 2007), entrambi diretti da Fausto
Brizzi, solo per restare ai successi di pubblico più clamorosi.
Ma in Genitori & Figli-Agitare bene prima dell’uso riecheggiano anche i sentori della commedia
adolescenziale hollywoodiana degli anni Ottanta e dell’autore di punta del filone, John Hughes. Nello
specifico, il personaggio di Nina appare come una chiara riedizione di quelli ricoperti da Molly Ringwald in
pellicole come Sixteen Candles (Sedici candeline, USA, 1984) e The Breakfast Club (Il club della colazione,
USA, 1985), entrambi diretti da Hughes, e Bella in rosa (Pretty in Pink, USA, 1986), diretto da Howard
Deutch.
Sergio Di Lino
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