Untitled - M.G.L. Valentini

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Untitled - M.G.L. Valentini
Monica M.G.L. Valentini
DELLA STESSA AUTRICE:
Cristalli
La spada bianca
Il condottiero
Il richiamo del silenzio
Principe delle tenebre
Agemina
L’ombra della ginestra
Come convivere con uno sport sconosciuto
Roma vista da me
E il mondo non fu più lo stesso…
ISBN 978-1-4092-2318-4
© 1984 MGL VALENTINI
Tutti i diritti riservati
Copertina: MGL Valentini
Grafica: Marco Licio Fabi
Contatta l’autrice
www.monicavalentini.net
Questo romanzo è di pura fantasia. Qualsiasi riferimento a cose, nomi,
persone o fatti, è del tutto casuale.
狼の
声そろうなり
雪のくれ
OOKAMI NO
KOE SOROUNARI
YUKI NO KURE
Naito Joso
I LUPI
ULULANO INSIEME:
TRAMONTO DI NEVE!
A Caterina, la mia prima lettrice
e a Lisa, per le sue lacrime versate
"Se penso e rifletto a lungo sugli eventi gioiosi, tristi e a volte
tragici che il destino riserva a ognuno di noi durante l'arco della
propria esistenza, mi sia consentito paragonare il cammino della
vita a tanti piccoli cristalli iridescenti, uno concatenato all'altro che,
a seconda degli imprevisti davanti ai quali il destino ci pone di volta
in volta, vengono inesplicabilmente a sgretolarsi uno dietro l'altro,
come una incessante reazione a catena che possa venire fermata
solo dalla forza di volontà del singolo individuo.
Ma non sempre è il destino a innescare tale reazione.
Una volontà più forte della nostra potrebbe avere facile ragione
di noi, così da trascinarci in un vortice sempre più buio e profondo
dal quale difficilmente potremmo venirne fuori se venissimo
prontamente, o peggio premeditatamente, privati della nostra forza
interiore. Spesso questa volontà così sottile e ambigua si insinua
dentro di noi con dolcezza e pazienza, tessendo, anno dopo anno,
una ragnatela invisibile ai nostri occhi, con la quale ci tiene
segretamente vincolati al suo volere. E solo quando è troppo tardi
ci rendiamo conto di essere completamente succubi e abulici. Ed è
allora che riversiamo la colpa sul destino e, forti di questa
convinzione, lasciamo che gli eventi proseguano indisturbati nel
loro cammino.
Mi chiedo, alle volte, come ciò sia possibile e mi soffermo a
pensare a quegli uomini indomiti che per tutta la vita si divertono a
forzare la mano al destino, a sfidarlo continuamente per elevarsi a
suo simile, per venire, in ultimo, sopraffatti da quella medesima
misteriosa mano. Ma penso altresì che siamo esseri umani, con
tutti i nostri difetti, i nostri pregi, i nostri vizi e con quella forte
curiosità che ci spinge a voler sapere sempre di più per avere
sempre di più, trascinandoci oltre i limiti imposti dalla natura.
E forse, tra destino e volere, esiste un solo insormontabile
ostacolo: la perfezione...
L.A. Fawkes."
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Iniziò a piovere pochi minuti prima che terminasse la lezione e gli
studenti si voltarono verso le grandi finestre, distraendosi per un attimo
dal discorso del docente. Il pezzo di cielo che si intravedeva attraverso i
vetri sporchi e ombrati dal fumo delle sigarette non lasciava presagire
niente di buono per il resto della giornata: pesanti nuvoloni neri
tuonavano minacciosi, mentre lampi e fulmini si rincorrevano
squarciando per pochi secondi il plumbeo colore del cielo.
Il professore si rese conto della mancanza improvvisa di
concentrazione da parte degli studenti e decise di porre fine alla lezione,
concludendo:
-Bene, ragazzi. Per oggi è tutto. Durante il weekend rivedete sul libro
quello che vi ho spiegato e se trovate qualcosa di poco chiaro ne
riparleremo la prossima volta. Buon divertimento.Pioveva sempre più violentemente e sui marciapiedi e sulle strade si
formarono veri e propri laghi, una recrudescenza del rigido inverno
appena trascorso. Ormai l'estate era alle porte e le giornate si
susseguivano calde e soleggiate, infondendo calore e allegria sui volti
della gente. Quell'improvviso temporale primaverile colse tutti di
sorpresa e pungenti commenti s'innalzarono per l'aria, mentre ognuno
correva in cerca di un provvisorio riparo.
Sbuffando, Alan Wild si assicurò i libri sotto il braccio e si mise a
correre in direzione degli alloggi universitari. Scivolò sull'asfalto bagnato
e riuscì a tenersi in equilibrio per puro miracolo, schivando all'ultimo
istante una macchina che sfrecciava veloce e che provvide a schizzarlo
fino al collo. Imprecò con stizza ed entrò nel portone dell'edificio,
facendosi poi i due piani a piedi per arrivare al suo appartamento.
Con gesto stanco posò i libri sul tavolo della cucina e si diresse verso
il bagno per farsi la doccia, fischiettando il motivo di una canzone. Si
fermò davanti allo specchio e si mirò a lungo, voltando leggermente la
testa ora da un lato ora dall'altro, finendo col fare l'occhiolino alla propria
immagine. Mio caro Alan, si disse con orgoglio, ancora tre esami e la
tesi ed è fatta: poi potrai goderti tutti i fine settimana che vorrai, alla
faccia della pioggia.
Sorrise soddisfatto e studiò la sua figura. Anche così, con i folti ricci
castani che gocciolavano, il maglione e i jeans infangati e bagnati,
rimaneva un ragazzo attraente che, con una sola occhiata, riusciva a
rapire i cuori femminili, facendo cadere tutte le donne ai suoi piedi.
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Era sempre stato narcisista fino all'esasperazione. Con i coetanei non
perdeva mai occasione per esercitare il suo egocentrismo,
esacerbandoli oltremodo, col solo risultato di rimanere con pochi amici;
con le ragazze sfoggiava tutto il fascino che possedeva,
pavoneggiandosi con albagia, scrutandole dall'alto in basso, come se
fosse stato un dio, un Apollo redivivo. E tutte lo adoravano, facevano
cerchio intorno a lui, sommergendolo di complimenti ed effusioni.
Scosse la testa, come per accantonare i ricordi e s'infilò sotto la
doccia, crogiolandosi a lungo al tepore dell'acqua. Quindi indossò
l'accappatoio e prese l'asciugamano per frizionare i capelli.
Il solo tornare indietro nel tempo, a quando era piccolo, lo fece ridere.
Anche allora si poneva davanti allo specchio e si mirava a lungo,
alzando la testa con orgoglio, aggiustandosi un ricciolo ribelle e facendo
finta di essere un cow boy, un guerriero, un paladino del bene... E ad
osservarlo in tutte le sue pose narcisiste c'era sempre stata sua sorella,
la dolce e piccola sorellina che batteva le manine, rideva e lo incitava a
continuare, senza mai stancarsi di lodarlo e di fargli complimenti. E
accanto a lei c'era sempre...
Si rabbuiò all'improvviso, disgustato. Con stizza buttò via
l'asciugamano e si pettinò i ricci arruffati. Ecco: si era rovinato la giornata
andando a rimuginare nei ricordi. Non doveva pensarci: lui non esisteva.
Maledizione! imprecò con rabbia. Accidenti a te! Hai il potere di rovinare
l'esistenza altrui anche quando non ci sei più!
A passi lunghi e risoluti raggiunse la propria camera e dall'armadio
prese un paio di jeans e una camicia, mentre dall'ingresso qualcuno
chiamava:
-Alan? Sei già arrivato?Con un profondo sospiro cercò di assumere un tono di voce tranquillo
e rispose:
-Sì. Ti sei bagnata?Sentì chiudere la porta e i passi di sua sorella che si dirigevano verso
la cucina.
-Non molto. Ho atteso che diminuisse di piovere prima di muovermi. Che
tempo matto!- commentò la ragazza con vivacità.
Alan abbozzò un sorriso mentre raccoglieva gli abiti bagnati e li
posava nel cestino dei panni sporchi. Raggiunse la sorella in cucina e
rimase sulla soglia della porta ad osservarla mentre lei metteva l'acqua
nella pentola e controllava l'arrosto nel forno.
-Ehi, dico! Hai finito di startene lì impalato a fissarmi?Alan si scosse dalle proprie riflessioni e rispose al sorriso che gli era
rivolto. Prese la tovaglia e si mise ad apparecchiare, mentre una
gradevole fragranza di arrosto si diffondeva per l'appartamento.
Fuori continuava a piovere incessantemente e il vento si faceva più
impetuoso e freddo, trascinandosi dietro grosse nubi nere cariche di
pioggia, che parevano rincorrersi tra loro come protagoniste di una gara
perenne, mentre gli alberi si inchinavano al loro passaggio facendo
cantare le foglie come un lungo battito di mani. Per le strade non si
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scorgeva più nessuno; solo un cane guaiva in lontananza, un lamento
triste e pieno di solitudine.
Hilda sbirciò dietro le tendine della finestra e quel grigio paesaggio le
mise addosso una grande malinconia. Appena aveva iniziato a piovere si
era sentita pervadere dall'angoscia, accompagnata da un vago senso di
impotenza. E lei era impotente davanti al corso della vita, della sua vita.
Con un sospiro tornò ai fornelli e si concentrò sul pranzo per non
ricadere nel vortice di ricordi dolorosi.
-Ehi!- esclamò Alan studiandola attentamente. -Non dirmi che ci pensi
ancora!Lei sussultò appena e si voltò verso il fratello, replicando risentita:
-Sei veramente così sicuro di te?-Non è così? Riconoscerei quell'espressione anche se ti vedessi lontana
mille miglia!- insistette irritato.
Hilda gli lanciò un'occhiata fulminante, pronta per la guerra verbale
che sarebbe scoppiata di lì a pochi secondi, ma prima che avesse la
possibilità di rispondergli, qualcuno suonò alla porta, spezzando
tempestivamente la tensione che si stava creando.
-Vado io, non ti scomodare.- borbottò Alan.
Mentre andava ad aprire, lei fece una smorfia e lo scimmiottò
sommessamente:
-Vado io, non ti scomodare!Incuriosita avanzò verso l'ingresso e vide Sandy sulla porta, il
ragazzo dell'ultimo piano. Era l'unico, in tutta la palazzina, ad avere il
telefono e, di conseguenza, ogni volta che qualche parente o amico
chiamava, era costretto ad avvisare l'interessato giungendo nelle ore più
disparate della giornata.
Hilda lo salutò con un sorriso e Alan si voltò verso di lei, spiegando:
-È una chiamata per noi. Pare sia la zia. Vado a sentire cos'è successo
e torno subito.-Ok. La pasta è pronta.- l'informò con indifferenza.
Sandy la salutò e se ne andò insieme ad Alan, mentre lei rimaneva a
fissare la porta che si chiudeva alle loro spalle.
E rimase immobile a lungo, al centro dell'ingresso, nel più totale
silenzio, senza pensare a niente. Poi, lentamente, chinò la testa e
incurvò le spalle, mentre una lacrima scendeva a rigarle la guancia
pallida. Pianse in silenzio, consapevole di avere solo quel breve lasso di
tempo per lasciarsi andare, prima che Alan tornasse.
Si maledisse per essersi tradita, risvegliando i sospetti del fratello che
lei, con enorme sforzo, era riuscita a sopire già da alcuni anni. Alan le
aveva ripetuto infinite volte di dimenticarlo, di non considerarlo più un
fratello e lei, per evitare le sue continue scenate, gli aveva fatto credere
di essersi rassegnata, evitando accuratamente di pensare a Siegfried in
sua presenza. Ma come posso dimenticare di avere un altro fratello? Un
fratello che continuo ad amare anche se sono trascorsi otto anni
dall'ultima volta che l'ho visto?
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Si asciugò le lacrime e tornò in cucina, dirigendosi verso la finestra e
scostò le tendine per osservare il paesaggio grigio che le si presentava
davanti, senza, però, vederlo realmente, trascinata ormai nel vortice di
ricordi tristi e crudeli che avevano segnato la sua infanzia.
La sua mente rievocava immagini lontane e dolci, quando lei, Alan e
Siegfried giocavano insieme, ridevano, scherzavano e si volevano bene.
I suoi due fratelli facevano a gara nel ricoprirla di attenzioni, effusioni,
baci e carezze perché, dicevano, era la piccolina e aveva quindi bisogno
di tanto affetto. E lei, a sua volta, considerava i suoi fratelli come due
cavalieri che l'amavano e la proteggevano.
Quel gioco era durato fino a quando Alan, a quindici anni, aveva
deciso che era meglio far sfoggio del suo fascino con altre ragazze
anziché con lei, lasciando campo libero al suo più diretto e acerrimo
rivale. E lei, abituata per undici anni a essere il centro di tutte le
attenzioni dei fratelli, avvertendo quel vuoto improvviso attorno a sé
aveva riversato tutto il suo amore su Siegfried. Quella sorta di
abbandono da parte del fratello maggiore aveva avuto il potere di farla
star male e, come era naturale in una bambina, pensò che un dolore
così grande non l'avrebbe mai più provato. Viziata e coccolata fin da
quando era venuta alla luce, amata e sommersa di complimenti da parte
di entrambi i fratelli, considerò il voltafaccia di Alan come una pugnalata
data a tradimento e faticò molto a perdonarlo.
A tredici anni Siegfried era già conosciuto in tutti i peggiori ambienti
della città. Con i suoi amici si divertiva a molestare la gente, a
commettere furti, a fare a pugni con i coetanei, a perpetrare veri e propri
atti di vandalismo e teppismo; fin da piccolo aveva mostrato una palese
tendenza ad amare le armi e ogni volta che gli si presentava l'occasione
non si faceva scrupoli nell'usarle. In particolare aveva una certa
debolezza per le armi bianche che, come avrebbe sempre sostenuto in
seguito, avevano la facoltà di risvegliare la parte più aggressiva e abile
di chi se ne serviva.
Di tutto questo Hilda non aveva mai saputo niente. Con lei si era
comportato sempre con premura e gentilezza, ricoprendola di maggior
affetto dopo che Alan gli aveva lasciato il campo libero per correre dietro
alle ragazze. E lei aveva continuato ad adorarlo, forse più di prima,
concedendogli tutto l'amore che in precedenza aveva dovuto scindere in
parti uguali tra lui e Alan. Si era resa conto fin da piccola che non le era
concesso amare più un fratello dell'altro; quella rivalità tra loro le faceva
paura. Se, per distrazione, mostrava più attenzione a uno dei due, l'altro
subito scoccava un'occhiata micidiale in direzione del fratello e
immediatamente si mettevano a litigare. Per evitare che quella rivalità
sfociasse nell'odio, aveva sempre bilanciato in maniera uguale il proprio
affetto anche se, nel suo intimo, era più incline ad amare Siegfried.
L'improvviso allontanamento di Alan l'aveva lasciata libera di dedicarsi
totalmente al fratello preferito.
Ma anche la più totale abnegazione alla fine costringe ad aprire gli
occhi e Hilda aveva iniziato a intuire che qualcosa non andava. Se con
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lei Siegfried era dolce e affettuoso, con i suoi genitori, invece, non
faceva altro che litigare violentemente. Anche se troppo tardi per poter
rimediare, avevano scoperto che frequentava delinquenti in erba,
sempre pronti a commettere malvagità di ogni genere e a nulla erano
valsi gli schiaffi paterni per ricondurlo sulla retta via.
I continui litigi le avevano fatto intuire la verità e quando aveva
chiesto ad Alan di spiegarle cosa stava accadendo, il ragazzo le aveva
sussurrato sconsolato:
-Siegfried è un delinquente.Rabbrividì al ricordo di quel particolare momento della propria
infanzia e si appoggiò alla finestra.
Per una bambina di undici anni quella verità risultò difficile da
accettare. Si sentì malissimo e per diverso tempo si rinchiuse in se
stessa, piangendo e maledicendo Siegfried. Nel breve periodo di un
mese era stata tradita prima da Alan e poi da colui nel quale aveva
riposto tutta la sua fiducia. Reagì nell'unico modo che le era possibile,
iniziando a diffidare dei suoi fratelli, a ignorarli, sentendo crescere dentro
di sé rabbia e solitudine.
Ma quello stato di cose durò poco: cinque mesi più tardi i loro genitori
morirono in un incidente stradale e i tre orfanelli furono accolti in casa
della zia materna. Con loro, Alan e Hilda rimasero fino a quando il
ragazzo non si iscrisse all'università, mentre Siegfried pensò bene di
sparire dopo poche settimane.
Otto anni... Da otto anni non ti sei più fatto vedere, pensò con
tristezza, continuando a guardare la pioggia che cadeva
incessantemente.
Con un enorme sforzo ricacciò indietro le lacrime e passò una mano
sulla fronte, mordendosi le labbra. Come un automa si avvicinò ai fornelli
e si accinse a togliere la pasta dal fuoco.
Alan, indubbiamente, aveva ragione quando le ripeteva di
dimenticarlo eppure, nonostante tutti gli sforzi che faceva, non ci riusciva.
Il passato apparteneva al passato e così doveva essere, anche se
continuava a ripensare ai momenti più tristi della sua vita come se
avesse voluto cambiarli in un ultimo, disperato tentativo.
-Continuare a pensarci non risolverà niente.- le aveva detto Alan con
rabbia, dopo che Siegfried se ne era andato per sempre. -Non è colpa di
nessuno se ci è capitata la disgrazia di avere un fratello delinquente.
Non vale la pena di pensare a lui: dimenticalo e poi ti sentirai meglio.L'aveva guardata a lungo, studiando quegli occhi tumefatti e rossi per
le tante lacrime versate, quindi aveva continuato con più pacatezza:
-Non preoccuparti. In fin dei conti, alla tua età si dimentica facilmente.E lei aveva dodici anni quando Siegfried se ne era andato senza dire
una parola.
Ma io non ho dimenticato. Non potrei mai. Lui è mio fratello e
continuerò a sperare che un giorno ritorni. Sospirò tristemente,
pensando che quell'attesa le era già costata molto.
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Oddio, basta! Basta! Non posso continuare a torturarmi così in
eterno! Siegfried ha scelto da solo la propria vita: a modo suo sarà
felice...
-Hilda!La ragazza sobbalzò al tono imperioso e improvviso: immersa nei
ricordi non aveva udito Alan rientrare. Lo guardò timorosa e quello che
vide non le piacque. Alan la fissava torvo, le mani nelle tasche dei jeans,
a testimonianza che era da un po' lì a studiarla.
-Quante volte ti ho ripetuto e continuo a ripeterti che non devi pensarci?urlò inviperito, dando sfogo alla collera feroce che il solo pensiero del
fratello gli procurava.
-Scusami.- mormorò chinando mestamente la testa.
Il ragazzo inspirò a fondo, cercando di ritrovare il controllo delle
proprie emozioni. Maledetto! imprecò con stizza. Possibile che debba
sempre combattere contro il tuo fantasma? Con rabbia si sedette a
tavola e ringhiò:
-Allora? Non avevi detto che la pasta era pronta?Hilda annuì e si precipitò a preparare i piatti col cuore che le batteva
impazzito. Gli improvvisi e violenti scoppi d'ira del fratello iniziavano a
preoccuparla e ogni qualvolta lo vedeva pronto a esplodere, evitava con
ogni mezzo possibile di far precipitare le cose. Così se ne rimase in
silenzio per l'intera durata del pranzo, ascoltando con malinconia la
pioggia che batteva contro i vetri con un ritmo sempre uguale.
Con un pallido sorriso accettò l'aiuto che Alan le offrì al termine del
pasto e quando si ritirò in camera sua sospirò di sollievo, chiudendo la
mente a qualsiasi pensiero.
~
-Hilda, io vado da Sandy. Devi uscire?Dalla propria camera, alzando la voce per farsi udire, lei rispose:
-Ho un appuntamento con LA per studiare.Alan fece una smorfia di disprezzo e bofonchiò:
-Tornerò per cena. Vedi di farti trovare a casa per quell'ora.Appena sentì chiudere la porta, Hilda si lasciò sfuggire un sospiro di
sollievo e aggiustò una piega invisibile sulla gonna. Quindi si diresse in
bagno per prepararsi e iniziò a spazzolare i lunghi capelli corvini.
Sorrise pensando alla sua amica. Alan la disprezzava e questo LA lo
sapeva, nonostante per un certo periodo di tempo fossero stati insieme.
Ma non se ne curava affatto. Hilda la conosceva già da cinque anni,
praticamente da quando si era trasferita lì con Alan e poteva giurare
tranquillamente di non averla mai vista pensierosa o con un problema da
risolvere: era sempre allegra e spensierata; niente riusciva a sminuire la
voglia di vivere che l'alimentava.
Una puttana dal viso d'angelo, dicevano di lei. Poteva avere tutte le
virtù di questo mondo però le piaceva troppo divertirsi e per questo era
stata marchiata.
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Già, pensò tristemente, fa presto la gente a giudicare... Possono dire
tutto il male che vogliono su di te, ma per me sei semplicemente
magnifica. Sei la mia unica vera amica e non ti cambierei con una santa.
Solo tu hai saputo aiutarmi e comprendermi senza che io ti chiedessi o
dicessi niente.
Si voltò verso la finestra con un'espressione intensa sul volto pallido,
le sopracciglia aggrottate e i capelli che le ricadevano voluminosi e
ondulati sulle spalle. LA, pensò, non è minore la bellezza anche se cade
a un soffio di vento...
All'improvviso il ricordo di quella domenica mattina le fece venire le
lacrime agli occhi e si morse le labbra per non cedere alla debolezza. Il
passato le tornava troppo spesso in mente, crudele e ossessionante,
malgrado facesse sforzi enormi per dimenticare.
Scosse violentemente la testa e decise di fare due passi prima di
andare da LA e, afferrato l'impermeabile, uscì senza pensarci oltre.
Da poco aveva smesso di piovere, anche se la città era ancora
avvolta da un cupo grigiore e un leggero vento la fece rabbrividire
all'improvviso. La sua mente era un continuo via vai di ricordi che si
susseguivano con velocità dirompente e che la perseguitavano ormai da
cinque anni, tenendola segregata nella prigione di se stessa.
L'uomo è come un fiore portato dal vento, si ripeté per la centesima
volta. È il Karma.
Lasciò spaziare la mente in un luogo da fiaba, dove si rintanava
quando voleva fuggire alla realtà, e quel luogo così cristallino,
incontaminato, dove solo a lei era consentito l'accesso, rifletteva una
luce abbagliante, fatta di miriadi di cristalli iridescenti. Cristalli che
rilucevano sopra una cascata di capelli biondi che svolazzavano liberi e
che sembravano trasparenti, tanto erano chiari... I capelli di Siegfried,
così biondi da meritarsi il soprannome di Dagr, il mitico dio del giorno. E
lui le sorrideva, col suo volto da bambino, circondato da un velo di
nebbia. Otto anni...
Involontariamente rabbrividì, mentre alcune gocce di pioggia
ricominciavano a cadere. Scrutò il cielo plumbeo e decise di rientrare.
Era anche ora di andare da LA.
Ritornò sui propri passi e mise il cappuccio dell'impermeabile in testa.
Tra meno di un mese doveva dare un esame ed era meglio non pensare
ad altro. Se si fosse dedicata allo studio, sarebbe riuscita e superare la
prova eccellentemente; la media dei suoi voti era buona e non avrebbe
permesso ai ricordi di rovinargliela. E anche volendo, non si sarebbe
potuta permettere il lusso di prendersela comoda.
Quando sua zia aveva telefonato, li aveva avvertiti che quello che i
loro genitori avevano lasciato in banca si stava consumando e se Alan
non si fosse sbrigato a laurearsi e a trovare lavoro, si sarebbero ritrovati
senza fondi e lei avrebbe dovuto abbandonare gli studi. In parole povere,
si sarebbero ritrovati sul lastrico e sua zia aveva lasciato chiaramente
intendere che lei non avrebbe potuto far niente. Meglio ancora: nei tre
anni che li aveva mantenuti aveva fatto anche troppo.
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Ma che bella prospettiva! pensò con sarcasmo.
Con stizza accelerò il passo, mentre la pioggia cadeva con maggior
insistenza. Fu in quel momento che qualcosa attrasse la sua attenzione.
A prima vista sembrava un fagottino grigio e peloso, abbandonato per la
strada e se non fosse stato perché tremava convulsamente, non
l'avrebbe neppure notato. Incuriosita si avvicinò accucciandosi e allungò
una mano, quando un guaito la fece sobbalzare. Fissò il fagotto e subito
dopo sorrise, prendendolo in braccio: era solo un cucciolo di cane
inzuppato come un pulcino che tremava per il freddo. Lo strinse a sé
cercando di trasmettergli un po' del suo calore e il cucciolo la guardò
drizzando le orecchie.
-Dimmi: chi ha avuto il coraggio di abbandonarti sotto questa pioggia?mormorò accarezzandolo dolcemente.
Mossa da compassione, decise di portarlo a casa e si mise a correre,
arrivando a destinazione con un violento batticuore. Senza curarsi di
togliere l'impermeabile che gocciolava, si diresse in bagno, posò il
cucciolo a terra e aprì l'acqua per riempire la vasca.
-Mi auguro che tu non abbia paura di un bel bagnetto caldo.- disse
osservando il batuffolo bianco che a mala pena si teneva sulle zampe.
Ridendo si sbarazzò dell'impermeabile, cercando un nome da dargli e
quando l'acqua giunse al livello desiderato, prese il suo nuovo amico e
gli fece un bel bagno caldo, insaponandolo e frizionandolo a dovere. Ci
impiegò quasi un'ora a lavarlo e asciugarlo, lottando per tenerlo fermo
ma, alla fine, il risultato superò ogni aspettativa: del cucciolo inzuppato,
infreddolito e maleodorante non c'era più traccia; al suo posto c'era una
massa gonfia di peli lunghi e brillanti, che risplendeva sotto la luce del
neon.
Hilda lo sollevò per osservarlo e, contenta, esclamò:
-Sei perfetto! Non immaginavo che una volta rimesso a nuovo saresti
stato così carino. Vediamo... Ti chiamerò Hols. Sì, suona bene. Hols...Un lampo saettò negli occhi gialli del cucciolo, occhi obliqui e sottili,
così diversi da quelli di ogni cane. Il suo pelo era folto, la coda grossa e
voluminosa, il muso più allungato del normale e le orecchie dritte e
aguzze.
-Devo riconoscere che come cane sei abbastanza strano.- commentò
rigirandolo da tutte le parti. -Ma mi piaci così come sei.Sorrise felice e l'abbracciò, stampandogli un bacio in mezzo al muso.
Siamo entrambi soli, amico mio; ci faremo compagnia.
Lo lasciò libero di girare per casa, mentre si dirigeva in cucina per
preparargli una ciotola con l'acqua e un piatto con alcuni pezzi di carne
avanzati a pranzo. Hols mangiò con avidità e lei lo guardò con affetto,
ripromettendosi di comprargli un guinzaglio e un collare.
Per la prima volta dopo tanti anni, Hilda riuscì a dimenticare il
passato che l'ossessionava e fu contenta di essere ancora viva.
Ancora viva...
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Erano trascorsi ben cinque anni, eppure, all'improvviso, le parve solo
un sogno, una cosa irreale e si ritrovò a chiedersi se veramente fosse
stata lei a compiere quel gesto.
Il suo sguardo si posò sui polsi: benché sottili, le due cicatrici c'erano
e ci sarebbero rimaste per sempre.
Chiuse gli occhi rabbrividendo e in quell'istante suonarono alla porta.
Si riscosse dal passato e andò ad aprire, con Hols che le scodinzolava
attorno felice e con la pancia piena.
La sorridente faccia di LA fece capolino e Hilda non ebbe la
possibilità di aprir bocca ché subito la ragazza esclamò ridendo:
-Ehi! Lo sai che ti sto aspettando già da un'ora? Ti eri dimenticata che
dovevi salire da me? Allora? Ehi! Non dirmi... Non dirmi che c'è un uomo
in casa! Ho interrotto qualcosa?- domandò insinuante, squadrandola da
capo a piedi. -Ma no, sei ancora vestita... Allora? Mi fai entrare?Quell'inatteso fiume di domande e constatazioni la lasciò un attimo
interdetta, mentre la faceva entrare e richiudeva la porta alle proprie
spalle. Quindi scoppiò a ridere e mormorò:
-Oh, no! Niente uomini. Ero uscita per fare due passi.-Oh, santo cielo!- sospirò LA. -Ed io che speravo di trovarti in dolce
compagnia... Ho la vaga impressione che tu sia affetta da una grave,
addirittura cronica fobia... Allora?Hilda sorrise, intuendo la muta domanda dell'altra e lasciò scivolare lo
sguardo ai propri piedi. LA chinò la testa e vide Hols rannicchiato dietro
le gambe dell'amica.
-Oh, cielo! Che amore!- esclamò chinandosi e prendendolo in braccio. Dio, è dolcissimo! Dove diamine l'hai trovato?-A dir la verità l'ho trovato ora che sono uscita. Qualcuno deve averlo
abbandonato e così ho deciso di portarlo a casa. Mi faceva tenerezza.-Pensi di tenerlo?-Sì. Gli ho già trovato un nome: Hols. Ti piace?Si diressero in cucina e Hilda si diede da fare per preparare il caffè,
mentre LA giocherellava con il cucciolo.
-Sì, mi piace. Direi che è perfetto.- rispose. -Alan l'ha visto?-Veramente no.- ammise Hilda in un sussurro, posando la caffettiera sul
fuoco.
I grandi occhi nocciola di LA puntarono sull'amica, ma non disse
niente: il silenzio parlò per lei. In quegli anni aveva imparato a conoscere
i due fratelli e già immaginava la reazione che avrebbe avuto Alan.
Brutta faccenda, pensò tristemente.
Sentì Hilda sospirare e il suo sguardo si fece compassionevole.
-Bene!- esclamò con allegria, posando Hols a terra. -Dall'odore si
direbbe che il caffè stia venendo buono. Penso io alle tazzine, tu prendi
lo zucchero.Hilda la sbirciò mentre si muoveva per la cucina e sorrise. Sei una
cara amica, pensò.
-Perfetto.- commentò LA sedendosi. -Ora ci gustiamo il caffè, quindi ci
buttiamo nel ripasso, ok?17
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-Ok.Per tutto il pomeriggio LA ascoltò le risposte che Hilda dava alle sue
domande, fornendole maggiori spiegazioni, facendole ampliare o
restringere vari concetti, dandole consigli e assicurandola che avrebbe
superato l'esame con il massimo dei voti.
Una volta sola, Hilda fece mangiare Hols e si preparò all'arrivo di
Alan.
~
-Cristo, Hilda! Siamo quasi ridotti alla fame e tu mi porti un animale in
casa! Perdio! Non abbiamo soldi e tu mi sobbarchi della responsabilità di
sfamare un'altra bocca! Che cazzo ti dice la testa? Eh? Cristo! Cristo!Con stizza Alan si passò una mano tra i capelli e continuò a
imprecare e a bestemmiare con veemenza.
Da più di un'ora non faceva che urlare e camminare avanti e indietro,
agitando le mani e strabuzzando gli occhi per l'ira. Era bastato che lei
accennasse a Hols che subito l'aveva guardata da prima allibito, poi con
maggior furore fin quando non era esploso. Lei l'aveva lasciato sfogare,
niente affatto intimorita dalla sua ira, seduta al tavolo della cucina con la
testa reclinata in avanti, lasciando credere al fratello di avere timore di lui.
Sì, aveva imparato che era meglio non dar prova che la sua violenza la
lasciava del tutto indifferente.
Alan la costrinse a guardarlo, afferrandole rudemente il volto e lei
assunse un'espressione prostrata e intimorita.
-Non abbiamo soldi, Cristo! Mi spieghi come cazzo intendi nutrirlo?Lei non rispose, ma continuò a guardarlo attentamente. Ormai
doveva arrendersi all'evidenza: Alan aveva problemi, seri problemi. Da
troppo tempo perdeva la calma facilmente e giorno dopo giorno
peggiorava, proprio come le aveva fatto notare LA.
-Alan sta male. Non credo sia solo esaurimento nervoso. Non lo vedi
anche tu? Sembra quasi che stia impazzendo. A volte mette paura...- le
aveva detto un giorno.
-Sei tu la pazza!- aveva risposto con veemenza. -Alan sta benissimo; è
solo stressato perché ha dovuto studiare molto, bisogna capirlo. Vedrai
che si rimetterà presto.LA l'aveva guardata con compassione, quindi aveva scosso la testa
mormorando:
-Lo difendi solo perché è tuo fratello. Ma te ne accorgerai presto.Oh, come avevi ragione! Ed io che non ho voluto crederti!
-Non guardarmi con quell'aria da scema! Rispondi quando ti parlo,
perdio!La scosse con violenza, facendola tornare bruscamente al presente.
-Alan... Ti prego...- gemette per il dolore.
Lui la lasciò andare e rimase a fissarla con gli occhi iniettati di sangue
e il fiato corto. Lentamente, a testa bassa, Hilda si ricompose e passò
una mano sulla fronte. Alzò il volto e studiò il fratello: il suo viso era
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©MGL VALENTINI
sconvolto e tirato dall'ira ed era palese lo sforzo che faceva per
dominarsi.
Per un lungo momento tutto tacque e all'improvviso, così come era
esploso, Alan si calmò. Inspirò profondamente e bofonchiò qualcosa di
inintelligibile, fissando cupo la sorella. Per una frazione di secondo parve
che volesse scusarsi, ma altro non fece che sedersi, continuando un
sommesso e incomprensibile monologo.
Hilda continuò a sbirciarlo con circospezione, cercando di intuire cosa
gli stesse passando per la testa. Per un attimo rivide il piccolo Alan che
le faceva le carezze e i complimenti; rivide un bambino dolce e
premuroso... Ma tornò subito con i piedi per terra, pensando con
amarezza che quell'Alan era morto. Per sempre.
-Allora? Potresti anche farmelo vedere, ti pare?Quel tono di voce dolce l'impensierì. Solo un minuto prima stava
urlando e bestemmiando come un forsennato e ora...
Sforzandosi di sorridere, corse in camera e appena Hols la sentì
entrare balzò dal letto e le andò vicino scodinzolando felice. Lei lo prese
in braccio, ripromettendosi di non lasciarlo toccare da Alan: sarebbe
stato capace di spezzargli il collo.
Sospirando tornò in cucina, tenendo Hols stretto al seno. Si fece
forza e sorridendo disse:
-Eccolo qui. Ti piace?Alan fissò il cucciolo, alzandosi in piedi lentamente. Hols, a sua volta,
puntò i propri occhi gialli in quelli neri del ragazzo e questi sussultò.
-Sei forse impazzita sul serio, perdio?- urlò all'improvviso.
Additò il cucciolo e guardando con un barlume di follia la sorella sibilò
minaccioso:
-Io me ne vado, ma tra un'ora, quando ritornerò, non voglio più trovare
questo lupo in casa! Guai a te se lo vedrò ancora: butterò fuori a calci in
culo te e lui! Sono stato chiaro?Fece una smorfia al genuino stupore di Hilda e si avviò verso la porta,
ruggendo con rabbia:
-Sbarazzatene!Hilda rimase sbigottita e interdetta a osservare Hols tra le sue braccia,
riuscendo solo a ripetersi: oddio, un lupo... un lupo...
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©MGL VALENTINI
Hilda uscì dall'edificio e osservò il sole alto nel cielo estivo. In
lontananza, sotto un albero, LA l'attendeva parlando con alcune amiche
e appena la vide le corse incontro sorridendo fiduciosa. Tutta eccitata le
prese le mani e chiese a bruciapelo:
-Allora? Com'è andata? Su, forza: quanto? Non farmi penare così!
Allora?Hilda la guardò tristemente, quindi chinò la testa in segno di sconfitta
ed LA impallidì, perdendo tutta l'euforia. La fissò incredula e mormorò:
-Non è possibile... Sapevi tutto...Hilda alzò le spalle, come se si fosse rassegnata per quell'esame
andato a male, ma LA non si diede per vinta.
-Non è possibile!- ripeté con stizza. -Il professore che ti ha esaminato è
solo uno stronzo pezzo di merda! Santo cielo! Dimmi chi è e ci andrò io a
parlare! Voglio proprio sapere con quale assurdo criterio ti ha valutato!
Deve essere proprio un pez...Si bloccò quando vide l'amica scuotere la testa e scoppiare a ridere,
trattenendosi lo stomaco.
-Sei decisamente matta!- esclamò senza riuscire a trattenere le risate. Mi ha concesso pure la lode!LA la scrutò attentamente, quindi le diede una spinta e scoppiò a
ridere.
-Mi hai fatto prendere un bello spavento! Che scema a cascarci! Dovevo
immaginarlo!Ridendo e scherzando si avviarono verso casa, noncuranti della
gente che si girava a guardarle con curiosità. Il sole risplendeva sui loro
capelli, dando vita a uno spensierato gioco di colori iridescenti, dove il
rosso si fondeva a striature bionde e il nero a striature azzurre,
provocando un contrasto di mirabile bellezza.
Da quando era arrivato Hols, Hilda aveva ritrovato il sorriso e la
voglia di vivere di un tempo e lo spettro scuro del passato aveva iniziato
a dissolversi lentamente, lasciandola libera di godere la tanto agognata
serenità. Tuttavia non era stato facile far capitolare Alan. Era stato
irremovibile fin dall'inizio: non voleva il lupo in casa. Era stata LA a fargli
cambiare idea, trattandolo ora con dolcezza ora con rabbia,
cantandogliene quattro e alzando la voce quando lui alzava la sua, ma
alla fine Hilda aveva ottenuto l'autorizzazione a tenere Hols.
Da due mesi LA stentava a riconoscere la sua amica. Era serena e
felice come mai l'aveva vista e ciò le procurava grande gioia. A stento
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©MGL VALENTINI
riusciva a paragonarla alla ragazzina che aveva conosciuto cinque anni
prima: della vecchia Hilda era rimasto poco o niente.
All’epoca aveva solo quindici anni e frequentava ancora il liceo,
quando aveva pregato Alan di portarla con sé agli alloggi universitari. LA
vi si era trasferita una settimana prima e, come Alan, era iscritta al primo
anno di corso. Spinta dalla curiosità, sapendo che tra gli studenti c'era
una quindicenne, era scesa per dar loro il benvenuto ed era rimasta
incantata a fissare Alan. Non aveva mai visto un ragazzo così bello in
tutta la sua vita: perfetto, fu il suo unico pensiero.
-Io... Io sono Leigh Ami Fawkes, per gli amici solo LA, e... Be’, volevo
dare a te e a tua sorella il benvenuto...Si era ritrovata a balbettare come una scolaretta alla prima cotta,
senza riuscire a staccare gli occhi da lui e il suo viso era diventato
purpureo.
-Salve. Io sono Alan Wild.- si era presentato, osservandola con palese
ammirazione.
Erano rimasti a guardarsi sulla soglia della porta, senza parlare e
sorridendosi un po' imbarazzati, Poi, come se si fosse ricordato solo in
quel momento, Alan aveva chiamato la sorella e lei aveva allungato il
collo per sbirciare oltre la spalla del ragazzo. Aveva scrutato quella
figura sottile, emaciata e tremendamente pallida avanzare come un
fantasma e appena se l'era ritrovata di fronte l'unica cosa che era
riuscita a percepire era stata l'invidia. Ma come quegli occhi grigi,
trasparenti, si erano posati su di lei, il cuore le si era stretto in una morsa
dolorosa. In quei due cristalli aveva letto solitudine e paura con
un'intensità tale da lasciarla interdetta. Hilda aveva teso la mano, senza
che un'ombra di sorriso le increspasse le labbra, totalmente abulica. Era
rimasta impassibile, con lo sguardo spento fisso nel vuoto e quando LA
si era decisa a stringerle la mano, aveva sentito quella di Hilda gelida e
aveva notato il nastrino di raso intorno al polso. Si era chiesta cosa
potesse significare e i suoi occhi si erano repentinamente posati sull'altro
braccio, dove stava, seminascosto dal maglione, il secondo nastrino.
Nei giorni successivi era rimasta a lungo con il pensiero fisso su di lei,
sentendo di dover fare qualcosa per aiutarla e ogni volta che le si era
presentata l'occasione, era andata a trovarla. All'inizio era stata accolta
con freddezza, poi, lentamente, era riuscita e far breccia nel cuore di
quella quindicenne diffidente.
Col tempo la sua tenacia si era rivelata l'arma migliore: lei e Hilda
erano diventate amiche e si vedevano tutti i giorni, ora per studiare, ora
per fare la spesa. Non aveva mai fatto domande sul suo passato e
sapeva che di questo Hilda le era riconoscente.
Una massa pelosa e argentata le saltò addosso e tornò bruscamente
al presente.
-Gesù!- esclamò ridendo. -Buono, buono, Hols. Fa' la cuccia, da bravo.-È meglio che ti lasci fare le feste o non ti darà pace. Sei l'unica alla
quale si sia affezionato.- disse Hilda andando a prendere il guinzaglio.
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LA l'accarezzò e si lasciò leccare, pensando vagamente che stava
prendendo la forma del lupo adulto.
Cresceva sano, robusto, con il pelo argentato sempre lucido e
spazzolato e ogni mese Hilda lo infilava in vasca per fargli il bagno. Era
stata dura abituarlo all'acqua, ma infine ci aveva preso confidenza e si
divertiva a sguazzare in mezzo alle bolle di sapone. Adorava la sua
padrona e le trottava sempre al fianco, ringhiando contro chiunque le si
avvicinasse. La sola persona che gli riusciva difficile da sopportare era
Alan, che si comportava come se lui neppure esistesse.
-Ecco qui il tuo guinzaglio, Hols.- annunciò Hilda sorridendo. -Ora
andiamo a fare una bella camminata.Mentre si chinava per legarglielo al collo, LA le si avvicinò e con
titubanza chiese:
-Come... Come va la questione finanziaria?Per una frazione di secondo le mani di Hilda si bloccarono e si
domandò cosa ne potesse sapere dei loro problemi. Si voltò a guardarla
e con noncuranza chiese:
-Perché questa domanda?-Così... Circa una settimana fa è venuto un ragazzo che cercava te e tuo
fratello, però Alan era fuori e tu stavi in facoltà e lui si è rivolto a me,
dicendo...Con uno scatto felino Hilda balzò in piedi e l'afferrò per le spalle,
pallida come un cadavere e domandò:
-Ti ha detto chi era?LA la fissò ad occhi sgranati, non riuscendo a comprendere la sua
foga e balbettò:
-Veramente... Veramente no...-Ti ricordi com'era? Potresti descriverlo?Era evidente che attendesse la visita di qualcuno che le stava
particolarmente a cuore e l'amica si chiese chi fosse il fortunato.
Comunque sia, si concentrò sul ragazzo e iniziò a dire:
-Dunque... Era abbastanza alto, magro...-I suoi occhi?- l'interruppe con ansia.
-I suoi occhi?Hilda sospirò e spiegò:
-I suoi occhi erano grigi come i miei?-Mi pare... No, no. Non erano grigi.-Sei sicura?-Certo. Erano scuri, me lo ricordo bene.La mente di Hilda si rifiutò di crederci: doveva essere lui! Doveva!
Alla fine dovette registrare la delusione amara della realtà e lentamente
chinò la testa, abbozzando un pallido sorriso e tornò ad occuparsi di
Hols, lasciando l'altra confusa e attonita.
-Allora? Mi stavi parlando di un ragazzo: cosa voleva?- chiese
all'improvviso, come se niente fosse accaduto.
-Io... Ecco, mi ha detto... Non ricordo molto bene, ma ha accennato alle
vostre finanze. Comunque, sarebbe tornato uno di questi giorni.22
©MGL VALENTINI
Hilda sorrise con indifferenza, aggiustandosi una ciocca di capelli:
non era la persona che lei avrebbe desiderato fosse, quindi non le
premeva sapere chi era.
-Bene. Se tornerà vedremo di chi si tratta.- rispose con sufficienza. -Che
ne diresti di pranzare insieme?LA la studiò a lungo, cercando di leggere qualcosa su quel volto, ma
Hilda era tornata a essere quella di sempre e accettò l'invito sorridendo,
dimenticando volutamente quanto era accaduto.
~
Alan osservò la sorella che se ne stava seduta sul divano, con la
gambe raccolte e un'espressione indifferente dipinta sul volto stupendo. I
lunghi capelli neri le ricoprivano le spalle come un manto brillante,
mentre i suoi occhi lo fissavano con una freddezza che lui non le aveva
mai visto prima. La mano accarezzava Hols distrattamente, accucciato
sul divano accanto a lei, apparentemente addormentato.
-Mettiti qualcosa di carino e truccati un po', sei pallida come un
cadavere.- le disse con rabbia appena celata. -E cerca di sorridere ogni
tanto, cazzo! Ricordati che è il figlio del mio datore di lavoro e voglio che
tu gli piaccia e gli faccia una buona impressione.- l'ammonì severamente.
Hilda continuò ad accarezzare Hols senza scomporsi, fissando il
fratello con disprezzo. Alan sbirciò l'orologio al polso e continuò sullo
stesso tono irritato:
-Sbrigati. Tra mezz'ora dobbiamo essere pronti.Con una smorfia si diresse in camera sua e lei si alzò dal divano,
stiracchiando le gambe. Che bastardo! imprecò con stizza. Era riuscito a
organizzare tutto nei minimi particolari: una cena in un ristorantino
elegante, loro tre soli e infine un salto in un noto night, per concludere la
serata alla grande. Che bastardo! si ripeté per la centesima volta. Con
quale coraggio le aveva chiesto di fare una cosa simile? Far colpo sul
figlio del suo datore di lavoro! Assurdo! Non si sarebbe mai venduta!
Con stizza si portò davanti allo specchio e si osservò: indossava
vecchi jeans con un maglione largo e scarpe da ginnastica. Perfetto!
Basterà solo una spazzolata ai capelli e sarò pronta. Già: così conciata
farò decisamente colpo!
Da più di un mese Alan lavorava in una fabbrica come operaio e per
una coincidenza del destino era riuscito ad allacciare rapporti di amicizia
con Alex, il figlio del proprietario. A un tipo come lui era sembrato più che
naturale usare quel ragazzo e sua sorella per poter aspirare a ricoprire
una carica più prestigiosa all'interno della fabbrica. Già da qualche
tempo pensava di farli incontrare e di far nascere tra loro qualcosa che
andasse oltre la semplice amicizia, in modo che Hilda potesse
intercedere per lui; purtroppo non era mai riuscito a trovare il momento
giusto per far apparire la cosa abbastanza naturale. A forza di
rimuginarci sopra, era giunto il giorno del suo ventiquattresimo
compleanno; e allora, perché non invitare Hilda e Alex a cena fuori per
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festeggiare? Era l'occasione che aveva atteso a lungo e non poteva
assolutamente lasciarsela sfuggire. Quella mattina ne aveva parlato ad
Alex e questi aveva accettato di buon grado; quella sera, invece, Hilda
era rimasta senza parole.
Sospirando osservò Hols e subito sorrise. Gli si avvicinò e l'abbracciò
e il lupo le leccò il volto, contento di tutte quelle attenzioni. Se non avessi
te, amico mio... pensò. Stasera ti devo lasciare e non hai idea di quanto
mi costi. Il signor Wild ha già deciso le parti che ognuno di noi dovrà
recitare. Povera me! Che cosa ho fatto di male?
Accarezzò il lupo ancora un po', con dolcezza, quindi si alzò per
andargli a preparare qualcosa da mangiare e in quel momento Alan
rientrò nella stanza. Guardò la sorella e Hols con cattiveria, annunciando
con freddezza:
-Devo salire un attimo da Sandy, ma torno subito. Fatti trovare pronta,
hai capito?-Sì.- mormorò abbassando la testa.
Lui la studiò un attimo con disapprovazione, quindi se ne andò
sbattendosi la porta alle spalle. Hilda sorrise, constatando che aveva
indossato il più bel vestito che aveva e si era profumato quel tanto da
lasciare l'odore sospeso per l'aria per svariati minuti.
Si girò verso Hols e con una luce divertita negli occhi propose:
-Ehi, piccolo! Ti va di fare una lunga camminata?Il lupo drizzò le orecchie e la fissò inclinando la testa di lato, quindi
balzò giù dal divano e si diresse verso la porta scodinzolando felice.
Hilda lasciò vagare lo sguardo per la casa e si mise a ridere.
-Sì, Alan! Avrai proprio una bella sorpresa!Afferrò al volo le chiavi e senza pensarci oltre uscì preceduta da Hols.
Il sole era già tramontato e i lampioni avevano preso il suo posto
illuminando i marciapiedi quasi deserti e una città malinconica, dove
risuonavano sempre più fiocamente i clamori di un'estate appena
terminata. Un freddo venticello autunnale la fece rabbrividire e si
rammaricò di non aver preso, nella fretta, un giaccone per ripararsi.
Per un po' camminò senza meta, cercando di immaginare la faccia di
Alan appena fosse rientrato in casa. Le sarebbe piaciuto essere una
mosca per assistere: si sarebbe infuriato come al solito e avrebbe
dovuto trovare una scusa plausibile per Alex, in modo da non cadere nel
ridicolo. Come sei cinico, fratello! Non l'avrei mai immaginato. E osi
arrogarti il diritto di biasimare Siegfried? Ma se sei peggiore di lui...!
Proprio una bella e fortunata famiglia la nostra!
In quel momento ripensò ai propri genitori, ma le immagini che la
mente le presentava erano offuscate, come avvolte da una cortina di
nebbia e le vennero le lacrime agli occhi: stavano diventando un ricordo
lontano come Siegfried.
Passò una mano tra i capelli e si morse le labbra. Fece cenno a Hols
e si mise a correre più veloce che poteva, per soffocare le lacrime che
minacciavano di scendere. Corse fino allo stremo delle forze, sentendo il
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cuore batterle furiosamente sotto lo sforzo e provando una sensazione di
gelo nei polmoni per l'aria fredda che inalava.
Solo quando inciampò e cadde, rimanendo distesa a terra, rossa in
volto, col respiro affannato e priva di forze, si rese conto di essersi
lasciata la città alle spalle per entrare nel quartiere estremo, dove
nessuna persona perbene e sana di mente avrebbe mai messo piede: il
quartiere della delinquenza. Rimase per un po' distesa, aspettando di
recuperare le energie perse nella corsa, sentendo sotto di sé l'asfalto
umido e duro. Poi, lentamente, si portò seduta e si guardò intorno.
Rabbrividì per il freddo e si rannicchiò accanto a Hols.
I pochi lampioni che ancora funzionavano illuminavano una serie di
case fatiscenti, circondate da animali selvatici, mendicanti, ubriachi,
drogati. Era quello il quartiere dimenticato dalle autorità, dove su strade
e marciapiedi si ammucchiavano sporcizia, siringhe e dove sui muri
campeggiavano frasi oscene a caratteri cubitali e dove disegni ancora
più osceni brillavano di mille colori. Era il quartiere dimenticato da tutti,
ma che tutti sapevano che esisteva e che evitavano come la peste, dove
la delinquenza aveva trovato terreno fertile per impiantare le proprie
radici, dove aveva vinto e vi dimorava con autorità.
Hilda strisciò fino al muro dietro di sé e vi si appoggiò con la schiena,
portando le ginocchia sotto il mento. Hols le si accucciò ai piedi e si
appisolò. Così raggomitolata, poté osservare quello che succedeva
attorno a sé passando per una barbona del posto e, di conseguenza,
senza dare nell'occhio.
Di tanto in tanto la relativa quiete della notte veniva lacerata da
improvvisi e violenti litigi, accompagnati da urla e bestemmie, rumori di
piatti infranti e sedie che venivano scaraventate a terra, da schiaffi e
pianti, da tonfi cupi e altri rumori indefinibili. Qua e là echeggiavano
rombi di motociclette, clangori metallici, grida soffocate, cani che
ringhiavano e abbaiavano violentemente, puttane che ridevano con
volgarità e insulti che seguivano le loro lubriche risate.
Un ubriaco passò accanto a Hilda senza neppure vederla, cantando
e ruttando con indecenza. Lei lo guardò allontanarsi barcollando sulle
gambe, recitando versi strampalati e incomprensibili, agitando le braccia
nel vuoto, fino a fermarsi a un lampione spento, dove si appoggiò e
vomitò tutto, pure la sua anima.
A quella vista Hilda sgranò gli occhi inorridita, poi li chiuse voltando la
testa dall'altra parte, nauseata. Circondò lo stomaco con le braccia e
iniziò a canticchiare sommessamente una canzone, per allontanare
quella sensazione orribile. Oh, Dio! Dio, dove sono finita? Che posto è
mai questo?
Il sommesso ringhiare di Hols le fece riaprire gli occhi e sobbalzò
all'inattesa apparizione: una bambina vestita di stracci, col volto sporco e
i capelli unti e immondi le tendeva una mano in cerca di un obolo,
mentre sull'altro braccio teneva un bimbo avvolto in una coperta lacera e
lercia. Hilda deglutì più volte, fissando quegli immensi occhi tristi e
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atterriti insieme, che risaltavano in un viso scarno e sussurrò con voce
roca:
-Mi dispiace... Non ho niente...La bambina la guardò ancora un attimo, quindi si allontanò senza
pronunciare una sola parola. Hilda la seguì con lo sguardo e si sentì
male. Non occorreva guardare al terzo mondo per rendersi conto di
quanta miseria esistesse: bastava volgere lo sguardo in quel quartiere
dimenticato da Dio.
Un rumore di tacchi le fece girare la testa dalla parte opposta: una
puttanella si stava avvicinando, la minigonna vertiginosa, la maglietta
aderente con uno scollo mozzafiato, la borsetta che dondolava
distrattamente nella mano, l'andatura provocante e volgare, le calze a
rete e le scarpe dal tacco a spillo. Il volto era ricoperto da un trucco
pesante e vistoso, i capelli arruffati e una canna in bocca. Le si piantò
davanti a gambe larghe, le mani sui fianchi e senza badare al sommesso
ringhiare di Hols esordì con tono di voce grosso e volgare:
-Fila via, cocco di mamma, ché devo lavorare. Con te tra i coglioni non si
ferma nessuno.Hilda rimase a fissarla a bocca aperta, senza fiato: poteva avere sì e
no tredici anni! Era solo una bambina!
-Ehi, ma che cazzo! Sei sordo? Ti ho detto di alzare il culo, stronzo!A quel tono di voce iroso, Hols iniziò a ringhiare più forte e si alzò,
puntandola con astio. Hilda lo accarezzò per farlo stare buono e si alzò a
sua volta, rimanendo appoggiata al muro.
-Me ne vado, non temere.- mormorò sconvolta.
L'altra sgranò gli occhi per la sorpresa: era una donna e, a giudicare
dagli abiti, proveniva dalla città. La fissò a lungo pensierosa, cercando di
infrangere il velo dell'oscurità, terminando di fumare lo spinello,
chiedendosi se stesse sognando o cosa. L'aveva già vista da qualche
altra parte, era certa, ma non ricordava... Poi, all'improvviso, abbozzò un
sorriso e fece per dire qualcosa, quando il buon senso prevalse e
alzando un braccio sussurrò:
-Sparisci prima che quelli scoprono che sei una donna: faresti la mia
stessa fine. Va'!Hilda sbirciò oltre la testa della ragazzina e vide due uomini
appoggiati a una macchina che parlavano tra loro. Devono essere i suoi
protettori, pensò. Di nuovo posò gli occhi su quella donna-bambina,
fissandola a lungo e prima di allontanarsi mormorò:
-Grazie.Mise le mani nelle tasche dei jeans e a testa china si incamminò
lungo il marciapiede, con Hols che le trottava accanto, mentre la
ragazzina la seguiva con lo sguardo, eccitata suo malgrado dalla
sorprendente notizia che avrebbe portato ai Wölfe e un sorriso le piegò
le labbra color ciliegia.
Hilda camminò a lungo, senza meta, con il freddo che si insinuava fin
dentro le ossa. Perché non tornare al tepore di casa? Non era posto per
lei, quello e, forse, Alan non l'avrebbe trattata poi tanto male... Alzò la
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testa e guardò la luna che giocava a nascondersi dietro le nubi grigie. La
contemplò a lungo, quindi sospirando si rivolse a Hols:
-Andiamo, torniamo a casa.~
-Ehi, sveglia, dormigliona!Hilda si rigirò nel letto, borbottando qualcosa di inintelligibile e tornò a
dormire. Alan alzò le serrande e la luce del sole invase la stanza,
infastidendo la ragazza, che si lamentò prima di svegliarsi
completamente. Balzò a sedere sul letto e lo fissò a lungo, mentre la
mente insonnolita ricominciava a lavorare.
Ricordò perfettamente tutto quello che aveva fatto e visto la sera
precedente, rientrando a casa a notte inoltrata. Aveva trovato suo fratello
che già dormiva e si era chiesta cosa fosse accaduto durante la propria
assenza. Si era messa a letto, pensando che il giorno dopo Alan
sarebbe andato a svegliarla, assalendola come una belva inferocita.
Aveva già immaginato tutto: suo fratello furioso, isterico o solamente un
po' irritato, ma mai lontanamente le era apparso gentile e premuroso.
E lo fissò sbigottita mentre avanzava con un vassoio in mano che
conteneva la colazione. Sto ancora sognando, pensò stropicciandosi gli
occhi. Eppure quando li riaprì stava ancora davanti a lei, sorridente
come una Pasqua e col vassoio in mano.
-Be’? Perché quello sguardo incredulo? Solo perché ho pensato che ieri
sera non hai mangiato e ora ti porto la colazione? Via! Mi credi un
mostro!- esclamò con forzata allegria.
Hilda lo fissò trasecolando: non era possibile. Non era assolutamente
possibile un simile comportamento da parte sua, non dopo la serata
appena trascorsa! E lei conosceva suo fratello... O, almeno, questo era
quanto aveva creduto fino a quel momento...
L'osservò mentre versava il tè nella tazza e lo zuccherava; mentre
spalmava di burro il pane e lo ricopriva con la marmellata.
-Tieni; per ora mangia questo. Poi ci sono biscotti e tè.Prese la fetta di pane, senza staccare gli occhi da lui un solo istante.
Sei tu, Alan? si domandò scettica. Sei proprio tu, con tutte queste
premure? Non posso crederci. Cos'è successo, dunque, ieri sera?
-Che espressione!- la beffeggiò sorridendo. -Parrebbe che tu non mi
riconosca più!Infatti non ti riconosco più, pensò. Riuscì ad abbozzare un pallido
sorriso e addentò il pane. Fece colazione in religioso silenzio, sotto il suo
sguardo vigile, non riuscendo a capirci nulla. E più rimuginava su quanto
era successo, più si convinceva che il comportamento di Alan era
assurdo. Assurdo a dir poco: incredibile, soprattutto imprevedibile!
Dal canto suo, il ragazzo era un fascio di nervi. In quel momento gli
conveniva mostrarsi gentile e affabile con lei e dimenticare l'arrabbiatura
della sera prima, visto quanto era accaduto quella mattina: la visita
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improvvisa di suo cugino che lo metteva sull'avviso che Siegfried era
tornato. E questo, Hilda, non doveva assolutamente saperlo.
La ragazza lanciò un'occhiata a Hols, accucciato tranquillamente ai
piedi del letto, poi fissò il vassoio poggiato sulle proprie gambe e terminò
di bere il tè. Rimase ancora un attimo in silenzio, quindi si rivolse al
fratello per la prima volta:
-Alan... Per quanto riguarda ieri sera... io non...-Non devi assolutamente preoccuparti.- l'interruppe alzando una mano. Ammetto di aver sbagliato e ti giuro che non si ripeterà più una cosa
simile. Dimentichiamo, vuoi?Hilda lo guardò mentre le sorrideva amabile e non credette ai propri
occhi. È impossibile, continuò a ripetersi. Cosa può averlo indotto a
cambiare così repentinamente? Con quello che gli ho combinato ieri,
avrebbe dovuto essere, come minimo, furibondo. Tutto ciò non mi
convince. Deve esserci qualcosa sotto. Ma cosa?
Con noncuranza chiese:
-Che ore sono?-Le dieci e venti. Devi essere rientrata tardi per aver dormito così a
lungo.- le fece notare.
Lei non gli rispose: si limitò ad osservarlo mentre prendeva il vassoio
e si dirigeva verso la cucina.
-Vado a lavare questa roba, tu vestiti. A proposito...- disse voltandosi a
guardarla. -Sai che oggi abbiamo ospiti?-Ospiti?-Già. Viene a trovarci Max. L'ho invitato a pranzo.A quel nome la ragazza fissò Alan diventando cinerea. Non può
essere! urlò la sua mente. Non può essere vero! Deglutì per sciogliere il
nodo che le si era formato in gola e balbettò:
-E... come mai?... Voglio dire... Sono passati cinque anni dall'ultima volta
che l'abbiamo visto...-Tu; io ho mantenuto i contatti. Sai, è stato lui a trovarmi questo posto di
lavoro, ma quando è venuto tu non c'eri e, siccome mi aveva chiesto di
te, l'ho invitato a pranzo.Hilda sentì la rabbia crescere a dismisura dentro di sé e l'odiò a
morte per aver invitato Max. Come aveva potuto, suo cugino, chiedere di
lei? Con quale coraggio aveva accettato l'invito di Alan? Un sudore
freddo le ricoprì il corpo e strinse i pugni per non urlare.
-Non mi sembri molto entusiasta. Ho fatto male?- chiese con tono di
voce preoccupato.
-Come?... Oh, no... Solo che... è una sorpresa.-Lo sapevo che avresti reagito così: era proprio la sorpresa che speravo
di farti.Il sorriso che accompagnò quelle parole la lasciò perplessa.
Rimasta sola, scese dal letto e si infilò la vestaglia, con la mente
piena di domande e dubbi. Passeggiò avanti e indietro per la stanza,
meditando a lungo sulla strana piega che avevano preso gli avvenimenti,
senza riuscire a trovare risposte logiche a tutti i quesiti. Calma! s'impose
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©MGL VALENTINI
con fermezza. Cerchiamo di ragionare. In tutta questa storia c'è
qualcosa che non quadra, che sfugge a ogni comprensione. Prima di
tutto Alan: anziché furioso, si presenta affabile e premuroso e, come se
niente fosse, mi avverte che Max viene a pranzo. Ma Alan non sa di
Max... Nessuno lo sa.
Aggrottò le sopracciglia e sedette sul letto, senza accorgersi dello
sguardo curioso con il quale Hols seguiva ogni suo movimento.
LA... LA mi aveva parlato di un ragazzo... Quindi si trattava di Max.
Bene. Un mistero è risolto. Però non posso assolutamente credere che
mio cugino abbia chiesto di me! È impossibile! Scosse la testa e i capelli
le ricaddero sul volto pensieroso e tirato. Deve esserci un nesso. Se non
è stato Max a chiedere di me, come Alan vuol farmi credere, allora il
motivo per cui viene è un altro.
Distrattamente fissò i raggi del sole che filtravano attraverso i vetri
della finestra, formando sul pavimento tanti piccoli spettri di luce. Che
Max abbia qualcosa a che vedere col comportamento gentile di Alan? E
in che modo, se così è?
Improvvisamente impallidì e si sentì venir meno. Portò una mano alla
fronte e inspirò a fondo, cercando di dominare il tremito che l'aveva
assalita. No, non può averglielo detto... Alan l'ammazzerebbe...
Si girò di scatto e abbatté i pugni sul cuscino, facendo sobbalzare
Hols. Maledetto bastardo! imprecò con stizza. Mi ci sono voluti cinque
anni per attenuare il dolore e la vergogna e ora mi riporti in casa quel
mostro! Maledetto Alan! Accidenti a te! Per tutti questi anni ho vissuto
nei ricordi più atroci, imparando a nascondere i miei sentimenti,
piangendo disperata per non potermi confidare con nessuno! Cinque
anni... E ora devo nuovamente rivedere quel mostro! Accidenti a te,
Alan! Non te lo perdonerò mai! Mai!
Nascose il volto nel cuscino e, come in un incubo, rivide tutta la
scena.
Era una domenica mattina e tutti erano usciti per fare una
scampagnata, approfittando dell'ultimo sole estivo. Solo lei era rimasta in
casa, sempre nella speranza che Siegfried tornasse all'improvviso. Quel
giorno, invece, era tornato solo suo cugino. Se all'inizio il suo sguardo
strano l'aveva lasciata perplessa, le sue improvvise carezze, dopo,
l'avevano allarmata. Intuendo chiaramente le sue intenzioni, aveva
cercato di sfuggirgli, dimenandosi come una forsennata, col solo risultato
di venire presa a schiaffi. Aveva lottato come una tigre, graffiando,
tirando calci, nella tenue speranza che lui desistesse; tuttavia
l'espediente era riuscito solo a infiammare maggiormente il suo desiderio
violento. Con gli occhi accecati dalle lacrime aveva visto Max
sghignazzare divertito mentre le strappava i vestiti di dosso, continuando
a picchiarla per farla star zitta. Terrore e disperazione le avevano scosso
il corpo in tremiti convulsi e le tempie le pulsavano frenetiche, facendole
credere che il cervello sarebbe scoppiato da un minuto all'altro. Il cuore
le batteva impazzito e tutte le sue membra erano diventate all'improvviso
di gelatina, insensibili e di una pesantezza unica. Max aveva continuato
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©MGL VALENTINI
a baciarla, a toccarla ovunque, a schiaffeggiarla, godendo alla vista di lei
terrorizzata. All'improvviso l'aveva spinta sul letto, premendole sopra con
tutto il corpo e in quell'istante la mente di Hilda si era chiusa a tutto per
non impazzire. Aveva continuato a dimenarsi come un automa,
graffiando il corpo mezzo nudo che la schiacciava, mentre lui la teneva
per i capelli e continuava ad alternare baci a schiaffi, sadismo a
gentilezza. Il suo cervello aveva registrato meccanicamente gli insulti e
le beffe, fin quando un dolore atroce non l'aveva scossa per tutto il corpo
e aveva urlato stringendo gli occhi pieni di lacrime.
Max l'aveva presa con brutalità, senza curarsi del fatto che per lei
fosse la prima volta e quella scoperta l'aveva eccitato maggiormente,
lasciandolo libero di sfogare i suoi istinti bestiali, appagando un
ossessivo desiderio che lo tormentava da anni.
Quando infine, sazio, l'aveva lasciata, ancora sconvolta e sotto shock,
Hilda si era ritrovata a fare quello che la mente le dettava in quel
momento: quasi in trance, aveva afferrato un coltello e aveva reciso le
vene dei polsi, rimanendo poi a fissare il sangue che fuoriusciva in
abbondanza. Di quanto era avvenuto in seguito aveva solo un vago
ricordo, ma sapeva che Max stesso l'aveva condotta al pronto soccorso
con una scusa plausibile e la stessa scusa aveva sciorinato agli altri al
loro rientro. Ma poco le importava di quanto le accadeva intorno: sapeva
solo di essere ancora viva, quando avrebbe desiderato morire.
Due mesi dopo quella disgraziata domenica si era trasferita con Alan
agli alloggi universitari.
Quanto ti odio, Max! Non ti perdonerò mai! Si morse le labbra a
sangue e scese dal letto. Con gesti nervosi si vestì, mentre gli occhi grigi
mandavano scintille e il volto tradiva la furia omicida che la divorava.
Qualsiasi cosa ti porta qui, pensò, sappi che voglio vendetta. E prima o
poi l'otterrò!
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©MGL VALENTINI
Come suonò il campanello, Hols iniziò a ringhiare fissando la porta.
Hilda gli si avvicinò e l'accarezzò, mormorandogli parole dolci per farlo
calmare, mentre il suo cuore batteva impazzito per la rabbia che la
divorava.
-Vai tu?- domandò Alan dalla cucina.
-Sì, certo, vado io.- rispose con sarcasmo.
Inspirò a fondo e drizzò le spalle per darsi maggior contegno, quindi
andò ad aprire seguita da Hols. Sappiti controllare, si ammonì con
eccessiva durezza.
La faccia tranquilla e serena di Max le apparve all'improvviso e l'odio
che provava balenò nei suoi occhi gelidi e pieni di disprezzo. Lui rimase
a studiarla a lungo, non riuscendo a credere a quanto vedeva: in quei
cinque anni era cambiata moltissimo e la ragazzina che ricordava era
sparita completamente, per lasciar posto a una donna avvenente.
Niente affatto imbarazzato, come se tra loro non fosse successo
niente, le sorrise e osservò compiaciuto:
-Vedo che sei decisamente migliorata dall'ultima volta che ci siamo visti.Le porse il mazzo di rose rosse che aveva portato e lei le degnò
appena di uno sguardo, senza fare il minimo cenno per prenderle. Il suo
corpo fremeva sotto l'istinto di afferrarlo alla gola e stringere fino a
vedergli strabuzzare gli occhi lascivi e acquosi. In quell’istante scoprì di
possedere una freddezza di nervi che non avrebbe mai immaginato. Con
voce glaciale disse:
-Non sei il benvenuto, per quanto mi concerne.Max sorrise mestamente e abbassò appena la testa.
-Mi aspettavo questo tuo atteggiamento. Non vuoi dimenticare, vero?-Potrei?- sibilò furente.
-Be’... Ti ho portato le rose...-Potevi farne a meno.- l'interruppe con disprezzo. -Dovresti immaginare
che odio il rosso e dovresti capire anche perché. Non le voglio le tue
rose. Non voglio niente da te.Max annuì e abbozzando un sorriso indicò l'interno della casa
chiedendo:
-Almeno mi fai entrare?Hilda aprì maggiormente la porta e si fece da parte, lasciando libero
accesso, mentre Hols si avvicinava al ragazzo per annusarlo con
curiosità. Max fece un balzo indietro e lei sogghignò divertita davanti alla
sua faccia impaurita.
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-Ma... è un lupo!-Quale acume! Attento a come ti comporti: potrebbe sbranarti. E a dire il
vero,- concluse con crudeltà, -non mi dispiacerebbe affatto gustarmi la
scena.Max la fissò incredulo, quindi tornò con gli occhi su Hols, osservando:
-Sei diventata cattiva.Con un freddo sorriso di disprezzo, lei ribatté:
-Mi hai erudita tu sulla cattiveria. Non riconosci più il tuo lavoro?Indicò con una mano la cucina e Max vi si diresse. Trovò Alan alle
prese con il pranzo, intento a rigirarsi goffamente tra i fornelli e trattenne
una risata quando questi lo salutò con un grugnito.
-Le hai portate per Hilda?- chiese Alan additando le rose.
-Già. Ma non le ha gradite.- rispose posando il mazzo sul tavolo.
-Non ha importanza. Hai fatto bene lo stesso.Controllò le bistecche e assaggiò la pasta sul fuoco, mugugnando e
bestemmiando sommessamente. Max scoppiò a ridere e disse:
-Assurdo! Non dirmi che sei sempre tu a cucinare!-Mai! Dio me ne scampi e liberi! È la prima volta in vita mia e spero
l'ultima!-Volevi farmi una sorpresa?- chiese divertito, togliendosi il giaccone.
-Non dire stronzate! Hilda si è rifiutata di preparare il pranzo e così, se
non volevamo morire di fame, mi sono dovuto improvvisare cuoco.Lanciò un'occhiataccia verso la sorella, ma questa fece finta di niente.
Anche Max si voltò a guardarla e notò come il lupo le stesse
costantemente accanto, pronto a proteggerla in qualsiasi momento. Con
un debole sorriso mostrò il giaccone e le chiese:
-Dove posso metterlo?-Nell'ingresso: c'è l'attaccapanni.- rispose lei con indifferenza e gli girò le
spalle, andandosi a chiudere in camera sua.
-Ehi, ma che le è preso?- chiese Max con un'innocenza disarmante.
-E chi lo sa?- rispose Alan con un grugnito. -Tu le capisci le donne?
Appena ha saputo che venivi è diventata intrattabile e irascibile.Poi, all'improvviso, dimenticandosi del pranzo, afferrò il cugino per un
braccio e scosse la testa, in una muta domanda. Il ragazzo sospirò e
annuì.
-Ma come!- esclamò Alan sorpreso. -È tornato di nuovo dopo che sei
venuto a dirmelo?-È così. Non gli è bastato piombare a casa mia alle sei; quando sono
rientrato dopo averti avvertito, è tornato nuovamente... No, no.- si affrettò
a dire, anticipando la domanda dell'altro. -Non gli ho detto dove
abitate...-Che brutto bastardo schifoso!Lasciò il braccio di Max e continuò a imprecare sottovoce,
dimenticandosi completamente del pranzo. Figlio di puttana, perché ti sei
rifatto vivo? Perché non ci lasci in pace? Con gesto nervoso passò una
mano in mezzo ai ricci castani, restringendo gli occhi fino a farli
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diventare due fessure gelide. Maledetto bastardo! Non potevi essere
morto? Perché riappari come un fantasma?
L'acqua della pasta rovesciò fuori della pentola e Alan fu
momentaneamente distolto dalle sue imprecazioni. Abbassò la fiamma e
si rivolse a Max:
-Non dire niente a Hilda.L'altro alzò le spalle e non replicò.
Nella sua camera, Hilda passeggiava nervosamente avanti e indietro,
contorcendosi le mani con rabbia. L'ammazzo! Sì, l'ammazzo!
continuava a ripetersi come una litania. Hols la sbirciava perplesso,
accucciato ai piedi del letto. Intuiva il nervosismo della padrona e questo
lo agitava a sua volta.
Con gli occhi che mandavano scintille, i capelli arruffati e il volto teso,
Hilda sentiva il proprio sangue ribollire con furia, pronto a schizzare fuori
delle vene se solo ne avesse avuta la possibilità. Il suo corpo fremeva
sotto l'impulso violento e primitivo di distruggere, di uccidere e l'intensità
di quelle emozioni la spaventò. Mai prima di allora aveva provato l'istinto
di mettere fine a un suo simile, eppure la presenza di Max aveva fatto
scattare un meccanismo che era solo latente.
Si fermò davanti allo specchio e si osservò: era sconvolta. Gesù!
Devo calmarmi, non posso lasciarmi sopraffare dall'istinto! Ricominciò a
camminare per la stanza, respirando profondamente, cercando di
ignorare la presenza del cugino. Calmati, si ripeté. Calmati. Come dice il
Bushido? Ah, sì: "Il karma è il principio della conoscenza. Poi viene la
pazienza. Chi è paziente è forte. Pazienza vuol dire trattenere la
tendenza alle sette emozioni: odio, adorazione, gioia, angoscia, collera,
dolore e paura. E la pazienza porta al Wa, l'armonia."
Sedette sul letto e chiuse gli occhi, accarezzando distrattamente la
testa di Hols. Si sentiva distrutta e sfinita senza aver fatto niente tutta la
mattinata. Niente, a parte consumarsi in squallidi ricordi e nell'odio.
Sospirò e con le mani cercò di rimettere ordine ai capelli arruffati.
Per tanti anni si era sentita sporca, fisicamente e moralmente,
convinta di essere stata marchiata per sempre. Aveva dovuto imparare a
convivere con il suo dolore e la sua vergogna, senza potersi confidare
con nessuno, per timore che la gente puntasse l'indice accusatore
contro di lei. E ora l'autore della sua disperazione era lì, in casa sua!
Basta! pensò scuotendo la testa. Pensarci non risolverà niente.
Sgranò gli occhi all'improvviso: che strano! Alan le ripeteva sempre la
stessa cosa riguardo a Siegfried...
Hols si agitò e lei si voltò a guardarlo. Sentì bussare alla porta e
sussultò con violenza. Dio! Sono ancora troppo scossa.
Bussarono di nuovo e sentì la voce di Max che la chiamava:
-Hilda, sei lì?Inspirò a fondo e strinse i pugni prima di rispondere con freddezza:
-Cosa vuoi?-Il pranzo è in tavola. Puoi venire.-Fate senza di me. Non gradisco la tua compagnia.33
©MGL VALENTINI
-Non fare la stupida!- la rimproverò.
-Di' ad Alan che desidero mangiare in camera mia.Seguì un attimo di silenzio dall'altra parte della porta, poi Max
mormorò sommessamente:
-Hilda, devo parlarti. C'è una cosa che devi sapere e che Alan non vuole
dirti.-Sicuro!- lo beffeggiò. -Se vuoi entrare fai pure: è a tuo rischio e
pericolo!- e accarezzò Hols sogghignando.
-Ok, come vuoi. Ti parlerò dopo pranzo. Hilda,- continuò con tono mesto,
-so che mi odi e questo posso anche capirlo, ma prova a credermi, solo
per questa volta.La ragazza inarcò le sopracciglia e lo maledisse. Per lui era sempre
stato così: tra loro non era successo niente di strano e mai si era sentito
in colpa. Anzi, l'accusava di enfatizzare troppo la cosa e lei era quasi
giunta a credere che fosse stata tutta colpa sua. Credergli, poi? Che
faccia tosta! Come poteva credergli? Era stato lui che in un attimo, con
un solo gesto, aveva distrutto le sue fantasie, spezzato la sua innocenza,
la sua vita. Era stato lui a farle capire quanto poteva essere crudele la
gente, a farla svegliare davanti a un mondo privo di scrupoli. Come
poteva dargli ascolto?
La porta si aprì e Alan entrò portando un vassoio contenente il
pranzo per lei e per Hols. In lontananza, al di là della porta, Hilda
intravide Max e la sua espressione triste e sconsolata la lasciò titubante.
-Spero non ti abituerai al servizio in camera!- esclamò Alan ridendo,
mentre posava il vassoio sul tavolino.
-Ti ringrazio.- replicò con noncuranza.
-Ce l'hai con me o solo con Max? Se sapevo che ti avrebbe dato fastidio
rivederlo, non l'avrei certo invitato.-Già.- notò con freddezza. -Perché diavolo l'hai invitato?Il ragazzo trattenne a stento un gesto di stizza e sospirò:
-Te l'ho detto: aveva chiesto di te, voleva rivederti.-Ne sei veramente convinto?- replicò con la giusta dose di lentezza,
fissandolo negli occhi.
Sotto quello sguardo Alan apparve impacciato e senza parole. Si
voltò un attimo verso Max e scambiò un'occhiata con lui; quindi tornò a
guardare la sorella e piegò le labbra in un sorriso forzato.
-Certo! E tu ti stai comportando non proprio bene nei suoi confronti.
Comunque, fai come ti pare. Se vuoi altro da mangiare fammelo sapere.Hilda sbirciò il vassoio e scosse la testa.
Alan sorrise e le accarezzò i capelli con affetto prima di uscire e
lasciarla nuovamente sola. Stai diventando un grande attore, fratello,
pensò sarcastica.
Si accorse che Hols stava già divorando il proprio pasto e con un
sorriso l'imitò, senza riuscire a distogliere il pensiero da Max. E se
veramente avesse qualcosa da dirle? E cosa? Strano il suo
comportamento: era mesto, non più arrogante come lo ricordava. E se
fosse stata solo una tecnica per avvicinarla?
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Il breve e sommesso ululato di Hols la distolse dalle riflessioni e
riempì la ciotola dell'acqua del lupo, lasciandolo bere. Un debole raggio
di sole autunnale penetrò nella stanza attraverso la finestra e illuminò il
suo manto argentato, facendolo brillare di mille colori. Come se fosse
stato un richiamo, il lupo si voltò verso la luce e il raggio di sole gli
splendette negli occhi gialli, sottili come lame. Era così bello e fiero in
quella posizione che Hilda lo contemplò a lungo, estasiata. Se ne stava lì,
immobile come una statua, circondato da un alone di luce, col pelo
rilucente di piccolissimi cristalli.
-Hols...- sussurrò lei con dolcezza.
Lentamente il lupo voltò la testa e puntò i suoi occhi in quelli di lei e
Hilda sospirò appena. Gli sorrise e si distese sul letto, ripetendosi gli
insegnamenti del Bushido. Hols mi comprende, pensò. E l'unico a
sentire in me.
Senza rendersene conto si addormentò, mentre il lupo continuava a
guardarla da lontano, vegliando costantemente su di lei, ancora avvolto
dall'alone dorato del sole.
~
Si svegliò di soprassalto e si stropicciò gli occhi, ancora mezzo
intontita. Il sole era tramontato e la stanza era immersa nelle prime
ombre della sera, mentre dalla finestra si intravedevano le luci dei
lampioni che illuminavano la strada. Si guardò attorno e non vide più il
vassoio con i resti del pranzo. Guardò l'orologio e soffocò
un'esclamazione di stupore: aveva dormito tutto il pomeriggio, senza
neppure sentire Alan che era entrato per riprendere la roba. Si alzò
stiracchiandosi, quindi accese la luce e andò a chiudere le serrande,
seguita dallo sguardo di Hols.
Quella dormita le aveva fatto bene, soprattutto le aveva rilassato i
nervi. Aveva deciso di ascoltare quanto aveva da dirle Max, nonostante
l'odio e la diffidenza.
Con le mani si ravvivò i capelli, quindi uscì dalla stanza, pronta ad
affrontare nuovamente il cugino. La casa era immersa nell'oscurità e in
cucina trovò un biglietto di Alan: "Esco con Max. Non rientro per cena.
Alan."
Dopo averlo letto si guardò attorno: tutto era stato ripulito e sorrise,
sentendosi più sollevata ora che il mostro era uscito di casa sua. Chissà
cosa aveva da dirle?
Andò in bagno e si lavò il viso, notando con rammarico che quella
sera aveva due profonde occhiaie. Lo specchio non ha pietà di me, oggi,
pensò. Dimostro il doppio dell'età. Rimase a guardarsi ancora un attimo,
passandosi una mano sul volto, quindi alzò le spalle, fece una smorfia e
chiamò Hols.
-Su, bello! Prima di mettersi sotto la doccia, la tua padrona ti porta fuori a
fare una camminata. Andiamo!35
©MGL VALENTINI
Più tardi, nel caldo del proprio letto, ripensò a suo cugino e si
ripromise di scoprire cosa avesse di così importante da dirle che Alan
non doveva sapere.
~
Aprì gli occhi alle sette, pensando all'appuntamento che aveva con
LA per andare a fare spese. Rimise in ordine la stanza sotto l'occhio
sornione del lupo e si chiese se suo fratello stesse ancora dormendo.
Molto probabilmente sì, visto che era ancora presto per recarsi al lavoro.
Si preparò con cura e senza fretta mise sul fuoco la caffettiera,
mentre su un foglio faceva l'elenco delle cose da comprare, limitandosi
al minimo indispensabile. Anche se ora Alan lavorava, la paga era
appena sufficiente a farli giungere alla fine del mese e lei non poteva
permettersi il lusso di sperperare in cose futili.
La caffettiera brontolò e si alzò per preparare la tazzina. Rabbrividì:
l'inverno era alle porte e già iniziava a fare freddo. Sbirciò fuori della
finestra e notò che stava albeggiando in quel momento, tinteggiando la
città ancora addormentata di un rosa pallido.
Il caffè caldo la riscaldò e si staccò dalla finestra. Tornò in bagno per
spazzolare i capelli e con il make-up rese invisibili le occhiaie. Bene,
pensò. Così sono più presentabile.
S'infilò un paio di stivali neri, prese gli ultimi soldi che le restavano e
controllò l'ora: poteva andare a chiamare LA. Afferrò un giaccone e,
seguita da Hols, salì al piano superiore. Suonò e fece cenno al lupo di
stare in silenzio. Quando si accorse che la sua amica non c'era, alzò le
spalle sconsolata, certa che LA fosse rimasta a dormire altrove e si
fosse dimenticata dell'appuntamento. Pazienza, sospirò.
Si incamminò verso il supermercato, senza fretta, ricontrollando la
lista e per tutto il tragitto pensò a quali voci depennare ulteriormente.
Arrivata, prese Hols per il collare e lo portò vicino alla cassiera.
-Ciao, Hilda.- la salutò la ragazza con un sorriso dolce.
-Ciao. Ti lascio Hols.-Certo. Fai pure con comodo.Hilda sorrise e si intrufolò nei vari reparti, cercando quello che le
serviva. Con un pizzico di invidia osservò le signore che compravano di
tutto, noncuranti dei prezzi e con un sospiro fece il giro del reparto
alimentari, sbirciando ora un dolce, ora una bevanda e via dicendo.
Scordatelo, mia cara, si ammonì. Tu non puoi.
Controllò che avesse preso tutto e si diresse alla cassa.
-Già fatto?- chiese la ragazza.
-Sì. Inizia a far freddo, vero?-Già. Odio l'inverno: è così lungo...Mentre continuavano a parlare, Hols iniziò a ringhiare
sommessamente, fissando l'entrata del negozio. Hilda gli si accucciò
accanto e l'accarezzò, cercando di zittirlo.
-Sono qui, Hols. Fai il bravo, ora torniamo a casa.36
©MGL VALENTINI
Ma il lupo continuò a ringhiare irrigidendo le membra, come se
neppure l'avesse udita. Incuriosita, Hilda voltò la testa e sussultò quando
vide quattro ragazzi avanzare con aria strafottente e spavalda.
Impallidendo fino a diventare cadaverica; osservò i loro capelli lunghi, i
jeans strappati, le facce ghignanti e beffarde, le cinte tempestate di
borchie appuntite e i giubbotti di pelle nera dove, sulla schiena, spiccava
solenne e minacciosa l’effigie di un lupo, sotto la scritta "WÖLFE".
Impossibile sbagliarsi: erano veri e propri delinquenti che venivano a
rapinare il negozio.
La cassiera si alzò dallo sgabello con gambe tremanti, pallida come
un cadavere e balbettò:
-Dove... Dove credete di andare?Hilda era rimasta immobile accanto a Hols, nascosta dal banco della
cassa, incapace di fare un solo movimento. I quattro teppisti si
avvicinarono alla commessa e uno di loro tirò fuori un coltello a
serramanico, che puntò alla gola della ragazza. Hilda sussultò,
consapevole che tra non molto l'avrebbero scoperta e un sudore freddo
le scese lungo il corpo.
-Poche storie, dolcezza Siamo qui per fare compere.- sibilò il ragazzo
con sarcasmo, giocherellando con la punta del coltello vicino alla
giugulare della cassiera.
Questa rimase immobile, gli occhi sgranati, mentre gli altri tre
delinquenti si inoltravano nel negozio, seminando il panico tra le poche
persone presenti.
Trattenendo Hols per il collare, Hilda si decise ad alzarsi: prima o poi
l'avrebbero comunque scoperta. Deglutì per far sciogliere il nodo che le
si era formato in gola e lentamente, pallida e terrorizzata, si alzò in piedi.
Il ragazzo rimasto alla cassa reagì con uno scatto nervoso e le puntò
contro il coltello, fissandola con sguardo omicida.
-Guarda, guarda... E tu che cazzo ci facevi dietro il banco?- sibilò con
tono acido. -Esci di lì, stronza!Hilda si spostò leggermente e facendosi coraggio disse:
-Io... Io stavo andando...Con sgomento misto a terrore vide che il ragazzo la fissava
pensieroso, come se si stesse chiedendo dove l'avesse vista.
-Ehi!- esclamò abbassando il coltello. -Ehi, ma io ti conosco. Devo averti
già vista da qualche parte.Hilda scosse la testa atterrita, non sapendo cosa fare. Perché diceva
di conoscerla se lei non l'aveva mai visto in vita sua?
All'improvviso il ragazzo l'afferrò al volto con durezza, esaminandola
a trecentosessanta gradi, quindi la lasciò esclamando:
-Sì, certo! Devi essere tu!Si guardò intorno e chiamò uno dei suoi amici. Questi si avvicinò con
una mezza dozzina di pacchi tra le braccia, mentre Hilda cercava aiuto
con lo sguardo.
-Che cazzo vuoi?- chiese il nuovo venuto osservando la scena con
distacco.
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-Guarda un po' questa ragazza, Pat. Non ti ricorda...L'interpellato la studiò attentamente e Hilda si sentì venir meno: era
talmente alto che dovette buttare indietro la testa per fissarlo negli occhi.
Il ringhiare di Hols attrasse per un attimo l'attenzione del gigante, che
subito tornò a scrutarla pensieroso. All'improvviso il suo volto duro e
indifferente si illuminò e disse:
-Hai ragione, Miles, è lei. Va' a chiamare Fried.A quel punto Hilda lasciò libero Hols che azzannò una gamba di Pat,
mentre lei si liberava di Miles con uno strattone e si dava alla fuga sotto
gli occhi sbalorditi della cassiera. Il ragazzo tentò di seguirla, ma Hols lo
bloccò affondandogli i micidiali canini in un braccio, facendolo urlare.
I due teppisti rimasero immobili, con gli arti sanguinolenti, mentre
Hilda irrompeva in strada, pensando di essere al sicuro. La vista di altri
delinquenti che attendevano i loro amici fuori del negozio le fece
scappare un grido che attrasse la loro attenzione e ricominciò a correre
con Hols al fianco.
Nessuno, però, la seguì. E lei continuò a correre con la velocità della
paura, ignara che due sottili e gelidi occhi grigi la seguivano da lontano e
che si chiusero per un attimo solo quando sparì alla loro visuale.
Il sole, che si stava lentamente alzando in cielo, fece risplendere una
cascata di capelli biondi, quasi bianchi, che svolazzarono dolcemente al
lieve vento autunnale...
~
Una volta a casa, al sicuro, si buttò sul letto, col respiro grosso e il
volto rosso e accaldato. Fissò il soffitto in attesa di recuperare le forze e
il sangue freddo, mentre ripensava al brutto incontro. Dio, che spavento!
pensò sollevata. Quei mostri ce l'avevano con me! Un brivido le corse
lungo la schiena e si mise seduta, passando una mano tra i capelli.
Aveva ancora il fiato corto per la folle corsa e il cuore che le batteva
impazzito e cercò di rilassarsi, non osando pensare a cosa le sarebbe
accaduto se fossero riusciti a prenderla. Chiuse gli occhi e allontanò
alcune immagini terribili che le si insinuavano nella testa.
Hols la guardò e le leccò una mano e lei lo accarezzò sorridendo. Se
non ci fossi stato tu... pensò con più tranquillità.
-Cielo, Hols! Ce la siamo vista brutta, eh?Con un sorriso si alzò e decise di tornare da LA, per vedere se fosse
rientrata.
La porta della camera di Alan era aperta, ma prima di andare a
lavorare il ragazzo aveva riordinato tutto e le aveva lasciato il solito
bigliettino nel quale la informava che rientrava per cena.
-Bene!- esclamò. -Avremo la giornata tutta per noi, Hols. Ok, vieni;
andiamo a vedere se LA è tornata.Ritrovato tutto il suo buonumore, ripensò a Max e decise che gli
avrebbe fatto una telefonata dopo pranzo. Sì, buona idea: in quel modo
avrebbe evitato di doverlo rivedere ancora una volta.
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Sorridendo suonò alla porta dell'amica e questa volta LA aprì.
-Oh, Hilda.- mormorò desolata. -Entra, entra. Scusami, non mi sono
ricordata.... Se vuoi andiamo adesso. Mi preparo in un attimo. Vieni.La ragazza entrò, seguita fedelmente dal lupo e sentì subito l'odore
del caffè appena fatto.
-Ero passata a chiamarti stamattina...- iniziò.
-Mi dispiace! Mi dispiace veramente! Sono rientrata ora. Vedi, ieri sera
mi hanno invitata e... Be’, lo sai no?Entrarono in cucina e Hilda sorrise tra sé e sé, complimentandosi per
la propria sagacia. Si sedette mentre l'amica preparava le tazzine
dicendo:
-Ti giuro, non so come abbia fatto a dimenticare... Stamattina, quando mi
è tornato in mente, sono corsa qui, nella speranza di non arrivare troppo
tardi. Mi dispiace...Notando il tono sinceramente mortificato, Hilda decise che in quel
momento una bugia non avrebbe causato alcun danno e si precipitò a
rassicurarla dicendo:
-Non preoccuparti. Quando sono passata a chiamarti ed ho visto che
non c'eri, ho deciso di aspettare il tuo ritorno. Possiamo andare ora a
fare spese.-Dici sul serio? Ah, ma allora usciamo subito! Il tempo di darmi una
spazzolata ai capelli, un po' di trucco, il caffè e sono pronta. Meno male!sospirò sollevata. -Ero proprio dispiaciuta di averti dato buca.Si guardarono e scoppiarono a ridere. Quando furono pronte,
uscirono e fecero il giro di alcuni negozi, comprando l'indispensabile;
quindi si divertirono a guardare le vetrine e a commentare i vari articoli
esposti.
-Accidenti che prezzi!- esclamò LA scandalizzata, fissando un maglione.
-E guarda quella camicia!Continuarono a guardare le vetrine, a volte commentando, altre
rimanendo in silenzio, fin quando giunsero in libreria. LA acquistò alcuni
libri di testo, mentre Hilda si limitava a dare un'occhiata. Nonostante
avesse evitato di prendere la maggior parte della roba che compariva
sulla lista che si era preparata, aveva speso quasi tutti i soldi che aveva
e ora le era impossibile acquistare anche il libro più economico.
Con tristezza uscì dal negozio e accarezzò Hols, aspettando LA.
Pazienza, si disse. È il mio Karma.
-Ok, Hilda. Io ho finito. Tu devi prendere qualcosa?La ragazza si voltò a guardarla, carica di buste e pacchi e fece cenno
di no con la testa.
-Bene. Allora possiamo andare a casa. Ma... Non senti freddo?- chiese
LA volgendo lo sguardo al cielo.
Hilda fece altrettanto e sospirò.
-Già. Temo proprio che questo inverno sarà tra i più rigidi.-Brrr!- esclamò simulando i brividi.
Tornarono a casa ridendo e scherzando, cercando di ignorare il vento
gelido che si insinuava nei loro giacconi autunnali.
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©MGL VALENTINI
Una volta entrate nella palazzina, LA chiese a Hilda il permesso di
tenere Hols con sé nel pomeriggio.
-Sai,- disse, -non mi va di restare sola e non ho niente da fare. Mi
terrebbe compagnia.-Be’...- iniziò titubante. -Ok. A dir la verità, te l'avrei portato su io stessa,
perché voglio fare un salto in facoltà dopo pranzo e non posso
portarmelo dietro.-Perfetto!Hilda guardò il lupo e i suoi occhi si addolcirono, tradendo l'affetto
che provava per lui.
-Te lo porto verso le tre.Si salutarono e una volta in casa, Hilda accese la stufetta per
riscaldare l'ambiente. Rabbrividì e si coprì con una vestaglia, mentre
fuori iniziava a tirare un forte vento gelido.
-Accidenti come tira!- mormorò osservando fuori della finestra. -Ancora
pochi minuti e ne venivamo investiti in pieno.Scosse la testa e guardò l'ora: poteva anche iniziare a preparare il
pranzo. Mise da parte la poca roba comprata e iniziò ad armeggiare
distrattamente sui fornelli.
Nel silenzio della casa, con il sibilo acuto del vento, tornò a essere
triste e malinconica e si ritrovò a pensare ancora una volta a suo fratello.
Era assurdo come dopo otto anni continuasse a sperare di rivederlo: non
voleva rassegnarsi all'idea che Siegfried se ne fosse andato per non
tornare più. Chissà, poi, se era ancora vivo...
A quel pensiero scosse con violenza la testa, dicendosi che
sicuramente era vivo, doveva esserlo. Siegfried è forte, pensò, non si
lascia andare facilmente.
Girò lo sguardo e sbirciò Hols. Come sarà diventato? si chiese.
Aveva solo quattordici anni quando se ne è andato... Era ancora un
ragazzino bisognoso di affetto e comprensione... Com'è possibile che
nessuno si sia accorto della sua battaglia interiore?
In quel momento comprese la sua fuga: Siegfried era stato
dimenticato appena lei era nata. I suoi genitori avevano amato Alan
perché era stato il primo figlio e avevano coccolato lei perché l'unica
femmina. Da allora, dall'età di due anni, Siegfried era stato messo in
disparte, privato dell'affetto familiare, privato del calore e di tutte le
piccole attenzioni che aveva diritto a ricevere. E lui era cresciuto
covando risentimento verso i genitori che l'avevano dimenticato e
odiando Alan che si accaparrava tutta la loro attenzione solo perché
primogenito. Con lei, invece, si era sempre mostrato gentile e affettuoso,
perché la vedeva piccola e indifesa e tutto l'amore che aveva dentro,
non potendo rivolgerlo a nessun altro della sua famiglia, l'aveva riversato
totalmente su di lei.
Naturale che in quella situazione si fosse rivolto altrove per cercare
attenzione e affetto.
Sì, forse avrai ottenuto tutta l'attenzione che volevi, pensò con
amarezza, ma avrai trovato l'amore che ti è venuto meno a causa mia e
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©MGL VALENTINI
di Alan? L'amore che ti donavo non ti bastava: ti sentivi escluso dalla
famiglia e per un bambino questa è la cosa che più fa male. Chiuse gli
occhi sentendosi in colpa nei suoi confronti e sospirò tristemente.
-Perché ti sgridano sempre? Anche oggi sei andato male a scuola?-Già. Ma se anche così non fosse stato, avrebbero trovato un'altra scusa,
per il gusto sadico di rimproverarmi e di tirarmi uno schiaffo in più. A loro
basta adorare Alan e mostrarmi l'incapacità di essere come lui: per il
resto può andare tutto a farsi fottere.Risentì, distinto e premonitore, l'odio con il quale aveva pronunciato
quelle parole e ancora una volta si chiese come nessuno si fosse
accorto del male che gli stavano facendo.
-A me non importa di Alan. Sei tu il fratello preferito.- aveva risposto
andandogli vicino e toccandogli i lunghi capelli lisci.
Siegfried l'aveva fatta sedere sulle sue gambe e le aveva sorriso con
dolcezza, accarezzandole il collo sottile.
-Solo tu mi vuoi bene, vero?-Oh, sì! Te ne voglio tanto.Hilda aveva guardato gli occhi grigi di lui, occhi a mandorla, sottili e
taglienti, che l'avevano fissata con intensità.
-E ad Alan? Vuoi bene pure a lui?- aveva chiesto lentamente, quasi a
sottolineare quelle parole.
-Meno che a te.- era stata la sua risposta.
Ed era la pura verità.
Gli occhi di Siegfried si erano addolciti e le aveva accarezzato i
capelli e il volto con tenerezza, soffermandosi sulle sue labbra.
-Promettimi... Promettimi che amerai solo me e nessun altro uomo,
qualsiasi cosa accada. Promettimelo.L'aveva guardato un po' perplessa, poi aveva annuito.
-Sì, te lo prometto. Ma cosa dovrebbe accadere?Lui aveva risposto con un sorriso, baciandole prima una guancia e
poi posando le labbra sulle sue.
Esattamente due anni dopo sarebbe scappato di casa.
Quel ricordo le fece male e si sedette. Aveva promesso tante volte di
amare solo lui, fin da piccola, e aveva continuato a ripeterglielo fino al
giorno in cui se ne era andato. E ora che ci pensava, trovò strano che in
tutti quegli anni non avesse cercato l'affetto di un ragazzo. Come se
avessi voluto mantener fede alla promessa fatta, pensò. Che idiozia!
Un forte odore di pesce la distolse dalle riflessioni e provvide a non
farlo bruciare. Continuò a cucinare con la massima attenzione per non
scavare oltre nei propri sentimenti e, per evitare di pensarci, iniziò a
canticchiare una canzone.
Hols drizzò le orecchie e la guardò chinando di lato la testa, senza
capire.
Fuori il vento continuava a fischiare e ululare con maggior vigore e ad
esso si era aggiunta una sottile pioggerellina tediosa. Il cielo aveva
assunto un colore tra il grigio e il violaceo e di tanto in tanto qualche
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lampo minaccioso squarciava le nubi plumbee che si rincorrevano con il
loro pesante carico di pioggia.
Hilda diede da mangiare a Hols, quindi si mise a tavola,
apparentemente serena e iniziò a mangiare nel più assordante silenzio.
Ed era quel silenzio che conciliava le riflessioni e faceva rivivere i
ricordi. Il silenzio, alle volte un amico prezioso, altre un nemico temibile.
E, come al solito, Hilda fu trascinata in un mondo di ricordi e di angosce,
nel vortice della sua squallida vita...
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©MGL VALENTINI
Il vento forte fece alzare le foglie secche, raccolte ai piedi degli alberi,
in mulinelli gialli, verdi e marroni, per poi farle ricadere piroettando in
mezzo alla strada.
Nel quartiere più povero e malfamato della città, vicino a un sacco di
rifiuti, un cane e un gatto si stavano fronteggiando per accaparrarsi un
pezzo di carne putrefatta. Entrambi ridotti a pelle e ossa, si studiavano
guardinghi per scovare un punto debole nell'avversario, prima di
scontrarsi e uscirne vinto o vincitore: il perdente avrebbe rinunciato al
magro pasto e molto probabilmente non sarebbe arrivato fino a sera. E
una volta morto, sarebbe diventato a sua volta pasto per altri animali
selvatici.
Un gruppo di bambini stava giocando ai banditi in mezzo alla strada,
vestiti di stracci, noncuranti del freddo che gelava le ossa, ripetendo
scene di film e immedesimandosi nel personaggio e se c'era da fare a
pugni non si tiravano indietro, picchiandosi a sangue. Era un modo come
un altro per dimenticare la fame.
In quel quartiere la polizia se ne stava appostata ad ogni incrocio, in
ogni via, perché quello era il regno della delinquenza, della malavita,
della degradazione umana.
Il ragazzo chinò la testa alla vista di una pattuglia e imprecò
sommessamente. Per un attimo pensò di cambiare strada e di eluderla
come aveva fatto con una precedente, ma era stanco e voleva tornare a
casa. Uno dei tre poliziotti di ronda, armato di manganello, con il
giubbotto antiproiettile e il casco in testa, gli si avvicinò e lo fermò.
-Ehi, Mohican. Dove te ne vai in giro con quella fottuta aria da
colpevole? Cos'hai combinato?L'interpellato fissò i propri occhi in quelli del poliziotto e sorrise con
sarcasmo.
-Passeggio. È forse vietato?L'altro serrò le labbra e alzò il manganello, portandolo sotto il mento
del ragazzo.
-Vedi di non farmi girare i coglioni, o ti darò una ripassata che non
scorderai per tutta la tua vita di merda!- sibilò tra i denti.
Lo guardò con disprezzo, quindi gli indicò la macchina.
Con aria strafottente, Mohican poggiò le mani sulla volante e allargò
le gambe per la perquisizione. Dentro di sé sorrise divertito, ripensando
a quando aveva lasciato i suoi coltelli a Josh prima di seguire la ragazza.
Sapeva che sarebbe andata a finire in quel modo: di giorno non si
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poteva girare per strada senza venire fermati ad ogni incrocio, ma di
notte... Di notte sapevano come eludere le pattuglie: le tenebre erano il
loro regno.
-E così non hai un cazzo di niente addosso, eh?Mohican si girò e sorrise con aria serafica, alzando le spalle e
replicando:
-Quello ce l'ho e l'hai anche tastato bene.L'uomo impallidì e con stizza soppesò il manganello, sentendo una
folle rabbia omicida invadergli il corpo, fino a ottenebrargli la mente.
-Vattene, stronzo, o giuro che...-Che mi ammazzi?- finì per lui, sogghignando. -Via, O'Keeffe, l'hai
ripetuto tante di quelle volte che mi ci sono abituato. Se tu avessi
sempre accompagnato i fatti alle minacce, il cimitero ora sarebbe pieno
solo del mio cadavere! Ci vediamo, sbirro!-Maledetto bastardo figlio di puttana!- imprecò con stizza.
Prima che potesse avventarglisi contro, uno dei suoi colleghi lo
trattenne e cercò di calmarlo. Mohican lo fissò gelido, quindi, con passo
sostenuto, riprese il cammino, alzando il bavero del giubbotto dove, sulla
schiena, spiccava l’effigie di un lupo.
Alle spalle di un palazzo di sei piani prendeva il via una serie di case
abbandonate, fatiscenti, con i muri infiorati da disegni e frasi oscene e a
contatto con queste un grande prato senza alberi, anch'esso lasciato in
abbandono. E lì, nell'ultima casa a ridosso del prato, c'era il covo dei
Wölfe.
Mohican vi si diresse con passo sicuro e il volto sorridente,
immaginando la faccia di Siegfried alla buona notizia. Entrò in casa e si
diresse immediatamente alla botola nascosta che conduceva a un
bunker sotterraneo.
Come iniziò a scendere le scale, undici teste si voltarono
contemporaneamente a guardarlo e, dove un attimo prima aveva
regnato la confusione più assordante, calò un improvviso silenzio.
I dodici componenti dei Wölfe erano tutti ragazzi tra i diciotto e i
ventitré anni, a parte due, tra cui Josh il loro capo, che si avvicinavano
alla trentina. Tra tutte le bande di teppisti che infestavano il quartiere, i
Wölfe erano considerati i più efferati e i più cinici. Il loro nome incuteva
timore a tutti, anche al più recidivo dei delinquenti ed essendo il gruppo
dominante, venivano odiati e rispettati con freddezza. Da tempo, ormai,
esercitavano il dominio su tutti gli altri gruppi e se capitava che qualcuno
avesse delle noie da parte di questi, si rivolgeva a loro per ottenere
protezione o vendetta.
Il loro potere era totale: per arrivare a essere i capi indiscussi del
quartiere avevano dovuto lottare contro tutte le bande rivali e vincerle e
ora, giunti sul gradino più alto, se ne stavano relativamente quieti,
dominando dall'alto tutte le situazioni. Difficilmente qualche gruppo
trovava il coraggio di affrontarli apertamente e se lo facevano, i Wölfe li
eliminavano subito, non perdendo l'occasione per cementare la loro
superiorità e la loro crudeltà, incutendo maggior timore e soggezione
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negli altri, tanto da lasciar credere che mai nessuno sarebbe stato in
grado di detronizzarli.
Al di sopra di loro c'era solo la malavita organizzata, a carattere
mondiale ma, a differenza di questa, che agiva di nascosto operando
droga, prostituzione, gioco d’azzardo, armi ed estorsioni, i Wölfe agivano
senza celarsi, commettendo le più atroci barbarie anche alla luce del
giorno.
I nomi dei dodici componenti erano conosciuti da chiunque,
soprattutto dalla polizia, che cercava in ogni modo di poterli incastrare e
rinchiudere una volta per tutte in penitenziario. Ed era questo, più della
loro crudeltà, che invitava gli altri delinquenti a rispettarli: quello di non
essere mai stati fermati e arrestati. Pareva si divertissero a prendere in
giro le autorità, commettendo delitti e furti senza lasciare prove o
testimoni che potessero incolparli. Per questo motivo la polizia ce l'aveva
a morte con loro.
Gli occhi di Mohican si posarono su tutti, quindi inspirò soddisfatto e
sorrise. Afferrò il panino che gli offriva Nik e andò a sedersi vicino a
Siegfried, che lo guardava con totale distacco.
-Tieni, Mohican. Hai incontrato gli sbirri?- s’informò Josh porgendogli i
due coltelli.
Il ragazzo li prese e se li mise in tasca, poi addentò il panino e
rispose:
-Sì, O'Keeffe. Mi ha perquisito.Karl, l'altro componente più anziano, sogghignò e andò a stendersi
sul divano, mormorando con indifferenza:
-Quel fottuto sbirro ha l'aria troppo bellicosa.-Già. Penso sia giunta l'ora di dargli una buona ripassata.- propose
Japaner, un giapponese di diciannove anni che portava sempre un paio
di occhiali scuri e che, di tanto in tanto, si perdeva in concentrazioni
antiche di millenni, a testimonianza che, benché si trovasse in occidente,
era pur sempre un orientale che amava gli antichi costumi del suo
popolo.
-Sì, ma non lui. Sapete che si è sposato da poco?- esordì Peter con un
sorrisetto lascivo che non lasciava spazio all'immaginazione.
I Wölfe sogghignarono divertiti e Stefan si alzò dalla sedia,
sbadigliando e spegnendo la canna che teneva in mano.
-Scommetto che la mogliettina è una figa capace di seccarti le palle e sai
pure dove abita, vero?- osservò ironico.
Il sorriso di Peter non lasciò dubbi in proposito.
Infine Mohican si alzò e, terminando di mangiare l'ultimo boccone del
panino, fece tacere tutti.
-Ok!- esclamò. -Qui al mio fianco c'è qualcuno silenzioso, che attende
una mia risposta e che mi sta fissando con i suoi occhiacci grigi.-Dacci un taglio.- l'ammonì Josh, che ben conosceva il carattere di
Siegfried.
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-Ok, ok! Ho seguito la ragazza.- iniziò e osservò tutti i presenti, uno ad
uno, rimanendo in silenzio quanto bastava per dare più enfasi alla notizia.
-So dove abita.- e sorrise compiaciuto.
Siegfried rimase in silenzio, sondandolo con lo sguardo e bastò solo
questo a far desistere Mohican da quel gioco.
-Agli alloggi dell'università.-Ti ha visto mentre la seguivi?- s'informò Josh.
-No, Cristo! Non mi faccio fregare come un coglione, io!- esplose punto
nell'orgoglio.
Siegfried passò una mano in mezzo ai lunghi capelli biondi e si voltò
verso Josh.
C'era di nuovo silenzio nel covo: tutti attendevano la decisione del
loro capo. Da quando Laura aveva portato la notizia, Siegfried aveva
deciso di andare a riprendersi la sorella e ora che sapeva dov'era,
attendeva solo il consenso di Josh.
Ma questi non accennava a volersi pronunciare. Rimase a lungo a
fissarlo, chiedendosi cosa fosse successo all'improvviso. Cristo! Ti ho
sempre visto duro e spietato con tutti, sempre pronto a vendicarti nella
maniera più crudele per un semplice insulto e ti sei dimostrato sempre
inflessibile anche quando noi eravamo tentati a lasciar perdere. Che ti
succede ora? Perché vuoi tua sorella?
Terminò di fumare la sigaretta e alzò le mani in segno di resa.
Siegfried non fece un cenno; si limitò ad annuire impercettibilmente.
-Non cantar vittoria troppo presto, Dagr!- l'avvisò Josh con tono
sprezzante. -Tua sorella l'accoglieremo come una nostra sorella, ma se
solo vedo rincoglionirti lei farà dietro-front, chiaro? Non so che cazzo
farmene di frocetti rammolliti!Siegfried gli lanciò uno sguardo indifferente e tornò a sedersi sulla
sedia, giocherellando con il suo coltello a serramanico, con una calma
glaciale.
~
-Ehilà, Hilda! Qual buon vento ti porta da queste parti?- chiese Sandy
facendola entrare.
-Ciao. Ti devo chiedere un favore.- rispose sorridendo cordiale.
-Dimmi tutto.-Ti dispiacerebbe farmi fare una telefonata? Te la pago in anticipo.- e tirò
fuori i soldi.
-Ma per amor di Dio!- esclamò alzando le braccia e gli occhi al cielo. Puoi star certa che non andrò fallito per una telefonata. Vieni.Hilda lo seguì per l'appartamento, sentendo crescere l'agitazione per
quello che Max le avrebbe riferito. Cercò di mantenersi calma e sorrise
quando il ragazzo le mostrò il telefono.
-Ti lascio sola. Io vado di là a studiare; fai pure con comodo.-Grazie. Non ci metterò molto.46
©MGL VALENTINI
Sandy le fece l'occhiolino prima di lasciarla, ma lei neppure se ne
accorse, intenta com'era a formare il numero di sua zia. Dopo vari squilli
una voce femminile rispose e Hilda riconobbe il timbro di sua cugina.
-Ciao, Ann. Sono Hilda. Come stai?- chiese col tono più impersonale
possibile.
-Ciao. Io sto bene e tu? È tanto che non ci si sente, eh? Va tutto bene
con gli studi?-Sì, tutto ok. Tu hai finito il liceo?- chiese per pura cortesia.
-Sto all'ultimo anno. Avevi chiamato per qualcosa in particolare?domandò senza riuscire a mascherare la curiosità.
Per una frazione di secondo esitò, mentre martorizzava il filo del
telefono con la mano. Alla fine si fece coraggio e chiese:
-C'è Max?-Oh, mi spiace! Sei capitata male: è uscito due minuti fa. Qualcosa di
importante?D'improvviso la tensione scivolò via e Hilda si ritrovò a respirare di
nuovo in maniera normale, senza neppure rendersene conto.
-No, niente di importante. Sai quando rientra?-Di sicuro no, ma per l'ora di cena sarà certamente tornato. Vuoi lasciar
detto a me?L'insistenza di Ann l'irritò senza motivo e rispose con eccessiva
durezza:
-No. Lo richiamerò dopo cena. Puoi avvertirlo che l'ho cercato? Grazie.-Come vuoi. Ciao.- fu la risposta dal tono contrariato e deluso.
Con un sospiro Hilda riagganciò e rimase un attimo immobile a
fissare il telefono. Quindi contò i soldi e raggiunse Sandy in camera sua,
immerso nei libri. Come la sentì entrare, il ragazzo alzò la testa e si girò
a guardarla.
-Hai già fatto?- chiese sorpreso.
-Sì. Ti ringrazio.- rispose posando i soldi sul tavolino.
Sandy si alzò e chiuse il libro, chiedendole se gradisse un caffè.
-Sei gentile ma l'ho già preso.-Ok, come vuoi. Tuo fratello è giù?-No, è ancora al lavoro.Il ragazzo l'accompagnò fino alla porta e una volta sul pianerottolo
Hilda si rivoltò chiedendo:
-Ascolta... Stasera, dopo cena, dovrei fare un'altra telefonata. Ti disturbo
se salgo su?-E perché mai? Vieni quando vuoi.-Ok. A stasera, allora.Un po' più sollevata se ne tornò a casa e visto che per uscire era
ancora presto, decise di farsi una rapida doccia.
Mentre si spogliava si chiedeva se in facoltà avrebbe trovato
qualcuno che vendesse i libri che a lei servivano e fece un rapido calcolo
di quanto le sarebbe venuto a costare. È tanto, pensò scuotendo la testa.
Raccolse i capelli e si mise sotto il getto caldo dell'acqua.
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Involontariamente si ritrovò a pensare a sua cugina e al rancore che
Ann covava nei suoi riguardi. Fino a che erano state bambine si erano
volute bene, avevano sempre giocato insieme, si erano divise sogni e
speranze; poi, crescendo, quella loro amicizia si era incrinata, fino a
sfociare in rancore e invidia da parte di Ann. E solo perché lei, Hilda, era
molto più bella di Ann, cosa che sua cugina non le aveva perdonato. Da
parte sua era cresciuta una fredda indifferenza e rabbrividì al pensiero di
essere oggetto di nessun sentimento da parte di altri. È peggio che
essere morti, pensò tristemente, perché prima della morte qualcuno
deve pur aver provato qualcosa per te. Ecco: è come non essere mai
nati, quindi il nulla, nessuno... Triste tutto ciò. Ma non sono stata io a
volerlo.
Chiuse gli occhi e finì di farsi la doccia. Indossò l'accappatoio e si
osservò allo specchio, sciogliendo i capelli.
Infine si vestì, si truccò e legò i capelli in uno chignon, per apparire
più grande dei suoi vent'anni. Si guardò intorno e sospirò: Hols le
mancava...
Uscì e si diresse verso la facoltà, mostrando ad ogni studente che
incrociava la lista dei libri che le servivano; molti però non li avevano più
e molti altri ci stavano studiando sopra e dopo un po' iniziò a perdere le
speranze, mentre il freddo si faceva più pungente. Ciò nondimeno non si
diede per vinta e solo quando fu sul punto di tornare a casa, trovò due
ragazze disposte a venderle i libri che cercava. Soddisfatta prese
appuntamento con loro per l'indomani e se ne tornò a casa con un peso
in meno sullo stomaco.
La prima cosa che fece appena messo piede nell'appartamento, fu di
accendere la stufetta e attese un attimo prima di togliersi il giaccone,
quel tanto per far distendere i muscoli gelati dal freddo.
Stava per avviarsi verso la cucina, quando si sentì afferrare alla vita e
attirare con violenza contro un corpo dietro di sé. Non ebbe il tempo di
gridare, perché una mano le tappò la bocca e si sentì venir meno per il
terrore. Per un attimo, che le parve un secolo, non riuscì a reagire ma
poi qualcosa scattò in lei e cercò disperatamente di liberarsi, agitandosi
e dimenandosi come una furia; eppure ogni tentativo di sfuggire al suo
assalitore risultò inutile e quando se ne rese conto fu presa dal panico.
All'improvviso non fu capace neppure più di pensare; la sua mente
rimase vuota intorno a un unico presentimento: intuiva che avrebbe
passato un brutto quarto d'ora nelle mani di quello sconosciuto, in preda
alla più viva disperazione.
Ad un tratto sentì una voce vicino all'orecchio, dal tono dolce e
rassicurante, che le sussurrava:
-Non aver paura. Sai che non ti farei mai del male.Sgomenta, rimase immobile, mentre il terrore lasciava spazio
all'angoscia. Chi sarà? pensò disperata. Oh, Dio! E se è armato?
Iniziò a tremare come una foglia, senza accorgersi che la presa si era
allentata.
-Non gridare, Kristall.- le sussurrò lo sconosciuto.
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Kristall... Kristall!
Rimase impietrita, ricordando il soprannome che le aveva dato
Siegfried perché, diceva, aveva due occhi che parevano cristalli.
No... Non poteva essere lui... Dopo tanto tempo...
Si girò lentamente, con gli occhi sgranati, la bocca socchiusa, a
testimonianza della propria incredulità.
Stordita e confusa, rimase a fissare l'uomo che le stava di fronte,
mentre una marea di emozioni si scatenava in lei: dalla rabbia alla gioia,
dal sollievo allo stupore, in un susseguirsi dirompente, da lasciarla senza
fiato né parole. Suo fratello, Siegfried, era lì, davanti a lei, dopo otto anni
di totale silenzio, che la guardava studiandola dalla testa ai piedi.
Il volto magro, sottile, il naso dritto, le labbra ben disegnate sopra un
mento dalla curva morbida, gli occhi a mandorla, magnetici e grigi come i
suoi e tremendamente gelidi... Lo ricordava ancora bambino e faticava a
riconoscerlo nell'uomo che ora le stava davanti, con un atteggiamento
che denotava una forte personalità mista a qualcosa di vagamente
diabolico e perverso...
I capelli erano biondissimi, ancora più chiari di come li ricordava e
lunghi, tanto da arrivargli alla vita, simili a un manto di seta brillante.
C'era qualcosa in lui di decisamente attraente, che lo rendeva più
affascinante di Alan, tuttavia non riuscì a capire cosa. Portava pantaloni
di pelle nera, che lasciavano intravedere gambe lunghe e muscolose, un
giubbotto, anch'esso di pelle nera, che ostentava il logo dei Wölfe sulla
schiena e che gli modellava le spalle larghe e muscolose. Nonostante i
suoi due metri di altezza, aveva un corpo armonioso, che celava agilità e
forza e lei non riuscì a staccargli gli occhi di dosso.
-Mio Dio...- balbettò. -Siegfried...-Mi dispiace se ti ho messo paura, ma era l'unico modo per non farti
urlare.La sua voce era calda e dolce, quasi volesse contrastare con le
borchie sul giubbotto, la catena legata in vita e con la sua alta figura
lugubremente vestita. Hilda continuò a guardarlo, suo malgrado
affascinata, senza sapere cosa dire. Lui abbozzò un pallido sorriso e i
suoi occhi sottili e penetranti si addolcirono alquanto di fronte a tanta
ammirazione.
-Mi fisserai ancora a lungo o hai intenzione di salutarmi?- la rimproverò
dolcemente.
Hilda si scosse dall'oblio e sorridendo gli volò tra le braccia,
attaccandosi al suo collo, mentre lacrime di felicità le rigavano il volto.
-Oh, Dagr! Perché tanto tempo? Perché? Ti ho aspettato a lungo...
Perché? Oh, Dio! Sapessi come sono felice di rivederti! Temevo che
questo giorno non sarebbe più arrivato!-Be’, ora sono qui e la dimostrazione di tanto affetto mi lusinga.La staccò da sé per guardarla negli occhi e lentamente si chinò per
posare le labbra sulle sue, in un bacio dolce che le fece battere il cuore
in maniera irregolare.
-Dov'è il lupo?- chiese, osservando il suo imbarazzo per quel bacio.
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-Lupo?- ripeté, troppo confusa per ragionare lucidamente.
-Stamattina, al supermercato, eri in compagnia di un lupo argentato.Hilda sbatté le palpebre e ricordò immediatamente il brutto incontro
fatto solo quella mattina.
-Erano amici tuoi... Se mi hai vista, perché non mi hai fermata?- chiese
facendogli il broncio.
-Mi è bastato farti seguire.-Seguire? Non me ne sono accorta...Siegfried prese lo chignon e lo sciolse, lasciando ricadere una massa
voluminosa e morbida di capelli neri come la notte, passandoci le dita in
mezzo e accarezzandoli dolcemente. Confusa da quella carezza, iniziò
chiedendo:
-Come... Come hai fatto a entrare?-Dovresti ricordare che nessun ostacolo può fermarmi.- rispose
fissandola negli occhi.
-Ma come facevi a sapere che abito al secondo piano?-Domanda idiota.- commentò. -Ho chiesto a quelli di sotto.-Hai chiesto?- ripeté scandalizzata, immaginando le facce che avevano
fatto gli studenti. -Ma cosa...-Basta.- l'interruppe posandole un dito sulle labbra. -Avrai tutte le
risposte che desideri, ma non ora.Hilda abbassò lo sguardo e si ritrovò a guardare il suo torace, dove
spiccavano molte cicatrici. Sussultò e lo fissò con aria interrogativa. Lui
sostenne il suo sguardo e in silenzio si diresse in cucina, sedendosi al
tavolo. Lei lo seguì, mordendosi le labbra per evitare di fargli tutte le
domande che le affollavano la mente e alle quali solo lui poteva dare
risposte esaurienti.
-Non devi meravigliarti, Kristall. Il mio corpo è pieno di cicatrici. Catene,
coltelli, spranghe, chiodi... Giusto per citarne alcuni in grado di lasciare il
segno.Lei rabbrividì e prese il necessario per preparare il caffè. Era meglio
non pensare ai pericoli da lui corsi: l'importante era che stava di nuovo
con lei, come quando erano piccoli. Appena ebbe finito di preparare la
caffettiera si sedette e iniziò a dire:
-Ci sono cose che vorrei sapere, domande che per tutti questi anni...-No, Kristall.- l'interruppe deciso. -Ti ho già detto che avrai tutto il tempo
per chiarire i tuoi dubbi; ora voglio stare con te, come se niente fosse
cambiato.Lei scosse la testa e mormorò tristemente:
-Tutto è cambiato...Siegfried restrinse gli occhi e la fissò con freddezza.
-Che vuoi dire?Sorpresa lei stessa per quello che aveva detto, si precipitò a dire:
-Niente! Nel senso che... che siamo cresciuti e abbiamo due vite
separate, diverse.-Tutto questo non cambia proprio niente tra noi.- le fece notare
continuando a studiarla attentamente.
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Hilda si sentì male sotto quello sguardo e cercò di sfuggirgli chinando
la testa. Come poteva rivelargli che era cambiata non per colpa sua ma
di Max? Come avrebbe reagito? Se aveva mantenuto la fredda crudeltà
che ben ricordava, non avrebbe esitato a uccidere il cugino, questo era
certo...
Con un sospiro acconsentì:
-Già... Non cambia nulla...Il fischio della caffettiera le fece tirare un sospiro di sollievo e si alzò
per preparare le tazzine. Avvertiva su di sé lo sguardo penetrante del
fratello e ne rimase turbata. C'era qualcosa nel modo in cui la scrutava
che la faceva sentire vulnerabile e desiderabile al tempo stesso...
Com'era possibile?
La sua mano tremò appena quando versò il caffè e si chiese dove
fosse finto tutto il proprio autocontrollo. In tavola portò anche dei biscotti
e lui ne mangiò qualcuno, mentre lei si concentrava sulla propria tazza di
caffè per evitare di guardare il suo affascinante fratello. Era troppo bello
per essere un uomo: i lineamenti del volto erano dolci, un po’ troppo
muliebri. All'apparenza sembrava un angelo, delicato e vulnerabile...
-Kristall... Stai guardando quella tazzina come se fosse la cosa più
importante della tua vita.Il sottile rimprovero la fece arrossire e si sentì all’improvviso goffa e
impacciata. Alzò lo sguardo su di lui e abbozzò un debole sorriso.
-Vuoi... Vuoi restare per cena?-E perché? Ci sarebbe Alan, no?Lei non rispose; in verità non ci sarebbe stato motivo. L'odio che c'era
tra loro era fin troppo lapalissiano.
-Non essere dispiaciuta. Vedrai, staremo tanto di quel tempo insieme
che dimenticherai gli anni trascorsi separati.- la consolò.
Hilda lo guardò incredula, quindi scosse la testa.
-Come può essere possibile?Siegfried si alzò e si portò dietro di lei, posando le mani sulle sue
spalle. Chinò la testa e le sussurrò all'orecchio:
-Mi sei mancata, lo sai?-Non è vero. Se così fosse, saresti tornato prima.-Mi sei mancata moltissimo e ora staremo sempre insieme: non ti
lascerò più da sola.Mentre parlava le accarezzava le spalle, la nuca e lei sentì i brividi
correrle lungo la schiena. Perché la toccava così? Non poteva lasciarla
in pace?
-Sembri così sicuro...-Mi dai poco credito, non è gentile da parte tua. Un tempo avevi cieca
fiducia in me.Continuava ad accarezzarla, ricordando benissimo dove le piaceva e
lei chiuse gli occhi, sopraffatta da mille emozioni. Come un amante,
Siegfried le accarezzò i capelli e si chinò per posarle un bacio sul collo e
lei rimase abulica per la forza e il significato di quei gesti. Non erano più
bambini...
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Ciò nonostante non ebbe la forza di fermarlo perché, solo ora lo
capiva, aveva atteso per otto lunghi anni quelle carezze e quei baci. Si
voltò per guardarlo e lui le prese le mani per farla alzare. La scrutò a
lungo e lei arrossì sotto quell'esame accurato.
-Ti ricordavo ancora piccola, con le guance paffute, i capelli arruffati,
sempre pronta a giocare o a rifugiarti tra le mie braccia se venivi
sgridata.- disse con tono carezzevole, mentre le baciava il collo, le gote.
-Ora, invece, mi ritrovo a guardare una donna, una donna che è mia
sorella... La più bella e desiderabile.Imbarazzata, chinò la testa e si morse le labbra, cercando di non
fargli capire quello che provava. Era una sensazione stupenda ricevere
complimenti da lui, una sensazione che non aveva mai provato e che la
lasciava interdetta, felice e pronta a vendere l'anima al diavolo pur di
ascoltarlo ancora. Non capiva perché, eppure Siegfried era il solo
capace di risvegliarla alla vita, di farla sentire protetta e sicura; il solo
capace di farla sentire donna. La cieca adorazione che aveva provato da
piccola, ora stava mutando in qualcosa di più profondo che neppure lei
riusciva a capire bene.
Intuendo benissimo quello che le stava passando nell'animo,
Siegfried piegò le labbra in un sorriso gelido e, soddisfatto, la prese per
le spalle. Hilda alzò lentamente lo sguardo su di lui e rimase incatenata
ai suoi occhi magnetici.
-Il tempo passa, Kristall.- le ricordò, con una padronanza di sé da
lasciare senza fiato. -Preparati: ce ne andiamo.Fu come una improvvisa doccia fredda: lo fissò ad occhi sgranati,
trasecolando.
-Ma cosa dici? Prepararmi?Siegfried la studiò, lasciandola andare e si appoggiò al bordo del
tavolo, a braccia conserte.
-Non sono venuto qui per rivederti o salutarti.All'improvviso la sua espressione divenne gelida e distaccata e lei ne
ebbe paura. Quasi stentava a credere che il ragazzo che aveva davanti,
che la fissava attentamente, fosse suo fratello, il fratello dolce che lei
ricordava. All'improvviso non seppe più come comportarsi...
-Sono venuto per portarti via con me.- continuò con tono che non
ammetteva repliche. -È meglio che ti prepari, perché non ho nessuna
voglia di aspettare ancora e di ritrovarmi faccia a faccia con Alan. In
questi anni ho imparato a non farmi scrupoli, è bene che tu lo sappia.Inorridita, rabbrividì per la sottile minaccia celata in quelle parole e
chiuse gli occhi, chiedendosi fino a che punto Siegfried fosse cambiato.
~
Il campanello suonò e Hilda sussultò violentemente, mentre Siegfried
rimaneva immobile, a osservarla con indifferenza. Dopo il primo attimo di
esitazione, si avvicinò al portone, pregando mentalmente che non fosse
Alan. Il suo cuore batteva impazzito, ma non avrebbe saputo dire con
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precisione se era a causa della minaccia latente di Siegfried o per la
paura che fosse arrivato l'altro fratello. Prima di aprire si girò verso di lui
con una muta supplica negli occhi, ma questi non si scompose
minimamente: il suo volto rimase impassibile come sempre. Solo gli
occhi, taglienti come lame, avevano un'espressione pericolosa.
Sospirando rassegnata, aprì: era LA che le riportava Hols. Sollevata,
la fece entrare, mentre il lupo le faceva le feste, contento di tornare dalla
padrona.
-Grazie per avermelo riportato. Ne sentivo già la mancanza.-E lui stava diventando nervoso: non voleva più stare con me.- rispose
LA sorridendo. -Sei ancora sola? Non è tornato Alan?-No, non ancora.- rispose vagamente e dentro di sé pensò che fosse
meglio così.
Un rumore di passi fece rigirare LA verso la cucina e come vide
Siegfried sgranò gli occhi impaurita. Si irrigidì e dal suo volto defluì tutto
il sangue, mentre fissava quell'apparizione improvvisa con apprensione.
Una sensazione spiacevole di gelo le corse per il corpo, mentre alzava la
testa per fissarlo in quegli occhi duri e inumani e iniziò a tremare
leggermente.
-Hilda... c'è...Con disinvoltura Siegfried si avvicinò, mentre Hols lo squadrava in
tralice, annusandolo con diffidenza. Fissò LA e mise un braccio sulle
spalle di Hilda, facendola arrossire lievemente. L'espressione
terrorizzata e attonita dell'amica la costrinse a mormorare con un filo di
voce:
-LA, ti... ti presento mio fratello Siegfried.La ragazza ribatté incredula:
-Tuo... tuo fratello?D’istinto fece qualche passo indietro, con gli occhi sempre fissi su
quel delinquente apparso così all'improvviso dal nulla e si appoggiò alla
parete per evitare di afflosciarsi sulle gambe.
-Oh, Dio...- sussurrò.
Com'era possibile che quel gigante fosse il fratello di Hilda? E perché
non gliene aveva mai parlato prima? No... Non poteva essere vero, era
totalmente diverso da lei...
Hilda si sottrasse all'abbraccio di Siegfried e si accucciò per
rassicurare il lupo, ancora incuriosito e diffidente nei riguardi del nuovo
venuto. Si sentiva imbarazzata davanti allo stupore dell'amica e non
sapeva cosa dire: tutto era accaduto così in fretta!
Siegfried continuò a fissare LA con freddezza e con tono tagliente
disse:
-Spero tu mi abbia fatto una buona radiografia.-Dagr!- esclamò Hilda allibita, girandosi di scatto verso di lui.
-Io... È meglio che... che me ne vada.- balbettò LA raccogliendo tutto il
proprio coraggio.
-Aspetta!- la rincorse l’amica prendendole le mani. -Ti prego, ti prego,
non una parola con Alan, a nessuno, che lui è stato qui!53
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-E perché?- l'interruppe Siegfried con indifferenza, accendendosi una
sigaretta. -Quando Alan tornerà e non ti troverà, si domanderà che fine
hai fatto e la tua amica potrebbe riferirglielo.Irritata, fece uscire LA sul pianerottolo e le disse:
-Non dargli retta. Ma ti prego, ti scongiuro... Non una parola con Alan. Se
lo venisse a sapere, non so proprio come reagirebbe. Si odiano, si sono
sempre odiati ed io...Ancora troppo sconvolta, LA chiese incredula:
-È... è davvero tuo fratello?-Te l'ho detto. Ora devo lasciarti, voglio sistemare quanto prima questa
faccenda. Grazie per avermi riportato Hols.-Di niente...- replicò elusiva e se ne andò con un'espressione perplessa
e pensierosa.
Con stizza Hilda rientrò in casa e chiuse la porta alle proprie spalle,
fissando il fratello che accarezzava Hols distrattamente. Incrociò le
braccia al petto, sentendo crescere una folle rabbia mai provata prima.
Come si permetteva di trattare così la sua amica? E con quale coraggio
si arrogava il diritto di decidere per lei?
La collera le ottenebrò la mente e per la prima volta si ritrovò a
ribellarsi al suo volere. Per tutta la vita Siegfried aveva dominato su di lei,
l'aveva sempre piegata al proprio volere usando come unico mezzo il
suo fascino e la certezza della sua adorazione e aveva continuato a
dominarla anche dopo la sua fuga, lasciandola sola e con la speranza
mai morta che tornasse da lei. Era stato il centro, il pilastro della sua vita
e non si era mai ribellata alle sue decisioni, accettandole senza riserve,
seguendolo ovunque come un cagnolino e pendendo letteralmente dalle
sue labbra. Ma ora, dopo tutti quegli anni di silenzio, non poteva tornare
e permettersi di dettar legge come era solito fare. No! Questo non
l'accetto! pensò stizzita. Tu mi hai lasciata senza esitazioni, senza
preoccupati del male che mi avresti causato e ora non ti permetterò di
rientrare nella mia vita come una volta!
Siegfried continuava ad accarezzare Hols e a fumare tranquillamente
la sigaretta e quell'indifferenza la fece esplodere.
-Si può sapere chi diavolo ti credi di essere?- urlò con stizza. -Perché hai
detto una cosa simile a LA? Io non vengo con te, né ora né mai! Non
sono più la bambina ingenua che ti adorava, sappilo!Imperturbabile, lui continuò ad accarezzare il pelo lucente del lupo,
come se neppure la stesse ascoltando e ciò la infuriò oltremodo.
-E non toccare Hols!- inveì con foga, afferrandogli la mano. -Se sei
venuto solo per dettar legge puoi scordartelo! Hai ottenuto la mia
risposta: vattene!Con gli occhi che mandavano scintille fissi su di lui, alzò un braccio e
gli indicò la porta, un istante prima di sentire il pesante schiaffo sulla
guancia che le fece rigirare la testa. Stordita e confusa sentì due braccia
robuste che l'afferravano alla vita e la stringevano con forza contro un
corpo solido dietro il proprio, togliendole il respiro. Tentò di divincolarsi,
ma quelle braccia serrarono maggiormente la presa, sollevandola di
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peso e trascinandola di prepotenza verso la porta. In un solo istante la
collera svanì del tutto, lasciando posto solo alla paura folle di un ricordo
lontano, più vivo che mai e iniziò a piangere, non riconoscendo più il suo
appartamento, bensì rivedendo quello di sua zia. Il pianto divenne
singhiozzo e supplicò:
-Ti prego... Ti prego, non lo fare... Lasciami andare, ti prego...Siegfried la fissò a lungo, aggrottando le sopracciglia e allentò la
presa. Lei si divincolava e dimenava come una piccola furia e si rese
conto che non era più la rabbia a dettare le sue azioni. La sua brutalità
aveva risvegliato qualcosa in lei e quel qualcosa lo conosceva bene:
aveva trascorso una vita in mezzo ai peggiori delinquenti e gli stessi
Wölfe a volte avevano stuprato e malmenato alcune donne, per il gusto
di farlo. Scoprire che Hilda si era trovata in quella situazione lo gelò.
-Kristall...- sussurrò dolcemente. -Kristall...Le accarezzò i capelli arruffati, le guance rigate di lacrime, la bocca
tremolante, ripetendo in continuazione il nome con il quale la chiamava e
lei si calmò, appoggiandosi a lui. Con dolcezza le fece posare la testa
sul suo petto, cullandola come quando era piccola e accarezzandole la
schiena. La tenne stretta a sé, mentre una violenta rabbia omicida
dilagava in tutto il suo corpo, pronta a esplodere in una frazione di
secondo. Riconobbe quella sensazione, già provata altre volte, per non
rendersi conto che in quel momento l'assassino che si celava in lui
combatteva per venire alla luce.
Chiuse gli occhi e cercò di tranquillizzarla baciandole le guance
bagnate e mormorando:
-Non piangere, Kristall. Non aver paura.Mordendosi le labbra, lei riaprì gli occhi e lo guardò: il volto di
Siegfried era una maschera di ghiaccio, il suo sguardo periglioso. Trasalì
appena e si chiese cosa l'avesse cambiato così all'improvviso.
-Scusami.- mormorò. -Non so cosa mi sia preso.-No, la colpa è solo mia.- l'interruppe lui impassibile. -Ti senti meglio?-Sì, certo.Siegfried le asciugò gli occhi e lei, ancora scossa, gli buttò le braccia
al collo e mormorò:
-Perché non sei tornato prima? Perché te ne sei andato? Cosa ti ha
trattenuto per tutto questo tempo? Io... Io ti ho sempre aspettato, non ho
mai smesso di sperare nel tuo ritorno... Perché sei sparito senza farti più
vedere? Dove sei stato in tutti questi anni? Mi hai lasciato sola e non ti
sei più preoccupato di me e quando ho avuto bisogno di te, tu non c'eri.
Perché mi hai abbandonata?-Un giorno saprai tutto, ora però vieni via con me.- disse sciogliendosi
dal suo abbraccio.
Lei lo fissò a lungo, tremando appena, quindi scosse la testa e
rispose:
-Ho paura di quella vita.-Non devi. Ti troverai bene con i Wölfe e ci sarò io vicino a te. Ti ho mai
ingannata?55
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Hilda fece un passo indietro e gli prese le mani nelle sue, non
sapendo più cosa fare. Desiderava ardentemente stare con lui, come
quando erano piccoli, eppure non voleva lasciare tutto così
all'improvviso. Era una decisione troppo importante e aveva bisogno di
rifletterci sopra, con calma e serenità.
Per un momento immaginò come poteva essere la vita che
conduceva Siegfried. Una vita da delinquenti, da teppisti, sempre pronti
a scontrarsi con bande rivali, a uccidere, a seviziare con sadismo, a
girare per le strade con il perenne timore della polizia; una vita basata
unicamente sulla violenza, sulla crudeltà e sulla lotta per la
sopravvivenza; una vita infida e ambigua, con il tradimento nascosto nel
luogo più impensato; una vita senza esclusioni di colpi, dove il più
debole non sarebbe sopravvissuto...
-No, non credo di farcela. Morirei nel tuo mondo. Non è per me.sussurrò.
-Forse non ti è congeniale, ma non starai sola.- ribatté. -I Wölfe ti
faranno sentire come a casa tua ed io farò di tutto per renderti felice.
Presto dimenticherai quanto hai dovuto subire e dimenticherai questa
vita squallida. E poi,- continuò enigmatico, -quale compagnia migliore di
tuo fratello che ti ama tanto?-Lo so, non potrei chiedere di meglio. Ma dimenticare...Scosse la testa tristemente, dicendosi che sarebbe stato impossibile
per lei dimenticare. Inspirò a lungo per ricacciare indietro le lacrime e
guardò Hols, accucciato accanto a sé. Tornò in cucina seguita dal
fratello e si mise seduta, sentendosi svuotata, abulica. Siegfried la
guardò negli occhi, ora tristi e lucidi e le chiese con dolcezza e fermezza
al contempo:
-Chi è stato?A quella domanda inaspettata Hilda sussultò e impallidì visibilmente.
Come faceva a saperlo? Lei non si era tradita, ne era sicura. Il volto di
Siegfried era composto in una gelida calma, i lunghi capelli dorati gli
ricadevano intorno, lucidi e morbidi e lei si ritrovò a pensare vagamente
che appariva più maturo dei suoi ventidue anni. La sua mano, dalle dita
lunghe e affusolate, agguantò quella di lei, posata sul tavolo e le ripeté la
domanda.
-Ti prego, Siegfried...- protestò flebile. -Mi ci sono voluti anni per
attenuare il ricordo e ora...-Anni?- ripeté. -Quando è successo?-Smettila! Non voglio parlarne. Non ora...- lo implorò portandosi la mano
libera sulla fronte fredda.
Intuendo il suo tormento, lasciò cadere l'argomento, rimanendo a
fissarla a lungo, con la mente che lavorava alacre. Di sicuro sarebbe
venuto a sapere chi aveva osato tanto e quel qualcuno non avrebbe
avuto neppure il tempo per pentirsi.
-Ok. Sarai tu stessa a parlarmene. Ma ora, cosa hai deciso? Io non
posso più aspettare.-Deciso?- ripeté senza capire.
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-Vieni con me o no?Hilda lo guardò a lungo, senza espressione, passando una mano tra i
capelli corvini. Cosa fare? Non poteva decidere su due piedi, non se la
sentiva, anche se la parte irrazionale le sussurrava insinuante di mollare
tutto e seguirlo anche all'inferno.
-Io... Non so, ho bisogno di tempo. Così, su due piedi, non posso
prendere nessuna decisione.Siegfried socchiuse gli occhi, senza staccare lo sguardo da lei: non
permetteva a nessuno di confutare le sue decisioni. Tuttavia lei era la
sua sorellina... Bene. Avrebbe atteso fino al giorno dopo; questo glielo
poteva concedere.
-Allora me ne vado.- sentenziò con voce atona.
Hilda sgranò gli occhi e balzò in piedi, avvicinandoglisi timorosa.
-Perché? Resta ancora...Il terrore di perderlo di nuovo, e forse per sempre, le procurò un
dolore acuto per tutto il corpo. Non poteva abbandonarla ancora una
volta, ora che finalmente era tornato. Non sarebbe stata capace di
sopportare una nuova solitudine, peggiore della precedente.
-Non posso più aspettare.- rispose con indifferenza, avvicinandosi alla
porta.
-No!- gridò lei terrorizzata. -No, non andare! Non lasciarmi di nuovo!L'afferrò per un braccio, tirandolo verso di sé, con gli occhi sgranati.
Siegfried la fissò a lungo, chinando appena la testa e notò che, di
qualsiasi umore fosse, emanava un fascino irresistibile. Impaurita, poi,
gli scatenava una sensazione di pericolosa tenerezza.
La staccò con dolcezza da sé e aprì la porta, rimanendo sul
pianerottolo.
-Non temere, Kristall. Domani tornerò e ti porterò via con me.-Davvero tornerai? Non sparirai di nuovo?- domandò titubante.
-Tornerò.- rispose accarezzandole una guancia. -Nessuno potrà più
tenermi lontano dalla mia affascinante sorellina.Lei arrossì abbassando la testa, sentendosi più sollevata e sorrise.
-Mi basta sapere che tornerai. Non sopporterei di perderti un'altra volta.Siegfried le prese il volto tra le mani e la guardò con intensità prima di
posarle un bacio sulla fronte. Lentamente le sue labbra scesero lungo il
suo viso, soffermandosi sugli occhi e sulle gote, per posarsi sulle sue
labbra con dolcezza e lei tremò, sentendo il cuore balzarle in gola. Un
istante dopo Siegfried era già sparito e lei si ritrovò a chiedersi se fosse
stato tutto un sogno. Ma il calore dei suoi baci, che avvertiva sulla pelle,
era troppo vivo per lasciar dubbi in proposito.
~
Nel silenzio della casa, se ne stava seduta al tavolo della cucina,
fissando Hols ai propri piedi, con la mente in subbuglio. Ancora non
riusciva a credere che Siegfried fosse tornato e col pensiero aveva
rivissuto quell'incontro decine di volte.
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Eppure c'era qualcosa che non quadrava. Lui si era comportato come
se quegli otto anni non fossero mai trascorsi, continuando a coccolarla
come aveva sempre fatto, facendole scatenare dentro sensazioni mai
provate prima.
Hols aprì gli occhi e la fissò a lungo. Lei rabbrividì: pareva che le
leggesse dentro.
Lentamente si alzò, lasciando vagare lo sguardo attorno a sé.
Nell'aria c'era ancora il fumo lasciato dalla sigaretta di Siegfried e un
sorriso le increspò gli angoli della bocca.
Entrò in bagno e si guardò allo specchio: era sconvolta. Si bagnò il
viso e il brutale contatto con l'acqua fredda la scosse dallo stato di oblio
nel quale era piombata. Mentre si spazzolava i capelli sentì suonare alla
porta. Andò ad aprire, convinta che fosse Alan; invece vide LA, che la
guardava con aria interrogativa. Rimasero un attimo a studiarsi, poi Hilda
le fece cenno di entrare, mormorando:
-Puoi venire, è andato via.-Sì, lo so.- rispose LA acida.
Per una frazione di secondo Hilda si irrigidì: non aveva mai sentito
l'amica parlare con quel tono di voce. Le indicò la propria camera e
chiese:
-Come fai a saperlo?-Ero sulle scale. Avevo pensato che potevi aver bisogno di aiuto e stavo
tornando da te, quando vi ho visti uscire sul pianerottolo. Così, non
sapendo cosa fare, sono rimasta a guardare.- spiegò sedendosi sul
divano.
L'altra non disse niente, limitandosi a scrutarla. Cos'era venuta a
fare? Ad accusarla? E di cosa?
-Allora?- insistette LA. -Chi era?-Cosa sei venuta a fare?Lo sdegno che trasparì da quelle parole e il tono freddo lasciarono LA
perplessa, con un vago timore dentro.
-Hilda, io voglio solo aiutarti, credimi.- la rassicurò. -Ho sentito dire da
quel delinquente che sarebbe tornato per portarti via. Ti ha forse
minacciata? Ti ha costretta a dire che è tuo fratello? No, non guardarmi
così.- la prevenne alzando una mano. -Non ti ho mai fatto domande, lo
sai, ma non voglio che quel tipo ritorni per farti del male.Un sospiro sfuggì dalle labbra di Hilda, che temeva di aver perso la
sua migliore amica.
-Ti comporti come una sorella premurosa.- le fece notare con un sorriso.
-È naturale! Ho quattro anni più di te e so molte più cose sulla vita. E
poi... E poi è giusto che mi comporti così. Se quel delinquente ti ha fatto
qualcosa, basta che me lo dica e domani, se osa ritornare, ci penserò io
a sistemarlo a dovere!- concluse con enfasi.
Hilda sorrise e scosse la testa. Fece qualche passo avanti e disse:
-Quel tipo, quel delinquente come tu lo chiami, è veramente mio fratello.LA si agitò sul divano e passò una mano tra i capelli fulvi, replicando:
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-No, non mi freghi. Non può essere tuo fratello quello. Ti ha costretto a
dire così?Hilda prese una mano dell'amica, come se quel gesto potesse dare
più gravità alle sue parole e sospirando iniziò a dire:
-Sì, è giusto che tu sappia. Vedi, avrei preferito farti sapere di Siegfried
in maniera diversa, non così all'improvviso. E te ne avrei parlato fin dalla
prima volta, ma Alan... Odia il fratello, un odio purtroppo corrisposto e
non mi ha mai permesso di pensare a lui dopo che è scappato di casa.Tra lo stupore e la meraviglia dell'amica, raccontò gran parte della
sua vita, tralasciando solo l'episodio di Max e parlò a lungo, con calma,
senza farsi trascinare dall'emozione.
-Riesci a capire? So che è difficile credermi, soprattutto dopo aver visto
Siegfried e ciò che è diventato.- concluse.
Interdetta, LA la fissava ad occhi sgranati, senza riuscire ad articolare
nessun suono. Era difficile, sì, crederle. Inspirò a fondo, sentendo il
calore dalla mano di Hilda e mormorò poco convinta:
-Ma... Ma se dici che da piccola eri tanto coccolata e vezzeggiata,
perché, allora, Alan non lo fa più, mentre... l'altro fratello sì?-Be’... Forse perché Alan non ha più avuto bisogno del mio affetto,
mentre Siegfried...LA scosse la testa, continuando a ripetersi:
-Non capisco... Non riesco a capire...Nell'angolino più remoto del suo cervello, anche Hilda non capiva
bene. Non comprendeva Siegfried, tanto meno se stessa. Il loro rapporto
era strano, lo era sempre stato; il legame che li univa trascendeva
l'affetto fraterno, e questo, anziché inorridirla, l'attraeva.
-È strano...- continuava a ripetersi LA. -Ha un modo troppo possessivo
nei tuoi riguardi: come ti guarda, come ti bacia, come... Non c'è niente di
fraterno nei suoi modi. È strano, molto strano...-Che dici? Lui ha sempre fatto così.-Già, a maggior ragione. Però Alan non lo fa più...Hilda le lasciò la mano e aggrottò le sopracciglia, rispondendo con
tono sprezzante:
-Questi non sono affari tuoi. Eri venuta per sapere chi fosse e ora lo sai.
Come puoi constatare, non corro alcun pericolo.-Ma come! Ha detto che sarebbe tornato per portarti via!-Sì, lo so. E con questo?-Hilda!- esclamò allibita, balzando in piedi. -Ma non ti rendi conto? Non
capisci?-Cosa?- chiese distratta.
LA alzò gli occhi al cielo e iniziò a pregare mentalmente. Possibile
che fosse così cieca? Non vedeva che Siegfried mirava a un rapporto
che non aveva niente a che vedere con l'affetto fraterno? L'aveva
osservato bene sulle scale, aveva visto come la guardava, come la
dominava, come la circuiva...
-Oh, Cristo!- sbottò con enfasi. -Lui... lui non... Maledizione! Non fosse
mai stato tuo fratello!59
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-Falla finita!- ribatté con stizza. -Non sai quello che dici!LA la fissò negli occhi, comprendendo la sua collera. Sapeva che
adorava i fratelli e che non consentiva a nessuno di parlar male di loro e,
nonostante tutto, provò una gran pena per lei, per quel suo amore senza
limiti.
-Già. Io non so mai quello che dico.- mormorò debolmente. -E tu sei
convinta che i fratelli non siano pericolosi come gli amanti.A quelle parole Hilda impallidì e la fissò in tralice. Si studiarono a
lungo, con Hols accucciato ai piedi del letto che le guardava attraverso la
penombra della camera.
Con un sospiro LA mosse qualche passo verso la porta, quindi si
rivoltò e rassegnata disse:
-Ok. Tornerò a trovarti domani mattina. Forse ti troverò di umore
migliore.Senza attendere risposta se ne andò, con la triste e desolata
sensazione di aver perso un'amica e una sorella.
Sola, a testa china, Hilda si chiese dove avesse sbagliato. Qualcosa
del suo mondo si era lentamente sbriciolato, senza un filo logico, senza
che lei se ne fosse resa conto ed era rimasta sola. Provò la spiacevole
sensazione che la terra svanisse a poco a poco sotto i suoi piedi e
avvertì con tutta se stessa che quel processo era appena ai primordi e
che non si sarebbe arrestato fino a quando non fosse precipitata in un
abisso profondo, senza possibilità si risalita e, di conseguenza, di
salvezza.
Con una forte emicrania, si decise a preparare la cena e ad attendere
il ritorno di Alan. Più tardi sarebbe andata da Sandy per disdire la
telefonata: quello che aveva da dirle Max non le importava più: ora c'era
Siegfried al centro dei suoi pensieri e tutto il resto era diventato
secondario.
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Quella sera il covo dei Wölfe era stranamente silenzioso.
In genere, prima delle scorribande notturne, regnava sempre una
gran confusione: chi discuteva, chi giocava a poker, chi invece
trangugiava liquori o fumava e tutti parlavano, scherzavano, litigavano.
Nessuno riusciva a stare un paio di minuti in silenzio e nella confusione
rimbombante che creavano ci si trovavano a meraviglia.
Altre volte, prima di uscire e seminare il terrore nelle strade buie, si
riunivano intorno al tavolo e discutevano su una vendetta da compiere o
decidevano una linea da adottare. E oltre alla confusione che le loro voci
provocava, la stanza si riempiva di clangori metallici, causati da catene e
spranghe che i ragazzi si divertivano a far cozzare.
Quella sera, invece, regnava una insolita quiete: quasi nessuno
parlava e anche Miles, che teneva sempre la radio a tutto volume, aveva
ritenuto più saggio ascoltare la musica in sordina, ammutolito di fronte al
tetro umore di Siegfried.
Che fossero rimasti sorpresi di vederlo tornare da solo non lo
nascosero affatto e si erano scambiati occhiate eloquenti, chiedendosi
cosa fosse accaduto. Siegfried li aveva lasciati dicendo che sarebbe
tornato con la sorella; invece era tornato solo, con un'espressione
ancora più gelida del normale.
Sdraiato sul divano da un paio d'ore, se ne stava in silenzio,
racchiuso nelle sue riflessioni, con gli occhi chiusi, indifferente alla
presenza dei suoi amici. La sua mente contorta lavorava alacremente,
cercando di dare un volto all'uomo che aveva osato provocarlo oltre ogni
limite.
Una mano si posò sulla spalla di Josh e questi si voltò spegnendo la
sigaretta. Pat gli fece un cenno con la testa in direzione di Siegfried e lui
sospirò cupo.
Se i Wölfe erano i teppisti più temuti e crudeli della città, essi erano
solamente un surrogato della violenza celata in Siegfried. Al suo
confronto, i Wölfe apparivano magnanimi, schietti e prevedibili. Tutti
avevano rispetto e obbedivano a Josh che era il capo; pure Siegfried.
Ma Josh stesso, come gli altri, nutriva un timore riverenziale nei confronti
di quel ragazzo così misterioso e tristo.
Che fosse stato un tipo decisamente strano, tutti l'avevano capito: nel
suo modo di fare era discreto, come lui stesso amava definirsi, tuttavia
quello che più li lasciava perplessi e titubanti era la gelida indifferenza
che dimostrava per tutto ciò che lo circondava. L’efferatezza e la sagacia
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venivano occultate alla perfezione dietro la maschera di un volto
angelico. Freddo calcolatore dei tempi e dei modi, non concedeva agli
altri la possibilità di sondarlo, di accedere alla sua mente machiavellica e
luciferina e, se per una volta ti trattava da amico, la seconda ti vedeva
già come un potenziale nemico. Non c'era mai da fidarsi quando lui era
presente, mai da star tranquilli e le rarissime volte che sorrideva, era un
sorriso che raggelava. Bastava il suo nome a incutere terrore e tutti
coloro che odiavano i Wölfe gli avevano affibbiato un soprannome
appropriato: Der Teufel, il Diavolo.
Quella sera anche i suoi amici lo temevano: primo perché era tornato
indietro senza portare a termine quello che si era prefissato, e secondo
perché se ne stava immoto, inaccessibile, pronto a tirare fuori gli artigli
appena avesse ritenuto giunta l'ora.
Con il volto atteggiato a un'indifferenza che non provava, Josh gli si
avvicinò e chiese:
-Allora? Com'è andata?Siegfried aprì gli occhi e si limitò a inchiodarlo con lo sguardo e Josh
capì di aver fatto una domanda idiota.
-Be’,- continuò, -sono due ore che te ne stai qui immobile e silenzioso.
Dovevi portare tua sorella: perché non è qui?-Verrà.La stessa voce che a Hilda si era rivolta con calore e dolcezza, ora
risuonò algida e metallica.
-Però è successo qualcosa.-Le ho concesso tempo.- e a Josh sembrò la risposta più ambigua che
avesse mai ricevuto.
Lo scrutò a lungo: percepiva che qualcosa non andava, altrimenti
sarebbe tornato con la sorella, eppure il volto di Siegfried non gli rivelava
niente. Gli si avvicinò maggiormente, per farsi udire solo da lui e disse:
-Sarà sempre così, vero? Darai sempre false risposte dicendo mezze
verità.Siegfried si scansò di lato per guardarlo meglio negli occhi e replicò:
-Se lo dici tu...-Non prendere per il culo, perdio!- sbottò Josh con stizza.
Poi, sospirando esasperato, drizzò le spalle e chiese:
-Ok! E quando verrà tua sorella?-Domani.Si tirò su e rimase seduto sul divano, continuando a fissare Josh con
i suoi occhi scrutatori e questi annuì, facendo qualche passo per la
stanza.
Ora che Siegfried aveva parlato, gli altri si sentirono più sollevati e
lentamente la confusione tornò a predominare nel bunker e nella casa
sovrastante. Solo Josh era ancora agitato. Aveva imparato a conoscere
Siegfried durante tutti quegli anni trascorsi insieme o, perlomeno, a
conoscerlo quel tanto da intuire che tutta quella calma apparente celava
qualcosa. Non mi piace, pensò cupo.
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-Ok, ragazzi. Avete qualche idea in mente per movimentare questa
serata di merda?- chiese.
-Ci sarebbe quello scassacazzi di O'Keeffe.- propose Mohican
giocherellando con una grossa catena.
-Per ora un semplice avvertimento potrebbe bastare.- suggerì Stefan
con un sogghigno. -C'è sempre tutto il tempo per rompergli il culo.-Sì, meglio iniziare con l'intimidazione, come dice sempre Fried.- fu
d’accordo Mat.
-Già...- mormorò Josh lanciando un'occhiata a Siegfried, rimasto
comodamente seduto sul divano a fumare con indifferenza. -La maniera
più sadica per dire a un uomo che dovrà crepare.-Prima di arrivare a lui, c'è pure la moglie...- ricordò Nik con leggerezza.
-E spegni quella fottuta radio di merda, Miles!- ringhiò Mat con stizza.
-Cristo!- sbottò l'interpellato che, dopo lo scambio di battute tra Josh e
Siegfried, si era ritenuto in dovere di rialzare il volume. -Quando fa
comodo vuoi spararti anche tu i Black Sabbath, quindi perché cazzo
dovrei spegnerla?-Non è questo il momento!- ruggì avvicinandosi pericoloso.
Karl lo bloccò posandogli una mano sulla spalla e con l'altra tolse la
radio a Miles, facendoli tacere con un'occhiataccia. La lampadina, che
pendeva dal soffitto e che irradiava un tono caldo di luce, fece risaltare la
cicatrice sulla guancia destra di Miles, rendendola più tetra e orribile,
mentre i suoi occhi azzurri si restringevano, mandando al diavolo l'amico.
-C'è Alfred.Tutti si voltarono verso Siegfried, che aveva parlato con la giusta
dose di indifferenza.
-Alfred? E che c'entra?- chiese Josh curioso. -Quel verme lì è solo un
merdoso spacciatore.Come un felino Siegfried si mise seduto più comodo e i lunghi capelli
biondi gli circondarono il volto sottile, dove gli occhi grigi erano freddi
come il ghiaccio.
-È vero.- iniziò osservandoli uno ad uno. -Al non ha niente a che spartire
con noi, però si trova nei guai. Guai seri con il racket. Ha fatto sparire un
po' di roba che avrebbe dovuto smerciare, ma i suoi cervelloni l'hanno
scoperto e l'hanno accusato di voler fregare l'organizzazione.Rimase un attimo in silenzio per rendere più enfatiche le sue parole e
i Wölfe lo guardarono a lungo, cercando, invano, di penetrare nel suo
contorto cervello.
-Che intendi dire?- domandò Josh aggrottando le sopracciglia. -Al ha
sempre lavorato per l'organizzazione e sappiamo tutti che è un
cagasotto. Non credo abbia provato a metterglielo in culo.-Che abbia fegato o meno, questo non ha alcuna importanza.- ribatté
Siegfried impassibile. -So con sicurezza che per salvare il suo di culo e
tenersi la roba che ha fregato, ha fatto il nome dei Wölfe.Per una frazione di secondo sui volti di tutti si disegnò lo
sbalordimento più puro, poi, con un boato, iniziarono a imprecare, a
bestemmiare, lanciando parole dure contro Alfred e gridando vendetta.
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Conoscevano bene l'uomo, perché da lui prendevano hashish e
marijuana senza pagare e spesso lo picchiavano a sangue quando
accennava a non voler cedere ai loro ricatti. Sapevano bene che aveva
paura di loro e che cercava in ogni modo di eluderli per non dover subire
i maltrattamenti che gli riservavano tutte le volte che lo incontravano; ma
sapevano altresì che, debole di carattere, non avrebbe mai osato niente
per cambiare quello stato di cose.
-Un momento, Fried!- esclamò Karl sospettoso. -Tutti sanno che noi
Wölfe non trattiamo roba; perché cazzo avrebbe dovuto fare proprio il
nostro nome?-Giusto!- l'appoggiò Saint Just. -Nessuno gli crederà.Siegfried guardò i suoi amici con indifferenza, lasciando chiaramente
intendere che il suo compito era finito e che ora toccava a Josh trarre le
dovute conclusioni e agire di conseguenza.
Con i suoi occhi nocciola dall'espressione furba, Josh lo fissò e quasi
ne ebbe paura. Quel ragazzo era così lapidario, così algido che era
impossibile prevedere a cosa mirasse effettivamente.
-Da chi l'hai saputo?- gli chiese.
-Ha importanza?- rispose elusivo.
Perché non parli? pensò Josh stizzito. Come cazzo sei veramente
dentro?
Siegfried lo fissò e sorrise gelido. Che Alfred li avesse denunciati era
sicuro, l'aveva sentito dire da uno dei suoi acquirenti abituali.
-Al sta con la merda al collo.- gli aveva riferito il tossico. -Si è tenuto un
certo quantitativo di roba che i cervelloni gli avevano dato da smerciare e
ora che l'hanno fottuto si difende dicendo che l'hanno derubato.Siegfried l'aveva guardato con superficialità, facendogli capire che la
cosa non gli interessava.
-Corrono voci,- aveva continuato il ragazzo, -che voglia venderla per
conto suo, per guadagnarci il cento per cento, anziché la piccola
percentuale che i cervelloni gli passano.-Uno stronzo di meno.- aveva commentato glaciale, facendo il gesto di
andarsene.
-Sì, certo, è fottuto.- aveva continuato l’altro trattenendolo per un braccio.
A quel gesto Siegfried si era rivoltato di scatto, irritato perché si era
permesso di toccarlo e l'aveva trafitto con un'occhiataccia.
-Non andare, Fried. Può interessarti. Per difendersi dall'accusa, Al
stesso ha detto che la roba gli è stata fregata dai Wölfe. Vi ha denunciati
quello stronzo, hai capito? Vi ha denunciati all'organizzazione, quel figlio
di puttana. I fottuti, ora, siete voi... Che, per caso, hai del fumo?Con la mente in allarme, gli aveva lasciato una canna e se ne era
andato apparentemente tranquillo.
Era stato furbo Alfred: liberarsi dei soprusi dei Wölfe macchinando
quel piano quasi riuscito. Se non avesse incontrato per puro caso quel
tossico, l'organizzazione sarebbe piombata su di loro all'improvviso,
eliminandoli senza pensarci due volte. Poco male se poi avessero
scoperto che non erano stati i Wölfe a rubare la roba. E Alfred sarebbe
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stato libero di ricavare l'intero profitto dalla merce sottratta
all'organizzazione. Niente male, aveva pensavo meditabondo. Quasi
stento a credere che una mente ottusa come la tua abbia potuto
elaborare un piano simile. Chi c'è dietro? Povero Alfred! Se pensavi
davvero di farla franca, avresti solamente insultato la mia intelligenza!
L'unica possibilità che avevano di mostrarsi estranei alla faccenda,
era di consegnare all'organizzazione la testa di Alfred. In quel modo non
solo avrebbero fatto capire che i Wölfe non c'entravano, ma che, così
agendo, avrebbero reso un servigio all'organizzazione. Già, aveva
pensato, e soprattutto capiranno che nessuno può offenderci
impunemente.
Guardò Josh davanti a sé e si alzò dal divano, spegnendo la sigaretta.
-Cosa pensi di fare?- gli chiese.
-L'unica soluzione è di eliminarlo. E che i cervelloni se la vedano tra
loro.- rispose Josh con impeto.
-E se... se per liberarci da ogni sospetto facessimo chiaramente
intendere che siamo stati noi a...- e Peter terminò portando il pollice alla
gola, in un gesto eloquente.
-Ti sei bevuto il cervello o cosa?- lo redarguì Pat battendo un pugno
poderoso sul tavolo. -Così la madama ci romperà il culo!-Basterebbe solo far capire agli interessati che la mano è nostra.proruppe Siegfried, come se l'idea gli fosse venuta in mente solo in quel
momento.
Dopo un attimo di esitazione, si ritrovarono tutti concordi con lui e
iniziarono a discutere come, dove e quando colpire, con molta animosità.
Con indifferenza, come se la cosa non lo riguardasse più, Siegfried si
diresse nell'appartamento di sopra per prepararsi un panino, sicuro che i
suoi amici si sarebbero mossi come aveva previsto e si dedicò
nuovamente al problema che gli arrovellava la mente. Infine, certo che
da Hilda non avrebbe mai saputo niente, decise che l'unica possibilità
che aveva di scoprire l'uomo, fosse di fare una visita a sua zia. Lei
doveva sapere. Hilda gli aveva rivelato che era accaduto anni prima,
molto probabilmente durante il periodo trascorso a casa della donna.
Povera Kristall, pensò. La mente modellò l'immagine della sorella e
ne osservò i lineamenti dolci, chiedendosi se gli volesse bene come tanti
anni prima. Ripensò a quei tempi, quando stavano sempre insieme,
quando lei gli confidava i suoi segreti, quando correva a rifugiarsi tra le
sue braccia se era spaventata…
Ascoltò i suoi amici che discutevano sotto di lui, nascosti nel bunker e
dopo aver preparato il panino tornò di sotto, andandosi a sdraiare
nuovamente sul divano.
Perché? pensò. Perché ho proprio lei come sorella?
~
Il sole stava sorgendo in quel momento, dopo una notte
particolarmente rigida, per riscaldare con il suo tiepido calore la terra
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ricoperta di brina. Con il bavero del giubbotto rialzato, l'andatura furtiva
ma decisa, Siegfried avanzava in silenzio, le mani in tasca dei pantaloni
neri che gli fasciavano le gambe lunghe. Un lieve vento gli faceva
svolazzare i capelli che, a contatto con l'umidità, parevano cosparsi di
un'infinità di diamanti, che risplendevano sotto lo spettro di luce del sole.
Era convinto che andare a casa della zia gli sarebbe servito per
scoprire qualcosa. Avvertiva in ogni fibra del corpo che si trovava vicino
alla verità: lo sentiva nitidamente, come una scossa elettrica, come il
killer quando si appresta a colpire la vittima. Eppure qualcosa gli
sfuggiva e questo gli dava fastidio.
Tutta la vita aveva vissuto per le strade, nei sobborghi, gomito a
gomito con i peggiori criminali perché quel sesto senso, quell'intuito
tipico dell'assassino non si sviluppasse oltremodo. Tutti quegli anni di
stenti, di lotte, di dolori, gli avevano insegnato il vero significato della vita
e ne aveva assaporato il gusto amaro. Nel mondo in cui aveva imparato
a vivere, era un imperdonabile errore mostrare qualsiasi sentimento
umano e lui aveva imparato a portare una maschera crudele e
imperscrutabile, al solo scopo di non essere sopraffatto. Con il tempo,
quella maschera era svanita e lui stesso era diventato freddo e
calcolatore, senza neppure rendersene conto. Riusciva a capire la
persona che aveva davanti al primo sguardo e si divertiva davanti ai vani
tentativi che faceva Josh per sondarlo.
In lontananza vide il palazzo e allungò il passo senza pensare più a
niente. Si guardò intorno, quindi suonò alla porta, appoggiandosi allo
stipite, la sigaretta tra le labbra e il volto rilassato e tranquillo.
Fu Max ad aprire, con l'aria di uno che si era appena alzato e
sussultò quando lo vide. Se era ancora assonnato, la vista del cugino lo
svegliò del tutto, facendolo impallidire fino a divenire cinereo.
Siegfried lo scansò ed entrò in casa richiudendo la porta alle proprie
spalle. Ecco cosa non gli quadrava: la reazione di Max quando lo vedeva.
Perché, all'improvviso, il disprezzo con il quale l'aveva sempre trattato
era mutato in terrore? Cosa mi nascondi, cugino? pensò fissandolo negli
occhi. Cosa hai fatto che io non approverei?
-Se sei tornato per sapere dove si trovano Alan e...-Voglio parlare con Ann.- l'interruppe, torreggiando sopra la sua testa.
-Ann? E... perché?- chiese Max, sentendosi come appeso sopra una
gabbia di tigri affamate.
-Max, chi è?La voce baritonale e irritata proveniva dalla cucina e Siegfried
riconobbe suo zio.
-Ecco pa'... È Siegfried.Si udirono passi frettolosi e una tazza che rotolava sul tavolo, quindi
l'uomo apparve nell'ingresso con le sopracciglia aggrottate e l'aria
bellicosa. Fissò il nipote cercando di incutergli almeno un po' di rispetto,
ma questi rimase impassibile a fronteggiarlo.
-Si può sapere che vuoi ancora?- tuonò con stizza. -È la terza volta che
appari nei momenti meno opportuni e inizi a infastidirmi.66
©MGL VALENTINI
-Mi è già nota la tua antipatia nei miei confronti e non c'è bisogno che mi
risvegli la memoria: io non dimentico.- mormorò a voce bassa e
pericolosa.
L'uomo divenne rosso di rabbia e represse l'istinto di posare le mani
intorno al suo collo e stringere fino a fargli strabuzzare gli occhi. Respirò
profondamente e disse:
-È inutile: non saprai mai dove sono i tuoi fratelli. Quindi vedi di farla
finita di venire qui...-Bene. Devo solo appurare una cosa.- e girò lo sguardo verso Max, un
po' meno spaventato grazie alla presenza del padre. -Ho saputo che mia
sorella è stata... male, molto male tempo fa. Ne sapete qualcosa?Le reazioni di padre e figlio furono decisamente diverse e questo non
mancò di notarlo.
-Di cosa diavolo stai parlando?- bofonchiò l'uomo con sincero stupore.
Max era nuovamente impallidito, diventando cadaverico e aveva
sgranato gli occhi, sentendosi spacciato. Con noncuranza Siegfried tirò
indietro una ciocca di capelli e fissando il cugino disse con tono glaciale:
-Allora, se non ne sapete niente, non insisto oltre.-Ascolta bene, bellimbusto!- esclamò l'uomo puntandogli un dito contro. Non so dove tu abbia preso quest'informazione che a me risulta falsa,
ma voglio che lasci in pace i tuoi fratelli, perché loro non sono sporchi
delinquenti come te, grazie a Dio! Se solo vengo a sapere che gli giri
intorno, sta' certo che io...-Tu cosa, zio?- lo interruppe. -Mi stai insultando senza motivo. Faresti
meglio a guardare più vicino a te, se vuoi cercare dei pezzi di merda.Senza dargli il tempo di replicare, gli si avvicinò e concluse in un
soffio:
-Non intralciare il mio cammino: non lo permetto a nessuno.Con gli occhi che mandavano scintille, l'uomo lo agguantò al bavero
del giubbotto, tirandolo minacciosamente verso di sé, e subito lo lasciò
andare appena udì lo scatto metallico: la lama del coltello gli premeva
contro il ventre rotondo. Fissò Siegfried ad occhi sgranati, ma il volto del
nipote era freddo, impassibile, con un mezzo sorriso diabolico stampato
sulle labbra.
-Hai capito cosa intendo? Non riprovarci mai più.- gli consigliò con
indifferenza.
Alla vista del coltello, Max si sentì male. Sperava con tutto se stesso
che Siegfried non avesse capito o non sospettasse, perché, altrimenti, la
sua vita avrebbe avuto breve durata. Lo conosceva bene, fin troppo
bene, e quando incrociò il suo sguardo spietato, si sentì come braccato
da una muta di cani.
Con velocità il coltello tornò nella tasca dei pantaloni di pelle e
Siegfried si allontanò dall'uomo, rimasto impietrito e con la fronte
imperlata di sudore.
-Spero di essermi spiegato bene, perché non amo ripetermi. Vedi, zio,continuò con tono deleterio, -a differenza di tuo figlio, io amo mia sorella
e non desidererei che qualcuno le facesse del male.67
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Il pensiero di Max corse ad Ann: cosa voleva dire? Dove voleva
arrivare?
Con gli occhi grigi freddi come il ghiaccio, Siegfried rimase a fissare
l’uomo, mentre continuava a mandare messaggi velati a suo cugino:
-Spero che Ann si sia fatta più carina.-Noto con disappunto che non sei cambiato affatto: continui a fare una
virtù dell'ambiguità.- grugnì lo zio con rabbia.
Siegfried lo guardò dall'alto in basso e lo corresse con noncuranza:
-La mia è discrezione.-Sei un tipo ambiguo e viscido! Ma ti avverto: lascia in pace mia figlia!Un lampo malizioso brillò nei suoi occhi mentre si avvicinava alla
porta dicendo:
-Sei giunto a una strana conclusione.Aprì la porta e prima di andarsene lanciò una rapida occhiata al
terrorizzato Max e tutti i dubbi sparirono.
~
Hilda rimase a guardarlo interdetta prima di farlo entrare, ricordando
le parole di LA.
-Non dirmi che sei sorpresa di vedermi!- la beffeggiò studiandola.
Si chinò per baciarle le labbra e Hilda arrossì cercando di allontanarlo.
Non riusciva a comprendere la strana sensazione che la sconvolgeva
tutte le volte che lui si avvicinava e cercò di sorridere per non fargli
intuire il proprio turbamento.
-Non ti aspettavo così presto.- ammise. -Io... non sono sola.Siegfried voltò lentamente la testa, pronto a fronteggiare Alan, ma
davanti alla porta della camera da letto di Hilda c'era LA con Hols
accanto. La scrutò con un'espressione di totale indifferenza e la ragazza
fece altrettanto. Non le piaceva quell'uomo così arrogante e gelido, così
infido e maledettamente enigmatico. E, come la prima volta, tremò
appena quando incrociò quegli occhi sottili e perspicaci. Si avvicinò
all'amica, mentre Hols annusava Siegfried con curiosità, riconoscendolo
all’istante.
-Hai uno strano comportamento.- l'apostrofò a bruciapelo.
Siegfried rimase a fissarla imperturbabile, mentre LA si faceva
coraggio ignorando le borchie e le catene.
-Il tuo modo di fare non è quello di un fratello!- l'accusò.
Il sottile volto di Siegfried rimase impassibile mentre la esaminava
con attenzione. Non era sua abitudine lasciarsi apostrofare così
impunemente e in genere la sua reazione era letale. Ma quella ragazza
dimostrava fegato e capì che doveva volere molto bene a Hilda se
prendeva il coraggio a due mani e l'affrontava apertamente. Si voltò
verso sua sorella, rimasta immobile ad ascoltare e le si avvicinò a passi
felpati. Le prese il viso a due mani, guardandola intensamente negli
occhi e si chinò a baciarle le labbra.
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-Esiste una regola precisa di come deve comportarsi un fratello?- chiese
rivolto a LA, continuando a fissare Hilda.
Sconvolta per quel gesto così intimo, la ragazza si guardò intorno,
intuendo il suo proposito di irritarla. Hilda rimase immobile, incapace di
protestare o di fare un solo movimento per staccarsi da lui.
-Io... Io chiamerò la polizia.- minacciò LA senza troppa convinzione.
-Fai pure.- l'invitò Siegfried con indifferenza. -Kristall, ora devi venire.-Io...-Non puoi costringerla!- esclamò LA con veemenza.
Hilda fissò quel volto tanto affascinante quanto lo era la sua crudeltà
e chinò la testa ubbidiente. Lo sapeva, l'aveva sempre saputo che
l'avrebbe seguito anche all'inferno se glielo avesse chiesto, senza
spiegarsene il motivo. Lo conosceva, sapeva quanto poteva essere
spietato, eppure, anziché sfuggirgli, desiderava stargli accanto.
Annuì e sorrise e Siegfried capì di avere ancora un forte ascendente
su di lei. Con una dolcezza che non provava, le mise una mano dietro la
nuca per accarezzarle i capelli e le disse:
-Sapevo che un giorno ci saremmo ritrovati.Quella carezza le provocò un brivido e sospirò rapita.
-Andiamo. Devi prendere qualcosa?-Ehi!Si voltarono entrambi verso LA, che li guardava allibita.
-Hilda, ma... Tu non puoi lasciarti convincere così!L'interpellata si avvicinò e le sorrise dolcemente, prendendole le mani
nella proprie.
-Non dire niente, LA. Ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me in
questi anni, l'ho apprezzato moltissimo. Da sola, senza il tuo prezioso
aiuto, non ce l'avrei fatta. È giunto il momento di chiudere un capitolo
della mia vita e di aprirne un altro. No, non mi interrompere.- la prevenne
posandole un dito sulle labbra socchiuse. -So cosa vorresti dire: che
quella non è vita per me. Lo so. Ma ho deciso: non c'è solo Alan. Non
dire niente, ti prego. Questa volta farò di testa mia.Di testa tua? pensò sconsolata l’amica. Sei proprio sicura di agire
secondo la tua volontà? Sospirò e non disse niente, come era stata
pregata di fare. Si guardarono a lungo, poi LA la vide sparire nella sua
camera e allora si voltò a fronteggiare Siegfried. Se ne stava appoggiato
con indolenza alla parete, con la sigaretta tra le labbra e un'espressione
indifferente sul volto.
Combattendo contro la paura, si avvicinò e disse:
-Ho tentato di tutto pur di dissuaderla: non ce l'ho fatta.- ammise con
tono amaro. -Hai troppo ascendente su di lei. Spero solo che te ne renda
conto.Lui continuò a guardarla con sufficienza dall'alto dei suoi due metri,
come se neppure la stesse ascoltando e lei abbassò gli occhi,
continuando imperterrita:
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-Voglio bene a Hilda e so con certezza che sta commettendo il più
grosso errore della sua vita. Vorrei che anche tu le volessi bene come
gliene voglio io... Un bene fraterno.- terminò in un sussurro.
Alzò lo sguardo attendendo una risposta e nel frattempo cercò di
leggere dietro la sua gelida indifferenza.
-Non credo tu possa giungere a immaginare quanto bene le voglia.rispose enigmatico.
-Quale tipo di bene?- sospirò tristemente.
Lui rimase in silenzio a fissarla e in quel momento Hilda tornò con
una borsa dove aveva messo il minimo indispensabile. Vide la strana
espressione di sofferenza dipinta sul volto dell'amica e la consolò
fraintendendo:
-Non fare quella faccia, LA. Tu sarai sempre la mia migliore amica e non
devi preoccuparti per me. Tornerò a trovarti, lo giuro.-Hilda, non... non fare pazzie.- l'ammonì mentre osservava Siegfried di
sottecchi.
La ragazza indossò il giaccone e si accucciò per accarezzare il lupo,
esclamando con vivacità:
-Coraggio, bello. Traslochiamo.Hols drizzò le orecchie e l'osservò un attimo con i suoi occhi gialli,
quindi si diresse verso la porta scodinzolando, seguito da Siegfried.
Hilda abbracciò l'amica e mormorò:
-Solo ora capisco che ho atteso per tanto tempo questo momento. Sono
felice, credimi.-Sì, lo so. Te lo leggo negli occhi. Non mi resta che augurarti buona
fortuna e se volessi tornare, sappi che la mia porta sarà sempre aperta
per te. Saprò aspettarti.-Non lo dimenticherò.Le sorrise e diede un ultimo sguardo all'appartamento prima di
seguire Hols e Siegfried sul pianerottolo. Si girò verso LA, ferma sulla
soglia che la guardava con tristezza e recitò:
-Il destino di un uomo è il suo destino e la vita non è che illusione.quindi scese le scale e sparì.
LA rimase immota a meditare su quelle parole, mentre le lacrime le
rigavano le guance pallide. Chinò mestamente la testa e sfogò
l’impotenza piangendo.
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Il primo a entrare nel covo fu Hols, seguito da un'Hilda dall'aria
smarrita e intimorita. Notò l'ampio salone con l'angolo cottura e sbirciò le
scale senza ringhiera che conducevano al piano superiore, molto
probabilmente alle camere da letto. Siegfried indicò una botola nascosta
e lentamente scesero nel bunker, rischiarato da un'unica lampadina che
pendeva dal soffitto al centro della stanza. Hilda sussultò alla vista di
undici uomini dall'aspetto minaccioso e si girò verso il fratello, che
richiudeva la botola alle proprie spalle. Intuendo la sua paura, le mise un
braccio intorno alla vita e la presentò a tutti:
-Questa è Hilda.- disse e per la prima volta in tutta la sua vita, la chiamò
con il suo vero nome.
I Wölfe, che da quando erano entrati non avevano più aperto bocca,
la fissarono a lungo, sondandola con attenzione per captare le sue
reazioni. Notarono il suo disagio e la sua paura e non ne rimasero affatto
stupiti.
Durante quel silenzio innaturale, lei li osservò uno ad uno, attraverso
il fumo delle sigarette e degli spinelli, riconoscendo Pat e Miles, i due
ragazzi che l'avevano fermata al supermercato. Sentiva il cuore batterle
impazzito, le gambe deboli e le tempie che pulsavano convulsamente e
per un attimo pensò di fuggire. Ma il braccio di Siegfried intorno alla sua
vita si serrò, come a infonderle coraggio e lei gli si avvicinò per cercare
riparo e protezione.
Sul tavolo al centro della stanza erano posati bicchieri, bottiglie,
catene, spranghe, pezzi di carta, una pistola e involontariamente lei
rabbrividì, impallidendo e rigirandosi verso Siegfried.
-Così, questa sarebbe Hilda.Sussultò e si voltò di scatto a fissare gli occhi di Josh, che si era
alzato e le era andato vicino per scrutarla meglio.
-Ehi, Fried!- esclamò Mohican additandola. -Ma dove cazzo l'hai tenuta
nascosta per tutto questo tempo?-Certo che la foto che avevi non rende onore all'originale!- sogghignò
Stefan dondolandosi sulla sedia.
-La piccola è cresciuta! E bene pure!- rincarò Saint Just con un sorriso
lascivo e si udirono sogghigni divertiti al suo eufemismo.
Siegfried posò lo sguardo su tutti e sibilò minaccioso:
-È mia sorella. Sono stato sufficientemente chiaro?- domandò con la sua
voce fredda e metallica, che fece sussultare Hilda.
-Limpido, Dagr!- rispose Nik ridendo e bevendo birra.
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-Non potevi essere più preciso e conciso di così, perdio!- sghignazzò
Peter ammiccando. -È la cosa più chiara che abbia mai detto in vita tua!I Wölfe si misero a ridere, continuando a fare commenti sarcastici e
pungenti e lei li guardò perplessa. Quando non erano seri potevano
apparire mansueti e simpatici e questo la rassicurò non poco. Dopo
l'avvertimento di Siegfried, era certa che nessuno di loro avrebbe osato
farle del male e si rivoltò ringraziandolo con un’occhiata.
-Ok. E lui è il lupo di Kristall.- continuò indicando Hols che si aggirava
per la stanza annusando tutti.
-A quanto pare avremo pure la mascotte!- rise Mohican accarezzandolo.
Miles andò ad accendere la radio e tutti si alzarono per avvicinarsi a
Hilda, accogliendola con un solo grido:
-Benvenuta tra i Wölfe!Nel giro di pochi secondi si ritrovò circondata dal vociare più
confusionario che avesse mai udito, da visi ancora sconosciuti e da un
via vai di ragazzi che le si accalcavano intorno per osservarla e darle
pacche sulle spalle. Lo stesso capitò a Hols, che si sentì accarezzato da
un'infinità di mani, circondato da un rumore fragoroso e da un improvviso
scoppio di vivacità al quale non era abituato e cercò riparo in un angolino
per ritrovare un attimo di pace.
Qualcuno prese una lattina di birra e la passò a Hilda perché bevesse
e lei, senza rendersene conto, si ritrovò in mano la bevanda chiedendosi
da dove le fosse piovuta. Girò intorno lo sguardo e notò che tutti stavano
bevendo per festeggiare e vide Siegfried alla parte opposta della stanza
che alzava la lattina verso di lei a mo' di brindisi. In mezzo alla
confusione non si era neppure accorta che l'aveva lasciata sola e
all'improvviso avvertì la paura. Perché l'aveva abbandonata? Non capiva
che era terrorizzata? Con lo sguardo cercò Hols, ma una mano l'afferrò
al braccio e si girò di scatto, gli occhi sgranati e un grido che le moriva in
gola.
-Di cosa hai paura?- chiese Josh sorridendo. -Nessuno vuole farti del
male, guarda: si stanno comportando come è loro abitudine, facendo
casino, urlando e bestemmiando. Possono sembrare cattivi, ma sono
tutti bravi ragazzi e imparerai a conoscerli bene. Tu sei la sorella di Fried
e di noi non dovrai mai aver paura. Fai parte dei Wölfe, ormai.Lei deglutì e si rivoltò verso gli altri, osservandoli con circospezione.
Si sarebbe mai abituata ai loro sogghigni? A quei volti dai quali
traspariva tutta l'efferatezza che li animava? A quelle armi lasciate
indifferentemente in giro?
Il suo sguardo incrociò quello del fratello e notò come fosse tranquillo.
Se lei fosse stata in pericolo, l'avrebbe lasciata sola? No, di questo era
certa. Siegfried la riteneva al sicuro tra i suoi amici: perché allora aver
paura?
Si rivoltò verso Josh e abbozzò un sorriso anemico.
-Va... Va tutto bene.-
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-Ok. Ti abituerai presto a questa vita, ne sono sicuro. Ora lascia che ti
presenti tutti, uno ad uno, così potrai osservarli meglio e giudicare da
sola che sono tranquilli.Si portò in mezzo alla stanza e li fece tacere tutti con tono di voce
imperioso, quindi disse:
-Adesso calmatevi ed evitate di fare gli stronzi. Sedetevi.Brontolando, ubbidirono e in piedi, al centro della stanza, rimasero
solo lui e Hilda.
-Ok. E ora presentatevi al nostro nuovo elemento, con garbo, però,
senza fare baraonda. Non siate i soliti incivili rompipalle e alzatevi uno
per volta, chiaro? E tu, Miles, spegni quella cazzo di radio o te la spacco
in testa!Imprecando con stizza, il ragazzo ubbidì, lanciandogli occhiate
fulminanti.
Quando il silenzio tornò a regnare nel bunker, davanti a Hilda iniziò
una sfilata ordinata e tranquilla che alla fine la fece sorridere
spontaneamente e che avrebbe ricordato con affetto negli anni a venire.
~
Il primo a farsi avanti fu un ragazzo alto, il più robusto della comitiva e
forse il più posato, il meno trasandato. Aveva due profondi occhi neri
vispi e intelligenti, i capelli corti di una calda tonalità di castano e un
fisico asciutto e atletico. Aveva ventinove anni e, come tutti gli altri,
portava il giubbotto di pelle nera con il logo dei Wölfe e i jeans logori e
rattoppati.
-Io sono Karl Heinz Wagner. Per gli amici solo Karl.- si presentò con
voce profonda e sensuale.
Subito dopo di lui avanzò il più stravagante e appariscente della
comitiva: la testa completamente rasata, lasciava intatta solo una striscia
di capelli corvini che dalla fronte scendeva lungo la schiena. Gli occhi
verdi avevano un'espressione dura, ma la tendenza a scherzare sempre
lo rendeva apparentemente meno pericoloso e subito simpatico.
-Hi, honey!- si presentò con un sorriso dolce. -Io sono John Rose, ho
ventidue anni e sono inglese. Come sono finito qui, in mezzo a questi
sciamannati, non lo so, però puoi chiamarmi come tutti gli amici:
Mohican.Hilda gli sorrise in risposta e si rilassò visibilmente, osservando con
attenzione ogni ragazzo che si faceva avanti, cercando di imprimersi
bene nella mente ogni nome e ogni fisionomia.
Con un'espressione crudele e un mezzo sorriso lascivo sulle labbra,
avanzò un ragazzo molto alto e magro, dal volto sottile, gli occhi nocciola
infossati, che lo rendevano più pericoloso di quanto già non fosse. I
capelli castani con striature rossicce erano lunghi fino alla vita e, come
erano soliti acconciarli i vichinghi, ai lati del volto facevano la loro bella
figura due treccine. Sulla guancia sinistra risaltava una lunga cicatrice
che dall'occhio arrivava vicino all'angolo della bocca e Hilda rabbrividì
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senza rendersene conto. Aveva solo vent'anni, trascorsi tutti per le
strade.
-Io sono Peter Weiss e non ho soprannomi.Quindi fu la volta di un ragazzo poco più alto di lei, dai capelli corvini
che gli toccavano le spalle, tagliati a caschetto, con la frangetta che gli
arrivava fin sopra gli occhiali scuri. Il corpo emaciato, le mani delicate
come quelle di una donna e tuttavia capaci di usare alla perfezione la
splendida katana che teneva sempre al fianco. Si inchinò appena
davanti a Hilda e si tolse gli occhiali, rivelando il volto dai tratti orientali.
-Hajimemashite. Watashi wa Kazuya Yoshi desu. Dozo yoroshiku.-Hajimemashite. Hilda Wild desu ga. Dozo yoroshiku.Confuso e preso in contropiede, il giapponese la guardò meravigliato,
mentre lei gli restituiva l'inchino con modi affettati.
-Konnichi wa, Hilda san.-Konnichi wa, Kazuya san.-No, non Kazuya.- la corresse. -Il mio soprannome è Japaner, per ovvi
motivi. Mi fa piacere scoprire che conosci la mia lingua: parleremo
insieme, nihon go, ne?Tornò al suo posto e subito si fece avanti un ragazzo dai classici
lineamenti del celta, con occhi di un azzurro intenso che possedevano
un magnetismo animale, i lunghi capelli biondi raccolti alla base del collo
in una coda scomposta e lei non poté fare a meno di paragonarlo a
Siegfried, concludendo che nessuno poteva reggere il confronto con il
fratello. Era attraente, dal sorriso dolce, tuttavia l'espressione dei suoi
occhi tradiva che in vent'anni di vita non aveva mai commesso una
buona azione.
-Ciao. Io sono Nikolaus Goldman, ma per te solo Nik.- e le fece
l'occhiolino facendola arrossire appena.
Si voltò verso il fratello, certa di incontrare il suo sguardo freddo, ma
Siegfried se ne stava comodamente seduto in disparte, covando foschi
pensieri.
Davanti a lei ora c'era un ragazzo alto, dal portamento fiero e
sprezzante. I capelli castani gli scendevano lungo la schiena, mentre la
frangetta gli ricopriva gli occhi dallo sguardo profondo e attento, di un bel
nocciola con striature verdi. Aveva barba e baffi dietro i quali
nascondeva un volto dai lineamenti marcati e sembrava più maturo dei
suoi ventun anni.
-Ciao. Io sono Stefan Rosenberg.- si presentò con voce tagliente.
Dopo di lui si fece avanti il più giovane della comitiva, di soli diciotto
anni, con un caldo sorriso di benvenuto sulle labbra piene. I suoi occhi
cerulei la guardavano con ammirazione, mentre una montagna di ricci
castani gli scendeva a lambire le spalle e il viso, nascondendo a mala
pena una cicatrice sulla guancia destra.
-Ehi, di' un po': ti piace la musica?- esordì con voce squillante.
-Sì, certo, mi piace.- rispose cauta.
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-Ok! Così mi piace. Qui dentro ce l'hanno tutti con la mia radio, te ne
accorgerai presto! Io sono Miles Mc Shine e spero che almeno tu starai
dalla mia parte.Col suo passo disinvolto ritornò al proprio posto e a sua volta si alzò
un ragazzo molto bello, con un portamento altero e con le efelidi sul
volto. Gli occhi sottili, verde chiaro, i capelli biondi dal taglio corto, alla
base dei quali si allungavano alcuni ciuffi volutamente lasciati ricrescere
a mo' di serpenti, lasciarono Hilda perplessa, trovandolo stravagante più
di Mohican. Aveva ventitré anni, trascorsi quasi tutti per le strade e
quando parlava arrotondava la erre.
-Salut! Il mio nome è Jean Luc Chantal e scommetto che non ho bisogno
di dirti che sono francese. Gli amici, però, mi chiamano Saint Just perché
dicono che somiglio al famoso rivoluzionario, anche se non sono del loro
stesso parere, naturellement.-Naturalmente.- ripeté, rabbrividendo al ricordo di come fossero morti
Saint Just e il suo amico Robespierre.
Dopo di lui si alzarono gli ultimi due della banda, uno alto, con un
volto affilato e magro seminascosto da una cascata di capelli castani. Gli
occhi grandi, nocciola, sembravano avere un'aria innocente, ma il sorriso
che li accompagnava lasciava capire che non c'era da fidarsi. Aveva
ventun anni e quando parlò la sua voce fendette l'aria come una lama.
-Salve. Io sono Mattew Landon, ma puoi chiamarmi solo Mat.-Ed io sono Patrick Landon, suo fratello. Per tutti solo Pat.- si presentò
un ragazzo dai capelli corvini che gli ricadevano lungo la schiena.
Come il fratello, aveva il volto affilato, dai lineamenti marcati, con
occhi nocciola dalle striature verdi e portava folti baffi. In mezzo alla
fronte spiccava una fascetta bianca e aveva un anno più del fratello. Ma,
a differenza di questi, era di corporatura robusta, atletica, dalle spalle
larghe e dalla muscolatura possente. Hilda gettò indietro la testa per
guardarlo negli occhi e, sebbene la sua espressione fosse tra le più truci
e crudeli, bastavano solamente i suoi due metri e diciassette a incutere
terrore e soggezione.
Hilda ricambiò i saluti di tutti, constatando con sollievo che la paura
iniziale non l'attanagliava più come una morsa soffocante. In fondo, si
erano dimostrati corretti e gentili con lei e si rivoltò verso Josh,
sorridendogli fiduciosa.
Alto e magro, con zigomi sfuggenti, occhi nocciola dall'espressione
furba, i baffi che gli ricoprivano la bocca sottile, i capelli castani che gli
toccavano le spalle, Josh dava proprio l'impressione del capo, con la sua
aria matura e la fissò con ponderazione quando pronunciò con voce
profonda:
-Bene, bene. Ora che tutti si sono presentati, ritengo sia giunto il mio
momento. Mi chiamano Josh, ma il mio nome è Joshua Shmidt e, come
avrai capito, sono il capo di questi sciamannati.Hilda annuì distrattamente e tornò a studiare tutti quei ragazzi che
sedevano un po' intorno al tavolo un po' per terra, bevendo, fumando e
giocherellando con le armi. I suoi occhi si posarono sul braccio ferito di
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Miles, fasciato da lunghe bende e ripensò a Pat che le si era avvicinato
zoppicando appena. Sorrise e si voltò a cercare Hols, l'autore di quelle
ferite.
Nell'angolo più buio della stanza, consono al proprio carattere
ombroso, Siegfried stava distrattamente accarezzando il lupo, mentre i
suoi occhi trasparenti la scrutavano con eccessiva attenzione. Quando i
loro sguardi si incrociarono, lui piegò le labbra in un sorriso ambiguo.
~
Un debole raggio di sole illuminò il manto bianco di Hols, mentre
correva spensierato per il prato con un'agilità e un'eleganza da far invidia
a un felino.
I capelli corvini di Hilda risplendevano di azzurro e brillavano come se
fossero stati cosparsi di cristalli, mentre sorrideva osservando il suo
amico correre felice e libero.
In quelle due settimane trascorse accanto ai Wölfe si era riposata e
rilassata. Se ne stava con le mani in mano per tutto il giorno, giocando
con Hols, ascoltando i resoconti delle scorribande notturne, facendo
domande su quello strano modo di vivere, familiarizzando con le armi,
facendo lunghe passeggiate per il prato confinante. Era incuriosita da
quella nuova vita e coglieva ogni occasione per saperne di più. La paura
che le avevano fatto i Wölfe all'inizio era andata affievolendosi e le
piaceva, ora, parlare con loro, ascoltarli, osservarli, facendo tesoro di ciò
che veniva a conoscenza per poterli comprendere meglio.
Non li seguiva nelle loro scorribande, nelle azioni di vendetta, nelle
razzie dei negozi; se ne restava in casa perché non gradiva partecipare
alle loro violenze, anche se rimaneva ad ascoltarli senza inorridire e
questo la sorprendeva non poco. Nel suo intimo aborriva la violenza
perché ne era rimasta vittima ma, al contempo, si meravigliava della
propria indifferenza di fronte a racconti raccapriccianti. Spesso si
domandava se qualcosa non andasse in lei. Per cinque anni aveva
evitato con accuratezza qualsiasi situazione potesse sfociare nella
brutalità e ora, invece, si era buttata a capofitto in una vita basata
esclusivamente sulla violenza più disumana. Per cercare una risposta si
era voltata spesso verso il fratello. Siegfried era l'essenza dell'infido,
dell'efferatezza e lei lo sapeva. L'aveva sempre saputo, ma non per
questo aveva cessato di volergli bene. Forse anche lei, in fondo, era un
po' simile a Siegfried?
Tuttavia, per il momento, non voleva angustiarsi troppo: voleva
godere quella nuova libertà e i suoi occhi brillavano di una nuova luce,
una nuova vitalità.
Domande su Alan, su LA e su cosa fosse accaduto dopo la sua
partenza, le aveva relegate in un angolino remoto del cervello e teneva
la mente libera da ogni pensiero che potesse rovinare il nuovo equilibrio
emotivo che aveva acquisito.
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Dal canto suo, Siegfried continuava a comportarsi come sempre,
dissolvendo ogni timore di Josh, seguendo le scorribande notturne e
recidivo nella sua spietata crudeltà. Ma quanto più appariva naturale e
indifferente, tanto più la sua mente di ghiaccio lavorava. Certo che fosse
stato il cugino l'autore del brutale gesto, studiava un modo per colpirlo e
rimuginando tra le varie possibilità, pensava diabolicamente ad Ann...
Però non avrebbe commesso atti sconsiderati. Non poteva rischiare la
vendetta di una vita solo per colpire Max. Avrebbe atteso il momento
propizio. Hilda era, per ora, il pretesto che aveva atteso per quattordici
lunghi anni...
Raggiunse Hilda, intenta ad osservare Hols, seduta sulla staccionata
che correva per il perimetro del prato e si fermò a studiarla. Non era più
la bambina paffutella e piena di sogni che ricordava: la donna che aveva
davanti lo stuzzicava, tanto era bella.
In silenzio le si avvicinò alle spalle e le posò con tenerezza le mani
sui fianchi. Al tocco inaspettato lei sussultò, perdendo il precario
equilibrio e Siegfried serrò maggiormente la presa per non farla cadere.
-Sei impazzito?- lo redarguì fulminandolo con lo sguardo. -Mi hai fatto
prendere un infarto!Lui la guardò negli occhi e la fece scendere, tenendola vicina a sé.
-Eri così assorta? Non era mia intenzione spaventarti.- le disse con il
tono di voce caldo che usava solo con lei.
I tenui raggi del sole invernale fecero risplendere quei capelli biondi,
rendendoli quasi candidi e lei, dimenticando il momento di rabbia, gliene
prese una ciocca, annodandola tra le dita. Siegfried notò la sua aria
rapita e le prese il volto tra le mani, fissandola intensamente prima di
chinarsi a posarle un bacio sulla guancia.
-Allora?- domandò evasivo.
-Allora cosa?-Come ti sembra la vita qui?Il sorriso illuminò il viso della ragazza, che lanciò un'occhiata al covo.
-Sto bene e mi rilasso. Per ora mi piace e i tuoi amici sono tutti simpatici
e cordiali.-Bell'eufemismo.- commentò.
-Be’, con me lo sono.- li difese imbronciata. -Ma tu, tu perché mi hai
ignorata in queste due settimane?-Dovevi ambientarti.- rispose elusivo.
-Gentile da parte tua.- replicò con sarcasmo, voltandosi a guardare Hols.
Il lupo si fermò e rimase immobile a fissare i due ragazzi. Anche a
quella distanza, Siegfried notò la sua fierezza e mormorò:
-Gran bell'animale.Hilda tirò indietro i capelli che il vento continuava a ributtarle sul viso
e chiese:
-Ora puoi dirmi perché sei sparito per otto anni? Cos’hai fatto durante
tutto questo tempo?Siegfried aspirò il fumo della sigaretta e rimase un secondo a fissare
il vuoto.
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-Se avessi immaginato che fossi diventata così attraente, sarei certo
tornato prima.-Oh, smettila!- sbuffò con le guance di porpora.
Lui la studiò con attenzione e Hilda notò che non aveva risposto alla
sua domanda. Perché? Doveva insistere?
-Perché non sei tornato prima?-Volevo essere sicuro che, una volta qui, non avresti corso rischi.-Ora non ne corro?-No.Hilda si rese conto che ancora una volta non le aveva risposto, ma il
tono di lui aveva lasciato capire che non avrebbe aggiunto altro.
-Perché sei confusa? Ti sembra strano che il tuo amato fratello voglia
darti il meglio?Lei lo guardò e chiese:
-Cosa intendi per il meglio?-Tutto.Sospirando, lei lasciò cadere l'argomento e preferì chiedere:
-Com'è andata stanotte? Siete rientrati tardi?Siegfried gettò a terra il mozzicone e mise le mani nelle tasche
posteriori dei pantaloni di pelle, osservando un punto indefinito davanti a
sé.
-Alle sei eravamo al covo. Abbiamo girato un po', poi siamo entrati in un
magazzino di abbigliamento e abbiamo riportato uno scatolone pieno di
vestiario. C'è roba anche per te.- rispose con la giusta dose di
noncuranza.
Hilda annuì distrattamente e per un attimo rimasero in silenzio, quindi
lui le mise un braccio intorno alle spalle e l'attirò a sé, tenendola stretta
al suo petto. La guardò negli occhi, leggendovi tutte le sue emozioni e
chiese:
-Allora, Kristall? Sono come immaginavi o ti ho delusa?Lei rimase in silenzio, domandandosi se si stesse riferendo al suo
aspetto fisico o al suo carattere. Che fosse cambiato non c'erano dubbi,
se ne era subito resa conto, sia su un piano che sull'altro, ma per il
momento poteva dare un giudizio solo riguardo all’aspetto fisico.
Il solo pensare a come era da bambino e rivederlo ora, già uomo, la
turbò e lui se ne accorse.
-Sei cambiato.- rispose esitante. -Non sei più il ragazzino che ricordavo,
almeno fisicamente. Per quanto riguarda il carattere... Be’, non posso
ancora esprimere un giudizio.-Ti accorgerai presto che il carattere è quello di sempre. Voglio sperare
che anche tu non sia cambiata.- rispose accarezzandole una guancia.
Hilda cercò una scusa per interrompere quella discussione e chinò la
testa: stavano addentrandosi su un terreno troppo pericoloso e lei non
era ancora in grado di tenere testa al fratello. Borbottò qualcosa circa il
fatto che stava sentendo freddo e si liberò del suo abbraccio possessivo,
richiamando Hols.
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Siegfried intuì alla perfezione il suo disagio e la lasciò andare. Gli
piaceva provocarla, confonderla, per il solo gusto di esercitare il proprio
karisma su di lei.
La seguì con lo sguardo mentre rientrava nel covo con Hols, quindi si
voltò a osservare il sole alto nel cielo. Le aveva mentito. Il ragazzo che
lei ricordava non esisteva più e non solo riguardo all'aspetto fisico. In
tutti quegli anni passati insieme ai Wölfe, trascorsi a combattere contro
altre bande di teppisti e delinquenti, aveva capito che non era solo la
forza fisica a intimidire gli avversari, ma, soprattutto, la perspicacia, il
mistero, il silenzio. Hilda conosceva il ragazzino ribelle, pronto agli
scoppi d'ira e pieno di premure per lei; ora non esisteva più. Aveva
compreso di essere solo, senza nessun affetto e che se voleva il rispetto
degli altri doveva guadagnarselo.
E aveva imparato in fretta che solo incutendo terrore avrebbe
ricevuto rispetto.
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-Ehi, guardate! Che ne dite dei miei nuovi jeans?- esclamò Saint Just
con entusiasmo, apparendo sulle scale che conducevano alla casa
sopra di loro.
-Sembri un coglione inamidato!- lo beffeggiò Peter.
-Un'alice sarebbe più grassa di te!- sbottò Nik ridendo e additandolo.
-Vaffanculo, stronzo!- lo rimbeccò Saint Just scendendo di volata le
scale. -Credi di essere tanto in carne, tu?-Più di te sicuro!Hilda rise di quel battibecco, mentre i Wölfe, sollecitati, iniziavano ad
azzuffarsi tra loro, prendendo di mira l'amico che gli sedeva accanto,
provocando un putiferio.
-Ma guardati, pezzo di merda! Ti reggi in piedi per puzza e ancora parli?ruggì Miles a denti stretti, poggiando l'indice contro il petto di Japaner.
-Non dire stronzate, scheletro rinsecchito!- lo rimbeccò quest'ultimo
indignato.
-Manico di scopa a me?! Non sfottere, poppante o ti gonfio di sberle
come farebbe quella figlia di puttana di tua madre!- urlò Karl serrando i
pugni.
-Poppante a chi?!- ripeté Mohican lanciando scintille dagli occhi di
smeraldo. -Ehi, matusa, se non ti rimangi quello che hai sputato ti pratico
un buco più grosso in quel culo secco che ti ritrovi!Per un po' Hilda riuscì a seguire ogni singolo battibecco, ma in ultimo
dovette rinunciare per l'eccessiva confusione e si tappò le orecchie
continuando a ridere di gusto. Minacce e insulti, bestemmie e urla si
confondevano ai pugni dati sul tavolo, alle spranghe che venivano
soppesate nelle mani, agli scatti automatici dei coltelli e al clangore
metallico delle catene. I Wölfe si stuzzicavano, si beffeggiavano eppure,
a parte qualche spinta e tirata di bavero, non giungevano mai al punto di
scontrarsi seriamente tra loro. Quello era il loro modo di scherzare e lei
aveva imparato subito. Solo Hols non gradiva la confusione che
provocavano e tutte le volte si rintanava in un angolino con le orecchie
basse.
Hilda girò lo sguardo e vide il lupo accucciato sotto una sedia,
infastidito dal rumore. I Wölfe le avevano portato un completo di pelle,
giubbotto e gonna, una maglietta e un paio di stivali. Il tutto di colore
nero. Si era sentita a disagio quando aveva visto la propria immagine
riflessa in un vetro della casa: non era avvezza a portare minigonne e
tanto meno una specie di divisa.
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-Dovrai portare un giubbotto come il nostro,- le aveva detto Josh quando
le aveva consegnato gli abiti, -perché è il logo che ci distingue dagli altri
gruppi. Imparerai che ogni banda ha il proprio colore, in genere il
giubbotto dove viene inciso il nome. È una regola che tutti seguono. E tu,
che fai parte dei Wölfe, dovrai vestire come noi, in modo che anche gli
altri ti riconoscano.-Vuoi dire che ogni banda ha la sua divisa per distinguersi da un'altra?aveva chiesto con curiosità.
-Sì, è così. Ci sono molte regole che tutti rispettano, come un codice
d'onore. E nessuno si sogna di infrangerle. Imparerai a conoscerle. Devi
comprendere che il nostro è un mondo a parte.Aveva annuito distrattamente, riflettendo a lungo su quelle parole
mentre si vestiva. È vero, devo imparare molto, pensò osservando Hols.
Qui è tutto così diverso, così strano...
-Kristall?La voce del fratello la distolse dalle riflessioni e si voltò sorridendo.
Siegfried le mostrò un arco, una faretra e delle frecce e lei impallidì
mentre il sorriso le moriva sulle labbra.
Da quell'istante non percepì più i battibecchi dei Wölfe, né il putiferio
che facevano; osservava solo l'arma che suo fratello aveva tra le mani,
pensando che l'aveva portata per lei. E quando lui glielo porse, replicò
con un filo di voce:
-Ma io non lo voglio...-Non ti piace?Hilda esaminò l'arma, dalle rifiniture perfette all'impugnatura
ergonomica, dalla faretra in duro cuoio dipinto a mano alle lunghe frecce
con la cuspide in acciaio; era un oggetto meraviglioso, un'arma che, se
saputa usare, avrebbe potuto uccidere a notevole distanza. Tuttavia lei
non la giudicò dalla bellezza, bensì dalla sua letale capacità. Impallidì
rabbrividendo: perché glielo aveva portato?
-È bello, sì...Spostò lo sguardo su di lui e continuò categorica:
-È un'arma: non so che farmene.-È solo un regalo.Allibita, lei lo fissò negli occhi, tentando di capire, ma Siegfried era
una maschera insondabile, che la guardava a sua volta.
-Un regalo? E pensi davvero che io possa accettare questo tipo di
regalo?- sbottò stizzita.
-Perché non dovresti?-Ma perché non voglio armi!- esplose con veemenza.
Irritata, si voltò per allontanarsi, quando lui la prese per un braccio e
la costrinse a rimanere.
-Pensavo che ti avrebbe fatto piacere distrarti quando rimani sola con
Hols. Non ti chiedo di usarlo come arma.Confusa per la semplicità di come le avesse letto nel pensiero, chinò
leggermente la testa mordendosi le labbra. Perché doveva pensare
sempre a male ogni volta che Siegfried faceva o diceva qualcosa?
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Aveva ragione: quando i Wölfe uscivano e lei rimaneva sola, si annoiava
e cercava qualsiasi cosa per ammazzare il tempo. Che male c'era,
dunque, se usava l'arco per distrarsi?
-Scusami, Dagr. Pensavo che tu volessi farmi usare l'arco per... Voi con
le armi uccidete, ma io...-Forse, avrei frainteso anch'io.- le concesse.
Hilda esitò un attimo, quindi si alzò sulle punte dei piedi e gli posò un
bacio sulla guancia per ringraziarlo. Siegfried le offrì l'arco e lei lo prese,
nel momento esatto in cui Peter, di guardia in casa, faceva segnale che
arrivava qualcuno.
Come per incanto la confusione cessò e i Wölfe salirono le scale che
conducevano di sopra, seguiti da Hilda e da Hols. Una ragazzina si
aggirava per la casa e quando li vide arrivare sorrise e volò tra le braccia
prima di Karl, poi degli altri, baciandoli tutti con trasporto, tralasciando
solo Siegfried. A quell'apparizione, Hilda impallidì e rimase a fissare
quella ragazza con aria interrogativa. Con i lunghi capelli castani arruffati,
il volto ricoperto da un trucco pesante e volgare, le scarpe col tacco
vertiginoso, la minigonna e una maglietta attillata, la ragazzina si
muoveva sicura tra i Wölfe e si fermò vicino al tavolo, mentre Hilda si
girava verso Siegfried, appoggiato con noncuranza alla parete.
-Qual buon vento, Laura?- chiese Josh sorridendo.
-Ogni tanto fa bene venire a rompere i coglioni agli amici, vero, amore?-Ci porti altre notizie?-Quanta fretta, Mat!- rise voltandosi verso di lui. -Per fortuna che quando
scopi non vai a razzo! Non hai voglia di fottere un po', prima?- lo
stuzzicò accarezzandogli una coscia sensualmente.
-Forse dopo. Sputa tutto quello che sai, ora.- insistette il ragazzo,
ignorando la sua mano.
-Già. Chi mi dà del fumo?- chiese Laura posando lo sguardo su tutti.
-Sempre a scrocco, eh?- disse Stefan porgendole la canna.
-Tesoro, anche tu mi fotti a scrocco!- lo rimbeccò allungando la mano.
Tirò fuori l'accendino dalla borsetta e accese lo spinello, inspirando a
pieni polmoni.
-Ah, Cristo! Questa sì che è roba!- esclamò.
-Usiamo solo la migliore.- rispose Peter evasivo, giocherellando con una
treccina dei capelli.
-Già, già. Voi siete i Wölfe, i capibanda indiscussi ed io sono fortunata a
esservi amica. Qui da voi si trova il meglio di tutto, anche in fatto di
cazzi.- replicò stampandogli un bacio in bocca.
-I Wölfe non hanno amici.- sentenziò la metallica voce di Siegfried.
Tutte le teste si voltarono verso di lui, appoggiato con noncuranza
alla parete, a braccia conserte. Hilda gli stava al fianco, ammutolita e
pallida. Fissava Laura senza credere ai propri occhi, ricordando la prima
volta che l'aveva vista, la sera che era fuggita da Alan.
Con andatura provocante e volgare, Laura si avvicinò a loro due,
osservando Hilda con un sorriso sprezzante. Le si fermò davanti e la
studiò dall’alto in basso nel più totale silenzio. I Wölfe non si mossero:
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rimasero a guardare la scena con curiosità, sbirciando ora le due
ragazze, ora Siegfried. Avvertivano la tensione crescere di minuto in
minuto e si chiesero cosa sarebbe successo dopo l'osservazione
implacabile e inoppugnabile di Siegfried.
-Immaginavo di trovarti qui. Ti ricordi di me, vero?- chiese Laura con
palese disprezzo.
Ora che l'aveva davanti agli occhi, alla luce del sole, Hilda riuscì a
osservarla meglio e rabbrividì ancora una volta. Nonostante il trucco
pesante, poté scorgere profonde occhiaie e una strana luce nei suoi
occhi azzurri, una luce non più innocente. Nel guardare quel viso
segnato dalle violenze e dai soprusi, sentì un forte dolore stringerle il
cuore. Solo ora capiva quanto poco sapeva di quel mondo così
disumano e crudele.
-Sì... Mi ricordo.- mormorò flebile.
La risata volgare di Laura echeggiò nella casa avvolta da un insolito
silenzio che la lasciò perplessa.
-Perché cazzo mi fissi in questa maniera? Non avevi mai visto prima una
succhiacazzi?- domandò sarcastica. -Oppure... mi fissi così, perché ti
faccio schifo?Hilda scosse la testa e mormorò:
-No...Siegfried teneva i suoi gelidi occhi puntati su Laura, pronto a
intervenire in qualsiasi momento, anche se apparentemente rimaneva
indifferente al dialogo tra le due donne. Anche gli altri si agitarono sulle
sedie, avvertendo la tensione crescere oltremodo, ma si limitarono ad
osservare in silenzio, consapevoli che Siegfried avrebbe prevenuto
qualsiasi gesto da parte di Laura.
Questa osservò Hilda con disprezzo, con un sorriso sarcastico dipinto
sulle labbra rosse.
-Capisco. Ti meravigli della mia età. Vuoi sapere quanti milioni di anni ho
o provi a indovinare? Su, forza! Di' un numero a caso, stronzetta e
vedremo quanto sei brava!-Io... Non saprei...- bisbigliò lanciando un'occhiata al fratello, nella tenue
speranza che mettesse fine a quel dialogo assurdo.
Lui, però, ignorò la supplica che lesse nei suoi occhi.
-Forza! Di' una cifra, bellezza! Che cazzo, hai paura?- l'incitò Laura
senza più sorridere.
Hilda si morse le labbra e contorcendosi le mani rispose:
-Forse... Forse quattordici?-Ma brava!- la beffeggiò pizzicandole una guancia. -Hai studiato, ti ci sei
avvicinata, amore: ho undici anni.Hilda sgranò gli occhi e impallidì maggiormente. L'altra le lanciò
un'occhiata di disprezzo e si avvicinò di più.
-Tu non puoi capire.- le vomitò in faccia con stizza. -Ti faccio schifo solo
perché non puoi capire un cazzo di niente. Sei cresciuta nella città, tra
gente perbene, tra comodità e sciocchezze varie. Ma la tua città non ti
dice in quale merda si sopravvive qui.85
©MGL VALENTINI
Con un sorriso beffardo inspirò per l'ennesima volta lo spinello, senza
staccare gli occhi da Hilda.
-Io,- continuò, -sono stata venduta da mia madre all'età di cinque anni al
racket della prostituzione. Qui è normale. Ogni giorno bambine e
bambini piccoli vengono venduti solo perché le famiglie non sanno come
sopravvivere e questo traffico continuerà all'infinito, perché tutti ci
guadagnano. C'è chi approda al marciapiede, chi allo spaccio di droga e
c'è chi si prostituisce per drogarsi. Ma tu non puoi capire. Non puoi
capire la mia sofferenza. Sono stata affidata a una vecchia puttana
affinché imparassi il mestiere e questa mi trattava di merda,
picchiandomi a sangue e lasciandomi senza mangiare. Dovevo
guardarla mentre si faceva sbattere, mostrandomi come avrei dovuto
fare. A volte mi costringeva a spogliarmi per eccitare maggiormente il
porco di turno, oppure a fustigarlo. La odiavo, ma ancora non sapevo
quanto ero fortunata. Un giorno tornò con i suoi magnaccia. Erano in tre
e mi hanno fottuta a turno per iniziarmi al mestiere: era giunto il mio
momento. Avevo sette anni e da allora non so più quanti mi hanno
inculata, perché puoi benissimo immaginare quello che fanno a chi non
sa difendersi.Si bloccò e rimase a fissare Hilda che tremava inorridita e sconvolta,
quindi continuò con un sorriso sprezzante:
-Ti piace la mia infanzia? Ecco cosa ti offre questo quartiere di rotti in
culo, di sballati e di strafottuti porci. Se provi a guardarti intorno ne
troverai tante e tanti come me. E, tutto sommato, sono ancora fortunata:
non mi hanno costretta a bucarmi, come fanno con le altre. E tu? Tu con
che cazzo di diritto osi giudicarmi? Tu non sai niente di niente. Prova a
dire che ti faccio schifo! Prova, se ne hai le palle!Sconvolta, gli occhi sgranati, Hilda la fissava come se fosse stata la
creatura di un altro universo. Mentre parlava della sua vita di violenze,
aveva provato un forte senso di colpa. Per un attimo aveva rivissuto la
propria esperienza con Max e il suo tentativo di suicidio le risultò
meschino e difficile da accettare. Tutto quello che aveva subito non era
niente al confronto della vita di Laura; eppure quest'ultima non si
vergognava di se stessa, non si piangeva addosso come lei aveva fatto
per tanti anni.
La guardò con tenerezza e le disse:
-No, Laura. Non sei tu a farmi schifo.L'altra rimase per un attimo interdetta, impreparata a quel tipo di
risposta.
Siegfried sbirciò la sorella e scorse tracce di lacrime nei suoi occhi.
Anche i Wölfe la guardarono, chiedendosi cosa avesse voluto dire.
Hilda abbozzò un sorriso e senza esitare portò le mani sotto gli occhi
di Laura, con le palme rivolte verso l'alto.
-Le vedi?- chiese con calma.
La ragazzina corrugò le sopracciglia scorgendo le due sottili cicatrici
bianche e rimase confusa, senza capire. Poi un lampo le brillò negli
occhi e rialzò la testa risoluta, studiandola sotto una luce diversa.
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-Comprendi, Laura? Sono io a farmi schifo, per essermi comportata da
vigliacca.Siegfried capì al volo e per l'ennesima volta maledisse il cugino.
Laura sorrise e senza più ombra di disprezzo disse:
-Sì, ho capito. Non hai bisogno di aggiungere altro.Hilda chiuse un attimo gli occhi chinando la testa e sospirò appena.
~
-E così i Wölfe non avrebbero amici, eh?- osservò Laura sarcastica.
Si era portata davanti a Siegfried e lo fissava con freddezza,
apparentemente impavida, con le mani sui fianchi. Lui si limitò a
guardare Josh, senza neppure considerarla.
-Che cazzo di novità è questa, ora?- sbottò stizzita.
Siegfried accese una sigaretta e ne aspirò il fumo con eccessiva
calma. I suoi occhi gelidi si posarono sulla figura minuta davanti a sé e
intimò:
-Mi stai infastidendo.La ragazzina represse un moto di stizza e i suoi occhi lanciarono
scintille.
-È così, eh? E tutte le informazioni che vi porto?- gridò con la sua voce
grossa e volgare. -Non venirmi a dire che non ti fanno comodo! Ti ho
pure detto di tua sorella! È questo il ringraziamento?Nonostante il trucco pesante, un rosso carminio le affiorò alle gote
per la troppa rabbia, mentre il bersaglio delle sue lamentele non
l'ascoltava neppure.
Hilda guardava attonita ora uno ora l'altra, non riuscendo a capire il
comportamento di Siegfried e i Wölfe, accortisi della piega che avevano
preso gli eventi, si avvicinarono cauti, pronti a intervenire.
-Tu ce l'hai sempre avuta con me.- constatò Laura. -Perché? Che cazzo
ti ho fatto?Era la prima volta che qualcuno si rivolgeva così apertamente a
Siegfried e Josh, allarmato dall'espressione pacata e distaccata del
ragazzo, si avvicinò a Laura e le mise un braccio intorno alle spalle,
dicendo:
-Calmati. È inutile che ti scaldi così.-Perdio!- gridò volgendosi verso di lui. -Non vi hanno fatto comodo le mie
informazioni? Non vi fanno comodo tuttora? Vi hanno sempre salvato il
culo, no? La verità, la fottuta verità è che lui mi odia! Non mi ha mai
potuto sopportare, gliel'ho sempre letto negli occhi! E ora mi viene a dire
che non sono vostra amica!-Sai benissimo che Fried è fatto così. E non ti odia, credimi.-Vaffanculo!Siegfried guardò la scena con distacco, mentre continuava
imperterrito a fumare la sigaretta. Japaner si sistemò meglio gli occhiali
scuri e sentenziò con voce tetra:
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-Dagr ha ragione. Non voleva offenderti, Laura, ma solo precisare che
non abbiamo amici.-'Fanculo pure tu, Japaner! Che cazzo sarei, allora? Una puttana che si
fa sbattere gratis?- l'aggredì digrignando i denti.
-Neanche. Tu sei il nostro informatore; tutto qui.-Significa che per te abbiamo un occhio di riguardo.- intervenne la
mastodontica figura di Pat accarezzandosi distrattamente un baffo. Almeno fino a quando non scopriamo che ci hai fottuti.-Che stronzate vai dicendo?- sbottò indignata. -Io tradire? E quando mai
se tutte le informazioni che vi passo risultano sempre schifosamente
vere?Con riluttanza Siegfried si staccò dalla parete e si portò di spalle a
Laura, facendo ammutolire tutti. Lei, che attendeva una risposta,
aggrottò le sopracciglia di fronte a quell'improvviso silenzio e guardò i
Wölfe con aria interrogativa. Poi, impallidendo, si voltò lentamente e si
ritrovò a fissare gli addominali di Siegfried a pochi centimetri dal proprio
naso. Alzò la testa deglutendo e incontrò i suoi occhi spietati che la
fissavano pericolosamente.
-Fino a quando saremo sicuri di te, non avrai niente da temere, né da noi,
né da nessun altro.- disse gelido. -Ma basterebbe una sola parola, una
sola mezza parola, e ti ritroveresti cadavere prima ancora di rendertene
conto. Come vedi, ti offriamo protezione, non amicizia. Ricordatelo.Un brivido scosse Hilda, allibita per le parole del fratello. Si guardò
intorno, osservando ognuno dei Wölfe, quindi il suo sguardo si posò su
Hols, accucciato in un angolo.
-Cristo! A quanto pare, tutto questo significa che vi faccio comodo e
basta.- notò Laura senza più ombra di collera.
-Resti sempre la benvenuta qui, anche quando non ci porti notizie. Ti
chiediamo solo di non confondere tutto ciò con l'amicizia.- intervenne
Peter. -Sarebbe imbarazzante per tutti.Rassegnata, la ragazzina andò a sedersi, passando una mano tra i
capelli arruffati. Dovette ammettere suo malgrado che i Wölfe avevano
ragione: lei era il loro informatore segreto e se qualcuno al di fuori ne
fosse venuto a conoscenza, non avrebbe esitato a eliminarla. E loro la
proteggevano da eventuali situazioni critiche.
Rimase assorta nelle proprie riflessioni, considerando i vari punti di
vista e per un attimo nella mente le transitarono le due cicatrici ai polsi di
Hilda. Se, da una parte, quella ragazza così bella le faceva pena ora che
aveva intuito qualcosa del suo passato, dall'altra le invidiava l'affetto che
le dimostrava Siegfried, quella specie di uomo di ghiaccio. Strano uomo
davvero! Per quel poco che lo conosceva, poteva affermare senza
ombra di dubbio che era meglio evitarlo come la peste nera. Mai fidarsi
di un tipo simile! pensò. In quattro anni che lo conosco, non l'ho mai
visto ridere e questo è un segno. Non è loquace, ma quando apre bocca
ti raggela e anche questo è un segno. Non sembra neppure umano: pare
costruito per essere esclusivamente una macchina di morte... Si direbbe
che sia lui il capo qui dentro...
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Lanciò un'occhiata veloce a Siegfried, che parlava distrattamente con
la sorella e notò qualcosa di strano nei suoi occhi: erano sì freddi e
taglienti come lame, eppure sembrava che una patina di dolcezza li
velasse quando guardava la sorella. Mentre osservava quella ragazza
così dolce, si chiese come, quel mostro, potesse avere una sorella simile.
È incredibile come siano diversi, constatò. Non sembrano neppure
fratelli. Tornò a sbirciare Siegfried e impallidì involontariamente. Der
Teufel, pensò. Non può essere altrimenti...
-Ok!- esclamò infine, attirando l'attenzione generale. -Ok. Continuiamo
così: io rinuncio alla vostra amicizia e voi mi proteggete in caso mi
scoprissero e volessero farmi fuori.Con un sospiro rassegnato accavallò le gambe, senza curarsi di
mostrare gli slip.
-Del resto,- continuò con tono tetro, -se non vi facessi più da informatore
o provassi a fregarvi, ci pensereste voi a rompermi il culo, giusto?-Noto con piacere che la tua mente inizia a recepire.- fu la tagliente
risposta di Siegfried.
Laura gli lanciò un'occhiataccia malevola, ma ritenne più saggio non
replicare.
Giocherellando con una grossa catena, Nik le chiese:
-Allora? Che ci dici oggi?Con noncuranza, Laura si versò un po' di birra in un bicchiere e ne
bevve un sorso. I Wölfe le si avvicinarono osservandola, attendendo che
parlasse e con modi seducenti lei passò la lingua sulle labbra e
socchiuse gli occhi dalle lunghe ciglia.
-L'avete fottuto bene, O'Keeffe!- esclamò poi, ridendo.
-Accidenti! Corrono le voci, eh?- sogghignò Mat mettendosi seduto
davanti a lei.
I Wölfe si lanciarono occhiate eloquenti e sghignazzarono, soddisfatti
del lavoro svolto.
-Potete stare tranquilli. La donna è sotto shock, ricoverata in ospedale.continuò Laura. -Da quello che ho sentito dire in giro, pare che i medici
abbiano decretato che è sbroccata persa. L'avete conciata proprio
bene!-Vedi cosa può fare la mano degli esperti?- proruppe Mohican con
ironico fare filosofico.
-Ma falla finita, scemo!- l'ammonì Stefan ridendo.
-Però O'Keeffe ha intenzione di vendicarsi.- li mise in guardia. -Non avrà
pace fin quando non avrà scoperto i colpevoli e sicuramente i suoi
sospetti ora cadono su di voi.-Davvero?! Lo sbirro vuole vendicarsi?! Cristo, che paura! Ora me la
faccio sotto!- scoppiò a ridere Mohican portandosi una mano alla fronte.
-Avrei voluto vedere la sua faccia di merda quando è rientrato a casa e
ha trovato la moglie strafottuta!- confessò Josh ridendo.
-Era un bocconcino niente male. Peccato per lei che se la faceva con un
piedipiatti.- commentò Saint Just fissando attentamente la lama del
proprio coltello.
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-Comunque,- li interruppe Laura alzando la voce,- a parte O'Keeffe, che
per ora non è un pericolo, ho saputo qualcosa su Al.A quelle parole tutti drizzarono le orecchie e anche Siegfried si
avvicinò al gruppetto, lasciando Hilda in uno stato di smarrimento e
orrore. Non le era stato difficile capire cosa avessero fatto a quella
povera donna e mentre ascoltava la conversazione era impallidita
visibilmente. Chiuse gli occhi senza riuscire ad aprire bocca, muta
testimone delle atrocità dei Wölfe e sospirò sconsolata.
-Cos'hai saputo su Alfred?- chiese Josh.
Ora nessuno più rideva o si scambiava frasi spiritose e la stanza era
piombata di nuovo nel più totale silenzio, mentre tutti si concentravano
su quello che diceva Laura.
-Se dovete agire, è meglio che lo facciate stasera stessa.- consigliò con
aria solenne, abbassando la voce come se avesse avuto timore di venir
udita da orecchie indiscrete. -È arrivato un tipo oltreoceano,
apparentemente pulito, che si incontrerà con i cervelloni di Al, domani,
per acquistare un grosso quantitativo di roba.-E allora?- insistette Josh.
-E allora... Stasera si incontrerà di nascosto con Alfred, per acquistare
da lui la roba che dice gli è stata rubata. Naturalmente, comprerà a
prezzo inferiore.- concluse con un sorriso soddisfatto.
Per un lungo attimo nessuno parlò e i Wölfe meditarono sulle
informazioni ricevute, mentre Hilda li osservava da lontano,
accarezzando Hols.
-Così, questo paraculo starebbe nel giro insieme ad Al per fregare
l'organizzazione.- chiarì Miles con disprezzo.
-E nessuno sospetta niente?- chiese Karl incredulo.
-Si direbbe di no. Alfred ha sempre sostenuto che siete stati voi a
fregargli la roba e i suoi capi gli credono.- rispose Laura.
-In parole spicce, lo straniero e Al saranno gli unici a guadagnarci,
mettendolo in culo all'organizzazione e lasciando noi nella merda. Fottuti
bastardi!- ruggì Peter con veemenza. -Questo proprio non mi va giù!-Già. Di tutta questa storia schifosa l'unica cosa che conti è che saremo
noi soli a lasciarci il culo.- rincarò Pat con stizza.
Mentre ognuno meditava sugli ultimi eventi, Hilda, sempre pallida,
seguiva la discussione senza comprenderne appieno il significato. Aveva
notato, però, che come Laura aveva nominato questo fantomatico Alfred,
i Wölfe si erano zittiti creando un'atmosfera di tensione e di rabbia.
Avevano parlato di droga e di organizzazione... Ma cosa c'entravano
loro?
Si mise a studiare il profilo del fratello, impassibile e imperscrutabile
come sempre e di nuovo avvertì quell'attrazione che la spingeva ad
accarezzarlo come aveva fatto da piccola, senza dare importanza alla
sua indole terribilmente inumana. Poteva essere crudele quanto voleva:
era suo fratello e basta. E gli sarebbe rimasta accanto qualsiasi cosa
fosse accaduta, perché solo con lui si sentiva al sicuro.
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Hols si mosse e lei lo accarezzò dolcemente, distraendosi dalle sue
riflessioni.
-Dobbiamo agire stasera.La grave voce di Josh ruppe il silenzio e tutti si lanciarono occhiate
eloquenti, fissando le armi posate sul tavolo.
-Bisogna farli fuori entrambi.- decretò Stefan, facendo brillare i suoi occhi
nocciola.
-Sì, mi pare l'unica soluzione possibile.- l'appoggiò Saint Just.
-Laura, sai dove si incontreranno?- domandò Karl.
-No, ma nel pomeriggio posso farvelo sapere con precisione.-L'ora e il luogo.- risuonò la voce di Siegfried.
Laura fece una smorfia e finì di bere la birra.
-Ok. Sarò puntuale.- rispose alzandosi.
Si avviò verso la porta, ma prima che la raggiungesse Karl le disse:
-Non farti beccare, schatz.Lei si rivoltò e sorrise maliziosa.
-Non preoccuparti, amore.Quando passò davanti a Hilda si fermò un attimo e la squadrò dalla
testa ai piedi con aria di sufficienza.
-Ciao, Laura.- la salutò con un sorriso.
-Tu sei il solo punto debole di Fried. Attenta a non farlo notare a occhi
indiscreti.- le mormorò con complicità. -Ci vediamo, tesoro.Confusa, Hilda la vide uscire senza più voltarsi indietro e si chiese
cosa avesse voluto dire. Posò i suoi occhi sul fratello e in quell'istante
percepì il pericolo...
~
Le era sembrato inevitabile che Siegfried le chiedesse spiegazioni
sulle cicatrici e, benché consapevole che avesse intuito, chiese:
-Secondo il tuo acume perché?-Mi pare ovvio, così com'è apparso a Laura e agli altri: suicidio.-Allora non comprendo la tua domanda. Mi sembra alquanto superflua,
visto e considerato che conosci già la risposta.- replicò giocherellando
con l'arco.
Dopo la visita di Laura, si era ritirata nella camera che i Wölfe le
avevano messo a disposizione, al primo piano della casa, rimuginando
sull'avvertimento ricevuto, considerandolo una pura e semplice verità
alla quale non aveva mai prestato attenzione. Siegfried le voleva bene e
chiunque avrebbe potuto notarlo, considerandola il suo tallone di Achille.
Per colpire lui, bastava che arrivassero a lei. Molto probabilmente i Wölfe
se ne erano già resi conto ma, forse, sottovalutavano quell'affetto,
sentimento inimmaginabile in uno come suo fratello. Troppo inesplicabile
e cinico per avere punti deboli.
Ma nessuno è perfetto, pensò.
-È successo dopo essere stata stuprata?- le chiese guardandola con
insistenza.
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Hilda sospirò e annuì debolmente, gli occhi sempre fissi sull'arco.
Percepì Siegfried inspirare appena e ciò la stupì.
-Non vivrà a lungo.- annunciò con tono deleterio.
Lei sussultò, ricordando quando le aveva accennato a Max e si
chiese come avesse fatto a capire.
-Che ne sai chi è stato?- chiese in un sussurro, voltandosi a guardarlo,
mentre se ne stava sdraiato indolente sul suo letto.
-Lo so.- rispose secco.
Quel tono di voce, che non lasciava presagire nulla di buono,
avrebbe dovuto sconvolgerla, invece rimase passiva, quasi indifferente.
Si meravigliò di quella sua calma e questo la portò a pensare a un
inevitabile cambiamento nel suo carattere.
-Cosa... pensi di fare con lui?- si azzardò a chiedere, dando per scontato
che sapesse della colpevolezza di Max.
-Te l'ho detto.- rispose posando lo sguardo tagliente su di lei. -Si pentirà.
Ammesso che gliene dia il tempo.-Ma non puoi uccidere tuo cugino...Siegfried rimase in silenzio, continuando a guardarla intensamente.
Hilda sgranò gli occhi e rabbrividì di fronte alla sua freddezza e provò a
leggere dietro quella maschera imperscrutabile e gelida. Certo, anche lei
aveva anelato alla vendetta, ma da qui a uccidere...
-Perché quel gesto sconsiderato?-Come?- chiese, distolta dalle sue riflessioni.
-Il suicidio.- spiegò Siegfried, con la pazienza di chi si sta riferendo a un
bambino.
Osservò la sorella chinare la testa e guardarsi le cicatrici. Non
riusciva a credere che avesse tentato un simile gesto, un gesto che, se
condotto a termine, gliel'avrebbe fatta perdere per sempre.
-Non so...- mormorò mordendosi le labbra. -Non so più neppure io
perché. Mi sentivo... sporca, umiliata e marchiata a vita. È stato un gesto
istintivo: vedevo la mia vita come un incubo senza fine. Ma tu non puoi
capire. Non sai come può sentirsi una donna dopo... dopo un'esperienza
simile.- concluse girandosi a guardarlo.
-Perché non riuscirei a capire?-Perché?!- esclamò indignata. -Ma perché gli uomini stanno dall'altra
parte, a divertirsi! Ecco perché!Siegfried lasciò vagare lo sguardo intorno a sé, quindi tornò a
studiarla, seduta sul bordo del letto con gli occhi che mandavano scintille
e l'arco posato sulle gambe.
-Quando ti arrabbi sei ancora più bella.- la stuzzicò.
-Non prendermi in giro!-Perché dovrei?- insistette accarezzandola con lo sguardo.
Stizzita, lei gli voltò le spalle, irrigidendosi per quella situazione
ambigua. Con gesto lento e studiato Siegfried si alzò e la fissò a lungo,
sentenziando:
-Max si è preso quello che era mio.Hilda sussultò e si voltò verso di lui, replicando:
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-Io non ti appartengo...Lo sguardo penetrante che Siegfried le lanciò la lasciò impietrita.
Hilda abbassò la testa, mentre le guance le si imporporavano. Rigirò
l'arco tra le mani, quindi con gesto nervoso lo posò e inspirò a fondo.
-Dagr... Siamo fratelli...- mormorò stupidamente.
-Se è solo questo a tormentarti, imparerai che non esiste piacere più
dolce del peccato.- le rispose sdraiandosi nuovamente sul letto. Avvicinati.Hilda scosse la testa, cercando di resistere all'impulso di abbracciarlo.
-Avvicinati, Kristall.- ordinò di nuovo.
Lei chiuse gli occhi e si arrese, ubbidendo a una forza interiore che
non riusciva a controllare. Senza accorgersene si ritrovò distesa su di lui
e ne percepì i muscoli tesi, pochi istanti prima di sentire le labbra di
Siegfried sulle sue, non più in un fuggevole bacio fraterno, ma in un
bacio che tradiva la lunga attesa. Con sgomento si accorse di
abbracciarlo e di ricambiare il suo bacio con un ardore e un desiderio
che non credeva di possedere.
Sentendola arrendevole, Siegfried si mosse per accarezzarle la
schiena, risalendo con lentezza fino ai capelli che intrecciò tra le dita,
trattenendola per la nuca. Era la sua prima vittoria e non protestò
quando Hilda si raddrizzò di scatto inorridita, fuggendo dalla stanza
come inseguita dal diavolo.
Cosa mi succede? pensò orripilata. Sto forse impazzendo? Io ho
baciato mio fratello! Mio fratello, Gesù! Devo essere impazzita!
Sconvolta si precipitò lungo le scale, andando a sbattere
violentemente contro Stefan, che la bloccò afferrandola per le spalle per
impedirle di cadere.
-Ehi, che cazzo ti è preso? Sembrerebbe che tu abbia visto un
fantasma!- la sfotté sorridendo.
-Oh, sì, divertiti pure, tu! Per quello che ne sai, il fantasma potrei averlo
visto davvero!- l'aggredì senza motivo.
Si divincolò dalla stretta lanciando scintille dagli occhi e con le
guance in fiamme respirò a fondo per ritrovare un po' della dignità persa
così miseramente.
-È successo qualcosa?- chiese Miles avvicinandosi alle scale con aria
preoccupata.
Hilda lanciò un'occhiata alla stanza a piano terra e benedì il cielo
perché gli altri erano tutti nel bunker. Stefan alzò le spalle e rispose
stizzito:
-E che cazzo ne so? È scesa che pareva una furia e dopo che per poco
mi mandava gambe all'aria, non ha trovato niente di meglio che
aggredirmi senza troppi complimenti!Miles aggrottò le sopracciglia e l'osservò in tralice, per accertarsi che
non fosse ammattita tutta insieme. Sotto quello sguardo scrutatore, lei
arrossì e gli fece una smorfia, redarguendolo duramente:
-Potresti anche spegnere quella maledetta radio, una buona volta!93
©MGL VALENTINI
L'interpellato si irrigidì e si rivoltò verso Stefan con una muta
domanda negli occhi. Questi scosse la testa e sogghignò alla sua
espressione attonita, fissando la radio che teneva sulla spalla a tutto
volume. Irritato e confuso, Miles si girò verso Hilda e le si avvicinò
minaccioso, gridandole in faccia:
-Cristo! Che cazzo ti ha fatto la mia radio?-Non la sopporto più!- urlò ancora più forte mentre stringeva i pugni.
-Ti ci metti pure tu ora a rompere i coglioni? Sono stufo di sentirmi dire
sempre le stesse cose, perdio! Io ascolto la radio quando cazzo voglio!
Sono stato chiaro stavolta?-Sei impossibile! Mai una volta che si riesca ad avere un attimo di pace!
Questa casa è un manicomio di per sé, senza che ti ci metti pure tu con
la tua stramaledetta musica rompitimpani! Spegnila!-Ah, questo è troppo! Non ricevo ordini da te, brutta stronza!Stefan scoppiò suo malgrado a ridere e si sistemò meglio per
gustarsi la scena, quando la voce beffarda di Siegfried risuonò sulle
scale:
-Lasciatela stare. Abbiamo avuto una divergenza di vedute.Tutti e tre alzarono contemporaneamente lo sguardo sulle scale e
Hilda, sentendosi turlupinare, ribatté con eccessiva veemenza:
-Brutto figlio di puttana! Va' a farti fottere, tu e il tuo insopportabile
sarcasmo!- e se ne andò stizzita.
Allibito, Miles si grattò una guancia e mormorò:
-Cazzo! Si comincia con i litigi in famiglia.-Cristo, che caratterino! È la prima volta che sento qualcuno apostrofare
così impunemente Fried.- esclamò Stefan incredulo.
-Lei è mia sorella.- replicò Siegfried raggiungendoli.
-Ti sei preso una bella gatta da pelare, eh, Dagr?- scherzò Miles.
Il ragazzo alzò le spalle con indifferenza e si sedette sul divano,
accendendosi una sigaretta. Tra sé e sé sorrise divertito e osservò i due
ragazzi ancora in piedi accanto alle scale.
-Bisogna avere pazienza con le donne.- commentò con noncuranza. Soprattutto se vuoi ottenere qualcosa.-
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Un gelido vento si era alzato nel tardo pomeriggio, avvolgendo la
borgata nella sua morsa micidiale. In lontananza si udiva un guaito triste
e disperato che faceva eco alla sorda voce di Eolo. Quella sera poca
gente aveva avuto l'ardire di uscire per le strade squallide e immonde e
pure gli animali selvatici si erano rintanati nei loro rifugi per sfuggire alla
furia degli elementi. Durante la notte, i pochi delinquenti che avevano
avuto il coraggio di sfidare quel vento gelido, erano stati favoriti a
perpetrare le più bestiali violenze dalle tenebre, rese ancor più scure
dalla nottata illune.
L'acuto suono di una sirena, accompagnato dal cupo rombare di una
macchina in corsa, ruppe per un attimo l'ululato del vento, per poi
spegnersi in lontananza, inghiottito anch'esso dalle tenebre.
In prossimità di un incrocio i Wölfe attendevano.
Silenti, ognuno perso in propri pensieri, avvolti in caldi giubbotti,
avvertivano fin dentro le viscere l'importanza dell'avvenimento. Il
fallimento dell'impresa avrebbe decretato la loro fine, perché
l'organizzazione non avrebbe tardato ad agire. Le vite di loro tutti
dipendevano da quella notte cupa e ne erano pienamente coscienti.
Malgrado ciò, sui volti non c'era ombra di nervosismo. Gli sguardi freddi
e determinati gareggiavano con il vento gelido che si abbatteva con
prepotenza su di loro.
Se l'informazione di Laura si fosse rivelata esatta, tra non molto
avrebbero incontrato gli uomini.
Appoggiato al muro di un edificio, Siegfried ascoltava l'ululato del
vento, trovandolo insufficientemente tetro: non era abbastanza per
quello che provava. Con la mano accarezzava distratto la canna della
pistola, riconoscendo l'assassino che albergava in lui che urlava di voler
venire alla luce.
Con distacco osservò gli amici appostati e per una frazione di
secondo l'immagine di Hilda transitò nella sua mente. Prima di allora mai
un pensiero estraneo l'aveva distratto e questo lo infastidì.
Chiuse gli occhi e con gesto meccanico scostò i capelli che il vento
gli ributtava contro il viso angelico.
Al suo fianco, Japaner si accese una sigaretta con la massima
indifferenza: quella sera si era tolto gli occhiali scuri e nei suoi occhi neri
si poteva leggere tutta la crudeltà che l’animava. Si voltò verso Siegfried
e lo fissò in silenzio. Anche gli altri iniziarono a lanciarsi occhiate
eloquenti, ma nessuno aprì bocca.
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Siegfried alzò gli occhi al cielo e in quel momento iniziò a cadere una
sottile pioggerellina tediosa. Pat sbirciò l'orologio, quindi annunciò:
-Ci siamo quasi.Josh controllò che la pistola fosse carica e il silenziatore al suo posto,
quindi posò lo sguardo sugli altri, lasciando chiaramente intendere di
stare all'erta. Trascorsero altri due minuti nel più totale silenzio, rotto
solo dal sibilo acuto del vento.
Di nuovo Siegfried pensò a Hilda. L'asfalto umido aveva rievocato
quel bacio così a lungo atteso e l'imbarazzo di lei lo divertì. Ripensò a
come era fuggita via sconvolta, con gli occhi spalancati per l'orrore.
Perché mai scappare da qualcosa di ineluttabile? si chiese. Tu sei una
donna, io un uomo: è ovvio e naturale che accada. Di cosa hai paura,
Kristall? Di me o della sciocchezza di essere fratelli?
Chiuse ancora una volta gli occhi sottili e penetranti, mentre col
pensiero accarezzava l'immagine di lei. Risentiva il sapore delle sue
labbra, la loro morbidezza e si convinse sempre più che un giorno, molto
presto, sarebbe stata in suo potere sotto ogni aspetto. E quel giorno
nessuno più l'avrebbe potuta staccare da lui.
L'unica cosa che aveva portato con sé, il giorno in cui era scappato di
casa, era stata la foto di Hilda. Era l'unica della famiglia che amasse:
aveva gioito alla morte dei suoi genitori e di fronte al dolore di Alan,
mentre aveva consolato lei in lacrime. Nonostante ciò non aveva mai
pensato di portarla con sé. Non l'avrebbe mai ammesso, il suo smisurato
orgoglio glielo impediva, ma durante gli anni trascorsi con i Wölfe aveva
sentito la sua mancanza. E la sera in cui Laura era andata a dirgli di
Hilda, si era sentito quasi in pace con se stesso. Aveva fatto inutili
pressioni su Max per sapere dove abitasse e nel frattempo aveva girato
per tutti i supermercati della città, nella speranza di trovarla. E quando
l'aveva vista per un attimo fuggire con il lupo, aveva provato
un'emozione così forte da lasciarlo senza fiato. Era stato un gioco da
ragazzi, poi, mandarle dietro Mohican per scoprire dove alloggiasse.
Io ti ho cresciuto, Kristall, ti ho plasmato come desideravo per farti
amare solo me e ora sei in mio potere. Ancora non lo sai, ma non puoi
vivere senza di me e quando te ne renderai conto sarà troppo tardi.
Sbirciò i suoi amici con distacco e sperò di non dover mai scegliere
tra loro e Hilda. Perché sapeva fin troppo bene che lei era troppo bella e
desiderabile perché non facesse nascere in loro sentimenti che
andassero oltre la semplice amicizia. Scrutò Peter, Saint Just, Josh, Mat;
li studiò tutti. Cosa farei? si chiese.
-Cristo!L'imprecazione stupita di Miles colse tutti di sorpresa e si voltarono a
guardarlo con aria interrogativa. Il ragazzo guardava in alto, con gli occhi
sgranati e Nik lo prese in giro dicendo:
-Hai visto un marziano?-Perdio! Sta nevicando.- mormorò Karl con stizza.
Grossi fiocchi planavano silenziosi, brillando sotto la luce dei pochi
lampioni che funzionavano e solo allora si resero conto che il vento era
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cessato. Siegfried osservò i fiocchi cristallizzarsi al terreno nonostante le
poche gocce d'acqua cadute in precedenza e capì che non si sarebbe
sciolta.
-È bella la neve.- commentò.
-Cazzate!- lo contraddisse Stefan con disprezzo. -Può essere bella il
primo giorno, ma poi ghiaccia e diventa pericolosa.-Basta così. È ora.- annunciò Pat dopo aver consultato l'orologio.
Sui volti di tutti tornò a predominare il cinismo, mentre controllavano
le strade intorno per accertarsi che non sopraggiungesse nessuno.
Come sempre prima di ogni escursione, Miles, il più giovane della
comitiva, alzò solennemente il braccio e recitò il loro motto di battaglia:
-Sopra di noi il cielo, sotto di noi la terra, di fronte a noi il nemico,
accanto a noi la spranga!Ognuno si piazzò al posto assegnato, pronti a scattare all'arrivo delle
macchine. Si appostarono dietro ogni muro, pistole alle mani e tutti i
sensi all'erta. Josh controllò ancora una volta, quindi si nascose a sua
volta.
Era giunto il loro momento.
~
Dal suo nascondiglio Siegfried poteva scorgere l'arrivo delle vetture
che avrebbero dovuto trasportare Alfred e il suo amico e al loro arrivo
avrebbe dovuto far segno ai compagni affinché si tenessero pronti.
Controllò che il silenziatore fosse a posto e il coltello in tasca del
giubbotto. Col volto impassibile si mise in attesa, come se stesse
aspettando l'arrivo di un amico e non due uomini da liquidare a sangue
freddo.
La neve continuava la sua discesa silenziosa, avvolgendo la strada in
un manto immacolato, indifferente a quanto sarebbe accaduto.
Trascorsero solo un paio di minuti, quando Siegfried vide in
lontananza i fari bassi di una macchina che sopraggiungeva cautamente.
Si voltò verso gli altri e per tre volte fece luce con l'accendino: il primo
segnale convenuto. La vettura si arrestò in prossimità dell'incrocio e il
conducente spense i fari e attese. Dopo pochi secondi Siegfried vide le
luci di un'altra macchina in arrivo e di nuovo ripeté il segnale. Quindi si
attaccò con le spalle al muro e caricò l'arma, rimanendo col braccio a
novanta gradi, pronto a scattare.
La seconda vettura si affiancò alla prima e dopo poco lo sportello si
aprì e ne scese un uomo che si avvicinò furtivamente alla prima
macchina. Appena salì sopra, i Wölfe uscirono dai loro nascondigli di
corsa e, mentre Karl, Peter, Japaner e Miles accerchiavano quella
rimasta con il solo conducente, gli altri si portarono presso la vettura
dove si trovavano Alfred e il suo compare straniero.
Il primo a cadere sotto i colpi delle armi fu l'uomo rimasto solo,
crivellato da una decina di proiettili; il secondo fu lo straniero, sul quale
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Josh scaricò l'intero caricatore. Con la velocità del fulmine, Stefan aprì lo
sportello dalla parte dove sedeva Alfred e gli puntò la pistola alla tempia.
-Scendi, pezzo di merda.- sibilò con stizza, agguantandolo per il bavero
del giaccone.
Smarrito e terrorizzato, l'uomo cercò con un ultimo disperato tentativo
di impugnare la propria pistola, ma Nik lo immobilizzò e lo minacciò
sogghignando:
-Fossi in te non ci penserei neppure per un istante.Fu tutto troppo veloce e imprevisto perché Alfred potesse capacitarsi
di quanto stava accadendo. In una frazione di secondo si era ritrovato
affiancato da cadaveri crivellati di colpi, col sangue che gli era schizzato
addosso, e trascinato a viva forza fuori dell’auto sotto la mira di quattro
pistole.
I Wölfe lo sbatterono con forza contro il muro di una casa, mentre
Josh gli si parava davanti con una valigetta e un sacchetto di polverina
bianca presa dalla macchina. Alfred sgranò gli occhi, denunciando
appieno il terrore che l'aveva attanagliato appena riconosciuti i suoi
giustizieri. Un tremito violento gli scosse il corpo, mentre fissava ora uno
ora l'altro. All'improvviso il silenzio tornò a regnare, reso ancor più
pesante e lugubre dal lento cadere della neve.
-Io... Io non... Voi non potete... È...- balbettò confuso.
La paura gli stringeva lo stomaco in una morsa asfissiante e
ansimava affannosamente per cercare l'aria che gli era venuta meno.
-Di' un po', stronzo: questa roba non dovevamo averla noi?- chiese Josh
con durezza, mostrando il sacchetto di eroina.
Alfred abbassò un attimo gli occhi su quanto gli veniva mostrato,
sentendo il sudore freddo bagnargli il corpo; quindi scosse la testa con
veemenza e provò a sorridere, riuscendo solo a fare una smorfia
grottesca.
-Ma Josh, come... come puoi pensare che io...-Stai calmo, Al.- lo beffeggiò Mohican.
L'uomo si voltò verso di lui, continuando a tremare convulsamente.
Quei volti dalle espressioni determinate e minacciose erano fin troppo
eloquenti, senza tener conto delle armi che brillavano nelle loro mani.
-Mohican, io...- lo supplicò alzando la voce. -Tu mi conosci bene, mi
conoscete tutti... Non ho mai detto che voi...-Certo!- tagliò corto Josh con un sorriso beffardo. -Era solo uno scherzo,
vero? Uno scherzo tra amici, non è così, figlio di puttana?A quel punto Siegfried si fece avanti e i Wölfe sogghignarono
all'espressione terrorizzata che fece l'uomo. Siegfried l'afferrò con
brutalità al mento e gli fece sbattere con violenza la testa contro il muro,
fissandolo con indifferenza. Alfred provò a divincolarsi, ma Nik e Stefan
lo tenevano saldamente per le braccia e lo lasciarono solo ad un cenno
di Siegfried.
-Il tuo errore,- iniziò con una calma glaciale, -è stato quello di
sottovalutarci. Noi siamo i Wölfe e neppure l'organizzazione si permette
di affrontarci senza prima essere più che sicura.98
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-Ma Teufel... Io non volevo che...- balbettò l'uomo impallidendo
maggiormente.
-Cosa non volevi?- ripeté sbattendogli di nuovo la testa contro il muro.
Lo scatto metallico dei coltelli ruppe il silenzio imposto dalla neve e
Alfred osservò Peter, Mat e Karl farsi avanti minacciosi.
-No! Non potete!- urlò disperato, cercando di liberarsi dalla presa di
Siegfried. -Io dirò... dirò che era tutta una burla per ridere, vi lascerò in
pace! Ma non potete farlo! Non potete!-Va bene, stronzo, non c’è bisogno che urli: non siamo sordi.- minacciò
Josh.
Siegfried fece un cenno ai suoi amici e questi si fermarono. Lasciò il
mento dell'uomo e lo fissò con i suoi occhi diafani.
-Andrai dai tuoi cervelloni e gli dirai la verità.- iniziò evasivo.
-Sì, certo! Lo farò, Teufel, glielo dirò! E non vi darò più fastidio d'ora in
avanti, promesso! Anzi: vi passerò il fumo senza che me lo chiediate! Va
bene? Va bene? Glielo dirò, Teufel, glielo dirò!-Ma io ne sono sicuro.- fu l’ambigua risposta.
I Wölfe sogghignarono, consapevoli a cosa si riferisse e Japaner
iniziò a giocherellare tetramente con la katana.
-Farò tutto quello che volete!- li assicurò l'uomo intravedendo una
possibilità di salvezza. -E... e potete anche tenervi la roba...-Non siamo coglioni. L'ero uccide e rende schiavi: noi non vogliamo
essere schiavi, né vogliamo crepare con un fottuto ago in vena.- sibilò
Karl sferrandogli un pugno nello stomaco.
Alfred sussultò e si accartocciò su se stesso soffocando un gemito di
dolore. Fu l'inizio di una lunga serie di pugni e calci assestati in ogni
parte del suo flaccido corpo, mentre la neve continuava la sua silenziosa
e inesorabile planata, posandosi dolcemente sui capelli e sui giubbotti.
Semisvenuto, Nik e Stefan lo rimisero in piedi che grondava sangue
dal naso e dalla bocca, dolorante su tutto il corpo e tumefatto in viso.
Disperato, Alfred respirò a fondo in cerca d'aria e aprì gli occhi cerchiati
e rossi, trovandosi davanti il volto impassibile di Siegfried.
Questi estrasse dalla tasca il coltello, lentamente, e lo portò
all'altezza degli occhi di Alfred, mormorando:
-Non apprezzo gli uomini che non sanno morire con dignità. Ma
certamente tu non hai la più pallida idea di cosa sia la dignità.L'uomo tirò su la testa e si sforzò di tenere gli occhi aperti per
guardare in faccia il suo interlocutore. Con il fiato corto e la poca voce
che gli era rimasta, sussurrò flebile:
-Mi sono sempre chiesto se... se tu fossi umano. Forse non sono io...
che non merito di vivere... Io posso gridare al vento che ho sentimenti,
che provo emozioni, che piango, che rido... che ho paura. Tu no, non
puoi farlo... Sei una macchina, Teufel e... sono certo che un mostro
simile non verrà mai più concepito...Siegfried lo guardò con indifferenza, mentre i Wölfe fissavano Alfred
increduli: non aveva mai mostrato tanto coraggio in vita sua. Di sottecchi
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sbirciarono Siegfried, nella sua mostruosa impassibilità di sempre, con i
lunghi capelli biondi che lo avvolgevano come un manto.
-Per questo sopravvivrò.- sentenziò glaciale.
Con mossa repentina gli afferrò una mano e con spietata freddezza
gli recise di netto due dita, che caddero sul soffice strato di neve. Il grido
dell'uomo squarciò le tenebre, seguito dai sogghigni divertiti dei Wölfe.
-Sappi morire.- intimò Siegfried.
-Maledetto bastardo figlio di cagna! Uccidimi, allora! Uccidimi, cazzo!gridò accecato dal dolore.
Siegfried lo fissò negli occhi, privo di espressione, quindi fece un
passo indietro per lasciarlo ai suoi amici e Mat si avvicinò alla vittima per
mettergli a forza un fazzoletto in bocca, mentre Japaner gli mozzava
l'intera mano già martoriata.
-Un vero uomo non grida.- lo beffeggiò Mat.
In preda al dolore e terrorizzato, Alfred scattò con violenza,
liberandosi di Nik e Stefan, tentando una fuga disperata. Ma con la
rapidità di un felino, Miles gli fu addosso e gli accoltellò una gamba,
facendo zampillare il sangue scuro che cadde confondendosi con il
candore della neve. Pat e Mat lo afferrarono per le braccia e uno ad uno
i Wölfe affondarono i coltelli nelle carni flaccide dell'uomo, deridendolo e
beffeggiandolo con sadismo. Oramai impazzito per il dolore, il volto di
Alfred era diventato una maschera orripilante dove non si distinguevano
più né gli occhi, né la bocca, né il naso: era un'unica forma indescrivibile
di orrore, ricoperta di rosso carminio, mentre il suo corpo grondava
sangue da ogni ferita.
Ridendo, Karl gli affondò il coltello nello stomaco, rigirandolo nel
taglio per poi squarciarlo in tutta la sua larghezza. In un attimo le viscere
dell'uomo rovinarono fuori, mostrando uno spettacolo raccapricciante.
Contorcendosi su se stesso, strisciando a terra, Alfred tentò in preda alla
follia di ricomporsi il ventre dilaniato, ma con crudeltà Saint Just gli
trattenne la mano sana e il moncherino, ridendogli in faccia.
Josh si voltò un attimo verso le macchine che portavano ancora i due
cadaveri e chiamò Peter e Japaner.
-Lavoratevi lo straniero.- ordinò.
Nel giro di pochi secondi il cadavere dell'uomo fu trascinato fuori della
vettura e depositato sulla neve e, mentre Peter lo teneva per i capelli,
con un colpo netto e potente Japaner gli mozzò la testa. Sorridendo,
Peter la lasciò rotolare a terra, insieme al resto del corpo, in uno
scempio di carne e sangue.
Nel frattempo Josh si avvicinò ad Alfred e gli recise la giugulare,
osservandolo mentre si muoveva ancora per pochi secondi. Appena
morto, Siegfried si fece dare la katana da Japaner e provvide a
decapitarlo, mentre la neve continuava a scendere silenziosa,
ricoprendo il sangue versato, come per purificare quel luogo maledetto.
~
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Un sospiro sfuggì dalle labbra di Hilda, mentre i suoi occhi si
posavano sull'arco. Quella mattina si era alzata di buon'ora per poterlo
provare e iniziare così a prenderci confidenza ma, appena messo il naso
fuori della porta, aveva capito subito che avrebbe dovuto rinunciare
all'idea.
Era rimasta stupita e attonita davanti a quel mare bianco che aveva
reso il desolato paesaggio simile a un ritratto del candido Natale. Strade
e marciapiedi erano diventati tutt'uno, così come i tetti delle case ora si
somigliavano tutti. Il prato, poi, sembrava uscito da un libro di fiabe
nordiche e tutto quel candore abbagliante l'aveva costretta a
socchiudere gli occhi. La neve aveva sempre avuto uno strano potere su
di lei, lasciandola malinconica e sconsolata, anche se adorava osservare
il paesaggio candido.
Al primo brivido di freddo era rientrata in casa e si era messa davanti
alla finestra, dilagando in ricordi tristi.
Per più di un'ora era rimasta immobile, con Hols accucciato ai suoi
piedi e i Wölfe che dormivano nelle camere al piano superiore. In quel
lasso di tempo si era soffermata a pensare a LA e si era ripromessa di
andare a trovarla quanto prima.
I passi di qualcuno che scendeva le scale la fece voltare di scatto col
cuore in gola, temendo si trattasse di Siegfried. Il ricordo di quanto era
successo il giorno prima la sconvolgeva ancora e per il momento non se
la sentiva di affrontare il fratello.
-Salve! Hai visto la neve?- la salutò Peter sorridendo.
Hilda sospirò sollevata e rispose:
-Ciao. Sì, l'ho vista. Deve aver nevicato tutta la notte per averne fatta
così tanta.-Vero.Il ragazzo sbirciò fuori della finestra e annuì pensieroso.
Hols si stiracchiò e gli andò vicino scodinzolando, lasciandosi
accarezzare con fare sornione.
-Ehi! Scommetto che la tua padrona non ti ha fatto ancora vedere quanta
roba c'è là fuori, vero?Per un po' giocò con il lupo, quindi si avvicinò all'angolo cottura e si
preparò un panino.
-Ne vuoi anche tu?- chiese gentilmente.
-Sì, grazie.- rispose Hilda raggiungendolo.
Osservò Peter mentre si dedicava all'arte culinaria, rabbrividendo alla
vista della cicatrice che gli deturpava il volto.
-Vi... Vi scontrate spesso con altri gruppi?- domandò con ostentata
sufficienza.
Il ragazzo fece un vago gesto con la mano e ribatté:
-Che cazzo di domanda! Quasi sempre.-E capita sovente che qualcuno si ferisca?-Sempre. Però noi abbiamo un codice d'onore, te l'avrà detto Josh. I
vincitori hanno la libertà di lasciare o togliere la vita ai vinti e succede
sempre che quest'ultimi vengano eliminati.- le spiegò senza staccare gli
101
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occhi dai panini che stava preparando. -Vedi, tutto questo può sembrare
strano, ma cosa accadrebbe se i vincitori lasciassero in vita i perdenti?
Gli altri gruppi non avrebbero più rispetto per loro, e i superstiti
agognerebbero la vendetta per i compagni caduti e si alleerebbero ad
altri gruppi al momento opportuno.-Oddio...- mormorò annichilita.
-E questo ti spaventa?- la beffeggiò alzando lo sguardo su di lei. -Il
nostro codice è giusto; te ne renderai conto. Punisce il tradimento e
l'inganno, la codardia e la debolezza. Se sono i morti a farti spavento,
credimi, ci farai l'abitudine. Ucciso il primo, il secondo non ti farà più
paura.Le porse il panino e lei lo prese con mano tremante, ancora troppo
scossa da quanto aveva appena udito. Peter andò a sedersi e chiamò
Hols, che gli corse al fianco felice. Hilda lo vide accarezzare il lupo
argentato e sorridergli con un sorriso dolce e si chiese come fosse
possibile essere così spietati e insensibili. È un abominio! pensò. È la
cosa più ingiusta che abbia mai udito! Codice d'onore? È solamente un
mostruoso pretesto per essere elevati a titolo di giustizieri e rimanere
impuniti! È deplorevole e inumano! Come ci si può ergere a giudice e
decidere di una vita? È assurdo!
Scosse la testa e fissò il panino che aveva in mano, mordendosi le
labbra. No, non ho il diritto neppure io di giudicare e accusare.
Raddrizzò le spalle e si avvicinò a Peter, chiedendo:
-E chi vi cura le ferite?Il ragazzo addentò il panino e annuì distratto.
-Uh! Ci arrangiamo da soli.Lei tornò a guardare la cicatrice sul suo volto magro e sospirò
constatando:
-Si vede.Peter alzò gli occhi dal proprio pranzo e la fissò con freddezza,
sibilando tra i denti:
-La vita non è facile per noi.-Scusami, non era mia intenzione offenderti.- si difese.
Il ragazzo continuò a fissarla ancora un attimo, quindi si rasserenò e
tornò a gustarsi il panino. Con un'alzata di spalle Hilda seguì il suo
esempio e una volta terminato il frugale pasto in religioso silenzio, gli
chiese se volesse il caffè.
-Se ne è rimasto, volentieri.- rispose lui accarezzando Hols.
Hilda controllò l'armadietto a muro, senza trovare alcuna traccia di
caffè.
-Niente da fare. Bisognerà ricomprarlo.- annunciò sconsolata.
-Stronzate!- replicò Peter ridendo. -Se manca ce l'andremo a prendere.
Ricorda: noi non compriamo, prendiamo e basta.Lei lo guardò incredula, quindi si mise a ridere e rifiutò la sigaretta
che le veniva offerta. Il ragazzo aspirò il fumo e chiese con indifferenza:
-Di' un po': hai ancora intenzione di farti fuori?102
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Senza più ridere, lei lo fissò impallidendo, sebbene quella domanda
non giungesse inaspettata. Abbozzò un lieve sorriso e rispose:
-Certo che no.-Ok. Così va meglio.Peter continuò a fumarsi la sigaretta, considerando chiuso
l'argomento, ma lei non volle tacere. Era giunto il momento di sapere se i
Wölfe l'accettavano per quello che era.
-Cosa conoscete del mio passato? Voglio dire... Sono qui da alcune
settimane e mi avete accolta come una di voi, senza chiedermi niente.
Perché?-Sei la sorella di Fried. Questo basta.- rispose alzando le spalle.
-Ma avete capito cosa... cosa mi è successo, vero? Oltre alle cicatrici,
intendo.Peter osservò Hols e sorrise enigmatico.
-Perché vuoi umiliarti?- domandò con estrema calma.
Hilda divenne cerea e si appoggiò allo schienale della sedia. Dunque
sapevano! Sapevano e non le avevano detto niente!
-Il tuo segreto non è un mistero qui.- continuò sbirciandola.
Lei chiuse gli occhi inorridendo e un nodo le si formò in gola. Con
grande sforzo ricacciò indietro le lacrime e si portò una mano alla tempia.
Come dovevano averla derisa! Sentiva nelle orecchie le loro risate
sghignazzanti e i loro commenti sarcastici, bollandola come ragazza
facile, che si era cercata quello che le era accaduto. Oddio! pensò
angosciata. Come farò ora ad avere la forza di guardarli nuovamente in
faccia?
-Non preoccuparti.- la rassicurò Peter posandole una mano sulla spalla.
-Sai, per noi è facile intuire quando una donna... Be’, sì, anche se lei non
ne parla. Ecco, io forse non posso comprendere a fondo il tuo dolore,
però posso assicurarti che qui nessuno di noi ti considera... diversa...
Sono cose che... Cristo!- sbottò irritato con se stesso, facendo alcuni
passi per la stanza. -Io queste cose non le so dire, perdio! Non le ho mai
dette prima d'ora!Si passò una mano tra i capelli e sbuffò. Sorpresa, Hilda alzò gli
occhi su di lui, non riuscendo a credere che fosse più imbarazzato di lei.
Com'è possibile? si chiese. È più nervoso lui di me... Non dovrebbe
essere così...
Rimase a fissarlo a lungo, attonita e incredula, quindi, facendosi
coraggio, chiese:
-Vuoi dire che... che per voi il mio passato non conta?Con stizza Peter spense la sigaretta e voltò le spalle, dopo averle
lanciato un'occhiataccia. Imprecò mentalmente e si domandò perché
non capisse che a loro non interessava un accidenti di ciò che le era
successo.
-Perché vuoi rivangare il passato?- grugnì. -Quello che è stato è stato, a
noi non frega un cazzo.Si avvicinò alla finestra e osservò la neve, mettendo le mani nelle
tasche dei jeans. Non ci voleva questa nevicata, pensò con stizza. Ora
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inizierà a gelare e camminare per le strade diventerà un pericolo, per
non parlare del freddo. Maledizione! Da anni non nevicava e le cose
andavano meglio. Aggrottò le sopracciglia e scosse la testa, facendo
danzare i capelli intorno al volto. Solo a Fried piace la neve. E perché
non dovrebbe? Cristo! In fondo sono ambedue uguali.
Inspirò a fondo e si rivoltò di nuovo verso Hilda, dicendole con
pazienza:
-A noi il tuo passato non interessa. Quello che conta è che ora sei un
Wolf. Spero di essermi spiegato, perché questa conversazione inizia a
farmi girare i coglioni.Hilda lo guardò interdetta, analizzando le sue parole; poi capì. I Wölfe
l'avevano accettata per quello che era, senza riserve, anche se
sapevano. E non era questo che aveva sempre sperato di trovare un
giorno? Poter parlare di se stessa senza timore di venire calunniata e
giudicata, bensì accettata solo per quello che era. E lì, con i Wölfe,
poteva ritrovare una vita normale senza più l'incubo della verità. Lì
nessuno l'avrebbe accusata, nessuno l'avrebbe scrutata, nessuno
l'avrebbe fatta sentire un rifiuto.
Sorrise osservando il volto di Peter, pensando di aver trovato
finalmente una famiglia dove le volevano bene e dopo tanto tempo i suoi
occhi tornarono a brillare di felicità. I Wölfe capivano e non giudicavano.
All’improvviso si mise a ridere e Peter la scrutò pensieroso, non
riuscendo a comprendere tanta ilarità. Con grande sforzo Hilda riuscì a
tornare seria e disse:
-Scusa se rido, ma oggi mi hai ridato la serenità e la gioia di vivere. È
come se... Come se il fardello che ho dovuto portare si fosse alleggerito
in un attimo, rendendomi la libertà. Ti ringrazio.Si avvicinò e gli posò un lieve bacio sulle labbra, lasciandolo
annichilito; quindi si avvicinò a Hols e l'accarezzò dolcemente. Peter
pensava che fosse impazzita? Forse. Ma lui non poteva capire che,
grazie alle sue parole, le ombre del passato non sarebbero più tornate a
torturarla. Mio caro Hols, questo è l'inizio della mia nuova vita e voglio
godermela come non ho mai potuto fare fino ad ora. Al diavolo i
pregiudizi della gente perbene! Sono questi ragazzi che mi stanno
rendendo la felicità ed io non voglio deluderli: sono un Wolf e spero di
renderli orgogliosi di me.
Osservò gli occhi gialli e obliqui del lupo e sospirò appena.
-Ehi, Peter!- esclamò Saint Just scendendo dalle scale. -Che cazzo ti è
successo? Hai una faccia stamattina...!L'interpellato, che era rimasto a fissare Hilda con espressione
trasecolata, alzò la testa e si scosse, recuperando la solita indifferenza.
-Ah, sei tu.-Ma no! Che dici? Sono il mio fantasma!- lo sfotté ridendo.
-Bonjour, Saint Just!- salutò Hilda sfoggiando il sorriso più affascinante
che aveva.
-Cristo! Non ho mai ricevuto un buongiorno così stupendo e allettante! È
successo qualcosa?- chiese osservando ora uno ora l'altra.
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Hilda gli si avvicinò seria e gli domandò a bruciapelo, additandolo:
-Per te sono una ragazza normale? Anche se conosci il mio passato?Saint Just fece un passo indietro, fissandola sbalordito, quindi si
rivolse verso Peter, il quale alzò le spalle esasperato.
-Allora?- insistette lei portando le mani sui fianchi.
-Mais oui… Certo che sei normale. Anche se in questo momento dubito
delle tue piene facoltà mentali.-Vedi? Vedi? Sono felice per questo!- esclamò tornando a ridere.
Il ragazzo si grattò il mento pensieroso e la fissò accigliato. Era
impazzita? Si rivoltò verso Peter e domandò:
-Ehi, è successo lo stesso anche con te?-Che hai fatto, Saint Just?- lo scimmiottò scoppiando a ridere. -Hai una
faccia stamattina...!Il ragazzo si mise a ridere con lui, mentre Hols li guardava senza
capire.
-Piano! Ridete piano o sveglierete tutti!- li ammonì lei.
-Sarebbe anche ora che alzassero il culo, quei poltroni!- esclamò Peter
gettando un'occhiata alle scale.
Saint Just accese uno spinello e si sedette al tavolo, mentre Hilda si
dava da fare per preparargli qualcosa da mangiare. Peter sedette
accanto a lui e disse:
-In mattinata verrà Laura a darci la notizia.-Chissà la faccia che avranno fatto i cervelloni alla vista dei regali!- rise
l'altro.
-Quella sì che era una scena da non perdersi!-Sicuramente Laura ci racconterà tutto nei minimi particolari.Peter annuì e il suo sguardo cadde sull'arco posato su una sedia
accanto alla finestra.
-Ehi, Hilda! L'hai già provato?- chiese ammiccando.
Questa si avvicinò porgendo un panino a Saint Just e rispose:
-No, non ancora. Ma voglio farlo appena mi sarà possibile.-È una bella arma. Ha scelto bene Dagr.Hilda arrossì lievemente ripensando al fratello. Anche se faceva di
tutto per dimenticare, il ricordo del bacio era ancora vivo e terribilmente
reale. E se i Wölfe si fossero accorti di qualcosa?
Un deciso colpo alla porta l'aiutò a non precipitare in ricordi piacevoli
e strazianti al contempo, mentre Saint Just e Peter balzavano di scatto
dalle sedie, fissandosi un attimo negli occhi; quindi il primo si avvicinò
alla porta col coltello in mano e chiese:
-Chi è?Hilda si portò accanto a Hols, intimorita dalle reazioni immediate dei
due ragazzi e pregò affinché non si trattasse della polizia.
-Sono venuto per parlare con Hilda Wild. Aprite.- si udì in risposta.
Lei sgranò gli occhi, incredula, mentre Peter e Saint Just si
lanciavano un'occhiata significativa. Con il cuore in gola, Hilda riconobbe
la voce di Alan, tuttavia non riuscì ad aprir bocca per lo stupore. Peter si
avvicinò quatto alla finestra e sbirciò fuori.
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©MGL VALENTINI
-Sono in due e non sembrano sbirri.- avvisò.
-Chi cazzo saranno? E come fanno a conoscere Hilda?- sbottò Saint
Just.
Alan bussò di nuovo gridando:
-Aprite! Devo vedere mia sorella!-Sorella?- ripeté Peter annichilito, voltandosi di scatto verso di lei.
Questa si morse le labbra, pallida come un cadavere e abbassò la
testa.
-È Alan, mio fratello.- confermò con un filo di voce.
Dopo il primo attimo di smarrimento, Saint Just le chiese:
-Cosa vuoi che faccia?Lei non rispose subito. Perché Alan era arrivato fin lì? Cosa voleva
da lei? Riprendersela? Mai! Non se ne sarebbe andata mai e poi mai da
lì! E con chi era venuto? Come aveva fatto a scoprire dove si era
rifugiata?
Sospirò e osservò l'arco che le aveva regalato Siegfried. Alzò risoluta
la testa e fece un cenno a Saint Just. Non si sarebbe tirata indietro:
l'avrebbe affrontato con decisione e fermezza, come Siegfried affrontava
ogni problema.
Alan entrò per primo, con un'espressione rabbiosa e piena di boria,
seguito da Max, visibilmente terrorizzato. Hilda lo fissò con odio,
impreparata a trovarselo ancora una volta davanti agli occhi e
nuovamente avvertì la sgradevole sensazione che la spingeva a
ucciderlo.
Peter e Saint Just si pararono davanti a loro con i coltelli in mano e
ordinarono di sedersi, mentre questi impallidivano sotto la minaccia delle
armi. Poi Alan fissò la sorella, che se ne stava in piedi davanti a loro con
evidente disprezzo.
Fiera della propria posizione, Hilda li osservò con freddo distacco,
fino a quando il ricordo delle parole di Siegfried le rimbombò tremendo e
letale nelle orecchie: Max dovrà pagare...
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©MGL VALENTINI
Alan sentì la lama del coltello posata sul proprio collo e la freddezza
di quel metallo lo fece rabbrividire. Alle sue spalle, Peter aveva dipinta
sul volto una freddezza non inferiore alla lama del suo coltello, con la
quale lasciava chiaramente intendere che lasciargli o togliergli la vita non
faceva la minima differenza per lui.
Saint Just, a sua volta, fissava Max con ostilità e anche se non lo
teneva sotto la mira diretta del coltello, era sempre pronto a balzargli
addosso e finirlo con un solo colpo.
Sorridendo soddisfatta tra sé e sé, Hilda si gustava la scena con
sadismo, soprattutto si gongolava nel vedere il terrore riflesso sul volto
del cugino. Ma quella paura le ricordò vagamente la propria vissuta
quella lontana domenica mattina e allora non sorrise più. Sarebbe stato
così facile fare un cenno ai suoi amici per vederlo morire davanti ai suoi
occhi...! Oh, sì! Facile e giusto...
Se ne stava in piedi accanto alla scala che conduceva alle camere di
sopra, lontana dalla botola del bunker, appoggiata con noncuranza al
muro, a una certa distanza dal centro della stanza dove si trovava il
tavolo al quale Alan e Max erano stati costretti a sedere dai loro angeli
custodi. Sul divano accanto alla finestra Hols se ne stava accucciato,
con gli occhi puntati su Alan. Avete paura? si domandò Hilda. Sì, ne
avete e molta pure. Ma con Peter e Saint Just non oserete avvicinarvi a
me.
-Chi siete? Che cazzo siete venuti a fare?- chiese Saint Just con
freddezza.
Alan si mosse, innervosito dal coltello poggiato contro il suo pomo
d'Adamo e Peter sogghignò divertito.
-Rispondi, stronzo.- gli intimò e parve più una minaccia che un ordine.
Attento a non muovere troppo la testa per non tagliarsi, il ragazzo
rispose:
-Se scansi un po' il coltello...-Che c'è? Ti caghi sotto per un taglietto?- lo sfotté Saint Just.
Per un attimo il silenzio tornò a regnare incontrastato, mentre Alan
lanciava un'occhiata al cugino e in quell'istante alcune voci giunsero dal
piano superiore, spezzando la tensione che si stava facendo palpabile.
-Pensi che durerà molto questa neve?- chiese Stefan.
-Naturale. Con tutta quella che è venuta giù stanotte, sono pronto a
scommetterci le palle che durerà un mese, forse più.- rispose la voce
baritonale di Pat.
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©MGL VALENTINI
-Vero. Proprio stanotte!- sogghignò. -Speriamo che Laura arrivi presto
per raccon...L'ultima frase gli morì in gola appena ebbe gettato uno sguardo nella
stanza di sotto. Si girò verso Pat, scambiando con lui un'occhiata
interrogativa, quindi saltò gli scalini tre a tre e si avvicinò al tavolo.
-Che cazzo sta succedendo? Chi sono questi due... coglioni?- chiese
con freddezza, dopo averli giudicati al primo sguardo.
-Glielo stavamo chiedendo.- rispose Peter con tono elusivo. -Pare che
uno di loro sia il fratello di Hilda.Stefan si voltò verso di lei e osservò Pat, rimastole al fianco. Dal
canto loro, Alan e Max erano impalliditi visibilmente alla vista di quel
gigante dall'aria crudele e spietata e notarono con disappunto come
Hilda gli stesse vicino senza timore. Già averla vista con quegli
indumenti addosso li aveva sorpresi e meravigliati, ma ora, vedere come
si lasciava difendere con fiducia da quei mostri, li lasciò sgomenti e
attoniti.
-Sì.- rispose lei con indifferenza. -Quello vicino a Peter è mio fratello
Alan, mentre l'altro è mio cugino Max.-E che cazzo sono venuti a fare qui?- continuò Stefan con voce gelida.
Lei alzò le spalle e rispose evasiva:
-Non ne ho la più pallida idea.Stefan si voltò verso i due ragazzi e fece segno a Peter di scansare
l'arma. Liberato da quel peso, Alan si schiarì la gola e li guardò con
disprezzo. Avvertiva la tensione che aleggiava nell'aria, tuttavia pareva
che nessuno di quei teppisti avesse la benché minima voglia di
dissolverla. Con Pat al fianco, Hilda seguiva la scena con tutti i muscoli
tesi fino allo spasimo e dalle espressioni dei volti di Alan e di Max capì di
non essere la sola ad avere tutti i sensi all'erta. Suo fratello, a dispetto
del pallore, era abbastanza padrone di sé, certo della propria forza di
persuasione e del proprio fascino; suo cugino, invece, era più simile a un
cadavere: oltre agli occhi sgranati e al pallore esangue, tremava
convulsamente, girando lo sguardo intorno a sé, fissando con terrore le
lame dei coltelli che brillavano nelle mani dei Wölfe. Non l'aveva mai
visto in quelle condizioni. Forse, al contrario del cugino, Max percepiva a
fondo il pericolo che entrambi stavano correndo.
-Posso spiegare perché sono qui.- iniziò Alan con malcelato disprezzo.
-Allora sputa.- lo incitò Pat da lontano con un accenno di insofferenza.
Alan si agitò sulla sedia, scandalizzato da quel modo di esprimersi e
fece il gesto di alzarsi, ma Peter lo ributtò a sedere con forza, senza tanti
complimenti, facendolo sbattere contro lo schienale della sedia. Alan lo
fissò torvo, quindi disse:
-Bene. Visto che siete gente che va subito al sodo, è presto detto:
rivoglio mia sorella.Hilda rimase immobile, quasi la cosa non la riguardasse affatto. Con
un gesto chiamò Hols, che le corse al fianco e l'accarezzò con dolcezza,
lasciando chiaramente capire a tutti che non intendeva in nessun modo
seguire il fratello.
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-Pat, va' a chiamare Josh.- ordinò Saint Just.
-Cosa significa "rivoglio mia sorella"?- biascicò Stefan piantandosi
davanti al ragazzo.
-Significa,- spiegò con stizza, -che Hilda mi è stata rapita e costretta a
una vita... putrida e che ora intendo riportarla a casa sua, dove è giusto
che stia.L'insulto fu recepito con violenza e i Wölfe si irrigidirono, serrando le
armi nella mani. Stefan abbozzò un pallido sorriso e continuò
l'interrogatorio con falsa indifferenza:
-Se è come dici, perché non ti sei fatto vivo prima?-Perché solo ieri sera ho scoperto dove era stata portata.- rispose
girando lo sguardo con disprezzo intorno alla stanza.
-E neppure la neve ti ha fermato?- lo sfotté.
Alan non si curò di rispondere, recuperando a poco a poco la propria
sicurezza. Hilda l'osservò con attenzione, sorridendo: lui, così
schizzinoso, che parlava con i Wölfe! Incredibile! pensò. Il tuo orgoglio
sta ricevendo un duro colpo, vero? Abbassarti a tanto...!
-Avrei potuto chiamare la polizia, ma non l'ho fatto.- continuò, come se,
mostrarsi padrone di sé, avesse potuto metterlo al sicuro. -Ho preferito
evitare la pubblicità negativa che sicuramente se ne sarebbe fatta e così
sono venuto di persona.-Stronzate! E ti serviva l'accompagnatore?- lo beffeggiò Stefan
sogghignando diabolico, voltandosi verso Max, ancora preda del terrore.
-È lui che ha tenuto i... contatti, per così dire, con mio fratello.-Sicché, tu saresti il famoso cugino di Fried.- commentò Saint Just
studiandolo con attenzione.
Sotto quello sguardo scrutatore, il ragazzo chinò ancor più
mestamente la testa, impallidendo come un fantasma. In quel momento
invidiò la sicurezza di Alan e lo sbirciò con la coda dell'occhio.
Un mezzo sorriso demoniaco incurvò le labbra piene di Hilda, senza
che se ne rendesse conto. Le dava un senso incredibile di gioia veder
tremare il cugino e mentre continuava ad accarezzare Hols intuì che il
momento della vendetta non era lontano.
Saint Just sghignazzò davanti al terrore di Max, mentre Peter si
divertiva a giocherellare con le sue treccine, indifferente a quanto
accadeva intorno a sé. Fuori stava ricominciando a nevicare e Hilda
avanzò fino alla finestra per gustarsi lo scenario fiabesco che circondava
la casa.
-Benissimo.- riprese Alan fissando la sorella. -Non mi resta altro da fare
che obbligare Hilda a lasciare questo marciume e tutto sarà
dimenticato.-Facile, eh?- replicò Stefan con sarcasmo, accarezzandosi
distrattamente la barba.
-Ma quant'è bella la vita, eh?- lo sfotté Peter sogghignando. -Credere,
obbedire e combattere: ottima filosofia la tua. Peccato che tu non ti
chiami Benito, perché qui non farà presa su nessuno.109
©MGL VALENTINI
Hilda sorrise, continuando a osservare il paesaggio, contenta che
quei ragazzi la stessero difendendo a spada tratta e si rese conto solo
allora che i Wölfe le si erano affezionati e la proteggevano proprio come
aveva previsto Siegfried. Che stupida sono stata ad avere tante paure!
pensò. Ho dubitato delle parole di mio fratello e lui mi ha mostrato
ancora una volta di avere ragione.
-Cosa succede qui?La voce imperiosa di Josh fece voltare tutti. Con lui stavano
scendendo le scale anche Pat, Nik e Karl, visibilmente contrariati da
quella visita inattesa. L'occhiata che Max lanciò ad Alan fu di puro
terrore e questi, a sua volta, iniziò a domandarsi quanti ce ne fossero
ancora al piano superiore, mentre sentiva tutta la sicurezza iniziale
iniziare a vacillare.
Con poche parole Stefan mise Josh al corrente della situazione,
mentre Nik si avvicinava a Peter, scrutando i due intrusi. Karl si portò al
fianco di Hilda e le chiese premuroso:
-Tutto ok?-Tutto ok.- rispose con un sorriso sereno.
Josh studiò a lungo i due ragazzi seduti dietro il tavolo, percependo
l'arroganza di uno e la paura dell'altro, quindi posò gli occhi su Alan e
con estrema calma si accese una sigaretta prima di esordire con voce
gelida:
-Non vedo cosa vi trattiene dal continuare a romperci i coglioni, visto che
non gradiamo la vostra presenza.-Io sono venuto solo per ripren...-So bene perché cazzo sei venuto fin qui.- tagliò corto con eccessiva
durezza, fissandolo negli occhi.
Quindi si voltò verso Hilda e le fece un cenno con la testa. Lei sorrise,
malgrado i suoi occhi rimanessero di ghiaccio e rispose alla muta
domanda:
-Sono un Wolf e intendo rimanerlo.Le labbra di Josh si piegarono in un sorriso satanico quando tornò a
fissare Alan con alterigia.
-Hai udito? È la risposta che cercavi: ora vedi di alzare il culo e di
sparire: non amiamo gli scassacazzi.-Neanche per sogno!- sbottò con veemenza. -Hilda verrà via con me,
ora! E se non lo farà mi rivolgerò alla polizia!Sbuffando esasperato, già irritato per essere stato buttato giù dal
letto di buon'ora, si sedette sul tavolo e l'agguantò per il bavero del
giubbotto, scuotendolo con eccessiva durezza.
-Sturati le orecchie e stammi a sentire bene, pezzo di merda! Hai
commesso il primo errore a venire qui, per giunta accompagnato da
questo imbecille,- disse ammiccando verso Max, -hai fatto il secondo
errore credendo che qui avresti potuto fare i cazzi tuoi e hai commesso il
terzo errore pronunciando gli sbirri. Se sei ancora vivo, insieme a questo
ebete che ti porti dietro come un leccaculo, è solo per rispetto a Hilda
che è tua sorella. Ma ora basta. Hai sputato sentenze a destra e manca
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©MGL VALENTINI
per troppo tempo. Ti suggerisco di squagliarti prima che mi dimentichi le
buone maniere e ti rompa il culo. Sono stato chiaro?Un brivido percorse il corpo di Alan, che fissava il volto duro e privo di
scrupoli di Josh e intuì che stava parlando seriamente. Solo in quel
momento prese piena coscienza della sua posizione e del pericolo che
stava correndo: ma era troppo tardi per tirarsi indietro.
Siegfried l'aveva ferito nell'orgoglio portando via Hilda e aveva giurato
che prima o poi l'avrebbe ripagato con la stessa moneta, andandosi a
riprendere la sorella che tanto amava. Tuttavia non si era immaginato,
nel momento in cui aveva messo piede nel covo dei Wölfe, che si
sarebbe ritrovato a combattere contro una masnada così crudele e
decisa a non restituirgli sua sorella.
Ora, osservando l'espressione gelida del viso di Josh, si domandò
cosa sarebbe stato di lei. Voltò leggermente la testa e la vide prendere in
mano un arco con un sorriso di trionfo dipinto sulle labbra. Rabbrividì e
sbatté gli occhi. No, non era possibile! Hilda aveva sempre odiato le armi
e la violenza. Era dolce, buona, generosa... Possibile che la vicinanza di
quei teppisti, soprattutto di Siegfried, l'avesse cambiata a tal punto?
Aveva notato con stupore la freddezza che emanavano i suoi occhi, lo
strano sorriso che le piegava la bocca, il portamento di gelido distacco...
Com'è possibile un cambiamento simile? si chiese. A meno che... A
mano che non sia stato talmente cieco da non capire che era uguale a
Siegfried!
Sgranò gli occhi per l'orrore che gli procurò quel pensiero e Josh lo
ributtò con violenza contro la sedia, sogghignando malignamente.
In quell'istante sulle scale comparvero i restanti Wölfe.
Insieme a Mohican, che ancora sbadigliava per il sonno, Japaner,
Miles e Mat, c'era pure Siegfried, con i lunghi capelli biondi sempre in
ordine e pettinati. Si stava legando una fascetta bianca sulla fronte,
quando i suoi occhi magnetici si posarono su Alan. Questi parve non
riconoscerlo subito, ma Max impallidì visibilmente e diede l'impressione,
appena lo scorse, di svenire da un momento all'altro.
-Ehilà! Abbiamo rompipalle, a quanto pare!- esclamò Mohican
reprimendo l'ennesimo sbadiglio.
Alan alzò la testa e guardò sgomento i cinque ragazzi che
avanzavano verso di loro. Mentalmente iniziò a pregare perché non ne
apparissero altri e in quell'attimo il suo sguardo fu catturato da due occhi
chiari e da una cascata brillante di capelli platinati. E come Max, impallidì
visibilmente...
~
Hilda osservò Siegfried avanzare verso di lei e si chiese dove mai
trovasse tanta padronanza di nervi. Pochi istanti prima, se i suoi occhi
avessero potuto, avrebbero incenerito con uno sguardo sia Alan che
Max; ma era stato solo un attimo. Aveva riacquistato subito la solita
maschera di gelida indifferenza, lasciandola sbigottita e senza parole.
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©MGL VALENTINI
Alcune ciocche dei suoi capelli risplendevano come una cascata di
argento liquido e ne rimase affascinata suo malgrado, mentre ricambiava
il sorriso che lui le rivolgeva. Col movimento più naturale del mondo,
Siegfried le passò un braccio intorno alla vita stringendola a sé e con
l'altra mano le sollevò il mento, chinandosi poi a baciarle le labbra.
Quel semplice gesto fece scandalizzare Max, mentre Alan stringeva i
pugni per non saltare addosso al fratello. Benché quelle scene affettuose
si fossero ripetute con facilità quando erano piccoli, ora non riusciva più
ad accettarle. Comprendeva che l'età per simili effusioni era passata e
che ora erano inammissibili. Tra fratelli, almeno.
Se i Wölfe rimasero stupefatti da quel gesto così intimo, non lo
diedero a vedere e ciò contribuì a renderlo ancor più furioso. Maledetti
bastardi! imprecò con stizza. Sareste capaci di istigarli all'incesto col
vostro comportamento indifferente!
Quello che più gli risultava difficile da accettare, era il fatto di trovarsi
davanti un odiato fratello che era diventato un uomo affascinante e
attraente. Il suo narcisismo accusò un duro colpo perché, al confronto,
lui appariva insignificante e tremendamente goffo. Un boccone amaro
che il suo alter ego rifiutava di mandar giù.
Con odio viscerale lo vide accendersi una sigaretta e ne studiò il
fisico atletico e lo maledisse per l'ennesima volta.
Sentendo la tensione crescere, Josh si avvicinò a Siegfried e gli fece
cenno con il capo. Con studiata lentezza il ragazzo voltò la testa e fissò
Alan con indifferenza.
C'era un silenzio pesante nella stanza mentre Josh gli spiegava in un
sussurro quello che era accaduto. Questi non staccò un solo attimo gli
occhi dal fratello e terminò di fumare la sigaretta con tranquillità. Con i
nervi tesi e gli occhi puntati sui due fratelli, i Wölfe attendevano che
Siegfried parlasse o facesse qualcosa. Si erano accorti immediatamente
della corrente di odio che correva tra loro e se ne erano chiesti il motivo.
Siegfried aveva sempre accennato a una sorella, ma mai una volta si era
riferito a un fratello, come se Alan non fosse mai esistito.
Con calma e indifferenza, Siegfried si avvicinò ai due ragazzi
circondati dai Wölfe e li fissò con distacco dall'alto in basso.
-Vedo che infine ci siamo rivisti.- constatò con freddezza, rivolto al
fratello.
Quel tono, accomunato all'espressione gelida del suo volto, fece
accapponare la pelle sia ad Alan che a Max. Nonostante tutto, ben
conoscendo il tipo, Alan non si era aspettato di trovarlo così cambiato
dal ragazzino che ricordava. Certo, fin da piccolo aveva palesato la sua
indole ribelle e autoritaria, ma ora emanava qualcosa di più inesplicabile
e disumano. Qualcosa che induceva al rispetto e incuteva terrore e sentì
all'improvviso la terra mancargli sotto i piedi. E questo contribuì a
renderlo più astioso nei suoi confronti.
Facendosi coraggio e controllando la rabbia crescente, replicò con
disprezzo:
-Non sono io che l'ho voluto.112
©MGL VALENTINI
-Davvero?- lo beffeggiò evasivo. -A meno che non sia diventato cieco,
vedo te in casa mia. Ed io sono sicuro, oltre a vederci bene, di non averti
invitato.-Sono venuto per un motivo ben preciso, non certo per rivedere la tua
schifosa persona!Siegfried rimase impassibile e la sua calma allarmò i Wölfe, rimasti in
silenzio a seguire il battibecco. Hilda strinse forte nelle mani il suo arco,
seguendo attentamente ogni mossa e ogni frase, meravigliandosi della
spavalderia di Alan.
Conoscendo già la risposta, Siegfried chiese con eccessiva
imperturbabilità:
-E quale sarebbe questo motivo ben preciso?-Riprendermi Hilda; portarla via da qui.- rispose fissandolo negli occhi.
Siegfried continuò a rimanere impassibile e replicò scandendo bene
le parole:
-Lei non vuole seguirti.Alan batté un pugno sul tavolo, mentre il sangue affluiva alle sue gote,
ma Nik gli mise una mano sulla spalla costringendolo a rimanere calmo.
Stretto da quella mano d'acciaio, respirò a fondo e iniziò a dire:
-Ti rendi conto almeno di dove l'hai portata? Se tu le avessi voluto
veramente anche una sola parte del bene che tanto predichi, l'avresti
lasciata in pace, libera di condurre una vita normale e civile. Non le
avresti imposto di seguirti in questo schifo, dove abbondano delinquenza
e droga, per non parlare della prostituzione. Cosa credi che diventerà
restando qui con te e con questi... questi mostri?- disse lasciando vagare
lo sguardo sprezzante sui Wölfe. -Le andrà bene se inizierà solo a
bucarsi; ma per far ciò avrà bisogno di soldi. E cosa potrà procurarglieli?
La prostituzione! Diventerà una puttana e riscalderà i letti di tutti voi,
soprattutto il tuo, visto e considerato che vi volete così bene!- concluse
con sarcasmo.
Siegfried non si scompose minimamente, mentre i Wölfe si
irrigidivano, pronti a vendicare l'insulto ricevuto.
Sentendosi offendere impunemente, Hilda si avvicinò ad Alan con
occhi fiammeggianti e sibilò con stizza:
-Mi ripugni! Come ti permetti di parlare così di me che sono tua sorella?
Chi te ne dà il diritto?-Mi permetto perché voglio farti capire cosa succederà se hai intenzione
di continuare a seguire il tuo amato Siegfried! Se sono venuto e parlo in
questo modo, è solo perché ti voglio bene e non posso vederti marcire
qui dentro. Ti sei lasciata alle spalle una vita serena e rispettabile solo
per seguire uno stupido impulso!-È stata una scelta, la mia!- si difese con veemenza, chinandosi su di lui
con un'espressione furiosa stampata sul viso.
-Bella scelta! Complimenti! Cosa speri ti diano questi sporchi teppisti che
già non avevi? Prima eri dolce, studiosa... e non alzavi mai la voce! Non
ti mancava niente! Cristo, perché diamine ti sei fatta trascinare in questo
sudiciume?- sbottò con ira.
113
©MGL VALENTINI
Hilda alzò fieramente la testa e lo fissò con disprezzo misto a trionfo.
-Mi piacerebbe proprio sapere cosa intendi con quel termine. Cos'è più
sporco? Invitarmi a cena per far colpo sul tuo datore di lavoro per
raggiungere i tuoi scopi, o stare tra questi ragazzi che mi rispettano?sibilò. -Francamente, tra te e i Wölfe, sono certa di preferire il loro bene
disinteressato!Alan la studiò a lungo, pensieroso, quindi scosse la testa e mormorò
quasi a se stesso:
-Non ti riconosco più. Sei cambiata.Hilda abbozzò un sorriso gelido e disse:
-Forse è stato proprio questo il mio errore: non farti capire come
realmente sono.All'improvviso la verità di quella frase la lasciò stordita e sgranò gli
occhi con orrore. Siegfried la sbirciò di sottecchi, sorridendo tra sé e sé,
poi la sospinse con dolcezza verso la finestra e si piantò davanti ad Alan
a braccia conserte, fissandolo con commiserazione.
-Sapevo che eri stupido, ma non credevo fino a questo punto.-Bada a come parli, Siegfried!- scattò con rabbia.
-Sì, certo: stupido e cieco.- continuò come se non fosse stato interrotto. Tu saresti quel grand'uomo che l'ha sempre protetta? Ma da chi? Saresti
tu quello che le ha dato un avvenire? Ma quale? Tutte cazzate! Con
quale diritto mi vieni ad accusare dicendo che il mio amore non è sincero
quando ho capito subito che quella vita la stava uccidendo? Sei solo un
povero idiota! Tu che urli ai quattro venti di volerle più bene di me, non ti
sei mai accorto di niente! Hai mai provato ad aprire gli occhi sulla verità?
No, perché non ti sei mai preoccupato di lei: il tuo stesso comportamento
ti accusa! Sei solo un egoista narcisista! Cristo! Ma come cazzo si fa a
lasciare in vita un verme come te?Sotto quel fiume di domande e velate minacce, Alan rimase in
silenzio senza capire. I Wölfe si guardarono trasecolando: era la prima
volta che sentivano Siegfried parlare così a lungo, lui che amava essere
lapidario ed elusivo. Sapevano fin troppo bene di cosa stesse parlando e
sbirciarono Hilda che era impallidita e aveva iniziato a tremare.
Debolmente mormorò:
-Dagr, ti prego...Mat, che le era accanto, le sorrise incoraggiante; ciò nonostante lei si
sentì sommergere dalla vergogna e dall'umiliazione e avrebbe voluto
sprofondare. Con gli occhi supplicò il fratello di tacere per non
ridicolizzarla davanti a tutti, ma lui la ignorò volutamente.
-Non so dove tu voglia arrivare e non mi interessa sapere cosa ti stai
inventando.- disse Alan all'improvviso, ritrovando la voce. -So solo che
Hilda verrà via con me, quindi è inutile che continui la tua ignobile e
volgare farsa.-Farsa? Perdio, come vorrei che fosse veramente falso quello che dico!ruggì a denti stretti. -Ok! Se non vuoi credere a me, di sicuro crederai a
tuo cugino. Vero, Max?- e spostò il suo gelido sguardo sul ragazzo
rattrappito sulla sedia.
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Questi divenne cadaverico e si mise a fissare con orrore ora Alan,
ora Hilda, ora Siegfried. Se solo gli era rimasta una briciola di speranza,
questa sparì del tutto sotto il tono accusatorio del cugino: Siegfried
sapeva. Del resto, quell'ultima apparizione a casa sua era servita solo a
dare conferma ai suoi sospetti. Un sudore freddo gli imperlò la fronte
quando capì di essere in trappola e si maledisse per aver ceduto alla
preghiera di Alan di accompagnarlo lì. Sentiva su di sé lo sguardo
tagliente e periglioso di Siegfried che lo inchiodava alla sedia e si rese
conto che la sua vita era appesa a un sottile filo di seta.
-Non so... Non so di cosa parli.- riuscì a sussurrare ed era la prima volta
che apriva bocca da quando era entrato nel covo dei Wölfe.
-Memoria corta, eh? Vuoi che te la rinfreschi?- lo sfotté Siegfried con
tono deleterio. -Fossi in te proverei a ricordare da solo, senza sfidare la
mia pazienza che, tra le altre cose, non ho.In una frazione di secondo i Wölfe intuirono la verità e Mat si voltò
verso Hilda, pallida come un cadavere. Fece un gesto a Japaner e
questi si avvicinò portandosi dietro una sedia. Ringraziandolo lei si
sedette e immediatamente Hols le si accucciò ai piedi, dopo averle
leccato una mano.
-Dove vuoi arrivare, Siegfried?- chiese Alan, stanco di quel giro di parole.
-Da Max riceverai una risposta più esauriente.Con scatto fulmineo Siegfried afferrò il cugino per il bavero del
giubbotto e lo tirò con violenza verso di sé, serrandogli il mento con la
mano e costringendolo a voltarsi verso Alan. Quindi, con voce sibillina e
sarcastica lo incoraggiò:
-Forza, cugino. Illumina la mente ottusa di mio fratello.Il sudore freddo che già gli imperlava la fronte, iniziò a scendergli
lungo il corpo e non ebbe il coraggio, né la forza di aprire bocca.
-Avanti!- lo minacciò scuotendolo con durezza.
Il lancinante dolore che all'improvviso gli serrò lo stomaco lo costrinse
a piegarsi su se stesso, annaspando in cerca dell'aria che gli era venuta
meno e Siegfried, con altrettanta violenza, gli sferrò un secondo pugno
nel ventre. Con un gemito soffocato, Max si accasciò sul tavolo,
stringendosi tra le braccia lo stomaco dolorante, mentre gli occhi del
cugino brillavano di una luce sinistra e divertita.
Davanti a quella scena, Alan balzò in piedi, pronto a colpire il fratello,
ma Nik e Peter lo afferrarono per le braccia e lo ributtarono malamente
sulla sedia, puntandogli contro i coltelli.
Con uno strattone Siegfried alzò il cugino dal tavolo e lo istigò a
parlare, ignorando la smorfia di dolore che gli alterava il volto. Ma visto
che non accennava a voler aprire bocca, lo lasciò nelle mani di Saint
Just e di Mohican e rivolto ad Alan disse:
-Non sei curioso di sapere cosa ha fatto il tuo caro cuginetto sotto i tuoi
occhi? Bene. Visto che lui non ha le palle per riferirtelo, te lo dirò io. Oltre
a essere un pezzo di merda come ha appena dimostrato, il tuo Max si è
voluto divertire con mia sorella, pensando di averne il pieno diritto.115
©MGL VALENTINI
Con gli occhi sgranati per l'incredulità, Alan fissava il volto impassibile
di Siegfried, cercando di analizzare le sue parole.
-È assurdo! Non credo una sola parola...-Credimi.- tagliò corto. -È successo mentre vivevate sotto lo stesso tetto,
a contatto tutti i giorni.-Stai bestemmiando!- gridò balzando in piedi.
Nessuno lo rimise seduto e lui si fronteggiò col fratello, notando
vagamente che questi lo sovrastava di tutta la testa. Siegfried lo guardò
con distacco e suggerì con studiata lentezza:
-Prova a chiederlo a lui.Alan si voltò bruscamente verso Max e lo fissò torvo. Questi,
nell'impossibilità di sostenere il suo sguardo, chinò la testa e nascose il
volto tra le mani tremanti. Quel semplice gesto lo fece sussultare e a
poco a poco, mettendo in ordine i pezzi del mosaico, iniziò a veder
chiaro. La sua mente tornò indietro nel tempo e ricordò perfettamente la
domenica che, tornando dal picnic, avevano trovato Hilda a letto che
stava male. Ricordò i nastrini di raso che aveva portato per tanto tempo
intorno ai polsi, credendolo uno capriccio...
Un pensiero improvviso gli balenò nella mente e si voltò verso di lei.
Con un balzo le si avvicinò, ma Japaner e Mat gli si pararono davanti
sbarrando il passo, con i coltelli già nelle mani. Si bloccò e fissando le
lame affilate disse:
-Voglio solo...- poi alzò lo sguardo su Hilda. -Mostrami le tue mani.Come se si fosse svegliata da una lunga apatia, lei si alzò e fece
allontanare i suoi amici, rimanendo faccia a faccia col fratello. Siegfried,
che la osservava da lontano, notò la serenità del suo volto e dei suoi
occhi e capì che aveva finito di lottare contro il passato. La luce che
filtrava dalla finestra alle sue spalle le formava un'aureola azzurra
intorno ai capelli corvini e rendeva i lineamenti del suo corpo esile quasi
evanescenti e le sorrise incoraggiante.
-Devi convincerti che è vero? Povero Alan!- lo commiserò. -Anche LA si
era accorta che qualcosa non andava, ma non potevo certo confidarle
cosa mi era accaduto. Ti pare strano che abbia cercato la morte dopo
che Max mi aveva stuprata? Per cinque lunghi anni ho vissuto nel terrore
che qualcuno scoprisse il mio torbido passato, perché sicuramente
avrebbero accusato me di quanto successo. Ho avuto il terrore della
gente, delle amicizie, di tutte quelle persone perbene che non avrebbero
esitato a puntarmi un indice contro, marchiandomi a vita come un essere
impuro. È così che ho vissuto questi ultimi anni. A te pare un'esistenza
serena e tranquilla? Ma tu, che pensi solo a te stesso, non puoi capire,
non puoi immaginare quanto ho sofferto. Mi sono dovuta tenere dentro il
dolore e l'umiliazione senza la possibilità di potermi confidare e sfogare
con qualcuno, senza la possibilità di ricevere un conforto. E quando
Dagr è tornato mi sono sentita rinascere, perché lui mi avrebbe protetto
e confortata, continuando ad amarmi per quella che sono.Lentamente volse lo sguardo sui Wölfe e vide brillare una luce
diversa nei loro occhi.
116
©MGL VALENTINI
-Quelli che tu chiami mostri e teppisti,- continuò serena, -io li chiamo
amici e famiglia. Loro, al contrario di te, hanno capito subito e mi hanno
accettato senza riserve. Qui sono rispettata e considerata una sorella e
non ho paura con loro di parlare del mio passato. Riesci a capire, Alan?
Mi hai tenuto solo perché ti faceva comodo. Qui ho trovato tutto quello
che non potevo avere nel tuo mondo di gente perbene: amicizia, affetto,
comprensione e fiducia in me stessa. I Wölfe sono la mia nuova famiglia
e tu non riuscirai ad allontanarmi da loro.Rimase a guardare il fratello che, durante il suo monologo, aveva
abbandonato tutta la rabbia chinando a poco a poco la testa, sentendosi
incapace di alcunché.
I Wölfe, che erano rimasti con lo sguardo fisso su Hilda, si voltarono
ad osservare Alan con sorrisi orgogliosi, lasciando che il silenzio gli
rendesse più pesante il fardello del suo egoismo.
Seduto, con la testa tra le mani, Max era diventato esangue, gli occhi
sgranati pieni di terrore, le labbra e il corpo scossi da un perenne tremito.
Non si sarebbe mai aspettato che Hilda trovasse il coraggio di
denunciarlo pubblicamente, abbandonandolo in quel modo nelle mani
sanguinarie di Siegfried. Scosse la testa sentendosi perduto e si
maledisse per la centesima volta per aver commesso quel gesto.
Come un cane bastonato, Alan alzò infine lo sguardo sulla sorella,
che accarezzava Hols con tranquillità, mentre la sua mente ancora non
riusciva ad accettare che fosse tutto terribilmente vero. Si voltò verso
Max, per un'ulteriore conferma e se solo gli fosse rimasto un vago
dubbio, questo cadde all’improvviso e i suoi occhi lo incenerirono,
facendolo tremare in modo convulso. Gli si avvicinò come un felino
prossimo alla preda e a denti stretti minacciò:
-Con te farò i conti dopo.Quindi il suo sguardo si posò su Siegfried, rimasto in silenzio a
osservare la scena con il volto impassibile. Un odio viscerale gli
attanagliò lo stomaco e maledisse l'ostentata padronanza che aveva di
sé. Provò il forte impulso di strappargli quegli occhi grigi che lo
scrutavano a fondo e per non commettere fatali imprudenze si girò verso
i Wölfe. I sogghigni di scherno e di superiorità lo mandarono su tutte le
furie. Sentiva il sangue ribollirgli nelle vene per la cocente umiliazione
appena subita, recitando la parte del perfetto idiota. Ma quello che più gli
bruciava era di essere passato per uno stupido sotto lo sguardo di
ghiaccio dell'odiato fratello.
-Bene. Visto che le cose stanno così, non mi resta che andarmene.capitolò con voce atona rivolto a Siegfried. -Ma non finirà qui. Sta' certo
che farò di tutto per portare Hilda via da questo posto immondo e
amorale.-Non ti sembra di esagerare alquanto con gli insulti?- notò Josh
mandando scintille dagli occhi.
Alan lo degnò appena di uno sguardo e rivolgendosi al cugino ordinò:
-Andiamo. Anche se non ho raggiunto il mio scopo, questa visita è
servita lo stesso a qualcosa.117
©MGL VALENTINI
Malgrado quello sguardo minaccioso lo trafiggesse, Max colse
l'occasione per fuggire da quella casa ancora vivo.
Dopo aver gettato un'ultima occhiata di disprezzo intorno a sé, Alan
seguì il cugino, ma prima che la porta si richiudesse alle loro spalle,
entrambi udirono la metallica voce di Siegfried dire con una calma letale:
-Stammi bene, Max.E l'eufemismo non lasciò dubbi riguardo all'ambiguo augurio.
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©MGL VALENTINI
La neve continuò la sua silenziosa caduta per diverso tempo,
stringendo in una morsa, con il suo manto, tutta la regione. Durante il
giorno grossi fiocchi planavano lievi a ricoprire la vecchia neve e durante
la notte gelavano per permettere alla luce dei lampioni di risplendere su
quel paesaggio di ghiaccio, mentre il cielo plumbeo rendeva ancor più
evanescente lo scenario immacolato.
Hilda non si stancava mai di osservare la distesa bianca che la
circondava, rimanendo in contemplazione dei grossi fiocchi che
scendevano con eleganza e dolcezza, facendo piroette su se stessi per
scontrarsi tra loro come silenti guerrieri.
Tramite il racconto di Laura era venuta a sapere cosa fosse successo
al fantomatico Alfred e, nonostante l'orrore che avrebbe provocato il
raccapricciante resoconto, era rimasta impassibile, osservando con
distacco le risate sghignazzanti dei Wölfe. E mentre il suo stesso
comportamento la lasciava allibita, pensava con angoscia che quanto
aveva detto ad Alan forse era vero. Sentiva di essere cambiata, di
essere diventata cinica e insensibile e questo la spaventava se, per caso,
i suoi occhi si posavano su Siegfried. Fortuna per lei l'umore sereno e
tranquillo dei Wölfe l'aiutava a non riflettere troppo a lungo su se stessa.
Dopo l'incontro con Alan e Max aveva bisogno di rilassare i nervi tesi e si
distraeva contemplando la silenziosa caduta della neve, accantonando
nella parte più remota della mente tutti i pensieri e le perplessità.
La radio che Miles teneva a tutto volume riusciva a mala pena a
soffocare i battibecchi dei Wölfe, confinati tutto il giorno nel loro covo.
Per passare il tempo si distraevano giocando a carte, azzuffandosi per
sciocchezze, discutendo e sfidandosi in abilità con coltelli e catene, col
risultato che la casa non trovava mai un attimo di pace e silenzio. Alle
volte uscivano e si dirigevano verso il prato per giocare con la neve,
costruendo pupazzi mostruosi e guerreggiando con le palle di neve che
lasciavano ghiacciare nelle mani prima di lanciarle e lei li seguiva con
Hols, che subito si univa al divertimento.
-Ehi, Miles! Alza il volume, questa canzone mi piace!- esclamò Stefan
agitando le braccia per attrarre l'attenzione del ragazzo seduto all'altro
lato della stanza.
-Accontentati! Più di così non posso alzarlo!- gridò in risposta facendo
una smorfia.
-E allora avvicinati, perdio! Voglio sentirla bene!-Cristo! Ti fa fatica muovere quel culo secco che ti ritrovi?119
©MGL VALENTINI
-Ok. Parola al servito.- disse Pat sorridendo e accarezzandosi
distrattamente un baffo.
Mat fissò il gruzzolo al centro del tavolo e rilanciò una piccola somma.
Karl e Nik studiarono attentamente le proprie carte e i volti impassibili
degli avversari, quindi Nik con un'imprecazione lasciò il giro.
-Io ci sto. Vedo.- dichiarò Karl aggiungendo altro denaro.
Quindi si voltò verso Pat e questi fece un cenno di capo al fratello.
Con un sorriso di trionfo Mat posò sul tavolo le carte, esclamando
ridendo:
-Full d'assi!-Che sculata!- grugnì Karl lanciando con stizza il suo misero tris.
Sogghignando Mat allungò le mani per appropriarsi del piatto,
quando Pat lo bloccò con un sorriso beffardo.
-Un momento, fratellino. Non mi basta.- e con soddisfazione posò le
carte sul tavolo.
Mat fissò incredulo il colore, quindi bestemmiando balzò in piedi
come una molla puntandogli l'indice contro.
-Perdio, Pat! Con te non si può giocare! Ti sei fottuto sette piatti di
seguito e se non hai barato, vuol dire che hai solo un culo sfondato!-Va' a farti fottere, Mat!- lo rimbeccò prendendo possesso del piatto.
Hilda sorrise, non riuscendo a concepire tanta animosità per un gioco
a carte e scosse la testa proprio mentre Mat alzava lo sguardo su di lei.
Notando la sua ilarità, il ragazzo ruggì con stizza:
-E non ridere! Non c'è proprio un cazzo da ridere!Hilda continuò a guardarlo senza timore e sorridendo replicò con
dolcezza:
-Ma io non sto ridendo.-Vedo! 'Fanculo tu e tutte le stronze che siete!Raddrizzando le spalle, a testa alta, si avvicinò impettito a Mohican e
Josh, intenti a disputare una partita a scacchi, mentre Pat e Nik, dopo
uno scambio di occhiate, scoppiavano a ridere fragorosamente alle sue
spalle.
-Povero Mat! Non capisco perché se la prende tanto. È solo un gioco.notò Hilda con tenerezza.
-È fatto così.- rispose Siegfried appoggiato alla parete accanto a lei.
Hilda si voltò verso di lui e lo studiò con attenzione.
-E tu? Tu non ti arrabbi mai?-Provare qualsiasi sentimento è da scemi.- rispose elusivo.
Lei osservò i suoi occhi freddi e taglienti, il suo volto impenetrabile e
affascinante e si domandò cosa gli passasse per la testa.
-Alle volte mi fai paura.- mormorò.
-Sarebbe l'ultima cosa alla quale mirerei. Per me non voglio il tuo
timore.-Lo so, però... Però sei così misterioso, insondabile... Tu non mostri mai
le tue emozioni, i tuoi pensieri...-Solo quando ti sono vicino. E questo dovresti saperlo bene.- rispose
insinuante.
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©MGL VALENTINI
Un pallido rossore colorò le sue guance e preferì ignorare quelle
parole e cambiare discorso.
-Giubbotto nero e jeans: tutti sono vestiti in questa maniera. Solo tu vesti
completamente in nero e hai voluto che mi ci vestissi anch'io. Per quale
motivo?-Sono dell'opinione che ognuno deve indossare ciò che più gli si addice.-E a te si addice il nero, un colore così lugubre...Siegfried le passò una mano in mezzo ai capelli e la sentì fremere.
-Anche i tuoi capelli sono neri.-Santo cielo! Ma questo non c'entra niente!- esclamò allontanandosi di
un passo.
Lui rimase a fissarla intensamente, mentre lei, confusa, abbassava la
testa sussurrando:
-Non dovresti.Lui non replicò e lei, sospirando, continuò:
-Guardarmi così. Gli altri potrebbero pensare che...Evitò di terminare la frase: lui, perspicace com'era, aveva già capito.
Con un sorriso ambiguo, Siegfried incrociò le braccia al petto e disse:
-Cosa c'è, Kristall? Hai paura del giudizio altrui o vuoi fare la timida con
me? Non ricordi più gli anni passati, quando non avevamo segreti l'uno
per l'altra? O preferisci ignorare quel periodo? Per quanto mi concerne,
non voglio dimenticare e continuerò a comportarmi con te allo stesso
modo. Ma come?- la stuzzicò dolcemente. -Non ricordi quando
giocavamo insieme? Quando facevamo il bagno insieme, quando
scherzavamo e ci ricoprivamo di baci? Hai già dimenticato le mie
carezze, i miei doni, il mio amore? No, non credo...Lei alzò di scatto la testa e lo fissò a lungo, sbigottita.
-Eravamo piccoli allora.- osservò con freddezza.
-E non venderesti l'anima pur di tornare indietro? Io non ne ho bisogno:
per quanto mi riguarda niente è cambiato. Non faccio differenza tra
passato e futuro.Imbarazzata, si guardò intorno per accertarsi che nessuno li avesse
uditi, quindi si volse nuovamente verso di lui e con stizza sussurrò:
-Sei pazzo! Vuoi che tutti ti sentano?-Di cosa ti preoccupi, Kristall?- la sfotté divertito.
Hilda lo fissò a occhi sgranati: si stava prendendo gioco di lei? Si
divertiva a stuzzicarla?
-Ma... Come diavolo fai a restare così indifferente davanti ai sentimenti
altrui? È una virtù oppure un difetto il tuo?-Non sono insensibile al tuo fascino.-Già. Non dovresti mostrare tanto amore per me.-Perché?-Perché... Primo: qualcuno potrebbe pensare che io sia il tuo punto
debole; secondo: non voglio che ti comporti così; e terzo, ma non per
questo per ultimo, io sono tua sorella, caso mai te ne fossi dimenticato.
Sono motivi validi e deterrenti?-Tiri fuori le unghie?121
©MGL VALENTINI
-Oh, va' al diavolo!- sbuffò voltandogli le spalle.
Siegfried la guardò e la prese per le braccia. Con tenerezza l'attirò
contro il proprio petto e le mormorò tra i capelli:
-Primo: non sei il mio punto debole; secondo: mi comporto come voglio
ed io voglio amarti; terzo: anche se sei mia sorella, cosa che non potrei
dimenticare, non esiste peccato nel piacere.Lei si irrigidì, sperando che nessuno li notasse in quell'abbraccio
poco fraterno, divenendo purpurea al contatto delle proprie spalle con il
suo torace muscoloso, le sue braccia che le ricoprivano il seno. Il cuore
le batteva impazzito, facendole pulsare le tempie ma, nonostante quelle
parole le avessero procurato una gioia immensa, si diede della stupida e
non si permise di lasciarsi andare. Com'era possibile che provasse tali
sentimenti per suo fratello? Sentimenti più che ricambiati, per giunta!
-Hai invertito il tuo modo di pensare?- fece notare socchiudendo gli occhi.
-Prima asserivi che non esiste piacere più dolce del peccato.-Nel nostro caso il fine non differisce.- rispose con disinvoltura.
Hilda scosse la testa rassegnata e mormorò:
-Non so. Non ho mai conosciuto uno più testardo e arrogante di te.Con gentilezza Siegfried l'allontanò da sé e disse:
-Vieni, usciamo.Come un cagnolino ubbidiente si lasciò prendere per mano e
condurre verso la porta.
-State uscendo?- domandò Saint Just osservandoli incuriosito.
Per tutta risposta Siegfried lo fissò con indifferenza.
-Ma sta nevicando!- esclamò il ragazzo facendo un vago gesto con la
mano.
Siegfried lo degnò ancora un secondo della propria attenzione e
Saint Just scosse la testa.
Il freddo pungente li aggredì al volto e Hilda non riuscì a reprimere un
brivido mentre si stringeva, sospirando, nel giubbotto. Siegfried la
guardò pensieroso, quindi le chiese:
-Freddo?-No.-Bugiarda.- le sussurrò in un orecchio.
Le passò un braccio intorno alle spalle e l'attirò a sé.
S'incamminarono verso il prato, affondando nella neve soffice, mentre
grossi fiocchi si posavano elegantemente su di loro, inumidendo i capelli
e gli abiti. Superarono la stecconata e continuarono a camminare
abbracciati, in silenzio.
Hilda si sentiva serena, parte del paesaggio innevato, nonostante
una marea di emozioni battagliasse dentro di lei. Se da un lato
desiderava liberarsi di tutti i principi morali e religiosi per buttarsi tra le
braccia del fratello, la parte più razionale l'avvertiva di stare in guardia.
Notando la sua apparente serenità, Siegfried le chiese:
-Ti piace la neve, Kristall?-Sì, molto. Anche se mi trasmette un vago senso di malinconia. E a te?domandò a sua volta guardandolo negli occhi.
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©MGL VALENTINI
-È affascinante.- commentò. -Affascinante perché col suo candore attrae,
lasciandosi amare senza riserve. Affascinante perché ha il potere di
rendere meravigliosa qualsiasi cosa sulla quale si posa. Affascinante
perché si lascia ammirare quando scende con naturalezza. Affascinante
perché durante la notte gela divenendo un'insidia pericolosa che fa
morire ogni cosa sulla quale si è posata con grazia ed eleganza.Restrinse gli occhi gelidi e fissò un punto indefinito davanti a sé.
-Sì.- continuò con calma. -La neve mi piace per questo: mostra solo il
lato migliore di sé, celando la sua vera natura. E non ti accorgi mai del
suo arrivo silenzioso e cauto.Hilda lo fissò attonita. Siegfried vedeva la neve come qualcosa di
ambiguo e distruttore. Perché?
-Dagr... Cosa vuoi dire?- chiese timorosa.
-Solo che la neve mi piace.- rispose lapidario.
Lei continuò a fissarlo senza riuscire a parlare, osservando i suoi
lineamenti muliebri tanto incantevoli e seducenti quanto era grande e
disumana la sua crudeltà.
All'improvviso, come se si fosse fatta luce davanti ai suoi occhi, capì.
Sussultò e mormorò:
-Dagr... Tu sei come la neve...Siegfried si fermò e la prese per le spalle, guardandola dolcemente.
-Hai troppa immaginazione.Ma lei non gli credette. Era certa che avesse voluto rivelarle qualcosa
di sé, del suo carattere, del suo modo di fare senza pronunciarsi
apertamente e questo la spaventò più di quanto aveva intuito su di lui.
-Non pensarci.- le mormorò all'orecchio.
Le posò un bacio sulla guancia e lei arrossì senza peraltro ribellarsi.
Perché lo lasciava fare? Perché non riusciva a fermarlo? Lui non era un
qualunque ragazzo da poter amare: era suo fratello...
Si sentì abbracciare e chiuse gli occhi, come a non voler essere
partecipe di quello che sarebbe accaduto; tuttavia le sue braccia si
alzarono automaticamente e gli cinse il collo lasciandosi trascinare dal
suo magnetismo e dalla sua silenziosa forza di persuasione. Inutilmente
si ripeteva di allontanarsi, di fuggirlo e di respingerlo: si muoveva abulica
e sorda al richiamo della sua parte razionale. Lasciò che lui la baciasse
sul collo per risalire alle sue labbra e ricambiò quel bacio senza provare
vergogna, lasciandosi travolgere dalla gioia del momento, stringendosi
forte al suo petto, come se il suo corpo fosse stato l'unico sostegno in
grado di non farla cadere. Se doveva amare suo fratello era stato solo il
Karma a volerlo, niente di più. Sapeva e l'avvertiva distintamente che le
sarebbe stato impossibile provare i medesimi sentimenti per qualsiasi
altro uomo.
Era assurdo, eppure percepiva che era la semplice verità.
Si strinse ancora più forte a lui con un impeto di cui non si sarebbe
creduta capace, continuando a baciarlo con trasporto e quando Siegfried
l'allontanò da sé, avrebbe desiderato tornare tra le sue forti braccia per
ritrovare il calore e l'affetto che aveva creduto perduti.
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©MGL VALENTINI
Con un sorriso inesplicabile, Siegfried rimase a lungo a contemplarla,
studiando le sue emozioni. Aveva riportato un'altra vittoria, riuscendo a
dominarla completamente, ma sapeva di non dover affrettare le cose.
Doveva agire con cautela, attendendo il momento propizio o lei l'avrebbe
odiato per tutta la vita senza concedergli più alcuna fiducia. E sapeva di
non potersi permettere di perderla così miseramente: Hilda era la sua
migliore alleata, sulla quale poteva sempre contare.
Osservando il suo sorriso di trionfo, lei arrossì e abbassò lo sguardo,
riconoscendo la propria resa incondizionata.
-L'amore rende forti, ma deboli allo stesso tempo.- gli fece notare
sommessamente, mentre sulle labbra assaporava quel bacio sottratto al
normale corso della natura.
Siegfried la studiò a lungo, percependo la sua battaglia interiore,
mentre la neve si posava con delicatezza sui loro capelli rendendoli
lucidi e brillanti.
-Niente può rendermi debole.- commentò con la giusta dose di
indifferenza.
Mise le mani nelle tasche dei pantaloni e si allontanò di qualche
passo, lasciandola attonita.
Hilda osservò quel corpo magro che le dava le spalle, vestito
perennemente di nero, sul quale spiccavano i lunghi capelli biondi che
catturarono il suo sguardo e le venne voglia di piangere. Perché?
Perché? pensò disperata.
A lungo andare quel suo amore nei suoi confronti l'avrebbe distrutto.
Forse non se ne rendeva conto, o credeva comunque di poterlo
dominare, eppure lei sapeva che non sarebbe stato così. Lei era il suo
tallone di Achille e prima o poi qualcuno l'avrebbe capito e se ne
sarebbe approfittato per eliminarlo.
Si era resa conto fin troppo bene che suo fratello era temuto dai
Wölfe, non tanto per la sua ferocia, quanto per quel suo modo ostinato di
rimanere nell'ombra, silenzioso e apparentemente indifferente a quanto
gli accadeva intorno, pronto, però, a balzare fuori del proprio guscio non
appena avesse ritenuto giunto il momento di far udire la propria voce.
Con un sospiro osservò quelle spalle larghe, quei capelli brillanti, quel
corpo slanciato e capì che il suo era un amore impossibile. Tu ami il tuo
mondo, pensò con amarezza, e so che non rinuncerai ad esso per me. I
Wölfe sono diventati i capi indiscussi di questo quartiere grazie a te e
alla tua ambizione di voler dominare sugli altri. Sì, lo so che sei tu a
comandare, anche se sei discreto e lasci credere che sia Josh a farlo.
Se vuoi continuare per la tua strada dovrai rinunciare a me, perché
entrambe le cose non le puoi ottenere. Speravo di poter vivere al tuo
fianco, continuando ad amarti come ho fatto finora, anche riconoscendo
che sei crudele e sanguinario, ma non immaginavo che la tua voce in
capitolo potesse essere così minacciosa e imperiosa. Scoprire che Josh
e tutti gli altri sono solo dei burattini che manovri a piacimento dietro le
quinte, ha cambiato tutto. Loro questo lo sanno, ma solo la tua ambiguità
e il tuo potere li tengono mansueti; fin quando non scopriranno il punto in
124
©MGL VALENTINI
cui potranno colpirti e allora ti toglieranno dalla scena. Io questo non
posso permetterlo; ti amo troppo e non sopporterei di vederti distruggere.
Sei troppo sicuro di te per vedere il pericolo al quale vai incontro, invece
io lo vedo e prima che sia troppo tardi dovrò lasciarti. Crudele la vita, eh?
Anche se ti amo devo rinunciare a te, perché è più importante il tuo
potere del mio amore.
Sospirò tristemente e chiuse gli occhi. E ancora una volta qualcosa ci
divide, pensò.
Chinò la testa mentre una lacrima le rigava il volto e rabbrividì. Con la
mano allontanò una ciocca di capelli dal viso e vide Siegfried accendersi
una sigaretta, apparentemente calmo e rilassato.
Come se avesse avvertito su di sé il suo sguardo, si voltò e aggrottò
le sopracciglia di fronte alle sue lacrime. Le si avvicinò e le prese il volto
tra le mani, costringendola ad alzare la testa. Gli occhi grigi di lei erano
tristi e lui la consolò:
-Non piangere, Kristall.-Scusami, ma io...-No, non parlare.- l'interruppe con dolcezza. -So già quello che vuoi dire.
Ti conosco troppo bene per non provare i tuoi stessi sentimenti.Lei scosse la testa e replicò:
-Cosa puoi sapere tu di quello che penso? Niente.Lui le accarezzò una guancia e le asciugò le lacrime. La fissò negli
occhi e la sua espressione addolorata gli procurò una sensazione di
tenerezza.
-Hai paura che qualcosa o qualcuno possa separarci, vero?Hilda sussultò allibita: come riusciva a leggerle dentro? Come poteva
essere così sicuro di sé?
-Non sono un veggente!- la schernì. -Devi rassegnarti all'idea che noi
due siamo una sola persona con una mente sola. Mi è facile capire cosa
ti passa per la testa: è come se tu fossi il mio riflesso ed io mi conosco
alla perfezione.Lei sospirò, affascinata dal suo sguardo magnetico e penetrante e si
domandò se fosse stato così che aveva scoperto Max.
-Ho paura per te.- gli confessò.
-Non devi.-Lo so.Siegfried le passò un braccio intorno alle spalle e l'attirò a sé.
-È meglio rientrare.Hilda annuì, mentre il suo cuore batteva in maniera irregolare. Tra
quelle braccia si sentiva protetta e sicura come mai lo era stata e,
nonostante tutto, un sospiro le sfuggì dalle labbra. Alzò per un attimo gli
occhi al cielo e i fiocchi di neve si posarono sul suo volto pallido. Ma tu,
Siegfried, pensò, sei al sicuro come lo sono io?
~
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©MGL VALENTINI
Siegfried si appoggiò con le spalle al muro e accese una sigaretta
con la più totale indifferenza. Sbirciò intorno a sé, lungo il marciapiede,
quindi alzò gli occhi al cielo stellato, pensando con rammarico che la
neve si stava dissolvendo già da alcuni giorni. Lì in città era stata spalata
dalle strade e dai marciapiedi e ammucchiata lungo i bordi per
consentire il passo a pedoni e automobili.
Con distacco osservò il via vai di persone imbottite in maglioni e
giacche a vento, sciarpe e guanti e le paragonò a goffi fagotti che
giravano intirizziti dal freddo pungente.
Continuò a fumare tranquillamente, mentre occhi curiosi si voltavano
a guardarlo per poi accelerare il passo, intimoriti dalle borchie appuntite.
Il sole era tramontato da poco e già le tenebre avevano abbracciato
l'intera città, e i lampioni e le sfavillanti insegne dei negozi brillavano
come un raggio di sole dai mille colori rimasto per sconfiggere il buio
incalzante.
Siegfried lanciò un'occhiata alla macchina posteggiata davanti a sé,
quindi gettò il mozzicone della sigaretta a terra e mise le mani nelle
tasche posteriori dei pantaloni, attendendo con pazienza.
Una donna e una ragazza uscirono dal negozio di abbigliamento,
tutte soddisfatte degli acquisti fatti e si incamminarono lungo il
marciapiede con vari pacchi in mano, parlando tra loro.
Siegfried si staccò con lentezza dal muro, fissando le due donne che
si avvicinavano e, contemporaneamente a lui, la macchina posteggiata
si mise in moto. Con disinvoltura il ragazzo bloccò il passo alle sue
vittime e con tono gelido salutò:
-Buonasera, zia. Ann...- e chinò leggermente la testa in direzione della
cugina.
Le due donne si irrigidirono, terrorizzate dall'improvvisa apparizione,
e solo quando lo riconobbero lo fissarono con disprezzo, inalberandosi
irritate.
-Vattene.- sibilò la donna. -Io non ti conosco.Afferrata la figlia per un braccio, fece il gesto di andarsene, ma
Siegfried le si mise davanti impedendole di proseguire, commentando
gelido:
-La vostra è una famiglia che decisamente ha la memoria corta.-Lasciaci in pace.- l'ammonì con stizza guardandosi intorno imbarazzata.
Uno scatto metallico la fece impallidire e la donna abbassò lo
sguardo per vedere la grossa lama del coltello puntata minacciosamente
contro il proprio ventre. Con occhi sgranati fissò il nipote, rimasto
impassibile, e mormorò:
-Sei impazzito?-Salite su quell'auto.- ordinò muovendo appena la testa in direzione della
macchina.
Entrambe si voltarono verso la vettura e, intuito il pericolo, iniziarono
a tremare, non più per il freddo. Siegfried diede loro una leggera spinta,
guardandosi intorno per accertarsi di non aver dato nell'occhio e in
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©MGL VALENTINI
quella frazione di secondo la donna provò a scappare trascinandosi
dietro la figlia; ma lui le puntò il coltello alla gola e la fissò gelido.
-Non mettere alla prova la mia pazienza. Non sarebbe la prima volta che
uccido e ti assicuro che non ho mai avuto rimorsi.Zia e nipote si fissarono un attimo negli occhi, i primi pieni di stupore
e terrore, i secondi freddi e privi di scrupoli e la donna capì che non
stava scherzando.
Tremando come una foglia, Ann salì in macchina seguita dalla madre
e subito le si aggrappò al collo soffocando un grido di terrore alla vista
del volto crudele di Peter che attendeva sul sedile posteriore.
Siegfried salì accanto a Japaner e questi partì.
Per gran parte del tragitto nessuno aprì bocca e quel silenzio
opprimente, interrotto solo dal rombo del motore in corsa, contribuì a
rendere più agitate le due passeggere. Ann continuava a tremare
convulsamente. Fissava Peter come se fosse stato un mostro e sentiva
che stava per mettersi a urlare per dar sfogo alla tensione accumulata in
così breve tempo.
Cercando di chiamare a raccolta tutto il proprio coraggio, la donna
domandò con apprensione:
-Dove... Dove ci state portando?Peter la fissò a lungo, divertendosi a giocherellare con il coltello,
mentre Japaner alzava lo sguardo per sbirciarla dallo specchietto
retrovisore. Siegfried non aprì bocca e la donna si rassegnò.
Non ci misero molto a lasciarsi la città alle spalle e Japaner dovette
concentrarsi maggiormente sulla guida per evitare di slittare sul ghiaccio.
Pochi lampioni ora illuminavano la strada e le tenebre piombarono su di
loro all'improvviso, più cupe e lugubri di prima.
La donna sbirciò fuori del finestrino appannato, più nervosa che mai e
tornò a domandare:
-Dove ci state portando? Non siamo più in città.Quando si rese conto che ancora una volta nessuno avrebbe risposto,
tornò ad osservare fuori del finestrino, con apprensione crescente.
Erano diretti a una villetta abbandonata da anni, rifugio saltuario dei
Wölfe nei momenti di maggior pericolo. Quando lasciarono la strada per
avventurarsi in uno stretto viottolo pieno di neve, i cuori delle due donne
tornarono a battere furiosamente. Il giardino lasciato in abbandono era
sepolto sotto il manto candido e il vecchio tetto della villetta pareva
dovesse cedere da un momento all'altro sotto il fardello della neve.
Una luce era accesa al piano inferiore e il portone fu aperto da Josh.
Japaner fermò la macchina e ne scese insieme a Siegfried, mentre Peter
faceva cenno alle due donne di uscire. Con terrore sempre più evidente,
scesero, venendosi a trovare faccia a faccia con gli altri due
sequestratori.
-Questa me la pagherai, Siegfried!- minacciò la donna a denti stretti. Trattare così tua zia e tua cugina!Lui le degnò appena di uno sguardo, mentre i suoi occhi diventavano
due fessure più gelide del ghiaccio che li circondava. Ann si aggrappò
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alla madre, troppo terrorizzata per parlare e reagire e insieme si
avviarono verso il portone. Da lontano Josh le guardò avvicinarsi e posò
lo sguardo sulla ragazza, sogghignando diabolico.
Quando tutti furono entrati, il portone venne chiuso a chiave e le due
donne rimasero da sole al centro della stanza. Afflitte da un tremito
incontrollabile, fecero vagare lo sguardo su ogni ragazzo sparso per la
stanza, impallidendo e stringendosi l'un l'altra; quindi posarono gli occhi
su Siegfried, comodamente seduto su una poltrona. Le stava studiando
con espressione distaccata, mentre la sua mente già pregustava la
vendetta. Aveva atteso a lungo quel momento e ora le sue prede erano lì,
immobili nel terrore, pronte a lasciarsi sbranare da lui. Si gustò la scena
pensando a suo zio e a Max e già lavorava sulla seconda mossa da fare
per completare l'opera.
-Così, queste sono zia e cugina.- constatò Mohican.
Le due donne sobbalzarono per lo spavento e si voltarono di scatto,
trovando il ragazzo a pochi centimetri da loro. Istintivamente
indietreggiarono e Ann si nascose dietro la madre, continuando a fissare
Mohican impaurita.
-Cosa volete da noi?- riuscì a chiedere la donna con un filo di voce.
In quell'istante una delle porte si aprì e dall'altra stanza emerse Hols,
seguito dalla sua padrona. Hilda rimase con gli occhi puntati sulle due
donne mentre si avvicinava a Siegfried e queste, alla sua apparizione,
ritrovarono un po' di coraggio.
-Hilda...- mormorò Ann e parve quasi una richiesta di aiuto.
L'interpellata la studiò a lungo senza rispondere. Come sempre la
vista della cugina le procurò solo indifferenza, anche se pensava che
stavolta sarebbe stato diverso.
Sapeva quello che doveva accadere, Siegfried glielo aveva detto e
nonostante tutto, anziché pietà, sentiva di provare la solita fredda
indifferenza. La vendetta del fratello era diventata la sua vendetta e
quello che la sua mente machiavellica aveva partorito non l'aveva
scossa minimamente. Tutt'altro: era stata lei stessa a chiedere di
assistere alla macabra nottata, provando una strana sensazione di
felicità. Per una volta si era trovata in perfetta sincronia con la mente
perversa del fratello e questo l'aveva lasciata perplessa.
Nei giorni precedenti, mentre i Wölfe cercavano il modo di portare a
termine quella vendetta, era rimasta a meditare sulle proprie emozioni.
Ascoltare il progetto di rubare una macchina, di prelevare Ann e
chiunque si fosse trovato con lei in quel momento, di trattenerla per una
notte al solo scopo di farla violentare da tutti, non le aveva dato il senso
di orrore che si era aspettata. Aveva ascoltato con piacere lo
svolgimento che avrebbero avuto gli eventi, annuendo soddisfatta, priva
di scrupoli.
La violenza che aveva sempre aborrito, ora la stava penetrando con
dolcezza, si insinuava in lei nel più totale silenzio senza che se ne
rendesse conto, fino a diventare parte integrante del suo essere.
Avvertiva il cambiamento, tuttavia non riusciva a credere che fosse una
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©MGL VALENTINI
cosa possibile nel giro di così poco tempo. A meno che... Sì, a meno che
non fosse già come Siegfried.
Ora, osservando Ann, non provava compassione, bensì solo una
crudele gioia che la faceva sentire ripagata in parte di quanto subito da
Max.
Abbozzò un vago sorriso, ma i suoi occhi tradivano la fredda
indifferenza che sentiva per la cugina. Si sedette sul bracciolo della
poltrona dove era seduto il fratello e Hols le si accucciò ai piedi, fissando
le due donne con curiosità.
Ritrovato un po' di coraggio alla vista di Hilda, la zia chiese:
-Sai spiegarmi cosa sta succedendo? Io rinuncio a capire.-Oh... È tutto molto semplice.- rispose con velato sarcasmo.
La donna aggrottò le sopracciglia, perplessa. Quando mai Hilda
aveva parlato usando quel tono di voce?
-Continuo a non capire.- affermò.
A quel punto Siegfried si alzò con movimento felino e si avvicinò alla
cugina, ancora terrorizzata, che si faceva scudo col corpo della madre.
Prima che entrambe le donne avessero la possibilità di realizzare le
sue mosse, lui diede una spinta ad Ann e la fece finire tra le braccia di
uno sghignazzante Nik. La ragazza iniziò a urlare isterica appena si
sentì afferrare alla vita e cercò disperatamente di liberarsi tirando calci e
graffiando, mentre la madre si precipitava contro Nik urlando a sua volta
con tutto il fiato che aveva in gola. Siegfried la bloccò con prontezza e le
tirò un manrovescio talmente forte da farle rigirare la testa e perdere
l'equilibrio. La trattenne per un braccio, scuotendola rudemente, quindi le
sussurrò:
-Non così in fretta: per ora Ann ci serve.La donna si portò la mano sulla guancia rossa e lo fissò allibita. D'un
tratto capì e iniziò a urlare come una matta, cercando di liberarsi dalla
stretta per correre in aiuto della figlia.
-Non potete! Non potete, maledetti bastardi schifosi! Bastardi! Bastardi!Siegfried la lasciò nelle mani di Karl e Mohican e si avvicinò alla
cugina, tenuta saldamente da Nik e Pat. Con forza l'afferrò per i capelli e
la scosse, commentando con disprezzo:
-Non vali granché, ma per fare la puttana basti.Con il coltello lacerò giubbotto e vestito, mettendo a nudo il seno
tremante e i Wölfe sogghignarono divertiti, mentre Hilda si metteva
seduta con uno strano sorriso sulle labbra.
Seguirono attimi di puro terrore per le due donne, resesi conto che
non sarebbe stato loro possibile salvarsi, travolte dalla crudeltà che le
circondava.
Sotto gli occhi spalancati della madre, che urlava e piangeva, Ann fu
denudata completamente, senza riuscire a opporre la minima resistenza,
troppo sconvolta e prossima a un pietoso stato di abulia.
Con studiata lentezza Siegfried lasciò scorrere la punta del coltello
lungo la guancia della ragazza, tracciandole un solco sottile che si riempì
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immediatamente di sangue. Con estrema freddezza fece altrettanto
intorno a un seno, mentre Ann urlava e si contorceva per il dolore.
-Voglio sperare che tu sia ancora vergine.- le disse con tono vellutato.
A quel punto la zia si volse dalla parte di Hilda, sconvolta e col volto
trasfigurato dall'orrore e la supplicò isterica:
-Hilda, ti prego! Per amor di Dio, fermalo! Fermalo, ti scongiuro!Con noncuranza l'interpellata si chinò per accarezzare Hols,
ignorando volutamente la supplica. Ma la donna continuò a chiamarla a
gran voce, divincolandosi inutilmente da Karl e Mohican, i quali
ghignavano divertiti.
-Se hai un cuore fermalo! Ti prego, Hilda! Fermalo! Fa', qualcosa, per
amor di Dio! Non puoi lasciarglielo fare! Non puoi!Lei alzò lo sguardo con studiata lentezza e i suoi occhi freddi
fissarono la donna con disprezzo e disgusto.
-Dovrei?- rispose con distacco. -Per me non c'è stato nessuno che
supplicasse Max.La donna sussultò, divenendo esangue, senza riuscire a nascondere
il tremito convulso e spalancò gli occhi fissando la nipote senza vederla
realmente. No, non poteva essere vero... Non il suo Max...
-Non... non è vero.- riuscì a balbettare.
-Non avrei motivo di mentire.- replicò Hilda pungente.
Con quell'aria sorniona che le traspariva dal volto, quel sorriso
sprezzante, quell'elegante abbandono con il quale era seduta e con
quegli occhi divertiti posati sulla zia, appariva come un angelo
vendicatore pronto ad assaporare il gusto dolce della rivincita.
Sotto quello sguardo tagliente e trionfante, la donna chinò la testa
singhiozzando, mentre i Wölfe trascinavano via Ann tra sghignazzi e
sogghigni divertiti. Nel salone rimasero solo Hilda, Hols, Mohican, Karl e
la donna a udire, distinte e agghiaccianti, le urla di Ann e le risate dei
Wölfe che si intrecciavano in toni sempre più alti e sconvolgenti, fino a
fondersi in un'unica tetra modulazione di suono.
Con un'improvvisa risata isterica, accompagnata da un tremito
violento, la donna si liberò di Karl e Mohican e cadde pesantemente al
suolo priva di sensi.
~
Per tutta la nottata Hilda rimase a vegliare, accarezzando il lupo
argentato e sorridendo ai rumori che le giungevano dalla stanza
adiacente. Sua zia, legata e imbavagliata a una sedia, continuava ad
alternare momenti di crisi isteriche a singhiozzi, attimi di pura follia a
momenti di lucidità nei quali piangeva disperata. Il suo viso, trasformato
in una maschera grottesca, distrutto completamente dal dolore, lasciava
trasparire tutta l'agonia che la stava annichilendo, mentre dagli occhi
costantemente chiusi continuavano a scendere lacrime amare.
Di tanto in tanto uno dei ragazzi usciva dalla stanza e si avvicinava a
Hilda per raccontarle, anche nei particolari, l'andamento delle cose e lei
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sogghignava divertita. Non si era mai sentita così appagata e nell'attimo
in cui Hols sbadigliò, capì che se in suo fratello scorreva sangue crudele
e spietato, quel medesimo sangue scorreva nelle sue vene, lasciandola
libera di gustare la vendetta.
Sorrise e si domandò se non fosse stato quello il motivo per il quale
si sentiva più vicina a Siegfried che ad Alan.
Con noncuranza tirò indietro una ciocca di capelli, mentre i suoi occhi
si posavano sulla donna. Teneva la testa reclinata in avanti, il corpo
abbandonato, come se fosse svenuta di nuovo.
Dall'altra stanza giungevano ancora grida soffocate e gemiti di dolore,
commisti a risate e battute volgari. La festa è all'apice, constatò con un
sorriso satanico.
Stanca di star seduta, si stiracchiò e si alzò, quindi afferrò l'arco e si
preparò a scoccare la prima freccia contro il portone.
In quegli ultimi giorni si era allenata molto, ascoltando e accettando i
consigli che le davano i Wölfe sul modo di tendere la corda, di prendere
la mira, di calcolare la forza del vento, di misurare la lontananza del
bersaglio e di lasciarsi guidare dall'istinto. All'inizio tutto ciò le era parso
impossibile da attuare, soprattutto tenere la corda con due sole dita e
solo la sua ferrea tenacia e la consapevolezza che era stato un dono di
Siegfried l'avevano costretta a tener duro. Non voleva imparare a
uccidere: desiderava solo possedere un'arma con la quale difendersi se
necessario.
La prima freccia non colpì il bersaglio ma non si diede per vinta e la
successiva penetrò il legno massiccio del portone con un tonfo cupo.
Sorridendo soddisfatta continuò a provare e riprovare e quando Miles e
Mat uscirono dall'altra stanza, la trovarono eretta e pronta a scoccare
l'ennesima freccia.
-Complimenti!- si congratulò Miles osservando il bersaglio. -Sette colpi
su dieci è un buon punteggio.-Di questo passo diventerai pericolosa!- notò Mat ridendo.
Hilda si strinse nelle spalle e accettò i complimenti, mentre si dirigeva
verso il portone per recuperare le frecce.
-Come sta procedendo?- domandò con indifferenza.
-Da sballo.- rispose Miles con noncuranza, accendendosi uno spinello. Non mi ero mai divertito tanto, Cristo! Peter, poi, se l'è sbattuta due
volte!-Sì, è vero. Ma ormai è quasi tutto finito.- concluse Mat sedendosi con
un sospiro di sollievo.
Cercando di apparire naturale, lei chiese ancora:
-E Dagr?Mat sogghignò e lanciò un'occhiata all'amico prima di rispondere:
-Ah, be’! Lui è stato il primo. E come si dimenava quella troia! Dovevi
vedere che scena!- e scoppiò a ridere di gusto. -Sarai soddisfatta
sapendo che era ancora vergine.-
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Con un sorriso di trionfo Hilda si voltò verso la zia, rimasta immobile
nella posizione in cui l'aveva lasciata. Miles le si avvicinò e la scrutò
attentamente, quindi si rivolse a Hilda chiedendo:
-Non ha retto?-Pare di no. Deve essere impazzita.-Amen!- esclamò Mat e si mise a ridere.
La ragazza si avvicinò a Hols e lo accarezzò mormorando:
-Lo sai, vero, che la tua padroncina è felice? E tu non sei felice per lei?Come se l'avesse capita, il lupo le leccò la mano con uno strano
scintillio negli occhi gialli e la fissò a lungo. E come sempre, lei si ritrovò
prigioniera di quello sguardo così acuto e magnetico.
In quel momento udì le risate dei Wölfe più chiare e intuì che stavano
uscendo dalla camera. Si voltò e si ritrovò a fissare due occhi freddi
come il ghiaccio che la scrutavano intensamente e sorrise al fratello.
Dietro di lui i Wölfe si erano riuniti intorno alla donna legata sulla sedia,
sbirciandola con disprezzo, mentre continuavano a commentare
volgarmente quanto accaduto.
Con delicatezza Siegfried prese una ciocca dei capelli di Hilda e la
studiò con finto interesse, chiedendo:
-Soddisfatta?Lei lanciò un'occhiata alla zia, ancora preda della follia e tornò a
posare gli occhi su di lui, sorridendo appagata.
-Abbastanza.Siegfried annuì appena e commentò:
-Non sbagliavo a dire che sei una parte di me. Siamo troppo simili
perché qualcuno possa dividerci, non credi? Comunque,- continuò con
tono dolce, accarezzandole una guancia, -avrai la tua vendetta.
Completa, stavolta.I loro occhi si incontrarono e lei annuì soddisfatta.
All'improvviso si ricordò di Ann e girò lo sguardo verso l'altra stanza,
ma prima ancora di riuscire a pronunciare una sola parola, Siegfried la
prevenne, meravigliandola una volta di più con la sua sagacia:
-No.-Ma... ma è...- balbettò senza sapere bene cosa chiedere.
-Se vuoi sapere come sta, be’, il suo cervello deve aver fatto tilt. Non
credo si riprenderà più dallo shock.- e lasciò cadere l'argomento come
se fosse superfluo continuare.
Si rivolse agli altri e pretese l'attenzione generale, facendoli
ammutolire.
-Tra poco sorgerà il sole. È meglio riaccompagnare le signore a casa.annunciò con sarcasmo.
Pat controllò l'orologio ed esclamò:
-Siamo in perfetto orario!-Ok! Il piano procede.- intervenne Josh prendendo in mano la situazione.
-Karl e Nik, andate a prendere la ragazza. Stefan e Peter, occupatevi
della donna poi, insieme a Siegfried, Hilda, Miles e Japaner, tornate al
covo. Tu Mat, guiderai la macchina e voi,- continuò rivolto a Mohican e
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Saint Just, -venite con me. Pat, ti occuperai della macchina una volta
che non ci servirà più. Ok. Ci rivediamo fra tre quarti d'ora al covo.Tutti annuirono e ognuno si diede da fare per eseguire gli ordini
ricevuti.
Nel giro di cinque minuti nella vecchia villetta non c'era più nessuno e
l'oscurità tornò ad avvolgerla nelle proprie grinfie, cancellando nel nulla
la notte appena trascorsa.
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-Salve! Come ve la passate?Hilda sorrise e si fece da parte per far entrare Laura. Richiudendo la
porta rispose:
-Noi abbastanza bene, e tu? Cosa ti porta da queste parti?-Ba'! Solo la voglia di chiacchierare. Ehilà, bastardi!- esclamò rivolta ai
Wölfe. -Vi trovo in forma! Vita rilassata, eh?Miles alzò una mano a mo' di saluto senza degnarla di uno sguardo,
troppo intento ad ascoltare la radio e a canticchiare il motivo di una
canzone dei Deep Purple; gli altri le sorrisero e Mohican se la mise
seduta sulle ginocchia, pizzicandole una natica.
-Sei sempre il solito stronzo! Non cambierai mai?- l'apostrofò mettendosi
più comoda. -Dammi un po' di fumo, ne ho proprio voglia.-Sempre in cerca del meglio, eh ragazzina?- la rimproverò Karl
sorridendo e porgendo la canna.
-Quante storie, matusa! Se vuoi ti ripago in natura.- rispose con voce
carezzevole.
Il ragazzo la studiò attentamente, soffermandosi sui tacchi alti, sulle
gambe lasciate scoperte da una gonna vertiginosa, sul maglione scollato
che evidenziava il seno acerbo e sorrise lascivo.
-Perché no?-Ok, cocco. Lasciami fumare senza rompermi le palle e poi ti farò fare
una scopata che non scorderai per tutta la vita.-Ehi, Laura! Non esiste solo Karl qua dentro!- sbottò Peter irritato.
-Non temere, bello mio. Oggi ho tutto il tempo che voglio e ho deciso che
lo passerò con voi.Siegfried distolse lo sguardo e riempì il bicchiere di vodka. Mentre lo
portava alle labbra una mano gli si posò sulla spalla e Japaner chiese:
-La cosa ti disgusta?Siegfried sorseggiò il liquore senza voltarsi, quindi osservando il
bicchiere rispose con indifferenza:
-Affatto.-E quella faccia, allora? Dai! Oggi Laura è venuta solo per farsi sbattere
da tutti. Non è la prima volta e lo sai benissimo.-Ne faccio a meno.Con un sorriso Japaner si chinò e gli sussurrò all'orecchio:
-Tu hai di meglio, eh?- e con la testa accennò un gesto appena
percettibile in direzione di Hilda.
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Siegfried posò gli occhi gelidi su quel volto giallognolo e il ragazzo
rabbrividì. Cosa aveva detto di sbagliato? si chiese. Non era un segreto
per nessuno che avesse un debole per la sorella... Perché
quell'espressione omicida? Se avessero potuto, i suoi occhi l'avrebbero
incenerito all'istante.
-Ok, Dagr. Come non detto. Non volevo mica mangiarti.- ribatté con
freddezza, raddrizzandosi.
Siegfried lo degnò ancora un attimo della sua attenzione, quindi scolò
il bicchiere d'un fiato, dimenticandosi della sua presenza.
Con un'alzata di spalle Japaner andò a sedersi in un angolo,
stringendo nella mano l'elsa della spada e solo quando si sentì più
rilassato allentò la presa, concedendosi qualche minuto di meditazione
spirituale per staccarsi con la mente e con il corpo dal resto del gruppo.
-Ti fai una partita?- chiese Nik mischiando le carte.
Accendendosi una sigaretta, Siegfried annuì appena e il ragazzo fece
cenno a Josh e Stefan di unirsi a loro.
Dalla parte opposta della stanza, con un'esclamazione gioviale, Pat
balzò dalla sedia e sogghignò osservando la scacchiera.
-È fatta, cazzo! È fatta! Scacco matto!-Non cantar vittoria troppo presto, perdio!- grugnì Saint Just con stizza,
senza alzare gli occhi dal tavolo da gioco. -Ho ancora una via d'uscita.Pat controllò i vari pezzi sulla scacchiera aggrottando le sopracciglia
pensieroso.
-No, stronzo!- esclamò ridendo. -Non ne hai! Stavolta ti ho fregato! È
matto!-E invece ho ancora una possibilità!Con un violento calcio fece volare via la scacchiera sotto gli occhi
allibiti di Pat, che vide i vari pezzi saettare vicino al proprio volto e
catapultarsi a terra. Soddisfatto, il francese gonfiò il petto sogghignando
e disse:
-Come vedi, stronzetto, l'ultima mossa non è stata la tua. N'est-ce pas?-Brutto figlio di puttana! Rotto in culo che non sei altro!- sbraitò furioso,
afferrandolo per il bavero del giubbotto. -Ti farò vedere io quale sarà la
mia ultima mossa, pezzo di merda! Giuro che ti faccio a pezzi e ti
impiccherò con le tue budella, stronzo!Si preparò a sferrare il primo pugno, ma Saint Just lo bloccò
proponendo:
-Rompi meno le palle, Cristo! Se pensi di essere tanto bravo e se credi
di riuscire di nuovo a vincermi, allora facciamo un'altra partita!Hilda sorrise e lasciò vagare lo sguardo su tutti i ragazzi, quindi si
avvicinò alla finestra e sbirciò fuori. Il sole era appena tramontato,
lasciando nell'aria un tiepido calore che ben presto sarebbe svanito per
lasciar posto al freddo della notte. Della neve non c'era più traccia, ma il
freddo era più intenso e pungente. Due uccelli sfrecciarono veloci
all'orizzonte e lei li seguì con lo sguardo, sospirando. Si rivoltò in tempo
per vedere Karl e Laura eclissarsi sopra le scale e per un attimo la
sensazione che provò fu di invidia. Scosse la testa e serrò i pugni.
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Perché mai? pensò. Cosa devo loro invidiare? Istintivamente il suo
sguardo si posò su Siegfried, intento a giocare a carte e rimase a fissare
il suo profilo perfetto circondato da qualche ciuffo ribelle di capelli. In
quel momento fu consapevole del suo corpo armonioso e possente,
tempestato da tante cicatrici e crebbe in lei la voglia di baciargliele tutte,
una per una.
Due sottili occhi grigi si posarono su di lei e Hilda arrossì
immediatamente, rendendosi conto che Siegfried aveva letto alla
perfezione nei suoi pensieri. Un lieve sorriso sardonico piegò le labbra
del ragazzo e lei voltò la testa di scatto, come se avesse voluto sfuggirgli.
Ma era tardi: per lui il suo desiderio non era più un segreto.
Irritata, ma solo con se stessa, si avvicinò a Miles, intento ad
ascoltare la radio e gli rivolse un pallido sorriso prima di sedergli accanto.
Quella sera, dopo che i Wölfe furono usciti per la solita scorribanda,
Hilda rimase a parlare con Laura, come sempre faceva ogni volta che
loro due si ritrovavano sole nel covo. Parlarono a lungo, con la
compagnia silenziosa di Hols, e Hilda riuscì per la prima volta a
raccontare il suo passato senza tralasciare niente. Laura si rivelò
un'ottima ascoltatrice e non la interruppe mai per farle domande. Aveva
capito che doveva lasciarla parlare fin quando non avesse finito, o si
sarebbe di nuovo richiusa in se stessa.
La guardò a lungo mentre parlava, ammirandone la bellezza senza
invidia e mirò la sua grazia, i suoi modi che la facevano apparire fragile e
vulnerabile. Ma percepiva altresì una forza di carattere nascosta, una
volontà incrollabile e per un istante la confrontò con il fratello. Anche
Siegfried, quel mostro, celava la sua inumana efferatezza dietro il suo
volto angelico... Un angelo ambiguo e calcolatore, pensò con ribrezzo,
freddo e crudele. E Hilda ne è una prigioniera consenziente, quasi
estasiata. Nelle loro vene scorre lo stesso sangue, però lei mi sembra
meno pericolosa di Fried... O sbaglio? pensò fissandola negli occhi.
C'era qualcosa di strano in quella ragazza, come se stesse combattendo
una battaglia contro se stessa. Forse più di una...
-Devi aver passato dei brutti momenti.- commentò appena lei ebbe
terminato di raccontare.
-Puoi ben dirlo. Però... Ecco, mi sento in colpa verso di te, perché quello
che ho subito io non è stato niente in confronto a quanto hai sofferto tu.
E mi sono vergognata di me stessa più di quanto avrei dovuto. Mi sento
come se ti avessi rubato una parte del dolore che ti apparteneva...-No, non mi hai rubato un bel niente. Io sono quella che sono e che
vedi.- l'interruppe Laura alzando le spalle.
Si alzò dal letto dove erano sedute e fece qualche passo per la
stanza. Non aveva voglia di parlare di sé, perché la sua vita, seppur
breve ma intensa, non valeva la pena di essere raccontata. E perché il
ricordo di quanto aveva dovuto subire e subiva tuttora le bruciava ancora.
-Ti trovi bene con i Wölfe?- chiese con noncuranza, per cambiare
discorso.
Accese una sigaretta e vide gli occhi di Hilda brillare di gioia.
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-Sì, certo. Mi ci trovo a meraviglia e non mi pento della scelta fatta.Laura annuì distrattamente, quindi, come se le fosse venuto in mente
solo in quell'istante, si voltò e le chiese senza inutili giri di parole:
-Cosa c'è fra te e tuo fratello?Hilda sussultò appena e le guance le si imporporarono
involontariamente. Una domanda che la colse impreparata, lasciandola
confusa e smarrita per un istante. I suoi occhi si restrinsero come
fessure e la trafisse con lo sguardo; ma Laura parve non accorgersene,
già preparata a quella reazione.
-Che domanda è questa?- scattò sulla difensiva.
-Una semplice domanda, tutto qui.- replicò con semplicità.
Si rimise seduta accanto a lei e la fissò intensamente negli occhi
prima di prenderle le mani e continuare a dire:
-Ti si legge in faccia quello che provi per lui. Lo ami, vero? No, non
negare e non venirmi a raccontare la stronzata che è il solito amore
fraterno; lo desideri come potresti desiderare un amante, ma allo stesso
tempo hai paura. Di cosa? Di lui? Se è questo, non ti do torto...! Oppure
dell'incesto?Hilda la fissò scandalizzata, senza riuscire ad aprir bocca, troppo
attonita per replicare.
-No, non hai paura di lui.- continuò imperterrita, ben conoscendo i suoi
pensieri. -Hai paura di un fottutissimo incesto, non è così? Incesto...ripeté quasi a se stessa. -Un sentimento che la tua mente rifiuta a priori,
a dispetto del tuo cuore. È questo che ti trattiene? Questa cazzata
sull'incesto? Eppure sei già stata incestuosa... Con tuo cugino; o non ci
avevi pensato? No, non interrompermi. Posso apparire cinica, però non
vedo come tutto questo possa impedirti di essere felice. A lui basterebbe
un tuo gesto e subito sarebbe ai tuoi piedi, senza pensarci due volte.
Siegfried non si è mai posto il problema, semplicemente perché non lo
vede, cosa che invece ti ostini a frapporre tra voi due. Perché? Niente
dovrebbe trattenerti dal farlo entrare qui in camera tua. In fondo, col
pensiero l'hai già amato; perché non dovresti farlo anche nella realtà?-Non sai quello che dici. Dai pensieri posso sempre far ritorno, dalla
realtà no.- ribatté incredula.
Laura sorrise e le strinse forte le mani.
-Vedi che ho ragione? Tu l'hai già amato, anche se solo con il pensiero.
Perché continuare a farti del male? Perché farne a lui? Avessi io la
fortuna di avere qualcuno che mi amasse così...! Di sicuro ora non starei
qui a marcire, con la merda fino al collo. No, forse non riesci a capire...Come se una molla fosse scattata in lei, Hilda le lanciò uno sguardo
gelido e ritrasse le mani dalla sua presa, rispondendo a denti stretti:
-Certo che capisco! Riesco a capire benissimo! A cosa miri? Dove vuoi
arrivare?L'espressione stupita dell'altra fu istantanea e sincera.
-Arrivare?- ripeté attonita.
-Un gioco astuto il tuo, non c'è che dire! Sarebbe facile, no? Indurre
Siegfried a mostrare apertamente il suo punto debole per poterlo
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distruggere senza problemi. Mi sorprendi: non ti credevo così furba! Di
chi è stata l'idea?Quella voce gelida e tagliente la colse impreparata e Laura rimase a
fissarla senza capire. A poco a poco però il secco rifiuto col quale era
stato respinto il suo consiglio iniziò a irritarla e alzandosi di scatto dal
letto replicò con durezza:
-Non so di che cazzo vai parlando. So soltanto che volevo aiutarti, ma
sentirmi accusare e aggredire senza motivo, questo no, perdio, non
l'accetto! Puoi continuare a tormentarti in eterno e puoi anche andare a
farti fottere, per quello che me ne frega!Fece un paio di passi per la stanza per sbollire l'ira, quindi tornò a
guardarla e scosse la testa rassegnata.
-Giuro che non riuscirò mai a capirti.- commentò.
-Ah, no? Be’, se è per questo, allora proverò a illuminarti.- replicò con
sarcasmo. -Si dà il caso che io ami mio fratello e non voglio essere la
causa dei suoi problemi. È vero, hai ragione: sono il suo unico punto
debole, ma se speri di potermi usare per poter colpire lui, ti sbagli di
grosso. Se rappresento un pericolo per Siegfried, allora sappi che lo
proteggerò in qualsiasi maniera, a costo di lasciarlo. Sono stata
abbastanza chiara o vuoi delucidazioni in merito?Laura la fissò incredula, poi scoppiò a ridere, con quella sua risata
volgare e Hilda rimase sulla difensiva, non trovando niente di
particolarmente ilare nelle proprie parole.
-Oh, Hilda! Ora capisco! È dunque questo che ti fa paura? Che scema a
non pensarci prima! Era così semplice e logico!Continuò a ridere mettendosi di nuovo seduta sul letto, mentre l'altra
la studiava con palese diffidenza. Quando riuscì a tornare seria, la
ragazzina prese tra le proprie una riluttante mano dell'amica e i suoi
occhi la guardarono con dolcezza.
-Che brutto malinteso! Se hai pensato sul serio che miravo solo a
distruggere tuo fratello mi hai fraintesa. Credimi, desidero solo alleviare
in parte la tua battaglia interiore.Senza cedere, Hilda replicò:
-Tu stessa affermasti che ero un pericolo per Dagr e che chiunque
l'avesse capito...-Poteva usarti per annientare lui!- concluse sorridendo.
-Già, quindi...-Quindi niente.- l'interruppe di nuovo. -Strano, vero? Mi piaci, sei una
ragazza speciale ed è difficile volerti male. Ho intuito che qualcosa ti
tormentava ed ho capito di cosa si trattava. Allora mi sono detta: Laura,
qui qualcuno ha bisogno di te, di un tuo consiglio... Quando dissi che
rappresentavi un pericolo per tuo fratello, non intendevo assolutamente
riferirmi alla possibilità che i Wölfe ne avrebbero approfittato. Loro sono
troppo uniti per scagliarsi uno contro l'altro. La mia preoccupazione era
rivolta altrove, a tutti coloro che odiano i Wölfe e che vorrebbero vederli
morti. Ma tu non sei più un pericolo solo per Fried: lo sei anche per tutti i
Wölfe. Vedi, forse ti sembrerà strano, eppure questi ragazzi ti si sono
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©MGL VALENTINI
affezionati, come la sottoscritta. E credo avrai capito che nel nostro
mondo è meglio non avere sentimenti, appunto per evitare che qualcuno
possa approfittarne. Ecco: con quella frase intendevo proprio questo.
Non so se riuscirai a credermi, ma è così.Hilda scrutò quel sorriso spontaneo e quegli occhi dolci sotto il
pesante trucco e si domandò fin dove potesse crederle. Laura sembrava
sincera, tuttavia il dubbio persisteva.
Notando l'espressione titubante sul volto dell'amica, Laura le lasciò la
mano e riprese a dire:
-Ricordi il nostro primo incontro? Sì, vero? Allora ti salvai dai miei
protettori, evitandoti di fare la mia stessa fine; perché pensi che ora
voglia farti del male? Tu vedi solo in superficie e il mio aspetto non
inganna nessuno, lo so, però non sono cattiva, credimi. Se lo fossi stata,
ti avrei lasciato nelle mani dei miei aguzzini senza muovere un solo dito
per salvarti; ma non l'ho fatto.Sospirò e i suoi occhi si riempirono di tristezza.
-Nella mia vita,- continuò, -nessuno mi ha mai voluto bene. Tutti mi
accettano e sopportano la mia presenza solo perché faccio comodo e
perché possono sfruttarmi secondo i loro interessi, però non ho mai
ricevuto una sola parola dolce, sincera, spontanea. Nessuno mi hai mai
fatto complimenti disinteressati. Dietro a tutto c'è solo il fine ultimo di
utilizzarmi. Io sono sola, anche se circondata da molta gente. Per questo
non comprendo il tuo comportamento. Ami e hai la fortuna di venire
ricambiata e ti rifiuti di godere questa felicità. Cazzo! Perché? Fried è un
uomo come un altro.- disse, ma avrebbe voluto aggiungere: solo
fisicamente. -Forse ti sembrerò pazza, ma per me questo tipo di
relazione non è diverso dalle altre. Non bado a simili stronzate. Se fossi
al tuo posto, mi godrei ogni attimo di questa felicità, perché la vita, e lo
dico per esperienza, porta solo dolori e amarezze e può terminare in
qualsiasi momento.-Comportati come se ogni attimo della tua vita fosse quello decisivo della
tua morte.- recitò Hilda con voce atona.
Laura la guardò sorridendo con affetto e rispose:
-Be’, io non sono colta, però credo sia proprio ciò che volevo dire.Lentamente Hilda abbassò la testa e chiuse gli occhi. Le tempie le
pulsavano con violenza e non aveva la forza di pensare a mente lucida.
Per un lungo momento rimase immobile, sotto lo sguardo dell'altra,
quindi con stanchezza osservò l'orologio: le due e venti di notte. Era
tardi. Inutile dire che Laura l'aveva sconvolta con le sue parole e per il
momento non voleva ragionarci sopra. L'indomani, riposata e tranquilla,
avrebbe pensato a tutto e ne avrebbe tratto le giuste conclusioni.
Inspirò profondamente e osservò la ragazzina.
Hols drizzò le orecchie all'improvviso e assottigliò i suoi occhi gialli.
Rimase per un istante teso come una corda, quindi si alzò e iniziò a
ringhiare dietro la porta della camera, attirando l'attenzione delle ragazze.
-Buono, Hols. Sta' a cuccia.- ordinò Laura distrattamente.
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©MGL VALENTINI
Ma Hilda si alzò dal letto e si avvicinò alla porta con tutti i sensi
all'erta. Sentì il portone che veniva richiuso e si voltò verso l'amica, ora
anch'essa allarmata. Chi poteva essere? Non di certo i Wölfe: non
sarebbero rientrati così presto e senza far rumore e Hols non si sarebbe
messo a ringhiare. Forse la polizia?
-Non mi piace.- sussurrò Laura raggiungendo l’amica.
-Pensi siano i piedipiatti?La ragazzina tese le orecchie vicino alla porta, aggrottando le
sopracciglia. Hilda la vide impallidire e fremere appena e si chiese cosa
avesse intuito.
-Alla finestra, presto!- ordinò in un sussurro.
-Ma...-Svelta, perdio! Non c'è tempo da perdere: sono teppisti!Per un attimo il cuore di Hilda si fermò e sgranò gli occhi inorridita;
quindi, cercando di non perdere la testa, riordinò le idee e afferrò Hols
avvicinandosi alla finestra, seguita da Laura.
Il rumore di molti passi che salivano le scale la fece impallidire e si
fermò di scatto, lasciando il lupo. Con rapidità, Laura spense la luce e le
diede una spinta, rimproverandola:
-Non è proprio il momento adatto per sentirsi male! Fatti coraggio,
Cristo!Raccogliendo tutte le forze e ignorando il tremito che l'aveva assalita,
si scosse e afferrò l'arco e la faretra prima di dire:
-Scendi per prima, ti copro le spalle!Per un attimo si guardarono e si scoprirono terrorizzate, quasi
incapaci di ragionare. Eppure dovevano reagire a qualunque costo o per
loro sarebbe stata le fine.
Laura costrinse Hols a saltare dalla finestra, ignorando il rifiuto del
lupo a voler lasciare la padrona; quindi si mise seduta con le gambe nel
vuoto. Alla tenue luce delle stelle sbirciò sotto di sé e deglutì più volte,
cercando di dominare la paura. Sebbene si trovassero solo al primo
piano, il salto era notevole e non c'era tempo. Chiuse gli occhi e si lanciò,
proprio nell'istante in cui la porta della stanza veniva spalancata con un
violento calcio.
Hilda, già prossima a seguire Laura, si voltò di scatto, con la micidiale
freccia pronta per essere scoccata.
Molte facce a lei sconosciute irruppero nella camera, armi in pugno e
aspetto che non lasciava dubbi sui propositi. Si bloccarono
all'inaspettata vista dell'arco puntato contro di loro e Hilda, nonostante il
freddo che entrava dalla finestra, sentì il sudore imperlarle la fronte. La
sua mente realizzò che non poteva rimanere immobile, facile preda e
decise il tutto per tutto.
Un ragazzo dal ghigno terribile, con la pistola in mano, fu il primo a
riprendersi dall'istante di smarrimento e avanzò verso di lei
sogghignando trionfante e subito dietro di lui se ne fece avanti un altro,
col grosso coltello che luccicava nell'oscurità.
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Terrorizzata, Hilda si lasciò trasportare dall'istinto e scoccò la freccia
contro quello più vicino a lei, conficcandogliela in pieno petto. Un urlo
squarciò le tenebre, seguito dal lugubre ululato di Hols e il ragazzo si
accasciò a terra con gli occhi sgranati, cercando disperatamente di
estrarre la freccia che gli succhiava la vita poco a poco. I suoi compagni
rimasero disorientati e attoniti di fronte all'inaspettata reazione della
ragazza e la fissarono con aria interrogativa. Sapevano che la sorella di
Der Teufel era incapace di uccidere, incapace di qualsiasi reazione e
quel rapimento avrebbe dovuto svolgersi con una facilità estrema.
Invece...
Nell'attimo in cui nessuno si mosse, lei scavalcò la finestra senza
pensarci oltre, volando nel vuoto e finendo malamente a terra. Soffocò
un gemito di dolore e si rialzò con l'aiuto di Laura, quindi non perse altro
tempo e si diede alla fuga, seguendo Hols che pareva sapesse dove
condurle.
Qualcuno alla finestra della camera sbraitò qualcosa di volgare e
subito dopo si udirono colpi di pistola echeggiare nel silenzio della notte.
Laura gemette e barcollò come un ubriaco, portandosi la mano al fianco
sinistro e rallentando la corsa. Hilda le fu subito accanto e la sostenne,
trovando dentro di sé un coraggio che non si sarebbe mai aspettata,
mentre la ragazzina esclamava:
-Va', corri! Corri, perdio, o prenderanno anche te! Va', non fermarti!-No, non ti lascio! Resisti fino alla curva, poi non ci vedranno più!-Allontanati, Cristo! Io ti raggiungo!-Non sprecare le energie a parlare inutilmente, testona!- la redarguì
costringendola a correre.
Ansimando e stringendo i denti per il dolore lancinante, Laura riprese
la fuga interrotta, mentre la vista le si appannava e il sudore le imperlava
tutto il corpo.
Sorreggendola come meglio poteva, Hilda seguì Hols col cuore che
pareva volesse scoppiarle da un minuto all'altro, pregando che quella
folle corsa finisse presto.
I pochi lampioni che funzionavano illuminavano raramente la strada e
ben presto le tenebre avvolsero le due fuggitive, chiudendo la via ai loro
inseguitori e rendendole libere dall'immediato pericolo.
Fu solo quando raggiunsero una casa fatiscente, circondata da altre
case adiacenti che Hilda e Laura si resero conto che nessuno più le
seguiva e barricandosi all'interno tirarono un sospiro di sollievo.
~
Hilda osservò la ferita sul fianco di Laura, intrisa di sangue scuro che
si teneva attaccato alle vesti come una morsa micidiale e socchiuse gli
occhi reprimendo un'improvvisa ondata di nausea. Non sapeva cosa fare
e quel senso di impotenza la sgomentava.
Sdraiata sul pavimento sporco, Laura evitava stoicamente di urlare,
contorcendosi le mani e massacrandosi le labbra che già iniziavano a
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sanguinare, mentre il sudore le rendeva la pelle del volto lucida,
sciogliendo il pesante trucco e rendendola grottesca.
-Laura, ascolta.- mormorò Hilda con dolcezza. -Dovrò tagliare i vestiti o
la ferita si infetterà. Mi hai capito?Nonostante il tono rassicurante col quale aveva parlato, si sentiva
prossima allo svenimento. Il sangue che filtrava dagli abiti e si spandeva
per il pavimento era una visione raccapricciante.
Con uno sforzo sovrumano Laura annuì impercettibilmente e la
guardò con aria supplichevole.
-Ti farò male, lo so, ma cerca di resistere. Il peggio è ormai passato.- la
rassicurò, poco convinta delle sue stesse parole.
Cercando di dominare il tremito delle mani, si inumidì le labbra e usò
la punta affilata di una freccia, stando bene attenta a non ferirla
ulteriormente.
A dispetto di tutte le premure, Laura si contorceva fino allo spasimo,
stringendo gli occhi e i denti, graffiando con forza il pavimento fino a farsi
uscire il sangue dalle dita.
Hols era sparito. Appena le aveva condotte lì, aveva atteso un attimo
per accertarsi che la sua padrona non corresse altri rischi, quindi se ne
era andato, sparendo nella notte. Ma Hilda non ci aveva neppure fatto
caso, intenta com'era ad assistere l’amica.
Inspirò profondamente e si allontanò i capelli sudati dal viso, quindi
posò la freccia e disse con voce roca:
-Ho finito. Posso vedere bene la ferita... Continua a sanguinare, ma
sembra che il proiettile sia uscito da solo. Cercherò di tamponarla con i
miei abiti. Mi hai sentito?Laura annuì appena, stringendo i pugni per non urlare.
Hilda si tolse il giubbotto, rimanendo con la maglietta; ma non sentì
freddo: era fin troppo accaldata e scossa. Appallottolò una manica e la
infilò in bocca all’amica, mormorando:
-Mi dispiace, non ci ho pensato prima. Mordi questo invece delle labbra.Quindi iniziò a tamponare la ferita con molta cura, facendo una
smorfia. C'era bisogno di un medico; lei non poteva far niente. Si guardò
intorno pensierosa. Posò gli occhi sulla fiammella della candela che si
stava consumando lentamente e sospirò rassegnata. Cosa poteva fare?
Non sapeva dove trovare un medico in quel quartiere dimenticato da Dio
e poi, a quell'ora della notte, ammesso che l'avesse trovato, sarebbe
venuto? E poteva lasciare Laura da sola per andare a cercarlo? No, non
si sarebbe allontanata, neppure per un secondo.
Ma dove diavolo si era cacciato Hols?
Laura soffocò un gemito di dolore, distogliendola dalle sue riflessioni
e si rilassò visibilmente. Hilda impallidì e si precipitò a tastarle il polso:
era solo svenuta.
Con una mano continuò a tamponare la ferita, con l'altra tirò indietro
una ciocca di capelli e rimase a fissare la candela. In quell'istante
realizzò di aver ucciso un uomo...
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Sussultò con violenza e lasciò cadere lo sguardo attonito sull'arco, a
terra vicino a lei. Con il pensiero rivide tutta la scena: i ghigni trionfanti e
se stessa che scoccava la freccia contro il ragazzo.
Aveva ucciso! Aveva ucciso un uomo! Si fissò le mani tremanti,
attonita e smarrita. La testa iniziò a pulsarle come un tamburo e le
sembrò che il cervello le dovesse schizzare fuori all'improvviso. Non si
accorse delle lacrime che le bagnavano il volto, né dei singhiozzi
spasmodici che le scuotevano il corpo: stava troppo male.
Abbandonata, la ferita di Laura ricominciò a versare sangue più di
prima e la ragazzina prese un colorito cianotico. Ma Hilda era troppo
sconvolta per rendersi conto del pericolo che correva la sua amica.
Riusciva a percepire solo se stessa come assassina e non riusciva a
muoversi, facile preda della propria disperazione. Inutilmente la sua
parte razionale le ripeteva che aveva agito solo per difesa: la mente
continuava a recitare una litania tetra: hai ucciso... hai ucciso...
Non udì il rumore che proveniva da fuori e sussultò gridando quando
la porta venne spalancata con violenza. Accecata dalle lacrime,
inchiodata a terra, intravide un gruppo di persone precipitarsi nella
stanza e d'istinto portò le mani in avanti, a mo' di difesa, gridando e
piangendo.
-Kristall! Kristall, calmati!La voce di Siegfried le giunse nitida e si sentì afferrare per le spalle e
scuotere con modi rudi. Riuscì a mettere a fuoco l'immagine del fratello
un istante prima di capire di essere al sicuro e gli volò tra le braccia,
singhiozzando violentemente.
-Scheisse! Laura è quasi fottuta!- sbottò Karl esaminando la ferita.
I Wölfe si erano riuniti intorno al corpo inerme della ragazzina,
increduli e confusi. Ancora non riuscivano a capire con chiarezza cosa
fosse accaduto e Josh, vista la situazione, prese a impartire ordini
precisi e concisi per cercare di salvare Laura.
-Bisogna portarla in ospedale.- osservò Japaner togliendosi gli occhiali
scuri.
-No. Non ci è possibile.- rispose Karl meditabondo. -Dobbiamo portarla
al covo. Lì vedrò cosa potrò fare.-Allora forza!- li incitò Josh perentorio. -Pat, Nik, procuratevi una
macchina alla svelta, non perdete tempo!- e osservò Laura ancora
svenuta. -E che Dio ci aiuti a salvarla.-
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Hilda sorseggiò il caffè con espressione assorta, sotto lo sguardo
vigile di Siegfried. Era terribilmente pallida, con gli occhi tumidi e
cerchiati di rosso, che la rendevano più vecchia di quanto non fosse.
Non aveva dormito neppure per un minuto e le dolevano le ossa, oltre al
gran mal di testa che continuava a perseguitarla.
Dal racconto confuso che aveva fatto, Siegfried e gli altri avevano
tratto una sola conclusione: qualche banda rivale voleva servirsi di lei
per sopprimerli. Di conseguenza non potevano più lasciarla sola la sera.
Con un gesto distratto, Siegfried accarezzò Hols, ringraziandolo
mentalmente per essere corso da loro a far capire che era successo
qualcosa. Era apparso all'improvviso, emettendo un lungo ululato e i
Wölfe si erano subito chiesti cosa ci facesse lì, a quell'ora della notte. Il
sospetto che qualcosa era accaduto li aveva costretti a seguirlo correndo
come diavoli, senza domandarsi come fosse riuscito a trovarli.
Con gesti misurati si accese una sigaretta e Hilda si voltò a guardarlo,
mentre il sole nasceva all'orizzonte, per dare vita al nuovo giorno.
-Dagr...- sussurrò flebile.
Lui alzò la testa e puntò i propri occhi in quelli di lei, leggendovi
disperazione e dolore.
-Dagr, io... io sono un'assassina... Ho ucciso un uomo...- gemette.
Siegfried si alzò dalla sedia e le andò vicino, posandole le mani sulle
spalle.
-Non dire stronzate.- la rimproverò. -Ti sei solo difesa, come avrebbe
fatto chiunque al posto tuo. Fa' conto che hai già vendicato Laura.-È tutta colpa mia se l'hanno ferita...Il ragazzo restrinse gli occhi, mantenendo una calma invidiabile.
-Te l'ho detto: non è colpa di nessuno.Hilda scosse la testa e passò una mano sugli occhi.
In quel momento Josh uscì dalla camera di lei e scese le scale
raggiungendo gli altri. Si voltarono tutti verso di lui e Mohican chiese:
-Allora?-È fuori pericolo. Almeno così pensa Karl. È riuscito a fermare
l'emorragia ma dice che bisognerà attendere qualche giorno per essere
certi che sopravvivrà. Pat, che ore sono?-Le sette e mezza.- rispose dopo aver sbirciato l'orologio.
Josh si avvicinò a Siegfried e a Hilda e rimase a studiare quest'ultima.
-Non fare quella faccia, ragazza!- esclamò sorridendo. -È merito tuo se
possiamo ancora sperare. Se non le avessi tamponato la ferita, Laura
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non ce l'avrebbe fatta. Karl ha detto che ha perso molto sangue, però è
abbastanza ottimista.-Josh, devi... devi salvarla...- supplicò afferrandolo a una mano.
Con un sorriso il capo dei Wölfe le scarmigliò i capelli
affettuosamente.
-Non temere, è in buone mani... se così si può dire! Vedi, la grande
passione di Karl è sempre stata la medicina e tutto quello che sa al
riguardo lo ha appreso attraverso libri e riviste che abitualmente sottrae
ai giornalai. È lui che ci medica ogni volta che qualcuno di noi rimane
ferito. Ora perché non vai a riposare? Sei distrutta, ragazza; un buon
sonno è quello che ti ci vuole. A mente fredda tutto sarà più facile da
affrontare.-No... Non riuscirei a dormire. È tutto come... come un mostruoso
incubo.-Se anche non riuscissi ad addormentarti, perlomeno ti riposerai. Ne hai
proprio bisogno.- insistette.
-Ma Laura... Se dovesse accadere qualcosa...-Prometto di chiamarti subito. Ok? Ora va', riposati.Con riluttanza Hilda si alzò dalla sedia, sentendosi sfinita. Avrebbe
voluto restare lì, in attesa di notizie, ma Josh aveva ragione: doveva
rilassarsi. Sotto lo sguardo dei Wölfe si avviò verso le scale, mentre Josh
faceva un cenno col capo a Siegfried, che annuì e seguì la sorella in
silenzio.
Entrarono nella camera che lui divideva con Josh, Mohican e Stefan,
e Hilda si lasciò cadere a peso morto sopra un letto qualsiasi,
sospirando, mentre Siegfried richiudeva la porta alle proprie spalle senza
staccarle gli occhi di dosso.
Spense la sigaretta e sedette sul bordo del letto accanto a lei,
accarezzandole i capelli arruffati.
-Povera Kristall.- mormorò. -Che brutta avventura.Lei non si rese conto del tono velatamente beffardo ed esclamò
prendendogli una mano:
-Dio mio, Dagr! Non riesco a scacciare dalla mente il fatto che io, io ho
ucciso un uomo!Lui la guardò a lungo e le fece notare:
-Sei proprio sicura che sia morto?-Sì!... O almeno credo. L'ho colpito in pieno petto e... e si è accasciato a
terra...-Potresti solo averlo ferito.- suggerì.
Confusa, lei alzò le spalle come se si fosse rassegnata all'evidente
stato delle cose.
-Non so... Che differenza vuoi che faccia? Il fine era comunque lo
stesso.Con delicatezza Siegfried la fece stendere sul letto, scansandole i
capelli dal volto e si chinò a baciarle la fronte.
-Non angustiarti, Kristall. Quei bastardi erano pronti a ucciderti e tu hai
reagito di conseguenza.145
©MGL VALENTINI
Lei lo guardò negli occhi, mentre i capelli biondi le lambivano il corpo,
ricoprendole i seni come una cascata d'oro. Com'era bello con quel volto
angelico! Troppo ameno per essere un uomo. Con lui vicino si sentiva
protetta e al sicuro e mentre alzava una mano per toccargli i capelli, il
brutto ricordo della nottata appena trascorsa svanì come per incanto.
Siegfried piegò le labbra in un pallido sorriso, consapevole che gli si
era del tutto abbandonata tra le braccia e che aveva finalmente vinto.
Osservando quel sorriso satanico, Hilda rabbrividì.
-Ho paura...- sussurrò.
-Con me al fianco non devi averne.- fu l'ambigua risposta.
-Io mi riferivo a quei teppisti.- precisò.
Con estrema disinvoltura Siegfried posò le labbra sulle sue e la baciò
con dolcezza, facendola reagire spontaneamente, privandola di tutte le
poche forze che aveva. Con studiata lentezza le accarezzò il corpo,
sentendola fremere e le baciò il collo, il lobo dell'orecchio e di nuovo le
labbra.
Hilda alzò le braccia per circondargli il collo, senza pensare un solo
istante alla loro consanguineità, sentendo solamente crescere dentro di
sé il desiderio folle di essere amata non da uno qualunque, bensì da suo
fratello. Come in un sogno sentì le dita di Siegfried che le toglievano la
maglietta, lasciandole scoperto il seno e fu percorsa da un brivido.
Lentamente la bocca di lui si staccò dalle sue labbra per posarsi sul suo
corpo, riempiendola di baci e carezze e si lasciò andare senza pensare
più a niente.
Non si accorse che si era sdraiato sul letto accanto a lei e non si
accorse neppure che aveva gettato via il giubbotto nero, lasciando
scoperto il torace ricamato delle cicatrici; sapeva soltanto che lo stava
accarezzando, ripetendo i giochi fatti quando erano piccoli, con la sola
differenza che adesso un desiderio impellente le bruciava gli inguini e
s’inarcava spontaneamente verso di lui.
Assaporando il gusto della vittoria, con impazienza Siegfried la
denudò, rimanendo in contemplazione di quel corpo sottile come un
giunco, con gli occhi che gli brillavano di una luce perversa. Aveva
atteso tutta una vita quel momento, crescendola per se stesso e ora si
sarebbe preso quello che aveva sempre considerato di sua proprietà.
Mentre si dilettava a toccarla ovunque, sentendola gemere per quella
dolce tortura, giurò a se stesso che Max avrebbe pagato caro il suo
gesto e pensò anche che quel momento non era tanto lontano.
La guardò negli occhi, quindi tornò a baciarla e lei gli si strinse contro,
aderendo a lui con un gemito soffocato. Ma all'improvviso qualcosa
scattò nella sua testa, facendole ricordare la violenza subita e si irrigidì
impercettibilmente.
-Kristall?Hilda lo fissò terrorizzata e lui comprese.
-Non temere, Kristall. Io non ti farò mai del male.-Io...146
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-Guardami: sono tuo fratello, il tuo stesso sangue, non un estraneo. Non
potrei amarti meno di quanto io mi ami. Lasciati andare, fidati di me e
non pensare a niente.Per qualche istante ancora rimase immobile, poi chiuse gli occhi e
come sempre si lasciò imprigionare dalla sua forza di persuasione.
Siegfried continuò ad accarezzarla con pazienza, consapevole del
proprio ascendente, fin quando sentì che si era liberata dei fantasmi e
mormorava in un attimo di lucidità:
-Che Dio ci perdoni...-Dio non c'entra: pensa solo a me.- la redarguì continuando a baciarla.
Ormai troppo debole, si lasciò trascinare dallo stesso desiderio del
fratello, ritrovandosi prigioniera tra le sue braccia, lasciandosi amare
senza riserve.
In seguito, per un lungo istante rimasero abbracciati e ansimanti e
Hilda riaprì gli occhi lentamente, osservando il volto del fratello sotto una
luce nuova.
Sentendo il suo sguardo, lui si alzò sui gomiti e le sorrise. Aveva
raggiunto il suo scopo: quella vittoria lo rese indulgente.
-Perché quell'espressione strana?- le chiese.
Hilda abbassò lo sguardo e gli toccò una cicatrice.
-Dagr, io... Io non so se abbiamo fatto bene.-Sapevi che sarebbe accaduto. Io non ho alcun rimorso. Tu sei mia,
Kristall, qualunque cosa tu dica o faccia. Sei mia.Lei sospirò appena e replicò sommessamente:
-Ora Alan avrà ragione quando ci accuserà.-Alan? Chi cazzo è questo Alan?Alzò lo sguardo su di lui e rabbrividì: gli occhi erano gelidi, non più
teneri e caldi come pochi attimi prima; il volto era duro, non più dolce
come quando l'aveva stretta tra le braccia.
-Sei crudele.- mormorò.
-Cristo! Se così fosse non ti avrei trattata con gentilezza! Non voglio
neppure sentire il suo nome!Quel tono di voce iroso le fece accapponare la pelle e lo fissò
incredula.
-Anche lui diceva la stessa cosa di te. Ma perché tanto odio tra voi due
quando fra te e me c'è tanto amore? Cosa vi ha portati a essere così?Con mossa repentina Siegfried la schiacciò sotto il suo peso e con le
mani le afferrò i capelli, facendole soffocare un gemito di dolore.
-Hai un bel coraggio, Cristo!- sibilò, gli occhi che mandavano scintille. Venirmi a parlare di lui dopo che sei stata tra le mie braccia e hai goduto
tra le mie braccia! Se tanto ci tieni al tuo Alan, potevi andartene con lui
quando è venuto a riprenderti!-Siegfried, cosa dici? Lo sai che io...Era annichilita. Perché si era così irritato? Una strana luce brillava in
quegli occhi sottili e stupendi, una luce pericolosa che la fece fremere.
Con uno scatto felino lui si alzò per recuperare i propri abiti e lei si
portò seduta sul letto, seguendolo con lo sguardo.
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-Dagr... Non andartene...- balbettò.
Lui parve non udirla; con indifferenza rimise i pantaloni e afferrò il
giubbotto, mentre lei lo raggiungeva e gli posava le mani sul torace nudo.
Involontariamente Siegfried si irrigidì a quel tocco e la fissò dall'alto in
basso socchiudendo gli occhi. Hilda l'accarezzò con dolcezza, quindi gli
si strinse addosso e chiese:
-Perché mi tratti così? Perché ti diverti a giocare con i miei sentimenti?-E tu perché continui a pensare a lui? Io non ti basto più?- replicò gelido.
La ragazza sospirò e posò la testa sul suo torace. Era riuscita a
rovinare il loro momento più bello facendo una semplice constatazione e
si maledisse per la propria stupidità. Forse Siegfried era geloso di Alan?
-Non penso mai a lui, Dagr.- ammise. -Sei tu il fratello che amo, solo tu.Per un lungo minuto Siegfried rimase a osservare quei capelli neri
poggiati contro di sé e un sorriso demoniaco gli incurvò le labbra. Le
prese il volto tra le mani e la costrinse a guardarlo.
-Devi amare solo me e non voglio che pensi ad altri. Da piccola me lo
promettevi sempre, ricordi?-E te lo prometto ancora. Quello che provo per te è troppo forte e non
riuscirei ad amare nessun altro con la stessa intensità.Siegfried la studiò e capì che anche la rivalità con il fratello era
sconfitta. Ricordava perfettamente quando anche Alan la ricopriva di
attenzioni e di coccole e quel ricordo era rimasto fisso nella sua mente
come un chiodo da togliere con forza. Ora sapeva con certezza che
Hilda non l'aveva mai amato come amava lui. Mi hai rubato tutto,
bastardo, pensò trionfante, ma Kristall non sei riuscito a portarmela via.
-Così va bene.- disse accarezzandole il volto. -Sei troppo bella per
appartenere a uno che non sia io. Insieme raggiungiamo la perfezione.Con rapidità si chinò a baciarla, stringendola a sé con tale violenza
da farle quasi mancare il fiato.
-Ti ucciderei se venissi a sapere che ami di più un altro.- la minacciò
alzandola di peso e attaccandola alla parete.
-Non è possibile. Ti amo e ti adoro troppo.Siegfried si chinò per posarle un bacio sul collo e mormorò:
-Quando parli così ti riconosco.Serena per aver ritrovato l'atmosfera che aveva rovinato, si chinò per
baciarlo in volto, sugli occhi, sulle gote, sulle labbra, rinnovando quel
desiderio da poco appagato. Con dolcezza fece posare la testa bionda
sul suo seno e la strinse a sé, accarezzandola teneramente e Siegfried
non si scomodò nel ricondurla sul letto, ma la prese lì, in piedi,
lasciandola attaccata alla parete.
~
Qualcuno la toccò appena su una spalla, chiamandola
sommessamente. Hilda sospirò e si rigirò nel letto, infastidita,
continuando a dormire. Con un sorriso divertito Stefan la scosse ancora
e lei si voltò socchiudendo gli occhi ancora assonnati.
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-Smettila, Dagr. Basta.Con sguardo malizioso, Stefan sbirciò il suo corpo nudo e trattenendo
una risata la coprì col lenzuolo, dicendo:
-Dai, dormigliona. Sono io, Stefan.A quel nome sobbalzò sgranando gli occhi e le gote le si
imporporarono, mentre tirava il lenzuolo fin sotto il mento. Rimase a
fissarlo con espressione attonita, non riuscendo a comprendere la sua
presenza in quella stanza.
-Non fissarmi come se volessi fotterti seduta stante!- la derise. -Certo, te
ne stai nel mio letto e la cosa è sufficientemente allettante, ma...-Che vuoi?- riuscì a chiedere, cercando di ritrovare un po' di dignità.
-Laura ha ripreso conoscenza. Ha chiesto di te.Gli occhi di Hilda si illuminarono e chinò la testa mormorando:
-Dio ti ringrazio.- e si rivolse a Stefan. -Ok. Mi vesto e vengo subito.Il ragazzo la guardò sorridendo, pensando che quella notte sarebbe
stata dura per lui dormire in quel letto e con riluttanza la lasciò sola.
Hilda si stiracchiò e si rivestì in fretta, chiedendosi dove fosse finito
suo fratello. Il ricordo di quanto accaduto poche ore prima le imporporò
le gote e si vergognò di se stessa quando si sentì rivoltare il basso
ventre in uno spasimo di eccitazione. Avrebbe avuto il coraggio di
guardare in faccia i Wölfe senza far caso ai loro sguardi divertiti?
Si pettinò e si specchiò alla finestra: quasi non si riconosceva più. I
suoi occhi brillavano di una nuova luce e il suo volto era rosso per
l'imbarazzo. Si sentiva leggera, pronta a toccare il cielo con un dito. Che
cosa strana l'amore! Faceva provare il paradiso e l'inferno insieme!
Chiuse un attimo gli occhi e respirò profondamente, quindi uscì dalla
camera risoluta ad affrontare tutte le accuse del mondo. Da basso le
giunsero le voci dei Wölfe e tese l'orecchio per captare quella del fratello,
ma non l'udì. Allora si avvicinò alla sua stanza e bussò adagio.
Karl le aprì e la fece entrare. Stesa sul letto c'era Laura, immersa in
un bagno di sudore, con i capelli arruffati e umidi, con la fronte lucente,
gli occhi chiusi e la bocca mezzo aperta. Pareva che dormisse un sonno
ristoratore dopo la lotta ingaggiata contro la morte e Hilda si voltò verso
Karl aggrottando le sopracciglia.
-Ti puoi avvicinare, è sveglia.A conferma di quelle parole Laura aprì gli occhi e lasciò vagare lo
sguardo intorno alla stanza prima di posarlo su di lei.
-Laura...- sussurrò prendendole una mano gelida e sudata. -Sono qui,
non temere. Va tutto bene.Con voce flebile e con enorme sforzo la ragazzina chiese:
-Stai... bene?-Sì, sì. Sto bene. Ma non devi preoccuparti per me; devi pensare solo a
guarire e a rimetterti in forze.Laura chiuse gli occhi e con un debole sospiro sussurrò:
-I miei... protettori...-Come? Che cosa vuoi dire?- chiese Hilda chinandosi per udire meglio.
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©MGL VALENTINI
In quel momento Karl le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla,
dicendo:
-Basta così. È meglio evitare che si affatichi troppo. Voleva solo vederti
per assicurarsi che tu stessi bene.-Certo, certo. Lasciamola riposare, ne ha bisogno.L'osservò giacere inerme sul letto e a malincuore uscì. Karl la
raggiunse e la rassicurò:
-Non preoccuparti, è fuori pericolo.Lei sorrise e lo ringraziò di cuore.
Rimasta sola sul corridoio, si appoggiò alla parete e sospirò. Aveva la
mente stanca a forza di pensare a tutto quello che era successo e,
nonostante le ore in cui aveva riposato, gli eventi le si ripresentarono con
una vitalità sconcertante. Pensare a Siegfried, poi...
Si riscosse e si avvicinò alle scale per raggiungere i Wölfe. Non
poteva nascondersi in eterno: prima o poi avrebbe dovuto affrontarli ed
era meglio farlo subito. Condannatemi pure, pensò, però non mi
sentirete mai dire che mi sono pentita.
La voce di Mohican la bloccò, facendola involontariamente origliare
senza essere vista.
-È così, ti dico. Sono stati quei fottuti figli di puttana.-Maledetti rotti in culo!- imprecò Josh a denti stretti. -Se il nostro
informatore dice la verità, se ne può dedurre una cosa sola: volevano
rapire Hilda.-E con Hilda nelle loro mani noi non avremmo potuto difenderci. Cristo!ruggì Miles con stizza. -Gliela farò pagare cara a quei merdosi
succhiacazzi! Se solo me ne capita uno tra le mani, giuro che gli spacco
il culo!Hilda impallidì e capì che le sue nefande previsioni si stavano
avverando. Si morse le labbra e rimase immobile in ascolto.
-Be’, non possiamo certo restare con le mani in mano, cazzo!- sbottò Pat
con durezza. -Penso che l'unica soluzione sia quella di farli fuori, come
avviso a chi volesse riprovarci. Non possiamo lasciarci provocare
impunemente da quei merdosi, né da nessun altro!-Sì, ma non possiamo neppure lasciare Hilda da sola nel covo. E
sarebbe altrettanto inutile che un paio di noi restassero per proteggerla:
contro un'intera banda due vengono fottuti subito.- fece notare Josh.
Seguì un lungo silenzio e lei fece un passo avanti per udire meglio.
Poi Josh chiese:
-Fried, tu che dici?Il cuore di Hilda diede un balzo e malgrado tutto le guance divennero
vermiglie. La voce gelida del fratello le giunse nitida e decisa:
-La porteremo con noi, ovunque.Un mormorio sommesso riempì la stanza e la voce di Japaner superò
tutte in volume per esclamare:
-Ti sei bevuto il cervello o cosa? Ti rendi conto di che cazzo vai
dicendo?150
©MGL VALENTINI
-Sì, Japaner ha ragione.- intervenne Saint Just. -Hilda non è il tipo in
grado di... di sopportare tutto quello che facciamo. È una donna e non
avrà le palle per stare a guardare.-È mia sorella.- sentenziò Siegfried.
-E questo che cazzo c'entra? Dove vorresti arrivare?- sbottò Mat.
-Nelle sue vene scorre il mio stesso sangue.-Cazzate! Semplicemente cazzate!- scoppiò Josh irritato. -Non puoi
venirci a dire che Hilda possiede la tua stessa crudeltà! Lei non è come
te, anche se ti ostini a ripetere il contrario! Come credi reagirà quando ci
vedrà combattere contro bande rivali? Come cazzo pensi reagirebbe
vedendo con quanta facilità si uccide e si muore? No, non è il tipo che
può sopportare la vista di certe cose. Per te è facile, per noi pure: ci
siamo cresciuti nella violenza; ma per lei è diverso. La soluzione è da
ricercare altrove. Inoltre,- continuò acido, -ci sarebbe di peso: qualcuno
dovrebbe costantemente tenerla d'occhio mentre combattiamo, per
evitare che possa venire presa come ostaggio. E non possiamo
permetterci il lusso di distrarci, neppure per il bel muso di tua sorella!Hilda si irrigidì e rimase con il fiato sospeso.
-È giusto, Josh ha ragione.- convenne Pat.
-Mettetela alla prova.- propose Siegfried con fredda indifferenza.
Seguì un attimo di silenzio, nel quale Hilda sentì tutto il proprio
sangue ribollire. Come! Non avevano fiducia in lei? La consideravano un
peso? Ma bene! pensò. Vi farò vedere io di cosa è capace questa
donna! Dagr mi appoggia, mi concede tutta la sua fiducia ed io non lo
deluderò!
Con stizza rientrò in camera e afferrò con decisione l'arco,
incoccando la freccia. Per una frazione di secondo si vide riflessa nel
vetro della finestra e rimase perplessa nello scoprire la sua espressione
furiosa. Meglio, si disse. Capiranno che non ho affatto voglia di
scherzare. È giunto il momento in cui dovranno rassegnarsi all'idea di
avermi nel gruppo anche come combattente.
Prese la faretra e se la mise a tracolla, quindi uscì risoluta dalla
camera. Devono accettarmi, continuò a ripetersi. È l'unico modo affinché
non si ripetano episodi come quello di stanotte. Solo se li seguirò
ovunque eviteremo il pericolo che io rappresento. Sì, sono una donna,
Josh, ma una donna che non hai mai conosciuto in realtà.
Nella stanza di sotto i Wölfe stavano ancora discutendo
animatamente quando lei apparve in vetta alle scale, con l'arco teso e la
freccia puntata contro Josh.
All'improvviso calò il silenzio, mentre tutti si voltavano a fissarla ad
occhi sgranati.
-Mi è parso che abbiate qualcosa da riferirmi.- disse con voce gelida,
iniziando a scendere cautamente le scale.
I Wölfe rimasero attoniti, ma il più sorpreso di tutti fu Josh, che rimase
annichilito di fronte alla freccia che lo teneva sotto tiro e fissò la ragazza
in silenzio.
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L'unico a non aver dato segni di sorpresa fu Siegfried, che si limitò a
guardare la sorella con espressione assorta.
Per alcuni secondi, che a tutti parvero interminabili, nessuno aprì
bocca e Hilda sorrise tra sé e sé. Scuotendo la testa per riprendersi,
Josh riuscì a chiedere:
-Si può sapere che cazzo stai facendo?-Sicuro. Ho ascoltato senza volere la vostra conversazione ed ho
scoperto, con mio grande rammarico, di essere un peso per voi, una
donna poco coraggiosa e debole. Ebbene, sono qui per dimostrarvi il
contrario.- spiegò con eccessiva durezza.
-Non è con queste stronzate che riuscirai a dimostrare qualcosa!l'accusò Josh.
-Credi? Mettimi alla prova: portatemi con voi.-Impossibile!I Wölfe rimasero in silenzio, ascoltando il battibecco con interesse,
pronti a intervenire se la situazione degenerava. Siegfried se ne stava
tranquillamente seduto fumando una sigaretta e accarezzava Hols
accucciato ai suoi piedi. Sembrava che la cosa non lo interessasse,
come se non fosse stato lui, con le sue parole, a causare la reazione di
Hilda.
-Non farmi perdere la pazienza, Josh.- minacciò tendendo l'arco. -Ti
rammento che ho già ucciso un uomo, proprio stanotte, e non fa più
alcuna differenza ora, per me, ucciderne un altro. Avevi ragione, Peter.disse guardando in direzione dell'interpellato. -Dopo il primo, il secondo
non ti fa più paura. Basta superare la prima volta e tutto ti appare più
semplice, più logico, più fottutamente giusto. Poi,- continuò tornando a
posare lo sguardo su Josh, -ne uccidi dieci, cento, mille... Non è forse
vero?Josh la scrutò a lungo, pensieroso. Il suo volto era freddo, i suoi occhi
impietosi, le mani ferme e decise, pronte a tirare e si domandò se per
caso non avesse sbagliato asserendo che era diversa da Siegfried.
-Mi stai studiando, Josh? Puoi credermi se ti dico che non sto affatto
scherzando. Decidi: o mi portate con voi o ti ammazzo qui, subito.Nonostante la sicurezza che ostentava, Hilda era un fascio di nervi.
Non posso cedere, si disse. Devo convincerli che non sono debole, o
l'incolumità di tutti sarà messa in pericolo. Ti prego, Josh, ti scongiuro!
Di' di sì!
Perché stai bluffando, Hilda? si domandò il capo dei Wölfe. Non
avresti il coraggio di uccidermi a sangue freddo, come invece sarebbe
capacissimo Fried. Perché vuoi farmi credere di essere come lui? Forse
hai capito che rappresenti un pericolo per noi? Sì, sei un pericolo, un
grosso pericolo che non avevo calcolato quando ho dato il consenso a
farti venire qui. Non posso accettare la tua offerta. Se ti portassimo con
noi rischieresti la vita e nessuno vuole che tu muoia. E non posso
neppure lasciarti sola. Mi uccideresti se rispondessi di no? Sarebbe
interessante scoprirlo... Sei generosa: accetti di dividere i pericoli con noi
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per evitare la nostra fine. Sì, non sbaglio quando dico che sei diversa da
Fried.
-Se mi ammazzi non rimarrai viva neppure tu.- disse.
Hilda abbozzò un mezzo sorriso e replicò:
-Sarebbe un modo come un altro per risolvere la situazione. Deciditi.Josh si voltò verso gli altri, rimasti immobili davanti a quell'incredibile
cambiamento. Posò il suo sguardo gelido su Siegfried e sorrise
mentalmente. Va bene, fottuto bastardo, pensò. Hai vinto ancora.
Scommetto le palle che sapevi che tua sorella era in ascolto e che l'hai
istigata con le tue parole. Bene. Staremo a vedere come finirà.
Siegfried ricambiò lo sguardo penetrante, continuando ad
accarezzare Hols con gesti misurati.
Con stizza Josh si rivoltò verso Hilda, quindi scrollò la testa e sbraitò,
a nessuno in particolare:
-Ok! Va bene, perdio! Verrà con noi! Ma guai! Guai se ci sarà di peso o
si farà prendere in ostaggio! In questo caso, te lo dico fin d'ora,- tuonò
con falsa ira rivolto verso di lei, -i Wölfe ti lasceranno al tuo destino. Non
muoveremo un dito per salvarti: dovrai salvare il culo da sola. Sono stato
chiaro?Con un sorriso di trionfo e di sollievo Hilda lanciò un'occhiata al
fratello e abbassò l'arco, rimettendo la freccia nella faretra. Sorridendo si
avvicinò a Josh e gli mise una mano sulla spalla, perdendo tutta la
durezza che aveva ostentato e mormorò:
-Perdonami, ma dovevo farlo. Dovevo dimostrarti che non sono da meno
di voi. E non temere: combatterò al vostro fianco e non vi accorgerete
che è una donna a darvi una mano.Attese una risposta, ma visto che lui non accennava a replicare,
continuò ignorando il suo sguardo tagliente:
-Ok, d'accordo: potete abbandonarmi se dovessi venir presa in
ostaggio.Sbuffando, Josh passò una mano in mezzo ai capelli e le spiegò:
-Cerca di capire, Hilda. In ogni scontro è facile che qualcuno rimanga
ferito, anche gravemente, però nessuno può correre in aiuto del
compagno che cade a terra, perché non è perdonata la distrazione. Chi
rimane ferito deve riuscire da solo, con le proprie forze, a tornare al covo
ed io credo che se una cosa del genere accadesse a te... be’, dubito che
potresti farcela. Sei debole rispetto a noi, gracile...-Hai ragione. In passato posso aver sbagliato a mostrarvi solo questo
lato del mio carattere, eppure credimi, la forza di volontà non mi manca.
Dopo quanto ho passato, sarà difficile che qualcosa potrà procurarmi
ribrezzo o paura. Saprò cavarmela, Josh. In fondo, tu stesso hai detto
che ora faccio parte dei Wölfe e che devo mostrarmi all'altezza del logo
che porto. Ed io saprò rendervi fieri di me.Josh la studiò attentamente, quindi sospirò rassegnato. E sia,
ragazza, pensò. Ma credimi: siamo già fieri di te.
Mohican gli si avvicinò e disse:
-Be’, io ho fiducia in lei. Lasciamola venire con noi.153
©MGL VALENTINI
-E sì, cazzo! Diamole una possibilità. In fondo,- s'intromise Japaner, -ha
dimostrato di avere le palle quadrate per essere una che viene dalla
città.Hilda osservò entrambi i ragazzi e sorrise.
Josh si voltò verso gli altri e li guardò uno ad uno, soffermandosi più
a lungo su Siegfried, quindi, tornando a guardare Hilda, chiese rivolto ai
presenti:
-Voi cosa ne dite?- e sorrise alla ragazza.
~
Seppur lentamente, Laura si riprendeva grazie alle cure pazienti di
Karl. Hilda trascorreva buona parte del suo tempo con lei, parlandole del
più e del meno, senza affaticarla, come Karl le raccomandava tutte le
volte.
Dal lontano pomeriggio in cui aveva fatto l'amore col fratello, sentiva
di essere cambiata, di essere più donna nel vero senso della parola. I
suoi occhi brillavano di una luce nuova e tutto il suo essere si sentiva
finalmente appagato, libero da tormenti e indecisioni. Dopo tanto tempo
aveva ritrovato la pace dentro di sé e si sentiva leggera e libera di vivere
la propria vita. Ed era stato Siegfried a darle quella nuova vitalità e
quella nuova forza interiore. Attendeva con ansia quei pochi momenti in
cui riusciva a stare sola con lui e si inebriava di quell'uomo forte e
ambiguo, arrogante e crudelmente spietato. I suoi occhi, quando lo
guardava, esprimevano tutto l'amore e tutta l'adorazione che provava
per lui e se al principio aveva temuto il giudizio dei Wölfe, ora non faceva
più caso alle occhiate complici che si lanciavano. Davanti a sé vedeva e
sognava un futuro felice, pieno di vita, accanto all'uomo che amava,
dividendo con lui lo stesso destino, qualunque fosse stato. Non era colpa
sua se l'uomo in questione era suo fratello e Siegfried aveva ragione
quando asseriva che non esisteva piacere più dolce del peccato, in
quanto non c'era peccato nel piacere: ora lo sapeva e lo condivideva.
Tutto quello che più al mondo desiderava l'aveva ottenuto. Mancava una
sola cosa: Max.
Finché Laura non poté alzarsi dal letto i Wölfe rimasero sempre nel
covo, uscendo unicamente in due o tre per procurarsi il necessario e per
parlare con i protettori della ragazzina. Questi non avevano sollevato
obiezioni appena saputo cosa era successo e, considerate le sue
condizioni critiche, avevano acconsentito a non farla muovere dal covo
dei Wölfe fin quando non si fosse ristabilita. Così, appena la ragazzina
ebbe la forza di stare in piedi, Karl, Peter e Pat la riaccompagnarono dai
suoi protettori e la vita dei Wölfe tornò alla normalità.
Qualche giorno prima che Laura li lasciasse, Stefan, Japaner e Mat si
erano messi in contatto con alcuni amici dei Teschi, riferendo loro il
luogo e l'ora in cui si sarebbero dovuti incontrare per definire la faccenda.
E questi avevano avvertito i Teschi, che a loro volta avevano mandato
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due messi da alcuni amici dei Wölfe per riferire di aver accettato lo
scontro.
-Pat, l'ora!- gridò Josh infilandosi il coltello in tasca.
-Le dieci.Da un angolo della stanza, Hilda li osservava mentre si armavano e
scherzavano tra loro come se si fossero dovuti recare a un
appuntamento di piacere anziché su un campo di battaglia. Tutti,
nessuno escluso, erano calmi e indifferenti, noncuranti della probabilità
che qualcuno non avrebbe potuto far ritorno. Al contrario, lei si sentiva
eccitata e titubante al contempo, come una scolaretta al suo primo
giorno di scuola. Tuttavia si curò di non darlo a vedere, accarezzando
Hols distrattamente.
La notte era illune e tirava un leggero vento di maestrale che faceva
accapponare la pelle. L'inverno, però, era finito e la primavera incalzava
con impazienza e presto il sole sarebbe tornato a riscaldare la terra
gelata.
-Come va, Hilda? Tutto ok?L'interpellata alzò pigramente la testa e incontrò gli splendidi occhi
cerulei di Nik.
-Tutto ok.- rispose.
-Se non te la senti... Non preoccuparti, ti comprendiamo.Lei si voltò verso i Wölfe e si accorse che tutti l'osservavano ansiosi.
Sorrise e rispose:
-Ti ringrazio, Nik. Puoi riferire che sono pronta a battermi.Il ragazzo annuì sorridendo e la lasciò. Lei lo seguì con lo sguardo e
si ritrovò prigioniera di due sottili occhi chiari che la scrutavano da
lontano. Sorrise al fratello, sentendo il proprio cuore accelerare i battiti,
mentre Siegfried le si avvicinava lentamente a passi felpati.
Il suo volto sottile ostentava una fredda indifferenza e con voce gelida
chiese:
-Sei pronta?Senza capire il suo atteggiamento, Hilda annuì con fermezza.
Già da un po' Siegfried si comportava in modo anomalo con lei,
evitando di guardarla e di aggiungere anche una sola parola di troppo;
era come se volesse evitarla ad ogni costo e questo lei non riusciva a
spiegarselo.
Il ragazzo la fissò a lungo negli occhi, il volto impassibile e si chinò
lentamente per baciarle le labbra, augurando:
-Buona fortuna, Kristall.-
155
©MGL VALENTINI
Il maestrale si insinuava con tutto il suo gelo nei giubbotti di pelle
nera e lisciava il lungo pelo argentato di Hols. Eppure nessuno sentiva
freddo. Nel silenzio della notte si udivano solo i loro passi veloci e risoluti
e il suono metallico delle catene che dondolavano lievi nelle mani. I
Wölfe apparivano tranquilli e battaglieri come sempre, con i volti
impassibili e crudeli, sebbene tutti consapevoli della presenza di Hilda,
figura estranea in quella parte della loro vita.
La ragazza camminava con passo sicuro e deciso, l'arco in mano e la
testa alta, sentendosi preda dell'eccitazione e dell'ansia. Sentiva lo
stomaco contrarsi negli spasmi dell'attesa, ma non avrebbe saputo dire
se fosse a causa della prova che doveva superare o dell'imminente
scontro. Sbirciò un attimo Saint Just che le camminava al fianco, con
l'andatura bellicosa e fiera e con un ghigno terribile sul bel viso. Oh, Dio!
pregò. Fa' che non succeda nulla... Che nessuno rimanga ferito...
Istintivamente soppesò l'arco e si toccò la cinta della faretra che
portava a tracolla. Con gli occhi cercò Siegfried, che camminava alla
testa del gruppo insieme a Josh e a Mohican. L'aveva di nuovo lasciata
sola, come quando l'aveva condotta per la prima volta nel covo dei
Wölfe. Vuoi che mi faccia le ossa da sola, vero? pensò. Non credere che
abbia paura: saprò farmi valere anche senza il tuo prezioso aiuto.
Sospirò appena e in quell'attimo vide il campo.
Si trovava al di fuori della borgata, illuminato da un unico lampione
che con la sua fioca luce lo rendeva ancor più sinistro e desolato.
Tutt'intorno era campagna aperta, senza possibilità di rifugio per chi
volesse nascondersi, a parte la stradina che conduceva al cimitero,
distante circa un chilometro.
Era la prima volta che Hilda metteva piede lì dopo tutti quei mesi
trascorsi con i Wölfe e un senso di angoscia la pervase. Quel posto
aveva qualcosa di lugubre, di misterioso, che faceva accapponare la
pelle.
Si fermarono al centro del campo dopo essersi accertati che nessuno
si trovasse nelle vicinanze e Josh, accarezzandosi distrattamente un
baffo, esclamò con tono imperioso:
-Pat!-Ok, ok, ho capito.- rispose il ragazzo sbuffando. -Sono le undici meno
cinque.Hilda lasciò vagare lo sguardo su tutti, lentamente. Non erano più i
Wölfe che conosceva: i Wölfe che ridevano, scherzavano, pronti ad
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azzuffarsi per sciocchezze. Quelli che ora aveva davanti erano i veri
Wölfe, freddi, crudeli, pronti a uccidere; erano i Wölfe di cui tutti avevano
timore e rispetto, odio e ammirazione: i soli dominatori del quartiere.
Soprattutto Siegfried. Nonostante lei lo conoscesse bene, non l'aveva
mai visto così: sembrava completamente distaccato, terribilmente gelido,
sprezzante del pericolo. Tutti gli altri non riuscivano a mascherare la
voglia di sangue: lui sembrava ergersi al di sopra di simili sentimenti. Der
Teufel, pensò Hilda. Non è questo il nome che ti avrei dato.
In quel momento Hols emise un lungo ululato e Hilda si voltò verso di
lui, accarezzandolo con dolcezza.
Un forte rumore di passi le fece alzare la testa e vide un gruppo di
ragazzi armati di tutto punto farsi avanti con aria spavalda e minacciosa.
I Wölfe rimasero impassibili, aspettando che si avvicinassero quanto
consentito. Hilda avvertì la tensione crescere impercettibilmente e posò
lo sguardo ora su questi ora su quelli, tremando e scostandosi i capelli
dal volto.
Quando i Teschi si fermarono, a circa una ventina di passi dai Wölfe,
tutti rimasero immobili a studiarsi con circospezione. Il luccichio delle
catene, dei coltelli, delle spranghe e di tutte le armi in loro possesso,
parve a Hilda accecante, nonostante la poca luce del lampione. I Teschi
erano in quindici, tutti ragazzi giovani, vestiti alla meno peggio, con facce
che a lei parvero belle ma crudeli, con i capelli lunghi e spettinati, i corpi
emaciati ricamati dalle cicatrici e l'aria priva di scrupoli. Le parve di
riconoscere uno dei ragazzi che era entrato nella sua camera e
rabbrividì al ricordo.
Josh fece un gesto con la mano e con orrore Hilda vide Siegfried
avanzare di una decina di passi per poi fermarsi. Colui che sembrava il
capo dei Teschi fece a sua volta un cenno con la testa e uno di loro
avanzò portandosi di fronte a Siegfried. Il cuore di Hilda iniziò a battere
furioso, temendo per l'incolumità del fratello, ma i due si erano avvicinati
solo per parlare.
-Come vedi, i Teschi non si cagano sotto davanti ai Wölfe.- iniziò il
portavoce con disprezzo, sputando per terra.
Aveva il volto simile a un dio greco, talmente era bello e aveva alzato
la testa per riuscire a guardare Siegfried negli occhi, che torreggiava su
di lui come un falco pronto ad artigliare la preda.
-Voi Teschi vi siete intrufolati nel nostro covo allo scopo di rapire uno di
noi. Non c'è altro da dire.- replicò Siegfried con tono tagliente.
L'altro digrignò i denti e sputò di nuovo prima di sibilare con stizza:
-Vaffanculo, stronzo! Siamo noi a chiedere vendetta, perché quella troia
di tua sorella ha beccato uno dei nostri e noi chiediamo sangue! Sangue!
Sangue!La mascella di Siegfried si indurì impercettibilmente e i suoi occhi
divennero due fessure gelide che mandavano scintille. Dal canto suo,
Hilda avvampò e la mano le corse alla faretra, ma si bloccò limitandosi a
stringere forte l'arco tra le mani.
Con voce tetra Siegfried sentenziò:
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-Sei morto.L'altro sbottò in una risata volgare e acre, quindi replicò baldanzoso:
-Bene, bene! Sono proprio curioso di vederti all'opera, Teufel, e di
constatare se la fama che ti circonda te la meriti.Siegfried lo fissò negli occhi senza rispondere e l'altro annuì, dicendo:
-Noi siamo pronti a spaccarvi il culo, frocetti!Rimasero a studiarsi ancora un istante, pronti a parare qualsiasi
mossa imprevista, quindi indietreggiarono di qualche passo senza
staccarsi gli occhi di dosso, mentre i compagni di entrambi già
soppesavano le armi. Appena i due portavoce rientrarono nei ranghi,
nelle tenebre echeggiarono i motti della battaglia e subito il silenzio
venne interrotto da grida e clangori metallici. In un solo attimo la lotta
divenne furiosa e violenta, senza esclusione di colpi e Hilda fece appena
in tempo a tirarsi indietro che subito il clangore feroce delle armi le
giunse alle orecchie lasciandola interdetta e intimorita. Usando solo
l'arco non aveva la possibilità di scontrarsi direttamente con qualcuno,
quindi se ne rimase in disparte attendendo il momento propizio per
scoccare la freccia.
In lontananza vide Pat, Karl e Nik confrontarsi contro sei avversari
contemporaneamente, difendersi con i denti e attaccare con ferocia;
eppure non parevano affatto intimoriti dalla piega che avevano preso gli
eventi. Vide Mohican abbattere con forza la spranga sull'avversario, ma
questi riuscì a evitare il fendente letale buttandosi repentinamente di lato
e a sua volta contrattaccò facendo roteare la catena a pochi centimetri
dalla testa del ragazzo. Mohican si riparò alzando un braccio sul quale la
pesante catena gli si attorcigliò, facendolo gemere per il dolore. Tenne
duro e con lo stesso braccio incatenato tirò con forza verso di sé,
facendo scivolare a terra l'avversario.
Un urlo selvaggio proveniente dalla parte opposta del campo le fece
volgere la testa in tempo per vedere Japaner calare con potenza e
precisione la katana da samurai, brandita con entrambe le mani, sul
collo del nemico, che però riuscì a bloccare il colpo con la propria
spranga, barcollando sulle gambe. Hilda trattenne il fiato, quindi si
rilassò e si guardò intorno. Ovunque le giungevano grida di dolore e di
rabbia che rompevano il silenzio della notte e che raggiungevano in
intensità il clangore metallico delle armi che cozzavano con violenza. Le
sembrava di vivere in un mondo completamente sconvolto, mentre
osservava le mosse di tutti, pronta a intervenire se qualcuno dei Wölfe si
fosse trovato in difficoltà.
Vide di nuovo la catena sibilare tremenda sopra la testa di Mohican,
che si accucciò prontamente e incoccò la freccia per colpire a distanza il
suo avversario. Ma il ragazzo rispose all’istante spingendo con forza la
spranga nel ventre del Teschio e udì un urlo disumano penetrarle nel
cervello e rimbombare con violenza. Il ragazzo si avvolse su se stesso,
annaspando in cerca d'aria, sputando sangue, mentre sorreggeva il
ventre sfondato da dove fuoriuscivano sangue e viscere. Una tremenda
ondata di nausea l'assalì e si sentì prossima allo svenimento, ma
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nonostante il raccapricciante spettacolo, non riuscì a distaccare lo
sguardo. Con un colpo preciso e senza esitazioni, Mohican abbatté la
spranga sulla sua testa e il cranio del Teschio proruppe in un tonfo cupo
e sinistro, mettendo fine alla sua agonia. Quindi lo vide correre in aiuto di
Nik che, ben contento di cedergli uno dei due Teschi contro i quali si
stava battendo, si concentrò sul solo rimastogli e nella lotta furiosa che
ingaggiò con lui riuscì a ferirlo venendo ferito a sua volta.
Con ansia Hilda lasciò vagare lo sguardo in cerca del fratello e lo vide
mentre si batteva col portavoce dei Teschi, evitando i tremendi fendenti
della spranga avversaria e rispondendo con ferocia con la propria catena.
A un affondo del ragazzo, Siegfried si scansò e colpì di rimando,
ferendolo su una spalla; ma questo non impedì al Teschio di voltarsi di
scatto e abbattere la spranga sul suo braccio, facendolo gemere a denti
stretti. Un altro Teschio gli si avvicinò alle spalle e si preparò a colpirlo
nel momento in cui, passato l'attimo di dolore acuto, affondava il coltello
nello stomaco del portavoce. Immediatamente Hilda si buttò in avanti, la
freccia già incoccata e tirò con sicurezza, senza esitare. In quell'attimo
non pensò a niente; sapeva solo che il fratello era in pericolo e che
doveva fare qualcosa. Il Teschio gridò, colpito in piena schiena e
Siegfried si voltò di scatto per vederlo cadere a terra contorcendosi
spasmodicamente. I suoi occhi gelidi si posarono per un attimo sulla
sorella, con indifferenza, quindi si ributtò nella mischia andando in aiuto
di Karl. Hilda si avvicinò al ragazzo da lei ucciso e si chinò per afferrare
la catena, mettendosi l'arco a tracolla e buttandosi spavalda nella
mischia, noncurante del pericolo.
Si ritrovò a combattere al fianco di Stefan, brandendo la pesante
catena con ambo le mani e quando vide la spranga del Teschio calare
con forza sopra di sé, rimase atterrita, con gli occhi sgranati, incapace di
difendersi. Il letale affondo l'avrebbe colpita in pieno se la catena che
Stefan aveva lanciato non si fosse avvinghiata alla spranga, facendogli
perdere la traiettoria. Quando il fendente le sfiorò il braccio, si scosse e
contrattaccò colpendo l'avversario sulle gambe, facendolo finire a terra.
Con un urlo selvaggio Stefan gli si buttò sopra e con il coltello gli recise
la giugulare, facendo zampillare il sangue come una piccola fontana.
A pochi passi da loro, Miles evitò l’attacco del Teschio con un agile
balzo, e con precisione ed eleganza, come se avesse avuto della musica
in sottofondo, lanciò il coltello che si conficcò nel fianco del suo
avversario facendolo urlare e roteare su se stesso. Con un mezzo
sorriso si rese conto che non avrebbe potuto più nuocere e si voltò per
aiutare qualcun altro, quando vide un Teschio calare la catena su Hilda.
Con prontezza di riflessi si buttò su di lei e l'afferrò per la vita
trascinandola a terra, mentre la micidiale arma evitava di poco il
bersaglio. Con stizza il Teschio rialzò la catena e si preparò a colpire
nuovamente, certo questa volta di eliminarli entrambi. Hilda, che ancora
non riusciva a capacitarsi di quanto era accaduto, osservò Miles con una
muta domanda negli occhi; ma questi l'ignorò e si rialzò di scatto, pronto
a fronteggiare l'avversario. La catena lo colpì al braccio e si chinò in
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avanti urlando, mentre il Teschio, consapevole della vittoria,
sogghignando calava un altro micidiale fendente sul ragazzo che si
tratteneva l'arto dolorante. In quel momento la catena di Mat si attorcigliò
al collo del Teschio facendolo soffocare e Miles si tirò in disparte, col
braccio che grondava sangue, mentre Hilda si rialzava stordita.
Tutto intorno la battaglia continuava sanguinosa. Troppo stanca per
proseguire la lotta, la ragazza si avvicinò a Hols e rimase a osservare
Saint Just che evitava di poco un fendente per colpire a sua volta con
violenza, e Peter e Josh combattere entrambi contro un solo avversario.
La maggior parte dei Teschi era rimasta ferita e alcuni giacevano
morti o moribondi, calpestati con noncuranza da chi ancora si batteva.
Uno sgradevole odore di sangue misto a terriccio si stava diffondendo
nell'aria fredda della notte, trascinato dal vento, e Hilda lo avvertì forte e
nauseabondo nelle narici.
Ormai la battaglia volgeva a favore dei Wölfe e lei sospirò di sollievo
accarezzando il lupo, intento ad osservare il campo.
D'un tratto il silenzio tornò a regnare, insolito e imprevisto e lei alzò di
scatto la testa, col cuore che batteva furioso: i Teschi erano stati
circondati e si stringevano spalla contro spalla, coscienti della fine. Con
gli occhi cercò il fratello e lo vide al fianco di Josh mentre fissava i nemici
con fredda indifferenza. Il vento gli ributtava in avanti i capelli platinati,
facendolo somigliare a un selvaggio e lei non riuscì a reprimere un
rossore imbarazzante.
Lentamente i Wölfe avanzavano, restringendo sempre più il cerchio,
con le armi che dondolavano minacciose nelle mani, pronti a dare il
colpo di grazia ai sopravvissuti. Nonostante la supremazia numerica dei
nemici e le loro lampanti intenzioni, i Teschi si prepararono a difendersi
come meglio potevano, decisi a combattere pure con i denti se
necessario.
Hilda non poté fare a meno di ammirare il loro coraggio e il disprezzo
che si leggeva sui loro volti mentre si preparavano a sfidare la morte
certa. Non è giusto, pensò. È vero, hanno perso; perché ucciderli? Non è
coraggio quello che stanno mostrando i Wölfe, ma sopruso, sadismo.
Non comprendono quanto sia sbagliato?
Avrebbe voluto fermarli, salvare quei ragazzi; ma non poteva
intervenire e in qualunque caso non le avrebbero dato retta. I Wölfe
dovevano terminare il loro lavoro e nessuno sarebbe riuscito a
persuaderli. Cosa le aveva detto Peter? I vincitori non potevano
permettersi il lusso di lasciare in vita i pochi sopravvissuti. Tutto questo
non è giusto, si ripeté.
Hols voltò di scatto la testa e iniziò a ringhiare in sordina. Hilda
guardò nella stessa direzione e vide, ancora prima di udirla, una sirena
avvicinarsi. Strinse gli occhi per scrutare meglio nell'oscurità e sussultò.
-La polizia!- urlò.
Quel grido inaspettato, così assurdo e periglioso, ebbe il potere di
bloccare tutti e in quell'istante si udì in lontananza, nitido e nefando, il
suono stridulo della sirena che si avvicinava rapidamente.
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©MGL VALENTINI
Fu un attimo: Wölfe e Teschi si separarono correndo in direzioni
opposte.
Mentre fuggiva per cercare rifugio insieme ai suoi amici, Hilda pensò
con sollievo che la battaglia era veramente finita e ringraziò il cielo per
aver esaudito la sua preghiera.
~
-Ok. Il caffè è pronto.- annunciò Hilda con tono gaio.
Posò sul tavolo la grossa caffettiera e prese le tazzine per riempirle.
Karl stava medicando come meglio poteva, e gli era concesso, le
ferite di Miles, Nik e Mohican che, fra tutti, erano quelli ad aver riportato
lesioni più gravi. Gli altri se ne stavano indolentemente seduti a fumare o
a schiacciare un pisolino.
-Cristo, Karl!- urlò Miles con stizza. -Vacci piano, perdio! È roba mia,
ok?-E tappati quella maledetta boccaccia una volta per tutte!- lo redarguì
duramente. -Hai sempre da frignare e da ridire tutte le volte che ti rimetto
in sesto!-Te l'ha mai detto nessuno che sei un macellaio? Merda! Ma chi cazzo ti
ha nominato dottore? Non hai la più pallida idea di cosa possa
significare curare la gente! Sei solo uno schifoso macellaio sadico!... Ahi,
cazzo! Per la madonna, fa' piano! Fa' piano, Cristo!Karl sogghignò divertito, procurandogli a bella posta un po' di dolore,
mentre Nik sbottava irritato:
-Cerca di non rompere troppo i coglioni, Miles! Potresti anche stare più
attento quando combatti, perdio! Sembri un poppante che frigna perché
gliel'hanno messo in culo!-Ehi, voi! Avete finito di bestemmiare?- l'interruppe Hilda gioviale. Coraggio, il caffè è pronto, venite a berlo.Uno alla volta i Wölfe si alzarono per prendere la tazzina che lei
porgeva e nel breve attimo in cui tutti erano impegnati a sorseggiare il
caffè caldo la casa ritrovò un minuto di silenzio.
Erano rientrati da poco, dopo essere rimasti a lungo nascosti nel
cimitero vicino al campo. Avevano imprecato all'arrivo della polizia, che li
aveva costretti a fuggire prima ancora di aver concluso il lavoro; tutti,
tranne Hilda. I poliziotti si erano spinti fin dentro il camposanto, ma i
Wölfe si erano divisi, nascondendosi dietro le grosse lapidi, i folti
cespugli e gli alti cipressi, osservando con sarcasmo i cauti movimenti
degli agenti. Solo quando erano stati sicuri che non c'era più nessuno,
avevano ripreso la strada di casa rimanendo, però, sempre all'erta.
Durante tutto il corso della nottata, Siegfried non si era mai avvicinato
alla sorella, neppure nel momento della paura, né le aveva rivolto la
parola e lei ne era rimasta irritata e offesa. Non riusciva a capire il motivo
di quel cambiamento e per ripicca infantile a sua volta non l'aveva
degnato di uno sguardo.
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Ora, mentre beveva il suo caffè, Siegfried le lanciava lunghe occhiate
penetranti, studiandola e sondandola fin dentro l’anima.
-Sei stata in gamba, ragazza.- esordì Josh all'improvviso, rompendo il
silenzio e tutti si girarono verso di lei.
Confusa e con le guance purpuree per l'inatteso complimento, lei
abbassò gli occhi e posò la tazzina ormai vuota. Si morse le labbra e
mormorò:
-Be’... Non ho fatto granché.-Non sono dello stesso parere.- l'interruppe accarezzandosi un baffo. Per essere stata la tua prima scorribanda ti sei comportata egregiamente.
Non avrei mai immaginato che avessi una tempra così... così dura.- e
sbirciò Siegfried di sottecchi.
-Giusto!- rincarò Stefan con enfasi. -Non credevo ai miei occhi quando
me la sono vista arrivare con quella catena più grossa di lei e
combattere al mio fianco. Devo dire, in tutta sincerità, che mi è stata di
aiuto.-Io ti ho osservata da lontano e per me sei ok.- le disse Mat.
-C'est bien possible! Très bien!- esclamò Saint Just.
-Omedeto gozaimasu.- si congratulò Japaner.
-Ba'! Io per aiutarla ci ho rimesso il braccio,- s'intromise Miles scoccando
un'occhiataccia a Karl, -ma riconosco che per essere una donna è anche
troppo in gamba. Vorrà dire che la prossima volta non mi lamenterò se
dovessi venire ferito per lei.Sempre più confusa, Hilda si alzò di scatto dalla sedia ed esclamò:
-Un momento! Io... Io vi ringrazio tutti per queste parole gentili, ma non
credo di meritarle. Ho cercato di fare quanto era in mio potere e devo
aggiungere che non è stato molto. Però mi servirà come esperienza per
capirvi meglio. Ecco, io... io volevo dire solo che siete stati formidabili...Seguì un attimo di silenzio nel quale sentì tutti gli occhi puntati su di
sé e provò un terribile imbarazzo. Con gesto falsamente noncurante tirò
indietro una ciocca di capelli e continuò a guardare Josh, seduto di
fronte a lei.
Anche Karl, finito di medicare, si voltò a guardarla poi, come tutti,
osservò Josh attendendo che parlasse. Ma questi rimaneva in silenzio,
scrutando di sottecchi la ragazza e Siegfried, chiedendosi il motivo
dell'indifferenza di lei nei riguardi del fratello. Che strano! pensò
incuriosito. Prima di stasera i tuoi occhi erano solo per Fried, animati da
una luce di adorazione. E ora? Cosa c'è realmente tra voi due? Non c'è
nessuno, qui, che non si sia accorto che di affetto fraterno ce n'è anche
troppo. Stando poi a quanto ha visto Stefan... Be’, non voglio azzardare
niente, anche perché non aborrisco simili legami; sicuro, però, che siete
proprio una bella famiglia! Un guazzabuglio di emozioni dal quale non ci
si districa facilmente. Alan, Max, Siegfried... E tu, ragazza? Come
diavolo sei finita in questo ambiente di degenerati? Hai occhi solo per
Dagr e sul tuo volto traspare nitido il desiderio. Ba'! Strana famiglia
davvero!
Con un dolce sorriso che Hilda non gli aveva mai visto, Josh le disse:
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-Non fare la modesta, ragazza. Ti assicuro che è abbastanza anche il
solo che abbiamo.- e ghignò rivolto verso Siegfried. -Ora sei proprio la
benvenuta tra i Wölfe.Stupita, lei lo fissò negli occhi, incredula.
-Cosa?- mormorò.
-Volevi fare il tuo tentativo, la tua prova, no? Ok. Hai superato l'esame;
ora sei un vero Wolf e dovrai mostrarti sempre degna, come oggi,
dell'effigie che porti. Alles klar?Hilda lo guardò senza riuscire a credere alle proprie orecchie: era
stata accettata anche per combattere insieme a loro! Con occhi ridenti
osservò tutti i ragazzi, che sorridevano a loro volta soddisfatti e
compiaciuti, dandole un caloroso benvenuto nella loro vita notturna.
Finalmente non sarebbe più dovuta restare al covo: avrebbe fatto parte
attiva della banda, condividendone gioie e paure.
Il suo sguardo radioso si posò al di là della finestra, dove il sole si
stava lentamente alzando all'orizzonte, tinteggiando il cielo di colori caldi
e brillanti.
Japaner, che le stava vicino, seguì il suo sguardo e osservò il
paesaggio, quindi sorridendo sussurrò:
-La vita è una goccia di rugiada in una goccia di rugiada.Hilda lo guardò attraverso gli occhiali scuri e annuì, mormorando:
-Domo. Arigato gozaimashita.Quindi si alzò e volò tra le braccia di Josh, posandogli un bacio sulla
guancia. Il ragazzo rimase un momento stordito, impreparato a quella
reazione spontanea, poi le sorrise e lei disse:
-Grazie, Josh. Mi hai reso felice. Spero di non deludervi mai.Negli occhi di Siegfried saettò un lampo indefinibile; ma fu solo un
attimo. L'indifferenza tornò su quel volto imperscrutabile. Solo Josh
captò il lievissimo cambiamento, perché l'aveva tenuto d'occhio e sorrise
tra sé e sé. Bene, bene! Vediamo se è il momento buono per far
sbocciare questa ambigua passione!
Si alzò in piedi e comandò con autorità:
-Saint Just, prendi da bere, brindiamo al nostro nuovo elemento!Nella stanza echeggiò un coro di assensi mentre l'interpellato correva
a prendere bottiglia e bicchieri. Versò da bere per tutti e brindarono
allegramente, quindi, nell'euforia generale, Josh si rivolse a Siegfried e
col tono di voce più innocente che riuscì a modulare lo incitò:
-Ehi, Dagr! Potresti anche congratularti con tua sorella, no?Il cuore di Hilda iniziò a battere furioso mentre si voltava verso il
fratello, rimasto volutamente in disparte. Siegfried la guardava con
freddezza, senza pietà, come se lei avesse commesso il più atroce dei
delitti e questo la spaventò.
Notata la sua ritrosia, i Wölfe lo incitarono allegramente, ignari dello
sguardo sornione di Josh.
-Non farti pregare, Fried!- esclamò Pat ridendo.
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-Dai, coraggio! Non ti mangeremo se per una volta avrai una
momentanea crisi di umanità!- lo aizzò Peter sollevando il bicchiere a
mezz'aria.
Con passo felpato Siegfried le si avvicinò, mentre lei restava immota
con gli occhi fissi in quelli di lui. Quella sua avanzata felina non le
piacque: cosa aveva intenzione di fare?
Le si fermò davanti, a pochi centimetri di distanza, con un sorrisetto
diabolico sulle labbra, senza staccarle gli occhi di dosso. La prese per le
braccia e l'attirò a sé, stringendosela forte al petto, ignorando i suoi
tentativi di ribellione.
Le sollevò il mento e Hilda fu costretta ad alzare la testa, mentre il
cuore le batteva impazzito e dovette subire quel bacio che di fraterno
aveva ben poco. Con cocente umiliazione si sentì sprofondare negli
abissi più scuri, svanire come un fantasma, mentre lacrime amare le
rigavano il volto esanime. In quel momento odiò il fratello che la puniva
per l'indifferenza con cui l'aveva trattato e che lo faceva davanti a tutti,
noncurante dei suoi sentimenti. Se il suo scopo era quello di ferirla c'era
riuscito in pieno. Si dimenò con le poche forze che le rimanevano, ma lui
la tenne saldamente tra le braccia, così stretta da farle mancare il respiro.
I Wölfe rimasero stupefatti davanti a quella scena e si guardarono l'un
con l'altro senza osare aprire bocca. A quel punto la domanda che tutti si
erano posti trovò la risposta e Stefan sogghignò divertito ripensando a
quando aveva visto Hilda nuda nel suo letto.
Anche Josh sghignazzò osservandoli. Hai ragione, gran figlio di
puttana! pensò. Ora lo so con certezza. Hai letto il mio dubbio con una
facilità incredibile ed hai voluto darmi la risposta. Ora sei certo che
nessuno di noi oserà portartela via, vero? Dove si posa la tua mano
nessuno ha il diritto alla rivendicazione. Che bastardo figlio di puttana!
ripeté divertito. Ti invidio una cosa sola: la tua fottuta mente!
Si mise a ridere di gusto e i Wölfe si voltarono verso di lui senza
capire tanta ilarità. Sentendosi osservato, disse:
-Be’? Non formano una coppia perfetta?Per un minuto ancora rimasero a fissarlo interdetti, non osando ridere
per un'eventuale reazione di Siegfried; ma poi seguirono a ruota il loro
capo e continuarono a brindare allegramente.
Siegfried si staccò da Hilda e la fissò negli occhi, leggendo la sua
rabbia e il suo odio. Con uno scatto lei si allontanò, fulminandolo con
un'occhiataccia, suo malgrado scossa da quel bacio violento e
dominatore. Alzò la testa in segno di sfida, buttando indietro i capelli e lo
fissò con astio.
Con accento divertito e sprezzante, Siegfried commentò:
-Non è affascinante la mia sorellina?I Wölfe sogghignarono annuendo e Hilda richiamò Hols con un
sorriso forzato e si ritirò in camera propria, cercando di racimolare i pochi
pezzi della sua dignità andata miseramente in frantumi.
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Nei giorni che seguirono, Hilda evitò accuratamente di trovarsi a tu
per tu con Siegfried e fu contenta di constatare che anche lui
l'assecondava in quella specie di fuga. La situazione era diventata a dir
poco grottesca. Prima di aver fatto l'amore si erano cercati con gli occhi,
si erano trovati in perfetto accordo, avevano parlato spesso; poi tutto era
cambiato. Sembrava che Siegfried non la volesse più. Cos'era
cambiato? Se ne stava tutto il giorno in disparte, silenzioso e pensieroso,
parlando solo se costretto. Quel suo atteggiamento ombroso lo rendeva
ancor più pericoloso e temibile e lei non riusciva più a capirlo.
Lo odio! pensò. Lo odio! Con quale diritto mi tratta così? Non sono
una sgualdrina da usare e dimenticare! Brutto bastardo presuntuoso e
ignorante! Se speri che io cada nuovamente ai tuoi piedi, puoi benissimo
attendere fino alla morte!
E intanto i giorni passavano. Tutti uguali, tutti monotoni, senza che
accadesse niente per mutare quella situazione per lei angosciosa.
I Wölfe si erano resi conto che qualcosa tra loro non funzionava più,
ma si erano tenuti fuori da quella piccola bega familiare. La sera
uscivano per derubare, per regolare conti in sospeso con altre bande,
per distruggere, oppure solo per intimorire la gente. E Hilda era sempre
con loro, sempre più brava nel maneggiare qualsiasi tipo di arma, dando
spesso una mano preziosa nei combattimenti. I Wölfe la vedevano
lottare con accanimento al fianco di ognuno di loro, spavalda come una
virago e con un pizzico di crudeltà che andava mano mano aumentando.
Aiutava tutti, tranne Siegfried. E non perché lei non volesse, ma solo
perché lui non ne aveva bisogno. In quei momenti l'assassino che si
celava in lui usciva allo scoperto, mettendo a nudo tutta la sua disumana
crudeltà.
Nel frattempo era giunta l'estate, col suo profumo dei campi in fiore,
con il canto melodioso degli uccelli, con gli alberi carichi di frutti, con i
caldi raggi solari che scaldavano la pelle e riempivano di ottimismo.
Solo nei sobborghi la vita continuava uguale: lì non esistevano
stagioni e si continuava a drogarsi, a uccidere, a morire di stenti. La vita
era quella di sempre, crudele e priva di scrupoli, senza possibilità di
sogni; una vita dove il destino veniva segnato dalla mano dell'uomo...
Hilda accarezzò Hols dolcemente, sorseggiando il caffè con lentezza.
Josh e Siegfried se ne stavano in un angolino a parlare, mentre gli altri
ridevano, scherzavano e litigavano.
-Sì, penso anch'io che il tempo sia maturo.- annuì Josh.
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-Quando è solo in casa.- rispose Siegfried elusivo, come se la cosa non
lo interessasse.
-Credo sia meglio che la faccenda venga sistemata solo da tre o quattro
di noi, in modo da non dare nell'occhio.Siegfried portò la sigaretta alle labbra e ne aspirò il fumo, chiedendo
distrattamente:
-Chi proponi oltre me?Josh si voltò a osservare gli altri e li valutò con scrupolo, quindi il suo
sguardo si posò su Hilda. La studiò a lungo pensieroso e con un mezzo
sorriso si rivoltò verso l'amico.
-No.- tagliò corto Siegfried senza dargli il tempo di parlare.
-E perché no?- replicò piccato. -Perdio, lei ha tutto il diritto di essere
presente, tanto quanto te, se non di più!Con occhi freddi e taglienti Siegfried guardò la sorella. La lampadina
che illuminava il bunker sotto il loro covo donava riflessi azzurri ai suoi
capelli corvini, mentre rendeva trasparenti i suoi occhi grigi. Era bella,
troppo bella per essere vera e Siegfried si chiese se nessuno dei Wölfe
le avesse messo gli occhi addosso. Li hai stregati tutti, pensò vagamente.
Sarebbero pronti a dare la vita per te ed io sto scoprendo di desiderarti
più di quanto credessi. Ma prima che sia troppo tardi, uno di noi due
deve essere annientato.
Staccò gli occhi da lei e li posò sui Wölfe. Loro erano il suo mondo,
dove poteva comandare e decidere della vita altrui e non era pronto a
rinunciarvi solo per lei. Tornò a guardarla e ammirò quel corpo sinuoso e
ammaliatore.
Mi dispiace, Hilda, pensò spietato, ma io non posso essere distrutto...
-Ok.- accettò rivolto a Josh. -E gli altri due?-Hai cambiato idea? Bene. Io proporrei Japaner e Nik.Siegfried annuì vagamente e Josh si alzò dalla sedia e si portò vicino
al tavolo, pretendendo l'attenzione generale. Ognuno si fermò e si voltò
verso il capo, con gli occhi ricolmi di curiosità. Hilda rimase al proprio
posto, accarezzando Hols senza interessarsi alla cosa.
-Se la memoria non mi inganna,- iniziò Josh pacato, -abbiamo un conto
in sospeso con un certo Max di nostra sgradita conoscenza...A quel nome Hilda alzò di scatto la testa e lo fissò a lungo,
concedendogli tutta l'attenzione che voleva. Per una frazione di secondo
sbirciò il fratello, comodamente seduto a fumare una sigaretta,
indifferente a quello che accadeva intorno a lui.
-È arrivato il momento che quel pezzo di merda paghi in prima persona e
la cosa non dovrebbe presentare nessuna difficoltà. Per questo ho
deciso che manderò solo quattro di voi.-Per quando sarà?- s'informò Peter.
-Presto. Appena saremo sicuri di poter agire indisturbati.-Ok. E chi andrà?- chiese Saint Just.
-Avevo pensato,- rispose Josh con indifferenza, -a Fried, a Nik e a
Japaner.166
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-Ehilà! Quale onore!- esclamò Mohican battendo scherzosamente la
mano sulla spalla di Nik.
-E il quarto?- volle sapere Japaner fissando con noncuranza la lama
tagliente della spada.
Hilda, che per tutta la conversazione non aveva staccato gli occhi dal
fratello, dinanzi a quell'improvviso silenzio si voltò verso Josh. Incrociò il
suo sguardo e capì che il quarto uomo era lei. Un nodo le si formò in
gola e deglutì prima di chiedere con calma:
-Sarei io?-Sì, ragazza. Mi è sembrato giusto che tu fossi presente.- confermò.
Uno spiacevole panico misto a soddisfazione le strinse lo stomaco e
impallidì mormorando:
-Ti ringrazio.Josh la studiò a lungo, quindi le si avvicinò preoccupato e chiese:
-Qualcosa non va? Preferisci non andare?-No, no! È che... che non vedo l'ora.Con gesto affettuoso il capo dei Wölfe le scarmigliò i capelli
commentando:
-Allora è tutto ok. Sei forte, ragazza.Hilda si voltò istintivamente verso il fratello, che ora la stava fissando
attraverso il fumo della sigaretta e si studiarono a lungo, ai lati opposti
del bunker. E quando lei iniziò a disperare in un suo qualsiasi gesto,
Siegfried piegò le labbra in un mezzo sorriso gelido e il suo cuore iniziò a
battere furiosamente.
I Wölfe erano tornati ai loro passatempi abituali e anche Josh si era
allontanato, ma lei non se ne era resa conto: aveva occhi solo per il
fratello che si era alzato e che le si stava avvicinando con passo felpato.
Alzò la testa per guardarlo in volto e gli rivolse un pallido sorriso.
-Contenta?- le chiese.
-Sì... Certo.Incredibile! Stentava a credere che dopo tutto quel tempo lui tornasse
a rivolgerle la parola. E le bastò quel semplice gesto per amarlo
maggiormente.
-Ha deciso Josh. Io ero contrario.- fece notare con voce gelida.
Il debole sorriso e la tenue speranza sparirono dal suo volto e con lo
sguardo lo trafisse, tornando a detestarlo. Con gesti pacati si alzò, gli
occhi che mandavano scintille fissi in quelli grigi di lui e con un sorriso
sprezzante esclamò con amarezza:
-Mi sembrava strano che il grande Siegfried Wild avesse deciso di
abbassarsi tanto per parlare con sua sorella! Sempre ammesso che tu
ricordi di averne una! E così mi hai rivolto la parola solo per dirmi che eri
contrario alla decisione di Josh! Ma bene! Vorrà dire che in futuro me ne
ricorderò e saprò ripagarti con la stessa moneta! Oh, sì! Ho imparato
bene la lezione, stanne certo! E non la dimenticherò tanto facilmente!Con stizza si voltò per allontanarsi, ma lui la bloccò agguantandola
per un braccio e la tenne saldamente.
-Non fuggirmi, Kristall.- la minacciò con tono pacato.
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-Non sono io che fuggo da te! Sono settimane che mi eviti e vieni a dire
di non sfuggirti? Si può sapere cosa ti ho fatto per meritarmi la tua
assoluta indifferenza? Cosa vuoi da me? Se il tuo desiderio è quello di
non vedermi più, basta che tu lo dica ed io sparirò per sempre dalla tua
vita, rendendoti la libertà! Non ti basta? Cos'altro vuoi?- sbottò a denti
stretti, cercando di liberare il braccio.
-Calmati. Che ne diresti di uscire e parlarne un po'?-Parlarne?! Ti ho appena detto tutto quello che avevo da dire! Per
quanto mi concerne non c'è altro da aggiungere!-Te l'ho già detto che sei più bella quando ti arrabbi?- mormorò con
dolcezza, accarezzandole una guancia.
Con un violento strattone Hilda riuscì a liberarsi e lo fulminò con lo
sguardo, prima di sibilare con disprezzo:
-Non ci casco più, fratello!A testa alta si allontanò risoluta da lui e dalla sua sinistra influenza,
mentre Siegfried la seguiva con sguardo enigmatico.
~
Qualcuno bussò alla porta e con riluttanza esclamò:
-Avanti!Nik fece capolino, quindi entrò dentro mentre lei, dopo avergli dato
un'occhiata, riprendeva a spazzolarsi i capelli con indifferenza.
-Sei pronta?- chiese il ragazzo osservandola.
Il braccio di Hilda si fermò a mezz'aria e si voltò lentamente verso di
lui, domandando:
-È già stato deciso?-Sì, per le nove di stasera.Malgrado tutto impallidì e annuendo mormorò:
-Benissimo.Per un attimo rimase in silenzio, poi si rivoltò verso il vetro della
finestra e continuò a spazzolarsi i capelli. Nik la squadrò attentamente,
avvicinandosi di un passo. Quella ragazza gli incuteva timore... No, non
era lei, bensì Siegfried e quello che avrebbe potuto fare se avesse
saputo che lui...
-Non va, eh? Fried è pazzo a trattarti così.- le disse. -Vorrei sapere che
cazzo gli è preso.-Lascia perdere.- consigliò lei con stizza. -Io ho rinunciato a capirlo già
da un pezzo.Nik avanzò ancora verso di lei e le prese una ciocca di capelli in
mano. Hilda sbirciò l'immagine alle sue spalle riflessa sul vetro, senza
capire cosa volesse. Con un debole sospiro lui lasciò ricadere il braccio
lungo il fianco e disse:
-Vi volete molto bene, vero?-È mio fratello, no?Il ragazzo scosse la testa e le sembrò di scorgere un lampo di
tristezza passare saettando in quegli occhi azzurri.
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-Non intendo quello. Sappiamo che... scopate insieme...Hilda arrossì violentemente sotto quell'accusa e si voltò di scatto,
fissandolo con durezza.
-Come ti permetti?- sibilò.
-Cristo! Mi permetto perché non ti merita! Ti conviene lasciarlo perdere
perché ama solo se stesso.Le posò una mano sulla spalla e lei sussultò spaventata dal suo
timbro di voce feroce. Studiò quel volto celtico dai lineamenti marcati e
iniziò a capire.
-Non è vero. Dagr mi vuole bene... a modo suo.- lo difese.
-Forse. Ma non è il solo a volertene.Hilda chiuse gli occhi e inspirò a fondo. Cosa vuoi da me, Nik? pensò.
Ti sei preso una cotta? Mi dispiace, ma io ti considero solo un buon
amico su cui poter contare. Tu e chiunque altro può prendere tutto di me,
anche il mio corpo, ma non il mio cuore: esso appartiene a lui fin da
quando ho aperto per la prima volta gli occhi su questo mondo e
continuerà ad appartenergli fino alla fine dei miei giorni.
Nik allungò una mano per accarezzarle i capelli, il volto e lei non
reagì. Rimase a guardarlo senza far trasparire i propri pensieri e notando
la sua passività, Nik le si avvicinò maggiormente e le sfiorò la fronte con
le labbra, posando con delicatezza le mani sui suoi fianchi. Hilda non lo
respinse, anzi: assaporò con gioia quella piccola ripicca sul suo algido
fratello e non reagì neppure quando le labbra del ragazzo, da prima
titubanti e poi sempre più sicure, si posarono sulle sue.
Sentendo che si lasciava baciare senza opporre resistenza, Nik la
strinse a sé e iniziò ad accarezzarle la schiena, mentre lei alzava le
braccia per cingergli il collo, rispondendo a quel bacio avido e violento.
Incredulo davanti alla sua resa incondizionata, il ragazzo posò le mani
sul suo seno e si buttò alle spalle la paura e l'insicurezza,
accarezzandola con avidità.
Che differenza! pensò Hilda amaramente. Con Nik provo solo
qualcosa di piacevole e superficiale, mentre con Siegfried... Non potevo
innamorarmi di uno come lui? Sarebbe stato tutto più facile... Molto
facile... Karma, solo Karma...
Il ragazzo si allontanò un po' per guardarla e lei riaprì gli occhi niente
affatto imbarazzata.
-Cristo...- sussurrò con voce alterata. -Non ci crederai, ma sei la donna
più affascinante che abbia mai conosciuto.-Allora la tua conoscenza nel campo femminile è molto limitata, non
credi?-Non sfottere.- replicò con stizza, afferrandola alla vita e stringendosela
contro. -Gli uomini farebbero pazzie per te e tu lo sai bene.Lei sorrise e si staccò da lui. Prese l'arco e la faretra e se li sistemò in
spalla.
-È meglio scendere o qualcuno, di cui non voglio pronunciare il nome,
potrebbe insospettirsi.- disse.
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©MGL VALENTINI
Gli passò davanti con noncuranza e si avvicinò alla porta, ma lui la
trattenne e la costrinse a guardarlo. La sua espressione truce e allo
stesso tempo triste la lasciò perplessa e sconcertata, senza capire
perché.
-Hilda... Sai cosa voglio, vero?- chiese divorandola con gli occhi.
-Portarmi a letto? Via, Nik! Non ti sembra di correre un po' troppo?replicò lei trattenendo un sorriso divertito. -Non ti ci vedo nelle vesti di un
Romeo pazzo d'amore. Col tempo... Chissà, forse...Lasciò volutamente la frase in sospeso per illuderlo un po' e aprì la
porta risoluta, pronta a compiere la sua vendetta.
~
Il vento le sferzava il viso con violenza, malgrado cercasse di
ripararsi dietro la schiena di Nik. Si reggeva salda alla vita del ragazzo e
teneva di tanto in tanto gli occhi chiusi per evitare che le lacrimassero.
Nik e Siegfried correvano veloci sulle moto, indifferenti al pericolo.
Era quasi buio, eppure molta gente girava ancora per strada per godersi
il fresco dopo una giornata afosa.
Hilda si voltò per sbirciare il fratello che, con Japaner seduto dietro, li
seguiva da vicino. I lunghi capelli biondi venivano sollevati dal vento e
sbattuti ora indietro ora avanti e il pallido volto magro era stagliato nitido,
come inciso nel basalto. I suoi occhi erano stretti a fessura, freddi come
l'acciaio, liberi da qualsiasi pensiero. Hilda si rivoltò: non aveva il
coraggio di guardarlo; era troppo bello, perfetto, sensuale. E se venisse
a sapere di Nik? si chiese. Lo ucciderebbe o non gliene importerebbe
niente?
Posò la testa sulla schiena di Nik e percepì i suoi muscoli tendersi al
contatto. Sorrise maligna, pensando di averlo in pugno e di poterlo
manovrare a piacimento. Chissà... Forse potrebbe tornarmi utile per
liberarmi di Siegfried...
Quel pensiero la scosse e la fece impallidire. Era proprio lei la
ragazza che tempo prima era entrata timidamente nel covo dei Wölfe?
Non immaginava di essere così cinica! E sì che aveva accusato Alan di
cinismo! Suo malgrado scoprì di non essere migliore di lui, né di
Siegfried. Anzi: per questo, Alan non andava in giro a uccidere la gente...
Cristo, che razza di famiglia siamo! pensò rabbrividendo. Violenza,
ipocrisia, perversione... Non ci manca niente!
Riconobbe la strada che conduceva all'università e ripensò a LA. Dio,
che voglia di rivederti! Chissà se sei cambiata o sei sempre la stessa?
Uno di questi giorni verrò a trovarti e parleremo come ai vecchi tempi...
A un tratto vide la loro meta.
Lasciarono le moto davanti al marciapiede e rapidamente entrarono
nel portone. Salirono le scale e si fermarono davanti alla porta.
Siegfried osservò la sorella per accertarsi che non fosse preda del
nervosismo e con soddisfazione constatò che era calma, addirittura
tranquilla. Hilda lo guardò a sua volta e gli fece un cenno con il capo. Lui
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©MGL VALENTINI
annuì e si appostò a un lato della porta, mentre Japaner e Nik si
sistemavano alla parte opposta. Lei rimase da sola davanti al portone di
casa e si assicurò che i suoi amici rimanessero al di fuori della visuale di
Max. Quindi suonò.
Mentre attendevano, Siegfried sbirciò lungo il corridoio, pronto a
balzare addosso a chiunque fosse sopraggiunto. Dovevano agire nella
più perfetta discrezione e anche un solo testimone lasciato in vita
avrebbe potuto rovinarli.
Dopo pochi secondi udirono dei passi, poi Max aprì la porta e
spalancò gli occhi davanti all'inattesa visita. Rimase un attimo immobile,
perplesso e attonito, osservando la cugina da capo a piedi, senza
riuscire a capire perché fosse andata da lui.
-Posso entrare? Sei solo?- chiese Hilda con tono vellutato.
Ancora stordito, il ragazzo sorrise senza immaginare la trappola e
rispose:
-Sì, certo. Entra pure.Si fece da parte per farla passare, ma anziché lei si precipitarono
all'interno i tre Wölfe e lui sobbalzò cercando rifugio in camera sua.
Japaner fu più veloce e l'afferrò a un braccio e, insieme a Nik, lo
immobilizzò, minacciandolo per non farlo urlare.
Hilda richiuse dolcemente la porta e mise la chiave in tasca
sorridendo ambigua. In quel momento udirono una voce provenire dalla
cucina che chiedeva:
-Max, chi è?Per una frazione di secondo i Wölfe si irrigidirono. Avevano scelto
quel giorno e quell'ora proprio perché sapevano che la loro vittima
sarebbe stata sola in casa e che quindi avrebbero potuto agire
indisturbati, senza lasciare traccia del loro passaggio. Quella voce, che
aveva fatto impallidire Hilda, non era stata prevista.
-Alan...- sussurrò la ragazza.
Come se l'avesse chiamato a gran voce, Alan entrò nell'ingresso e si
arrestò all'improvviso, mentre il sangue defluiva dalle sue guance.
Per niente turbato dalla piega imprevista che avevano preso gli
avvenimenti, Siegfried si avvicinò al fratello, dominandolo dall'alto dei
suoi due metri e commentò:
-Sembra proprio che le nostre strade debbano sempre trovare un
passaggio in comune. Stai bene, Alan?-Non mi piace il tuo sarcasmo.- sibilò l'interpellato. -Non mi è mai
piaciuto: suona sempre come una minaccia latente. Cosa sei venuto a
fare?-Deve esserci un motivo?Alan osservò Japaner e Nik trattenere Max, quindi posò gli occhi su
Hilda; quasi non la riconosceva più.
-Con te di mezzo c'è sempre un motivo.- rispose con stizza.
Siegfried alzò una mano per portarla alla fascetta bianca intorno alla
fronte e quel semplice gesto fece istintivamente indietreggiare il fratello.
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©MGL VALENTINI
-Che ti succede?- lo schernì. -Hai paura che possa ucciderti con una
sola mano? Mi lusinga l'opinione che hai di me, tuttavia non mi
abbasserei mai a tanto; se dovessi ucciderti, userei mezzi più appropriati
alla... tua egocentrica raffinatezza.Si voltò verso i suoi amici e fece un gesto con la mano. Questi
lasciarono Max, e Siegfried gli si avvicinò, torreggiando come un falco.
-Non sembri più tu, cugino. Cosa ti è successo?-Brutto bastardo figlio di cagna! Sai fin troppo bene cos'è successo!- e
sputò ai suoi piedi trovando un coraggio che ancora non conosceva.
Japaner gli si avvicinò minaccioso, ma Siegfried lo fermò. Era rimasto
impassibile, a dispetto dell'affronto e fissò Max con freddezza,
studiandolo come mai prima di allora.
-Perché dovrei saperlo?- chiese con calma.
L'interpellato fece il gesto di scagliarsi contro di lui, ma si trattenne in
tempo notando un lampo pericoloso saettare nei suoi occhi.
-Te lo dirò io, bastardo.- s'intromise Alan con voce atona. -Ann è morta
per la troppa violenza che le avete riservato tu e i tuoi schifosi amici e la
zia è ricoverata in ospedale psichiatrico dove sta vegetando in preda alla
pazzia.Siegfried rimase in silenzio, fissando ora Alan ora Max.
-Mi dispiace.- fu la lapidaria risposta.
Hilda impallidì a quelle parole, mentre Japaner e Nik sghignazzavano,
mandando in bestia le due vittime.
-Sei... Sei un mostro!- urlò Max divorato dall'ira. -Sei stato tu! Tu,
maledetto figlio del demonio!- e si scagliò contro di lui.
Siegfried si scansò appena e il pugno colpì solo di striscio i suoi
capelli. Alan era rimasto pietrificato, fissando il fratello come se fosse
stato un alieno. Max urlava e dimenava colpi furiosi accecato dall'odio,
senza più pensare al terrore che aveva di Siegfried, mentre il suo
bersaglio lo evitava senza fatica, sotto gli occhi divertiti di Japaner, Nik e
Hilda. Infine, stanco di quel gioco, Siegfried lo colpì con un violento
manrovescio che lo fece rovinare a terra.
A quel punto Nik e Japaner lo presero e lo legarono mani e piedi su
una sedia, mentre Hilda si appoggiava alla parete con gli occhi sgranati
e il viso mortalmente pallido.
Con estrema calma Siegfried allungò una mano verso Japaner e
questi gli diede la catena che portava nascosta sotto il giubbotto.
Allarmato, Alan si avvicinò al fratello e urlò:
-Che intendi fare? Sei pazzo?L'occhiata che Siegfried gli lanciò fu più che sufficiente a farlo
divenire esangue e istintivamente Alan arretrò, consapevole della
precaria posizione in cui si trovava. Con un gesto calcolato il fratello lo
colpì allo stomaco e Alan crollò a terra gemendo e annaspando per
cercare aria, mentre un rivolo di sangue gli usciva dalla bocca.
Hilda soffocò un grido e sgranò gli occhi terrorizzata, ben sapendo
che tutto quello non era stato previsto nel piano adottato e si precipitò ad
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aiutare il fratello che si contorceva stringendosi l'addome. Ma Siegfried
la bloccò e la tirò indietro, fissandola negli occhi.
-È... È nostro fratello...- mormorò annichilita.
-È un testimone.- la corresse con una stupefacente freddezza, facendo
un cenno a Nik.
Questi capì al volo e si portò vicino ad Alan, pronto a trattenerlo se
avesse osato ribellarsi.
Hilda avvertì un capogiro e barcollò sulle gambe, fissando un punto
indefinito, senza vedere. Uccidere Alan? Uccidere Alan? si ripeteva. No,
non era possibile... Alan era loro fratello, il loro stesso sangue... Non
poteva finire così...
Siegfried la scosse appena e dopo un attimo lei si voltò a guardarlo.
La cinica indifferenza di lui la terrorizzò e lo fissò trasecolando, senza più
vederlo per quello che aveva sempre rappresentato per lei, ma
scoprendolo un mostro insensibile, un uomo per il quale il fine
giustificava i mezzi, un uomo che non si sarebbe mai fermato davanti a
nulla.
-Tu non... Tu non puoi...- balbettò.
Siegfried la fissò negli occhi per un lungo istante, quindi le accarezzò
dolcemente i capelli e la lasciò a meditare sulla situazione, portandosi
davanti a Max, legato sulla sedia.
Questi era rimasto sbalordito di fronte alla scena svoltasi sotto i suoi
occhi e fissò il cugino con ritrovato orrore, comprendendo che sul suo
destino non avrebbe potuto scommettere niente. Tuttavia trovò la forza
di dire:
-Mio padre ti ucciderà!Siegfried si limitò a fissarlo con espressione inequivocabile.
Max guardò quegli occhi tanto belli e affascinanti quanto crudeli e
spietati, racchiusi in un volto dolce e dissimulatore. Sapeva che non
l'avrebbe lasciato in vita e anziché provare terrore avvertiva solo una
collera feroce che gli annebbiava la mente. Per tutti quegli anni aveva
vissuto nella paura della sua vendetta e aveva cercato di sfuggirgli per
evitare un destino certo; tuttavia ora, giunto al termine della corsa, la
rabbia che per anni l'aveva attanagliato esplose tutta insieme.
-Mi fai schifo!- sibilò. -Se devi uccidermi fallo subito, non ho più paura di
te, bastardo!Siegfried lasciò la catena nelle mani di Nik e dalla tasca dei pantaloni
tirò fuori il coltello a serramanico. Immediatamente Japaner infilò un
fazzoletto nella bocca riluttante di Max, che fissava la lama con orrore.
Hilda osservava in silenzio, dimentica di Alan, rapita da uno strano e
quanto mai ambiguo senso di gioia.
Con studiata lentezza, Siegfried scavò un solco sulla guancia destra
del cugino e il sangue iniziò a sgorgare pigramente. Indifferente ai
lamenti soffocati di Max, face scorrere la lama sui suoi vestiti mettendo a
nudo il torace e tracciando altri solchi sulla sua pelle e con un dito
raccolse un po' di sangue per dipingergli la guancia sinistra.
-Conosci la danza del sole?- chiese con distacco.
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Affondò il coltello sotto il seno di Max e fece riuscire la lama al di
sopra di esso, in modo da formare un'asola di pelle. Altrettanto fece
sull'altro seno, quindi vi infilò due bastoni che Japaner gli tendeva e legò
le quattro estremità a una corda che strinse con forza, in modo che i due
legni venissero tesi verso il centro.
Max si divincolava e dimenava come un forsennato, con gli occhi che
gli strabuzzavano dalle orbite, la bocca che si spalancava nella vana
speranza di urlare, mentre il sangue colava inesorabile, dipingendo di
rosso i due legni che gli tiravano le carni senza pietà.
-È un peccato che non possa appenderti come prevede il rituale.Nik e Japaner afferrarono il ragazzo per le spalle e lo tennero fermo
contro la sua volontà, ghignando divertiti.
-Hai voluto concederti la lussuria.- continuò Siegfried nel suo tetro
monologo. -Ora pagane il prezzo.Lasciò scivolare dolcemente la lama sui pantaloni e si fermò
all'altezza dei genitali. Con un colpo secco e preciso gli recise il pene,
che gettò lontano, quindi l'afferrò per i capelli e gli incise la cute sopra la
fronte. Tirò con tutta la forza che aveva il cuoio capelluto e con lo scalpo
del cugino pulì la lama dal sangue.
Con orrore Hilda chiuse gli occhi e rigirò la testa, appoggiandosi alla
parete per non cadere. Aveva sì assistito a tutte le barbarie dei Wölfe,
ma ora Siegfried stava dando prova di saperli superare in agghiacciante
efferatezza e questo la sconvolse. Sentiva le urla soffocate di Max e la
sedia che traballava, eppure non ebbe la forza di guardare.
A quella vista Alan avvertì un prepotente conato di vomito salirgli su
per gola e iniziò a tossire convulsamente, trattenendosi ancora lo
stomaco mezzo maciullato dal colpo ricevuto. Gli sembrava di vivere un
incubo tremendo, assurdo e pensò al momento in cui si sarebbe
svegliato sudato e terribilmente scosso, con un grido che gli riempiva le
orecchie e la gola. Ma gli bastò osservare la testa sanguinolenta del
cugino e il pene a terra per rendersi conto che stava vivendo quel
momento atroce. Con gli occhi sgranati fissò il fratello, così freddo e
arrogante, mentre buttava a terra lo scalpo e si domandò se veramente
avessero entrambi lo stesso sangue.
Con implacabile indifferenza Siegfried si avvicinò nuovamente a Max
e gli disse:
-Hai voluto guardare ciò che non ti era stato concesso: io non dimentico
chi tradisce la mia fiducia.Affondò la punta del coltello nell'occhio sinistro e il lobo oculare schizzò
via finendo a terra, mentre Max sussultava e si contorceva, impazzito dal
dolore.
Di nuovo Hilda chiuse gli occhi, reprimendo un forte conato di vomito
e dovette deglutire più volte per non lasciarsi sopraffare, mentre portava
una mano contro la parete e l'altra sullo stomaco ribelle. Quando si sentì
meglio si voltò per osservare Siegfried, rimasto immobile a guardare
l'agonia del cugino, avvolto nella sua solita fredda indifferenza. Si girò a
guardare Alan, ancora accasciato a terra e lo fissò a lungo. Questi aveva
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osservato la scena con rinnovato orrore e appena l'occhio di Max era
volato via, cozzando contro la parete, non aveva resistito e aveva
iniziato a vomitare, singhiozzando istericamente.
Con un cenno della mano Siegfried diede ordine a Japaner di tener
fermo il cugino, quindi gli si avvicinò di nuovo dopo aver impugnato con
entrambe le mani la spada da samurai. Si accorse che Max aveva
ancora pochi istanti di vita e si portò a debita distanza. Senza fretta mirò
la lama perfetta, la sua armonia e la sua potenza, mentre Japaner si
preparava senza lasciare la testa di Max.
Questi intravide la lama calare su di sé con violenza e precisione; per
un secondo provò la sensazione inebriante di essere divenuto leggero,
di librarsi in aria con disinvoltura e l'ultima immagine che vide, prima di
staccarsi per sempre dalla vita, fu la stanza rovesciata e il proprio corpo
mutilato legato ancora alla sedia.
Alan sussultò e perse i sensi quando la testa gli ricadde vicino, simile
a una maschera infernale e mostruosa che si trascinava seco pezzi di
carne maciullati e rigonfi di sangue caldo.
Siegfried piegò le labbra in un mezzo sorriso soddisfatto e riconsegnò
la spada a Japaner, dopo averla ripulita, lodandone l'efficacia. Infine si
volse verso Hilda, rimasta ammutolita e atterrita e le disse dolcemente:
-Possiamo andare.Hilda si scosse dall'apatia in cui era caduta e alzò la testa per
guardarlo negli occhi. Era come sempre: gelido, sprezzante, indifferente
e con un sospiro rassegnato si avvicinò alla porta e l'aprì. Ma prima di
uscire si voltò a guardare Alan per un'ultima volta. Siegfried la sospinse
con dolcezza e lei serrò le labbra e strinse gli occhi per non piangere,
quindi si precipitò fuori da quell'incubo infernale e respirò a pieni polmoni
per purificarsi.
Prima di seguirla, Siegfried si voltò verso Nik e gli fece un gesto
eloquente con la mano, fissando con disprezzo il corpo steso a terra del
fratello.
Nik sorrise e insieme a Japaner si avvicinò lentamente ad Alan...
~
Josh sbirciò Siegfried di sottecchi, soffermandosi sul suo volto
impassibile e sulla fascetta bianca mezzo coperta dai lunghi capelli
biondi; quindi osservò Hilda, visibilmente scossa e con gli occhi tumefatti
e arrossati. Due reazioni decisamente opposte, pensò studiandoli con
attenzione. E non mi stupiscono nessuna delle due. Socchiuse gli occhi
e si lasciò andare contro lo schienale della sedia, finendo di bere il suo
whisky.
Siegfried se ne stava seduto a fumare una sigaretta, con quella sua
espressione di distaccata indifferenza e di pacata tranquillità che tanto
faceva inquietare Josh e di tanto in tanto lanciava occhiate verso la
sorella e Nik, che parlavano tra loro leggermente in disparte dal resto
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©MGL VALENTINI
della comitiva. Avvertiva su di sé lo sguardo di Josh, ma evitava di
guardarlo per dover dare ulteriori spiegazioni sul proprio comportamento.
Il resoconto dell'operazione fatto da Nik e Japaner aveva lasciato tutti
perplessi. Quando avevano elaborato il piano nessuno aveva preso in
considerazione l'eventuale presenza di Alan in casa di Max e il
conseguente modo di agire di Siegfried li aveva lasciati impietriti. I
testimoni erano sempre fattori scomodi, chiunque fossero e su questo si
erano trovati tutti d'accordo con lui ma, nonostante tutto, la fredda
impassibilità con cui aveva eliminato il fratello li aveva sconvolti.
Josh aveva ascoltato il resoconto in silenzio, guardando ora Hilda ora
Siegfried, chiedendosi con un certo timore se l'imprevista presenza di
Alan non fosse stata del tutto imprevista come Siegfried si ostinava a
voler far credere. Hilda era rimasta palesemente sconvolta, anche se
aveva capito che non c'era stato altro modo per potersi salvare
dall'eventuale denuncia da parte di Alan; tuttavia, anche se rassegnata
all'evidenza, i suoi occhi erano gonfi per le lacrime versate e per il
rimorso di essere stata complice del fratricidio. Solo Siegfried aveva
mantenuto il solito cinismo. Il suo comportamento aveva continuato a
essere quello di sempre e questo Josh non riusciva a digerirlo. Non è
possibile, pensò osservandolo. Nessuno uccide il proprio fratello con
tanta disinvoltura. Io non sarei stato capace. A meno che... Possibile che
la tua maledetta mente sia così mostruosamente illuminata da tanta
perspicacia?
-Ok.- mormorò Saint Just alzandosi dal tavolo dove stava giocando a
poker. -Io vado a dormire.Pat posò le carte e seguì il suo esempio. Quel movimento risvegliò
l'attenzione di Josh che si alzò stiracchiandosi.
-Ok. È preferibile andare a riposare, ragazzi.- disse. -Domani bisognerà
sentire cosa ne pensa la madama su quanto è accaduto. Se tutto andrà
bene non avremo noie.-Andrà tutto ok, Josh, sta' tranquillo.- lo rassicurò Japaner con
indifferenza.
Hilda e Nik si alzarono dalle sedie e si avvicinarono al capo.
-Faresti meglio a riposare, ragazza.- consigliò con un sorriso. -È stata
una giornata lunga, vero?-Sì, sono sfinita.- mormorò chinando la testa.
Quando tutti furono saliti al piano di sopra, Josh si avvicinò a
Siegfried, rimasto tranquillamente seduto a fumare e lo studiò a lungo.
Una sfinge, pensò, ecco cosa sei. Enigmatico e insondabile.
-Tu non vieni?- gli chiese.
-Va' pure, ti raggiungo.- rispose Siegfried guardandolo negli occhi.
Josh scrollò le spalle e se ne andò a dormire.
Rimasto solo, Siegfried fissò a lungo le sedie dove erano stati Nik e
Hilda a parlare. Già da qualche tempo aveva notato lo strano
comportamento di Nik: quel suo modo di guardarla, di starle sempre
vicino, di sorriderle... Chiare intenzioni, pensò. Troppo. Ma Hilda non
sembrava attratta da lui, come non era attratta da nessun altro dei Wölfe.
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Sorrise diabolico pensando a come era riuscito a incatenarla a sé.
Povero Nik! pensò divertito. Non potrà mai amarti come vorresti, perché
lei può amare solo me. Non mi va l'idea che mi ponga allo stesso livello
di uno qualsiasi: non l'accetto. Lei mi adora e tu questo non l'hai ancora
capito. Come non hai capito che io non concepisco l'idea che qualcuno
si impossessi di ciò che mi appartiene. E Kristall è mia. Cosa devo fare
con te? L'istinto mi porta a eliminarti così come ho fatto con Max: saresti
un nobile esempio per gli altri.
Con noncuranza spense la sigaretta e chiuse gli occhi sospirando
appena.
Non sentiva stanchezza, né provava il benché minimo rimorso per
Alan: era in perfetta armonia. Der Teufel lo chiamavano e tutti lo
temevano; in realtà non pensava di essere così disumano. Malgrado
tutto sapeva di provare sentimenti come qualsiasi altro essere umano:
per Hilda sentiva qualcosa che poteva avvicinarsi all'amore; per Alan e
Max aveva sentito solo odio, un odio che era cresciuto di giorno in giorno.
Eppure non se ne faceva una colpa se era fatto così.
Fin da piccolo aveva capito che gli altri dovevano servirgli solo come
mezzo per raggiungere i propri scopi e, fedele al credo machiavellico, si
era sempre comportato di conseguenza, risultando gelido e calcolatore,
indifferente e sprezzante ai sentimenti e alle vite altrui. Aveva imparato a
servirsi di chi gli era vicino, celandosi dietro la sua ambigua discrezione
per evitare di venire accusato di qualunque cosa.
Abbozzò un pallido sorriso ripensando a come aveva condotto la
propria vendetta. La giudicò con una sola parola: perfetta. Con un
singolo colpo, assestato al momento giusto e con disumana
consapevolezza, si era liberato di Max e di Alan.
Alan...! pensò. Dopo tanto tempo sono riuscito a ricompensare la mia
pazienza. Cosa penserebbero gli altri se sapessero che io, io ero sicuro
della tua presenza in casa di Max? Ah...! Credo che il loro timore nei
miei confronti aumenterebbe. E tu hai capito, Josh? Sì, forse lo sospetti,
ma non potrai mai esserne certo.
Sorrise soddisfatto e per un attimo tornò indietro nel tempo. Quanto
aveva odiato i suoi genitori! Avevano occhi solo per Alan e Hilda, mentre
si dimenticavano di lui troppo facilmente. Per tanti anni aveva dovuto
sentire lodi rivolte al fratello perché ubbidiente, gentile, educato, studioso
e... primogenito! Sembrava che Alan fosse stato il figlio perfetto, mentre
lui era la pecora nera.
Serrò le labbra al ricordo e riaprì gli occhi di ghiaccio.
Quella mattina era rientrato di soppiatto in casa dopo aver marinato
la scuola per l'ennesima volta, per posare i libri e prendere il coltello che
teneva ben nascosto tra la sua roba e recarsi con i suoi amici a
molestare la gente, a girovagare e a commettere piccoli furti.
Aveva appena scavalcato la finestra della sua camera quando gli
erano giunte delle voci concitate e nervose. Aveva intuito
immediatamente che sua madre stava litigando con qualcuno, un uomo
e stava per correre da lei, quando si era arrestato dietro la porta,
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pensieroso. Aveva teso le orecchie e in quell'attimo il mondo intero gli
era crollato addosso. Aveva riconosciuto la voce irritata di suo zio, il
padre di Max, il cognato di sua madre. Entrambi litigavano a voce bassa,
ma abbastanza chiara perché lui, dietro la porta, lì udisse distintamente.
-Non ci posso credere!- aveva esclamato suo zio con stizza. -Dopo tutto
questo tempo mi vieni a dire che è finita? Ti rendi conto che è assurdo?-Sei tu che non vuoi renderti conto!- aveva replicato sua madre. -I nostri
figli crescono e la cosa può diventare pericolosa! Lo vuoi capire?-La verità è più facile: ti sei stancata di me, vero? Prima dicevi di amarmi,
ora ti dà fastidio anche solo vedermi! Con quale coraggio mi dici che è
finita? Come puoi dirmi di non venire più? Come puoi cancellare tutti gli
anni che abbiamo trascorso insieme? Non puoi liquidarmi così
facilmente, Cristo! Non te lo permetterò!-Dobbiamo farlo! Devi pensare a mia sorella e ai tuoi figli!-Di quali figli parli?- aveva grugnito a denti stretti.
Per un attimo, che a lui era parso un secolo, lì fermo ad origliare
dietro la porta, sua madre aveva taciuto. Poi, con rinnovata foga, aveva
esclamato:
-Parlo dei tuoi figli: Ann e Max!-Ne dimentichi un altro!-Alan non ti appartiene! È stato un errore, ma ora è mio!-È anche mio figlio! Non puoi sperare che me ne dimentichi!-Basta! Non dire più niente! È finita!Appoggiato alla porta con tutto il peso, era rimasto immobile con gli
occhi sgranati, seguendo quel battibecco rivelatore che lo pugnalava a
tradimento. Non voleva e non riusciva a credere a quanto aveva appena
udito. Eppure la cruda realtà era lì a portata di mano. La sua già
diabolica mente aveva iniziato a lavorare alacremente per capire meglio,
senza più dare ascolto al dialogo rabbioso che proveniva dalla cucina.
Alan non era suo fratello! Un fratellastro nato da una relazione che
nessuno conosceva! I suoi occhi si erano ristretti a due fessure taglienti,
gelidi come il ghiaccio e ricolmi di odio. Quando aveva sentito che la
rabbia lo stava divorando, con stizza se ne era andato, accecato da un
risentimento che in seguito si sarebbe mutato in crudeltà e ferocia.
Aveva otto anni allora e aveva custodito gelosamente quel segreto.
Ma in tutti gli anni a seguire un solo pensiero aveva dominato nella sua
mente mostruosamente aperta all'omicidio e alla chiaroveggenza: la
vendetta.
Povero Alan! pensò con sarcasmo. Nessuno sapeva, e tu meno di
tutti, che eri un bastardo! Scostò una ciocca di capelli dal volto e si
concesse uno spinello.
Oltre a essere il più coccolato e il più lodato fra loro, Alan gli aveva
rubato pure la primogenitura alla quale non aveva diritto. Aveva provato
solo odio per quel fratello che gli aveva rubato tutto senza meritarsi
niente.
Per Hilda era diverso. Lei era sua sorella e benché vezzeggiata
perché piccola e unica femmina, era l'unica a ricambiare le sue
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attenzioni, l'unica ad averlo amato. Alan doveva pagare, insieme a sua
madre. Questo era diventato il suo pensiero fisso e col tempo l'idea di
ucciderli si era radicata nella sua mente. Tuttavia non voleva farlo
apertamente.
L'occasione gli si era presentata con Hilda e la vendetta contro Max.
Senza che loro due sapessero, li aveva usati come capri espiatori delle
sue nefande intenzioni. Ann e sua zia erano state le prime vittime del
suo mostruoso piano, perché sapeva fin troppo bene che Alan non
avrebbe lasciato solo il cugino nel momento più triste e doloroso della
sua vita. E così era stato: Alan era lì, puntuale con la morte, quando
aveva deciso che era giunta l'ora di colpire.
Che dolce sapore aveva la vendetta! Aveva previsto tutto, con
criminale e gelida lucidità e nessuno poteva accusarlo di niente, perché
nessuno immaginava che lui mirava a eliminare Alan. Aveva curato tutto
nei minimi particolari, attendendo a lungo per non dare sospetti, ma alla
fine l'ultima parola era stata la sua.
Aveva raggiunto il suo scopo: la vendetta era veramente completa.
Per i suoi genitori era stata la mano del destino a intervenire, ma per
Alan e Max era stata la sua mano a colpire nelle tenebre. Per suo zio...
Be’, gli era bastato distruggergli la famiglia per arrivare a distruggere lui.
Finalmente tutti avevano pagato: chi per una cosa chi per un'altra e
tutto condotto con abile maestria, senza dare sospetti. Quello che non
ho potuto fare allora, pensò soddisfatto, l'ho portato a compimento
stasera. Ho atteso con pazienza che arrivasse il mio momento e questa
attesa è stata ampiamente ricompensata.
Inspirò a fondo, sentendosi finalmente libero da quella ossessione.
Terminò di fumare la canna, gustandosela fino in fondo e sorrise pago.
Teufel? si ripeté. No, non mi sento tale. È la mia natura essere così,
quello che sono. O forse sono stati gli altri a far sì che io divenissi tale...
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Hilda bussò leggermente alla porta mentre ammoniva Hols di fare
silenzio e di non muoversi. Si diede una ritoccata ai capelli ben pettinati
e si aggiustò il maglione. In quel momento fu contenta di aver indossato i
vecchi jeans, il golfino e le scarpe da ginnastica: se LA l'avesse vista con
il completo in pelle nera, la divisa dei Wölfe, si sarebbe allarmata
inutilmente.
Udì dei passi e poco dopo la porta si aprì, mostrando il volto
sorridente e allegro dell'amica.
-Ciao, LA.- salutò con un dolce sorriso.
La ragazza sgranò gli occhi e un'espressione incredula le si dipinse
sul viso lentigginoso, fissando Hilda come se fosse appena giunta da un
lontano pianeta.
-Dio santo, Hilda! Che gioia rivederti! Vieni, entra dentro!- l'accolse
appena superata la sorpresa.
Questa sorrise varcando la soglia, mentre gli occhi di LA si posavano
su Hols. Si chinò per accarezzarlo e il lupo ricambiò l'attenzione
facendole le feste, contento di rivedere una faccia conosciuta.
-Briccone!- esclamò ridendo. -Ti ricordi ancora di me, vero?Entusiasta di quella visita inattesa, LA li fece entrare e li condusse in
cucina, luogo dove avevano trascorso molto tempo a studiare e parlare,
meditare e scherzare.
-Oh, Cristo! Fatti un po' vedere!- esclamò guardando Hilda da capo a
piedi. -Ti trovo bene, anche se un po' pallida e smagrita. Ah, cielo!
Quanto tempo è passato? Nove mesi? Forse dieci. Sembra un'eternità!
Vieni, siedi e raccontami quello che hai fatto in tutto questo tempo.
Gesù! Quasi non ci credo che sei qui!Hilda sedette osservando l'amica, mentre Hols le si accucciava ai
piedi. L'entusiasmo con il quale LA l'aveva accolta la riempiva di gioia e
guardò con tenerezza l'agitazione della ragazza. LA era sempre la
stessa, piena di vita e senza problemi, con i soliti pantaloni e i fulvi
capelli sciolti come una selvaggia.
-Be’, cosa vuoi che ti racconti? La vita continua.- iniziò tastando il terreno.
Quella frase parve rabbuiare lievemente l'euforia di LA, perché il suo
sorriso sparì e gli occhi persero la loro vivacità. Si mise seduta di fronte
a lei e con espressione triste mormorò:
-Sì, la vita continua... Hai saputo di...Non terminò la frase: non ce n'era bisogno. Hilda sospirò appena e
disse:
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-Sì, l'ho saputo. Sono trascorse due settimane, eppure ancora non
riesco a rendermi perfettamente conto. Perdere un fratello e un cugino...LA annuì gravemente, immaginando il dolore dell'amica e chinò un
poco la testa.
-Chi diamine poteva volere la loro morte? Erano due bravi ragazzi, così
educati... Quanto mi è dispiaciuto! Tutti, qui nel palazzo e in facoltà, ci
sono rimasti male. Tuo fratello aveva tanti amici... Dio, che fine assurda
e disumana!- e rabbrividì scuotendosi tutta.
Hilda la studiò a lungo e notò la genuinità del suo dolore. Si morse le
labbra e pensò a quanto invece lei fosse ipocrita. Sì, per Alan aveva
sofferto, non era ancora riuscita a perdonare del tutto Siegfried, ma per
Max aveva gioito e spesso, ripensando a quel giorno, sorrideva maligna.
Cosa faresti LA, pensò, se ti dicessi che ero presente? Mi tratteresti
ancora così?
-Qualcun altro ha preso posto nel nostro appartamento?- chiese per
cambiare discorso.
-Sì, due ragazze. Sono arrivate sei giorni fa e sono molto simpatiche.rispose LA evasiva.
-Come va con gli esami?-A gonfie vele! Tra meno di un mese presenterò la tesi e presto la
discuterò!- esclamò con impeto, consapevole che Hilda aveva
volutamente cambiato discorso. -Certo, ho impiegato un anno più del
previsto, nondimeno è pur sempre un buon traguardo.-Ottimo, direi. E dopo? Cosa conti di fare?-Ba'! Cercherò lavoro, naturalmente, anche se sarà un'impresa! Ma non
parliamo di me: qui le cose non sono cambiate molto. Dimmi, invece, a
te come va?- chiese recuperando tutta l'euforia iniziale.
Hilda sorrise e gettò uno sguardo rapido intorno a sé prima di
rispondere elusiva:
-A me va tutto bene. Vivo tra ragazzi che mi considerano una sorella.-Non intenderai con questo termine quello che intendeva tuo fratello,
spero!-Oh, no!- rise di fronte alla faccia scura dell'amica. -Sta' tranquilla! Sono
tutti bravi ragazzi, anche se alquanto vivaci. Mi trovo bene con loro, te
l'ho detto.LA scosse la testa pensierosa.
-Mi pare doveroso chiederti come sta Siegfried, no?-Sta bene, anche se è un tipo strano.- confessò sorridendo.
-Non era un segreto.- borbottò con una smorfia.
Hilda sorrise ed LA chiese con tono tetro:
-Sono tutti teppisti, vero? Tutti delinquenti.Per un istante Hilda rimase a fissarla attentamente, innalzando un
invisibile muro di difesa, quindi rispose:
-Sì, sono teppisti, ma non è come credi.-Come credo?- sbottò allibita e indignata. -Non verrai a dirmi che sono
anime pie, spero! So bene di che stoffa è fatta quella gente!-No, non lo sai.184
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-Oh, Cristo! Ti hanno fatto il lavaggio del cervello? Ora mi dirai che non
rubano, che non ammazzano, che sono persone morigerate... Santo
cielo! Non ti aspetterai che ti creda, vero?Hilda non rispose; attese che continuasse, studiandola con
attenzione.
-Mi è bastato vedere tuo fratello per capire che è gente senza scrupoli,
senza coscienza... senza morale.- continuò imperterrita. -Ho buone
orecchie, tanto da sentire che bande di delinquenti saccheggiano negozi,
violentano donne, uccidono e si ammazzano per il predominio. Le so
queste cose, le so bene. È gente crudele che non rispetta nessuno,
tranne loro stessi. Tu... Non so come tu abbia fatto ad accettare una
simile condizione di vita. Anzi: mi pare di capire che li difendi, che
abbracci la loro causa basata esclusivamente sulla violenza... E mi vieni
a dire pure che ti ci trovi bene!Hilda sorrise enigmatica e la guardò con una distaccata aria di
superiorità. Si mise più comoda sulla sedia e replicò pacata:
-Vedi, LA, tu non hai vissuto insieme a loro, non puoi dare un giudizio.
Non te lo permetto.LA la fissò a bocca aperta, attonita e incredula. Era proprio Hilda la
ragazza che le sedeva di fronte? Era proprio lei la ragazzina timida,
malinconica, abulica che aborriva la violenza? Incredibile come fosse
cambiata! Eppure era proprio lei, anche se qualcosa, nel portamento e
negli occhi, denotava il cambiamento. Sembrava più matura di quando
se ne era andata, forse più provata. Sicuramente i suoi modi di fare ora
sottolineavano una persona sicura di sé e delle proprie azioni, ma i suoi
occhi...
Aveva notato subito quel nuovo bagliore, lontano anni luce da quello
che era abituata a vedere. Il suo non era più uno sguardo innocente e
smaliziato, timido e introverso; c'era un barlume di crudeltà ora che
prima non esisteva e ne ebbe paura.
-Hilda, tu... Tu sei cambiata molto, sai? Non sei più la ragazza che
conoscevo... No, non te lo dico per quello che hai appena detto, no. Tu
sei cambiata interiormente. Forse è da attribuire alla vita che hai
condotto in questi ultimi mesi… Ma come è possibile cambiare in modo
così repentino? Ti è successo qualcosa?- chiese preoccupata.
Hilda sorrise appena e ripensò ai vari momenti trascorsi con i Wölfe.
-Direi che di cose ne sono successe molte.-Sì, lo penso anch'io.- mormorò annuendo gravemente.
Attese che Hilda parlasse, invece questa si limitò a fissarla
abbozzando un sorriso ambiguo.
-Be’, gradisci un po' di caffè?- le chiese alzandosi.
-Ti ringrazio.Sconcertata, LA si mise a preparare la caffettiera senza sapere cosa
pensare. Erano sempre state amiche, si erano sempre confidate tutto,
anche solo con un semplice sguardo, e ora, invece, sembravano due
estranee. Tra loro si era alzato improvviso un muro di freddezza e di
diffidenza che di sicuro non era stata lei a volere. Si sentiva imbarazzata
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sotto quello sguardo sottile e gelido e si chiese se Hilda se ne rendesse
conto.
Mise la caffettiera sul fuoco e con una vivacità che era lungi dal
provare esclamò:
-Ecco fatto! Proprio come ai vecchi tempi!Si mise seduta e con noncuranza continuò:
-Allora? Mi hai detto che sono successe molte cose. Sono curiosa, lo sai.
Forza, racconta!Hilda sorrise alla falsa allegria che mostrava e rispose:
-Non so se farei bene a raccontarti. Non ti piacerebbero le imprese dei
Wölfe.-Perché?-Mi pare di ricordare che non nutri molta simpatia nei confronti della
violenza.-Oh!- mormorò impallidendo, rendendosi conto solo allora che anche la
sua amica viveva come una teppista e che, di conseguenza, si
comportava come tale. -Non importa, racconta pure.- l'incitò.
-Bene. Cosa posso dirti? Ah, sì! Ho imparato a usare l'arco, il coltello, la
catena e anche la pistola. Ma non temere!- esclamò davanti al suo
stupore. -Non uso nessuna di queste armi contro gente innocente! In
genere ne faccio uso solo per difendermi da altri teppisti.-Tu... Tu combatti?-Sicuro. Sono un Wolf e tutto quanto i Wölfe decidono di fare, io lo faccio
insieme a loro. Ti sconvolge questo?- chiese divertita suo malgrado.
-Oh, mio Dio...Il fischio della caffettiera la strappò dal suo stupore e si accinse a
riempire le tazzine. Con sgomento notò che le mani le tremavano, ma
quello che aveva appena scoperto l'aveva lasciata annichilita: la vecchia
amica non esisteva più.
Con studiata lentezza Hilda prese la tazzina e sorseggiò il caffè
senza staccare gli occhi da LA. Quella situazione la divertiva: non aveva
mai visto l’amica in quello stato di attonimento totale.
-Vuoi che continui?- domandò con tono vellutato.
Non fidandosi della propria voce, la ragazza annuì lentamente.
-Ok. Ti dirò che è divertente sfuggire alla polizia quando ti insegue; lo è
un po' meno quando altri teppisti ti sparano addosso; ma anche questo
fa parte del gioco, no? È vero che derubiamo i negozi e che la gente ha
paura di noi. Voglio dirti una cosa: tra noi c'è un ragazzo a cui piace la
medicina e sono sicura che se non fosse diventato quello che è, ora
sarebbe un medico. Ebbene, di tanto in tanto si reca a un'edicola per
procurarsi ogni tipo di rivista medica, per tenersi aggiornato. Be’, non ci
crederai, ma il negoziante, come lo vede arrivare, si precipita a prendere
tutti i giornali possibili prima ancora che lui si sia avvicinato. Gratis,
ovviamente. E Karl non deve nemmeno aprir bocca: gli basta solo farsi
vedere e la gente si precipita a dargli tutto quello che vuole. Incredibile,
vero? E Karl è il più posato di tutti i Wölfe. Certo, accanto a episodi come
questi se ne affiancano altri di violenza più efferata, però non ho mai
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affermato che il nostro mondo sia tutto rosa. È una lotta per la
sopravvivenza e per adattarti diventi anche tu crudele e senza cuore.Si interruppe notando che LA era impallidita mortalmente.
-Ti senti bene?- chiese preoccupata.
-Sì, sì... Certo, sto bene...Hilda sorrise con dolcezza. E se ti dicessi tutta la verità? Se ti
raccontassi di Ann e di Max?
-Forse è meglio che smetta di parlare.Terminò di bere il caffè, sorridendo tra sé e sé. Un mondo crudele e
inumano, dove non c'è posto per i sentimenti, pensò. Eppure, tra la mia
vita e la tua, LA, non esiterei a scegliere. Tu non puoi capire, amica mia,
non mi capirai mai. E mi dispiace per questo.
All'improvviso LA balzò in piedi, con gli occhi spalancati fissi
sull'amica e l'implorò con enfasi:
-Per amor di Dio, lasciali! Torna a vivere qui, prima di commettere
qualche pazzia o... peggio.- esclamò col pensiero rivolto a Siegfried. Dammi retta! Sai che ti voglio bene e che desidero vederti al sicuro! Ti
supplico, lasciali prima che sia troppo tardi!Hilda sorrise e chiamò Hols. Guardò la faccia implorante dell'altra e
provò tenerezza.
-È già troppo tardi.LA la studiò a lungo, cercando di capire a cosa alludesse, ma sul
volto di Hilda non traspariva niente.
-Non... Non è vero...- balbettò.
Poi, con rinnovato vigore, tornò a esclamare:
-Hilda, tu non eri così! Nei tuoi occhi non esisteva la luce crudele che
predomina adesso, non erano così freddi e taglienti! Puoi tornare indietro
se vuoi! Io ti ospito qui e potrai restarci tutto il tempo che vorrai, sai che
non ti manderei mai via! Dammi retta, ti prego! Buttati tutto alle spalle,
Wölfe e Siegfried, e torna qui!Nella foga l'aveva afferrata per un braccio e la scuoteva con vigore,
fissandola ad occhi sgranati, sperando che le sue parole facessero
presa.
-Sei generosa, LA, l'ho sempre saputo. Ma non voglio tornare a vivere
come prima.- rispose con pacata fermezza.
La guardò dolcemente e si staccò dalla sua presa, avvicinandosi alla
porta dove Hols già l'attendeva.
-Tutta colpa di quel tuo maledetto fratello!- inveì LA sfogando tutta la
rabbia che provava nei confronti di Siegfried.
-No, non è colpa di nessuno... O forse di tutti.- la corresse sorridendo. Sono contenta di averti fatto questa visita e di averti rivista, ma non so
se ritornerò. Qui, oggi, ho capito molte cose: tutto è cambiato, io sono
cambiata e non si può tornare indietro. E se anche si potesse io ho già
fatto la mia scelta e non rimpiango niente di quello che ho lasciato. Ti
ringrazio per l'affetto che hai per me, che resiste nonostante tutto, e non
ti dimenticherò, LA. Se mai dovesse capitarmi qualcosa, sappi che il mio
ultimo pensiero sarà rivolto a te con affetto.187
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Sconvolta e annichilita per quelle parole così funeste, LA aprì bocca
per replicare ma non riuscì a emettere alcun suono. La fissava come se
la vedesse per la prima volta e questo le riuscì difficile da accettare.
Con un sorriso di commiato, Hilda aprì la porta e uscì insieme a Hols,
respirando profondamente.
-Non si può cambiare il destino, LA.- mormorò.
La ragazza la raggiunse e replicò:
-L'uomo se lo costruisce da solo il proprio destino.-Sì, può sembrare così.Le sorrise e si girò per andarsene, quando all'ultimo momento
qualcosa la trattenne e senza più ombra di sorriso si rivolse e disse:
-Vorrei... Vorrei che mi ricordassi con l'immagine della vecchia Hilda.
Cancella dalla mente la ragazza che hai visto oggi: non è più quella di
allora. La dolce Hilda che tu conoscevi è morta e non ritornerà più. Addio,
LA.Questa volta se ne andò senza girarsi, mentre l'amica la richiamava
cercando invano di trattenerla.
~
Camminava lentamente, con le mani in tasca e Hols che le trottava
accanto, passando davanti alle vetrine dei negozi senza neppure
guardarle, perduta in pensieri lontani.
Quanti ricordi...! La visita a LA le aveva fatto rivivere vari momenti
trascorsi nell'appartamento con Alan e con i ricordi era tornata la
tristezza. Quante cose erano cambiate da allora! Ma di una era sicura:
non sarebbe tornata a condurre quel tipo di vita. In quel mondo si sentiva
ormai un'estranea, diversa da tutti e non avrebbe mai potuto essere se
stessa.
Guardò il sole alto nel cielo terso e chiaro, che lasciava presagire una
giornata afosa e d'istinto tirò su le maniche del golfino.
Molta gente girava per i marciapiedi e le passava accanto con le loro
facce anonime, con la loro fretta, senza guardarla. Si sentì
improvvisamente sola e fuori luogo tra quel tramestio di gente
sconosciuta. Lanciò un'occhiata a Hols e fu contenta di averlo portato
con sé. Tra non molto, alla fine del viale, avrebbe incontrato Miles,
Mohican e Saint Just che venivano a riprenderla. Josh non si fidava a
farle passare la borgata da sola fino al loro covo. Diceva che si sarebbe
potuta imbattere in qualche banda rivale e che le sarebbe stato difficile,
se non impossibile, fuggire.
Sorrise pensando alla premura con la quale la circondavano i Wölfe.
Aveva avuto ragione Laura a dire che erano molto uniti tra loro: anche lei
era stata accolta sotto la loro ala protettrice.
Passò davanti a un negozio di armi e si fermò ad ammirare la vetrina
con curiosità. Erano esposte una grande quantità e varietà di coltelli,
pistole, fucili; c'era pure una spada e accanto a essa una mitragliatrice di
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piccolo calibro a canne mozze. In basso faceva bella figura un arco con
la faretra, finemente lavorato e sorrise pensando al proprio.
Quando si accorse che il negoziante la fissava con insistenza, si girò
e in quell'attimo vide cinque teppisti avanzare lungo il marciapiede. Li
vide provare ad abbordare due ragazze, ma queste si rintanarono nel
negozio vicino, lasciandoli a bocca asciutta. Hilda si guardò intorno,
notando che la gente che prima camminava sul marciapiede con
indifferenza ora si teneva a debita distanza. Sconcertata, guardò
l'avvicinarsi strafottente dei ragazzi e decise di andarsene con
noncuranza.
Con indifferenza chiamò Hols e mosse due passi pregando
mentalmente di riuscire a evitare quei cinque delinquenti. Ma si ritrovò
circondata senza possibilità di fuga. Quei volti crudeli la fissavano
sogghignando, con la chiara intenzione di non lasciarla andare via tanto
facilmente e lei li fissò uno a uno, mentre il cuore le batteva all'impazzata,
consapevole che tutta la gente che osservava da lontano non si sarebbe
mossa per aiutarla. Sembrava che all'improvviso avessero tutti una fretta
del diavolo e acceleravano il passo per non attirare l'attenzione.
Hols iniziò a ringhiare minaccioso, ma quei ragazzi non lo degnarono
di un solo sguardo.
Hilda notò l'apparente mancanza di armi, senza farsi illusioni:
sarebbe stata una lotta impari. Bene. A quanto pare me la dovrò cavare
da sola, pensò fissando quei volti crudeli. Dal loro abbigliamento capì
che appartenevano agli Snakes e questo non la rincuorò affatto.
-Bene, bene!- biascicò quello di fronte a lei con tono mellifluo. -Che bel
bocconcino vedo! Dove te ne vai tutta sola? Se vuoi un po' di compagnia
te la offriamo volentieri!Non si degnò di rispondere, limitandosi a guardarlo con distaccata
aria strafottente, mentre Hols continuava a ringhiare pericoloso.
-Forse non ti ha sentito.- intervenne uno alle sue spalle con sarcasmo. Prova a ripeterle la domanda.Hilda sbirciò la gente che si teneva alla larga e sperò che nessuno
chiamasse la polizia. Risoluta, fece un passo avanti e gli Snakes
serrarono maggiormente il cerchio per non farla passare.
-Vuoi dimostrarci il tuo coraggio, bellezza? Mi piacciono le donne che
hanno fegato.- continuò quello che le stava davanti, fissandola con
evidenti intenzioni.
Allungò una mano cercando di afferrarla al mento, ma lei si scansò
quel tanto che bastava per evitare il repellente contatto e con fermezza
ordinò:
-Lasciatemi passare!-Guarda guarda! Fai la preziosa, dolcezza? Non vuoi divertirti un po' con
noi?- la schernì.
Gli occhi di Hilda divennero due sottili fessure taglienti quando sibilò:
-Fottetevi!Di colpo i sogghigni divertiti sparirono, lasciando posto a una rabbia
folle e lo Snake gridò:
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-Puttane! Siete tutte troie rotte in culo!Prima che potesse avventarsi su di lei, questa fece scattare il coltello
a serramanico mettendosi in posizione di difesa, pronta a colpire. Quel
gesto inatteso lasciò per un attimo i cinque ragazzi frastornati e in quella
frazione di secondo Hilda colpì, veloce, affondando la lama nel ventre di
quello che le stava più vicino. Questi lanciò un urlo straziante,
accompagnato dalle grida della gente e si accasciò a terra, con gli occhi
spalancati per il dolore e la sorpresa.
Col volto di pietra e gli occhi gelidi, Hilda fissò i quattro ragazzi allibiti,
girandosi su se stessa per parare il primo attacco da qualsiasi parte
fosse arrivato. Fu allora che la riconobbero e le loro facce divennero
furenti per essersi lasciati ingannare così facilmente e i loro occhi
svelarono tutta la rabbia omicida di cui erano capaci. In un attimo i
coltelli apparvero nelle mani, pronti a eliminare un rivale e uno sibilò con
stizza:
-Difenditi, fottuto Wolf! Non avremo pietà per un verme schifoso come
te!Si scagliò contro di lei, già pronta a parare il colpo e a contrattaccare,
quando Hols spiccò un balzo e l'azzannò alla mano dove teneva il
coltello. I suoi lunghi denti aguzzi affondarono nella carne e il sangue
zampillò all'improvviso, mentre il ragazzo urlava per il dolore.
-Figlio di cagna bastarda!- gridò cercando di fargli lasciare la presa.
Mentre lo Snake si dibatteva con Hols, Hilda si concentrò sugli altri
tre rimasti, riuscendo a evitare il primo affondo spiccando un balzo
all'indietro. Era pronta a rispondere, quando il ragazzo alle sue spalle
l'afferrò al braccio tirandola verso di sé. Hilda cercò di divincolarsi e con
la mano libera affondò il coltello nel polso che la tratteneva e subito
avvertì un bruciore acuto e insopportabile sul braccio e represse a stento
un urlo.
Libera dalla presa, si voltò e iniziò a correre verso la fine del viale,
dove sperava di trovare i suoi amici già ad attenderla. Non poteva tenere
testa a tre contemporaneamente e con un braccio per giunta fuori uso. Il
sangue iniziò a colare lungo la manica del golfino e il dolore dilagò per
tutta la parte sinistra del corpo, mentre i tre inseguitori si facevano più
vicini.
Con un lungo e tetro ululato Hols la raggiunse, mentre il teppista al
quale aveva azzannato la mano si buttava all'inseguimento di Hilda
insieme ai suoi amici. Il quinto era rimasto a terra, privo di sensi,
immerso nel suo stesso sangue.
Hilda correva veloce in mezzo alla gente che si scansava urlando,
voltandosi di tanto in tanto per misurare la distanza che la separava dagli
Snakes e trovandola ogni volta più esigua. Il dolore si stava facendo
lancinante, mentre la vista iniziava ad appannarsi e con rabbia strinse i
pugni, incitandosi a non demordere.
Si girò un'ennesima volta, mentre la gente che urtava la privava
sempre più della poca forza che aveva: gli Snakes erano vicinissimi e
poteva vedere le loro facce ghignanti. Erano amici dei Teschi e
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certamente non si sarebbero lasciati sfuggire l'occasione di vendicarsi e
lei lo sapeva fin troppo bene. Poteva immaginare con quale gioia si
erano accorti che era un Wolf e con quali sentimenti ora la inseguivano.
E la consapevolezza della fine che avrebbe fatto se fosse caduta nelle
loro mani le diede la spinta necessaria per non cedere. Strinse i denti e
continuò la sua folle fuga, con la vista sempre più offuscata, la testa che
le pulsava violentemente e un vuoto tremendo nello stomaco.
Era vicinissima allo svenimento quando intravide davanti a sé una
figura a braccia aperte. Sentì che qualcuno la chiamava a gran voce,
senza riuscire a capire chi fosse e per un attimo rimase atterrita al
pensiero che altri Snakes le si fossero parati davanti. Ma un momento
dopo si ritrovò tra le confortevoli braccia di Miles, che la strinse a sé con
fare protettivo e si lasciò andare contro di lui, esausta. I quattro
inseguitori si bloccarono all'istante, ansimando e fissando gli occhi in
quelli di Miles, Mohican e Saint Just.
La gente fuggì via terrorizzata, lasciando libero il marciapiede, mentre
le lame risplendevano come un monito sinistro e lugubre sotto i raggi del
sole mattutino.
-Scusami un attimo, Hilda.- mormorò Miles facendola appoggiare contro
il muro di un edificio.
Senza più braccia che la sostenevano, Hilda scivolò lentamente a
terra, respirando con affanno, con la vista che continuava a degradare
inesorabile. Per pochi secondi ancora seguì la lotta tra gli Snakes e i
Wölfe, infine il buio l'aggredì e non percepì più nulla.
~
-Diversi testimoni li hanno riconosciuti dalle foto segnaletiche.-E allora?- grugnì il capitano di polizia, seduto mollemente dietro la
propria scrivania.
-Ecco: erano cinque ragazzi degli Snakes e tre dei Wölfe.- rispose il
sergente con aria preoccupata, sbirciando i fogli dattiloscritti che teneva
in mano. -Purtroppo i primi si trovano ricoverati in gravissime condizioni
e uno, quello accoltellato davanti all'armeria, è deceduto dieci minuti fa.
Ci è giunta ora la conferma. I dottori assicurano che anche gli altri
quattro non sopravvivranno: i Wölfe li hanno ridotti male.-Maledizione!- sbottò il capitano Schwartz battendo un pugno sulla
scrivania. -Maledizione! Quei bastardi figli di puttana continuano a
massacrarsi tra loro e noi che cazzo facciamo? Niente! Assolutamente
niente! Ce ne stiamo con le mani in mano a grattarci i coglioni! Che
fottuti figli di puttana!- imprecò a denti stretti.
Fissò il sergente Stone con aria truce, quindi sospirò e si schiarì la
voce chiedendo meccanicamente:
-E i testimoni cosa dicono?-Sono tutti concordi nell'affermare che gli Snakes avevano preso di mira
una ragazza accompagnata dal suo cane e che...-Chi è questa ragazza? Dov'è?191
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Il sergente Stone sospirò tristemente, passandosi una mano tra i
capelli.
-Non siamo riusciti a identificarla. Ma posso dirle dove, molto
probabilmente, si trova adesso. Stando a quanto riferito dai vari testim...-Dacci un taglio, perdio! Se sai dov'è dillo!L'uomo imprecò sommessamente e rispose:
-Forse la ragazza fa parte dei Wölfe. I testimoni affermano che è stata lei
ad accoltellare lo Snake che è morto e che poi è fuggita sanguinante a
una spalla per ricongiungersi ai suoi amici.Il capitano Schwartz trasecolò, fissando allibito il suo subalterno,
come se stesse farneticando.
-Una ragazza tra i Wölfe? Impossibile!- tagliò corto, facendo un gesto
deciso con la mano. -Conosci quei fottuti bastardi bene quanto me e sai
che la cosa è impossibile. Ridicola.-Sissignore, li conosco. Tuttavia a quanto dicono i testimoni, una volta
eliminati gli Snakes, i tre Wölfe si sono dileguati portandosi dietro la
ragazza e il cane. E c'è di più: pare che uno, forse Miles, l'abbia
chiamata per nome: Hilda, Ilse... qualcosa del genere. È tutto quello che
sappiamo su di lei.Il capitano aggrottò le sopracciglia e si alzò dalla comoda poltrona,
girando per la stanza con aria pensosa. Il sergente lo guardò per un
attimo, quindi abbassò gli occhi sui fogli dattiloscritti che teneva in mano
e che il capitano non aveva neanche degnato di uno sguardo: erano i
rapporti delle varie testimonianze.
In quel momento il telefono squillò e con un'imprecazione il capitano
andò a rispondere. Rimase in silenzio, ascoltando quanto gli veniva
riferito dall'altro capo del ricevitore, poi disse:
-No, ancora niente, nessun indizio.Di nuovo silenzio, mentre il sergente Stone osservava il proprio
superiore con aria interrogativa.
-Ah! È morto?... E allora cercate un'altra pista da seguire, Cristo! Il
tempo stringe e ci occorrono dei risultati!... Qui ho altri problemi... Sì, va
bene, te lo farò sapere.- e riagganciò con stizza.
Sbuffando si accese un sigaro e ne osservò il fumo con aria assorta.
-La rapina dell'altro ieri?- azzardò il sergente.
-Già. Hanno fatto fuori il cassiere, l'unico testimone oculare.
Maledizione!- ripeté per la centesima volta in quel giorno.
Poi, come se si fosse ricordato solo in quell'istante, chiese con
veemenza:
-I nomi dei Wölfe?Senza neppure controllare, l'altro li ripeté a memoria come una
litania:
-Miles Mc Shine, John Rose e Jean Luc Chantal.-Figli di puttana!- grugnì in un eccesso di collera. -Ma questa volta si
sono scoperti, perdio: abbiamo testimoni oculari in grado di inchiodarli!
Sì, si sono fregati con le loro stesse mani... Prima, però, voglio sapere
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chi cazzo è questa ragazza. Mi sembra strano che i Wölfe l'abbiano
presa con loro. I testimoni sono in grado di descriverla?-Sissignore. I disegnatori ne stanno facendo un identikit. È di bella
presenza, statura media, capelli lunghi corvini, occhi grigio chiaro,
intorno ai vent'anni.-E il cane?-Uno strano cane dal manto argentato.- rispose scuotendo la testa. Nessuno dei testimoni ha saputo indicarne la razza.Il capitano Schwartz sbuffò e spense il sigaro in uno dei tanti
portacenere stracolmi di mozziconi.
-Mistero su mistero!- osservò con pesante sarcasmo.
In quell'istante la porta della stanza si aprì ed entrò una donna
poliziotto con molte carte in mano, che depositò sulla scrivania sopra
altri fascicoli ammucchiati.
-Capitano, dall'ospedale ci è giunta una buona nuova: il morso sulla
mano del teppista reca chiari segni che non si tratta di un cane, bensì di
un lupo.- annunciò con voce squillante.
-Un lupo?- ripeterono entrambi allibiti.
-Sissignore. Un lupo ancora giovane, circa un anno e mezzo di vita,
forse due.- confermò. -Il cerchio si restringe, vero?Il capitano annuì gravemente, accarezzandosi il mento.
-Ti ringrazio. Se vieni a sapere qualcos'altro voglio che me lo riferisci
seduta stante.La donna sorrise e se ne andò, richiudendo adagio la porta alle
proprie spalle. I due uomini si osservarono meditabondi, quindi il
capitano tornò a sedersi dietro la scrivania e con voce profonda
comandò:
-Cerca questa ragazza e il suo lupo. Voglio sapere tutto, anche quante
volte piscia. Fai diramare l'identikit appena pronto e fai pattugliare quel
merdoso quartiere. Voglio delle risposte al più presto possibile.
Sappiamo dove si nascondono i Wölfe?-Nel sobborgo, signore.- rispose il sergente con una smorfia.
-Cristo! Questo lo so, ma voglio sapere in quale punto! È così
maledettamente grande quello stramaledetto quartiere!Senza scomporsi minimamente sotto quello scoppio d'ira, troppo
frequenti nel capitano da assuefarsi, rispose:
-Di preciso non lo sappiamo, signore.-E allora setacciate tutta la zona, perdio! Mettete in moto gli informatori,
gli infiltrati, tutti! Stavolta li inchioderemo con le testimonianze! Li voglio
dentro quei bastardi figli di puttana!~
Karl diede un'ultima occhiata alla fasciatura, quindi annuì soddisfatto.
-Ok, mia cara Hilda. Col lavoro che ti ho fatto, nel giro di una settimana
starai meglio di prima.- disse sorridendo allegramente.
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©MGL VALENTINI
Con un grande sforzo di volontà lei sorrise a sua volta e si lasciò
aiutare mentre le rimetteva la maglietta. Per tutta la durata
dell'operazione, disinfettazione e medicazione, era riuscita a reprimere la
voglia di urlare e ora era esausta.
Appena Miles, Saint Just e Mohican erano rientrati con lei svenuta,
Nik era impallidito e non era riuscito a muoversi, limitandosi a fissare il
sangue che colava dal braccio come se fosse stato un mostruoso essere
alieno.
Siegfried era rimasto immobile per un istante, di ghiaccio, studiando il
corpo inerme della sorella; poi, come tutti gli altri, aveva fatto cerchio
intorno a loro e l'aveva presa dalle braccia di Saint Just, fissando il suo
volto pallido. L'aveva condotta in camera, seguito da Karl e Josh e
l'aveva delicatamente distesa sul letto. Da quel momento Karl si era dato
da fare per fermare l'emorragia e per medicarla come meglio poteva.
E prima che lei riprendesse conoscenza, Siegfried, che aveva
recuperato la mostruosa convinzione di bastare a se stesso, si era fatto
raccontare gli avvenimenti da Mohican, riportandoli a sua volta alle
orecchie di Josh.
Hilda richiuse gli occhi per un attimo e si lasciò andare contro il
cuscino, sentendo un dolore insopportabile partire dal braccio per
propagarsi in tutto il corpo. Che sollievo ritrovarsi tra amici! pensò.
-Hilda...- la chiamò Josh dolcemente. -Mohican ci ha raccontato quello
che ha visto, ossia tu che venivi inseguita dagli Snakes e tutto quanto è
successo dopo. Ma non ha saputo dirci il motivo per cui quei bastardi
fetenti ti erano addosso. Cos'è accaduto?Riaprì gli occhi e lo guardò sospirando. Spiegò brevemente quanto
era successo e Josh chiese:
-Hai detto che erano cinque?-Sì, certo. Prima di fuggire ne ho ferito uno che è rimasto a terra. Per
questo Mohican, Miles e Saint Just non l'hanno visto.Josh chinò la testa pensieroso, mentre Karl e Siegfried rimanevano in
silenzio, ognuno perso nelle proprie riflessioni.
Hilda cercò di mettersi più comoda, ma il braccio le procurò un dolore
lancinante e fece una smorfia per non urlare. Posò lo sguardo sul fratello,
appoggiato alla parete vicino al letto e ne studiò il profilo circondato dai
lunghi capelli lisci. Avvertendo il suo sguardo, lui si voltò verso di lei, ma i
suoi occhi rimasero gelidi e la sua espressione indifferente.
Frustrata, chinò mestamente la testa e osservò le proprie gambe
distese sul letto. Si è stancato di me, pensò con amarezza. Forse ora si
sta pentendo di avermi condotta qui, nel suo mondo.
-Dobbiamo sloggiare.La sentenza lapidaria di Josh la riportò di colpo con i piedi a terra e
rimase a fissarlo senza capire. Karl sospirò e girando lo sguardo per la
stanza commentò:
-Lo sapevo. Mi ero affezionato a questa tana; ci ha ospitato per tanto
tempo... Pazienza. Ne troveremo un'altra.194
©MGL VALENTINI
Siegfried non disse nulla. Rimase impassibile con gli occhi puntati su
Josh, in attesa che continuasse a parlare.
-Che significa? Perché dobbiamo andarcene?- chiese Hilda stupita.
Josh alzò le spalle e rispose elusivo:
-Gli sbirri piomberanno qui da un minuto all'altro. Avete lasciato dietro di
voi un bel po' di testimoni. Questa volta ci è andata male e dobbiamo
levare le tende se vogliamo salvare il culo.-Oh, Dio...- mormorò desolata.
All'improvviso comprese l’enormità di quanto accaduto e si sentì in
colpa anche se non avrebbe comunque potuto evitarlo. Si morse le
labbra abbassando la testa, non riuscendo a guardare in faccia nessuno
dei tre ragazzi presenti, avvertendo su di sé tutto il peso della
mortificazione.
-Mi dispiace...- sussurrò.
-E di cosa? Tu non c'entri.- la rassicurò Josh. -So che ti duole il braccio,
ma devi farti forza. Io vado ad avvisare gli altri e credo che al massimo
tra un paio d'ore ci potremo muovere. Inizia a prepararti, ok?-Ok, Josh. E non preoccuparti per il mio braccio: non vi sarò di peso.-Perfetto. Karl, vieni con me e tu, Fried, rimani qui ad aiutarla, poi
prepara la tua roba.Karl uscì, mentre Siegfried annuiva appena senza rivolgersi a
nessuno in particolare. A Josh bastò e seguì l'altro ragazzo, lasciando i
due fratelli da soli.
Hilda rimase immobile, a testa china, imbarazzata da quella nuova
situazione. Suo fratello non si mosse di un millimetro, continuando a
fissare la parete bianca davanti a sé, ignorando di proposito la sua
presenza. Con noncuranza accese una sigaretta e ne aspirò il fumo con
soddisfazione.
Quel prolungato silenzio rischiava di diventare insopportabile e lei si
arrischiò a lanciargli un'occhiata. Lo studiò a lungo, definendolo perfetto,
troppo perfetto e bello per essere un uomo, e suo malgrado sentì che lo
desiderava ancora. E se gli dicessi di Nik? si chiese. Scuoterei la sua
indifferenza?
Lui si voltò all'improvviso e i lunghi capelli biondi gli incorniciarono il
volto sottile. I loro occhi si incontrarono e la prima reazione della ragazza
fu di abbassare i propri, ma qualcosa dentro di lei si ribellò e si costrinse
a rimanere in balia di quel grigio limpido e misterioso.
Siegfried rialzò la testa e spense la sigaretta, chiedendo:
-Allora? Cosa devi prendere?Hilda sospirò impercettibilmente, mentre una folle idea le balenava
nel cervello.
-Solo il completo di pelle. È nel cassetto.Lui tirò fuori la roba e la depositò sul letto, sotto lo sguardo attento
della sorella.
-Tutto qui?- le chiese.
Hilda controllò che non mancasse niente, quindi annuì e rimase ad
osservarlo.
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-Ok. Prendo una borsa.- disse avvicinandosi alla porta.
-Non ce n'è bisogno: devo indossarlo.- rispose con un sorriso
indecifrabile.
Siegfried si bloccò e voltò la testa per guardarla. I suoi occhi erano
gelidi e la sua voce tagliente quando replicò:
-Allora vado a preparare la mia roba.-Non mi aiuti? Con il braccio che fa male non riesco a vestirmi da sola.sussurrò con lo sguardo fisso sulle proprie mani.
Per un lungo attimo Siegfried rimase immobile a studiare la sorella
seduta sul letto, quindi le si avvicinò fino a inchiodarla con gli occhi e
mormorò:
-Cosa c'è, Kristall? Vuoi provocarmi? Sta' attenta...-No, affatto.- si difese serafica. -Ho solo bisogno di un aiuto.-Non giocare con me: non lo permetto a nessuno, neppure a te.-Se davvero pensi che sia solo un gioco, allora chiama Nik: lui non farà
obiezioni come fai tu alla mia richiesta di aiuto. Sai,- lo stuzzicò angelica,
-forse potrei innamorarmene. Dopotutto è un bel ragazzo, allegro,
simpatico e non bacia affatto male... Oh, non ti dispiace, vero, se ho una
storia con lui?Con soddisfazione vide i muscoli del suo viso irrigidirsi e i suoi occhi
restringersi fino a divenire due lame. Be’, pensò, meglio la collera che
l'indifferenza.
Siegfried la prese per il mento e sibilò:
-Puoi fotterti tutti quelli che vuoi per quanto mi interessa, ma non ti
permetterò di innamorarti. Tu devi amare solo me e se scopro che hai
osato mettere un altro al mio stesso livello non te lo perdonerò. Stai
attenta.- consigliò pacatamente. -Non avrei scrupoli a uccidere il tuo
amante e te. Ricordalo.-È una minaccia o una promessa?Siegfried allentò la presa e rispose con tono affettato:
-È una promessa, sorellina. E quando prometto mantengo sempre.Rimase a fissarlo a lungo, percependo la sottile minaccia, ma si fece
coraggio e sorrise domandando:
-Allora? Vuoi aiutarmi?Lui la sondò per un momento ancora, quindi le lasciò il viso e si mise
a spogliarla.
Con un sorriso sornione Hilda lo guardò mentre le sfilava gli
indumenti con cura, stando attento a non procurarle dolore al braccio e
si congratulò con se stessa per essere riuscita a smuoverlo. Quando
rimase solo con reggiseno e slip, Siegfried si fermò per contemplarla,
consapevole che la propria forza di volontà lo stava miseramente
abbandonando. E lei, che percepì il lieve cambiamento, sorrise vittoriosa.
Lentamente Siegfried lasciò scivolare la mano dal suo mento fino alle
caviglie, sentendola fremere al suo tocco. La guardò a lungo e
all'improvviso le afferrò il reggiseno e glielo strappò di dosso, mentre si
chinava per succhiarle i capezzoli. Con un gemito Hilda abbracciò la
bionda testa e la strinse a sé per timore che lui si fermasse. La mano di
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Siegfried continuò ad accarezzarle il corpo nudo, togliendole gli slip per
non trovare più ostacoli, quindi la baciò e lei per poco non morì dalla
gioia. Siegfried si stese sopra di lei, coprendola col proprio corpo e lei si
lasciò avvolgere dal calore e dalla tenerezza del momento.
Il sole che filtrava dalla finestra illuminava due corpi nudi abbracciati
e stravolti dalla passione, giocando con le loro ombre sinuose e sottili e li
avvolgeva nel suo caldo abbraccio, disegnando tanti piccoli spettri di
luce.
Rimasero a lungo in silenzio, assaporando quel momento di felicità e
ascoltando il rumore che facevano i Wölfe nella fretta di raccogliere la
poca roba e fuggire.
Con la testa appoggiata nell'incavo della spalla del fratello, Hilda
sorrideva osservando i raggi del sole che si infrangevano contro il vetro
della finestra per dar vita a infiniti giochi di colori.
-Come va il braccio?- chiese Siegfried.
-Fa abbastanza male, ma non mi lamento.- rispose abbracciandolo con
maggior forza.
Siegfried si voltò per baciarla e lei gli si strinse contro docile,
accarezzandogli i capelli.
-Devi amare solo me, promettilo.- ordinò.
-Te lo prometto, Dagr. Però vorrei capirti.-Non c'è niente da capire.- tagliò corto poggiandosi su un gomito per
osservarla meglio.
-Oh, sì, invece!- esclamò lei giocando con la dorata massa serica che
scendeva a lambire il suo seno. -Mi hai ignorata, anzi, evitata in
quest'ultimo mese, cioè da quando... da quando abbiamo fatto l'amore la
prima volta. Perché? Ecco, io... Io ora ho paura che tu possa ignorarmi
di nuovo.Lui la studiò a lungo, senza dare spiegazioni.
-Perché ti comporti così?- insistette lei.
Sorridendo si mise seduto sul letto e mormorò vagamente:
-Istinto di conservazione.-Istinto di conservazione?- ripeté Hilda senza capire. -Sei così
laconico...!Siegfried la baciò e la tirò su, iniziando a vestirla con attenzione.
-Non credi sia proprio questo che mi rende affascinante?- la derise. -Il
mistero è indispensabile, altrimenti la vita diventa pesante.Lei fece una smorfia e replicò piccata:
-Tu non sei solo misterioso! Potrei benissimo fare un ritratto perfetto di te
usando poche parole.-Sentiamo.-Usi il sorriso per nascondere il pensiero; dici sempre mezze verità e fai
dell'ambiguità, che ami definire discrezione, una virtù. Ti sembra un bel
quadro?-Abbastanza.Hilda scosse la testa, esasperata dal suo tono elusivo e lapidario e si
lasciò mettere la maglietta, reprimendo un gemito di dolore. Quindi fu la
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volta della gonna e quando terminò, Siegfried rimase a studiarla a lungo,
annuendo compiaciuto.
-Sono presentabile?- lo beffeggiò lei sotto quell'esame accurato.
-Te l'ho mai detto che vestita così faresti perdere la testa anche a un
santo? Al solo guardarti mi viene voglia di rispogliarti e di passare il resto
del giorno a letto con te.-Be’, se è per questo, finché avrò il braccio fasciato qualcuno dovrà pur
darmi una mano per vestirmi e spogliarmi, non trovi?- sussurrò maliziosa.
Siegfried l'afferrò alla vita e la strinse a sé, chiedendo in un sussurro:
-È un invito, sorellina?-Solo ed esclusivamente per te, amore mio.- rispose cingendogli il collo
col braccio sano.
-Ripetilo.-Per caso, sei duro di comprendonio?- lo sfotté ridendo. -Ti amo. Ti ho
sempre amato. Vuoi metterlo in dubbio?Non le rispose, ma si chinò a baciarla, accarezzandole la schiena e
lei si sentì di nuovo prigioniera del proprio desiderio.
-Mi è difficile sopportare l'idea che qualcuno che non sia io ti tocchi.-Lo so.- rispose lei sorridendogli.
Per un attimo si guardarono negli occhi e lei notò che non era ricorso
alla sua solita maschera di impenetrabilità e questo la meravigliò. Per un
solo istante Siegfried le aveva permesso di leggergli dentro l'amore che
provava per lei, poi, inesorabilmente, la freddezza tornò a regnare nei
suoi occhi e si staccò un po’.
-Ok. Dobbiamo muoverci.- disse.
-Non c'è altra soluzione, vero?- chiese sconsolata.
Siegfried non rispose e lei raccolse l'arco. Con un sospiro gettò un
ultimo sguardo intorno a sé e uscì dalla camera, seguita passo passo
dall'ombra sinistra del fratello.
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Il sergente Stone gettò un'occhiata nella stanza, per poi soffermarsi
ad osservare la scala che conduceva al piano superiore. Alcuni dei suoi
uomini erano riusciti a trovare l'accesso per un interrato, ma all'interno
non c'era anima viva. Imprecò sommessamente scuotendo la testa e
infilò una mano in tasca per prendere le sigarette.
-Maledizione!- sbottò con stizza. -Qualcuno ha delle sigarette?domandò gettando via il pacchetto vuoto.
Uno dei poliziotti che si trovavano nella stanza avanzò e gli porse il
proprio pacchetto. Il sergente prese una sigaretta e lo ringraziò con
gesto irritato, quindi tornò a osservare le scale con rabbia crescente.
Aveva fatto l'impossibile assieme ai suoi uomini per scoprire dove si
nascondessero i Wölfe, pressando con minacce spropositate gli
informatori reticenti e per quanto avesse perso solo mezza giornata nelle
ricerche, non si era aspettato di trovare la casa già abbandonata. Che
maledetti figli di puttana! imprecò. Non hanno perso tempo a darsela a
gambe!
-Signore, qua sopra non c'è niente, tranne questi indumenti.- esordì un
poliziotto facendo capolino dalla cima delle scale.
Scese di corsa e si avvicinò al sergente, mostrando un paio di jeans,
un maglioncino, una camicia e un paio di scarpe da ginnastica. Stone
osservò la roba e in particolare il maglione, sorridendo malignamente.
-Sangue.- constatò soddisfatto. -Avevo ragione a dire che quella ragazza
è un Wolf. Non c'è altro?- chiese rivolto al poliziotto.
-Nossignore.-Fottuti bastardi! Chi lo sentirà ora il capitano?Con gesto brusco ributtò il maglione al ragazzo e si mise una mano in
tasca, mentre con l'altra portava la sigaretta alle labbra.
Dal piano superiore scesero altri cinque poliziotti senza aver trovato
niente e il sergente sospirò rassegnato. Fece un gesto agli uomini, che
uscirono e gettò un ultimo sguardo intorno, piegando le labbra in una
smorfia di disgusto.
-Che schifosa topaia...~
-Questo è quanto.- concluse la donna poliziotto porgendo i vari
dattiloscritti.
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Il capitano Schwartz allungò una mano e li prese, quindi si precipitò a
leggere con avidità. Aggrottò le sopracciglia pensieroso, finendo di bere
il caffè, senza staccare un solo istante gli occhi dai fogli.
La donna rimase in attesa, osservando con indifferenza la scrivania
piena zeppa di fascicoli, cartelle, carte, penne e portacenere stracolmi di
mozziconi di sigarette. Il cestino, al lato di essa, era ripieno di
cartastraccia e alcuni fogli appallottolati erano caduti al suolo. Lo scaffale
alla parete straripava di fascicoli e cartelle, ricoperti da un notevole strato
di polvere. Non dava proprio l'impressione di un ufficio di capitano... O
forse sì? pensò divertita.
-Bene, bene! Hai letto?La donna si scosse dalle proprie riflessioni e osservò Schwartz.
-Sissignore.- rispose senza esitare. -Purtroppo non è molto, ma i nostri
uomini sono ancora in cerca di informazioni. Il computer non rileva
niente: questa ragazza è pulita... Almeno fino a oggi.-Hilda Wild, eh?- mormorò grattandosi il mento. -Questa storia non mi
piace. Puzza. Sicuro che si tratti della sorella di quell'Alan Wild trovato
cadavere insieme al cugino nell'appartamento di quest'ultimo?-Sissignore. I due Wild abitavano agli alloggi universitari perché entrambi
studiavano, ma la ragazza se ne è andata tempo fa portandosi dietro il
suo lupo. Nessuno ha saputo dire che fine abbia fatto da allora: neppure
la sua migliore amica.- spiegò la donna con voce atona.
-Già. Si è ricongiunta all'altro fratello, la sfinge Siegfried Wild, quella
specie di... di mostro disumano! Eppure non riesco a capire...- continuò
scuotendo la testa brizzolata. -Stando a quello che è scritto qui, cioè
quello che hanno riferito gli amici, questa Hilda è una brava ragazza,
gentile, dolce... Perché cazzo ha seguito Der Teufel?- sbottò irato.
La donna non rispose. Cosa avrebbe potuto dire? La cosa appariva
strana anche a lei.
-Non mi convince.- continuò il capitano. -Tutta questa storia ha qualcosa
che manca, un nesso logico perché possa apparire chiara. Conoscendo
quei bastardi dei Wölfe, so con certezza che non avrebbero mai
accettato nel loro gruppo una donna, fosse stata anche la sorella di uno
di loro, come in questo caso. Invece hanno accolto Hilda Wild, col suo
lupo per giunta. Perché?-Be’, non è la sorella di uno qualsiasi di loro,- azzardò pacatamente, -ma
di Der Teufel. E sappiamo tutti che tipo è.Schwartz scosse per l'ennesima volta la testa e imprecò
sommessamente. La donna lo guardò con compassione e sospirando
ipotizzò:
-Forse l'hanno presa perché non ha più i genitori.-No. Non era sola, stava con l'altro fratello. E poi c'erano gli zii... Cristo!esclamò balzando dalla poltrona e fissandola negli occhi. -E se... Cosa
ne pensi della famiglia Jones? Anche qui qualcosa mi sfugge. Ascolta...Si mise a frugare tra i tanti fascicoli ammucchiati uno sopra l'altro
sulla scrivania, buttando tutto all'aria con una foga che faceva presagire
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l'imminente risposta a tutta la storia. Imprecò a denti stretti contro il
disordine e alla fine sorrise trionfante, mostrando la cartella alla donna.
-Guarda. Questo,- disse gonfiando il petto, -è il rapporto completo sulla
famiglia Jones. Sai cosa accadde, vero? Qualche mese fa madre e figlia
spariscono nel nulla per una notte intera e ricompaiono la mattina dopo
in uno stato orribile: la ragazza era stata stuprata più volte e la donna si
trovava in un pietoso stato di shock. Ann Jones muore dopo poco
all'ospedale, mentre la madre viene ricoverata in una clinica psichiatrica.
E ora ascolta bene.- continuò con foga, sentendosi vicino a risolvere
l'enigma. -Poco più di due settimane fa qualcuno si introduce in casa dei
Jones e massacra in modo orribile e disumano Maximilian Jones e suo
cugino Alan Wild. In entrambi i casi, con le donne e i ragazzi, non ci
sono testimoni. Cosa ti fa pensare tutto ciò?L'altra alzò le spalle sconsolata.
-Non saprei... La situazione è intrigata.- rispose osservando la cartella
che conteneva il rapporto sulla famiglia Jones.
Il capitano ebbe un moto di stizza e bofonchiò qualcosa di
incomprensibile. Inspirò profondamente e spiegò:
-Ebbene, sai cosa penso? Una vendetta! In ambedue i casi è la stessa
mano a colpire. Di questo sono sicuro. E per colpire due volte e in
maniera così crudele, deve trattarsi solo di una vendetta.-Ma per cosa? E contro chi dei quattro Jones?L'uomo la fissò a lungo, quindi scrollò le spalle e accese una sigaretta
sospirando.
-È questo il pezzo mancante.- confessò sconsolato. -Contro chi e perché
la vendetta?-Forse il signor Jones, l'unico sopravvissuto, può saperlo.- suggerì la
donna posando la cartella sulla scrivania.
-No. Ha già detto che non ha idea di chi voglia rovinarlo. Dice solo che
tempo fa suo nipote Siegfried è stato a casa sua chiedendo e parlando
di cose strane, come suo solito.-Cose strane?-Hai mai sentito dire che Der Teufel facesse e dicesse cose normali?ringhiò. -Quel ragazzo è una sfinge, dammi retta. Un enigma pure per
Freud.Si rimise seduto e fissò la tazzina vuota del caffè. Rimase un attimo
in silenzio, meditando e cercando di rimettere ordine nella mente
confusa, incastrando vari pezzi del puzzle per poterlo decifrare. Si portò
la sigaretta alle labbra e ne aspirò il fumo, allentandosi il nodo della
cravatta.
-Sì.- continuò. -Mi pare disse che il nipote accennò a sua sorella Hilda e
a una sua presunta malattia o qualcosa del genere. Non ricorda bene
neppure lui. Cristo, che intreccio senza senso!-Io direi che ci sono molti attori in questo dramma, ma che solo pochi ne
sono i veri protagonisti.Il capitano la scrutò perplesso, pensando che fosse impazzita di
colpo.
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-Che cazzo blateri?- ruggì con stizza.
-Eppure è semplice. Bisognerebbe individuare i veri attori e scartare le
comparse, in modo da arrivare a una soluzione logica.- spiegò laconica.
Schwartz fece un gesto vago con la mano, come se la cosa non lo
interessasse e tornò a rimuginare sui suoi problemi. Prese i fascicoli
riguardanti Hilda e li rilesse ancora da capo, riuscendo solo a
ingarbugliare maggiormente le idee. Poi, con stizza, li ributtò sulla
scrivania, borbottando e bestemmiando sommessamente.
L'interfono squillò all'improvviso e rispose alla segretaria con tono
minaccioso:
-Non voglio essere disturbato, perdio! Per nessun motivo!- e richiuse la
comunicazione.
Tornò a fissare i fascicoli, odiandoli segretamente e scosse la testa.
-Eppure la chiave di tutto è lei.- dichiarò con rabbia malcelata.
In quell'istante il sergente Stone piombò nell'ufficio portando su un
braccio gli indumenti trovati nel covo dei Wölfe e con noncuranza li
lasciò cadere sulla scrivania, mentre il capitano guardava ora lui, ora gli
abiti.
-Che significa?- domandò irritato, additando i vestiti.
-Tutto quello che siamo riusciti a trovare nel covo dei Wölfe.- spiegò. Sono fuggiti come topi nelle fogne.-Spariti?! Ma bene! Di bene in meglio! Che brutti figli di puttana!- ruggì
picchiando un pugno sulla scrivania.
-Hanno fiutato il pericolo e si sono squagliati.Schwartz spense la sigaretta con gesti irosi e domandò alla donna:
-È pronto l'identikit di questa Hilda?-Abbiamo di meglio ora: una sua fotografia.-Perfetto. Fanne delle copie e distribuiscile a tutte le pattuglie, con
l'ordine perentorio di fermarla appena la vedono. Avverti che è ferita a
una spalla e porta seco un lupo argentato. Forza, muoviti!- urlò inviperito.
-E anche tu,- riprese fissando Stone, -pattuglia la città e i dintorni, non
possono essere lontani.-Sissignore!Il sergente si voltò per seguire la donna, quando il capitano li
richiamò entrambi con tono secco:
-Ah! Un'ultima cosa: avvertite che è pericolosa e armata.~
Josh fermò la moto e gli altri fecero altrettanto. Osservarono la strada
che penetrava nella nuova città, piena di negozi chiusi e di lampioni che
illuminavano a giorno, domandandosi se lì sarebbero potuti stare un po'
tranquilli.
Avevano viaggiato tutto il giorno e gran parte della notte e ognuno
desiderava solo riposare un paio d'ore prima di continuare. Ma sapevano
che fino a quando non avessero trovato un rifugio sicuro non potevano
fermarsi.
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Hilda, seduta dietro Siegfried, si voltò verso Peter, che trasportava
Hols, debitamente legato per evitare che cadesse. Sospirò sentendo che
il freddo della notte accresceva il dolore al braccio; nonostante ciò non
osò lamentarsi. Si sentiva a pezzi, con gli occhi che faticavano a
rimanere aperti, la testa che pulsava violentemente e sentiva che
sarebbe crollata da un minuto all'altro. Lentamente posò la testa contro
la schiena del fratello, approfittando di quella breve sosta per assopirsi.
-Ok.- disse Josh. -Credo che questa città possa andare. Cosa ne dite?-Bisogna provare prima di dire che è ok.- replicò Mat.
-Fai meno lo stronzo, perdio!- lo redarguì Pat con brutto cipiglio.
-Io dico che se anche è una città di merda, per stanotte ci dobbiamo
accontentare. Bisogna pur riposare un po'.- osservò Saint Just.
-Sono pienamente d'accordo con te, fratello.- l'appoggiò Stefan
sbadigliando.
-Ok, ragazzi. Allora cerchiamo un riparo per stanotte.- li accontentò Josh.
S'inoltrarono per le strade della città sprofondata nel silenzio della
notte, in cerca di una casa disabitata dove trovare un possibile rifugio,
anche provvisorio. Girarono per diverso tempo prima di capire che lì non
avrebbero trovato niente.
In prossimità di un incrocio si fermarono e si guardarono intorno
rassegnati.
-Continuiamo.- ordinò Josh e ripartirono poco persuasi.
Di lì a poco il sole sarebbe sorto a illuminare un nuovo giorno pieno di
incognite e loro erano ancora in giro, consapevoli solo che stavano
giungendo al limite delle forze.
Passarono davanti a un ubriaco che camminava dondolando, con
una bottiglia in mano e che di tanto in tanto si fermava per vomitare e
trangugiare un nuovo sorso. Quando li vide passare borbottò più forte,
ma la sua tremolante voce si perse nel rumore dei motori.
Dopo aver passato un gruppo di tossici e di prostitute, si fermarono
davanti all'entrata di un parco pubblico. Tutti si voltarono a osservare
Josh, pensoso, quindi volsero lo sguardo al parco pieno di giochi per
bambini. Rimasero in silenzio, fissando quel pezzo di terra strappato alla
civiltà distruttrice, consapevoli che avrebbero dovuto passare lì il resto
della nottata. Rassegnati, anche se un po' titubanti, spensero le moto e
smontarono per sgranchirsi le gambe intorpidite. Peter slegò Hols, che
balzò a terra e si mise a correre per il prato, mentre Hilda si copriva il
braccio fasciato con la mano, cercando un po' di calore per lenire il
dolore.
-Cercatevi una sistemazione. Appena fa giorno ricominceremo a girare.mormorò Josh con tono stanco.
-Sarà difficile.- borbottò Miles osservando le poche panchine disponibili.
-Dobbiamo arrangiarci!- l'aggredì con veemenza.
Si sparpagliarono per il prato, certi che non sarebbero riusciti a
chiudere occhio.
Hilda barcollò sulle gambe e Siegfried le passò un braccio intorno alla
vita per sorreggerla. La guardò attentamente e chiese:
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-Come ti senti?-Debole. Molto.- sussurrò portando una mano alla fronte.
-Coraggio. Ora ti riposerai.Lei fece una smorfia ma non replicò. Siegfried la condusse a una
panchina sotto un albero e la fece stendere, guardandole il viso pallido e
provato, illuminato dalla tenue luce dei lampioni. Hilda si rannicchiò per
cercare un po' di tepore e chiuse gli occhi spossata.
Siegfried si sedette per terra accanto a lei e accese una sigaretta
osservando gli amici che girovagavano in cerca di un posto
relativamente comodo. I suoi occhi si posarono sull'alto muro di cinta
che circondava il perimetro del prato e che si interrompeva
esclusivamente per lasciare un'unica via di accesso e di uscita. Che
schifo, pensò disgustato. Siamo tornati ai vecchi tempi.
Sospirò appena e chiuse gli occhi magnetici.
Ripensò a quando i Wölfe ancora non esistevano, quando aveva
quattordici anni e girava per i sobborghi insieme a Stefan e a Mohican.
Si divertivano a compiere veri atti di vandalismo, a intimorire la gente, a
commettere piccoli furti, a infastidire le prostitute, a spacciare droga. Poi
avevano conosciuto Josh e Karl e mano mano tutti gli altri ed erano nati i
Wölfe, che non si divertivano più a compiere solo atti di teppistaggio e
crudeltà. Avevano imparato a uccidere, a vendicarsi, a divenire quelli
che erano, capaci di incutere terrore col loro solo appellativo.
Con noncuranza aspirò il fumo della sigaretta e si appoggiò con la
schiena alla panchina. Si tolse la fascia bianca dalla fronte e lentamente,
senza accorgersene, si addormentò con la sigaretta in mano ancora
accesa.
~
-Io direi che può andare.- sentenziò Karl guardandosi intorno.
-Ma sì! Tanto un posto vale l'altro!- esclamò Mohican ridendo.
Alle prime luci dell'alba erano ripartiti, malgrado si fossero riposati
poco e male, con la ferma intenzione di trovare un posto che li ospitasse
a tempo indeterminato. Alla rossastra luce dell'aurora era stato più facile
lasciare il centro della città e dirigersi verso la periferia, dove
abbondavano case abbandonate e fatiscenti. Erano riusciti a trovare
un'unica catapecchia in grado di ospitare tredici persone, circondata da
alberi in gran parte secchi e da una lussureggiante gramigna che
prolificava a vista d'occhio. L'interno non era dei migliori: l'ambiente era
squallido, tanto da rispecchiare a meraviglia il giardino tutto intorno; non
aveva niente a che vedere con il loro vecchio covo e c'erano segni
evidenti che vi aveva vissuto un altro gruppo di teppisti, molto
probabilmente costretto a una fuga improvvisa e precipitosa come la loro.
Hilda si guardò intorno studiando le crepe sui muri, il pavimento
divelto e disseminato di mozziconi di spinelli e di siringhe, il tavolo
mangiato dalle tarme, le pareti tappezzate di fiorite scritte volgari e di
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sangue rappreso, il divano con le molle rotte, le sedie bucate e sospirò
tristemente.
Mat ritornò dall'ispezione fatta nelle varie stanze tutte a pian terreno e
disse:
-È un posto di merda totale, tutto va in rovina. Però c'è spazio ed ho
contato dieci materassi stesi in terra. Non sono di lusso,- scherzò, -ma
almeno non saremo costretti a dormire su questo letamaio.-Dieci, hai detto?- ripeté Josh.
-Dieci.-Basteranno. Due saranno per Hilda e Fried che avranno una stanza
tutta loro, gli altri otto li uniremo e ce li faremo bastare. C'è altro?-Un bel po' di candele, fiammiferi e siringhe.Hilda fece una smorfia: nel loro vecchio covo c'erano acqua e luce e
nonostante non abbondassero erano sufficienti per poter vivere in modo
decoroso. Lì non c'era assolutamente niente. Che posto! pensò con
stizza. Che maledetto posto ci siamo trovati!
-Ok!- sospirò Pat sconsolato. -Vorrà dire che Mat e io ci daremo da fare
come abbiamo fatto con la nostra vecchia tana. Che culo aver avuto un
padre elettricista che ti ha sempre rotto le palle per insegnarti il mestiere
prima di crepare!-Ecco! Lo sapevo, Cristo!- sbottò il fratello contrariato.
-Falla finita.- l'ammonì Josh. -Non sarete i soli a rompervi il culo:
lavoreremo tutti per risistemare questa merdosa topaia.- quindi si girò
verso gli altri e continuò. -Ragazzi, dobbiamo ricominciare da capo. I
primi tempi saranno duri e lo sapete, ma l'importante è non perdere la
pazienza: dobbiamo restare uniti e se qualcuno pensa di essere stanco
e di non farcela, provi a pensare che anche gli altri si stanno facendo il
culo. Abbiamo ricominciato varie volte, quindi non perdetevi d'animo.
Certo, non abbiamo più il predominio sulle altre bande e dovremo lottare
per affermarci di nuovo, ma ricordatevi sempre, sempre, che siamo i
Wölfe e che niente e nessuno ci ha mai fermati e mai ci fermerà! Anche
qui impareranno a conoscerci e ci temeranno, come è sempre stato e
come sempre sarà e dovrà essere. Non dimenticatevi mai chi siete! Uniti
sapremo superare tutti gli ostacoli, anche i più duri, perché noi siamo i
WÖLFE! I Wölfe, perdio! E insieme romperemo il culo a tutti!Un coro di assensi si levò a riempire l'aria, mentre Josh continuava a
istigarli con foga. Quando infine li vide più sollevati e risoluti, sorrise e
iniziò a impartire ordini per sistemare alla meglio il nuovo covo e, mentre
si davano da fare, furono certi che il peggio era passato e che avevano
davanti a loro un futuro migliore.
~
Titubante, Hilda mosse il braccio e, a parte un lieve dolore
sopportabile, non accadde altro. Non persuasa lo mosse ancora e anche
questa volta il dolore lancinante non lo avvertì più. Con un sorriso
sincero alzò gli occhi su Karl e disse:
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©MGL VALENTINI
-È ok. Non fa più male.-Perfetto. Però non approfittarne troppo ok?- consigliò facendole
l'occhiolino. -Lascia trascorrere un altro paio di giorni prima di dire che
ne hai recuperato appieno l'uso. Per il momento non lo sforzare e vacci
piano con la ginnastica: la ferita è ancora fresca.-Grazie.- mormorò arrossendo all'eufemismo da lui usato.
Karl la guardò incerto, quindi sorrise.
-È la prima volta che qualcuno mi ringrazia dopo averlo rimesso in sesto.
I soli apprezzamenti che ricevo sono gli insulti e le bestemmie di Miles.
Comunque,- continuò avvicinandosi alla porta, -a te ho fatto un bel
lavoro. Mi dispiace solo che rimarrà una cicatrice non proprio perfetta,
ma ti assicuro che si noterà poco.-Non ha importanza.- lo rassicurò sorridendo. -A quella mi ci abituerò.- e
sentì un brivido correrle lungo la schiena.
Il ragazzo fece un vago cenno con la mano e uscì, lasciandola sola
con se stessa.
Lo sguardo di Hilda cadde sul proprio braccio e fissò la lunga striscia
rossa che formava un contrasto violento con la sua pelle chiara. Sospirò
per reprimere il disgusto e rimise il giubbotto. Ecco il primo segno, pensò
sconsolata. E dopo questo verrà il secondo, poi il terzo e così via.
Lentamente si sdraiò sul materasso steso in terra e fissò il soffitto alto e
pieno di crepe. È la vita che ho scelto di fare e non mi è consentito
recriminare. Doveva accadere, è nell'ordine delle cose.
La lampadina attaccata al filo, che pendeva pigra dal soffitto,
irradiava la stanza di luce soffusa, quasi da night. Pat e Mat avevano
fatto veri e propri miracoli ridando la corrente a quella catapecchia e
nessuno aveva osato lamentarsi se la luce era evanescente. In
quell'ultima settimana le cose erano migliorate notevolmente: avevano
ridato una ripulita alla meno peggio, anche al giardino intorno e avevano
provveduto a riempire la cucina di vivande a spese dei grandi magazzini.
Di sera uscivano per prendere contatto con il nuovo ambiente, ma a
parte qualche gruppo sporadico di ragazzini ancora troppo piccoli per
rappresentare un pericolo, non avevano incontrato nessuna banda che
potesse preoccuparli. Apparentemente erano i soli teppisti in quella città
e se ne stavano abbastanza quieti, concedendosi il lusso del riposo.
Tutti, tranne Siegfried.
Pensando al fratello, sorrise e chiuse gli occhi. Da quando erano
arrivati lì, avevano passato tutte le notti insieme, svegliandosi ancora
abbracciati e lui non l'aveva più ignorata come la prima volta.
I Wölfe non avevano fatto commenti e lei, nel proprio intimo, li aveva
ringraziati per tale discrezione. Pareva fossero addirittura contenti per
loro, come le aveva appena dimostrato Karl. Stavano sempre vicini,
guardandosi con una nuova luce negli occhi e lei si sentiva al culmine
della felicità. Eppure qualcosa le diceva di non abbassare la guardia, che
lui non era tipo da cambiare con tale facilità.
Sospirando si alzò e raggiunse gli altri nel salone.
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La radio di Miles cantava a volume moderato; Mohican e Peter
stavano preparando i panini, chiacchierando tra loro; Pat e Mat stavano
aggiustando la cucina a gas per poter preparare un caffè caldo; Nik e
Japaner gareggiavano con i coltelli, cercando di colpire un bersaglio
immaginario sul portone; Josh, Karl, Stefan e Saint Just erano riuniti
intorno al tavolo e giocavano a poker tra insulti e bestemmie; Siegfried
se ne stava seduto sul divano accanto a Miles, accarezzando Hols e
fumando una canna. Puntò i suoi metallici occhi grigi sulla sorella e
l'osservò a lungo. Sorrise appena quando la vide avanzare e lasciò lo
spinello a Miles, senza staccarle gli occhi di dosso. Ha l'andatura da
felino, constatò. Seducente.
Hilda si fermò davanti a lui, assumendo una posa volutamente
provocatoria e gli sorrise maliziosa.
-Sei affascinante, sorellina. Ogni giorno di più.- commentò.
Miles alzò lo sguardo su di lei e sogghignò.
-Affascinante, sì.- convenne.
-Ma come siete gentili!- li sfotté sorridendo.
Si avvicinò a Hols e lo accarezzò, ricevendo in cambio una leccata
alla mano.
-Karl mi ha detto che il braccio va meglio.- disse Siegfried elusivo.
-Sì, fa poco male ora. Tuttavia ha anche aggiunto di non sforzarlo
troppo.- rispose lanciandogli un'occhiata significativa.
Siegfried piegò le labbra in un mezzo sorriso gelido e annuì.
-Ti ha tolto le bende?- s'informò Miles.
Hilda annuì, quindi si volse verso gli altri e, osservando Mohican e
Peter dedicarsi all'arte culinaria, domandò al fratello:
-Dopo cena usciamo di nuovo?Lui non rispose, come se fosse del tutto superfluo.
Lei si girò a guardarlo: era tremendamente affascinante nella posa
che aveva adottato, il corpo sottile abbandonato con indolenza sul
divano, i capelli che gli circondavano il volto niveo e lo sguardo da
basilisco. Emanava una forza incredibile, magnetica e misteriosa e lo
maledisse per l'attrazione che esercitava su di lei.
-Pensi che ci siano in giro bande che ancora non abbiamo incontrato?gli chiese.
-Sicuro.-Ma se ancora non...-Non temere.- l'interruppe con freddezza. -Salteranno fuori quando meno
te lo aspetti.Hilda tirò indietro i capelli e domandò cauta:
-Ed è questo che ti preoccupa?Per tutta risposta lui la fissò negli occhi e fu Miles a dire:
-È vero: prima o poi qualche banda salterà fuori. È l'attesa, l'incertezza
che rode il culo, non la paura.Hilda lo guardò e la cicatrice sul suo volto le ricordò la propria sul
braccio. Dio! pregò con fervore. Fa' che non venga mai colpita in pieno
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viso! Impallidì al solo pensiero e distolse lo sguardo reprimendo un
senso di ribrezzo.
-Vieni, siedi.- l'invitò il fratello.
Lei sedette sulle sue gambe, leggermente imbarazzata e sussultò
appena quando lui le circondò la vita con un braccio.
-Perché così tesa?- le sussurrò dietro l'orecchio. -Rilassati, amore mio,
sii naturale. Non c'è peccato in noi, ricorda. L'amore fraterno è il
sentimento più puro e non devi vergognarti di amarmi.Lei abbozzò un sorriso e in quel momento Mohican si avvicinò
portando i panini.
-Ecco la cena!- esclamò ilare. -Però non prendeteci l'abitudine: per
questa volta ci siamo offerti volontari io e Peter, ma potessero cadermi i
coglioni se lo farò di nuovo!Hilda gli sorrise e lo ringraziò e Mohican tornò sui propri passi
leccandosi le dita. In breve la stanza si fece silenziosa; solo la radio di
Miles continuava a cantare imperterrita, mentre tutti mangiavano con
appetito.
Superato il primo momento di imbarazzo e notando che i Wölfe non
badavano a loro due, Hilda si rilassò visibilmente e osservò il fratello con
la coda dell'occhio. Com'era bello! Era l'uomo più splendido che avesse
mai visto e si sentiva felice al solo pensiero che fosse esclusivamente
suo. È stato il Karma a volere che fosse così, pensò.
Siegfried alzò gli occhi dal panino e la fissò. Lei sorrise, mentre il suo
sguardo esprimeva tutto quello che milioni di parole non sarebbero mai
riuscite a dire né a spiegare. Lui le guardò il volto, la bocca e desiderò
baciarla fino a farla soffocare. No, Kristall. Io non potrò mai darti quello
che vuoi. Tu non mi sei indispensabile; mi basta averti accanto, sapere
che mi sei vicino e amarti fin dove posso concederti. Eppure, anche così,
tutto questo mi sta tormentando. Ed io non posso permetterlo. Dovrò
spezzarti, Kristall, perché piegarti solamente non serve più. Mi stai
inducendo a darti troppo di me, mentre a me basta saperti in mio potere
perché, è vero, non sopporto l'idea che tu possa innamorarti di un altro.
Tu sei mia, Kristall; sei il mio giocattolino, di cui posso fare ciò che
voglio...
Le sorrise senza tradire i propri pensieri e le sfiorò le labbra con un
bacio, sotto lo sguardo sornione di Miles.
~
Una sottile pioggia estiva scendeva incessantemente, rendendo il
paesaggio brillante sotto la vivida luce della luna piena. Con passo
sicuro e le catene in mano, i Wölfe camminavano dirigendosi verso il
centro della città.
Hilda camminava al fianco di Siegfried e Mohican, con l'arco a
tracolla e una catena in mano, guardandosi intorno timorosa.
Procedevano in silenzio e nell'aria si udivano solo i loro passi sicuri e le
catene che dondolavano tetre.
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-Guardate.- annunciò Josh con tono pacato.
Davanti a loro, a circa una cinquantina di metri, stavano avanzando
cinque figure sottili dal passo baldanzoso e strafottente. Vicino alle mani
risplendevano le armi.
Nessuna delle due bande si fermò o rallentò il passo. Mentre si
avvicinavano, le cinque figure assunsero contorni e forme più chiare e
distinte e i volti crudeli tradirono le loro giovani età.
-Poppanti.- commentò Mohican con disprezzo.
Hilda li studiò con attenzione, pensando che non potevano avere più
di tredici o quattordici anni. Erano gli stessi che, durante le sere
precedenti, avevano incontrato di sfuggita, ignorandoli completamente.
-Possibile che in questa strafottuta città gironzolino solo mocciosi e
ubriachi?- sbottò Karl con un nervosismo che tradiva la snervante attesa.
A circa venti metri di distanza dai Wölfe i ragazzini si disposero a
semicerchio, per bloccare il passo.
-Fermatevi!- ordinò quello che sembrava il capo.
Josh fece un cenno e i Wölfe ubbidirono. Per un po' rimasero tutti in
silenzio, studiandosi per cercare di carpire le potenzialità dell'avversario.
Josh fissò il ragazzo che aveva parlato, dal volto emaciato e rovinato
dall'acne, che superava in altezza i suoi amici.
-Allora?- gli chiese con impazienza.
-Che cazzo siete venuti a fare qui?- replicò quello senza alcun timore.
-Ehi, ehi!- esclamò Josh divertito. -Quale coraggio!-Rispondi, Wolf!A quell'ordine secco e perentorio Japaner fece un passo avanti e
sibilò minaccioso:
-Attento a te, stronzetto, o te la infilo in culo!Notando la sua spada alzarsi impercettibilmente, pronta a sferrare il
fendente improvviso e letale, Josh lo bloccò e si avvicinò al ragazzino,
dominandolo di tutta la testa. Lo fissò dritto negli occhi, d'un verde
intenso e chiese con freddezza:
-Chi vi ha mandati?L'interpellato lo soppesò dalla testa ai piedi, quindi domandò a sua
volta:
-Sei tu il capo?-E il tuo dov'è?- replicò spazientito.
Questi sghignazzò e alzò le spalle.
-Ok, sei furbo.- disse. -Dovete andare al parco giochi. Ci sapete
arrivare?-Sì.-Vi aspettano là.- fu la sola risposta.
Josh piegò le labbra in un mezzo sorriso sornione e chiese con
sarcasmo:
-Che c'è? Si sono pisciati addosso e hanno mandato lattanti per fissare
l'appuntamento?Il ragazzino represse uno scatto nervoso e la sua catena emise un
suono sordo.
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-Sta' attento al culo, matusa!- sibilò con stizza. -Gli Eagles sono tanti e
forti: non hanno paura di voi bastardi. Questo è il loro regno e non c'è
posto per coglioni come voi.Senza più dargli ascolto, Josh si voltò e raggiunse i suoi dicendo
semplicemente:
-Al parco.Con indifferenza i Wölfe passarono davanti ai cinque portavoce degli
Eagles, chiedendosi cosa li avrebbe attesi nel luogo dell'appuntamento.
Mentre si avvicinavano con passo deciso, Siegfried si affiancò a Josh e
mormorò:
-Non mi piace.-Neppure a me. Ma dobbiamo andare.-Faremmo meglio a parlamentare prima, per prendere tempo e valutare
la loro forza effettiva, anche se sono pronto a giurare che sono pericolosi.
Non sappiamo niente di loro, ma loro, e ci scommetto le palle, sanno
tutto di noi. Hanno avuto tempo una settimana per studiarci di nascosto.
Tempo sufficiente.- fece notare con voce atona.
Josh rimase in silenzio, consapevole della realtà di quelle parole.
Siegfried attese ancora un attimo, quindi tornò accanto alla sorella e la
guardò negli occhi.
-Kristall,- iniziò con indifferenza, -qualsiasi cosa accada, dattela a gambe
con Hols. Ma non tornare al covo, non prima che sia passato un bel po'
di tempo e sii sempre cauta. Hai capito?-Sì, certo. Ma cosa dovrebbe accadere?- chiese, in realtà non riuscendo
a comprendere.
Lui la guardò e replicò:
-Non credi possa essere alquanto presuntuoso da parte mia sapere cosa
accadrà?Lei lo fissò per cercare di capire cosa volesse dire, ma il suo volto era
una gelida maschera impenetrabile e sospirò rassegnata.
In lontananza si iniziava a intravedere il muro che recintava il parco,
illuminato dai lampioni, che lo rendevano simile a un baluardo
insormontabile. I Wölfe sostarono davanti all'ingresso guardandosi
titubanti; all'apparenza il parco sembrava vuoto e in prossimità non si
scorgevano altro che palazzi bui e si domandarono se quei ragazzini non
li avessero turlupinati.
-Secondo me si tratta solo di un fottutissimo scherzo!- sbottò Stefan
entrando nel parco.
Gli altri lo seguirono e si guardarono intorno, circospetti.
Controllarono il parco metro per metro, prima di rendersi conto di essere
effettivamente soli. Si riunirono nei pressi di una panchina e rimasero in
silenzio, girando lo sguardo attorno ancora una volta.
-Ci hanno fregati, cazzo!- ringhiò Saint Just con stizza.
-Presi per il culo come dilettanti! Cristo!- rincarò Mat. -Se mi capitano tra
le mani...-Che facciamo, Josh?- chiese Pat giocherellando con i baffi.
L'interpellato scrollò la testa e fissò un lampione.
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-Non so. Tutto questo puzza.- mormorò pensieroso.
Siegfried se ne stava in silenzio, osservando l'entrata del parco e
l'alto muro di cinta ricoperto di rampicanti, provando un gelido
presentimento. La loro posizione non gli piaceva.
-Tu cosa pensi di fare, Fried?- domandò Pat.
-Può darsi che ancora non siano arrivati.- suggerì Nik con indifferenza.
-Ma se quei coglioni hanno detto che stavano qui ad aspettarci!- lo zittì
Peter con tono che non ammetteva repliche.
-Per me è solo uno scherzo.- concluse Japaner accendendo una
sigaretta.
-E se non lo fosse?- fece notare Hilda con superficialità.
Si voltarono tutti verso di lei, aggrottando le sopracciglia.
La pioggia sottile continuava a cadere implacabile, inumidendo i
capelli e i giubbotti, senza che nessuno ci facesse caso.
-Usciamo di qui.- disse Siegfried all'improvviso.
-Perché?- volle sapere Karl.
-Se restiamo faremo la fine del topo.- spiegò con indifferenza. Osservate il muro di cinta: chi di voi riuscirebbe a scavalcarlo?I Wölfe girarono lo sguardo, seguendo il corso del muro e
soffermandosi sulla sola via di accesso. Una sensazione di gelo corse
lungo il corpo di Hilda e in quell'attimo tutti compresero: erano caduti in
trappola. Gli Eagles li avevano condotti lì a tradimento per massacrarli,
ostruendo la loro unica via di salvezza.
-Fuori!! Fuori, perdio! Fuori!- urlò Josh.
Si misero a correre come forsennati verso l'uscita, sperando di
essere ancora in tempo, consapevoli solo del pericolo incombente.
Era questo che il tuo sesto senso avvertiva, Dagr? si chiese Hilda
mentre correva a perdifiato. Era questo che la tua chiaroveggenza ti
aveva fatto vedere? Gli altri l'avevano distanziata, impossibilitata a
tenere il loro stesso passo. Vide Nik e Peter raggiungere l'uscita e
salvarsi, seguiti da Miles, Saint Just e Pat. Strinse i denti per correre più
veloce, con Hols che le stava accanto senza abbandonarla e le parve
che il tempo si fosse fermato per farla giungere tardi verso la salvezza.
Josh, Karl e Siegfried guadagnarono l'uscita e dopo di loro Mat, Japaner,
Mohican e Stefan. Ancora pochi metri, Hilda! si incitò col cuore che le
batteva impazzito.
In quell'attimo udì i primi clangori e le urla della battaglia, scoppiata
all'improvviso oltre la sua visuale e impallidì portando d'istinto la mano
verso l'arco.
Correva veloce quando raggiunse l'uscita, finendo tra le braccia di un
ragazzo che l'afferrò saldamente alla vita, sollevandola di prepotenza.
Non riuscì neppure a gridare per la rapidità con cui era stata presa e per
un attimo non fu in grado neppure di reagire. Fu Hols che corse in suo
aiuto, azzannando il ragazzo a una gamba e costringendolo ad allentare
la presa. Lei si divincolò facilmente e incoccata la freccia colpì senza
pietà, facendo stramazzare al suolo il suo assalitore. Si guardò attorno e
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vide i Wölfe battersi con accanimento contro gli Eagles, colpendo e
ricevendo colpi. Mio Dio! pensò disperata. Sono una ventina, forse più!
Senza rifletterci, si buttò nella mischia, seguita fedelmente dal lupo,
colpendo con la catena ed evitando agilmente i contrattacchi degli
avversari, accecata dall'odio per l'inganno con cui avevano agito gli
Eagles.
Presi alla sprovvista, i Wölfe cercarono di difendersi come meglio
potevano contro la violenza e la rabbia degli Eagles, battendosi contro
tre avversari contemporaneamente, cadendo e rialzandosi, ignorando i
dolori delle ferite e colpendo con ferocia, al solo scopo di non venire
massacrati fino all'ultimo. Ma era una battaglia già persa: dovevano solo
riuscire a fuggire in qualche modo.
Hilda si batteva come una virago, facendo roteare la catena e
abbattendola su chiunque non fosse stato un Wolf, osservando di tanto
in tanto i suoi amici impegnati in combattimenti ardui e impossibili da
vincere. Il braccio iniziava a farle male e solo la rabbia la costringeva a
non cedere.
Fu un guaito straziante a farla voltare, facendole dimenticare della
battaglia e di Nik che si rotolava a terra avvinghiato ad un Eagle, di Karl
che eliminava un avversario, di Stefan e Josh che combattevano contro
cinque Eagles, di Siegfried che veniva colpito, di Saint Just e Mohican
accerchiati, di Japaner che con la spada mozzava di netto la testa di un
avversario, di Miles che cadeva a terra, di Pat, Peter e Mat che si
battevano in furiosi corpo a corpo; dimenticò tutto quando vide Hols
stramazzare al suolo sotto i ripetuti colpi di spranga di un Eagle. Con un
urlo disumano gli si scagliò contro, colpendolo con violenza, senza pietà,
così come lui aveva colpito Hols e quando lo vide vacillare gli affondò il
coltello in pieno petto, animata da rabbia e disperazione, con le lacrime
che le rigavano il volto.
Si chinò sul suo amico, ignorando la battaglia che proseguiva con
furore e i sottili occhi gialli la guardarono imploranti.
-Hols!! Hols!!- gridò disperata, prima di udire le sirene spiegate della
polizia.
Per un istante tutti i rumori cessarono, poi un Eagle urlò qualcosa e
tutti fuggirono via, lasciando sul terreno molti dei loro amici.
Con le poche forze che ancora le restavano, indifferente all'arrivo
della polizia, Hilda cercò di sollevare Hols, col volto rigato di pianto e
straziato dal dolore; ma il lupo si irrigidì tra le sue braccia, chiudendo gli
occhi dolcemente.
-No! Nooo!!- gridò cadendo in ginocchio.
-Hilda!Karl l'afferrò alla vita e la sollevò correndo via, mentre lei si dimenava
come una furia selvaggia, urlando e piangendo e sentendosi morire
dentro.
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©MGL VALENTINI
Riaprì gli occhi gonfi di pianto e si guardò intorno riconoscendo la
propria camera. Un forte dolore alla testa la costrinse a richiuderli e portò
le mani alle tempie, massaggiandole dolcemente.
-Konnichi wa, Hilda chan.Riaprì gli occhi e vide il volto di Japaner chino sul suo. Aveva una
spalla fasciata e l'espressione preoccupata e triste, ma nel complesso
era ancora tutto intero.
-Konnichi wa, Japaner san.-Genki desu ka?-Genki desu. Kimi wa?-Perfetto. Nonostante tutto ricordi il giapponese e questo vuol dire che
non hai niente di rotto nella testa e che non sei impazzita. A proposito, fa
male, vero?- chiese con un sorriso tirato.
-Sì. Mi sta scoppiando.- ammise con tono flebile.
-Ok. Riposati un altro po'; ne hai bisogno.Con un gemito ricadde nel sonno e Japaner sospirò lasciandola sola.
Quando si risvegliò era pomeriggio inoltrato, ma la testa le faceva
ancora male. Rimase un istante sdraiata, chiedendosi se Japaner fosse
stato lì con lei o se l'avesse sognato. Con fatica la sua mente riordinò le
idee confuse e gli avvenimenti delle ultime ore si ripresentarono con tutta
la loro crudeltà e con il pesante fardello di vite. Balzò a sedere sul
materasso e sgranò gli occhi, irrigidendosi in tutte le membra. Dove
aveva poggiato la testa, il letto era bagnato per le lacrime versate anche
durante il sonno.
-Hols...- mormorò e tornò a singhiozzare di nuovo, sentendosi impotente
e sola.
Ripensò al giorno in cui l'aveva trovato, tutto bagnato e infreddolito e
alle litigate con Alan per poterlo tenere. Ora Alan non c'era più e
neppure Hols... Iniziò a piangere più forte, scossa da violenti sussulti,
mentre con la mente rivedeva il suo amico steso in terra, sotto la pioggia,
pieno di sangue.
-Perché? Perché mi hai lasciata? Perché?Quando entrò nella camera, Japaner la trovò ancora scossa dai
singhiozzi, sconvolta dal dolore. Le sedette al fianco e le circondò le
spalle in un confortevole abbraccio. Lei appoggiò la testa sul suo petto e
si lasciò consolare continuando a versare lacrime amare e a mormorare
il nome di Hols.
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-Non fare così. Cerca di superare il dolore, prova a reagire. Ganbatte,
kudasai.- la esortò con dolcezza.
-Oh, Japaner! L'hanno massacrato... con la spranga... e guaiva... Io l'ho
visto! I suoi occhi mi imploravano ed io non... ed io non potevo fare
nulla!-È il Karma, Hilda, lo sai. La morte è un traguardo per tutti.-È... è morto per salvare me...Japaner la cullò come se fosse stata una bambina e la rassicurò:
-Non fartene una colpa. Reagisci. Te l'ho detto: la vita è una goccia di
rugiada in una goccia di rugiada. Su, forza. Ci sono molte cose da fare: i
nostri amici hanno bisogno di noi, ora.Con uno sforzo sovrumano cercò di ricacciare indietro le lacrime,
asciugandosi gli occhi con le mani e inspirò profondamente. A poco a
poco recuperò il proprio equilibrio emotivo e si staccò dall'abbraccio
confortevole del ragazzo, alzandosi dal materasso. Per un po' camminò
su e giù per la stanza, contorcendosi le mani e passandole
nervosamente tra i capelli arruffati, sotto lo sguardo spento dell'amico.
Quando fu sicura che la voce non avrebbe tremato, si voltò verso di
lui e lo rassicurò:
-È tutto ok. Sta passando.-Meglio così. Te la senti di venire di là?Lei annuì e domandò titubante:
-Stanno tutti bene?Japaner restrinse gli occhi a mandorla e si alzò, mormorando
evasivo:
-Tutto sommato ci è andata bene.Uscì dalla camera e Hilda lo seguì, ammonendosi di bandire dalla
propria mente Hols, almeno per il momento: ci avrebbe pensato dopo,
quando sarebbe stata di nuovo sola.
Stranamente non c'era la solita confusione: la radio di Miles era muta
e i Wölfe parlavano sottovoce, come se avessero avuto paura di
disturbare i vicini. Incerta, lasciò vagare lo sguardo nella stanza e la
stessa sensazione di gelo che aveva provato nel parco la percorse di
nuovo, come un oscuro presentimento, un monito sinistro.
Stefan e Josh parlavano piano tra loro, pieni di ferite superficiali e
un'espressione cupa sui volti assorti; Peter e Mat se ne stavano in
disparte, bevendo birra per evitare di pensare e fumando una canna
dietro l'altra, bendati in varie parti del corpo; Nik stava sdraiato sul
divano, con la testa e un braccio fasciati e fissava il soffitto con sguardo
assente. Ma quello che più la colpì, oltre all'innaturale silenzio, furono le
loro facce, non più crudeli e determinate, ma desolate e attonite.
Sembravano annientati da qualcosa di insolito per loro, di assurdo, tanto
che non vantavano più la solita fierezza. Non parevano neppure i Wölfe
che lei conosceva...
Guardò Japaner con una muta domanda negli occhi ancora rossi, ma
questi scosse la testa e mormorò:
-Va' da Josh.214
©MGL VALENTINI
Ancora più confusa, osservò di nuovo tutti, quindi si avvicinò cauta a
Josh che, sentendola arrivare, smise di parlare con Stefan e alzò la testa
guardandola con tristezza.
-Come ti senti?- chiese.
-Abbastanza... bene. Passerà.- rispose reprimendo un singhiozzo.
-Sì, certo. Mi dispiace per Hols, dispiace a tutti. Gli eravamo affezionati e
ci mancherà molto, credimi.Lei respirò a pieni polmoni per non scoppiare a piangere di nuovo e
inghiottì più volte per sciogliere il nodo che le si era formato in gola.
Annuì appena e si morse le labbra.
-Dove... Dove sono gli altri?Stefan la fissò a lungo con aria distrutta, quindi riabbassò la testa.
Josh si alzò e la fece sedere, schiarendosi la gola e passandosi una
mano tra i capelli, pronto a formulare a parole quello che aveva già
sviluppato nella mente.
-Gli altri sono di là. Siamo rimasti feriti tutti, chi più chi meno e Karl si sta
dando da fare con le medicazioni.-Mio Dio!- gridò balzando in piedi, fissandolo con occhi sgranati e l’aria
terrorizzata. -Mio Dio! Siegfried! Dov'è mio fratello? Dov'è?-Calmati.- la rassicurò prendendola per le spalle. -Fried sta bene, sta
riposando.-È ferito? Dimmelo, Josh, dimmelo! Voglio saperlo!-È ferito, sì, ma non devi assolutamente preoccuparti.-Oh, mio Dio...Le gambe iniziarono a tremarle e impallidì visibilmente, incapace di
muoversi o pensare alcunché. Il ragazzo la fece risedere con dolcezza e
la rassicurò dicendo:
-Non temere per lui. Si rimetterà presto. Sai di che stampo è fatto, no?
L'hanno ferito a un fianco con una coltellata, però Karl ha già annunciato
che non corre pericoli. L'hanno colpito anche in volto.Rimase in silenzio per un po', in modo da darle il tempo necessario
per registrare le sue parole pacate e la guardò preoccupato. Hilda si
portò una mano allo stomaco per alleviare il dolore che all’improvviso
l'aveva attanagliata e chiuse gli occhi. Si sentiva sfinita e desiderava
solo piangere per quello che era successo, per sfogarsi e cancellare
quell'incubo; ma non emise alcun suono. Deglutì per sciogliere quel
maledetto nodo che la soffocava e dopo un minuto, che le parve
un'eternità, riuscì a chiedere:
-E... gli altri?Nik, Japaner, Mat, Peter e Stefan si voltarono all'unisono e rimasero
a fissarla come se avesse pronunciato una sentenza di morte e con
sgomento lei avvertì il peso di quegli sguardi. Osservò Josh, riluttante a
rispondere e gli pose di nuovo la domanda.
-Miles e Pat sono fuori pericolo: hanno riportato ferite serie come Fried,
ma ora si stanno riprendendo, seppur lentamente. Mohican, invece... è
ancora grave. Karl sta facendo il possibile, però dice che ha perso
215
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troppo sangue e la ferita non accenna a volersi rimarginare. Solo il
tempo ci dirà se ce la farà o no.Rimase attonita, fissandolo e scuotendo la testa, non volendo
credere a quelle parole. Mohican? Mohican grave? Non era possibile...
Si portò le mani sugli occhi e strinse i denti per reprimere l'urlo, le
lacrime e il tremito convulso. Era incredibile: in una sola nottata tutto era
svanito come neve al sole. Avevano incontrato gli Eagles, più numerosi
e più forti e avevano perso, salvati solo, per ironia della sorte, dall'arrivo
tempestivo della polizia. Era stato un attimo e la tragedia aveva avuto
luogo, inesorabile, concludendosi nel buio della notte. Come era potuto
accadere? Loro, i Wölfe, così forti, fieri, orgogliosi e astuti, soffocati nel
giro di un attimo! Chi erano mai questi Eagles per aver spento la voce
dei Wölfe? Chi erano mai per averli battuti così miseramente?
Con gli occhi umidi e rossi alzò il volto verso Josh, che la guardava
con tristezza mista a rabbia soffocata e singhiozzò:
-Josh... Ma cosa è accaduto? Eravamo così allegri, così sicuri di noi...
Cosa faremo ora? Hanno massacrato il mio Hols, hanno ferito Mohican
gravemente e tutti gli altri... Dio, cosa è accaduto?Il ragazzo osservò i suoi occhi diafani sgranati e imploranti e sentì il
cuore stringersi per il dolore. Sarebbe stata abbastanza forte da
incassare un altro colpo? La vide asciugarsi gli occhi e inspirare
profondamente per darsi un po' di contegno e alzarsi.
-Vado di là. Devo vederli.- disse con voce spenta.
Josh la bloccò all'improvviso, impedendole il passo e lei lo guardò
senza capire.
-Aspetta, ragazza.- mormorò.
-Perché? Io devo andare. Devo.-C'è... c'è ancora una cosa...Stefan si avvicinò a lei cauto, pronto a sorreggerla, mentre gli altri
rimanevano immobili con gli occhi fissi sul loro capo per fargli capire che
erano al suo fianco. Josh strinse i pugni con stizza e si schiarì la gola
balbettando:
-Hilda... Mentre eri svenuta... Ecco, Karl non ha potuto far niente... per...La voce gli morì in gola e lei lo fissò trasecolando. Che voleva dire?
Karl non aveva potuto far niente? Ma di chi parlava? Mentalmente fece
l'elenco dei Wölfe e delle condizioni in cui versavano, così come le era
stato detto, eppure non riuscì a capire. Si voltò verso Stefan, che le
stava al fianco come un angelo protettore, quindi osservò Japaner, Nik,
Mat e, infine, Peter, per avere un aiuto da loro.
All'improvviso un forte dolore allo stomaco la fece impallidire e sgranò
gli occhi esterrefatta. Li posò su Josh, ma l'immagine iniziò a svanire a
poco a poco, fino a dissolversi nella nebbia. Le labbra iniziarono a
tremarle e riuscì a balbettare:
-Dio, no... Saint Just è... Oh, Dio... Dio...L'ultima cosa che riuscì a distinguere, prima di perdere i sensi e finire
a peso morto tra le braccia di Stefan, fu Josh che chinava mestamente la
testa, stravolto dal dolore e dall'ira.
216
©MGL VALENTINI
~
Siegfried si alzò a fatica, reprimendo un gemito di dolore e si portò la
mano al fianco fasciato. Maledetti bastardi! imprecò contro gli Eagles.
Vacillò sulle gambe, sentendosi ancora estremamente debole, ma
riuscì a rimanere in piedi, sorretto da quella ferrea volontà che l'aveva
sempre distinto dagli altri. Il suo volto era di un pallore innaturale e le
guance ancor più incavate, a testimonianza delle sofferenze che ancora
lo perseguitavano. Gli girò la testa e la vista gli si appannò per un
istante; era la prima volta che veniva ferito seriamente e non avrebbe
mai creduto di poter stare così male. Inspirò a fondo varie volte, evitando
il collasso e si toccò il volto. La ferita gli bruciava ancora, ma quella si
sarebbe rimarginata prima dell'altra, quella psicologica. Ricordò il coltello
vicinissimo al viso e solo la sua prontezza di riflessi gli aveva fatto
salvare l'occhio.
Si appoggiò al muro per non cadere e si portò vicino a Miles e Pat,
stesi sui materassi, il primo con il torace bendato, il secondo fasciato a
una spalla e ad una gamba. Un po' più in là c'era Mohican in stato di
incoscienza, che respirava affannosamente, come se gli mancasse l'aria.
Aveva entrambe le gambe maciullate dai ripetuti colpi di spranga e
catena e un brutto taglio vicino alla carotide. La fasciatura che ricopriva il
collo era costantemente intrisa di sangue e Siegfried chiuse gli occhi,
sentendo un forte dolore arrivargli dal fianco ferito. Si piegò in avanti e
strinse i pugni conficcandosi le unghie nella pelle.
Riaprì gli occhi e cercò Saint Just con lo sguardo. Non c'era.
Dovevano averlo portato via e forse aveva già ricevuto una degna
sepoltura.
Durante lo scontro l'aveva visto cadere urlando, contorcendosi le
braccia intorno al ventre da dove usciva sangue in abbondanza e
Mohican, d'istinto, si era chinato su di lui per aiutarlo; ed era stato allora
che i tre Eagles l'avevano colpito ripetutamente in ogni parte del corpo,
lasciandolo solo quando l'avevano visto cadere senza sensi sul corpo di
Saint Just.
Cristo! Se non fosse stato per la polizia saremmo morti tutti! Fece
una smorfia e di nuovo gli girò la testa, avvertendo un tremendo vuoto
allo stomaco che lo faceva star male.
Miles emise un lungo lamento assonnato e Siegfried lo guardò. Era
assurdo, incredibile che una sola banda fosse riuscita a distruggerli così
facilmente, senza il minimo sforzo. E se non si fosse accorto in tempo
della trappola? Questa volta è toccato a Saint Just, a Hols e a Mohican,
perché è chiaro che non se la caverà, pensò con cinismo, ma la
prossima toccherà a noi.
La porta si aprì e Karl entrò senza far rumore, per non disturbare i
feriti. Tra i Wölfe era stato l'unico, oltre a Hilda, a riportare solo alcuni
graffi e qualche livido. Meglio così: Karl era il loro medico e senza di lui
curare le ferite sarebbe stato impossibile.
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-Fried! Che cazzo fai in piedi?- sbottò vedendolo appoggiato alla parete.
Gli andò vicino e lo prese per le spalle, ordinandogli bruscamente di
tornare a letto.
-No, io voglio...- protestò con voce flebile.
-Ubbidisci, Cristo! Non mi va proprio che la ferita torni a sanguinarti! Ho
già tanti grattacapi, senza che ti ci metti pure tu col tuo strafottuto
orgoglio di merda!Riluttante, tornò a sdraiarsi, mentre l'amico gli tastava il polso
mugugnando:
-Uhmm! Mi meraviglio di come tu non sia caduto a terra svenuto. Sei il
più incosciente degli incoscienti, perdio! Ti dirò io quando potrai alzarti,
chiaro?Lo lasciò per andare vicino a Mohican, che rantolava penosamente.
Anche a lui controllò i battiti cardiaci e imprecò a denti stretti: il cuore
batteva troppo lento. Preparò le bende e con cautela gli tolse quelle
intorno al collo, ormai impregnate di sangue. Studiò la ferita e aggrottò le
sopracciglia, giudicandola brutta e letale. Il sangue continuava la sua
corsa inarrestabile, succhiando a poco a poco gli ultimi attimi di vita del
ragazzo e Karl sospirò tetro, iniziando a medicarlo con delicatezza.
Quando terminò l'operazione gli alzò una palpebra per controllare le
pupille e impallidì visibilmente. Prese l’accendino e fece passare la
fiammella vicino ai suoi occhi: le pupille rimasero strette come due
testine di aghi. Dio mio! pensò sconvolto. È finita...
Per un attimo gli occhi gli si inumidirono ripensando a quel ragazzo
allegro, vivace, pieno di vita, sempre pronto a scherzare... Dio! Dio! Non
è giusto! Non è giusto! imprecò. Si portò una mano alla fronte e chiuse
gli occhi trattenendo il respiro.
Siegfried, che l'aveva seguito con lo sguardo, intuì immediatamente
che qualcosa non andava e chiamò sussurrando:
-Karl...L'interpellato si scosse e fissò il volto esanime di Mohican.
-È entrato in coma. Non posso fare più niente per lui.- mormorò con voce
roca.
Siegfried sospirò appena e chiuse gli occhi.
~
Hilda rabbrividì e strinse il giubbotto per ripararsi dal freddo pungente,
nonostante il sole fosse ormai sorto da un paio d'ore.
Se ne stava lì, sola e immobile nel giardino mal messo sul retro del
loro covo, osservando l'albero secco attorniato dalle erbacce. Una
leggera brezza estiva si alzò all'improvviso e le mosse i capelli,
ributtandoli indietro. I suoi occhi erano asciutti e tristi e guardavano un
ramoscello dondolare lieve, come se avesse voluto staccarsi dall'albero
scheletrico.
Lentamente chinò la testa e osservò i due mucchietti di terra rimossa
di recente che coprivano i corpi di Mohican e di Saint Just. Le parve di
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vederli, all'improvviso, accanto a sé, come se niente fosse accaduto,
mentre le sorridevano con tutta la loro esuberante voglia di vivere. Si
morse le labbra e riabbassò la testa con tristezza: i suoi amici se ne
erano andati, insieme a Hols, il suo amato lupo argentato, compagno di
molte avventure.
Tornò a guardare l'albero, dal tronco scuro e tetro come il suo animo
e sospirò. Il destino di un uomo è il suo destino e la vita non è che
illusione, si ripeté per l'ennesima volta.
Sentì dei passi, ma non si voltò.
-Hilda... È da più di un'ora che stai qui.- disse Mat posandole una mano
sulla spalla.
-È tutto così assurdo...- mormorò.
-Sì, assurdo, ma non possiamo fermarci, né tanto meno arrenderci. È la
nostra vita e sappiamo a cosa andiamo incontro.Lei scosse la testa e chiuse gli occhi.
-Dio mio, perché? Perché proprio a noi?- sussurrò.
Mat osservò le due tombe ai propri piedi e si pose la stessa domanda.
Mohican era morto già da quattro giorni e non aveva mai ripreso
conoscenza durante tutta la sua agonia; eppure non sembrava trascorsa
neppure un'ora da quando Karl aveva dato la funebre notizia. Era
riuscito a sopravvivere due giorni a Saint Just, poi l'aveva seguito in
silenzio, come un'ombra.
Sentì una fitta al cuore e si rivoltò verso Hilda.
-Vieni dentro. È inutile restare qui.La ragazza alzò gli occhi al cielo e contemplò a lungo l'azzurro
limpido, terso. Sì, era inutile restare lì: Mohican e Saint Just non
sarebbero tornati in vita. Niente, ormai, avrebbe potuto riportarli in
mezzo a loro.
-Non si può morire così giovani. Non si può!- ripeté con stizza.
Si voltò verso Mat con una strana luce negli occhi: non più tristezza e
rassegnazione, bensì ribellione, voglia di vendetta.
-Ti rendi conto?- sibilò puntando gli occhi in quelli del ragazzo. -Saint
Just aveva appena ventiquattro anni e Mohican solo ventitré! Non si può
morire così, Cristo! È inammissibile, inumano! Il loro sangue ancora
caldo chiede vendetta e noi dobbiamo vendicarli! Ne abbiamo il dovere e
il diritto! Sì, dobbiamo fargliela pagare a quei bastardi fottuti! Voglio
vendetta per Mohican, per Saint Just e per Hols! Voglio vedere tutti gli
Eagles massacrati come loro hanno massacrato i nostri amici! Voglio
veder scorrere il loro sporco sangue di traditori! Voglio vederli
agonizzare ai miei piedi come vermi e giuro che finché non
rimpiangeranno di aver incontrato i Wölfe non mi riterrò soddisfatta!~
-Un lupo, eh?-Sissignore, un lupo argentato.- ripeté il sergente Stone.
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Il capitano Schwartz fissò l'uomo davanti a sé con sguardo duro e
impenetrabile. Il dispaccio era giunto da soli cinque minuti e già era stato
messo al corrente di tutto, compreso il ritrovamento del cadavere di un
lupo e di altri corpi di teppisti Eagles.
-Ci siamo.- sogghignò soddisfatto. -Voglio che pattugliate quella città
centimetro per centimetro; a tappeto. Cercate di sapere più cose
possibili su questi Eagles di merda e mettetevi in contatto con la polizia
del posto. Io parlerò direttamente al capitano del distretto e mi metterò
d'accordo con lui.Con noncuranza allentò il nodo alla cravatta e spostò il ventilatore
verso di sé. Rimase un attimo pensieroso, quindi continuò con sadismo:
-Molto probabilmente le due bande si scontreranno di nuovo per regolare
i conti in sospeso e noi aspetteremo quel momento.Il sergente si schiarì la gola e con la dovuta cautela fece presente:
-È probabile che, a giudicare dai cadaveri ritrovati, lo scontro sia stato
piuttosto violento e che entrambe le bande abbiano riportato feriti.
Suppongo che passerà del tempo prima che scendano nuovamente in
campo per combattere.Il capitano si grattò la cute dietro la testa con gesto irritato e accese
un sigaro bofonchiando qualcosa di incomprensibile. Ne aspirò il fumo e
rimase a fissare Stone con le sopracciglia aggrottate.
-Ma quando cazzo imparerai? Possibile che in quella tua testa di merda
non ci sia un briciolo di materia grigia? Cristo!- sbottò con veemenza
balzando dalla sedia e battendo un pugno sulla scrivania. -Quegli stronzi
fottuti hanno la pellaccia dura! La loro tempra non gli permette di essere
schizzinosi come te! Nel giro di un paio di settimane torneranno a
combattere come prima, se non meglio! E tu? Quanto tempo pensi ti
occorra per scoprire dove si nascondono? Due settimane? Illuso! La città
è grande e sarà come cercare un ago in un pagliaio! Io voglio essere lì
quando si scontreranno di nuovo! Cerca di mettere giudizio, Stone, o ti
sbatto a dirigere il traffico!Il sergente impallidì suo malgrado e abbassò gli occhi. Che bastardo
figlio di puttana! imprecò mentalmente. Respirò a fondo e rialzò con
fierezza la testa, esclamando:
-Sissignore!Schwartz sospirò e si passò una mano tra i capelli.
-E adesso mettiti in cerca di quei porci schifosi e vedi di stanarli subito.
Non perdere tempo, perché non ne hai. Questa volta voglio vederli dietro
le sbarre a marcire per tutta la loro schifosa vita!-
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-Sono in tanti, Josh. Se dobbiamo attaccare, dobbiamo farlo di
sorpresa.- fece notare Peter con voce tetra.
-Sì, ma come? Non sappiamo dove si nascondono, né possiamo
prevedere le loro mosse.- ribatté con amarezza.
I Wölfe si scambiarono lunghe occhiate rassegnate, impossibilitati a
commentare. Hilda osservò il fratello, che ostentava la solita indifferenza
e constatò come la ferita sul suo volto si fosse cicatrizzata bene. La
prima volta che l'aveva vista aveva rabbrividito per l'orrore: gli tagliava in
due la guancia sinistra, orizzontalmente, passando di poco sotto l'occhio
ed era ancora rossa e tumefatta. Si era sentita male per lui ma non glielo
aveva dimostrato, ben sapendo che non amava essere compatito. Non
accettava la pietà di nessuno, tanto meno ne concedeva. Ora, più
guardava quella cicatrice, più notava come gli donasse: era un segno
evidente e tangibile del suo gelido carattere, votato esclusivamente alla
distruzione altrui e forse alla propria.
Sentendosi osservato, Siegfried si voltò verso di lei e Hilda sorrise.
-Ascoltate, ho un'idea!- intervenne Pat. -Quei mocciosi che ci hanno
recapitato il luogo e l'ora dell'appuntamento devono sapere dove si
nascondono quegli stronzi; dobbiamo solo uscire e girare per la città in
modo da incontrarli e farci dire dove si rintanano. Una volta venuti a
saperlo... be’, siamo a cavallo, no?-A cavallo di che?- lo beffeggiò Karl. -Ti sei bevuto il cervello o cosa?
Pensi sul serio che quei mocciosi vengano a dirti dove si nascondono gli
Eagles?-Perdio! Li massacreremo se non sputano tutto!- sbottò irritato,
fulminandolo con un'occhiataccia.
-È assurdo, Pat. Li puoi uccidere tutti e cinque, ma sta' sicuro che non
parleranno. In fondo, anche loro fanno parte degli Eagles, anche se
questi li usano solo come portavoce.- concluse Josh facendo un vago
gesto con la mano.
Per un lungo attimo tornò il silenzio, ognuno perso in proprie
riflessioni, mentre la stanza si riempiva di fumo. Poi Hilda si avvicinò a
Siegfried e disse:
-Ho un'idea migliore. Pat ha ragione sul fatto che quei mocciosi ci
diranno dove si nascondono gli Eagles. Dobbiamo solo trovare il modo di
incontrarli.-
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Si voltarono tutti verso di lei e la studiarono accigliati: era la prima
volta che elaborava qualcosa di suo e lo esponeva alla loro
approvazione.
-Ascoltate.- continuò quando fu certa di aver ottenuto l'attenzione
generale. -Dobbiamo incontrarci con quei ragazzini non per farci dire
dove si nascondono gli Eagles, bensì per dirgli che vogliamo batterci
contro di loro, per regolare i conti, insomma, e fissiamo un
appuntamento. Di certo lo riferiranno agli Eagles, ma... A noi basterà
seguirli per scoprire dove si trova il loro covo. In questo modo, e solo
così, con l'inganno, potremo sapere con sicurezza dove si nascondono e,
cosa ancor più importante, gli Eagles non verranno a saperlo.Rimase in silenzio, osservando a lungo i loro volti per rendersi conto
se la sua idea veniva accettata o meno. Visto che nessuno obiettava,
continuò sorridendo:
-A questo punto, saputo dove si nascondono, saremo a cavallo come
dice Pat e potremo studiare le loro mosse. Avremo così la possibilità di
elaborare un piano di vendetta perfetto, per distruggerli definitivamente.
Cosa ne dite?- chiese per conferma.
Siegfried alzò la testa per osservarla, con la sua solita espressione di
freddo distacco.
-Be’, non è poi tanto male.- rispose Miles accendendo una sigaretta.
Hilda fissava Josh, comodamente seduto con le braccia incrociate al
petto e gli occhi chiusi. Pareva essersi estraniato dal resto del gruppo,
anche se sentiva su di sé il peso di tutti quegli sguardi che attendevano
un suo responso.
Nel silenzio totale, Hilda abbassò la testa e si ritrovò prigioniera degli
occhi del fratello, seduto accanto a lei. Si staranno chiedendo se sono
come Dagr? pensò mordendosi le labbra. O penseranno più
semplicemente che sia stato lui a suggerirmi l'idea?
-Sì.- accettò Josh all'improvviso, alzandosi dal divano. -Sì, può andare.
Ma studieremo bene la cosa.Hilda alzò lo sguardo su di lui e, sollevata, precisò con un sorrisetto
diabolico:
-L'importante è che gli Eagles non vengano a sapere. Dovremo agire
nella più totale discrezione per non allarmarli. Ci rimane solo l'attacco a
sorpresa.Josh la fissò a lungo, quindi si versò del whisky e osservò il liquido
ambrato. Prima di bere fece notare cupamente:
-Sai, Hilda? Non riesco a decidere se sei un angelo oppure un demonio.Con rapidità scolò il bicchiere e tornò a fissarla.
-Ok, hai ragione: loro non dovranno sospettare.- concluse e si ritirò in
camera.
Per qualche minuto ancora il silenzio continuò a regnare
incontrastato, mentre nell'aria echeggiavano ancora le parole di Josh.
Parole strane e pesanti che lasciarono il segno.
Siegfried fissò la sorella, rimasta in piedi accanto a lui, quindi si
accese una sigaretta e ne osservò il fumo con distacco.
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©MGL VALENTINI
Hilda accettò la sfida a scacchi lanciatale da Miles, mentre i Wölfe
tornavano a discutere tra loro, meditando sull'eventuale mossa da
seguire per colpire gli Eagles di sorpresa.
Un bel dilemma, vero Josh? pensò Siegfried con sarcasmo. Un
angelo o un demonio? Se non la conoscessi, anch'io mi porrei la
domanda con un certo timore. Ma io so, perché sono stato io a crearla
così com'è: un angelo stupendo che incanta con il proprio candore. Un
angelo di mirabile bellezza, che nasconde l'anima di un demonio. Oh,
ma scoprirete tutti molto presto di cosa è capace la mia splendida
creatura!
~
-Ci siamo, ragazzi.- annunciò Karl guardando davanti a sé.
Josh, Stefan, Peter, Japaner, Pat e Mat osservarono i cinque
ragazzini discutere tranquilli in prossimità di un incrocio, con le catene in
mano e l'aria strafottente.
Nell'oscurità della notte i Wölfe si avvicinarono a loro, con passo
sicuro e aria arrogante e fiera come sempre. Era trascorso un mese
dallo scontro con gli Eagles, ma il ricordo bruciava ancora e quella
fiamma divoratrice non si sarebbe attenuata se non con la vendetta. Ora
che i feriti si erano ristabiliti, il pensiero correva sempre al giorno della
resa dei conti: doveva essere una vendetta condotta con maestria, con
una gelida logica omicida ma, soprattutto, doveva riuscire.
I cinque ragazzini li videro e attesero senza paura che si
avvicinassero. A una certa distanza i Wölfe si fermarono, con i volti duri
e implacabili come scolpiti nel basalto. Stefan, Mat e Peter continuarono
a fumare tranquilli, quasi con indifferenza, anche se i loro occhi avevano
uno sguardo pericoloso. I cinque ragazzini mostrarono una certa
agitazione: avevano intuito che i Wölfe, se avessero voluto, li avrebbero
potuti uccidere tutti senza nessuna difficoltà.
-Avrete contatti con gli Eagles entro domani?- chiese Josh con
freddezza allo spilungone del gruppetto.
-Sì, perché?-Allora riferite a quei rotti in culo che i Wölfe li aspettano domani sera a
quest'ora, nello stesso luogo del primo scontro. Ditegli anche che noi
non siamo vigliacchi come loro e che non ci sarà nessuna trappola:
vogliamo batterci regolarmente, se avranno i coglioni per starci davanti.Il ragazzino sogghignò e spostò lo sguardo sulla mastodontica figura
di Pat che, nell'oscurità, appariva ancor più alto e minaccioso.
-Non vi hanno spaccato il culo abbastanza?I muscoli del volto di Josh si indurirono, ciò nonostante riuscì a
mantenere la calma e puntandogli l'indice contro lo redarguì sibilando:
-Sturati bene le orecchie, pezzo di merda! Un'altra osservazione simile e
il culo lo spacco a te senza pensarci due volte! Riferisci agli Eagles che i
Wölfe sono i migliori e che glielo dimostreremo domani sera... se
avranno fegato! Noi non abbiamo bisogno di ricorrere all'inganno per
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dimostrare la nostra superiorità! Te lo ripeto: se davvero non si cagano
sotto, che vengano a battersi regolarmente e, perdio, vedremo chi è il
più forte!Per un momento tutti rimasero in silenzio, registrando le parole
volutamente provocatorie di Josh, quindi il ragazzino ribatté con stizza:
-Gli Eagles se ne sbattono di voi e di tutti! Loro non hanno paura di
nessuno! Domani hai detto? Ok, stronzo! Sta' tranquillo che ci saranno e
ci saremo pure noi a vedervi fare a pezzi! Neppure uno solo di voi uscirà
vivo dallo scontro, stanne certo, fottuto matusa! Cristo! Rimpiangerete di
aver sfidato gli Eagles!-Vaffanculo!- sibilò Pat.
-Staremo a vedere.- replicò Josh a denti stretti. -Anche quei bastardi ci
hanno sfidato e i Wölfe non si provocano impunemente!Il ragazzino lo fulminò con un'occhiataccia, quindi fece un gesto e tutti
e cinque iniziarono a indietreggiare circospetti, senza staccare gli occhi
dai Wölfe. Soddisfatto e con un mezzo sorriso divertito, Josh mormorò:
-Ok, è fatta. Possiamo andare.Sogghignando tornarono sui loro passi, mentre i ragazzini
attendevano che sparissero prima di avviarsi verso il covo degli Eagles.
Quando non li videro più si incamminarono a passo sostenuto, mentre
da lontano Nik, Miles, Hilda e Siegfried li seguivano in silenzio.
~
Nella sua camera, Hilda se ne stava sdraiata sul materasso, con le
mani dietro la nuca a fissare il soffitto. Fuori pioveva, uno dei soliti
acquazzoni estivi e il cielo plumbeo non lasciava presagire alcun
miglioramento, almeno per quel giorno.
Si stanno bagnando. Le tombe si stanno bagnando per la prima volta,
pensò senza logica. Saint Just, Mohican... Hols... Come vorrei che tutto
questo fosse solo un sogno, un incubo mostruoso dal quale possa
risvegliarmi e constatare che niente è cambiato! Sembra assurdo che
non ci siate più. Fino a poco tempo fa scherzavamo tutti insieme,
lottavamo, litigavamo... Perché? Perché è finita così?
Sospirò appena rigirandosi su un fianco. Ma è poi davvero finita? Chi
dice che tutto questo non possa essere l'inizio della nostra fine? Chiuse
gli occhi per evitare che quel senso di tragedia la travolgesse,
sorprendendola disorientata e priva di forze per reagire. Tuttavia pareva
che la morte fosse lì nella stanza e allungasse la mano per ghermirla.
Involontariamente rabbrividì e spalancò gli occhi, mordendosi le
labbra. Se lei non fosse mai esistita, non ci sarebbero stati né Wölfe, né
Max, né Alan, né Eagles, né la morte dei suoi amici... Niente. Se solo
non fosse mai nata...
La porta si aprì e Siegfried entrò. Hilda si voltò a guardarlo e abbozzò
un sorriso ambiguo. Lui si avvicinò e le sedette accanto, contemplandola
a lungo.
-Ti vedo turbata.224
©MGL VALENTINI
Il tono di voce dolce e profondo le fece battere forte il cuore e scosse
la testa mormorando:
-Non è nulla. Ora che mi sei vicino niente può più turbarmi.- rispose con
un dolce sorriso.
-Stai imparando, Kristall? Ora anche tu dai false risposte che celano
mezze verità.Lei lo guardò negli occhi e lui allungò una mano per toccarle i capelli
sparsi sul cuscino; quindi le accarezzò il volto e lei si lasciò andare
sospirando. Era così bello e inebriante sentirsi toccare e amare da lui...
Se non fosse mai nata, non avrebbe mai provato quelle sensazioni...
-Sogni, Kristall?-Hai, yume desu. Sì, sono solo sogni.-Potrebbero diventare realtà. Basta che tu lo voglia. Dimmi cosa
desideri.-Quello che vorrei è una cosa impossibile.Siegfried fece scivolare una mano sul suo corpo disteso, facendola
fremere. Hilda riaprì gli occhi e osservò il suo volto, adesso vicinissimo al
proprio e alzò una mano per posarla sulla cicatrice. A quel tocco lui serrò
le labbra e i suoi occhi divennero di ghiaccio, fraintendendo il suo gesto.
Sentendolo irrigidirsi, lei lo rassicurò dicendo:
-Ti dona. Ti rende più misterioso.Ma Siegfried non si mosse, né cambiò espressione. Allora Hilda gli
accarezzò i lunghi capelli biondi esclamando:
-Ti prego, Dagr! Non aspettare, ho bisogno di te!Davanti a quella supplica lui iniziò a spogliarla, mentre lei gli
circondava il collo con le braccia e lo baciava con ardore. Da quel
momento sparirono i Wölfe, gli Eagles e il mondo intero: non esisteva più
niente tranne loro due e il loro amore.
Fuori continuava a piovere, mentre dall'altra stanza giungevano le
voci squillanti dei Wölfe e la musica della radio di Miles, in una sorta di
confusione che pareva un'eco lontana e inavvicinabile.
Hilda accarezzò il volto del fratello, i suoi capelli, le sue spalle,
guardandolo con adorazione. Siegfried la prese con dolcezza,
soffocandola nel suo abbraccio possessivo. Poteva essere un egoista,
un mostro disumano, era vero ma, a modo suo, le stava dimostrando
che le voleva bene, che lei contava molto per lui e questo la rese ancor
più felice.
Con un ultimo bacio lui si alzò e lei rabbrividì per l'improvvisa
mancanza di calore. Lo seguì con lo sguardo mentre si rivestiva,
ammirando quel corpo splendido e sottile, quei capelli dorati che gli
danzavano intorno alla vita e pigramente si alzò e si vestì a sua volta.
-Pat sta preparando il pranzo.- l'informò Siegfried con indifferenza.
-Josh ha deciso qualcosa riguardo agli Eagles?- chiese lei con falsa
noncuranza.
-Non ancora, ma credo che agiremo presto.-Tu cos'hai in mente?Lui la guardò attentamente e ribatté:
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-E tu?Hilda alzò le spalle, quindi prese la spazzola e la passò in mezzo ai
capelli. Con uno spago li legò a coda di cavallo e si rivoltò di nuovo
verso di lui, rispondendo vaga:
-Vediamo cosa proporrà Josh.-Sono d'accordo.- l'appoggiò passandole una mano sotto il mento e
baciandola. -Nel frattempo non lasciar riposare il tuo cervellino vispo,
ok?Lei sorrise e gli si strinse con mosse feline.
-Sono pronta a scommettere che il tuo l'hai già fatto lavorare, vero?Siegfried tornò a baciarla, quindi le passò un braccio intorno alle
spalle e l'attirò a sé, conducendola verso la porta.
~
-Spostati più in là, Cristo! Voglio sedere anch'io! Mica è solo tuo il
divano!- sbottò Karl acido, dando una spinta a Miles, stravaccato sul
vecchio divanetto.
-Vaffanculo! Quando ti ci metti sei proprio uno scassacazzi!- lo rimbeccò
questi con stizza, mettendosi seduto e lasciando un posto libero.
-Miles!- grugnì Stefan a denti stretti. -Vuoi spegnere quella fottuta radio
una buona volta? Non vedi che dobbiamo discutere?-Perché non ti fotti?- borbottò e con gesto rabbioso spense la radio. -Non
fate altro che rompermi i coglioni!-Smettetela, Cristo! State sempre a frignare!- sbuffò Japaner esasperato.
A quel punto Josh si alzò dalla sedia e li squadrò tutti con occhi gelidi.
-Fate silenzio, perdio!- tuonò minaccioso.
Per pochi secondi ancora seguirono altri scambi di insulti, poi tutti
ammutolirono e ognuno si accomodò su una sedia, o per terra, in attesa
che il capo parlasse. Questi li osservò facendo gravare ancor più quel
silenzio coatto poi, quando fu certo di avere l'attenzione generale,
raddrizzò le spalle e iniziò a dire:
-Ok. Così va bene. Possiamo iniziare a discutere sul da farsi. Dagr, Nik,
Miles e Hilda ci hanno indicato e descritto perfettamente il covo degli
Eagles. Qualcuno ha già in mente un piano che possa fare al caso
nostro?I Wölfe si scambiarono occhiate rapide, indecisi e Hilda si chiese se
Siegfried avesse un piano e se l'avrebbe esposto.
-Be’, non è facile. Da quanto ci ha detto Fried,- intervenne Karl con
un'alzata di spalle, -quei rotti in culo sono una ventina e noi solo undici:
la metà.-Il fattore numerico è irrilevante.- lo contraddisse Siegfried con la sua
voce metallica. -Quello che conta è saper usare il cervello.Josh li guardò tutti e due pensieroso, quindi disse:
-Non saprei, Dagr. Tutto dipende dal piano che adotteremo.-E se li accerchiassimo fuori del loro covo?- propose Pat.
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-Assurdo. In quel caso la nostra inferiorità numerica sarebbe letale.tagliò corto Siegfried.
-Potremmo costringerli a uscire fuori.- suggerì Nik appoggiando la causa
di Pat senza molta convinzione.
Josh scosse la testa e accese una sigaretta.
Hilda se ne stava seduta in disparte, seguendo la scena con
interesse, fin quando, istintivamente, abbassò la mano per accarezzare
Hols. Si rese conto di quello che stava facendo solo quando non toccò
niente e allora, con una fitta al cuore, impallidì e lottò con tutte le sue
forze per ricacciare indietro le lacrime. Japaner, che fra tutti era quello
che le sedeva più vicino, si accorse di quel gesto e del suo dolore e
scosse la testa, tornando a concentrarsi su Josh.
-Forse non abbiamo concluso niente scoprendo dove si trova il covo di
quei porci.- stava dicendo Miles con un sospiro rassegnato.
-Dici?- domandò Siegfried fissandolo.
-Certo. Stiamo al punto di partenza. Non sappiamo ancora come
attaccarli.-Sicuro?-Cazzo!- sbottò irritato. -Non c'è nessuno qui che abbia tirato fuori una
sola idea decente!-Forse perché nessuno fa ragionare il cervello.- suggerì Siegfried elusivo.
-E questo che cazzo significa? Che tu hai in mente qualcosa?- ruggì
Peter fissandolo scettico.
Siegfried si limitò a mettersi più comodo sulla sedia, studiando le loro
espressioni.
Josh osservò la sigaretta che stava fumando e aggrottò le
sopracciglia. Dove vuoi arrivare, Fried? Cosa sta elaborando quella tua
mente diabolica? Ah! pensò divertito. Siamo fortunati a essere amici.
Non ci terrei a scontrarmi con te... Su nessun campo.
-Bene! Visto che non hai un cazzo da dire, faresti meglio a non sfotterci!scoppiò Peter balzando in piedi e puntando un dito contro Siegfried. Oggi mi riesce difficile sopportare il tuo fottuto sarcasmo e i tuoi giochi
cervellotici! L'unica cosa che si può fare è di accerchiarli dall'esterno,
come ha suggerito Pat. Ma visto che siamo numericamente inferiori, è
impossibile. Quindi la soluzione è da cercare altrove!-Giusto, fratello! Sono d'accordo con te!- l'appoggiò Miles con foga.
-Sì, è vero. La soluzione è da cercare altrove.- ammise Siegfried con
tono pacato. -Dal di fuori non ci è possibile stanarli e non possiamo
neppure sfidarli a combattere apertamente.Hilda lo fissò iniziando a intuire qualcosa. Ora era certa che avesse
già un piano suo, ma che non voleva rivelarlo. Perché? si chiese. Se hai
qualcosa da dire perché non la dici? Non vedi che tutti sono contro di te?
A cosa miri realmente?
-Dobbiamo agire d'astuzia.- continuò giocherellando con un bicchiere
posato sul tavolo. -Sfidarli apertamente sarebbe come andare al macello
e gli scontri suicida o, come direbbe Japaner, da kamikaze, non li
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condivido. Non risolvono e non dimostrano niente. Al massimo...
potremmo farli apparire tali...Da dietro i suoi occhiali scuri, Japaner lo fissò apparentemente con
indifferenza, mentre la sua mente, istigata in maniera sottile, già iniziava
a lavorare su quanto aveva udito.
-Stai dando di matto, Dagr?- chiese Nik preoccupato.
-No, ha ragione.- lo difese Josh spegnendo la sigaretta. -Dobbiamo agire
d'astuzia e senza lasciare niente al caso.-Potremmo stare qui a discutere in eterno, ma secondo me non
approderemo a niente.- s'intromise Karl scuotendo mesto la testa.
-La verità è che siamo in pochi.- aggiunse Mat rassegnato.
-Si potrebbe tentare dall'interno del covo.- suggerì Japaner con
ponderazione, fissando Siegfried da lontano.
Gli occhi di quest'ultimo mandarono un lampo di soddisfazione e si
voltò verso di lui, chiedendo con noncuranza:
-Che vuoi dire? Spiegati.-Ecco... Visto che dall'esterno ci è impossibile affrontarli, potremmo
intrufolarci nella loro tana e coglierli di sorpresa.Un serpeggiare di voci invase la stanza, alzandosi sempre più di tono,
fin quando Karl non riuscì a far tacere tutti. Hilda e Josh rimasero a
fissare Siegfried con un certo timore reverenziale, intuendo che il
progetto di Japaner era solamente il riflesso di ciò che la sua mente
aveva già elaborato da tempo.
-Assurde cazzate!- esplose Stefan. -È come votarsi a morte certa!-Quelli ci massacreranno fino all'ultimo, come hanno fatto con Mohican e
Saint Just! E con Hols!- esclamò Pat quasi scandalizzato.
-No, non va. Non può assolutamente andare.- concluse Nik accendendo
uno spinello.
-È l'unico modo, invece.- ribatté Japaner.
Siegfried attese che ognuno dicesse la sua, quindi si alzò dalla sedia
e si avvicinò a Josh con espressione distaccata.
-L'idea non è male.- iniziò a dire rivolto ai Wölfe. -Potremmo entrare nel
covo quando loro si trovano in giro per la città e lì attenderli. Solamente
così riusciremo a batterli. Provate a immaginarvi nascosti nelle stanze
della casa: prima o poi un Eagle dovrà entrarci e troverà uno di noi
pronto a farlo fuori, naturalmente nel massimo silenzio per non
insospettire gli altri. In questa maniera potremmo eliminarne quel poco
che basta a ridurli al nostro numero.Per un lungo momento il silenzio che seguì le sue parole parve
gravare come un macigno. I Wölfe si scambiarono occhiate eloquenti,
rielaborando nella mente quel piano folle e trovandolo sotto qualsiasi
prospettiva molto rischioso.
-A voi la decisione.- concluse con indifferenza.
Josh lo studiò a lungo, ammirando la sua capacità di risolvere le
situazioni più disperate e maledicendolo per possedere una simile mente.
Hilda rimase immobile con lo sguardo fisso sul fratello, senza pensare a
niente: era impossibile competere con lui.
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-Si potrebbe fare.- disse Mat dopo aver riflettuto a lungo. -Però... Però se
qualcosa dovesse andare male, per noi sarebbe la fine. Te ne rendi
conto, Dagr?-È vero.- fu d'accordo Miles. -Se quelli dovessero scoprirci prima che
riusciamo a farne fuori la metà almeno...- e si portò il pollice alla gola
mimando il taglio di una lama.
Siegfried non si scompose. Prese il proprio coltello e lo soppesò,
mormorando:
-Le lame non fanno rumore. Sta a voi constatare quanto siate abili a
colpire in silenzio.Stizzito, Miles balzò in piedi e batté un pugno sul tavolo, mentre i suoi
occhi azzurri mandavano scintille.
-Ma per chi cazzo ci hai presi? Non siamo fottuti dilettanti, perdio!- sibilò
minaccioso.
-Non ci sono problemi, allora.- lo beffeggiò senza ombra di sorriso.
Miles strinse i pugni, pronto a balzargli addosso e tutti si irrigidirono,
trattenendo il fiato. Hilda portò la mano al coltello che teneva nella tasca
del giubbotto, mentre i Wölfe si preparavano a separarli nel caso che
un'eventuale scazzottata degenerasse in qualcosa di pericoloso. Gli
occhi di Miles lanciarono scintille per l'offesa che l'aveva investito come
una doccia fredda e fissava Siegfried con odio palese. Questi rimase
impassibile, tranquillo, pronto a scansare il primo colpo.
A poco a poco l'espressione del ragazzo mutò e da irata divenne
divertita, i muscoli del volto si rilassarono e la bocca si piegò in un
sorriso. All'improvviso scoppiò a ridere portandosi una mano alla fronte e
dopo il primo attimo di smarrimento i Wölfe si rilassarono a loro volta,
accompagnandolo nella risata.
-Basta! Ok, ho capito, Dagr! Sei troppo astuto; lo sai e te ne approfitti,
eh?- esclamò cercando di tornare serio. -Ok! Ok, hai vinto: ci sto, figlio di
puttana! E che tutto vada a farsi fottere!L'espressione indifferente di Siegfried non mutò e Hilda sospirò di
sollievo, rendendosi conto solo allora che suo fratello aveva di proposito
insultato Miles per costringerlo ad accettare la sua idea.
Sei un demonio, Dagr. pensò. Ora lo so con certezza... E forse inizio
ad aver paura...
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La casa era isolata e circondata da alberi dal basso tronco, alcuni dei
quali vecchi e secchi che avevano conosciuto tempi migliori. Dietro di
essa si innalzava una baracca inutilizzata e l'intero complesso si
affacciava su una strada secondaria dove, a circa cento metri di distanza,
si ergeva un'altra casa fatiscente. Vecchi lampioni illuminavano la strada
con luce fioca, evanescente, quasi si fossero stancati di illuminare i
dintorni dopo tanti anni di servizio attivo.
Gli Eagles erano usciti da dieci minuti per la loro quotidiana
scorribanda notturna e i Wölfe già iniziavano a venir fuori dal loro
nascondiglio, dirigendosi cauti e circospetti verso la casa. Si ripararono
dietro la baracca senza far rumore e trascorsero solo pochi minuti prima
che Josh facesse segno a Nik di muoversi.
Il ragazzo avanzò lungo il muro dell'abitazione, tenendo tutti i sensi
all'erta, pronto a scattare al più lieve rumore. In silenzio si portò di fianco
a una finestra e con cautela sbirciò all'interno. La stanza era al buio ma
dalla porta semichiusa filtrava un tenue fascio di luce. Strinse gli occhi
per osservare il resto della stanza immerso nell'oscurità e, quando fu
certo che non ci fosse nessuno, prese l'accendino e fece per due volte il
segnale convenuto. Uno ad uno i Wölfe lo raggiunsero, muovendosi
come silenziosi felini e Stefan, col coltello, provò a forzare la serratura
della finestra. Nel frattempo Hilda si portò dietro l'angolo della casa per
tenere d'occhio la strada e l'entrata dell'abitazione, in modo da segnalare
l'eventuale arrivo di qualcuno.
Appena Stefan aprì la finestra, lui e Siegfried scavalcarono ed
entrarono nel fatiscente covo degli Eagles. Entrambi si avvicinarono alla
porta e sbirciarono al di fuori della stanza per individuare la provenienza
della luce. Cautamente Siegfried si portò nel corridoio e con le spalle al
muro avanzò verso il fascio di luce, spiando nel frattempo in ogni camera
che superava. Appena giunto alla meta si fermò di fianco alla porta
aperta e rimase in devoto ascolto. I rumori che percepì erano lievi, come
se gli occupanti stessero tranquillamente riposando. Senza pensarci
oltre azzardò un'occhiata furtiva e riuscì a intravedere due ragazzi stesi
su un letto con gli occhi rivolti al soffitto, che fumavano tranquilli. Sbirciò
nuovamente e ne vide altri tre intenti a riscaldare un cucchiaio.
Si ritrasse e osservò il coltello che aveva in mano. Si volse verso
Stefan, che l'aveva seguito con lo sguardo e alzò una mano per
comunicargli cinque presenze intente a bucarsi. A sua volta il ragazzo si
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rivoltò verso la finestra e diede il segnale di via libera agli altri. Uno per
volta i Wölfe entrarono nella stanza e richiusero la finestra.
-Sono in cinque.- sussurrò Stefan a Josh.
A gesti Josh chiamò Peter, Nik e Pat e con loro raggiunse Siegfried.
Questi mimò loro la siringa nel braccio e fece capire che i cinque erano
già strafatti. Con un sogghigno divertito Pat tirò un poderoso pugno
contro la parete e dall'interno della stanza giunsero voci allarmate.
-Cos'è stato?-Non saprei. Va' a vedere.Alcuni passi risuonarono sul pavimento e Siegfried si preparò a
colpire con freddezza. Non appena una testa fece capolino fuori della
porta, la sua lama affilata tagliò con precisione e senza pietà alla base
del collo, facendo zampillare il sangue, senza dare tempo allo sventurato
di emettere un solo gemito. Per i pochi istanti in cui rimase ancora vivo, il
ragazzino riuscì solo a sgranare gli occhi per la sorpresa, fissando in
volto il proprio assassino. Siegfried lo tenne in piedi e si fece scudo col
suo corpo per irrompere nella stanza, senza curarsi del sangue che gli
ricadeva addosso. Allibiti, impreparati a quell'assalto, i quattro ragazzi
fissarono inebetiti il cadavere del loro amico e i Wölfe apparsi
all'improvviso, senza riuscire a pensare, ormai preda degli stupefacenti.
Ebbero solo il tempo di balzare giù dal letto e di lasciar cadere cucchiaio
e siringa prima che Josh, Peter, Pat e Nik balzassero loro addosso
colpendo con criminale freddezza.
In pochi secondi la camera fu invasa dal sangue, con gli schizzi che
avevano ricoperto le pareti e le lenzuola bianche diventate ormai un
mare rosso brillante. I cinque Wölfe si guardarono per un attimo, quindi
ripulirono con calma e indifferenza le lame dei coltelli, come se quel
gesto bastasse a purificare l'orrendo delitto appena consumato.
Nik fece segno agli altri di ispezionare la casa e come ombre sinistre
Japaner e Miles si inoltrarono nel corridoio, sbirciando cautamente
dentro ogni stanza, senza risparmiare neppure un minuscolo sgabuzzino.
Quando tornarono indietro, annunciando che non c'era anima viva, tutti,
senza accorgersene, tirarono un sospiro di sollievo, rilassandosi
visibilmente.
-Ok, ragazzi.- annunciò Josh, compiaciuto dell'opera svolta in silenzio. È iniziata la vendetta. Ora dobbiamo provvedere a questa immondizia.Hilda osservò la stanza e i suoi occhi si posarono sull'eroina, sulla
fettina di limone e sulla siringa. Mentre i Wölfe deponevano i cinque
cadaveri ancora caldi dei ragazzini su un letto intriso di sangue, si chinò
e raccolse la droga, rabbrividendo. È questa, dunque, la polvere di cui si
parla tanto? pensò sconsolata. Ed è per questa che molte vite vengono
stroncate nel fiore degli anni?
-È solo merda.Hilda si voltò verso il fratello e lui le tolse di mano il sacchetto,
buttandolo in un angolo della stanza.
-Così giovani e già bucomani...- mormorò lei avendo riconosciuto i
portavoce degli Eagles.
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-Gente debole che non merita di meglio.- commentò Siegfried con algido
disprezzo.
-Ok! Ascoltate un attimo!- ordinò Josh richiamando l'attenzione generale.
-Adesso ognuno di noi si nasconderà in una stanza, rimanendo al buio e
in attesa che gli Eagles tornino. Lasceremo la luce accesa solamente qui,
come se niente fosse accaduto, in modo da non destare sospetti. Bene...
Sapete che dipende da ognuno di noi il successo dell'impresa.
Dobbiamo riuscire a eliminare almeno una decina di quei tiracazzi senza
farci scoprire e poi, solo in quel caso, combatterli a viso aperto. Ma se
non riuscissimo ad ottenere la parità numerica, in questo caso non
saprei dirvi quante probabilità avremo di vincere in uno scontro con loro.
Posso solo assicurarvi che sono poche.Li studiò tutti, uno ad uno, per scoprire eventuali incertezze o
nervosismo trasparire dai loro volti; ma i Wölfe ostentavano la solita aria
di impassibilità, di determinazione.
-Ognuno di voi,- continuò con tono pacato, -dovrà farne fuori almeno uno.
Qualche domanda?Nessuno aprì bocca e annuì soddisfatto.
-È tutto nelle vostre mani, ragazzi.- terminò accendendo una sigaretta.
In silenzio ognuno si diresse verso una stanza per chiudersi dentro,
riunendosi a coppie: Josh si nascose insieme a Peter; Japaner insieme a
Nik; Siegfried con Hilda; Stefan con Miles e Karl; Mat con suo fratello Pat.
All'improvviso, come un sudario, il silenzio tornò a dominare
incontrastato, mentre fuori la notte illune si trascinava lenta e insidiosa.
~
Hilda sbirciò fuori della finestra, mentre le prime luci dell'alba
diffondevano calde tonalità di colori su quello squallido paesaggio. Tirò
indietro una ciocca di capelli e si sistemò arco e faretra sulle spalle,
sospirando appena.
Nelle stanze adiacenti i Wölfe iniziarono a prepararsi, avvertendo
l'avvicinarsi del momento in cui gli Eagles avrebbero fatto ritorno al covo.
Il silenzio continuava a incombere come un'oscura minaccia che
neppure la superba aurora, con i suoi toni caldi, riusciva a lenire.
Siegfried le si avvicinò sussurrando:
-Nervosa?Lei si voltò a guardarlo e sorrise.
-No, affatto. Mi sento serena e tranquilla.- lo rassicurò.
Lui le accarezzò una guancia e le portò una mano sotto il mento,
costringendola ad alzare la testa e a guardarlo negli occhi.
-Una volta mi dicesti che questa vita non era per te, che non avevi un
carattere duro e che odiavi la violenza. Ricordi?Hilda sospirò appena e socchiuse gli occhi.
-Sì, ricordo. Sono cambiata molto in quest'ultimo anno. Spesso mi capita
di domandarmi se sono la stessa persona e mi stupisco. È vero: odiavo
la violenza e ne avevo terrore, mentre ora... Non riesco neanche a
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meravigliarmi quando uccido qualcuno. È come se la crudeltà avesse
preso il sopravvento.Alzò la testa con un movimento aggraziato e lo fissò a lungo.
-Com'è possibile cambiare così radicalmente?Siegfried si chinò e la baciò con una delicatezza inaspettata,
stringendola poi a sé.
-Tu non sei cambiata, amore mio.- rispose dolcemente. -Sei sempre
stata così, Kristall. Fino ad ora hai soltanto soffocato la tua vera natura
perché sei cresciuta in un mondo che non ti dava la possibilità di
apparire come realmente sei. Noi siamo uguali, siamo stati creati per
vivere insieme, senza fermarci davanti a niente.-Non so. Io...-Te lo dissi tempo fa: noi siamo una sola mente e una sola persona.
Perché credi di amarmi? Solo perché vedi in me il tuo riflesso.Lo guardò attentamente, senza riuscire a replicare. Qualcosa in lei
urlava che non era vero, che non era uguale a lui. In quel momento
avrebbe voluto contraddirlo, fargli capire che aveva torto, ma le parole le
morirono in gola. Rimase muta, con lo sguardo fisso negli occhi grigi e
magnetici di Siegfried e sospirò. Lentamente poggiò la testa sul suo
torace e lui la strinse a sé in un abbraccio protettivo e fraterno. Rimasero
a lungo così, assaporando l'uno la vicinanza dell'altra, sperando che il
tempo si fermasse in quell'attimo per non separarsi più.
Tra quelle braccia Hilda ritrovò la protezione e l'affetto con cui l'aveva
sempre circondata da quando era nata, quando ancora non aveva
assaggiato il sapore amaro della vita e solo la sua vicinanza contava per
lei. Oh, Dagr! Spero che il destino non ci separi mai più o io mi ritroverò
di nuovo sola, senza più la protezione e la sicurezza che solo tu sai
darmi.
Chiuse gli occhi e rimase in ascolto del cuore di Siegfried che batteva
lento e tranquillo e in quell'istante una sensazione di gelo si impadronì di
lei. Alzò di scatto la testa e lo fissò a lungo, per assicurarsi che fosse lì
con lei.
Il rumore di molti passi che si avvicinavano alla casa li fece irrigidire e
Siegfried si scostò un po' per guardarla intensamente negli occhi. Hilda
capì e mormorò:
-Sono pronta.Entrambi presero in mano i coltelli e rimasero in attesa, in silenzio.
Udirono voci e rumori di catene, poi il portone venne aperto e gli Eagles
entrarono nel loro covo.
~
Le voci giungevano confuse e prive di significato logico, ma parve
chiaro che gli Eagles erano di umore rilassato e sereno. Di tanto in tanto
si levava in aria qualche risata volgare che travolgeva il clangore delle
catene e delle spranghe che qualcuno si divertiva a muovere
provocando un suono lugubre e tetro.
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Immoti e silenti, i Wölfe tendevano le orecchie per captare anche il
più lieve rumore, con una freddezza di nervi da lasciare stupefatti. E
mentre gli Eagles ridevano, scherzavano e borbottavano, loro
attendevano con pazienza, scambiandosi occhiate eloquenti e cenni
d'intesa con le mani. I volti non tradivano emozioni, né segni di
nervosismo: erano sereni come mai prima di allora, sicuri di loro stessi e
delle proprie capacità.
Per un po' gli Eagles continuarono a parlottare tra loro, innaffiando i
discorsi con battute oscene e frasi mordaci, ignari delle presenze
estranee in casa che ascoltavano; poi uno di essi esclamò:
-Ehi, sbaglio o quegli stronzi si sono addormentati con la luce accesa?-Sfido! Con le pere che si saranno fatti...!- rise un altro.
-Cristo! Non si saranno mica strafatta tutta l'ero?-Va' a dare un'occhiata e butta giù dal letto quei pezzi di merda.-Stronzi! Se l'hanno finita tutta, e se si sono pippati tutta la coca, giuro
che li ammazzo quei figli di puttana! Gli avevo dato ordine di usarne solo
un po'!I passi dell'Eagle risuonarono lungo il corridoio, dirigendosi verso la
camera dei cinque ragazzini. Tutti i Wölfe trattennero il fiato, puntando
ognuno i propri occhi in quelli del compagno di stanza: era arrivato il
momento decisivo. Tra pochi secondi avrebbero saputo con certezza se
il loro piano sarebbe riuscito o meno, facendoli uscire da quella casa
vincitori o vinti. Pochi secondi ancora e il loro destino si sarebbe
compiuto.
-Ehi, schifosi mocciosi!- esclamò l'Eagles entrando baldanzoso nella
camera.
Fulminea una mano gli tappò la bocca e il coltello di Miles incise con
precisione e fermezza la carotide. Il sangue schizzò all'improvviso,
violento come il getto di una fontana e il ragazzo strabuzzò gli occhi
fissando attonito i due Wölfe sghignazzanti che gli stavano davanti. Miles
lo trattenne per la vita, fin quando non lo sentì irrigidirsi nell'immobilità
della morte, quindi con Karl e Stefan lo distese a terra con movimenti
pacati e precisi per non far rumore.
Gli Eagles continuavano a ridere e a discutere serenamente e i Wölfe
sogghignarono alle loro spalle con crudeltà, soddisfatti perché il lavoro
era stato svolto nel più totale silenzio. Per il momento era andato tutto
bene, non si era sentito il minimo rumore e il loro orgoglio si enfiò a
dismisura.
Un Eagle si diresse in bagno canticchiando con voce stonata,
ignorando che da lì, finendo nelle mani di Josh e Peter, non sarebbe più
uscito.
La tensione iniziò a farsi sempre più pesante e insopportabile perché,
sebbene i Wölfe sorridessero soddisfatti, sapevano che la scomparsa
improvvisa di quei ragazzi avrebbe reso sospettosi i loro amici. Ma era
un rischio che avevano calcolato, risolvendolo solo nella speranza che
gli Eagles si accorgessero della trappola il più tardi possibile.
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Passarono altri minuti, senza che la situazione cambiasse, quando
uno iniziò a dire:
-Ma che cazzo di fine ha fatto Simon? È rimasto con quei mocciosi?-Sicuramente si starà sparando una spada.-Be’, io vado a stendermi un po': ho bisogno di dormire almeno un paio
d'ore.-Cazzo! Ma tu muori sempre di sonno!-Vaffanculo!I Wölfe si prepararono: sarebbe potuto entrare in qualsiasi stanza.
Tutti fissavano la maniglia della porta, aspettando di vederla abbassarsi
all'improvviso e quell'attesa parve mutarsi in una sentenza di morte.
L'Eagle spalancò la porta ed entrò, mentre i suoi occhi si
incrociavano per un secondo con quelli grigi di Siegfried. Nell'attimo di
smarrimento che seguì, Hilda l'afferrò alle spalle e gli tappò la bocca,
ritrovandosi a usare una forza di cui non si sarebbe creduta capace.
Rapido e deciso, Siegfried affondò il coltello nel cuore del ragazzo,
tirando verso sinistra con forza. Il ragazzo si accasciò in avanti ma lui lo
trattenne per evitare che diventasse troppo pesante per Hilda. Con
cautela lo depose a terra, quindi scambiò un'occhiata con la sorella e
ripulì il coltello dal sangue.
Un gradevole odore di caffè iniziò a spandersi nell'aria e questo
tranquillizzò non poco chi si nascondeva: era segno evidente che gli
Eagles ancora non sospettavano niente.
Fuori il sole si stava lentamente alzando in cielo, sciogliendo la
rugiada formatasi durante la notte, mentre i caldi raggi estivi
abbracciavano il nuovo giorno lasciando presagire una temperatura
afosa e insopportabile. Un cane aprì pigramente gli occhi e si stiracchiò
sbadigliando, guardandosi poi intorno in cerca di cibo.
Josh scambiò un'occhiata con Peter, mentre si accarezzava
distrattamente un baffo e pensò che il piano stava proseguendo nel
migliore dei modi. Nel giro di poco tempo erano riusciti a eliminare tre
Eagles senza che gli amici di questi se ne rendessero conto e, se tutto
procedeva come previsto, la loro vendetta si sarebbe consumata con
stupefacente maestria. Sì, era l'unico modo per poter battere gli Eagles;
come sempre Siegfried aveva avuto ragione.
-Ehi! Mi pare che Klaus sia caduto nel cesso! È una vita che sta chiuso
là dentro!-Già. Non si starà sentendo male?-Cazzate! Quando mai Klaus sta male? È più sano di un pesce!-Però è strano...- insinuò qualcuno.
A poco a poco tutte le voci persero tono e volume e i Wölfe intuirono
che qualcosa stava andando male. Con tutti i sensi all'erta si
prepararono all'inevitabile conclusione, cercando di captare ogni rumore
e ogni frase.
-Non mi piace. Anche Simon è sparito.- osservò un Eagles.
235
©MGL VALENTINI
Di nuovo seguì il silenzio, che circondò la casa nella sua spirale; un
silenzio tetro, nemico per chi vi si nascondeva e vi aveva sperato. E i
Wölfe capirono che era giunto il momento.
Gli Eagles afferrarono le armi, mentre qualcuno gridava ordini
concitati e duri. Una moltitudine di passi si diramò per la casa e come in
un sogno Hilda vide Siegfried sorriderle un istante prima che la porta
venisse spalancata con violenza. In pochi secondi le due bande si
ritrovarono a combattere faccia a faccia e la casa, un attimo prima così
silenziosa, si riempì di grida, urla selvagge e clangori sordi. Come furie
scatenate, scoperte prima del tempo, i Wölfe si scagliarono contro gli
Eagles, incalzandoli con foga, dando vita a furenti corpo a corpo, senza
esclusione di colpi. Era l'ultima risorsa: l'attacco improvviso e violento
era la loro estrema difesa.
Nonostante la superiorità numerica, gli Eagles iniziarono a
indietreggiare, troppo sbalorditi di fronte a quell'evento inatteso e
impreparati a una simile reazione violenta. Ma fu solo questione di un
attimo: in pochi secondi si scossero dal loro oblio e presero a incalzare
gli assalitori, accecati da un odio viscerale per essere stati colti di
sorpresa nel loro covo.
Nella cruenta lotta che seguì Peter, che stava fronteggiando un
avversario, venne travolto da un altro Eagle e si ritrovò a combattere per
terra, intrecciando il suo corpo con quello dell'assalitore, fin quando una
coltellata in pieno petto non lo fermò per sempre, lasciandolo in terra,
immerso nel proprio sangue.
Nik, che con la catena era riuscito a ferire mortalmente il suo
avversario e gli si stava avvicinando per finirlo, fu colpito con ferocia alla
testa da una spranga e cadde a peso morto al suolo, senza più rialzarsi,
seguendo in silenzio, discretamente, la stessa sorte di Peter.
Karl e Miles combattevano fianco a fianco, aiutandosi quando uno dei
due vedeva l'altro in difficoltà; Siegfried usava sia il coltello che la catena
e con un colpo fortissimo di quest'ultima riuscì a liberarsi di un Eagle
ritrovandosi, poi, a fronteggiarne due contemporaneamente. Japaner
brandiva con entrambe le mani la spada, menando fendenti precisi e
letali, evitando agilmente le catene e le spranghe avversarie; Hilda, che
avrebbe preferito usare l'arco, era costretta a combattere con la catena e
riuscì anche ad aiutare Japaner evitando che un Eagle lo colpisse alle
spalle.
Per scansare l'affondo di un'accetta, Mat spiccò un balzo all'indietro,
finendo contro il muro e l'avversario col quale stava fronteggiandosi ne
approfittò scagliandoglisi contro con crudeltà inaudita, colpendolo
ripetutamente. Con orrore Pat vide il fratello morire in modo disumano e
con un urlo selvaggio e disperato si avventò contro l'Eagle e con la
spranga gli fracassò il cranio, udendo distintamente le ossa schiantare
nell'attimo precedente la morte.
La battaglia proseguiva sanguinosa e crudele, trascinandosi nelle
stanze e nel corridoio, con l'odore del sangue e del sudore che si
mescolava alla polvere e penetrava nelle narici con violenza, disgustoso
236
©MGL VALENTINI
e nauseabondo. Nel covo degli Eagles regnava sovrano il caos e,
nonostante lo spazio angusto, le due bande continuavano a battersi con
poche possibilità di ampi movimenti.
Josh e Stefan lottavano affiancati e mentre il primo riusciva a evitare
all'ultimo momento la pesante catena dell'avversario, il secondo
eliminava un Eagle con due coltellate e subito si buttava contro un altro.
Nonostante le perdite, gli Eagles stavano avendo la meglio e dopo
Nik, Mat e Peter, fu la volta di Karl di soccombere sotto i ripetuti assalti.
La casa si stava trasformando rapidamente in un mare di sangue e i
cadaveri, abbandonati a terra, contribuivano a intralciare i movimenti di
coloro che ancora si battevano con disperata incoscienza.
Ormai pieni di ferite, i Wölfe erano ridotti a sette unità, stremati dalla
lotta furiosa e consapevoli che nessuno di loro sarebbe uscito vivo da lì.
Solo la disperazione e il dolore di vedere un amico cadere sotto i colpi
crudeli li alimentava e li costringeva a non cedere. Era una battaglia già
conclusa e persa, ma il loro disumano orgoglio non si sarebbe mai
piegato.
Siegfried evitò che un Eagle colpisse Miles, che grondava sangue dal
petto e da un braccio, ma a sua volta venne colpito alla schiena e solo la
rabbia e la follia lo tennero in piedi. Fu Japaner a correre in suo aiuto e
con la spada mozzò di netto la testa al ragazzo che l'aveva colpito a
tradimento. Stefan, anch'egli grondante sangue dalla bocca e dal naso,
continuava a battersi con impeto, menando colpi micidiali alla cieca,
boccheggiando in cerca dell'aria che gli veniva meno a causa delle
emorragie, fin quando una pugnalata non lo fece stramazzare al suolo,
esanime.
Con una ferita alla spalla e una alla mano, Pat continuava a colpire
con furia, accecato dall'odio per coloro che gli avevano massacrato il
fratello, buttandosi nella mischia a corpo morto, indifferente al pericolo.
Hilda, che era stata colpita a un fianco, sentiva le forze venirle meno e
iniziò a pregare che tutto finisse presto senza soffrire ulteriormente. Con
la catena colpiva con rabbia, accerchiata dagli Eagles che si
preparavano a finirla e fu Josh a correre da lei, evitando che la spranga
la colpisse in pieno, salvandola da morte certa, prima di venire ferito
mortalmente.
Nell'attimo che seguì, alle urla e alle esclamazioni di vittoria degli
Eagles si aggiunsero le sirene della polizia e la battaglia si bloccò
all'istante, tra lo stupore generale. Eagles e Wölfe si guardarono negli
occhi senza capire bene cosa stesse accadendo, immobili e col respiro
corto, impregnati del sangue proprio e altrui.
La polizia circondò la casa con le macchine e gli uomini si
appostarono con le armi in pugno, pronti a sparare e a fare irruzione. Il
capitano Schwartz si fece dare un megafono e sogghignando soddisfatto
gridò:
-Fermatevi tutti! Siete circondati e senza via di scampo! Venite fuori uno
ad uno con le mani bene in vista e senza fare movimenti bruschi!237
©MGL VALENTINI
-Via! Via!- urlò un Eagle e tutti cercarono di fuggire, dandosi spinte e
botte.
-Di qua, presto!- gridò Hilda ai quattro Wölfe superstiti.
Favoriti dalla confusione generale, tutti e cinque si diressero sul retro
della casa e scavalcarono una finestra, rintanandosi dietro la baracca.
Un istante dopo la polizia irrompeva nel covo e catturava alcuni Eagles
che tentavano la fuga, dando l'inseguimento agli altri. Il capitano, che
aveva seguito i propri uomini, osservò i corpi lasciati a terra, immersi in
un mare di sangue e si chinò per toccarli, nella vana speranza di trovare
qualcuno ancora in vita.
-Maledizione! Maledizione! Questa è una vera e propria carneficina,
perdio!- urlò con stizza.
-Qui ci scopriranno.- disse Pat guardandosi attorno. -Cerchiamo di
raggiungere quegli alberi laggiù: oltre c'è una strada.Annuirono e Pat e Miles iniziarono a correre. Ma prima ancora che
Siegfried, Hilda e Japaner potessero seguirli, la polizia li bloccò e li
ammanettò portandoli via a viva forza. Con un'imprecazione Japaner
fece cenno agli altri di seguirlo ed entrarono nella baracca,
addossandosi alle pareti di legno marcio. A terra, in un angolo, trovarono
una botola e mentre Japaner l'apriva, Siegfried si accasciò lentamente
sulle gambe, chiudendo gli occhi con un sospiro.
Gridando terrorizzata, Hilda si precipitò al suo fianco, ignorando il
dolore che le procurava la ferita e lo scosse con veemenza.
-Dagr!! Dagr!!Siegfried riaprì gli occhi e la guardò a lungo.
Vicino alla botola, Japaner si irrigidì e lo fissò inebetito. Una macchia
di sangue si allargava a vista d'occhio sul pavimento dove lui si era
accasciato e quel liquido rosso scuro stava succhiando la vita a colui che
a tutti era sembrato un immortale.
-Dagr!! Dagr!!Piangendo disperata, Hilda prese le mani del fratello e le strinse nelle
proprie, fissandolo ad occhi sgranati.
Siegfried abbozzò un tenue sorriso, pensando vagamente che,
spaventata e con le lacrime che le rigavano il volto, era ancora tanto
bella.
-Sto morendo, Kristall...- sussurrò flebile.
Hilda lo fissò attonita, attraverso un velo di lacrime. No, non era
possibile... È un sogno, pensò, un brutto incubo dal quale mi sveglierò
urlando spaventata... e lui sarà al mio fianco, forte e pieno di vita... Sì,
sto sognando...
Siegfried alzò una mano e le accarezzò il volto umido. Stava forse
pagando con la vita il prezzo per aver amato la sorella? Un prezzo
esiguo, pensò vagamente. Se mi fosse concesso di tornare indietro lo
rifarei senza esitare.
-Dagr! Per amor di Dio, non mi lasciare! Ti prego, non mi lasciare!- urlò
tra l'isterismo e i singhiozzi.
238
©MGL VALENTINI
Il volto di Siegfried si faceva sempre più esangue e la sua vista
andava lentamente degradando. Ora vedeva la sorella avvolta in un
alone sfocato e capì che se ne stava andando. Avevo tutto, Kristall,
pensò senza rimorsi. Ma ho voluto più di quanto mi era stato concesso:
ho voluto te e ora sto pagando. Forse il Karma ha deciso di salvarti da
me e davanti a esso sono impotente. Per tutta la vita ho giocato col
destino, forzando la sua mano, decidendo delle vite altrui come se mi
fossero appartenute. Forse è stata una sfida anche con te: non lo saprò
mai. Non ho voluto piegarmi e lui ora mi sta spezzando dopo avermi
concesso tutto.
Con uno sforzo enorme la prese per un braccio e l'attirò a sé per
baciarla un'ultima volta. A quel contatto Hilda sussultò per il dolore e le
parve che il suo cuore dovesse scoppiarle da un momento all'altro.
-Kristall...- sussurrò flebile, sorridendo ambiguo. -Ti amo... Non aver
paura...La guardò intensamente perché voleva andarsene portandosi con sé
l'immagine della sorella, perché ora nient'altro contava se non lei, la sua
bellissima Kristall.
Hilda iniziò a tremare e strinse a sé la testa del fratello, come se
avesse voluto trasmettergli parte della propria energia.
-Oh, Dio! Dio!- urlò disperata, sentendosi morire dentro. -Non puoi farmi
questo! Non puoi farlo!Da lontano Japaner fissava la scena senza crederci realmente e aprì
la bocca per dire qualcosa, ma il nodo che gli si era formato in gola gli
impedì di articolare un solo suono. Allora provò a muoversi, ma qualcosa
gli proibì di farlo, come se l'avessero inchiodato al suolo. Vedeva Hilda
serrarsi disperata al corpo del fratello, dissolvendosi nel dolore e vedeva
Siegfried diventare sempre più esangue.
E mentre lei continuava a singhiozzare, Siegfried sospirò appena e
spalancò gli occhi nell'attimo in cui il Creatore volle riprendersi la sua
anima.
Hilda si scostò appena per guardarlo e lo fissò a lungo, immobile nel
sonno eterno, con il volto sereno e bello come sempre. Quando la sua
mente registrò che era morto, spalancò la bocca per urlare, ma con un
singulto si accasciò a terra perdendo i sensi.
~
Un rumore di passi e di voci concitate le fece riaprire gli occhi, ma
non vide niente: una profonda oscurità la circondava. Sbatté le palpebre
e udì una voce che sussurrava cauta:
-Non parlare, Hilda.Si mosse un po' e la ferita al fianco la fece gemere. Il dolore la riportò
bruscamente al presente e si tirò su a sedere, mentre i suoi occhi si
abituavano a poco a poco all'oscurità. Dalle travi del soffitto filtravano
tenui fasci di luce che si perdevano a mezz'aria, senza riuscire a
dissolvere la cortina nera che circondava l'ambiente impregnato di muffa.
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©MGL VALENTINI
-Japaner?- chiamò sussurrando.
-Sss! Zitta e ferma.Dalla stanza di sopra giungevano rumori di passi rabbiosi che
andavano in lungo e in largo, mentre qualcuno diceva:
-Qui non c'è più nessuno.-La cantina qui sotto? L'hai perlustrata?-Sissignore. Sono sceso circa dieci minuti fa ma non c'era anima viva.L'altra voce imprecò e bestemmiò rabbiosa per poi esclamare con
veemenza:
-Ce ne devono essere altri, cazzo! Non possono essere svaniti nel
nulla!-Forse sono riusciti a fuggire eludendo la sorveglianza.Il cuore di Hilda iniziò a battere furiosamente, mentre tutte le sue
membra si irrigidivano sotto un velo di sudore freddo. A pochi metri da
loro, nella stanza di sopra, la polizia li cercava ancora.
-Se sono fuggiti, non possono essere andati lontani! Pattugliate tutta la
città metro per metro!-Sissignore!-Cristo! Giuro che quando li avrò tra le mani...La voce si spense insieme ai passi che si allontanavano, ciò
nonostante Hilda rimase immobile con tutti i sensi all'erta, immaginando
già la polizia piombare lì sotto all'improvviso. Rabbrividì per il freddo e
l'umidità e si strinse tra le braccia.
Il click di un accendino la fece sussultare e si voltò verso Japaner,
che cercava di fare un po' di luce. Si sedette accanto a lei, entrambi
immondi di sangue e sospirò, contento che il pericolo si fosse
allontanato.
-Come ti senti?- le domandò.
-Non lo so.- rispose chinando la testa.
Un nodo le si formò in gola e ricominciò a piangere, raggomitolandosi
su se stessa. Japaner rimase un attimo a guardarla, poi scosse la testa
mortificato. Cosa avrebbe potuto fare per consolarla? Era stato un giorno
crudele anche per lui, che ancora non riusciva a credere che fosse
terminato così; e l'epilogo era ancora più crudele e disumano. Assurdo,
eppure i Wölfe non esistevano più. Era svanito tutto... Pure il sogno...
-Japaner...- singhiozzò Hilda girandosi a guardarlo. -Io devo... devo
andare a prenderlo... Non posso lasciarlo lassù...Il ragazzo la fissò negli occhi con un'espressione triste e lei si
accorse vagamente che non portava gli occhiali scuri.
-Hilda... La polizia l'ha già portato via.Lei sgranò gli occhi inebetita e se li asciugò scuotendo la testa.
-No... Non può essere...- balbettò.
Risoluta si alzò e barcollando sulle gambe si diresse verso la scala di
legno marcio che conduceva di sopra. Ma Japaner la bloccò afferrandola
per un braccio, supplicando:
-Ti prego... Ti prego, Hilda, non andare sopra. Può essere pericoloso e
non ci troverai più Fried. L'hanno portato via.240
©MGL VALENTINI
Lei abbassò gli occhi sulla mano che la tratteneva per il braccio con
fermezza, quindi tornò a fissare il ragazzo, guardandolo come se lo
stesse vedendo per la prima volta. Aprì la bocca per parlare, ma non
riuscì ad articolare alcun suono. Gli occhi le si riempirono di lacrime e
deglutì più volte per sciogliere il nodo che le attanagliava la gola in una
morsa micidiale.
Dolcemente Japaner la fece risedere e spense l'accendino, lasciando
che le tenebre avvolgessero di nuovo la cantina.
-Eri svenuta quando la polizia è entrata di sopra, prima che avessi il
tempo di portare giù il corpo di Fried. Ho sentito qualcuno dare ordine di
portarlo via dopo averlo riconosciuto. Non ho potuto far niente... Poi uno
sbirro è sceso a controllare qua sotto, però ti avevo nascosta bene e lui
si è limitato a dare un'occhiata aiutandosi con la torcia. È risalito
convinto che qui non ci fosse nessuno e posso assicurarti che siamo
stati fortunati. Per ora siamo salvi, ma per poter uscire dovremo
attendere la notte. Ti fa male la ferita?-È... solo superficiale...Japaner annuì e borbottò:
-Meglio così. Io non sono Karl e non avrei saputo curarti.Al nome del ragazzo, Hilda impallidì e gemette tra le lacrime:
-Oh, Dio...! Morti... Sono tutti morti!Japaner si morse le labbra e strinse i pugni, sentendosi invadere da
una folle rabbia. Come era potuta accadere una cosa simile? Cosa li
aveva spinti fino a quel punto? Gli tornarono in mente le parole
pronunciate da Josh quando si erano stabiliti in quella città: "Noi siamo i
Wölfe e niente e nessuno potrà fermarci. Impareranno a conoscerci e a
temerci, come è sempre stato e come sempre dovrà essere, perché
siamo i Wölfe e sapremo superare tutti gli ostacoli." Ah, Josh...! pensò
amaramente. Stavolta l'ostacolo si è rivelato troppo irto per noi. Ci siamo
salvati in due; per Miles e Pat è già finita, ma io e Hilda cosa faremo?
Abbiamo perso tutto e tutte le persone a cui eravamo legati e alle quali
volevamo bene. Perché è accaduto proprio a noi? Perché?
Nel buio, i singhiozzi soffocati di Hilda lo riempivano di una tristezza
immensa. Non sapeva cosa fare, né cosa pensare; sapeva solo che loro
erano giunti alla fine del viale e che presto avrebbero dovuto svoltare
l'angolo. La vita, pensò, è una sfida colorata di illusione.
In quel momento i singhiozzi della ragazza cessarono e Japaner capì
che era svenuta nuovamente. Scosse la testa sconsolato e sospirò.
Nascosta dalle tenebre, furtiva e silenziosa come un'ombra
evanescente e discreta, una brillante goccia di rugiada, una lacrima,
scivolò lungo il volto magro e pallido di Japaner...
241
©MGL VALENTINI
Seduta davanti alla finestra, Hilda osservava la neve scendere a
grossi fiocchi per posarsi dolcemente a terra, ricoprendo quella già
caduta nei giorni precedenti e i suoi occhi si riempirono di lacrime.
Siegfried amava così tanto la neve... Le parve di vederlo, laggiù nel
mezzo di quel manto immacolato e abbacinante, mentre si chinava a
raccoglierne una manciata; lo vedeva nitido, con quei capelli lunghissimi,
poco più scuri della stessa neve, che sembravano un manto brillante;
vedeva i suoi occhi a mandorla, sottili e magnetici, pericolosi e taglienti;
distingueva la sua espressione perennemente fredda e distaccata;
vedeva il suo corpo magro rivestito di nero, come un cavaliere della
notte... E Siegfried, all'improvviso, alzò la testa e le sorrise, svanendo a
poco a poco come un'immagine evanescente. Oh, Dagr! Perché?
Perché? urlava la sua mente, mentre copiose lacrime le rigavano il volto
dolce privo di vitalità.
Erano passati alcuni mesi da quando si erano battuti contro gli
Eagles, eppure lei rifiutava ancora quella realtà. Ogni giorno che
passava l'immagine del fratello continuava a perseguitarla, rinnovando il
dolore e rendendolo sempre più insopportabile. E solo Dio sapeva
quanto aveva sofferto e quanto ancora soffriva.
Lei e Japaner erano rimasti un po' di tempo nel loro ultimo covo,
lasciando che le varie ferite riportate dallo scontro si rimarginassero. E le
ferite fisiche si erano richiuse col passare dei giorni, ma vivere lì, dove i
Wölfe avevano scherzato, giocato, sofferto, le risultava insopportabile.
Ogni piccola cosa le riportava alla mente i volti dei suoi amici, soprattutto
quello di Siegfried, tanto che spesso si voltava convinta di trovarlo
accanto a sé. Con il pensiero tornava indietro nel tempo, riviveva quegli
attimi tragici, con la disperata speranza di cambiare gli avvenimenti.
Invece le cose rimanevano immutate.
Si era aggirata come un fantasma nelle varie stanze della casa,
seguita sempre dalle vivide immagini dei Wölfe e di Siegfried; ma quelle
mura crudeli, che avevano la facoltà di farle rivivere i ricordi, non
avevano il potere di far tornare in vita i suoi amici e suo fratello. E lei era
sprofondata sempre più in un abisso di angoscia, dolore e solitudine,
mormorando a fior di labbra il nome di Siegfried in ogni momento.
Qualcosa in lei si era irrimediabilmente spezzato e sapeva che, se
anche avesse vissuto cent'anni, non si sarebbe mai più saldato.
Anche Japaner era rimasto in silenzio e aveva nascosto le occhiaie
per mancanza di sonno dietro i suoi occhiali scuri. Spesso, per intere
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©MGL VALENTINI
giornate, lui e Hilda non si erano scambiati parole; si erano ignorati a
vicenda, rifugiandosi nella solitudine, ultima difesa dei disperati.
Poi, quando il ragazzo aveva proposto di tornare nella loro vecchia
città, Hilda aveva accettato abulica: per lei un posto valeva l'altro, si
sentiva comunque morta.
Con la moto erano tornati al loro primo covo, ma l'avevano trovato
occupato da altri teppisti; allora si erano diretti verso la villa nella quale,
molto tempo prima, si era svolto il dramma di Ann e di sua madre.
Hilda non era più uscita di casa, sommersa da ricordi talmente vivi
che la facevano stare male e per un po' di tempo era stata costretta a
letto, preoccupando Japaner seriamente. Tramite amici, il ragazzo era
riuscito sempre ad assicurarsi qualcosa da mettere sotto i denti, il più
delle volte leccornie per risvegliare l'appetito della sua amica. Aveva
fatto di tutto per distoglierla dal suo torpore, temendo che, qualora si
fosse ammalata seriamente, non avrebbe avuto la forza sufficiente per
reagire, lasciandosi morire di inedia. Ogni giorno l’aveva vista
consumarsi come una candela e aveva iniziato a disperare di poterla
salvare.
Un miracolo gli aveva fatto ricordare di LA, l'amica che Hilda era
andata a trovare un giorno di tanto tempo prima e si era subito messo in
cerca di lei, nell'ardente speranza di trovarla. Era stato duro convincerla
a seguirlo per aiutare Hilda ma, cedendo al suo buon cuore, LA aveva
acconsentito, fidandosi di lui e, trovata l'amica in quelle condizioni,
l'aveva fatta portare subito a casa sua.
Aveva ricominciato ad accudirla e ad aiutarla come anni prima,
cercando in ogni modo di risvegliare la sua attenzione alla vita. Ma,
nonostante tutti i suoi sforzi, Hilda era rimasta triste e atona, sempre
chiusa nel proprio dolore e reagiva passivamente ad ogni proposta. Con
l'arrivo della neve, poi, si era abbattuta maggiormente e tutti i giorni si
metteva davanti alla finestra per osservare la caduta dei fiocchi,
piangendo in silenzio.
LA entrò in camera e rimase a guardarla, sentendosi triste per lei,
intuendo che con la morte del fratello qualcosa era morto anche nella
sua amica.
-Hilda, il pranzo è pronto. Vieni?- chiese dolcemente.
La ragazza rimase immobile a fissare la neve ed LA avanzò fino a
toccarle una spalla. Allora Hilda sbatté gli occhi umidi e si girò attonita.
-Oh! Non ti ho sentita arrivare.- si scusò con voce incolore, asciugandosi
le lacrime.
-Non importa. Il pranzo è pronto.- ripeté con un sorriso.
Hilda annuì appena alzandosi dalla sedia e seguì l'amica in cucina.
Per tutta la durata del pranzo nessuna delle due parlò ed LA provò a
ignorare il poco appetito dell'altra. Cosa poteva fare per lei? Aveva
cercato in ogni modo di scuoterla, eppure il risultato era sempre lo
stesso: Hilda si limitava a reagire passivamente, presente con il corpo
ma non con la mente.
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©MGL VALENTINI
-Ok. Se hai finito preparo il caffè.- annunciò guardando il piatto di Hilda
quasi intatto.
-Sì. Ti do una mano a sparecchiare.Mentre preparava il caffè, LA accese la radio e la musica riempì il
silenzio dell'appartamento. Hilda sospirò ripensando a Miles e si chiese
cosa ne fosse stato di lui e di Pat, chiusi in penitenziario. Non sapeva
niente neppure di Japaner... Si morse le labbra e guardò l'amica.
-LA...- iniziò titubante. -Io volevo... volevo ringraziarti per tutto quello che
stai facendo per me. Non te l'ho detto prima ma voglio che tu sappia
quanto l'apprezzi.-Oh, Hilda!- esclamò interrompendola con un sorriso. -Non c'è bisogno,
sai? Ti voglio bene e ti considero una sorella. Ti aiuto volentieri, credimi.-No, fammi finire.- continuò chinando la testa. -So che mi ci vorrà del
tempo prima di riuscire a... rassegnarmi, però comprendo che non posso
continuare a vivere sulle tue spalle. Mi ospiti già da quattro mesi e una
persona in più è un peso non indifferente. Ci ho riflettuto molto e ho
deciso di cercare un lavoro in modo da potermi trovare una casa in affitto
come hai fatto tu. Ti rendo la tua libertà. Hai fatto anche troppo per me e
per il momento posso solo dirti grazie, ma saprò sdebitarmi. È tempo
che sia io stessa a provvedere a me.LA le prese le mani e scosse la fulva testa.
-Non ti lascerò andar via di nuovo. Ho sbagliato una volta e non ricadrò
nello stesso errore.- disse pacatamente, fissandola negli occhi. -Se vuoi
trovare lavoro sei libera di farlo, ma continuerai a stare qui con me. E
non pensare neppure lontanamente di essermi di peso: col mio lavoro
guadagno bene e posso permettermi di mantenere un'altra persona.-Non posso accettare. Tu paghi l'affitto per stare qui...-Se è questo che ti preoccupa, allora divideremo tutto a metà, non
appena avrai iniziato a lavorare, ok? Mi basta che tu non te ne vada.Hilda la studiò a lungo, commuovendosi di fronte a tale
manifestazione di affetto.
-Ma tu hai bisogno di una casa dove portare i tuoi amici ed io non...-Oh, senti!- sbuffò spazientita. -Loro non mi interessano affatto! A me
basta vederti serena e felice come ti ho vista in rare occasioni. E solo se
resterai con me potrai dimenticare e iniziare una nuova vita. Dimmi che
non te ne andrai!Gli occhi di Hilda si inumidirono e cercò disperatamente di non
piangere. Cosa aveva fatto per meritarsi un'amica simile? Lentamente
annuì ed LA l'abbracciò con impeto, ridendo contenta.
-Oddio, il caffè!- esclamò correndo a togliere la caffettiera dal fuoco.
Hilda preparò le tazzine e in silenzio sorseggiarono la bevanda calda,
mentre la radio continuava a sfornare motivi vecchi e nuovi, rendendo
l'ambiente più confortevole.
Fuori la neve continuava la sua placida e discreta planata,
avvolgendo tra le sue spire ogni cosa. Hilda alzò gli occhi e vide dalla
finestra i grossi fiocchi posarsi insidiosi sui tetti delle case, come una
morsa micidiale alla quale era difficile, quasi impossibile, sfuggire. E
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all'improvviso capì che quello che stava vedendo non era che il riflesso
di se stessa intrappolata nella stretta silenziosa e indissolubile di
Siegfried...
~
Con un sospiro di sollievo entrò in casa e pensò che anche quella
settimana era finita e che l'attendeva un meritato riposo. Era quasi ora di
cena, ma il sole splendeva ancora alto nel cielo, irradiando il suo calore
estivo.
Tolse i sandali e andò a preparare la vasca per un bagno tonificante.
Mentre attendeva che l'acqua raggiungesse il livello ottimale, entrò nella
camera che divideva con LA e tirò fuori dall'armadio il necessario per
cambiarsi.
Rovistando in fondo all'armadio, tra indumenti ammucchiati che
nessuno indossava più, vide brillare qualcosa e il suo cuore iniziò a
battere violentemente. Impallidì rimanendo immobile, fissando quel
riverbero fin troppo familiare, mentre la sua mente ripercorreva vari attimi
di vita trascorsa accanto ai Wölfe. Poi, con mani tremanti, spostò gli abiti
e si accucciò vicino all'armadio. Pallida come un cadavere prese in
mano la faretra con le frecce e la guardò a lungo, ricordando il giorno in
cui l'aveva vista per la prima volta. Rovistando ancora trovò l'arco, il
giubbotto, la minigonna, la catena che aveva tenuto legata in vita, gli
stivali, la maglietta e il coltello a serramanico. Tremando posò tutto a
terra, domandandosi perché LA li avesse tenuti nascosti.
Rimirando quegli oggetti sparsi ai suoi piedi, un nodo le si formò in
gola e tentò con tutte le forze di non piangere. Era convinta, dopo un
anno, di essere diventata immune davanti a simili ricordi, invece...
Si era buttata a capofitto nel lavoro di bibliotecaria, bandendo così
dalla mente tutte le immagini che la perseguitavano, riuscendo a poco a
poco a reinserirsi nella vita normale. Seguendo i consigli di LA era
riuscita a scuotersi dall'oblio, facendo nuove amicizie, tagliandosi i
capelli, chiacchierando vivacemente con le colleghe di lavoro,
accettando inviti di amiche; lentamente aveva ritrovato il sorriso,
ricominciando a vivere, staccandosi dai fantasmi del passato. O, almeno,
così credeva.
Quegli oggetti davanti a sé la misero di fronte alla cruda realtà: non
era guarita e inconsciamente soffriva ancora. I volti dei Wölfe tornarono
con prepotenza davanti ai suoi occhi, sorridenti e sereni, pieni della loro
boria e della loro crudeltà. Rivide Hols, col suo pelo lucente e lungo;
rivide Siegfried...
-Oh, Dio...- mormorò e scoppiò in singhiozzi.
Sul vano della porta, LA, appena rientrata, l'osservò in silenzio, senza
capire quella ricaduta. Il suo sguardo vagò per la stanza, per fermarsi ai
piedi dell'armadio, dove si trovavano sparsi gli oggetti appartenuti
all'amica. Impallidì e si diede della stupida, posando la borsa sul letto.
-Hilda...- chiamò facendo un passo avanti.
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La ragazza sobbalzò e si voltò di scatto, con gli occhi rossi e gonfi e
le gote rigate di lacrime. Con un gemito si buttò tra le braccia dell'amica,
continuando a singhiozzare violentemente. LA chiuse gli occhi e inspirò
a pieni polmoni, accarezzandole i capelli e cullandola con dolcezza.
Lasciò che si sfogasse senza dire niente, tenendola tra le braccia e
continuando a maledirsi.
-Coraggio, Hilda. Non pensi di aver pianto anche troppo? Non fare così,
forza.Attese che si calmasse un po', quindi la fece sedere sul letto e andò a
prenderle un bicchiere d'acqua, sedendosi accanto a lei. Hilda bevve un
sorso e si asciugò gli occhi, tirando su col naso.
-Va meglio?- chiese LA fissandola in volto.
-Sì, meglio.Con un sospiro LA indicò la roba per terra e mormorò:
-Perdonami se ho voluto tenere tutto quanto, ma non potevo buttare
niente senza il tuo permesso. Ho cercato di nasconderla meglio che
potevo, per parlartene quando avessi ritenuto fosse giunto il momento. A
quanto pare non sono stata molto brava, vero?- scherzò per alleviare la
tensione. -Scusami se ti ho fatto soffrire ancora. Non volevo che
accadesse.-Doveva accadere. Non scusarti.- rispose con voce flebile. -Doveva
accadere prima o poi.LA si alzò e raccolse la roba rimettendola nell'armadio. Quindi tornò
accanto all'amica e le tolse una ciocca di capelli dal viso.
-LA, io... io devo...-Cosa?Contorcendosi le mani e sospirando, Hilda riprese:
-Tu... Devi sapere alcune cose. Vedi, io...-Aspetta un attimo.- l'interruppe. -Se non te la senti me ne parlerai
un'altra volta. Tanto non scappo mica, sai?-No, devo dirtelo ora, o non troverò più il coraggio.Lentamente, quasi con voce atona, le raccontò della sua vita prima di
arrivare agli alloggi universitari, senza tralasciare l'episodio di Max. LA la
guardava angosciata, incredula e Hilda mormorò:
-Non l'ho mai rivelato a nessuno perché avevo paura del giudizio della
gente. Puoi immaginare benissimo cosa pensa quando viene a sapere
che... Mi comprendi?-Oddio, sì! Certo che ti capisco!- esclamò afferrandola per le mani gelide.
-Se solo avessi saputo... Mi dispiace, Hilda, ma non riesco a trovare le
parole adatte. Riesco solo a dirti che ti comprendo e che sono dalla tua
parte.Hilda annuì impercettibilmente e si morse le labbra. Starai sempre
dalla mia parte anche quando saprai tutto il resto? si chiese con tristezza.
-Ho odiato mio cugino e non ho mai smesso di sperare nella vendetta.confessò alzando gli occhi sull'amica.
-Che essere mostruoso e abominevole! Tuo cugino era un essere
immondo!246
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-Lui... Max si era pentito del gesto, ma non perché l'aveva compiuto.La fissò a lungo, quindi continuò:
-Sì, Max si era pentito quando aveva scoperto che Siegfried sapeva.
Conoscendo mio fratello, io non gli avevo raccontato niente, per timore,
eppure lui, perspicace e sottile com'era, era riuscito a capirlo subito e il
pensiero di vendicarsi aveva iniziato a ossessionarlo.Si fermò un attimo, guardandola con occhi supplichevoli ed esclamò
terrorizzata:
-Ti prego, LA! Non giudicarmi, ti supplico! Non ce la faccio più a vivere
con questo peso sul cuore!Una lacrima le rigò la guancia, mentre LA la fissava attentamente.
-Siegfried si è vendicato per me.- ammise con un filo di voce. -Lui mi
considerava di sua proprietà ed era geloso e possessivo: puoi
immaginarti come ha reagito. Con i Wölfe ha violentato la sorella di Max,
facendola morire e facendo impazzire mia zia dal dolore. Sì, era
presente quando le hanno stuprato la figlia... Ero presente anch'io.A quelle parole LA impallidì iniziando a capire. Un sudore freddo le
ricoprì il corpo e provò a dire qualcosa senza riuscirci. Con tono pacato
Hilda riprese a dire:
-Hai capito, vero? Sì, è stato Siegfried a uccidere Max e Alan. Per
quest'ultimo è stato solo un caso che fosse presente: non potevamo
permetterci testimoni e Siegfried ha dovuto ucciderlo. Ed io ero presente
anche in quella occasione. Non ho alzato un dito, non ho ucciso, però
ero lì, a veder compiere la vendetta ed è come se anch'io avessi colpito.-Oddio...- gemette LA stringendosi lo stomaco per reprimere un conato
di vomito. -Oddio...Chiuse gli occhi inspirando a pieni polmoni e cercò di farsi forza,
dicendo:
-Tu... sei venuta a trovarmi dopo... dopo...-Sei libera di denunciarmi. Non ho paura di quello che mi accadrà, niente
può farmi più paura.Rimasero a lungo in silenzio, ognuna persa in propri pensieri e Hilda,
finalmente, si sentì più leggera. Era pronta a pagare ogni conseguenza e
non le importava. Ma non poteva continuare a ingannare LA che l'aveva
aiutata tante volte senza mai chiederle niente in cambio.
-Devi dirmi altro?- chiese LA all'improvviso, con voce fredda e tagliente.
-Sì.- si precipitò a dire per non perdere il coraggio.
-Avanti. Ti ascolto.Quel tono la ferì, tuttavia si costrinse a non indietreggiare e facendosi
forza continuò:
-Io amavo Siegfried. Era un mostro, lo so, ma io l'amavo. Lo amo tuttora.
Quello che ci legava non era solo affetto fraterno e tu l'avevi capito
subito, forse prima di me. So che è una cosa orribile, però io l'ho amato
come una donna può amare il proprio uomo. Sono stata incestuosa, ma
se potessi tornare indietro lo rifarei, perché solo con lui ho conosciuto la
felicità, la gioia di essere donna, di essere amata, di essere viva. No,
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non mi pento di averlo amato senza riserve né scrupoli; non me ne
pentirò mai.Calde e copiose lacrime scesero a rigarle il volto quando disse:
-Ora Siegfried è morto e una parte di me è morta per sempre con lui.
Aveva ventitré anni, LA, solo ventitré anni... Ora potrò vederlo solo nei
miei ricordi, sentirò la sua voce solo nella mia mente... È un'agonia
sapere che non potrò più averlo vicino, che non potrò più toccarlo... Il
suo cuore continuerà a vivere nel mio finché avrò vita e sarà questa
consapevolezza a farmi andare avanti. Le sue ultime parole, il suo ultimo
bacio mi terranno compagnia per sempre... Siegfried era tutto per me,
tutto...La voce le si incrinò e ricominciò a singhiozzare, coprendosi il volto
con le mani, sperando che LA dicesse qualcosa, qualsiasi cosa pur di
rompere quella tensione. Il silenzio dell'amica le risultava insopportabile,
perché era più loquace di molte parole: era un silenzio accusatore, che
non concedeva appelli.
Ecco: ora non aveva più segreti per LA. Inspirando profondamente
cercò di recuperare il controllo delle emozioni e riuscì a smettere di
piangere e di singhiozzare, mentre l’amica, pallida come un cadavere, si
alzava dal letto e la guardava con distaccato disprezzo. Hilda si sentì
venir meno e chiuse un attimo gli occhi prima di dire:
-Comprendo il tuo disprezzo e non mi aspettavo altro. Non preoccuparti:
non resterò più a lungo.LA non replicò: si limitò a fissarla ancora un momento, quindi si
diresse in cucina e Hilda la sentì preparare la cena.
Con la mente chiusa a tutto, prese una borsa sufficientemente
capiente e ci mise dentro il minimo indispensabile, lasciando tutto il resto
senza rimpianti. Fece vagare lo sguardo per la stanza, per posarlo poi
sullo specchio che rifletteva la sua immagine triste e pallida. Oh, Hilda!
pensò amaramente. Hai ventidue anni e ne dimostri il doppio! I suoi
occhi a mandorla erano gonfi e cerchiati di rosso, solcati da profonde
occhiaie e privi di luminosità. La bocca, un tempo morbida e dolce, ora
aveva una piega amara. Tutto il suo volto era di un pallore unico e ciò
contribuì a frustrarla maggiormente. Cosa farò ora? Dove me ne andrò?
Non ho più un tetto, non ho più nulla: sono rimasta sola, tremendamente
sola. Ho fallito tutto nella mia vita. Come farò a ricominciare? Dove
troverò la forza necessaria?
Sospirò malinconica e a testa bassa si avviò verso la cucina. Sì,
Japaner, pensò. La vita è una goccia di rugiada in una goccia di rugiada.
Karma...
Si fermò sullo stipite della porta e osservò LA che armeggiava
intorno ai fornelli con un'espressione assorta e cupa. Si accorse di
essere osservata e si voltò a fissare Hilda.
-Io... Ti ho lasciato il mio stipendio per pagare la mia parte di affitto.mormorò.
LA aggrottò le sopracciglia, ma non replicò.
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-Ti ringrazio ancora per tutto quello che hai fatto per me, non lo
dimenticherò mai e spero un giorno di sdebitarmi.Si chinò leggermente in avanti, a mo' di saluto, quindi si voltò seguita
dallo sguardo interrogativo dell'amica e se ne andò.
Il sole era tramontato, tuttavia l'aria manteneva ancora il suo tiepido
calore, ritardando l'agognato fresco della notte. Nell'aria aleggiava un
dolce cinguettio di uccelli che si rincorrevano liberi e Hilda avrebbe
desiderato poter volare come loro, per svanire all'orizzonte e non avere
più legami col suo passato tormentoso.
Scosse la testa e si incamminò lungo il marciapiede, osservando la
gente che le passava noncurante al fianco. Cosa ne poteva sapere
quella gente di lei? Cosa ne sapeva di Alan e di Max? Cosa ne sapeva
di Ann e di sua madre? Cosa ne sapeva di Hols? E di Siegfried e del loro
amore? E dei Wölfe e degli Eagles? Cosa ne sapeva del suo dolore e
della sua disperazione? Lei aveva vissuto scegliendosi la propria vita,
aveva fatto una scelta che nessuno avrebbe mai fatto e non si pentiva.
Aveva conosciuto il bene e il male e aveva capito che tra l'uno e l'altro
non sarebbe mai esistita una netta separazione e qualsiasi giudizio,
anche dato in buona fede, non avrebbe mai rispecchiato la verità.
Perché la verità non esisteva: esistevano tante sfaccettature. Aveva
conosciuto la vita e la morte, due linee parallele che proseguivano di pari
passo e che alla fine inevitabilmente si sarebbero congiunte. Aveva
conosciuto l'amore e l'odio, due sentimenti così diversi tra loro eppure
tanto simili e potenti, entrambi in grado di portare alla disperazione o alla
gioia. Aveva conosciuto l'efferatezza, il dubbio, l'ipocrisia, la perversione,
la felicità... Aveva gustato il sapore della vita, l'ebbrezza della sfida.
Cosa ne poteva sapere, dunque, quella gente di lei? Cosa ne sapeva
delle sua vita? Niente.
-Hilda! Hilda!Si voltò perplessa e attonita. In mezzo alla gente, indifferente alle
spinte, LA correva veloce con le pantofole ai piedi e il volto trafelato.
Hilda la guardò senza capire, chiedendosi cosa fosse successo.
LA le si fermò davanti, col fiato corto, mentre le persone si giravano a
guardarle sorridendo.
-Hilda...- mormorò e l'abbracciò forte a sé, in uno slancio di sincero
affetto. -Ma cosa credi di fare? Sei forse impazzita sul serio?-Io... io non capisco...LA la staccò da sé e la fissò attentamente, riprendendo fiato, con gli
occhi che splendevano di lacrime. Sorrise e disse:
-Stai sbagliando strada: casa tua è dall'altra parte. Non ricordi più?Hilda rimase stupefatta. Non era possibile che la volesse ancora con
sé dopo quello che le aveva rivelato. No, non poteva essere vero. Forse
era solo un sogno... Eppure quelle mani che tenevano le sue spalle
tremavano, quegli occhi avevano pianto, quella voce era incrinata
dall'emozione, quel volto era sorridente e dolce...
-Vieni, Hilda, torniamo a casa.249
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LA le passò un braccio intorno alle spalle e la fece tornare sui propri
passi. Hilda rimase a fissarla, ancora trasecolata.
-LA... Tu vuoi che io resti dopo che... che...- balbettò mentre il borsone le
dondolava nella mano.
La ragazza la guardò negli occhi e Hilda intuì che disprezzo e accusa
erano solo un ricordo lontano per la sua amica.
-Lo shock è stato forte, l'ammetto.- confessò sorridendo. -Ma se hai
sbagliato una volta non è detto che tu debba ricadere nell'errore. Ti ho
aiutata tempo fa senza sapere cosa ti fosse successo; perché non dovrei
farlo ora che so tutto? Motivo in più, no? Sono convinta che tu sia stata
punita fin troppo. Sai, qualcuno ha detto: "È meglio aver amato e perduto
che non aver amato affatto". Ed io credo che abbia avuto ragione.Con le lacrime agli occhi, Hilda osservò di nuovo gli uccelli che si
rincorrevano e non desiderò più saper volare. Ora era certa che ce
l'avrebbe fatta, anche se non sapeva volare come loro, perché qualcuno
credeva ancora in lei. Aveva tutta una vita davanti a sé per ricominciare,
una vita non più torbida e ambigua, ma solare e serena, una vita nella
quale non aveva più sperato. Un giorno si sarebbe voltata indietro a
guardare il suo passato come il ricordo di un'esistenza precedente e non
avrebbe più provato dolore. E i fantasmi che ancora l'accompagnavano
sarebbero svaniti lentamente, rendendole la libertà. E quel giorno
sarebbe rinata come una Fenice.
Serena e piena di speranza si voltò verso l'amica e le sorrise
dolcemente. Questa la guardò e disse:
-Non temere, Hilda. Col tempo riuscirai a dimenticare... Dimenticheremo
insieme.Hilda sospirò e alzò di nuovo gli occhi al cielo, contemplando le stelle
che brillavano libere nel firmamento. Dimenticare... Sarebbe stato
difficile dimenticare Siegfried e quello che aveva rappresentato per lei.
Ma ci proverò, si ripromise.
Il braccio di LA sulle sue spalle era confortevole e pieno di calore,
mentre camminavano verso casa, la loro casa.
Sopra di loro, nel cielo estivo e brillante, una stella cadente saettò
veloce con la sua coda iridescente, sparendo all'orizzonte. Hilda la seguì
con lo sguardo e per l'ultima volta rivide il volto di Siegfried circondato
dai lunghi capelli biondi, solcato dalla cicatrice vicino all'occhio. Quegli
occhi diafani, di ghiaccio, così spietati e così affascinanti, che
armonizzavano con tutto il suo essere, rendendolo un uomo implacabile,
inesplicabile e tragicamente splendido.
Mentalmente gli disse addio e con lui salutò per sempre i Wölfe e il
suo caro lupo argentato. Disse addio al passato per accogliere un futuro
migliore e sereno.
E come sempre quando girava le spalle agli orrori della sua vita,
sospirò appena.
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Sommario
LIBRO PRIMO .................................................................................................. 7
................................................................................................................... 9
................................................................................................................ 20
................................................................................................................ 31
................................................................................................................ 43
................................................................................................................ 61
LIBRO SECONDO ........................................................................................... 71
................................................................................................................ 73
................................................................................................................ 82
................................................................................................................ 95
.............................................................................................................. 107
............................................................................................................. 119
............................................................................................................. 134
............................................................................................................. 144
............................................................................................................. 156
LIBRO TERZO .............................................................................................. 181
............................................................................................................. 183
............................................................................................................. 199
............................................................................................................. 213
............................................................................................................. 221
............................................................................................................. 230
............................................................................................................. 242
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