Tesi Sperimentale di Laurea

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Tesi Sperimentale di Laurea
Analisi metallurgica di una moneta suberata
Alessandro Fiamingo
Concorso per i Giovani Numismatici "Nino Rapetti"
A. F i a m i n g o – C a r a t t e r i z z a z i o n e d i m o n e t e s u b e r a t e | 2
Introduzione
Questo lavoro prende spunto da una precedente ricerca sviluppata nella mia tesi di laurea.
Partendo da un’analisi che si è rivolta all’osservazione di alcune monete suberate di epoca greca
e romana, il naturale proseguo è stato quello di svolgere le mie indagini su un’antica moneta di
Marco Aurelio che rappresenta un unicum per la particolare composizione del metallo di
suberatura che, anziché essere in argento, è in stagno e rame. Questo particolare lascia una serie
di interrogativi di tecnica metallurgica che qui sono stati approfonditi e studiati, la metodologia
utilizzata è stata quella della riproduzione, tramite fusione, della stessa lega utilizzata per il
tondello e lo strato di suberatura.
Le monete suberate: destinazione e uso in età greca e
romana
Il termine suberato proviene dal latino sub aes e indica una particolare classe di monete
contraffatte anticamente e costituite da una parte interna in metallo vile, solitamente bronzo o
rame, avvolte da una sottile foglia esterna di argento o oro. In francese si definisce “fourrèe”,
cioè moneta foderata; più rara la dizione di “monete pelliculate”. Queste coniazioni sono
interessanti non solo dal punto di vista strettamente numismatico, ma anche per le considerazioni
che ne possono derivare riguardo l’aspetto storico, giuridico, economico e metallurgico.
Questo genere di contraffazioni sono state prodotte fin dalla nascita della moneta, com’è
attestato dalla presenza di suberati tra le prime coniazioni di Samo1 e Mileto2, e la pratica rimase
in uso per lungo tempo. In alcuni casi, le monete suberate possono essere considerate dei veri e
propri “falsi antichi” coniati da privati cittadini e dunque con resa stilistica approssimativa, dritti
e rovesci mal assortiti, peso calante. Non mancano difatti notizie degli storici antichi attestanti la
punizione dei falsari mediante pena capitale, a dimostrazione che tale problema nell’antichità era
piuttosto serio, ma vi sono ugualmente testimonianze di coniazione di suberati da parte delle
autorità statali. Quando suberate si ritrovano i giusti accoppiamenti di conio si possono avanzare
due ipotesi: la prima prevede che la coniazione di suberati sia da ricollegare ad una precisa scelta
dell’autorità emittente che, mediante tali emissioni, tenta di arginare difficoltà di ordine
1
ANNA RITA PARENTE, Monete suberate magnogreche: le zecche della Campania, a c. di C. Alfaro et alii, XIII
Congreso Internacional de Numismatica (Madrid, 15-19 settembre 2003), Madrid 2005.
2
Si veda l’ecte di Mileto in metallo vile con pellicola di oro depositato presso il Cabinet des Medailles di Parigi
(ERNEST BABELON, Traité de monnaies grecques et romaines, Parigi 1901) e gli esemplari suberati della serie
dell’elettro ionico-asiatico (EDWARD ROBINSON, Some Electrum and Gold Greek Coins, ed. H. Ingholt, A.N.S., New
York 1958, pp. 591-594, n. 9. JOHAN HANGARD, Monetaire en daarmee verwante metaforen, Groningen 1963, pp.
10-12. RAYMOND BOGAERT, Banques et banquiers dans le cités grecques, Leida 1968, pp. 315-318).
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economico e fenomeni di tipo inflazionistico. A questo proposito si prenda ad esempio
l’emissione di suberati dallo stato ateniese stesso per le urgenze determinate da eventi bellici.
La seconda ipotesi mette in relazione la coniazione di suberati ad attività illecite compiute
all’interno della zecca stessa dal personale addetto che realizzava falsi utilizzando i conii
ufficiali, come testimonia, ad esempio, la condanna a morte di sei responsabili della zecca di
Dime in Achaia, rei di aver coniato suberati3.
Il parere degli studiosi non è concorde sull’attribuzione certa di questa classe di monete, secondo
il Crawford4 i suberati della monetazione romana repubblicana sono tutti falsi di produzione non
ufficiale in quanto, a detta dello studioso, uno stato che considerava illegale la contraffazione,
tanto da aver costituito la figura del nummularius, cioè un supervisore che si occupava del
controllo e dello scarto degli eventuali falsi tra le monete in circolazione, non poteva
autorizzarne l’emissione. L’ipotesi dello studioso è piuttosto che tali emissioni siano state
coniate in ambienti militari o, comunque, appartenessero a produzioni non ufficiali. Similmente
anche le monete derivate da conii ufficiali devono essere considerate il risultato di un abuso
privato.
Diverso il caso della monetazione romana imperiale, moltissimi denarii sono suberati e lo stesso
Augusto utilizzò questa tecnica per coniare le emissioni destinate al commercio con i popoli più
lontani 5 . Plinio 6 dal canto suo ci riferisce che già al suo tempo esistevano dei veri e propri
collezionisti che cercavano e raccoglievano curiosità di tale genere, pagando per un denario falso
svariati denarii autentici.
Il fenomeno è dunque complesso, ai falsi realizzati in maniera fraudolenta venivano
affiancati i falsi ufficiali, monete suberate coniate dalle autorità statali e riconducibili a
situazioni di emergenza o alla penuria di metallo, a volte finalizzate a trarre in inganno partners
commerciali.
Per limitare la diffusione delle emissioni fraudolente e, al contempo, individuarle e
sottrarle dal circolante si era soliti “saggiare” le monete, incidendone la superficie per constatare
l’effettiva genuinità; le cosiddette “sfregiature” presenti su alcune monete suberate documentano
questa pratica. Anche le fonti sono piuttosto esplicite al riguardo. Il decreto di Nicofone del 375374 a.C. ci informa che ad Atene i Dokimastai erano incaricati di individuare tra le monete
3
LAVINIA SOLE, Il fenomeno delle “barbarizzazioni monetali” in Sicilia attraverso la documentazione numismatica
di Sabucina, in R. Panvini – F. Giudice, Il Greco, il Barbaro, la ceramica attica. Immaginario del diverso, processi
di scambio e autorappresentazione degli indigeni, Atti del convegno internazionale di studi (Catania, Caltanissetta,
Gela, Camarina, Vittoria, Siracusa, 14-19 maggio 2001), v. IV, Roma 2007, 167-180. p. 4.
4
MICHAEL H. CRAWFORD, Roman Republican coinage cit. pp. 560-561.
5
ERNESTO BERNAREGGI, Istituzioni di numismatica antica, Cisalpino, Bologna 19853.
6
PLINIO, Naturalis Historia, XXXIII, p. 132.
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circolanti le emissioni fraudolente – per mezzo di tagli – e che le imitazioni erano confiscate e
consacrate alla divinità. Altri accertamenti erano effettuati pesando gli esemplari con una
bilancia, ascoltando il particolare tintinnio che essi producevano cadendo o odorandole (!)7.
Come giustamente, e legittimamente, osserva il Bernareggi 8 , è indubbio che si debba
considerare se l’uso di circa 3 grammi di rame al posto dell’argento, sommando il costo della
manodopera per la preparazione dei tondelli, la laminazione dell’argento e la successiva
applicazione permettesse degli adeguati introiti. L’autore nota che in realtà il problema della
manodopera era un falso problema poiché il lavoro era affidato a schiavi dal costo pressoché
nullo, inoltre, 1 grammo di argento era acquistato con circa 240 grammi di rame, da qui
l’altissima convenienza dell’operazione che in caso di più coniazioni permetteva un notevole
profitto, giustificando pienamente la macchinosa lavorazione.
7
A. R. PARENTE, Contesti di rinvenimento, destinazione e uso delle monete suberate in Magna Grecia, RIN, 111,
2010, pp. 109-126. Ved. anche A.R. PARENTE, Monete suberate magnogreche: le zecche della Campania, XIII
Congreso Internacional de Numismatica, Madrid 15-19 settembre 2003, a c. di C. Alfaro et alii, Madrid 2005.
8
ERNESTO BERNAREGGI, Istituzioni di numismatica antica cit., p. 90.
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La tecnica della suberatura
Per lo studio dei suberati è necessaria la preliminare conoscenza delle norme per una
corretta adesione della pellicola superficiale e le tecniche di manifattura.
Secondo i dati di letteratura 9 per ottenere il prodotto finale si utilizzavano dei metodi
come:
1. Fusione della superficie di rame o bronzo con l’argento al punto eutettico.
2. Battitura di una sottile foglia di argento o oro.
3. Utilizzo di amalgama mercurio/argento o mercurio/rame.
4. Immersione del tondello in argento fuso10.
5. Falsificazioni Clichè-type.
6. Stagnatura
9
WILLIAM CAMPBELL, in Greek and Roman plated Coins, «A.N.S. Notes and Monographs» n. 57, American
Numismatic Society, New York 1933. LAURA BREGLIA, Numismatica Antica: storia e metodologia, Feltrinelli
Editore, Milano 1964, p. 45.
10
ANGELO FINETTI, Numismatica e tecnologia, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1987, p. 47.
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Per quanto riguarda la stagnatura, oggetto di questo lavoro, sappiamo che è un metodo utilizzato
in periodo romano per rivestire vasi, bardature di cavalli o altri piccoli oggetti. Le testimonianze
numismatiche sono assenti, fatta eccezione per alcuni penny del XV sec. 11 L’operazione
prevedeva la lucidatura superficiale della zona da rivestire in modo da eliminare eventuali ossidi.
Tale operazione forse era effettuata attaccando con sostanze acide il tondello, analogamente a
come si lavora al giorno d’oggi dove si effettuano lavaggi in “acido spento” (soluzione di acido
muriatico spento con zinco). È possibile anche, allo scopo di migliorare l’aderenza e la
bagnabilità dello stagno fuso, spennellare una soluzione di alcol etilico e colofonia, detta pece
greca.
11
LA NIECE, SUSAN, Technology of silver-plated coins forgeries, in Metallurgy in Numismatics, ed. M. M.
Archibald e M. R. Cowell, Royal Numismatic Society, Londra 1993, vol. 3. p. 232.
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Metodologie sperimentali e condizioni operative
Le monete sono state sottoposte a indagini macro e microscopiche non distruttive, per
poter determinare i caratteri principali della lega con lo scopo di comprendere i metodi di
applicazione dello strato superficiale.
Tecniche strumentali
Per la fase di tipo analitico si è utilizzata la microscopia ottica, mediante uno
stereomicroscopio Zeiss Stemi DV4 e un microscopio di tipo metallografico Meiji. Le
osservazioni allo stereomicroscopio sono in grado di offrire un’ampia panoramica su tutto il
pezzo per rendere possibile la scelta dei punti da indagare maggiormente con il microscopio a
scansione elettronica SEM 12 . È stato così possibile anche effettuare micro-fotografie a luce
radente e con geometria di 45°. Il microscopio a scansione elettronica è un Gemini Supra 55 VP
Leo con possibilità di lavorare a pressione variabile e corredato di sonda EDX 13 INCA della
Oxford Instrumentation. Le immagini SEM sono state ottenute sia in elettroni secondari che in
elettroni backscattered. In quelle realizzate in backscattering (abbreviato: BS) la brillanza di un
punto è tanto maggiore quanto più alto è il numero atomico degli elementi che costituiscono il
materiale bombardato dagli elettroni primari. Possiamo
pertanto osservare in una tipica immagine in BS i
diversi elementi e discriminarli in base alla loro
chiarezza relativa. Le analisi EDX sono state
realizzate utilizzando un detector windowlsess in
grado di rilevare anche elementi leggeri. Le analisi
quantitative sono state ottenute mediante software
INCA basato su correzioni di tipo ZAF.
I pezzi da analizzare al SEM non hanno
richiesto particolari preparazioni; sono stati solamente
sottoposti a cicli di lavaggio in acetone e ultrasuoni
per circa 3 minuti, sono stati quindi tenuti in stufa a
70° per 5 minuti e inseriti all’interno del SEM per
l’analisi.
Figura 1: SEM Gemini Supra 55 VP Leo
12
13
Scanning Electron Microscope.
Energy Dispersive X-ray analysis.
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Discussione dei dati
La moneta analizzata rappresenta una coniazione emessa dall’imperatore Marco
Aurelio, intorno al 161-162 d.C. Ad un primo esame alla macro e meso-scala si osserva
una patina differente da quella riscontrabile nelle comuni monete di argento. Le immagini
in microscopia ottica della superficie mostrano difetti superficiali e bollosità in prossimità
delle lettere al dritto, e, seppur in maniera ridotta, anche al rovescio (Figura 3 e Figura 7).
Il pezzo è attraversato inoltre da una lunga frattura che passa dal dritto al rovescio
mostrando il metallo originale del tondello sottostante, ormai parzialmente ossidato (Figura
2 e Figura 6). Dalla Figura 4 si osserva la presenza di materiale sedimentario, all’interno
delle zone interstiziali.
Marco Aurelio 161-180 d.C. Æ con rivestimento AR; denario, 161162 d.C.
1:1
D/ IMP M AUREL ANTONINVS AVG
Busto dell’imperatore Marco Aurelio a destra.
R/ CONCORDIA AVG TR P XVI
La Concordia seduta a sinistra tiene con la mano destra una patera, mentre
poggia il braccio sinistro su una cornucopia.
Esergo: COS III.
Zecca: Incerta.
3,198 gr; Ø 18mm; 360°; cons. mediocre;
Cfr.: RIC III n° 40;
Anali si me tall ur g ica d i una mo neta sub er ata |9
Figura 7: Foto in prossimità delle lettere della
legenda (36x).
Figura 6: Zona di ossidazione del tondello
interno (36x).
Figura 4: Frattura e materiale sedimentario
(36x).
Figura 5: Bordo del dritto a luce radente, in
evidenza le difettosità diffuse (36x).
Figura 3: Particolare delle microbolle (36x).
Figura 2: Frattura con visibile l'interno della
moneta (36x).
A n a l i s i m e t a l l u r g i c a d i u n a m o n e t a s u b e r a t a | 10
L’unicità del pezzo sta nella foderatura presente che, come si evince dalle prime
microfotografie, non è sicuramente composta di argento. I dati EDX, presi in varie
parti della superficie della moneta, hanno fugato ogni dubbio dando come risultati
una copertura in lega di stagno su un substrato di bronzo.
Composizione superficiale
Atomic% Pb
0%
Atomic% Sn
50%
Atomic% Cu
50%
Come evidenziato dalla Figura 8, osservata a 100 ingrandimenti, la frattura
che passa attraverso la moneta è netta, giungendo fino allo strato più interno. È
presente anche una delle bollosità già osservate alla meso-scala e il notevole “effetto
craquellure” nel resto del campione. Gli stress cui è sottoposto lo strato di stagno
sono dimostrati inoltre dalla frattura che si estende dal dritto al rovescio.
Figura 8: SEM, elettroni secondari su zona della lettera con frattura (100x).
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L’area è stata analizzata con EDX per la determinazione della componente della lega
utilizzata per la suberatura:
Tabella 1: Stima della composizione della lega suberata.
Spettro 1
Spettro 2
Spettro 3
Spettro 4
Spettro 5
Spettro 6
Spettro 7
Spettro 8
Spettro 9
Media
Atomic% Cu
50,7
47,2
52,1
59,7
28,4
57,6
75,7
27,1
47,4
49,5
Atomic% Sn Atomic% Pb
48,0
1,3
52,8
0,0
48,0
0,0
39,1
1,2
71,7
0,0
42,4
0,0
24,3
0,0
72,9
0,0
52,6
0,0
50,2
0,3
Il rame e lo stagno sono rilevati in quantità molto elevate, la presenza del piombo è
solo in tracce isolate, probabilmente il dato è dovuto alle “isolette” che il metallo
forma per la sua immiscibilità con rame e stagno, che non si sono amalgamate con il
resto del composto. Siamo pertanto in presenza di un bronzo ternario contenente
rame, stagno e piombo. A causa dell’alto contenuto di stagno presenta particolari
caratteristiche di fragilità.
Per osservare le microfratture si è eseguito un ingrandimento a 7000x, con
sistema InLens e BS. Lo spessore di queste microfratture è sub-micrometrico con
andamento inter- e intra-granulare (Figura 9). Si può ipotizzare che le fratture siano
riconducibili a stress meccanici o stress di tipo termico.
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Figura 9: InLens, particolare della frattura acquisito a 7000 ingrandimenti.
Figura 10: BS, area di campionamento.
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Il passo successivo è quello di caratterizzare l’interno, il “cuore” del suberato
dove ci si aspetta una diversa composizione del metallo; è stata scelta la zona
fratturata perché ad una osservazione macroscopica appariva composta da lega
differente (Figura 11).
Figura 11: Area di analisi del tondello interno.
Tabella 2: Stima della composizione interna della lega.
Spectrum 1
Spectrum 2
Spectrum 3
Media
σ
Atomic% Cu
69,4
80,8
74,1
74,8
4,7
Atomic% Sn
30,6
17,8
25,9
24,7
5,3
Atomic% Pb
0,0
1,5
0,0
0,5
0,7
A n a l i s i m e t a l l u r g i c a d i u n a m o n e t a s u b e r a t a | 14
Composizione
interna
Atomic% Pb
Atomic% Sn
25%
0%
Atomic% Cu
75%
L’interno è una lega di bronzo con più rame rispetto alla pellicola
superficiale.
In Figura 12 è mostrata un’immagine con ingrandimento di 7000x, effettuata
in prossimità della zona analizzata nello spettro 1 di Figura 11, nell’area è registrata
la presenza di grani di dimensioni sub-micrometriche composti principalmente da
rame e stagno. Questo tipo di superficie, detta cellulare-dendritica, sembra essere
tipica di interfacce venute in contatto con un fuso e che sono sottoposte ad un
successivo sotto-raffreddamento rapido.14
14
WALTER NICODEMI, MAURIZIO VEDANI, La metallurgia nelle tecnologie di produzione,
Associazione Italiana Metallurgia, Milano 2004; pp. 46-50.
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Figura 12: Immagine in BS a 7000x dell’area analizzata.
Anche le bollosità sono state indagate tramite BS ed elettroni secondari, per mostrare
le loro dimensioni ridotte e discriminare le zone con diversa composizione: nella
Figura 13 sono riportati i diametri di queste bolle, compresi tra 160 e 450 µm circa:
Figura 13: Elettroni secondari, diametri delle bollosità della zona superficiale (100x).
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Le indagini sono state effettuate anche tramite l’ausilio della sonda EDX per
risalire ad eventuali differenze tra microbolle e la superficie adiacente, in questo caso
non sono state trovate discrepanze.
Figura 14: Confronto di immagini acquisite in elettroni secondari e in backscattering, in quest'ultima sono visibili
le aree di analisi EDX (808x).
A n a l i s i m e t a l l u r g i c a d i u n a m o n e t a s u b e r a t a | 17
Ricostruzione della lega:
Osservazioni teoriche
La moneta risulta interessante in quanto presenta un rivestimento di stagno,
mai individuato fino ad ora in letteratura, come pellicola esterna delle suberate. Nel
caso specifico l’applicazione della copertura è stata effettuata solo successivamente
alla coniazione poiché sono ben visibili in microscopia ottica (Figura 3, Figura 5,
Figura 7) e in microscopia elettronica (Errore. L'origine riferimento non è stata
trovata.) una serie di difettosità superficiali le quali, al contrario, in caso di
coniazione postuma alla suberatura non sarebbero state osservabili. Oltre a queste
irregolarità l’esame svela una sequenza di difficoltà strettamente tecniche che
sarebbero sopraggiunte se la coniazione fosse stata effettuata dopo la suberatura.
La moneta è formata da due leghe con medesimi componenti: sarebbe forse
stato più semplice procedere alla coniazione direttamente con la lega 50/50, che tra
l’altro fonde a una temperatura minore della lega bronzea utilizzata per il tondello,
con notevole risparmio di tempo e di risorse? Conosciuta la composizione sia esterna
che interna del pezzo, questi interrogativi non permettevano di avere un’idea chiara
sulle tecniche utilizzate per effettuare la suberatura e se, insomma, la contraffazione
avrebbe potuto avere una parvenza di autenticità nel caso fosse stata acquisita da un
possessore distratto. Si è cercato di rispondere a queste domande ricreando in
laboratorio i tondelli e la lega esterna.
A n a l i s i m e t a l l u r g i c a d i u n a m o n e t a s u b e r a t a | 18
Sequenza operativa
Per ricreare i tondelli in laboratorio è stato impiegato un forno elettrico a
muffola. I metalli sono stati pesati per ottenere tre campioni di tondelli, ognuno di
questi con contenuto di rame del 74,5% (2,384 gr.), stagno 24,5% (0,784 gr.),
piombo 1% (0,032 gr.)
Figura 16: i metalli utilizzati in rapporto alla loro
percentuale relativa.
Figura 15: i tre crogiuoli all’interno della
muffola.
Portando a fusione il metallo a seconda della superficie di
Figura 17
contatto con il crogiuolo o il supporto, e in funzione della
velocità di raffreddamento, è possibile ottenere forme a globetto,
perfettamente sferoidali, oppure forme discoidali e schiacciate.
La forma a globetto è stata riscontrata nei campioni che hanno
iniziato e completato la fusione completamente ricoperti dai
frammenti di carbone, non entrando dunque in contatto con
l’atmosfera
né
con
il
crogiuolo
(Figura
17).
Il tondello discoidale è ottenuto, al contrario, quando il carbone è
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tanto limitato da lasciare buona parte del metallo a contatto con l’aria. Come si
evince dalla Figura 18 la parte superiore a contatto con l’aria risulta essere piatta.
Figura 18: il tondello appena formato. Visione trasversale e ortogonale.
Alla luce di questi dati, quando il Finetti15 afferma:
Nel corso del VI secolo si preferì ricorrere a stampi chiusi di forma globulare che
ricevendo solo una quantità prefissata di metallo assicuravano in partenza una
notevole uniformità di peso quanto di dimensioni. Benché non sia rimasta traccia di
siffatti strumenti è ipotizzabile l’uso di forme multiple [...]
è altrettanto ipotizzabile la produzione di tondelli, per monete con pesi di circa 3-4
grammi, senza l’uso di stampi. D’altro canto è lo stesso autore a descrivere una
tecnica documentata dagli Arabi che consisteva nel far fondere solo una quantità prepesata di metallo e ottenere così l’addensarsi in una forma sferica16
Un tondello discoidale è stato sezionato e osservato al microscopio
elettronico per osservarne la struttura superficiale e, previa lucidatura, è stata
esaminata anche la struttura interna. Il piombo è completamente assente all’interno a
causa della migrazione sulla superficie, lo stagno e il rame sono alternativamente
15
16
A. FINETTI , Numismatica e tecnologia, id., pp. 23-25.
Ivi, pp. 32-33.
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amalgamati e riempiono le zone tra i grani cristallini più arricchiti in rame
(confrontare con Figura 20)
Figura 19: sezione interna della moneta. Le zone più
chiare coincidono con la presenza di stagno, le zone
scure evidenziano il rame.
Figura 20: il comportamento di una lega argento/rame con 80%
e con il 30% di Argento. Si forma in entrambi i casi, tra le zone più
arricchite in argento o rame, una fase definita eutettica di
composizione regolare. (Da "Silver surface enrichment" di Beck et
al.)
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Sulla superficie si osserva invece la presenza del piombo, nelle caratteristiche
isolette mentre ad ingrandimenti maggiori si nota una somiglianza strutturale con la
figura precedente:
Figura 22: superficie del tondello osservata a 2400
ingrandimenti. Il piombo, bianco, si ritrova nelle
caratteristiche "isolette".
Figura 21: Ulteriore ingrandimento dell'interfaccia
superficiale (25000 X). Il piombo, con numero atomico
più elevato, è il più brillante. Lo stagno è grigio scuro,
il rame grigio chiaro.
Il tondello globulare è stato più volte battuto allo
scopo di appiattirlo e successivamente è stato “coniato”,
con preliminare riscaldamento, utilizzando una
riproduzione di moneta romana per imprimere sulla
superficie l’immagine incusa. Una possibilità che non è
stata presa in considerazione dalla letteratura
numismatica è quella di poter ottenere, all’uscita dalla
zecca, monete con una superficie ossidata con tenorite
(CuO), e quindi già scure invece ché color rame/bronzo,
a causa dell’esiguità dell’ossigeno nella brace di
riscaldamento con l’instaurazione di condizioni riducenti.
Figura 23: Moneta coniata in
incuso, ossidatatasi con patina
nera (CuO) a seguito del
riscaldamento per la battitura.
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Per quanto riguarda la “stagnatura” come dimostra la teoria, e come evidenzia
l’osservazione diretta (Figura 24), una battitura di questo metallo sul tondello non
sarebbe stata possibile. La lega ottenuta presenta notevole fragilità e, di conseguenza,
sarebbe stato irrealizzabile procedere alla coniazione diretta del pezzo, difatti nei
bronzi all’aumentare del contenuto in stagno si accrescono le proprietà di durezza
ma, di contro, si amplifica la fragilità.
Figura 24: lega “bronzea” contenente stagno al
50% e rame al 50%, nonostante la battitura sia
stata effettuata subito dopo la solidificazione il
pezzo si è letteralmente polverizzato.
L’ipotesi al momento più valida, alla luce di tutti gli elementi raccolti, resta
perciò che si sia proceduto alla falsificazione applicando il metallo allo stato fuso
sulla superficie. Le bollosità osservate precedentemente trovano una risposta nel
riscaldamento ad elevate temperature in fase successiva alla coniazione, come è stato
provato anche sperimentalmente e osservabile in Figura 25.
Figura 25
A n a l i s i m e t a l l u r g i c a d i u n a m o n e t a s u b e r a t a | 23
Conclusioni
A mio avviso si deve continuare la ricerca di suberati in modo da
incrementare i dati utilizzabili; sarebbe auspicabile una maggiore attenzione volta
alla ricerca di monete falsificate con la tecnica qui proposta. Avendo più campioni di
riferimento, difatti, si potrebbero effettuare analisi più invasive ‒ ad esempio la
metallografia, la quale prevede il sezionamento del pezzo e l’osservazione trasversale
di tutti gli strati di bulk ‒ per poter definitivamente esaurire l’argomento. In questo
lavoro si è cercato infatti un compromesso tentando di ottenere il maggior numero di
informazioni utili senza però sacrificare l’integrità del campione analizzato.
Dall’esame, a causa della totale mancanza di argento, l’esemplare può essere
inserito all’interno della categoria delle contraffazioni private. Le conoscenze
metallurgiche utilizzate sono molto avanzate ma è molto improbabile che il pezzo sia
stato emesso per una precisa volontà ufficiale.
Le fonti storiche analizzate in questo lavoro facevano riferimento all’utilizzo
della stagnatura per dare un effetto simil-argento agli oggetti già in epoca romana
anche se, per rintracciare l’uso dello stagno come rivestimento monetale, bisogna
attendere il XV secolo. Come è osservabile, nei test effettuati in laboratorio la lega di
stagno e rame al 50% esteticamente rassomiglia all’argento, giustificando la pratica
fraudolenta.
Il peso di 3,198 gr. risulta essere leggermente inferiore al peso medio degli
esemplari della stessa serie coniati regolarmente dalla zecca (peso medio misurato su
24 esemplari: 3,28 gr. con uno scarto medio di 0,18 gr; peso teorico 3,21 gr.17). La
differenza dal valore medio è ad ogni modo molto bassa, un’eventuale pesatura non
avrebbe palesato il falso.
17
G.G. BELLONI, La moneta romana, p. 259.
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Tabella 3: Pesi di denari in argento di Marco Aurelio.
Denarii Marco Aurelio
3
3,22
3,35
3,02
3,22
3,35
3,07
3,24
3,36
3,14
3,26
3,37
3,16
3,28
3,37
3,16
3,29
3,4
3,18
3,3
3,41
3,19
3,33
3,97
Media
σ
3,28 ± 0,18
2,9%
Dal punto di vista conservativo una nota è d’obbligo. Come risaputo, lo
stagno presenta due forme allotropiche dette α e β, la prima è stabile sotto i 13,2° C,
la forma β, detta stagno bianco, è stabile al di sopra di questa temperatura. Se il
campione si ritrovasse in ambienti freddi, lentamente tenderebbe alla sua forma α
portando ad una disgregazione della struttura, il fenomeno è detto “peste dello
stagno”. È dunque necessario un controllo delle condizioni climatiche per evitare un
degrado irreversibile del manufatto.
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