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Editoriale .............................................................................................................................................1
RICERCA & SVILUPPO
E-Textiles: punto di incontro tra elettronica e tessile ..............................................................................2
Tecniche avanzate di indagine per le micro- e nano-tecnologie: potenzialità
e possibili applicazioni al settore tessile.................................................................................................6
Funzionalizzazione di fibre cellulosiche attraverso la additivazione
di cariche inorganiche nanodisperse .....................................................................................................9
Applicazioni industriali del trattamento a plasma freddo ai tessuti.......................................................14
Riconoscimento molecolare con film organici nanostrutturati ed autoassemblati.................................17
Nanotechnology for tumor therapy ....................................................................................................20
NOTIZIE
Notizie in breve
Incontro italo-israeliano sulle nanotecnologie .....................................................................................22
Nanofab: La NanoFabrication Facility del Veneto.................................................................................22
Inagurazione del Laboratorio Latemar del Politecnico di Torino............................................................23
Nanotecnologie al Dip. Scienza dei Materiali e Ingegneria Chimica del Politecnico di Torino.................22
Produzione di polveri nanometriche mediante il processo “Gel Combustion”......................................24
Il progetto europeo women in nano ...................................................................................................24
Il progetto europeo node sui nanofili..................................................................................................25
Invent: consorzio pubblico/privato da 600M$ per lo sviluppo di tecniche litografiche avanzate ............25
Le nanotecnologie prospettano la possibilità di ottenere lenti perfette. ...............................................26
Promuovere la competizione tra i ricercatori europei: The European Research Council .........................26
Nanoforum report: funding and support for international nanotechnology collaborations...................26
International master in nanotecnologies.............................................................................................27
Master europeo in nanotecnologie dei materiali polimerici .................................................................27
Master in compositi e nanotecnologie per l’aereospazio .....................................................................28
Richard Smalley..................................................................................................................................28
Seminari & Convegni
Nanoscienze ed il futuro dell’Information Technology: il convegno European Science Foundation........29
Convegni Nanoroadmap ....................................................................................................................32
Nanoforum: micro e nanotecnologie per lo sviluppo dell’impresa .......................................................33
NanoWeek, la settimana delle nanotecnologie ...................................................................................33
Nanochallenge 2005 .........................................................................................................................35
Altri eventi
Eventi ................................................................................................................................................37
Periodico
di informazione
sulle nanotecnologie
dicembre 2005
Supplemento a Notizie Airi
n. 147 novembre dicembre 2005
Anno XX - 2005
Bimestrale
Abbonamento annuo
• Soci Euro 49,00
• Non soci Euro 70,00
Spedizione in abb. postale
comma 20 lett. B art. 2
L. 23.12.96 n. 662
Roma/Romanina
Pubblicità 45%
Autorizzazione Tribunale
di Roma n. 216
del 29 aprile 1986
Redazione AIRI:
00198 Roma
Viale Gorizia, 25/c
tel. 06.8848831, 06.8546662
fax 06.8552949
e-mail: [email protected]
www.airi.it
Secondo Censimento delle
Nanotecnologie in Italia
Nanotec IT (Centro Italiano per le Nanotecnologie) ha pubblicato nel 2004 il “1° Censimento delle
Nanotecnologie in Italia” il quale contiene la maggior parte di quanti, a tale data, erano attivi in
questo campo nel Paese. Da allora la situazione si è notevolmente evoluta con l’ingresso di nuovi
attori e l’avvio di nuove iniziative focalizzate su questo settore. È pertanto tempo di rivedere il
quadro della situazione aggiornando/integrando le informazioni raccolte nel corso del primo censimento ed aggiungendo i nuovi arrivati e quanti sono sfuggiti alla prima indagine. I dati raccolti
saranno riportati nel 2° Censimento delle Nanotecnologie in Italia che sarà pubblicato all’inizio
del 2006 in lingua inglese con l’obiettivo di farne la fonte d’informazione di riferimento a disposizione di quanti sono interessati a questo settore ed al suo sviluppo. I destinatari sono la comunità scientifica, l’industria, i pianificatori pubblici e privati, il mondo della finanza, i quali possono
trovare nel Censimento informazioni utili per le loro iniziative in questo campo.
Si invitano le organizzazioni impegnate nelle nanotecnologie o che contano di farlo nel breve periodo, che non abbiano ricevuto il questionario, a partecipare al Censimento scaricando l’apposito modulo all’indirizzo http://www.nanotec.it/censimento_2005/Censimento_2005.htm
La compilazione del questionario consentirà sia di ricevere il documento a condizioni vantaggiose
sia di ricevere gratuitamente le pubblicazioni Nanotec IT (Newsletter e bollettino elettronico).
Scaricate il questionario da
http://www.nanotec.it/censimento_2005/Censimento_2005.htm
Editoriale
A
lla fine del 2005 la spesa per R&S nel campo delle nanotecnologie avrà raggiunto nel mondo, sommando insieme i finanziamenti pubblici e quelli privati, che al momento complessivamente si equivalgono, una cifra intorno a 10 miliardi di dollari
mentre prodotti, che vanno dai cosmetici, ai tessuti, ai dispositivi
per ITC, realizzati sfruttando le nanotecnologie, sono ormai sul
mercato. Insomma, le nanotecnologie, ancorché siano nella fase
iniziale del loro ciclo di sviluppo (la situazione si puo’ equiparare a
quella delle biotecnologie 20 – 25 anni fa) stanno guadagnando
progressivamente terreno e sembrano avviate a mantenere le
previsioni che vogliono queste tecnologie in grado di rivoluzionare il mondo produttivo e la vita di tutti giorni. Nondimeno, al di là
di un impegno di ricerca tout court, che comunque richiede per
essere efficace uno sforzo a livello dei singoli paesi e che coinvolga in un disegno condiviso la comunità scientifica le imprese e le
strutture governative, il successo pieno delle nanotecnologie è legato alla capacità di rispondere a due esigenze fondamentali.
La prima, e per certi versi più importante, di queste esigenze è
l’approfondimento e la comprensione degli effetti che la diffusione delle nanotecnologie possono avere sulla salute dell’uomo,
l’ambiente, la società nel suo insieme. La scala alla quale operano
queste tecnologie e la loro unicità richiede un impegno totale affinché gli eventuali rischi associati ad esse (come del resto a qualsiasi altra tecnologia) siano ridotti al minimo. L’impegno per una
R&S attenta alle problematiche suddette deve essere quindi al primo posto per dare una risposta positiva alla domanda proveniente dalla società per uno sviluppo che non prescinda dalla sicurezza, per evitare cosi gli errori commessi in passato con altre tecnologie emergenti e che hanno determinato un atteggiamento di
ostilità, non sempre giustificato, verso di esse. Tutto questo richiede un impegno che deve essere condiviso su scala mondiale e
coinvolgere tutti gli attori interessati: la ricerca pubblica, che deve
essere in prima linea per un approccio di questo tipo; le imprese,
per le quali deve essere chiaro che una valutazione attenta e tempestiva di tutte le implicazioni connesse con la diffusione di nanoprodotti è nel loro interesse, i governi, che devono sostenere una
ricerca di base volta a chiarire gli effetti sull’uomo e sull’ambiente
delle nanotecnologie e dei prodotti da esse generati, che sarebbe
di aiuto alle imprese per le loro valutazioni di rischio specifiche. I
regolatori, i quali devono rivedere ed aggiornare limiti e regolamenti, considerando tutto il ciclo di vita dei nanoprodotti, dalla
produzione, all’uso, al loro smaltimento, e stabilire norme che ne
garantiscano il rispetto ed assicurino l’implementazione di una
R&S responsabili. Tutto questo deve essere accompagnato da una
ampia, costante, tempestiva e responsabile/competente informazione del pubblico, che è fondamentale per guadagnarne la fiducia ed il consenso.
Cio’ implica che scienziati, giornalisti scientifici e media in genere
non solo capiscano quale informazione il pubblico cerca e bisogna dare, ma anche come questa informazione va presentata per
essere efficace, utile e non fuorviante. L’obiettivo di questo sforzo
deve essere, usando le parole del Prof. Dietram Scheufele della
Scuola di Giornalismo & Comunicazione di Massa dell’Università
del Wisconsin, “non quello di far si che il cittadino comune pensi
come uno scienziato, ma che capisca come gli scienziati acquisiscono le conoscenze e raggiungono le conclusioni scientifiche”.
Vale a dire il cittadino deve acquisire: consapevolezza della correttezza delle ricerche e delle incertezze (contenute) esistenti, una
certa conoscenza degli aspetti tecnici/scientifici coinvolti, fiducia
sulle strutture e norme di controllo ed infine la nozione che i benefici superano i rischi.
L’altra esigenza da soddisfare per assicurare lo sviluppo delle nanotecnologie è la disponibilità di un numero adeguato di personale qualificato. La domanda mondiale di personale adeguatamente preparato in questo campo si valuta, per i prossimi anni,
nell’ordine dei milioni visto che riguarda uno spettro di professionalità particolarmente ampio che va dagli insegnanti, non solo
universitari, ai ricercatori, ai tecnici, agli addetti alla sicurezza ed
alle normative (inclusi i brevetti), per la formazione dei quali l’interdisciplinarietà delle nanotecnologie richiede un approccio del
tutto specifico e che deve riguardare tutti i livelli formativi. L’impegno nella formazione, in realtà, è diventato prioritario in tutti i
paesi maggiormente impegnati campo nelle nanotecnologie ed è
cresciuto negli ultimi anni di pari passo con il crescere dei finanziamenti per la R&S in questo. Negli USA il numero di Università
con corsi nelle nanotecnologie è passato da 5 nel 2001 a circa
300 nel 2005, in Cina le università che offrono corsi in questo
campo sono circa 60, nella Corea del Sud quasi il 6% del budget
annuale dei fondi pubblici dedicati a questo settore è destinato
alla formazione. Anche in Europa si assiste un impegno crescente
in questa direzione, soprattutto in paesi come la Germania, la
Francia e la Gran Bretagna, ma anche in paesi piccoli come Olanda o la Svizzera. In Italia il numero di Università con corsi post laurea nelle nanotecnologie è ancora limitato a 6-7 e l’impegno va
probabilmente rafforzato, calibrando l’offerta sulla base di una
valutazione dalla evoluzione della domanda effettiva.
In conclusione, è convinzione di molti, condivisa anche da Nanotec IT, che il successo delle nanotecnologie passa attraverso due
condizioni fondamentali avanti implicazioni e ricadute diverse,
ma entrambe decisive: una R&S responsabile ed una politica della
formazione efficace e tempestiva. Nanotec IT, si adopererà per
contribuire al loro conseguimento e ne farà uno dei punti centrali
della sua azione nel 2006.
Elvio Mantovani
Direttore Nanotec IT
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E-Textiles: punto di incontro
tra elettronica e tessile
Marinella Catellani, Ilaria Cucchi
Istituto per lo Studio delle Macromolecole-CNR, Milano
Introduzione
tessuti intelligenti, conosciuti come Smart and Interactive Textiles
(SMIT), stanno catalizzando un crescente interesse a livello mondiale causato dal grande impatto che la loro applicazione avrà sul
nostro stile di vita. Questi manufatti tessili sono conosciuti anche
come e-Textiles (tessuti elettronici) o Weareable Electronic (elettronica indossabile) e i loro campi di impiego va dal settore militare a
quello delle comunicazioni, dalla sanità alla sensoristica, dall’ abbigliamento all’arredamento, ai mezzi di trasporto. I tessuti intelligenti sono in grado di interagire con l’ambiente mediante componenti elettronici ed elementi attivi incorporati nel tessuto e possono ‘sentire’, stimoli meccanici, campi elettrici, calore, sostanze chimiche, campi magnetici, ecc. e adattare le proprie risposte agli stimoli ricevuti. Gli e-Textiles rappresentano un punto di convergenza
tra tecnologie e settori molto differenti come l’elettronica e la moda, la medicina e il tessile, l’informazione e il design.
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E-Textiles
Nella ricerca e sviluppo sugli SMIT si intersecano differenti discipline e specializzazioni che in precedenza avevano avuto scarsi contatti come il settore Tessile, le tecnologie dell’Informazione e dei
Microsistemi e la Scienza dei Materiali. Queste differenti discipline
si uniscono per progettare nuove tecnologie di produzione e nuovi
manufatti tessili che siano veri e propri sistemi informativi (inputoutput dati) a basso costo, portatili, flessibili, indossabili, lavabili.
Un recente rapporto di mercato prevede negli Stati Uniti un aumento dei settori di impiego e dell’uso degli Smart and Interactive
Textiles da 64,4 milioni di dollari del 2004 a 299,3 milioni nel 2009
con un incremento annuale del 36%. (figura 1)
Il nuovo settore degli SMIT è nato dall’esigenza di avere dei computer indossabili, cioè dei dispositivi elettronici che possano integrarsi nella vita di tutti i giorni in modo non invasivo, accattivante e
di facile uso. Niente di meglio quindi che associare e integrare i dispositivi con i tessuti che hanno un vasto utilizzo nella vita quotidiana sia livello personale come abbigliamento che a livello ambientale come arredamento e trasporti. Il primo passo è stato la costruzione di computer portatili o dispositivi elettronici montati su
superfici o tessuti, si è poi passati alla produzione di tessuti ibridi
contenenti elementi come ad esempio fibre ottiche, si è poi arrivati alla integrazione dei dispositivi elettronici all’interno del tessuto,
il passo futuro sarà quello di costruire fibre di tessuto che siano esse stesse un dispositivo elettronico. (figura 2).
L’elemento comune degli e-Textiles sono i tessuti in grado di condurre elettricità; queste stoffe contengono fili conduttori posizionati in geoemetria tali da formare piste elettriche e circuiti elettronici. Possono essere prodotti in due modi: mediante la tecnica del
ricamo, o inserendo fili conduttori nella trame del tessuto durante
la tessitura. La tecnica del ricamo (e-Broidery) è stata ampiamente
studiata dalla IBM e dal MIT Media Lab. e consiste nel costruire cir2
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cuiti elettonici con fili conduttori usando normali macchine da ricamo. (figura 3A) La seconda tecnica è meno costosa e consiste nell’introduzione durante la tessitura di micro fili metallici (EHT di Zurigo) o fibre di seta avvolte da una sottilissima lamina metallica (silk
organza, IBM) (figura 3B e 3C).
Presso l’Istituto per lo Studio delle Macromolecole (ISMAC-CNR) di
Milano, in collaborazione con la Stazione Sperimentale per la Seta
di Milano, è stato messo a punto un processo per rendere fibre e
tessuti di seta conduttori di elettricità, ricoprendo le fibre con uno
strato di polimero organico conduttore (figura 4). In precedenza
presso l’ISMAC-CNR di Biella erano stati prodotti tessuti e filati
conduttori con lana e cellulosa.
Esistono vari esempi di capi di vestiario come giacca o T-shirt con
dispositivi elettronici e ottici integrati. Aziende elettroniche, aziende di abbigliamento e gruppi universitari si sono cimentati nella costruzione di giacche musicali con integrati lettori MP3 o sintetizzatori, giacconi alimentati da batterie solari in grado di far funzionare un cellulare, schermi su tessuto, tute, indumenti di lavoro e magliette con displays incorporati. Due esempi tra i tanti: presso il Virginia Tech E-Textiles Laboratory è stato messo a punto un tessuto
elettronico utilizzabile per computer indossabili e per reti di sensori
a larga area (figura 5A); la FabriLEDTM produce striscioni pubblicitari su tessuto a scritte variabile formate da diodi elettroluminescenti. (figura 5B)
Elettronica flessibile
Il conflitto tra la flessibilità dei manufatti tessili e la rigidità dei dispositivi elettronici convenzionali è un fattore da superare prima di
poter avere un’entrata effettiva e massiccia dei tessuti elettronici
sul mercato. Uno dei modi per affrontare questo problema è l’uso
di dispositivi o componenti elettronici flessibili, costruiti con nuovi
materiali e progettati con la cosidetta ‘flexible-skin’ technology.
Dispositivi elettronici flessibili, leggeri, a larga area e a basso costo,
possono essere prodotti usando materiali attivi organici. Displays e
transistors a base organica, sono già presenti sul mercato come
componenti di telefonini e videocamere, ma nel giro di pochi anni
ci si aspetta una forte crescita del loro impiego. L’elettronica organica copre una nicchia di applicazione non molto vasta, rispetto alla tecnologia basata sul silicio, ma le prestazioni di questi dispositivi sono molto specifiche e non ottenibili con i piu tradizionali devices inorganici. Un altro fattore di interesse nei dispositivi organici è
il loro basso costo di produzione, la loro preparazione non richiede
l’uso di costose camere bianche come nella tecnologia del silicio,
ma si usano tecniche economiche come la stampa diretta, la fotolitografia e la stampa a rullo.
I materiali attivi usati in elettronica organica sono per lo più molecole o polimeri coniugati strutturati a livello nanometrico. Questi
materiali organici possono condurre elettricità, assorbire ed emettere luce nello spettro UV-Visibile-NIR, sono foto- o elettrocromici,
ma soprattutto è possibile modulare le loro proprietà elettroottiche
a piacere variando la loro struttura chimica, contrariamente ai semiconduttori inorganici. Presso l’ISMAC-CNR di Milano si progettano e preparano da più di 20 anni materiali organici coniugati con
proprietà elettroniche e fotoniche, e si studia il loro impiego in prototipi di dispositivi quali, diodi elettroluminescenti (LED), celle solari, tansistors e batterie elettriche.
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Due esempi tra i tanti di dispositivi elettronici organici presenti sul
mercato sono i display flessibili e le celle solari a nastro. La DuPont™ Olight® displays usa materiali organici per produrre schermi elettroluminescenti flessibili e non. (figura 6) Una sottile lamina
di materiale organico posta tra due elettrodi e sottoposta ad un
modesto voltaggio (2-10 Volt) emette luce per elettroluminescenza; sovrapponendo materiali che emettono nel rosso, nel verde e
nel blu, si possono costruire schermi piatti, a basso costo, a basso
consumo e flessibili. Gli schermi organici hanno buon contrasto, risposta più veloce dei displays LCD e possono essere fabbricati su
substrato plastico con la tecnica roll-to-roll.
Un altro esempio di dispositivo fotovoltaico organico è dato dalla
Konarka Power PlasticTM che fabbrica celle solari a nastro. Questa
applicazione dell’ elettronica organica è stata prima studiata per
impieghi militari, ed ora puo essere usata in ambienti più convenzionali di uso quotidiano. (figura 7) Le celle fotovoltaiche a nastro
hanno come materiale attivo un composito organico formato da
un materiale elettron-donatore e da un materiale elettron-attrattore tra cui avviene un trasferimento di carica fotoindotto. Le celle
solari organiche hanno efficienze poco più basse rispetto alle celle
di silicio amorfo, ma hanno costi notevolmente inferiori e grande
versatilità di utilizzo. Infatti vengono costruite con differenti patterns a seconda del loro impiego in campo militare o nelle edilizia.
Recentemente la Konarka ha iniziato una collaborazione con Ecole
Polytechnique Fédérale di Losanna per lo sviluppo di tessuti fotovoltaici.
Transistor oganici a fibra
Una nuova frontiera per il tessile elettronico è la preparazione di dispositivi a singola fibra. Il tessuto diventa così un network complesso di dispositivi interconnessi che possono operare in modo coordinato e in grado di tollerare errori di sistema. Esistono ancora pochi
esempi di dispositivi ottici o elettronici a filo come diodi eleettroluminescenti e transistors. Recentemente è stato preparato un transistors organico a forma di fibra in cui i singoli componenti del dispositivo vengono assemblati durante la tessitura. (figura 8) Questo dispositivo, prodotto dal Dep. Electrical Engineering dell’ Università della California, è l’unico esempio di transistors preparato
non con la litografia ma con la tessitura.
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I tessuti elettronici stanno diventando anche in Italia un settore di
applicazione avanzato delle nanotecnologie, esse vengono utilizzate nella progettazione dei materiali e produrazione dei prototipi
da chimici, fisici e ingegneri, e trovano poi un impiego concreto
anche ad opera di esperti del settore tessile, del design e della moda.
2004
Military
2,3%
Biomedical
1,2%
Computing
3,1%
Consumer products
93,4%
2009
Computing
1,4%
Vehicle safety
and comfort
18,0%
Logistics
and supply
chain management
0,3%
Consumer products
40,8%
Homeland
defense/public
safety
5,0%
Biomedical
22,1%
Military
8,5%
Other
3,7%
Figura 1. Settori di applicazione degli Smart and Interactive Textiles del
mercato degli Stati Uniti, anni 2004 e 2009
Figura 2. Sviluppo dell’integrazione tra dispositivi elettronici e tessuti
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Figure 3. Tessuti elettronici preparati con tecnica di ricamo (A), o mediante
tessitura di fili conduttori nella trama (B e C).
Figura 4. Fibre di seta ricoperte da un polimero coniugato conduttore
di elettricità
Figura 5. A: e-Textiles svilippato all’Università della Virginia, e B: striscione a
scritte variabili della FabriLEDTM
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Figura 6. Display organici elettroluminescenti della DuPont™ Olight®
fabbricati con tecnica roll-to-roll.
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Bibliografia
- D. Meoli et al., JTATM, Vol 2, Issue 2, 2002;
http://www.tx.ncsu.edu/jtatm/volume2issue2/articles/meoli/meoli_full.pdf
- E. R. Post et. Al, IBM Systems Journal,Volume 39, Numbers 3 & 4, 2000
http://www.research.ibm.com/journal/sj/393/part3/post.html
- Wearable Computing Lab., ETH Zurigo,
http://www.wearable.ethz.ch/textiles.0.html
- S. Wagner et al., Int. J. High Elect. Syst., vol. 12 (2), 391, 2002
- Virginia Tech E-Textiles Laboratory, http://www.ccm.ece.vt.edu/etextiles
- P. Gould, Material Today, vol. 6 (10, 38, 2003)
- J.B.Lee et al., IEEE Transition on Electron Devices, 52, 269, 2005
Contatti
M. Catellani, ISMAC-CNR
Via Bassini 15, 20133 Milano
[email protected]
Figura 7. Celle solari organiche a nastro Konarka Power PlasticTM integrabili
su tessuti.
Figura 8. Schema di un transistors organico a fibra prodotto per tessitura. (a)
Un filo che funge da gate viene ricoperto con un dielettrico e il materiale
organico semiconduttore; (b) le piattaforme di source e drain sono formate
sopra le fibre; (c) i contatti elettrici sono fatti con fili tessuti trasversalmente.
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Tecniche avanzate di indagine
per le micro- e nano-tecnologie:
potenzialità e possibili
applicazioni al settore tessile
P. Mandracci, C. Ricciardi, F. Pirri
Laboratorio Materiali e Microsistemi (ChiLab), Politecnico di Torino
Introduzione
a ricerca nel settore delle microtecnologie è ormai giunta ad un
notevole grado di maturazione, consentendo l’esportazione dei
processi di miniaturizzazione da quelle applicazioni industriali da
sempre considerate di alto contenuto tecnologico, come la microelettronica e la optoelettronica, verso applicazioni tradizionalmente più lontane dalle tecnologie avanzate e più resistenti all’innovazione. Il processo di riduzione di scala nelle dimensioni dei dispositivi tecnologici è tuttora in continua evoluzione, grazie soprattutto alla spinta fornita dai requisiti sempre più stringenti di
miniaturizzazione dei dispositivi microelettronici. Questa tendenza
è stata ed è tuttora un potente stimolo alla realizzazione di sistemi
di processo e di analisi sempre più raffinati, in grado di gestire, collocare e misurare quantità sempre più piccole di materia fino a
trattare singole molecole e singoli atomi; attuando così il passaggio progressivo dalla scala micrometrica verso quella nanometrica.
Una percentuale consistente del mondo dei nanosistemi è rappresentata da dispositivi in cui si impiegano le tecnologie derivanti
dalla microelettronica, spinte sino alla scala nanometrica, per ottenere funzionalità elettroniche, ottiche, fluidiche, meccaniche integrate, da applicarsi a campi diversissimi che vanno dalla microelettronica, alle telecomunicazioni, alla sensoristiica, al tessile, al monitoraggio ambientale e biologico. In tutte queste applicazioni il dispositivo può avere più ruoli:
• quello di estrarre informazione dal sistema a cui si applica per
attività di indagine o di controllo;
• quello di ridurre a scala micrometrica e/o sub-micrometrica
funzionalità del macrocosmo;
• quello di ottenere nuove funzionalità non esistenti su scala
macroscopica.
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E’ inoltre possibile realizzare materiali intelligenti (funzionalizzati)
spesso sfruttando le capacità di auto-organizzazione della materia.
L’obiettivo base in questo caso consiste nel cercare di imitare la natura nella sua capacità di costruire, partendo da piccoli elementi
costituenti per ottenere oggetti più grandi.
Ancor più delle microtecnologie, le nanotecnologie richiedono sinergie tra molte e differenti discipline scientifiche e tecnologiche,
spesso difficili da attuare. Molto del successo futuro si basa proprio
sulla fertilizzazione incrociata di diversi rami della ricerca pura ed
applicata, sul lavoro di squadra tra diversi specialisti volto a trovare
nuove applicazioni e alla realizzazione di prodotti innovativi.
Le nanotecnologie offrono dunque la possibilità di concorrere ad
un salto radicale e a lungo termine diverranno pervasive coprendo
campi che spaziano dalla meccanica all’elettronica, dal tessile alla
farmaceutica, alla biologia e all’energetica. In particolare, nel set6
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tore tessile mostrano importanti potenzialità quali: funzionalizzazione delle superfici tessili (fibre, fili, tessuti), creazione di nuove fibre tessili, inserimento nei materiali tessili di nuove
funzionalità/proprietà, possibilità di inserire nei tessuti/capi di abbigliamento nanosistemi per avere una interazione corpo/ambiente
esterno ingegnerizzabile.
Per la corretta applicazione dei processi nanotecnologici in qualsiasi campo industriale, è necessario l’utilizzo di tecniche di indagine
che siano in grado di rilevare gli effetti fisici, chimici e strutturali
prodotti dall’applicazione di particelle nanometriche a diversi tipi
di materiali, oppure dalla loro modificazione superficiale a livello
nanometrico. In particolare nel settore tessile è necessario disporre
di tecniche nanometriche di analisi non distruttiva, che possano
operare con facilità su di una vasta gamma di materiali sia organici
che inorganici, consentendo lo studio sistematico delle modificazioni superficiali e di volume che possono essere applicate a fibre e
tessuti attraverso l’uso di nanotecnologie. Molte di queste tecniche di indagine possono inoltre essere modificate per diventare
potenti strumenti di modificazione nanometrica delle superfici. In
questo articolo verranno quindi presentate alcune delle più importanti tecniche di caratterizzazione nanometrica in uso presso il Laboratorio Materiali e Microsistemi del Politecnico di Torino, dando
una descrizione delle loro potenzialità in generale e nell’ambito
specifico dell’applicazione delle nanotecnologie al settore tessile.
Microscopia elettronica con sorgenti ad effetto di campo
La microscopia elettronica a scansione (Scanning Eelectron Microscopy, SEM) è una tecnica di analisi superficiale ormai ben conosciuta, il cui utilizzo è oggi abituale in molti campi scientifici e industriali. La tecnica si basa sull’utilizzo di un fascio collimato di elettroni, che viene inviato sul campione, effettuando una scansione
punto per punto sulla sua superficie: nel punto dove il campione è
investito dal fascio, questo interagisce con la superficie, dando luogo ad una serie di effetti, tra cui retrodiffusione di elettroni ed
emissione di elettroni secondari. Gli elettroni emessi dalla superficie vengono raccolti da un rivelatore in sicronia con lo spostamento del fascio sulla stessa: l’intensità del segnale raccolto dal rivelatore quando il fascio incide su un punto della superficie fornisce
l’intensità di illuminazione del corrispondente pixel sullo schermo,
permettendo la ricostruzione dell’immagine.
Figura 1: Schema di funzionamento di un microscopio SEM.
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Uno dei principali vantaggi della tecnica SEM rispetto alle tecniche
di microsopia ottica consiste nella possibilità di ottenere immagini
nitide di oggetti estremamaente piccoli, ovvero di dimensioni molto inferiori al micrometro; infatti l’utilizzo di radiazione luminosa è
limitato dal cosiddetto limite di diffrazione, per cui le minime dimensioni che un oggetto deve possedere, affinchè possa essere risolto con sufficiente nitidezza sono legate alla lunghezza d’onda
della radiazione utilizzata. Nel caso della normale microscopia ottica con luce visibile questo limite è collocato intorno al micrometro
oppure, nelle migliori condizioni possibili e utilizzando tecniche di
miscroscopia confocale, intorno a diverse centinaia di nanometri,
rendendo questa tecnica poco adatta allo studio sistemi nanotecnologici, dove è necessario vedere ed identificare oggetti di dimensioni di poche decine di nanometri o anche inferiori.
L’utilizzo del SEM è molto diffuso nell’ambito delle nanoscienze e
nanotecnologie, tuttavia esistono alcune importanti limitazioni, legate all’utilizzo di particelle cariche (elettroni) come sonda per l’analisi del materiale ed alla necessità di operare in vuoto o quantomeno a pressione ridotta. Una delle limitazioni della tecnica SEM
riguarda la possibilità di osservazione di materiali scarsamente conduttivi: infatti in questo caso gli elettroni possono accumularsi sulla superficie o nel volume del campione, caricandolo elettrostaticamente e creando quindi un campo elettrico che tende a repellere il
fascio, causando un degrado della qualità dell’immagine e riducendo notevolmente le possibilità di ingrandimento. Per ovviare a
questo problema è necessaria una preparazione specifica del campione prima della misura, che consiste nel ricoprmiento con film
sottili conduttivi (di solito Au, C o Al). Questa preparazione presenta lo svantaggio di modificare in modo permanente la superficie
del campione, rendendo problematica l’esecuzione di ulteriori processi o caratterizzazioni successive all’analisi SEM. Inoltre lo strato
metallico depositato, per quanto sottile, ha uno spessore dell’ordine di alcuni nanometri almeno; pertanto può alterare la superifice
del campione e interferire con la sua morfologia se questa presenta caratteristiche di dimensioni nanometriche, come avviene nel
caso di presenza di nanoparticelle o nanostrutture.
Uno degli sviluppi della tecnica SEM nel periodo recente è legato al
perfezionamento delle sorgenti di elettroni: sotto questo aspetto
l’evoluzione delle tecnologia nella produzione di sorgenti ad effetto di campo (Field Effect – Scanning Electron Microscopy, FE-SEM)
ha permesso di incrementare notevolmente la brillanza del fascio e
quindi aumentare l’intensità del flusso di elettroni che incide sulla
superficie. Grazie alle nuove sorgenti i moderni microscopi sono
arrivati a una risoluzione dell’ordine del singolo nanometro, rendendo possibile l’osservazione dei dettagli di particelle nanometriche e nanostrutture. Altro aspetto importante portato dallo sviluppo della tecnologia FE-SEM è la possibilità di osservare in dettaglio
anche materiali non conduttivi, senza dover ricorrere a preparazioni specifiche per metallizzare la superficie.
I moderni FE-SEM permettono quindi sia l’osservazione dettagliata
di strutture nanometriche che lo studio della morfologia superficiale di materiali non conduttivi: queste caratteristiche rendono
quindi questa tecnica un prezioso strumento nelle applicazioni delle nanotecnologie al tessile, dove i materiali da osservare presentano spesso caratteristiche di bassa conducibilità elettrica e dove le
tecnologie innovative prevedono ampio utilizzo della dispersione
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di nanoparticelle sulla superficie o nel volume delle fibre tessili oppure la modificazione a livello nanometrico della loro morfologia
superficiale.
Microscopia a forza atomica
La microscopia a forza atomica (Atomic Force Microscopy, AFM) è
una tecnica di misura sviluppata negli anni ‘80 e appartiene alla
classe delle microscopie a scansione di punta (Scannig Probe Microscopy, SPM), che comprende anche la microscopia a effetto
tunnel (Scanning Tunnel Microscopy, STM) e la microscopia ottica
a campo prossimo, della quale parleremo nel prossimo paragrafo.
Il principio di base di questo tipo di caratterizzazione consiste nell’utilizzo di una punta estremamente sottile, avente lunghezza di
alcuni micrometri e dimensioni laterali spesso inferiori alla decina
di nanometri, che viene fissata all’estremo di un cantilever, ossia
un “braccio” avente dimensioni di alcune centinaia di micrometri,
che può flettersi se sottoposto a forze di piccola entità.
Figura 2: Schema di funzionamento di un microscopio AFM.
Per poter rilevare piccolissime oscillazioni del cantilever viene realizzata una zona riflettente sulla superficie opposta alla punta e su
di essa viene indirizzato un fascio laser: piccole oscillazioni del cantilever vengono quindi rivelate dallo spostamento del fascio su un
sensore di posizione.
Il campione viene fatto scorrere sotto la punta (oppure la punta sopra il campione) attraverso una serie di attuatori piezoelettrici;
mentre la distanza tra la punta e la superificie del campione è mantenuta a valori di pochi nanometri o qualche frazione di nanometro. In queste condizioni la punta interagisce con la superficie attraverso forze molto deboli, di tipo Van der Waals. Esistono diverse
configurazioni di misura, che possono prevedere una scansione
mantenendo costante la distanza tra punta e superficie e rilevanto
l’intensità dell’interazione, oppure imponendo un valore della forza e rilevando la distanza tra punta e superficie necessaria per ottenerlo.
Il principale utilizzo dell’AFM è lo studio della morfologia superficiale di materiali sia conduttivi che isolanti con risoluzioni laterali,
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in condizioni ottimali, di pochi nanometri e verticali di centesimi di
nanometro. Il vantaggio rispetto alla microscopia elettronica è la
possibilità di ottenere una informazione completamente tridimensionale sulla superficie del campione, evidenziando le caratteristiche morfologiche a livello nanometrico. Inoltre la misura è non distruttiva e può essere effettuata in aria, senza necessità di metallizzazioni o pretrattamenti particolari. Questo tipo di analisi morfologica è quindi particolarmente adatta allo studio delle modificazioni
superficiali che possono essere indotte sulla superficie delle fibre
tessili attraverso trattamenti nanotecnologici.
tare lesiva a causa della interazione tra punta e superficie. Questa
tecnica è quindi potenzialmente adatta all’analisi morfologica di
superfici tessili che siano state modificate superficialmente con
metodi nanotecnologici, oppure su cui siano depositate particelle
nanometriche e fornisce informazioni complemetnari rispetto a
quelle ottenibili attraverso l’AFM. Le tecniche AFM e SNOM possono essere inglobate nello stesso apparato, consentendo una analisi della superficie molto ricca di informazioni.
Figura 3: Immagine AFM della superficie di un capello.
Microscopia ottica a scansione a campo prossimo
Si tratta di un’altro tipo di microscopia a scansione di punta (Scanning Near-field Optical Microscopy, SNOM), basata sull’utilizzo di
radiazione luminosa come sonda per ottenere informazioni sulla
superficie del materiale. E’ la più recente tra le tecniche di analisi
che presentiamo in questo articolo ed è basata sull’utilizzo dell’effetto di campo prossimo per superare il limite di diffrazione della
luce, di cui abbiamo già parlato nel paragrafo sulla microscopia
elettronica. L’immagine della superficie che si ottiene con uno
SNOM è sempre ottica, ma non viene ottenuta attraverso una serie
di lenti, come nella microscopia tradizionale; bensì attraverso la
scansione punto per punto della superficie del campione. Un fascio di luce monocromatica viene fatto uscire da un foro di dimensioni molto piccole, minori della lunghezza d’onda della radiazione
utilizzata: in queste condizioni dal foro si ha la trasmissione di
un’onda evanescente, la cui intensità decade rapidamente allontanandosi dal foro stesso. Il foro è spesso scavato sulla parte terminale di una punta del tipo utilizzato per misure AFM, oppure ottenuto da una fibra ottica, al termine della quale viene formato uno
strato riflettente con un foro centrale di dimensioni nanometriche.
Se il foro è collocato a distanza nanometrica dalla superficie, questa può essere investita dall’onda evanescente ed interagire con
essa. Il segnale riflesso o trasmesso dalla superficie (a seconda del
modo operativo utilizzato) può venire quindi raccolto e la sua intensità registrata. La risoluzione laterale ottenibile dipende dalle
dimensioni del foro, solitamente da alcune decine fino ad un centinaio di nanometri.
Uno dei vantaggi dello SNOM è che permette di osservare, con risoluzione laterale nanometrica, strutture la cui morfologia è legata
a differenze nelle proprietà ottiche del materiale, come l’indice di
rifrazione. Anche questa tecnica non prevede la necessità di preparazioni particolari del campione, come metallizzazioni o ricoprimenti e può essere effettuata in atmosfera; inoltre è facilmente
utilizzabile anche su campioni per i quali la tecnica AFM può risul8
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Figura 4: Schema di funzionamento di un micorscopio SNOM.
Contatti
Pietro Mandracci
Politecnico di Torino - Dipartimento di Fisica
corso Duca degli Abruzzi 24, 10129 Torino
[email protected]
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Funzionalizzazione di fibre
cellulosiche attraverso la
additivazione di cariche
inorganiche nanodisperse
E. Manteroa, G. Caminoa, A. Frachea, E. Marsanob, A. Seghizzic
a Centro di Cultura per l’Ingegneria delle Materie Plastiche, Politecnico di
Torino sez. di Alessandria
b Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, Università di Genova
c BembergCell S.p.A., Magenta (MI)
Introduzione
uesto lavoro di ricerca nasce dalla collaborazione tra BembergCell S.p.A. e il Politecnico di Torino (sede di Alessandria)
con la partecipazione dell’Università di Genova.
BembergCell è un gruppo tessile italiano che nasce dalla integrazione di tre aziende produttrici di fibre cellulosiche continue. L’azienda rappresenta l’unico Polo cellulosico al mondo a possedere il
know-how per produrre tre tipologie di fibre cellulosiche artificiali
attraverso distinti processi (Tab.1) per tecnologie applicate e tipologie di prodotti ottenuti.
Q
Tab. 1: Processi BembergCell S.p.A.
Fig.1: Immagini al microscopio elettronico delle tre tipologie di fibre
BembergCell.
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La capacità complessiva degli impianti è di ca. 21500 tons/anno
con un fatturato totale di circa 110 milioni.
Attraverso la ricerca e l’innovazione BembergCell persegue una
politica di differenziazione per difendere la propria quota nel mercato tradizionale europeo del Tessile/Abbigliamento, invaso da importazioni di prodotti a basso costo provenienti dal sud-est asiatico. La ricerca di base rappresenta per il gruppo una sfida necessaria per cogliere opportunità di inserimento in settori applicativi diversi da quelli tradizionali.
Da questi presupposti nasce la collaborazione con il Politecnico di
Torino finalizzata a due sviluppi tecnici: miglioramento delle proprietà prestazionali delle fibre (filabilità, tenacità, allungamento,
resilienza, lavabilità) e funzionalizzazione (idrorepellenza, conduttività, antifiamma, antibatterico, termoregolazione) delle stesse.
Una delle possibili strade di innovazione delle fibre cellulosiche è
l’aggiunta di additivi alle soluzioni polimeriche, in particolare nanocariche, cioè cariche inorganiche che hanno almeno una dimensione nanometrica (1-100 nm).
Lo sviluppo delle nanotecnologie, infatti, ha avuto una fortissima
spinta negli ultimi anni e l’interesse della ricerca è concentrato su
di esse perché i materiali nanocompositi presentano caratteristiche
fisiche e meccaniche molto interessanti: innalzamento del modulo
elastico, diminuzione del coefficiente di espansione termica, riduzione della permeabilità ai gas, aumentata resistenza ai solventi e
all’abrasione, abbassamento della velocità di rilascio del calore di
combustione, proprietà di ritardanti alla fiamma, modifica della
degradazione termica, delle proprietà elettriche ed ottiche del materiale, etc. Inoltre la percentuale di additivazione alla matrice polimerica è bassa (5% w/w). [1], [2], [3], [4]
Le dimensioni degli additivi e la bassa percentuale di additivazione
potrebbero, quindi, favorire l’inclusione delle nanocariche all’interno delle fibre utilizzando un approccio del tutto simile a quello relativo ai materiali microcompositi tradizionali.
Materiali nanocompositi polimerici
Le cariche inorganiche, commercialmente disponibili, possono essere di tre tipi a seconda del numero di dimensioni nanometriche
(Fig.2).
Altre tipi di nanocariche sono: idrossidi misti di alluminio e magnesio (Idrotalciti, Fig. 3a), idrossidi acidi di alluminio (Bohemiti, Fig.
3b) e argille di tipo aghiforme (Sepioliti, Fig. 3c).
1 E.P. Giannelis Applied Organometallic Chemistry 12 (10-11) 675-680,
1998
2 M. Zanetti, S. Lomakin, G. Camino Macromolecular Materials and
Engineering 279 (1), 1-9, 2000
3 M. Alexandre, P. Dobois Materials Science and Enggineering, 28, 1-63,
2002
4 G. Kickelbick Progress inPolymer Science, 8 (1), 83-114, 2003
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Fig. 2:Tipi di nanocarica.
Fig.3: 3a) Idrotalciti; 3b) Bohemiti; 3c) Sepioliti.
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In particolare, sono state indagate le cariche con struttura lamellare (1D). Si tratta di fillosilicati lamellari in cui la distanza tra le lamelle può essere aumentata grazie alla presenza di compatibilizzanti.
L’utilizzo di cariche organicamente modificate ha alcuni vantaggi:
- Aumento della distanza interlamellare
- Organofilicità delle gallerie
- Affinità con la matrice polimerica
Dall’unione di polimero e silicati lamellari (Fig. 4) si possono ottenere tre tipi di morfologie di composito: fasi separate di polimero e
carica (microcomposito), inserzione del polimero tra le lamelle della carica (nanocomposito intercalato) e completa esfoliazione delle
lamelle nella matrice polimerica (nanocomposito esfoliato).
L’analisi di diffrazione dei raggi X consente di identificare strutture
intercalate o esfoliate. Infatti, secondo la legge di Bragg (λ=2d
senθ dove λ è la lunghezza d’onda della radiazione utilizzata, θ è
l’angolo di diffrazione e d è lo spazio tra i piani di diffrazione del
reticolo cristallino) è possibile relazionare l’angolo di diffrazione alla distanza interlamellare.
Nel caso di strutture intercalate si ha uno spostamento del picco di
diffrazione a più bassi angoli mentre nel caso di strutture esfoliate
si ottiene addirittura una scomparsa del picco di diffrazione a causa dell’elevata distanza interlamellare e/o della scomparsa totale
dell’ordine cristallino.
Fig. 4: Polimero, cariche lamellari e analisi di diffrazione dei raggi X.
Fig.5: Processo .
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Nanocariche e fibre cellulosiche
Il lavoro sperimentale si sta svolgendo sulla fibra di acetato di cellulosa [5] che ha caratteristiche peculiari, come qualità e aspetto serico, e trova grande impiego nell’abbigliamento e in particolare nel
settore della moda.
Il Processo Acetato (Fig. 5) è un processo di filatura a secco che utilizza come materia prima il diacetato di cellulosa in flake. Esso viene dissolto in acetone per ottenere la soluzione di filatura (dope).
In questa prima fase di dissoluzione del flake si possono inserire le
nanocariche.
Fattore di rigonfiamento:
S = (Vs – Vc)
Vc
Fig.6: Prove di rigonfiamento di carica in solvente6.
12
Inoltre, sono state fatte analisi di diffrattometria dei raggi X sulle
cariche dopo le prove di rigonfiamento ed è stato verificato un ordinamento ulteriore della struttura lamellare senza ottenere però
intercalazione o esfoliazione.
Le soluzioni di acetato di cellulosa (dope) secondo la metodica
BembergCell sono state preparate all’interno di un miscelatore
(Fig. 7). La carica è stata dispersa in modi differenti nelle soluzioni
preparate:
dispersione della carica nel dope
dispersione della carica in acetone
dispersione della carica in acqua
Inoltre in alcuni casi sono state effettuate delle premiscelazioni della carica in acqua o in acetone utilizzando:
bagno ad ultrasuoni
sonda ad ultrasuoni
Dalle soluzioni di acetato di cellulosa sono stati ottenuti film per
evaporazione del solvente ed è stata effettuata caratterizzazione:
Morfologica (Microscopio elettronico, Diffrazione dei raggi X)
Termica (Analisi termogravimetrica)
Al momento sono state preparate soluzioni utilizzando:
cariche con diversi modificanti organici
plastificanti per facilitare la dispersione e avere effetti positivi sulle
proprietà meccaniche soprattutto per quel che riguarda l’allungamento a rottura.
La dispersione delle cariche risulta omogenea ma non è ancora ottimale infatti si formano agglomerati micrometrici di carica di dimensioni <6 µm.
E’ necessario però studiare la compatibilità delle cariche con il solvente (acetone) in modo da verificarne la dispersione. Sono state
così effettuate prove di rigonfiamento su diverse cariche per valutare lo il fattore di rigonfiamento o free swelling (S) della carica in
acetone. Esso è un fattore macroscopico che può essere spiegato
dalla natura delle interazioni tra il solvente e le lamelle.
Nonostante ciò sono state effettuate prove di filatura preliminari
su un piccolo impianto presente al Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Genova, per verificare su piccola
scala la filabilità delle soluzioni polimeriche.
Fig. 7: Miscelatore per la preparazione delle soluzioni di acetato di cellulosa
5 P. Rustemeyer Cellulose Acetates: Properties and Applications,
Macromolecular Symposia, Wiley-VCH
6 Burgentzlè, Duchet, Gerard, Jupin, Fillon Journal of Colloid and Interface
Science 278, 26-39, 2004
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Conclusioni e sviluppi futuri
Le potenzialità delle nanotecnologie nel settore tessile sono elevatissime e attualmente sono in fase iniziale di studio. Lo sviluppo di
prodotti e processi altamente innovativi sembra attualmente essere uno degli elementi essenziali per operare con successo in un
mercato sempre più globale e competitivo. Le nanotecnologie possono essere un’arma fondamentale per raggiungere questo traguardo e il lavoro di ricerca qui presentato, si inserisce perfettamente in questa prospettiva, grazie soprattutto alla collaborazione
con realtà industriali consolidate come la BembergCell S.p.A.
Il lavoro di ricerca fin qui svolto ci porta ad affermare che:
Prove preliminari di additivazione di nanocariche alle soluzioni di
acetato di cellulosa, nonostante la dispersione ancora micrometrica, mostrano una ottima filabilità che presumibilmente sarà mantenuta con una dispersione nanometrica.
Con l’ottimizzazione della dispersione si dovrebbero conferire alla
fibra le proprietà peculiari dei materiali nanocompositi come l’innalzamento del modulo elastico, la riduzione della permeabilità ai
gas, le proprietà di ritardanti alla fiamma, la modifica della degradazione termica del materiale.
Contatti
Elisa Mantero
Centro di Cultura per l’Ingegneria delle Materie Plastiche - c/o Politecnico di
Torino, sede di Alessandria
Viale T. Michel, 5 -15100 Alessandria
Tel. 0131 229 350
[email protected], www.cdcmp.it
Fig. 8: Immagine al microscopio ottico di fibra di acetato di cellulosa caricata.
Andrea Seghizzi
BembergCell S.p.A.
V.le Piemonte, 66 - 20013 Magenta (MI)
Tel. 02 97962 308
[email protected], www.bembergcell.com
Gli agglomerati, inoltre, sono superficiali e hanno dimensioni di
pochi µm. (Fig. 9).
Fig. 9: Immagine al microscopio elettronico di fibra di acetato di cellulosa caricata.
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Applicazioni industriali del
trattamento a plasma freddo
ai tessuti
Paolo Canonico, M&H srl - Plasmaterial, Varese
I
tessuti trattati al plasma sono oggi una realtà. La ricerca e l’innovazione tecnologica hanno infatti consentito la messa a punto del
rivoluzionario trattamento tessile Plasmaterial, che applica il plasma ai materiali tessili, agendo a livello nanometrico.
Protagonista di questo importante risultato M&H Srl, prima società
a livello mondiale in grado di fornire il trattamento al plasma su
scala industriale. M&H srl è una società della Mascioni SPA, da anni presenza significativa nel settore tessile.
Il trattamento al plasma
Il trattamento al plasma è un processo a basso impatto ambientale
in grado di modificare, a livello nanometrico, le caratteristiche di
superficie dei tessuti.
Viene effettuato in una camera sotto vuoto dove, per effetto di un
campo elettromagnetico, un gas (aria, azoto, ossigeno, anidride
carbonica, argon, elio, ecc.) si trasforma in un plasma caratterizzato da temperature di esercizio non superiori a 60°C.
La bassa temperatura del plasma sotto vuoto, che per tale motivo
viene anche denominato plasma freddo, consente una prolungata
esposizione dei materiali al trattamento senza danneggiarli, permettendo una più intensa, efficace e duratura azione di modifica
superficiale rispetto a quanto ottenibile mediante altri trattamenti,
quali il corona ed il plasma atmosferico.
Il plasma, definito come il 4° stato della materia, costituito da ioni,
elettroni, radiazioni UV, radicali liberi, agisce sulla superficie dei
materiali da trattare, rimuovendo i contaminanti organici presenti
su di essa e modificandone, permanentemente ed in modo naturale, la struttura chimica e fisica.
In pratica, per effetto dell’energia fornita dal campo elettromagnetico il gas diventa plasma, dissociandosi in diverse specie molecolari ed atomiche fortemente eccitate, che vanno a colpire la superficie con grande energia, modificandola, limitatamente ai primi strati molecolari (< 100 nm), sia fisicamente, con un conseguente aumento del valore di rugosità, che chimicamente, mediante l’inserimento di nuovi gruppi funzionali nella struttura chimica.
superficie non trattata
superficie dopo il trattamento al plasma
L’applicazione industriale della tecnologia del plasma freddo ai tessuti, può risultare di importanza vitale per lo sviluppo del settore,
sfruttando la capacità del processo di modificare in maniera otti14
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male la superficie di un tessuto in modo tale da conferire ad esso
proprietà particolari e diverse a seconda delle esigenze specifiche.
Tale trattamento può essere applicato a qualsiasi tessuto (lana, seta, cotone, poliestere, poliammide, kevlar, vetro, ecc.) senza che le
sue proprietà meccaniche (resistenza, elasticità, ecc.) vengano alterate.
I vantaggi del trattamento a plasma freddo
E’ possibile modificare la superficie dei tessuti in funzione degli
obiettivi desiderati, utilizzando i gas e le condizioni di trattamento
più appropriate, per svariati campi applicativi, quali tessuti di protezione, abbigliamento, filtrazione, compositi, medicale, nastri trasportatori, ecc.
Il trattamento al plasma è in grado di rendere immediatamente
bagnabili tessuti, tessuti non tessuti, film, membrane, ecc., che
per natura non lo sono (poliestere, kevlar, polietilene, polipropilene, lana, ecc.) e che pertanto inducono all’utilizzo di fastidiosi
agenti chimici e/o processi di lavorazione complessi.
E’ enorme l’aumento dell’adesione del tessuto trattato con i prodotti di spalmatura, impregnazione, laminazione, coagulazione,
ecc.
Ciò comporta, da un lato, il miglioramento delle proprietà meccaniche del prodotto finale (taglio interlaminare, resistenza al peeling, ecc.) e, dall’altro, il raggiungimento di valori di resistenza ai
lavaggi, all’usura ed all’abrasione, mai raggiunti finora.
Caratteristiche di idro/oleorepellenza, antifiamma, stain release,
antistaticità, sono ottenibili senza l’uso di prodotti a base solvente
o imbibenti convenzionali e facendo uso di ridotti quantitativi degli
ausiliari chimici normalmente utilizzati.
L’antinfeltrimento e la stabilità dimensionale dei tessuti in lana, la
maggiore resa tintoriale per le fibre naturali, la maggiore solidità
dei colori, la migliore qualità di stampa, sono altre caratteristiche
ottenibili con il trattamento Plasmaterial, che, in definitiva, consente di realizzare prodotti di più elevata qualità e/o processi di lavorazione più semplici e meno costosi.
L’impatto ambientale
Il processo del trattamento al plasma è un processo a secco, che
non fa uso di acqua se non per il raffreddamento di elettrodi, pompe da vuoto e generatore, che pertanto rimane pulita e può essere
riciclata.
E’ questo un elemento di importante distinzione del trattamento al
plasma nei confronti delle ordinarie tecnologie in uso nel tessile,
che invece sono sempre basate su elevati consumi di acqua.
Preparare i tessuti con il trattamento al plasma significa dotare la
superficie dei materiali trattati di caratteristiche chimico-fisiche tali
da ridurre in modo significativo ed, il più delle volte, da eliminare
completamente l’uso di solventi utilizzati di solito nei processi di lavorazione successivi. Ad esempio nel caso dell’accoppiatura tra
tessuti, film o membrane non è più necessario l’uso di adesivi contenenti solventi, ma è possibile raggiungere elevate o addirittura
superiori caratteristiche di adesione anche con l’uso di adesivi all’acqua.
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Inoltre, anche se non ricondizionato, il tessuto pretrattato con plasma mostra elevati valori di spray test, e quindi di idrorepellenza,
per un numero elevato di lavaggi, a differenza di quanto ottenibile
con il finissaggio convenzionale, come evidenziato in figura 2.
Finissaggi speciali
Il finissaggio dei tessuti nei settori dell’abbigliamento sportivo, da
lavoro e di protezione, mediante il quale si ottengono tessuti con
caratteristiche tecniche a più alte prestazioni (antimacchia, stain
release, antifiamma, antistatici, antibatterici, ecc.), è un’applicazione in cui il trattamento al plasma contraddistingue in modo rilevante la qualità e le prestazioni del prodotto finito.
Con tale trattamento si prepara la superficie del tessuto prima di
effettuare il finissaggio mediante i processi di lavorazione ordinari
in modo da amplificarne effetti e proprietà.
La modifica fisico/chimica della superficie del tessuto indotta dal
plasma, da un lato, aumenta in modo significativo il livello di idrofilia delle fibre, che consente l’ottenimento di un’impregnazione
estremamente uniforme del prodotto chimico di finissaggio, e,
dall’altro, genera l’attivazione superficiale, dovuta all’inserimento
di nuovi gruppi chimici, dotati di elevata polarità, nei primi strati
molecolari del tessuto, che fornisce un livello di adesione straordinario del prodotto applicato, a causa della creazione di legami di
tipo chimico, quindi più forti e resistenti, con la superficie del tessuto.
Ciò vale qualunque sia il prodotto chimico di finissaggio applicato
e per qualsiasi tipo di fibra, sia essa naturale (seta, lana, cotone),
sintetica (poliestere, poliammide, aramidica), artificiale (viscosa,
cupro) o mista.
La maggiore adesione dei prodotti chimici applicati su un tessuto
trattato a plasma freddo garantisce conseguentemente una maggiore resistenza ai lavaggi, all’usura ed un prolungato mantenimento delle caratteristiche del prodotto realizzato, come illustrato
nella figura 1.
E’ facile constatare che, anche dopo 50 lavaggi, il tessuto di poliestere, pretrattato con plasma, conserva perfettamente le caratteristiche di idrorepellenza iniziali (misurate con il metodo dello “spray
test”), tra l’altro con una concentrazione ridotta del prodotto chimico di finissaggio, a differenza di quanto riscontrabile con lo stesso tessuto non trattato.
Comfort
Con il trattamento a plasma freddo è possibile conferire ai tessuti,
per applicazioni sportive e non solo, ottime caratteristiche di idrofila, trasporto umidità, traspirabilità e velocità di asciugatura. Ciò
consente, senza far uso di alcun prodotto chimico, il raggiungimento di un livello di comfort eccezionale; ciò assicura l’assenza di
qualsiasi forma di intolleranza o tossicità, che talvolta si manifesta
per il contatto delle sostanze chimiche presenti sul tessuto e la pelle del corpo.
Il tessuto ideale per applicazioni sportive, in particolare, e per quei
tessuti che hanno un contatto prolungato con la pelle, in generale,
è un tessuto dotato di buona idrofilia ed bassa igroscopia, in modo
che l’umidità o il sudore proveniente dal corpo possano essere
“naturalmente” raccolti dalla superficie del tessuto e trasportati in
modo efficace all’esterno, senza che si verifichi alcun assorbimento
all’interno delle fibre.
Ciò consentirebbe di eliminare la fastidiosa sensazione di bagnato
sulla pelle, sia durante l’esercizio che dopo averlo effettuato, e di
evitare l’appesantimento del capo per effetto dell’assorbimento
del sudore progressivamente emesso dal corpo che si ha quando si
indossano capi costituiti da fibre igroscopiche come il cotone.
D’altro canto le fibre sintetiche, che non si bagnano perché dotate
di scarsa idrofilia, si mostrano poco confortevoli.
Il trattamento a plasma freddo riesce nell’impresa di realizzare il
tessuto ideale per ottenere il massimo comfort.
Il trattamento al plasma modifica la superficie delle fibre sintetiche
in modo che il tessuto sia in grado di bagnarsi e di trasferire rapidamente verso l’esterno i vapori, l’umidità ed i liquidi emessi e senza
che si verifichino fenomeni di assorbimento all’interno delle fibre
costituenti il tessuto poiché la modifica indotta è solo superficiale.
Figura 1 - Poliestere con finissaggio idrorepellente (Tumble drying + ironing)
5
Wet FC, no
plasma
Spray test value
4
air plasma, 67%
recipe
3
2
1
0
0
1
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
washes
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Figura 2 - Poliestere con finissaggio idrorepellente (Tumble drying + ironing)
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Wet FC, no
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Figura 3 - Misure di Comfort: indice di assorbimento/rilascio (skin model)
100
la, r - non trattato
90
la, r - plasma
80
lr - non trattato
70
lr - plasma
60
50
40
30
20
10
0
Cordura 100%
Cot 60% - PP 40%
La maggiore idrofilia conferita al tessuto fa in modo che il liquido
con cui viene in contatto si espanda in un’area molto più estesa rispetto a quella di uno stesso tessuto non trattato, rendendo maggiore la superficie di scambio con l’esterno e, conseguentemente,
più rapida l’asciugatura del capo indossato.
Inoltre, si ribadisce che poiché tali caratteristiche sono ottenute
senza l’ausilio di prodotti chimici, il contatto della pelle del corpo
con il tessuto non genera alcuna forma di tossicità legata a sostanze talvolta mal tollerate dall’organismo umano.
I fattori suddetti contribuiscono insieme a garantire un maggior livello di comfort, ottenuto con una tecnologia hitech a basso impatto ambientale grazie alla modifica permanente, ottenuta in
modo naturale, della superficie delle fibre costituenti il tessuto.
La misura del comfort può essere effettuata, secondo lo “skin model”, mediante la determinazione degli indici di assorbimento e rilascio, vale a dire misurando la quantità di liquido trattenuta dal
tessuto e rilasciata nell’ambiente in un certo intervallo di tempo.
Si riporta in Fiugura 3 il confronto degli indici di assorbimento/rila16
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Nomex 100%
Poliestere 100% maglia
scio (Ia,r) e di solo rilascio (Ir) per tessuti trattati al plasma rispetto
agli stessi senza il trattamento.
Si può notare che i valori ottenuti per tessuti trattati con plasma risultano significativamente più elevati, rispetto agli stessi tessuti
non trattati. Ciò, in pratica, significa che le quantità di liquido raccolte dal tessuto, trasferite lungo la superficie delle fibre (Ia,r) e
smaltite all’esterno (Ir) sono più elevate se il tessuto è trattato mediante plasma, garantendo una maggiore efficienza di scambio tra
pelle, tessuto ed ambiente ed in grado di assicurare il massimo
comfort.
Contatti
Paolo Canonico
M&H S.r.l. - Plasmaterial
Via G. Mascioni, 4 - 21030, Cuvio (VA)
Tel: 0332 659.111
[email protected]
R I C E R C A
Riconoscimento molecolare con
film organici nanostrutturati
ed autoassemblati
Arnaldo D’Amico1,2,4, C. Di Natale1,2, R. Paolesse1,3, E. Martinelli1,
D. Monti3, A. Macagnano1, A. Paoletti4
1. IMM-CNR Laboratiorio di Roma, via Fosso del Cavaliere,100 00133 Roma
2. Università di Roma Tor Vergata, Dipartimento di Ingegneria Elettronica, via
del Politecnico,1 00133 Roma
3. Università di Roma Tor Vergata, Dipartimento di Scienze e Tecnologie
Chimiche, via della Ricerca Scientifica, 00133 Roma
4. Centro Studi e Documentazione sui Sensori, Università di Tor Vergata, via del
Politecnico, 1 00133 Roma
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l Centro Studi e Documentazione sui Sensori, recentemente nato presso la Università di Roma Tor Vergata, s’innesta nel panorama delle iniziative culturali di ampio respiro nel nostro paese, con
l’intento di approfondire aspetti legati al dialogo tra e con dispositivi sensoriali e sistemi di sensori, indipendentemente dalla loro dimensione, tipologia, efficienza, tenendo inoltre in particolare considerazione dal punto di vista di una più profonda comprensione,
di biostrutture di qualunque tipo, naturali ed artificiali.
Il fermento senza precedenti di iniziative attorno allo sviluppo delle
nanotecnologie sollecita non poco gli aspetti legati allo sviluppo
futuro di nuovi sensori in grado di operare in spazi sempre più ridotti e, nel contempo, di mantenere il collegamento con il mondo
in cui essi possono essere impiegati. Ci si chiede se i sensori, in generale, potranno subire indenni il procedimento di riduzione di
scala. Recenti studi orientano ad un ripensamento sulla opportunità o meno di spingere le dimensioni dei sensori a livelli oggi permessi dalle nanotecnologie, in quanto non appare chiaro se reali
vantaggi in termini di sensibilità e risoluzione potranno in realtà essere ottenuti., senza trascurare il fatto che ad una diminuzione delle dimensioni corrisponde una difficoltà crescente di mantenere
contatti affidabili per poterli interrogare, collaudare ed utilizzare.
Appare invece di profonda rilevanza la possibilità di manipolazione
nanotecnologica di tipo bottom-up di materiali sensibili detti CIM
(chemically interactive materials), con lo scopo finale di accrescerne la perfezione strutturale e determinarne proprietà specifiche
proprio in virtù di un controllo tecnologico su scala nanometrica.
Un esempio significativo di un controllo di questo tipo in grado di
influenzare notevolmente e positivamente struttura e proprietà di
materiali si ha nel caso delle metalloporfirine, composti del tipo
CIM, determinanti per il funzionamento dei sensori impiegati per
la fabbricazione di sistemi olfattivi artificiali. Come esempio di questo tipo di applicazioni è mostrata in figura la struttura ordinata
che si ottiene grazie al self-assembling su vetro di porfirine anfifiliche7. Le molecole si aggregano in nanotubi i quali a loro volta danno luogo ad una ulteriore struttura ordinata sul substrato. L’organizzazione dei nanotubuli (struttura d di figura 2) è visibile tramite
7 D. Monti et al., New Journal of Chemistry, 28 (2004) 1123-1128
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la microscopia a forza atomica (vedi figura 3), mentre la formazione dei nanotubuli viene rivelata attraverso le variazioni dello spettro ottico della porfirina.
Questi film organici sono particolarmente adatti per la realizzazione di sensori ottici, in particolare quelli basati sulla variazione della
assorbanza nel visibile. Le porfirine infatti sono ben note per le loro
caratteristiche ottiche dovute principalmente al sistema aromatico
relativo al macrociclo. La banda dominante dello spettro della porfirina è la cosiddetta banda di Soret relativa proprio alla transizione
tra i livelli HOMO e LUMO degli orbitali molecolari delocalizzati nel
macrociclo.
In figura 4 sono mostrati gli spettri di assorbimento del film autoassemblato esposto ad un flusso di azoto puro e con aggiunta di
vapori di trietilammina (una ammina tipica dei processi di putrefazione dei tessuti organici). Quest’ultimo esempio illustra la possibilità di impiegare questi materiali per la realizzazione di sistemi olfattivi artificiali.
Un altro interessante esempio a riguardo della possibilità di sintetizzare molecole utilizzabili poi in sensori è offerto dalla realizzazione di una struttura dotata di riconoscimento chirale e basata su di
una diade di porfirine8. La struttura della molecola è mostrata in figura 5. La diade di porfirina è dotata di una struttura chelante
doppia che agisce come un centro di legame enantioselettivo, in
grado cioè di riconoscere le proprietà chirali di una molecola. La
chiralità è una caratteristica di alcune molecole che, a parità di formula strutturale, presentano due arrangiamenti spaziali speculari
l’uno rispetto all’altro. La struttura chirale è importante in molte
funzioni biologiche, ad esempio nel riconoscimento olfattivo dove
alcune molecole sono percepite con odori talvolta molto differenti
a seconda della loro chiralità. La molecola di figura 5, termina con
due atomi di zolfo che ne consentono l’autoassemblaggio su di
una superfice d’oro per formare un film monostrato. Questa caratteristica è stata utilizzata per la realizzazione di sensori basati su
trasduttori di massa del tipo microbilancia al quarzo9. L’esposizione
di tali sensori ad enantiomeri di molecole chirali conduce alla netta
separazione degli enantiomeri del limonene (una molecola percepita con odori molto distanti a seconda della struttura chirale) come mostrato in figura 6.
Come ulteriore esempio di controllo a livello molecolare, mostriamo una ulteriore funzionalizzazione di una porfirina che consente
alle molecole stesse di assemblarsi autonomamente in una struttura regolare10. In questo caso si fa uso di gruppi OH in posizione periferica. Questi gruppi funzionano come ancoraggi per interazione
del legame idrogeno tra molecole e consentono la creazione di un
cristallo molecolare regolare. In figura 7 è mostrata la molecola
funzionalizzata e la simulazione del conseguente arrangiamento
del cristallo. Oltre a permettere un arrangiamento tridimensionale
regolare i legami OH costituiscono un ulteriore sito di adsorbimento per le molecole in fase gassosa consentendo, in particolare, di
8 R. Paolesse et al. Chemistry, An European Journal, 8 (2002) 2476-2483
9 C. Di Natale et al, Proc. of the 1st IEEE Sensors Conference, Orlando (Fl,
USA) 12-14 Jun 2002
10 K. Suslick et al . Accounts Chemical Researches 38 (2005) 283-291
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incrementare la sensibilità della molecola verso quei composti che
interagiscono per legame idrogeno. Tale caratteristica è stata verificata depositando le strutture di figura 7 su sensori al microbilancia a quarzo nei quali si rivela un aumento considerevole della sensibilità verso i composti con forte interazione di legame idrogeno
come ad esempio gli alcoli, con risoluzione dell’ordine del ppm11.
I sensori descritti precedentemente sono costituiti da un numero
elevato di molecole funzionali; questa strategia è molto simile a
quanto realizzato in natura ad esempio nel caso dei sensori olfattivi. Il singolo neurone olfattivo infatti è dotato di un numero elevato di recettori posti lungo le ciglia olfattive che si diramano lungo
la mucosa olfattiva. Nonostante esistano circa 300 tipi differenti di
recettori olfattivi negli umani, ogni neurone porta solo una specie
di recettore. In modo analogo12, ogni singolo sensore viene tipicamente funzionalizzato con un solo tipo di recettore artificiale.
Ogni neurone quindi agisce come collettore di molteplici eventi di
riconoscimento molecolare che hanno luogo lungo la superficie
esposta del neurone stesso. Allo stesso modo, i sensori come ad
esempio le microbilance al quarzo sommano gli eventi di riconoscimento di ogni singola molecola.
In conclusione grazie alla possibilità di controllare processi a livello
molecolare si possono realizzare delle strutture capaci di contribuire alla riduzione dei tempi di risposta. In questo contesto di grande
rilevanza nanotecnologica (per lo sviluppo di nanosensori), la possibilità di controllare la sezione di cattura dei siti nei confronti dei
processi di adsorbimento rappresenta una opportunità notevole
per il miglioramento delle prestazioni finali dei nanosensori. In attesa che avanzati processi top-down possano consentirlo, appare
rilevante poter agire a livello bottom-up, come viene evidenziato in
questa comunicazione, per incidere con più accuratezza sulla sezione di cattura considerata una delle responsabili del tasso di adsorbimento e quindi in definitiva della sensibilità del sensore.
Figura 2: meccanismo di formazione del film autoassemblato. Il processo è
duplice: le molecole prima formano delle strutture nanotubulari che a loro volta
si autoassemblano in una struttura “barrel-like”.
Figura 3: immagine AFM del film molecolare nel quale è visibile la struttura
“barrel-like” mostrata in figura 2.
Figura 1: struttura della porfirina con la modifica funzionale che consente
l’autoassemblaggio della fase solida
Figura 4: spettro di assorbimento del film molecolare di figura 3 esposto ad un
flusso di azoto e vapori di trietilammina.
11 R. Paolesse et al. 4th IEEE Sensors Conference, Irvine (Ca, USA), 1-3 Nov 2005
12 L. Buck and R. Axel, Cell
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Figura 5: diade di porfirine dotata di un centro di riconoscimento chirale
Figura 7: porfirina funzionalizzata con gruppi OH come punti di ancoraggio,
tramite legame idrogeno, per la formazione di cristalli molecolari. In basso è
mostrato il modello del cristallo ottenuto tramite una simulazione di meccanica
molecolare.
Figura 6: risposta del sensore a microbilancia al quarzo funzionalizzato con un
monostrato della molecola in figura 5. Ogni composto testato è stato misurato
nella forma “levo” e “destro”. Nel caso del lemonene la risposta del sensore ad
una delle due forme chirali è evidentemente differente.
Contatti
Arnaldo D’Amico
Università di Roma Tor Vergata, Dipartimento di Ingegneria Elettronica
Via del Politecnico,1 Roma
[email protected]
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Nanotechnology for tumor
therapy
Stefano Bellucci, INFN-Laboratori Nazionali Frascati
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ver the past three and a half decades, since the beginning of
the U.S. National Cancer Initiative in 1971, there have been
major advances in the diagnosis and treatment of cancer. However, the severe toll cancer continues to impose on our society represents one of the major healthcare concerns of our nations.
One out of every two men, and one out of every three women in
their lifetime will be confronted with a cancer diagnosis.
Conventional treatments currently rely heavily upon radiation and
chemotherapy, which are extremely invasive and painstakingly
plagued by very serious side effects. Nanotechnology yields the
hope for new methods for a non invasive therapy, capable of minimizing side effects. One of the promising approaches consists in
the targeted destruction of cancerous cells using localized heating.
The use of thermal cancer therapies is beneficial under many respects over the conventional tumor removal by surgery are many.
Indeed, normally, most thermal approaches have a very small degree of invasiveness, they are relatively simple to perform and may
enable physicians to treat tumors embedded in vital regions where
surgical removal is unfeasible.
Ideally, the activating energy to heat the tumor would be targeted
on the embedded tumor with minimal effect on surrounding
healthy issue. Unfortunately, conventional heating techniques
such as focused ultrasound, microwaves, and laser light do not discriminate between tumors and surrounding healthy tissues. Thus,
success has been modest, and typically treatments result in some
damage to surrounding tissue.
Recent work suggests that nanostructures designed to attach to
cancerous cells may provide a powerful tool for producing highly
localized energy absorption at the sites of cancerous cells. Indeed,
work since 2003 at La Charité Hospital in Berlin [1], with scientists
at the F.Schiller-Universität Jena, showed that magnetic nanoparticles interstitially injected directly into the tumor, and heated with
radio-frequency radiation [2], can destroy cancer cells in a human
brain tumor and are also believed to enhance the effects of subsequent radiation therapy. Nanoparticles localize on the tumor due
to a special biomolecularly modified outer layer – leaving the surrounding healthy tissue with a minimum damage.
In this way it was proven that iron oxide nanoparticles, with diameters 10,000 times smaller than that of a human hair, can be introduced inside cancer cells and then treated in such a way as to produce a significant damage to tumor cells, in order to fight a particularly aggressive form of brain cancer called glioblastoma, although the method can be employed to treat other forms of the
disease. The procedure involves coating the iron oxide nanoparticles with an organic substance, such as the sugar glucose, before
injecting them into the tumor. Cancer cells, having a fast metabolism and correspondingly high energy needs, are much more eager
to eat up the sugar-coated nanoparticles, in comparison with
healthy cells, which appear minimally or not at all affected.
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The image shows nanoparticles surrounding cancer cells.
In this selective procedure, the magnetic field is responsible for th
heating up of the nanoparticles in the cancerous tissue, reaching
temperatures up to 45 Celsius, with the result of destroying many
of the tumor cells or at least to weaken them to an such an extent
that conventional methods, e.g. radiation or chemotherapy, can
more easily and effectively get rid of them.
The treatment is automatically recorded, with the temperature of the tumor
(red) and other body-temperatures registered.
The treatment, known as magnetic fluid hyperthermia, was successfully used to prolong the life of laboratory rats which were implanted with malignant brain tumors. Rats receiving nanotherapy
lived four times as long as rats receiving no treatment.
In pre-clinical tests the characteristics of nanoparticles were optimized; shown:
accumulation of nanoparticles in tumor tissue (RG-2 glioblastoma of the rat).
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Then the therapy was given to 15 patients suffering from Glioblastoma multiforme, the most common primary brain tumor and the
most aggressive form of brain cancer (with a 6-12 months life expectancy prognosis in humans).
A precise thermotherapy of target areas in almost every body region is possible
(here: Thermotherapy of the orbita up to a maximum temperature of 49°C).
The treatment is particularly attractive to doctors working with tumors in the brain since the nanoparticles can be targeted on the
cancerous tissue, so that the therapy turns out to be ideal for curing tumors that lie outside the reach of conventional surgical treatment, such as those situated deep in the brain or in regions that
are responsible for essential tasks like speech or motor functions.
In principle, the hyperthermia therapy is not limited to just various
types of brain cancer. Since breast tumors do not lie in the immediate vicinity of essential organs, one can hope to apply the treatment, heating the cancerous tissue up to yet higher temperatures,
in order to get a very effective cure of breast tumor, which may
even be combined with parallel treatments relying upon conventional radiation therapy and chemotherapy.
However, one should bear in mind a caveat: keeping the amount
of metal injected into the body stay under a certain level, is the
way to maintain the danger of “nanopoisoning” at a relatively low
level. N.B.: After all, it should be remembered that nanoparticles
are already used routinely in magnetic resonance therapy for the
diagnosis of liver tumors.
After the therapy, nanoparticles do not have to be removed and
are slowly metabolized. Since, so far, no harmful side effects from
thermotherapy with magnetic nanoparticles could be observed,
neither on animals nor on human beings, in 2004 nanoparticles
have started to be applied for treating human prostate carcinomas
at the Clinic for Urology, Charité – University Medicine, Berlin, Germany.
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plication of a magnetic field, tumor and body temperature differed
by 6ºC. The combined treatment strongly inhibited tumor growth
over a 30-day period and complete regression of tumors was observed in 20% of the mice.
Finally in the U.S., rearchers at Rice University recently reported
work on mice in which gold-coated nanoparticles treated to attach
to cancerous cells were heated using infrared radiation. Sources of
infrared radiation, can be tuned to transmit at a narrow band of
electromagnetic frequencies. Additionally, the “nanoshells” size
can be changed to absorb a particular infrared radiation frequency.
Hence one can choose a frequency of the infrared radiation that
couples with the gold coated nanoparticles, while at the same
time does not couple to the tissue of the body, thus enabling the
selective destruction of cancerous cells and tumors [4]. The results
of a preliminary experiment with mice treated with the nanoshellsinfrared radiation therapy have proven to be very encouraging.
In conclusion, we can say that progress in nanotherapy, obtained
by several groups worldwide, using independent techniques,
shows the global interest in nanoscience and its potential application to innovative medical technologies. This justifies the expectation that nanotechnology will soon yield a powerful tool for treating cancer.
Images source: MFH Hyperthermiesysteme GmbH and MagForce
Applications GmbH, Berlin, Germany
[1] http://www.germanyinfo.org/relaunch/info/publications/week
/2003/030613/misc2.html
[2] “Magnemite nanoparticles with very high AC-losses for application in
RF-magnetic hyperthermia,” R. Hergt, R. Hiergeist, J. Hilger, W.A. Kaiser, Y.
Lapatnikov, S. Margel, and U. Richter, J. Magnetism and Magnetic
Materials 270, 345-357 (2004)
[3] “Hyperthermia using magnetic nanoparticles in an experimental
subcutaneous murine melanoma,” A. Ito, F. Matsuoka, H. Honda, and T.
Kobaya-shi, Cancer Immunology Immunotherapy 53 (1), 26-32 (2004)
[4] “Photo-thermal tumor ablation in mice using near infrared-absorbing
nanoparticles,” D.P. O’Neal, L.R. Hirsch, N.J. Halas, J.D. Payne, and J.L.
West, Cancer Letters 209, 171-176 (2004)
Contatti
Stefano Bellucci - INFN-Laboratori Nazionali Frascati
[email protected]
Moving to Countries outside Europe, in order to complete the survey, we observe that in Japan [3] work at Nagoya University with
magnetite cationic liposomes (MCLs) combined with heat shock
proteins has shown great potential in cancer treatment as well. Using MCLs, one locally generates heat in a tumor by placing test
mice in an alternating magnetic field and not cause the body temperature of the test animal to rise. After injection of MCLs and apN E W S L E T T E R
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Notizie in breve
Incontro italo-israeliano sulle nanotecnologie
Israele ha individuato nell’high tech lo strumento sul quale puntare
per promuovere e sostenere il proprio sviluppo. Già ora oltre il
50% della produzione nazionale riguarda prodotti high tech e la
spesa nazionale per R&S assorbe circa il 4,5% del PIL. Le istituzioni
di ricerca israeliane compaiono ai primi posti nelle classifiche che a
livello mondiale valutano queste istituzioni e la intensa attività di
ricerca ha generato (e genera) la nascita di un gran numero di PMI
high tech.
Le nanotecnologie sono tra i settori sui quali l’interesse è maggiore
e la qualità dell’impegno pone Israele al livello dei paesi all’avanguardia in questo campo. Nel 2001 è stata avviata la Israeli National Nanotechnology Iniziative (INNI) per promuovere ed indirizzare l’impegno nelle nanotecnologie in Israele la quale, dalla
sua istituzione al 2005, ha speso circa 45 milioni di dollari di fondi
governativi soprattutto per la realizzazione di facilities funzionali
all’attività di R&S in questo campo.
Nei giorni 28-30 Novembre 2005, AIRI/Nanotec IT ha guidato la
visita in Israele di una delegazione italiana – quasi tutti iscritti ad
Airi/ Nanotec IT -, formata da rappresentanti del mondo della ricerca e delle imprese impegnati nelle nanotecnologie per una serie
di incontri con la controparte israeliana aventi l’obiettivo di rafforzare i rapporti tra i due Paesi e verificare la possibilità di collaborazioni in questo campo sia nell’ambito della attività di ricerca che di
quello industriale.
La visita è stata organizzata con il sostegno ed il contributo (anche
economico) dell’Ambasciata Italiana in Israele e del Ministero
degli Affari Esteri, nell’ambito delle azioni da essi promosse per
favorire i rapporti e le iniziative tra i due Paesi, e con la collaborazione di MATIMOP, l’Agenzia Israeliana preposta a sostenere la ricerca, il trasferimento tecnologico, la collaborazione internazionale, che ha affiancato AIRI/Nanotec IT nella definizione del programma dei tre giorni. Il punto centrale della visita sono stati il Convegno Nazionale Israeliano Nanoroadmap, organizzato per presentare i risultati del Progetto del VI PQ della UE Nanoroadmap (coordinato da Airi/Nanotec IT) e la Conferenza Italo - Israeliana sulla collaborazione nelle nanotecnologie..
La delegazione Italiana, forte di 15 unità, ha visto la partecipazione
di esponenti delle Istituzioni di ricerca pubbliche (Università,
CNR, ENEA, INFN, INSTM, Veneto Nanotech) e delle imprese,
sia grandi, come CRF, Pirelli Labs, Selex, CSM, che piccole, come
APE Research e Thetis.
La delegazione ha fatto visite ad istituzioni prestigiose come il Technion, il Weizmann Institute, l’Università di Tel Aviv, nel corso delle quali sono state illustrati esempi delle attività in corso nel
campo delle nanotecnologie presso di esse. I rappresentanti italiani
hanno presentato le rispettive attività nel corso sia del Convegno
Nanoroadmap che della Conferenza Italo – Israeliana, alla quale
ha fatto seguito una serie numerosa di incontri bilaterali con ricercatori ed imprese israeliani, organizzati in precedenza, per discutere ed approfondire tematiche di comune interesse ed eventuali
possibilità di collaborazione.
Sia da parte israeliana che italiana, la visita è stata giudicata in ter22
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mini molto positivi ed è stata presa in considerazione l’ipotesi di organizzare insieme una visita analoga e con analoghe finalità l’anno
prossimo. Questa volta in Italia.
Riferimenti
AIRI-Nanotec IT
[email protected]
Nanofab: La NanoFabrication Facility del Veneto
NANOFAB Scarl è una società consonsortile senza fini di lucro, costituita da Vega Scarl, Parco Scientifico Tecnologico di Venezia, e
dall’ Associazione CIVEN, Coordinamento Interuniversitario Veneto per le Nanotecnologie per la gestione della NanoFabrication Facility, uno dei primi laboratori italiani completamente dedicati al
trasferimento delle nanotecnologie alla produzione industriale.
Si tratta di una piattaforma tecnologica d’avanguardia per l’applicazione della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica a favore delle imprese, si estende su una superficie di 2700 m2 ed è
stata relalizzata con un investimento complessivo di oltre 20 ML di
Euro, cofinanziati dall‘Unione Europea e dalla Regione del Veneto
e Vega.
L’obbiettivo di Nanofab consiste principalmente nel trasferire conoscenza tecnologica e sperimentazione industriale alle imprese,
in particolare venete, operanti nel mercato nazionale e internazionale delle nanotecnologie.
Dal 7 ottobre, giorno dell’inaugurazione ufficiale dei laboratori, ad
oggi Nanofav ha acquisito circa 1.3 ML di commesse, delle quali il
35% sono già in lavorazione e il rimanente 65% sono commesse
su schema D.Lgs 297/99, subordinate a valutazione del MIUR e
della Regione del Veneto.
Le commesse coinvolgono più di 50 aziende venete, che operano
nei settori dell’occhialeria, della meccanica, dell’automotive, dell’oreficeria, della refrigerazione e della produzione di polveri nanostrutturate.
La struttura intende promuovere e favorire l’incontro tra il sistema
della ricerca e il mondo imprenditoriale proponendosi come referente dinamico, portatore insieme di know how scientifico, competenze tecniche e soluzioni concrete per lo sviluppo e l’innovazione. In altri termini Nanofab intende essere un polo di riferimento
per la consulenza scientifica sia attraverso strutture proprie sia attraverso il coordinamento con le istituzioni accademiche locali e internazionali. Realizza, promuove e coordina anche nell’ambito dei
programmi dell’Unione Europea attività di ricerca scientifica e tecnologica sia tramite strutture proprie sia in collaborazione con università e con altri soggetti pubblici e privati.
Le aziende possono commissionare progetti di ricerca e sviluppo,
usufruire del know how tecnico-scientifico dello staff di ricercatori
qualificati oppure utilizzare le apparecchiature impiegando il proprio personale.
I ricercatori del laboratorio Nanofab, coordinati da un direttore
scientifico, il Prof. Emile Knystautas, ed i ricercatori delle università
e i tecnici specializzati delle imprese possono realizzare materiali
dalle migliori performance e qualità, fino a giungere a nuove linee
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di produzione, tramite procedimenti ad alto contenuto tecnologico. Le applicazioni industriali delle nanotecnologie, infatti, rispondono ai fini dello sviluppo e dell’innovazione, in quanto permettono la realizzazione di diverse classi di oggetti e di materiali con particolari qualità meccaniche, chimiche, ottiche, elettriche e magnetiche, in grado di migliorare le performance dei prodotti finiti e in
molti casi di ridurre i costi di produzione su larga scala.
Nanofab è in grado di offrire servizi alle imprese nei settori più vari: dai materiali metallici, al tessile e all’abbigliamento, dalla plastica, alle vernici, dai materiali biotecnologici ai farmaci, etc.
Nei laboratori multidisciplinari si possono realizzare rivestimenti
nanostrutturati (laboratorio di deposizione da fase vapore con plasma), materiali con proprietà meccaniche eccezionali, ad alta resistenza e/o anticorrosione (laboratorio di compattazione e sinterizzazione dei materiali tramite pressa ad alta velocità di compattazione). Nelle camere bianche, ambienti sterili dotati di strumentazione altamente sofisticata è possibile effettuare misurazioni di dimensioni addirittura più piccole del nanometro, determinare le caratteristiche chimico-fisiche dei materiali attraverso procedimenti
di caratterizzazione, studiare e analizzare il DNA e realizzare biochip.
di nano-dispositivi e sensori per genomica e post-genomica con
centri di sviluppo di aziende altamente qualificate attorno ad una
strategia unitaria di medio e lungo termine. Il Laboratorio, coordinato dal Politecnico di Torino attraverso il Laboratorio Materiali e
Microsistemi, ha iniziato le sue attività il 12 Settembre 2005. Partner del Progetto sono: la Fondazione Telethon, l’Università degli
Studi di Bologna, Olivetti I-Jet S.p.A., Biodiversity S.p.A., Tecnobiomedica S.p.A., il CNRIMEM di Parma, l’Istituto Trentino di Cultura,
Environment Park S.p.A. - Parco Scientifico Tecnologico per l’Ambiente di Torino, l’Università degli Studi di Brescia, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’Università degli Studi di Verona, l’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo, Cyanagen Srl, Euroclone
S.p.A.
Riferimenti
Nanofab
Torre Hammon, Via Delle Industrie 5
Marghera – Venezia
Tel. 0515093900
[email protected], www.nanofab.it
È in corso di svolgimento il progetto EC STREP NAMAMET “Processing of NAnostructured MAterials through MEtastable Transformations”, contratto NMP3–CT–2004–001470, coordinato dal Politecnico di Torino, Dip. Scienza dei Materiali e Ingegneria Chimica.
Il progetto ha durata 01/08/2004 – 31/07/2007.
Il progetto vede la partecipazione a livello nazionale, oltre al coordinatore, dei seguenti enti: Dip. di Fisica del Politecnico di Torino,
Istituto Superiore Mario Boella sulle tecnologie dell’informazione e
delle telecomunicazioni (ISMB), Dip. Ingegneria Chimica e Materiali dell’Università di Cagliari (UNICA), Istituto per l’Energetica e le Interfasi di Milano (IENI) del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
A livello internazionale i partecipanti al progetto sono: Instituto de
Ceramica y Vidrio (ICV) del Consejo Superior de Investigaciones
Cientificas, Universitat de Barcelona (UNIBA) e Talleres Mecanicos
Comas SA (TMC) per la Spagna, Instituto Nacional de Engenharia,
Tecnologia e Innovaçao (INETI) e Tecnologia e Engenharia de Materiais SA (TEandM) per il Portogallo, il Nanomaterials Research
Group del Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) di
Sevenans e Université de Technologie de Belfort Montbéliard
(UTBM) per la Francia, University of Kracow (IOS) per la Polonia, Technical University of Darmstadt (TUD) per la Germania e University
of Hertfordshire (UH) per il Regno Unito.
Il progetto, dal budget complessivo di 2.015.000 euro, ha come
obiettivo l’utilizzo della metastabilità come mezzo per ottenere
materiali nanostrutturati.
Le sorgenti di calore sono reazioni di sintesi autopropaganti (SHS) e
Plasma Spraying (APS). La metastabilità è ottenuta mediante tempra del materiale in azoto liquido e/o acqua dalla temperatura di
sintesi.
I materiali oggetto di studio sono potenzialmente di notevole rilevanza tecnologica e industriale, e riguardano i seguenti sistemi:
Al2O3–TiO2 e ZrO2–Al2O3 come materiali ceramici per applicazioni strutturali; compositi TiC–TiB2 per applicazioni anti-usura;
compositi metallo-ceramici Ti–Al2O3 per applicazioni termo-meccaniche e/o bio-strutturali; intermetallici NbAl3 per applicazioni
Inagurazione del Laboratorio Latemar del
Politecnico di Torino
Il 18 Novembre 2005 si è tenuta a Chivasso la cerimonia inagurale
di LATEMAR - LAboratorio Tecnologie Elettrobiochimiche Miniaturizzate per l’Analisi e la Ricerca del Politecnico di Torino, un progetto di “laboratorio diffuso” che coinvolge attivamente 15 partners
e che ha il suo centro principale nel laboratorio di Chivasso, dove
attualmente lavorano circa 30 persone.
Latemar è un Centro di Eccellenza finanziato dal MIUR su fondi
FIRB 2003-2004. L’intervento del MIUR ha premiato progetti finalizzati alla costituzione ed al potenziamento di laboratori interdisciplinari pubblico-privati specializzati su tematiche di incrocio tra nanotecnologie - biotecnologie - infotecnologie - neurobiologia: in
particolare le nanobiotecnologie per dispositivi e sensori innovativi
applicabili a genomica e post-genomica e le micro e nanotecnologie per diagnostica avanzata e nuove procedure terapeutiche. Il
convergere dei progressi della genomica, della postgenomica e
della proteomica, con quelli delle micro e nano-tecnologie, permettono infatti di guardare con grandi aspettative allo sviluppo di
dispositivi per la terapeutica e la diagnostica nei settori biomedico,
farmacologico ed agro-alimentare, in particolare in aree fortemente innovative quali le analisi di DNA, RNA, proteine, molecole biologiche e cellule. È risultata quindi strategica per il Paese la creazione di un laboratorio che affronti tali tematiche con unitarietà di
guida, scopi e strategie. Si è optato per la costituzione di un “Laboratorio Diffuso” che aggrega e coordina centri di eccellenza nella ricerca di base nelle diverse discipline necessarie per lo sviluppo
Riferimenti
Dr. Matteo Cocuzza, Dr Carlo Ricciardi
Tel. 011-5647383, 011-5647355
[email protected], [email protected]
Nanotecnologie al Dip. Scienza dei Materiali e
Ingegneria Chimica del Politecnico di Torino
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termo-meccaniche quali componenti per turbine stazionarie e aeronautiche; leghe Ni–Ti a memoria di forma (SMAs) per applicazioni biomediche.
L’attività svolta nel corso del primo anno di progetto ha originato
risultati interessanti, che dimostrano la fattibilità dell’idea progettuale. In particolare dopo tempra da alta temperatura sono state
ottenute polveri caratterizzate dalla presenza di nanostrutture che
in seguito a trattamenti termici di rinvenimento originano materiali nanocompositi.
Riferimenti
Prof. Ignazio Amato – Politecnico di Torino, Dip. Scienza dei Materiali e
Ingegneria Chimica
[email protected]
http://www.polito.it/namamet
sità di Messina come sonda λ per il monitoraggio delle emissioni
dei motori a combustione interna, in alternativa alle tradizionali
sonde massive in zirconia, fornendo risultati di notevole interesse
scientifico e industriale.
I sensori a dase SnO2 nanostrutturato sono stati testati dall’Università di Messina come sensori per il controllo dell’aria in ambienti
confinati (es. interno abitacolo) e hanno mostrato una elevata sensibilità nei confronti dell’etanolo, risultando adatti ad un utilizzo
come Ethanol Breath Analyser.
Riferimenti
Prof. Ignazio Amato – Politecnico di Torino, Dip. Scienza dei Materiali e
Ingegneria Chimica
[email protected]
Il progetto europeo women in nano
Produzione di polveri nanometriche mediante il
processo “Gel Combustion”
Nell’ambito del progetto FIRB “Nano-Tecnologie per la realizzazione di micro-componenti per il rilievo delle emissioni dei motori a
combustione interna e della qualità dell’aria in ambienti confinati”
coordinato dal Centro Ricerche FIAT, il Dipartimento Scienza dei
Materiali e Ingegneria Chimica del Politecnico di Torino ha messo a
punto e ottimizzato il processo di Gel combustion per la produzione di polveri ossidiche nanometriche.
La combinazione dei processi di gelificazione chimica e di combustione dà origine a un nuovo processo di sintesi avanzato e innovativo denominato “Gel Combustion”, che costituisce una tecnologia flessibile e a costo moderato in grado di consentire soluzioni interessanti per la produzione di polveri di ossidi ceramici nanostrutturati.
Il processo si basa sulla formazione di un gel ottenuto gelificando
una soluzione acquosa omogenea contente il precursore del metallo dell’ossido desiderato e un combustibile organico (acido citrico, urea, glicerina). Con l’evaporazione dell’acqua inizia una reazione di ossido-riduzione anionica tra gli ioni metallo e il combustibile, che, grazie all’esotermicità che la caratterizza, si auto-sostiene
e incrementa la temperatura fino a 400°C e provoca la formazione
dell’ossido finale.
Attraverso questo processo è possibile sintetizzare a temperatura
relativamente bassa polveri caratterizzate da agglomerati soffici
molto porosi, le cui unità fondamentali hanno dimensioni di 20-50
nm. Differenti strutture di agglomerati e gradi di cristallinità possono essere ottenuti variando il rapporto tra gli ioni del metallo e la
quantità di combustibile. È inoltre possibile, variando la composizione della soluzione di partenza, introdurre seconde fasi all’interno del materiale di partenza, con un grado di dispersione a livello
atomico, e realizzare materiali multi-fasici nanostrutturati.
Polveri nanometriche di ossido di titanio TiO2 e ossido di stagno
SnO2 sono state prodotte con il processo gel combustion.
Le polveri sono state utilizzate dall’Università di Messina, Dipartimento di Chimica Industriale e Scienza dei Materiali come elemento sensibile per la realizzazione di sensori di gas. Le nanopolveri sono state depositate in film sottili su supporti di allumina dotati di
contatti interdigitati e riscaldatore al platino.
I sensori a base TiO2 nanostrutturata sono stati testati dall’Univer24
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Con il titolo di “Strengthening the role of women scientists in nano-science” è partito il primo Ottobre 2005 un nuovo progetto europeo che ha come scopo principale quello di migliorare la posizione della donna nel campo scientifico.
Il progetto è finanziato dalla Commissione Europea come previsto
dal programma di ricerca dal tema “Scienza e Società”con un Budget di 500.000 Euro per 30 mesi.
Sono coinvolte nel progetto ben undici ricercatrici di nove nazioni
europee appartenenti a diversi enti di ricerca nazionali o ad università. In tabella 1 è riportato l’ elenco delle partecipanti al progetto.
Tabella 1
Nome dei partecipanti
Dr. Annett Gebert
Prof. Mariana Calin
Prof. Uta Katharina Klement
Prof. Maria Dolores Baro Marine
Prof. Spomenka Kobe
Prof. Amanda Petford-Long
Prof. Rumiana Kotsilkova
Dr. Clara Silvestre
Dr. Patricia Crespo del Arco
Dr. Janette Dexpert-Ghys
Pr. Birgit Pfau-Effinger
Nazionalità
Germania
Romania
Svezia
Spagna
Slovenia
Inghilterra
Bulgaria
Italia
Spagna
Francia
Germania
Questo progetto rappresenta un’iniziativa pilota di incontro tra
donne esperte in nanoscienze che rivestiranno il ruolo di “Ambasciatrici per le Donne e la Scienza” e cerca di rispondere a un preciso imput della politica Europea di pari opportunità tra uomini e
donne stabilita come obiettivo dell’Unione Europea già nel trattato
di Amsterdam del 1997. E’ noto, infatti, che nella maggior parte
delle nazioni europee, il numero di donne laureate è più alto di
quello degli uomini. Ciononostante il mercato del lavoro scientifico
continua ad essere dominato da uomini. Le donne incontrano
ostacoli nel lavoro scientifico semplicemente per il fatto di essere
donne, come risultato sono mal rappresentate nella scienza e non
occupano posizioni di rilievo. Questo progetto nasce quindi l’intento di allargare il gruppo di donne scienziate che lavorano nelle
Nano-scienze ed aumentarne la visibilità nella comunità interna-
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zionale scientifica. In particolare gli scopi del progetto sono: a) incoraggiare giovani donne ad intraprendere studi e carriera nel settore delle nanotecnologie; b) incrementare la cooperazione internazionale delle donne ricercatrici; c) studiare i vantaggi e i rischi
collegati con le nanotecnologie, d) valorizzare il lavoro delle ricercatrici che operano nel campo delle nanotecnologie lavorano nelle
nanotecnologie; e) stimolare le donne ricercatrici a partecipare a
programmi internazionali; f) mobilitare le coscienze internazionali
in favore di una maggiore uguaglianza di sessi nella ricerca scientifica; g) stimolare il dialogo scienza-società.
Tra gli obiettivi principali del progetto vi sono anche lo studio approfondito dei benefici che le nanotecnologie possono apportare
alla salute e all’ambiente, e la comprensione delle interazioni dei
nanocomposti con l’ambiente, con altre molecole e con le cellule
in maniera da identificarne la potenziale tossicità, e le necessarie
protezioni da adottare quando si lavora con materiali su scala nanometrica. Tra gli effetti positivi legati a questa disciplina ricordiamo in campo medico, lo sviluppo di nuovi processi diagnostici e terapeutici. Con l’aiuto di strumenti diagnostici basati sulle nanotecnolgie, sarà possibile rilevare malattie o predisposizioni a malattie
in tempi più brevi di quelli attuali. Nelle terapie ci sarà la prospettiva di usare le nanotecnologie nello sviluppo di trattamenti specifici
liberi da effetti collaterali. Processi nanotecnologici possono migliorare la biocompatibilità di impianti artificiali. Numerosi benefici
si potranno anche avere nella salvaguardia dell’ambiente. Con le
nanoparticelle sarà possibile risparmiare nell’utilizzo di risorse, ridurre il volume di inquinante per unità di prodotto, ridurre il consumo di energia. Un nodo cruciale che verrà affrontato nel progetto è l’impatto sull’ambiente e sull’uomo del rilascio incontrollato di
nanoparticelle. Allo stato attuale la ricerca suggerisce che gli effetti sull’impatto ambientale sono limitati. In ogni caso nanoparticelle possono penetrare molto facilmente in cellule e membrane e
condurre oltre che a desiderati effetti anche a quelli indesiderati.
Le attività del progetto sono distribuite tra le varie partecipanti e
sono separate in tre steps. In una prima fase si stabilirà una mappa
delle competenze e si creerà un database delle donne ricercatrici in
questo settore a livello regionale, nazionale ed europeo.
In un secondo stadio si lascerà spazio ai mass media, ci saranno
partecipazioni ad eventi pubblici, visite a scuole, workshops e a
scuole estive, tutto ciò con l’intento di rendere più attraente la carriera scientifica, soprattutto per giovani donne. Questo stadio è
anche rivolto ad un miglioramento del ruolo della donna nella comunità delle nanoscienze e a creare un network di donne ricercatrici che lavorano attivamente in questo campo per supportare la
loro collaborazione a livello nazionale ed europeo delle relazioni
tra le varie nazioni.
L’ultimo stadio sarà dedicato alla raccolta e diffusione dei risultati
ottenuti nelle fasi precedenti e darà la possibilità alle donne scienziate di comunicare il loro lavori ad un pubblico più vasto A tale
proposito il webside Women in Nano avrà numerosi portali e links
per facilitare la diffusione dei risultati nonché numerosi servizi online per supportare la direzione ed il controllo amministrativo e finanziario del progetto. In particolare per ulteriori informazioni è
possibile consultare il sito www.ifw.dresden.de/eindex.htm.
Il progetto assicurerà un’utile analisi di confronto, nazione per nazione, sui risultati raggiunti nella ricerca nanotecnologica.
Da questi confronti tra nazioni si cercherà di comprendere meglio
le differenze tra la carriera di una donna e quella di un uomo nel
campo scientifico. In questo modo verranno create nuove collaborazioni e progetti in particolare coinvolgendo quelle regioni che risultano indietro rispetto alla media europea. Inoltre i vari membri
in seguito ad una analisi di tutti i risultati ottenuti dalle varie nazioni fornirà suggerimenti e raccomandazioni per rinforzare il ruolo
della donna nelle nanoscienze.
Riferimenti
Dott. Clara Silvestre,
Istituto di Chimica e Tecnologia dei Polimeri – CNR
Tel: 081 8675067
[email protected],
www.ifw.dresden.de/eindex.htm, www.ictp.cnr.it
Il progetto europeo node sui nanofili
Si è tenuto all’inizio di Ottobre in Svezia il primo convegno di ricerca sui nanofili (“nanowires”), nell’ambito del progetto NODE - Nanowire-based One Dimensional Electronics, coordinato dal Politecnico di Lund. E’ stata presentata la situazione attuale della ricerca
sui nanofili, sono intervenuti al Convegno sia università sia imprese, da segnalare due presentazioni di IBM. Il progetto durerà quatttro anni, con un finanziamento complessivo di 9.5M euro, ed ha
come obbiettivo di porre le basi per la progettazione e la costruzione di semiconduttori di prossima generazione.
Riferimenti
http://www.teknisknanovetenskap.lth.se/programmet/arskurs3/FFF110/PDF/Na
nowireSympProgramOct6.pdf
Invent: consorzio pubblico/privato da 600M$
per lo sviluppo di tecniche litografiche avanzate
L’Università di Albany negli Stati Uniti (University at Albany-SUNY’s
College of Nanoscale Science and Engineering - CNSE, USA) ha annunciato la nascità di un consorzio pubblico -privato dedicato alla
ricerca e alla formazione per lo sviluppo di tecniche litografiche
avanzate per l’industria dei semiconduttori.
Il consorzio integrerà le capacità e le risorse finanziarie di alcuni tra i
più importanti attori del mercato dei semiconduttori, Advanced Micro Devices (AMD), Infineon Technologies, International Business
Machines (IBM) e Micron Technology, con le facilities e le competenze esistenti presso uno dei centri americani più avanzati nel settore della nanoelettronica. Il programma prevede un forte investimento anche nella formazione, con la creazione presso l’Università
di una struttura formativa capace di agire su tutti i livelli formativi,
dalla educazione elementare fino alla educazione superiore. Basti
pensare che per la sola educazione delle minoranze sociali (“minority, women and under-represented populations”) nel campo delle
nanotecnologie e nanoscienze verranno investiti 2M$.
Nel consorzio l’europa è presente con l’azienda di semiconduttori
tedesca Infineon Technologies.
Riferimenti
http://www.albanynanotech.org/news/index.cfm?step=show_detail&NewsID=
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Le nanotecnologie prospettano la possibilità
di ottenere lenti perfette.
Un recente articolo pubblicato su Nature da un gruppo di ricercatori dell’Università di Manchester guidato da Alexander Grigorenko, (Nature, 17 Novembre Nature 438, 335-338,
http://www.nature.com/nature/journal/v438/n7066/abs/nature04242.html) ha messo in evidenza come le nanotecnologie potrebbero consentire di realizzare di lenti perfette, vale a dire scevre
da qualsiasi distorsione o perdita di informazione. Le lenti attuali,
infatti, le cui caratteristiche sono determinate dall’indice di rifrazione del materiale con il quale sono fatte e dalla loro curvatura, non
riescono a rifocalizzare tutta la luce che proviene dall’oggetto sotto osservazione e perdono cosi’ in accuratezza. Questo problema
potrebbe essere superato se si disponesse di lenti con un indice di
rifrazione negativo, ma fino a qualche tempo fa era convinzione
diffusa che avere un indice di rifrazione negativo non fosse possibile e comunque il solo materiale ottenuto con questa caratteristica
è risultato lavorare a lunghezza d’onda molto piu’ lunga della luce
visibile. I ricercatori dell’Università di Manchester hanno invece dimostrato che è possibile ottenere materiale con indice di rifrazione
negativo nel visibile. Infatti, depositando su una piccola superficie
di vetro delle particelle d’oro di dimensioni intorno a 100 nanometri si ottiene un materiale con una permeabilità alla luce negativa,
che è una delle condizioni per avere un indice di rifrazione negativo. Il lavoro da fare per ottenere tale risultato è ancora molto, ma
le premesse sono molto incoraggianti.
Riferimenti
www.nature.com
Promuovere la competizione tra i ricercatori
europei: The European Research Council
Una delle azioni elaborate dalla C.E. per la promozione della ricerca fondamentale europea è la creazione del European Research
Council (ERC), un elemento considerato dalla comunita scientifica
europea come una componente necessaria della cosidetta “European Research Area”; un organismo sviluppato nel contesto delle
“idee” per il VII Programma Quadro con uno stanziamento pevisto
di circa 12B$ in 7 anni.
L’obbiettivo del ERC è identificare e premiare programmi di ricerca
specifici unicamente in base al loro merito scientifico, mediante
quindi un meccanismo di finanziamento basato su una selezione
delle idea operata dalla comunita scientifica stessa (“investigatordriven” research”) e non dalla comunità politica ed istituzionale.
A tal fine l’ERC dovrà essere un organismo sovranazionale, dotato
di indipendenza economica e di un profilo scientifico elevatissimo,
tanto da diventare un riferimento a livello europeo ed internazionale. Insieme a questo ruolo di selezione si affianchera il compito,
sulla falsariga della National Science Foundation americana, di
coordinare e favorire la collaborazione e lo scambio tra ricercatori
e indirizzare lo sviluppo della ricerca europea.
L’effetto dell’istituzione dell’ERC dovrebbe quindi essere molteplice:
• Dare luogo ad un meccanismo di competizione tra ricercatori a
livello europeo, e non più solo nazionale, con l’obbiettivo di
superare la frammentazione di cui soffre la ricerca di base in
Europa.
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•
Creare un sistema di incentivi non più focalizzato su temi e
discipline scelte a priori (l’attuale finanziamento mediante i
programmi quadro) ma su una genuina competizione tra tutti i
campi della ricerca, basata unicamente sul puro merito
scientifico. Un approccio “bottom-up”, grazie al quale sarà la
comunità scientifica a definire gli ambiti di ricerca ed i progetti
da premiare ed incentivare (a tal fine, la futura indipendenza
economica e politica dell’ERC sarà fondamentale).
• Creare un valido sistema di riconoscimento della capacità e
qualità individuale, capace di identificare e premiare l’eccellenza.
Tale sistema, unito all’importante dotazione finanziaria di cui
dovrebbe essere fornito l’ERC (che non si sostituirà ma si
aggiungerà agli altri meccanismi di finanziamento) potrebbe
accrescere l’interesse e lo stimolo verso una carriera scientifica in
ambito europeo, diminuendo il fenomeno della migrazione di
giovani ricercatori verso gli Stati Uniti e stimolando i giovani ad
intraprendere un percorso di studi scientifico.
L’ERC dovrebbe quindi fare da leva per l’accrescimento del livello
qualitativo della ricerca fondamentale europea, con l’intento di
competere con gli Stati Uniti e non farsi sorprendere dalla crescita
che i paesi asiatici stanno vivendo anche in questo settore.
Nell’ambito delle “Idee” proposte per il VII Programma Quadro, ad
inizio 2005 sono iniziati i lavori per la definizione dei compiti e della
struttura dell’ERC, mediante la creazione di una apposita commissione (“Identification Comittee”). A Marzo 2005 è stato pubblicato il
rapporto “Interim report of the ERC Identification Committee”, che
ha fornito le prime linee guida per la definizione dell’ERC e a Giugno
2005 la Commissione ha concluso il suo lavoro proponendo alla C.E.
la lista dei 22 scienziati selezionati per costituire il Comitato Scientifico (“Scientific Governing Council“). La lista dei componenti è stata
pubblicata dalla C.E. il 18 Luglio 2005 (http://europa.eu.int/comm/research/press/2005/pr1807en.cfm), due gli italiani presenti:
Claudio Bordignon , Direttore Scientifico e Professore di Ematologia dell’Istituto San Raffaele di Milano, e Salvatore Settis, Direttore
della Scuola Normale di Pisa, Rimane invece ancora da dafinire la
strategia organizzativa del ERC, in particolare il legame della struttura con la Commissione Europea e gli stati membri. Il meccanismo
con il quale l’ERC potrà ricevere ed erogare finanziamenti e la sua
capacità di agire e decidere in maniera indipendente saranno fondamentali per garantirne l’efficacia.
Riferimenti
http://www.cordis.lu/fp7/ideas.htm
Nanoforum report: funding and support
for international nanotechnology collaborations
Il network europeo sulle nanotecnologie Nanoforum ha appena
pubblicato un nuovo rapporto dal titolo “Funding and support for
international nanotechnology collaborations”.
Si tratta di un’attenta indagine degli organismi che supportano e
finanziano collaborazioni internazionali nel settore delle nanotecnologie. Vengono analizzate strutture che forniscono supporto a
livello globale (i programmi di collaborazione della Commissione
Europea, The “Human Frontier Science Programme” finanziato da
numerosi paesi, ecc.) oppure che favoriscono collaborazioni bilaterali tra diversi paesi/aree del mondo (per esempio l’ “Office of In-
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ternational Science & Engineering” americano). Il rapporto analizza iniziative che hanno origine in Europa, Nord America, Sud America (Argentina, Cile, Messico), SudAfrica, Russia, paesi dell’Est e
NIS (New Independent States) e in maniera dettagliata Asia-Pacifico (Cina, India, Giappone, Korea, Nuova Zelanda, Taiwan, Thailandia, Australia).
Per ciascuna struttura viene fornita una breve descrizione ed i relativi riferimenti.
Nella parte finale del rapporto si trova un’interessante sommario
dei principali portali web internazionali che si occupano di promuovere il networking e la collaborazione sulle nanotecnologie.
Riferimenti
http://www.nanoforum.org/dateien/download.php?userid=2089996&dateinr=
600&dateiorig=000600.upl&dateiname=internationalnanotechnology.pdf&zeit
code=02122005104659
maggior parte degli studenti trova occupazione immediatamente
in Italia ed all’estero sia nel settore privato che pubblico; altri invece proseguono con la ricerca.
Le deadline per la iscrizione all’edizione 2006 erano il 30 Settembre ed il 25 Novembre 2005, i corsi si terranno da Gennaio a Luglio
e gli stage da Settembre a Novembre.
Riferimenti
CIVEN
Torre Hammon Via della Industrie, 17/A
Venezia-Mestre
Tel. 041 5094254
[email protected]
http://www.civen.org/index.php?option=com_content&task=view&id=29&Ite
mid=52&lang=
International master in nanotecnologies
Master europeo in nanotecnologie
dei materiali polimerici
Si è tenuta il 14 dicembre la graduation della seconda edizione dell’International Master in Nanotechnologies, corso post lauream di
secondo livello, organizzato dall’Associazione CIVEN (Coordinamento Interuniversitario Veneto per le Nanotechnologie) e diretto
dall’ing. Pietro Busnardo, costituita dall’Università degli Studi di
Padova, dall’Università Ca’ Foscari di Venezia, dall’Università degli
Studi di Verona e completamente finanziata dalla Regione del Veneto con un finanziamento complessivo di 14 ML di Euro, al fine di
realizzare iniziative di formazione e ricerca applicata nel settore
delle nanotecnologie.
L’International Master in Nanotechnologies è un master altamente
specialistico e rivolto principalmente ai laureati in scienze
MMFFNN, ingegneria e area farmaceutica/biotech. E’ uno dei primi
corsi in Europa progettato per formare specialisti di elevato profilo,
capaci di coniugare solide conoscenze tecnico-scientifiche a skill di
tipo economico-gestionali e che avranno possibilità di inserimento
in qualità di project-leader per la Ricerca & Sviluppo di imprese industriali o di consulenti high-tech di start-up nanotecnologiche.
La prima edizione si è conclusa con ottimi risultati di placement,
tutti gli studenti diplomati sono attualmente impiegati in istituzioni
e aziende hi-tech, leaders in Italia e all’estero. L’Intel, dopo aver assunto due studenti IMN, finanzierà due borse di studio per il terzo
anno consecutivo, lo stesso farà la San Benedetto, nota azienta veneta.
L’International Master in Nanotechnologies ha durata annuale ed
è caratterizzato da circa il 65-70% delle proprie lezioni a carattere
scientifico/tecnologico, e dal restante 30-35% di carattere gestionale. Sono, inoltre, previsti workshop, conferenze, lavori di gruppo, attività di laboratorio presso la NANOFAB, la NanoFabrication
Facility del Veneto, e tre mesi conclusivi di stage in azienda. Le lezioni sono in inglese tenute da personale docente proveniente dalle migliori università mondiali (MIT, Cambridge, etc.) ed è aperto a
studenti italiani ed internazionali. È forte di collaborazioni di prestigio sia a livello accademico, quali ad esempio Cambridge University, UCLA, sia a livello aziendale.
L’IMN è dunque un’eccellenza a livello italiano che forma specialisti
“ad hoc” unici in Italia ed in Europa. Al conseguimento del titolo,
rilasciato congiuntamente dalle Università di Padova e Venezia, la
Sono aperte le iscrizioni per l’anno 2005-2006 al Master Europeo
di II° livello in Nanotecnologie dei Materiali Polimerici organizzato
dalla Università di Perugia, sede di Terni.
Il Master è stato progettato allo scopo di offrire a laureati in Ingegneria, Chimica, Fisica e Scienza dei Materiali, gli strumenti e le
esperienze necessarie per approfondire e migliorare le conoscenze
acquisite durante gli studi universitari nel settore della sintesi, delle
trasformazioni e delle applicazioni dei materiali polimerici nanostrutturati e dei nanocompositi a matrice polimerica.
Il Master si pone nell’ambito della Rete di Eccellenza Europea NANOFUN-POLY coordinata dal consorzio INSTM e finanziata dalla
Comunità Europea, e prevede la partecipazione di docenti e allievi
di istituzioni di paesi comunitari e non partecipanti alla Rete.
Al termine del percorso, finanziato dal Fondo Sociale Europeo, verrà
rilasciato un attestato di frequenza per la figura di “Esperto nelle
Nanotecnologie dei materiali per l’industria meccanica ed elettronica” ed “Esperto nelle Nanotecnologie dei materiali per l’industria
chimica. L’accesso al Master è riservato ai laureati del vecchio ordinamento e ai possessori della laurea specialistica rilasciate dalle Facoltà
di Ingegneria, Fisica, Chimica e Scienza dei Materiali.
Il master prevede 3 mesi di formazione in aula e 6 mesi di stage in
Italia e all’estero in centri di ricerca accademici e industriali collegati a NANOFUN-POLY.
Il Collegio dei Docenti è costituito da esperti italiani ed stranieri
della Rete Europea NANOFUN-POLY:
J.M. Kenny (UNIPG), L.Torre (UNIPG), F. Vecchiocattivi (UNIPG), G.
V. Sebastiani (UNIPG), S. Russo (UNIGE), G. Camino (POLITO), M.
Stamm (IPF-DRESDA), N. Zafeiropoulos (IPF-DRESDA), D. Puglia
(UNIPG), L. Valentini (UNIPG), I. Mondragon (UNIV. SAN SEBASTIAN), H. Reinecke (CSIC-MADRID), K. Dusek (MACRO IST.-PRAGUE), J. Biagiotti (UNIPG), M. Kozanecki (UNI. LODZ), P. Tiemplo
(CSIC-MADRID)
Le scadenze del percorso sono le seguenti:
- Iscrizione: 30 Novembre - 30 Dicembre 2005
- Attività di formazione a Terni: Febbraio – Maggio 2006
- Stage in Italia e all’estero: Giugno – Novembre 2006
- Esame di ammissione: 25-26 Gennaio 2006
- Inizio lezioni: 1 Febbraio 2006
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La partecipazione al Master è gratuita ed è prevista l’erogazione di
una Borsa di Studio per il periodo di stage.
Riferimenti
Giorgia Menciotti – Università di Perugia (sede di Terni), Dipartimento di
Ingegneria Civile ed Ambientale
Loc. Pentima Bassa 21, Terni
[email protected],
www.unipg.it/studenti/bandi.jsp?scadenza=all&tipo=all&facolta=all&invia=In
via&idBando=211
Master in compositi e nanotecnologie
per l’aereospazio
Si sono chiuse ad inizio Novembre le iscrizioni al master di I livello
in Compositi e Nanotecnologie per l’Aereospazio, organizzato dall’Universita’ di Roma “La Sapienza” - Dipartimento di Ingegneria
Aerospaziale e Astronautica in collaborazione con Airi/NanotecIT e
diversi partner industriali (Aero Sekur, Agusta, Alenia Spazio, Alenia Marconi System, Aviospace, Centro Sviluppo Materiali, Cira
Enea, Infn, Macotech, Ministeo Della Difesa, Regione Lazio, Sistema Compositi)
Alla base del Master è il Concurrent Engineering un approccio sistematico ed integrato che tiene conto di tutti i processi correlati, come
la produzione ed il supporto logistico, per arrivare ad un nuovo prodotto aerospaziale innovativo e competitivo. Tutti i settori dell’ingegneria concorrono a questo processo ed in particolare i materiali e le
nanotecnologie. I materiali, e soprattutto i compositi tradizionali e
avanzati, sono uno dei punti cardine nella progettazione e nel manufacturing di un qualsiasi Sistema Aerospaziale. La conoscenza di
tutti i processi tecnologici permette ad un giovane Ingegnere di divenire competitivo all’interno di una moderna realtà aziendale e di ricerca. Lo scopo del Master è quello di affrontare tutte le tematiche
riguardanti materiali avanzati e nanotecnologie utilizzate nel settore
dell’ Ingegneria Aerospaziale. Va sottolineato come le grandi Case
Costruttrici (BOEING, AIRBUS) stiano sviluppando dei Progetti di Ricerca a lungo periodo che permettono di inserire in maniera massiccia i materiali compositi e le nanotecnologie nelle strutture aerospaziali. Si parla sempre più della progettazione di elementi strutturali di
primaria importanza (es. ordinate di forza, longheroni) in composito,
sia per gli aeromobili che per i sistemi spaziali. Esempi evidenti sono il
progetto del velivolo a lungo raggio Boeing 7E7 e quello dell’AIRBUS
(serie A300), USV, sistemi di rientro etc.
Lo studio delle nanotecnologie (es. i nanotubi in carbonio) sta suscitando in tutto il mondo Accademico e Industriale un forte interesse.
L’introduzione di queste tematiche permetterà ai partecipanti di acquisire un bagaglio di conoscenze non limitato solamente ai processi ormai consolidati, ma di affrontare dei temi di Ricerca di frontiera
con i quali divenire una Figura Professionale di sicuro interesse non
solo per l’Università e le Industrie nazionali, ma anche a livello internazionale. Va poi sottolineato come i compositi e le nanotecnologie
trovino applicazione non solo nell’aerospazio, ma anche nei settori
automobilistico, navale, elettronico, medico e altro.
Al termine del corso l’ingegnere sviluppa una profonda capacità di
fondere gli aspetti legati al design e all’architettura del Sistema Aerospaziale con quelli legati alla scienza dei materiali innovativi ed ai
relativi processi tecnologici: dall’engineering tradizionale al con28
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current engineering. Il Master è rivolto ai laureati in Ingegneria ed
in Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali in possesso di laurea
conseguita in base al vecchio ordinamento o di laurea specialistica
(LS) o di laurea (L) di primo livello.
La struttura della didattica del Master (suddiviso in Moduli) può essere cosi sintetizzata:
• Moderni sistemi aerospaziali.
• Materiali compositi tradizionali ed innovativi (es. compositi ibridi, strutture inflatable, compositi con nanotubi in carbonio).
• Processi tecnologici di produzione e delle procedure di analisi
(es. microscopia elettronica avanzata) di materiali avanzati.
• Analisi dei problemi di integrazione dei processi di design di un
sistema aerospaziale e di quelli legati allo sviluppo di materiali
avanzati.
• Nanotecnologie: processi, caratterizzazioni, analisi morfologiche, integrazione di sistemi nanometrici.
• Applicazione delle nanotecnologie al settore aerospaziale.
La durata del Master è fissata in dodici mesi, da gennaio a dicembre 2006, suddivisi in sei mesi di didattica e sei mesi di Stage presso le Industrie e gli Enti che hanno patrocinato il Corso di Master.
Riferimenti
Ing. Marco Regi, Università di Roma “La Sapienza”
Scuola di Ingegneria Aerospaziale (SIA)
Tel. 06.44.585.953
[email protected]
Richard Smalley
Richard Smalley, vincitore del Premio Nobel per la chimica nel 1995
è morto il 28 Ottobre 2005. Il Dr. Smalley, della Rice University di
Houston, Texas, ha condiviso il suo Premio Nobel con Robert Curl e
Harry Kroto per la scoperta di una nuova forma di carbonio, la terza dopo il diamante e la grafite, una molecola C60, di forma sferica, chiamata, appunto per la sua forma, “buckminsterfullerene, o
“buckyballs”.
Numerose ipotesi vennero subito fatte circa le possibili applicazioni
dei buckyballs, ma la loro scoperta alla fine è risultata essere determinante soprattutto per aver dato il via alla esplosione della ricerca
sulle proprietà della materia alle dimensioni del manometro. In
pratica alle nanotecnologie.
Smalley puo’ essere considerato a ragione uno dei campioni dello
sviluppo di queste tecnologie abilitanti, nelle quali egli ha visto il
mezzo per risolvere la maggior parte dei problemi del mondo moderno. Da quelli legati alla produzione di energia a basso costo, alla cura di un gran numero di malattie. La sua convinzione circa
l’importanza delle nanotecnologie e la necessità di favorirne lo sviluppo e la diffusione sono stato uno dei propulsori alla base della
decisione del Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, di dare avvio,
nel 2001, alla National Nanotechnology Iniziative (NNI) attraverso
la quale indirizzare, promuovere e sostenere l’attività nelle nanotecnologie di quel Paese e che attualmente, con un finanziamento
di circa un miliardo di dollari all’anno, è il motore principale del sostegno pubblico alla ricerca in questo settore.
L’impegno di Smalley ha riguardato sia la ricerca che lo sviluppo
commerciale delle nanotecnologie e tutti saremo debitori di questo impegno per l’apporto che queste tecnologie potranno dare alla crescita ed al benessere futuro. (EM)
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Seminari & Convegni
Nanoscienze ed il futuro dell’Information
Technology: il convegno European Science
Foundation
Parigi; 4/4/04 – 7/4/05
The ESF European Science Foundation ha organizzato a Parigi il
convegno con lo scopo di effettuare una panoramica sullo stato
dell’arte della ricerca corrente nell’ambito delle nanotecnologie e
delle tecnologie più mature (quella del silicio, per esempio) allo
scopo di individuare quelli che saranno i possibili sviluppi delle nanoscienze nelle tecnologie per l’informazione. Le note riguardano
in particolare la tecnologia del silicio, la computazione quantistica,
la spintronica e l’elettronica molecolare, argomenti che sono relativamente vicini alla mia attività di ricerca, tralasciando altre tematiche altrettanto importanti ma a me lontane quali il software, le
smart interfaces, la bio neuro electronics [1].
La distribuzione geografica dei partecipanti al workshop è stata la
seguente: IT(3), FR(22), SE(1), ES(3), SL(1), UK(7), PL(2), USA(4),
JP(1), AU(4), FI(1), NL(2), DE(4), CH(3).
L’intervento di apertura del workshop è tenuto da Levenson, Francia, che introduce C’nano. C’nano è il centro di competenza per le
nanoscienze nella regione di Parigi e Ile de France. Esso coordina
circa 800 ricercatori, distribuiti in circa 100 gruppi di ricerca locati
in 28 laboratori con due Laboratori Nazionali di Nanotecnologia. I
temi affrontati e coordinati da C’nano sono l’elettronica di spin,
l’elettronica molecolare, la nanofotonica, la quantum information,
la nanobiofotonica e la nanochimica. C’nano ha il compito di promuovere lo scambio di ricercatori tra i vari laboratori, l’interdisciplinarità, l’accesso ai centri di nanotecnologia, il training degli studenti, informazione scientifica ed il collegamento con industria.
Durante il workshop si sono avuti una serie di interventi che hanno
fatto una panoramica sullo stato dell’arte e le prospettive nell’ambito della tecnologia del silicio (H. Kurz, Institute of Semiconductor
Electronics II, RWTH, Germania, G.Burianoff di Intel, USA e
G.Matheron di MEDEA, Francia)
Kurz ha presentato una panoramica sulla tecnologia dei CMOS
(Complementary-MOS). Affermando che dal 2004, con l’introduzione della cosiddetta “90nm-node-technology” l’industria dei semiconduttori è entrata nell’era “nano”. La definizione 90nm-node
si riferisce alla più piccola linea di metallizzazione realizzabile con
questa tecnologia. L’ampiezza del gate ad essa associata è di
50nm. CMOS basati su “65nm-node technology” (30nm di lunghezza di gate) sono in fase di qualificazione e si prevede di poter
utilizzare la tecnologia dei CMOS spinta fino a 22nm con dimensioni di gate di circa 10nm, ottenibili nel prossimo decennio (nel
2016 secondo la roadmap del silicio).
I fattori principali che controllano la velocità di commutazione in
un MOSFET sono la lunghezza di canale e la mobilità dei portatori.
Il problema futuro sarà quello di ridurre ulteriormente le dimensioni dei dispositivi per poter guadagnare in velocità e densità senza
però degradare le loro prestazioni e l’affidabilità. La riduzione delle
dimensioni del canale riduce l’efficienza del gate nel portare il MOSFET allo stato “off”. Inoltre, anche le dimensioni nella direzione
verticale, come ad esempio quelle dello spessore dell’ossido di gate e della larghezza di svuotamento, andranno scalate di conseguenza. A causa della riduzione delle dimensioni laterali ora l’ossido di gate è ridotto a pochi layer atomici causando così l’incremento delle correnti di perdita nel dispositivo. C’è quindi la consapevolezza che per ridurre ulteriormente le dimensioni del CMOS nuovi
dielettrici di gate con più alta costante dielettrica relativa dovranno
essere sviluppati. Una delle sfide è quella di raggiungere con i dielettrici ad alto-k (ZrO2, TiO2, HfO2) uno spessore equivalente di
1nm con correnti di perdita minori di quelle del SiO2.
Si suppone che alla fine di questa roadmap, raggiunto il limite di
gate di 10nm si dovrà pensare a dispositivi di tipo nuovo come i
double- (o tri) gate Fin-MOSFET basati su Silicon on Insulator (SOI)
con layer di silicio ultra sottili (vedi Fig.1 e [2]),
Fig. 1 Coppia di Triple gate Fin-MOSFET.
Fonte: www.amo.de
Fig. 2 Memoria Flash
E’ stata presentata anche una panoramica sullo stato dell’arte delle memorie non volatili. La non volatilità si riferisce alla proprietà
che hanno queste memorie di mantenere i dati per anni anche
senza alimentazione elettrica. Questo tipo di memorie sono presenti in tutti i sistemi elettronici commerciali (computer, automobili, telefoni mobili, etc.). Il mercato è basato principalmente sulle
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memorie flash (vedi Fig.2). Queste memorie immagazzinano in
modo persistente elettroni in uno strato flottante di polisilicio posto nell’ossido di gate di un MOSFET. L’immagazzinamento della
carica avviene fornendo abbastanza energia agli elettroni tanto da
attraversare il sottile ossido di tunnel posto tra il “floating gate” ed
il canale del MOSFET. A causa di questa iniezione di portatori le caratteristiche corrente-tensione vengono traslate di una quantità dipendente dalla carica accumulata così da permettere la lettura dello stato di carica della cella. Questo processo di iniezione di portatori (“hot carrier injection”) ha effetti sulla capacità di ritenzione
della carica poiché l’impatto degli elettroni crea a lungo andare difetti nell’ossido ed inoltre le rende lente nelle operazioni di scrittura e cancellazione della cella di memoria.
Le memorie flash cominciano a subire l’assalto di nuove tecnologie
che risultano essere più veloci (decine di nanosecondi) e che possono sopportare cicli di scrittura di anni mentre invece le memorie
flash cominciano a fallire dopo meno di un milione di cicli di scrittura (vedi tabella I). Le memorie che si preparano a competere con
le Flash sono le memorie FRAM. Il principio di funzionamento delle
FRAM è basato sull’allineamento di domini di dipoli elettrici in materiali ferroelettrici (ad es. PZT, titanato di piombo e zirconio) per
determinare lo stato “0” o lo stato “1”.
Un altro tipo di memorie non volatili sono le MRAM che si basano
sulla variazione di magnetoresistenza di giunzioni tunnel con elettrodi ferromagnetici: in questo caso l’orientamento dei domini magnetici se concorde nei due elettrodi determina lo stato “1” se discorde lo stato “0”. La lettura dello stato comporta la misura della
resistenza elettrica della giunzione: è alta se i domini sono antiparalleli ed è bassa se sono paralleli.
L’ultimo tipo di memorie OUM (Ovonic Unified Memory) sono basate su una lega (“chalcogenide alloy”) che dopo essere riscaldata a
temperature opportune e poi raffreddata passa ad una fase amorfa
o cristallina. La resistenza elettrica del film nella fase amorfa è alta
mentre l’altra è bassa. Dal sito http://www.spectrum.ieee.org/WEBONLY/publicfeature/mar03/semit1.html si ottiene la tabella I di confronto tra le varie tecnologie (Marzo 2003).
TABELLA 1 - NONVOLATILE MEMORY AT A GLANCE
PARAMETER
FLASH
(PRODUCTION)
FERROELECTRIC
RAM
MAGNETORESISTIVE
RAM
OVONIC UNIFIED
MEMORY
256
64
1
4
Largest array
built,Mba
Cell size factor
b
8-10
18
10-20
5-8
Endurance,
cycles
106
1016
1014
1012
Read/write
voltages, v
2/12
1.5/1.5
3.3/3.3
0.4/1
Read/write
speeds, ns
20/1000
40/40
50/50
50/50
6-8
2
4
3-4
Extra mask
steps meeded
to embed
memory
In production
Yes
Some major
players
- ADM
- Intel
- Silicon Storage
Tecnology
- Sharp
- Toshiba
- STMicroelectroics
a
Yes
- Fujitsu
- Ramtron
- Samsung
- Texas
Instumet
2004
- IBM
- Infineon
- Motorola
- NEC
- Toshiba
n.a.
- BAE
- Intel
- Ovonix
- STMicroelectroics
1Mb = 1024 bits - b In mumtiples of the squame of interconnect with on the chip’s lo west metal level.
Anche Burianoff, concordando con quanto detto da Kurz, afferma
che la legge di Moore (vedi Fig.3) continuerà a valere per i prossimi
10 anni e permetterà la sopravvivenza dei CMOS fino a raggiungere i 10nm di lunghezza di gate.
POTENTIAL / RISK
LOGIC DEVICE
TECHNOLOGIES
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PERFORMANCE
(A)
ARCHITECTURE
COMPATIBLE
(B) *
STABILITY
AND
RELIABILITY
(C)
CMOS
COMPATIBLE
(D)**
OPERATE TEMP
(E)***
ENERGY
EFFICIENCY (F)
SENSITIVITY
(PARAMETER)
(G)
SCALABILITY
(H)
ID Structures
2.3/2.2
2.2/2.9
1.9/1.2
2.3/2.4
2.9/2.9
2.6/2.1
2.6/2.1
2.3/1.6
RSFQ Devices
2.7/3.0
1.9/2.7
2.2/2.8
1.6/2.2
1.1/2.7
1.6/2.3
1.9/2.8
1.0/2.1
Resonant
Tunneling Devices
2.6/2.0
2.1/2.2
2.0/1.4
2.3/2.2
2.2/2.4
2.4/2.1
1.4/1.4
2.0/2.0
Molecular Devices
1.7/1.3
1.8/1.4
1.6/1.4
2.0/1.6
2.3/2.4
2.6/1.3
2.0/1.4
2.6/1.3
Spin Transistor
2.2/1.7
1.7/1.6
1.7/1.7
1.9/1.4
1.6/2.0
2.3/2.1
1.4/1.7
2.0/1.4
SETs
1.1/1.2
1.7/1.2
1.3/1.1
2.1/1.4
1.2/1.8
2.6/2.0
1.0/1.0
2.1/1.7
QCA Devices
1.4/1.3
1.2/1.1
1.7/1.8
1.4/1.6
1.2/1.4
2.4/1.7
1.6/1.1
2.0/1.4
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Nell’arco di tempo 1960-2005 il prezzo del singolo transistor è diminuito di sette ordini di grandezza scendendo nella scala dei nanodollari (attualmente, 100nano$/transistor). Raggiunti il limite
dei 10nm di gate sarà necessario l’uso di tecnologie alternative. La
tabella II riporta il confronto tra le diverse tecnologie ed architetture disponibili in alternativa ai CMOS. Le varie caselle della tabella riportano un “voto” da 1 a 3. La tecnologia più promettente, secondo INTEL, sono le strutture 1D mentre quelle nella banda scura della tabella sono considerate da INTEL molto rischiose (dispositivi
molecolari, spin transistor, SET e i dispositivi basati su Quantum
computing). In grigio abbiamo le tecnologie a rischio intermedio,
ad es. l’architettura RSFQ è promettente in termini di performance
ed affidabilità ma è operativa solo a basse temperature quindi non
adatta al largo consumo.
La stato di avanzamento della ricerca nell’ambito della computazione quantistica con i dispositivi a stato solido è stata riportata da
D.Esteve, CEA Sacly Gif-sur-Yvette, Francia e da Loss, Università di
Basilea, Svizzera. Il problema della computazione quantistica nasce
negli anni 80. Infatti, già allora si prevedeva che, come evidenziato
negli interventi precedenti, la crescita del numero di transistor avrebbe portato ad una loro miniaturizzazione molto spinta. Poiché i sistemi piccoli (in scala nm o mesoscopici) sono governati dalle leggi della meccanica quantistica, un hardware composto da molti di questi
sistemi dovrà esibire in modo naturale il comportamento quantistico. La simulazione del comportamento di tale hardware, se fatto con
un computer convenzionale, cresce esponenzialmente con le sue dimensioni e diventa rapidamente un problema intrattabile. Feyman
ha avuto l’idea di trattare l’oggetto dello studio con sistemi della
stessa natura: ovvero dispositivi quantistici devono simulare sistemi
quantistici. Un processore quantistico necessita di un sistema quantistico a due livelli (il qubit), di un gate (formalmente il gate compie
una trasformazione unitaria sullo stato del qubit) e di un sistema di
lettura dello stato. In letteratura si trovano vari tipi di qubit: quelli
che sono di interesse per questo workshop sono quelli a stato solido
che si prestano al processo di integrazione.
Secondo Esteve qubit di carica basati su quantum dot attualmente
hanno un tempo di decoerenza molto basso (circa 1ns, Hayashi et
al., NTT, 2003). Per tempo di decoerenza si intende l’intervallo di
tempo massimo in cui le oscillazioni (di carica in questo caso) permangono coerenti tra i due livelli del sistema quantistico: questo
tempo deve essere molto maggiore del tempo necessario per eseguire una operazione con il gate. Fanno eccezione i qubit a quantum dot basati sulle oscillazioni di spin (vedi intervento di Loss). Secondo Esteve, i qubit più promettenti sono quelli basati su giunzioni Josephson con elettrodi superconduttori in cui l’energia di carica
è circa uguale all’energia di Josephson (charge-phase qubit). L’evoluzione temporale di questo tipo di qubit è stata studiata inviando
in ingresso impulsi a microonde risonanti. In questo modo sono
stati misurati tempi decoerenza dell’ordine di 500ns.
Loss parte dalla considerazione che dovendo realizzare dei qubit
con stati elettronici è meglio utilizzare le proprietà di spin dei singoli elettroni invece che la loro carica a causa del più lungo tempo
di decoerenza previsto [3]. La teoria prevede che il tempo di decoerenza T2 sia circa uguale a quello di rilassamento dell’energia del
singolo spin T1 (per definizione T2£2T1). Sperimentalmente Elzerman et al. [4] hanno realizzato la misura del tempo di rilassamento
T
T1 in quantum dot di GaAs applicando sul piano del dot un campo
magnetico di una decina di Tesla in modo da separare in energia gli
elettroni con spin – da quelli con spin ¯ per effetto Zeeman. L’espediente usato per realizzare la misura si è basato sulla conversione
dello spin di un elettrone confinato in un dot in una carica elettronica elementare. Tale carica, quando viene rilasciata dal dot, può
essere misurata da un punto di contatto quantico (“quantum
point contact”) posto in vicinanza del dot che funge da elettrometro. In questo modo si è potuto misurare un tempo di rilassamento
T1»1ms.
L’elettronica di spin (Spintronica) è stata discussa in vari interventi
ed in modo particolare da A.Fert, Unità CNRS/Thales, Università di
Parigi Sud, Francia, Come è noto la spintronica tratta dell’influenza
dello spin nella conduzione elettrica attraverso micro e nanostrutture. In particolare, il dispositivo spin-valve è una struttura fatta di
vari strati di materiale magnetico e non-magnetico la cui resistenza
dipende dallo spin degli elettroni che passano attraverso il dispositivo e che possono essere controllati da un campo magnetico
esterno. Nei sistemi basati su GMR (giant magneto resistence) variazioni percentuali della magnetoresistenza (DR/R) dell’80% sono
stati ottenuti con film molto sottili di Fe(3nm)/Cr(0.9nm)/Fe. La
condizione di bassa resistenza viene ottenuta con la magnetizzazione parallela nei due film di ferro applicando un campo magnetico opportuno (circa 30kgauss), mentre la condizione di alta resistenza si ha nella condizione di magnetizzazione antiparallela ed a
zero campo magnetico. L’applicazione principale della GMR è nella
realizzazione di testine magnetiche per la lettura dei dischi rigidi
dei computer. Altro effetto importante riscontrabile in strutture tipo spin-valve è quello della TMR (tunnel magneto resistence) su cui
si basano le MRAM citate precedentemente. In questi sistemi con
Fe/MgO/Fe(001) si sono ottenuti DR/R di circa il 250%. Il record
(1800%) è stato ottenuto con ferromagneti semimetallici.
In questo intervento vengono anche discussi esperimenti in cui il
campo elettrico è in grado di controllare il ferromagnetismo. La
possibilità di controllare esternamente le proprietà magnetiche di
un materiale è fortemente auspicabile sia dal punto di vista della ricerca fondamentale che dal punto di vista delle applicazioni tecnologiche. Per ottenere questi risultati si usano delle leghe di film sottili di materiale semiconduttore drogato opportunamente con impurezze ferromagnetiche usando in configurazione tipo MOSFET
[5]. Si discutono poi i dispositivi a spin-valve fatti con materiali organici [6].
Un altro degli argomenti trattati nel workshop riguarda lo stato
dell’arte e le prospettive future nell’elettronica molecolare (relatore
Bourgoin, Laboratoire d’Electronique Moleculare, Saclay, Francia).
L’elettronica molecolare, contrariamente a quanto avviene nella
tecnologia del silicio, ha un approccio al dispositivo di tipo ”bottom-up”: si parte cioè dalla sintesi del materiale attivo (molecole,
nanoparticelle, DNA/RNA, nanotubi) fino ad ottenere dispositivi e
circuiti con una qualche funzionalità. La misura del trasporto di
corrente elettrica nelle molecole e la qualità del contatto elettrico
molecola-elettrodo risulta essere un problema non ancora risolto
completamente. Varie metodologie sono state impiegate per misurare le caratteristiche elettriche sia di un singola o di poche molecole quali, AFM, STM oppure mediante elettrodi con nanogap o
crossbar.
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Come è noto, il passaggio degli elettroni attraverso un quantum
dot è fortemente modificato dalla presenza o meno di un elettrone
nel dot (questo effetto si chiama “Blocco Coulombiano”) e dalla
quantizzazione dei livelli. Molti sforzi sono stati fatti per osservare
questi effetti anche nelle molecole, nanotubi e nanocristalli. Viene
citato l’esempio di un transistor a singola molecola basato su una
molecola di C60 connessa ad elettrodi di oro realizzati mediante litografia elettronica e la tecnica delle break junctions [7]. La misura
delle caratteristiche IV corrente-tensione, a temperatura T=1.5K e
per varie tensioni di gate mostra chiaramente la soppressione della
conduttanza per tensioni di polarizzazione vicino allo zero ed un
andamento a gradini a più alte tensioni. L’ampiezza della zona a
bassa conduttanza può essere modulata in modo reversibile variando la tensione di gate. Si discute anche il problema di usare più
molecole invece di una singola molecola: questo potrebbe portare
al beneficio di mediare le fluttuazioni che deteriorano il funzionamento dei dispositivi molecolari.
Che funzioni possono svolgere questi dispositivi con poche molecole? Una applicazione potrebbe essere nel campo delle memorie. Abbiamo già visto il funzionamento delle memorie Flash a semiconduttore. L’immagazzinamento di più bit per cella, allo scopo
di aumentare la capacità di memoria per unità di superficie, è un
argomento di studio molto importante. Chao et al, [8] dimostrano che è possibile realizzare una memoria a multilivelli usando
molecole redox interfacciate con nanofili di In2O3. L’immagazzinamento dei dati può essere effettuato alterando la popolazione
degli stati delle molecole mentre la lettura dello stato avviene misurando la conduzione all’interno del nanofilo che agisce come
un FET. Inviando impulsi sul gate, otto livelli di carica sono stati
precisamente immagazzinati nel dispositivo molecolare. In un altro esperimento vengono descritti dispositivi molecolari comprendenti un singolo monolayer di molecole bistabili inserite all’interno di elettrodi metallici di 40nm di gap strutturati a crossbar. In
questo sistema sono state misurate caratteristiche IV con rapporti
di resistenza tra lo stato “off” e lo stato “on” molto alti. Questi
dispositivi possono funzionare come elementi di base per circuiti
elettronici ultradensi [9].
Quali sono i vantaggi previsti per le memorie a base molecolare?
Queste memorie sono a più livelli, le dimensioni della cella elementare sono molto ridotte, sono potenzialmente molto economiche,
hanno un basso consumo e sono non-volatili. I problemi che si devono ancora risolvere sono molteplici e sono quelli legati alla compatibilità con i CMOS, l’affidabilità, il controllo del comportamento
collettivo e gli schemi d’indirizzamento.
[1] L’autore, pur avendo controllato con cura l’esattezza delle informazioni
qui riportate, declina ogni responsabilità per eventuali errori od omissioni
scusandosene anticipatamente.
[2] Ieong, et al , “Silicon Device Scaling to the Sub-10-nm Regime”,
Science, Vol 306, Issue 5704, 2057-2060 , 17 December 2004.
[3] Cerletti et, ”Recepies for spin based quantum computing”, condmat/0312028 (2005).
[4] Elzerman et al. “Single shot readout of an individual electron spin in a
quantum dot”, Nature vol 430, 431 (2004).
[5] Ohno et al, “Electric field control of ferromagnetism” Nature, vol 408,
944 (2000).
[6] ] Xiong, “Giant magnetoresistance in organic spin valve”, Nature, vol
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427, 821 (2004).
[7] Park et al, “Nanomechanical oscillations in single C60 Transistor”,
Nature, vol 407, 57 (2000).
[8] Chao et al., “Multilevel memory based on molcular devices”, App. Phys
Lett., vol 84, 1949 (2004).
[9] Chen et al “nanoscale molecular switch devices fabricated by
imprinting lithography”, Appl. Phys. Lett., vol82, 1610 (2003).
Contatti
Roberto Leoni, Istituto di Fotonica e Nanotecnologie, CNR, Roma.
[email protected]
I convegni Nanoroadmap
Il progetto Nanoroadmap, cofinanziato dalla CE nell’ambito del VI
Programma Quadro (FP6) e coordinato da AIRI/Nanotec IT, si concluderà alla fine di Dicembre 2005 con la pubblicazione di 12 roadmaps, a 10 anni, circa l’applicazione delle nanotecnologie nei settori: Materiali, Salute, Energia. Dalla fine di Ottobre, fino alla fine
di Novembre, nelle sedi e con le date indicate di seguito, si sono tenuti in ciascuno degli 8 paesi ai quali appartengono i partners del
progetto, Convegni Nazionali per presentare i risultati dell’attività
svolta nei due anni di attività.
• 26 Ottobre, Praga (Repubblica Ceca)
• 8-10 Novembre, Colonia (Germania: Conferenza internazionale insieme alla Conferenza Nazionale Tedesca)
• 10 Novembre, Padova (Italia)
• 15 Novembre, Helsinki Finlandia)
• 18 Novembre, Barcellona (Spagna)
• 21 Novembre, Londra (Regno Unito)
• 23 Novembre, Lione (Francia)
• 29 Novembre, Tela Aviv (Israele)
Nel corso dei convegni, oltre alla presentazione delle roadmaps
nella loro stesura pressoché definitiva, che ha fornito indicazioni su
come si evolverà l’applicazione delle nanotecnologie in nei settori
suddetti e quali saranno quelle che piu’ probabilmente si affermeranno (che sono risultati essere, nel campo dei materiali i: materiali nanoporosi, nanoparticelle e nanocompositi, dendrimeri, films sottili e coatings; nel campo della salute: drug encapsulation and targeted drug delivery, molecular
imaging/biophotonics/biochips, lab-on-chip, sensori biomolecolari; nel campo dell’energia: celle solari, termoelettricità,
batterie ricaricabili e supercapacitori, isolamento termico),
sono stati presentati anche, con il contributo di esperti riconosciuti
del settore esempi significativi delle attività di ricerca e delle applicazioni di punta in corso nell’ambito della ricerca pubblica ed in
quello delle imprese.
I convegni hanno fatto riscontrare tutti una partecipazione piuttosto elevata, con una presenza di rappresentanti sia del mondo industriale e che della ricerca, che ha offerto opportunità di discussione e la possibilità di stabilire contatti e di sondare la possibilità di
eventuali collaborazioni.
I programmi dei vari convegni ed i testi di alcuni degli interventi sono reperibili nel sito www.nanoroadmap.it
Contatti
Andrea Porcari – AIRI/NanotecIT
[email protected], www.nanoroadmap.it
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Nanoforum: micro e nanotecnologie
per lo sviluppo dell’impresa
La crescita dell’industria e dell’imprenditoria nazionale non può
prescindere da un importante investimento su settori innovativi e
rivoluzionari, tra i quali le nanotecnologie ricoprono un ruolo fondamentale: è questa la conclusione principale emersa all’indomani
della conclusione dei lavori di nanoforum, mostra convegno dedicata alle micro e nanotecnologie nata con il preciso intento di favorire le occasioni di contatto tra il mondo della ricerca accademica
e quello dell’impresa.
Ospitato dalla sede Bovisa del Politecnico di Milano il 28 e 29 settembre, nanoforum ha visto la partecipazione di aziende e associazioni di primo piano in campo internazionale e numerosi Enti, ed
ha ottenuto il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri,
del Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie e della Conferenza
dei Rettori delle Università Italiane: risultati lusinghieri per una manifestazione all’esordio.
Tra le numerose realtà nanotec coinvolte, si segnala la presenza di
aziende e spin off come Adixen, Aermacchi, Centro Ricerche FIAT,
Marche Metalli, Microtech Engineering, NanoSurfaces, PirelliLabs,
Plasma Focus, Quinary, Saes Getters, Selex Sistemi Integrati e STMicroelectronics, senza dimenticare il CNR e l’ENEA, nonché molti
laboratori, centri di ricerca e università.
Il programma dei convegni si è distinto per una qualità elevatissima
e per la partecipazione di esperti estremamente qualificati. Ottima
la partecipazione di pubblico alla sessione introduttiva (tutorial) e
al convegno di apertura, che ha visto l’intervento di importanti
personalità del panorama nanotec italiano come Roberto Car dell’Institute for the Science and Technology of Materials, Princeton
University, Roberto Cingolani di NNL Lecce, Dante Gatteschi di INSTM Firenze, Paolo Dario della Scuola Superiore S. Anna di Pisa ed
Elvio Mantovani di Nanotec IT. Particolarmente seguite anche la
sessione “Difesa-Spazio” e la sessione dedicata a Start up e Spin
off; buona anche l’affluenza al convegno “Sensori e dispositivi”.
Insomma, nanoforum 2005 ha costituito un’occasione unica per
imprenditori e ricercatori per scambiare informazioni e per favorire
il processo di technology transfer tra il mondo accademico e quello
imprenditoriale in un settore cruciale per il presente e il futuro della nostra economia.
Per conoscere tutti i dettagli relativi a nanoforum, in particolare per
quanto riguarda le sessioni di convegno e le aziende espositrici, si
rimanda al sito www.nanoforum.it.
Ora sono in corso i lavori per l’edizione 2006 di nanoforum, che si
terrà sempre presso il Politecnico di Milano, sede di Bovisa, il 27 e
28 settembre, e offrirà nuove opportunità di incontro per addetti
ai lavori e utilizzatori finali.
Contatti
Stefano Foresti
ITER, Via Rovetta, 18, Milano
Tel: 02 2831161
[email protected] , www.nanoforum.it, www.iter.it
T
NanoWeek, la settimana delle nanotecnologie
La prima settimana interamente dedicata alle nanotecnologie si è
svolta a Padova dal 7 al 13 novembre 2005
Dal 7 al 13 Novembre 2005 si è svolta a Padova NanoWeek, settimana di incontri, conferenze, esibizioni sulle nanotecnologie. Organizzata da Veneto Nanotech, la società che gestisce il distretto
per le nanotecnologie, è stato il primo evento di tale genere mai
realizzato in Italia che ha attirato grande attenzione e interesse di
pubblico.
NanoWeek è stata ideata e realizzata con l’obiettivo di offrire ad
un pubblico eterogeneo per formazione ed interessi delle informazioni chiare, con messaggi efficaci e contenuti scientifici, delle notizie aggiornate, attuali ed utili mantenendo comunque sempre un
tono adeguato al tipo di partecipante e al suo background.
Per tale motivo sono stati organizzati nell’arco della settimana diversi eventi, il primo dei quali è stato Nanotech e società, conferenza aperta al pubblico sui miglioramenti apportati dalle nanotecnologie nella vita quotidiana.
L’evento ha permesso ad un pubblico con nozioni scientifiche non
specifiche, di avvicinarsi al mondo delle nanotecnologie per conoscere le diverse utilizzazioni in ambito medico e ambientale, tenendo conto anche degli aspetti etici e sociali di queste nuove tecniche
di manipolazione della materia.
In tale conferenza i relatori presenti, esperti ciascuno nello specifico ambito di competenza, hanno potuto illustrare in maniera chiara e con un approccio obiettivo, le prospettive di miglioramento
che l’utilizzo di applicazioni a contenuto nanotecnologico apporteranno con ricadute immediate e pratiche considerevoli nella vita di
ciascun individuo.
L’argomento dell’incontro – ospitato nella prestigiosa sala dell’Archivio Antico dell’Università di Padova – è stato illustrare come le
nanotecnologie impattino, o siano in grado di farlo in un futuro
prossimo, il modo di vivere della società in cui esistiamo, sotto un
profilo ambientale, medico e comportamentale/etico.
Gli interventi degli esperti, scelti tra le competenze presenti in Veneto ed Italia, sono stati di grande interesse per il pubblico presente in
sala. La conferenza ha avuto ben tre interventi nel campo della medicina: dopo una introduzione alle nuove possibilità introdotte dalle
nanotecnologie dell’imaging medico, si è passati alle esperienze di
due gruppo di ricerca, uno di Padova e uno di Verona nell’ambito
della rigenerazione tessutale, per concludere la sezione medica con
una overview del lavoro svolto presso i laboratori del Civen ed altri
dipartimenti dell’Università di Padova nel campo dei DNA-Micro e
Nanoarray. La conferenza è poi entrata nel campo dell’interazione
delle nanotecnologie, in cui un gruppo di ricerca dell’Università Cà
Foscari ha illustrato all’audience le possibilità e le sfide offerte dalle
nanotecnologie; di notevole interesse, e dibattito, è stato il contributo del dott. Montanari, di Nanodiagnostic, il quale ha esposto il punto di vista della propria azienda sull’interazione delle nanotecnologie, in particolare nanoparticelle, con la salute e la diagnostica. Ha
concluso la conferenza il contributo di un gruppo di ricerca attivo
nello studio dell’etica sociale e di impresa e come essa cambi in funzione dell’introduzione di nuovi prodotti/processi con tecnologie innovative.
Il giorno successivo ha visto la prima delle due giornate di EuroFutureTex, convegno internazionale che ha trattato le diverse appliN E W S L E T T E R
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cazioni delle nanotecnologie al settore tessile.
Il convegno è stato organizzato da Cientifica in collaborazione con
Veneto Nanotech Scpa.
Scopo dell’incontro è stato quello di:
• Esaminare l’impatto delle nanotecnologie nel settore tessile;
• Dimostrare l’esistenza di processi/prodotti che possono aggiungere qualità e quindi migliorare i prodotti finiti;
• Aprire un dibattito sulle strategie che le imprese dovrebbero
seguire;
Particolarmente significativo l’intervento dell’Ing. Francesco Ziche,
dell’azienda Filati di Ziche, il quale ha illustrato come sia importante e necessario riportare il valore aggiunto dai distributori ai produttori di materie prime, ciò che non è avvenuto negli ultimi 30 anni dove si è visto uno shifting dai produttori ai distributori. Ciò non
è sostenibile dall’industria tessile a causa di un dislivello tra marginalità produttiva e costo del lavoro per cui alcune aziende operano
con costi elevati di manodopera.
Gli imprenditori si trovano oggi di fronte ad una scelta: andare a
competere in paesi a basso costo di manodopera o reinvestire capitali esterni per cercare di aggiungere valore al proprio prodotto.
Questa seconda opzione è sostenibile nel lungo periodo ed è preferibile. Tale strategia è possibile grazie alle nanotecnologie che sono in grado di fornire nuove applicazioni e di risolvere alcune problematiche come per esempio:
• Creare tessuti altamente funzionali attraverso rivestimenti nanotech
• Ottenere capi leggeri ma molto più resistenti
• Creazione di tessuti auto-pulenti ed imperforabili
• Creazione di capi che possono avere al loro interno una rete di
sensori per misurare segnali quali ad esempio la salute della
persona che li indossa, la temperatura ecc.
La situazione riguardo l’applicabilità di questi capi è attualmente
ad uno stadio avanzato e tra gli ospiti presenti al convegno vi erano alcuni rappresentanti di imprese innovative del settore con prodotti disponibili già sul mercato o inglobati da altri produttori.
NanoWeek è poi proseguita il 10 novembre con la conferenza
nazionale del progetto europeo Nanoroadmap, organizzata da
AIRI Nanotec IT con Veneto Nanotech, per la quale si rimanda alla
precedente notizia in questa Newsletter.
Apice di NanoWeek, è stato la fase finale di Nanochallenge prima
Business Plan Competition europea dedicata alle nanotecnologie
che si è svolta al Palazzo del Bo, sede dell’Università di Padova venerdì 11 e sabato 12 e che ha visto la proclamazione di Singular ID
quale vincitore della prima edizione.
Nella stessa settimana, da martedì 8 a domenica 13 novembre, ha
avuto luogo a Palazzo Moroni, sede del Comune di Padova, Alla
scoperta del Nanotech, esposizione gratuita e aperta al pubblico, destinata a chi voleva capire le nanotecnologie. L’esibizione è
stata realizzata dall’Immaginario Scientifico e Ape Research di Trieste con i contributi di Matech che ha messo a disposizione materiali nanostrutturati e l’Università di Padova, per facilitare la conoscenza e la comprensione delle nanotecnologie.
Scelta vincente si è dimostrata quella di optare per delle “guide”
d’eccezione: due ricercatori dell’Università di Padova che lavorano
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quotidianamente in ambito nanotech e due ingegneri di Veneto
Nanotech, specializzati in nanotecnologie con alle spalle la partecipazione all’International Master in Nanotechnologies presso il CIVEN. Tale decisione ha fatto si che a ciascun visitatore venisse spiegato che cosa sono le nanotecnologie, quali le possibili applicazioni e in che cosa consisteva la strumentazione esposta in maniera
scientifica e tecnicamente corretta. Molte le domande, anche di
elevato livello e competenza da parte di visitatori più esperti, che
solo grazie alla preparazione dei ricercatori e degli ingegneri hanno potuto trovare immediata risposta.
Alla scoperta del Nanotech è stata strutturata in diverse sezioni.
Il visitatore trovava, al suo ingresso, una prima indicazione su cosa
sono le nanotecnologie: pannelli con testi descrittivi introducevano
al mondo delle nanotecnologie con informazioni di carattere storico, scientifico, sulla strumentazione e sulle applicazioni.
Il visitatore proseguiva poi in una saletta, di capienza limitata ad un
massimo di 30 persone, dove poteva assistere alla proiezione di un
filmato inerente le nanotecnologie: uno di livello più scolastico,
che racconta la storia di una classe di scuola superiore che deve
compiere una ricerca con presentazione finale sulle nanotecnologie e uno di tipo documentaristico sul mondo nano e sui diversi
centri di ricerca e attività condotte a livello europeo. Ambedue i filmati sono stati realizzati e forniti dalla Commissione Europea DG
Ricerca. A disposizione anche un cartone animato per i più piccini,
realizzato da VEGA Parco Scientifico Tecnologico di Venezia. Il
coinvolgimento delle persone è stato sicuramente molto alto e
grande è stata l’attenzione prestata sia durante la visione del film
che durante la spiegazione da parte del ricercatore/guida.
Una volta terminata la proiezione, un ricercatore addetto esclusivamente all’utilizzo del Nanoeducator spiegava i diversi sistemi di microscopia e di misurazione a sonda di scansione esistenti, facendo
seguire una scansione vera e propria della superficie di un campione (tipicamente una grata o la superficie di un CD originale). I visitatori passavano poi all’ esposizione dei diversi materiali di uso comune creati con tecniche nano: tessuti antimacchia, tessuti metallizzati, tessuti funzionalizzati con nanoparticelle idratatati, celle solari fotovoltaiche polimeriche flessibili, cover di cellulari realizzate
in metallo amorfo, carta nanostrutturata per usi fotografici, inchiostri contenenti nanoparticelle fluorescenti, parti di protesi d’arto in
ceramica nanostrutturata, nanopolveri metalliche, utensili sinterizzati con tecniche HVC a partire da nanopolveri metalliche, protesi
dentali in ceramica nanostrutturata. Particolare interesse ha suscitato ai visitatori la parte centrale di un STM (Scanning Tunneling
Microscope) esposto al centro della sala.
Si proseguiva poi nell’area multimediale, con filmati di grande impatto scenografico, con particolari di dimensioni nano o micro
proiettati a dimensione macro sugli schermi (le immagini erano
tratte dal mondo della natura per cui si susseguivano dettagli di
rocce, cristalli, insetti, piante, pollini etc).
Molto interesse ha suscitato la presenza di alcune “macchine interattive”, liberamente utilizzabili dai visitatori, quali la riproduzione
di un microscopio ottico in legno, in scala maggiore del reale con
tutta la struttura interna ben visibile per meglio comprenderne il
funzionamento e di una macchina che simulava il meccanismo di
feedback impiegato negli AFM (Atomic Force Microscope) reali.
Entrambe davano la possibilità di “toccare con mano” i fenomeni
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e le tecniche impiegati per investigare le dimensioni micro e nano
ed aiutava a capire il funzionamento dei veri strumenti di lavoro su
nanoscala.
La buona riuscita dell’iniziativa è stata dimostrata dal grande numero di persone che hanno visitato l’esposizione e di scolaresche: in solo 6 giorni di apertura si è arrivati a quasi 2000 presenza. Nella maggioranza dei casi i visitatori hanno assistito alle presentazioni da parte dei ricercatori e degli ingegneri che si sono avvicendati nel difficile
compito di spiegare il mondo dell’infinitamente piccolo.
Quello di NanoWeek, e dell’esposizione in particolare, è stato un
grandissimo successo sia per i contenuti delle argomentazioni trattate, i contenuti esposti e della competenza dei relatori intervenuti,
che per l’adesione e partecipazione di pubblico interessato, preparato, scientificamente “curioso” e per l’alto gradimento dimostrato per un’iniziativa ancora unica nel suo genere. Sull’onda di tale
successo, Veneto Nanotech ha già confermato la propria disponibilità a realizzare la seconda edizione della Nanoweek nel 2006
mettendo fin da subito in moto la macchina organizzativa.
le l’Italia, come zona di eccellenza per quanto riguarda le nanotecnologie, esportare l’immagine di una zona attiva nel trasferimento
di attività di R&S in prodotti e processi pronti alla sfida col mercato
(da qui il termine “challenge”).
Contatti
Federica Lodato - Veneto Nanotech
Via San Crispino 106
Tel 0497705500
[email protected],
www.venetonanotech.it
Settori di interesse delle 20 idee selezionate per la fase finale di
Nanochallenge
Nanochallenge 2005
Si è conclusa lo scorso 12 Novembre la fase finale di Nanochallenge 2005, la prima competizione internazionale dedicata ad idee di
business basate sull’ applicazione delle nanotecnologie. Si è aggiudicato il premio di euro 300.000 Singular ID con un progetto su sistemi di tagging molecolare contro la contraffazione.
Lo sbocco sul mercato di prodotti che incorporano l’utilizzo delle
nanotecnologie è considerato uno dei maggiori fattori di successo,
nel breve termine, per permettere la penetrazione su larga scala
dell’innovazione targata nanotech. Stando al sondaggio condotto
nel 2004 dall’European NanoBusiness Association, il 90% delle
aziende esaminate crede che le nanotecnolgie influenzeranno il
proprio business, e l’84% é sicuro che avranno significativi effetti
sulla loro competitività. Tuttavia, l’industria trova difficoltà a sfruttare appieno le potenzialità legate alle nanotecnologie, per problemi relativi a come e quando la ricerca scientifica sarà in grado di
tradursi in prodotti e servizi effettivamente pronti per il mercato e
la produzione su larga scala. Inoltre, la nascita di start-up innovative in questo campo è spesso rallentata dalla mancanza di investitori early stage, soprattutto in Italia dove la cronica carenza di Venture Capitalists e Business Angels è oggetto di discussione ormai da
anni.
Per sopperire a tale gap finanziario, attirare i migliori talenti e soprattutto favorire nuova “nano-imprenditorialità”, Veneto Nanotech ha organizzato Nanochallenge, una business plan competition aperta a partecipanti da tutto il mondo, che mette in palio un
premio di euro 300.000 per la creazione di una nuova azienda nel
territorio di competenza del Distretto.
Il progetto Nanochallenge nasce per far conoscere Veneto Nanotech a livello internazionale, promuovere il Distretto, e più in genera-
Il raggiungimento di questo obiettivo è dimostrato dai risultati ottenuti sin dalla prima fase della competizione, in cui si sono selezionati i 20 progetti con maggiori potenzialità di sviluppo. 71 sono
i team che lo scorso giugno hanno mandato un executive summary della propria idea imprenditoriale, per un totale di 199 persone coinvolte e 30 nazioni rappresentate. Le proposte coprivano i
maggiori settori di interesse delle nanotecnologie, dal nanobiotech
a nuovi strumenti di misurazione, ed erano tutte accomunate da
un time-to-market di massimo un anno.
Per la fase di selezione dei 20 migliori progetti, ci si è affidati ad
una giuria composta da rappresentati del contesto scientifico ed
economico del Veneto, al fine di assicurare la congruenza delle
idee selezionate con il comparto industriale del territorio regionale
e/o nazionale. I giudici hanno preso in considerazione fattori come
il bisogno di mercato che il prodotto/servizio avrebbe soddisfatto, il
vantaggio competitivo, la tecnologia utilizzata e la posizione rispetto a questioni di IP, la market size più probabile, e le qualità del
management che avrebbe implementato lo sviluppo da idea a
start-up.
Il profilo dei team che sono stati selezionati per la fase finale dimostra la qualità e l’alto profilo raggiunto da Nanochallenge. Tutte le
82 persone coinvolte possedevano una laurea, tra cui 10 Master,
38 PhD e 16 MBA, da Università di chiara fama mondiale come ad
esempio Stanford, MIT, la National University of Singapore, l’Imperial College di Londra, Oxford, la University of Tokyo, la Technical
University of Denmark, o la Normale di Pisa. Inoltre, la maggior
parte dei partecipanti aveva già esperienze lavorative, alcuni anche
ad alto livello in aziende come Sony, Intel, AMD, GE o Infineon Technologies. Tra gli altri spiccava la presenza di Chad Mirkin, direttore del The Institute for Nanotechnology della Northwestern University e affermato imprenditore nel campo del nanotech.
Per lo sviluppo del business plan, Nanochallnge offriva ai 20 team
l’opportunità di usufruire della consulenza di Pricewaterhouse
Coopers, che ha svolto un’attività di mentoring molto importante,
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soprattutto per la parte prettamente di business dei progetti in
competizione. Un grande ostacolo per portare il nanotech fuori dai
laboratori è infatti la mancanza di un orientamento di stampo manageriale nelle persone coinvolte in attività di R&S. In questo modo
Nanochallenge è riuscita a superare tale gap, ricevendo un riscontro positivo da quasi tutti i partecipanti, che, nonostante l’indiscusso curriculum, si sono rimboccati le maniche e hanno lavorato per
migliorare i punti deboli del proprio business plan.
La fase finale di Nanochallenge si è svolta l’11 e il 12 Novembre
presso la sede dell’Università di Padova, ed è stata il culmine di Nanoweek, la settimana di workshop, conferenze ed esibizioni dedicata al mondo dell’infinitamente piccolo. I 20 team finalisti sono
arrivati a Padova da tutto il mondo, per sfidarsi in 3 round di presentazioni di fronte ad una giuria composta da esperti di spessore
internazionale. I membri della giuria per la selezione del vincitore
di Nanochallenge 2005 sono stati:
• André Kempe, Fondatore di SciencePR (Germania)
• Chris Anzalone, Fondatore della società di VC Benet Group
(US)
• Donald Fitzmaurice, Advisor per Draper Fisher Jurveston eVenture (Irlanda)
• Emile Knystautas, Direttore Scientifico di NanoFab, la Nanofabrication Facility del Distretto Veneto per le nanotecnologie
(Italia)
• Lino Dainese, Fondatore di Dainese S.p.a. (Italia)
• Nicola Anzivino, Direttore dello Strategy Group di Pricewaterhouse Coopers Italia (Italia)
• Pierre Naudin, Advisor per Intel Capital (Francia)
• Rinaldo Panzarini, Direttore Generale, Cassa di Risparmio di
Padova e Rovigo (Italia)
• Robert Jelski, Sector Advisor per 3i Investments (UK)
• Tim Harper, CEO di Cientifica (Spagna)
Parallelamente alla competizione, Veneto Nanotech ha organizzato una sessione dedicata ad istituzioni finanziarie italiane, con l’obiettivo di coinvolgere i VCs e i Fondi del nostro territorio al progetto Nanochallenge 2005. Purtroppo la partecipazione dimostrata
da tali organizzazioni è stata, tralasciando qualche eccezione, praticamente insignificante, dimostrando ancora una volta la miopia
italiana in fatto di finanziamenti a start-up tecnologiche. Tuttavia,
la partecipazione di VCs del calibro di Intel Capital, DFJ, 3i e Benet
Group hanno assicurato ai 20 team un’ottima base di contatti, alcuni dei quali sono attualmente in fase di approfondimento.
L’annuncio del vincitore è stato fatto alla presenza di Renzo Tomellini, Direttore dell’Unità “Nanoscienze e Nanotecnologie” della
Commissione Europea, e di rappresentanti del MIUR e di istituzioni
locali che hanno supportato Nanochallenge 2005 con il proprio
patrocinio. Tomellini ha espresso il proprio compiacimento per un
esempio efficace ed ingegnoso di portare le nanotecnologie al
mercato.
Il premio di euro 300.000 è andato a Singular ID, un team di Singapore che ha ideato una soluzione integrata di tagging che comprende etichette non copiabili, scanner portatili e un database centralizzato, e che si prefigge di risolvere i problemi di aziende con
problemi di contraffazione e grey market. Singular ID sarà costituita in Veneto non oltre giugno 2006. Nel frattempo, il management
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della start-up ha già iniziato a collaborare con Veneto Nanotech
per trovare aziende interessate ad adottare questa nuova soluzione tecnologica, caratterizzata da bassi costi di produzione ed elevate prestazioni in quanto a sicurezza (una delle industrie target è
quella farmaceutica) e brand protection.
Nanochallenge 2005 è stata sostenuta finanziariamente dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, un’istituzione che
sta contribuendo in modo più che significativo nello sviluppo di
numerose iniziative legate al distretto Veneto Nanotech.
Contatti
Marco Signorelli - Veneto Nanotech
Via San Crispino 106
Tel 0497705500
[email protected], www.nanochallenge.com
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Eventi futuri
•
Feb 8 - Feb 10, 2006
AISEM 2006 XI conferenza annuale Associazione Italiana Sensori E Microsistemi Lecce
•
Feb 16 - Feb 17, 2006
Nanomed 2006, 5th International Workshop on Biomedical
Applications of Nanotechnology
Berlin, Germany
•
Feb 21 - Feb 23, 2006
NanoKorea 2005
Seoul, Korea
•
Apr 24 - Apr 25, 2006
Nanoscale, 7th Seminar on Quantitative Microscopy (QM) 3rd Seminar on Nanoscale Calibration Standards and Methods
Wabern, Switzerland
•
May 3 - May 5, 2006
Sixth International Meeting Tessile & Salute
Biella
•
May 7 - May 11, 2006
2006 NSTI Nanotechnology Conference and Trade Show
Boston, Massachusetts, USA
•
May 16 - May 19, 2006
The Cancer Nanotech Conference
Paris Sofitel Bercy, France
•
May 28 - June 1, 2006
Euspen 2006 - 6th Int. Conf. of The European Society For Precision Engineering And Nanotechnology
Vienna, Austria
•
Jul 16 - Jul 20, 2006
IEEE-Nano2006
Cincinnati-Ohio, USA
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PUBBLICITÀ
L I S T I N O P R E Z Z I [ A L N E T T O D I I VA 2 0 % ]
1. NANOTEC IT NEWSLETTER
Sulla Newsletter sono riportate le notizie più importanti (disponibili anche su www.nanotec.it), quali risultati di ricerche ed applicazioni, eventi, corsi, iniziative di Nanotec IT e degli iscritti, articoli su tendenze e su
risultati di ricerche, su politiche della ricerca, su problematiche connesse alla diffusione delle nanotecnologie.
Tiratura: n. 1000 copie. Pubblicazione: giugno, dicembre.
Destinatari (attivi o interessati alle nanotecnologie): industrie, istituti universitari, enti pubblici di ricerca,
associazioni industriali e pubbliche amministrazioni.
Gli ordini devono pervenire a AIRI/Nanotec IT entro il 20 maggio 2006.
II e III di copertina - per ogni numero
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Edizione prevista per inizio 2006, si tratta di un ampliamento e revisione del primo censimento nazionale e
sarà pubblicato in inglese.
Più di 120 schede di organizzazioni private e pubbliche attive nella ricerca sulle nanotecnologie,
contenenti descrizione dell’organizzazione, indirizzo, persona di contatto, addetti alla ricerca
(in particolare sulle nanotecnologie), aree di ricerca, pubblicazioni, brevetti, partecipazione a programmi di
R&S, apparecchiature e impianti, attività di formazione.
Previsto volume formato cm 21x29,7 (A4), con copertina.
Gli ordini devono pervenire a AIRI/Nanotec IT entro il 31 gennaio 2006
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Nanotec IT - Centro Italiano per le Nanotecnologie
Nanotec IT è una struttura autonoma di AIRI creata con l’obiettivo primario di diventare il punto di riferimento nazionale per le nanotecnologie e contribuire a rendere più efficace ed efficiente l’impegno del Paese nel settore.
Attività del Centro
Raccolta di informazioni sulle nanotecnologie sia a livello nazionale che internazionale
Diffusione capillare delle informazioni raccolte
Censimento dell’attività in Italia nelle nanotecnologie
Elaborazione di documenti volti a far emergere le necessità del settore per rendere più efficace ed efficiente l’impegno Nazionale nel settore.
Promozione di contatti e collaborazioni per R&S tra imprese e tra imprese e istituzioni di ricerca.
Organizzazione/promozionedi convegni, seminari, iniziative di formazione legati alle nanotecnologie.
Partecipazione a progetti della UE e nazionali sulle nanotecnologie.
Supporto alle PMI per la partecipazione a progetti di R&S nazionali e internazionali, in particolare europei.
Iscritti a Nanotec IT
• A.P.E. Research
• BREMBO
• CNR - I.E.I.I.T. (Istituto di elettronica e di ingegneria dell’informazione e delle telecomunicazioni)
• CNR - IFN (Istituto di fotonica e nanotecnologie)
• CNR - ISMAC (Istituto per lo studio delle macromolecole)
• CNR - ISTM (Istituto di scienze e tecnologie molecolari)
• CNR - ISMN (Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati)
• CNR - ITIA (Istituto di Tecnologie Industriali e Automazione)
• CRF - Centro Ricerche FIAT
• CSM - Centro Sviluppo Materiali
• CRIM - Scuola Superiore Sant’Anna (Centro di Ricerche in Microingegneria)
• CTG - Centro Tecnico di Gruppo - Italcementi
• DE NORA Tecnologie Elettrochimiche
• GRINP
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• ENEA - Dipartimento Materiali e Nuove Tecnologie (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente)
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• ITC-IRST - Centro per la ricerca scientifica e tecnologica
• PIRELLI LABS
• SAES GETTER
• SELEX SISTEMI INTEGRATI
• SERVITEC
• STMICROELECTRONICS
• TEXCLUBTEC
• VENETO NANOTECH
L’iscrizione a Nanotec IT è aperta tutti coloro che sono impegnati nelle nanotecnologie, o contano di farlo, ma anche a coloro che sono interessati a mantenersi aggiornati circa gli sviluppi di questo settore.
AIRI- Associazione Italiana per la Ricerca Industriale
Nata nel 1974 per promuovere lo sviluppo della ricerca e dell’innovazione industriale e la collaborazione tra ricerca industriale e ricerca pubblica, AIRI (associazione senza scopo di lucro) rappresenta oggi non solo un essenziale punto di confluenza per più di 110 soci (aziende pubbliche e private, enti pubblici di
ricerca, associazioni industriali ed istituti finanziari che si occupano di ricerca applicata), ma è soprattutto espressione diretta di circa 22.000 addetti alla
R&S nelle imprese e di circa 13.000 addetti degli enti pubblici di ricerca.
Molti eventi e pubblicazioni rappresentano il contributo che AIRI, dalla sua istituzione, a fornito all’approfondimento di problemi di politica e gestione della ricerca , così come molte sono le analisi e le proposte per lo sviluppo della ricerca e dell’innovazione. Particolare attenzione è stata data da sempre alle problematiche delle PMI, anche per la introduzione di innovazioni tecnologiche e organizzative, per attivare le collaborazioni fra imprese e ricerca pubblica, per la partecipazione a programmi di ricerca nazionali e comunitari.
Per maggiori informazioni
AIRI/Nanotec IT - Viale Gorizia 25/c, 00198 Roma (tel. 068848831 – 068546662, fax 068552949); [email protected]; www.nanotec.it; www.airi.it