sogno e psicosi
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SONNO, SOGNO E PSICOSI Sandro Rodighiero1 La notte diede alla luce l’odiosa Morte Trepas e la sera Kera; diede alla luce il Sonno e con lui tutta la stirpe dei Sogni2… Andare a dormire significa raggiungere il confine tra luce ed ombra, tra vita ad occhi aperti e vita ad occhi chiusi, il confine tra vita e morte, se con Cartesio possiamo dire che 3 “tutti gli avvenimenti di cui mi sembra fatta la realtà, potrebbero essere semplice apparenza. Corrispondente al sogno appunto: di cui sappiamo che è sogno, perché al mattino ci svegliamo nella realtà vera, ma che durante la notte trattiamo come se una realtà diversa da quella al momento vissuta, non ci fosse per nulla”4 Se per Esiodo la Sera è sorella della Morte cui l’accomuna il buio, è sorella anche del Sonno che nasce dalla notte e ci immette nell’ignoto di una realtà altra e parallela. Lo spazio del sonno è allo stesso tempo il luogo dove uno può abbandonarsi, riposare dalla lotta quotidiana, regredire; ma è anche un’esperienza di «piccola morte», esperienza depressiva di fronte alla separazione dalla luce del giorno, per andare incontro al mondo delle ombre, l’Ade da cui uno non è mai sicuro di poter tornare5 Il sonno è indispensabile al benessere dell’uomo, tanto che la sua assenza, come avviene nella insonnia fatale familiare, rara malattia con insonnia totale, porta alla morte. Ma quale funzione svolge, il sonno, così importante da occupare gran parte della nostra vita? A questa domanda non vi sono ancora risposte certe6. Si va a dormire quando si è stanchi ma sappiamo che il sonno non è necessario al recupero della stanchezza muscolare, che avviene senza aver bisogno del sonno e sappiamo anche che il metabolismo muscolare è indipendente da esso. 1 Psichiatra, Psicoterapeuta, Gruppoanalista, Direttore D. S. M. dell'ASL n°17 del Veneto, Segretario nazionale COIRAG (Confederazione delle Organizzazioni Italiane per la Ricerca Analitica sui Gruppi), Docente alle scuole di specializzazione in psicoterapia della COIRG nella Sede di Bari, di ARETUSA a Padova, e della Società Psicoanalitica Ucraina nell’Istituto di Kiev, Docente di Teorie e tecnica dell’analisi di gruppo presso l’Istituto di Psicologia Generale dell’Università degli studi della Calabria con contratti per corsi di perfezionamento. 2 Esiodo, Teogonia. VV. 212-215 3 Musatti C., Il Sogno e la comune attività del nostro pensiero in: Branca V., Ossola C., Resnik S., I Linguaggi del Sogno, Sansoni editore, Firenze, 1984, pag. 2. 4 Tratto da: Descartes R. Discorso sul metodo 5 Resnik S., Pensiero visivo e pensiero onirico in: Branca V., Ossola C., Resnik S., I Linguaggi del Sogno, Sansoni editore, Firenze, 1984, pag. 49. 6 Vedi anche: Angeleri F. : Neurofisiologia del sonno in: Cuccagna C. Smirne S. Manuale di Medicina del Sonno, Boehringer Ingelheim Italia s.p.a., Milano, 1993. Rivista internazionale di psicoterapia e istituzioni – numero 1 – copyright©2005 1 2 Analogamente il sonno non appare necessario al ripristino dalla fatica cui vanno incontro le cellule del sistema nervoso in quanto il recupero energetico dei neuroni avviene in tempi che sono nell’ordine dei millisecondi. Un’ipotesi attendibile considera il sonno indispensabile al recupero energetico dei processi metabolici lenti macromolecolari del cervello, che sono alla base della sua plasticità e della sua capacità di elaborare informazioni. Queste due proprietà fondamentali del cervello sono presenti in diversa proporzione durante l’infanzia l’adolescenza e l’età adulta, è più presente la plasticità nella fase evolutiva ed è più rappresentata la capacità di elaborazione in età adulta. Forse questo spiega anche perché le due fasi del sonno REM e non REM sono diversamente presenti nelle due fasi della vita. Un importante ruolo nel regolare il ritmo circadiano sonno-veglia è svolto dal nucleo sovrachiasmatico dell’ipotalamo, vi sono poi intimi rapporti tra omeostasi termica e sonno Non REM mediati dai neuroni dell’area preottica ipotalamica, questo coinvolgimento dell’ipotalamo ha fatto considerare da molti autori il sonno anche come un istinto. Nell'uomo il sonno è costituito da una successione di diverse fasi con attività elettrica cerebrale sempre più lenta. In esse persiste un certo tono muscolare e non vi sono movimenti oculari. Queste fasi di sonno a onde lente, sono inframezzate da una fase con attività corticale rapida e movimenti oculari con scomparsa totale del tono muscolare. Descritta anche come sonno paradossale per l'attività corticale simile alla veglia accompagnata dall'atonia generalizzata. Il sogno, ha sempre incuriosito ed impressionato gli uomini in tutte le culture che lo hanno ammantato di significati mistici e oscuri timori tanto che i beduini del delta del Nilo stringono la testa in un turbante per impedire alla loro anima di abbandonare il corpo mentre dormono, e i Masai hanno il divieto di svegliare un dormiente per il timore che la sua anima vagabonda non possa più ritornare nel corpo. Ma in realtà, da un punto di vista scientifico, quale funzione ha allora il sonno e qual è il motivo per cui noi sogniamo? Sono stati fatti molti studi in materia, alcuni, molto suggestivi, riguardano il consumo energetico del cervello ed i meccanismi di omeostasi. Il cervello che pensa è come il muscolo che lavora, affermano questi studi, infatti, durante l'attività cerebrale intensa il consumo di glucosio nelle aree corticali raddoppia senza che aumenti la percentuale di ossigeno. Ciò significa che il nostro cervello funziona in condizioni anaerobiche e produce lattato di conseguenza si affatica come i muscoli durante uno sforzo. Anche il semplice restare svegli impegna il cervello in un'attività che consuma energia. Il sistema di neuromediatori che ci permette di restare svegli, infatti, scinde continuamente le catene di glicogeno, bisogna quindi che ad un certo 3 momento sopraggiunga il sonno per permettere al cervello di ricostruire le riserve di energia, energia immagazzinata principalmente nelle cellule gliali. È necessario inoltre che diminuisca la temperatura del cervello che con queste reazioni chimiche tende ad aumentare. Nell'uomo occorrono 90 minuti per farla diminuire di 0,8° gradi centigradi. Quando si sarà accumulata sufficiente energia arriva il sogno. Il sogno infatti è un fenomeno che necessita di molta energia. Paul Valéri7 scriveva che il sogno e il pensiero sono della stessa sostanza. Ma per quale motivo l'evoluzione ci ha dotati di un cervello che periodicamente, durante il sonno, cade preda di un apparato che produce immagini fantastiche, paralizza il nostro tono muscolare, sopprime la maggioranza delle regolazioni omeostatiche e provoca un'erezione? Se il sonno pare sia dovuto alla necessità di tenere bassa la temperatura del cervello e ripristinare l'energia consumata nello stato di veglia, non sappiamo ancora perché sogniamo. Sappiamo molto del "come" senza conoscerne il "perché". Studi fatti documentano che sognano solo gli animali omeotermi (animali a sangue caldo). Gli eterotermi, (animali a sangue freddo) nei quali le cellule nervose si moltiplicano per tutta la vita, non sono in grado di sognare. Inoltre si è notato che più un mammifero o uccello, è immaturo, riguardo al suo sviluppo ontogenetico, maggiore è la percentuale di sonno sismico, simile al sonno paradossale o sonno REM cioè di sogno, presente in ogni periodo di sonno. A cosa serve quindi il sogno da un punto di vista neurofisiologico? Michel Jouvet8 ipotizza una funzione di programmazione genetica per favorire l'espressione dell'eredità psicologica. Mancando la neurogenesi continua, si ricorre ad un periodico rinforzo di alcuni programmi attraverso il rinforzo di circuiti sinaptici responsabili dell'eredità psicologica. Questo processo periodico endogeno ecciterebbe, a intervalli regolari, le strutture sinaptiche responsabili del riconoscimento degli stimoli innescanti innati o dei comportamenti stereotipati che esprimono gli atteggiamenti "innati". Il sogno, secondo questa ipotesi, è custode e programmatore periodico della componente ereditaria della nostra personalità. È il sogno che ci rende ognuno diverso dall'altro, perché è in quel momento che una programmazione interattiva va a cancellare le tracce di questo o quell'apprendimento o, al contrario, a rafforzarle. Francis Crick9, il premio nobel per la doppia elica del DNA, ha elaborato un'ipotesi secondo la quale per poter funzionare in modo efficace, un super computer quale sarebbe il cervello, avrebbe necessariamente bisogno dell'irruzione periodica di segnali stocastici allo scopo di cancellare le memorie sature con dei segnali privi di significato. 7 Valéri P. Varietà (Tr. It.) Studio Editoriale, Milano 1990, ed. or. 1957. Jouvet M. Il sonno e il sogno, Ugo Guanda editore, Parma 1993. 9 Crick F., Mitchison G., The function of dream sleep Nature, 1983. 8 4 L'ipotesi di Crick, che il sogno serva a cancellare i ricordi senza importanza, molto simile a quella elaborata nel 1886 dal tedesco Robert10, è riportata anche da Freud11 nell'Interpretazione dei sogni. Il sogno, secondo Freud, può essere inteso come il custode del sonno, esso impedisce infatti l'intrusione di desideri non mascherati e inaccettabili nel sistema conscio, cosa che provocherebbe il risveglio. "Mentre Freud fa del sogno il guardiano del sonno", scrive Silvio Fanti12, "e i neurofisiologi sono di parere contrario, la micropsicoanalisi mette in evidenza tra il sonno e il sogno un vero e proprio feed-back positivo onirogeno". Secondo altre teorie13, il sogno servirebbe a stabilizzare le nozioni apprese e fissarle nella memoria. Nel sogno, come ricorda Mauro Mancia14, si attiva un processo che ha la memoria come protagonista, che salda il presente al passato e crea un ponte tra le esperienze emotive e affettive attuali e quelle di un tempo, depositate nella memoria o rimosse in un momento di oblio. Il transfert, nella relazione analitica, permette a queste antiche e rimosse esperienze di tornare alla luce. Bion15 e poi anche Money-Kyrle,16 hanno dato al sogno una funzione in più, quella di essere un fondamentale strumento di conoscenza in quanto rappresentazione del mondo interno dell'uomo. Artemidoro di Daldi traduceva in un linguaggio comprensibile e quindi più rassicurante, il messaggio nascosto dei sogni, con effetti sicuramente psicoterapeutici. Elio Aristide, oniromante dell’Asia minore elaborò una concezione mistica e terapeutica del sogno. Era il Dio che parlava e che guariva nel sogno. Nei templi di Asclepio e in quelli di Esculapio poi, si induceva nei pellegrini uno stato di sonno perché la guarigione arrivava con il sogno e con la sua interpretazione. Ricordo di aver visitato l’Onirodromo nell’Asklepeion di Pergamon, dove nel IV secolo avanti Cristo sotto le volte di ampie sale a forma di galleria circolare, si assiepavano i giacigli dei pellegrini venuti a chiedere aiuto al Dio, come già secoli prima ad Epidauro. In queste Camere di Incubazione, dopo avere assunto sostanze ipnotiche o aver aspirato gas soporiferi, al risveglio i pellegrini-pazienti, venivano condotti alla presenza dell’Oracolo che interpretava il sogno. Era molto importante il setting, la messa in scena, il teatro del sogno. Un insieme di carrucole e ruote dentate provvedeva a fare comparire sotto una nuvola e scendere dal soffitto come un deus ex machina teatrale, una figura come 10 Robert W. Der traum als Naturnotwendigkeit erklrt Amburgo 1886. Freud S. OSF vol.3° L'interpretazione dei sogni Boringhieri, Torino 1966. 12 Fanti S., Dizionario di psicoanalisi e di micropsicoanalisi, Borla, Roma 1989, pag. 145. 13 Bloch V., Dubois-Hennevin E. e Leconte P. Sommeil et mémoire, La Recherche, 1979, 10, 116. 14 Mancia M. Il sogno: una finestra aperta sul transfert. Rivista di Psicoanalisi, 2000, XLVI, 2, pag. 255. 15 Bion W. R. Apprendere dall'esperienza. Armando, Roma 1962. 16 Money-Kirle R. Scritti 1927-1977. Loescher, Torino 1978. 11 5 di fantasma o di apparizione che portava le interpretazioni del sogno tra nuvole, vapori, fumi e bagliori di luci per poi scomparire. Il sacerdote-interprete dei sogni era sempre nascosto, a volte dietro una tenda, mostrando solo l’ombra al suo paziente. In questa atmosfera soporosa e sognante posto in una sorta di “attenzione fluttuante” (come diremo forse noi), il postulante si attendeva la comparsa dei suoi cari defunti, come aiuto a sciogliere gli enigmi. Spesso infatti i defunti venivano interpretati da attori, in questo “teatro” del sogno “raccontato”. Sappiamo che questo è un importante elemento del processo di elaborazione del lutto e concorre pertanto pesantemente all’aspetto terapeutico dell’incontro. Così Ulisse scende all’Ade, il regno dei morti, ed incontra la madre e molto più tardi Dante nella Divina Commedia viaggia con Virgilio nell’al di là, in un dialogo tra ombre dà corpo così al dolore e al ricordo algico dell’oggetto amato Nelle isole Salomone sono invece i morti che ritornano e parlano nei sogni, lo spazio del sogno diviene allora spazio vivo dell’incontro17. La scena teatrale di questo psicodramma onirico, a volte si estende alla natura circostante, inglobando ad esempio, lo stormire delle secolari chiome delle querce come a Dodona dove le foreste furono interpellate anche da Ulisse per avere lumi circa il suo ritorno ad Itaca. E aggiungea, che a Dodona era passato, Per Giove consultare, e udir dall'alta Quercia indovina, se ridursi ai dolci Colli d'Itaca sua dopo sì lunga Stagion dovea palesemente, o ignoto18 Era sempre il Dio che parlava attraverso le fronde mosse dal vento o attraverso il chiacchierio delle acque e l’oracolo ne interpretava il significato. Il mondo dei sogni – scrive Resnik19 – è una foresta viva dove abita la fantasia allo stato di enigma; l’interprete dei sogni, dall’antichità classica in poi, è la personificazione della curiosità per le forme nascoste e invisibili della natura e dell’essere. Il Sogno era un viaggio verso la conoscenza o la guarigione, è suggestivo a tal proposito ricordare come un luogo di cura molto importante nell’antichità come l’Asklepeion costruito a Roma sull’isola tiberina, ancora oggi sede di ospedali, avesse la forma di una nave, una nave di candido marmo che frangeva i flutti del Tevere, a ricordo di quella stessa nave che, nel 293 a.C., dopo una terribile pestilenza, portò Asclepio, sotto forma di serpente sacro, da Epidauro per mare sino a Roma20. 17 Resnik S.: Il teatro del sogno, Boringhieri, Torino, 2002. Pag. 25 Omero: Odissea, XIV vv 327-30 19 Resnik S.: Il teatro del sogno, Op. Cit. . Pag. 44 20 Ovidio, Metamorfosi,XV, 662 18 6 La nave per guarire, e infatti si parla di percorso terapeutico. La nave dei folli dell’immaginario tardo medioevale21, rappresentava quello che realmente accadeva quando i malati venivano espulsi dalla città e mandati altrove. Un altrove divenuto poi il luogo fisico dell’asilo, dell’ospizio e, pare che alcune navi della Serenissima fossero alla fonda di fronte a San Marco a Venezia come luogo di ricovero e cura prima di trasformarsi nel marmo e nella pietra del manicomio dell’isola di San Servolo. I “Folli” hanno certamente bisogno di una nave per intraprendere il viaggio burrascoso e difficile verso la loro guarigione, una nave calda, accogliente come il divano e ferma sui flutti come lo spazio mentale del terapeuta che fa da timoniere in questo viaggio. Si deve dare la possibilità alla parte più profonda e segreta di esprimersi e dirlo anche con il linguaggio ermetico del sogno. I Sogni, - dice Cesare Musatti22 - non sono fatti per essere decifrati. Li decifrano, o tentano di farlo, gli psicoanalisti con i loro pazienti, perché- in funzione di elementi affettivi particolari- si istituisce una specie di dialogo fra i due, e spesso il paziente parla all’analista con i propri sogni. Per Bion23 le esperienze della veglia si trasformano in pensiero del sogno, dando continuità alla vita mentale. Il suo concetto di Barriera di contatto che delimita e differenzia il conscio dall'inconscio, nella veglia e nel sogno, ha permesso di considerare il sogno in seduta, come un processo in cui la barriera è in continua trasformazione. È questa fluidità della barriera a farci cogliere nel sogno, prima che altrove, dei cambiamenti significativi del paziente, e della sua relazione con noi. È anche un modo attraverso il quale il paziente può dirci quello che non riesce a verbalizzare. Mario24, un ragazzo depresso, un giorno viene in seduta, turbato da un sogno; "Non sogno mai, non ricordo mai i miei sogni", diceva, "Stavo dormendo nella mia camera ed ho sentito un grido, un grido straziante di aiuto". Il sogno che lo turbava era quella voce, quasi un'allucinazione, era tutto lì, in quell'unico suono. "Era mia madre", dirà poi cercando delle associazioni, "Aveva bisogno del mio aiuto, ma non la vedevo, non c'era nessuno. Poi ho visto come un muro e da dietro quel muro, forse, veniva il grido". Del sogno colpisce il non avere forma, non avere faccia, un sogno che era solo un rumore. Ciò che veramente lui ha sognato ed ha raccontato, è la sensazione di un 21 Foucault M.: Storia della follia nell’età classica, Gallimard, Paris 1963. Trad. It. BUR Rizzoli, Milano 1976. Pagg. 146 e segg. 22 Musatti C., Il Sogno e la comune attività del nostro pensiero in: Branca V., Ossola C., Resnik S., I Linguaggi del Sogno, Sansoni editore, Firenze, 1984, pag. 8.Op. Cit. 23 Bion W. R. Apprendere dall'esperienza. Armando, Roma 1962. Op. Cit 24 Rodighiero S., Ziglio R., "La relazione terapeutica: dal vuoto antalgico alla prima esperienza del dolore" in: Maggini C., Marchesi C., Salvatore P.: Malinconia e depressione, modelli teorici, tipologie cliniche, trattamento, Vol. II, Edizioni ETS, Pisa. 7 dolore che rapidamente avanza, come una diga che si rompe, la sensazione di un dolore che inonda tutto lo spazio del pensiero. Resnik25 segnala: "Quando un paziente che ha risolto il problema, del dolore, con il dimenticare, con la rimozione, con la negazione, con il blocco, con la glaciazione, con il gelo, quando si sgela, o quando ritorna un vecchio dolore, appagato, ritorna come un torrente rumoroso che viene da lontano nel tempo". Il sogno si presentava solo come una sensazione sonora. È come l'urlo doloroso e nostalgico di Nabucodonosor. Nabucodonosor, che addolorato, nostalgico, disperato, nella sua soluzione delirante si trasforma in lupo per parlare con il suo oggetto d'amore, con la sua stella, con la luna con il suo oggetto di desiderio luminoso e lontano Mario è un ragazzo di 21 anni quando viene inviato dal suo medico per depressione; non è molto alto, è magro muscoloso, è vestito in jeans e porta gli occhiali; entra, educatamente saluta e si siede, parla a bassa voce e in modo monotono, ha la testa abbassata con il mento appoggiato sullo sterno e le mani incrociate in grembo. Suo padre è morto qualche anno fa; la madre undici mesi fa, di cancro. È stato lui ad assisterla fino alla fine trascurando i suoi impegni di università; vive con due fratelli più grandi che lavorano in una azienda di famiglia ed entrambi stanno facendo preparativi per il prossimo matrimonio; essendo soli, è Mario che bada alla casa, prepara il cibo per tutti e lava la biancheria; lo faceva anche prima quando la madre era ammalata per darle sollievo. Con la monotonia fredda di sempre trascorrono quasi due mesi; assume antidepressivi a dosi piene; in questo periodo fa pensare solo a come tutti i depressi siano uguali. "Per un certo periodo", Segnala Giovanni Gozzetti26, "la melancolia si impossessa del soggetto e il soggetto assiste alla sua depressione, dopo si fonde e diviene un tutt'uno, ma inizialmente il paziente sente che si impossessa di lui un sentimento estraneo, dunque una dicotomia, una frattura iniziale anche nella depressione con accanto la dissociazione". Tornando a Mario, invitandolo ad associare, lentamente compaiono elementi visivi del muro, se ne vede l'inizio, ma non la fine; da dietro spunta, sopra il limite superiore, come un cespuglio, o meglio un albero con i rami morti; era un albero morto con solo qualche foglia ancora viva; "Mia madre era dietro a quel muro ma io non potevo andare ad aiutarla perché era morta. Con tutto quel che ho fatto per lei!". È sembrato che emergesse di lui sia la rabbia, che la onnipotenza infantile che non accetta frustrazioni, che lo sgonfiamento di un Io adulto assolutamente impotente 25 Resnik S., Il dolore nella depressione tra la suggestione del mito e la comprensione clinica, in Rodighiero S. (a cura di) Interprestazioni, Teda Edizioni, Castrovillari (CS), 1994 26 Gozzetti G.: L'incontro col melanconico e la melanconia. In: Rodighiero S. (a cura di), Resnik S. e Gozzetti G.: Interprestazioni. Teda Edizioni, Castrovillari (CS), 1994, 8 contro il fato. Il vuoto della mancanza aveva comunque lasciato il posto al dolore dell'assenza. Sembra inoltre che il sogno lo abbia costruito mentre lo raccontava; li ha sognati in quel momento, l'albero, le foglie, il muro, era il dolore che rumorosamente irrompeva dentro il vuoto. Era il dolore che tingeva con colori sempre più vivi il buio e il grigio della scena; quella freddezza non c'era più, forse. Anche Freud ricorda, nell’Interpretazione dei sogni, come nei sogni le immagini siano non solo visive, si possono utilizzare immagini acustiche o appartenenti ad altri sensi. E Borges, che era quasi cieco, raccontava che i cechi dalla nascita nei sogni usano prevalentemente immagini sonore. “I have a dream” Ho un sogno, ha detto Martin Luter King, nel suo celebre discorso, poco prima che i conservatori americani lo assassinassero, intendendo dire con questo ho un desiderio, un progetto di vita, una fantasia, su l’uguaglianza, la libertà, la democrazia, l’amore … Un desiderio che vive ed esplode specialmente nel sogno, dove agiamo con maggiore libertà, sapendo in fondo che possiamo sempre uscire da quella situazione svegliandoci. Siamo in una sorta di vacanza come segnala Cesare Musatti27. Il sogno è la forma più tipica di vacanza di cui il nostro pensiero disponga. È infatti una vacanza totale. Possiamo nel sogno attenuare al massimo quel residuo di consapevolezza che effettivamente stiamo solo sognando e che fuori dal sogno c’è anche una realtà vera, di cui bisogna tener conto. Ci possiamo abbandonare quindi, a questa realtà altra, in questo mondo parallelo abitato dalle ombre. Una fuga dalla realtà è anche la fantasticheria, come realizzazione di un desiderio o semplice riposo dal mondo reale, come succede al pensatore allo scienziato o al poeta, dove si alterna il contatto con la realtà e quello col mondo del puro pensiero, dove si fabbricano concetti o immagini visive o sonore, espresse in parole o colori. Ma il poeta può perdersi tra le ombre della foresta, contemplare le stelle nella radura, ma egli sa poi tornare alla luce. Altre forme di vacanza esistono, sono le forme del pensiero delirante, provocate da sostanze o patologie fisiche o psichiche, che arrivano fino ad una totale disorganizzazione dell’apparato cerebrale. Il sogno è un normale fenomeno allucinatorio: se non ci si sveglia non si finisce mai di allucinare. 27 Musatti C., Il Sogno e la comune attività del nostro pensiero in: Branca V., Ossola C., Resnik S., I Linguaggi del Sogno, Sansoni editore, Firenze, 1984, pag. 10.Op. Cit. 9 Il paziente psicotico vive immerso in un’atmosfera onirica popolata di suoni voci ed immagini prodotte dalla sua stessa mente. Abitualmente il paziente psicotico non è considerato capace di sognare, - scrive Resnik28 - ma vive comunque «addormentato»: non ricorda il sogno, perché è sempre nel sogno; può raccontarlo solo quando si risveglia alla vita. "I resti notturni del sogno, come gli elementi diurni e i loro equivalenti biologici", dice Silvio Fanti29., "permettono di concepire un continuum onirico: si sogna senza posa in ogni e con ogni, pensiero, azione, cellula e particella…" Mario Bertini30 a seguito di profonde ricerche neurofisiologiche dice che il sogno non solo non è legato alla sola fase REM del sonno, ma addirittura può svolgersi anche in condizioni di veglia. Afferma cioè che il ciclo ultradiano sonno-sogno di periodicità di circa 90 minuti, sarebbe presente non solo durante la fase di sonno ma anche durante la veglia. Quando il soggetto ha un sonno profondo, ben differenziato dalla veglia lucida e vigile, allora il sogno può emergere in pieno durante il sonno ma è del tutto sommerso nella veglia. Quando sonno e veglia sono scarsamente differenziati come nelle prime fasi della vita o come accade in particolari individui o particolari momenti, il sogno può emergere facilmente anche nella veglia. Questo comporta anche che le due modalità di funzionamento mentale il pensiero onirico (che segue il processo primario) e il pensiero logico (che funziona secondo il processo secondario), si intrecciano attraverso il sonno e la veglia. È quanto afferma Ignatio Matte Blanco31 dividendo lo psichismo umano in un modo strutturato secondo le leggi della logica ordinaria o bivalente, il modo di essere cioè del pensiero cosciente asimmetrico, eterogeneo e l’altro, modo di essere simmetrico, che vive una realtà omogenea ed indivisibile senza parti né tutto, alieno al pensiero, alla distinzione tra sé e non sé, allo spazio, tempo e movimento. Pina, di anni ne ha sessanta. Da troppi ormai vive immersa nel suo mondo sognante. Per lei il suo delirio, è sempre ancora tutto vero. Vive una vita normale, divisa tra l’ubbidire alle voci e le incombenze della vita quotidiana, occupata a fare quadrare il magro bilancio di pensionata, separata da un marito autoritario e anaffettivo che corre dietro a tutte le ragazze, mettendosi in ridicolo, malgrado gli insperati successi, per la troppa differenza di età. Pina non critica la sua costruzione di un mondo altro, ubbidisce alle voci e non può fare diversamente. Si confonde e fa dei guai, ma non è colpa sua, lei esegue quanto le voci le suggeriscono, è Acetino, il diavoletto irriverente che le parla dall’orecchio sinistro che le fa gli scherzi. 28 Resnik S.: Il teatro del sogno, Op. Cit. . Pag. 31 Fanti S., Dizionario di psicoanalisi e di micropsicoanalisi, Borla, Roma 1989, pag. 147. 30 Bertini M. :La moderna psicofisiologia del sogno, in: “Arch. Psicol. Neurol. Psichiat.”, 1964, XXV, VI, 535-599. 31 Matte Blanco I.: L’inconscio come insiemi infiniti, Einaudi, Torino, 1981. 29 10 Infatti Pina ha due voci, una buona e protettiva che potrebbe essere quella di suo padre, che la guida dal cielo e le parla all’orecchio destro, e l’altra dispettosa e trasgressiva che le parla dall’altra parte. I problemi insorgono quando Acetino si diverte ad imitare la voce buona di suo padre e le consiglia cose sconsiderate che la povera Pina non riesce ad evitare, come quando, per non perdere tempo durante il lavoro, le impone di aprire tutti gli sportelli dei mobili in cucina, quando deve lavorarci. È così che, trovandosi in grave disagio, sbatte testa e ginocchia su tutti gli spigoli. Per evitare questi scherzi di cattivo gusto, è costretta spesso a mangiare carne cruda o cibi ancora congelati. Puntuale e sempre presente ai colloqui appare rassegnata a questo suo destino che le impone la presenza delle voci. Per non ascoltarle, cammina sempre, fa incredibili passeggiate di ore ed ore tra un paese e l’altro. All’alba è già lontana e a volte quando, cercando lumache da cuocere in umido, sfila rasente ai muri delle case e ai giardini, passando sotto le finestre come un’ombra furtiva, sente che l’insultano, sorpresi e spaventati dalla sua presenza inattesa e dal suo canto inopportuno. Canta e parla quando passeggia da sola Pina, per distrarsi e sentire meno l’assillo delle voci. Anche i farmaci l’aiutano e me ne è grata. Nei mesi invernali è per lei pericoloso camminare per le strade buie nebbiose e spesso offuscate dalla pioggia, lo fa solo nelle ore di maggiore luce, per il resto ha imparato a passeggiare sui tetti. Vi è infatti confinante con la sua casa un grande capannone industriale e lei, scavalcato il parapetto del balcone, può passeggiare sulla cordonatura di cemento che gira tutto attorno al tetto e se Acetino non le fa qualche brutto scherzo, può così scaricare la sua energia e distrarsi cantando sotto la luna. Ha una vita normale Pina e delle sue passeggiate sa sorriderne consapevole di non poterne fare a meno, pensa ai figli sa dare loro consigli saggi, ha rapporti sociali che leniscono la sua solitudine e la vergogna di avere un marito (da cui è separata) che ha comportamenti tanto immorali. Anche Pina ha messo una grande creatività onirica nel costruire i due compagni che costantemente le parlano, non li critica, esistono, questo le basta. Per il resto vive una vita misurata dalle stesse coordinate emotive e pratiche della vita di tutti noi. L’esperienza schizofrenica, scrive Eugenio Borgna32, si esprime in questa giostra senza fine di immagini e di controimmagini, di realtà e di controrealtà, che non la rendono mai sclerotizzata e mummificata. Sono infinite le storie della vita “normale” e della vita psicotica; come è infinita l’esigenza di un dialogo che si confronti con l’esperienza psicotica nella sua oscurità e nella sua luminosità: nelle sue ombre e nelle sue significazioni cifrate. 32 Borgna E.: Come se finisse il mondo. Il senso dell’esperienza psicotica,(ed. or. 1995) Universale economica Saggi Feltrinelli, Milano 2002. 11 “Un tempo le mie voci erano pensieri” dice un paziente in seduta, nostro compito è di aiutarlo a fare in modo che tornino ad essere pensieri e che i sogni possano tornare ad essere sogni.