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ALLA RICERCA DI UNA CAUSA BIOLOGICA DELL’OMOSESSUALITA’
Autore: Ada Moscarella
Fonte: www.ampsico.it
ALLA RICERCA DI “UNA CAUSA BIOLOGICA” DELL’OMOSESSUALITA’
Alla ricerca del Santo Graal
«Forse è più importante chiedersi perché noi, come società, siamo così emotivamente coinvolti
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da questo tipo di ricerche. Cambiano – o dovrebbero cambiare – il modo in cui percepiamo noi
stessi e gli altri o viviamo le nostre vite e permettiamo agli altri di vivere le loro? Forse la
risposta alle domande per noi più importanti in questo dibattito non risiede nella biologia dei
cervelli umani, ma nelle culture che questi cervelli hanno creato»
(William Byrne, in conclusione al suo articolo «The biological evidence challenged», in Scientific
American, maggio 1994, 270, p.26-35)
Nell’ambito dello studio dell’omosessualità, la possibile scoperta di una ragione biologica e/o
genetica che intervenga nel determinare l’orientamento sessuale è considerata da molti
determinante. Se il motto dei movimenti omosessuali è “Noi siamo dovunque” e un giorno si
dovesse scoprire che questo “dovunque” riguarda anche il DNA, allora, pensano, si avrà la prova
schiacciante che l’omosessualità non rappresenta un orientamento sessuale patologico, ma una
qualsiasi variabile non-patologica del comportamento sessuale dell’uomo.
La scienza, però, dovrebbe avere come fine quello della scoperta, della conoscenza, quando i
suoi scopi sono manipolati a fini politici mai ne è conseguito qualcosa di buono.
D’altra parte, una volta scoperto il “gene dell’omosessualità” , non si potrebbe affermare, allo
stesso modo delle altre malattie genetiche, che l’omosessualità è un difetto genetico? E che
quindi bisogna scientificamente agire in modo da prevenirlo e/o correggerlo?
Un invito a un’ulteriore prudenza in questo tipo di approccio, ci viene da un’altra riflessione: i
geni non agiscono nel vuoto e ormai sono sempre di più gli scienziati che si oppongono all’antica
dicotomia cartesiana fra il biologico e lo psicologico. Fra i primi a opporsi esplicitamente a
questo tipo di approccio, si può ricordare Antonio Damasio, che nel 1994 pubblica un libro
Dott.ssa Ada Moscarella
Psicologa, Mediatrice Familiare
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intitolato, appunto, <<L’errore di Cartesio. Emozione, Ragione e Cervello umano>>, in cui
compie il tentativo di unificare mente, cervello e corpo. La volontà di uscire da questo eterno
contrasto, inoltre, è chiaramente visibile, soprattutto nell’ultimo decennio, nella volontà di
usare maggiormente termini come «psicologia biologica» o «psicobiologia», che riflettono il
nuovo desiderio di fondere insieme le due prospettive.
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Nel 1991, Simon LeVay pubblicò uno studio in cui aveva riscontrato una differenza tra
omosessuali ed eterosessuali in alcune aree del cervello e concludeva l’articolo scrivendo:
«Questa
scoperta…fa
pensare
che
l’orientamento
sessuale
abbia
un
fondamento
biologico».(LeVay, 1991)
Per molto tempo, LeVay è stato presentato come lo scienziato che <<ha dimostrato che
l’omosessualità è genetica>>. Egli stesso, però, qualche anno più tardi dalla pubblicazione del
suo lavoro, in “Le Radici della sessualità” (1994) critica questa sua affermazione, scrivendo:
«Con quest’affermazione ammettevo in pratica che esistono aspetti della vita mentale che non
poggiano su basi biologiche – un’idea assurda»(da “Sexual Brain” di Simon LeVay, 1993, p. XI)
Sempre nell’introduzione al suo testo, LeVay racconta dei suoi primi lavori nel laboratorio di
David Hubel e Torsten Wiesel alla Harvard Medical School. Questi studiosi avevano scoperto che
l’apparato di una scimmia appena nata è notevolmente simile a quello di una scimmia adulta,
nel senso che esso si assembla prima della nascita, quindi ben prima che la scimmietta veda
qualcosa. Questo significa che la piccola scimmia è predisposta a vedere il mondo «nel modo in
cui lo vedono le altre scimmie». La scoperta di Hubel e Wiesel che davvero colpì LeVay fu che
era sufficiente modificare un solo gene per causare un’alterazione radicale nell’organizzazione
funzionale della corteccia visiva: a questo punto, sarebbe ragionevole chiedersi se è possibile
pensare che differenze innate nell’organizzazione cerebrale, in parte sotto controllo genetico,
possono spiegare la diversità di molte delle funzioni mentali degli essere umani, comprese quelle
legate alla sessualità.
Molti studi hanno dimostrato che omosessuali ed eterosessuali, infatti, non differiscono soltanto
per la scelta del partner sessuali, ma anche per molti altri aspetti che ci possono far supporre
che effettivamente il cervello degli omosessuali si sviluppi in maniera atipica rispetto al genere.
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- E’ noto ad esempio che i maschi sono superiori nelle abilità spaziali e di orientamento rispetto
alle donne, mentre queste ultime sono superiori per quanto riguarda le abilità verbali. Gli
omosessuali maschi, però, rispetto agli eterosessuali maschi, mostrano minori abilità
visuomotorie e mostrano punteggi più simili a quelli delle donne.
- Alla lateralizzazione delle funzioni cerebrali è associata la tendenza a usare una mano più
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dell’altra. Uomini e donne eterosessuali e destrorsi usano la mano destra nella maggior parte
delle azioni quotidiane, assegnando alla mano sinistra ruoli più semplici, per lo più di
“stabilizzazione”. McCormick et al. (1990) hanno trovato un uso “meno coerente” della mano
destra nei gay e nelle lesbiche, per cui tendono a usare la mano destra per alcune operazioni e
la sinistra per altre. Questo fa pensare che ci sia negli omosessuali una minore lateralizzazione
delle funzioni cerebrali. Allen e Gorski (1992) hanno effettivamente riscontrato che la
commissura anteriore dei gay è in media più grande rispetto agli eterosessuali. LeVay fa
giustamente notare che questa scoperta potrebbe avere un risvolto particolarmente
interessante: oltre a offrire una spiegazione della differenti capacità cognitive, infatti, la
dimensione della commessura potrebbe diventare una sorta di <<etichetta indipendente>> per
l’omosessualità, in quanto essa non è coinvolta in alcun modo nella regolazione del
comportamento sessuale, per cui è verosimile immaginare che le sue dimensioni siano del tutto
indipendenti da esso.
- Il nucleo soprachiasmatico non è dimorfico fra maschi e femmine eterosessuali, ma è di
dimensioni maggiori negli uomini omosessuali rispetto a quelli eterosessuali. Questo potrebbe
essere legato al ciclo sonno-veglia, in quanto tale nucleo presenta una marcata ritmicità
endogena: gli omosessuali, maschi e femmine, infatti, si svegliano più presto al mattino rispetto
agli eterosessuali (Dettore, 2007).
Partendo da queste evidenze, è possibile pensare che il cervello degli omosessuali sia in qualche
modo strutturalmente e/o chimicamente diverso da quello degli eterosessuali?
LeVay suggerisce che questa differenza possa essere localizzata nell’ipotalamo e nello specifico
nell’area preottica mediale.
LeVay descrive così l’ipotalamo:
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«Si tende a stare alla larga dall’ipotalamo. La maggior parte dei neuroscienziati (me compreso,
fino a qualche tempo fa) preferisce le solari distese della corteccia cerebrale alle oscure,
claustrofobiche regioni della parte bassa del cervello. Essi immaginano l’ipotalamo come un
luogo abitato da spiriti animali e da fantasmi di impulsi primordiali, anche se non sarebbero
mai disposti ad ammetterlo. Pensano che vi dimori non il consueto, lucido, hardware della
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conoscenza, bensì un intruglio stregonesco di vischiosi e pulsanti neuroni, alla deriva, in un
brodo di sostanze chimiche capaci di alterare la mente» (da “Sexual Brain” di Simon LeVay,
1993, p. 59).
L’ipotalamo è una minuscola area che è, però, coinvolta in numerose funzioni che hanno un
ruolo chiave per la sopravvivenza, come la regolazione della fame, della sete, dell’attività
cardiovascolare, della temperatura corporea, della risposta emotiva, della risposta allo stress,
ed è fondamentale nel controllo del comportamento sessuale.
All’interno dell’ipotalamo possono essere individuati due tipi di cellule; una che funziona come
tutti gli altri neuroni del cervello, formando sinapsi con gli altri neuroni, l’altra che invece
presenta caratteristiche intermedie tra i normali neuroni e le cellule endocrine: sono chiamate
cellule neuroendocrine. Alcuni ormoni ipotalamici hanno organi bersaglio distanti, ma la
maggior parte della loro azione si svolge a livello locale, influenzando la secrezione ormonale da
parte dell’ipofisi. E’ attraverso quest’ultimo tipo di azione che l’ipotalamo controlla la
sessualità.
All’interno dell’area preottica mediale dell’ipotalamo sono riconoscibili quattro gruppi di cellule
che formano i quattro nuclei interstiziali dell’ipotalamo anteriore (INAH). Tra questi quattro,
l’INAH-3 è in media più grande negli uomini rispetto alle donne. LeVay (1991), esaminando il
cervello di uomini omosessuali e confrontandolo con quello di eterosessuali, ha trovato che
l’INAH-3 dei maschi omosessuali aveva dimensioni più simili a quella dello delle donne che a
quello dei maschi eterosessuali: questo potrebbe far pensare che maschi eterosessuali e maschi
omosessuali hanno centri che regolano il comportamento sessuale organizzati in modi differenti:
«Semplificando al massimo, i gay semplicemente non hanno le cellule cerebrali che fanno sì che
siano attratti dalle donne» (da “Sexual Brain” di Simon LeVay, 1993, p.169).
Lo studio di LeVay, però, presentava una serie di problemi:
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- I cervelli esaminati provenivano tutti da omosessuali deceduti a causa dall’AIDS: è possibile che
la differenza riscontrata sia attribuibile alla malattia e non all’orientamento sessuale?
- I malati di AIDS, inoltre, non sono affatto un campione rappresentativo della popolazione
omosessuale.
- Resta irrisolta la questione centrale: qual è la causa e qual è l’effetto? Il cervello è un organo
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plastico, che subisce modificazioni nell’arco di vita anche in base alle stimolazioni ambientali.
Le differenze riscontrate da LeVay sono la causa dell’omosessualità o l’effetto?
Per provare a giustificare le differenze riscontrate, LeVay propone essenzialmente due spunti:
- A cambiare è la quantità di ormoni presente (si veda ad esempio la sindrome adrenogenitale
illustrata più avanti).
- A cambiare è il modo di funzionare dei recettori per tali ormoni.
E’ necessario, a questo punto, chiarire subito una confusione che quanto scritto fino ad ora può
aver creato: dire che il cervello di un omosessuale maschio funzioni per alcuni aspetti in modo
più simile a quello femminile, non significa affatto che bisogna aspettarsi che quello di un
omosessuale sia un cervello “completamente rovesciato” nell’altro sesso. La maggior parte degli
omosessuali sta benissimo nel proprio corpo e non manifestano alcun disagio rispetto all’identità
di genere, per cui non si può assolutamente proporre l’equazione per cui nell’omosessuale “c’è
un cervello da donna” . C’è probabilmente un cervello diverso.
Di seguito saranno illustrate alcune delle linee di ricerca che hanno provato a spiegare
l’omosessualità dal punto di vista biologico:
- GLI STUDI SUI GEMELLI: Gli studi sui gemelli sono il metodo più semplice per provare a
individuare una componente genetica nell’omosessualità. Le varie ricerche hanno mostrato
percentuali non sempre concordi sulla prevalenza dell’omosessualità, ma comunque sembrano
suggerire un’importante componente genetica che interagisce con i fattori ambientali: in genere
la concordanza tra gemelli omozigoti maschi si aggira intorno al 50% , mentre quella per i
gemelli eterozigoti è circa del 25%.
Gli studi sui gemelli, però, presentano problemi metodologici che possono aver distorto risultati
e valutazioni. Innanzitutto i soggetti esaminati si sono offerti spontaneamente per la ricerca:
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questo rende il campione probabilmente poco rappresentativo e potrebbe aver “gonfiato” le
statistiche. D’altra parte, però, c’è da considerare che i soggetti esaminati erano molto giovani
e considerando che spesso accade che le persone si rendano conto abbastanza tardi della propria
omosessualità, questo potrebbe aver portato a sottostimare l’incidenza dei fattori ereditari.
In generale, si può concludere che gli studi sui gemelli indicano sì un’influenza genetica per
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l’omosessualità, più forte per gli uomini e più attenuata per le donne, ma rendono evidente che
intervengono anche fattori non-genetici.
Un importante contributo alla ricerca di un fattore genetico, inoltre, proviene dagli studi di
Hamer, che utilizzando i metodi della biologia molecolare avrebbe individuato un marcatore
dell’omosessualità su una porzione del braccio lungo del cromosoma X, nello specifico nella
regione Xq28. Alcuni anni più tardi, Hamer ha replicato il suo precedente studio su 40 coppie di
fratelli trovando una concordanza per il marcatore Xq28 pari al 68%.
Si ipotizza che l’Xq28 possa sintetizzare una proteina che è direttamente coinvolta nella nascita
e nella morte dei neuroni della regione INAH-3, che come visto, sarebbe più grande negli
eterosessuali rispetto agli omosessuali .
Sugli studi di Hamer, però, va fatta una importante precisazione: ad essere comparati erano i
geni delle coppie di fratelli omosessuali, per vedere quali punti di riferimento avevano in
comune nella mappa fisica del cromosoma X (genetic linkage). Quindi, questo studio non
permette di definire la percentuale dei casi di omosessualità maschile nella popolazione totale
che ha il comportamento omosessuale associato alla variazione nel locus Xq28.
PER APPROFONDIRE
LeVay S., (1991) <<A difference in hyphotalamic structure between heterosexual and
homosexual men>>, Science, 254(5032):630
LeVay S., (1993) <<The Sexual Brain>>, trad. it. <<Le radici della sessualità>>, Laterza, Bari,
1994
Damasio A., (1994) <<L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano>>, trad. it.
(1995), Adelphi, Milano
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