Candidato numero 61 Traccia numero 1. La tesi

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Candidato numero 61 Traccia numero 1. La tesi
Candidato numero 61
Traccia numero 1.
La tesi proposta da Karl R. Popper ne La società aperta e i suoi nemici esplicita la necessità di non estendere
la tolleranza ai non tolleranti. In questo modo, non si difenderebbe la tolleranza, bensì si voterebbe per il
suo annientamento. Il filosofo parla di soppressione nei confronti delle filosofie intolleranti, non disposte al
dialogo e quindi inclini ad ignorare le argomentazioni razionali proposte e controbatterle con la violenza, e
non si riferisce a quei movimenti dal pensiero in contrasto con il principio di tolleranza, pensiero che però è
possibile contrastare mediante l’uso della ragione. La tesi di Popper fa dunque perno proprio
sull’impossibilità dell’uso di argomentazioni razionali: la soppressione sarebbe errata e incoerente, se le
filosofie da contrastare fossero aperte al dialogo e disposte ad un incontro a livello dell’argomentazione
razionale, ma necessarie nel caso opposto. Al contrario, il pericolo delle prime filosofie intolleranti citate
risiede nel fatto che queste ultime possono esortare o costringere i loro adepti ad ignorare le
argomentazioni proposte, persuaderli sulla loro ingannevolezza e falsità, ed arrivare a consigliare la
violenza, come risposta alla ragione. Secondo Popper, pertanto, in questi casi si deve essere disposti a
proclamare il diritto alla soppressione anche con la forza e dichiarare illegale ciascun movimento
intollerante.
Per un’analisi più dettagliata della tesi proposta dal filosofo, è necessario, a mio parere, una corretta
disamina circa la tolleranza e il modo in cui questa si manifesta, o meno, nella società attuale in cui
viviamo.
Per tolleranza si intende, generalmente, il permettere o accettare atteggiamenti e idee di altri,
specialmente quando questi ultimi sono in contrasto con i nostri. Questa forma di comprensione,
sottintende quindi una forma di libertà che concediamo agli altri, se siamo “tolleranti”, o neghiamo loro, se
siamo “intolleranti”, invece.
Tutti entrano in contatto con la tolleranza ogni giorno, perché si tratta di un banalissimo principio
quotidiano, prima di raggiungere l’ambito politico o ambienti di altro genere. Ognuno di noi vorrebbe poter
fare la scelta che ritiene più opportuna in relazione alla propria vita e alle proprie esperienze, liberamente;
ognuno vorrebbe scegliere in che modo vestirsi la mattina in base ai propri gusti, senza venire criticato;
ognuno vorrebbe poter scegliere i propri amici come più desidera; ognuno vorrebbe poter innamorarsi di
qualcuno e non temere i giudizi degli altri. Ogni giorno ci troviamo di fronte a scelte di vario genere, dalle
più insignificanti a quelle di maggior rilievo, e ognuno di noi vorrebbe non dover rispondere con nessuno
delle proprie decisioni. Insomma, tutti desideriamo, e quindi pretendiamo, una qualche forma di tolleranza.
Quest’ultima non è sempre facilmente conquistabile e anche quando la raggiungiamo, siamo consapevoli
del grande sforzo e del lungo tempo necessario. La tolleranza è quindi un bisogno che la società ha e
attraverso il quale può raggiungere la libertà. Detto ciò, non si tratta di un’ampissima indulgenza da
applicare ad ogni ambito senza remora e vincoli. Sono necessarie regole, normative che l’individuo sociale
deve sì rispettare, ma in cui deve anche potersi rispecchiare e riflettere.
Nel corso del tempo, ma anche nel periodo attuale, la tolleranza è stata oggetto di discussioni e la sua
mancanza durante determinati periodi storici, in particolar modo nell’ambito politico, ha agito fortemente
e tristemente nell’evolversi della storia. Non è un caso che Karl R. Popper rifletta su questo problema
proprio dopo il Secondo Conflitto Mondiale, periodo in cui è possibile collocare una totale assenza di
indulgenza dal punto di vista sia sociale sia politico. In un tale clima, Popper sostiene la tolleranza, ne
sottolinea l’importanza, la desidera, la celebra a tal punto da promuovere un atteggiamento che sembra, o
forse è, in pieno contrasto con la tolleranza propriamente detta.
Io mi trovo ad accettare e condividere, in una certa misura, la tesi di Popper: la tolleranza è il bene più
prezioso e la maggiore libertà che ogni uomo auspica per se stesso. Essa va esaltata, perseguita, pretesa, e
poi difesa apertamente e senza remora se contrastata. Appare, però, molto forte e provocatoria la
soluzione proposta dal filosofo per la salvaguardia di questo principio. Non solo per il ricorso alla violenza,
ma anche per l’assunzione stessa di Popper. Egli si propone infatti di rispondere all’intolleranza con un’altra
dose di intolleranza. Questa proposta si profila, quindi, come una guerra in cui i due eserciti in campo
hanno due scopi diversi – uno garantire la tolleranza, l’altro mantenere la propria intransigenza – ma
cercano di raggiungerli nello stesso modo: utilizzare la violenza e la forza, come uniche soluzioni di vittoria.
Gli atteggiamenti affini assunti dai due diversi “schieramenti”, pur sbagliati in ogni caso, risultano tuttavia
coerenti per la “parte intollerante”. Essa non si è mai proposta di ammettere le idee altrui ed è disposta a
combattere i pensieri contrastanti: questo è lo spirito dichiarato di colui che è intollerante. Sembra
alquanto sorprendente vedere anche la “parte tollerante” ragionare nello stesso modo di chi sta cercando
di contrastare nelle idee, deprecare e assumere nello stesso momento quegli atteggiamenti. Quest’ultima
parte della tesi proposta dal filosofo è, pertanto, quella in cui personalmente trovo maggiori
contraddittorietà.
E’ possibile, però, un’altra soluzione, diversa dal dichiarare illegale ogni movimento intollerante e
riconoscere come crimine l’incitamento all’intransigenza?
E’ infatti vero che una soluzione diversa probabilmente non esiste: se l’obiettivo della tesi è difendere la
società dagli attacchi degli intolleranti, preservare in questo modo la tolleranza ed eliminare ogni tipologia
di intransigenza, allora probabilmente l’unica soluzione è l’annientamento totale delle idee diverse e delle
congetture in contrasto .Tuttavia, d’altra parte, è compito e scopo dei tolleranti essere indulgenti sempre.
In conclusione, il principio della tolleranza e il modo con cui quest’ ultimo deve essere portato a
compimento non dovrebbero mai entrare in conflitto. Tuttavia, qualora accadesse ciò, ritengo sia
necessario favorire il primo a discapito del secondo.