Patologie legate all`alimentazione

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Patologie legate all`alimentazione
ISTITUTO LOMBARDO
ACCADEMIA DI
SCIENZE E LETTERE
Convegno
Patologie
legate
all’alimentazione
12 febbraio 2015
Milano, Palazzo di Brera, Via Brera 28
Con il patrocinio di:
Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere
La nascita dell'Istituto Lombardo è legata al decreto con cui il Generale Napoleone
Bonaparte, nel giugno 1797, fondò, a Milano, la Repubblica Cisalpina.
I primi trentun membri dell'Istituto, al quale era stato assegnato il compito di "raccogliere le
scoperte e perfezionare le arti e le scienze", furono nominati nel 1802 da Napoleone, divenuto nel
frattempo Primo Console. Fra questi spiccano i nomi del massimo fisico della sua epoca Alessandro
Volta, del pittore Andrea Appiani, dell'anatomico Antonio Scarpa e del poeta Vincenzo Monti.
Poco più tardi vennero chiamati nel Palazzo di via Brera, dal 1810 sede storica dell'Istituto,
anche lo scultore Antonio Canova, il poeta Ippolito Pindemonte, il nobile Francesco Melzi d'Eril e il
celebre medico Dottor Giovan Battista Palletta. Dalle sue origini a tutt'oggi l'Istituto è rimasto la
massima Accademia Scientifica e Letteraria Milanese e una delle più importanti d’Italia, passando
indenne attraverso la dominazione austriaca e venendo subito riconosciuto dal Regno sabaudo che,
nel 1859, chiese ad Alessandro Manzoni di divenirne Presidente.
Il prestigio della nostra istituzione è affermato dalle illustri e fattive presenze dei Premi
Nobel Giosué Carducci ed Eugenio Montale, Camillo Golgi, Daniele Bovet, Giulio Natta e Carlo
Rubbia. Furono inoltre membri molto attivi dell'Istituto il grande matematico Francesco Brioschi,
fondatore, fra l'altro, del Politecnico di Milano; Padre Agostino Gemelli e il Senatore del Regno
Luigi Mangiagalli, ai quali si devono la nascita, rispettivamente nel 1921 e nel 1924, dell'Università
Cattolica e della nostra Università degli Studi di Milano.
La proficua attività di studio e di ricerca svolta dai membri dell'Istituto è chiaramente
documentata dalle loro presentazioni pubbliche, che sono ricevute e discusse nelle riunioni
scientifiche che si tengono con cadenza mensile, nonché dalle pubblicazioni (Memorie, Rendiconti,
Incontri di Studio e Cicli tematici di Conferenze) curate dall'Istituto con continuità assoluta dal
1803. L'Istituto possiede un cospicuo patrimonio librario che si è formato, nei due secoli della sua
vita, specialmente grazie a preziose donazioni di illustri biblioteche delle più diverse specialità.
Tutti i cittadini interessati possono accedere alla nostra Biblioteca, che ha sede nelle eleganti sale di
Palazzo Landriani di via Borgonuovo, contiguo al Palazzo di Brera.
Presentazione
Il convegno si propone di analizzare, da un punto di vista scientifico, le
roblematiche legate all’alimentazione e alle patologie a essa collegate. Verranno
prese in considerazione le cause genetiche, le ragioni ambientali e quelle legate ai
criteri educativi che favoriscono l’insorgenza della super-obesità o, al suo opposto,
della anoressia nervosa.
Dopo aver fornito una chiara prospettiva su tutti i fattori endogeni che regolano
il comportamento alimentare (livelli glicemici, insulina, glucagone, galanina, grelina,
peptidi oppioidi endogeni, ecc.), si discuteranno le complicazioni mediche collegate
alle due contrapposte patologie, nonché gli approcci farmacologici, psicoterapeutici e
chirurgici oggi disponibili.
Comitato Scientifico:
Francesco Cavagnini
Luciano Martini
Paolo Mazzarello
Marcella Motta
Gianpiero Sironi
Programma
ore 9.00 Silvio Beretta
Saluto del Presidente dell’Istituto Lombardo
Accademia di Scienze e Lettere
ore 9.15 Luciano Martini
Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere
Università degli Studi di Milano
Introduzione
OBESITÀ
Presiede: Orsetta Zuffardi
ore 9.30 Ferruccio Santini
Università degli Studi di Pisa
Obesità: pandemia del XXI secolo.
Tra genetica e ambiente
ore 10.00 Francesco Cavagnini
Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere
Istituto Auxologico Italiano - Milano
Meccanismi neuroendocrini nel controllo
del comportamento alimentare
ore 10.30 Lorenzo Morelli
Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza
Il microbiota intestinale
ore 11.00 Coffee Break
Presiede: Renzo Dionigi
ore 11.30 Carlo Maria Rotella
Università degli Studi di Firenze
La sindrome metabolica
ore 12.00 Paolo Sbraccia
Università degli Studi “Tor Vergata” di Roma
La chirurgia metabolica bariatrica
ANORESSIA E BULIMIA
Presiede: Marcella Motta
ore 14.00 Vittorino Andreoli
Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere
Psichiatra e Scrittore, già Direttore del Dipartimento
di Psichiatria - Soave/Verona
La fame dentro il cervello
ore 14.30 Pierluigi Politi
Università degli Studi di Pavia
Stay hungry, stay foolish.
Per una storia naturale dell’anoressia
Tavola rotonda
LA CLINICA DEI DISTURBI DEL
COMPORTAMENTO ALIMENTARE
Presiede: Francesco Cavagnini
ore 15.00 Massimo Scacchi
Università degli Studi di Milano
Istituto Auxologico Italiano - Milano
Complicanze mediche
ore 15.30 Enrico Molinari
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Istituto Auxologico Italiano - Milano
L’intervento psicologico
ore 16.00 Maria Letizia Petroni
Centro Studi Obesità - Forlì
L’intervento nutrizionale
ore 17.00 Chiusura del Convegno
Riassunti
FERRUCCIO SANTINI
Università degli Studi di Pisa
Obesità: pandemia del XXI secolo. Tra ambiente e genetica
L’epidemia dell’obesità propone una sfida importante, su scala mondiale, nell'ambito delle
strategie di prevenzione delle malattie croniche e di promozione della salute pubblica. Il crescente
problema dell'obesità è alimentato dalla rapida crescita economica di molti paesi emergenti, dalla
liberalizzazione dei commerci, dall’industrializzazione, dai trasporti meccanizzati,
dall’urbanizzazione che, soprattutto negli ultimi 30 anni, hanno condotto a rapidi e drammatici
cambiamenti dello stile di vita, che favoriscono l'acquisizione di un bilancio energetico
cronicamente positivo e il conseguente aumento di peso corporeo.
L’obesità umana, in più del 95% dei casi, è una condizione a patogenesi multifattoriale, con
presentazioni cliniche molto diverse da persona a persona che la rendono un classico esempio di
“fenotipo complesso”. Il problema coinvolge tutte le età, compresa quella evolutiva, ma la
suscettibilità individuale a sviluppare l’obesità differisce notevolmente tra gruppi etnici ed è
variabile anche all’interno di una popolazione. Gli effetti dell’interazione ambiente- genotipo sono
stati valutati in studi di popolazione e in studi condotti su coppie di gemelli (monozigoti o dizigoti)
concordanti o discordanti per un determinato tratto fenotipico (eccesso ponderale). I risultati di
questi studi dimostrano come la componente ereditaria incida in modo determinante sullo sviluppo
dell’obesità, spiegando tra il 40 e il 70 % della variabilità individuale. A differenza dei disordini a
trasmissione di tipo mendeliano, nei quali generalmente esiste una correlazione diretta tra genotipo
e fenotipo, l’obesità rappresenta il risultato di una interazione tra molteplici fattori genetici, la cui
espressione è influenzata in modo importante da fattori ambientali e socio-culturali.
L’esistenza di più geni implicati nella patogenesi dell'obesità umana è stata rivelata in
seguito alla descrizione delle alcune forme monogeniche di obesità nei roditori. Alcune di queste
scoperte sono state rapidamente seguite dall’individuazione di mutazioni a carico dei geni
corrispondenti nell’uomo. L’identificazione di alcuni geni e delle relative mutazioni determinanti
l’obesità in un piccolo numero di casi (poche centinaia in tutto il mondo) non ha certamente
permesso di individuare le cause genetiche dell’obesità nell’intera popolazione, ma ha consentito di
comprendere le vie coinvolte nel mantenimento dell’omeostasi energetica.
L’avvento delle nuove tecniche di studio del genoma umano (GWAs: genome-wide
associations studies) ha modificato profondamente l'approccio della ricerca genetica sull'obesità
essenziale. Queste tecniche permettono di analizzare centinaia di migliaia di sequenze di DNA in un
singolo esperimento ed hanno consentito di individuare almeno 32 tratti del genoma umano
associati ad una maggiore suscettibilità per l’obesità. Ciò nonostante, l’effetto combinato di tutte
queste varianti è molto modesto e spiega meno del 2% della variabilità individuale su base genetica
da cui dipende il fenotipo obesità. Esiste dunque una “ereditarietà nascosta”, ossia una
predisposizione individuale alla quale ad oggi non è stata trovata risposta. Si ipotizza che accanto
alle varianti geniche più comuni, che complessivamente esercitano un peso modesto sulla
suscettibilità individuale, esistano varianti rare ma patogenicamente più importanti che compaiono
solo sporadicamente nella popolazione. Si ritiene inoltre che esercitino un ruolo rilevante le
modificazioni epigenetiche vale a dire alcune modificazioni a livello della molecola di DNA, che
non alterano la sequenza ma ne influenzano l'espressione, e che possono essere prodotte dalla
pressione ambientale.
Lo studio di questi meccanismi è importante per aiutarci a comprendere le basi fisiologiche
che rendono una popolazione suscettibile allo sviluppo di obesità e, nel migliore dei casi, potrebbe
favorire lo sviluppo di nuove strategie di contrasto alla sua diffusione.
FRANCESCO CAVAGNINI
Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere
Istituto Auxologico Italiano - Milano
Meccanismi neuroendocrini nel controllo
del comportamento alimentare
Il cibo, insieme all’ossigeno dell’aria che ne permette l’utilizzazione, è indispensabile per la
sopravvivenza delle specie animali, e distorsioni del suo consumo, in eccesso o in difetto, portano
allo sviluppo di quadri patologici. Non sorprende quindi che in milioni di anni di evoluzione
l’organismo umano abbia sviluppato sofisticati meccanismi di controllo del comportamento
alimentare diretti a mantenere l’equilibrio energetico. Si tratta di meccanismi influenzati da fattori
ambientali, culturali, psicologici e da fattori endogeni di tipo squisitamente neuroendocrino. Questi
ultimi, come dice il termine, sono costituiti da ormoni o neurotrasmettitori che a livello del sistema
nervoso centrale modulano il senso di fame e di sazietà.
Fino a metà del secolo scorso si riteneva che due aree cerebrali, il nucleo ventromediale e
l’area laterale dell’ipotalamo, fossero i responsabili rispettivamente della sazietà e della fame.
Nell’animale da esperimento, infatti, la lesione del primo e la stimolazione del secondo
conducevano ad iperfagia e conseguente sviluppo di obesità. Gli ultimi decenni hanno permesso di
comprendere come il controllo del comportamento alimentare sia un fenomeno molto più articolato,
che vede coinvolte numerose componenti. In questo complesso sistema si possono riconoscere un
controllo periferico ed un controllo centrale.
La regolazione periferica ha il compito di far pervenire a specifiche aree cerebrali due tipi
essenziali di informazioni: a) quale è lo stato di nutrizione generale dell’organismo, espresso dalla
quantità di tessuto adiposo in esso presente b) quale è lo stato di nutrizione puntuale, espresso da
quanto (e anche da ciò che) il soggetto sta mangiando o ha da poco terminato di mangiare. Sulla
base di queste informazioni il cervello, e segnatamente l’ipotalamo, attiverà il controllo centrale
che, grazie all’azione concertata di diversi centri, fornirà la risposta appropriata. Infatti, dai centri
citati verranno rilasciate sostanze in grado di stimolare la sazietà e inibire la fame se l’individuo è in
buono stato di nutrizione (soggetto sovrappeso e/o che ha appena consumato un pasto) o di indurre
l’effetto opposto se il soggetto è denutrito e/o digiuno. Vengono in pratica accesi, a seconda delle
necessità, circuiti catabolici (diretti a bloccare l’ulteriore assunzione di cibo e a smaltire l’eccesso di
energia introdotta) o anabolici (diretti a favorire l’assunzione di cibo e a conservare l’energia
introdotta).
Controllo periferico - I segnali periferici che informano il cervello sullo stato di nutrizione
generale provengono dal tessuto adiposo e sono per questo definiti segnali di adiposità. Il principale
messaggero è il peptide/ormone leptina, prodotto appunto dal tessuto adiposo in misura grosso
modo proporzionale alla massa grassa. Inoltre, nel soggetto con depositi adiposi aumentati, il
pancreas tende a produrre più insulina, il secondo segnale di adiposità. Leptina e insulina, attraverso
il sangue, giungono ad alcune aree dell’ipotalamo che innescano il controllo centrale.
I segnali periferici sullo stato nutrizionale momentaneo provengono dall’intestino e vengono
definiti segnali di sazietà. Già nello stomaco l’arrivo del cibo inibisce la secrezione di un ormone, la
ghrelina, dotato di forte attività stimolante l’appetito. Inoltre, la stessa distensione gastrica dà
origine ad impulsi nervosi che, attraverso rami dello splancnico e poi attraverso il nervo vago,
raggiungono il tronco encefalico da cui irradiano all’ipotalamo e a centri encefalici superiori dove si
avvia il controllo centrale. La progressione del cibo verso le successive porzioni dell’intestino
innesca, da parte di alcune cellule localizzate nella sua parete, la secrezione di una serie di ormoni
(CCK=colecistochinina;
PYY=peptide
YY;
GLP1=Glucagon-like
peptide;
bombesina;
neurotensina) che, per via ematica e nervosa vagale, giungono anch’esse al tronco encefalico e
all’ipotalamo.
Controllo centrale - Questo è responsabile della risposta comportamentale e metabolica alle
informazioni pervenute dal sistema di controllo periferico e si esercita a livello di specifiche aree
ipotalamiche (nucleo ventromediale, area ipotalamica laterale, nucleo arcuato, area perifornicale)
con la liberazione di peptidi dotati di azione anoressante e stimolatoria sul metabolismo energetico
(MC=melanocortina;
CRH=corticotropic-releasing hormone;
urocortina;
proteina
mogano;
CART=cocaine and amphetamine-regulated peptide), e di peptidi con azione opposta
(NPY=neuropeptide Y; AGRP=Agouti-related peptide; MCH=melanin-concentrating hormone;
oppioidi endogeni). Come già anticipato, a seconda delle esigenze nutrizionali verrà attivata la
secrezione di peptidi anoressanti o stimolanti l’appetito con simultanea inibizione dei peptidi con
azione opposta. Il controllo centrale è integrato dall’intervento di stazioni cerebrali superiori che
agiscono attraverso sistemi neurotrasmettitoriali monoaminergici (catecolamine, dopamina,
serotonina), aminoacidici (acido gamma amino butirrico, glutammato) e tramite molecole lipidiche
come gli endocannabinoidi endogeni (anandamide, 2-arachidonoilglicerolo e altre) di più recente
identificazione.
La complessa interazione tra gli organi periferici dell’organismo e il sistema nervoso
centrale configura quel Brain-Gut Axis identificato negli ultimi decenni e divenuto ormai un
concetto acquisito della fisiologia. Si tratta di un esempio mirabile di perfetta integrazione
funzionale tra organi tra loro distanti, volta ad assicurare una continua omeostasi nutrizionale.
La conoscenza sempre più approfondita dei meccanismi che controllano il comportamento
alimentare e la identificazione delle numerose sostanze in esso coinvolte potrà avere ricadute
terapeutiche con lo sviluppo farmacologico di molecole in grado di ridurre o stimolare l’assunzione
di cibo.
LORENZO MORELLI
Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza
Il microbiota intestinale
Il microbiota (termine che oggi ha sostituito la vecchia e denominazione “microflora”)
dell'intestino umano è un ecosistema formato da una pluralità di nicchie ecologiche che ospitano
oltre 1000 specie batteriche, a loro volte presenti con migliaia di ceppi (gli individui batterici).
Se gli studi sulla composizione del microbiota intestinale risalgono agli albori della
microbiologia, e precisamente al gruppo di collaboratori di L.Pasteur, solo oggi, mediante l’uso
della biologia molecolare, si sta delineando un quadro completo della composizione e delle funzioni
del microbiota intestinale.
Il mantenimento degli equilibri fra le varie componenti batteriche di questo ecosistema riveste
una estrema rilevanza per il mantenimento dello stato di salute dell'uomo ad esempio per mantenere
attivo il meccanismo della resistenza alla colonizzazione di batteri patogeni, presenti in modo
costante nell’ecosistema intestinale ma mantenuti a livelli non pericolosi proprio dalla presenza dei
batteri commensali.
Recente ed eclatante esempio di questo ruolo protettivo del microbiota sono i numerosi casi di
“fecal transplantation” tentati da diversi gruppi clinici come terapia risolutiva di infezioni da
clostridi antibiotico resistenti
Se la relazione microbiota/batteri patogeni è quindi ben nota, le indagini molecolari hanno
consentito di stabilire delle relazioni di causa-effetto anche per la mancanza o la bassa presenza di
determinati gruppi batterici, in particolate per i fenomeni infiammator,i ,l’obesità, la sindrome del
colon irritabile
Nomi relativamente nuovi del panorama microbico intestinale sono al centro degli studi, come
Akkermansia muciniphila, Ruminococcus bromii, il gruppo Roseburia/Enterococcus rectale group,
nonché Faecalibacterium prausnitzii.
Inoltre, il ruolo benefico dei batteri intestinali è stato recentemente ribadito dalle linee guida
della World Allergy Organization, che raccomnda l’uso di batteri probiotici per la riduzione del
rischio di malattia allergica in soggetti a rischio durante l’età pediatrica.
Risulta pertanto essenziale poter mantenere in buona efficienza il microbiota intestinale, vero
e proprio organo aggiuntivo del corpo da nutrire e mantenere efficiente.
CARLO MARIA ROTELLA
Università degli Studi di Firenze
La Sindrome Metabolica
Come dice la parola stessa, una sindrome non è una malattia a sé stante, ma un insieme di
varie malattie che coesistono nel medesimo individuo. La Sindrome Metabolica (SM) è stata
descritta per la prima volta molti anni fa, ma è tornata nuovamente alla ribalta nel 1998 ad opera di
Alberti e Zimmet che cercarono di darne una definizione più moderna. E’ stato poi nel 2001 che
Grundy definì dei criteri più semplici e facilmente determinabili in un setting ambulatoriale.
Quando paragonati con altri criteri diagnostici, quali ad esempio quelli della International Diabetes
Federation, si è visto che i criteri del 2001 avevano una più elevata specificità, anche se una più
bassa sensibilità, e pertanto erano quelli da preferire nell’individuare i pazienti veramente affetti da
SM. I criteri della SM di fatto rappresentano i fattori di rischio cardiovascolare modificabili più
importanti, in quanto correlati con l’Obesità Viscerale e l’Insulino-resistenza (IR), le quali
procedono in parallelo negli individui. Il tessuto adiposo viscerale è un vero organo endocrino che
produce molte sostanze ad azione ormonale dette Adipochine. Sono queste le principali responsabili
dell’instaurazione e mantenimento della IR, così come della ipertensione, l’ipertrigliceridemia ed
alterazioni emocoagulative. In realtà, nei pazienti con SM, l’eccesso di tessuto adiposo si
accompagna quasi sempre ad una diminuzione del tessuto muscolare, cioè uno stato di sarcopenia.
Anche il tessuto muscolare produce citochine e sostanze ad azione ormonale con funzione protettiva
nei confronti dei fattori di rischio cardiovascolare presenti nei criteri della SM, la carenza di massa
muscolare riduce la produzione di queste molecole e quindi la presenza di sarcopenia peggiora
ulteriormente l’entità del rischio cardiovascolare. Vi sono altri fattori aggiuntivi, oltre a quelli
presenti nelle classificazioni, che possono giuocare un ruolo rilevante nella SM. Le attuali evidenze
scientifiche mostrano una correlazione tra vitamina D e rischio, incidenza, numero e gravità delle
componenti della Sindrome Metabolica e sue complicanze (DM2 e malattie cardiovascolari). Circa
il 90% dei pazienti obesi e diabetici presentano un deficit più o meno grave di vitamina D, e tale
condizione è stata messa in correlazione diretta con l’indice di adiposità disfunzionale (LAP index).
L’altra condizione che si osserva frequentemente nei pazienti con SM è l’iperuricemia e questa
sembra principalmente dovuta all’elevato consumo di fruttosio con la dieta. Le conseguenze del
metabolismo del fruttosio possono determinare una diminuzione dell’ATP intracellulare, aumento
della produzione di acido urico, stress ossidativo, infiammazione, ed aumento della sintesi lipidica,
che sono associati alla disfunzione endoteliale. Quest’ultima rappresenta una manifestazione
precoce di malattia vascolare ed uno stimolo per lo sviluppo della Sindrome Metabolica
Cardiorenale.
PAOLO SBRACCIA
Università degli Studi “Tor Vergata” di Roma
La chirurgia metabolica bariatrica
VITTORINO ANDREOLI
Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere
Psichiatra e Scrittore, già Direttore del Dipartimento di Psichiatria - Soave/Verona
La fame dentro il cervello
La relazione sarà divisa in cinque parti.
Prima parte: la fame del cervello
Il cervello umano è il più affamato tra gli organi del corpo: nell’adulto consuma il 20%
dell’energia totale (a riposo) e rappresenta soltanto il 2% del peso corporeo, e nel cervello infantile,
all’età di 4 anni, giunge al 60%. Una quantità talmente elevata da richiedere che il resto del corpo
rallenti la sua crescita, mentre il cervello è in grande attività nel produrre sinapsi tra i neuroni che
raggiungono il numero di 68 miliardi.
La grande spesa è per l’energia di membrana.
Va tenuto presente che il cervello funziona per aree e che in uno stesso momento di attività
impegna dall’1 al 16% dei neuroni totali. Se così non fosse e se ipoteticamente entrassero in
funzione tutti, non ci sarebbe energia sufficiente. Su queste considerazioni si ipotizza anche che il
cervello non possa “fare di più” e che pertanto anche potesse contenere possibilità più ampie
(intelligenza maggiore) non si esprimerebbero poiché non si può superare il livello energetico che
già consuma. E’ probabile che l’uomo non possa, biologicamente parlando, andare oltre le attuali
prestazioni cerebrali.
Seconda parte: il cervello come regolatore della fame, della sazietà e della sete dell’intero
organismo.
Il protagonista di queste funzioni è l’ipotalamo. La parte laterale regola la fame, quella
ventro-mediale la sazietà e il centro posto tra fornice e tratto mammillo-talamico sovraintende alla
sete.
L’ipotalamo regola queste funzioni assieme a personaggi minori, ma funzionalmente
importanti che sono extra-cerebrali a partire dal cosiddetto “cervello gastro-enterico” che produce
neuromodulatori e fino agli ormoni, come la colecistochinina (CCK), la somatostatina.
Mentre ben presto si sono scoperte i collegamenti nervosi (fibre) che dal cervello vanno alla
periferia, innervando organi e dunque regolandoli, solo recentemente si sono scoperte vie che dalla
periferia vanno al cervello esercitando in questo caso una modificazione della funzione cerebrali.
L’esempio più studiato e quello del rapporto cuore-cervello e apparato gastro enterico- cervello.
La scoperta della doppia via fa ipotizzare che anche il cibo esercita la sua azione sul cervello e
dunque sulle funzioni mentali che promuove.
Oltre alla via propriamente neuroanatomica, la doppia regolazione avviene attraverso ormoni
che portano i messaggi nelle due direzioni attraverso il sistema circolatorio, e esistono persino
influenze (su cui si è fondata la neuroimmunologia) mentali (come l’affettività) che incidono sul
sistema immunitario, che sopraintende alla difesa da batteri e da virus ma anche alla moltiplicazione
cellulare, impegnata nella patologia tumorale.
Terza parte: gusto e sapore
Il gusto (taste) è la capacità di distinguere di un cibo il dolce, il salato, l’acido, l’amaro,
l’umami (si lega al glutammato presente particolarmente nei cibi ricchi di proteine). Recentemente
si è aggiunto anche un sesto elemento associato al fritto e al grasso. Questi costituenti primari dei
cibi entrano nella loro scelta e dunque nel desiderio di assumerli.
L’analisi del gusto è fatta dalle papille gustative della lingua e del palato molle, ma situate
anche nella epiglottide.
Va distinto il gusto dal sapore che è una percezione che non si può scomporre è che dipende
in gran parte dall’olfatto (olfatto retronasale).
Se il gusto risiede negli alimenti, il sapore ha sede nel cervello in cui si riconoscono “le
immagini” dei sapori che stimolano il consumo di ciò che vi corrisponde, che le soddisfa. Dunque
l’l’olfatto è un apparato che entra nel comportamento alimentare.
Quarta parte: l’azione delle emozioni e dei sentimenti su questi sistemi regolatori
Primo aspetto: l’appetito è una funzione individuale che si lega ai desideri e dunque alle
decisione (comportamento) alimentari. Desideri che possono essere anche patologici (anoressia,
bulimia).
In questo dominio si inserisce il tema affascinate del legame tra affettività e biologia, tra
esperienza e “macchina” cerebrale. Il punto nodale (trigger) è certamente dato dal sistema limbico e
dalle sue relazioni con la corteccia e con i lobi frontali (cervello plastico). L’ipotalamo è connesso
con queste aree.
Secondo aspetto: come avviene che le esperienze (volute o subite), i vissuti possono cambiare
le funzioni biologiche e condurre alla patologie comportamentali alimentari? Quali sono le ipotesi
sul ruolo delle esperienze mentali (la mente è l’insieme della funzioni del cervello) come generatrici
di un alterato comportamento nutritivo?
Quinta parte: la fame e le abitudini sociali
Le abitudini di una società sono apprese (cervello plastico) e pertanto si legano a condizioni
che possono mutare all’interno di un singolo soggetto e della intera comunità.
La grande varietà di cibi, e dunque l’abitudine a sapori diversi, porta ad un aumento della
fame e di conseguenza ad una alimentazione più ricca energeticamente: se ai topi si offre un cibo
variato, mangiano di più.
Esiste una enorme differenza tra la proposta di alimenti nella società occidentale rispetto a
quella dell’Africa e della Nuova Guinea (che avevano una alimentazione a base di tapioca e
manioca).
Se la tradizione mette le persone a tavola tre volte al giorno, il cibo consumato è maggiore
rispetto al pasto unico seguito da molte specie di viventi.
Se la tavola è una condizione di incontro che serve a rinsaldare i legami, anche questa
motivazione gratificante conduce ad un più abbondante consumo che si associa al piacere
aggregazione che serve sempre a garantire sicurezza e a stabilire sentimenti (legami): classiche le
cene a lume di candela.
Nelle conclusioni ricorderò che anche la fame del mondo è “dentro” il cervello dell’uomo,
prima che nei limiti posti dalle fonti energetiche del pianeta. Il loro uso è un problema dell’uomo e
della sua mente.
PIERLUIGI POLITI
Università degli Studi di Pavia
Stay hungry, stay foolish.
Per una storia naturale dell’anoressia
Muovendo dall'assunto reso celebre da Steve Jobs, questa relazione incrocia l'evoluzione
della sensazione di fame/sazietà nella storia umana con quella del singolo individuo. Il divenire del
nostro rapporto con il cibo nel corso dei millenni sarà messo a confronto con le vicende dell'essere
umano, a partire dal "primo pasto teorico" del neonato, fino ai disturbi del comportamento
alimentare ed alle possibilità offerte dalla nutrizione artificiale. L'ottica sarà, ovviamente, quella di
un clinico che tutti i giorni si misura con le varie declinazioni normali e patologiche del nutrimento,
fisico così come mentale.
MASSIMO SCACCHI
Università degli Studi di Milano
Istituto Auxologico Italiano - Milano
Complicanze mediche
L’anoressia nervosa è una patologia psichiatrica caratterizzata dall’insorgenza tipicamente in
età puberale. Prevalente nel sesso femminile e nelle società industrializzate, è gravata dalla più alta
mortalità fra le malattie psichiatriche: a ciò contribuiscono le complicanze organiche del grave stato
di denutrizione e l’elevata frequenza di suicidi. La cute delle pazienti è secca, desquamante, pallidagiallognola, coperta di lanugo; fanno inoltre parte del quadro clinico ipotrofia muscolare,
disidratazione, disturbi elettrolitici, rallentato svuotamento gastrico, stipsi, disfunzione epatica,
leucopenia, bradicardia, ipotensione, prolasso mitralico, versamento pericardico, atrofia corticale
cerebrale. Sul versante endocrino, sono descritte anomalie più o meno rilevanti a carico di tutti gli
assi funzionali. Tali alterazioni, reversibili con il recupero ponderale o la guarigione, costituiscono
epifenomeni della malattia di base. L’ipogonadismo ipogonadotropo, di origine ipotalamica, dà
luogo nei soggetti di sesso femminile all’amenorrea, che ha costituito tradizionalmente per lungo
tempo uno dei criteri diagnostici della malattia. La secrezione delle gonadotropine riacquista
caratteristiche tipiche della fase puberale, mentre appaiono ridotte le concentrazioni sieriche degli
steroidi gonadici. La low T3 syndrome, comune ad altri stati di defedamento, deriva da una
conversione preferenziale di T4 a reverse T3 piuttosto che a T3 nei tessuti periferici. Questo
meccanismo, finalizzato al risparmio energetico, pur contribuendo alla bradicardia e all’intolleranza
al freddo delle pazienti anoressiche, non necessita di terapia sostitutiva. L’asse ipotalamo-ipofisisurrene risulta attivato, come in altre patologie psichiatriche (ad esempio, la depressione):
l’ipercortisolismo potrebbe contribuire ad alcune manifestazioni cliniche dell’anoressia nervosa,
quali l’osteopenia e l’atrofia corticale cerebrale. Le anomalie dell’asse somatotropo configurano un
quadro di resistenza all’azione del GH: a fronte infatti di un’esaltata secrezione somatotropinica, i
livelli circolanti di IGF-I risultano francamente ridotti a causa della malnutrizione cronica. Insieme
alla carenza di sostanze nutritive e al basso peso corporeo, ipogonadismo, ipercortisolismo e deficit
somatomedinico contribuiscono allo sviluppo di una demineralizzazione scheletrica di entità tale da
aumentare il rischio di fratture nel lungo termine.
ENRICO MOLINARI
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Istituto Auxologico Italiano – Milano
L’intervento psicologico
MARIA LETIZIA PETRONI
Centro Studi Obesità - Forlì
L’intervento nutrizionale
La riabilitazione nutrizionale nei pazienti con disturbi del comportamento alimentare ha
come obiettivi il ripristino durevole di corrette abitudini alimentari (qualità, quantità, ritmo) e della
normalizzazione della composizione corporea (massa magra, massa grassa, densità minerale ossea,
acqua ed elettroliti). L’intervento nutrizionale deve essere sempre affrontato in un’ottica educativa e
nell’ambito di un progetto interdisciplinare che coinvolga vari professionisti e - ove possibile- la
famiglia. Nei casi di malnutrizione grave o comunque di elevato rischio per la vita del paziente
l’intervento iniziale viene condotto in ambito ospedaliero – possibilmente presso nosocomi con le
adeguate competenze - utilizzando nutrizione artificiale (per via endovenosa o tramite sonda naso
gastrica). Raramente può rendersi necessario il ricorso a un trattamento sanitario obbligatorio.
Cautela deve essere posta nella prevenzione della cosiddetta sindrome da renutrizione che può
colpire pazienti gravemente malnutriti e rialimentati troppo precocemente ed in maniera eccessiva,
come avvenuto con esiti infausti al termine della Seconda Guerra Mondiale ai prigionieri liberati dai
campi di sterminio nazisti. Una volta stabilizzate le condizioni del paziente può essere iniziato il
trattamento riabilitativo vero e proprio che associa intervento nutrizionale, intervento psicologico,
rieducazione funzionale e ricondizionamento fisico, educazione terapeutica, nursing riabilitativo,
terapia farmacologica.
L’intervento riabilitativo nutrizionale nell’anoressia nervosa può essere condotto attraverso
due principali modalità: i) la alimentazione meccanica, nella quale viene data priorità al ripristino in
tempi brevi di una normale quota calorica assunta per os come condizione necessaria per la normale
sintesi di neurotrasmettitori e la riduzione di alcuni comportamenti ossessivi perpetuanti il disturbo
alimentare; ii) la desensibilizzazione dell’ansia da cibo, che viene condotta attraverso un graduale
aumento delle ingesta a partire dagli alimenti meno ansiogeni per il paziente per arrivare
progressivamente alla reintroduzione ad alimenti fortemente ansiogeni in quanto ritenuti a torto od a
ragione “ingrassanti” da parte del paziente. La scelta della modalità più opportuna è in funzione di
diversi fattori, alcuni dipendenti dalle caratteristiche (psicologiche e non) del paziente, altri dalla
esperienza degli operatori e dall’organizzazione della struttura riabilitativa. Gli obiettivi di
progressiva normalizzazione del peso e dell’alimentazione e di miglioramento della qualità della
vita vengono condivisi con il paziente, che grazie all’intervento integrato multidisciplinare viene
aiutato a tollerare l’ansia creata dall’aumento ponderale e a ridurre pensieri e comportamenti
disfunzionali.
L’intervento riabilitativo nutrizionale nella bulimia nervosa viene condotto con lo scopo di
aiutare il paziente ad uscire dal “caos alimentare” rappresentato dal circolo vizioso abbuffatavomito (od iperattività fisica od abuso di lassativi o diuretici). Il paziente viene aiutato alla
percezione dei fisiologici segnali di fame e sazietà ed alla ripresa di normali ritmi alimentari.
L’utilizzo di strumenti di misurazione del metabolismo basale (calorimetria indiretta) o della
composizione corporea (bioimpedenziometria, plicometria) facilita l’adesione del paziente alla
terapia nutrizionale e cognitivo-comportamentale.
L’intervento riabilitativo nutrizionale nel disturbo da alimentazione incontrollata associato
all’obesità rispecchia per alcune modalità quello per la bulimia nervosa. Particolare attenzione deve
essere posta alla prevenzione della sindrome dell’oscillazione del peso che è il risultato di diete
drastiche con rapide e massive riduzioni di peso poi seguite da un altrettanto rapido recupero,
spesso a livelli superiori stante la riduzione della massa magra metabolicamente attiva. Importante
anche aiutare il paziente a convivere con le proprie forme corporee - stante la forte componente
genetica dell’obesità - e quindi a raggiungere e mantenere nel tempo il proprio “peso ragionevole”.
Appunti