RESURREZIONE DI DIO AUTONOMIA E LIBERTA

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RESURREZIONE DI DIO AUTONOMIA E LIBERTA
CAPITOLO I DEL LIBRO DI ANGELA VOLPINI:
RESURREZIONE DI DIO
AUTONOMIA E LIBERTA’
Se io non ti chiedo di credermi, perché tu mi chiedi di obbedirti? Tu non mi credere e
io non ti obbedisco.
Questa frase sintetizza la difesa della mia coscienza, della mia esperienza,
della mia libertà e della mia cultura autonoma ed è la conclusione del mio primo
impatto col mondo che, prima d'allora, anche se più o meno sapevo esistesse, non
pensavo dovesse entrare tanto violentemente nella mia vita...
Questo mondo si chiamava vescovo.
Questo altro da me, al quale ero aperta come altra me stessa, anche se solo lo
conoscevo attraverso l'esperienza mistica e mi accingevo a conoscerlo nella sua realtà
con l'entusiasmo di dargli la mia esperienza e di riceverne un gioioso accoglimento e
il conforto di un rapporto fraterno, paritario, indispensabile per il mio andare avanti e
per far assieme la "terra nuova", si rivelò un'aggressione drammatica non solo al mio
essere persona distinta da tutto il resto, ma soprattutto alla mia dinamica necessità dì
sviluppo...
Questo altro da me, cosciente di quello che io portavo o in grado di capire il
messaggio-linguaggio di libertà, di amore, di divinizzazione, mi aggrediva violentemente proprio per la semplicità della comunicazione di un messaggio-linguaggio
che, affermando la realtà ultima dell'uomo, escludeva tutte le mediazioni e fondava
sulla libertà il cammino per raggiungere tale realtà definitiva.
Gli altri, la gente semplice che era attorno a me, intuivano che ciò che io
avevo da comunicare era importante, di fondo, legato alla vita... Ma non comprendevano, non possedevano più la chiave di lettura della propria coscienza e quindi
del proprio fine. Questa gente era costretta a elemosinare la lettura della propria
coscienza e del proprio fine a coloro che arbitrariamente si erano posti come
mediatori fra Dio e la coscienza anziché annunciare e promuovere l'evento della
"terra nuova" ed essere così specchio pubblico dove la coscienza personale potesse
riflettersi e riconoscersi.
Questi mediatori arbitrari io ho incominciato a identificarli come i padri di
ogni tirannide. Essi, impedendo alla gente semplice di riconoscere la propria
coscienza come luogo dove Dio si intrattiene con l'uomo e luogo dove nasce il punto
di forza, di luce e di autorità personale, si sono sostituiti alla coscienza.
Sostituendosi alla coscienza personale e proclamando l'obbedienza come il
solo cammino di salvezza, hanno reso l'uomo fragile, insicuro, smarrito, disperato e
pronto ad accogliere ogni progetto esterno che gli promettesse salvezza, pace e
benessere.
Lo hanno, per così dire, educato a prostituirsi come cosa a ogni potere
riconoscendo a esso autorità, non avendo più la propria, cioè quella della coscienza,
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alla quale fare appello come punto fermo, di luce costante, verso il proprio fine di
pienezza.
E tutto questo in nome di Dio... Di quel Dio che io avevo conosciuto come
fonte di libertà, fonte di amore e di creazione, che mi spingeva a cercare tutto quello
che poteva esistere e ad accogliere l'altro da me con appassionata gioia e dolore: gioia
nel riconoscere a tutti le stesse possibilità di vivere la vita di Dio e dolore nel
constatarne il rifiuto non solo per scelta, ma soprattutto per ignoranza.
Questo Dio, oggetto del mio amore, della mia gioia, fonte della mia felicità
d'esistere che mi spingeva a gridare in tutto il creato: “ci sono per amare come Lui" ...
Questo Dio veniva descritto come un misero tiranno che dava legittimazione a ogni
tirannia.
Questo è il peccato che io non perdonerò mai ai mistificatori dell'immagine di
Dio, del mio Dio che ha fatto l'uomo uguale a Sé nell'amore.
Questi tiranni che hanno deturpato l'immagine di Dio e reso schiavi gli
uomini ad ogni tipo di potere, impedendo loro di conoscere la propria immagine attraverso la coscienza, hanno costituito il problema della mia vita.
Rabbia, dolore, compassione, amore e speranza di volta in volta hanno
segnato il mio approccio con essi...
Ora la speranza che capiscano è terminata. Solo l'amore verso i sofferenti, gli
smarriti non per causa loro, e l'immane tragedia che la terra rischia come
conseguenza di un rapporto fra gli uomini e i popoli instaurato sulla forza, mi spinge
a tentare ancora una volta di comunicare il mio messaggio-linguaggio.
A quarantuno anni di età e a trentaquattro dall'esperienza mistica come potrei
sintetizzarla oggi? Conoscere che la realizzazione dell'uomo nella sua esistenza
storica è possibile, perché è l'umanità stessa dell'uomo.
E’ così naturale per me questa realizzazione che dà senso alla vita e
significato all'uomo, che, dopo trentaquattro anni, trovo ancora incomprensibile il
perché questa non avvenga e perché continui invece l'intreccio tra storia, violenza e
morte.
Per me la cosa più naturale e immediata è dare risposta all'esigenza d'infinito,
di amore, di gioia che è propria del mio essere persona e che ritengo propria di ogni
essere umano, in quanto, fra gli esseri umani, c'è ancora comunicazione e possibilità
di confronto su ciò che è esigenza e desiderio: sull'uomo possibile.
Questo almeno è quanto mi capita di osservare in ogni rapporto umano.
Tutte le persone che ho incontrato mi hanno confermato le mie esigenze,
tanto che, oltre che mie ho potuto riconoscerle come fondanti l'immagine dell'uomo.
La diversità consiste nel fatto che io credo sia possibile dare una risposta a
queste esigenze, una risposta data da noi, con i nostri mezzi e soprattutto con il modo
di porci di fronte all'altro.
Questa possibilità io la trovo naturale e spontanea mentre gli altri, nella
stragrande maggioranza, non credono che ciò sia possibile per cui vivono la frustrazione continua del non senso della vita e, per sopravvivere, riducono il loro desiderio
alla misura di ciò che il costume sociale impone, alienandosi totalmente come
soggetti.
Ora, questo modo di vivere che è quasi la norma, io lo trovo non solo
inaccettabile e incomprensibile, ma soprattutto artefatto. Non lo riconosco come il
modo diretto dell'uomo di rispondere ai propri bisogni. Visto che risponde alla
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propria fame col trovarsi il cibo per mangiare, perché l'uomo non può cercare,
amando, una risposta alla sua esigenza di essere amato?
Ebbene, nella mia esperienza mistica, c'era e c'è come un tutt'uno: è la visione
dell'esigenza che fonda la nostra umanità ed è la capacità di soddisfarla che fonda la
nostra divinità. Naturalmente sto parlando delle esigenze legate alla qualità della vita,
non delle necessità biologiche anche se queste sono inscindibili dal nostro esserci
fisicamente e storicamente e pertanto sono primarie.
Ho visto la storia compiuta, vedendo Maria.
L'uomo divinizzato, la vita che si svolgeva fuori dalla necessità: in continuità
con la vita quotidiana, ma qualificata nella sua stessa quotidianità dai valori che
riconosciamo come fondanti il nostro essere uomini. Libertà, Amore, Creazione.
Questa la rivelazione che ho avuto.
L'uomo, quando raggiunge una qualità di vita che riconosce sensata, al livello
delle proprie esigenze, entra nell'infinito, "può" entrare nell'infinito.
Questo è possibile: qui, subito, ora.
Questo processo di presa di coscienza di sé e di progressivo sviluppo delle
relazioni di amore con gli altri uomini, permette di arrivare a creare continuamente
l'ambiente che la nostra sete infinita dì amore, situata in una libertà effettiva, esige
costantemente per realizzare il divino che è in noi.
La divinità di Dio è una Sua necessità, la nostra divinità è una libertà alla
quale possiamo sempre rinunciare ogni volta che fermiamo il processo dell'amore.
Questa è la differenza che Dio ha posto creandoci come più che creature.
La creazione è legata al continuo sviluppo dell'amore. Quando l'amore non
cresce più e ci basta il dato che troviamo, immediatamente entriamo nel finito, perché
poniamo la morte, anziché l'amore, come senso della vita.
In questo caso la morte, oltre che dar senso a una vita necessariamente finita,
prende anche valore di riscatto, di liberazione. Attraverso quell'evento speriamo di
riprendere senso personalmente.
La morte fisica è l'unica rottura di continuità con il dato che riconosciamo. E’
perciò possibile porre la speranza proprio nella morte perché essa consuma tutte le
possibilità dell'essere personale e apre la via ad un vuoto in cui può collocarsi una
speranza cui non abbiamo trovato spazio nella storia.
Io ho però imparato, attraverso l'esperienza mistica, che il valore è l'uomo che
vive e può scegliere. In questa possibilità di scelta sta la qualità umana della sua vita
e la qualità di vita che sceglierà con consapevolezza lo farà infinito o finito.
Essere infinito o finito è una scelta dell'uomo. Dio ci ha donato di essere
infiniti, è l'uomo che "crea" la finitezza.
L'infinito è l'amore nella dinamica creativa.
Il finito è accettare tutto così com'è senza volontà di cambiarlo. La
frustrazione che nasce da questa posizione, innaturale per l'uomo, è il potere come
scimmia delle sue reali possibilità.
L'uomo sente nel suo spirito, nel suo intelletto, nel suo corpo, la sua infinità
possibile.
La rende possibile la sua apertura all'amore, amore per tutto quello che è e
può essere altro da sé. Questa è la sua divinizzazione attraverso la quale può
esercitare la sua capacità creativa all'infinito.
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Se non si apre all'amore, l'uomo pensa di poter dare una risposta alle proprie
esigenze di comunicazione e di creazione esercitando il potere sull'altro uomo e
sull'ambiente.
Coloro che hanno scelto l'amore di ciò che “è” e di ciò che "può essere"
attraverso l'amore, possono anche recuperare coloro che hanno affidato il valore di
riscatto al passaggio attraverso la morte, facendo della vita un discontinuo.
L'uomo non è fatto per ricevere significato, ma è fatto per dare significato a
tutto, traendolo da sé, perché riconosce il valore, il senso, il significato di tutto
quanto è sua scelta d'amore.
Se la sua scelta è di potere non trae significato da sé, perché non si vede e non
può vedersi se non ama, ma dal dominio che riesce a esercitare sull'altro uomo e
sull'ambiente attraverso le cose che possiede.
Gli uomini che non scelgono e hanno bisogno che un altro dia loro
significato, dignità, devono essere l'oggetto principale del nostro amore. Dobbiamo
generarli alla vita propriamente umana, se così si può dire, impegnandoci a liberare
loro e il loro ambiente da ogni tipo di sopraffazione. Dobbiamo aiutarli ad avere
relazioni più umane, aprire loro le porte alla presa di coscienza personale, favorendo
il loro sviluppo a tutti i livelli: economico, intellettivo e spirituale.
Costoro, fuori dalla vita umana anche se hanno la vita biologica, non devono
essere, come spesso accade, lasciati così, perché su loro è più facile esercitare ogni
tipo di potere. Devono essere oggetto concreto del nostro amore e della nostra
creatività, coloro che ci permettono di esercitare l'amore come dono che genera vita e
ripete il gesto del Creatore.
Le gesta del Creatore sono essenziali, ma, senza il nostro intervento,
incompiute, ferme alla possibilità. Solo l'uomo le può compiere ponendole in
dinamica infinita.
La necessità che noi abbiamo di Dio per essere, Lui, Dio, ce l'ha di noi per
compiersi insieme a tutta la creazione nella felicità.
Il Suo amore è aver fatto libera la creazione ponendosi, per il Suo
compimento e il compimento della creazione, in stato di necessità di fronte all'uomo
affinché la creazione, la vita, la felicità, attraverso l'amore, siano opera comune.
Questo il patto, l'alleanza, il reciproco compimento fra Dio e l'uomo.
Ecco perché le gesta dell'uomo non possono che essere regali, consapevoli,
per sempre.
Per poter fare queste gesta con autorità regale, occorre avere piena coscienza
di sé, sapere chi sei, da dove vieni e dove vuoi andare. Occorre essere liberi e maturi.
Il compito dell'uomo, del cristiano, che io ho avvertito essenziale, è quello di
essere consapevoli della propria esistenza e del proprio fine.
Il tempo, lo spazio, l'ambiente sono i mezzi necessari per raggiungere il fine o
la nostra realizzazione e lo sono esattamente in quest'ordine: il tempo, per la nostra
consapevolezza o presa di coscienza; lo spazio e la materia per la nostra
realizzazione infinita.
Punto di rivelazione e di riferimento per scoprire e percorrere questo
cammino è la coscienza, la cui voce può essere distolta o offuscata, ma mai soppressa
definitivamente perché essa è la qualità divina nella libertà e solitudine umana.
Affinché la coscienza sia permanentemente fonte di illuminazione verso il
proprio fine e sulla giustezza degli strumenti che via via adottiamo, come lo è stata
per me e continua a esserlo anche se in una misura più temporale, occorre mantenerla
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e metterla in dinamica in due direzioni: personalmente come coerenza alla propria
scelta d'amore; comunitariamente per risvegliare, liberare, promuovere e difendere
coloro che non hanno ancora raggiunto tale presa di coscienza perché oppressi e
offuscati da tutti quei meccanismi che il potere ha sottilmente disseminato al fine di
ritardare la consapevolezza del popolo e di esercitare così più facilmente il dominio.
Aiutare questi uomini "biologici" a diventare uomini infiniti, riconoscendoli tali
col metterli in condizione di scegliere, è ripetere le gesta del Padre che dà la vita e
con la vita ogni possibilità, anche se sta a noi personalmente e comunitariamente
rendere possibile la possibilità infinita che è propria di ogni persona.
In questo vi è una responsabilità personale, (la coscienza è in tutte le persone
e mai del tutto offuscata), e vi è anche una responsabilità comune che ci deve portare
a rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono la presa di coscienza di ogni uomo.
Tutti hanno la loro vita da vivere pienamente come vogliono, ma con
consapevolezza: impedirglielo è defraudare l'uomo di tutte le possibilità che essa
contiene. Questo il delitto contro lo spirito che non sarà mai perdonato perché esso,
opprimendo la libertà, impedisce all'uomo di esprimere le sue possibilità, mentre è
proprio questo che Dio attende da noi.
Nella mia esperienza mistica io conoscevo, vivevo la vita dell'uomo nel suo
profondo e nel suo compimento attraverso lo sguardo, il desiderio e l'amore di Dio.
Più conoscevo e vivevo l'inebriante avventura umana in tutta la sua pienezza,
più mi innamoravo di Dio.
La conoscenza, la sperimentazione della mia grandezza era la misura del Suo
amore.
Anche il dolore di Dio, come impotenza dell'amore che può solo dare senza
chiedere, ho sperimentato nella mia umanità.
Ho misurato quanto questa umanità sia divina. Perché solo il divino può
sopportare il dolore della morte, della sofferenza, del nulla, dell'odio, del potere.
Ho capito che solo scegliendo l'amore come l'ha scelto Dio, posso anch'io
generare l'amore per resistere al male, al finito, alla morte.
Vedevo che l'uomo poteva giungere al suo fine, alla sua realizzazione con
naturalezza, senza sacrificio, se seguiva le indicazioni-esigenze della coscienza, le
sole che possono mettere in dinamica l'amore che ci rende infiniti.
Constatare nella mia esperienza che questo cammino è naturale per l'uomo,
ritrovarlo confermato in me stessa e in quegli uomini con i quali ci siamo scambiati
la comunicazione sui fini, anche se nella realtà storica questo cammino-consapevole
manca fino al punto di non crederlo quasi più possibile, è il campo della mia fede e
della speranza nei mezzi dell'uomo.
Io credo che la realizzazione dell'uomo sia possibile e che il suo fine storico
sia quello di realizzare la comunità umana.
Tale comunità va intesa come la convivenza degli uomini consapevoli, in una
dinamica d'amore che si manifesta con un lavoro comune per la continuità e la
qualità della vita, gratificati dalla comunicazione ormai possibile.
A chi mi domanda come possa raggiungere un obiettivo infinito con dei
mezzi finiti, io rispondo che li abbiamo sempre considerati finiti, perché solo usati
per raggiungere obbiettivi finiti.
I mezzi umani sono fedeli alle scelte umane.
Sono le scelte che devono mutare e con queste mutano i fini e le possibilità
dell'uomo.
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Nella mia esperienza ho percorso tutta la strada della consapevolezza mia e
della storia umana insieme, fino alla realizzazione mia e di tutti gli uomini. Per cui il
mio cammino storico di realizzazione non può prescindere dalla proposta-lavoro per
la nascita e crescita della comunità consapevole
La persona e la comunità, rispettivamente come l'Uno e il Tutto, sono
inscindibili per l'esigenza dell'amore che crea, accoglie e infinitamente completa.
In questa rivelazione non sono contemplati, non c'è posto per i mediatori di
nessun tipo.
C'è solo posto per coloro che amano e amando generano quella qualità di vita
che è alla base di tutti i nostri desideri.
Amando si rivela e sì richiama l'essere ad essere persona.
Amando si lavora per la liberazione storica e ambientale affinché gli uomini
si possano esprimere come persona.
Amando si testimonia e si rispecchia la propria e altrui fedeltà alla coscienza.
Solo coi frutti dell'amore possiamo misurare il processo di
liberazione-realizzazione che stiamo costruendo.
Questi frutti sono: la felicità, la libertà, la pace, oltre tutti quelli necessari per
continuare a vivere che, anche se non qualificano la vita, sono ad essa indispensabili.
La scelta dell'amore è accettare l'immagine di Dio come nostra immagine.
E’ vivere un'unica vita. E’ suturare la ferita fra lo spirito e la carne che ci
permette di diventare Uomo-Dio, la sola natura che ci possa soddisfare.
E’ compiere la creazione, è dare a Dio una risposta da Dio, la sola che possa
soddisfarLo.
E’ capire che l'incarnazione di Dio nell'uomo, che Cristo ha rivelato, è solo
comprensibile quando noi incominciamo a diventare divini e a scoprire che è un
unico processo di amore quello che porta Dio nell'Uomo e l'Uomo in Dio.
Questo processo, mentre da un lato fonda la persona come massima diversità,
dall'altro la chiama all'unità della comunicazione, senso e contenuto dell'amore.
Per fare questa scelta noi abbiamo tutti i mezzi e tutte le possibilità: la vita, la
coscienza, il tempo, la terra, la capacità-necessità di amare, la fede che ci permette di
credere nella testimonianza di Cristo che ciò è possibile, la speranza di poterlo fare
anche noi.
Il progetto della mia vita è incarnare questa possibilità e renderla storia
dell'umanità senza nessuna presunzione, ma semplicemente come necessità di dare
senso a me stessa, alla mia esistenza personale.
Il nulla per me non è più possibile...
Il potere non è nelle mie esigenze e neppure nelle mie tentazioni.
La mia esigenza-necessità è l'amore: l'amore che mi permette di superare tutti
i confini angusti del tempo e del finito e mi fa incominciare a vivere la vita reale ora
e sempre, consentendomi la comunicazione con l'amore di Dio e progressivamente
con quello degli uomini che camminano verso lo stesso mio fine.
Rendere reale l'amore significa, oltre che sceglierlo, costruire con esso tutti i
rapporti e con ciò porlo nella dinamica dell'infinito. Significa crearlo come risposta di
Uomo-Dio alla domanda creativa del Dio fattosi uomo, attraverso la scelta comune
dell'amore che fonda l'Essere nel suo insieme come domanda e che nel suo specifico
consapevole di persona ha la necessità di una risposta d'amore per volgere al suo
compimento infinito dove l’io, la persona è tutto l'Essere; e il tu è il Tutto divenuto
persona.
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Questo conoscere il mio fine fondato nella coscienza e manifestato nelle
esigenze è conoscere Dio.
E’ conoscere l'intima unione fra creatura e Creatore. E’ conoscere come
questa unione sia necessaria alla felicità dell'essere persona dell'Uno e dell'Altro; come questo essere persona sia l'inizio e il compimento infinito attraverso l'identica
scelta dell'amore del Dio fattosi uomo e dell'uomo fattosi Dio.
La necessità dell'uomo da parte di Dio e l'esigenza di Dio da parte dell'uomo
riempiono la creazione e la storia, spazio-tempo. Sono la prova evidente, concreta,
della necessità di questo incontro d'amore paritario che può tramutare il divenire
della storia dell'uomo da processo di progressiva presa di coscienza verso l'essere
persona all'essere persona che progetta, programma e realizza la vita che vuole nella
storia.
Questa consapevolezza che rende possibile la creazione della vita che si
vuole, “la qualità della vita", pone la storia nel sempre anziché nel tempo e la creazione diventa luogo e ambiente definitivo nel nostro farci e mantenerci divini
attraverso l'uso e la trasformazione di quanto è per sempre.
La dinamica dell'infinita perfezione è dell'uomo, è del figlio.
Il Padre è l'eterna creazione.
La personale esigenza d'amore, che ritroviamo anche in noi, è l'inizio del
cammino del nostro divenire persona, che ha per termine il nostro infinito compimento.
Questa è la risposta all'esigenza eterna di Dio.
In questa visione-esperienza l'immagine di Dio mi veniva posta innanzi nella
sua profondità ed essenza affinché io riconoscessi quella dell'uomo possibile.
L'immagine dell'uomo reale la contemplavo per misurare l'amore di Dio, che si è
posto in condizione di dipendere da lui per la Sua felicità, che è il suo stesso
compimento.
Questa intima connessione fra Dio e uomo, che dà senso all'uno e all'altro, è
stato il fatto, la conoscenza, che ha generato l'amore in me e con questo la felicità.
Su questa intima connessione di Dio con l'uomo, dal suo nascere al suo
crescere fino alla sua realizzazione, si è incentrata la mia esperienza.
Questa esperienza diretta del rapporto tra Dio e uomo e fra uomo e Dio mi ha
dato la chiave di lettura del mistero di Dio: della creazione, del fine dell'uomo e della
rivelazione di Cristo.
Attraverso questa chiave ho ripercorso il cammino dell'uomo non solo
misticamente, ma anche attraverso la conoscenza della storia. Ho potuto così vedere e
ritrovare l'itinerario della coscienza dell'uomo nella sua costante ricerca del fine, che
non può essere proiettato fuori di sé, in Dio come se a Dio solo spettasse il compito e
la possibilità del nostro compimento -salvezza.
Questo atteggiamento dell'uomo, spiegabile solamente con la fatica che
richiede la coerenza alla propria coscienza e con il senso di solitudine generato dalla
consapevolezza che tutti i problemi umani solo da noi possono essere risolti, ha
permesso l'introduzione nella storia umana della delega e delle mediazioni.
Si arriva così facilmente a delegare ad altri il riconoscimento del proprio fine
e ad accettare da qualsiasi altro un fine facilmente raggiungibile. Si va così sempre
più perdendo il riferimento della coscienza.
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Perduta la capacità di vedere il fine, si ha bisogno di mediatori che, oltre a
indicarcelo, si pongano come necessari a raggiungerlo, anzi si dichiarino inviati, unti,
per rivelarcelo e condurci...
A poco a poco l'uomo perde la sua libertà e con la libertà i suoi mezzi propri,
diventa indifeso e dà legittimazione all'installarsi del potere. Potere di coloro che
sanno come si fa, di coloro che, mediando il rapporto tra Dio e uomo, sanno stipulare
contratti di salvezza in cambio della rinuncia a pensare e a ricercare sulla propria
identità e sul proprio fine.
L'uomo possibile è incatenato.
In parte dalla paura della solitudine e dalla fatica; in parte dalla
prevaricazione dell'altro uomo che vuole sperimentare le proprie possibilità non su se
stesso, crescendo e superando i limiti, ma sugli altri, ponendosi come mediatore fra
Dio e uomo.
L'esigenza e il bisogno di trovare risposte alla sua esistenza, rendono l'uomo
disposto ad accogliere la soluzione apparentemente più semplice, meno costosa e più
vicina.
L'avere sradicato dal proprio intimo il punto di riferimento, “la coscienza", ed
averlo posto fuori di sé, all'esterno, è la nostra debolezza, che ci fa accettare come
insuperabili i nostri limiti e come immutabile la realtà, pur non riconoscendo tali
limiti naturali e l'immutabilità della realtà come omogenea alle nostre aspirazioni. In
questo modo costruiamo una realtà omogenea alle nostre aspirazioni abbandonando
le speranze storiche e collocando la speranza oltre la morte. Questa è stata
storicamente la religione, 1`oppio del popolo".
Si crede che la morte ci liberi, ci purifichi e ci metta in condizione finalmente
di vivere come da sempre avremmo voluto vivere: tutto questo però avviene per
grazia di un Dio, che è potere totale su di noi e su ogni cosa e che solo può stabilire
chi possa avere felicità o sofferenza e chi premio o castigo.
Questo altro, che riconosciamo come Dio-Signore-Padrone di ogni cosa e di
ogni uomo, è così lontano da noi, così irraggiungibile, che, con Lui, senza mediatori
che riscuotano la Sua fiducia, non è possibile comunicare.
I mediatori sanno bene che cosa vuole Dio da noi, sanno bene come è
possibile stabilire una comunicazione con Lui.
Perché Egli sia misericordioso, chiuda un occhio sui nostri peccati, dobbiamo
innanzi tutto obbedire, obbedire, obbedire a quello che ci viene presentato come Sua
volontà, poi... Accettare, accettare, accettare tutto quello che è come è...
Trasformarlo è satanico...
Poi, guai a ricercare la propria immagine e il proprio fine, guai a pensare...
Tutto è già stato detto, non c'è che da eseguire.
E’ già stato detto: che l'uomo, pur essendo stato creato ad immagine di Dio,
senza l'aiuto di Dio ed il Suo intervento straordinario e costante, non è che male,
fabbricatore di male; che la sua esistenza, oltre che dipendere da Lui come creatura,
ne è totalmente dipendente per la vita e per la salvezza; che Egli ti aiuterà solo se
sarai un fedele esecutore della Sua volontà, che ha per centro la Sua gloria eterna.
E’ già stato detto che chi non accetta la sofferenza della vita, la realtà così
com'è e vuole ribellarsi, è satana, per cui non può che dannarsi.
E’ già stato detto che tutto quello che possiamo pensare e ricercare e nulla, è
male di fronte alla grandezza di Dio e che già conosciamo attraverso il Vecchio se il
Nuovo Testamento e attraverso la testimonianza dei santi letta ed interpretata
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"oggettivamente" da coloro che sono i soli a essere deputati a questa conoscenza e
quindi autorizzati a illuminarci, a giudicarci e ad aprirci la strada a quella realtà
omogenea alle nostre esigenze in cui dobbiamo sperare: sperare che Dio ce l'abbia
preparata perché per raggiungerla abbiamo accettato tutto... Compresa la rinuncia a
vivere questa vita per quella...
All'inizio di questa testimonianza ho detto che il problema della mia vita sono
stati e sono i mediatori tiranni falsificatori dell'immagine di Dio e quindi anche
dell'uomo. Problema che non posso più contenere, né so ancora risolvere.
Ma la rabbia, l'indignazione hanno raggiunto il loro culmine.
Io devo urlare al mondo intero che l'immagine di Dio, l'immagine dell'uomo,
non è quella che ci hanno dato, non è quella che ci hanno mediato, non è quella che
ci hanno imposto.
L'immagine di Dio e dell'uomo, specchio l'uno dell'altro, è amore, libertà,
felicità, possibilità infinita.
Non è più possibile tollerare che in nome del Dio eterno e dell'uomo infinito
si costruisca solo il finito, si perpetui la morte, si accetti il limite come condizione e
l'egoismo come continuità.
Non posso più tollerare che Dio, puro amore senza difese, venga deturpato
dall'immagine del potere.
Il potere può solo essere il contrario, l'opposto dell'amore.
In Dio non vi è posto per il potere, in Dio vi è solo lo spazio dell'amore.
E’ solo nell'uomo, questo assoluto di libertà, che può esserci sia l'amore che il
potere, secondo le sue scelte.
Dio ha scelto l'amore e l'amore non può che amare e creare nell'attesa di
essere corrisposto per essere compiuto e godere la felicità data da questa reciprocità.
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