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UGO FOSCOLO
ELEMENTI DI BASE
VITA (Zante 1778, Londra 1827): padre medico e madre greca. Poi a
Venezia vita di miseria si dedica agli studi, frequenta il salotto della
contessa Tetochi-Albrizzi. Matura idee giacobine, si arruola poi nella
repubblica Cispadana, compone l’Ode a Bonaparte liberatore ma è
deluso da Campoformio (Napoleone cede il Veneto all'Austria) e
aggiunge una premessa all’Ode che invita Napoleone a non diventare
tiranno. Collabora a Milano con il Monitore e stampa le Ultime lettere
di Jacopo Ortis. 1799: luogotenente a Bologna della Guardia Nazionale
e combatte anche a Genova. Scrive la lirica A Luigia Pallavicini caduta
da cavallo, poi in Francia, di nuovo a Milano come capitano, quindi
Firenze, di nuovo a Milano (1801), partecipa al progetto di spedizione
sulla Manica e rientra a Milano e poi a Venezia, ancora a Milano
(1806-1813). Conosce Parini, Monti, Pindemonte, scrive Dei sepolcri. Nel
periodo della Restaurazione (dal 1814, fine di Napoleone), collabora a
un progetto di rivista austriaca ma poi rompe e scappa in Svizzera
(1815) di nascosto, poi in Inghilterra dove vive confortato dalla figlia,
in miseria, assalito dai creditori è anche arrestato per debiti. Si dedica
a studi storici e letterari. Muore di idropisia.
BASI: influenzato dall’Illuminismo, dalla poesia sepolcrale inglese, dallo
Sturm und Drang (per i motivi individualistici), dall’Alfieri di cui imita
vita e atteggiamento aristocratico. Grande cultore della letteratura
classica grca e latina (Plutarco, Tacito, Saffo, Catullo, ecc.).
NATURA E MATERIALISMO: esprime un rapporto dialettico con la natura
(al contrario di Leopardi), cultura materialista, adesione ai principi
meccanicisti: ogni fenome è retto da cause ed effetti. Riferimenti
culturali: Machiavelli, Hobbes, Vico. Questi principi sono poi
completati dalla sua teoria delle illusioni e dalla funzione sociale e
ideale che attribuisce all'arte e alla poesia.
“ARTE E VITA” E IDEALE POLITICO: fu costretto a vivere dove non voleva
e fare un mestiere che non desiderava: dissidio tra Arte e Vita.
Politicamente mescolava aspetti contraddittori di uno stato forte
(Hobbes), legittimato dalla grandezza del tiranno (Machiavelli), che
deve permettere agli spiriti forti aristocratici di fare leggi di convivenza
civile ordinata (Discorso sull’Italia, 1799). La Patria di F. è la patria
politica formatasi dall’eredità delle tradizioni classiche dei predecessori
latini.
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IDELOGIA-ILLUSIONI: sensismo e materialismo settecentesco, la vita del
singolo si perde nella vita del tutto in perenne trasformazione che
annulla i valori individuali. È una visione meccanicistica e desolante.
Tuttavia per l’uomo contano le Illusioni come gli antichi, i quali grazie
alle loro illusioni e ai loro miti potevano immaginare di toccare gli dei
(vedi lettere a Jacopo Ortis). La funzione della poesia è di eternare
queste illusioni con le quali l’uomo ha una speranza e segue degli
ideali, di esaltare la propria individualità, di realizzare un ponte tra sè
e i posteri attraverso l’arte e la poesia che riflettono l’ansia della vita e
rendono eterno il meccanismo delle illusioni. La Poesia è tensione verso
l’immortalità e quindi va al di là della funzione ornamentale e
celebrativa tipica del NC.
ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS
BASI: Opera continuamente rielaborata da F. in diverse edizioni.
Modello del romanzo epistolare dell’Illuminismo inglese e francese, p.e.:
Prevost, Manon Lescaut (1697-1763) e Rousseau, La nouvelle Eloise
(1712-1778). Maggiori riferimenti a I dolori del giovane Werther
(1774-1782), di Goethe. Anche questa è la storia di un giovane
intellettuale suicida per amore, ma F. stabilisce che la differenza
principale è il motivo politico presente in Ortis. Ortis è patriota ed
esule, innamorato e deluso: tutti gli ingredienti dell’impossibilità per la
società del tempo di soddisfare le aspirazioni della giovane generazione
che si identifica infatti con il romanzo. Il suicidio finale è
l’impossibilità di trovare una soluzione.
CONTENUTO: Lorenzo Alderani pubblica le lettere di Jacopo. J. deluso
dal tradimento di Campoformio si rifugia sui colli euganei. Si
innamora di Teresa, promessa ad un nobile ricco. J. pensa al suicidio
ma si trattiene per la malattia della madre e poi egli stesso si ammala.
Viaggia per l’Italia per “dimenticare”; a Milano incontra Parini, a
Firenze medita sulle tombe dei grandi italiani sepolti in Santa Croce,
passa da Genova, Ventimiglia (contemplazione della Alpi e riflessioni
sulla storia), Alessandria, Rimini, dove apprende del matrimonio di
Teresa. A Ravenna si inginocchia sulla tomba di Dante. Tornato sui
colli euganei si toglie la vita.
MOMENTI SIGNIFICATIVI: Tutto è perduto -Inizio- Lettera dell’11 ottobre
1797: a proposito di Campoformio dice: “Il sacrificio della nostra Patria
è consumato: tutto è perduto”. Preferisce la propria solitudine al
cedimento al tiranno: “Ma dovrò io abbandonare questa mia solitudine
antica..?” e: “aspetto tranquillamente la prigione e la morte”
(annuncio del suicidio)
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LETTERA DEL 26 OTTOBRE: “MA SE IO SON CONDANNATO AD AVER
SEMPRE L’ANIMA IN TEMPESTA?”: La forza dell’amore e delle illusioni
Lettera del 15 maggio 1798: dopo il bacio con Teresa egli si sente più
“divino”, “gaio” e “compassionevole”. Inneggia all’Amore che accende
nel petto la principale virtù, la pietà. È per l’Amore che il mondo non è
un caos. Inebriato
dall’Amore vede “ninfe ignude, saltanti,
inghirlandate di rose” ecc. Sono ILLUSIONI? Ma non è tutto illusione?
“Beati gli antichi che si credeano degni dè baci delle immortali dive del
cielo (...) e che trovavano il BELLO e il VERO accarezzando gli idoli della
loro fantasia! Illusioni! Ma intanto senza di esse io non sentirei la vita
che nel dolore”. Le illusioni per F. sono la forza irrazionale della natura,
i sentimenti che ci fanno credere nei valori e negli ideali anche se non
si realizzano. Sono le illusioni il motore della vita ed è ciò che si deve
ricercare nei classici. Nei Sepolcri questo discorso sarà ancora più
presente.
Incontro con Parini, Lettera del 4 dicembre: si vuole distinguere dagli
uomini che comandano e da quelli che “brigano” per procacciarsi una
carica. Ma parla anche della sua pena continua e agitata. Parini parla
della Patria e delle “lettere prostituite” cioè degli intellettuali asserviti.
Discorrono della “speranza”, ma J.O. la vede e non la vede: implora
vendetta contro lo straniero, e allo stesso tempo dice “non veggo più
che il sepolcro”. Al Parini parla anche di Teresa che illumina “la stanza
tenebrosa di questa vita”.
Ventimiglia, Alpi, Lettera del 19-20 febbraio 1799: ricerca la tradizione
della Patria ma “rivolgendomi intorno io cerco ne trovo più la mia
patria”. Mentre invochiamo quelle “ombre magnanime”, i nemici
calpestano i loro sepolcri e forse noi stessi diventeremo schiavi. La
colpa è degli stessi italiani: i Romani, dopo avere conquistato tutto
rivolsero le armi contro se stessi.
L’ultimo addio alla vita, Lettera del 26 marzo 1799: è rivolta a Teresa
che non vuole incolpare della propria morte, così la lettera del suicidio
è tutta amore nei suoi confronti.
ODI : ALL’AMICA RISANATA
BASI: trae spunto dalla guarigione da una lunga malattia di Antonietta
Fagnani Arese, amata da Foscolo. Ma l’ode è scritta quando questa
passione non esiste più. È il tema della poesia che può eternare la
bellezza.
CONTENUTO E MOMENTI SIGNIFICATIVI: Come Venere sorge e il suo
cammino illumina con la sua eterna luce, le tue membra divine
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sorgono allo stesso modo dal talamo (è un paragone, fatto raro per F.),
rivive la tua bellezza, ristoro delle menti mortali nate per vaneggiare.
Le Ore che prima erano “ministre dè farmaci” ora ti recano stoffe
indiane, gioielli che ti adornano come fanno le gemme per le immagini
degli dei, opere preziose di artisti greci cosicché nelle feste notturne i
giovani dimenticano le danze per contemplare te “principio di affanni
e di speranze”: oppure i giovani ti contemplano quando suoni l’arpa
con nuove armonie (numeri) e quando la veste (bisso), si conforma alle
tue forme e intanto vola il tuo canto pericoloso “fra il basso sospirar
degli amanti” (periglioso -più pericoloso della tua stessa bellezza), o
quando disegni ballando (ballando disegna figure) e affidi il corpo
all’aria (aure) così che “ignoti vezzi” (arcane bellezze) sfuggono dalle
vesti (manti) e lasciano intravedere la forma dei seni dal velo
scomposto sul petto. Nel ballo le trecce si scompongono, ma del resto
non potevano stare ordinate al pettine. Le Ore, ancelle d’amore, ti
volano intorno invidiate e le Grazie neghino il sorriso a chi ti vuole
ricordare che la bellezza è fugace e che tutti dobbiamo morire. Diana
cacciatrice, guidatrice di vergini oceanine era mortale. Ma la fama
predicò “Olimpia prole” (figlia di dei) e le consacrò il trono degli elisi
(l’elisio soglio), i monti e la Luna in cielo (Diana, come dea celeste era
chiamata Luna).
Nello stesso modo i poeti (vocale Elicona, monte della poesia),
adorarono Bellona, che era solo un’amazzone invitta, come dea della
guerra, essa ora prepara armi ed armati contro l’Inghilterra (si riferisce
ai preparativi di Napoleone per combattere contro l’Inghilterra, F.
condanna l’avara Inghilterra). Venere, a cui tu cingi un mirto alla
statua che tieni nelle tue stanze più segrete dove a me pari sacerdotessa
(allusione amatoria), fu regina di Citera, isola in cui primavera spande
odori perpetuamente e sulle isole Jonie che con la loro superficie
boscosa spezzano l’urto dei venti di scirocco (Euri). Io nacqui lì e se lo
zefiro notturno soffia sui flutti marini, i lidi risuonano ancora della
melodia della lira dove vaga senza il corpo (ignudo), l’anima di Faone,
fanciulla innamorata di Saffo, per questo io, pieno di questo spirito
sacro, porto nella poesia italiana (sull’itala grave cetra derivo), per te le
“corde eolie” e avrai, insieme ai miei inni, i voti delle future
generazioni lombarde (insubri nepoti).
DEI SEPOLCRI (1806)
BASI: è una
disposizione
Pindemonte,
cimiteri. Dei
epistola in versi a Pindemonte che ha per oggetto la
di seppellire i morti fuori dalle mura con lapidi uguali.
cattolico e conservatore, si opponeva a ciò e scrisse I
sepolcri è la risposta di F. che estende l’oggetto dei versi
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alla funzione civile dei cimiteri. La poesia si riallaccia al tema
sepolcrale, ma sviluppa le Illusioni grazie alle quali l’uomo riesce a
vivere, tuttavia queste illusioni sono destinate a scomparire con il
passare degli anni, con la scomparsa dello stesso sepolcro, se non c’è il
poeta a tenerle deste attraverso la lirica che è l’unica, quindi, ad avere
un valore eterno.
MOMENTI SIGNIFICATIVI: -1-50- Il sonno della morte è forse meno duro
all’ombra dei cipressi e che ristoro può dare un sasso che distingua
dalle altre le mie ossa? Ma, allo stesso tempo perché il mortale deve
privarsi dell’illusione che ancora lo fa indugiare sulle soglie di Dite (dio
degli inferi)? Egli non rivive sottoterra se può destare il ricordo dei suoi
cari? Perché volere cancellare questa ultima illusione -che è anche
illusione per chi vive- che la scomparsa del defunto sia meno cara.
Celeste è questa corrispondenza di amorosi sensi. Solo chi non lascia
eredità di affetti ha poca gioia dall’urna e se guarda al di là della
morte vedrà il suo spirito errare tra il pianto eterno dell’oltretomba
pagano (templi Acherontei), o rifugiarsi in quello cristiano (ali di Dio).
50-90- La nuova legge non concede ai morti un nome (contende). Parini
(il tuo sacerdote) giace senza tomba, lui che cantò ispirato da Talia
(musa della poesia comica e della satira), pungendo il giovin signore
lombardo (Sardanapalo re assiro noto per il lusso e la dissolutezza). Ai
giardini dove siedo non sento l’ambrosia indizio della tua presenza
(della musa). Milano, città lasciva, non mise pietra nè iscrizione a
Parini che forse è seppellito insieme ad un ladro mentre il cane raspa
sulle ossa e l’upupa esce dal teschio dove si era rifugiata. Invano preghi
rugiade sul tuo poeta, i fiori sugli estinti nascono solo se sono curati da
amoroso pianto.
90-151- La storia umana si muove grazie a queste illusioni di
corrispondenze di amorosi sensi: dal giorno in cui il matrimonio, la
giustizia e la religione permisero agli uomini ancora allo stato ferino
(umane belve), di diventar pietosi, cominciarono a sottrarre i morti
all’aria ammorbata e alle fiere. Le tombe testimoniavano quindi
gloriose imprese, si giurava sulla polvere degli avi e si credeva nel
responso dei ari. Non sempre i morti furono seppelliti (contaminarono)
nel pavimento dei templi (la tradizione cristiana giudicata
negativamente), le madri balzano dai loro sonni e proteggono i piccoli
figli dalla lunga supplica dei morti seppelliti nel tempio che chiedono
agli eredi la preghiera a pagamento (venal prece). Invece vi sono i
cimiteri protetti dai cipressi, cedri e lacrimatoi (nell’antichità per
profumi e unguenti), le lampade sepolcrali. È questa illusione (pietosa
insania) -di poter vivere in comunione con gli esistenti- che rende cari
alle ragazze inglesi (britanne vergini), i cimiteri suburbani assai curati
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dove è sepolto Nelson (al prode) che si fece la bara
dell’albero della nave.
con il legno
Ma dove non ci sono gesta eroiche (dorme il furor di inclite gesta), e la
vita sia stata condotta in base a ricchezza e paura, i monumenti e i
cippi sepolcrali sono una pompa inutile. Il dotto, il ricco e il patrizio
vulgo (allusione alla legge elettorale napoleonica), sono già dei sepolti
vivi nelle loro regge. A me (a noi) invece vorrei che la morte prepari
una tranquilla tomba (apparecchi riposato albergo), dove la sorte cessi
di perseguitarmi e gli amici raccolgano non un’eredità materiale ma
l’esempio di una poesia degna. (F. si colloca tra i grandi poeti).
151-225- Le tombe dei grandi spingono i successori a imprese analoghe
(animo accendono), ed esaltano la patria (terra), che li accoglie. Parla
delle tombe di S. Croce a Firenze: quando io vidi ove posa il corpo....
Machiavelli (temprando lo scettro ai regnatori), Michelangelo (nuovo
Olimpo alzò in Roma), Galielo (colui che vide rotarsi più mondi
aprendo la strada a Newton -l’Anglo-), gridai te beata (Firenze), che
udisti anche la poesia di Dante (ghibellin fuggiasco) e di Petrarca
(Calliope labbro, C. musa della poesia epica ma qui intesa come “bella
voce”, riferito al dolce canto di cui Petrarca fu interprete), che adornò
l’amore carnale di Grecia e di Roma (riferimento alla continuazione
della tradizione del Dolce Stil Novo), e beata perché raccoglie l’Itale
glorie di una Italia mal difesa (mal vietata), che esiste solo nella
memoria (riferimento a Napoleone). È da queste urne che gli italiani
che nutrono speranza di gloria potranno trarre auspici. Anche l’Alfieri
si ispirava a questi marmi ed è qui che riposa. È con questi grandi che
abita l’eternità e l’amore della Patria, come è Maratona per i Greci. Il
navigante infatti vede gli eroi del passato transitando vicino a quei
luoghi così come li rivide Pindemonte in un suo viaggio e come riudì i
flutti che portarono le armi di Achille sulle ossa di Aiace (antico mitosi uccise dopo che lo scudo di Achille venne in possesso di Ulisse, F.
scrisse anche una tragedia, Aiace), dunque la morte porta gloria ai
valorosi.
Ed io costretto dai tempi e dal desiderio d’onore sono costretto a fuggire
tra paesi (per diversa gente), vorrei che le Muse mi chiamino ad evocar
gli eroi che animano il mortal pensiero (la tradizione e le gesta
patriottiche). Sono le muse (cioè l’arte e la poesia) che siedono a
custodire i sepolcri che altrimenti sarebbero spazzati via dal tempo.
Quindi anche il sepolcro alla fine decade e perisce, mentre solo la
poesia può eternare la gloria del passato e quindi le stesse illusioni.
Anche a Troia inseminata (anche se non ci sono tombe), splende per
l’eternità il luogo dove fu sepolta Elettra (moglie di Giove dalla quale
necquero Dardano che fondò Troia, Assaraco, padre di Anchise e
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capostipite degli Eneidi e quindi anche la “Giulia gente”, cioè i Romani
e i 50 figli di Priamo).
Quando Elettra la Parca (che porta la morte), rivolse a Giove la
preghiera (una volta negatole il dono dell’immortalità), di proteggerla
dal cielo nella sua morte, l’ambrosia scendendovi rese sacro il sepolcro
della ninfa. Nello stesso luogo riposano Erittonio (figlio di Giove
fondatore di Troia), ed Ilo, e le troiane portavano il lutto (sciogliean i
capelli), qui venne Cassandra a predire la caduta di Troia invasa da
Apollo (Nume in petto, Apollo amava Cassandra e le concesse il dono
della profezia), e diceva ai giovani troiani: se mai farete ritorno dalla
Grecia dove pascolerete i cavalli a Diomede e ad Ulisse cercherete
invano la Patria e vedrete le mura di Troia ancora fumanti. Ma i Penati
riposeranno in queste stanze (gli eroi troiani morti diventano gli dei
tutelari della Patria), perché è un dono degli dei conservare, anche
nella sventura, il nome degli eroi nel tempo. E voi palme e cipressi
(gloria e morte), piantati dalle nuore di Priamo proteggete i miei
antenati e chi terrà lontana la scure da queste tombe si dolerà meno di
lutti famigliari e sarà degno per l’altare e le funzioni religiose.
(Cassandra continua la sua preghiera rivolta ora ai cipressi e palme):
un giorno vedrete Omero aggiararsi per i sepolcri e interrogarli (è
l’immagine del poeta vate che trae ispirazione dai sepolcri). I sepolcri
racconteranno la storia di Troia (due volte.. ecc.), e il poeta con il suo
canto placherà quelle anime afflitte (degli eroi morti) ed eternerà i
vincitori greci (Prenci Argivi: la poesia eterna vincitori e vinti), in tutto
il mondo (padre Oceano). Ancora una volta il tema centrale della
poesia: il sepolcro custodisce, ma non può eternare nulla in sè, questo è
il compito della poesia, nella fattispecie di Omero o del poeta che si
aggira tra i sepolcri per trarne ispirazione (ispirazione dal passato). E tu
Ettore sarai pianto e onorato dovunque è stato versato e sarà versato il
sangue per la Patria e per l’eternità (finchè il sole risplenderà su le
sciagure umane).
SPUNTI DI RIFLESSIONE
FERRONI: "Nella vita di Foscolo tutto appare provvisorio: egli è
dominato da una instabilità che lo porta sempre 'altrove', alla ricerca
di situazioni sempre nuove e diverse". "Nessuna opera di Foscolo è mai
veramente finita: la sua è una interminabile 'opera aperta', che
coincide con la stessa provvisorietà della vita". "Foscolo ricorrre a vere
e proprie maschere, inventa personaggi che gli fanno da schermo e ai
quali affida aspetti diversi della sua personalità. Jacopo Ortis e Didimo
Chierico sono le sue controfigure principali, ed esibiscono due caratteri
contrastanti del suo io: quello 'tragico', passionale, negativo (Jacopo
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Ortis) e quello 'ironico', scettico, disincantato (Didimo Chierico)".
"L'illusione che riassume in sé tutte le altre è costituita dall'arte e dalla
poesia, che trasformano le illusioni soggettive in forza civile e collettiva.
Attraverso l'arte Foscolo aspira a un bene superiore, inteso come
risoluzione di ogni conflitto".
CARICA MORALE E COERENZA: Foscolo scrive: "Vi prego di considerare,
mio caro Monti, che appunto alla costanza d'ogni altra mia opinione
ho sempre sacrificato e sacrifico le comodità della vita, la lusinga
d'onori e persino la speranza di morire fra le braccia di parenti, d'amici
e doi cittadini… So che voi minacciate di scuotere la polvere dei miei
Sepolcri. Monti mio, discenderemo tutti e due nel sepolcro; voi più
lodato certamente, ed io forse più compianto: nel vostro epitaffio
parlerà l'elogio, e sul mio, sono certo, si leggerà ch'io, nato e cresciuto
con molte tristi passioni, ho serbato pur sempre la mia penna
incontaminata dalla menzogna". Quando, nel 1815 scappa da Milano,
rifiutando di dirigere un giornale come il Monotore, del quale gli
austriaci avevano proposto che Foscolo assumesse la direzione, scrive a
sua madre: "L'onor mio e la mia coscienza mi vietano di dare un
giuramento che il presente governo domanda per obbligarmi a servire
nella milizia… Tradirei la mia nobiltà, incontaminata fino a ora, del
mio crattere col giurare cose che non potrei attuare, e con vendermi a
qualunque governo. Io per me mi sono inteso di servire l'Italia; né come
scrittore ho voluto parere partigiano dei Tedeschi o Francesi, o di
qualunque altra missione… Io professo Letteratura, che è arte bellissima
e indipendente, quando è venale non val nulla".
NOTA: interessante paragone con Ariosto che rifiuta di andare a servizio
del cardinale Ippolito pur di conservare la sua libertà e la sua passione
per la poesia.
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