26/05/2001 - 7°

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26/05/2001 - 7°
26 maggio 2001
7° LEZIONE
Non dare falsa testimonianza
Della menzogna sulla legge
Pluralismo e perversione
LA TEORIA DELL’AMORE PRESUPPOSTO
GIACOMO B. CONTRI
Per lo meno, non solo per questo, come antidoto all’occultismo crescente da tutte le parti, Marx è un
eccellente antidoto. Infatti non c’è più un cane che lo legga a partire dagli ex-comunisti. E si vede, eh? Chi lo
legge? Chi lo cita?
Comincio così: dico che l’orco ama i bambini. L’orco quello che mangia i bambini. Poi ci sono gli
orchetti dei nostri giorni, i pedofili. I pedofili amano i bambini. Ritengo che non ci sia nessuno in sala che sta
pensando che io faccia apologia in questa direzione. Sto solo dicendo che esiste un peggio, perché per lo
meno l’Orco dei bambini se ne fa qualcosa, e osservate i bambini, almeno quelli ai quali si parla ancora
dell’Orco, ma sennò se lo inventano loro, ai bambini piace l’Orco, anche se scappano, gridano. Ai bambini
piace l’Orco. Risponde a quel filo d’amore, consistente pur sempre nel farsene qualche cosa, con un certo
gradimento: gli piace l’Orco.
L’ho assunto solo come termine di paragone per dire che c’è il peggio, ma del quale non c’è un
peggio ulteriore, ed è la mamma di mamma-bambino. La mamma di mamma-bambino del bambino non se
ne fa niente. Eccetto… ma questo eccetto dice che non se ne fa niente, perché ne fa niente. Lo annienta,
perché ne fa il puro punto di applicazione di una teoria, la teoria dell’amore, la presupposizione dell’amore.
Questo annientamento inizia con l’ammalarlo. Uno dei modi visibile o con giudizio immediato, del bambino
che ha cominciato ad essere ammalato è il caso del bambino cretino. Se ne vedono tanti di bambini cretini. A
me fanno schifo. Non potrebbe neanche venire in mente di mangiarli. La tolleranza mi viene solo dalla
considerazione che possiamo ben dire “povero bambino”: è stato cretinizzato, è del tutto ovvio, perché non
esiste in natura, questa brava natura, il bambino cretino. Un caso che non si dà. Il bambino cretino in fondo è
quello che pronuncia una frase che con senso del tutto opposto è la frase che Gesù dice quando dice: «Chi
vede me vede il Padre». Chi mi vede, quanto sono cretino, vede quanto è cretino mio padre.
Un caso, naturalmente massacrante — ne abbiamo parlato qui — di teoria dell’amore presupposto è
stato il nazismo. Chi ha visto il film Schindler’s list vede questo tedesco che degli ebrei se ne fa qualcosa: li
usa come semischiavi. Alle condizioni date è la tecnica giusta per salvargli la pelle, come si sa. Ma li tratta
come dei semischiavi. E infatti c’è una battuta nel corso del film che dice “sostenere come fa Schindler che
degli ebrei si può farsene qualcosa, sia pure come schiavi, è un’eresia dal punto di vista nazista”: non
bisogna farsene niente, annullamento, cioè puro punto di applicazione di una teoria. Ma in fondo non faccio
che allacciarmi, per un verso o per l’altro, alla comunicazione di Alberto Colombo con maggiore
implicitezza a quella di Raffaella Colombo.
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© Opera Omnia di Giacomo B. Contri
Testo non rivisto dall’Autore
CORSO DI STUDIUM ENCICLOPEDIA 2000-2001
IO. CHI INIZIA. LEGGE, ANGOSCIA, CONFLITTO, GIUDIZIO
Prendiamo una frase come questa e poi maneggiamola: «la verità è l’innocenza», «l’innocenza è la
verità», o accentazione diversa: «l’innocenza è la verità». È già cominciare a maneggiare una cosa. Le frasi
bisogna maneggiarle. Parole, frasi, anche gli articoli, le virgole, gli accenti, i punti, proprio come si maneggia
una cosa. Fraseologicamente questa frase sta e ora la riprendo più analiticamente. Rigorosamente non va
bene, ma per fortuna quando si parla ricorriamo a un fraseggio che non obbedisce obbligatoriamente,
ossessivamente al rigore. Perché il rigore necessario per cui questa frase sia sostenibile, questa proposizione
sia sostenibile, è di svilupparla, partendo dalla proposizione rispetto a cui si può discorrere se sia vera o
falsa: il punto di partenza di Alberto Colombo. La frase non è affatto «La verità è l’innocenza», ma io sono
innocente, tu sei innocente, egli è innocente… Vero o falso? E innocente vuole dire che non nuoce, che non
ha nuociuto, non ha fatto del male, non farà del male. Lasciamolo al futuro. E nel campo di significato della
parola innocenza, che ne fa una parola più ricca di quello che sembra, innocenza non significa, proprio nel
campo corrente di significato, non significa soltanto che non nuoce, ma significa che produce dei benefici.
Ossia, fraseologicamente si può anche dire, lo diciamo, «La verità è l’innocenza», ma si tratta
dell’asserzione: «Tu sei innocente»: vero; «Tu sei innocente»: falso; «Tu produci del beneficio»: vero; «Tu
produci del beneficio»: falso. Non esiste «la verità»; esiste «è vero che sei innocente».
La parola verità messa in questa posizione, al di là del fraseggio in cui si può benissimo dire «La
verità è l’innocenza», un esempio di ciò è stato fatto ieri sera, mi pare dal sottoscritto, a proposito della frase
di Carmen, nella Carmen di Bizet, che comincia con «L’amour…», l’amour messo lì, ossia “l’amore” come
si dice “la verità”, come si dice “il bene”, etc., nel dramma di Bizet è del tutto chiaro che quando la frase e
le azioni corrispettive incominciano anziché da Chi inizia, incominciano da l’amour, alla fine ci scappa il
morto. Ed è logico che ci scappi il morto, se si parte da “l’amore”, “la verità”, “il bene”, “il bello”. Ci
scapperà il morto, perché si parte da una teoria presupposta. Il lessico peraltro che sto usando è quello antico,
e messo in opera da quel signore che si chiamava Platone. Ci scapperà il morto quando la frase e l’azione
correlata partono da “l’amore”, “la verità”, “il bello”, etc.
È vero che… Ricordo che una volta una persona mi ha fatto una troppo affrettata, automatica obiezione
quando mi disse: «Scusate, voi parlate bene di Cristo in rapporto a tutto questo, eppure lui ha detto “Io sono
la Verità”». Ma è la stessa cosa della frase «La verità è l’innocenza». Gesù ha detto: vero che se state in mia
compagnia state bene; è questa la frase completa. Fraseologicamente riassunta in «Io sono la Verità». Se c’è
uno che non è mai stato un platonico, questo è questo signore.
Dunque nel suo caso c’è scappato un morto, che è stato lui. E quanto tutti i cristiani hanno insistito che è quel
caso di morte in cui la morte è toccata all’innocente, in virtù dell’essere vero il suo essere non-nocente e
nella asserzione primaria, beneficante. In virtù della propria compagnia, non in virtù dell’elargizione di
favori.
La parola vero è dunque autorizzata dal pensiero di natura proprio su questo terreno, così affrontabile
da chiunque, come asserzione dell’essere vero o falso — giudizio — che da un certo atto risulta, o può
risultare, se trattato in un certo modo, un beneficio, oppure se trattato in un certo altro modo può risultare un
danno. Occorre il danno o il beneficio, dunque, perché la parola vero sia degnamente praticabile. Come
vedete sto proprio unendo una relazione vero-bene, di grande precisione. Non c’è bene che non sia beneficio:
non esiste “il bene”.
Fra l’altro mi sono accorto solo recentemente — e sappiamo che mai qui si fa teologia — che ciò che
sto dicendo vale per la Trinità. E lo dimostro. Han tutti detto che la Trinità è ineffabile. Anche Dante
nell’ultimo canto del Paradiso. No. C’è una frase condivisa da tutti i tre partner di questa terra; la frase di
ciascuno dei tre partner è «sto bene con gli altri due». E questa è una frase, dicibile in italiano, in cinese, e
non c’è bisogno della lingua degli angeli. Infatti, un personaggio come Cacciari, in un libro di Adelphi,
guarda caso intitolato Dell’inizio, cosa scrive in quel libro? Parla proprio della Trinità. Scrive quel libro per
dire che quei tre insieme stanno male, è un terzetto sadico, sado-masochista. Sotto questo profilo, mica
stupido Cacciari. Ha individuato il punto. O usando una frase di abbastanza tempo fa, ma di era moderna,
cosa vuol dire relazione sado-masochista? È la celebre frase: «Star bene nel male». È diventato un classico.
In fondo è questo un nocciolo che volevo dire, a partire da «La verità è l’innocenza»: «Sei innocente», vero o
falso.
La menzogna diventa un caso particolare del nuocere; un’aggressione fisica non comporta
menzogna. La menzogna è un caso particolare di aggressione, di ostilità, che produce un danno; è c’è
menzogna in quanto il danno è prodotto. Noi lo chiamiamo ancora con la parola patologia distinta in clinica.
E disponiamo del mezzo della falsificazione; c’è una frase. Ricordo che avevo già parlato di questo, ma qui
questo punto trova una collocazione anche migliore, più chiara. Uno dice «Sto bene»: vero o falso? Ricordo
diversi anni fa venne da me uno di una cittadina piemontese che mi era stato mandato da una parente. Io
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appena ho visto questa persona, io proprio non lo volevo, non mi piaceva, … Però questo ha insistito, ha
insistito, ha insistito per venire, e la patologia di costui per altro dichiarata da lui stesso era ubertosa, a dir
poco, era facile: comunque inibizione, sintomo e angoscia ampiamente visibili peraltro anche a un cieco.
Allora, insisteva e insisteva, e di fronte a quello che insiste, lo dice anche il vangelo, bussa bussa alla fine si
apre. Appena dopo le vacanze venne alla prima seduta e iniziò a ripetere forsennatamente, a questo punto ho
smesso — forse questa seduta è stata fra le più brevi della mia vita, tre minuti credo — perché si mise a
ripetere, a ripetere, a ripetere «Sto bene, sto bene, sto bene, sto divinamente bene»: quando sento questa frase
mi si rompono i timpani, non posso sentire la frase «sto divinamente bene». Si vede l’angoscia che cola da
tutte le parti. Vedo che ridete, perché sono tutti dati già a disposizione della vostra comune esperienza.
Una persona asserisce «Sto bene». Qual è la falsificazione di questa asserzione? L’abbiamo già detto:
inibizione, sintomo e angoscia. In che modo può formarsi il giudizio sull’innocenza in questo caso? Sulla
verità della sua asserzione: vero e falso. Non c’è altro che inibizione, sintomo e angoscia, e le cento, mille
forme di traduzione che inibizione, sintomo e angoscia possa avere. Il giorno che comprendete che il
fanatismo è solo una delle formulazioni dell’angoscia vi trovate […]
Certo che ormai almeno uno dei vantaggi del passare del tempo e dei secoli è che io credo
abbastanza sostenibile, abbastanza comprovata quella frase che dice che il tempo è gentiluomo; è una
gentiluomineria che costa carissima, eh? Tante volte si impara dopo che ci sono stati tanti cadaveri e forse
neanche da lì. Ma comunque, un po’ di gentiluomineria del tempo c’è e diventano sempre più semplici le due
grandi alternative: una è quella che si chiamava ontologica e quella che noi chiamiamo correttamente
giuridica. La mamma-bambino che annichila il bambino ha davanti che cosa, nel suo pensiero? Una pura
ontologia: il bambino è. Alla fine non è più. Il bravo statuto ontologico del bambino è ciò che ne fa una
vittima allo stato puro, come gli ebrei che sono stati degli enti-vittima allo stato puro. Gli ebrei sono la figura
dell’ontologia pura o astratta, per i nazisti.
Noi cosa abbiamo fatto? Al diritto naturale abbiamo sostituito il diritto naturale non nella natura ma
nel pensiero di natura, ossia di un Chi. Tra l’altro mi sono chiesto come mai ci sono voluti dei secoli perché a
qualcuno almeno venisse in mente. Invoco qui il concetto di resistenza. Lo statuto ontologico l’abbiamo già
visto in lavori che abbiamo fatto in passato in Swedenborg e altri. Porta all’occultismo e al lager.
Io finisco dicendo che in fondo ciò di cui ho parlato… È nello statuto giuridico che allora possiamo
dire la vecchia frase che l’ente è. L’ontologia è tutt’altro. Il passo evangelico di Gesù, pura metafisica
«L’albero è perché fa frutto», non «L’albero è». L’essere del fico è la conseguenza del produrre frutti. La
nostra formula della clessidra.
Finirei ripetendo quello che mi è capitato di dire a delle persone l’altra sera, una neanche definizione
della salvezza, parola quanto mai laica. La definisco non secondo il modo classico della definizione, ma
dicendone il campo, il territorio, ed è un territorio in tre porzioni per altro ampiamente comunicanti fra di
loro. Salvezza significa — e anticipo subito che se non significasse questo io non ci vengo, non mi interessa,
ed è un’altra ragione — salvezza ha come campo che vada bene l’amore, che vadano bene gli affari — si
chiama anche salute psichica — e per così dire, anche se è un peccato che una certa espressione sia stata
coniata proprio per l’esperienza che ora dirò, potremmo dire, ma ahimè è un’espressione un po’ troppo
compromessa, “andar bene di corpo”, ma il destino della storia della lingua ha voluto che questa frase fosse
un tantino inquinata, ma è la salute in senso medico. L’andare bene di corpo, nel senso esteso che sto
dicendo, include anche il caso particolare. E dunque salvezza: affari, amore, corpo fisico, ossia salute
psichica e salute fisica, e l’andar bene non è uno stato, è un movimento, c’è produzione. Ha avuto anche un
nome, contestatissimo da tutte le parti, persino in ambito psicoanalitico da almeno settant’anni, ossia, eccetto
che da Freud che l’ha introdotta e sostenuta a spada tratta, che è possibile l’esperienza di soddisfazione.
Ho preferito asserirlo, asserirne la possibilità, piuttosto che ora privilegiarne la realtà. Ma questo non
è per sospeso sulla realtà dell’esperienza di soddisfazione. Per un’altra ragione che riguarda il fatto che la
nostra formula potrebbe anche essere scritta con il solo disegno di S e di A, ma lì per lì A potrebbe anche
essere un posto non occupato. Basta che ne esista il posto non occupato perché non ci sia angoscia; viceversa
se non c’è il posto potete mettere lì intorno una massa che l’angoscia sarà: è l’assenza del posto la fonte di
angoscia. Il non averlo preparato, come dice il vangelo,. Preparare quel posto; non è solo preparare l’alcova
per l’amante, ma perché no? Mi andava di terminare con questa reintroduzione della parola salvezza,
stiracchiata da tutte le parti. Salvezza, tre articolazioni, e due nomi, salute psichica e salute dell’andare bene
di corpo, che oltretutto è meglio dire così, perché finché si dice “salute fisica”, salute in senso medico, si
compie un atto della massima astrazione, nel migliore dei casi verso il salutismo, perché i salutisti sono tutti
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dei terribili angosciati, inibiti, sintomatici. Volete trovare la nevrosi tirata a lustro come questa stanza
ripitturata? Andate in un campo di nudisti. Un campo di nudisti è l’angoscia sotto il sole.
© Studium Cartello – 2007
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