R. LAVAGNA, C. VARALDO, Osservazioni sui corredi
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R. LAVAGNA, C. VARALDO, Osservazioni sui corredi
OSSERVAZIONI SUI CORREDI FUNERARI NELLA NECROPOLI TARDOANTICA E ALTOMEDIEVALE DEL PRIAMÀR A SAVONA1 di RITA LAVAGNA, CARLO VARALDO Una recente indagine sulle testimonianze sepolcrali di età storica nel Savonese (LAVAGNA 1989-90) ha evidenziato l’importanza della necropoli del Priamàr, a Savona, di gran lunga la più vasta fra quelle finora individuate nel territorio dell’antico municipium di Vada Sabatia, il cui ambito giurisdizionale venne poi ricalcato dalla diocesi savonese (POLONIO 1979, pp. 153-154). L’area sepolcrale venne individuata nel corso di occasionali lavori all’interno della fortezza genovese nel 1903 da Vittorio Poggi, che descrisse quattro tombe «d’un sepolcreto a inumazione, dell’epoca romana» (POGGI 1903, p. 14), ed è stata oggetto di tutta una serie di indagini archeologiche realizzate dall’Istituto Internazionale di Studi Liguri nel 1969 (sei tombe: LAMBOGLIA 1978), nel 1983 (una sepoltura: LAVAGNA 1983) e nel 1985-89 (le restanti 76: LAVAGNA-VARALDO 1987; LAVAGNA 1987-88; LAVAGNA-VARALDO 1988; LAVAGNA 198990, pp. 48-162; VARALDO 1991, pp. 55-58; VARALDO 1992). La sua collocazione – sul punto più elevato dell’altura centrale del colle del Priamàr, nella medesima area ove era sorto, nell’età del Bronzo medio, il primitivo insediamento protostorico dell’antica Savo – e i momenti del suo sviluppo si inquadrano puntualmente nelle vicende storiche della città e nell’alternanza del ruolo egemone tra Savona e Vado. La sua nascita, a metà del IV secolo, coincide, infatti, con la crisi che aveva investito la sede municipale di Vada (LAMBOGLIA 1955, p. 40), e che aveva portato al rifiorire dell’insediamento arroccato sul colle del Priamàr, particolarmente valorizzato durante il successivo periodo bizantino, quando l’utilizzazione del sottostante approdo naturale aveva garantito una continuità e sistematicità di rapporti con il mondo mediterraneo orientale. È proprio durante il dominio bizantino delle Alpes Cottiae, poi della Provincia Maritima Italorum, che si afferma la civitas di Savo, forse sede, fin da quell’epoca, di sede vescovile (VARALDO 1981, pp. 19-27) e centro abitato di primaria importanza nel panorama regionale (Catal. provinc. Italiae; Paul Diacon., Hist. Lang., II, 15; Fredeg., Chron., IV 71), che, come i ritrovamenti archeologici di quegli anni hanno confermato, aveva superato i limiti dell’arroccamento sul colle per espandersi nella circostante pianura (VARALDO 1992, pp. 125-127). Qui, in particolare, il ritrovamento di un tratto della cinta muraria bizantina e dei resti di un edificio urbano attiguo (VARALDO-LAVAGNA c.d.s.) ha aperto importanti quesiti sulle dimensioni inaspettate della città, sulla localizzazione dell’abitato del VI-VII secolo, sui rapporti tra questo e l’area cimiteriale, alla quale era stata riservata la porzione più elevata ed estesa del colle. Proprio quest’ultimo aspetto – che configura l’altura centrale del Priamàr quasi come area sacra, alla quale si affianca l’altura più meridionale, sede del centro vescovile e della Cattedrale di S. Maria – costituisce un’interessante novità per la storia della topografia savonese, da analizzare in relazione con analoghe, coeve situazioni del Mediterraneo orientale. Venendo, più specificatamente, all’esame del sepolcreto, occorre sottolineare come la sua formazione sia avvenuta per fasce parallele di tombe allineate con orientamento ovest-est (testa ad ovest), nelle quali si alternano, senza un ordine apparente, sepolture a cappuccina, a cassa, entro anfora, con rarissimi inserimenti di tombe con semplici pietre di protezione (LAVAGNA 1989-90, pp. 50-53) e con l’assenza di sepolture privilegiate. Prevale nettamente il tipo a cappuccina (44.1%), seguito dal tipo a cassa (8.3%), mentre per un 33% non è stato possibile distinguere l’originario assetto a cassa o a cap- puccina a causa delle manomissioni e sconvolgimenti subiti già in antico per le trasformazioni bassomedievali e a seguito della sovrapposizione delle strutture della fortezza cinquecentesca genovese; il 9.5% è rappresentato da sepolture entro anfora, il 3.6% presenta pietre di protezione attorno e sopra, ed un 1.2% finale lastre di pietra di copertura. Lo spessore dell’humus ricoprente la collina risultava comunque molto limitato già in antico, tanto da aver costretto, per l’incasso delle sepolture, ad intaccare, anche in profondità, il sottofondo roccioso. Solo un paio di esse, ubicate all’estremità nord-orientale, dove era presente un maggior accumulo di terreno, erano poggiate, con i tegoli di fondo, sul piano roccioso; tutte le altre risultavano intagliate nella viva roccia e presentavano spesso, sui lati lunghi, un gradino di appoggio per la copertura a cappuccina, secondo un uso attestato anche in altri contesti sepolcrali (LISSIA 1990, p. 79). Su 87 sepolture – presumibilmente tutte singole – solo 40 ci sono giunte integre o in condizioni tali da fornirci elementi significativi, e, su 40, sedici hanno prodotto oggetti di corredo. In realtà occorre distinguere, come già fatto in parte da altri studiosi (GRILLETTO-LAMBERT 1989, p. 348, GIUNTELLA 1990, p. 220): 1) il vero e proprio corredo, introdotto intenzionalmente nella sepoltura per motivi rituali (più o meno consapevoli) da tutta una serie di situazioni differenti non sempre imputabili al vero corredo: 2) elementi dell’abbigliamento personale, 3) monete, quando la loro presenza all’interno della sepoltura non rientri in un fatto specificatamente rituale, 4) materiali legati all’operazione della sepoltura (come i chiodi della cassa lignea), 5) carboni stesi in un letto all’atto della deposizione del defunto, 6) resti di pasti rituali, 7) materiali apportati occasionalmente durante il riempimento della sepoltura, 8) resti, infine, legati alla frequentazione del cimitero stesso. Più specificatamente per il primo caso, rappresentato dal corredo rituale, sono state avanzate differenti teorie sulla sua presenza in contesti sepolcrali cristiani (MARTIN 1986, pp. 153, 186-187), come è il caso savonese, dove la presenza di recipienti come boccali, ciotole o tazze, ormai svincolate da una realtà pagana, è stata talvolta interpretata come una particolare espressione rituale (GUARINO- MAURO-PEDUTO 1988, p. 452, D’ANGELA 1988, p. 126). Una percentuale, quella di tombe con corredo (16 su 40), pari al 40%, decisamente alta nel panorama italiano dei sepolcreti tardoantichi e altomedievali autoctoni (PATTERSON 1993, p. 310), escludendo quindi le ben differenti realtà relative a popolazioni gote o longobarde, percentuale che viene ridotta, solo parzialmente, al 32% se si escludono i casi in cui non si può parlare di corredo chiaramente intenzionale. T. 1 – Copertura a cappuccina; portata alla luce nel luglio del 1903. * Fibula o pendente da orecchi «d’oro pallido, che, per quanto sia arrischiata un induzione nello stato frammentario e sciupatissimo in cui trovasi ridotto, riterrei potersi riferire al mundus muliebris, ossia alla suppellettile femminile. [...] Consiste in una specie di nastro a semicerchio, lavorato a traforo, cui andava unito un disco o scudetto sagomato di eleganti palmette a fine rilievo» (POGGI 1903, p. 16). Le uniche indicazioni sul monile, pertinente a tomba femminile, sono, appunto, quelle fornite dal POGGI, il quale non ebbe modo di ritornare sull’argomento e l’irreperibilità del reperto non consente quindi alcun tipo di valutazione. T. 16 – Copertura a cappuccina; portata alla luce nell’ottobre del 1985. * Anello di bronzo a sezione circolare (mm 4), diam. cm 2,7; probabile guarnizione di cintura o altro finimento relativo all’abbigliamento (PL 7688). * Moneta illeggibile (PL 7687) * Fr. di Terra sigillata chiara D (PL 7591) appartenente alla forme Hayes 105, con datazione 580/600-660 (Hayes 1972, p. 169). T.18 – Sepoltura a cassa; portata alla luce nel novembre del 1985. * 2 monete (PL 7852 b, 7853 b) di Graziano (367-383) e di Valentiniano II (378-383) * Boccalino in ceramica comune ad alto collo cilindrico con larga imboccatura su corpo globulare scanalato e rastremato verso il ©2001 Edizioni all’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale – 1 basso, con orlo superiore leggermente introflesso; piccolo piede piatto svasato ed ansa a sezione semicircolare (appiattita all’interno) con attacco in alto, al limite dell’orlo. Ht. cm 15,5, diam. bocca 6,1, diam. max. 11, diam. piede 4 (PL 3830 q). Impasto grigio chiaro (10 YR 7/2), tenero, abbastanza poroso, a frattura irregolare; granulometria media, con frequenti inclusi di medie dimensioni (mica, quarzo eolico, chamotte), distribuiti in modo omogeneo e arrotondati. Presenta strette analogie con il boccale della t.2 di Mailhac (Aude), pubblicato dai Taffanel come fine IV-inizi V sec. (TAFFANEL 1968, p. 227), ma soprattutto con alcuni ritrovamenti sardi datati al VIVII secolo: necropoli di Accu is Traias a Villasimius (t.3: MARRAS 1990, p. 67, che parla però impropriamente di ingobbio superficiale) e di P. Torres (t. 19: LISSIA 1990, p. 83). Probabile produzione nord-africana. T.20 – Copertura a cappuccina; portata alla luce nel febbraio del 1986. * Spillone di bronzo a sezione quadrata (mm 2,5), con appiattimento nell’estremità superiore; lungh. cm 8,7 (PL 10576). T.26 – Sepoltura a cassa ; portata alla luce nell’aprile del 1986. * Coltellino di ferro a lama triangolare, cm 3×12.8 (PL 12900). * Piccola borchia a disco di ferro, con foro centrale; diam. cm 2,1, frammentaria (PL 12900 b). T. 31 – Copertura a cappuccina; portata alla luce nell’aprile del 1986. * Boccalino in ceramica comune ad alto collo cilindrico su corpo ovoidale scanalato; largo piede piatto appena accennato ed ansa a nastro a sezione quadrangolare con depressione centrale con attacco al limite dell’orlo superiore. Ht. 16,6, diam. bocca 5,5, diam. max. 10, diam. piede 5 (PL 12614 q). Impasto marrone rossastro (5 YR 5/3) con schiarimento superficiale rosa (7.5 YR 7/3). Tenero, abbastanza compatto, a frattura irregolare; granulometria media, con frequenti inclusi di medie dimensioni (mica, quarzo eolico) e macroscopici (chamotte), distribuiti in modo omogeneo. Tipologicamente assai simile al boccale della t. 18, risulta avere, ancor più di quello, strette analogie con l’olpe della t. 19 di Porto Torres, ex depositi Shell (LISSIA 1990, p. 83). Probabile produzione nord-africana. T.32 – Copertura a cappuccina; portata alla luce nell’aprile del 1986. * Lungo ago di bronzo a sezione circolare (mm 3) con ampia cruna; lungh. cm 12,8 (PL 13137). * Boccalino in ceramica comune a corto collo su corpo ovoidale scanalato; orlo ingrossato e svasato, largo piede piatto appena accennato; ansa a bastoncello con attacco superiore all’estremità superiore del collo. Ht. cm 15, diam. orlo 5, diam. max. 10,2, diam. piede 5,7 (PL 13136). Impasto giallo rossastro (5 YR 6/6) con schiarimento superficiale tendente al rosa (5 YR 7/4), duro, compatto, a frattura abbastanza irregolare; granulometria media con frequenti inclusi di medie dimensioni e macroscopici (quarzo eolico), distribuiti in modo omogeneo e arrotondati. Presenta analogie con un più piccolo boccale della vicina necropoli di Perti, nel Finale (SV), ritrovato nel settore del sepolcreto datato tra IV e VI-VII secolo (MURIALDO 1988, pp. 223-230; MURIALDO 1996, pp. 64-65, che ha rivisto la più alta cronologia proposta dal LAMBOGLIA 1957, p. 41). Altri riferimenti sono individuabili con simili esemplari adriatici (t. 161 della necropoli di Pado Vetere, presso Comacchio, del VI-IX sec.: PATITUCCI 1970, p. 95), pugliesi (t. 3 di Rutigliano, della seconda metà del VI secolo: SALVATORE 1981, pp. 127-160) e sardi (necropoli di Cornus, t. datata alla fine del VI secolo: GIUNTELLA 1993). Probabile produzione nord-africana. T. 40 – Copertura a cappuccina; portata alla luce nell’agosto del 1986. * Boccalino in ceramica acroma a corpo globulare particolarmente allargato, orlo svasato e ingrossato a sezione triangolare arrotondata, piede piatto svasato; ansa a nastro a sezione quadrangolare arrotondata impostata in alto sopravanzando lo stesso orlo. Ht. cm 14.5, diam. orlo 7, diam. max. 11.7, diam. piede 5.4 (PL 29524). Impasto rosso chiaro (2.5 YR 6/6), duro, compatto, a frattura abbastanza irregolare; granulometria abbastanza fine, con frequenti inclusi di medie dimensioni e macroscopici (mica, quarzo metamorfico, chamotte), distribuiti in modo omogeneo e arrotondati. Riferimenti tipologici con un esemplare proveniente dagli scavi di Coimbra e datato al V sec. (Fouilles de Conimbriga, 1975, p. 147) e con ritrovamenti della necropoli laziale di Casale Madonna del Piano, degli inizi VI-metà VII sec. (FIORE CAVALIERE 1992, pp. 511, 517, dove i recipienti sono però apodi). Si tratta, con ogni probabilità, di produzione locale, così come i simili boccalini delle t. 48 e 78, e databili non prima della fine del V-inizi VI secolo. T.47 – Copertura a cappuccina; portata alla luce nel febbraio del 1987. * Lamina di ferro, forse frammento di lama di coltello, cm 1,5×5,1 (PL 36491 b). * Coppia di piccoli cilindri di piombo realizzati con una lamina avvolta su se stessa e parzialmente aperta; cm 3,5, diam. 2 (PL 36490), cm 2,8, diam. 1,6 (PL 36491). Si tratta di pesi per rete da pesca, sul tipo di quelli documentati nel relitto di Yassi Ada della metà del VII secolo (BASS-DOORNINCK 1982, pp. 303-306). T. 48 – Copertura a cappuccina; portata alla luce nel febbraio del 1987. * Boccalino in ceramica comune a corpo globulare allungato con collo regolare ad orlo ingrossato e fortemente svasato; piede piatto appena accennato e svasato; è privo dell’ansa, di cui rimangono tracce dei punti di attacco. Ht. cm 14, diam. bocca 6,7, diam. max. 9, diam. piede 4,6 (PL 36598 b). Impasto giallo rossastro (5 YR 6/6), abbastanza tenero, compatto, a frattura irregolare; granulometria abbastanza fine, con frequenti inclusi di medie dimensioni e macroscopici (mica, quarzo metamorfico, chamotte), distribuiti in modo omogeneo e arrotondati. È molto simile al boccalino della t. 40, anche se più affusolato, e, come quello, di probabile produzione locale e databile alla fine del V-VI secolo. Trova confronti con una brocchetta piriforme rinvenuta nel 1914 a Classe ed oggi esposta nel Museo internazionale delle ceramiche di Faenza (inv. n. 407) e con un altro analogo esemplare proveniente dallo scavo del 1977 della fornace, sempre a Classe e datato al VI secolo (FIUME-PRATI 1983, pp. 121-122, scheda n. 6,16). T. 50 – Copertura a cappuccina; portata alla luce nel febbraio del 1987. * Piccolo cilindro di piombo (peso per reti da pesca) sul tipo di quelli della t. 47; cm 3,9, diam. 1,4 (PL 36700). * Frammento di anello di bronzo a sezione circolare appiattita (mm. 5); diam originario cm 4 (PL 36703). * Asticella di bronzo a sezione quadrangolare e quadrangolare appiattita, terminante alle estremità, rispettivamente, con una sorta di anellino e con un semicerchio forato a 90°; cm 0,9×8,4 (PL 36702). Sembra trattarsi dell’asticella di sospensione di una lucerna, più che di una bilancina. T. 59 – Copertura a cappuccina; portata alla luce nel marzo del 1987. * Frammento di piatto fondo di ceramica sigillata grigia tipo RIGOIR, 4 (RIGOIR 1960, p. 25); ht. cm 4,5 (PL 36761), ritrovato in contesti provenzali di prima metà VI secolo (Saint-Blaise 1994, p. 141). * Boccalino in ceramica comune ad alto collo cilindrico, con orlo ingrossato e appiattito a fascia, su corpo globulare rastremato verso il basso, con fitte solcature parallele; apodo. Ansa a sezione quadrangolare arrotondata bicostolata. Ht. cm 15,2, diam. orlo 5,1, diam. max. 10,2, diam. fondo 5,7 (PL 36764 b). Impasto marrone rossastro chiaro (5 YR 6/3), con schiarimento superficiale bianco (10 YR 8/2), abbastanza tenero e poroso, a frattura irregolare; granulometria media, con inclusi di medie dimensioni (quarzo eolico) e macroscopici (chamotte) abbastanza frequenti, distribuiti in modo omogeneo e arrotondati. Confronti possono essere istituiti con una fiaschetta recuperata nel 1904 nel sepolcreto di Classe ed oggi esposta nel Museo internazionale delle ceramiche di Faenza (inv. n. 408); con i materiali delle necropoli di Nocera Umbra, datati tra l’ultimo quarto del VI e la metà del VII sec. (BALDASSARRE 1967, n. 9, 20, RUPP 1996, pp. 34-35) e con una brocchetta dalla t. 1 del sepolcreto di Rutigliano, della seconda metà del VI secolo (SALVATORE 1981, pp. 128-129). Probabile produzione nord-africana. T. 78 – Sepoltura entro anfora; portata alla luce nel marzo del 1989. * Anfora cilindrica con alto collo ed orlo ingrossato (a sezione triangolare arrotondata); ansa verticale a sezione circolare, impostata nella metà superiore del collo e sulla spalla. Risultava schiacciata da grossi ciottoli e mancante della porzione inferiore. Ht. non individuabile, diam. orlo cm 13, diam. max. 37. Impasto abbastanza depurato, color marrone chiaro (7.5 YR 6/4). Risulta assimilabile al tipo KEAY XXV/B-Q (KEAY 1984, pp. 204205) e databile tra l’ultimo quarto del II secolo e la metà del V. A chiusura di un lato era stata collocata la porzione superiore di uno spatheion pertinente alla vicina t. 80 e inquadrabile nel tipo ©2001 Edizioni all’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale – 2 Fig. 1 – I disegni sono in scala 1:2. ©2001 Edizioni all’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale – 3 Fig. 1 – I disegni sono in scala 1:2. ©2001 Edizioni all’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale – 4 KEAY XXV S (KEAY 1984, p. 197), della prima metà del V secolo. * Boccalino in ceramica comune a corpo globulare con larga bocca ad orlo svasato e piede piatto anch’esso leggermente svasato; ansa a nastro. La superficie conserva abbondanti tracce della lisciatura a stecca e presenta due leggere solcature da tornio tra la spalla e il ventre. Ht. cm 13, diam. orlo 6,5, diam. max. 10,5, diam. piede 5 (PL 37256 b). Impasto giallo rossastro (5 YR 6/6), duro, compatto, a frattura irregolare; granulometria media, con frequenti inclusi (mica, quarzo metamorfico) di medie dimensioni e macroscopici, distribuiti in modo omogeneo. È assai simile ai boccalini delle t. 40 e 48 e, come quelli, di probabile produzione locale. Per i confronti si vedano quelli indicati per la t. 40. * Bottiglietta vitrea a corpo sferico con corto collo angolato, imbutiforme, ed ampiamente svasato verso l’alto; orlo leggermente ingrossato; privo del piede. Ht. cm 7, diam. orlo 4,4-4,6, diam. max. 6,4 (PL 37487). Vetro verde chiaro con la presenza di striature e bolle d’aria. I riferimenti più pertinenti sono quelli con la forma 104 b dell’Isings (ISINGS 1957, p. 124), dalla quale però si discosta per il collo decisamente più corto, così come si discosta, sempre per il corto collo, dalle tipologie di VI-IX secolo illustrate dalla STERNINI (STERNINI 1995, pp. 288-289). * Piede di calice vitreo tipo Ising 109, di IV sec., ma ancora ben attestato nel V (FOY-HOCHULI GYSEL 1995, p. 156). Diam. cm 4 (PL 37488). * Frammento di orlo di calice (?) vitreo. Cm 1,6×2,5 (PL 37487). T. 82 – Probabile copertura a cappuccina; portata alla luce nel marzo del 1989. * Boccalino in ceramica comune ad alto collo cilindrico, con orlo ingrossato ed appiattito a fascia, su corpo globulare rastremato verso il basso, con fitte solcature parallele; è mancante del fondo; ansa a sezione quadrangolare con leggera depressione centrale. Ht. cm 15, diam. orlo 4,8, diam max. 9,5 (PL 37812). Impasto marrone rossastro chiaro (5 YR 6/3) con schiarimento superficiale bianco (10 YR 8/2), abbastanza tenero e poroso, con frattura iregolare; granulometria media, con inclusi di medie dimensioni (quarzo eolico) abbastanza frequenti e distribuiti in modo omogeneo. È la stessa forma del boccalino della t. 59 e condivide con quello anche i riferimenti tipologici. Probabile produzione nordafricana. * Fibbia circolare (schiacciata su di un lato) di bronzo. Cm 2,5×2,8 (PL 37833). * Piccolo manufatto ligneo affusolato con ingrossatura alle estremità e strozzatura centrale; ai lati dell’intaglio centrale è visibile una doppia filettatura: Si tratta, forse, di bottone o chiusura tipo alamari. Lungh. cm 3,5, diam. max. 0,9 (PL 37832). T. 83 – Copertura a cappuccina; portata alla luce nell’aprile del 1989. * Manufatto circolare di bronzo: disco leggermente concavo con due anelli, di differenti dimensioni, applicati sulle due facce; piccolo foro circolare fuori asse. Ht. cm 2,1, diam. 3,2 (PL 37912). Potrebbe trattarsi della calotta superiore di un piccolo campanello, oggetto peraltro non estraneo alla tradizione funeraria (GIUNTELLA 1990, p. 221). T. 85 – Copertura di ciottoli di medie e grosse dimensioni; portata alla luce nell’aprile del 1989. * Elementi bronzei di cinturone comprensivi di: – puntale di forma lanceolata su base trapezoidale, con decorazione a piccoli cerchi puntinati lungo il bordo e grandi cerchi concentrici al centro; fascia a leggero rilievo e serie di cerchietti puntinati lungo la strozzatura centrale. Si presenta incavo all’interno per l’innesto della cintura. Cm 3,9×7,2 (PL 37952) – coppia di passanti in lamina bronzea a forma rettangolare allungata terminante a disco, con decorazione a piccoli cerchi puntinati su doppia fila; entrambi frammentari. Cm 0,7×5, 0,7×3 (PL 37957, PL 37958) – fibula bronzea ad arco terminante con protomi animali e decorazione a piccoli cerchi puntinati; completa di ardiglione. Cm 4.9×2.3 (PL 37956) – coppia di cilindri di bronzo segmentati. Cm 2,8, diam. 0,7; cm 3, diam. 0,7 (PL 37955) – piastrina rettangolare di bronzo innestata su di un cilindro segmentato; lungo tre lati della piastrina corre una filettatura a scaletta affiancata, all’interno, da una serie di cerchietti puntinati a loro volta affiancati da una serie di tre puntini disposti a triangolo; era fissata alla cintura da tre chiodini di cui sono rimasti i fori. Cm 8,2×2,4 (PL 37953). Tipica cintura militare tardoromana, che rientra nel gruppo III della classificazione del Bohme, datato alla prima metà del V secolo (BOHME 1974, p. 81). Proprio la particolare conformazione di questa sepoltura, con pietre di protezione, nettamente diversificata dalle altre, può far pensare alla tomba di un personaggio allogeno, che, per la foggia della guarnizione bronzea, potrebbe essere identificato con un legionario di truppe ausiliarie. A parte quest’ultimo caso, i corredi più significativi della necropoli savonese sono costituiti dalla serie di boccalini, costantemente collocati, come la bottiglia vitrea della t. 78, presso il capo del defunto, e secondo una casistica ampiamente documentata (PATITUCCI 1970, p. 73, MURIALDO 1988, pp. 226, 233). L’eccezionalità di un corredo in sepolture autoctone cristiane fa di questi boccalini un complesso di particolare importanza nel quadro della tradizione funeraria dell’Italia settentrionale, dove testimonianze analoghe sono particolarmente rare, mentre più marcati risultano i collegamenti con ritrovamenti insulari e meridionali. Sono, in particolare, proprio questi ritrovamenti, oggetto di studi ed edizioni più recenti, a suggerire per i recipienti del Priamàr una datazione al VI-inizi VII secolo, piuttosto che al IV-V, come indicherebbero, invece, i vecchi lavori transalpini ed iberici. Ciò trova una chiara giustificazione proprio nel contesto storico ligure, dove il protrarsi della dominazione bizantina fino al 643 conferma sostanziali discrepanze rispetto alle regioni settentrionali ed una maggiore consonanza con il mondo mediterraneo non longobardizzato. È, a questo proposito, significativo che cinque su otto recipienti siano di provenienza nord-africana – conferma questa del perdurare dei rapporti marittimo-commerciali con le coste meridionali del Mediterraneo – e che i tre esemplari probabilmente locali rientrino ancora nella tarda produzione romana. I boccalini della necropoli savonese sarebbero quindi un’ulteriore espressione di quella tradizione tardoantica che la traumatica conquista longobarda di Rotari avrebbe definitivamente cancellato. Per i reperti monetali proprio perché rinvenuti all’interno della sepoltura (t. 16 e 18) si dovrebbe pensare al perdurare dell’usanza dell’obolo-viatico, più che all’uso dell’obolo-offerta, presente invece all’esterno (AMANTE SIMONI 1990, p. 231). Particolarmente interessanti anche i tre cilindretti plumbei, interpretabili come pesi per reti da pesca (per i quali esistono precisi riscontri tipologici con gli analoghi manufatti recuperati sul relitto di Yassi Ada, della metà del VII secolo: BASS-DOORNINCK 1982, pp. 3303-306) che, come tali, assumerebbero un preciso riferimento all’attività lavorativa degli inumati, con un significato assai prossimo alle fusarole o agli strumenti per tessere documentati, tra l’altro, nelle grandi necropoli alpine di Bonaduz, di Sézegnin e di Kaiseraugst, studiate da Max MARTIN (MARTIN 1986, pp. 149-179, 187). Gli esami antropologici degli inumati confermano un’origine autoctona, con spiccata vocazione per le attività marittime (NENCIONI 1994-95, p. 74) e, in quanto sicuro esempio di sepolcreto cristiano non longobardizzato, il caso savonese viene a costituire un’interessante testimonianza per aiutare a risolvere i problemi relativi agli atteggiamenti funerari del mondo latino in una fase cronologicamente avanzata (BIERBRAUER 1988, p. 507). Né è un caso che i confronti più puntuali siano da ricercarsi proprio in coevi esempi liguri ponentini (S. Pietro di Carpignana, Perti, Isasco, Cervo, Costa Balena, mentre a Genova il corredo funerario è rarissimo), così come in quella vasta «koiné del Mediterraneo tardoantico» già evidenziata per la Sardegna (PANI ERMINI 1990, p. 22). 1 A C. Varaldo si deve la parte iniziale, fino alla scheda della t. 32, mentre R. Lavagna ha curato la restante parte, a partire dalla scheda della t. 40. ©2001 Edizioni all’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale – 5 BIBLIOGRAFIA AMANTE SIMONI C. 1990, Sepolture e monete: obolo cristianoobolo offerta, in Le sepolture in Sardegna dal IV al VII secolo. IV Convegno sull’archeologia tardoromana e altomedievale (Cuglieri, 27-28 giugno 1987), Mediterraneo tardoantico e medievale. Scavi e ricerche, 8, Cagliari, pp. 231-242. BALDASSARRE I. 1967, Le ceramiche delle necropoli longobarde di Nocera Umbra e Castel Trosino, «Alto medioevo», I, pp. 141-185. BASS G.F., DOORNINCK (Van) F.H. Jr. 1982, Yassi Ada. A SeventhCentury Byzantine Shipwreck, Texas. BIERBRAUER V. 1988, Situazione della ricerca sugli insediamenti nell’Italia settentrionale in epoca tardo-antica e nell’alto medioevo (V-VII sec.). Fonti, metodo, prospettive, «Archeologia Medievale», XV, pp. 501-515. 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