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I contratti per i prezzi rimborsabili
delle specialità medicinali e gli accordi
di prezzo e rimborso condizionato
Fausto Massimino *
1. Le anomalie della domanda
e dell’offerta, il terzo
pagatore ed il mercato
comunitario: profili generali
Una corretta trattazione dei contratti per il prezzo
rimborsabile delle specialità medicinali in Italia esige
una preliminare descrizione di quelle specificità del
comparto farmaceutico che lo rendono scarsamente
assimilabile ad un mercato nella sua accezione tradizionale, inteso come luogo di scambio di beni e servizi, definito secondo una dinamica competitiva.
In questo settore merceologico, infatti, è difficilmente rintracciabile il principio di efficienza prefigurato dagli economisti classici, grazie al quale il sistema dei prezzi consente la migliore allocazione
delle risorse, sia pure in una situazione entro cui
ciascun individuo persegue i propri interessi.
Rispetto alla configurazione ideale del mercato –
nella quale si viene a determinare l’uguaglianza tra il
costo marginale ed il beneficio marginale per tutti i
soggetti che in esso operano – mancano, infatti, alcune condizioni di fatto essenziali affinché il modello teorico, attraverso il conseguimento dell’equilibrio tra la domanda e l’offerta in un contesto concorrenziale, possa dimostrare concreta efficienza1.
Lo scritto si propone di offrire
una panoramica generale sulla tematica
dei prezzi delle specialità medicinali,
soffermandosi in particolare sui
contratti sottoscritti tra le imprese
farmaceutiche e l’Agenzia Italiana
del Farmaco (AIFA) al fine di definire
il livello di prezzo rimborsabile da
parte del Servizio Sanitario Nazionale.
In particolare, l’autore si concentra
sulla procedura di negoziazione e su
quegli accordi che dal 2006 prevedono
la possibilità di una ripartizione tra
AIFA e imprese degli oneri finanziari
del farmaco in tutti i casi in cui non
sia possibile accertare preventivamente
se, ed in quale misura, il medicinale
possa rivelarsi realmente efficace
per il paziente. In una situazione
caratterizzata dalla limitatezza
delle risorse finanziarie, gli accordi
di prezzo e rimborso condizionato
si configurano come l’ambito di
una possibile conciliazione tra le
esigenze dell’impresa e quelle del
Servizio Sanitario Nazionale, in una
prospettiva di tutela per il paziente.
La discrepanza tra la teorica raffigurazione economica del mercato e la sua reale applicabilità al contesto
farmaceutico riguarda sia le modalità con cui le imprese propongono i loro beni, sia il livello di consapevolezza con cui i consumatori realizzano la propria scelta, ai quali va aggiunta, quale ulteriore elemento di riflessione, l’estensione comunitaria assunta dalla distribuzione dei medicinali, che finisce per incidere anche
sulle stesse politiche di prezzo adottate dalle imprese
e dalle autorità amministrative nazionali.
* Legale d’azienda.
(1) Cfr. C. Lucioni, L’economia del farmaco, in Economia e normativa del farmaco,
a cura di C. Lucioni e P. Minghetti, Torino, 1998, 5.
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I contratti per i prezzi rimborsabili delle specialità medicinali
e gli accordi di prezzo e rimborso condizionato
Sin dalla direttiva 89/105/CEE2 , infatti, sono state enucleate in sede comunitaria le regole fondamentali cui assoggettare la disciplina dei prezzi dei
farmaci, attribuita alla potestà normativa nazionale nella sua concreta attuazione, e si è individuato nella trasparenza il principio ispiratore a cui le
autorità nazionali – ciascuna titolare esclusiva delle disponibilità finanziarie assegnate dallo Stato alla
spesa farmaceutica – devono attenersi3.
Prima di addentrarsi nell’analisi dell’argomento
principale del presente scritto, è quindi opportuno procedere ad una descrizione succinta degli elementi che concorrono a definire l’anomalia del settore farmaceutico.
a) In primo luogo, si può osservare che il presupposto su cui si fonda l’introduzione sul mercato
di un nuovo farmaco è tendenzialmente rappresentato dal suo carattere innovativo, che l’ordinamento giuridico ha solitamente già certificato
in precedenza con la concessione di un brevetto relativo al suo principio attivo o alla formulazione, conferendo così al titolare una posizione di
monopolio legale: per effetto del brevetto, dunque, l’impresa fruisce della possibilità di produrre e commercializzare in esclusiva il proprio prodotto, ed è quindi teoricamente nella condizione
di trarre remunerazione dal proprio investimento
di ricerca in una dinamica parzialmente sottratta
ad una logica strettamente connessa all’incontro
della domanda e dell’offerta. Come si vedrà qui di
seguito, tuttavia, rispetto a questo schema teorico assume rilevanza il ruolo di pagatore del Servizio Sanitario Nazionale che – operando in regime
di monopsonio – è in grado di ribaltare il potere
contrattuale dell’impresa.
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(2) La direttiva 89/105/CEE del Consiglio delle comunità europee del 21 dicembre 1988, riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità medicinali per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia è reperibile in G.U. n. L 40
dell’11 febbraio 1989, 8.
(3) Per una sintesi delle diverse fasi
che hanno caratterizzato negli anni il
processo di formazione dei prezzi delle specialità medicinali, mi permetto di
b) Una significativa anomalia del settore farmaceutico è però riscontrabile anche nel comportamento dei
consumatori e nei criteri che ne ispirano le scelte.
In questo ambito, infatti, il concetto di “consumatore” è immediatamente sovrapponibile a quello
di “paziente”, soggetto che – fatti salvi i casi dei
prodotti per automedicazione indirizzati a patologie o malesseri di modesta entità –, non opera abitualmente la propria scelta sulla base di una valutazione unilaterale, informata e razionale, come dovrebbe invece tendenzialmente accadere negli altri
comparti merceologici.
La selezione del farmaco, infatti, avviene ad opera
del medico, a cui è rimessa la funzione di ponderare
l’idoneità del prodotto e dei suoi potenziali benefici
rispetto ai sintomi riscontrati; in questa dialettica, il
paziente può assumere una maggiore o minore partecipazione nei confronti della scelta terapeutica, in
ragione della propria sensibilità, del livello culturale o della reattività personale, sino alla possibilità di
rifiutare la cura proposta (art. 32 Cost.), anche per
obiezioni etiche o filosofiche rispetto a determinate
categorie di medicinali. In questo contesto, la consapevolezza del medico in ordine alla limitatezza delle risorse finanziarie disponibili per la cura della salute del paziente costituisce inevitabilmente un elemento di condizionamento della scelta prescrittiva,
tanto maggiore quanto più siano applicabili sistemi di
controllo ed arsenali sanzionatori ad opera delle Regioni, alle quali l’art. 117 Cost. assegna la responsabilità della spesa farmaceutica. Viene così a determinarsi una potenziale conflittualità tra l’esigenza di garantire la più rigorosa gestione delle finanze pubbliche, e la necessità di riconoscere concretamente la
tutela del diritto alla salute, garantito dall’art. 32 della Costituzione4.
rinviare a F. Massimino, La regolamentazione dei prezzi, la rimborsabilità e gli
sconti delle specialità medicinali, in San.
Pubbl., 2002, 6 751.
(4) Nel quadro della progressiva definizione dei principi che disciplinano il diritto del cittadino alla gratuità delle cure farmacologiche, occorre sottolineare l’importanza del contributo fornito
dalla Corte Costituzionale in via di interpretazione dell’art. 32 Cost. che, dopo essere stato inizialmente considerato quale “norma meramente program-
matica”, è stato poi identificato come
fonte del diritto alla tutela della salute
in termini pieni ed assoluti; successivamente, l’espansione potenzialmente illimitata della portata dell’art. 32 Cost. è
stata inquadrata in ragione del carattere “finanziariamente condizionato” che
è stato riconosciuto al diritto del cittadino, rintracciabile nell’ambito del ragionevole bilanciamento con altri interessi costituzionali rilevanti, tra i quali emerge il contenimento della spesa pubblica, implicitamente sostenuto
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c) Per questo motivo, in un sistema universalistico
quale è quello italiano, la scelta dello Stato di rimborsare o meno talune prestazioni soggiace anche a
considerazioni di carattere politico, che inducono a
riconoscere priorità di intervento da parte del Servizio Sanitario Nazionale nei confronti di alcune patologie, percepite come dotate di una maggiore rilevanza sociale: proprio il livello di prestazioni farmaceutiche e, più in generale, sanitarie garantite gratuitamente alla collettività rappresenta quindi uno dei
principali parametri per verificare se le scelte attuate dalla classe politica sono riconducibili ad un modello di stato sociale più o meno avanzato, che salvaguarda il benessere dei cittadini indipendentemente
dalle loro personali disponibilità economiche5.
Quale conseguenza dell’assunzione dell’obbligo di
rimborsare il costo di taluni farmaci, lo Stato viene però legittimato ad attuare un potere di amministrazione, sorveglianza o negoziazione del prezzo che, secondo modulazioni e peculiarità che differiscono nelle diverse fasi storiche, sortisce comunque l’effetto di determinare i criteri e l’estensione con cui viene accordato il rimborso pubblico
del prezzo del farmaco. A questo proposito, infatti, va rilevato che, quanto meno dal 1994, non viene messa in discussione la facoltà dell’impresa di
stabilire liberamente il prezzo del proprio prodotto, che viene però ammesso al regime di rimborsabilità soltanto alle condizioni e nei limiti stabiliti
dallo Stato o con esso concordati: si tratta di criteri variegati ed evolutisi nel corso degli anni, ma comunque ispirati da crescente restrittività, sopratdall’art. 97 Cost. sul buon andamento
della pubblica amministrazione: a questo proposito, è emblematica la sentenza n. 356 del 23 luglio 1992, nella quale si afferma che “in presenza di un’inevitabile limitatezza delle risorse finanziarie, non è consentito poter spendere senza limite, avendo solo riguardo ai
bisogni, quale ne sia la gravità e l’urgenza; al contrario, occorre commisurare
la spesa alle effettive disponibilità finanziarie, le quali condizionano la quantità ed il livello delle prestazioni finanziarie”. In tempi più recenti, la Corte Costituzionale è giunta ad affermare che
la selezione ed il contemperamento legislativo degli interessi comunque rilevanti non deve essere tuttavia tale da
tutto da quando la necessità di rispettare i parametri finanziari di Maastricht ha suggerito al legislatore di introdurre misure draconiane sulla spesa farmaceutica, anche attraverso molteplici interventi
di riduzione dei prezzi rimborsabili dei medicinali6.
d) Come si è già anticipato la tematica dei prezzi assume rilevanza anche nel contesto europeo.
Accanto alla centralità attribuita dalla direttiva
89/105/CEE al principio della trasparenza, soprattutto in relazione ai prodotti rimborsabili, occorre
infatti ricordare il primato della concorrenza come
cardine del mercato comunitario: in ossequio ad
essa, i prezzi dovrebbero esprimersi secondo una
logica per quanto possibile coerente con le dinamiche competitive, ma un simile obiettivo si contrappone inevitabilmente all’esigenza degli Stati di “relativizzarne” l’attuazione, secondo parametri di compatibilità con le disponibilità finanziarie interne, per
definizione vincolate.
Una simile dicotomia è emersa sin dalla relazione presentata dalla stessa Commissione UE il 25 novembre
1998, e relativa alle prospettive di sviluppo unitario
del mercato farmaceutico sul territorio comunitario
(c.d. rapporto Bangemann – COM (98) 588).
Nell’ambito del rapporto, infatti, veniva confermata la facoltà dei singoli Paesi membri di determinare
le proprie politiche sanitarie e le strategie sulla rimborsabilità delle specialità medicinali, secondo una
logica di mediazione tra il diritto del cittadino di fruire di cure mediche ottimali, la facoltà dello Stato di
adottare misure economiche indirizzate al control-
pregiudicare il “nucleo minimo essenziale” del diritto in questione, configurabile come una soglia di interventi che
le istituzioni devono garantire a prescindere dai costi, rimanendo altrimenti vulnerata la sfera giuridica soggettiva
che l’art. 32 Cost. ha inteso tutelare in
relazione al bene salute; in questo senso, si possono richiamare la già citata
sentenza n. 185 del 1998 e la sentenza
n. 309 del 16 luglio 1999 (cfr. G. Cilio ne, Diritto sanitario, Bologna, 2003, 20).
L’oscillazione tra la tendenza a creare un sistema chiuso di farmaci erogabili a carico del Servizio Sanitario Nazionale alle condizioni dettate dal legislatore, e quella contrapposta, che mira ad estendere il diritto alla fruizione
gratui­t a dei medicinali al di là delle classificazioni normative e regolatorie rappresenta quindi la testimonianza della più generale difficoltà di bilanciare
la tutela di interessi e diritti divergenti nell’interpretazione dell’art. 32 Cost.
e degli altri principi costituzionali che
con questo interferiscono.
(5) Su questo tema, fra gli altri, cfr. P. Giarda, Spesa farmaceutica e spesa sanitaria, in Il
prezzo dei farmaci tra sviluppo dell’industria
e controllo della spesa pubblica, Atti del convegno del 21 gennaio 1994, Milano, in Quaderni di N.C.F., 1994, 2.
(6) Cfr. C. A. Piria , Questioni vecchie e
nuove in materia di prezzi dei medicinali,
in Responsabilità, comunicazione, impresa, Milano, 2001, 4, 509.
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lo della spesa farmaceutica, e l’obiettivo comunitario
di incoraggiare comunque il corretto funzionamento del mercato. La Commissione ribadiva, dunque,
che il limite al potere delle autorità nazionali di fissare i prezzi delle specialità medicinali deve essere individuato nell’effettiva compatibilità con la realizzazione di un regime di libera circolazione delle merci
sul territorio dell’Unione Europea7.
A partire dal caso Roussel (C-181/82), la questione
è stata affrontata a più riprese dalla Corte di Giustizia, a cui è stato anche richiesto di valutare la coerenza tra la direttiva 89/105 e le misure di riduzione dei prezzi rimborsabili ad opera delle autorità nazionali8.
Sotto questo profilo, l’orientamento della Corte di
Giustizia è rintracciabile nei principi affermati nella
sentenza sul caso Menarini (C-352/07) del 2 aprile
20099, con la quale si è ribadito che gli Stati membri:
1) possono introdurre norme che disciplinino il consumo dei farmaci nell’interesse dell’equilibrio finanziario dei propri sistemi sanitari; 2) sulla base della
verifica delle proprie condizioni macroeconomiche,
possono bloccare il prezzo dei medicinali o ridurlo,
anche più volte in un anno, sempre che sia osservata la prescrizione minima della verifica preventiva;
3) possono adottare misure di controllo dei prezzi dei farmaci in base a stime di spesa, purché fondate su elementi obiettivi e verificabili, senza dover attendere dati reali; 4) possono determinare i criteri
per la propria verifica macroeconomica, considerando la sola spesa farmaceutica, ovvero quella sanitaria
complessiva, ovvero altre fonti di spesa pertinenti.
In questo contesto, l’impresa farmaceutica può ottenere una deroga rispetto alle misure di abbattimen-
8
(7) Si colloca nella medesima linea interpretativa la sentenza Duphar del 7
febbraio 1984, C 238/82, (in Foro it.,
1985, IV, 319), nella quale la Corte, in
relazione ad un regime nazionale inteso a contenere la spesa pubblica per il
settore farmaceutico, ha riconosciuto
doversi “ammettere che il diritto comunitario non scalfisce la competenza degli Stati membri ad impostare i
loro sistemi previdenziali e ad adottare, in particolare, norme miranti a disciplinare il consumo dei prodotti farmaceutici salvaguardando l’equilibrio
to del prezzo di un farmaco, soltanto laddove sia in
grado di giustificarla con ragioni inoppugnabili, connesse a fattori produttivi e finanziari inequivocabili.
e) Alla luce di quanto qui esposto e delle molteplici variabili che incidono in modo peculiare sul meccanismo di formazione del prezzo del medicinale, si
può avanzare una prima, provvisoria conclusione,
secondo cui il “giusto prezzo” sul mercato nazionale non si determina per effetto della dialettica tra le
imprese ed i consumatori, che ipoteticamente consentirebbe di stabilire il punto di equilibrio tra domanda ed offerta: indipendentemente dalla teorica libertà dell’impresa di stabilire un diverso valore, infatti, esso si origina sulla base della definizione
del livello più elevato di costo che lo Stato è disposto a sostenere in relazione a ciascun prodotto ed
a ciascuna patologia, in considerazione del finanziamento pubblico della spesa farmaceutica.
Da questa situazione scaturisce una dinamica concorrenziale atipica, all’interno della quale il carattere anelastico del prezzo delle specialità medicinali va progressivamente ridimensionandosi, per effetto di una
crescente responsabilizzazione della classe medica in
merito al contenimento della spesa, che induce il professionista a privilegiare farmaci a minor costo.
D’altra parte, un simile orientamento prescrittivo
si affianca all’intensificazione dei sistemi di controllo ed alle molteplici barriere di accesso al mercato
introdotte dalle regioni, attraverso i prontuari farmaceutici regionali, una volta che pure il farmaco abbia già ottenuto un’autorizzazione in sede europea
ad opera dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA),
ed un prezzo rimborsabile a livello centrale da parte
dell’’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)10.
finanziario dei loro sistemi previdenziali contro le malattie”.
(8) Cfr. sent. 7 febbraio 1984, causa
238/82, Duphar e a., Racc., p. 523, punto 16; 19 marzo 1991, causa C‑249/88,
Commissione/Belgio, Racc., pp. I‑1275,
punto 31; 17 febbraio 1993, cause riunite C‑159/91 e C‑160/91, Poucet e Pistre, Racc., pp. I‑637, punto 6; 17 giugno 1997, causa C‑70/95, Sodemare e
a., Racc., pp. I‑3395, punto 27; 28 aprile
1998, causa C‑158/96, Kohll, Racc., pp.
I‑1931, punto 17; 20 gennaio 2005, causa C‑245/03, Merck, Sharp & Dohme,
Racc., pp. I‑637, punto 28; 11 settembre
2008, causa C‑141/07, Commissione/
Germania, Racc., pp. I‑6935, punto 22.
(9) Il testo integrale della sentenza in
questione è reperibile in http://eur-lex.
europa.eu.
(10) Con riferimento i prontuari regionali,
cfr. N. Martini, Tra autorità centrale e autonomie locali, in Aboutpharma, aprile 2011, 12.
Per l’orientamento della giurisprudenza
amministrativa in materia di prontuari,
cfr. Consiglio di Stato, sent. 7 ottobre
2008, n. 4900, in San. Pubbl., 2009, 3, 82,
con nota di F. Massimino.
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2. La classificazione dei farmaci
Come si è già anticipato, l’esigenza di una più efficace
integrazione comunitaria, anche in una materia critica come quella del regime dei prezzi delle specialità
medicinali, nel 1988 aveva condotto all’approvazione
della direttiva n. 89/105/CEE, intesa a stabilire i criteri per la valorizzazione della trasparenza nella fissazione dei prezzi dei farmaci e per la loro rimborsabilità a carico degli Stati membri. Tuttavia, in sede di recepimento gli obiettivi comunitari erano stati parzialmente elusi dal legislatore italiano che, nel
d.lgs. n. 79/1992, si era soprattutto limitato a ribadire gli elementi procedurali già in vigore ed a corredarli con alcune petizioni di principio, riducendo
al minimo gli aspetti applicativi di reale innovazione.
Di fatto, quindi, rimaneva ancora in gran parte disatteso l’obiettivo comunitario di conferire maggiore oggettività e verificabilità al sistema dei prezzi, evitando così arbitrii amministrativi ed effetti distorsivi sulla concorrenza tra imprese.
Alla luce di queste esigenze, un successivo intervento
del legislatore, concretizzatosi nell’art. 8, commi 9 e
ss. della l. n. 537/1993, ha cercato di declinare concretamente le istanze di trasparenza avanzate dalla direttiva 89/105, inserendo comunque questo sforzo all’interno del più generale – e sempre prioritario – tentativo di riduzione della spesa farmaceutica11.
Infatti, con decorrenza dal 1994, la normativa in
questione ha disposto la riclassificazione delle specialità medicinali e dei preparati galenici secondo
tre categorie, differenziandoli per caratteristiche
terapeutiche e per il regime di rimborsabilità che
veniva loro attribuito: in particolare, il comma 10
dell’art. 8, ha stabilito la distinzione tra i farmaci da
classificare sub lett. A), essenziali e destinati a malattie croniche, e per i quali veniva prevista la totale attribuzione del relativo onere a carico del Ser(11) Per completezza, va ricordato che
la riforma operata con la l. 537/1993
avvenne sull’onda degli scandali che,
nel periodo di “Tangentopoli”, coinvolsero anche il settore farmaceutico.
(12) Con effetto dal 1° luglio 2001, l’art.
75, comma 1, l. 388/2000 ha abolito la
classe B, disponendo che i farmaci ivi
collocati fossero riclassificati per ca-
vizio Sanitario Nazionale (SSN), salvo il pagamento
di una compartecipazione (c.d. “ticket”) da parte
del paziente; quelli collocati sub lett. B), in quanto
considerati diversi da quelli sub lett. A), ma comunque dotati di rilevante interesse terapeutico, per i
quali è stata prevista la compartecipazione dell’assistito nella misura del 50% del prezzo al pubblico12; infine, i prodotti collocati nella classe sub lett.
C), posti invece a totale carico dell’assistito, con facoltà discrezionale di fissazione dl prezzo da parte dell’impresa farmaceutica, salvo l’obbligo di questa di dare comunicazione delle variazioni alle autorità regolatorie e alla federazione degli ordini dei
farmacisti italiani almeno quindici giorni prima della data di applicazione dei nuovi.
La stessa norma ha anche affidato alla Commissione Unica del Farmaco (CUF), appositamente istituita in seno al Ministero della Sanità, la concreta attuazione della riclassificazione e la conseguente ridefinizione del prontuario farmaceutico nazionale.
Va inoltre sottolineata la grande innovazione introdotta dall’art. 8, comma 12, che ha cancellato il
meccanismo dei prezzi amministrati13, sottoponendo i prezzi dei medicinali “a decorrere dal 1° gennaio 1994... a regime di sorveglianza, secondo le modalità
indicate dal CIPE”, non potendo essi “superare la media dei prezzi medi risultanti per prodotti similari e inerenti al medesimo principio nell’ambito della Comunità
Europea; se inferiori, l’adeguamento alla media comunitaria non potrà avvenire in misura superiore al 20%
annuo della differenza”.
Si è così realizzata una netta soluzione di continuità,
che, dall’amministrazione dei prezzi consolidatasi nei
decenni precedenti, ha transitato il sistema del rimborso delle specialità medicinali verso il regime della
sorveglianza, formalmente ispirato da principi di maggiore libertà delle imprese, che sono state così abilitate alla fissazione dei prezzi entro una soglia massima
non vincolante stabilita dall’amministrazione14.
tegorie omogenee dalla CUF all’interno della classi A e C entro il 31 gennaio 2001, sulla base della loro efficacia terapeutica e delle loro caratteristiche prevalenti.
(13) Per un’ampia bibliografia sul regime dei prezzi amministrati, cfr. M.G.
Roversi Monaco, Determinazione del
prezzo dei farmaci e servizio sanitario na-
zionale, in Sanità pubblica, 1995, 1, 10.
(14) Cfr. C. A. Piria, Questioni vecchie e nuove in materia di prezzi, cit., 512.
Al fine di individuare concretamente i
criteri da utilizzare per la determinazione del prezzo medio europeo dei farmaci rimborsabili da parte del SSN, in
data 25 febbraio 1994 il Comitato Interministeriale per la Programmazio-
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Tuttavia, va rilevato che la riforma del regime di
classificazione dei medicinali attuata a partire dal
1994 non ha comportato una stabilizzazione del sistema farmaceutico, che, anzi, proprio negli anni
successivi ha subito l’impatto di continui interventi
di taglio dei prezzi ad opera delle autorità sanitarie.
nazionale, le singole aziende che abbiano a loro volta ecceduto il budget ad esse singolarmente attribuito sono tenute a ripianare l’eccesso di spesa in misura proporzionale al proprio sforamento, con una
ripartizione che coinvolge anche i grossisti e le farmacie, per una percentuale calcolata sulla base dei
margini loro spettanti.
3. La l. 222/2007 sul
budget farmaceutico
Come già anticipato, la ratio della norma consiste
nella volontà del legislatore di stabilire un sistema
attraverso il quale il settore farmaceutico possa
trovare al proprio interno dei meccanismi di compensazione della spesa eventualmente eccedente
l’allocazione determinata dal Servizio Sanitario Nazionale, limitando così il rischio di azioni coercitive
di taglio dei prezzi dei farmaci rimborsabili.
Nel tentativo di mitigare la sostanziale imprevedibilità del settore farmaceutico nazionale e di sottrarlo a misure di penalizzazione dei prezzi, nel 2007 il
legislatore ha provato a modificare il paradigma di
regolazione della spesa farmaceutica, introducendo
per la prima volta la metodologia del budget aziendale come criterio generale di gestione e contenimento della spesa farmaceutica.
La l. n. 222/2007, infatti, ha profondamente innovato i meccanismi di determinazione del finanziamento della spesa farmaceutica territoriale.
In primo luogo, è stata prevista l’assegnazione a ciascuna impresa farmaceutica, di anno in anno, di un
proprio budget calcolato sulla base della spesa preventivabile per ciascun medicinale aziendale dispensato ai pazienti tramite le farmacie. Di conseguenza, la norma ha stabilito che la somma dei budget individuali delle singole imprese debba corrispondere alla quota del fondo sanitario nazionale – annualmente stabilito dal legislatore – assegnata alla spesa
farmaceutica territoriale, integrata con risorse incrementali: queste ultime derivano soprattutto dai
risparmi che saranno presumibilmente conseguiti,
nel corso dell’anno successivo, per effetto della riduzione dei prezzi di alcuni farmaci, dovuta alla loro genericizzazione.
In caso di sfondamento del budget farmaceutico
10
ne Economica (CIPE), istituito presso il Ministero del Bilancio, ha emanato
una specifica deliberazione, che, a giudizio delle imprese, ha ridimensionato
i contenuti di libertà economica che la
scelta del regime di sorveglianza sembrava invece sottintendere. Per iniziativa di alcune di esse, la deliberazione del
25 febbraio 1994 ha costituito oggetto
di un’acuta conflittualità in sede ammini-
Le imprese farmaceutiche, i grossisti e le farmacie
vengono quindi responsabilizzati direttamente rispetto alla gestione della spesa farmaceutica territoriale, con una metodologia che – se determina
indubbiamente qualche criticità concorrenziale per
i vincoli che pone alla crescita delle aziende ed allo sviluppo del mercato – ha comunque il merito di
recidere il nesso di causalità tra aumento della spesa farmaceutica e misure sui prezzi, a vantaggio del
principio di affidamento delle imprese.
Quanto succintamente ricordato vale per la spesa farmaceutica generata all’interno delle farmacie aperte al
pubblico, posto che – sempre in base alla l. n. 222/2007
– gli oneri attribuibili alla spesa farmaceutica ospedaliera continuano a ricadere sulle Regioni; ad esse, infatti,
viene assegnato un budget proporzionale alla spesa sanitaria complessiva, ed a loro la legge richiede di recuperare eventuali sforamenti mediante azioni di contenimento, non necessariamente circoscritte al farmaco15.
La norma precisa anche che non è tenuta al ripiano la
Regione che abbia fatto registrare un equilibrio economico complessivo: viene così esplicitata la volontà del
legislatore di responsabilizzare le Regioni nella gestio-
strativa, secondo un iter giudiziario che
ha condotto il Consiglio di Stato, sez.
VI, ad annullare parti significative e qualificanti della deliberazione stessa, con
la sentenza n. 118 del 27 gennaio 1997
(per il testo integrale della sentenza, cfr.
Foro it., 1997, Parte III - 6, 129), al quale
ha fatto seguito, da ultimo, l’ordinanza
della Corte di Cassazione depositata in
data 24 marzo 1999, con la quale la Su-
prema Corte ha dichiarato estinto per
rinuncia il giudizio proposto dall’Avvocatura Generale dello Stato.
(15) Ai sensi dell’art. 5, comma 5 della l.
222/2007, a decorrere dall’anno 2008
la spesa farmaceutica ospedaliera non
può superare a livello di ogni singola
regione la misura percentuale del 2,4
per cento del finanziamento cui concorre ordinariamente lo Stato.
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ne della spesa ospedaliera totale, all’interno della quale il costo del medicinale rappresenta una componente
secondaria, il cui reale impatto deve essere valutato in
termini farmacoeconomici.
Tuttavia questo approccio sembra essere modificato per effetto del d.l. n. 98 del 6 luglio 2011, convertito nella l. n. 111/2011 (“Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria”), che all’art. 17 ha previsto la possibilità di un sensibile cambiamento per
l’assistenza farmaceutica ospedaliera. In particolare, è stato stabilito che – a decorrere dal 2013 –
debbano essere disciplinate con apposito regolamento del Ministero della salute, di concerto con
il Ministero dell’economia, le procedure finalizzate a porre a carico delle imprese il 35% dell’eventuale superamento del tetto di spesa farmaceutica ospedaliera a livello nazionale. Tale quota deve
essere imputata alle aziende in proporzione ai rispettivi fatturati per i farmaci ceduti alle strutture ospedaliere16.
4. La procedura di contrattazione
dei prezzi rimborsabili
Successivamente all’introduzione del prezzo medio
europeo per effetto della l. 537/1993, il sistema di
determinazione dei prezzi delle specialità medicinali
si è evoluto attraverso l’introduzione di un ulteriore
meccanismo di rimborsabilità che, da un’applicazione circoscritta a particolari categorie di farmaci, si è
successivamente esteso ad ogni medicinale.
A questo proposito, occorre richiamare il regolamento CEE 2309/1993 del 22 luglio 1993, che ha istituito un organismo centrale europeo, l’EMA, deputato ad attuare valutazioni scientifiche altamente quali(16) L’art. 17 della l. n. 111/2011 precisa,
tuttavia, che l’obbligo di ripiano a carico delle imprese in misura pari al 35% è
subordinato al mancato raggiungimento dell’intesa fra lo Stato e le regioni,
ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della
legge 5 giugno 2003, n. 131, da stipulare entro il 30 aprile 2012, con la quale
si dovrebbe fare altrimenti fronte alla
riduzione dei finanziamenti della spesa
sanitaria per il 2013 e il 2014.
(17) L’art. 48 della l. 326/2003 ha istituito
l’AIFA, assegnando ad essa, tra le altre,
ficate ed indirizzate a consentire il più rapido accesso al mercato dei prodotti di elevato contenuto tecnologico, nel rispetto della procedura centralizzata a
livello europeo prevista dalla direttiva CEE 93/41 del
14 giugno 1993. In seguito a questa novità regolatoria, l’art. 1, comma 41 della l. n. 662/1996 ha stabilito che i medicinali approvati centralmente dall’EMEA
debbano essere ceduti ad un prezzo massimo rimborsabile contrattato con il Ministero della sanità.
Si è quindi delineato un nuovo modello di determinazione del prezzo rimborsabile del farmaco, inteso a consentire che la valutazione degli oneri da
porre a carico dello Stato avvenga sulla base di analisi concretamente legate al presumibile beneficio
del prodotto, secondo una logica più svincolata dalle rigidità inevitabilmente connesse al meccanismo
del prezzo medio europeo.
In seguito, l’art. 36, comma 10 della l. n. 449/1997
ha esteso in via transitoria la procedura di contrattazione anche ai prodotti approvati per mutuo riconoscimento, ed infine l’art. 48, comma 33 della l.
n. 326/2003 ha stabilito che tutti prezzi dei farmaci
rimborsabili debbano essere contrattati tra l’AIFA17
e le case produttrici, secondo le modalità già indicate nella delibera CIPE n. 3 del 1° febbraio 2001,
che aveva sostituito la precedente deliberazione n.
5 del 30 gennaio 1997.
Il prezzo rimborsabile del farmaco deriva quindi da
un contratto atipico (art. 1322 c.c.) tra AIFA e l’impresa, il cui oggetto consiste nella determinazione
dell’onere massimo che il SSN è disposto a sostenere per la dispensazione al paziente di un farmaco appropriato alla cura di una patologia di riconosciuto impatto sociale18; d’altra parte, ai sensi degli artt. 1339 e 1374 c.c., l’accordo tra le parti deve
anche le competenze in materia farmaceutica in precedenza affidate alla CUF.
(18) In termini generali, è possibile affermare che il settore farmaceutico è
caratterizzato da una contrattualistica atipica, che si è consolidata nel corso degli anni, al punto da configurare il
segmento civilistico del cosiddetto “diritto farmaceutico”. Per maggiori chiarimenti su questo tema, cfr. A. Cardini,
Co-marketing farmaceutico e diritto antitrust, in Dir. ind., 1999, 3, 267; S. Mari no, Ancora sul co-marketing farmaceuti-
co: un diverso punto di vista, in Rass. dir.
farm., 2001, 449; F. Massimino, I contratti nel settore farmaceutico, in I contratti,
1998, 415; C. Piria , La disciplina amministrativa della concessione di vendita di
medicinali, in Rass. dir. farm., 1993, 559;
C. Piria , Un riesame critico del co-marketing farmaceutico, in Rass. dir. farm.,
2000; F. Massimino, Dig. Comm., Aggiorn., Voce Contratti farmaceutici; 718;
G.F. Ferrari, il diritto farmaceutico crocevia della giurisprudenza europea, in Dir.
pubb. comp. eur., 2004, I, 389.
11
Diritto
I contratti per i prezzi rimborsabili delle specialità medicinali
e gli accordi di prezzo e rimborso condizionato
considerarsi automaticamente integrato dalle clausole e dalle condizioni contenute nella delibera CIPE del 1° febbraio 2001.
Il CIPE, infatti, ha fissato i criteri e le procedure
per la negoziazione del prezzo dei farmaci tra pubblica amministrazione e aziende produttrici a condizioni di rimborsabilità a carico del SSN, individuando – quali parametri prioritari cui le parti devono attenersi nella fase di contrattazione – il rapporto costi-efficacia, i prezzi esteri della specialità
medicinale, le previsioni di mercato interno e l’impatto che l’introduzione del nuovo farmaco può
esercitare per l’impresa, in termini di composizione del fatturato, investimenti, risvolti occupazionali ed esportazioni.
Così facendo, il CIPE ha cercato di introdurre elementi di chiarezza e trasparenza all’interno dei criteri già applicati, ma ha anche provveduto a sancire sul piano normativo quelle che si erano ormai
consolidate come prassi comportamentali, pur in
assenza di fondamenti testuali che ne garantissero la legittimità.
In particolare, si è stabilita la fissazione dei termini di conclusione del procedimento a novanta giorni, con la possibilità di sospensione dello stesso su
richiesta dell’impresa: si tratta di una previsione in
controtendenza rispetto alla legge di semplificazione n. 340/2000 e alla regolamentazione attuativa,
che propugnavano invece la riduzione dei termini procedimentali; nella direzione di una maggiore
chiarezza la deliberazione CIPE descrive poi il modello di dossier che l’azienda deve presentare unitamente alla richiesta di accesso alla contrattazione, e stabilisce che il mancato accordo sul prezzo
comporta la classificazione in C del prodotto, salvo l’obbligo della CUF19 – responsabile ultimo della contrattazione – di dare comunicazione formale alle ASL ed agli ospedali in merito alle motivazioni del disaccordo, comprensiva di eventuali dichiarazioni dell’azienda.
12
ve presentare a supporto della propria richiesta di
prezzo, il primo dei quali si riferisce ai prodotti che
possono soddisfare bisogni terapeutici ancora inevasi
o che garantiscono un rapporto rischio/beneficio migliorativo rispetto ai farmaci già disponibili, mentre il
secondo riguarda i medicinali di cui non sia dimostrata la superiorità rispetto quelli già in commercio, ed
in relazione ai quali è necessario provare l’esistenza di
altri elementi comunque interessanti per il SSN.
Il CIPE dispone poi che il contratto che definisce
il prezzo rimborsabile abbia durata di ventiquattro
mesi, salva possibilità di rinnovo tacito in assenza
di proposte modificative con preavviso di novanta
giorni, e di rinegoziazione anticipata in caso di mutamento delle condizioni che incidono sul livello di
utilizzazione del medicinale, inclusa la realizzazione
di prescrizioni superiori a quelle presuntivamente
attese in sede di negoziazione iniziale.
Ai sensi della deliberazione del 2001, dall’esito della
negoziazione scaturisce il prezzo ex fabrica, al quale
l’impresa deve addizionare l’IVA e le quote di spettanza della distribuzione intermedia e finale, e la
somma dà luogo al prezzo al pubblico.
La deliberazione del CIPE ribadisce infine che il
prezzo contrattato rappresenta il prezzo massimo
di cessione alle ASL e agli ospedali, su cui devono
essere poi eventualmente applicati gli sconti commerciali, come scaturiti dalle procedure di gara o
dalle specifiche transazioni commerciali.
Inoltre, la deliberazione identifica un doppio binario
relativamente alla documentazione che l’impresa de-
Sotto questo profilo, occorre tuttavia sottolineare
che – anche in assenza di una previsione espressa in
tal senso all’interno della delibera – nel corso degli
anni si è individuata la possibilità che, sin dal contratto con l’AIFA, le imprese si obblighino a concedere
uno sconto aggiuntivo in caso di acquisti del farmaco
da parte di enti ospedalieri. Una simile clausola consente infatti alle strutture sanitarie di fruire di un ulteriore vantaggio economico, che non incide però in
senso riduttivo sul prezzo al pubblico del medicinale,
permettendo così all’impresa di mantenere un livello
di prezzo paragonabile a quello, solitamente più elevato, conseguito negli altri Paesi europei.
(19) Per effetto dell’art. 48 della l. n.
326/2003 la negoziazione del prezzo
dei farmaci rimborsabili è rimessa alla
Commissione Tecnico Scientifica, istituita nell’ambito dell’AIFA.
A titolo riassuntivo, si può quindi evidenziare che
– pur essendo un atto tipicamente amministrativo
– la deliberazione del 2011 racchiude un’evidente
interpolazione di elementi privatistici, a conferma
dell’intento, sotteso alla riforma del 1993, di orien-
Diritto
I contratti per i prezzi rimborsabili delle specialità medicinali
e gli accordi di prezzo e rimborso condizionato
tare la dinamica dei prezzi verso una sfera disciplinata, per quanto possibile, dalle regole del mercato: anche in considerazione di questo obiettivo
appare, quindi, contraddittoria la facoltà dell’Amministrazione di subordinare l’accordo sul prezzo
di un nuovo farmaco alla contestuale riduzione del
prezzo di altri prodotti precedentemente approvati in assenza di contrattazione. Pur essendo, infatti, facilmente intuibile la finalità di contenimento
della spesa – che traspare anche nelle disposizioni che richiedono di formulare previsioni sulle quote di mercato e sulla spesa presumibile, in relazione al budget farmaceutico complessivo e di classe
–, risulta indubbiamente anomala l’assenza di qualsiasi criterio per la quantificazione delle riduzioni e
dei suoi limiti. Ciò anche perché l’eventuale decurtazione del prezzo potrebbe essere suscettibile di
incidere su tutti i prodotti di altre aziende appartenenti alla medesima classe terapeutica omogenea,
indirettamente coinvolti negli effetti pregiudizievoli
delle altrui scelte in sede di contrattazione.
Analogamente, desta perplessità la previsione secondo cui l’impatto di spesa connesso ai medicinali di efficacia equivalente ai prodotti già sul mercato deve essere compatibile con il trend storico della classe terapeutica, previsione che sembra prospettare un mercato sostanzialmente cristallizzato
ed affidato, nella sua evoluzione, soprattutto a sostituzioni interne.
Occorre infine rilevare che l’accordo conseguito dalle parti sulla base della procedura di negoziazione configura un contratto di diritto pubblico, mutuato dall’esperienza tedesca e introdotto
nell’ordinamento italiano, quale categoria generale, dall’art. 11 della l. n. 241/1990.
A questo proposito, lo stesso art. 11 stabilisce
(20) Occorre sottolineare che questa
traiettoria argomentativa non ha trovato positivo accoglimento da parte
della giurisprudenza amministrativa. In
particolare la sent. 524/03 dell’11 luglio
2002 ha ritenuto che l’art. 11 della l.
241/1990 sia applicabile a situazioni in
cui la Pubblica Amministrazione possa esprimere una propria valutazione
discrezionale sul pubblico interesse, e
non a circostanze che siano riferibili ad
una scelta del legislatore. Nello stesso
che all’accordo si applichino, ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia
di obbligazioni e contratti in quanto compatibili, e
che sia possibile recedere per motivi di pubblico interesse, salva liquidazione di un indennizzo per il
pregiudizio cagionato alla controparte; pertanto, in
base a tale norma, occorre osservare che la riduzione unilaterale del prezzo del farmaco per effetto di una misura normativa di contenimento della
spesa farmaceutica costituisce un atto di recesso
dall’accordo sottoscritto con l’impresa farmaceutica, dal quale dovrebbe scaturire l’obbligo di liquidare a quest’ultima un indennizzo per il pregiudizio
derivatole per effetto del conseguente mutamento in peius delle condizioni contrattuali in essere20.
5. I contratti sul prezzo
rimborsabile ed il tetto di spesa
Un ulteriore elemento rilevante della delibera CIPE del 1° febbraio 2001 è costituito dalla possibilità
che il contratto tra l’AIFA e l’impresa farmaceutica preveda una specifica pattuizione, espressamente finalizzata a garantire che l’esborso a carico del
SSN conseguente all’introduzione di un nuovo farmaco si mantenga all’interno di un limite compatibile con le esigenze di finanza pubblica.
In particolare, la delibera precisa che l’accordo può
indicare i volumi di vendita attesi, disciplinando altresì le conseguenze suscettibili di determinarsi nel
caso in cui – nel periodo di riferimento contrattuale – si dovessero verificare degli scostamenti.
Sotto questo profilo, infatti, viene stabilito l’obbligo dell’autorità regolatoria centrale di monitorare
l’andamento delle vendite21 e di riaprire la procedura di negoziazione del prezzo qualora si determini-
senso si è pronunciata anche la sentenza n. 7734/03 del T.A.R. Lazio del 12
giugno 2003.
(21) Al fine di garantire una rilevazione oggettiva dell’utilizzo dei medicinali,
l’art. 68, commi 7-11 della l. 448/1998
ha istituito l’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali (Osmed)
presso il Ministero della salute, nell’ambito del Dipartimento per la valutazione dei medicinali e la farmacovigilanza,
con il compito di monitorare i dati re-
lativi al consumo dei farmaci, di svolgere compiti di controllo dei prezzi e
di redigere per il Ministero della salute un rapporto annuale sull’andamento
della spesa farmaceutica, comprensivo
della formulazione di proposte intese
al miglioramento dell’uso delle risorse.
Conseguentemente, l’Osmed attua il
monitoraggio delle vendite per la spesa farmaceutica territoriale, e dal flusso della tracciabilità per i canali ospedaliero e della distribuzione diretta.
13
Diritto
I contratti per i prezzi rimborsabili delle specialità medicinali
e gli accordi di prezzo e rimborso condizionato
no eccedenze di spesa, con la possibilità che questa si concluda con la ridefinizione del prezzo, con
la compensazione dell’importo addizionale, ove ciò
sia espressamente previsto nel contratto originale, ovvero con l’esclusione del farmaco dalla rimborsabilità.
Il contratto può quindi essere sottoposto alla condizione che le vendite del farmaco non superino il
tetto di spesa prestabilito, ed al realizzarsi di tale condizione nell’accordo possono essere previste
conseguenze che vanno dal ripiano dell’eccedenza
di spesa da parte dell’impresa, sino alla risoluzione
contrattuale, ai sensi dell’art. 1353 c.c.: la possibilità che il farmaco possa essere addirittura estromesso dalla rimborsabilità, infatti, implica che lo
stesso contratto possa essere risolto, ed una simile opzione può essere esclusa qualora le parti concordino una rinegoziazione del prezzo basata su
differenti termini economici, idonei ad assicurare
una sua riduzione ad equità, ai sensi dell’art. 1467
comma 3, c.c.
In altri termini, l’AIFA e l’impresa possono consensualmente stabilire ab initio che l’eventuale sforamento dei tetti di spesa annuali predeterminati in
sede di negoziazione del prezzo possa successivamente configurare di per sé una fattispecie di eccessiva onerosità a carico del SSN, quand’anche lo
scostamento sia modesto e rientri nell’ambito di
un’alea contrattuale che – commisurata alla difficoltà di prevedere con esattezza i reali profili di impiego del farmaco prima della sua commercializzazione – non può che reputarsi normale.
Tuttavia, la risoluzione contrattuale rappresenta
un’ipotesi estrema, che nel contratto di rimborsabilità è solitamente prevenuta attraverso la previsione di una possibile riduzione concordata del
prezzo rimborsabile, ovvero – nella prassi – tramite il ripiano della spesa eccedente ad opera dell’azienda produttrice. Come si è anticipato, tuttavia,
in assenza di un’espressa previsione contrattuale il
pagamento non può essere imposto automatica-
14
(22) La prassi del pagamento a favore delle Regioni dell’importo dovuto in caso di
sfondamento del tetto negoziato sembrerebbe mutuata dall’art. 1, comma 796,
lett. g) della l. n. 296/2006, che però si
riferisce alla diversa fattispecie del pagamento del pay back da parte delle impre-
mente dall’AIFA, e deve essere eventualmente concordato tra le parti nell’ambito di un apposito contraddittorio: ove non si consegua un accordo in tal
senso, il medicinale deve essere escluso dalla rimborsabilità, conclusione che l’azienda può comunque decidere autonomamente di subire, in luogo
dell’abbattimento del prezzo o del ripiano.
Relativamente a quest’ultimo, va inoltre rilevato
che l’AIFA richiede abitualmente alle imprese di
erogare gli importi in eccesso nei confronti delle
Regioni, presumibilmente in quanto enti responsabili per la spesa farmaceutica, ai sensi dell’art. 117
Cost.: nella prassi, dunque, l’AIFA considera le Regioni come beneficiarie, senza che però l’accordo
originario con l’azienda possa configurare un contratto a favore di terzi (art. 1411 c.c.), posto che
non solo nella stipulazione le parti non contemplano mai le Regioni stesse come destinatarie dei pagamenti, ma neppure queste ultime acquistano il
diritto di pretendere autonomamente dall’impresa
l’esecuzione della prestazione di ripiano.
Proprio per questo motivo, non si può in alcun modo presumere che – in caso di sfondamento del tetto e laddove il contratto non contenga una previsione in tal senso – le aziende siano sempre e comunque
obbligate a corrispondere direttamente alle Regioni
il disavanzo, dovendosi invece procedere ad una valutazione caso per caso, anche alla luce dell’intenzione originale dei contraenti ex art. 1362 c.c.22: in particolare, qualora si tratti di un farmaco esclusivamente
ospedaliero, l’impresa è in condizione di individuare
specificamente le strutture acquirenti, e di procedere
quindi alla compensazione parziale tra i propri crediti ed il debito riconducibile alle vendite del medicinale in questione proporzionalmente eccedenti rispetto al tetto negoziato.
In ogni caso, però, la verifica dello sfondamento e
la definizione delle sue conseguenze, così come l’eventuale revisione dei tetti negoziati, devono attuarsi applicando le disposizioni della delibera CIPE del
2001, all’interno di un procedimento amministrativo
se, in luogo della riduzione del prezzo del
5% per tutti i farmaci stabilita dalla determinazione AIFA del 27 settembre 2006.
Evidentemente, non può sussistere alcuna analogia tra una situazione espressamente disciplinata dal legislatore e riferita ad un pagamento sostitutivo di un ta-
glio generalizzato del prezzo stabilito per
ragioni di finanza pubblica, e la differente
fattispecie del ripiano dello sfondamento
del tetto negoziato, che non ha una propria regolamentazione di dettaglio, e che
deve necessariamente rimettersi ad una
disciplina pattizia tra le parti.
Diritto
I contratti per i prezzi rimborsabili delle specialità medicinali
e gli accordi di prezzo e rimborso condizionato
che è soggetto ai principi di pubblicità, trasparenza,
imparzialità e partecipazione sanciti e declinati dalla l. n. 241/1990, ed in particolare dagli artt. 1, 6, 26
e dal Capo III23.
ed il sistema del budget aziendale, riferendosi però
ai soli medicinali rientranti nel PHT, cioè quelli distribuiti non soltanto dalle farmacie territoriali, ma
anche dagli ospedali24.
Come si è anticipato, infatti, l’AIFA ha l’obbligo di
monitorare le vendite del farmaco con periodicità
quanto meno annuale, ed all’esito delle sue rilevazioni essa è tenuta ad aprire un procedimento, che
– anche in conformità con l’art. 1366 c.c. – prevede la comunicazione all’impresa dei dati ufficiali di
consumo del medicinale in questione, e la sua convocazione in contraddittorio per una loro verifica
congiunta e per l’accordo sull’entità dello sfondamento e sulle modalità di ripiano.
La sentenza n. 3966/2011, infatti, ha chiarito che
per i medicinali soggetti ad una duplice via distributiva i due metodi di ripiano perseguono finalità differenti, e sono quindi complementari, in quanto il
tetto di spesa negoziato si riferisce ai soli oneri derivanti dalla dispensazione nelle farmacie territoriali, mentre il budget aziendale annualmente attribuito alle imprese include anche gli importi sostenuti per la distribuzione del medicinale a cura delle
strutture ospedaliere25.
L’inderogabilità di questo percorso è stata confermata dal T.A.R. Lazio con la sentenza n. 3966 del 9
maggio 2011, che ha escluso qualsiasi automatismo
tra l’analisi effettuata dall’ente regolatorio e l’obbligo di pagamento da parte dell’azienda, stabilendo
che quest’ultimo debba essere accertato nell’ambito di un procedimento amministrativo che garantisca inequivocabilmente i diritti dell’impresa.
Tuttavia, la conclusione del giudice amministrativo suscita perplessità, perché è evidente che i due sistemi perseguono uno stesso obiettivo di contenimento
della spesa farmaceutica, differenziandosi soltanto, ed
in modo comunque parziale, per i criteri assunti come
riferimento ai fini del calcolo delle vendite.
A seguito dell’approvazione della l. n. 222/2007 –
che, come già evidenziato, ha comportato l’attribuzione a ciascuna impresa di un budget annuale,
comprendente la spesa territoriale ammissibile per
ciascun medicinale che compone l’intero portafoglio aziendale, ed il correlato obbligo di ripiano per
l’impresa in caso di eccedenza di spesa complessiva – si è dibattuto se una simile riforma avesse determinato il superamento e l’implicita abrogazione degli accordi con i quali l’AIFA e le imprese avevano concordato dei limiti di spesa individuali per
medicinale.
Sotto questo profilo, la pronuncia del T.A.R. Lazio
qui citata ha escluso l’incompatibilità tra il meccanismo dei tetti di spesa negoziati per singolo farmaco
(23) In data 28 dicembre 2011 l’AIFA ha
pubblicato sul proprio sito un comunicato con il quale informa che la Commissione Prezzi e Rimborsi ha stabilito
che ogni revisione del tetto di spesa del
singolo farmaco deve essere obbligatoriamente accompagnata da una riduzione del prezzo. La legittimità di una simile decisione appare dubbia, sia perché
la delibera CIPE prevede che eventuali
modifiche del prezzo possano derivare
La decisione del T.A.R. Lazio sembra quindi legittimare una deroga sostanziale del principio del ne
bis in idem, determinando nel contempo uno svuotamento del principio centrale della l. n. 222/2007;
questa normativa, infatti, ha inteso garantire alle
imprese la possibilità di pianificare in modo attendibile l’evoluzione del proprio fatturato complessivo, indicando preventivamente a ciascuna di esse i margini di crescita dei singoli prodotti che siano potenzialmente compatibili con il budget farmaceutico nazionale. Ad ogni azienda è poi consentito di aumentare le proprie vendite anche al di là di
quanto previsto a priori dall’AIFA, sempre che ciò
avvenga nei limiti del complessivo budget nazionale,
e quindi attraverso l’erosione delle quote di mercato dei concorrenti: è evidente che un simile meccanismo supera integralmente la precedente logi-
soltanto da una negoziazione con l’impresa, sia per l’incompetenza dell’AIFA
a derogare alla delibera CIPE.
(24) In conformità con la l. n. 405/2001,
con determinazione del 26 novembre
2004 l’AIFA ha istituito il Prontuario
della distribuzione diretta per la presa in carico e la continuità assistenziale
Ospedale-Territorio (PHT), contenente l’elenco dei farmaci che possono essere distribuiti sia dalle farmacie terri-
toriali, che direttamente da parte delle strutture pubbliche. Secondo l’AIFA,
“Il PHT ha come obiettivo quello di garantire un equilibrio nella logica distributiva complessiva dei farmaci, in un
assetto di miglioramento sanitario capace di contemperare anche il governo
della spesa farmaceutica”.
(25) Nello stesso senso si pone anche
la sentenza del T.A.R. Lazio n. 6941 del
22 giugno 2011.
15
Diritto
I contratti per i prezzi rimborsabili delle specialità medicinali
e gli accordi di prezzo e rimborso condizionato
ca, che prevedeva che i tetti di spesa dovessero essere considerati separatamente e rigidamente per
singolo farmaco, indipendentemente dalle dinamiche competitive interne alla classe terapeutica di
riferimento.
In ambito farmacologico – attraverso l’adozione di
una o più biotecnologie, quali quella del DNA ricombinante, il controllo dell’espressione genica e
gli anticorpi monoclonali – essa può consentire lo
sviluppo dei medicinali biologici26.
A maggior ragione, l’ipotesi di una differente finalità dei due sistemi sembra confliggere con la l.
n. 222/2007 in relazione ai medicinali ospedalieri:
l’art. 5 comma 5 mira infatti a rafforzare la responsabilità delle Regioni nella gestione del bilancio sanitario totale, attribuendo esclusivamente ad esse
l’obbligo del ripiano, in caso di sfondamento della spesa farmaceutica ospedaliera ed in assenza di
un equilibrio dei conti a livello regionale. Una differente prospettiva, invece, trasferirebbe soltanto
a carico dell’impresa la responsabilità per la gestione economica del farmaco, come se il suo acquisto
costituisse una variabile indipendente e svincolata
da quelle valutazioni di politica ospedaliera che –
al contrario – potrebbero riconoscere nell’uso appropriato del medicinale un significativo fattore di
riduzione di altre voci di costo.
Si tratta di farmaci che talora possono rivelarsi efficaci in modo mirato e selettivo, in relazione alla
singola struttura, recettore, proteina o sequenza di
DNA dei pazienti (cosiddette “target therapies”); a
fronte della loro somministrazione, la stessa predittività della risposta clinica da parte dei pazienti può essere limitata ed incerta, e ciò può rendere
critico il rapporto rischio-beneficio di questi medicinali, spesso utilizzati in ambito oncologico o per
la cura di patologie autoimmuni. D’altra parte, essi scaturiscono da un’attività di ricerca e sviluppo
particolarmente sofisticata e ad alto rischio di fallimento, che esige quindi di essere remunerata con
un prezzo necessariamente elevato.
6. I contratti di prezzo
e rimborso condizionato
Come si è già anticipato, il mercato farmaceutico è
attualmente caratterizzato dalla contrazione dei finanziamenti della spesa, a fronte dell’incremento
della domanda di terapie e dell’aspettativa di vita
della popolazione.
Per converso, nel corso dell’ultimo decennio sono
lievitati i costi della ricerca farmaceutica, sempre
più indirizzata ad individuare terapie innovative in
relazione a bisogni di cura ancora inevasi.
Sotto questo profilo, può sicuramente considerarsi emblematico il caso della ricerca biotecnologica,
che si realizza attraverso l’utilizzo di sistemi biologici, degli organismi viventi o di derivati di questi,
per produrre o modificare prodotti o processi per
finalità terapeutiche.
16
(26) Per maggiori chiarimenti sui farmaci biologici, cfr. M. Casiraghi, Biologici a passo di carica, in Sole 24 Sanità, 21
giugno 2011, 10.
(27) Ai sensi dell’art. 92, comma 1 del
Per questo motivo, gli attori operanti nel sistema
farmaceutico hanno percepito in modo sempre più
impellente l’esigenza di conciliare la limitatezza delle risorse finanziarie con l’elevato costo dei farmaci più avanzati, garantendo contemporaneamente
la sostenibilità del sistema, l’accesso dei pazienti alle cure più avanzate e la remunerazione della ricerca delle imprese.
All’interno dei contratti per il prezzo rimborsabile ex delibera CIPE del 2001, pertanto, si è delinea­
ta una sotto categoria – specificamente riferita ai
medicinali più innovativi, con un prezzo significativo ed una somministrazione in ambito ospedaliero27 – connotata da una regolamentazione pattizia
della condivisione del rischio tra l’AIFA e l’impresa produttrice.
In altri termini, nell’ambito della più ampia categoria di contratti atipici tra l’AIFA e le imprese, si è
consolidata una tipologia di fattispecie più specifiche, attraverso le quali le parti mirano a gestire in
modo ancora più mirato il rischio relativo al risultato terapeutico di un farmaco, qualora l’efficacia sul
singolo paziente sia difficilmente misurabile a priori.
d.lgs. n. 219/2006 si classificano come
ospedalieri “I medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero…
che, per le caratteristiche farmacologiche, o per innovatività, per modalità di
somministrazione o per altri motivi di
tutela della salute pubblica, non possono essere utilizzati in condizioni di sufficiente sicurezza al di fuori di strutture
ospedaliere”.
Diritto
I contratti per i prezzi rimborsabili delle specialità medicinali
e gli accordi di prezzo e rimborso condizionato
Quantificando e ripartendo anticipatamente in modo equo e consapevole i profili di rischio, l’AIFA
e l’azienda giungono quindi a conferire agli accordi di prezzo un profilo commutativo, che consente tendenzialmente di circoscrivere la componente di aleatorietà intrinseca alla natura del prodotto.
Come si chiarirà tra breve, si tratta di fattispecie
contrattuali tra loro differenziate, ma comunque
accomunate dal fatto di configurarsi come contratti a favore di soggetti terzi (art. 1411 c.c.), identificabili nelle aziende sanitarie e ospedaliere, che possono configurarsi quali i fruitori ultimi delle clausole predeterminate a livello centrale.
All’interno degli accordi per la concessione della rimborsabilità del prezzo, infatti, l’AIFA e l’impresa possono definire alcune specifiche condizioni economiche a
cui dovranno essere assoggettati gli approvvigionamenti da parte delle strutture ospedaliere terze; viene così prevista un’integrazione automatica (art. 1374
c.c.) dei contratti che, successivamente all’avvio della
commercializzazione del farmaco, saranno di volta in
volta conclusi tra ciascun ente acquirente ed il venditore all’esito delle varie gare pubbliche.
alla cura da parte dei destinatari, vengono esclusi
quelli per i quali il medicinale non si sia rivelato efficace, ed il prezzo di cessione viene invece mantenuto per i cicli di cura relativi ai soggetti che beneficiano realmente del trattamento.
L’azienda sanitaria acquisisce pertanto un risparmio
certo, immediato e generalizzato, che prescinde dal
risultato clinico sul singolo paziente; l’impresa, da
parte sua, ottiene che – una volta definito con l’AIFA il prezzo rimborsabile – il proprio farmaco possa essere somministrato su un campione allargato di
pazienti, salva una successiva selezione che ne limiti
l’utilizzo ai soli soggetti per i quali esso si sia rivelato
efficace, a sua volta compensata dall’applicazione del
prezzo pieno previsto dall’accordo di rimborsabilità.
Una diversa tipologia è quella dei contratti di Risk
Sharing.
L’accordo iniziale sul prezzo rimborsabile del medicinale costituisce, infatti, il presupposto su cui si innestano i successivi contratti di acquisto, il cui corrispettivo – oltre che dagli sconti minimi di legge28
e dagli sconti aggiuntivi risultanti dalla gara – viene
ad essere determinato anche dalle condizioni concordate una tantum dall’AIFA e dall’impresa.
In questo caso, agli enti acquirenti viene applicato dall’impresa rispetto a tutti i pazienti un prezzo
che è solitamente pari al 50% del prezzo al pubblico concordato con AIFA, limitatamente al periodo
necessario a consentire di accertare le prestazioni del prodotto; successivamente, i medici curanti procedono a valutare l’evoluzione della patologia, ed in relazione ai soggetti rispondenti il prezzo
di acquisto per gli ulteriori cicli viene mantenuto al
livello stabilito nell’accordo iniziale tra l’impresa e
l’AIFA, mentre gli altri pazienti vengono esclusi dalla continuazione del trattamento, e per essi l’azienda rifonde all’ospedale la metà del costo sostenuto.
Passando ad esaminare le diverse fattispecie, la prima su cui soffermarsi è quella del Cost Sharing: in
questo caso, il contratto per la rimborsabilità del
prezzo prevede che, per i tutti i cicli di terapia necessari a verificare concretamente l’efficacia del
farmaco sui soggetti selezionati, l’impresa debba
concedere agli enti acquirenti uno sconto sul prezzo di acquisto esteso a tutti i pazienti. Successivamente, una volta verificato il grado di rispondenza
All’interno di un percorso ispirato daI comune intento di conciliare esigenze contrapposte, il Payment
by Result o by Performance rappresenta l’ultima categoria di contratti atipici delineata dall’AIFA e dalle
aziende farmaceutiche. Essa prevede che, in sede di
acquisto, alle strutture sanitarie sia applicato il prezzo pieno, e che in seguito sia concretamente analizzata l’efficacia del medicinale, una volta somministrati i cicli di terapia necessari al fine di consentire que-
(28) L’art. 9, d.l. n. 264/1974, convertito
nella l. n. 386/1974 imponeva alle aziende di “concedere agli enti ospedalieri ed istituti pubblici di ricovero e cura
lo sconto non inferiore al 50% sul prezzo di vendita al pubblico delle specialità medicinali, ad eccezione degli emoderivati e degli altri preparati di origine
umana”. La delibera CIPE del 1° febbraio 2001 ha stabilito che per tutti i farmaci non autorizzati con procedura nazionale lo sconto minimo per le strutture ospedaliere sia pari a quello garantito
alla distribuzione, pari al 33,35%.
In materia di sconti nelle gare pubbliche di farmaci, mi permetto di rinvia-
re a F. Massimino, La regionalizzazione,
il contenimento della spesa farmaceutica
ed i contratti tra imprese, aziende sanitarie, grossisti e farmacie per la distribuzione del farmaco, in Sanità pubblica e privata, 2003, 1, 45; Gare pubbliche di farmaci: novità applicative e aspetti critici, in
San. Pubbl., 2004, 63.
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Diritto
I contratti per i prezzi rimborsabili delle specialità medicinali
e gli accordi di prezzo e rimborso condizionato
sta valutazione; i pazienti non rispondenti vengono
esclusi da ulteriori trattamenti con il medicinale in
questione, ed a carico dell’impresa farmaceutica interviene l’obbligo di restituire il corrispondente importo ricevuto, attraverso il meccanismo contabile
della nota di credito. In altri termini, in questa fattispecie l’onere del farmaco viene assunto interamente a proprio carico dal produttore, in tutti i casi in
cui esso non abbia conseguito il risultato terapeutico atteso nel periodo previsto.
zione per il prezzo rimborsabile, da azionare soltanto in caso di un fallimento terapeutico del farmaco.
Come si può desumere dai meccanismi di compensazione che si sono descritti poc’anzi, infatti, il contratto tra l’agenzia regolatoria e l’impresa non si limita ad attribuire agli enti acquirenti del farmaco un
vantaggio indiretto, ma prevede espressamente a loro favore il diritto di esigere una prestazione, quale elemento centrale del sinallagma, nonostante essi
sia­no soggetti estranei al contratto stesso30.
Come si è succintamente descritto, le fattispecie
contrattuali in questione si articolano su due fasi
distinte, sia in termini temporali, sia per i soggetti
che si trovano ad interagire.
Occorre inoltre sottolineare che la verifica della condizione sospensiva prevista nel contratto di
rimborsabilità, consistente in una risposta clinica
dei pazienti inferiore ai livelli predeterminati, deve
avvenire secondo un metodo di rilevazione condiviso tra le parti. È infatti fondamentale che queste
possano disporre di strumenti di monitoraggio idonei ad accertare quanto i benefici conseguiti da un
determinato paziente si discostino dai livelli di efficacia attesi, ed a tal fine è stata adottata la metodologia del Value Based Price, che rapporta il risultato
clinico conseguito al prezzo del farmaco, relativizzandolo in una logica di costo-efficacia.
In un primo momento, infatti, l’AIFA contratta e definisce con i produttori non soltanto il prezzo rimborsabile, le condizioni di acquisto ad opera delle
aziende sanitarie ed i criteri cui soggiace la verifica
sull’efficacia del medicinale, ma anche i parametri clinici in base ai quali le imprese devono eventualmente restituire agli enti acquirenti gli importi ricevuti. In un secondo stadio, invece, le strutture sanitarie espletano concretamente le procedure di acquisto, fruiscono degli sconti predeterminati dall’AIFA,
ed infine – sulla base delle risultanze dei trattamenti
terapeutici e in qualità di beneficiari di un contratto
a favore di terzi – sono legittimate ad esigere direttamente dalle imprese quanto dovuto in caso di fallimento terapeutico.
Quand’anche non indicati nominativamente all’interno del contratto29. ai sensi dell’art. 1411 c.c. i terzi beneficiari sono comunque identificabili nella categoria generale degli enti pagatori, che acquisiscono in prima persona la veste di creditori potenziali
dell’obbligazione condizionata che l’AIFA ha concordato a carico dell’impresa nell’ambito della negozia-
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(29) Come chiarito dalla giurisprudenza, non è indispensabile che il terzo sia
stato nominativamente indicato all’atto della conclusione del contratto, ma è
sufficiente che esso sia determinabile, e
cioè siano fissati i criteri per la successiva determinazione (ex multis, cfr. Cass.
civ., sent. 13 giugno 1959, n. 1806).
(30) Cfr. Cass. civ. sent. 11 giugno 1983, n.
4012; 4 ottobre 1994, n. 8075; 19 agosto
1997, n. 7693.
(31) Relativamente all’obbligo di os-
In questa prospettiva, per i farmaci sottoposti a
monitoraggio l’AIFA ha istituito specifici registri,
differenziati per patologia e finalizzati a garantire
dati di efficacia e sicurezza del medicinale omogenei ed oggettivi, in modo da consentire una sicura
ponderazione dell’impatto terapeutico ed economico di farmaci ad alto costo.
I registri prevedono infatti l’annotazione di schede per paziente in un database centralizzato, con
obbligo per il centro sanitario di attestare che ciascun destinatario del trattamento è affetto da una
patologia corrispondente all’indicazione terapeutica autorizzata in sede regolatoria31; è inoltre richie-
servanza delle indicazioni autorizzate
dall’AIFA, alla prescrizione dei medicinali fuori indicazione ed alle conseguenti responsabilità, mi permetto di rinviare a F. Massimino La prescrizione dei farmaci off label, adempimenti, obblighi e responsabilità del medico, in Danno e resp.,
2003, 925; L. Benci, La prescrizione e la
somministrazione dei farmaci: responsabilità giuridica e deontologica, Milano, 2007,
93; C. Caravita, Sui farmaci off label, in
Ragiusan, 2008, 287; M. Z ana, Ai limiti
della responsabilità medica: l’uso off label
dei farmaci, il Liber amicorum, per Francesco Busnelli, Il diritto civile tra principi e
regole, Milano, 2008, I, 729; G. Iadecola,
Prescrizione di farmaci off label e responsabilità penale del medico, in Dir. pen. e
proc., 2006, 9; A. Querci, Farmaci off label e nuove frontiere della responsabilità civile, in Rass. dir. farm., 2009, 1; F. Massimino, Recenti interventi normativi e giurisprudenziali in materia di prescrizione dei
farmaci off label, in Danno e resp., 2010.
Diritto
I contratti per i prezzi rimborsabili delle specialità medicinali
e gli accordi di prezzo e rimborso condizionato
sta la successiva imputazione di dati che permettano di controllare in tempo reale l’appropriatezza
di somministrazione per tutta la durata della terapia, con informazioni sullo stato della malattia, sulla sua eventuale progressione, nonché sugli eventi
avversi, dosaggio ed eventuali interruzioni del trattamento.
All’atto della sottoscrizione del contratto per il
prezzo rimborsabile, pertanto, le parti definiscono già in modo chiaro e pattizio la metodologia di
verifica sulla concreta efficacia e sull’appropriata
prescrizione del medicinale, riconoscendo un valore probatorio dirimente, ai fini dell’applicazione
delle condizioni per la rimborsabilità, ai dati raccolti nei vari registri e compilati sotto la propria
responsabilità da soggetti terzi indipendenti quali i medici.
In altri termini, il sistema che è stato elaborato
dall’AIFA e dalle imprese tramite approssimazioni successive sembra oggi assicurare, tramite strumenti privatistici, un bilanciamento complessivo di
interessi contrapposti, garantendo contestualmente la remunerazione dell’investimento di ricerca,
l’accesso del paziente al farmaco innovativo e la tutela delle risorse pubbliche.
Per questo motivo, appare incongruo e distonico
l’intervento con cui il legislatore, con il già citato
art. 17 della l. n. 111/2011, potrebbe imporre alle
imprese il ripiano del 35% del disavanzo della spesa
farmaceutica ospedaliera a far data dal 2013, introducendo un elemento di dirigismo ultroneo e suscettibile di alterare il punto di equilibrio consensualmente conseguito dall’AIFA e dalle aziende in
sede contrattuale.
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