80 Nel segno della Libertà da trasportare e installare negli spazi

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80 Nel segno della Libertà da trasportare e installare negli spazi
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Nel segno della Libertà
da trasportare e installare negli spazi espositivi.
Nell’insieme il pezzo è accolto con favore e i critici
non mancano di notare la figura «dal movimento
pieno di grazia ed eleganza, e di cui diverse parti sono
state perfettamente studiate».3 In questo stesso Salon,
Foyatier (1793-1863) presenta il grande gesso di
Spartaco4, il cui marmo (ill. 63) sarà, per una fortunata circostanza, datato 1830. Da parte sua, Rude
non sfugge all’imperativo di raccontarci l’episodio
mitologico di Mercurio e Argo, come quando partecipava ai diversi concorsi dell’Ecole des beaux-arts o
modella l’Aristeo. Rappresentato in una nudità alla
maniera antica, Mercurio è però studiato con una morbidezza che non è sempre riscontrabile presso gli scultori coevi, benché si resti nell’ambito di un soggetto
mitologico il cui stile doveva incontrare il gusto della
giuria del Salon, costituita da membri dell’Institut. Ciò
che stupisce i critici dell’epoca è tuttavia l’ispirazione
rinascimentale dell’opera: in un’epoca in cui l’arte
antica era ancora il solo e unico riferimento nella scultura, Rude si volge a modelli francesi classici o rinascimentali. Tra questi figura Pradier, la cui Psiche (ill. 64),
esposta al Salon del 1824, presenta, su un corpo che
rende omaggio alla Venere di Milo di recente arrivata
al Louvre, una testa la cui finezza e acconciatura evocano soprattutto la Scuola di Fontainebleau. Béraud
rileva inoltre una naturalezza e una certa soavità che si
ritroveranno nel Giovane pescatore e in altre opere.
Queste qualità non impediranno tuttavia a Rude di
adattare il suo stile al soggetto, là dove si renderà
necessario, come nel caso della Marsigliese o del
Maresciallo Ney.
Al Salon del 1831, visitatori e critici osservano l’emergere di una nuova scuola di scultura che si potrebbe definire «romantica». Barye, ma anche Jehan Duseigneur
(1808-1866) con il suo Orlando furioso (ill. 65), presentano opere veementi in cui l’espressione contorce la
forma per farla gridare, come accadrà di lì a poco con
la «smorfia» della Marsigliese. Per la sua seconda partecipazione al Salon, Rude realizza un capolavoro che,
benché non venga immediatamente riconosciuto come
tale dalla critica, colpirà i suoi colleghi per la naturalezza profondamente innovativa, facendo così numerosi emuli: si tratta del Giovane pescatore napoletano
che gioca in riva al mare con una tartaruga.5 Nel 1831
il gruppo di Rude è esposto poco prima della chiusura
Ill. 63
Denis Foyatier
Spartaco, 1830
marmo di Carrara
Parigi, musée du Louvre
Ill. 64
James Pradier
Psiche, 1824
marmo
Parigi, musée du Louvre
Ill. 62 [Cat. 31]
François Rude
Mercurio che si allaccia i calzari dopo aver
tagliato la testa ad Argo, 1834
bronzo, dal gesso del Salon del 1827
Parigi, musée du Louvre
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Il ritorno a Parigi e i successi al Salon (1827-61)
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Nel segno della Libertà
del Salon, ragion per cui viene citato con ammirazione
ma riceve pochi commenti da parte della stampa6, che
si limita a sottolinearne la giustezza delle forme, la freschezza e la naturalezza gioiosa. L’autore del trafiletto
non ha guardato l’opera con attenzione, giacché precisa che il bambino gioca con un’«urna» (?). Si permette tuttavia un’osservazione che non risulta necessariamente negativa in un’ottica moderna: «La testa non
è graziosa ma ordinaria; il naso è schiacciato, la bocca
è grande ma la risata è naturale, piena di vita e di
espressività; tutto il resto della figura appare fine, giovane e vivace».7 Al Salon del 1833, dove Il pescatore è
esposto di nuovo – e questa volta fin dall’apertura –,
Alexandre Dumas afferma di preferire la versione di
Duret8, ma alcuni critici saluteranno l’opera di Rude
come un capolavoro. Ad attrarre non è più soltanto la
naturalezza della posa, ma anche la rappresentazione
realistica di alcuni dettagli, come le ciocche bagnate
che fuoriescono dal berretto, la cui lana infeltrita è rappresentata con tale finezza che si ha l’impressione di
avvertirne la consistenza nel marmo stesso. Il National9
privilegia l’opera di Rude rispetto al Giovane pescatore
che balla la tarantella10 di Duret (ill. 66), pur soffer-
mandosi su entrambi: «La natura ben nota è raggiunta
attraverso l’arte antica [...] lo scalpello viene usato con
sensibilità inaudita. Si ha un tipo di pelle per la pianta
dei piedi, un altro per la parte superiore». I gusti sono
decisamente cambiati: nel 1823, la pianta dei piedi
indurita, da popolana, della Giovane greca sulla tomba
di Botzaris di David d’Angers aveva fatto scandalo.
Antichità e natura
Il Pescatore di Rude, che ottiene un successo di stima,
inaugura, insieme a Il pescatore che balla la tarantella
di Francisque Duret, una vena pittoresca della scultura
alla quale è riconducibile anche il Giovane bagnante
che gioca col suo cane11 (ill. 67), spedito da Roma da
Dantan il Maggiore e di poco posteriore. A differenza
dei suoi colleghi, che avevano potuto recarsi a Napoli,
Rude all’epoca non aveva mai messo piede in Italia e
conosceva il pittoresco napoletano solo attraverso il
romanzo di Madame de Staël, Corinna, e i dipinti di
Léopold Robert o Victor Schnetz.
Antichità e natura: il discorso che la critica ripropone
a partire dalla metà del XVIII secolo mostra, nella
Ill. 65
Jean-Bernard Duseigneur
Orlando furioso, 1867
bronzo, dal gesso del Salon del 1831
Parigi, musée du Louvre
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Il ritorno a Parigi e i successi al Salon (1827-61)
Ill. 68
Louis-Messidor-Lebon Petitot
Giovane cacciatore ferito da un serpente,
1827
marmo
Parigi, musée du Louvre