sogno e psicosi

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sogno e psicosi
SONNO, SOGNO E PSICOSI
Sandro Rodighiero1
La notte diede alla luce l’odiosa Morte Trepas e la sera Kera;
diede alla luce il Sonno e con lui tutta la stirpe dei Sogni2…
Andare a dormire significa raggiungere il confine tra luce ed ombra, tra vita ad
occhi aperti e vita ad occhi chiusi, il confine tra vita e morte, se con Cartesio
possiamo dire che 3 “tutti gli avvenimenti di cui mi sembra fatta la realtà,
potrebbero essere semplice apparenza. Corrispondente al sogno appunto: di cui
sappiamo che è sogno, perché al mattino ci svegliamo nella realtà vera, ma che
durante la notte trattiamo come se una realtà diversa da quella al momento
vissuta, non ci fosse per nulla”4
Se per Esiodo la Sera è sorella della Morte cui l’accomuna il buio, è sorella anche
del Sonno che nasce dalla notte e ci immette nell’ignoto di una realtà altra e
parallela.
Lo spazio del sonno è allo stesso tempo il luogo dove uno può abbandonarsi,
riposare dalla lotta quotidiana, regredire; ma è anche un’esperienza di «piccola
morte», esperienza depressiva di fronte alla separazione dalla luce del giorno, per
andare incontro al mondo delle ombre, l’Ade da cui uno non è mai sicuro di poter
tornare5
Il sonno è indispensabile al benessere dell’uomo, tanto che la sua assenza, come
avviene nella insonnia fatale familiare, rara malattia con insonnia totale, porta alla
morte.
Ma quale funzione svolge, il sonno, così importante da occupare gran parte della
nostra vita?
A questa domanda non vi sono ancora risposte certe6.
Si va a dormire quando si è stanchi ma sappiamo che il sonno non è necessario al
recupero della stanchezza muscolare, che avviene senza aver bisogno del sonno e
sappiamo anche che il metabolismo muscolare è indipendente da esso.
1
Psichiatra, Psicoterapeuta, Gruppoanalista, Direttore D. S. M. dell'ASL n°17 del Veneto, Segretario nazionale
COIRAG (Confederazione delle Organizzazioni Italiane per la Ricerca Analitica sui Gruppi), Docente alle scuole di
specializzazione in psicoterapia della COIRG nella Sede di Bari, di ARETUSA a Padova, e della Società
Psicoanalitica Ucraina nell’Istituto di Kiev, Docente di Teorie e tecnica dell’analisi di gruppo presso l’Istituto di
Psicologia Generale dell’Università degli studi della Calabria con contratti per corsi di perfezionamento.
2
Esiodo, Teogonia. VV. 212-215
3
Musatti C., Il Sogno e la comune attività del nostro pensiero in: Branca V., Ossola C., Resnik S., I Linguaggi del
Sogno, Sansoni editore, Firenze, 1984, pag. 2.
4
Tratto da: Descartes R. Discorso sul metodo
5
Resnik S., Pensiero visivo e pensiero onirico in: Branca V., Ossola C., Resnik S., I Linguaggi del Sogno, Sansoni
editore, Firenze, 1984, pag. 49.
6
Vedi anche: Angeleri F. : Neurofisiologia del sonno in: Cuccagna C. Smirne S. Manuale di Medicina del Sonno,
Boehringer Ingelheim Italia s.p.a., Milano, 1993.
Rivista internazionale di psicoterapia e istituzioni – numero 1 – copyright©2005
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2
Analogamente il sonno non appare necessario al ripristino dalla fatica cui vanno
incontro le cellule del sistema nervoso in quanto il recupero energetico dei neuroni
avviene in tempi che sono nell’ordine dei millisecondi.
Un’ipotesi attendibile considera il sonno indispensabile al recupero energetico dei
processi metabolici lenti macromolecolari del cervello, che sono alla base della sua
plasticità e della sua capacità di elaborare informazioni. Queste due proprietà
fondamentali del cervello sono presenti in diversa proporzione durante l’infanzia
l’adolescenza e l’età adulta, è più presente la plasticità nella fase evolutiva ed è più
rappresentata la capacità di elaborazione in età adulta. Forse questo spiega anche
perché le due fasi del sonno REM e non REM sono diversamente presenti nelle
due fasi della vita.
Un importante ruolo nel regolare il ritmo circadiano sonno-veglia è svolto dal
nucleo sovrachiasmatico dell’ipotalamo, vi sono poi intimi rapporti tra omeostasi
termica e sonno Non REM mediati dai neuroni dell’area preottica ipotalamica,
questo coinvolgimento dell’ipotalamo ha fatto considerare da molti autori il sonno
anche come un istinto.
Nell'uomo il sonno è costituito da una successione di diverse fasi con attività
elettrica cerebrale sempre più lenta. In esse persiste un certo tono muscolare e non
vi sono movimenti oculari. Queste fasi di sonno a onde lente, sono inframezzate da
una fase con attività corticale rapida e movimenti oculari con scomparsa totale del
tono muscolare. Descritta anche come sonno paradossale per l'attività corticale
simile alla veglia accompagnata dall'atonia generalizzata.
Il sogno, ha sempre incuriosito ed impressionato gli uomini in tutte le culture che
lo hanno ammantato di significati mistici e oscuri timori tanto che i beduini del
delta del Nilo stringono la testa in un turbante per impedire alla loro anima di
abbandonare il corpo mentre dormono, e i Masai hanno il divieto di svegliare un
dormiente per il timore che la sua anima vagabonda non possa più ritornare nel
corpo.
Ma in realtà, da un punto di vista scientifico, quale funzione ha allora il sonno e
qual è il motivo per cui noi sogniamo?
Sono stati fatti molti studi in materia, alcuni, molto suggestivi, riguardano il
consumo energetico del cervello ed i meccanismi di omeostasi. Il cervello che
pensa è come il muscolo che lavora, affermano questi studi, infatti, durante
l'attività cerebrale intensa il consumo di glucosio nelle aree corticali raddoppia
senza che aumenti la percentuale di ossigeno. Ciò significa che il nostro cervello
funziona in condizioni anaerobiche e produce lattato di conseguenza si affatica
come i muscoli durante uno sforzo.
Anche il semplice restare svegli impegna il cervello in un'attività che consuma
energia. Il sistema di neuromediatori che ci permette di restare svegli, infatti,
scinde continuamente le catene di glicogeno, bisogna quindi che ad un certo
3
momento sopraggiunga il sonno per permettere al cervello di ricostruire le riserve
di energia, energia immagazzinata principalmente nelle cellule gliali.
È necessario inoltre che diminuisca la temperatura del cervello che con queste
reazioni chimiche tende ad aumentare.
Nell'uomo occorrono 90 minuti per farla diminuire di 0,8° gradi centigradi.
Quando si sarà accumulata sufficiente energia arriva il sogno. Il sogno infatti è un
fenomeno che necessita di molta energia. Paul Valéri7 scriveva che il sogno e il
pensiero sono della stessa sostanza.
Ma per quale motivo l'evoluzione ci ha dotati di un cervello che periodicamente,
durante il sonno, cade preda di un apparato che produce immagini fantastiche,
paralizza il nostro tono muscolare, sopprime la maggioranza delle regolazioni
omeostatiche e provoca un'erezione?
Se il sonno pare sia dovuto alla necessità di tenere bassa la temperatura del
cervello e ripristinare l'energia consumata nello stato di veglia, non sappiamo
ancora perché sogniamo. Sappiamo molto del "come" senza conoscerne il
"perché".
Studi fatti documentano che sognano solo gli animali omeotermi (animali a sangue
caldo). Gli eterotermi, (animali a sangue freddo) nei quali le cellule nervose si
moltiplicano per tutta la vita, non sono in grado di sognare.
Inoltre si è notato che più un mammifero o uccello, è immaturo, riguardo al suo
sviluppo ontogenetico, maggiore è la percentuale di sonno sismico, simile al sonno
paradossale o sonno REM cioè di sogno, presente in ogni periodo di sonno.
A cosa serve quindi il sogno da un punto di vista neurofisiologico?
Michel Jouvet8 ipotizza una funzione di programmazione genetica per favorire
l'espressione dell'eredità psicologica. Mancando la neurogenesi continua, si ricorre
ad un periodico rinforzo di alcuni programmi attraverso il rinforzo di circuiti
sinaptici responsabili dell'eredità psicologica. Questo processo periodico endogeno
ecciterebbe, a intervalli regolari, le strutture sinaptiche responsabili del
riconoscimento degli stimoli innescanti innati o dei comportamenti stereotipati che
esprimono gli atteggiamenti "innati".
Il sogno, secondo questa ipotesi, è custode e programmatore periodico della
componente ereditaria della nostra personalità. È il sogno che ci rende ognuno
diverso dall'altro, perché è in quel momento che una programmazione interattiva
va a cancellare le tracce di questo o quell'apprendimento o, al contrario, a
rafforzarle.
Francis Crick9, il premio nobel per la doppia elica del DNA, ha elaborato un'ipotesi
secondo la quale per poter funzionare in modo efficace, un super computer quale
sarebbe il cervello, avrebbe necessariamente bisogno dell'irruzione periodica di
segnali stocastici allo scopo di cancellare le memorie sature con dei segnali privi di
significato.
7
Valéri P. Varietà (Tr. It.) Studio Editoriale, Milano 1990, ed. or. 1957.
Jouvet M. Il sonno e il sogno, Ugo Guanda editore, Parma 1993.
9
Crick F., Mitchison G., The function of dream sleep Nature, 1983.
8
4
L'ipotesi di Crick, che il sogno serva a cancellare i ricordi senza importanza, molto
simile a quella elaborata nel 1886 dal tedesco Robert10, è riportata anche da Freud11
nell'Interpretazione dei sogni.
Il sogno, secondo Freud, può essere inteso come il custode del sonno, esso
impedisce infatti l'intrusione di desideri non mascherati e inaccettabili nel sistema
conscio, cosa che provocherebbe il risveglio.
"Mentre Freud fa del sogno il guardiano del sonno", scrive Silvio Fanti12, "e i
neurofisiologi sono di parere contrario, la micropsicoanalisi mette in evidenza tra
il sonno e il sogno un vero e proprio feed-back positivo onirogeno".
Secondo altre teorie13, il sogno servirebbe a stabilizzare le nozioni apprese e
fissarle nella memoria. Nel sogno, come ricorda Mauro Mancia14, si attiva un
processo che ha la memoria come protagonista, che salda il presente al passato e
crea un ponte tra le esperienze emotive e affettive attuali e quelle di un tempo,
depositate nella memoria o rimosse in un momento di oblio. Il transfert, nella
relazione analitica, permette a queste antiche e rimosse esperienze di tornare alla
luce.
Bion15 e poi anche Money-Kyrle,16 hanno dato al sogno una funzione in più, quella
di essere un fondamentale strumento di conoscenza in quanto rappresentazione del
mondo interno dell'uomo.
Artemidoro di Daldi traduceva in un linguaggio comprensibile e quindi più
rassicurante, il messaggio nascosto dei sogni, con effetti sicuramente
psicoterapeutici.
Elio Aristide, oniromante dell’Asia minore elaborò una concezione mistica e
terapeutica del sogno. Era il Dio che parlava e che guariva nel sogno.
Nei templi di Asclepio e in quelli di Esculapio poi, si induceva nei pellegrini uno
stato di sonno perché la guarigione arrivava con il sogno e con la sua
interpretazione.
Ricordo di aver visitato l’Onirodromo nell’Asklepeion di Pergamon, dove nel IV
secolo avanti Cristo sotto le volte di ampie sale a forma di galleria circolare, si
assiepavano i giacigli dei pellegrini venuti a chiedere aiuto al Dio, come già secoli
prima ad Epidauro. In queste Camere di Incubazione, dopo avere assunto sostanze
ipnotiche o aver aspirato gas soporiferi, al risveglio i pellegrini-pazienti, venivano
condotti alla presenza dell’Oracolo che interpretava il sogno.
Era molto importante il setting, la messa in scena, il teatro del sogno.
Un insieme di carrucole e ruote dentate provvedeva a fare comparire sotto una
nuvola e scendere dal soffitto come un deus ex machina teatrale, una figura come
10
Robert W. Der traum als Naturnotwendigkeit erklŽrt Amburgo 1886.
Freud S. OSF vol.3° L'interpretazione dei sogni Boringhieri, Torino 1966.
12
Fanti S., Dizionario di psicoanalisi e di micropsicoanalisi, Borla, Roma 1989, pag. 145.
13
Bloch V., Dubois-Hennevin E. e Leconte P. Sommeil et mémoire, La Recherche, 1979, 10, 116.
14
Mancia M. Il sogno: una finestra aperta sul transfert. Rivista di Psicoanalisi, 2000, XLVI, 2, pag. 255.
15
Bion W. R. Apprendere dall'esperienza. Armando, Roma 1962.
16
Money-Kirle R. Scritti 1927-1977. Loescher, Torino 1978.
11
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di fantasma o di apparizione che portava le interpretazioni del sogno tra nuvole,
vapori, fumi e bagliori di luci per poi scomparire.
Il sacerdote-interprete dei sogni era sempre nascosto, a volte dietro una tenda,
mostrando solo l’ombra al suo paziente.
In questa atmosfera soporosa e sognante posto in una sorta di “attenzione
fluttuante” (come diremo forse noi), il postulante si attendeva la comparsa dei suoi
cari defunti, come aiuto a sciogliere gli enigmi.
Spesso infatti i defunti venivano interpretati da attori, in questo “teatro” del sogno
“raccontato”.
Sappiamo che questo è un importante elemento del processo di elaborazione del
lutto e concorre pertanto pesantemente all’aspetto terapeutico dell’incontro.
Così Ulisse scende all’Ade, il regno dei morti, ed incontra la madre e molto più
tardi Dante nella Divina Commedia viaggia con Virgilio nell’al di là, in un dialogo
tra ombre dà corpo così al dolore e al ricordo algico dell’oggetto amato Nelle isole
Salomone sono invece i morti che ritornano e parlano nei sogni, lo spazio del
sogno diviene allora spazio vivo dell’incontro17.
La scena teatrale di questo psicodramma onirico, a volte si estende alla natura
circostante, inglobando ad esempio, lo stormire delle secolari chiome delle querce
come a Dodona dove le foreste furono interpellate anche da Ulisse per avere lumi
circa il suo ritorno ad Itaca.
E aggiungea, che a Dodona era passato,
Per Giove consultare, e udir dall'alta
Quercia indovina, se ridursi ai dolci
Colli d'Itaca sua dopo sì lunga
Stagion dovea palesemente, o ignoto18
Era sempre il Dio che parlava attraverso le fronde mosse dal vento o attraverso il
chiacchierio delle acque e l’oracolo ne interpretava il significato.
Il mondo dei sogni – scrive Resnik19 – è una foresta viva dove abita la fantasia allo
stato di enigma; l’interprete dei sogni, dall’antichità classica in poi, è la
personificazione della curiosità per le forme nascoste e invisibili della natura e
dell’essere.
Il Sogno era un viaggio verso la conoscenza o la guarigione, è suggestivo a tal
proposito ricordare come un luogo di cura molto importante nell’antichità come
l’Asklepeion costruito a Roma sull’isola tiberina, ancora oggi sede di ospedali,
avesse la forma di una nave, una nave di candido marmo che frangeva i flutti del
Tevere, a ricordo di quella stessa nave che, nel 293 a.C., dopo una terribile
pestilenza, portò Asclepio, sotto forma di serpente sacro, da Epidauro per mare
sino a Roma20.
17
Resnik S.: Il teatro del sogno, Boringhieri, Torino, 2002. Pag. 25
Omero: Odissea, XIV vv 327-30
19
Resnik S.: Il teatro del sogno, Op. Cit. . Pag. 44
20
Ovidio, Metamorfosi,XV, 662
18
6
La nave per guarire, e infatti si parla di percorso terapeutico.
La nave dei folli dell’immaginario tardo medioevale21, rappresentava quello che
realmente accadeva quando i malati venivano espulsi dalla città e mandati altrove.
Un altrove divenuto poi il luogo fisico dell’asilo, dell’ospizio e, pare che alcune
navi della Serenissima fossero alla fonda di fronte a San Marco a Venezia come
luogo di ricovero e cura prima di trasformarsi nel marmo e nella pietra del
manicomio dell’isola di San Servolo.
I “Folli” hanno certamente bisogno di una nave per intraprendere il viaggio
burrascoso e difficile verso la loro guarigione, una nave calda, accogliente come il
divano e ferma sui flutti come lo spazio mentale del terapeuta che fa da timoniere
in questo viaggio.
Si deve dare la possibilità alla parte più profonda e segreta di esprimersi e dirlo
anche con il linguaggio ermetico del sogno.
I Sogni, - dice Cesare Musatti22 - non sono fatti per essere decifrati. Li decifrano, o
tentano di farlo, gli psicoanalisti con i loro pazienti, perché- in funzione di
elementi affettivi particolari- si istituisce una specie di dialogo fra i due, e spesso il
paziente parla all’analista con i propri sogni.
Per Bion23 le esperienze della veglia si trasformano in pensiero del sogno, dando
continuità alla vita mentale.
Il suo concetto di Barriera di contatto che delimita e differenzia il conscio
dall'inconscio, nella veglia e nel sogno, ha permesso di considerare il sogno in
seduta, come un processo in cui la barriera è in continua trasformazione. È questa
fluidità della barriera a farci cogliere nel sogno, prima che altrove, dei
cambiamenti significativi del paziente, e della sua relazione con noi. È anche un
modo attraverso il quale il paziente può dirci quello che non riesce a verbalizzare.
Mario24, un ragazzo depresso, un giorno viene in seduta, turbato da un sogno; "Non
sogno mai, non ricordo mai i miei sogni", diceva, "Stavo dormendo nella mia
camera ed ho sentito un grido, un grido straziante di aiuto". Il sogno che lo
turbava era quella voce, quasi un'allucinazione, era tutto lì, in quell'unico suono.
"Era mia madre", dirà poi cercando delle associazioni, "Aveva bisogno del mio
aiuto, ma non la vedevo, non c'era nessuno. Poi ho visto come un muro e da dietro
quel muro, forse, veniva il grido".
Del sogno colpisce il non avere forma, non avere faccia, un sogno che era solo un
rumore. Ciò che veramente lui ha sognato ed ha raccontato, è la sensazione di un
21
Foucault M.: Storia della follia nell’età classica, Gallimard, Paris 1963. Trad. It. BUR Rizzoli, Milano 1976.
Pagg. 146 e segg.
22
Musatti C., Il Sogno e la comune attività del nostro pensiero in: Branca V., Ossola C., Resnik S., I Linguaggi del
Sogno, Sansoni editore, Firenze, 1984, pag. 8.Op. Cit.
23
Bion W. R. Apprendere dall'esperienza. Armando, Roma 1962. Op. Cit
24
Rodighiero S., Ziglio R., "La relazione terapeutica: dal vuoto antalgico alla prima esperienza del dolore" in:
Maggini C., Marchesi C., Salvatore P.: Malinconia e depressione, modelli teorici, tipologie cliniche, trattamento,
Vol. II, Edizioni ETS, Pisa.
7
dolore che rapidamente avanza, come una diga che si rompe, la sensazione di un
dolore che inonda tutto lo spazio del pensiero.
Resnik25 segnala: "Quando un paziente che ha risolto il problema, del dolore, con
il dimenticare, con la rimozione, con la negazione, con il blocco, con la
glaciazione, con il gelo, quando si sgela, o quando ritorna un vecchio dolore,
appagato, ritorna come un torrente rumoroso che viene da lontano nel tempo".
Il sogno si presentava solo come una sensazione sonora.
È come l'urlo doloroso e nostalgico di Nabucodonosor. Nabucodonosor, che
addolorato, nostalgico, disperato, nella sua soluzione delirante si trasforma in lupo
per parlare con il suo oggetto d'amore, con la sua stella, con la luna con il suo
oggetto di desiderio luminoso e lontano
Mario è un ragazzo di 21 anni quando viene inviato dal suo medico per
depressione; non è molto alto, è magro muscoloso, è vestito in jeans e porta gli
occhiali; entra, educatamente saluta e si siede, parla a bassa voce e in modo
monotono, ha la testa abbassata con il mento appoggiato sullo sterno e le mani
incrociate in grembo.
Suo padre è morto qualche anno fa; la madre undici mesi fa, di cancro.
È stato lui ad assisterla fino alla fine trascurando i suoi impegni di università; vive
con due fratelli più grandi che lavorano in una azienda di famiglia ed entrambi
stanno facendo preparativi per il prossimo matrimonio; essendo soli, è Mario che
bada alla casa, prepara il cibo per tutti e lava la biancheria; lo faceva anche prima
quando la madre era ammalata per darle sollievo. Con la monotonia fredda di
sempre trascorrono quasi due mesi; assume antidepressivi a dosi piene; in questo
periodo fa pensare solo a come tutti i depressi siano uguali.
"Per un certo periodo", Segnala Giovanni Gozzetti26, "la melancolia si impossessa
del soggetto e il soggetto assiste alla sua depressione, dopo si fonde e diviene un
tutt'uno, ma inizialmente il paziente sente che si impossessa di lui un sentimento
estraneo, dunque una dicotomia, una frattura iniziale anche nella depressione con
accanto la dissociazione".
Tornando a Mario, invitandolo ad associare, lentamente compaiono elementi visivi
del muro, se ne vede l'inizio, ma non la fine; da dietro spunta, sopra il limite
superiore, come un cespuglio, o meglio un albero con i rami morti; era un albero
morto con solo qualche foglia ancora viva; "Mia madre era dietro a quel muro ma
io non potevo andare ad aiutarla perché era morta. Con tutto quel che ho fatto per
lei!".
È sembrato che emergesse di lui sia la rabbia, che la onnipotenza infantile che non
accetta frustrazioni, che lo sgonfiamento di un Io adulto assolutamente impotente
25
Resnik S., Il dolore nella depressione tra la suggestione del mito e la comprensione clinica, in Rodighiero S. (a
cura di) Interprestazioni, Teda Edizioni, Castrovillari (CS), 1994
26
Gozzetti G.: L'incontro col melanconico e la melanconia. In: Rodighiero S. (a cura di), Resnik S. e Gozzetti G.:
Interprestazioni. Teda Edizioni, Castrovillari (CS), 1994,
8
contro il fato. Il vuoto della mancanza aveva comunque lasciato il posto al dolore
dell'assenza.
Sembra inoltre che il sogno lo abbia costruito mentre lo raccontava; li ha sognati in
quel momento, l'albero, le foglie, il muro, era il dolore che rumorosamente
irrompeva dentro il vuoto.
Era il dolore che tingeva con colori sempre più vivi il buio e il grigio della scena;
quella freddezza non c'era più, forse.
Anche Freud ricorda, nell’Interpretazione dei sogni, come nei sogni le immagini
siano non solo visive, si possono utilizzare immagini acustiche o appartenenti ad
altri sensi. E Borges, che era quasi cieco, raccontava che i cechi dalla nascita nei
sogni usano prevalentemente immagini sonore.
“I have a dream” Ho un sogno, ha detto Martin Luter King, nel suo celebre
discorso, poco prima che i conservatori americani lo assassinassero, intendendo
dire con questo ho un desiderio, un progetto di vita, una fantasia, su l’uguaglianza,
la libertà, la democrazia, l’amore …
Un desiderio che vive ed esplode specialmente nel sogno, dove agiamo con
maggiore libertà, sapendo in fondo che possiamo sempre uscire da quella
situazione svegliandoci.
Siamo in una sorta di vacanza come segnala Cesare Musatti27.
Il sogno è la forma più tipica di vacanza di cui il nostro pensiero disponga. È
infatti una vacanza totale. Possiamo nel sogno attenuare al massimo quel residuo
di consapevolezza che effettivamente stiamo solo sognando e che fuori dal sogno
c’è anche una realtà vera, di cui bisogna tener conto. Ci possiamo abbandonare
quindi, a questa realtà altra, in questo mondo parallelo abitato dalle ombre.
Una fuga dalla realtà è anche la fantasticheria, come realizzazione di un desiderio o
semplice riposo dal mondo reale, come succede al pensatore allo scienziato o al
poeta, dove si alterna il contatto con la realtà e quello col mondo del puro pensiero,
dove si fabbricano concetti o immagini visive o sonore, espresse in parole o colori.
Ma il poeta può perdersi tra le ombre della foresta, contemplare le stelle nella
radura, ma egli sa poi tornare alla luce.
Altre forme di vacanza esistono, sono le forme del pensiero delirante, provocate da
sostanze o patologie fisiche o psichiche, che arrivano fino ad una totale
disorganizzazione dell’apparato cerebrale.
Il sogno è un normale fenomeno allucinatorio: se non ci si sveglia non si finisce
mai di allucinare.
27
Musatti C., Il Sogno e la comune attività del nostro pensiero in: Branca V., Ossola C., Resnik S., I Linguaggi del
Sogno, Sansoni editore, Firenze, 1984, pag. 10.Op. Cit.
9
Il paziente psicotico vive immerso in un’atmosfera onirica popolata di suoni voci
ed immagini prodotte dalla sua stessa mente.
Abitualmente il paziente psicotico non è considerato capace di sognare, - scrive
Resnik28 - ma vive comunque «addormentato»: non ricorda il sogno, perché è
sempre nel sogno; può raccontarlo solo quando si risveglia alla vita.
"I resti notturni del sogno, come gli elementi diurni e i loro equivalenti biologici",
dice Silvio Fanti29., "permettono di concepire un continuum onirico: si sogna
senza posa in ogni e con ogni, pensiero, azione, cellula e particella…"
Mario Bertini30 a seguito di profonde ricerche neurofisiologiche dice che il sogno
non solo non è legato alla sola fase REM del sonno, ma addirittura può svolgersi
anche in condizioni di veglia. Afferma cioè che il ciclo ultradiano sonno-sogno di
periodicità di circa 90 minuti, sarebbe presente non solo durante la fase di sonno
ma anche durante la veglia. Quando il soggetto ha un sonno profondo, ben
differenziato dalla veglia lucida e vigile, allora il sogno può emergere in pieno
durante il sonno ma è del tutto sommerso nella veglia. Quando sonno e veglia sono
scarsamente differenziati come nelle prime fasi della vita o come accade in
particolari individui o particolari momenti, il sogno può emergere facilmente anche
nella veglia. Questo comporta anche che le due modalità di funzionamento mentale
il pensiero onirico (che segue il processo primario) e il pensiero logico (che
funziona secondo il processo secondario), si intrecciano attraverso il sonno e la
veglia.
È quanto afferma Ignatio Matte Blanco31 dividendo lo psichismo umano in un
modo strutturato secondo le leggi della logica ordinaria o bivalente, il modo di
essere cioè del pensiero cosciente asimmetrico, eterogeneo e l’altro, modo di essere
simmetrico, che vive una realtà omogenea ed indivisibile senza parti né tutto,
alieno al pensiero, alla distinzione tra sé e non sé, allo spazio, tempo e movimento.
Pina, di anni ne ha sessanta. Da troppi ormai vive immersa nel suo mondo
sognante. Per lei il suo delirio, è sempre ancora tutto vero. Vive una vita normale,
divisa tra l’ubbidire alle voci e le incombenze della vita quotidiana, occupata a fare
quadrare il magro bilancio di pensionata, separata da un marito autoritario e
anaffettivo che corre dietro a tutte le ragazze, mettendosi in ridicolo, malgrado gli
insperati successi, per la troppa differenza di età.
Pina non critica la sua costruzione di un mondo altro, ubbidisce alle voci e non può
fare diversamente. Si confonde e fa dei guai, ma non è colpa sua, lei esegue quanto
le voci le suggeriscono, è Acetino, il diavoletto irriverente che le parla
dall’orecchio sinistro che le fa gli scherzi.
28
Resnik S.: Il teatro del sogno, Op. Cit. . Pag. 31
Fanti S., Dizionario di psicoanalisi e di micropsicoanalisi, Borla, Roma 1989, pag. 147.
30
Bertini M. :La moderna psicofisiologia del sogno, in: “Arch. Psicol. Neurol. Psichiat.”, 1964, XXV, VI, 535-599.
31
Matte Blanco I.: L’inconscio come insiemi infiniti, Einaudi, Torino, 1981.
29
10
Infatti Pina ha due voci, una buona e protettiva che potrebbe essere quella di suo
padre, che la guida dal cielo e le parla all’orecchio destro, e l’altra dispettosa e
trasgressiva che le parla dall’altra parte. I problemi insorgono quando Acetino si
diverte ad imitare la voce buona di suo padre e le consiglia cose sconsiderate che la
povera Pina non riesce ad evitare, come quando, per non perdere tempo durante il
lavoro, le impone di aprire tutti gli sportelli dei mobili in cucina, quando deve
lavorarci. È così che, trovandosi in grave disagio, sbatte testa e ginocchia su tutti
gli spigoli. Per evitare questi scherzi di cattivo gusto, è costretta spesso a mangiare
carne cruda o cibi ancora congelati.
Puntuale e sempre presente ai colloqui appare rassegnata a questo suo destino che
le impone la presenza delle voci. Per non ascoltarle, cammina sempre, fa
incredibili passeggiate di ore ed ore tra un paese e l’altro. All’alba è già lontana e a
volte quando, cercando lumache da cuocere in umido, sfila rasente ai muri delle
case e ai giardini, passando sotto le finestre come un’ombra furtiva, sente che
l’insultano, sorpresi e spaventati dalla sua presenza inattesa e dal suo canto
inopportuno.
Canta e parla quando passeggia da sola Pina, per distrarsi e sentire meno l’assillo
delle voci. Anche i farmaci l’aiutano e me ne è grata.
Nei mesi invernali è per lei pericoloso camminare per le strade buie nebbiose e
spesso offuscate dalla pioggia, lo fa solo nelle ore di maggiore luce, per il resto ha
imparato a passeggiare sui tetti. Vi è infatti confinante con la sua casa un grande
capannone industriale e lei, scavalcato il parapetto del balcone, può passeggiare
sulla cordonatura di cemento che gira tutto attorno al tetto e se Acetino non le fa
qualche brutto scherzo, può così scaricare la sua energia e distrarsi cantando sotto
la luna.
Ha una vita normale Pina e delle sue passeggiate sa sorriderne consapevole di non
poterne fare a meno, pensa ai figli sa dare loro consigli saggi, ha rapporti sociali
che leniscono la sua solitudine e la vergogna di avere un marito (da cui è separata)
che ha comportamenti tanto immorali.
Anche Pina ha messo una grande creatività onirica nel costruire i due compagni
che costantemente le parlano, non li critica, esistono, questo le basta.
Per il resto vive una vita misurata dalle stesse coordinate emotive e pratiche della
vita di tutti noi.
L’esperienza schizofrenica, scrive Eugenio Borgna32, si esprime in questa giostra
senza fine di immagini e di controimmagini, di realtà e di controrealtà, che non la
rendono mai sclerotizzata e mummificata. Sono infinite le storie della vita
“normale” e della vita psicotica; come è infinita l’esigenza di un dialogo che si
confronti con l’esperienza psicotica nella sua oscurità e nella sua luminosità: nelle
sue ombre e nelle sue significazioni cifrate.
32
Borgna E.: Come se finisse il mondo. Il senso dell’esperienza psicotica,(ed. or. 1995) Universale economica
Saggi Feltrinelli, Milano 2002.
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“Un tempo le mie voci erano pensieri” dice un paziente in seduta, nostro compito è
di aiutarlo a fare in modo che tornino ad essere pensieri e che i sogni possano
tornare ad essere sogni.