Mondo dell`arte

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Mondo dell`arte
23 Giugno 2012
MONDO DELL'ARTE
Vincenzo Santarcangelo
Laboratorio di Ontologia, Università di Torino
Summer School, “Dialoghi di Estetica II. Che cos’è un’opera d’arte?”
Castello di Rivoli - Museo di Arte Contemporanea
Arthur C. Danto, The Artworld (1964)
x e x1 sono oggetti indiscernibili: non possiedono qualità che,
scorte dai nostri sensi, ci facciano affermare di essere davanti a
due oggetti diversi.
Il letto, particolare x, istanziazione dell'universale-letto X, è
uguale, per forma, materiale, proprietà, utilizzo che ne facciamo,
al letto particolare x1, istanziazione1 dell'universale-letto X.
Quelle x che sono anche “opere d'arte”
Perché, allora, diciamo che tanto Bed (1955), di Robert
Rauschenberg, quanto il letto della Bedroom Ensemble (1963), di
Claes Oldenburg, entrambi attualmente nella collezione del MoMa
di New York, oltre che letti, sono anche opere d'arte, cosa che non
accade anche a tutti gli altri letti?
Un certo tipo di essere
Perché il verbo essere va qui inteso in un senso affatto particolare.
Non, cioè, come quando lo utilizziamo per dire che qualcosa esiste
(è), che qualcosa è bianco, che qualcosa è più grande di
qualcos'altro. Tutti gli “è” che utilizziamo quando parliamo di opere
d'arte stanno facendo qualcosa di diverso, e di più. Ciò non toglie
che quel particolare utilizzo della copula “è” quando diciamo che
“x è un 'opera d'arte” resti maneggiabile anche da un bambino
(come quando “davanti all'immagine di un cerchio e a quella di un
triangolo, domandatogli qual è lui e quale sua sorella, indica il
triangolo e dice: 'quello sono io!'”, Danto 1964).
L' “è” dell'identifcazione artistica
Questa particolare funzione del verbo essere viene defnito da
Danto l' “è” dell'identifcazione artistica: “in ciascuno dei casi in cui
è utilizzato [per affermare x è un'opera d'arte], x sta almeno per
certe specifche proprietà fsiche, o parti fsiche, di un oggetto”
(Danto 1964). Perché x sia un'opera d'arte una condizione
necessaria è che almeno alcune delle parti materiali o delle
proprietà di x siano designabili dal soggetto di una frase che esige,
o richiede, questo particolare utilizzo del verbo essere.
“x conta come y in c”
Per riprendere la celebre formula di Searle (1995), x (“mero
oggetto fsico”), conta come y (“opera d'arte”) in c (in un
determinato contesto storico-sociale) o in t (a partire da un
determinato periodo storico-sociale), grazie alla “potenza
ontologica” della copula dell'identifcazione artistica. L' “è”
dell'identifcazione artistica viene dunque a confgurarsi come un
motore ontologico, come il demiurgo di nuove entità prima non
esistenti.
Lo sfondo: atmosfera + teoria = mondo
dell'arte
Ma cosa intendiamo per “contesto”, o per “periodo storico
sociale”? In Danto (1964) la risposta a questa domanda non appare
del tutto chiara. Un oggetto x conta come y in c dove “c” sta per
una certa teoria dell'arte attualmente “nell'aria”, una non meglio
descritta atmosfera di fondo propria del periodo storico all'interno
del quale siamo situati come flosof che cercano di defnire cos'è
un'opera d'arte. Qualcosa che l'occhio non può vedere: un mondo
dell'arte. Brillo Box, che è del 1964, non poteva essere arte nel 1954
esattamente nello stesso senso in cui diciamo che nel Medioevo
non poteva esistere qualcosa come un'assicurazione sugli incidenti
aerei.
L'unica opera astratta al mondo
Sia K l'insieme di tutte le opere d'arte in un tempo t. Sia “o” la
prima e unica opera astratta al mondo, un acquerello che Vasilij
Kandinsky realizza nell'ottobre del 1910. Ad essa non seguirà
nessun'altra opera astratta. Un critico – requisito fondamentale la defnisce, recensendo su The Nation la mostra in cui è stata
esposta, un' “opera astratta” (introduce, cioè, un nuovo predicato
relativo ad alcune delle sue proprietà, chiamiamolo “F”, K-rilevante,
ossia rilevante per tutti gli individui facenti parte dell'insieme K).
Nuovi predicati per nuove opere
Questo signifca che, a partire da t, tutti gli altri individui
appartenenti alla classe K (cioè, per defnizione, tutte le opere
esistenti fno a t) dovranno, d'ora in poi, essere F o non-F
(“astratte” o “non “astratte”). Tanto F quanto non-F, predicati che
Danto defnisce contrari, diventano allora K-rilevanti per tutti gli
individui della classe K (per tutte le opere d'arte della storia!).
Detto in altri termini, se anche l'acquerello rimanesse l'unica opera
astratta al mondo, su di esso ricadrebbe comunque la
responsabilità di aver introdotto nel nostro linguaggio due nuovi
predicati (“astratto” e “non astratto”) con i quali, da quel
momento in poi, dover confrontarsi. Oltre che motore ontologico,
l'arte è anche motore semantico.
Danto 1964: cosa non funziona
1. Estende un meccanismo che sembra funzionare alla perfezione a
partire dalla nascita delle avanguardie artistiche a tutta la storia
dell'arte. E' proprio vero che l' “è” dell'identifcazione artistica
avesse la stessa “potenza ontologica” durante il Rinascimento?
2. La teoria, sebbene introduca per la prima volta il lemma non
spiega suffcientemente nel dettaglio cos'è il “mondo dell'arte”. La
nozione resta piuttosto nell'indistinto di quella che l'autore chiama
(volutamente) un' “atmosfera” di un determinato periodo storicoculturale.
George Dickie, Defining Art, 1969
Quando andiamo alla ricerca della defnizione di “opera d'arte”
stiamo parlando di essa in senso descrittivo e non certo metaforico
(come quando esclamiamo, in situazioni ordinarie e non in un
qualche museo: “quel mucchio di rami mi sembra una scultura!”).
Dire ciò signifca affermare che quando parliamo di opera d'arte
stiamo parlando di una cosa che fa parte dell'insieme degli artefatti.
L'artefattualità sembra essere dunque la prima condizione
necessaria per parlare di opera d'arte.
Artefattualità e socialità
La seconda condizione necessaria per poter parlare di opera d'arte
va però rintracciata, secondo Dickie, nel suo essere un oggetto
sociale (una proprietà, questa, che, a differenza della prima è nonesibita e sembra essere di tipo relazionale).
Dickie ritiene quello di mondo dell'arte, così come formulato da
Danto, ossia nei termini di un'atmosfera, un concetto, vago ma con
un contenuto sostanziale. Teniamolo allora per buono e defniamo...
La formulazione della teoria
...un'opera d'arte in senso descrittivo (e non valutativo!) (1) un artefatto
(II) a un insieme dei cui aspetti è stato conferito lo status di candidato
all'apprezzamento estetico da parte di una persona o di alcune
persone, che agiscono per tramite di una determinata istituzione sociale
(il mondo dell'arte).
La defnizione lascia volutamente vago il tema dell' apprezzamento
(lo status è quello di “candidato a...”). Si possono dunque dare
opere d'arte che, pur entrando a far parte del mondo dell'arte, per
un motivo o per un altro, non vengono effettivamente apprezzate
da chicchessia.
Apprezzamento
Ciononostante una qualche defnizione di apprezzamento
dev'essere data: essere candidato all'“apprezzamento” signifca per
Dickie trovarsi nella “collocazione ideale” per essere esperita
come solitamente esperiamo “quadri, poesie, romanzi, brani
musicali”. La defnizione potrebbe sembrare circolare ma in realtà
non lo è perché “opera d'arte” (il defniendum) non appare nella
defnizione di “apprezzamento”.
Una pratica sorretta da istituzioni
Esiste una pratica, che è quella di collocare l'artefatto nella posizione
ideale per essere apprezzato (di renderlo un candidato
all'apprezzamento). A metterla in atto è molto spesso l'artista stesso.
Ma a monte di questa pratica vi è sempre una o una serie di istituzioni
sociali piuttosto informali, uno o più mondi dell'arte. Il che signifca che
l'artista, per collocare l'artefatto in una posizione ideale per il suo
apprezzamento, deve già essere inserito nelle maglie larghe di quella
quasi-istituzione che chiamiamo mondo dell'arte. “Quando defnisco il
mondo dell'arte una istituzione sto dicendo che si tratta di una pratica
consolidata” (Dickie 1977).
George Dickie, Art and the Aesthetic,
1974
“Il nucleo che compone il mondo dell'arte è un gruppo di
persone organizzato in modo lasco, ma legate da una qualche
relazione, che include artisti (pittori, scrittori, compositori),
produttori, direttori di museo, visitatori di musei, giornalisti
culturali, critici che lavorano per ogni sorta di pubblicazione, storici
dell'arte, teorici dell'arte, flosof dell'arte e così via. Queste sono le
persone che fanno funzionare il mondo dell'arte e con ciò si
occupano di mantenerlo in esistenza. In aggiunta, ciascuna persona
che si considera un membro del mondo dell'arte è, per questa sola
ragione, un suo membro”.
Cosa non funziona
- Problemi con la nozione di “artefattualità”. Dickie è costretto a
riformularla più volte (1974, 1977, 1984) per rispondere alle critiche
che gli vengono rivolte.
- Rimane inoltre il problema legato all'indeterminatezza delle procedure
che costituiscono l'ossatura del mondo dell'arte, quella quasi-istituzione
che si basa su leggi opache, vaghe e sempre diverse (Andina 2012).
L'approccio sociologico alla teoria
dell'arte
Secondo Andina (2012) le formulazioni più ristrette delle teorie
istituzionali dell'arte impongono una disamina accurata delle parti
della teoria che hanno carattere istituzionale oltre che
procedurale. Siamo proprio sicuri che una simile disamina sia
impresa impossibile?
E' quanto tentano di fare Becker (1982) [in Italia vedi Dal Lago &
Giordano 2006, 2008], Shiner (2001), Poli (2004),
Howard S. Becker, I mondi dell'arte, 1982
Un testo ormai ritenuto locus classicus. L'autore si concentra sul lavoro
attraverso cui si produce l'opera, il romanzo, o la sinfonia, piuttosto che sui
prodotti stessi intesi come oggetti a se stanti. Saremo in grado di capire i
meccanismi dei “mondi dell'arte” - nozione utilizzata in senso tecnico per
indicare la rete di individui la cui collaborazione produce quel genere di
cose che dà il nome al mondo dell'arte stesso - solo se li osserveremo
attraverso il punto di vista delle persone che lavorano al loro interno. Le
connessioni tra persone e organizzazioni infuenzano le attività degli artisti,
e tale infuenze si ritrovano nelle opere stesse.
Non abbiamo intenti defnitori, né ci chiediamo più come l'arte possa
incarnare i valori di una società (come faceva la vecchia sociologia
dell'arte). Piuttosto ci interesserà capire come funziona il mercato
dell'arte, come vengono comprati e venduti o dipindi, come gli artisti si
adattano alle condizioni in cui il loro lavoro viene venduto. Esattamente
quanto avviene in...
Francesco Poli, Il sistema dell'arte
contemporanea, 2004
Studio da un lato delle strutture e dei circuiti di produzione,
circolazione, vendita e valorizzazione culturale delle opere d'arte
(gallerie, case d'asta, fere, musei, editoria d'arte), e dall'altro lato, in
particolare, del ruolo specifco che svolgono i principali attori in
campo: artisti, mercanti, critici, direttori musei e collezionisti.
Il termine “sistema” (introdotto da Lawrence Alloway in un
articolo del 1972 su Artforum) è da preferire a quello di “mondo
dell'arte”, che tenta di mantenere relativamente separata,
nell'ambito della produzione artistica, la dimensione economica da
quella culturale, spesso evitando di dichiararne l'organica
interconnessione.
Larry Shiner, L'invenzione dell'arte, 2001
Per Shiner, la locuzione “sistema delle arti” descrive ciò che forse
si sarebbe potuto meglio chiamare “sistema sociale dell'arte”, ossia
un complesso di pratiche artistiche, di istituzioni, di
comportamenti e di divisioni sociali e di classe che incarnano le
idee di belle arti, di artista e di estetica. In questo senso, si può
parlare tanto di un sistema sociale dell'arte premoderno, quanto di
uno moderno.
Il moderno sistema delle arti, così come lo conosciamo
attualmente, non è un elemento naturale, né l'emanazione di un
destino immutabile, bensì qualcosa lentamente edifcato dagli
esseri umani. L'arte, come la intendiamo normalmente, è una
invenzione europea di appena due secoli fa.
L'arte, un'invenzione recente
Il sistema moderno delle arti è stato preceduto da un altro
sistema, più ampio e piu utilitaristico, durato oltre due millenni e
prevedibilmente sarà seguito da un terzo sistema delle arti. Ciò che
alcuni critici temono o invocano come morte dell'arte, della
letteratura, o della musica classica, può essere visto semplicemente
come la fne di una certa istituzione sociale che ha iniziato a
prendere forma durante il settecento. Come molti altri concetti
formatisi nell'Illuminismo, l'idea europea di belle arti fu ritenuta
universale: questo ha lasciato che si radicasse nel senso comune la
convinzione che esista un'unica e lineare storia dell'arte “dalle
magnifche sorti, e progressive”, basata sulla continuità e
sull'inevitabilità (chiaro l'intento polemico contro Danto).
Interrogativi post quem
Prima del diciottesimo secolo, né le idee moderne di belle arti, di
artista e di estetica, né l'insieme delle pratiche e delle istituzioni
che siamo soliti associare loro erano integrati in un sistema
normativo. Dopo il diciottesimo secolo, le principali opposizioni
concettuali e le principali istituzioni del moderno sistema dell'arte
sono state man mano date per scontate, e sono da allora diventate
regolative. Soltanto a seguito dell'instaurazione del moderno
sistema dell'arte ha senso farsi domande come: è davvero arte?
qual è la relazione tra arte e società?
Contra Danto (I)
In Danto ben si sposano una posizione di tipo essenzialista, dovuta
alla convinzione che “l'arte sia in ogni tempo la stessa cosa”, con
una di tipo storicista secondo cui l'essenza dell'arte si sarebbe
progressivamente rivelata nel corso della storia. In quanto
essenzialista, Danto concepisce l'opposizione tra arte e artigianato
come eterna e universale, pur riconoscendo che nella cultura
occidentale non vi sia stata consapevolezza della differenza
essenziale tra belle arti e artigianato sino alla f ne del
Rinascimento.
Contra Danto (II)
Danto ammette inoltre che ci sia stata una “rivoluzione
copernicana” nel concetto di arte durante il XVIII secolo, ma è
nello stesso tempo convinto che “occorre un concetto
extrastorico dell'arte perché possano verifcarsi al suo interno
rivoluzioni concettuali”.
Per Shiner la storia dell'arte deve invece tentare di riunire diversi
fattori contingenti (intellettuali, istituzionali, sociali), piuttosto che
guardare, come fa Danto, al di là di tali contingenze al fne di
seguire la fatale apparizione dell'essenza dell'arte attraverso la
storia interna delle “belle arti”.
Riferimenti bibliografci
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Andina T. (2012), Filosofe dell'arte. Da Hegel a Danto. Carocci, Roma.
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Dickie G. (1977), “A Response to Cohen: The Actuality of Art”. Aesthetic: A Critical Anthology, St.
Martin's Press, New York.
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Dickie G. (1984), The Art Circle: A Theory of Art. Haven, New York.
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Dal Lago A., Giordano S. (2008), Fuori Cornice. L'arte oltre l'arte. Einaudi, Torino.
Danto A.C. (1973), “The Artworld”. Journal of Philosophy, LXI: 571-584.
Dickie G. (1969), “Defning Art”. American Philosophical Quarterly, 6,3:253-6.
Dickie G. (1974), Art and the Aesthetic: An Institutional Analysis. Cornell University Press, IthacaLondon.
Dal Lago A., Giordano S. (2006), Mercanti d'aura. Logiche di arte contemporanea. Il Mulino,
Bologna.
Poli F. (2004), Il sistema dell'arte contemporanea. Laterza. Roma-Bari.
Searle J. (1995), The construction of social reality. Penguin, Harmondsworth.
Shiner L. (2001), The Invention of Art. A cultural history. University of Chicago Press, Chicago.